Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.233 del 21/12/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Prosecuzione dibattito sulla "Relazione sullo stato di attuazione delle leggi nn. 396, 349, 180, ecc., in riferimento alla legge regionale 39/77 e al piano socio-sanitario: adempimenti relativi"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito sulla "Relazione sullo stato di attuazione delle leggi nn. 396, 349, 180, ecc., in riferimento alla legge regionale 39/77 e al piano socio-sanitario: adempimenti relativi".
La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Signor Presidente, signori Consiglieri, questa mattina il nostro Gruppo aveva chiesto di poter affrontare il tema della discussione in una globalità di interventi, come le due materie di per sé invocherebbero, in un dibattito completo e aperto che apriamo appena oggi e che proseguirà con l'anno prossimo. Questo dibattito potrebbe essere utile per delle verifiche che attengono alla materia della sanità, che attengono alla materia dell'assistenza e possono, attraverso il confronto valido di questa assemblea, stabilire la loro riconiugazione, il loro ricongiungimento, quel ricongiungimento che, com'é stato segnalato questa mattina, a Stresa è venuto meno nel corso del seminario di studi promosso per certi aspetti in termini autarchici da un Assessorato senza tenere conto dell'altra componente con la quale si trova ad operare entro gli schemi dipartimentali, per cui il mio intervento di oggi è l'apertura del dialogo che la Democrazia Cristiana intende proporre alla Giunta della Regione Piemonte. Io mi auguro di poter ritornare su una parte degli argomenti,che non riesco ad affrontare oggi, nella prossima occasione.
Ho potuto leggere un paio di volte la relazione dell'Assessore Enrietti sulla sanità e non ho avuto la possibilità di leggere l'altra dell'Assessore Vecchione che è stata rassegnata la sera di venerdì, della quale noi siamo venuti in possesso solo in sede dell'ultimo Consiglio; così come ho potuto leggere i due opuscoli che ci sono stati distribuiti; non sono riuscito a leggere tutta quell'altra parte di documentazione che ci è stata consegnata nella giornata di ieri. Sotto questo profilo ritengo che la prosecuzione del dibattito in gennaio possa essere utile.
La relazione dell'Assessore Enrietti segue una sua logica impostazione un riferimento a schemi che si rifanno a quell' "astratto e concreto" che tanto ha impressionato l'Assessore alla sanità nel suo esordio entro questa seconda legislatura del Consiglio regionale. Affronta taluni temi con una certa spregiudicatezza quando invita, soprattutto nella parte conclusiva, a dare una risposta non sibillina alle argomentazioni da affrontare; altre le affronta con cautela e con una prudenza che occorre riconoscere. Almeno nella parte introduttiva tende a stabilire un confronto tra lo stato di assenza o di indifferenza della prima legislatura verso i problemi (pag. 4 e pag. 50) e il modo nuovo di dialogare e di affrontare i problemi della seconda legislatura, con un giudizio che sono convinto non appartenga personalmente all'Assessore, ma è frutto di una valutazione d'assieme o per certi aspetti di una valutazione che può anche essere sfuggita. Però questa mattina è ritornata puntualmente, questa valutazione, nell'intervento che ha svolto il collega Ferrero, Presidente della V Commissione, intervento volto a dimostrare che entro la prima legislatura si andava un po' a ruota libera per suggerimenti e sollecitazioni rifatti più che altro alla spontaneità, nella seconda legislatura, invece, tutto risponde ad un disegno organico che arriva da molto lontano.
Siamo in curva come tempi, siamo vicini a feste che normalmente invocano un linguaggio improntato a serenità e noi che operiamo nella sfera educativo-religiosa a questo linguaggio amiamo rifarci fintantoché un altro D.P.R. 616 non ci conferirà a qualche Ente locale o a qualcuno degli Assessori che su questo argomento hanno particolare sensibilità. Stamani facevo una valutazione di questo genere. Mi spiace, per la solidarietà di Gruppo e per le molte amicizie che ho contratto nella prima legislatura che quella legislatura entro la quale hanno operato i soli democristiani (perché non c'erano i socialisti? ) abbia dato risultati così grami come sono stati rimarcati stamattina. Non ci poniamo sul piano della provocazione, ma ci poniamo sul piano di un'attenta rilettura del documento. Alla fine, ritengo sia possibile per chi ha vissuto quell'esperienza, rilevare che alla prima legislatura sia affidabile la paternità di alcuni provvedimenti fondamentali per il dischiudersi successivo di una seria politica socio-sanitaria. Queste cose non sono dette a livello di apprezzamento ufficiale nelle due relazioni, quanto meno nella relazione che ho letto, ma sono nella relazione, appartengono ai dati certi, al patrimonio di questa Regione Piemonte; le iniziative assunte in allora quali quelle sull'unità di base per la tutela dei luoghi di lavoro sui dipartimenti di emergenza più volte richiamati nella relazione sulla legge n. 386 del 1974, il cosiddetto decretone, col quale stabiliva il trasferimento degli ospedali alle Regioni e si sanzionava la volontà di superamento del tradizionale regime mutualistico, successivamente reso operante con la legge n. 349 del 1977.
E' quindi tra le righe che si coglie un giudizio implicitamente positivo, in quanto la nostra Regione, anche allora, fu la prima Regione d'Italia che varò quattro leggi per rendere operanti i disposti della legge n. 386; leggi che in quattro anni, nonostante che dovessero affrontare in chiave di totale novità e di esperimentazione un campo di intervento del tutto difficile, non sono mai state modificate da questo nuovo governo della Regione. Il che farebbe pensare ad un loro alto grado di perfezione.
Personalmente sono invece dell'avviso che, superato il periodo di rodaggio della prima esperimentazione, queste leggi avrebbero avuto bisogno di non pochi ritocchi, in particolare per quanto investe la categoria meno fortunata dei cittadini iscritti nei ruoli regionali con una serie di provvedimenti che riguardano il loro accesso ai diversi livelli assistenziali e ai momenti e ai luoghi entro i quali essi divengono fruitori del sistema.
L'Assessore parla di difficoltà finanziarie e io condivido e comprendo le sue apprensioni per l'oggi, soprattutto per il domani carico di incognite. Se si pensa che siamo alle soglie dell'introduzione del Servizio sanitario nazionale nel nostro Paese e che allorquando questo fatto intervenne nel pur solido sistema economico inglese ebbe l'effetto di un esplosivo ad altissimo potenziale e minò per molto tempo la stabilità dell'economia di quel Paese; se si pensa che a malapena gli ospedali, pur con qualche indebitamento bancario al quale ha accennato l'Assessore, hanno trovato pur qualche spazio entro il quale tirare il "fiato"; che nella nostra Regione la spesa socio-sanitaria costituisce circa il 48% della spesa del nostro bilancio regionale, ritengo che decisamente queste preoccupazioni siano condivisibili, soprattutto avuto riguardo a quei tempi morti che caratterizzano le fasi di transizione, quando non è ancora matura, e già pur costa, la nuova struttura, ed ancora non è stata eliminata e continua a costare la struttura di ieri, soprattutto pensando come è sottolineato da qualche parte: che per dare pratica attuazione alla legge sanitaria di riforma occorreranno non meno di 50 leggi ordinarie e di 28 leggi di attuazione regionale, per cui l'entrata in funzione di tutti gli istituti previsti dalla legge dovrebbe comportare un tempo morto che può superare l'anno e raggiungere il biennio.
Di questo si è fatto carico il Parlamento, attraverso l'introduzione di alcuni correttivi nella legge finanziaria per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, con l'elevazione del fondo nazionale per l'assistenza ospedaliera , al limite di 1.500 miliardi e con l'assunzione dell'onere di 600 miliardi per il presunto disavanzo per l'anno 1979 degli Enti di malattia, mentre viene fatto divieto agli Enti o gestioni per l'assistenza obbligatoria di malattia di concedere contributi a complemento e integrazione delle prestazioni sanitarie e farmaceutiche erogate in forma diretta o indiretta. Qualche altro meccanismo si rifà, poi, al tentativo di ridurre la durata di degenza negli Enti ospedalieri.
Questo grosso meccanismo dell'intervento socio-sanitario, se non controllato, se non condotto entro canali di rigorosità, potrebbe veramente esploderci tra le mani, anche alla luce della delicata situazione economica del Paese e degli Enti locali ai diversi livelli, Comuni e Province che sono stati investiti da nuovi compiti col D.P.R. 616 e con la legge n. 39 si dice, da una non sufficiente garanzia di copertura finanziaria. Noi stessi, diciamo noi Regione, contrariamente a quanto è avvenuto nell'Umbria e nella Toscana, con la nostra legge 39, attraverso la quale abbiamo delegato non poche funzioni ai Comuni (almeno quelle che in allora erano delegabili), non abbiamo stabilito un collegamento meccanico tra le iniziative insorgenti dalla delega e la copertura della relativa spesa.
Talune passate esperienze potrebbero suggerirci di essere accorti anche nel suscitare attese, provocare giusti e comprensibili entusiasmi nelle comunità locali.
E' accaduto sui problema dei trasporti nel mondo della scuola attraverso l'agevolazione al Comune nell'acquisto del mezzo, per lasciarlo poi nella fisica impossibilità di affrontare con respiro i costi di gestione.
Questa esperienza l'abbiamo vissuta nel campo dell'assistenza domiciliare allorquando, dovendo procedere alla distribuzione delle somme disponibili in risposta alle istanze di base, ci siamo accorti che sul promesso 80% previsto dalla legge regionale come plafond massimo di intervento, era distribuibile appena il 48%, costringendo i Comuni a rischiose arrampicature per superare le contingenti difficoltà.
Proseguo per richiami brevi, per enunciati, per intuibili motivi.
Dipartimento emergenza e accettazione D.E.A. Rappresentano puntualmente l'incontro di verifica tra la domanda che sale da una società inquieta e fortemente in movimento (anche fisico) e le strutture asserventi. Pu costituire un banco di prova sul modo di muoversi dell'Istituto regionale.
Rilevo comunque che il servizio di guardia medica (e non è una mia fissazione) che ho riproposto puntualmente ogni qualvolta ho avuto occasione di intervenire sul pronto intervento, quale momento di integrazione e di completamento della maggiore organizzazione del D.E.A., è consacrato - sul piano della volontà politica di realizzarlo - da un impegno dell'Assessore a pag. 12. E' da collegarsi col servizio di trasporto urgente dei malati ed ha il suo momento di impatto e di verifica col servizio offerto all'incidentato o all'ammalato grave presso l'ospedale. E' il guaio della domenica, della notte, dei cosiddetti moribondi viaggianti, respinti o palleggiati più volte dagli ospedali.
Avevo letto con interesse le dichiarazioni di Enrietti rese alla "Stampa"del 23 agosto 1978 e mi auguro che esse si sostanzino nelle speriamo poche, occasioni che sfiorano la tragedia.
Sul tema della 180, riguardante il settore psichiatria, sono corsi fiumi di inchiostro ed ancora è stata messa a nudo l'affrettatezza, la superficialità, con la quale è stata affrontata questa materia.
In un Paese nel quale - ed ho avuto altre volte l'occasione di sottolinearlo - nell'arco di un decennio (perché la legge Mariotti è stata scodellata nel 1968) si passa da un provvedimento legislativo che di fatto rivalutava gli ospedali psichiatrici, ingigantendoli sotto ogni profilo dalle strutture al personale, ad altra legge calata su questo tipo di realtà, senza la più tenue delle strutture capace di dare una risposta alla nuova impostazione.
E' una legge che risente delle cause e delle motivazioni che l'hanno provocata, anticipando una maggior riflessione che avrebbe potuto maturare con la più ampia legge di riforma sanitaria.
E' stata varata con tutte le accelerazioni che il momento consentiva per impedire un referendum dei radicali ed è riuscita ancora una volta a confermare come in questo Paese si possa passare allegramente (anche se il contenuto è di tragedia) da un estremo all'altro nel volgere di poco tempo.
Ci sarebbero troppe cose da dire su questo argomento e non solo per richiamare episodi tragici che si sono susseguiti nel Paese dopo l'introduzione di questa legge e non solo perché capita e può capitare ad ognuno di incontrarsi nella concretezza con queste manifestazioni, con volti allucinati, con strutture umane disfatte, nella più profonda sofferenza, a ogni angolo di strada.
Una legge così sconvolgente introdotta nel Paese, ripeto, privo di strutture, senza un sufficiente respiro a livello di momento, un necessariamente lungo momento transitorio, nel quale tentare di costruire in fretta quanto molti politici da anni hanno promesso e mai realizzato.
Una legge - che poggia su una duplice struttura portante apparentemente integratesi, ma nella realtà decisamente contraddittoria.
Da un lato la malattia mentale considerata come un disturbo sociale come una manifestazione degenerativa della società e quindi il risanamento avviene attraverso il risanamento di queste strutture degeneranti; l'altra che la malattia mentale è una malattia come un'altra e quindi va curata come una qualunque malattia organica, una qualunque malattia somatica.
Ma mentre per le malattie correnti è possibile trattenersi entro l'ospedale per tutto il tempo necessario, in questo caso torna difficile conquistare la degenza necessaria, senza parlare di come gli ospedali sono attrezzati e predisposti (anche sotto il profilo umano) ad accogliere questo tipo di ammalato.
Non accadrà, e prego l'Assessore di svolgere ogni più utile azione di vigilanza, che per renderli tranquilli questi ammalati, nei periodi di degenerazione acuta, non abbiano ad essere imbottiti di psicofarmaci tranquillanti, non sempre corroboranti per la loro ripresa.
Leggevo l'altro giorno, con profonda costernazione, che, abbandonati da tutti, gli ammalati di mente mangiano nel refettorio del Cottolengo: pensavo al calvario di questa gente ed ancora ero confortato dal ruolo che questa gloriosa istituzione di volontariato riesce a svolgere, coprendo i vuoti o rammendando i danni della pubblica gestione.
E' un problema anche per la nostra Regione. Noi avevamo presentato un'interrogazione all'indomani della circolare di Viglione sull'argomento circolare che non era troppo rispettosa del dettato della legge, ma che devo dire per altri aspetti di averla vista.. meno male. per la tensione umana che vi traspariva.
Nell'occasione del dibattito sulla legge 104 della Giunta e 154 della D.C., ora legge 39 della Regione, ricordavo appunto le dimensioni di questa presenza ospedaliera psichiatrica che al nascere delle Regioni rappresentava un quarto dei posti letto degli ospedali dell'intero Piemonte e sottolineai come le nuove linee di tendenza, ancor prima della legge, si rivolgevano allo svuotamento degli ospedali, scaricando gli ammalati nelle altre istituzioni, ad esempio le Case di riposo, trasformate si in "mini manicomi" e questo a fronte di una previsione di una competenza dell'Unità locale dei servizi che veniva posta non più sotto il titolo di Assistenza psichiatrica ma di "Igiene mentale", neppure di "Salute mentale".
Sono convinto che si parla tanto di questo argomento.. è un argomento che tira, ma svoltato l'angolo.. allorquando si tratta di dare robustezza di costruzione alle enunciazioni di principio, difficile è tradurre le molte parole in fatti concreti. Rilevai per l'appunto in sede di discussione del Piano di sviluppo della Regione per gli anni 80 che nel bilancio pluriennale alle enunciazioni di principio sulla territorializzazione dell'assistenza psichiatrica non faceva riscontro l'imputazione di una qualsiasi cifra entro il bilancio e solo dopo si san l'errore con l'introduzione di una previsione di spesa di 400 milioni.
Purtroppo le cose vanno così.. vanno così in Italia. Prima l'ospedale che non doveva superare i 625 posti letto (a Novara dovemmo sdoppiarlo), un rapporto ammalato-infermiere di 3 a 1 e quindi un irrobustimento impossibile delle presenze del personale sul quale ora non è possibile calare con facilità il discorso della mobilità e ora in un Paese che ha ogni tipo di sorta di ospedali, dalla maternità alla traumatologia a quello per le vene varicose si è voluto chiudere ogni tipo di discorso, anche quello sull'alta specializzazione, chiudendo gli occhi davanti alla tristezza di una realtà che c'é, che esiste, che è destinata a crescere piuttosto che a scemare, attesi i ritmi di vita.
Da noi è più facile il "delenda" e talvolta si rende necessario; si rende necessaria l'aggressione al sistema, la cosiddetta dose d'urto, ma sarebbe ugualmente necessaria la preparazione della nuova struttura prima di demolire l'antica.
Non vorrei essere frainteso né dare l'impressione di non essere consapevole del ruolo nuovo che la società regionale è chiamata a svolgere e quindi abbandonarmi a un linguaggio reazionario, ma è certo che in Italia ci sono delle iniziative.. che "tirano".
C'è stato un periodo nel quale si introdusse l'assistenza domiciliare agli anziani e pur con delle sommesse ammissioni che non avrebbe risolto tutti i problemi di questa fascia di età, se ne parlò come di qualche cosa che avrebbe sconvolto l'intervento tradizionale, conditio sine qua non per l'affossamento delle cosiddette "prigioni dorate" rappresentate dalle Case di Riposo.
Per carità! il discorso non può essere così semplicistico, ma parlando per flash tende a cogliere solo dei richiami. Poi quello sulla psichiatria.
Poi intervenne quello salvifico sugli asili nido, la cui necessità non pu essere ignorata, ma che mise alle corde problemi a non finire investenti la frequenza, i costi di gestione ed ancor prima quelli di costruzione, le rette, ecc. Ora "le dernier cri" è rivolto all'abbattimento dei reparti di lungodegenza negli ospedali. E' un argomento che investe questioni di principio contenute negli opuscoli che ci sono stati distribuiti principalmente a pag. 40 e 41 del D.R.P. 15 e pag. 176, 177 del più spesso volume sui criteri generali. In effetti c'é la tendenza a contrarre ridurre e forse a fare sparire le divisioni di medicina geriatrica per i lungodegenti e i reparti di riabilitazione funzionale.
Nella sostanza, sotto il profilo teorico, come nel campo della psichiatria, dove viene abolito l'ammalato di mente (perché questa è la verità), nel campo ospedaliero c'è questa tendenza a volere cancellare taluni aspetti fisici e sociali che sono strettamente connessi alla terza età e viene ancora autorevolmente affermato che la geriatria è diventata la fabbrica dei cronici. Viene dagli innovatori proposto di rivolgere l'attenzione non tanto ai problemi dell'anziano ammalato in quanto tale, ma ai problemi di tutte le forme degenerative che possono presentarsi ai cittadini e che sono indipendenti dall'età, anche se sono accentuate nella fase anziana.
Teoricamente ineccepibile.. praticamente cosa succede? Verrebbe dunque identificato un ruolo di medicina antidegenerativa attribuibile ad alcuni punti nodali delle proposte di riordino. E in quest'ottica e in questa direzione per un altro settore che pur ha con questo dei rapporti di affinità, quello della medicina del lavoro, dovrebbe assistersi all'eliminazione dei reparti di medicina del lavoro perché, ad esempio, non si riesce a capire dal punto di vista della patologia, è stato detto, che differenza c'è tra uno che si è rotto la gamba sotto un'automobile e uno che l'ha rotta in fabbrica sotto il carrello.
E' pacifico che si aprono non pochi discorsi e che qui ad esempio investono tutto il momento culturale che è stato di supporto alla nostra delibera per la tutela della salute sui luoghi di lavoro. E' un discorso che diviene impegnativo e dovrà farsi quando entreremo nel vivo di questo argomento. Così come non può essere affrontato qui il problema dei lungodegenti.
Valuteremo le proposte sugli, "ospedali per il giorno", "le residenze speciali" e quant'altro costituisce "momento di innovazione", soprattutto se esistono le condizioni, anche economiche, per la loro realizzazione, per evitare di buttare altra gente per la strada, ancor prima di dare vita alle strutture alternative.
Verificheremo la validità delle affermazioni, degli indirizzi e se non fosse vero il contrario, e cioè che i reparti di lungodegenza non costituiscano solo la copertura per un ricovero comodo, ma anche l'ultimo baluardo per una lotta al cronicismo, con costi di gestione decisamente diversi da quelli abituali per le malattie degli acuti, verificheremo soprattutto le esperienze nel settore della geriatria, intervenute nel bianco Veneto (come ama dire il Presidente Viglione), ma anche nella rossa Emilia-Romagna dove le due Regioni si fanno buona compagnia, coltivando il boom ospedaliero di questa disciplina, mentre il Piemonte stavolta pare stia andando preferenzialmente a braccetto con le tesi della finitima Lombardia. Dovremmo, per poter approfondire questo tema, essere confortati non solo dalle dichiarazioni di principio, ma anche da diffuse relazioni legate a esperienze e a dati di consistenza. Intanto, però, è d'obbligo dirci se e come queste impostazioni, per ora allo stato di enunciazioni di principio, debbano già ritenersi vincolanti, costituendo per il momento un solo richiamo di indirizzi che non trova imperativamente supporto nel Piano di sviluppo e devono essere ancora oggetto non solo di ulteriori approfondimenti del gruppo di studio, ma anche di consultazione sul territorio.
Non esemplifico, ma in Piemonte già esistono prese di posizione di questo tipo entro gli ospedali, che si rifanno, per il momento, alle semplici enunciazioni teoriche degli elaborati che sono stati rassegnati al Consiglio regionale e che non sono stati ancora oggetto di approfondimento.
A pag. 37, parlando di attrezzature ospedaliere, si accenna alla ripresa del Centro cardiochirurgico Blalock e si riprende il discorso a pag. 24.
Che cosa è accaduto? Che ne è delle grosse tensioni destatesi attorno a questo centro? Introdursi in questi discorsi è sempre tanto difficile, soprattutto non corretto, quando sono in corso iniziative della Magistratura. Rimane la valutazione di fondo, se vale la pena di indulgere allo scandalismo che propone una classe medica corrotta, crea confusioni e- apprensioni nelle famiglie, traumatizza i malati, oppure di contenere entro ambiti di prudente riservatezza gli episodi di ieri e altri che potrebbero esplodere scatenando talvolta violenti tempeste in un bicchier d'acqua. Così almeno è stato per il grosso processo ai clinici torinesi e pare stia per essere sul Blalock.
Qualche giornale ha avanzato l'ipotesi che il rapporto causa-effetto sia stato distorto e che le perizie sulle statistiche, rassegnate nei giorni scorsi, al Giudice istruttore pare che diano risultanze tali da non evidenziare apprezzabili discordanze tra i dati raccolti dai periti e quelli resi pubblici dal centro Blalock negli anni che vanno dal 72 al 75 in quanto lo scarto di percentuale tra i casi di morte accertati e quelli denunciati oscillerebbe in meno tra lo 0,4 e 2,8% e ciò mentre il Consiglio regionale non ha avuto ancora la fortuna di conoscere l'esito delle ispezioni che la Regione aveva fatto entro questo reparto, nonostante l'avessimo sollecitato.
Rispettosi come siamo delle procedure in atto, saremmo però interessati a conoscere il pensiero della Giunta che aveva preso, a suo tempo posizione sull'argomento. Un discorso a parte dovrebbe essere fatto sulle case di cura trattate a pagg. 20, 21.
Non riusciamo a farlo oggi, ma ritengo che sarebbe utile rassegnare al Consiglio qualche considerazione attorno allo strano andirivieni dalla Commissione, al Consiglio, alla Giunta delle diverse pratiche legate ai disposti della legge di salvaguardia per la regolarizzazione di talune istanze presentate con congruità di tempo e quindi sarebbe interessante conoscere il numero dei ricorsi pendenti presso il T.A.R. attorno a questo problema, nel quale la Regione gioca il ruolo di chi è chiamato in causa per inadempienza.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non è vero. Abbiamo denegato tempestivamente. Il ricorso era contro il provvedimento che denegava. E' una linea politica.



BELTRAMI Vittorio

La linea politica era quella uscita dalla Commissione, che è stata sanzionata da una precisa presa di posizione e che è rispettosa dei disposti della legge. La legge prevedeva che le domande presentate prima della sua approvazione dovessero essere esaminate e accolte. La Commissione e quindi il Consiglio regionale si erano pronunciati favorevolmente. Quindi avete disatteso alle prospettive create nella legge e allo spirito che ha dato vita a quell'emendamento introdotto dal Consiglio regionale.
L'esecutivo per il momento siete voi.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Permetterete che il governo si esprima!



BELTRAMI Vittorio

A parte questo aspetto mi impressiona quanto è scritto a pag. 21 della relazione: "Sembra esservi la possibilità, in virtù all'emananda legge di riforma, di poter assorbire nell'ambito dei ruoli regionali del servizio sanitario nazionale il personale degli istituti privati convenzionati: gli aspetti del problema dovranno essere attentamente seguiti al momento della formulazione delle norme delegate". Con l'aria che tira, con le preoccupazioni di carattere economico-finanziario per la gestione della salute, questo ipotetico intruppamento nei ruoli regionali è espressione di coraggio o di beata incoscienza? Altro discorso impegnativo investe i farmaci e la spesa farmaceutica.
Ritengo che su questo possa stabilirsi un rinvio al momento nel quale saremo chiamati a esaminare il prontuario farmaceutico regionale che, a dire della "Stampa" del 15/12/1978, dovrebbe essere stato approvato ieri.
Dirò semplicemente che non si può che essere d'accordo su quanto afferma l'Assessore a pag. 31 circa il valore del ticket moderatore e che è necessaria "una presa di coscienza del valore culturale, professionale e politico del farmaco". E con ciò si va a investire l'intero problema dell'educazione sanitaria del cittadino, da quello interessante il settore degli alimenti sino a trattare - e non appaia strano - il problema dei cosmetici.
E non è cosa da poco perché alla Camera ben quattro erano le proposte di legge per la regolamentazione di quest'ultimo settore che ha una dimensione inimmaginabile e non solo (lo si è appreso ieri l'altro alla televisione) per l'uso che ne fa il mondo femminile, ma addirittura anche quello maschile, se è vero - come è stato affermato - che da noi, in Italia, nel campo maschile sono stati spesi in un anno 80 miliardi.
Rinviamolo dunque questo argomento, non senza sottolineare l'accordo sull'affermazione contenuta nella relazione assessorile circa il ruolo, i contorni della figura del farmacista (specie nei piccoli centri) osservato in veste di "operatore sanitario" e di "educatore sanitario". In quest'ottica non potrà che fare piacere ai farmacisti rurali sapere che la Regione sta finalmente licenziando la legge sulle farmacie rurali, a sostegno dei loro sforzi e di questo ruolo.
Un grosso richiamo investe il personale, da quello esistente a quello in fase di passaggio alla Regione, in dipendenza dell'estinzione delle mutue, al grosso tema della sua qualificazione. Farò anche in questo caso un semplice e brevissimo accenno, per richiami, per flash.
Abbiamo sentito parlare delle Saub fino ad esserne frastornati in tutti questi mesi. Sembrerebbero quasi le squadre di attacco della Regione Piemonte per aggredire il sistema. Sono grintose, quasi che stessero per essere lanciate verso una guerra. Per onestà si potrebbe anche parlare verso un certo tessuto resistente al nuovo, verso un certo modo di muoversi.
E' una grossa realizzazione, certo! Ma è un atto dovuto. Auguriamo loro il più vivo successo. E' un atto dovuto perché se la Regione deve svolgere questo nuovo ruolo, se coerentemente con le leggi dello Stato e con le sue leggi è chiamata a dare esecuzione a queste leggi che sanzionano l'estinzione delle mutue, il minimo che accade è quello di creare delle strutture per svolgere questi compiti, ora nella fase transitoria, domani nella fase consolidantesi nell'Unità locale dei servizi.
Sono ugualmente convinto che esistono le difficoltà per il raccordo tra le strutture esistenti e quelle nuove, raccordo che necessariamente passa attraverso l'utilizzazione del personale, la sua distribuzione sul territorio, la sua preparazione professionale. Ho letto anche con una certa curiosità la lettera che il Presidente del Comitato provinciale Inam ha rivolto alla Giunta, all'Assessore e ai componenti la V Commissione. Dalla stessa emerge un quadro di grossa apprensione per il funzionario di un certo livello il quale deve rispondere alle giuste istanze della Regione ai meccanismi prodotti dalla sua sede centrale, alla risposta negativa dei dipendenti Inam di tutta Italia per confluire verso la sede torinese e di converso alle 125 domande di dipendenti che dal Piemonte tendono a trasferirsi verso il sud e da ultimo a una certa esigenza di minima tenuta per svolgere il lavoro posto in capo all'Ente sino alla sua reale estinzione. Sono difficoltà obiettive per l'una e per l'altra parte risolvibili però attraverso il dialogo improntato a buona volontà.
Ritengo ad ogni buon conto che il Consiglio non possa non rivolgere la sua cordiale attenzione al personale delle mutue che oggi vive la sua fase di incertezza e di transitorietà, rivolgerla anche alle mutue autonome coltivatori diretti, commercianti e artigiani, mutue che hanno fruito in questi anni degli interventi regionali (che vanno completati con un ultimo sforzo), mutue il cui operato sarà stato certamente apprezzato dalla Regione che non può che avere valutato le difficoltà entro le quali si sono messe, rivolgendosi al contenimento della spesa, all'austerità nella conduzione.
Per la formazione del personale, oltre ai richiami contenuti nella relazione nei due volumi rassegnati al Consiglio, penserei che potrebbero essere presi in considerazione (certamente con diverso entusiasmo) anche quegli studi rassegnati alla fine della prima legislatura dall'Assessore di allora assieme ad una quarantina di altri elaborati (ricorderanno i colleghi quel raccoglitore verde), oltre ai contenuti delle leggi regionali per gli asili nido, consultori e altre attività specifiche, alle proposte pendenti presso il Parlamento, avuto riguardo al nuovo ruolo che la riforma conferisce al personale. Investe anche la posizione delle organizzazioni sindacali e qui sarebbe interessante qualche precisazione dell'Assessore su quanto afferma al terzo capoverso di pag. 47, conoscere il suo giudizio sulla regolamentazione delle presenze indispensabili nei centri socio sanitari durante gli scioperi, il tipo di collaborazione che può essere richiesto alle componenti "volontaristiche" della comunità.
Sono anche lieto che sia pervenuta la precisazione dell'Assessore a pag. 43, quarto capoverso, circa la formazione dell'operatore unico. E' stato affermato che interviene questa unificazione entro la figura unica dell'operatore solo nel settore paramedico. Pare che questo non fosse contenuto nella pubblicazione attorno al Piano di sviluppo regionale. Il che fuga una volta per tutte le tendenziose interpretazioni che su questo argomento era stato dato di leggere sul Giornale Nuovo del 28/5/1978 giornale piuttosto vicino al Partito dell'Assessore. Se non si è trattato di distorsione, quanto meno c'è stata una lettura affrettata del Piano di sviluppo. Scriveva letteralmente il giornale di Indro Montanelli: "Il Piano di sviluppo 1977/'80 che la rossa Regione Piemonte vanta come nuovo modo di governare, annuncia al capitolo sugli ospedali che la formazione del personale socio-sanitario sarà fondata sul più ampio processo di partecipazione alle scelte di politica dei servizi e sul continuo confronto democratico. Vi sarà una politica di graduale unificazione dei ruoli e il superamento della rigidità delle gerarchie professionali verso la figura dell'operatore unico. Se qualche malato resta perplesso, considerando che il suo prossimo chirurgo potrà essere la donna delle pulizie o il delegato sindacale, non disperi. E sul letto di degenza, ammesso che riesca a trovarne uno, assapori la vendetta: anche alle autorità regionali, un giorno o l'altro, potrebbe capitare di ammalarsi". Quindi l'affermazione su questo argomento torna utile per certi aspetti liberatori.
Ma, fuori della battuta, il problema della formazione del personale specie di certo personale, diventa indifferibile e condiziona, meglio diviene filtro, per l'introduzione della riforma nel Paese.
Già in sede di discussione del Piano di sviluppo avevo ricordato che in Italia abbiamo 144 mila medici contro i 63 mila dell'Inghilterra, abbiamo però solo 242.700 operatori non medici contro i 791 mila dell'Inghilterra paese che ha una sua ricca esperienza in materia..., mentre bussano alle porte parecchie migliaia di dipendenti delle mutue.
L'Assessore afferma a pag. 44 che sono stati definitivamente chiusi i corsi per gli infermieri generici, per insufficiente preparazione e la successiva esigenza di riqualificazione. Prendiamone atto per la confrontata stridente posizione del nostro Paese rispetto ad altri. Nella vicina Svizzera ci sono 12 infermiere generiche ogni 100 infermiere professionali, in Germania 25 generiche contro 100 professionali, in Inghilterra 50 contro 100, negli Stati Uniti 45 contro 100. Da noi si verifica il contrario, con dimensioni preoccupanti: 200 infermiere generiche ogni 100 professionali. Queste sono circa 35 mila, mentre, dicono i tecnici, per attuare un servizio sanitario efficiente su tutto il territorio ne occorrerebbero 140 mila.
L'Assessore risottolinea, poi, a pag. 50, quantomeno c'é il tentativo di evidenziare attraverso uno sforzo sincero, la riconduzione di ogni intervento ad un filone conduttore, ad una strategia d'assieme per la quale non si fa un passo senza che esso corrisponda a un preciso disegno, a un preciso indirizzo. Lo sforzo è comprensibile e umana l'ambizione! Realisticamente, nell'impatto con la realtà, penso che le cose siano meno facili di quanto possano apparire. Siamo davanti a una materia in continua fase di evoluzione e a un quadro legislativo non ancora perfezionato e non sempre le stimolazioni e le sollecitazioni raccolgono la risposta invocata e c'é sempre chi si muove, chi si agita, chi fa il passo più avanti.
Se dovessimo votarla oggi la 39, la riproporremmo nello stesso testo? E cosa se ne fa della proposta di iniziativa popolare sul riordino dei servizi socio-sanitari, in evidente stato concorrenziale con la Giunta regionale? Le difficoltà obiettive sono da collegarsi con le procedure per la programmazione, alla stessa legge 39, alle previsioni del Piano regionale di sviluppo, molto sfumate, tanto generiche; ci sono leggi quadro di riforma che stanno per essere varate, c'è l'estinzione delle mutue, c'è un nuovo ruolo conferito alla Provincia con il D.P.R. 616 che stravolge il tipo di organizzazione che ci eravamo dati anche attraverso la costruzione del nostro Ente intermedio, il Comprensorio.
Molti degli stessi interrogativi sollevati dalla legge 39 sul riordino dei servizi socio-sanitari attendono una risposta. Noi lo avvertimmo allora; la riforma e la 382 sono alle porte. Dovremmo rivederle. E' stato il classico balzo in avanti che solleva entusiasmi, dilata le speranze e le attese delle comunità locali che non sempre trovano conforto.
C'é un'ampia parte della relazione che investe lo stato di avanzamento dell'approvazione degli statuti delle U.L.S. Non- abbiamo ancora perfezionato l'intero disegno statutario organizzativo sul territorio e già sappiamo che i Comuni saranno chiamati a rivederli, mentre non è stata data loro la soddisfazione di vedersi approvati i primi statuti, quelli che sono rimasti a giacere negli uffici regionali per circa un anno, proposti dalla periferia con manifestazioni di super-volontà attiva prima della legge 39.
Ieri ancora non erano obbligatori, oggi lo sono.
Nel contenitore delle U.L.S. abbiamo messo tutte le animazioni sociali organizzate, anche i distretti scolastici e chi opera in periferia, pur dando atto della squisitezza teorica dell'impostazione , conosce quali difficoltà pratiche si incontrano ogni giorno, anche in ordine alla naturale gravitazione di talune attività su sedi diverse da quelle del bacino contenitore. Né possiamo tacere che talune difficoltà per il decollo delle U.S.L. sono strettamente connesse alle dispute tra Partiti, al calcolo e al tipo delle rappresentanze. La legge viene posta talvolta alle corde e io sono convinto che nel futuro dovrà far rivedere anche questa impostazione nella conduzione; magari anche attraverso un impostazione che non sarà dipendente e legata solo all'iniziativa regionale e che potrebbe anche venire attraverso l'elezione diretta è la definizione di precise incompatibilità.
Signor Presidente, signori Consiglieri, concludo questo intervento su di una relazione assessorile complessa, diffusa e che nonostante tutta la buona volontà non riesce a penetrare l'intera barriera degli interessi del mondo socio-sanitario.
Rimangono degli interrogativi, ad esempio: sul funzionamento del Consiglio regionale di sanità, che è stato oggetto di recente costituzione sulle difficoltà operative che investono in questa fase di transizione le cosiddette infermerie e le stesse strutture ospedaliere spaccate, nei loro richiami gravitazionali, dalle delimitazioni della zonizzazione socio-sanitaria sul vero ruolo che la Regione intende svolgere sul complesso problema degli anziani, differenziando l'intervento tra le diverse zone del territorio, avuto anche riguardo dell'andamento geomorfologico la definizione meno problematica attorno al tema salute-diritti sindacali i tempi entro i quali potrà essere licenziata dalla Regione una legge o un provvedimento sul servizio trasfusionale, la cui urgente necessità è stata rilevata dall'Assessore nell'assemblea Avis del 16 aprile la non trattazione nella relazione del tema riguardante l'informatica sanitaria, i suoi ruoli, i limiti di strumento gestionale e di collaborazione con la pubblica amministrazione.
Il dibattito non può ritenersi dunque esaurito. E' comunque incompleto deve investire anche le 400 pagine dei due volumi che sono stati distribuiti al Consiglio, entro le quali si richiamano principi orientamenti, indirizzi e che ritengo non possono essere liquidati nelle sole due pagine finali della relazione. Devono essere illustrate al Consiglio, filtrate dalla consultazione, perché la relazione Enrietti riguarda anche propositi e intenzioni, ma è principalmente il consuntivo.
Le altre dovrebbero invece costituire "il futuro" della Regione, anche se rappresentano appena l'introduzione a questo nostro futuro.
Così come nel '75 l'Assessore di allora ci rassegnò, con quel contenitore verde che prima ho ricordato, le 47 cartelle frutto di 46 gruppi di studio (un centinaio di collaboratori) con argomentazioni minute interessanti, in chiave di studi, dischiudenti le premesse di un compiuto piano ospedaliero visto in un'ottica socio-sanitaria. Quindi, ora come allora, siamo davanti a indirizzi, enunciazioni di principio idonee per un piano, così come le attuali, assunte forse con un ancorarsi ad altri filoni ideologici, così come quelle di ieri interessanti.
Non costituiscono un piano e appartengono a quell'acquisizione di un patrimonio di studi e di esperienze alla quale, con lievi o marcate differenziazioni, tendono i diversi centri interessati a questi problemi dal Consiglio mondiale di sanità, alla copiosa produzione delle Regioni agli studi promossi dallo Stato, vedi ad esempio a pag. 80 dei "criteri" dove si richiama la scheda tipo per il piano pilota della Basilicata...
Quindi tutti assieme dovremmo precisare che quanto appare nella presentazione dei due volumetti: "Documento redatto dal gruppo di lavoro incaricato della stesura del piano socio sanitario, costituito da ecc ecc.", può dare luogo all'equivoco che già si tratta di piano, quando piano non è e questo è stato rimarcato dallo stesso gruppo incaricato che in Commissione ha affermato: "Lo abbiamo detto e lo ricordiamo tutti: non abbiamo avuto l'incarico di fare il piano regionale e probabilmente se l'avessimo avuto l'avremmo rifiutato, perché non crediamo che la formazione del piano regionale possa farla un gruppo di esperti e possa svilupparsi un piano regionale di questa portata e con il tipo di problemi che dobbiamo affrontare e che sono quelli di cambiare il motore all'automobile che è in corsa".
Ho fatto questa sottolineatura perché perifericamente perverranno questi documenti e chi li leggerà dirà: questo se non il piano è una grossa introduzione per un gruppo che è stato incaricato di formare il piano. Il gruppo ha affermato solennemente che questo incarico non lo ha ancora ricevuto. Ci sono altre problematiche che trascuro, data l'ora tarda. Forse ho superato il tempo del collega Ferrero che ha parlato questa mattina.
Rimangono i dubbi che riprenderemo e che sono sollevati alle pagg. 56 e 57 del secondo volume della relazione, dove addirittura si parla di interrogativi che insorgono attorno al ruolo del piano entro la Regione. A pag. 57 si dice: "Si intende così introdurre una distinzione sia pure non rigida fra piano e programma in quanto pianificazione sta per predisporre e predeterminare l'andamento e le caratteristiche di un fenomeno o di un insieme di fenomeni, per indirizzarli verso fini prestabiliti"; e programmare sta per "predisporre strumenti operativi ottenuti mediante la proiezione degli obiettivi prefissati".
Sono argomenti che in un'assemblea stanca, e che ho contribuito a stancare, possono passare inosservati.
Chi ha tempo e voglia di porre mano a queste pubblicazioni e le volesse approfondire alla fine avvertirà che ci sono tanti dati interessanti ma che in questa grossa produzione, che viene rassegnata regolarmente in sede di Consiglio regionale, talvolta si affrontano grossi lineamenti di filosofia teoretica, ma la risposta che le comunità locali si attendono dopo tre anni da questa Amministrazione ancora non è pervenuta.
Nella sostanza si torna ad operare nella fase del 1975, la cosiddetta fase "aperta", come ha sottolineato l'Assessore, in un dibattito che prosegue nel Consiglio regionale e che prosegue nel Piemonte.
Mi auguro che la risposta che gli operatori sociali, fruitori del servizio, soprattutto alla periferia, attendono possa giungere con maggiore accelerazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Prendo la parola soprattutto per ribadire a me stesso e ai colleghi che il dibattito si terrà dopo le feste; d'altra parte chi ha seguito con attenzione l'intervento del Consigliere Ferrero si è reso conto che quell'intervento faceva parte di questo dibattito, ma verteva su temi diversi e completamenti nuovi, estremamente interessanti e significativi sui quali la Giunta deve prendere provvedimenti prima della prosecuzione del dibattito.
Il collega Ferrero è preoccupato soprattutto del fatto che manca da parte della Regione nel suo complesso una scaletta di comportamenti nei confronti di tutti gli adempimenti che le 26 o 28 scadenze porranno nell'ambito della riforma sanitaria. Il suo intervento va sottolineato per questo aspetto; quindi quanto non ha fatto lui intendo farlo io, chiedendo puntualmente alla Giunta di predisporre quanto meno un'ipotesi di lavoro sul modo in cui si potrà impostare questo discorso; si tratterà di leggi (il collega Ferrero lo esclude), della creazione di comitati, della nomina di esperti. Si tratterà della formazione di una Commissione specifica consiliare. Mi pare di capire di no.
Prego la Giunta di provvedere in questi termini in modo che i nostri interventi non siano a ruota libera è come rappresentazione delle opinioni di noi tutti, ma possano seguire una falsariga ed essere quindi costruttivi.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità e sicurezza sociale

Si potrà fare un'altra relazione. Nella replica si raccoglieranno tutte le considerazioni e i contenuti degli interventi.



FERRERO Giovanni

Potrei proporre un ordine del giorno e immagino che anche gli altri Gruppi lo possano fare. A questo punto è una questione di pronunciamento Il Consigliere Beltrami si è già pronunciato in un certo modo.



MARCHINI Sergio

A me non sembra che il Consigliere Beltrami si sia pronunciato sul problema posto dal collega Ferrero, bensì ha fatto una valutazione, sia pure non conclusiva, sulla sua relazione.
Con l'occasione vorrei portare una testimonianza traumatizzante di poche ore fa. Sono andato al ristorante e al tavolo vicino era seduta una ragazza, piuttosto bella, tra l'altro non delle Vallette, che parlava da sola esprimendosi in termini che lascio immaginare. Uscendo, ha chiesto se in quel locale, oltre ai piatti di cattiveria, servivano anche piatti di comprensione e a quale prezzo. Poi è uscita per le strade di questa città! Spero di aver trasferito all'assemblea l'impressione che ho avuto. Che cosa possiamo fare noi per chi si trovi in quella situazione? Lo guardiamo ci chiediamo dove andrà e che cosa potrà succedergli.
Quindi non sarà delenda Carthago, ma certamente si dovrà costruire parecchio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Contrariamente a quanto presuppone il collega Marchini, l'approfondito e dettagliato intervento del Consigliere Ferrero è stato un commento complessivo alle relazioni e le arricchisce di ulteriori elementi. Ferrero ritiene che questo dibattito possa essere riassunto in un ordine del giorno di espressione e di volontà politica sul quale alcune forze convergeranno e altre dissentiranno.
Ho ascoltato attentamente le relazioni degli Assessori e mi sono annotato alcune osservazioni sulla relazione della sanità (non me ne voglia l'Assessore all'assistenza) che per mancanza di tempo e per difficoltà di addentrarmi nella materia sintetizzo con un taglio squisitamente politico in una frase sola: il nostro Gruppo è d'accordo con l'impostazione data dalla Giunta regionale del Piemonte al problema della sanità e dell'assistenza, che coinvolge interessi colossali ai quali tutti,da angolazioni diverse, ci sforziamo di portare un contributo nella ricerca di una soluzione concreta.
Il bilancio di questi ultimi tre anni di attività è da considerarsi positivo. I socialisti sono particolarmente sensibili al tema socio sanitario. Contrariamente a quanto dice l'amico Beltrami, che troviamo un alleato nel "Giornale Nuovo" di Indro Montanelli, dico che siamo invece dei fedeli seguaci, di un altro personaggio che non ha nulla a che fare con Montanelli, parlo di Filippo Turati e del suo dettato storico.
L'assistenza, la tutela la salute sono diritti del cittadino, sono doveri dello Stato, l'assistenza, dalla culla alla tomba, affermazione fatta sarcasticamente in una precedente occasione da qualcuno, non è soltanto uno slogan ma è un grosso impegno politico e sociale.
Ci ritroveremo prossimamente su questo terreno, cercheremo di dare il nostro contributo e intanto anticipiamo il nostro consenso politico a questa impostazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Enrichens.



ENRICHENS Nicola

Intervengo per puntualizzare alcuni aspetti del problema. Ho seguito con molta attenzione la relazione del Consigliere Ferrero con il quale mi compiaccio per la vasta panoramica che ha fatto della tematica, del pionierismo dimostrato dalle Giunte del Piemonte e dell'Umbria, che sono le uniche due Regioni che hanno anticipato i tempi.
Mi soffermo su due aspetti della relazione dell'Assessore: i rapporti fra Regione e Comuni e la cura e l'inserimento nella scuola dell'obbligo degli alunni handicappati.
In ordine al primo punto, per la mia esperienza in qualità di amministratore della città di Alba, devo dire che se già allora i Comuni avevano "il fiato grosso" ancor più ce l'hanno oggi che si vedono piovere tante incombenze e in carenza di strutture e di personale. D'altra parte alcune strutture sono state improvvisate per far funzionare tanti organismi pletorici con personale in soprappiù che non si sa che cosa faccia. Porto un esempio: una direzione didattica s'é vista arrivare, non richiesti, otto applicati di segreteria per amministrare ottanta insegnanti (oltretutto in quel momento c'é stato un errore nell'erogazione degli stipendi) e il Comune è stato richiesto di fornire otto scrivanie; come Assessore competente avevo chiesto al direttore didattico se si accontentava di due assi e due cavalletti in modo che gli impiegati potessero svolgere lavoro di gruppo. Il Comprensorio, per esempio, ha tredici dipendenti. Desidero richiamare l'attenzione degli amministratori regionali sul migliore utilizzo del personale nelle varie strutture e sul controllo del funzionamento dei servizi, soprattutto perché i Comuni con le nuove incombenze devono dirottare risorse che meglio impiegherebbero in opere pubbliche, in fognature, nell'edilizia, ecc. Abbiamo, per esempio, due asili nido, ma non abbiamo i bambini: questa è la programmazione fatta dalla Regione anni fa.
Ammesso che noi non siamo responsabili della programmazione a livello nazionale, non dobbiamo però a livello regionale fare una programmazione di principi astratti e futuribili. Sostituiamo o annulliamo vecchie strutture senza crearne di nuove che accolgano gli utenti dei precedenti servizi.
Vengo al grosso problema degli handicappati. Il nostro Paese ha una tradizione culturale di sofisti e di cultori dell'idealismo. Su di noi non ha operato l'influsso della cultura positivistica, ecco perché, signor Presidente, ragioniamo sempre per principi astratti e prospettiamo come dovrebbe essere nel futuro la società senza tener conto di come è ora.
Negli anni 60 si è parlato con una certa euforia delle classi differenziali, delle classi speciali; adesso si dice tutto il contrario. La legge 517 del 4/8/1977 ha previsto l'inserimento degli alunni handicappati nelle classi normali, senza approfondire se esistono sufficienti insegnanti e operatori specializzati. La legge fa obbligo ai piccoli Comuni di dare assistenza logopedistica, fisioterapistica, ma con quali fondi? Le cittadine di provincia, utilizzando le somme messe a disposizione delle direzioni didattiche dalla Regione, non possono fare un'equipe che serva tutto il territorio, quindi la maggior parte delle classi rimane senza assistenza. Occorre poi operare un controllo su queste strutture.
Vi sono i cosiddetti inserimenti selvaggi, per cui nelle classi di venti bambini ne vengono aggiunti altri spastici o oligofrenici. Abbiamo un istituto psico - medico - pedagogico che ha ventitre alunni della sola scuola elementare; vi sono sette insegnanti titolari di classe; quattro insegnanti per l'attività integrativa della scuola a tempo pieno; quattro insegnanti che dipendono dall'istituto privato.
Siamo passati dall'euforia delle classi differenziali, che adesso vanno soppresse per disposto della legge 517, alla parte opposta e ci troviamo senza personale specializzato. In Inghilterra, in Svezia, in Svizzera gli alunni handicappati non vengono più inseriti nelle classi normali, perch si ritiene che ogni inserimento è un caso a sé. Alcune sere fa la televisione trasmetteva un programma inglese sull'orientamento scolastico e l'inserimento degli alunni nelle classi normali. E' certo che in quel Paese opera l'influsso della cultura positivistica e non quello della cultura idealistica.
Ci sono le classi degli zingari; due di queste sono in provincia di Cuneo. I bambini zingari sono considerati handicappati quando invece sono dei superdotati che potrebbero essere inseriti nelle classi normali perch anche dal punto di vista della formazione pedagogica, assumerebbero comportamenti normali.
Ha voglia l'ispettore o il direttore di proporre la soppressione di quelle classi! L'Ente ha l'assistente spirituale a Roma e in provincia allora non lo si sopprime e lo si mantiene con diciassette alunni iscritti sette frequentanti, un insegnante titolare al mattino e un insegnante al pomeriggio per il dopo scuola! Siamo in situazione di emergenza o non lo siamo? Se tutti siamo convinti di essere in situazione d'emergenza, utilizziamo meglio i fondi e non prendiamo in giro il cittadino.
Andiamo piano a dare ai Comuni troppe incombenze e fondi che rischiano di non venire utilizzati. Il Consiglio di circolo che cosa riesce a fare con 800 mila lire? Forse una gita turistico-culturale. Insomma, ci vuole da parte della Regione un controllo severo sugli istituti psico - medico pedagogici, anche perché alcuni accolgono bambini di altre Regioni e le spese continuano a far capo alla Regione in cui esiste l'istituto.
Ho voluto fare solo dei brevi cenni su alcune situazioni che personalmente ho constatato e di cui ho sofferto e continuo a soffrire.



PRESIDENTE

La continuazione e la chiusura del dibattito viene - aggiornata ad una prossima riunione.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Per quanto riguarda le nomine, iniziamo con l'elezione di tre esperti in materia di artigianato, di cui uno in rappresentanza della minoranza nel Comitato tecnico consultivo per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore dell'artigianato. I nominativi proposti sono: Emilio Bellomo, Loris Bellunato e Michele Colombino.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 38 hanno riportato voti: BELLOMO Emilio n. 28 BELLUNATO Loris n. 23 COLOMBINO Michele n. 14 FELICI n. 1 I signori Bellomo, Bellunato e Colombino (quest'ultimo in rappresentanza della minoranza) sono eletti nel Comitato tecnico consultivo per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della Produttività nel settore dell'artigianato.
Passiamo alla sostituzione di un componente dimissionario (signor Domenico Bertorello) nel Comitato tecnico politico della tenuta "La Mandria". Il nominativo proposto in sostituzione del Consigliere Bertorello è quello di Emilio Lombardi.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e, votanti n. 39 ha riportato voti: LOMBARDI Emilio n. 36 schede bianche n. 2 scheda nulla n. 1 Il signor Emilio Lombardi è pertanto eletto componente del Comitato tecnico politico della tenuta "La Mandria" in sostituzione del signor Domenico Bertorello.
Comitato provinciale di gestione convenzione medico-generica sostituzione del signor Giuseppe Fogliato, dimissionario in data 21/11/1978. Il nominativo proposto è quello del signor Marco Ciliberto.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 39 ha riportato:voti: CILIBERTO Marco n. 29 BERTOGLIO n. 1 schede bianche n 9 Il signor Marco Ciliberto è eletto nel Comitato provinciale di gestione convenzione medico-generica.
Comitato di Controllo sugli atti dei Comuni - Sezione decentrata di Ivrea: sostituzione del signor Bartolomeo Bellardi, deceduto. Il nominativo proposto è quello del signor Giovanni Marta Spina.
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 39 ha riportato voti:



MARTA SPINA Giovanni n. 32

schede bianche n. 7 Il signor Giovanni Marta Spina è pertanto eletto nel Comitato di controllo sugli atti dei Comuni - Sezione decentrata di Ivrea.
Passiamo ora alla nomina di un membro nel Consiglio di amministrazione del Centro di formazione professionale "Giulio Pastore". Il nominativo proposto è quello di Piergiorgio Pecchio.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti n. 30 ha riportato voti: PECCHIO Piergiorgio n. 29 scheda bianca n. 1 Il signor Piergiorgio Pecchio è pertanto eletto nel Consiglio di amministrazione del Centro di formazione professionale "Giulio Pastore".
Comunico che la votazione risulta valida ai sensi dell'art. 27 del Regolamento provvisorio del Consiglio, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Stemma - Gonfalone

Esame progetto di legge n. 365: "Procedure per l'adozione dello stemma della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 365: "Procedure per l'adozione dello stemma della Regione Piemonte".
La parola al relatore, Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado, relatore

Signor Presidente, il Gruppo socialista presenterà nei prossimi giorni una sua proposta di legge sullo stemma della Regione Piemonte. Se la presentazione formale della proposta non è ancora avvenuta, come hanno fatto per parte loro i colleghi Oberto e Marchini, me ne assumo la responsabilità perché mi era stato affidato lo specifico incarico dal mio Gruppo ma, nonostante la buona volontà e i contributi di carattere storico scientifico e grafico che mi sono stati offerti, non sono ancora riuscito anche per ragioni di tempo, a definire puntualmente la proposta.
Intendo comunque informare il Consiglio che, a nostro avviso, lo stemma della Regione Piemonte deve rappresentare in maniera simbolica gli elementi più rappresentativi della sua tradizione storica e della sua realtà politica, economica, sociale e culturale. Questa impostazione volta a comporre in sintesi unitaria gli aspetti tradizionali ed attuali della specificità dell'Ente corrisponde d'altra parte all'opinione comune degli studiosi della materia ed è stata adottata di recente da molti Stati di diversa struttura sociale e politica.
Alla base della ricerca sono ovviamente da porsi una solida documentazione ed una attenta selezione degli elementi che, portati a livello di simboli, rappresentino nella maniera più adeguata possibile le caratteristiche specifiche della Regione nel rispetto delle esigenze e del rigore propri del linguaggio ideografico dell'araldica.
Sappiamo tutti che lo stemma del Piemonte riprodotto nella proposta di legge dei colleghi Oberto e Marchini nasce il 15 agosto 1724 a Thonon quando Amedeo VIII, Duca di Savoia, conferisce al figlio primogenito anch'egli di nome Amedeo o Amè, come recitano le cronache, il titolo di Principe di Piemonte, per indicare quanta importanza fosse messa alla parte cismontana dei territori sabaudi e come essa formasse ormai un'entità organica autonoma ed efficiente.
Sappiamo anche che l'insegna della croce d'argento in campo rosso ha origini assai più antiche che da qualcuno è stato interpretato come simbolo popolare della Savoye in contrapposizione all'aquila nera in campo d'oro testimonianza di devozione all'Impero dei Conti di Savoia.
I due dipartimenti francesi della Savoye e della Haute Savoye conservano tuttora l'antichissima arme della Savoye propria, mentre dal 1713 il blasone piemontese non ha più abbandonato lo scudo ormai tradizionale.
La nostra opinione è pertanto quella che vede la combinazione degli elementi citati che compongono lo stemma storico con altri elementi di modernità e di novità, ma pur sempre rigorosamente sorretti da reali significati culturali, con esclusione di elementi di fantasia estetica o fumettistica.
Per queste ragioni la proposta di legge dei Consiglieri regionali componenti l'Ufficio di Presidenza, sollecitamente inviata al voto del Consiglio, ci lascia perplessi. L'adozione di una procedura anomala per l'approvazione della legge sullo stemma, pone alcune questioni di carattere statutario e regolamentare. All'atto della presentazione di una proposta di legge da parte di un soggetto dell'iniziativa legislativa, per esempio, di un Consigliere o di un gruppo di Consiglieri regionali, si apre una procedura che è fissata dalle norme che regolano i lavori di questa assemblea.
Il secondo Comma dell'art. 3 della proposta di legge n: 365 viola, a nostro avviso,lo Statuto regionale in quanto sottrae ai Consiglieri regionali il diritto dell'iniziativa, legislativa, laddove recita che la scelta definitiva dello stemma verrà effettuata dal Consiglio regionale "sulla base della relazione e delle proposte avanzate dalla Commissione speciale di cui all'art. 4". Ciò significa, se l'interpretazione letterale della norma proposta ha un senso, che il Consiglio regionale potrà esaminare solo le proposte avanzate dalla Commissione e non altre.
L'illegittimità della norma è evidente.
Sono di avviso contrario rispetto alle conclusioni che sono enunciate nella relazione della I Commissione in ordine al significato del concorso scolastico. A mio avviso la definizione dello stemma esige approfondimenti di altra natura che richiedono specifiche conoscenze culturali, storiche e scientifiche. La partecipazione a un concorso scolastico non è assimilabile alla partecipazione politica, così come sarebbe a dire che la partecipazione a un concorso radio-televisivo corrisponde alla partecipazione alle scelte politiche dell'Ente radio - televisivo.
Ritengo che l'adozione dello stemma debba avvenire secondo le procedure previste dallo Statuto e dal regolamento; può anche essere ammessa la nomina di una Commissione speciale. Personalmente sono sempre - stato contrario alla superfetazione di Commissioni speciali. Ricordo di aver avuto delle perplessità quando venne nominata l'intercommissione per il problema delle localizzazioni delle centrali nucleari; mi sembrava che un'ipotesi di questo genere contenesse una sorta di esproprio delle competenze della Il Commissione che fino a quel momento aveva condotto la discussione e aveva tenuto le consultazioni.
A me pare che una materia di questo genere, andrebbe attribuita alla competenza della V Commissione che ha come materia l'istruzione e la cultura. Credo che si debba inoltre procedere, a regolari consultazioni soprattutto fra gli storici e gli esperti, e che comunque non possono essere limitati i diritti dei soggetti dell'iniziativa legislativa. Il concorso scolastico che poteva essere previsto con normale deliberazione dell'Ufficio di Presidenza senza implicare la trasformazione in proposta di legge, richiede che i concorrenti vengano forniti delle specifiche proposte di legge e può valere come consultazione.
In ogni caso confermo che il Gruppo socialista presenterà una sua proposta di legge secondo le linee che ho indicato all'inizio dell'intervento e chiedo che la proposta sia esaminata a norma del regolamento con o senza Commissione speciale, con o senza concorso scolastico.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Marchini. Ne, ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Ci dovrebbe essere da parte dei colleghi un'attenzione particolare su questo argomento. E' avvenuto un fatto che non può essere sottaciuto. Si fa scandalo perché un funzionario dà a un giornalista una bozza del bilancio e non si fa scandalo per il fatto che l'Ufficio di Presidenza ha di fatto prevaricato, a mio avviso, la funzione legislativa del Consiglio anticipando presso la pubblica opinione addirittura un'iniziativa con un giornale cittadino benemerito. Questo non fa scandalo perché a farlo non è stato un oscuro funzionario, ma l'Ufficio di Presidenza..



PRESIDENTE

E' stato illustrato in Consiglio regionale..



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, in Consiglio regionale ha illustrato una proposta che sarebbe andata in Commissione, quella proposta è diventata una pseudo decisione così come è stata riferita dai giornali alla pubblica opinione ignorando che quando è arrivata la proposta alla Commissione probabilmente presso i suoi uffici c'era già la proposta di legge presentata da me e al collega Oberto. Sia ben chiaro che non era assolutamente in contraddizione con la proposta della Commissione; si limitava semplicemente a significare l'opportunità che il tema considerasse tra gli elementi da sviluppare il preciso elemento che ha richiamato il collega.
La proposta di legge sottoscritta da me e dal collega Oberto è stata completamente ignorata in quanto la I Commissione l'ha votata a tamburo battente (con tutto quello che ha da fare). Se questo è un modo esemplare e cristallino di fare vita legislativa vuol dire che tutto quanto so io della correttezza del procedimento legislativo è da dimenticare!



PRESIDENTE

La parola al Presidente della I Commissione, Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Respingo nei termini più chiari il "tamburo battente" della I Commissione. Noi assolviamo in termini istituzionali al mandato che ci perviene. L'Ufficio di Presidenza ha trasmesso un proprio disegno di legge dicendo che era stato iscritto all'ordine del giorno Se si vogliono fare appunti sull'articolato sono pronto ad accettarli, ma non accetto appunti sul modo in cui ha lavorato la I Commissione, specialmente da chi non era presente



(Il Consigliere Marchini interrompe)



PRESIDENTE

La richiamo a norma di regolamento, Consigliere Marchini, e la invito a non trascendere alzando la voce.



ROSSOTTO Carlo Felice

In merito al disegno di legge sul difensore civico, dopo lungo esame e su richiesta del Gruppo D.C., si è deciso di esaminare i risultati delle Regioni Toscana e Liguria dove già è in funzione. Appena giungeranno quei risultati daremo corpo alla nostra proposta. In ogni caso, la I Commissione lavora con pieno impegno sia sui provvedimenti di estrema importanza sia su quelli pure importanti ma meno determinanti, prestando lo stesso impegno e la stessa attenzione a tutte le forze che al suo interno vogliono manifestare le proprie opinioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Vorrei fare una precisazione. Non esistono progetti di legge dell'Ufficio di Presidenza; può capitare che Consiglieri regionali che fanno parte dell'Ufficio di Presidenza firmino un progetto di legge.
Questa è una precisazione doverosa perché l'Ufficio di Presidenza, come tale, non ha la titolarità della proposta legislativa.



PRESIDENTE

Intendo precisare che in Consiglio, non altrove, è stata comunicata a suo tempo l'intenzione di presentare questo progetto di legge.
Successivamente i componenti dell'Ufficio di Presidenza in qualità di Consiglieri hanno perfezionato il loro progetto di legge che successivamente è stato trasmesso alla Presidenza del Consiglio, quindi alla I Commissione.
La I Commissione l'ha esaminato ed approvato. Analoga sorte hanno avuto gli altri progetti di legge che sono stati presentati. Credo di capire che la I Commissione lo abbia esaminato e licenziato rapidamente, perché è un disegno di legge puramente metodologico, nel senso che indice esclusivamente un'iniziativa per arrivare ad una scelta. Si tratta di valutare se l'articolato consente questo.
L'intervento del Consigliere Calsolaro mi ha fatto sorgere un dubbio e mi permetto di proporre un emendamento soppressivo. All'art. 3, dove si dice: "La scelta definitiva dello stemma verrà effettuata dal Consiglio regionale sulla base della relazione e delle proposte avanzate dalla Commissione di cui al successivo art. 4", propongo di sopprimere le parole: "sulla base della relazione e delle proposte avanzate dalla Commissione di cui al successivo art. 4". In sostanza si lascia libera qualsiasi iniziativa legislativa da parte di chiunque abbia la titolarità di promuoverla.
Chiede la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

In qualità di Presidente del Consiglio, dopo l'analisi della vicenda dal punto di vista dei tempi, mi spieghi perché la proposta di Oberto e Marchini non è stata presa in considerazione. Tutto il resto sarà un processo alle intenzioni. Non ci eravamo limitati a sottolineare l'opportunità che nello stemma fosse indicato un certo elemento. Ci venne detto di presentare una proposta; l'abbiamo presentata ma la nostra proposta non venne presa in considerazione. Di questo voglio una spiegazione.



PRESIDENTE

La risposta non posso darla io, ma la I Commissione. Suppongo che la differenza stia nel fatto che qui non viene fatta una scelta sullo stemma là invece viene fatta. Quindi metodologicamente questa è prioritaria rispetto a quella.
La parola al Presidente della I Commissione.



ROSSOTTO Carlo Felice

Mi informerò presso gli uffici se nel momento in cui abbiamo esaminato il progetto di legge sullo stemma ce ne fosse stato un altro. Non mi è pervenuto perché, in questo caso, la Commissione avrebbe esaminato congiuntamente i due testi. Il motivo per cui non mi è pervenuto non lo posso conoscere.



MENOZZI Stanislao

La I Commissione non si è trovata nelle condizioni di esaminare un progetto di legge antecedente a quello che viene oggi portato in votazione.



MARCHINI Sergio

Non so se è precedente. Ho trasmesso la mia proposta di legge chiedendo alla titolare dell'ufficio di aspettare a riceverla ufficialmente, perch avevo chiesto al collega Oberto, che so sensibile a questi problemi, di valutare l'opportunità di sottoscriverla. Quindi mi sono messo nelle condizioni di non conoscerne la data.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Arrischierei a che la proposta di legge è stata presentata prima del 18 dicembre, data dell'ultima riunione nella quale è stato licenziato il provvedimento. Se quanto ho azzardato affermare è vero, penso che non ci sia consentito di procedere e che si debba soprassedere, rivedendo così anche il discorso relativamente all'art. 3.



PRESIDENTE

Propongo di sospendere la seduta per qualche minuto.



(La seduta, sospesa alle ore 17,15 riprende alle ore 17,45)



PRESIDENTE

La conferenza dei Capigruppo ha esaminato la questione relativa all'art. 3. Si intende che l'Ufficio di Presidenza incaricherà un gruppo di artisti di esaminare le proposte avanzate da Consiglieri o da studenti, al fine di portare in Consiglio una gamma di proposte.
La conferenza dei Capigruppo, che sarà convocata alle ore 17 del 4 gennaio 1979, ha inoltre fissato la convocazione del Consiglio regionale per l'11 gennaio prossimo con all'ordine del giorno la legge sulle strutture. Il Consiglio regionale è altresì convocato, per Statuto, il 16 gennaio.
Possiamo passare alla votazione dell'articolato.
Articolo 1 - "In attuazione- del quarto comma dell'art. 1 dello Statuto laRegione Piemonte, in vista dell'adozione del proprio stemma, bandisce un pubblico concorso di idee fra gli studenti delle scuole medie inferiori e superiori della Regione.
Gli studenti, con le modalità che verranno concordate con gli organi collegiali della scuola, dovranno avanzare proposte e suggerimenti che tengano conto delle tradizioni storiche, politiche, artistiche, culturali e della realtà socio-economica del Piemonte".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 -- "Gli autori dei lavori che verranno giudicati migliori parteciperanno a un viaggio in un'altra Regione d'Italia per conoscerne corrispondenti aspetti socio-culturali, secondo le modalità che verranno fissate con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale".
Se nessuno chiede di parlare si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "L'Ufficio di Presidenza incaricherà un gruppo di artisti di tradurre graficamente le proposte e i suggerimenti che saranno giudicati più adatti a essere utilizzati come stemma della Regione Piemonte.
La scelta definitiva dello stemma verrà effettuata dal Consiglio regionale, sulla base della relazione e delle proposte avanzate dalla Commissione di cui al successivo art. 4".
Avevo proposto un emendamento soppressivo al secondo comma: sopprimere le parole "sulla base della relazione e delle proposte avanzate dalla Commissione di cui al successivo art. 4". Chi è favorevole alzi la mano.
L'emendamento è approvato con 32 voti favorevoli e un astenuto.
Passiamo ora alla votazione dell'art. 3 così emendato.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - "Per l'attuazione delle procedure previste dalla presente legge è istituita, ai sensi dell'art. 19, lettera a), dello Statuto regionale, una Commissione speciale, presieduta dal Presidente del Consiglio regionale e formata da un rappresentante per ciascun Gruppo consiliare e da tre rappresentanti della Giunta regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 4 è approvato.
Articolo 5 - "Ai fini dell'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa di L. 30 milioni per l'anno 1979. Tale onere graverà sul capitolo 60 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'esercizio finanziario 1979".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 5 è approvato.
Articolo 6 - "La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi dell'art.
45, sesto comma, dello Statuto regionale ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 6 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero testo del progetto di legge n. 365.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo del progetto di legge n. 365 è approvato.


Argomento: Organi, strumenti e procedure della programmazione - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Esame del progetto di legge sulle strutture


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge sulle strutture, tema che viene introdotto dal Presidente della I Commissione, Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

La materia che stiamo trattando ha avuto una attenta valutazione da parte della Commissione, sensibile anche di ciò che avveniva nel rapporto tra le Amministrazioni degli Enti locali e regionali di tutta Italia e le organizzazioni sindacali.
Nel mese di maggio la Giunta presentò alla Commissione una bozza informale, che venne esaminata attentamente assieme ai precedenti elaborati pervenuti ai singoli Consiglieri da oltre un anno; alla vigilia del periodo feriale venne il pronunciamento della Commissione che si dichiar disponibile a elaborare un testo che non fosse informale, ma che rivestisse il carattere di disegno di legge.
La Giunta formalizzò il disegno di legge che reca il n. 343. Nel frattempo la Giunta regionale, assieme alle Giunte delle altre Regioni siglò il contratto collettivo nazionale operante fino al 31/12/78; questo contratto, nel periodo successivo a quello feriale fu integrato nel disegno di leggo in precedenza formalizzato e costituì il titolo III dello stesso.
Le vicende del contratto nazionale devono riportarci al momento di crisi che lo Stato sta drammaticamente vivendo e devono farci valutare come certi termini di "autonomia" possono rappresentare grave rottura. Dal rapporto tra Giunta e sindacato, in una fase successiva si arrivò alla possibilità dello scorporo del titolo terzo, cioè del contratto collettivo nazionale. La contrattazione tra sindacato e Giunta ha portato ad alcune valutazioni di estrema importanza che, sottoposte all'esame della Commissione da parte delle organizzazioni sindacali, vennero definite in alcuni punti chiari e sintetici e che in parte raccoglievano alcune osservazioni in precedenza svolte dai colleghi presenti nella sottocommissione, quali l'importanza di un rapporto dipartimentale che non fosse solo momento politico ma che calasse nella realtà delle strutture; il problema del decentramento, il problema di ancorare a momenti di certezza la mobilità in modo che questa non sembrasse un elemento di punizione per idee anziché per atteggiamenti logici ed effettivi. Il problema della responsabilità del personale sarà operante in altra qualificazione tenendo conto dei livelli salariali dei nostri collaboratori che difficilmente possono giustificare le parole elegantemente dette nel disegno di legge dove si aspira a un'altissima qualificazione.
Sorse il problema di armonizzare i principi generali con le strutture regionali nella loro articolazione di servizi e di uffici, di collegarsi con l'Ente intermedio che abbiamo realizzato. Si è valutata la necessità di accogliere la richiesta avanzata da parte delle organizzazioni sindacali di non essere soltanto interlocutori normali, ma interlocutori nei confronti di un personale che non svolge il solo ruolo di amministrazione, ma un ruolo di programmazione, di indirizzo, di legislazione e di partecipazione a queste scelte.
La richiesta dell'inserimento del principio della contrattazione sindacale nel termini normativi, qual è richiesto e qual è proposto dalla Giunta aveva sollevato alcune perplessità di carattere istituzionale e costituzionale. Una legge regionale o una legge dello Stato può recepire e far riferimento al principio della contrattazione sindacale? Discorso di ipocrisia perché nessuno si nasconde che una contrattazione sindacale, nel momento in cui si devono affrontare problemi che ineriscono il movimento della macchina regionale, è sempre un presupposto, pena la paralisi, l'inefficienza e la non collaborazione.
Non siamo una casta separata dalla realtà della Regione che dobbiamo amministrare, ma siamo coloro che hanno avuto l'alto onere di tracciare e indicare i modi con cui la Regione può essere momento di effettivo decentramento di gestione corretta. Questo argomento è stato superato con riferimento alla legge quadro sulla modifica e la ristrutturazione del parastato che passò nella Commissione affari costituzionali della Camera dei Deputati nel 1975 con la relazione dell'on. Granelli.
C'é l'impegno di rinviare entro il termine di 30 giorni la fase successiva; la Commissione è a totale disposizione e rispetterà tale termine purché il materiale non venga rimesso al ventinovesimo giorno. La Giunta e la Commissione su questo punto potranno stabilire termini accettabili con un rapporto estremamente corretto tenendo conto che esercizi provvisori sul personale in termini di legge non sono possibili.
La sottocommissione ha ritenuto di autosciogliersi e nella giornata di ieri ha trasferito alla I Commissione il testo con cui ha reso definitivo il proprio lavoro. La I Commissione, nell'intierezza dei poteri politici, ha deciso di riunirsi il 4/1/79 per esaminare con attenzione i 39 articoli per una rilettura dell'articolato e per una definitiva decisione in merito che io mi auguro possa avvenire come in altri momenti importanti all'unanimità e non a maggioranza.
Il testo di legge è stato portato a conoscenza di tutti i Consiglieri in modo che possano far pervenire le loro osservazioni ai colleghi che li rappresentano nella I Commissione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro impegno e, in qualche momento, anche il nostro accanimento nell'affrontare questa legge hanno significato la piena coscienza della sua portata e del suo valore.
Assicuriamo il Presidente e i colleghi che utilizzeremo in termini civili anche questo periodo, in parte dedicato ad una pausa di riposo, per approfondire il nostro apporto e per consentire di presentarci all'appuntamento dell'11 gennaio in modo da dare un contributo ulteriore per la definizione della legge nei termini attesi dalla comunità regionale e, prima di tutto, dai dipendenti e funzionari della Regione che in essa vedono il quadro entro il quale far valere la propria professionalità, il proprio valore e il proprio impegno personale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Diamo avvio, stasera, al dibattito su una delle leggi più importanti della II legislatura regionale, inerente l'organizzazione degli uffici della Regione Piemonte. E' un primo dibattito, come saggiamente i Capigruppo hanno deciso ieri.
Si tratta di un testo legislativo che ha avuto un iter di elaborazione molto lungo, coinvolgendo l'esperienza stessa degli uffici regionali e di studiosi nelle materie del diritto regionale e dell'organizzazione del lavoro.
Si ricordino il grande impegno in sede di Commissione e di sottocommissione, la presenza sistematica e continua del Presidente della Giunta, il suo apporto, le sue esperienze, le sue conoscenze, la direzione valida del Presidente della sottocommissione che ha pilotato egregiamente questo lavoro faticoso per tutti. Era progetto aperto e in teoria lo è ancora in questo momento secondo l'impostazione data dalla Giunta.
Riteniamo che il testo che è scaturito risponda alle esigenze di una efficiente organizzazione e impostazione dell'apparato regionale per adempiere alle funzioni che la Costituzione demanda alle Regioni stesse, o ai compiti che lo Stato ha loro più recentemente trasferito. Il progetto di legge si apre con una prima parte illustrativa dei principi e delle finalità cui viene improntata l'azione regionale. La parte contrattuale è stata accantonata per una successiva fase dipartimentale.
Innanzitutto il rapporto fra l'Ente Regione e l'insieme degli Enti locali in un quadro di rinnovamento e di reciproca integrazione del sistema delle autonomie. E' sufficiente leggere e ponderare attentamente l'art. 1 che riguarda le finalità di questo disegno di legge. Riteniamo che questo sia un punto molto importante perché contribuisce a legare l'azione della Regione, il ruolo di programmazione sancito dalla Costituzione e ribadito dallo Statuto regionale, con l'azione degli Enti locali cui la Regione intende delegare sempre maggiori spazi gestionali.
Di qui l'importanza del principio del decentramento e della delega di funzioni ai Comuni, alle Province, alle Comunità montane, ai Comprensori stessi, individuati come elementi attivi e partecipanti alle scelte della programmazione regionale.
Da un lato quindi la legge sottolinea il rapporto tra l'Ente Regione e la realtà esterna, istituzionale e sociale; dall'altro mette in rilievo i principi ispiratori del rapporto tra il personale e l'Ente stesso.
L'obiettivo, sottolineato in più punti nel testo di legge, è di rendere consapevole il personale regionale del ruolo e delle funzioni che svolge responsabilizzandolo, qualificandolo e retribuendolo in modo adeguato. Ho desiderato sottolineare questi aspetti, ritenendo che la legge risponda a quella esigenza di riorganizzazione e riqualificazione degli apparati della pubblica amministrazione, un'esigenza che si ritrova sovente in questi anni nei dibattiti delle forze politiche, a livello nazionale e locale. Crediamo di aver dato un contributo, anche attraverso la formulazione di questa legge, rispondendo anche alle istanze del personale della Regione Piemonte che per le sue caratteristiche di età e per la sua naturale tendenza ad una sempre maggior qualificazione professionale, potrà pertanto comprendere ce lo auguriamo - ed apprezzare il significato e lo spirito di questi principi che non vogliono certamente essere una mera enunciazione, ma una dichiarazione di volontà e di impegno politico.
Nella seduta dell'11 gennaio, data fissata per la discussione dell'articolato, potranno essere esaminati nel dettaglio gli articoli e l'impostazione complessiva della legge. Oggi mi preme intanto sottolineare soltanto alcuni punti, tra i più significativi, quali: il legame tra la struttura dipartimentale, individuata come metodo di lavoro collegiale da parte della Giunta ed i servizi che costituiscono la struttura portante dell'organizzazione della Regione, sia a livello centrale, che a livello decentrato.
Così assume un rilievo particolare il tema della formazione e della riqualificazione professionale che viene individuato come metodo permanente adottato nello svolgimento di tutta l'attività dell'ente, attività improntata in tutte le forme possibili ad un metodo di lavoro collegiale che non prescindendo dalla responsabilità del singolo integra tuttavia l'attività con quella del gruppo.
Il testo del disegno di legge si chiude con una elencazione di servizi che costituiscono la base della struttura regionale. Questo elenco potrà essere rivisto con la successiva legge che andremo ad approvare perch molto probabilmente subirà delle modifiche per quanto attiene i servizi del Consiglio regionale.
Si tratta dunque di un primo concreto punto fermo in una materia di primaria importanza, che attende da anni una legislazione e che assume una rilevanza determinante, non soltanto per il personale, che può cominciare ad individuare certezze e riferimenti precisi, ma anche per gli amministratori e per la comunità regionale, che trovano in esse forme e metodi di lavoro, la cui importanza è stata più volte ribadita anche in quest'aula da tutte le forze politiche.
La legge nelle sue disposizioni finali prevede un rinvio, entro una scadenza fissa ad un eccessivo provvedimento legislativo sui temi di carattere strettamente contrattuale, fino ad oggi non definibili in carenza di una definizione nazionale di-tutta la materia.
E' comunque importante l'individuazione di questa ulteriore legge, che sempre nel rispetto del rapporto con le organizzazioni sindacali e nel rispetto del principio della contrattazione, completerà l'ordinamento fondamentale degli uffici e del personale regionale. Non siamo i primi ad arrivare a normare un tale principio in quanto già il Parlamento ha votato la legge che riguarda il parastato. E' un bilancio sostanzialmente positivo, per cui bisogna dare atto alla Giunta regionale, alla Commissione e ai membri della sottocommissione per essere giunti, in queste giornate prefestive a discutere in Consiglio una materia difficile, ma attesa, che ha molti agganci con normative che dovranno trovare una definizione ulteriore a livello nazionale; ma abbiamo già oggi, in questa prima fase dibattimentale dei contenuti che riteniamo validi.
Si apre un'ulteriore fase di lavoro per la quale la partecipazione attiva delle forze politiche, delle organizzazioni sindacali, del personale stesso, sarà garanzia di scelte corrette e democratiche in un settore quale quello del pubblico impiego, alla cui riorganizzazione ed efficienza il nostro Gruppo consiliare, ed il nostro partito, sono sempre stati particolarmente attenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questo disegno di legge ha trovato in Commissione un grosso terreno di discussione e di approfondimento e posso immaginare lo sforzo critico che in quella sede la D.C. come maggiore Gruppo di opposizione, può aver portato. Mi auguro che nei tempi che vanno da oggi alla presentazione dell'articolato, sia possibile arrivare al massimo consenso. Questa è una materia in fieri che non viene congelata con questa disciplina, ma dovrà essere verificata e vissuta in un certo clima di serenità nell'anno che ci sta davanti.
A mio modo di vedere, è positivo che questo provvedimento vada in approvazione a maggioranza e/o all'unanimità il più presto possibile. Il Consiglio sarà sempre sensibile alle proposte di modifiche che dovessero venire dall'opposizione in conseguenza della fondatezza dei rilievi e delle insufficienze che emergeranno dalla gestione della legge stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

La discussione di oggi può, essere sintetica in quanto l'11 gennaio si riprenderà la materia in modo completo e si giungerà alla votazione degli articoli. Questa è la prima condizione che dà certezza al nostro Gruppo e ai lavoratori che si ottiene un risultato accettabile.
Un notevole lavoro, anche se in tempi forzati e ristretti, è stato fatto su questa materia. E' necessario tenere conto dell'apertura che la Giunta e la maggioranza hanno dimostrato, in qualche misura, concretizzata dall'accoglimento del verbale d'intesa, con le organizzazioni sindacali da parte della Giunta stessa, della sottocommissione, e della I Commissione in una rielaborazione profonda e sostanziale del testo.
Con queste considerazioni accediamo a questa impostazione, dando per approvato ciò che ha detto il Consigliere Rossotto e ciò che il Presidente della Giunta vorrà puntualizzare alla fine di questa brevissima discussione.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, il dibattito di oggi avvia un iter legislativo tra i più importanti nel corso della presente legislatura regionale e chiude una lunga fase di studio e di elaborazione.
Il programma della presente Giunta regionale prevedeva infatti tra i suoi punti più qualificanti l'elaborazione della legge sulle strutture del personale regionale accanto ad altre leggi importanti inerenti l'ambiente la programmazione, la riorganizzazione del territorio, dei trasporti, dei servizi sociali.
La Giunta dunque si pose quasi immediatamente allo studio di questo disegno di legge consapevole dell'importanza della materia e delle attese del personale regionale.
L'elaborazione del testo è stata sin dall'inizio ispirata a mettere in risalto lo stretto rapporto esistente fra la realtà economica e sociale della nostra Regione, il sistema delle autonomie, il ruolo e le funzioni che la Costituzione e lo Statuto regionale conferiscono alla Regione ed il legame che deve esistere fra il personale regionale e tutte queste realtà.
Ho parlato di un inizio che risale ormai, a partire dalle prime fasi, a circa tre anni or sono.
L'iter inerente il disegno di legge prese l'avvio dall'elaborazione di una serie di principi e di linee generali impostate da una Commissione diretta da Assessori regionali, con l'apporto di ricercatori e studiosi dell'ordinamento regionale e dell'organizzazione del lavoro, oltre che di funzionari regionali di tutti gli Assessorati e del Consiglio regionale portatori essi stessi di un'esperienza e di esigenze che emergevano dal frutto del lavoro quotidiano e dal rapporto tra la Regione l'organizzazione del lavoro e le istanze della comunità regionale.
Il lavoro protratto per qualche mese tenne conto anche dell'esperienza e degli studi condotti in questa materia da altre Regioni italiane e si concluse con l'elaborazione di un documento di principi trasmesso alla Commissione consiliare competente e successivamente discusso nello stesso Consiglio regionale.
Da questa fase si passò all'elaborazione più particolareggiata dell'articolato, secondo la peculiarità del ruolo che la Regione assume nel suo rapporto con tutto il sistema delle autonomie, nell'intento di far rilevare la funzione specifica di programmazione e di legislazione sua propria rispetto a quella più gestionale degli Enti locali.
Si è inserita in questa fase di elaborazione tutta l'ampia problematica della 382, inerente il completamento delle funzioni regionali, che da un lato ha determinato un approfondimento sui temi della riorganizzazione in relazione alle nuove competenze, incidendo tuttavia, dall'altro, sui temi di definizione del testo.
Parallelamente all'elaborazione dell'articolato del disegno di legge vi è stato inoltre il lungo iter inerente la definizione del contratto nazionale di lavoro dei dipendenti regionali.
E' stato anche questo un fattore che ha inciso sui modi e sui tempi di presentazione del disegno di legge anche in relazione all'oggettiva difficoltà incontrata a livello nazionale, nel tentativo di dare la maggiore omogeneità funzionale alla legislazione vigente nelle diverse Regioni in materia di personale e di ordinamento degli uffici.
Della trattativa condotta a livello nazionale con il Governo e con le organizzazioni sindacali ho già avuto modo d'informare il Consiglio regionale, richiamando le fasi, l'iter dei lavori, gli aspetti positivi che venivano man mano elaborati e l'incidenza di questa trattativa sulla definitiva stesura del testo di legge delle strutture.
Desidero oggi ringraziare gli Assessori che hanno seguito il faticoso iter del contratto per l'impegno che questo problema ha comportato.
Il Consiglio e la Commissione consiliare conoscono l'attuale documento sottoscritto dal Governo, dalle Regioni e dai sindacati, inerente la proposta finale del contratto nazionale di lavoro, documento che è in fase di consultazione a livello nazionale e locale e che costituisce l'oggetto del disegno di legge n. 364 presentato alla I Commissione. La Giunta ha ritenuto infatti di scindere gli aspetti più strettamente contrattuali dall'impostazione, dai principi e dalle scelte più istituzionali, contenute nel disegno di legge n. 343 recependo in questo modo anche le indicazioni delle organizzazioni sindacali e quanto emerso dai primi lavori della Commissione consiliare. Riteniamo che il presente disegno di legge risponda alle esigenze di funzionalità dell'Ente, nel rispetto del ruolo di programmazione e di legislazione che la Regione deve svolgere, inserendo la realtà regionale in un organico rapporto con gli Enti locali, nella piena salvaguardia della rispettiva autonomia di scelte politiche e di organizzazione funzionale ed operativa.
Il testo che venne presentato in più fasi, come bozza di legge, aperto quindi al contributo dei Gruppi consiliari, è stato formalizzato come disegno di legge nell'agosto di quest'anno. Anche successivamente la Giunta ha ribadito la sua piena disponibilità ad integrazioni e modificazioni ulteriori rispondenti a principi ispiratori già contenuti in un documento trasmesso nel dicembre 1976 alla competente Commissione consiliare.
Analogamente la Giunta regionale ha fornito in più fasi ampia informazione dei lavori e aggiornamenti sull'articolato alle organizzazioni sindacali e, attraverso ad esse, a tutto il personale, intendendo stabilire un rapporto costante di consultazione e di confronto su un tema che riveste un importanza fondamentale per l'organizzazione della Regione nei suoi riflessi interni e nel rapporto con la comunità economica e sociale.
Il rapporto stesso con le organizzazioni sindacali, l'apertura al contributo di tutti i lavoratori, trova un riferimento in più punti del testo di legge e riteniamo possa sostanziare quei principì della responsabilità della qualificazione del personale che costituiscono una delle basi su cui è impostato il disegno di legge. Del resto la Giunta regionale è sempre stata estremamente attenta ai problemi del personale non solamente per quanto riguarda gli aspetti, pure rilevanti di ordine economico ma per tutto ciò che è connesso alla professionalità e qualificazione dei lavoratori in un concreto rapporto tra momento politico decisionale e adempimenti operativi. Nella seduta dell'11 gennaio, a conclusione dei lavori della Commissione, il Consiglio sarà chiamato all'esame dettagliato del testo; desidero per ora richiamare uno degli articoli finali che demanda ad un disegno di legge la regolamentazione di aspetti contrattuali, la descrizione delle attribuzioni dei servizi regionali, l'attuazione normativa d'impegni già siglati in protocolli d'accordo o già assunti dalla Giunta regionale con le organizzazioni sindacali. Questi temi sono già in fase di avanzata elaborazione; molto dipenderà dalla definizione rapida della trattativa a livello, nazionale la Giunta si è tuttavia già espressa in numerose circostanze con chiarezza e determinazione nel voler dare organica definizione a tutta la materia inerente, l'ordinamento normativo, economico e complessivo del personale regionale. E' questo un impegno che desidero ribadire in questa riunione che è strettamente importante per l'avvio dell'esame di una legge su una materia caratterizzante il nostro operato ed il nostro impegno politico.
Desidero ringraziare infine per il loro determinante contributo il Presidente ed i componenti della Commissione consiliare che hanno lavorato con molta attenzione ed impegno e che proseguiranno con rapidità, non sacrificando certo ad essa i contenuti e la bontà dell'elaborazione. Un punto particolare desidero dedicare al rapporto con le organizzazioni sindacali di categoria e confederali con le quali il dialogo è costante ed in questa fase particolarmente intenso, consentendo di aprire questo dibattito a fronte di impegni e scadenze certe nell'interesse del personale tutto e nel rispetto dei reciproci ruoli sia verso la Giunta che verso il Consiglio regionale.
Nell'intento di proseguire una collaborazione aperta con il Consiglio regionale ed un confronto, utile e franco con tutto il personale, la Giunta regionale rinnova dunque il suo impegno e la sua volontà di procedere con celerità in questa materia operando legislativamente secondo quello spirito statutario cui contribuirono tutte le forze democratiche presenti nel Consiglio regionale, il cui contributo è stato ed è ritenuto determinante nell'esperienza operativa e nell'apporto culturale ed ideologico.
Desidero richiamare e sottolineare il ruolo che il gruppo ristretto degli operatori ha avuto nell'elaborazione di questa legge. Ricordo guanto hanno detto i Consiglieri Bianchi, Ferrero Bellomo, che hanno sottolineato questo fatto positivo che nasce in un contesto non di parte ma di appartenenza a tutte le forze politiche. Quindi la legge assume un ruolo generale e caratterizzante. In questo momento c'impegniamo, nei termini fissati con le organizzazioni sindacali, a portare in aula il secondo documento, che peraltro è già pronto, per il confronto. Nella primavera del 1979 potremo dare inizio al processo che vedrà sostanzialmente modificato il rapporto interno alla nostra Regione.



PRESIDENTE

Il Consiglio concorda allora di rinviare la discussione e la votazione del progetto di legge sulle strutture del personale regionale all'11 gennaio prossimo.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Esame proposta di deliberazione relativa a: "Comando presso l'Amministrazione regionale di personale dipendente dagli Enti mutualistici ai sensi dell'art. 6 della legge 29/6/1977, n. 349"


PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Ferrero. Ne ha facoltà.



FERRERO Giovanni

In assenza dell'Assessore Enrietti, impegnato in un incontro sui problemi dei tossicodipendenti, chiedo a suo nome che venga messa in votazione la deliberazione relativa a: "Comando presso l'Amministrazione regionale di personale dipendente dagli Enti mutualistici ai sensi dell'art. 6 della legge 29/6/1977, n. 349".



PRESIDENTE

Se il Consiglio è d'accordo, possiamo approvare la deliberazione di cui ora vi dò lettura: "La legge 29/6/1977, n. 349 ha trasferito alle Regioni le funzioni amministrative concernenti l'assistenza sanitaria già proprie degli Enti mutualistici posti in liquidazione (art. 1). Per l'attuazione delle funzioni trasferite le Regioni devono avvalersi, come previsto dall'art. 6 della citata norma, di personale degli Enti e gestioni suddette.
A tal fine la legge 349/77 prevede che il personale sia comandato nella misura e sulla base di criteri fissati dal Comitato centrale di liquidazione degli Enti mutualistici istituito dalla stessa legge (art. 4).
Il predetto Comitato, in applicazione della più volte citata legge 349/77, ha impartito la direttiva n. 6/77 che fissa i criteri per attuare i comandi in questione.
Nel rispetto di tali criteri, la Giunta ha formulato una richiesta, al Comitato centrale, del contingente di personale da comandare (deliberazione n. 94 Giunta regionale 12384 del 27/1/78).
La richiesta teneva conto della necessità di armonizzare con le linee del piano dei servizi socio-sanitari e di non contraddire, con la sottrazione di personale agli Enti mutualistici operanti nella Regione l'esigenza di migliorare o quanto meno mantenere inalterati i livelli assistenziali finora assicurati dagli Enti mutualistici. A tal fine, la richiesta si basava sul principio della gradualità e si collegava ai processi di razionalizzazione di alcuni servizi gestiti dagli Enti e di utilizzazione integra di struttura e presidi sanitari e amministrativi degli Enti mutualistici e degli Enti territoriali.
Il Comitato centrale di liquidazione degli Enti già sopra citato ha accolto, nella seduta del 17/5/1978, la richiesta suddetta, ed ha fissato la distribuzione del contingente tra i vari Enti mutualistici invitando questi ultimi a dare ulteriore corso alla procedura prevista.
Nel contempo, a livello locale, si sono concordate con le organizzazioni sindacali CGIL - CISL - UIL - le modalità e le priorità per l'effettuazione dei comandi.
Successivamente, in conformità a quanto previsto dalla direttiva n. 6 già sopra citata si è provveduto - per la formazione delle graduatorie sulla base delle domande di comando presentate dal personale interessato a riunire l'apposita Commissione, composta da rappresentanti dell'Amministrazione regionale, degli Enti mutualistici e delle organizzazioni sindacali di categoria a livello regionale così come previsto nella direttiva.
La Commissione non ha potuto iniziare la propria attività in quanto i rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL - CISL - UIL si sono rifiutati di partecipare ai lavori della Commissione stessa fino a quando alle riunioni della medesima fossero presenti anche i rappresentanti della



FIALP - organizzazione autonoma dei lavoratori.

Questa situazione paralizza di fatto l'espletamento della necessaria procedura per la formulazione delle graduatorie dei dipendenti che dovranno essere comandati.
Ciò vuol dire impossibilità di creare, con personale di provenienza mutualistico, come previsto dalla legge 349/77, le strutture necessarie all'Amministrazione regionale per far fronte agli impegni che alla stessa competono in base al trasferimento, già avvenuto, di nuovi compiti e funzioni. Infatti, i soli compiti strettamente connessi all'applicazione della legge 349/77 nel campo dell'erogazione agli aventi diritto delle prestazioni specialistiche, medico-generiche, pediatriche e farmaceutiche sono tali da non consentire ulteriori dilazioni, per l'Amministrazione regionale, nel predisporre le strutture necessarie allo svolgimento dei compiti medesimi.
In particolare, l'assolvimento delle funzioni proprie della Regione di programmazione e di coordinamento, in relazione all'assistenza medico generica e pediatrica, che ha già registrato un grosso sforzo amministrativo per dare un valido supporto a quanto in materia è stato già fatto e si sta facendo (Convenzione nazionale unica stipulata il 31/5/1978 istituzione in Piemonte delle strutture amministrative unificate di base di cui alla deliberazione n. 150 Giunta regionale 16429 del 18/7/1978; atti applicativi della Convenzione nazionale unica di cui alle deliberazioni n.
376 Consiglio regionale 7203, n. 377 Consiglio regionale 7204, n. 378 Consiglio regionale 7205, n. 379 Consiglio regionale 7206, n. 380 Consiglio regionale 7207, n. 381 Consiglio regionale 7208; n., 382 Consiglio regionale 7209; n.. 383 Consiglio regionale 7210) determina uno stato di necessità, in ordine alla formazione di adeguate strutture amministrative pena scompensi e gravi ripercussioni rispetto all'erogazione dell'assistenza medico-generica e pediatrica nell' ambito regionale.
Fare fronte a tale stato di necessità significa, in questo momento rendere funzionante la Commissione di cui alla direttiva n. 6 sopra citata.
Ciò non può avere luogo, stante il rifiuto di CISL, CISL, UIL a far parte della Commissione unitamente alla FIALP se non istituendo la prevista Commissione chiamandone a far parte, in rappresentanza DEI lavoratori, le sole organizzazioni confederali CGIL, CISL, UIL.
E' opportuno sottolineare questo a questo proposito, che, in Piemonte negli Enti mutualistici il cui persomele è interessato ai comandi in questione la FIALF rappresenta pochissimi lavoratori - quasi nessuno nella provincia di Torino - avendo la predetta organizzazione i propri iscritti soprattutto fra i dipendenti dell'INPS e dell'INAIL, che sono Enti non interessati alla mobilità del personale in questione.
Per tutte le ragioni esposte, il relatore propone al Consiglio regionale di deliberare che la Commissione prevista dalla direttiva n. 6/77 del Comitato centrale di liquidazione degli Enti, istituito dalla legge 29 giugno 1977, n. 349; per la formazione delle graduatorie e la conseguente selezione delle domande degli- interessati e l'effettuazione dei comandi di cui all'art. 6 della legge 349/77, venga istituita, in Piemonte, tenendo conto del fatto che la direttiva n. 6 sopra citata prevede che la Commissione stessa sia composta da non più di cinque rappresentanti rispettivamente delle Amministrazioni regionali,- degli Istituti mutualistici e delle organizzazioni sindacali di categoria a livello regionale, con la seguente composizione: 3 membri in rappresentanza dell'Amministrazione regionale 3 membri in rappresentanza degli Enti mutualistici 3 membri in rappresentanza delle organizzazioni sindacali di categoria a livello regionale ed esattamente: uno in rappresentanza della Fidep CGIL, uno in rappresentanza della Federpubblici CISL, uno in rappresentanza della UILDEP, essendo tali organizzazioni quelle maggiormente rappresentative a livello regionale e delegando la Giunta a designare i rappresentanti dell'Amministrazione regionale.
Il Consiglio regionale, vista la legge 29 giugno 1977 n..349, tenuto conto della direttiva n. 6/77 del Comitato centrale di liquidazione degli Enti mutualistici istituito dalla legge n. 349/77 delibera di istituire una Commissione per la formazione delle graduatorie regionali del personale da comandare presso l'Amministrazione regionale ai sensi dell'art. 6 della legge n. 349/77 che la Commissione suddetta sia composta da 3 rappresentanti dell'Amministrazione regionale, 3 rappresentanti degli Enti mutualistici, 3 rappresentanti delle organizzazioni sindacali regionali,delle categorie interessate ai comandi ed esattamente: 1 per la Fidep CGIL, 1 per la Federpubblici CISL, 1 per la UILDEP, essendo tali tre organizzazioni quelle più largamente rappresentative, a livello regionale, dei lavoratori degli Enti mutualistici in liquidazione di delegare alla Giunta la designazione dei rappresentanti dell'Amministrazione regionale".
Chi è favorevole alzi la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti in aula.
La votazione risulta valida perché, ai sensi del Regolamento Provvisorio del Consiglio regionale, i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Esame progetto di legge n. 200 "Adeguamento dell'indennità di residenza fissata dalla legge statale 8/3/1968, n:.221 in favore dei farmacisti titolari di farmacie rurali"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 200: "Adeguamento dell'indennità di residenza fissata dalla legge statale 8/3/1963; n. 221 in favore dei farmacisti titolari di farmacie rurali".
La parola al relatore, Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni, relatore

Dopo l'approvazione del progetto di legge sono stati reperiti i fondi attraverso la variazione della norma finanziaria; il progetto di legge stato sottoposto e approvato all'unanimità dalla V e dalla I Commissione.



PRESIDENTE

La parola alla dott.ssa Vietti.



VIETTI Anna Maria

Il provvedimento era stato sollecitato da una interrogazione del Consigliere Martini, a nome del Gruppo D.C., e in seguito da altre interrogazioni che chiedevano il finanziamento dal momento che il progetto di legge della Giunta era stato presentato senza il relativo dispositivo.
Il disegno di legge era stato approvato il 6 maggio del 77 e l'indennità non era stata più aggiornata dal 1968, tant'é vero che i concorsi per le farmacie rurali andavano deserti.
Questa legge è indispensabile per permettere una adeguata diffusione di presidi farmaceutici anche nei Comuni al di sotto di 3 mila abitanti. Anche se il provvedimento avrebbe dovuto avere validità per il 1977 e lo stanziamento non coprirà tutto l'arco del 78 perché avrà decorrenza solo dal 1/4/78, riteniamo positivo questo meccanismo che permetterà per il futuro l'adeguamento dell'indennità in rapporto al costo della vita.
Il nostro voto è perciò favorevole.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame degli articoli.
Art. 1 - "A decorrere dall'1/4/78, l'indennità di residenza prevista dall'art. 2 della legge 8/3/68 n. 221 per i titolari, i direttori responsabili e i gestori provvisori di farmacie rurali, ubicate in località o agglomerati rurali con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, è fissata nelle seguenti misure: L. 2.500.000 annue lorde per farmacie rurali ubicate in località con una popolazione inferiore a 1.000 abitanti L. 1.250.000 annue lorde per farmacie rurali ubicate in località con popolazione da 1.001 a 2.000 abitanti L. 850.000 per farmacie rurali ubicate in località con popolazione da 2.001 a 3.000 abitanti.
L'onere dell'indennità di residenza grava, come spesa fissa obbligatoria, sul bilancio del Comune in cui è ubicata la farmacia rurale nella misura di L. 80.000 annue e sul bilancio regionale per la rimanente parte.
Il contributo annuo spettante ai Comuni che gestiscono direttamente farmacie rurali è elevato, in relazione alla popolazione, in misura pari alle indennità stabilite nel primo comma del presente articolo a favore dei farmacisti rurali, ridotto della quota a carico del Comune.
Al farmacista gestore o al sanitario cui è affidata la conduzione di un dispensario farmaceutico, in località con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, a norma del terzo, quarto, quinto comma dell'art. 1 della legge 8/3/1968 n. 221, dall'1/4/1978 spetta una indennità di gestione, posta a carico del bilancio regionale, nella misura di L. 500.000 annue, ridotte alla metà nel caso che il dispensario sia ubicato nei locali messi a disposizione dal Comune.
La somma di cui al precedente comma è comprensiva della indennità di gestione di cui all'art. 3, secondo comma, della legge 8/3/1968 n. 221".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - "Le indennità di residenza per i titolari, i direttori responsabili e i gestori provvisori di farmacie rurali ubicate in località con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, nonché il contributo annuo spettante ai Comuni gestori di farmacie rurali in località con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, previsti dalla legge 8/3/1968 n. 221, sono aggiornati ogni biennio con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro il 30 giugno degli anni pari e con effetto dal 1 gennaio.
L'aggiornamento viene effettuato sulla base della somma dei punti di variazione dell'indice del costo della vita accertati dall'Istituto centrale di statistica, con riferimento al trimestre ottobre-dicembre 1977 considerato uguale a 100, valutati ai fini dell'indennità di contingenza del settore dell'industria e commercio al 31 dicembre degli anni dispari.
Per ogni punto di variazione in aumento l'indennità di residenza o il contributo sono maggiorati di L. 2.000.
Il sistema di rideterminazione della misura dell'indennità e del contributo si applica a decorrere dall'anno, pari di ciascun biennio.
In via transitoria, limitatamente all'anno 1979 del biennio 1978-1979 l'ammontare dell'indennità di cui all'art. 1 della presente legge è ricalcolato con riferimento all'indice del costo della vita accertato al 31/12/1978".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Art. 3 - "Le domande da presentarsi, a norma dell'art. 4 della legge 8/3/68, n. 221, debbono essere corredate anche da un certificato del Sindaco che attesti la consistenza della popolazione residente al 31 dicembre dell'anno precedente di ogni biennio, ai sensi della legge 5/3/73 n. 40, nonché da un certificato di residenza del titolare, gestore provvisorio o direttore responsabile.
I titolari, i direttori responsabili ed i Comuni che siano autorizzati all'apertura di farmacie rurali posteriormente al 31 marzo degli anni pari in località con popolazione inferiore a 3.000 abitanti, possono presentare l'istanza per la concessione dell'indennità o contributo entro il 31 marzo dell'anno non pari.
La decisione della Giunta regionale in ordine al diritto e alla misura della indennità o contributo, sarà limitata al predetto anno solare".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Art. 4 - "In caso di trasferimento della titolarità successivamente al 31 marzo degli anni pari, l'acquirente, indipendentemente dall'avvenuto riconoscimento della titolarità, dovrà chiedere, entro il 90° giorno dall'atto di acquisto, la erogazione a proprio favore dell'indennità già determinata per il precedente titolare o per la quale quest'ultimo abbia presentato l'istanza nei termini".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Art. 5 - "Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge valutati per l'anno 1978 in L. 200.000.000 si provvede per tale anno con la disponibilità esistente al capitolo 9380 del bilancio di previsione 1978.
Le spese per gli anni finanziari 1979 e successivi saranno determinate con le leggi di approvazione dei relativi bilanci".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intera legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
Il progetto di legge n. 200 è approvato.
Tutte le votazioni sono valide in quanto, ai sensi del Regolamento provvisorio del Consiglio regionale, i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.
Egregi Consiglieri, auguro a tutti un felice Natale e buone feste.
I Capigruppo sono convocati per il 4 gennaio e il Consiglio per l'11 gennaio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.45)



< torna indietro