Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.240 del 01/02/79 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Paganelli per conoscere se la Giunta regionale intenda assumere provvedimenti per il ripristino delle linee ferroviarie Bra-Alba e Castagnole-Asti, interrotte da tempo


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Possiamo completare l'esame delle interrogazioni che erano in calendario.
Interrogazione presentata dal Consigliere Paganelli per conoscere se la Giunta regionale intenda assumere provvedimenti per il ripristino delle linee ferroviarie Bra-Alba e Castagnole-Asti, interrotte da tempo.
Risponde il Vicepresidente della Giunta regionale Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

La Giunta regionale non solo è al corrente delle interruzioni delle tratte ferroviarie Bra-Alba e Castagnole-Asti dovute ai movimenti franosi che interessano le località di S. Vittoria d'Alba e Costigliole Motta, ma ripetutamente ha sollecitato l'azienda delle FF.SS., affinché provvedesse a rimuovere le cause dell'interruzione per consentire il ripristino della circolazione ferroviaria; ciò pur nella consapevolezza dell'ampiezza del movimento franoso e delle gravi difficoltà tecniche ed economiche che sussistono.
In proposito si fanno presenti i seguenti punti: 1 - La tratta Castagnole-Asti è disabilitata al servizio merci e interrotta al servizio viaggiatori tra Castagnole e Costigliole Motta per un ampio dissesto franoso che si estende per circa 6 Km Su tale tratta le FF.SS., prima dell'ultimo movimento franoso, avevano già speso circa un miliardo per fronteggiare e prevenire tali dissesti franosi.
Oggi per tentare di attivare precariamente la tratta sono necessari ulteriori 450 milioni. A tali oneri le FF.SS., assolveranno con l'apposito capitolo di spesa per la manutenzione ordinaria.
Le FF.SS., hanno anche approntato alcuni progetti che prevedono un tracciato interamente nuovo e sottratto definitivamente al pericolo dei dissesti franosi.
Sono state prese in considerazione tre ipotesi: a) deviazione Castagnole - Costigliole Motta - lunghezza Km 3 circa con galleria di Km 3 circa, costo previsto circa 27 miliardi b) deviazione Alba - Costigliole Motta - lunghezza Km 14 circa, con viadotto di Km 2 circa, costo previsto circa 45 miliardi c) deviazione Mussotto . Costigliole Motta - lunghezza Km 14 circa costo previsto circa 37 miliardi.
L'ipotesi a) è da preferirsi poiché, oltre che ad essere la meno costosa, consente di mantenere il collegamento ferroviario con la stazione di Castagnole che verrebbe a mancare nelle ipotesi b) e c).
2 - La tratta Alba-Bra è attualmente interrotta al servizio viaggiatori e funzionante per i tratti Bra-S. Vittoria e Alba-Mussotto solo per le merci mediante tradotte. Su tale tratta, prima dell'ultimo movimento franoso, le FF.SS., avevano già speso circa 1,3 miliardi per fronteggiare le interruzioni e i pericoli.
Per attivare precariamente la tratta oggi sono necessari ulteriori 500 milioni. A tali oneri le FF.SS., assolveranno con l'apposito capitolo di spesa per la manutenzione ordinaria.
In alternativa le FF.SS., hanno approntato un progetto che prevede un tracciato interamente nuovo sottratto in via definitiva al pericolo dei dissesti franosi.
Tale ipotesi di tracciato di circa Km 10, su rilevato nuovo, con caratteristiche analoghe al precedente (1 binario elettrificato) comporterebbe una spesa di circa 10 miliardi.
3 - Si segnala inoltre che, fin dalla primavera del 1978, sono stati presi contatti con gli Enti locali e con l'azienda delle FF.SS., al fine di organizzare un momento di coordinamento che consenta di collocare gli attuali interventi di emergenza delle FF.SS., in un quadro più ampio comprendente anche quelli di specifica competenza regionale. Sono stati stanziati 65 milioni per lo studio completo del ' problema relativo al tratto di S. Vittoria. Per quanto riguarda gli oneri di competenza regionale, la previsione sommaria di spesa è stata valutata in 3,5/4 miliardi. Nell'eventualità di un mutamento del tracciato delle ferrovie dello Stato si valuterà l'ipotesi del trasferimento di quella parte degli abitati facendo un conto economico del costo per la sistemazione dei terreni e delle abitazioni. La situazione di Costigliole Motta è meno grave rispetto a quella di S. Vittoria. La previsione di spesa è stata individuata attorno al miliardo e mezzo. Dalle prime indagini e sopralluoghi è emerso, e appare opportuno ricordarlo qui, che il fenomeno franoso, in atto da un trentennio, è di ampiezza e di complessità tale da far ritenere che qualsiasi intervento atto a bloccarlo comporti oneri rilevanti e comunque dell'ordine di miliardi. Tali interventi inoltre appaiono necessari comunque, e cioè anche nel caso di spostamento del tracciato ferroviario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Lo scopo della mia interrogazione era triplice. Innanzitutto accertare se le spese fatte dall'amministrazione ferroviaria sono servite, oltre che al ripristino della linea ferroviaria nei due tratti, anche al consolidamento dell'abitato soprattutto nella zona di S. Vittoria. Il collega Enrichens in un recente dibattito aveva osservato che la popolazione le ritiene spese improduttive. Prego l'Assessore di chiarire questo punto.
Il secondo scopo era quello di sollecitare gli interventi provvisori che l'Assessore ha indicato in 450 milioni in una direzione e 500 milioni nell'altra, che consentano il funzionamento della ferrovia dato che attualmente i viaggi vengono effettuati con percorsi e mezzi alternativi con disastrose conseguenze soprattutto per i pendolari.
Inoltre è opportuno battersi perché vengano attuati i percorsi alternativi perché, nel caso contrario, potremo ritrovarci da qui a sei mesi nella stessa situazione.
Prego l'Assessorato regionale di continuare a svolgere la funzione di coordinamento con l'Amministrazione provinciale, e di continuare i contatti con l'amministrazione ferroviaria per l'attuazione del programma nei due tempi.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Non posso dare una risposta soddisfacente al primo punto sollecitato.
Le ferrovie operano in una visione molto ristretta, si tratterà di vedere il risultato integrato anche dalle risorse regionali. Gli interventi sulle sue tratte avevano delle spese diverse, ovvero gli importi del piano di sistemazione della rete non tenevano conto dei tracciati alternativi.
Sono disponibile per un sopralluogo con i Comuni interessati, il Comprensorio e l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato per esercitare collettivamente un'azione non tanto di pressione quanto di presa di coscienza sull'esigenza di interventi rapidi.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Formazione professionale

Esame deliberazione Giunta regionale "Approvazione del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti addetti alla formazione professionale"


PRESIDENTE

Passiamo al punto decimo all'ordine del giorno: Esame deliberazione Giunta regionale "Approvazione del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti addetti alla formazione professionale".
Vi do lettura della deliberazione.
"Il Consiglio regionale riconosciuta l'opportunità di provvedere al re ce pi mento e all'approvazione dell'onere finanziario derivante dal contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operatori della formazione professionale dipendenti dagli Enti privati visto il contenuto, le modalità e gli adempimenti che risultano dal contratto allegato alla presente deliberazione vista la deliberazione della Giunta regionale n. 9346810 del 16 ottobre 1978, nonché la relazione allegata al presente provvedimento; sentito il parere espresso dalla V Commissione consiliare delibera di prendere atto che gli Enti gestori e le organizzazioni sindacali della categoria hanno sottoscritto in data 20/12/1978 presso il Ministero del lavoro e della Previdenza sociale il contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operatori della formazione professionale dipendenti dagli Enti privati di approvare, pertanto, sia la parte normativa sia l'onere finanziario dell'allegato contratto, che entra in vigore il P ottobre 1978 e scade il 30 settembre 1980 di autorizzare, infine, la Giunta regionale ad assumere ogni conseguente determinazione al riguardo.
Stante l'urgenza di dare le necessarie assicurazioni agli Enti gestori la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti in aula.


Argomento:

Comunicazioni della Giunta regionale

Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento comunitario

a) Sul prossimo incontro con il Delfinato e la Savoia


PRESIDENTE

Chiede la parola l'Assessore Moretti per una breve comunicazione.



MORETTI Michele, Assessore al turismo

Colleghi Consiglieri, sabato 3 presso la Camera di Commercio di Torino ci sarà un incontro fra la Regione Piemonte e i dipartimenti della Savoia e Delfinato. L'incontro ha lo scopo di trovare una intesa con i due citati dipartimenti confinanti in ordine ad alcune attività di comune interesse il Consiglieri dovrebbero già essere informati attraverso l'invito che l'Assessorato ha inviato.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

b) Sull'incontro Stato - Regione Piemonte per le FF.SS.


PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta per una comunicazione sull'incontro Stato - Regione Piemonte per le FF.SS.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Il giorno 24 gennaio presso il Ministero dei trasporti a Roma, alla presenza del sottosegretario on. Degan, si è tenuta la riunione di consultazione con la Regione Piemonte sulla bozza di programma integrativo delle Ferrovie dello Stato e sulla bozza di piano per le ferrovie in concessione ed in gestione governativa.
Erano presenti funzionari della direzione generale delle Ferrovie dello Stato, oltre ai direttori dei compartimenti di Torino, Milano ed i rappresentanti di quello di Genova e funzionari della direzione generale della Motorizzazione Civile e trasporti in concessione.
L'on. Degan ha introdotto ponendo in rilievo tre punti principali: 1) Sia nel caso del programma integrativo delle FF.SS., che nel caso del Piano delle ferrovie in concessione e in gestione governativa si tratta di bozze approntate dalle direzioni ministeriali competenti che, dopo le consultazioni con le Regioni, debbono ancora passare al vaglio della Commissione parlamentare e che quindi sono ancora suscettibili di miglioramento e di modifiche.
2) Le Regioni nella loro autonomia debbono e possono presentare osservazioni e proposte di modifica degli interventi ricordando però sempre di inserirli nell'ambito di una disponibilità che può trovare facile mutamento dato che è stata stabilita sulla base di criteri ed esigenze nazionali (ad esempio il riequilibrio del Mezzogiorno) generali.
3) Le polemiche che soprattutto in Piemonte sono apparse sui giornali con riferimento alle ipotizzate soppressioni di alcune linee non hanno tenuto in conto che non di una decisione si trattava ma di un'ipotesi che andava inserita nel più ampio quadro delle ingenti risorse destinate dal programma integrativo al potenziamento delle ferrovie.
Da parte dei rappresentanti della Regione, anche in risposta a quanto introdotto dal sottosegretario, è stato poi presentato e brevemente illustrato il parere della Regione sulle due bozze di piano, dando atto dello sforzo anche finanziario che viene fatto ma ponendo in particolare l'accento sul rifiuto alla soppressione dei cosiddetti rami secchi.
A questo proposito è stato chiesto che il problema venga esaminato in modo ben diverso anche con il contributo e la collaborazione degli Enti locali e della Regione.
Tra i singoli problemi specifici sollevati dalla Regione nel suo parere è stato oggetto di particolare discussione la proposta di utilizzare una parte dei fondi (60 miliardi) previsti per lo smistamento di Orbassano per altri interventi in Piemonte, peraltro ritenuti urgenti anche dalle Ferrovie.
Da parte dei rappresentanti delle FF.SS. è stato posto l'accento sulla necessità di completare lo smistamento per una sua migliore operatività.
Anche la proposta regionale di anticipare nel programma integrativo una prima fase del quadruplicamento tronco Porta Nuova - Chivasso previsto nel futuro piano di sviluppo delle ferrovie ha trovato accoglienza in via di principio scontrandosi però con articoli di tipo finanziario.
Infine la Regione ha posto il problema della linea Cuneo-Nizza, la cui costruzione è in fase di ultimazione, e del suo efficiente utilizzo sia in relazione al traffico merci e quindi al collegamento con lo smistamento di Ventimiglia, sia in relazione al traffico passeggeri e quindi complessivamente al problema di una sua elettrificazione e del raddoppio e della riqualificazione delle linee ad essa adducenti.


Argomento: Enti Locali - Forme associative - Deleghe: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Devo informare che sabato mattina, alle ore 9,30 la Commissione ristretta del Senato, che sta esaminando la legge di riforma generale sulle autonomie locali, compiendo un atto inconsueto, si riunirà a Torino presso la sede del Consiglio regionale con il Comitato delle autonomie locali del Piemonte, ANCI, URPP, UNCEM, per un esame dello stadio dei lavori della legge generale di riforma. Segnalo questa iniziativa perché tutti coloro che sono stati invitati possano garantire la loro presenza.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Il punto dodicesimo all'o.d.g. reca: "Nomine".
Iniziamo con la nomina di due rappresentanti della Regione nel Consiglio sanitario nazionale (legge 23 dicembre_ 1978, n. 833). I nominativi sono quelli di Ezio Enrietti come membro effettivo e Giuseppe Oberto quale membro supplente.
Si distribuiscano le schede e si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 37 hanno riportato voti: ENRIETTI Ezio n. 34 membro effettivo OBERTO Giuseppe n. 33 membro supplente BELTRAMI Vittorio n. 1



VIETTI Anna Maria n. 1

BIFFI GENTILE n. 1 scheda bianca n. 1 I signori Enrietti Ezio e Oberto Giuseppe sono eletti rappresentanti della Regione nel Consiglio sanitario nazionale.
Passiamo alla nomina di un rappresentante della Regione nella società d'intervento per l'area attrezzata di Vercelli.
Il nominativo proposto è quello del signor Sergio Chiamparino.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti n. 36 hanno riportato voti: CHIAMPARINO Sergio n. 30 RASCHIO Luciano n. 1 MAGNANI n. 1 schede bianche n. 4 Il signor Sergio Chiamparino è eletto rappresentante della Regione nella società d'intervento per l'area attrezzata di Vercelli.
Nomina di un membro supplente nella Sezione decentrata del CO.RE.CO. di Alba-Bra in sostituzione del signor Cauda, membro supplente deceduto.
Il nominativo proposto in sostituzione del signor Cauda, deceduto, è quello del signor Roberto Boffa.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 36 ha riportato voti: BOFFA Roberto n. 35 scheda bianca n. 1 Il signor Roberto Boffa è eletto membro supplente nella Sezione decentrata del CO.RE.CO., di Alba-Bra.
La seduta viene sospesa per una riunione dei Capigruppo che devono decidere sull'ordine dei lavori.



(La seduta sospesa alle ore 10,20 riprende alle ore 10,50)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Esame deliberazione Giunta regionale: "Adozione del primo schema di convenzione-quadro regionale"


PRESIDENTE

Passiamo al punto ottavo all'ordine del giorno: "Esame deliberazione Giunta regionale: 'Adozione del primo schema di convenzione-quadro regionale' ". Relatore è il Presidente della I Commissione, Consigliere Rossotto, a cui do la parola.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la convenzione che viene all'esame del Consiglio regionale, approvata con deliberazione della Giunta del 27/11/1978, è uno strumento tecnico previsto all'art. 53 della legge 56. E' uno strumento che rappresenta l'incontro di volontà della Giunta regionale e dell'Associazione regionale degli imprenditori e nella sua traduzione pratica vuole essere lo strumento per l'avvio di un meccanismo che consenta di recuperare quanto è stato compromesso in termini di standards urbanistici nei grandi centri e di passare dai drammatici indici attuali a quelli che la legislazione regionale indica come punto ottimale.
Per raggiungere i parametri indicati dalla legge ponte occorreranno decenni e numerose legislature regionali perché è impressionante il divario tra esigenze e situazioni esistenti. Un passo in avanti è stato compiuto da parte delle amministrazioni locali quando si è detto no ad un certo tipo di sviluppo, oggi quel no si sta traducendo in realtà. Il collega Picco sa quanto sia stata travagliata la variante 17 dell'ormai lontano '74/75.
La convenzione quadro rappresenta il tentativo concreto di rendere operante la realizzazione di servizi in zone industriali obsolete e nel contempo offre l'opportunità agli imprenditori di continuare la loro attività in altre zone nel quadro della riorganizzazione dell'area metropolitana torinese.
La II Commissione competente ha esaminato tale convenzione non sotto l'aspetto programmatorio ma sotto l'aspetto urbanistico e l'ha approvata a maggioranza. Forse potrà consentire degli errori nella fase d'avvio e sotto questo aspetto, inviando lo strumento alle autonomie locali dobbiamo invitarne gli amministratori alla chiarezza del dibattito. Tutte le perplessità possono trovare in altri momenti e in altra sede una risposta.
L'iter della convenzione è stato molto lungo e forse si dirà che è stata adottata la politica dello "slittino" ma i 60 giorni sono passati in un lungo, faticoso, democratico confronto che ha coinvolto i Comprensori.
Il movimento sindacale dovrà farsi carico dei problemi conseguenti all'avvio di certi processi anche in termini di mobilità se si vuole realmente attuare una politica di piano che voglia premiare essenzialmente il Mezzogiorno considerando che esistono aree di Mezzogiorno anche nel Piemonte e tenendo conto che occorrono interventi razionalizzatori nei tessuti urbani gravemente compromessi. Questa legislatura, tassello dopo tassello, continua ad andare verso quei grandi obiettivi sui quali esiste l'accordo generale. Questa convenzione-quadro è realizzata tra una Giunta di sinistra e le organizzazioni imprenditoriali che, non soltanto a parole ma nei fatti, mostrano la loro ferma volontà di essere partecipi dei processi di programmazione ritrovando ampio spazio e libertà operativa.
Non come uomo di parte, ma come Presidente della I Commissione, ritengo che con essa andiamo a segnare una tappa importante nel faticoso compito di una Regione che vuole controllare i processi, esaltare la autonomie e vuole anche essere momento essenziale di amministrazione e di programmazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Alberton. Ne ha facoltà.



ALBERTON Ezio

Il problema del riequilibrio territoriale ed economico del Piemonte che nasce dal divario tra l'intenso tasso di crescita di Torino e della sua area metropolitana da un lato e dal più debole sviluppo e talora dalla caduta delle altre aree regionali, è venuto via via ad aggravarsi negli anni. Non vi è dubbio che le possibilità di costruire un diverso assetto socio-economico e territoriale della nostra Regione sono innanzitutto legate ad una ripresa solida e duratura del cammino di crescita dell'intera economia italiana.
Peraltro la necessità di forzare l'industrializzazione del Mezzogiorno e insieme la configurazione assunta dal mercato del lavoro piemontese, nel quale si presentano tutte le contraddizioni e le strozzature proprie delle economie avanzate, con scarti rilevanti nella composizione qualitativa della domanda e dell'offerta di lavoro, impediscono di puntare sull'attivazione in Piemonte di grandi iniziative, di nuovi insediamenti industriali, anche quando il miglioramento della congiuntura stimolasse un rilancio degli investimenti. Bisogna quindi operare attraverso la riqualificazione, la riorganizzazione e il consolidamento della base produttiva esistente. E' questa una linea di indirizzo che comporta non solo iniziative di ordine strettamente economico, ma insieme interventi sull'assetto del territorio attraverso una diversa dislocazione degli insediamenti e la creazione e il potenziamento del necessario tessuto infrastrutturale. In particolare, diventa essenziale giocare nel modo più corretto la carta del decentramento industriale dalla conurbazione torinese.
Nel polo metropolitano si registra un saldo attivo della pendolarità esistono cioè più posti di lavoro che addetti. Occorre recuperare aree per servizi, deve essere stimolata la crescita del terziario; sono sovente impossibili gli ampliamenti industriali, che riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese rendono necessari.
Il decentramento è pertanto necessario anche per la riqualificazione del tessuto urbano. Deve quindi essere valutata positivamente la disponibilità ad un trasferimento manifestata da diverse imprese operanti nell'area torinese, ma la loro rilocalizzazione deve essere indirizzata in coerenza con gli obiettivi di riequilibrio regionale, di diffusione quindi dell'industria verso aree rimaste ai margini dello sviluppo industriale e che negli ultimi anni ed ancor oggi sono investite da fenomeni di cedimento della preesistente struttura produttiva. Ciò significa ovviamente rifiutare ipotesi di un massiccio decentramento da Torino verso le immediate adiacenze della città o verso aree in sostanziale equilibrio, ipotesi che comporterebbero un'ulteriore espansione della conurbazione con la creazione di una terza cintura a tutto scapito delle aree marginali. La crisi, che ha pesantemente investito alcuni settori industriali, dal chimico al tessile soprattutto in seguito al modificarsi su scala internazionale del sistema dei rapporti industriali, tocca ora in modo diretto e immediato diversi centri del Piemonte; altri sono colpiti da singole crisi aziendali. In questo quadro il rilancio delle aree esterne della conurbazione torinese non può più essere visto in un'ottica di lungo periodo, ma deve essere attivato in tempi brevi. Accanto ai punti di crisi esistono peraltro prospettive di sviluppo attivate dall'acquisizione anche di rilevanti commesse estere da parte dell'industria automobilistica, come esistono le già indicate disponibilità ad una rilocalizzazione dell'area di Torino.
Queste potenzialità devono essere organizzate in un quadro di riferimento unitario che consenta di definire con sufficiente certezza i problemi di mobilità e di investimenti pubblici che si pongono per attrezzare adeguatamente i poli di riequilibrio (trasporti, servizi, residenze).
Questa è l'ottica con la quale abbiamo guardato e guardiamo con aspettativa positiva verso la convenzione-quadro e questa è l'ottica per la quale l'abbiamo sollecitata, al di fuori di giochi di parte a cui potrebbe giungere un partito che sta all'opposizione.
La convenzione-quadro giunge al dibattito in Consiglio regionale con quasi un anno di ritardo rispetto agli adempimenti previsti dalla legge regionale n. 56 e quando sembrano in ritardo le definizioni del quadro di pianificazione territoriale e regionale complessivo. Della carenza di esso ci siamo accorti tutti quando abbiamo dibattuto e quando dovremo dibattere in sede di Consiglio regionale la deliberazione che riguarda l'applicazione del D.P.R. n. 902 sull'individuazione delle aree insufficientemente sviluppate.
L'elaborazione di uno strumento di questo genere è certamente difficoltosa. Dobbiamo sottolineare come purtroppo manchi ancora una interlocuzione chiara, aperta, sicuramente difficile, perché difficili sono i problemi con le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
Forse nelle organizzazioni sindacali è prevalsa la riserva di poter discutere, valutare e contrattare caso per caso, senza impegnarsi a priori in uno strumento di carattere generale. La Commissione della mobilità avrà modo di gestire anche i problemi connessi e derivanti dalla convenzione quadro.
La relazione della Giunta alla deliberazione dice che la convenzione garantisce la mobilità e la pendolarità della forza lavoro. Noi crediamo che sia più prudente dire che la convenzione si pone gli obiettivi di garantire questo. Tuttavia questi obiettivi non sono garantiti.
I principi su cui fondare le regole, le incentivazioni della convenzione-quadro sono evidenti. Da un lato l'occupazione, dall'altra la destinazione delle attività produttive.
Per questo secondo aspetto abbiamo sollevato obiezioni e perplessità in sede di Commissione, perché volendo privilegiare l'aspetto del riequilibrio territoriale e volendo quindi che le rilocalizzazioni fossero notevolmente influenzate dall'assetto programmatorio della Regione, i differenziali applicati nei singoli casi, a seconda della destinazione della rilocalizzazione, ci sembrano non sufficienti a determinare ed a influenzare gli indirizzi. Potremmo citare i casi di rilocalizzazione all'interno del Comprensorio di Torino o di altri Comprensori che anche se sono positivi non influiscono direttamente sul riequilibrio territoriale.
Non di meno emerge la necessità di garantire una estrema e permanente coerenza tra questo strumento e gli altri strumenti che la Regione ha a disposizione, dal decreto 902, dalla politica delle aree attrezzate, ai sistemi organizzati di insediamento industriale che coinvolgono le competenze di una pluralità di Assessorati, da quelli legati alla programmazione e pianificazione territoriale a quello dell'industria.
Sorgono molti punti problematici. Li citiamo sinteticamente.
La convenzione è stata elaborata attraverso il concorso determinante della federazione degli imprenditori regionali. Consapevoli dell'importanza che altri movimenti possono avere nel favorire, nell'incentivare questo processo, dobbiamo tenere vivo il rapporto anche con le altre organizzazioni imprenditoriali.
Ci sono problemi che derivano da una corretta interpretazione ed applicazione della legge n. 865. Confidiamo nel richiamo che permanentemente viene fatto nella deliberazione a questa legge, proprio perché non appaia che ci siamo inventati uno strumento ad hoc e che eventuali contenziosi nell'applicazione di questa siano sempre risolti alla luce della legge n. 865.
Nel processo di rilocalizzazione c'è il problema della dimensione dell'azienda che pone problemi diversi.
E' molto difficile costringere piccole aziende, tanto più se artigiane a muoversi dal luogo dell'attuale insediamento. Siamo consapevolmente convinti che il fenomeno delle rilocalizzazioni nella prima e seconda cintura torinese possa e debba interessare le piccole imprese, le imprese artigiane, e crediamo che più la loro dimensione cresce, più la loro capacità organizzativa si irrobustisce e maggiore deve essere lo sforzo perché la rilocalizzazione avvenga nelle aree di riequilibrio regionale.
Esistono incoerenze tra questa deliberazione e quella che dovremo esaminare sulla legge 902, in questa si parla ancora genericamente dei Comprensori, come sono stati individuati nella deliberazione della Giunta regionale dell'ottobre 1977 mentre, attraverso il dibattito e il confronto è progressivamente emersa una maggiore specificazione di questo concetto tanto che si è arrivati ad un elenco di Comuni. Il dibattito su questo problema consentirà di mettere in evidenza le perplessità e le divergenze che possono ancora esserci.
Deve esserci coerenza tra i diversi atti che vengono compiuti e gli schemi di indirizzo che vengono elaborati, se non vogliamo trovarci a manovrare macchine con sfasature al loro interno.
Non ci pare sufficientemente chiara la partecipazione della Regione soprattutto in riferimento alla lettera d) dell'art. 53 della legge n. 56 che fa riferimento agli alloggi, ai servizi sociali, ai trasporti, servizi da portare avanti in parallelo con il processo di rilocalizzazione. Gli impegni che la Regione deve assumersi nel contesto della convenzione, che vede partecipi Comuni e aziende, dovrebbero essere maggiormente evidenziati.
Con la convenzione si dà origine ad una società di intervento con la presenza della Finpiemonte. Questa sperimentazione contribuirà a chiarire il tipo di organizzazione e le realizzazioni della società.
E' un'operazione molto delicata sulla quale deve essere richiamata l'attenzione del Consiglio regionale degli Enti locali, delle associazioni degli imprenditori che vi parteciperanno. Richiederà equilibrio nella gestione degli interventi, consapevoli come siamo dell'enorme forza di pressione politica che tale strumento genera nei confronti degli Enti locali, nella modificazione e nell'adeguamento degli strumenti urbanistici.
Dovrà essere garantita la massima trasparenza dell'azione di questa società perché non è sufficiente bandire dal tavolo delle prospettive la rendita privata per garantire che le operazioni siano compiute nell'interesse e secondo le esigenze degli Enti locali. Le prime ipotesi di intervento sono riferibili a quel numero di aziende che compaiono negli allegati del piano pluriennale di attuazione del Comune di Torino, così come gli industriali hanno proposto riferendosi a dodici aziende disponibili a rilocalizzarsi.
Sin dall'inizio della discussione su questo aspetto avevamo chiesto che venissero forniti al Consiglio gli elementi per quantificare le prime ipotesi di intervento, avevamo cioè la possibilità di costruire una serie di ipotesi, viziate dai rischi di un preventivo ma sicuramente capaci di fornire indicazioni utili sulla rilevanza degli investimenti, quantitativa e qualitativa degli spostamenti che si sarebbero potuti realizzare. Si sarebbe potuto esaminare con più attenzione il possibile impatto sul Comune di Torino e sulla modalità di operazione della società di intervento. E' necessario capire se con questi primi casi è privilegiato il recupero delle aree nel Comune di Torino o se contemporaneamente scattano fenomeni di sostanziale trasferimento di attività produttive.
Avevamo richiesto questi elementi sin dall'11 dicembre del 1978, ancor prima che questa deliberazione venisse in aula, perché ci fosse un confronto con il Comune di Torino. Ci risulta che la Commissione urbanistica del Comune di Torino era disponibile a questo incontro. I tempi sono stati ristretti e c'è un incomprensibile silenzio circa la fornitura degli elementi che avrebbero consentito di ragionare in termini concreti sulle operazioni da porsi in atto.
Queste perplessità non ci fanno modificare il giudizio positivo sullo strumento, sicuramente molto dipenderà dalla sua gestione, in quanto esso evidenzierà la responsabilità della Regione e degli imprenditori legati alla Regione dalla Finpiemonte. Attendiamo di verificare il processo che si muoverà e, proprio perché vogliamo mantenere vivo questo spirito di verifica abbiamo proposto alcuni emendamenti, due dei quali riguardano i maggiori poteri da affidare al Consiglio regionale nel verificare l'intervento della Regione, l'altro si riferisce alle convenzioni con i Comuni che non vedono partecipe la Regione, che dovrebbero essere portate all'esame del Consiglio regionale sino all'approvazione dei piani socio economici territoriali di Comprensorio, per consentire che in assenza degli strumenti di pianificazione territoriale sia garantito un controllo che impedisca una gestione non programmata e finalizzata al riequilibrio regionale.
Approfitto dell'intervento per illustrare altri due emendamenti. Al punto 1-3-1, dove vengono citate le aree sulle quali può avvenire la rilocalizzazione viene detto che si deve tener conto di aree già in proprietà o in disponibilità delle singole aziende. Crediamo sia più corretto evidenziare che le aree nelle quali si prevede la rilocalizzazione devono essere coerentemente inserite negli strumenti urbanistici vigenti.
Un altro aspetto particolare è quello delle modalità di pagamento delle indennità relative all'acquisizione degli immobili. Una serie di parametri è vincolata all'incremento occupazionale che si potrà verificare nelle aziende proprio perché al momento della firma della convenzione gli eventi ipotizzati sono ancora da venire e non è detto che si verifichino, ci sembra logico vincolare il pagamento delle quote differenziali all'incremento occupazionale al momento in cui, a ristrutturazione e rilocalizzazione avvenuta, l'incremento medesimo viene realizzato.
Con queste considerazioni il nostro Gruppo esprime un giudizio positivo con le riserve e le attese critiche nei confronti della strumentazione concreta che abbiamo evidenziato.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

La deliberazione che stiamo esaminando risponde agli indirizzi del piano triennale, anzi l'attesa della convenzione si è protratta oltre il previsto. E' opportuno approfondire alcuni problemi che emergono dalla convenzione-quadro.
Alcune questioni sono state risolte dalle spiegazioni date dalla Giunta stessa nel corso della discussione e del confronto avvenuti all'interno della I Commissione.
Permangono alcune riserve per quanto si riferisce all'interpretazione della consultazione e questa mi pare l'occasione per un chiarimento da parte di tutte le forze politiche. In questa occasione, come era già avvenuto in altre, la consultazione ha avuto un significato essenzialmente restrittivo. Il collega Alberton ha sottolineato che le organizzazioni sindacali, e non solo in questa occasione, tendono a mantenersi la possibilità della contrattazione diretta con gli industriali e quindi a esporsi il meno possibile nei confronti degli organi politici.
Analoga osservazione, non sappiamo se per le stesse ragioni, è venuta da parte delle organizzazioni imprenditoriali. Le parti convocate criticano quanto ritengono di dover criticare del provvedimento posto alla loro attenzione, ma non rispondo agli interrogativi che vengono posti da parte del Consiglio. La consultazione non ha soltanto il significato di portare le critiche, ma è momento di interscambio delle proposizioni e di acquisizione di notizie.
Questo discorso va approfondito. Nei confronti d elle organizzazioni sindacali abbiamo fatto una ipotesi, nei confronti delle organizzazioni imprenditoriali possiamo fare un'altra ipotesi, e cioè che la contrattazione diretta con la Giunta sia più importante di quanto non possa essere un discorso aperto con tutte le forze politiche; dall'altro lato pu esserci una riserva sulla contrattazione diretta con le organizzazioni sindacali e un'altra riserva sulla contrattazione diretta nei confronti delle forze politiche di carattere comunale.
Dal momento che rimane la riserva che tutto avverrà attraverso la contrattazione diretta fra gli imprenditori e le organizzazioni sindacali mi chiedo, signori Consiglieri, che significato ha il potere politico e l'acquisizione di materiale e di notizie per poter proporre una deliberazione che non è importante esclusivamente per coloro che lavorano nelle aziende e per gli imprenditori, ma che è importante per tutta la collettività. Si tratta infatti di dare l'avvio a quel riequilibrio territoriale, del quale parliamo dai tempi del CRPE, che in realtà non si è mai realizzato.
Di qui derivano alcune considerazioni che non possiamo non fare. In realtà, con l'applicazione di questa deliberazione il Consiglio non conosce l'entità della manodopera che andrebbe ad insediarsi altrove, né conosce il tipo di dislocazione che potrà avvenire fuori della città di Torino. N sappiamo qual è l'entità dei capitali che viene impegnata in questa operazione, quindi non siamo in grado di dire se il "vestito" che stiamo facendo si adatterà perlomeno all'inizio dell'operazione. E' ovvio che questa proposta di deliberazione non dovrà essere valida soltanto per le dodici industrie che intenderebbero o lasciare libere le aree nella città di Torino o rilocalizzarsi.
In questo senso i due primi emendamenti che sono stati proposti dalla D.C., sembrano appropriati, mentre non ho capito il significato degli altri due. E' indubbio che chi rilocalizzerà dovrà investire in misura superiore rispetto al ricavo delle aree lasciate libere; lo spostamento di una parte di questi pagamenti, può probabilmente creare qualche imbarazzo per l'azienda che non dispone dell'intero capitale. Siccome una delle ragioni che spinge la Regione ad approvare questa deliberazione è quella di garantire che un determinato capitale verrà dato in un preciso momento e con certe possibilità di dilazioni, questo significa per l'industria che intende rilocalizzarsi conoscere il tipo d'investimento che potrà fare nella nuova località, meno importanza avrebbe questo elemento nei casi in cui l'azienda lasci libera un'area e non si rilocalizzi, perché in questo caso scatterebbe questo parametro.
Fatte le riserve di carattere politico generale sul tipo di rapporto che si intende instaurare fra la classe politica e le associazioni imprenditoriali e sindacali e sul ruolo che il Consiglio deve avere nei confronti di tali associazioni, riserve non soltanto rivolte nei confronti della Giunta, riteniamo questo strumento indispensabile per dare inizio alle operazioni di rilocalizzazione. Prima di esprimerci con il voto desideriamo attendere la risposta della Giunta.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parola il Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito, malgrado abbia una grandissima importanza per il Piemonte, lascia molti colleghi piuttosto indifferenti.
Intanto devo dire che la deliberazione che 'ci viene presentata dalla Giunta non è di facile comprensione. Ricordo che il partito che rappresento venne chiamato ad esprimere un parere sul trasferimento di dodici aziende e 2300 dipendenti. Il parere è stato negativo perché si volevano trasferire quelle aziende in una unica zona a 15 Km, da Torino, priva di case e di infrastrutture, dove però il terreno aveva un basso costo. Ritengo che il Consiglio regionale su queste questioni è troppo poco informato. E' vero che facciamo parte dell'opposizione, ma è anche vero che il gruppo di persone che ha in mano l'Amministrazione regionale può sbagliare: se sbagliamo insieme è una cosa, se sbaglia solo la Giunta è un'altra cosa e il danno che ne deriverebbe ricadrebbe sull'assetto industriale. La Giunta crede con questo strumento di difendere le aziende minori, ma in realtà questa proposta è rivolta alla grande e alla media industria. Nemmeno l'artigianato avrà la possibilità di trarne qualche giovamento. Mi domando se la Finpiemonte potrà entrare in finanziamenti di questo tipo, escludendo proprio quelle aziende che intendevamo tutelare. Un artigiano che abbia 15 o 20 dipendenti non ha la possibilità di ristrutturarsi, allora mi domando: chi difendiamo? I soldi della Finpiemonte a chi vanno? Da 30 anni sono favorevole al riequilibrio industriale del Piemonte, ma così facendo non otterremo i risultati che abbiamo ipotizzato. La priorità al Mezzogiorno difficilmente creerà nuovi posti di lavoro in Piemonte.
Un imprenditore difficilmente trasferisce la propria azienda nelle zone individuate dalla Regione, ecco dove nascono le difficoltà delle aree industrializzate che tentiamo di creare a Mondovì, a Vercelli, a Casale, a Borgosesia. Il costo del terreno per costruire un capannone industriale incide solo in piccola parte, il costo maggiore è costituito dai macchinari tenendo conto che una nuova azienda costa dai 50 ai 70 milioni per ogni posto di lavoro.
Questa prima proposta di deliberazione, per tutte le perplessità che lascia, richiede opportuni correttivi, che il collega Alberton ha già indicato. Dalle proposte giunte dai Comprensori risulta che molti Comuni anche quelli di soli 200 abitanti, chiedono l'insediamento di industrie. Mi domando per quale motivo è stato fatto il sondaggio presso i Comuni che ovviamente, ha creato false attese perché anche i Comuni situati a 700 metri di altitudine e con poche abitazioni chiedono le industrie.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Non si dovrebbero cancellare le aree industriali nei piani regolatori di certi Comuni.



BENZI Germano

Egregi Assessori, il collega Benzi non ha mai chiesto di cancellare delle aree perché conosce benissimo le esigenze dell'industria. Sono convinto che dopo un'esperienza di qualche mese, sia opportuno raccogliere le osservazioni che sono state espresse dai colleghi e che sia necessario rivedere il meccanismo di questa deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Questa deliberazione si colloca nell'ambito delle linee di politica territoriale contenute nel Piano di sviluppo regionale e dell'attuazione della legge regionale sulla tutela e l'uso del suolo. In questo quadro, la II Commissione ha rilevato la coerenza dell'impostazione formale delle diverse ipotesi di localizzazione e di rilocalizzazione, facendo per rilevare l'opportunità che ad una impostazione di mera attuazione della normativa urbanistica si accompagnasse una relazione di tipo socio economico, che è stata presentata all'esame congiunto delle Commissioni I e II. Non è quindi certamente il caso di riprendere tutto il discorso sulla strategia della politica territoriale che è stato già fatto in occasione dell'esame del Piano di sviluppo e di alcune norme specifiche della legge 56, alquanto dibattute e rielaborate per fasi successive, sulle quali peraltro il consenso delle forze politiche è stato concorde. Le stesse osservazioni che sono state presentate dalla federazione dell'associazione industriali del Piemonte, contenute nel bilancio di previsione del 1979 manifestano in questa materia il più ampio consenso delle forze imprenditoriali.
La puntualizzazione del ruolo degli imprenditori, dei sindacati dei lavoratori e della Regione nella definizione degli orientamenti propri del settore, non fa che confermare le linee di programmazione definite dal Consiglio regionale. Si attua in questo modo una politica di interventi che vede la Regione, da una parte come organo di governo del territorio dall'altra come ente di organizzazione, di indirizzo e di coordinamento dell'azione dei Comuni sul territorio e di confronto dialettico con gli imprenditori e con le organizzazioni dei lavoratori. Si superano in questo modo sia l'impostazione urbanistica astratta di una organizzazione ottimale del territorio di pratica irrealizzabilità sia quella che si richiama ad un modello dirigistico astratto ed autoritario non consentito dalla realtà sociale pluralistica e mista della nostra società.
La convenzione parte da una considerazione attenta dell'esperienza passata ed in particolare della limitatezza del processo di mobilità delle aziende così come si è andato configurando o sviluppando in questi anni ai fini della loro rilocalizzazione fuori dei centri urbani congestionati. Di fronte ai fenomeni di speculazione delle aree i Comuni hanno reagito storicamente con l'imposizione di vincoli rigidi che se hanno posto un freno all'ampliamento del fenomeno, d'altra parte per la mancanza di risorse finanziarie che consentissero gli espropri ha a sua volta impedito un'organica e riequilibrata rilocalizzazione delle aziende. Questa rilocalizzazione si pone pertanto come fatto di riqualificazione dell'ambiente e del tessuto sociale del territorio tanto di quello dal quale l'azienda si trasferisce quanto di quello nel quale essa si va a collocare. La convenzione, come è già stato detto, fa perno sulle società di intervento che hanno come obiettivo essenziale quello di rendere indifferente il proprietario dell'area al suo riuso e di eliminare le possibilità della cosiddetta rendita fondiaria, mentre gradua a sua volta gli interventi a seconda del territorio oggetto dell'atterraggio in conformità delle indicazioni delle prospettive di riequilibrio della Regione. L'operatività della convenzione, la sua gestione, sarà ovviamente legata al concorso delle organizzazioni sindacali per lo studio delle soluzioni legate alla mobilità e all'occupazione dei lavoratori. Certamente si tratta di una iniziativa nuova, che presenta difficoltà di elaborazione nella fase di avvio, ma che può diventare uno strumento assai utile della politica industriale della Regione. Sarà ovviamente l'esperienza che suggerirà le eventuali opportune correzioni.
Mi sembra sin d'ora di rilevare che lo schema, così come è stato presentato, corrisponda ad esigenze largamente diffuse e condivise. Non condivido invece quanto è stato detto dal collega Benzi circa la difficoltà di lettura della deliberazione.
Al collega Benzi posso dire che sono d'accordo che non di facile lettura è invece la convenzione tipo presentata dall'Assessore Astengo.
Per le ragioni che ho sommariamente indicato, il Gruppo socialista darà voto favorevole alla proposta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Quanto stiamo votando non è soltanto una convenzione, è anche- un momento di riflessione sul processo di maturazione del governo regionale inteso come modo nuovo di essere nei rapporti fra i diversi soggetti che operano sul territorio.
Il risultato conseguito é, se non un traguardo, almeno un punto di passaggio estremamente significativo e positivo. Per la prima volta concetti astratti di gestione del territorio, di gestione dell'economia e dei fenomeni della politica industriale hanno trovato nella I Commissione la sede in cui questi problemi vengono approfonditi e verificati. E' stato creato un nuovo soggetto di questi fenomeni.
Come Consigliere che non fa parte della I Commissione, debbo dare atto del lavoro svolto. Questo discorso di circostanza non è del tutto superfluo perché in effetti la gestione di questo fenomeno attiene più alla tecnica politica intesa come gestione della realtà che non alla politica in senso ampio.
Si è cercato così di tirare le fila su alcuni importanti documenti regionali, la legge urbanistica, il Piano di sviluppo e si è incominciato ad accertare come queste grosse decisioni operano in concreto sul territorio. Giudizio positivo, quindi, sul tipo di rapporto che si è realizzato ed istituzionalizzato a monte di quanto ci viene sottoposto.
Quanto ci viene sottoposto rappresenta anche un passo avanti nella logica che ha presieduto circa la collocazione e l'insediamento industriale, logica che, per molti versi, giocava su momenti di debolezza dell'imprenditoria assistita. Molte volte l'imprenditore assistito ha ritenuto di dover lucrare in una certa misura su forme di paternalismo poco illuminato degli Enti locali per ricavare un minimo vantaggio da una collocazione antieconomica; tutto questo non faceva merito a chi di questa operazione si rendeva partecipe. Questo è anche lo strumento per superare una specie di reazione di rigetto che è maturata presso gli Enti locali che vedono l'area industriale come una specie di bubbone da tenere il più lontano possibile dal centro abitato, salvo non riuscire a legare questo bubbone che si è emarginato con il resto del Comprensorio, della Regione della conurbazione torinese.
Questa norma di procedura ci pare sufficientemente precisa ed elastica comprensiva anche dei soggetti interessati che sono i Comuni, la Finpiemonte, la Regione e le aziende. Sono pure indicati i rapporti tra questi diversi soggetti in modo sufficientemente articolato ed aperto. Si è affermata una serie di principi di ordine procedurale che in qualche punto sono di non indifferente rilievo.
Significativo è il richiamo a che tutto quanto avvenga in un raccordo urbanistico corretto; mi è sembrata anche positiva l'indicazione, in una norma di tipo finalistico, dell'impossibilità e quindi della volontà della Regione di intervenire qualora la rilocalizzazione risponda anche ad obiettivi politici maggiormente significativi che sono quelli dell'occupazione.
Mi sembra significativo l'ultimo articolo che contribuisce a risolvere alcuni problemi posti dai Consiglieri democristiani laddove si dice che questa norma di procedura è flessibile nel senso che viene rivista e rivalutata a tempi relativamente brevi, così come l'esperienza andrà a indicare.
Ritengo che la Giunta debba relazionare il Consiglio almeno ogni sei mesi sia in merito alle convenzioni che si sono sottoscritte, sia sui risultati che queste comportano sul piano urbanistico e territoriale indicando la quantità degli addetti trasferiti o insediati.
Il Consiglio regionale potrà proporre quelle modifiche e quelle verifiche che questa deliberazione rende possibile.
Con queste brevi considerazioni anticipo il voto positivo alla deliberazione e contemporaneamente la mia astensione sui primi due emendamenti proposti dalla D.C., perché ritengo che la competenza della gestione competa alla Giunta e la competenza della verifica e quindi della proposta di modifica della convenzione competa al Consiglio dopo riesame globale, fatto a tempi fissi, su quantità che abbiano rilievo politico e che non siano episodi più o meno significativi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo di dover anticipare alcune considerazioni sulle caratteristiche del provvedimento, non tanto sotto il profilo tecnico di cui sono scarsamente competente, anche se ho esaminato alcuni punti nodali della tecnica, quanto sugli aspetti politici generali che con questo atto veniamo ad assumere.
Questo è forse il primo atto significativo del governo regionale che si iscrive con tutta legittimità in un processo costituito da una serie di fatti, di atti, di leggi, di provvedimenti, di comportamenti che hanno delineato in maniera crescente una funzione di governo a cui questo esecutivo e questa maggioranza, con la collaborazione e l'apporto molto importante delle altre forze, hanno ottemperato. Contro alla programmazione che ci divise negli anni passati, al vincolismo, ai libri scritti, ai grandi piani con grandi pretese di organizzare tutto e tutti, c'è questo tipo di programmazione che si iscrive nelle direttrici politiche assunte attraverso una formazione ampiamente democratica che ha il suo perno nell'assemblea elettiva. Non possiamo oggi non ricordare quei tempi per porre in evidenza come questo atto ha in sé le caratteristiche di un metodo di programmazione che è andato avanti e che abbiamo costruito negli anni con grande coerenza, anche se presenta ancora approssimazioni e limiti.
Che cosa rappresenta in modo specifico questo atto? Come osservava il Consigliere Marchini rappresenta lo sforzo di riuscire a contemperare i vincoli esistenti esigenze di orientamento e la realizzazione di elementi di movimento, di azione che partono dai processi reali e sui processi reali associati ed economici incidono. Dobbiamo riflettere sul Piano di sviluppo sulle deliberazioni programmatiche dei Comprensori, e su questa convenzione quadro. Un complesso di elementi, di atti deliberati, approvati o in via di approvazione, che indicano il modo in cui ci siamo mossi rafforzando gli strumenti sotto il profilo istituzionale come i Comprensori, e quelli sotto un profilo più interno come la convenzione-quadro. E' una acquisizione politico-culturale di non piccolo peso.
Se non iscriviamo in questo ragionamento la convenzione, i ragionamenti che ne possiamo fare possono essere di vario tipo, possono essere di raccomandazione, come ci sono venuti, di preoccupazione, di problematicità.
Sappiamo che oggi più che mai sarebbe perdente una visione di programmazione puramente vincolistica, sappiamo che dobbiamo fare i conti fino in fondo con i processi reali che si sono sviluppati nella nostra società, in Piemonte, e a Torino in modo particolare, e con i processi spontanei che stanno riemergendo. Tutti gli sviluppi Fiat e tutti i corollari che ad essa sono collegati, ci dicono che dobbiamo arrivare a dei confronti nel merito. Con la diffusione della cultura regionale, che non è più ristretta in un ambito di 60 Consiglieri o di qualche operatore politico o culturale, ma che si è diffusa nel territorio ad altri livelli istituzionali, come i Comprensori, i Comuni, qualche effetto si è prodotto.
Pensiamo a quanto questa nostra azione, all'avanguardia rispetto al panorama nazionale, ha potuto segnare nei confronti degli operatori.
Il Consigliere Alberton nel suo intervento forse ha dimenticato che siamo partiti dal presupposto dell'applicazione rigorosa della legge n.
865, da strumenti urbanistici che impongono vincoli che non permettono alcun movimento, perché l'Ente locale non aveva risorse, perché mancavano le condizioni per la movimentazione. Si dice che la gestazione di questo strumento, è stata lunga; io rispondo che è stata lunga, difficile complessa e delicata. Sarebbe stata molto più facile e più breve se la Giunta avesse acceduto alle richieste degli imprenditori.
Dobbiamo partire da un quadro di certezze anche giuridiche che vengono dalle leggi nazionali, dai nostri atti attuativi, dalla legge regionale n.
56.
Da qui i primi effetti, tra i quali il recupero alla città di aree, di Cui si ha un gran bisogno non solo per gli standards urbanistici, ma per le esigenze concrete della gente, della vita di tutti i giorni, cercando di indirizzare, di orientare le movimentazioni che, attraverso uno strumento del genere, si possono realizzare.
Credo che non si possa continuare ad affermare che manca un quadro di riferimento di pianificazione territoriale. Alcuni casi esemplari, anche se piccoli, come il caso della Pennitalia di Cuneo, li abbiamo realizzati e questi sono casi che dimostrano la coerenza a cui richiamiamo i nostri provvedimenti e i comportamenti complessivi della comunità piemontese. Non possiamo nemmeno dimenticare che per comporre questo quadro di pianificazione territoriale sono occorsi quattro anni, ma che eravamo partiti totalmente da zero.
Quali erano gli effetti delle dislocazioni industriali e dei processi economici? Erano quelli di decisioni assunte caso per caso, ispirate da logiche che avevano fuori dalle assemblee elettive il loro centro ispiratore. Questo disegno che non era solo teorico, ma che era costruito nei fatti, abbiamo dovuto reggerlo, orientarlo e rifinalizzarlo. In questo senso sta il grande significato della pianificazione-processo, che non è solo uno slogan, ma è un in odo concreto di comportamento.
Nel momento in cui andiamo al difficile confronto o allo scontro con la Fiat per porre sul tappeto i problemi generali dei suoi investimenti, i problemi del sud e del riequilibrio regionale, andiamo non solo per sentire orientamenti o vaghi indirizzi, ma andiamo misurando con un alto grado di approssimazione gli elementi su cui dobbiamo ricondurre la politica di un colosso come la Fiat.
Non mi sembra straordinario o rivoluzionario il fatto che un Sindaco di un Comune qualsiasi della regione: attraverso uno strumento come il Comprensorio, sia in grado non solo di essere il gestore dell'anagrafe quindi della separatezza, quindi della frustrazione, ma in qualche maniera di essere partecipe al processo di programmazione, di fare delle valutazioni insieme agli altri sugli ampliamenti degli stabilimenti, sulle localizzazioni della legge n. 902. Questo è un fatto di grande portata.
Il piano regionale territoriale nasce dal confronto delle forze, dagli apporti di soggetti diversi e con diverso peso, diverso valore. Le linee di piano e di programmazione ci sono, vanno affinate e determinate e intanto ci permettono di governare non alla cieca.
Credo che sul campo di applicabilità della convenzione una verifica vada fatta, nel senso che oggi questo atto si pone come strumento generale che risponde ad un momento di formazione che ha coinvolto un rapporto di contrattazione - accordo, ma rispondo anche a logiche di carattere generale prettamente istituzionali e politiche. Vedremo quanto della realtà si potrà adeguare.
La convenzione ha la forza di costituire un altro pezzo di quell'elemento più generale e progettuale che le forze politiche che compongono questa maggioranza hanno contribuito a costruire in questi anni.
La concretezza, la capacità di governo, la definizione di linee di condotta, la guida dell'azione politica per noi e per gli altri soggetti attraverso questi strumenti l'abbiamo costruita.
Dalle consultazioni non è emersa da parte degli altri soggetti una adeguata risposta rispetto allo sforzo compiuto dalla Giunta e dalla Commissione. Al di là della valutazione dell'esito concreto di quel giorno dobbiamo avere presente che una sfida, anche con la convenzione-quadro l'abbiamo lanciata agli altri soggetti.
Credo che abbiamo ben esercitata la funzione di governo vincendo la sfida che ci veniva lanciata dai processi di ristrutturazione aziendale e di disgregazione.
Mi auguro che le verifiche non siano solo l'attesa di esiti e di risultati, ma sia una attivazione profonda nel campo dell'azione politica perché gli effetti di riequilibrio, di movimento e di liberazione di alcune aree di Torino, siano reali e vadano a tutelare gli interessi generali della comunità piemontese e dell'occupazione per una qualità diversa della vita.



PRESIDENTE

La parola per la replica all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Penso si debba rifuggire da una visione integralista dei problemi e delle loro soluzioni, e da tentazioni giacobine di prefigurazione dell'avvenire. Poiché attorno alla convenzione-quadro ho lavorato sia sotto il profilo politico che sotto il profilo tecnico, sin dall'idea iniziale ritengo di poter apportare in questo dibattito ulteriori elementi per la conoscenza della realtà che ci ha indotto a questa proposta. Ciò consentirà di capire meglio il significato della convenzione, la sua portata, i suoi limiti, e anche la fase di evoluzione in atto nella gestione pubblica, in cui essa si colloca, nonché le prospettive di questa evoluzione.
L'ipotesi della convenzione è nata fin dall'avvio del lavoro di questa Giunta, dal momento in cui, in quanto problema di pianificazione territoriale, mi sono trovato ad incontrare interlocutori e a ricevere domande circa il trasferimento e la localizzazione di attività industriali.
In questo campo tutto è avvenuto, fino ad ora, sulla base di iniziative spontanee, nel tentativo di ricavare dai processi di rilocalizzazione il massimo di autofinanziamento all'attività industriale, attraverso l'uso edificatorio, residenziale o terziario privato, dell'area lasciata libera.
In qualche caso, il ricavato non è neppure stato così orientato, poiché i fondi ottenuti, attraverso a speculazioni, dalla vendita delle aree e degli immobili, sono stati impiegati in operazioni diverse dal reimpiego nel settore industriale.
Dove non esistevano vincoli urbanistici questi processi hanno potuto avvenire secondo lo schema preordinato dell'operatore, non tenendo in minimo conto i problemi di riorganizzazione urbana e territoriale, né i problemi sociali dell'occupazione.
Questa è la situazione ereditata dal passato, a rimedio della quale negli ultimi 10 anni, per una spinta politica e culturale positiva, si è cercato di contrapporre vincoli urbanistici attraverso i piani regolatori.
Il problema più urgente che è stato necessario affrontare è stato quello della disponibilità delle aree per servizi sociali. Normalmente, gli urbanisti - e qui faccio un'autocritica - hanno risposto con spirito appassionato, ma giacobino, disegnando i piani regolatori spesso in modo teorico. Computate le aree per servizi sulla base del rapporto con gli abitanti previsti, non essendoci aree libere per i servizi nelle zone già edificate, spesso la destinazione a servizio è stata collocata sui lotti occupati da industrie nella presunzione che in un tempo non troppo lungo le industrie si trasferissero, lasciando libera l'area. Operando in questo modo, spesso, l'adeguatezza dei piani regolatori agli standards urbanistici si è ridotta ad essere puramente normativa, perché in realtà le industrie non sempre hanno intenzione di rilocalizzarsi, perché impossibilitate a vendere l'area vincolata o perché gli impianti sono ancora da ammortizzare.
In questa situazione, anche quelle industrie che hanno impedimenti oggettivi alla rilocalizzazione, avendo l'area ove sono insediati vincolata a servizi, vengano a trovarsi nella costrizione di non poter ottenere una concessione edilizia neppure per un limitato adeguamento delle proprie strutture, neanche nel caso che ciò sia reso necessario per migliorare le condizioni ambientali di vita e di lavoro all'interno della fabbrica. .
Si è creata una situazione complessa, intreccio del disordine determinato dalle localizzazioni avvenute in modo casuale; del carattere speculativo determinato dalla logica di cercare autofinanziamenti all'industria da operazioni immobiliari; di impedimento ad adeguamenti funzionali per chi è nell'impossibilità pur oggettiva a trasferirsi; di impossibilità da parte dei Comuni a disporre di aree per i servizi, ove queste sono individuate su industrie che non si trasferiscono.
Di qui la necessità di strumenti operativi che permettano ai vari soggetti di superare una logica individuale per inserirsi in una logica programmatoria che tenga conto dei problemi economici dell'industria e di quelli urbanistici dei Comuni.
Già fin dalla prima stesura il documento venne chiamato convenzione: strumento, cioè, di gestione concordata dei processi in modo di rendere compatibili le esigenze pubbliche e le esigenze private. La convenzione è nata con questo spirito, per colmare la carenza di strumenti di governo atti a recuperare le aree per servizi e per promuovere e gestire i trasferimenti industriali necessari.
In diversi interventi è stato detto che questo strumento non risolve tutti i problemi. Certo, non credo che con questa convenzione si possa pensare di aver risolto ogni questione di politica urbanistica e industriale. Tuttavia essa costituisce un significativo passo sulla strada dell'adeguamento degli strumenti necessari per una corretta politica di programmazione e di gestione. Non abbiamo quindi la presunzione che essa sia la panacea di tutti i mali. E' uno strumento che tuttavia consente agli Enti pubblici, ai Comuni e alla Regione, di colloquiare in termini di chiarezza con i vari operatori industriali per l'attuazione della propria politica urbanistica tenendo in conto i problemi degli operatori.
Il Consigliere Alberton ha denunciato una carenza di informazione tuttavia, questa volta, non usando nei miei confronti la frase "non ha neanche la responsabilità", come in altri casi ha usato. Devo d'altra parte dire che non ho avuto una richiesta tempestiva di dimostrazione dei conteggi fatti.
Mi è stata richiesta solo l'altro giorno; rispondo oggi dichiarando la mia disponibilità a ragionare, nella sede opportuna, sui conteggi orientativi fatti. Sarebbe sbagliato, però, procrastinare le decisioni che oggi dobbiamo prendere, prolungando ancora i tempi già larghi con cui abbiamo lavorato; sarebbe pregiudizievole per le altre tappe che dobbiamo affrontare. Il presupposto della convenzione è quello di consentire di procedere alla definizione dei suoi termini con estrema chiarezza e trasparenza; conteggi specifici non possono essere fatti a priori, e dir perché ; i conteggi vengono fatti specificatamente per ogni situazione, con chiarezza per tutti del rapporto che lega il trasferimento industriale e il recupero di aree per servizi.
Con un ragionamento vorrei far capire entro quali limiti si possono risolvere questi due problemi. I casi da affrontare possono essere molto diversi tra di loro.
Si può avere il caso di immobili vecchi, obsoleti, con impianti ammortizzati e da rinnovare. E' questo il caso più semplice: da un lato l'imprenditore può essere sollecitato ad abbandonarli per soluzioni più funzionali; dall'altro, il costo dell'area e degli immobili non può essere rilevante, poiché si tratta di un valore residuo corrispondente alla funzionalità ormai ridotta delle strutture esistenti; infatti in questi casi, la valutazione secondo i criteri della legge 865 porterà ad un costo non rilevante. Potranno sorgere due alternative: il Comune è in grado di acquisire gli immobili pagando con fondi del proprio bilancio; in questo caso sull'area non verrà consentita edificazione privata; essa sarà destinata completamente a servizi sociali il Comune non è in grado di pagare con i propri bilanci il valore degli immobili, pur ridotto e valutato in base alla legge 865; si potrà allora valutare di acquisire, per destinarla a servizi, almeno una parte dell'area in cambio della destinazione della restante parte alla edificazione residenziale, o commerciale o industriale, da realizzarsi attraverso una operazione imprenditoriale non speculativa. Poiché il valore degli edifici, come abbiamo ipotizzato, è relativamente basso, l'operazione imprenditoriale necessaria comporterà poca edificazione e molta parte dell'area sarà libera per servizi.
Altro caso è quello di valori degli immobili molto elevato; in un Comune che nel proprio piano regolatore avesse indicato come area di servizio il lotto su cui insiste una fabbrica moderna, il valore degli immobili, pur calcolato in base alla legge 865, potrebbe risultare così elevato che neanche edificando tutta l'area si riuscirebbe, attraverso un'operazione imprenditoriale, a realizzarlo, o se si riuscisse a realizzarlo il margine di convenienza sarebbe così ristretto che l'area libera da, destinare a servizi risulterebbe insufficiente e non rispondente agli standards urbanistici. In questo caso l'operazione non sarà fattibile: l'applicazione della convenzione-quadro, non a priori, ma in questo caso specifico, mostra che l'indicazione del piano regolatore, di destinare quell'area a servizi, è economicamente non conveniente; l'applicazione della convenzione costituisce una verifica a posteriori. Il senso di questa verifica ci porta a dire che l'indicazione a servizio di un'area è reale solo nella misura in cui la comunità è in grado di acquisirla pagandone i valori su di essa radicati. D'altra parte ci dice che è economicamente sbagliato trasferire una industria i cui impianti sono ancora funzionali e sono ancora da ammortizzare. Questa operazione rappresenterebbe una perdita economica per l'intera società oltre che esserlo per il singolo privato, e dovrebbe effettuarsi solo quando non esiste altra soluzione, e comunque non attraverso un intervento imprenditoriale che vanificherebbe l'obiettivo di trovare aree per servizio, ma attraverso l'impegno finanziario del Comune.
La convenzione è un metodo di verifica delle possibilità reali di trasformazione della struttura urbana. Verifica che oggi dobbiamo compiere a posteriori, su casi di indicazioni di aree per servizi già effettuate dai piani urbanistici, spesso senza la valutazione di fattibilità economica. La convenzione sulla futura elaborazione dei piani urbanistici potrà invece introdurre un significato innovativo: essa indurrà ad un rinnovamento culturale nella tecnica urbanistica, stimolando a sottoporre a verifica di compatibilità anche economica, secondo lo spirito della convenzione-quadro le indicazioni di aree per servizi; indurrà a introdurre nei piani regolatori l'indicazione di are sottoponibili a convenzione-quadro, con tutto ciò che questo comporta nel conteggio dell'area da destinare a servizi.
La verifica preventiva della possibilità di, applicazione della convenzione impegnerà a non computare fittiziamente ad aree per servizio quelle aree che in tutto o almeno in parte risultassero non acquisibili attraverso l'operazione imprenditoriale prevista dalla convenzione-quadro né attraverso le disponibilità di bilancio degli Enti pubblici. La convenzione-quadro ha questa portata innovativa: nasce dall'esigenza di risolvere problemi reali, facendo prendere coscienza dei costi economici non deriva, pertanto, da una visione giacobina. E' uno strumento che, nella sua applicazione, ci darà la coscienza delle soglie di fattibilità dei disegni di ristrutturazione urbana, e farà emergere le situazioni di non fattibilità, inducendo a ricercare altre soluzioni fattibili, e comunque a promuovere una realistica programmazione della spesa pubblica.
Verifiche a priori di conteggio sull'applicabilità della convenzione si possono fare, e sono state fatte; devo dire che sono verifiche possibili solo in via orientativa e generale; esse comunque non possono essere richiamate al fine di valutare la liceità della convenzione-quadro o addirittura, come certi atteggiamenti emersi in questa discussione potrebbero far presumere, la sua intenzione morale. La convenzione si colloca all'interno delle leggi dello Stato, e tende a migliorarne l'applicazione.
Con la legge 865/71 sono state introdotte le nuove norme per l'espropriazione, ed è stato indicato il modo con cui devono essere computati gli immobili da espropriare. Possiamo discutere sulle interpretazioni della legge cercando di cogliere lo spirito del legislatore; è tuttavia certo che la legge stabilisce in modo non equivocabile il modo con cui si deve effettuare il computo del valore dell'area, e stabilisce che il valore degli immobili che insistono su di essa va computato come valore residuo. Aggiungo che nel caso di bonaria accettazione dell'esproprio, al proprietario compete una rivalutazione del valore di esproprio, che la legge del '71 fissava nel 10% che con successive modifiche è stata portata, prima al 30 %, e ultimamente, con la legge Bucalossi n. 10 del gennaio del '77, al 50 %. Ho più volte, nel passato, discusso se il 50 % doveva essere computato su tutti gli immobili o solo sulle aree. Sono convinto che il legislatore ha fatto riferimento alle sole aree e non agli edifici: la legge è nata ed è stata impostata con riferimento all'esproprio di aree ancora libere; nel dibattito interpretativo si è teso ad estendere ogni sua norma all'esproprio degli altri immobili. Ho sempre contestato che si dovesse riconoscere la sopravalutazione, prima del 10, poi del 30, ed ora del 50% sugli immobili.
La realtà è che la prassi, consolidata dalla giurisprudenza, ha riconosciuto questa aliquota aggiuntiva anche sul valore dell'edificio, ed è con questa situazione che dobbiamo quindi fare i conti.
Questa convenzione non ha bisogno di conteggi per una verifica di liceità, o di moralità, perché rispetta le leggi dello Stato, applicando i conteggi che esse stabiliscono. La novità è che introduce un metodo che richiede di verificare e dimostrare il conto economico delle operazioni di ristrutturazione urbana; sotto questo profilo mi sembra un effettivo e importante passo avanti: piega le leggi nazionali ad un fine programmatorio. In questo senso va detto che mentre la legge nazionale riconosce una aliquota aggiuntiva a chi accetta di risolvere bonariamente l'esproprio, indipendentemente dalla futura destinazione delle aree e degli immobili espropriati, la convenzione-quadro - malgrado vi siano molte difficoltà da superare sulla strada della sua effettiva applicazione (ogni parte, coerentemente con la natura pluralistica della nostra società, porta al confronto e difende i propri interessi) - introduce un principio nuovo piegando l'applicazione di questa sopravvalutazione ai contenuti programmatori dell'operazione: infatti l'aliquota del 50 % viene riconosciuta nella misura in cui il trasferimento dell'industria corrisponde alla politica di programmazione economica e di pianificazione territoriale che la Regione e gli Enti locali si sono dati e si danno.
L'aliquota di sopravalutazione, sino alla quantità massima del 50 prevista dalla legge, viene riconosciuta come incentivo per conseguire i fini della programmazione e della pianificazione regionale.
Con la convenzione-quadro si introduce uno strumento che eliminerà i giochi di speculazione dalle operazioni di riuso delle aree lasciate libere dalle industrie; essa riporta queste operazioni al contenuto economico di una corretta attività imprenditoriale basata sul profitto e non sulle rendite; indurrà le industrie ad una stretta logica di capacità produttiva impedendo che per il proprio sviluppo venga fatto conto di poter recuperare rendite immobiliari che penalizzerebbero altri settori produttivi o la disponibilità di aree per servizi. In questo senso, la convenzione valorizza la capacità produttiva e tecnologica dell'impresa.
Il Consigliere Alberton ha detto che la convenzione non garantisce di risolvere i problemi della mobilità e pendolarità: nella relazione della Giunta è chiaramente detto che l'applicazione della convenzione è subordinata alla soluzione di questi problemi.
La soluzione di questi problemi non è normata dalla convenzione solo perché essi investono la responsabilità delle organizzazioni sindacali che non sono, per loro scelta metodologica, fra le parti contraenti. Questi problemi investono di responsabilità anche l'organizzazione industriale nel senso che la mobilità è possibile quando, oltre ad essere consentita dagli operai che lavorano nella fabbrica interessata, la struttura industriale nel suo complesso, si impegna e si mette in grado di recepire i trasferimenti di personale in altri luoghi di lavoro. E' un meccanismo di contrattazione complesso che non fa presagire facile operatività, che non può che risolversi nel più ampio quadro delle contrattazioni bilaterali tra organizzazioni sindacali e industriali, e tra queste e la Regione e gli Enti locali. Vengo alla domanda su quanto, della struttura industriale, si trasferirà. E' una questione da valutare, da misurare e controllare cammin facendo, in quanto è difficile, stante l'intreccio degli operatori, di cui ho appena detto, che devono trovare accordo operativo, presagire quale potrà essere l'applicazione della convenzione nel '79 e nell'80. Per ora ci sono dodici aziende che sono disponibili a trasferirsi da Torino: esse occupano poco più di 2000 lavoratori; quindi, per ora il problema si presenta, in dimensioni del tutto accettabili, alle verifiche e alle discussioni che dovranno essere fatte. Se questo meccanismo dovesse trovare facile innesco e applicazione sarà importante intervenire per regolarlo affinché i processi innescati non vadano al di là di quanto si ritiene opportuno.
D'altra parte, la convenzione non è impositiva né per il Comune né per la Regione. La Convenzione è uno strumento operativo da applicare in attuazione del Piano di sviluppo regionale: sarà quindi importante una discussione e verifica periodica da parte del Consiglio, non tanto sulla singola convenzione, ma sull'applicazione, in atto e preventivata, di questa politica. E' stato, infine, rilevato che la convenzione non è collegata ad una visione regionale e a:ci altri strumenti di politica industriale. Intanto, va detto che la legge 902 è uno strumento che va coordinato alla convenzione-quadro: in questo senso, sottolineo che la nostra proposta di applicazione della legge 902 ha assunto, coerentemente a quanto si intende fare con la convenzione-quadro, le cinque aree industriali attrezzate della nostra legge 21 come punto di riferimento prioritario per le rilocalizzazioni.
Un disegno regionale c'é; il fatto stesso che discutiamo della legge 902 e della convenzione-quadro con riferimento ad alcuni punti del territorio, individuati nelle linee del Piano di sviluppo regionale, lo dimostra.
Un disegno regionale lo vogliamo; ma fino a che punto di definizione particolareggiata? Lo vogliamo come previsione intellettualistica, di lunga portata temporale, nella realtà poi da non applicare neppur nell'immediato o come impostazione concreta immediata a partire dalla quale si cammina apportando cammin facendo gli aggiustamenti che la realtà imporrà e determinerà? Nei casi discussi, di localizzazione industriale nel Cuneese per cui sono sorte le contrapposizioni tra Cuneo, Peveragno e Mondovì c'era un disegno preciso e immediato: per le industrie che si trasferiscono nel Cuneese, attenersi alle indicazioni dei Comprensori che, coerentemente alla legge regionale 21, privilegiano l'area industriale di Mondovì piuttosto che l'area di Peveragno, che, tra l'altro, è di buona fertilità agricola, e a questa funzione va salvaguardata. Ciò nonostante molte discussioni sono sorte contro questo orientamento, a dimostrare una volontà contraria alla programmazione. Di fronte a noi sta una regione non omogenea, di cui conosciamo i punti di maggiore crisi. E' con riferimento a questi punti precisi, che dobbiamo immediatamente operare, senza che si debba attendere di raggiungere la definizione particolareggiata del teorico assetto del Piemonte del 1990. Questa sarebbe una forzatura di disimpegno rispetto ai processi reali e al livello di maturazione attuale degli strumenti di elaborazione e di governo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilanciò e programmazione

La proposta di convenzione-quadro che viene portata all'esame e al voto del Consiglio, dopo un iter lunghissimo, è la conclusione del tentativo di fare della Regione un Ente capace di guidare i processi di sviluppo sul territorio e di indirizzare i processi di rilocalizzazione degli impianti produttivi.
E' come un tassello del disegno complessivo della politica industriale che è armato di altri strumenti, quali le aree attrezzate, il credito agevolato, l'attuazione della legge 902 e la Finpiemonte.
La Regione sta cercando di darsi in modo concreto e operativo le capacità di fare politica industriale, capacità di essere soggetto del governo e dell'economia che non sono state esplicitamente riconosciute con il D.P.R. 616 e con la normativa nazionale che trasferisce poteri alle Regioni, ma che nei fatti sono parte inscindibile dalle competenze in materia urbanistica, di assetto del territorio e della programmazione in generale. Proprio con il tentativo di inventare strumenti per il governo dell'economia e del territorio assistiamo ad alcune interessanti innovazioni di carattere giuridico ed istituzionale nel quadro complessivo dei rapporti tra potere pubblico e sistema delle imprese. Gli strumenti che si stanno realizzando non sono frutto di un disegno astratto di programmatori o di urbanisti che a tavolino costruiscono la società del futuro, ma nascono dall'impatto con la realtà, tengono conto in termini molto più reali di quanto non ne hanno tenuto conto i documenti urbanistici degli anni '50, e i libri della programmazione degli anni '60, del rapporto esistente in una economia mista tra centri decisionali diversi rispetto ai quali il potere pubblico in qualche caso si configura con poteri di imperio, ma, in altri casi, deve rispettare la sfera dell'iniziativa libera affidata ai soggetti che operano nella società.
Proprio perché nasce dall'impatto con questa realtà emergono soluzioni diverse da quelle inventate dagli urbanisti e dai programmatori che attengono al terreno della concertazione programmata tra potere pubblico e imprese.
La convenzione è uno strumento non autoritativo, ma è uno strumento che presuppone il consenso tra diversi soggetti pubblici e privati coinvolti nella operazione, pur legandosi a momenti nei quali il potere pubblico può esercitare potere di imperio, che sono essenzialmente i momenti degli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale.
La convenzione ha tre obiettivi: quello del recupero di aree nei centri urbani per i servizi quello del riequilibrio territoriale e delle rilocalizzazioni finalizzate a certe zone piuttosto che ad altre quello di favorire la qualificazione del tessuto industriale piemontese attraverso la costruzione di fabbriche più funzionali attraverso la sostituzione di macchinari, l'introduzione di nuove tecnologie, la creazione di un diverso ambiente di lavoro.
Tutti e tre gli obiettivi sono rilevanti al fine del Piano di sviluppo se ne valutassimo uno solo perderemmo il quadro di insieme. Non c'è dubbio che il riequilibrio territoriale comporta trasferimenti a largo raggio, ma sarebbe un errore se, in questa fase di avvio dell'operazione, i m ponessimo solo trasferimenti a largo raggio perché gli altri due obiettivi che devono essere perseguiti giustificano anche operazioni di decentramento breve, per quelle imprese più piccole, a cui si richiamava il Consigliere Benzi, per le quali certi salti potrebbero avere senso a distanze di 15 o 20 chilometri, non lo avrebbero, e quindi sarebbero improponibili, a distanze superiori.
Naturalmente la convenzione-quadro non risolve automaticamente tutti i problemi: è una scatola che nel concreto va riempita di contenuti.
Verificheremo quanto questo strumento, inedito nella realtà giuridica del Paese sarà valido.
Si sono valutati i risultati degli altri strumenti, le aree di sviluppo industriale, i nuclei di industrializzazione previsti dalla legislazione speciale per il Mezzogiorno, e si sono valutate anche le esperienze diverse, come i casi stranieri più rilevanti di disincentivazione avvenuti in Francia e in Olanda. Ci siamo quindi riferiti più alla realtà dei Paesi industriali avanzati con problemi di decentramento delle grandi aree urbane e di aree di industria eccedente per molti versi simili ai nostri piuttosto che ai casi a cui fa riferimento la legislazione speciale per il Mezzogiorno, aree sottosviluppate in senso tecnico, che non hanno le caratteristiche della realtà piemontese.
I processi di rilocalizzazione possono avvenire anche senza ricorrere a questo strumento, ma l'auspicio che noi facciamo è che esso operi sulla scala più larga possibile proprio perché sarebbe la prova che certi processi possono avvenire senza pregiudicare l'interesse delle imprese e rispettando le priorità e la guida che il settore pubblico deve necessariamente dare.
Come ha già osservato l'Assessore Rivalta, l'aver predisposto lo strumento non significa affatto che esso possa operare ed essere seguito nei casi concreti. Ribadiamo l'importanza di quanto detto nel paragrafo 1-6 della convenzione e cioè la necessità di costituire altri strumenti di sostegno per i processi di rilocalizzazione più onerosi, perché se la rilocalizzazione riguarda un impianto vitale difficilmente viene fatta solo sulla base del corrispettivo dell'area e dell'edificio, proprio perché non abbiamo voluto riconoscere delle rendite di posizione.
Evidentemente occorrerà disporre di un ventaglio assai più ampio di strumenti atti a favorire la rilocalizzazione. Ritorna il discorso della legge n. 902, il discorso della Finpiemonte, il discorso del consorzio garanzia-fidi, il discorso del credito agevolato.
Per quanto si riferisce ai rapporti con le forze sociali, a cui in particolare si richiamava la dottoressa Castagnone Vaccarino, devo dire che nella fase di elaborazione del documento i contatti ci sono stati prevalentemente con le rappresentanze imprenditoriali.
Qualcosa di nuovo è venuto da parte di questo interlocutore, atteso che solo 10 anni fa le rappresentanze imprenditoriali non avrebbero riconosciuto questo ruolo che è impegnativo non solo per il potere pubblico, ma lo è anche per le organizzazioni imprenditoriali che si trovano investite di un peso politico.
Resta il problema della verifica sostanziale dei comportamenti e del rapporto con le organizzazioni sindacali. Il discorso della mobilità , dei lavoratori è centrale perché l'operazione sia risolta e la convenzione quadro pone alcune condizioni fondamentali.
L'impegno delle organizzazioni imprenditoriali a collocarsi in questo processo presuppone una disponibilità ad avviare con il sindacato il discorso concreto della mobilità. Se un'impresa si trasferisce da Torino senza garantire la mobilità, quell'impresa non riuscirà a realizzare il trasferimento perché non concorderà con la manodopera. Questo è un importante capitolo che si è incominciato a discutere e che resta da definire in futuro. La consultazione con le rappresentanze sindacali non è stata particolarmente proficua, perché il sindacato ha dichiarato che non era preparato a sostenere una discussione del genere in quella sede e che riteneva di non avere delle risposte su questi argomenti.
Resta aperto il problema della mobilità sul quale il sindacato intende dare un proprio parere. La trattativa si svolge attorno a tre tavoli quello tra Regione, imprenditori ed Enti locali, quello tra Regione e sindacati, quello tra imprenditori e sindacati.
Sono d'accordo con il Consigliere Marchini sulla necessità di una periodica verifica da parte del Consiglio sui risultati raggiunti in termini di trasferimenti e rilocalizzazioni e sulle prospettive aperte verifiche consuntive e anche preventive. La Giunta potrebbe impegnarsi a presentare una relazione e ad avviare un di battito in Consiglio due volte l'anno, eventualmente in concomitanza con le discussioni sui documenti finanziari e programmatici.
Per quanto riguarda il punto 1.3.1., mi pare che si possa aggiungere quello che viene proposto. Sull'ultimo punto non ci sono particolari difficoltà da parte della Giunta se non la considerazione, che pure è già stata fatta, che altera un poco il meccanismo che abbiamo previsto cioè che proprio per dare certezza all'operazione, per consentire le rilocalizzazioni immediate, per togliere di mezzo qualunque residua attesa da parte dell'operatore coinvolto, per renderlo indifferente poi alla sorte della sua area si prevedeva che la società di intervento desse immediatamente il corrispettivo dell'area e dell'immobile in modo da consentire l'operazione di rilocalizzazione.
Ci pare che, traducendone le operazioni in atti formali, l'impresa che per esempio, denunciasse di occupare 100 persone e che poi invece non ne occupasse nessuna, incorrerebbe probabilmente in illeciti di tipo penale e quindi ritengo che ci siano alcune garanzie.
Però se riteniamo che sia più importante non fidarsi e condizionare l'erogazione al momento in cui l'operazione sarà realizzata, mi pare che questo rompa un meccanismo di certezza volto all'operatività: i soldi disponibili fanno sì che non esistono alibi per non realizzare il nuovo insediamento conforme agli impegni assunti.
Su questo punto però la Giunta non ha delle pregiudiziali. Valutiamo serenamente e decidiamo di conseguenza.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. Passiamo ad esaminare la deliberazione e i rispettivi emendamenti.
Emendamento 1 .1 .2, presentato dal Gruppo D.C.: "L'iniziativa di convenzione dei Comuni, segnalata alla Giunta regionale, è trasmessa al Consiglio regionale.
La convenzione, a cui la Regione partecipa, e la partecipazione della Regione tramite la Finpiemonte alla/e società di intervento sono deliberate dal Consiglio regionale".
Emendamento 1.1.3, presentato dal Gruppo D.C.: "Sino all'approvazione dei piani socio-economico - territoriali di Comprensorio, al fine di verificare il rispetto delle previsioni insediative di cui all'art. 82 della legge regionale n. 56 e la compatibilità delle proposte convenzionali con la programmazione regionale, tutte le convenzioni sono sottoposte all'approvazione del Consiglio regionale".
La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

La Giunta, al posto degli emendamenti 1.1.2, e 1.1.3, presentati dal Gruppo D.C., propone il seguente: a pag. 10: 1.2.3, sostituire il comma secondo con "il valore di tali strutture ed impianti sarà definito secondo i criteri indicati nel titolo II della legge 22 ottobre 1971 n. 865".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano, Potremmo accogliere una modificazione dei due emendamenti sempre che sia tenuta ferma la responsabilità del Consiglio regionale laddove la Regione partecipi a queste convenzioni



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Mi pare che il problema non sia tanto di approvare con atto del Consiglio le singole iniziative, ma di dare alla Giunta e alla Finpiemonte per quanto loro compete, come organi esecutivo l'uno, attuativo l'altro degli orientamenti, dei criteri, delle indicazioni in sede consiliare; qui si adottano le determinazioni di carattere generale e gli indirizzi politici e l'atto formale sono atti propri o del Consiglio di amministrazione della Finpiemonte o della Giunta.



ROSSOTTO Carlo Felice

Dobbiamo fare estremamente attenzione a non calpestare l'autonomia dei Comuni.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

La Giunta ha riformulato una proposta di emendamento complessivo: "La Giunta informa il Consiglio regionale delle iniziative di convenzione dei Comuni ad essa segnalate".
Secondo comma: "La Giunta regionale riferisce periodicamente almeno due volte all'anno sullo stato di attuazione delle convenzioni in corso e su quelle da avviare".
Terzo comma: "La convenzione a cui la Regione partecipa e la partecipazione della Regione, tramite la Finpiemonte e la società di intervento, sono deliberate dalla Giunta regionale sulla base di documenti e di indirizzi approvati dal Consiglio".



BIANCHI Adriano

La nostra preoccupazione è quella di garantire la partecipazione, il controllo, la consapevolezza soprattutto nella fase iniziale, in ordine alle modalità di governo e di gestione di questi strumenti. La formulazione ultima della Giunta, salvo la stesura formale definitiva, ci sta bene.
Ritiriamo i due emendamenti.



PRESIDENTE

Chi approva l'emendamento sostitutivo a pag. 10: 1.2.3, sostituire il comma secondo con "Il valore di tali strutture ed impianti sarà definito secondo i criteri indicati nel titolo II della legge 22 ottobre 1971 n. 865", è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 47 voti favorevoli e 1 astenuto.
Emendamento 1.3.1, presentato dalla Giunta: dopo "tenendo conto di aree già in proprietà o in disponibilità delle singole aziende" aggiungere "inserite negli strumenti urbanistici vigenti".
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Proporrei di aggiungere anziché di sostituire come proposto dall'Assessore Simonelli. La nostra preoccupazione è che questa non divenga una specie di dichiarazione programmatica secondo la quale la proprietà di aree da parte di industrie diventi indicazione preventiva per il loro inserimento nei piani regolatori.



PRESIDENTE

Chi approva è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è accolto all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti in aula.
Emendamento 1.2.4, presentato dal Gruppo D.C.: "Il pagamento del valore delle maggior azioni differenziali relative all'incremento di occupazione avviene nel momento in cui l'azienda, compiuta la ristrutturazione o la rilocalizzazione, realizza l'incremento occupazionale".
Infine l'emendamento 1.8, presentato dall'Assessore Simonelli: "La Giunta informa il Consiglio regionale delle iniziative di convenzione dei Comuni ad essa segnalate.
La Giunta regionale riferisce periodicamente, due volte all'anno, sullo stato di attuazione delle convenzioni in corso e su quelle da avviare.
Le convenzioni, a cui la Regione partecipa, e la partecipazione della Regione tramite la Finpiemonte alla/e società di intervento sono deliberate dalla Giunta regionale, sulla base di documenti di indirizzi approvati dal Consiglio".
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

L'incentivo, la definizione, la liquidazione immediata ha 'un suo ruolo pratico. Mi pare che una norma di questo genere debba essere corretta e che non ci si debba affidare a generalissimi principi dell'ordine giuridico contrattuale che prevede la sanzione quando in relazione a questo non si adempie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Su questa questione all'art. 14 è già introdotto un principio del genere. Si dice che: "a garanzia del conseguimento degli impegni sopraccitati, l'azienda stipula a favore del Comune fidejussione per l'importo di il 73"



PRESIDENTE

Allora l'emendamento 1.2.4, presentato dal Gruppo D.C., viene ritirato mentre pongo in votazione l'emendamento della Giunta regionale.
E' approvato all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti in aula.
La parola al Consigliere Bianchi per dichiarazione di voto.



BIANCHI Adriano

Voteremo a favore della deliberazione innanzitutto perché si tratta di uno strumento che abbiamo considerato necessario e utile, perché ne abbiamo sollecitato l'iter anche se per la verità è stato un iter travagliato, più contrattato che partecipato.
Sono nate alcune preoccupazioni finali espresse in emendamenti che hanno trovato in aula chiarimento e uno sbocco che rivela come non vi fosse strumentalità alcuna da parte dei proponenti.
Capisco l'autocompiacimento per la conclusione di una fase, per l'adozione di uno strumento, per l'avanzamento su una strada, per la realizzazione di mezzi per dare risposte adeguate ai problemi della politica industriale. Questo però non dovrebbe giustificare un tipo di trionfalismo che riprende il discorso delle partenze da zero anche con riferimento ai Comprensori, alle aree attrezzate, all'elaborazione, al dibattito culturale e politico che ha portato a questi sbocchi.
Crediamo che proprio per la sperimentalità, per l'apertura, per il fatto che la convenzione è una scatola che va riempita di contenuti - come ha detto l'Assessore Simonelli - debbano essere ricercati i mezzi di verifica e di controllo di un processo che tocca nella realtà molti momenti.
Ci sono stati dei momenti in cui sembravano farsi delle scelte di localizzazione industriale nella zona Torino-Nord, scelte che hanno fatto discutere.
E' stato riconosciuto che questo strumento, i cui effetti sono ancora tutti da verificare, potrebbe dare risposte molto importanti in ordine alle modalità della rilocalizzazione. E' bene che questi momenti siano periodicamente verificati anche per ricevere gli impulsi politici opportuni e necessari.
Voglio per lealtà e sincerità sottolineare che mi è sembrato di cogliere ancora una volta l'intento di esprimere un'autosufficienza, uno splendido isolamento, quasi un fastidio od una difficoltà ad accogliere l'apporto, la presenza, la partecipazione dell'opposizione.
Domando per la seconda volta se questo sia il segno di un mutato atteggiamento politico che non coinvolge tutti allo stesso livello e nello stesso modo. Formulo la domanda. Non do io la risposta.
Il dibattito, il dialogo, il confronto politico proseguono.
Avremo modo insieme di darla.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La mia dichiarazione di voto sarebbe superflua se il dibattito sugli emendamenti e le repliche degli Assessori non avessero introdotto elementi non tanto per fare modificare un'espressione di voto, quanto per puntualizzarne la motivazione.
Per i punti che erano rimasti aperti su intelligente segnalazione della D.C., la Giunta ha ritenuto di seguire il suggerimento da me indicato.
Questo è un argomento in più per esprimere voto favorevole.
Il voto favorevole va però specificato perché le conclusioni degli Assessori hanno qualche diversità di comportamento e a monte diversità di visione.
L 'Assessore Rivalta ha implicitamente lamentato che il nostro orizzonte politico non ha strumenti di maggiore coercitività per intervenire nella materia della programmazione economica, mentre l'Assessore Simonelli ha indicato nella convenzione uno strumento che sembra ottimale per far convergere su un lavoro comune sia il potere decisionale degli Enti pubblici sia la realtà con le sue diverse collocazioni espresse dal mondo imprenditoriale e dal mondo del lavoro.
Queste due individuazioni significano, anche per l'opposizione modesta come quella che rappresento, il dovere di dire che il voto è positivo, ma è in funzione della interpretazione che ha dato l'Assessore Simonelli.
In questa misura ci atteggeremo quando semestralmente andremo a leggere le relazioni della Giunta e non vorrò essere preso in contraddizione quando ritenessi di dare dei giudizi sulla relazione e sullo stato di attuazione della convenzione qualora l'utilizzazione fosse fatta secondo la logica dell'Assessore Rivalta.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnole Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

L'Assessore Rivalta ha confessato che anni fa, quando era all'opposizione, come politico e come urbanista, era più giacobino Dobbiamo riconoscere che il suo intervento, così come quello dell'Assessore Simonelli, sono stati invece ampiamente pragmatistici sia nel senso di dare una precisa delimitazione alla convenzione-quadro sia nel senso di dare risposte ad alcune richieste che l'opposizione aveva fatto in aula e anche in Commissione.
E' vero, c'è stata una lieve discrepanza tra gli Assessori (che non voglio nemmeno attribuire a divisioni interne, ma che credo dipendano da interpretazioni personali che sempre esistono anche all'interno dei partiti e della Giunta) sulla prosecuzione dei rapporti fra la Regione e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali.
L'Assessore Rivalta ha osservato che una volta approvata la deliberazione, la sua attuazione all'interno delle aziende dipenderà soltanto dalla contrattazione aziendale. L'Assessore Simonelli ha sottolineato invece la continuazione di un rapporto tra la Regione e gli imprenditori e fra la Regione e le organizzazioni sindacali.
Condivido questo secondo tipo di valutazione e mi auguro che la Regione vada verso questo impegno di carattere politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, prendo la parola non per ribadire una dichiarazione di voto che era del tutto evidente nel mio intervento, ma per rispondere in maniera molto chiara al dubbio che il Consigliere Bianchi ha espresso. La maggioranza non ha mutato l'atteggiamento politico. Il confronto, la ricerca, i apporti di tutti i Gruppi compreso il Gruppo della D.C., sono la linea strategica e portante del nostro partito che non viene smentita da nessuna contingenza politica. Credo però di avere il diritto, come ho fatto nel mio intervento, di richiamare a questa coerenza anche gli altri Gruppi.
Questo è un elemento rafforzativo dell'asse strategico e del modo diverso di governare che c'è stato in questi tre anni.



PRESIDENTE

Non vi sono altre dichiarazioni di voto.
Passiamo alla votazione della deliberazione.
"Il Consiglio regionale vista la legge 27 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni visto il titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni ed integrazioni vista la legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modificazioni ed integrazioni vista la legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 vista la deliberazione della Giunta regionale n. 127/17688, del 27 novembre 1978, che di v en t a parte integrante della presente deliberazione visto il parere favorevole espresso in merito dalla I Commissione delibera di approvare, ai sensi dell'art. 53 della legge regionale 56/1977 l'allegato schema di 'convenzione-quadro regionale', il quale si compone delle seguenti parti: 1) criteri generali di riferimento 2) convenzione-tipo di indirizzo per le singole convenzioni da stipularsi tra i Comuni ed i soggetti interessati".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti in aula.
Il Consiglio sarà convocato giovedì 8 febbraio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.00)



< torna indietro