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Dettaglio seduta n.232 del 21/12/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Istituti Pubblici di Assistenza e beneficenza - II. PP. A. B.

Esame di numerose interpellanze tutte relative alla questione delle IPAB


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Esaminiamo le interpellanze che hanno come interlocutore l'Assessore Vecchione e precisamente: l'interpellanza dei Consiglieri Vietti, Soldano, Beltrami, Cerchio e Menozzi atta a conoscere il motivo per cui la Giunta procede all'estinzione delle IPAB senza sottoporre i relativi provvedimenti al Consiglio l'interpellanza dei Consiglieri Vietti, Soldano, Beltrami, Cerchio Menozzi, Martini, Petrini e Bianchi atta a conoscere i motivi e le finalità che hanno determinato la circolare n. 7401 del 3/10/1978 e le ragioni della mancata risposta alla loro interpellanza del 6/7/1978 l'interpellanza dei Consiglieri Bianchi, Paganelli, Vietti, Genovese Martini e Beltrami atta a conoscere il contenuto dei ricorsi presentati dal Presidente della Giunta contro i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che approvano gli elenchi delle IPAB da escludersi dal trasferimento ai Comuni e se la Giunta non ritenga che questi atti debbano essere preventivamente discussi in Consiglio regionale l'interpellanza del Consigliere Benzi atta a conoscere lo stato di attuazione del censimento regionale delle IPAB, quale posizione la Giunta intenda adottare relativamente ai decreti ex art. 25 D.P.R. 616, se la Giunta intenda intraprendere un'iniziativa politica nei confronti del CNT l'interpellanza del Consigliere Marchini atta a conoscere lo stato di attuazione del censimento regionale delle IPAB, quale posizione la Giunta intenda adottare relativamente ai decreti ex art. 25, sesto comma, del D.P.R. 616, se la Giunta intenda intraprendere un'iniziativa politica nei confronti del CNT l'interpellanza dei Consiglieri Calsolaro, Rossotto, Benzi e Fabbris Dazzi atta a conoscere lo stato di attuazione del censimento regionale delle IPAB, quale posizione la Giunta intenda adottare relativamente ai decreti ex art. 25, sesto comma, del D.P.R. 616, se la Giunta intenda intraprendere un'iniziativa politica nei confronti del CNT.
La parola alla dottoressa Vietti.



VIETTI Anna Maria

Le interpellanze del nostro Gruppo rispettivamente del 6 luglio, del 13 e del 23 novembre, si riferiscono al comportamento della Giunta in rapporto a problemi istituzionali delle IPAB e pertanto possono essere trattate congiuntamente.
Innanzitutto rileviamo che dal combinato disposto dell'art. 8 lett. i) della legge 8/8/1977 n. 39 e dell'art. 16 lett. p) del nostro Statuto la competenza relativa "all'erezione, alla classificazione, alle fusioni, ai concentramenti, ai raggruppamenti, alle estinzioni, ai consorziamenti ed alle modifiche statutarie delle istituzioni pubbliche aventi finalità sanitarie e socio-assistenziali di cui alla legge 17/7/1890 n. 6972" è del Consiglio regionale.
Prima della legge n. 39 del 1977, in carenza di interventi legislativi regionali poteva intendersi che in applicazione del D.P.R. 15/1/1972 n. 9 le competenze già del Ministero dell'interno fossero trasferite alla Giunta regionale ma dopo l'approvazione della legge 39 è chiara la competenza del Consiglio regionale in materia.
E' sì vero che la Giunta, a suo tempo, ha presentato una deliberazione per avocare a sé la competenza in base a criteri da approvarsi dal Consiglio ma forse perché su di essa non si è giunti ad una posizione univoca ritengo che la Giunta l'abbia ritirata perché, anche se è stata iscritta all'ordine del giorno del Consiglio, non è mai stata né discussa né approvata e pertanto non operante.
Vi è inoltre un altro rilievo da fare: alcuni giuristi ritengono che il quinto comma dell'art. 25 del D.P.R. 616 che recita "le funzioni, il personale ed i beni delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza operanti nell'ambito regionale sono trasferite ai Comuni singoli o associati sulla base e con le modalità delle disposizioni contenute nella legge sulla riforma dell'assistenza pubblica e, comunque, a far tempo dall'1/1/1979" possa considerarsi come una salvaguardia da parte dello Stato fino all'1/1/1979 rispetto alle competenze delle IPAB. Vi sono quindi molti elementi per considerare illegittimi i numerosi provvedimenti di estinzioni di IPAB da parte della Regione Piemonte.
Ma non ci soffermiamo su problemi di natura giuridica anche perch come più volte affermato, politicamente concordiamo sul fatto che le IPAB non funzionanti siano estinte; rivendichiamo la competenza del Consiglio perché la Giunta esprima parere favorevole anche per l'estinzione di IPAB funzionanti e dotate di cospicuo patrimonio come dimostrato dalla delibera del 23/10/1978 con la quale si esprime parere favorevole all'estinzione dell'Ospedale dei Poveri di Montanaro mentre l'art. 27 del Codice Civile concernente le persone giuridiche che, in forte alla sua estensione analogica si applica alle IPAB, stabilisce che la persona giuridica possa estinguersi solo ed esclusivamente, oltre per le cause previste nell'atto costitutivo e nello Statuto, quando lo scopo sia stato raggiunto o sia divenuto impossibile.
Ma un altro grave fatto avviene con le estinzioni di IPAB che sono state effettuate in questo periodo con decreto del Presidente della Giunta: il patrimonio viene trasferito al Comune senza alcun vincolo mentre i beni delle IPAB, che saranno trasferiti in base al D.P.R. 616, secondo quanto stabilito dall'ultimo comma dell'art. 25, conserveranno la destinazione di servizi di assistenza sociale anche nel caso di loro trasformazione patrimoniale.
E' un grave fatto che disattende la volontà dei fondatori delle IPAB che hanno legato i loro patrimoni per scopi assistenziali, che pu determinare l'impegno di patrimoni destinati a fini assistenziali invece a scopi di carattere generale.
Ciò non avveniva nel passato perché i patrimoni delle IPAB estinte venivano trasferiti o secondo quanto era stabilito nei singoli Statuti oppure ad Enti aventi scopi similari oppure all'ECA che aveva compiti specifici assistenziali. Ora le competenza degli ECA sono state trasferite ai Comuni ma anche i loro patrimoni, in base al 616, conservano la destinazione di servizi di assistenza sociale.
E' quindi un grave errore politico quello della Giunta di trasferire i patrimoni delle IPAB estinte ai Comuni senza vincoli, perché in questo modo c'é il rischio di un loro diverso utilizzo sottraendo preziose risorse per adeguati interventi per la riorganizzazione dei servizi sociali.
Per queste ragioni concordo sulla denuncia che è stata fatta sui giornali cittadini sull'utilizzo senza adeguata rinumerazione da parte della Regione e dei Comuni dei patrimoni dell'Istituto di corso Unione Sovietica, del Buon Pastore, del Lombroso di Torino, del Marro di Moncalieri, delle Benefica di Pianezza, ecc.
Riteniamo poi tendenziosa ed unilaterale la circolare n. 7401 del 3/10/1978 del Presidente della Giunta con cui si invitano i Consigli comunali a sviluppare un dibattito esclusivamente sulle IPAB che hanno inoltrato domanda per essere escluse dal trasferimento ai Comuni "in quanto svolgono in modo precipuo attività inerenti la sfera educativo - religiosa" anziché promuovere un dibattito generale sulle competenze trasferite ai Comuni dal D.P.R. 616, sull'esigenza della ristrutturazione dei servizi sui costi relativi, ecc. Tali dibattiti ad unica direzione sono stati tanto sovente causa di contrasti e contrapposizioni tra Enti morali ed Amministrazioni comunali proprio nel momento in cui, sia che l'Ente mantenga la sua autonomia oppure sia trasferito al Comune, è necessaria una fattiva collaborazione per rispondere alle esigenze dei cittadini.
Inoltre è certamente faziosa la contrapposizione espressa in tale circolare dalla Giunta con la Commissione nazionale, che pur è composta per ben due terzi dai rappresentanti delle Regioni e dei Comuni.
La Giunta esalta la sua democraticità rispetto, all'atteggiamento burocratico della Commissione ex art. 25, e convalida la sua affermazione con il fatto che la Regione richiede il parere dei Consigli comunali per l'estinzione delle IPAB mentre, in realtà, a tale adempimento la Regione è tenuta obbligatoriamente in base a quanto disposto dall'art. 62 della legge Crispi del 1890.
Noi riteniamo proficui i dibattiti nei Consigli comunali su questi argomenti, sui problemi sociali in genere, ma deprechiamo un atteggiamento preconcetto verso istituzioni che auspichiamo siano aperte al dialogo con gli amministratori locali, con i cittadini, ma che vogliamo siano valutate per l'effettivo servizio prestato alla comunità e, non già aprioristicamente giudicate "Enti inutili".
Questo è invece l'atteggiamento della Giunta regionale, come anche dimostrato dai ricorsi presentati al TAR del Piemonte e del Lazio contro i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che ha approvato alcuni elenchi di IPAB da escludersi dal trasferimento ai Comuni, senza neppure informare il Consiglio.
Dissentiamo da tale posizione così come profondamente dissentiamo dalle affermazioni dell'Assessore Vecchione nella sua relazione sui problemi assistenziali, secondo le quali "il tradizionale spontaneismo ed occasionalità nello sviluppo dei servizi a lungo ha rappresentato una sorte di proliferazione tumorale di attività ed iniziative contraddittorie e senza principi".
In una Regione come il Piemonte, in una città come Torino, sede di tante iniziative sociali di lunga e benemerita tradizione, tale affermazione non può che essere giudicata faziosa, miope, frutto di incapacità ad esprimere giudizi obiettivi sulla nostra realtà socio assistenziale.



PRESIDENTE

La parola alla signora Fabbris.



FABBRIS Pierina

Nonostante che molte motivazioni siano già state date per cui l'interpellanza potrebbe anche ritenersi superata, ritengo che essa debba svolgersi ugualmente perché in questi ultimi giorni sono emersi ulteriori elementi sui quali chiedo all'Assessore una precisa risposta.
Nel Biellese tra le IPAB che hanno presentato istanza alla Commissione tecnica nazionale di operare precipuamente nella sfera educativo religiosa, ne esistono alcune che da tempo non funzionano più. Mi riferisco all'asilo infantile di Sagliano Micca, ad uno di Campiglia Cervo, uno di Andorno Micca, uno di Rosazza e un altro di Piedicavallo, ecc., la cui competenza, essendo asili infantili, è stata assunta dal Comune come scuola materna con personale dello Stato. I Comuni hanno assunto una loro posizione esprimendo un proprio parere, però la Commissione tecnica nazionale delibera senza tenerne conto. E' il caso di Pralungo. Il Consiglio comunale ha approvato la deliberazione relativa giovedì scorso e il giornale "Il Biellese" del martedì successivo riportava la notizia della comunicazione dell'on. Giordano al Presidente dell'asilo infantile che la Commissione tecnica aveva accolto l'istanza per cui quella IPAB sarebbe rimasta privata.
Mi domando che cosa è in condizione di fare la Regione affinché i contenuti della legge 382 e lo spirito dell'accordo programmatico tra i partiti siano rispettati, perché l'autonomia delle Regioni sia rafforzata i poteri trasferiti e l'attività dei Comuni valorizzata.
Mi pare in effetti che il comportamento della Commissione tecnica nazionale ignori completamente i contenuti della legge 382.
Sono d'accordo sul fatto che siano stati impugnati determinati decreti ma ritengo si debba fare di più. Chiedo quindi all'Assessore se non ritiene di esprimere, una posizione decisa contro l'operato della Commissione tecnica nazionale perché illegittimo e perché viola l'autonomia delle Regioni. Sulla legittimità dei Comuni di esprimere il loro parere e sull'opportunità che le Regioni si rendano promotrici di iniziative tendenti a fare esprimere questi pareri, mi pare ci siano posizioni diverse all'interno dei diversi partiti. Per esempio, l'Assessore D.C.
all'assistenza del Comune di Biella, persona al di sopra di ogni sospetto ha rilasciato ad un giornale biellese una dichiarazione di piena legittimità dei Comuni ad esprimerai nella funzione delle IPAB, in quanto in ognuna di esse i Comuni hanno propri rappresentanti. Mi domando allora perché viene contestata qui la titolarità del Comune ad esprimere il proprio parere. Su queste cose chiedo all'Assessore precise risposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Molte delle osservazioni che intendevo fare sono già state dette dalla collega Vietti. Io mi domando soltanto se quel che facciamo è legittimo o se è arbitrario. Gli Enti in discussione hanno avuto un patrimonio al fine di curare i poveri vecchi e non per fare della beneficenza a gente che non ne ha bisogno; la Regione è povera ma non al punto di usufruire dei beni di questi poveracci.
Presso l'Istituto dei poveri vecchi sono ricoverati ancora 850 degenti e vi è l'intenzione di dimettere tutti. Stanno moltiplicandosi le case di cura private dove si fa dello strozzinaggio e posso dirlo per conoscenza personale, in quanto in certe topaie mi chiesero 30 mila lire al giorno per il solo, ricovero, esclusa l'assistenza. Molti torinesi sono costretti a sobbarcarsi tali spese facendo debiti spaventosi oppure si rivolgono ad altre Regioni.
E' indispensabile conoscere i reali poteri della Regione sulla parte immobiliare e sapere se l'atteggiamento che conduce la Regione è in linea con la giustizia.
Inoltre vorrei avere notizie precise sulla situazione degli istituti di vecchiaia nei quali, nonostante lo smantellamento in atto, aumentano i posti di lavoro e gli stipendi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Aspetto la risposta dell'Assessore. Semmai mi riservo di intervenire in sede di replica.
Non ho capito la soluzione finale ipotizzata dal collega Benzi. Poich siamo in clima natalizio, e visto che tutti hanno dato prova di scarsa conoscenza degli statuti degli istituti esistenti, suggerisco al collega Vecchione di valutare anche la possibilità di far trasferire al Comune di Torino l'istituto bancario San Paolo, perché i Consiglieri sapranno che ha avuto come origine e come scopo la salvezza delle vergini! E', uno scopo non più attuale! Valuti l'Assessore!



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Desidero iniziare con una considerazione che mi lascia perplesso e amareggiato. Quando nella relazione ho parlato di proliferazione tumorale di esperienze e di situazioni , nel campo dei servizi socio-assistenziali non volevo assolutamente riferirmi alle istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza, pubbliche e private, perché questo argomento era stato ampiamente trattato nelle pagine iniziali. Credo che attribuirmi in questa materia delle affermazioni completamente distorte possa essere una strategia. L'altro giorno, per esempio, un articolo dell' "Avvenire" sulla questione dell'aborto e dell'obiezione di coscienza mi attribuiva delle affermazioni che non sono mai state mie. Questa può essere una tendenza. Le interpellanze possono essere raggruppate sotto questo profilo: la n. 495 e la 572 chiedono notizie sulle procedura delle estinzioni sulla legittimità, sulla mancata risposta alla legge 495 e sugli elenchi delle estinzioni (questi elenchi sono stati distribuiti nella giornata di ieri e sono stati preceduti da un'altra attribuzione fatta esclusivamente alla Commissione) la 589 chiede notizie sui contenuti dei ricorsi e sulla competenza la 572 sulla Circolare n.7401 l'altro, gruppo di interpellanze presentate dai Consiglieri Marchini Benzi, Fabbris e Calsolaro si riferiscono allo stato di attuazione delle IPAB, alla consistenza del censimento, ai provvedimenti emessi e ai rapporti con la Commissione di cui all'art. 25 e alla comunicazione degli elenchi.
Quando nel mese di luglio il Gruppo democristiano aveva presentato la prima interpellanza avevo formalmente richiesto al Presidente del Consiglio l'apertura di un dibattito. I tempi tecnici e l'organizzazione dei lavori non l'ha consentito, comunque gli interpellanti erano stati sufficientemente avvisati.
L'osservazione del Consigliere Marchini mi darà- modo di raccontare un fatto abbastanza allegro proprio relativo al San Paolo.
Sulle procedure di estinzione e sulla mancata risposta alla 495 ho già informato. Dal 1972 la Giunta ha seguito la prassi fondata sul trasferimento delle competenze. Ho unito alla documentazione anche copia della circolare- n. 2450- del 16/5/1972 dell'allora Assessore all'assistenza, dottoressa Vietti, sulla quale ci siamo attestati continuando l'attività. E' abbastanza logico osservare che tutto questo avveniva prima dell'approvazione della legge 39, dopo di che questo non è più possibile facendo la legge un riferimento generico alla Regione, quindi al Consiglio, secondo una tesi più volte avanzata non solo in questa sede ma anche a livello di Commissario di Governo.
Il Commissario di Governo nel 1976, dopo la sentenza, che il TAR del Piemonte aveva dato sull'annullamento dell'estinzione nel caso clamoroso del Lombroso, richiedeva alla Giunta dei chiarimenti, chiarimenti che sono stati forniti sui poteri che la Regione ha di disporre le estinzioni e il Commissario di Governo ha approvato questa procedura.
Qualche mese fa sono stati nuovamente tentati i blocchi delle deliberazioni di estinzione di IPAB non più funzionanti o di IPAB che chiedono di essere estinte; il Commissario di Governo ha di nuovo richiesto alla Giunta dei chiarimenti che gli sono stati forniti con un atto del Presidente della Giunta il 15 novembre 1978, facendo riferimento alla deliberazione del Consiglio regionale con la quale è stato approvato il Piano regionale di sviluppo e, all'interno di questo, il progetto IPAB.
Il progetto IPAB è finalizzato al censimento di quanto esiste sul territorio regionale e, chiuso il censimento, all'estinzione di quanto non più funzionante. Sotto questo profilo non c'é dissenso, soprattutto a dare alla Giunta regionale possibilità di manovra e di governo che compete a qualsiasi esecutivo.
Inoltre, la legge del 1890 non è stata abrogata dal D.P.R. 616, quindi vige ancora la normativa che dava il potere in ordine monocratico al Prefetto e al Presidente della Giunta; non ritengo quindi si siano commesse delle illegittimità ma sostanzialmente si è operato nell'ambito dei poteri regionali.
Dal 1977 al 1978 si sono estinte 194 IPAB a fronte delle 9 estinte nella prima legislatura. E' giusta l'osservazione fatta sull'indisponibilità del patrimonio della IPAB al singolo Comune: questo lo prevede la legge e nei singoli decreti non c'é assolutamente un atteggiamento in violazione della legge, vincolo di destinazione è previsto dal D.P.R. 616 e lo abbiamo richiesto nelle leggi di salvaguardia, leggi che hanno avuto una vita infelice all'interno del Consiglio regionale e a livello di Governo essendo state, sotto varie pressioni, bocciate per fare il giorno dopo esattamente la legge n. 641 che ha determinato l'ingestibilità delle istituzioni politiche di assistenza e beneficenza e che ha imposto di chiedere al Governo una modifica rapida di questo atteggiamento rigido che permettesse possibilità di manovra alle istituzioni.
Questo è sostanzialmente il quadro per quanto riguarda la richiesta degli interpellanti.
Progetto IPAB. I dati sono stati forniti ieri e anche precedentemente il censimento delle IPAB è concluso. Il Centro di calcolo ha pronti i tabulati che danno la situazione della ricerca e dell'indagine zona per zona. Dal censimento risultano 387 IPAB non funzionanti (tolte le estinte) che affittano i locali ai Comuni per le scuole, ma anche a villeggianti e a salumerie! Per esempio, l'asilo infantile di Cuneo, del valore di 9-10 miliardi, è stato sciolto e dato al Comune, su richiesta del Comune stesso.
E' stata compiuta un'operazione politica che si pone all'interno della logica del D.P.R. 616 che, come giustamente richiamava la signora Fabbris rispetta l'accordo politico assunto intorno al D.P.R. 616.
Invece, il giorno dopo l'approvazione del D.P.R. 616 è incominciato il lento, costante sgretolamento di questa normativa fino a renderla vana e nulla.
Vi sono situazioni gravi dal punto di vista politico e di comportamento in contrasto con quel quadro istituzionale a cui tutti guardiamo in questo momento politico così difficile, perché se cominciamo a scardinare le norme che il Parlamento e il Consiglio regionale stabiliscono, allora possiamo parlare di eversione a qualsiasi livello: da quella cruenta che avviene sulle strade, a quella del quadro istituzionale non più inteso come punto di riferimento e questo è abbastanza preoccupante.
Il progetto IPAB che ha determinato delle situazioni di conflitto anche nell'ambito della comunità, attraverso il censimento, ha rilevato la grave carenza commessa dalla Commissione prevista all'art. 25 del D.P.R. 616.
Accertato che l'istituzione non funziona più e constatato nei decreti emessi dalla Commissione prevista all'art. 25 che molte di queste istituzioni del Piemonte effettivamente non funzionano più, rimaniamo quanto meno perplessi, non solo, ma il travisamento dei fatti ci pone l'obbligo di attuare quella difesa che è tipica del ricorso innanzi all'autorità giudiziaria. Dal censimento non risultano funzionanti e sono invece inserite nei decreti come istituzioni che svolgono di fatto attività educativo - religiosa 9 istituzioni; nel decreto n. 4 ce n'é una, nel decreto n. 6, una. La Commissione di cui all'art. 25 non è in grado di dichiarare educativo - religiosa una IPAB tanto è vero che se un direttore compartimentale delle FF.SS. avesse fatto istanza a quella Commissione ci troveremmo i treni con la caratteristica educativo - religiosa. Le forze politiche a livello centrale stanno bloccando l'attività della Commissione e tutto si sta riportando sul piano della riforma dell'assistenza visto lo stato scandaloso di questo processo. Singoli presidenti e singoli personaggi hanno fatto le più incredibili richieste perché le istituzioni fossero dichiarate di tipo educativo - religioso. L'Istituto bancario San Paolo di Torino ha due IPAB: l'Educatorio femminile con un valore patrimoniale di 6 miliardi e l'Ufficio Pio che funziona grazie ad un'erogazione di 600 milioni all'anno del San Paolo non avendo né strutture né patrimonio. La Commissione ha dichiarato che l'Educatorio femminile ha la caratteristica educativo - religiosa per toglierlo, dal trasferimento al Comune di Torino,- mentre l'Ufficio Pio, che è soltanto alimentato dalle somme del San Paolo, non l'avrebbe (quindi vada pure al Comune tanto poi gli vengono tagliati i finanziamenti). In questo quadro complessivo così scomposto noi ci perdiamo in affermazioni, senza trovare il contesto unitario delle forze politiche.
E vengo alla circolare 7401 a fronte della quale, stante questo quadro dovevamo assumere dei rimedi di carattere politico. Per quale motivo un singolo cittadino, un presidente di un ente, da solo, senza investire il Consiglio di amministrazione, ha il potere di mandare alla Commissione nazionale dell'art. 25 una relazione in cui chiede per quell'istituzione quella determinata finalità, perché un Consiglio comunale non pu affrontare questo problema e dibatterlo all'interno delle forze politiche? Questa ipotesi non era strana se pensate che il disegno di legge della D.C.
sulla riforma dell'assistenza presentato al Comitato ristretto presenta esattamente questa procedura ed è esattamente quello che noi, proponevamo alla comunità regionale con la circolare 7401. Non abbiamo voluto invadere la sfera di competenza della Commissione perché nella circolare non è richiesto un parere del Comune, ma le valutazioni che quel singolo Consiglio, comunale potesse dare sulla situazione di quel territorio quindi valutazioni esclusivamente politiche senza pressioni né sui Comuni né sui Consigli comunali. Pubblicheremo ciò che è avvenuto nei Comuni.
Vorrei concludere la risposta alle interpellanze dicendo che il quadro del Piemonte non è tutto negativo. Per esempio, il Presidente della Piccola Casa di Carità della Madonna di Campagna, quasi sicuramente un istituzione educativo - religiosa, si è collocato nell'ottica del D.P.R. 616 e ha chiesto l'estinzione della propria istituzione a condizione che le strutture vengano utilizzate nell'ambito del quartiere, secondo le intenzioni manifestate dal Consiglio di amministrazione dell'Ente: l'Ente è stato sciolto e devo dire che in quel quartiere c'è fra la popolazione pace e tranquillità nell'affrontare il problema della riforma.
E' stato inoltre chiesto quali sono i rapporti della Regione con la Commissione. Il problema richiede una risposta più ampia rispetto a quella stringata che posso dare sulle interpellanze e sulle interrogazioni. Vorrei soltanto ricordare che le Regioni hanno rilevato il modo sbagliato con cui si sono stabiliti i rapporti. Si è sempre parlato di un ordinamento tra Stato, Regioni e Comuni che veda questi corpi non separati e contrapposti ma in un complesso istituzionale nel quadro generale del Paese. Le Regioni hanno chiesto giustamente se queste Commissioni si rapportano al quadro generale.
La Giunta regionale comunicherà ai Consiglieri il risultato del censimento. Questo lavoro ha l'obiettivo di riportare ordine, serenità e tranquillità all'interno del processo in atto, ben sapendo che su questo terreno si possono svolgere interpretazioni anche completamente distorte rispetto a quello che viene affermato da chi ne ha la responsabilità politica.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Vietti.



VIETTI Anna Maria

Non ho mai detto che le dichiarazioni dell'Assessore Vecchione riguardo "alla proliferazione tumorale" si, riferissero alle IPAB: si riferiscono all'assistenza privata e per me la dichiarazione è ugualmente grave.
Prima della legge regionale n. 39/77 le competenze potevano ritenersi della Giunta. E' evidente però che con l'approvazione di tale legge, che stabilisce che le competenze per le estinzioni delle IPAB siano della "Regione", tenendo conto che lo Statuto regionale dichiara che con il termine "Regione" si intende "Consiglio regionale", noi rivendichiamo questa competenza al Consiglio.
Non intendiamo sollecitare ricorsi. Il nostro problema è politico.
Semmai saranno le istituzioni, se riterranno illegittimo il provvedimento a ricorrere e sarà il TAR a decidere.
L'articolo 25 del D.P.R. 24/7/1977, n. 616, può considerarsi giustamente una salvaguardia dello Stato perché se, teoricamente, prima del 1° gennaio o entro i tre mesi successivi, tenendo conto del decreto legge del Governo, tutte le IPAB fossero estinte, non so che valore potrebbe ancora avere la legge quadro nazionale, che deve stabilire le modalità del trasferimento dei patrimoni e del personale delle IPAB.
Quale premura c'era di effettuare il trasferimento quando la data è così ravvicinata e per di più senza garanzia di vincolo sul patrimonio? L'Assessore Vecchione afferma che il D.P.R. 616 stabilisce l'impegno di utilizzare da parte dei Comuni i beni a fini assistenziali, ma questo è riferito al trasferimento delle IPAB che avviene in base all'articolo 25 del decreto 616.
Non ritengo che i trasferimenti effettuati abbiano stabilito in modo preciso e puntuale il vincolo di destinazione a fini assistenziali sui patrimoni delle IPAB.
Non abbiamo mai detto che non fosse giusto dibattere nei Comuni i problemi relativi ai servizi sociali.
Abbiamo detto che la discussione non doveva essere svolta in modo unilaterale, che la discussione doveva essere generale.
Riteniamo anzi importante che i Comuni, in rapporto alle rilevanti competenze che avranno nel futuro nel settore dei servizi sociali dibattano questi problemi, ma non certo nel modo in cui la circolare ha posto il problema.
Siamo d'accordo sull'estinzione delle IPAB che non svolgono più attività.
La Commissione tecnica prevista dall'articolo 25 del D.P.R. 616 pu aver commesso degli errori, comunque le decisioni sono state assunte all'unanimità da tutti i rappresentanti delle forze politiche presenti.
Non abbiamo nulla in contrario che la legge quadro preveda che siano le Regioni ed i Comuni ad esprimere i loro pareri, ma non riteniamo giusta la denuncia da parte della Regione dell'operato della Commissione, che è pur costituita da rappresentanti degli Enti locali.
La D.C. ha presentato questa proposta, noi la accettiamo e riteniamo che più il dibattito nella comunità tratta questi argomenti, più si sensibilizzano le popolazioni su questi problemi, più si metteranno in rilievo i compiti svolti, i servizi che le istituzioni hanno offerto alla comunità.
Poiché l'Assessore non ha riconosciuto la competenza del Consiglio regionale su questo problema, come invece è chiaramente indicato dalla legge regionale 39,ed ha continuato ad esprimere giudizi negativi generici sull'operato della Commissione tecnica prevista dall'articolo 25 del decreto 616, non possiamo dichiararci soddisfatti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Ho prestato attenzione forse più alle questioni di merito esposte dall'Assessore Vecchione che non a quelle formali. Mi è sembrato che sostanzialmente non abbia risposto alla mia interpellanza che tendeva a conoscere come mai, di fronte ad un problema politicamente tanto rilevante quale quello dell'impugnazione di un decreto del Presidente del Consiglio non si sia ritenuto di investire preventivamente l'assemblea e, aggiungo adesso, non si sia prevista la sua proiezione naturale che poteva essere la Commissione competente o una conferenza dei Presidenti.
Sono tutt'altro che entusiasta della formula adottata in sede nazionale, che, come cattolico, avrei respinto, quella cioè dell'esclusione dal trasferimento ai Comuni delle IPAB che svolgono un'attività nella sfera educativo - religiosa. Questa poteva essere una delle categorie, il criterio doveva essere un altro, quello della validità delle presenze autonome e private nello svolgimento di queste attività. E' stato un pateracchio che determina conseguenze negative ulteriori, perché attraverso questa formula si è pensato di salvare qualcos'altro o stabilire rapporti diretti tra momenti politici e non politici e questo secondo me non è stato corretto. Si pagano così le conseguenze. Siamo d'accordo che le IPAB che non svolgono più attività siano estinte; ma dall'attività piena all'arresto totale vi sono momenti intermedi. Dal punto di vista concettuale, l'avv.
Vecchione mi insegna, che si può riconoscere l'appartenenza alla sfera educativo - religiosa ad una IPAB che è in via di estinzione, che sta fermandosi, che ormai ha un'attività ridottissima o che l'ha sospesa e che può riprenderla domani. Quindi non vi è concettuale contraddizione.
L'estinzione avverrà perché l'istituzione non svolge l'attività, ma il riconoscimento di appartenenza alla categoria è un momento giuridicamente rilevante e da esaurirsi preventivamente.
Non posso quindi essere soddisfatto, anzi sono indirettamente soddisfatto nel senso che l'Assessore, non rispondendomi su questo punto ha riconosciuto che una materia di questa rilevanza si poteva o si doveva sottoporre all'attenzione del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vecchione per una precisazione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Desidero precisare che l'impugnativa al TAR è un atto di tutela che viene svolto dall'esecutivo. In nessun ricorso, su mia richiesta precisa, è stato sviluppato il motivo in ordine alla caratteristica educativo religiosa o meno; è stato sviluppato soltanto su quelle istituzioni che dal censimento risaltano non funzionanti e chiuse, mandato specifico che deriva dall'approvazione del progetto IPAB. Non c'é stato nessun tentativo di portare innanzi al TAR dei criteri con i quali si andava a definire l'educativo - religioso. Concordo perfettamente sul fatto che è un pateracchio che si è dimostrato ingestibile sotto i vari profili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questo nuovo elemento di risposta è venuto grazie alla collaborazione del collega Bianchi. Quando in un Paese si affrontano le riforme, ci vogliono delle forze politiche coerenti e convinte che queste riforme si debbono fare e occorre pagare il prezzo che le riforme comportano. Penso che i miei progenitori liberali siano in attesa di accedere all' "eterno" non tanto in conseguenza di quanto hanno fatto, ma per la "calliditate" con cui l'hanno fatto. Se le forze politiche che hanno tenuto a battesimo questo pateracchio fossero andati a leggersi la prudenza dei legislatori degli anni '800, quando con una subdola dichiarazione dei redditi imposti ai titolari di mano morta hanno espropriato gli stessi sulla base delle stesse dichiarazioni, si renderebbero conto del perché le forze laico liberali in Italia non arrivano al 2% dei voti! Ci è stato perdonato tutto ma non quella capacità che qualcuno pensava avesse radici solo nei secoli e che invece c'é anche nell'intelligenza di qualcuno.
A parte questa digressione non mi è possibile esprimere un giudizio sulla risposta dell'Assessore e sulle osservazioni dei colleghi che sono a conoscenza del problema più di quanto lo sia io. I colleghi ci hanno illuminati sull'estrema delicatezza di questa problematica. A prescindere dai ricordi storici, che non sono né attuali né pertinenti se non per rendere un po' più vivace un dibattito in una mattinata grigia in un'aula come al solito grigia, senza peraltro auspicare manipoli, mi pare che emergano alcuni punti fermi. Non mi pare che questo problema verrà risolto dalla capacità o dall'incapacità dell'Assessore, da ciò che farà la Magistratura amministrativa, o da ciò che non farà la Magistratura amministrativa (il che è molto più probabile perché il caso Fassino ci dimostra come una Magistratura, bene o male nata occasionalmente e finalizzata, com'é il Tribunale Amministrativo Regionale; trovi poi nell'eccezione procedurale il modo per non rispondere alle aspettative della collettività). Le forze politiche su questa materia hanno raggiunto un accordo e un impegno e hanno il dovere preciso di interpretarlo in termini pluralistici cercando, cioè, di tutelare quel patrimonio ideale che ritengono di tutelare; però, con un minimo di coerenza, perché se anche su questo argomento ci sarà un episodio di capacità gattopardesca di far finta di cambiare per non cambiare, non dovremo poi stupirci dei fenomeni tumorali di disconoscimento della funzione delle forze politiche. Non sono in grado di valutare in quali termini l'intervista riportata sui giornali rispondesse all'opinione dell'Assessore. Conoscendolo, non dubito che quella sia un'interpretazione deformata e fuorviata. Peraltro questo incidente ci riporta alla necessità di dover dire che pluralismo significa soprattutto riconoscere che la società esprime soggetti diversi i quali hanno un dovere e sono legittimati a provvedere in questo campo. Come laico, debbo dire che il compito delle istituzioni è di garantire a tutti i cittadini dei servizi in termini di decoro e di decenza. Se poi, al di fuori di questa premessa minimale, esistono istituzioni private ed Enti che ritengono di creare qualche cosa di più e di diverso, questo rientra nella struttura di uno Stato moderno e pluralista.
In questo momento, lo sforzo massimo, più che alla tutela del pluralismo, deve essere fatto per garantire a tutti i cittadini condizioni di assistenza eguali, decorose e rispettose della loro personalità.



PRESIDENTE

La parola alla signora Fabbris.



FABBRIS Pierina

I Consiglieri che hanno partecipato a questa discussione, si sono resi conto della delicatezza dell'argomento e dell'opportunità che il Consiglio si occupi da vicino di questa tematica. Sono d'accordo con il Consigliere Bianchi quando dice che il criterio assunto dal D.P.R. 616 per valutare le istituzioni che svolgono attività nella sfera educativo - religiosa è piuttosto pasticciato. Ne proviene a tutti noi che abbiamo responsabilità politica un richiamo a prestare molta attenzione sul modo in cui verrà sistemata la questione nell'ambito della riforma assistenziale. E' vero che questo criterio è pasticciato, non mi risulta però che sia finora stata trovata una soluzione più adeguata soprattutto in considerazione di alcune questioni che io ho cercato prima di sottolineare e che vorrei riprendere.
Nel ricercare le motivazioni per le quali sono sorte queste istituzioni e i contenuti degli statuti e delle tavole di fondazione, nel cercare di capire il perché sono sorte e la validità di queste istituzioni in relazione alla caratteristica educativo - religiosa o meno, mi sono resa conto che è difficile stabilire un criterio unico.
Nel Biellese, per esempio, alcune istituzioni sono sorte nel 1700 per volontà di gruppi di mutuo soccorso e sono poi diventate movimenti cooperativi. C'era l'inclusione della figura ecclesiastica, del parroco in modo particolare, le finalità sono però di carattere assistenziale rivolte all'infanzia chiaramente stabilite dagli statuti. Qual è quindi il criterio se quell'istituzione opera precipuamente nella sfera educativo - religiosa? Con questo non voglio riaprire il dibattito, perché posso solamente dichiararmi soddisfatta o insoddisfatta della risposta che ho ottenuto dall'Assessore. Perciò mi limito ad affermare che un conto è la valutazione nel merito delle questioni, e un criterio è stato adottato con il D.P.R.
616 sul quale deve operare la Commissione tecnica, un altro conto è il modo in cui questa Commissione ha operato. Mi permetto di insistere perché venga seguito l'operato di questa Commissione con la massima attenzione e in accordo con le altre Regioni venga ricercata un'intesa per evitare che la Commissione continui ad operare esautorando Regioni e Comuni, titolari principali individuati dal D.P.R. 616 della gestione dei servizi sociali.
Mi dichiaro quindi soddisfatta della discussione e della risposta dell'Assessore.



PRESIDENTE

Le interpellanze sono tutte discusse.


Argomento: Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari - Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione presentata dai Consiglieri Martini, Vietti e Beltrami per conoscere gli effettivi risultati del seminario di studio sulla gestione dei servizi socio-assistenziali nella fase di attuazione delle Unità locali dei servizi organizzato a Stresa nei giorni 13 - 16 novembre 1978


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dai Consiglieri Martini, Vietti e Beltrami per conoscere gli effettivi risultati del seminario di studio sulla gestione dei servizi socio-assistenziali nella fase di attuazione delle Unità locali dei servizi organizzato a Stresa nei giorni 13 - 16 novembre 1978.
Risponde l'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

All'interrogazione presentata dai Consiglieri Martini, Vietti e Beltrami ho già preventivamente risposto con la relazione introduttiva del seminario di studio.
In primo luogo non si è trattato di un convegno, ma di un seminario di studio e di approfondimento delle problematiche amministrative collegate alle linee di indirizzo e di intervento fissate dalla Regione Piemonte con la nota deliberazione della spesa del 1978.
Sia gli indirizzi inerenti i servizi, sia le modalità della spesa sono chiaramente fissate in precise scelte della Regione e sono raccolte nella circolare 5000 riprodotta nel D.P.R. n. 14. In particolare la spesa è stata determinata con deliberazione della Giunta su conforme parere delle Commissioni consiliari I e V.
E' inoltre stato chiarito nella relazione introduttiva al seminario che, e cito testualmente, "il settore dell'assistenza e dei servizi sociali rappresenta, alla luce del D.P.R. 616, l'anticipazione, nel 1978, di quanto deve avvenire in altri settori nel 1979 (ad esempio sanità e istruzione)" essendo già state trasferite ai Comuni le competenze e le risorse nel 1978 quindi con un anno di anticipo rispetto alla sanità, il seminario si proponeva ed ha risposto alla domanda di conoscere in quale modo fosse stata applicata la deliberazione di spesa in collegamento agli indirizzi regionali ed al rapporto con la formazione dei piani. Si é, inoltre, inteso sollecitare - ed in tal senso aderendo alle numerose richieste - la corretta applicazione del meccanismo di spesa. Nessuna settorialità pertanto, ma, come ho espressamente esposto nella relazione, necessità di rilevare i ritardi emergenti nel 1978.
I Consiglieri presenti hanno avuto modo di rilevare questi ritardi coglierne il significato, verificarne le ragioni al fine di accelerare il processo di comprensione e di azione amministrativa per il 1979 che rappresenta il primo anno di avvio a regime della spesa nel quale si incastreranno anche altri settori regionali.
Sempre nella relazione introduttiva e con riferimento alla spesa ed ai bilanci, rilevavo che ove si tenesse mente "al fatto che nella primavera del 1979 dovranno essere predisposti gli schemi di piano comprensoriale, se pensiamo come tutto il processo di formazione del piano socio-sanitario passa attraverso il rapporto Regione - Comprensorio - Unità locali, con la predisposizione della scheda elaborata e contenente tutte le informazioni di base necessarie per determinare il concreto dimensionamento e la localizzazione dei servizi, se pensiamo, infine, che attraverso questa griglia deve passare la spesa, si comprendono le ragioni di urgenza per porre mano a questo lavoro che abbiamo di fronte".
In questa chiave, integravo il programma distribuito accogliendo una proposta formulata dal convegno della lega dei Comuni, nel senso di aggregare al gruppo di lavoro sui problemi connessi alla contabilità ed al bilancio degli Enti locali le già costituite ULS, e precisamente la n. 25 (Rivoli), la n. 42 (Val Chisone e Germanasca), la n. 43 (Val Pellice), la n. 52 (Galliate), la n. 53 (Arona), la n. 28 (Settimo), la n. 34 (Orbassano), la n. 24 (Collegno), la n. 71 (Valenza), la n. 33 (Nichelino) per la concreta predisposizione dello schema di bilancio di Unità locale dei servizi. Il gruppo era ovviamente aperto, ma assumeva l'impronta di gruppo finalizzato a questo obiettivo specifico da concludere, ove possibile, nel corso del seminario.
Lo studio dei problemi, la ricerca spesso sofferta della via giusta per raggiungere l'obiettivo, il coinvolgimento dei soggetti della riforma, il confronto con essi e con i funzionari, la particolare attenzione al livello di preparazione ed alla qualificazione del quadro amministrativo, hanno rappresentato e rappresentano la scelta di fondo che si è inteso perseguire.
Di qui, rilevando come l'intera tematica del consorziamento fosse pendente innanzi il Consiglio regionale, affermavo come fosse necessario che le forze politiche si esprimessero in questa sede per fissare quelle scelte ed indicare quegli adempimenti che, a livello così elevato dal punto di vista istituzionale, appartengono al massimo organo della Regione.
Affermavo, quindi, che la Giunta regionale sarebbe stata fedele esecutrice della volontà del Consiglio.
Toccava, però, e tocca alla Giunta applicare le normative nazionali e regionali sulla spesa e sul meccanismo di erogazione, meccanismo che non può essere che coerente o prefigurare il sistema a regime del bilancio dell'ULS e la sollecitazione specifica a tale ricerca è venuta proprio dalle ULS costituite come ho ampiamente riferito. Il documento del gruppo di lavoro sui problemi connessi alla contabilità ed al bilancio è stato trasmesso in V Commissione per le relazioni che può assumere nel processo di consorziamento delle ULS.
In tal modo credo di aver risposto al primo punto dell'interrogazione nel senso che il seminario si proponeva lo studio e l'approfondimento dell'applicazione delle linee di indirizzo della spesa e si é, come risulterà dagli atti, perseguito l'obiettivo. Basti pensare che, con gli stessi suggerimenti di uno degli interroganti, si è avuto modo di portare in aula la delibera sul fondo sociale per l'equo canone che si innestava proprio sul meccanismo di spesa che si stava verificando. Si è trattato quindi, di un collaudo della macchina amministrativa cui tutti hanno concorso, maggioranza e opposizione, che è stata prefigurata con le leggi regionali sulle procedure della programmazione e sulle Unità locali.
Sui prodotti specifici, inseriti nella terza giornata di lavoro rimando gli interroganti anche qui alla relazione introduttiva laddove affermavo e cito: "I gruppi di lavoro sugli specifici progetti saranno la sede di un ulteriore approfondimento delle linee e degli indirizzi che assunti dalla Giunta regionale, rappresentano, allo Stato, il punto di riferimento per la valutazione dei piani".
Detto questo è evidente che essendo i progetti pendenti da tempo nella Commissione per gli adempimenti suoi propri, la Giunta li assume proprio in questa sede come punti di riferimento, soggetti anch'essi alle riflessioni ed ai contributi, nel caso in specie, emersi dal seminario, fermo il ruolo del Consiglio regionale di rendere i progetti stessi volontà dell'intera assemblea il che è avvenuto, per esempio, per il progetto CEE.
Nel frattempo la valutazione dei piani non potrà che collegarsi alle proposte delle Unità locali che si muovono nelle linee tracciate nei progetti. Comunico, concludendo, che sono in corso di pubblicazione gli atti del seminario.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Vorrei sgomberare il terreno dal dubbio che gli interroganti nel presentare questa interrogazione siano stati mossi dalla questione inerente la spesa affrontata per il seminario di studi. Non interessa l'entità della spesa, poiché riteniamo che queste cose siano utili e necessarie.
La riserva è nata partecipando al seminario di studi.
Quando si promuove un seminario di studi nel quale vengono coinvolti amministratori locali, funzionati della Regione, funzionari dei Comprensori e delle costituende Unità locali dei servizi, Consiglieri regionali della maggioranza e dell'opposizione, le linee del seminario devono già essere state individuate per dare la possibilità di approfondire alcune direttive.
Altrimenti può esserci il rischio che i dubbi aumentino: è quanto è avvenuto in quella sede. Infatti, con i colleghi Vietti e Beltrami ho avvertito questa diffusa sensazione per cui ci siamo chiesti se non era forse opportuno considerare quel seminario in sede costituente delle Unità locali dei servizi. Anziché essere gestito dalla Giunta, avrebbe dovuto quindi essere organizzato dal Consiglio e dalla V Commissione: sarebbe stato più facile da parte delle singole forze politiche dare un apporto critico e costruttivo. I partecipanti non avevano la sensazione di trarre delle direttive precise, ritenevano invece di dare un contributo critico e costruttivo alla Giunta perché ne potesse trarre essa le dovute conseguenze. Abbiamo fatto queste considerazioni con spirito costruttivo che caratterizza la nostra posizione di opposizione, tenendo altresì presente che i progetti degli handicappati e degli anziani erano ancora all'esame della V Commissione, si potevano quindi lasciare dei dubbi poich prima di diventare esecutivi ed operanti, in quanto progetti approvati dal Consiglio, dovevano passare attraverso altri filtri.
La risposta data dall'Assessore ha tenuto presenti sia pure in maniera velata queste esigenze, tra l'altro esplicitate nella nostra interrogazione.
Mi auguro che, in occasioni analoghe, si tengano presenti le critiche che abbiamo mosso, poiché trattandosi di applicazione di leggi e di direttive regionali, i funzionari e gli amministratori locali devono sapere che c'è l'accordo di tutti su un progetto che è stato approvato dal Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Abbiamo così concluso il punto relativo alle interpellanze ed alle interrogazioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Musei

Esame legge regionale "Tutela del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte", rinviata dal Governo


PRESIDENTE

Passiamo al punto successivo dell'ordine del giorno: "Tutela del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte", legge regionale già rinviata dal Governo.
Relaziona la dottoressa Soldano.



SOLDANO Albertina, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il testo di legge regionale che oggi viene presentato all'esame del Consiglio con il titolo "Tutela del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte" segna un punto di approdo che si auspica definitivo, nel lungo iter (iniziatosi il 19 dicembre 1975) della proposta di legge regionale n. 54, recante lo stesso titolo altrimenti chiamata "Proposta Calsolaro" dal primo dei Consiglieri regionali presentatori.
Nel corso dei lavori della V Commissione il testo iniziale costituì la base per un ampio approfondimento culturale in occasione delle consultazioni di studiosi e cultori della complessa materia, oltre che di rappresentanti di Enti locali, associazioni culturali e gruppi operanti sul territorio. Successivamente la ricerca e il dibattito continuarono nell'ambito della Commissione, al fine di realizzare un opportuno coordinamento tra le varie iniziative e nel contempo trovare ad esse una chiara collocazione.
Da tale lavoro di ricerca e approfondimento scaturì il testo di legge corredato dalla relazione del collega Rosci e approvato dal Consiglio regionale il 19 maggio 1977. Tuttavia, il 22 giugno. 1977, la legge, fu rinviata dal Governo a nuovo esame da parte del Consiglio regionale con specifico richiamo alla "riserva statale, affermata anche dalla consolidata giurisprudenza costituzionale in materia di riconoscimento e tutela delle minoranze linguistiche in attuazione dell'art. 6 della Costituzione".
Analogamente la previsione di corsi di educazione linguistica e di cultura piemontese nelle scuole fu ritenuta, in sede governativa "invasione delle competenze statali in materia di ordinamento scolastico".
Nel corso di un successivo esame da parte della V Commissione si ritenne doveroso superare le difficoltà segnalate dal Governo; ma nel contempo si volle mantenere chiarezza e organicità alla legge stessa.
Pertanto si ribadì lo specifico riferimento alla tutela e valorizzazione delle lingue, dei dialetti e delle culture delle comunità locali occitana e provenzale, franco-provenzale e walser. In sintesi, parve alla Commissione sufficiente il riferimento all'art. 49 del D.P.R. 24/711977, n. 616, per quanto concerne le competenze regionali nello svolgimento di attività di promozione educativa e culturale attinenti precipuamente alla comunità regionale.
Inoltre, per evitare l'eventualità di interferenze in materia di competenza statale, parvero sufficienti alcune precisazioni che non volevano essere soltanto formali, ma dovevano costituire un preciso richiamo alla corretta applicazione della legge.
Il testo di legge così emendato fu approvato dal Consiglio regionale il 13 dicembre 1977; ma ancora una volta, cioè l'11 gennaio 1978, fu rinviato dal Governo a nuovo esame del Consiglio regionale, con un reiterato richiamo agli stessi motivi enunciati in occasione del primo rinvio. Oggi dopo un nuovo, approfondito esame in Commissione, il testo che viene presentato all'esame del Consiglio (quarto della serie) risulta molto semplificato, quasi ridotto all'essenziale e comunque, a nostro parere tale da salvaguardare le competenze statali sulla tutela delle minoranze linguistiche previste dall'art. 6 della Costituzione, ed anche quelle relative all'ordinamento scolastico, che comunque sono state costantemente tenute presenti in tutto il corso dei lavori della Commissione, con riferimento specifico al D.P.R. 31/5/1974, n. 416.
D'altra parte, l'impegno assunto dalla Regione, reso esplicito negli articoli 5 e 7 dello Statuto per la difesa e valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità locali, deve oggi trovare una soluzione legislativa, anche in risposta alle istanze da tempo pervenute dalle comunità locali, oltre che da Enti, associazioni e gruppi di cultori della materia.
Il testo di legge, che viene presentato all'esame del Consiglio regionale, può riferirsi a tutte le espressioni linguistiche e culturali delle comunità del Piemonte: da quelle di alcune valli alpine della provincia di Cuneo e delle valli Valdesi o dell'alta Valle di Susa (occitano e provenzale) a quelle della media e bassa Valle di Susa, della Val Cenischia, della Val Sangone, delle Valli di Lanzo, della Valle dell'Orco, della-Val Soana (franco-provenzale), a quelle dei Comuni di Alagna Sesia, Rima San Giuseppe, Rimella in alta Valle Sesia e dei Comuni di Macugnaga e Formazza nell'alta Ossola ("walser" di radice arcaica tedesca); si tratta, a livello attuativo, di far sì che, nell'esatta interpretazione della legge, ad ogni esigenza di tutela e valorizzazione di un vasto, spesso inopinato patrimonio socio-culturale, sia data la risposta adeguata.
Il testo di legge che oggi si propone, consta di 7 articoli: articolo 1: indica le finalità del provvedimento nell'ambito delle funzioni di cui all'art. 49 del D.P.R. 616 e nel rispetto delle competenze statali di cui all'art. 6 della Costituzione, per la tutela e la valorizzazione del patrimonio etnografico e culturale del Piemonte, in applicazione degli articoli 5 e 7 dello Statuto regionale articolo 2: stabilisce la concessione di contributi annuali ai Comuni e ai loro Consorzi, alle Comunità montane, agli Enti, agli istituti ed alle associazioni che svolgono attività di studio, ricerca, tutela e valorizzazione nella materia considerata articolo 3: si autorizza la Giunta regionale a promuovere, d'intesa con i Provveditorati agli studi competenti, ogni provvidenza diretta a favorire l'istituzione di corsi di preparazione e perfezionamento (ivi compreso il finanziamento degli stessi) articolo 4: analogamente la Giunta regionale è autorizzata a promuovere, d'intesa con i Provveditorati agli studi e con i Consigli di distretto scolastico competenti, corsi di educazione linguistica nelle scuole e presso centri culturali idonei articolo 5: istituisce, una Commissione quale organo consultivo dell'Assessorato regionale all'istruzione e ai beni culturali articolo 6: indica le procedure per l'erogazione dei contributi articolo 7: stabilisce le norme finanziarie (sulle quali, peraltro deve ancora pronunciarsi la I Commissione).
Concludendo, anche a nome dei colleghi della V Commissione, ritengo che l'esame del Consiglio possa ora completarsi in modo positivo, fornendo altresì una risposta alle aspirazioni ripetutamente espresse dalla comunità regionale. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Mi è sorto il dubbio che i miei interventi su questa materia siano stati una delle cause che hanno provocato il rigetto della legge da parte del Governo.
La collega Soldano ha già esaurito nella sua relazione tutti gli argomenti; sarò quindi breve.
L'adeguamento della legge è avvenuto sulla base della legge della Regione Veneto che venne a suo tempo approvata dal Governo, mentre una legge quasi identica a quella del Piemonte è stata approvata dalla Regione Molise ed è stata respinta recentemente dal Governo.
E' una legge un po' diversa dalle precedenti che non so in quale misura potrà soddisfare le comunità locali che chiedevano altre cose, come emerge dagli Statuti delle Comunità montane, tuttavia consente alla Regione di intervenire a favore di iniziative che sono andate via via sviluppandosi per la salvaguardia del patrimonio culturale, in stato di pericoloso abbandono.
Confidiamo che questa volta il Governo conceda il visto perché, in caso contrario, dovremmo assumere altre iniziative. Detto questo, annuncio il voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo solo per una brevissima dichiarazione.
E' fuori di dubbio che si debba dare atto a tutte le forze politiche della tenacia, direi della testardaggine con la quale dal lontano 1975 si sforzano di portare avanti questa iniziativa.
Credo altresì che sia fuori di dubbio che si possa e si debba dare atto alla mia parte politica della coerenza con la quale, una volta ancora, si accinge a dire "no" a questo provvedimento di legge in forza delle considerazioni espresse nei due dibattiti precedenti e che ritengo ancora di dovere riassumere, ripetendo che la posizione non discende da una sottovalutazione o da una critica preconcetta nei confronti di ciò che è il patrimonio linguistico locale, ma, al contrario, dal convincimento che la tutela, che la salvaguardia in questa materia spettano esclusivamente allo Stato. Per due volte già abbiamo sostenuto qui questa tesi che puntualmente ha trovato riscontro e conferma nelle osservazioni con le quali il Commissario di Governo ha rigettato i due precedenti disegni di legge.
Attendiamo il giudizio del terzo su un progetto che, se abbiamo bene inteso le parole della relatrice Soldano, viene tra l'altro messo in votazione non corredato dal parere di compatibilità della I Commissione.
Questo è un aspetto della questione sulla quale semmai altri preciseranno e interverranno. Detto questo confermo pertanto il voto negativo del M.S.I.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Nella giornata di ieri la I Commissione ha esaminato l'impostazione dell'articolo finanziario sulla base della nuova legge di contabilità regionale. L'impostazione del predetto articolo ha trovato conferma da parte degli uffici ed è stato pertanto licenziato, come credo sia stato regolarmente comunicato al Presidente del Consiglio.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Per le mie convinzioni e per coerenza con le posizioni assunte in passato, dichiaro, a titolo personale, che mi asterrò dalla votazione del disegno di legge.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Articolo 1 - Finalità "La Regione, nell'ambito delle funzioni di cui all'art. 49 del D.P.R. 14 luglio 1977, n. 616, e nel rispetto delle competenze statali di cui all'art.6 della Costituzione, si propone; con la presente legge, di dare applicazione agli articoli 5, primo e secondo comma, e 7 dello Statuto, ai fini della tutela e della valorizzazione del patrimonio etnografico e culturale del Piemonte, con particolare riguardo alle espressioni linguistiche delle singole comunità".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 --Contributi "Ai fini previsti dal precedente articolo, la Regione concede contributi annuali ai Comuni e ai loro Consorzi, alle Comunità montane, agli Enti agli istituti e alle associazioni che svolgono attività di studio, di ricerca, di tutela e di valorizzazione nella materia di cui alla presente legge mediante l'organizzazione di corsi di studio, di seminari, di incontri e di convegni culturali; l'allestimento di mostre; la pubblicazione di riviste a carattere divulgativo e scientifico".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - Corsi di preparazione e di perfezionamento all'insegnamento "La Giunta regionale è autorizzata a promuovere, d'intesa con i Provveditorati agli studi competenti, ogni provvidenza diretta a favorire l'istituzione di corsi di preparazione e di perfezionamento per l'insegnamento ed a finanziare le spese per i compensi ai docenti, nonch per l'iscrizione e per la partecipazione ai corsi".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - Corsi di educazione linguistica "La Giunta regionale è autorizzata a promuovere, d'intesa con i Provveditorati agli studi ed i Consigli di distretto scolastico competenti corsi di educazione linguistica nelle Scuole di ogni ordine e grado e presso Centri culturali idonei, e provvede al loro finanziamento".
Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 4 è approvato.
'Articolo 5 - Commissione consultiva "E' istituita una Commissione, consultiva,composta da: 1) l'Assessore regionale all'istruzione, che la presiede 2) il Sovrintendente all'Ufficio scolastico regionale, o suo delegato 3) sette esperti designati da Enti particolarmente qualificati ed impegnati nella promozione della materia.
La Commissione è nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica cinque anni e scade comunque con lo scioglimento del Consiglio regionale.
La nomina degli esperti è subordinata al parere delle competenti Commissioni consiliari.
La Commissione è organismo consultivo dell'Assessorato regionale all'istruzione e ai beni culturali".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 5 è approvato.
Articolo 6 - Procedure "La domanda per ottenere il contributo regionale è presentata dai soggetti interessati al Presidente della Giunta regionale, corredata da una relazione che ne illustri l'attività istituzionale, nonché le iniziative da attuare, o in corso di attuazione, intese alla realizzazione delle finalità di cui all'art. 1.
I contributi sono concessi con deliberazione della Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare nonché la Commissione consultiva di cui all'art. 5.
I beneficiari del contributo regionale sono tenuti a presentare, a fine anno, all'Assessorato regionale all'istruzione una particolareggiata relazione sull'attività svolta.
I contributi sono erogati rispettivamente nella misura del 60% e del 40% all'atto degli adempimenti di cui al secondo e terzo comma del presente articolo".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 6 è approvato.
Articolo 7 - Norme finanziarie "Ai fini dell'attuazione della presente legge è autorizzata, a decorrere dall'anno finanziario 1979, la, spesa annua di L. 50.000.000.
All'onere di cui al precedente comma si provvede, per l'anno finanziario 1979, mediante una quota di pari ammontare della maggiore previsione di entrata che sarà iscritta, a decorrere da tale anno, in corrispondenza del capitolo concernente 'Tassa regionale di circolazione sui veicoli ed autoscafi'.
Nei bilanci per gli anni finanziari 1979 e successivi sarà conseguentemente istituito apposito capitolo con la denominazione 'Contributi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte', e con lo stanziamento di L. 50.000.000 in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 38 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 7 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge regionale è approvato.


Argomento: Esercizi provvisori

Esame progetto di legge "Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno finanziario 1979"


PRESIDENTE

Passiamo al punto quinto all'ordine del giorno: "Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno finanziario 1979".
La parola al relatore, Consigliere Rossi .



ROSSI Luciano, relatore

Credo che sia obiettivo della pubblica amministrazione riuscire ad approvare entrò il 31 dicembre di ogni anno il proprio bilancio di previsione per l'esercizio successivo.
Il raggiungimento di questo obiettivo era la dimostrazione dell'efficienza di qualsiasi amministrazione pubblica ed era iscritto tra i meriti dei pubblici amministratori, che, con il bilancio approvato alla fine dell'esercizio, dimostravano la loro solerzia e la loro dedizione all'incarico cui erano stati chiamati.
Perché parlo al passato? Perché attualmente gli amministratori pubblici, pur disponendo di tutta la buona volontà, difficilmente sono in condizioni di poter presentare il bilancio per l'esercizio successivo completo in ogni sua parte, in tempo utile perché sia approvato entro la fine dell'esercizio in corso.
La nuova esperienza di bilancio quale strumento della politica di programmazione; la necessità di allegare al bilancio annuale il bilancio pluriennale che deve essere aggiornato ad ogni esercizio, per gli esercizi successivi, in base alle risultanze parziali di competenza e della cassa l'obbligo, sancito dalla legge dell'iscrizione in bilancio degli stanziamenti della gestione dei residui passivi, relativi ad ogni singolo capitolo; il dovere dell'iscrizione di una previsione di cassa, complessiva per gestione della competenza e la gestione dei residui che si avvicini il più possibile alla reale capacità di spesa dell'esercizio; infine la tardiva conoscenza, con un certo grado di approssimazione alla realtà, di molti dati relativi ad assegnazioni statali, derivanti sia da ripartizioni di fondi globali che da finanziamenti di singole leggi statali, fanno si che l'organo esecutivo non sia in condizioni di presentare il bilancio di previsione dell'esercizio successivo, che ad esercizio avanzato.
Non credo a questo punto possibile, sia per la natura pluralistica che caratterizza ormai da tempo la nostra attività politica ed amministrativa sia per il carattere programmatorio di bilancio, che la I Commissione del Consiglio regionale, dopo un approfondito esame delle principali partite nel loro reale significato politico, programmatico e contabile, prima di licenziare il documento con un proprio responsabile parere politico tecnico, possa evitare di consultare le principali forze economiche e sociali e gli Enti istituzionali che sono in definitiva gli artefici della realizzazione delle previsioni di bilancio e della politica di piano.
Questo aspetto non soltanto è obbligatorio perché ce lo impone lo Statuto, ma credo che mai come in questo momento i criteri di consultazione la più ampia e la più articolata possibile, si impongano a cavallo tra il bilancio '79 e il bilancio pluriennale '79'/'80'/'81.
La discussione in Consiglio regionale che dovrà fare emergere sul piano politico tutti gli aspetti positivi e le carenze dello strumento the deve indirizzare l'attività regionale per tutto l'esercizio, non potrà che concludere la fase di predisposizione e di adozione di questo importante documento.
Ora è necessario, come lo è stato per la Giunta, predisporre responsabilmente i dati del bilancio e che ogni momento di questa seconda fase si svolga nella massima serenità e tranquillità se si vogliono ottenere precise indicazioni.
E' quindi indispensabile che l'approvazione del bilancio, da parte di questo Consiglio, sia protratta idi un certo periodo, e comunque non oltre il 28 febbraio del prossimo esercizio, autorizzando la Giunta regionale ad esercitare, provvisoriamente il bilancio, secondo le prescrizioni dell'articolo 79 dello Statuto regionale e le modalità del disegno di legge in esame.
Tuttavia questo contrattempo non può avere ripercussioni negative sulla vita amministrativa della Regione ed in particolare non può costituire una limitazione alla possibilità di assumere impegni o di effettuare pagamenti specie in relazione alle spese di investimento che si dovessero verificare.
Soprattutto per questo motivo il disegno di legge in esame conformemente alla legge di contabilità regionale non pone alcun limite all'esecuzione di impegno e al pagamento delle spese nel quadro anche delle stesse chiarificazioni avvenute in sede di Commissione, pur restando nell'ambito a mio modo di interpretare, degli articoli specifici della legge di contabilità a proposito di esercizio provvisorio.
Del resto è di pochi giorni fa l'adozione da parte di questo Consiglio del provvedimento che annulla e trasferisce alla competenza degli esercizi 1979 e seguenti quei residui passivi relativi agli esercizi 1972-1976 cui corrispondono effettivi impegni di spesa che quasi certamente andranno in pagamento nei prossimi due esercizi.
Ora sarebbe amministrativamente inconcepibile che nel momento in cui dovessero pervenire alla fase del pagamento, questo non potesse essere effettuato nella sua interezza, ma soltanto per i due dodicesimi a causa dell'esercizio provvisorio. Ne subirebbero un contraccolpo tutti gli sforzi che finora sono stati compiuti per attuare la massima capacità di spesa della Regione, e per ottenere una maggiore accelerazione della stessa.
E' nella valutazione di questi motivi che la I Commissione ha espresso a maggioranza, parere favorevole a questi disegni di legge e chiede al Consiglio la sua approvazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'esercizio provvisorio di un bilancio, che presenta nei termini previsionali le seguenti cifre: 1.079 miliardi di competenza, 1.971 miliardi di cassa, dovrebbe richiedere un'ampia trattazione.
In effetti una legge che consente una gestione di due mesi e quindi una spendibilità quanto meno di due dodicesimi, oltre 320 miliardi (ma anche maggiore, come ricordava poc'anzi il relatore, non essendovi limitazione n all'esecuzione di spese obbligatorie né all'entità degli stanziamenti utilizzabili per altre spese e ciò conformemente alla nostra legge di contabilità) richiederebbe approfondimenti, chiarimenti e dibattiti.
Detto questo in via di principio, dobbiamo avere anche consapevolezza ed il nostro Gruppo questa consapevolezza ha - che non è necessario in tutte le occasioni soffermarsi ampiamente su argomenti che pur sono importanti.
Veniamo da due dibattiti in cui i problemi finanziari sono già stati compiutamente richiamati: il dibattito sulla variazione di bilancio di fine novembre e quello recentissimo sul trasferimento di risorse ai bilanci '79/80, e andiamo verso il dibattito sul bilancio: sarà quello il momento di un approfondito confronto.
Finalmente qualche giorno fa abbiamo avuto il bilancio e quest'anno lo abbiamo avuto in veste gialla (la Giunta ha una simpatica fantasia nella presentazione dei bilanci). Nel 1978 entrava in funzione una nuova legge, e ci presentò il bilancio con un quadrifoglio augurale, quest'anno ci sono state delle fughe di notizie, un po' di giallo, ed ecco che il bilancio ci viene regolarmente presentato con la copertina gialla! Discussione e confronto vero e proprio saranno rinviati al bilancio che verrà in aula entro il mese di febbraio. Dobbiamo riprendere a questo proposito un'affermazione che il Presidente della Giunta va facendo e che condividiamo: dobbiamo prepararci (dico prepararci e non assumere il fatto come acquisito) a mutare gradatamente la nostra concezione sul bilancio.
Con la nuova legge esso è sempre meno un fatto mitico cui riferirsi tutto l'anno per contestare o sottolineare delle volontà politiche, è invece un documento in continua evoluzione e in continuo aggiornamento. Guardiamo i momenti fondamentali della legge: bilancio preventivo che può essere preceduto dall'esercizio provvisorio, conto consuntivo considerato come momento di raccordo all'interno del bilancio, assestamento di metà anno e successive variazioni entro il 30 di novembre; in sostanza, un provvedimento ogni due o tre mesi che consente di avere sempre aggiornato il quadro della situazione, una situazione non statica, ma mutevole, da un lato verso lo Stato che è erogatore delle risorse e mutevole dall'altro lato verso le esigenze della comunità regionale, beneficiaria delle risorse.
Certo, signor Presidente della Giunta, concordando con la sua impostazione, dobbiamo dire che bisogna trarre tutte le conseguenze di ordine politico e pubblicistico che devono essere rispettate dalla Giunta per prima e dai Gruppi che in questa logica si devono innestare. Per le considerazioni fatte oggi ci preme non riprendere il discorso complessivo e globale, ma indicare in questo momento le linee su cui il Gruppo si muoverà in questa fase di discussione e di consultazione, ci preme segnare anche in questo momento gli argomenti sui quali maggiormente il Gruppo si dedicherà e cioè: 1)- aderenza del bilancio al Piano di sviluppo esame dello sfato di attuazione del programma pluriennale di attività e di spesa 1977/1980.
Ieri abbiamo avuto un documento ponderoso dell'Assessore al bilancio e programmazione. Da un primo e sommario esame ci pare un documento molto utile - ringraziamo quindi l'Assessore Simonelli - e dedicheremo al detto documento l'attenzione che merita per poterci collocare con maggiore conoscenza di causa nei successivi dibattiti.
2)- Residui passivi. Il documento contabile ci presenta il dato presunto di oltre 310 miliardi, ma per affrontare l'argomento nella sua completezza, occorre tener conto dei 370 - miliardi indicati in bilancio dei 100 miliardi della legge di trasferimento votata giorni fa, dei 207 miliardi di avanzo finanziario presentato alla chiusura dell'esercizio 1978 e occorre inoltre vedere quanti di questi sono un'operazione contabile finanziaria per non ingigantire la voce residui (anche se parte di questi sono residui), occorre inoltre tener conto dei 456 miliardi che costituivano il residuo 1977, al di fuori di quelli del fondo ospedaliero per accertare quanti di questi sono rimasti. Il discorso residui, che è la somma di questi discorsi, troverà la sede precisa e conclusiva non tanto in occasione del bilancio che voteremo a febbraio, ma nel conto consuntivo 1978.
3) - La piena rispondenza ai principi fondamentali della legge- 335 del 19 maggio 1976 al fine di accertare che vengano inserite in bilancio le entrate e le spese che si prevede di effettuare nell'esercizio onde contenere attraverso questo rigoroso controllo il formarsi di residui passivi. Non essendovi bilancio, il ricorso, all'esercizio provvisorio necessitato e spetta in primis alla maggioranza garantirlo.
Mentre confermiamo la nostra disponibilità a confrontarci su tutti i problemi che il bilancio pone, non possiamo che votare contro questa affrettata richiesti natalizia di esercizio provvisorio, che ci viene fatta come ogni anno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'approvazione della legge che autorizzi, l'esercizio provvisorio si rende necessaria, l'Assessore l'ha detto a suo tempo in Commissione e il collega Rossi lo ha ripetuto poc'anzi, per consentire un'ampia consultazione che verrà estesa anche nelle sedi comprensoriali, una Consultazione sul bilancio previsionale 1979 e sull'aggiornamento del bilancio pluriennale.
Il bilancio 1979 presenta un interesse particolare perché si colloca completamente sulla linea di attuazione del Piano di sviluppo e del programma pluriennale di spesa e consente anche per questa stessa ragione un esame non solo di natura contabile, ma un esame che verrà esteso a tutta l'impostazione programmatica finanziaria della politica regionale. Un momento in cui, a bocce ferme, in presenza di tutti i dati del problema, si farà un'analisi politica, e pratica del problema stesso e le forze politiche si troveranno nella condizione ideale per trarre una conclusione definitiva e quindi formarsi un giudizio complessivo di merito. Per condurre a fondo questo esame, accanto naturalmente al documento che forma il bilancio, servirà l'annunciata relazione sullo stato di attuazione del programma pluriennale, che è stata consegnata ieri a tutti i Consiglieri che mette in evidenza il grado di realizzazione dei diversi programmi e dei diversi progetti e che non nasconde le difficoltà incontrate, gli ostacoli che sono stati sormontati, quelli magari ancora da superare e tutta la problematica che resta in qualche modo aperta.
Sarà una specie di specchio della realtà dove i contenuti non saranno sfumati, ma saranno invece precisi e definiti chiaramente e consentiranno le prime valutazioni della spesa disaggregata per Comprensorio. C'è anche una tabella relativa alle spese del settore agricolo che dovrebbe incominciare a presentare i primi elementi di valutazione.
La lettura della relazione sullo stato di attuazione dei programmi diventa perciò essenziale ed è una condizione precisa di conoscenza per poter esercitare una valutazione critica, esauriente del documento di bilancio medesimo e per proporre delle proposte, delle modifiche, degli aggiornamenti, dei suggerimenti e quant'altro ogni forza politica riterrà necessario e opportuno di fare a questo fine. E' pur vero che un aggiornamento completo del programma pluriennale si potrà fare solo con l'assestamento del bilancio, cioè nel giugno prossimo come impone la legge e come ci insegnano i nostri colleghi esperti della materia, ma poter fare una valutazione su una base di certezza in modo anticipato è già un vantaggio per tutte le forze politiche e questo depone a favore della Giunta.
Con l'assestamento di giugno sarà possibile conoscere anche i contenuti del Piano triennale del Governo, il famoso Piano Pandolfi, e procedere ai conseguenti aggiornamenti del nostro Piano di sviluppo. C'è da augurarsi che questo Piano triennale raggiunga felicemente il porto, ci sono per molti segni che non consentono di sperare apertamente, che minano l'unità della politica nazionale, l'unità delle forze politiche nell'emergenza. Lo vedremo in sede di verifica politica del Governo e della maggioranza.
L'Assessore Simonelli diceva che per poter rielaborare l'aggiustamento nel mese di giugno, occorre affrontare prima e subito l'analisi sullo stato di attuazione del programma. A mio parere, i due mesi di esercizio provvisorio chiesti dal collega Rossi, diventano una condizione sine qua non per poter svolgere in tempi ragionevoli e senza frettolose forzature il necessario lavoro di verifica.
Non si esclude che da questo lavoro potrà scaturire qualche proposta da tradurre nel preventivo del 1979. L'esercizio provvisorio è perci funzionale ad un corretto esercizio dei poteri del Consiglio in materia di programmazione, se si vuole condurre questa operazione in parallelo con quella di formazione dei bilanci.
In questa sede non mi pare opportuno entrare nel merito della parte del bilancio, mi pare invece utile sottolineare come anche ad una lettura sommaria ed approssimativa del documento contabile emerga un'impostazione coerente con le nuove forme sulla contabilità. Questo lo si può desumere dal minor livello dei residui passivi e dalla stessa impostazione data agli impegni che vengono fatti slittare dal bilancio 1978 al bilancio 1979,come lo si potrà desumere dalla stessa dimensione dell'avanzo presunto di amministrazione 1978 inferiore ai duecento miliardi.
Avremo occasione di parlare di questo in un prosieguo di tempo ed esamineremo i documenti di previsione. Noi socialisti siamo d'accordo e diamo la nostra adesione.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Non ci stupisce una legge come quella che andiamo a votare ora: è norma ormai degli Enti comunali, provinciali e regionali.
Ci stupiscono però le ragioni e soprattutto le dichiarazioni fatte dall'Assessore Simonelli in I Commissione nel mese di settembre quando era stato dichiarato che avremmo avuto a disposizione il bilancio entro la fine di quel mese. Nessuno aveva certe pretese nei confronti della Giunta. Devo dire che il ritardo di due mesi e mezzo è abbastanza pesante rispetto a quegli impegni. Né ci pare una buona ragione l'incertezza delle entrate perché se la Regione Piemonte dovesse attendere di avere certezza sulle entrate non sarebbe mai in grado di fare un bilancio. L'incertezza delle entrate subisce vari aggiustamenti che sono quelli che possiamo avere a livello di variazione e soprattutto a livello di assestamento.
Concordo con quanto ha detto il Consigliere Paganelli che, proprio per la struttura stessa del nostro Stato, per l'incertezza che deriva dal suo comportamento, non possiamo ritenere il bilancio un atto fondamentale.
L'atto fondamentale, dal punto di vista politico, è l'attuazione dei programmi. Quando discuteremo il bilancio e lo stato di attuazione dei programmi, faremo quell'esame che oggi sarebbe superficiale e entreremo nel merito. Ieri c'è stato consegnato lo stato di attuazione ma non ho ancora potuto esaminarlo. Non parlo di un ritardo in questo caso perché è ovvio che un simile documento non può essere dato prima della fine dell'anno. Mi lascia perplessa l'ampia disponibilità che viene data all'art. 1 alla Giunta relativamente all'entità degli stanziamenti utilizzati disponibilità che va al di là dell'attività attraverso un esercizio provvisorio.
Voteremo contro questo esercizio, provvisorio in quanto non abbiamo ancora discusso il bilancio e quindi non sappiamo quanti dodicesimi lasciamo da amministrare alla Giunta nei prossimi mesi. Visto, che l'anno scorso avevo consigliato di usufruire dell'esercizio provvisorio, ci auguriamo che entro il 20 febbraio non ce ne venga richiesto un altro.



PRESIDENTE

Chiede la parola, il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri; l'Assessore Simonelli elogiato dal collega Paganelli, mi ricorda quei pittori che partecipano alle mostre con i quadri ancora bagnati di colore per poter comunque essere presenti.
Il materiale che ci è stato distribuito nei giorni scorsi ha questa caratteristica; un materiale certamente interessante e che esamineremo con molta attenzione, soprattutto con la volontà di ricercare ciò che di attuato e di attuabile c'é obiettivamente nei programmi che ci siamo dati anche sulla base del programma di sviluppo che il mio Partito aveva votato in piena coscienza due anni fa.
Non intervengo nel merito del materiale consegnato né faccio dichiarazioni che tendono a sottolineare che vogliamo un buon bilancio. Ne discuteremo al tempo dovuto e nella sede opportuna. Resta il fatto di oggi cioè la presentazione del disegno di legge per l'attuazione dell'esercizio provvisorio.
Non ci sentiamo di assumere per questo argomento una posizione di principio in assoluto, non l'abbiamo assunta dai primi bilanci di questa Regione poiché ci siamo sempre resi conto delle grosse difficoltà che intervengono nell'avere una previsione concreta e definitiva, quindi riteniamo che gli scivolamenti dei termini possono essere tutto sommato non apprezzati oltre un certo limite, ma certamente spiegati.
Per questa ragione, fermo restando che in sede di bilancio torneremo con severità superiore a quella che abbiamo adottato negli anni precedenti il Gruppo socialista democratico dichiara il voto di astensione su questa proposta di legge.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Il voto della mia parte politica sarà contrario, in armonia con gli atteggiamenti precorsi sempre tesi a pungolare la Giunta affinché eviti di presentare i documenti di carattere finanziario attraverso questa gimcana che riesce o a scavalcare gli ostacoli o a far sì che il Consiglio affronti l'argomento quando è zoppo o quando piove. Auguriamoci che una volta tanto si riesca a fare il dibattito sulla finanza regionale con il tempo sereno e in presenza di un Consiglio con i piedi in grado di saltare gli ostacoli! La ragione che mi spinge ad esprimere voto contrario è la stessa che ha espresso la Dottoressa Castagnone Vaccarino: ancora una volta non si è misurata la realtà in rapporto alle capacità operative.
Penso che il tempo richiesto per l'esercizio provvisorio non sia sufficiente se la giustificazione che c'é stata data è quella di fare un approfondito e definitivo esame. Se è vero che da parte del Gruppo D.C. e da parte di tutti i Gruppi di opposizione questo bilancio dovrà essere esaminato con particolare acutezza in relazione allo stato di attuazione del programma al Piano di sviluppo e alla necessità di fare giustizia e chiarezza sui residui passivi, è anche vero che il bilancio che stiamo affrontando presenta una caratteristica di particolarissimo significato politico. Infatti é l'ultimo che questa legislatura può affrontare in assoluta serenità e obiettività politica; è un bilancio sul quale ognuno di noi potrà, nel rispetto della propria funzione e del proprio ruolo politico, dare un contributo non soltanto all'elaborazione del programma ma ad una riflessione sui 9 anni di vita della Regione e su ciò che ha realizzato per la collettività piemontese nell'ambito delle funzioni che le sono state attribuite dalla legge nazionale.
Sarei grato alla Giunta se, a costo di un successivo e malaugurato slittamento e di un altro, esercizio provvisorio, lasciasse passare un certo lasso di tempo per la necessaria decantazione e per la riflessione che devono fare tutte le forze politiche, non solo quelle intermedie perch più deboli dal punto di vista numerico. Se una riflessione si deve fare sullo stato della Regione s'ha da fare, il tempo richiesto dalla Giunta è insufficiente.
Questa è una critica in più che porto a supporto del voto contrario al provvedimento che ci viene sottoposto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, raccoglievo poco fa le osservazioni di un rappresentante di un'altra forza politica secondo il quale questo giro di pronunciamenti che annualmente si ripete a fronte della richiesta dell'esercizio provvisorio null'altro rappresenta se non un rituale scontato.
E' opinione che condivido del tutto. E' per questo che mi limiterò a dire che, al di là delle difficoltà esposte dal relatore Rossi a giustificazione del disegno di legge portato in esame, difficoltà obiettivamente esistenti, e senza neanche indulgere a valutazioni d'ordine tecnico-amministrativo cui si sono abbandonati altri colleghi, la richiesta della Giunta e della maggioranza è una domanda di tipo politico che comporta una risposta politica. In altre parole è una delega fiduciaria che viene domandata dalle forze di maggioranza per poter esercitare provvisoriamente il bilancio sino al 28 febbraio 1979.Posta in questa luce anche senza ulteriori specificazioni, è evidente che questa delega fiduciaria non può essere concessa dalla mia parte politica e per questo il voto del MSI sarà contrario.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Colleghi del Consiglio, il problema del bilancio di previsione della Regione si pone ormai nei termini che ha correttamente riassunto il collega Paganelli, ossia non si tratta di un documento rituale che ci impegna una volta all'anno sulla politica finanziaria e di bilancio, ma è uno dei documenti finanziari e programmatici nei quali questa politica si viene traducendo. Tuttavia presenta degli aspetti di rilievo e di importanza e merita approfondimento nella trattazione.
A tutte le forze politiche presenti in Consiglio il bilancio '79 pare un documento ancor più importante degli altri in quanto viene a conclusione di una prima fase di attuazione del Piano regionale di sviluppo, interviene nel momento del primo esercizio nel quale la nuova normativa di contabilità può esercitarsi e richiede perciò, per giudizio unanime, una valutazione ampia e approfondita con le consultazioni nei Comprensori.
La Giunta fin dall'estate scorsa ha ritenuto che sarebbe stato inutile mettere a disposizione del Consiglio quanto più materiale possibile anche per una trattazione anticipata, di qui la proposta di iniziare in I Commissione il dibattito sull'esame del bilancio nel mese di ottobre.
In realtà tra ottobre e novembre venne messo a disposizione della Commissione una sorta di bilancio provvisorio che la Commissione, forse giustamente, ritenne di non discutere poiché gli elementi a disposizione in quel momento non erano tali da consentire l'elaborazione di un documento definitivo. Purtroppo sulla scorta delle indicazioni che ha dato in modo inoppugnabile il relatore Rossi, devo aggiungere che non avremo mai a disposizione nel mese di settembre elementi tali da consentire a quel momento la formulazione del bilancio di previsione dell'esercizio successivo, sia perché la nuova legge di contabilità collega l'esercizio successivo ad una sorta di preconsuntivo dell'esercizio precedente, sia perché la conoscenza delle risorse della Regione è possibile solo alla fine dell'anno.
Non mi dilungo su altre ragioni. In ogni caso dovremo prepararci a considerare difficile, se non addirittura tecnicamente impossibile elaborare bilanci nel periodo precedente al mese di dicembre, anche se l'esercizio provvisorio è pur sempre un rimedio esplicitamente previsto per poter consentire di fare un bilancio di previsione conforme alla prescrizione della nuova legge di contabilità.
I Consiglieri non pare abbiano rilevato preminentemente il fatto che si vada all'esercizio provvisorio e non ad un bilancio vero e proprio perch queste circostanze che ho brevemente richiamato sono presenti a tutti.
Il bilancio dovrà dunque essere oggetto di attenta e approfondita analisi e a questo fine sarà indispensabile fare ricorso anche alla conoscenza sullo stato di attuazione dei programmi e dei progetti. La documentazione che è stata consegnata ne consente una prima valutazione e come diceva giustamente il Consigliere Bellomo, tale valutazione può già tradursi in proposte di variazione al bilancio prima della fine di febbraio, ossia l'aggiornamento del Piano di sviluppo e del programma pluriennale saranno rinviati mese di giugno 1979 quando sarà possibile fare una completa revisione dei programmi e dei progetti; però gli effetti sul bilancio possono già tradursi nel mese di febbraio.
Nei prossimi giorni seguirà la relazione sui contenuti del bilancio e il bilancio pluriennale che è in corso di definizione.
Il collega -Paganelli ha detto quali saranno i punti sui quali la D.C.
orienterà i suoi criteri di valutazione e cioè sulla politica di spesa della Regione; sull'aderenza dei documenti contabili al Piano di sviluppo sulla capacità di spesa e quindi sulla consistenza dei residui passivi pregressi e sulla rispondenza ai principi generali della legge di contabilità.
Sono i punti rispetto ai quali anche noi compiamo la più ampia e continua verifica essendo ormai divenuto l'esercizio finanziario una approfondimento permanente da parte della Giunta e del Consiglio. Questa la sorte che lega i documenti finanziari che hanno scadenze sempre più ravvicinate l'una all'altra.
Il bilancia '79 ha avuto vicende controverse e discutibili per quella che il collega Paganelli ha chiamato fuga di notizie é per il "giallo del bilancio 1979" di cui si è parlato.
Assicuro il Consiglio che la Giunta non ha fornito notizie ai giornali se non dopo aver trasmesso i documenti relativi al Consiglio e alla Commissione. Tuttavia la fuga di notizie c'è stata. Me ne rammarico assumendone la responsabilità per quella parte che deriva dagli uffici del mio Assessorato. Questo episodio per le sue dimensioni è abbastanza modesto.
Sarà invece opportuno nei prossimi mesi affrontare con serietà e con rigore i contenuti dei documenti contabili che la Regione sta predisponendo.
In merito ai meccanismi che hanno ritardato la trasmissione del bilancio, oggetto dell'interrogazione dei Consiglieri comunisti, vale quanto già detto. Se il presidente del Consiglio lo ritiene, e se gli interroganti si ritengono soddisfatti, queste informazioni valgono anche come risposta a quella interrogazione.
Il Consigliere Bellomo ha richiamato un particolare che dovrà in qualche misura entrare nelle nostre valutazioni: il raffronto tra i programmi di spesa della Regione e il quadro complessivo della politica economica e finanziaria dello Stato e quindi dei meccanismi che indirizzano la spesa pubblica, giacché il bilancio regionale è largamente dipendente dai trasferimenti dello Stato e le linee di tendenza sono semmai di accentuare questa dipendenza e non di ridurla. Non possiamo restare indifferenti a ciò che accade in ordine al bilancio dello Stato e alla politica di programmazione nazionale per i risvolti contabili e finanziari e non solo per gli aspetti programmatici.
Non c'é dubbio che se nel momento della formulazione del bilancio avessimo avuto il testo finale della legge finanziaria che era allora in discussione in Parlamento, la cui conoscenza è indispensabile per le implicazioni che ha nel bilancio, ne avremmo tratto delle conseguente dirette sul bilancio della Regione.
La legge finanziaria è diventata sostanziale per l'influenza che ha sulla finanza regionale, quanto stabilisce finanziamenti che hanno come destinatari le Regioni; al di fuori dei meccanismi di trasferimento di risorse che passano attraverso la Commissione interregionale della Programmazione.
In altri termini, se il bilancio avesse dovuto essere compilato questa mattina avremmo già dovuto introdurre, rispetto al testo, che è stato Consegnato alcuni giorni fa, alcune significative variazioni poiché tutti i giorni qualcosa cambia. Questo elemento ci invita ad un continuo approfondimento.
Ogni forza politica consiliare, con conoscenza di causa, potrà esprimere serenamente la sua valutazione e giungere al voto nella piena autonomia della propria posizione.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 - La Giunta regionale è autorizzata, ai sensi dell'art. 79 dello Statuto, ad esercitare provvisoriamente fino a quando non sia approvato per legge e non oltre il 28 febbraio 1979, il bilancio per l'anno finanziario 1979, secondo gli stati di previsione e le norme contenute nel relativo disegno di legge all'esame del Consiglio regionale, in conformità alla disciplina dettata dagli articoli 34 e 35 della legge regionale 14 marzo 1978, n. 12, senza alcuna limitazione all'entità degli stanziamenti utilizzabili".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Art. 2 - "La presente legge regionale è dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 45, sesto comma, dello Statuto".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intera legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 18 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
La legge è approvata.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Dibattito sul piano socio-sanitario


PRESIDENTE

Propongo di iniziare il dibattito sul piano socio-sanitario, introdotto nella seduta di ieri.
La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente il Gruppo D.C. ha apprezzato la serietà dei documenti e ritiene di non intervenire nel dibattito in modo frettoloso e poich molte cose si sono aggiunte all'esposizione in aula, prenderebbe appuntamento per una data che dovrebbe essere fissata nel mese di gennaio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il nostro Gruppo ritiene che sia invece opportuno incominciare a discutere anche perché già alcuni mesi fa ci fu un rinvio di dibattito.
Credo sia opportuno proseguire e finire il dibattito con la riconvocazione del Consiglio nei primi giorni di gennaio, per approfondire non solo le materie trattate nelle relazioni che sono state consegnate, ma anche le questioni che ogni giorno ci vengono sottoposte e di cui i Gruppi sono a conoscenza.
Il nostro Gruppo intende fare il proprio intervento.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Sono spiacente di non aver potuto partecipare alla seduta di ieri.
Proprio perché mi vengono a mancare gli elementi che sono stati qui trattati non posso prendere la parola oggi a nome del Gruppo repubblicano.
Mi riservo comunque di intervenire nel prosieguo del dibattito.



BIANCHI Adriano

Poiché il Consigliere Ferrero prende la parola questa mattina, per il Gruppo D.C. interverrà il Consigliere Beltrami.



PRESIDENTE

D'accordo. Ha la parola il Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Signor Presidente, signori Consiglieri, la necessità di avere questa mattina almeno una fase iniziale del dibattito generale sui problemi della sanità e dell'assistenza deriva, come già ricordava il Capogruppo Bontempi dal fatto che ormai negli ultimi mesi, a fronte di rilevanti adempimenti legislativi nazionali e dell'attività svolta dalla Giunta regionale e dagli Enti locali, non ha fatto riscontro l'individuazione dei problemi, che credo doverosa, da parte del Consiglio, regionale, nemmeno in termini di presa d'atto. Questo fatto nei confronti della comunità e dei lavoratori del settore sanitario può diventare un elemento negativo. Mi sembra sia doveroso uno sforzo da parte delle diverse componenti politiche per precisare quali sono gli obiettivi, i criteri, le priorità, gli strumenti attraverso i quali intendiamo prepararci qualora, come tutti auspichiamo la legge di riforma sanitaria venga approvata e qualora nel settore assistenziale vengano risolte le ambiguità e si compiano nazionalmente i doverosi passi in avanti. Vi sono 26 rilevanti materie sulle quali il Consiglio regionale entro il 1979 deve essere in grado di formulare testi legislativi, precisazioni di circolari e di procedure conseguenti per la riorganizzazione degli uffici senza rinunciare al metodo che è sempre stato posto al centro della strategia regionale, e cioè alla partecipazione piena a questo processo degli Enti locali, dei sindacati e degli altri soggetti interessati. Ben maggiore sarebbe il lavoro che dovremmo svolgete se la legge di riforma sanitaria non passasse; sarebbe estremamente più gravoso se non praticamente impossibile, per raggiungere il risultato del buon funzionamento dei servizi.
Questo tipo di attività, come credo sia chiaro a tutti perché non viene dalla forzatura di questa o di quella forza politica, non dovrà essere fatto negli ultimi giorni del '79 in- tre sedute straordinarie consiliari ma dovrà prendere l'avvio a gennaio, febbraio, marzo, aprile prossimi perché il complesso delle attività è tutto concatenato e richiede la partecipazione degli Enti. Anche se mi rendo conto che il Consiglio è ormai provato da una giornata e mezza di lavori e anche se mi rendo conto delle questioni che poneva il Consigliere Bianchi, intervengo ugualmente, anzi se non avessi avuto questa opportunità avrei chiesto con una interpellanza o una interrogazione di iscrivere l'argomento all'ordine del giorno nel caso in cui la Giunta non avesse presentato le sue relazioni, perché il problema non è solo di giudicare quelle relazioni, ma è di sapere quali strumenti si vogliono garantire, dove e come. Non oggi, ma nella prossima seduta dovremo concludere il dibattito con un documento che abbia il carattere di un ordine del giorno, che racchiuda quanto le forze politiche riterranno opportuno concordare, che dia mandato ai diversi organismi del Consiglio alla comunità regionale, alla Giunta di procedere alle attività ulteriori e che preluda alle iniziative e agli atti necessari. In generale negli anni passati si sono venuti consolidando a livello nazionale una posizione e un ruolo della nostra Regione sempre più preminente in ordine ai problemi della sanità. Senza dubbio la capacità di tenuta complessiva della nostra Regione sul terreno economico e produttivo, sul problema dell'organizzazione dei servizi, sugli aspetti istituzionali, è un elemento quotidianamente trattato dalla stampa e dall'opinione pubblica: questo particolare ruolo che- il Piemonte gioca si estrinseca anche attraverso simboli, il Sindaco di Torino, ad esempio, o atti amministrativi che la Regione ha svolto e che sono diventati, come veniva detto nelle relazioni indicazioni e criteri nazionalmente assunti dalle stesse Commissioni governative e da altre Regioni.
Il mio ragionamento non deve essere considerato merito di questo o di quel Consigliere regionale né della Giunta o del Comune, o del Consiglio regionale; ma questa situazione deriva da una situazione obiettiva generale e dal fatto che a questa situazione concorre un'insieme di fattori che sono in larga misura esterni alla questione dei servizi.
Risultati di questo livello non si raggiungono però se non vi è una sostanziale coerenza di impostazione, di individuazione di obiettivi nelle discussioni che si tengono qui e in altre sedi, anche all'interno della maggioranza e delle forze politiche. Se vi fosse una discrasia, una contrapposizione, un atteggiamento incapace di ricondurre ad unità e a governare, che è molto più importante che non scrivere questa o quella deliberazione, che magari poi non viene applicata, se non vi fosse questo sostanziale concorso di iniziative, noi non riusciremmo a dare della nostra Regione a livello nazionale l'immagine che indiscutibilmente è stata data.
Questo fatto ha una prima conseguenza al nostro interno. La nuova classe dirigente, che in alcuni Enti è stata chiamata a governare dopo il 15 giugno, al di là delle condizioni di debolezza obiettive e soggettive ha sostanzialmente dimostrato di avere un disegno, delle proposte e di sapere organizzare su quel disegno, su quelle proposte i suoi atti, di saperli rendere coerenti con il generale impianto della Regione. Questo deriva dal fatto che esiste una forza nelle idee e nella proposta di riforma, nella capacità di individuare di fronte alle molteplici difficoltà un obiettivo capace di unificare, al di là delle legittime e naturali differenze. C'è anche coraggio nell'applicare le idee. Su quali idee vi è stato, anche con degli elementi di forzatura, questo coraggio? Il nucleo centrale del Piano regionale di sviluppo in materia di sanità e di assistenza aveva delle affermazioni che allora furono dette generiche fumose, incapaci di incidere nella realtà della Regione.
Le due questioni di fondo erano: una esplicitazione chiara di un progetto di riequilibrio per modificare le tendenze ad aumentare lo squilibrio e introdurre nella distribuzione delle risorse degli elementi coscientemente squilibrati, quindi programmatori, con la funzione di integrare la situazione esistente per portarla ad un livello più accettabile. Che cosa significhi lo squilibrio ci viene ricordato dalla manifestazione dell'UNCEM sui problemi delle zone di montagna, del loro spopolamento, del basso livello dei servizi, ci viene ricordato dal fatto che quando si distribuiscono le attrezzature ospedaliere si hanno situazioni stranissime di incoerenza tra il livello e le dimensioni (la situazione attuale vede presidi di scarsissimo rilievo che hanno avuto in passato attrezzature nuovissime e presidi di grande rilievo che non le hanno); ci viene ricordato dalle situazioni edilizie assolutamente inadeguate alla necessità di sviluppo e di riequilibrio. Basti pensare come siamo costretti a gestire in materia di edilizia ospedaliera, attraverso il pacchetto La Malfa, le domande e le richieste che risalgono a date anteriori al 15 giugno 1975; l'ospedale di Acqui è uno degli esempi.
E' stato esplicitamente affermato che bisognava introdurre degli elementi dosati e non surrettizi di ridistribuzione delle risorse che portassero al riequilibrio. L'Assessore Enrietti ha avuto la forza di fare questo ragionamento con coerenza nei meccanismi nazionali di riparto del fondo ospedaliero. Senza questa logica il ragionamento non sarebbe stato sul riequilibrio nazionale, ma sarebbe stato soltanto su una delle tante querelles che la Regione Piemonte o un'altra Regione potevano fare e quindi non avrebbe avuto il risultato che invece è stato ottenuto. Il progetto di riequilibrio aveva al suo interno un elemento che ritenevamo carente nella passata legislatura e che noi in soli 13 mesi abbiamo affermato e largamente realizzato da quando la legislazione regionale ci ha permesso di farlo, e cioè non già la presenza di strutture di decentramento burocratico che dipendessero dagli organi esecutivi della Regione e che quindi fossero soltanto la longa manus del meccanismo qui deciso, quindi impotente perch legato soltanto a quella parte di fondi e di potere che la Regione ha all'interno delle autonomie locali, ma un discorso di decentramento effettivo delle responsabilità, di direzione, facendo si che l'attribuzione del peso politico e legislativo della Regione agli Enti locali costituisse dei momenti di governo, di direzione e di contributo autonomo.
Quale giudizio diamo dell'attività fin qui svolta? Il giudizio non pu essere dato genericamente dicendo: riteniamo che l'Assessore Vecchione o che il Presidente della V Commissione abbiano sempre avuto ragione o che la Regione abbia fatto tutto bene. Il giudizio è di un'altra dimensione. Nella comunità regionale, per la prima volta dalla Liberazione in poi, abbiamo assistito al dispiegarsi di centinaia di riunioni, di incontri promossi dalla Giunta, dalla Commissione, dai Comitati comprensoriali presso le Unità locali dei servizi. Il processo fin qui svolto non è stato soltanto generico, ma è stato un meccanismo che in materia di edilizia scolastica ha visto i Comuni essere parte attiva del processo di programmazione e di distribuzione delle risorse; in occasione delle discussioni sulle deliberazioni costitutive dei Consorzi non ha visto svilupparsi una discussione accademica e formale sulle questioni di diritto o sul testo unico del 1934, ma ha visto svilupparsi una discussione sui problemi della rappresentanza tra le zone di montagna e le zone di pianura, del peso dei Comuni grandi e dei Comuni piccoli, della trasparenza del bilancio, della quota parte delle cifre che dovevano essere destinate ai servizi. In tante riunioni si è discusso se fosse giusto che i soldi dell'assistenza venissero distolti all'assistenza e utilizzati per asfaltare le strade, se fosse giusto che altre spese venissero erogate largamente quando sul piano sanitario e assistenziale esistevano degli elementi scoperti. Questa coerenza di disegni ha dimostrato che la Regione non ha solo potere perch ha qualche soldo (pochi per la verità) o perché compie operazioni vessatorie nei confronti dei Comuni, ma ha dimostrato che la Regione ha tanto più potere quanto più le sue decisioni che sono dipendenti da leggi dello Stato, vivono del contributo e dell'apporto autonomo degli Enti locali. Si tratta di dare un giudizio sull'effetto che ha prodotto il Comune di Torino nel creare i 23 quartieri e sull'effetto che ha prodotto la Regione nel costituire gli organi di governo portando gli Enti in molteplici riunioni alla diversa ripartizione dei fondi, magari bisticciando, magari scoprendo che di certi settori non si conosce ancora la situazione.
Questo dibattito deve dare un giudizio sul processo di partecipazione di 20 mila amministratori comunali, provinciali e regionali, di organizzazioni sindacali, di migliaia di lavoratori a cui abbiamo chiesto di cambiare modo di lavorare e che hanno risposto positivamente in nome della riforma e di una prospettiva migliore; questo dibattito deve dire se questo complesso di impostazioni è un fatto positivo o meno. Io dico che è stato un fatto positivo e che limiti, ritardi, difficoltà, incoerenze mancanze vanno superati con gli strumenti democratici di massa esistenti che non sono più atti accentrati.
Su quali elementi di forza sono avvenuti questi processi? Sulle deliberazioni? Sugli atti amministrativi? Sulle circolari? Sono convinto di no. Vi sono state deliberazioni, direttive, circolari, atti amministrativi ma questo è avvenuto attraverso pochi elementari atti legislativi. Senza questo discorso per esempio, l'eccessivo consumo dei farmaci diventa predicazione sterile da "grillo parlante" e contro il lavoratore. Il cambiamento che si è introdotto è un cambiamento radicale di portata politica e culturale. Se ragionassimo nei termini dei diversi Comuni, dei diversi comparti dell'assistenza, scopriremmo che il mondo è proprio diverso, che non c'é nulla che unifichi il S. Giovanni con l'ostetrica dell' Alta Valle di Susa, che non è vero che esiste un sistema sanitario.
Il nostro ragionamento non parte dalle specificità delle singole materia ma è una operazione di rivolgimento culturale che parte dalla centralità dello Stato, dalla partecipazione dei cittadini, dalla riforma del rapporto tra questi due elementi e arriva a fare le ripartizioni dei fondi per le attrezzature, arriva in questo o in quell'ospedale per organizzare le strutture e il ricovero negli istituti.
Se invece crediamo che questa operazione sia soltanto un'operazione di facciata e che poi nella sostanza il ragionamento sia quello di prima allora concretizziamo, se rinunciamo alla capacità di dare degli indirizzi nella formazione dei piani delle Unità locali dei servizi che sia coerente con questo disegno e chiediamo ai Comuni, adesso che i Consorzi sono formati, di fare la somma di quello che hanno nella speranza di avere qualche soldo in più, facciamo un'operazione, sostanzialmente diversa. I Comuni chiedono in quale misura si accendono le procedure, con quali tempi con quali indirizzi in quali sedi, con che tipo di incontri. Se questa è l'urgenza e se questa è la rilevanza del problema, è chiaro che il secondo atto che il Consiglio regionale deve compiere, in un modo o nell'altro, è se, con tutti i temperamenti che derivano dallo sforzo unitario, dalla necessità, che, lo stesso Gruppo della D.C. aveva ravvisato in occasione della discussione della legge 39, intendiamo in questa fase prendere nelle mani saldamente le direttive e gli indirizzi che vogliamo affermare, oppure se riteniamo di essere dei soggetti passivi nei confronti della situazione attuale.
Non possiamo interrompere questo cammino positivo, quindi nelle forme e nei modi opportuni il Consiglio e le diverse forze politiche debbono pronunciarsi sul tipo di direzione politica e sulle conseguenze organizzative che, da oggi all'entrata in vigore della riforma, devono essere assunte, ribadendo e rinsaldando il rapporto con la comunità locale e con gli Enti locali.
Formulo una ipotesi. Nella fase attuale credo sia sbagliato procedere a ulteriori e affrettati atti legislativi. In questo senso mi pare vi siano preoccupazioni in altre forze politiche. Quindi si tratta non tanto di approvare, in questa fase nuove leggi, ma si tratta di introdurre altri strumenti, a questo proposito ho parlato di un ordine del giorno a cui seguirà una deliberazione del Consiglio. Non consideriamo approvata la legge d'iniziativa popolare con questo iter, ma non la consideriamo nemmeno respinta, quindi mi sembra doveroso dare il necessario rilievo ai cittadini che hanno firmato quella proposta i cui contenuti devono essere raccolti nella misura in cui le forze politiche lo ritengono opportuno in un ordine del giorno e in una successiva deliberazione.
Quindi non sono necessarie altre leggi generali, ma è necessario invece procedere con questo metodo portando ognuno i propri contributi per vedere come si dirige e come si governa questo processo. Mi si può dire che il mio discorso è molto generico. D'accordo. Allora, facciamo un passo indietro sugli aspetti operativi, che voglio riprendere con il discorso politico che ho fatto finora. E' la questione della riorganizzazione del sistema mutualistico. Il Consiglio regionale del Piemonte per l'applicazione della legge 349 dello Stato e delle 12 direttive conseguenti alla liquidazione delle mutue, ha presentato un breve ordine del giorno nella cui parte finale è detto che le leggi regionali, in quanto tali, vanno applicate, il che vuol dire che non deve esserci una zonizzazione per ciascuna mutua, ma deve essercene una sola per tutte ed è quella delle Unità locali dei servizi che coincidono con i quartieri per Torino e con i Consorzi costituiti. Abbiamo così evitato polemiche all'interno delle strutture mutualistiche. Altro sarebbe stato il discorso se avessimo dovuto scegliere questa o quella struttura organizzativa di questa o di quella mutua. Dalla fine di luglio al 15 dicembre, nel corso di 4 mesi e mezzo, compreso il mese di agosto, siamo riusciti a trovare gli accordi con le organizzazioni sindacali circa il cambiamento di tipo di lavoro per circa 300 lavoratori con tutte le difficoltà che questo cambiamento comporta, il che richiede almeno un incoraggiamento e un ringraziamento da parte nostra, visto che non ci hanno guadagnato niente e che lo hanno fatto per coerenza, per dovere e per rapporto civile e costruttivo nei confronti dei cittadini e dello Stato.
Vorrei che fosse chiaro che con i fondi che abbiamo avuto e che dovremo avere dal Governo, probabilmente riusciremo ad avere finanziata tutta l'operazione dell'organizzazione, mentre so che altre Regioni, con i fondi del Governo e con altri contributi, non avranno la possibilità di realizzare l'operazione completamente e dovranno rimetterci dei soldi propri, quindi sono in condizione di dover sprecare più risorse di quante ne abbiamo impegnate noi. Furono ribaditi gli ambiti territoriali. Non si trattava di assumere atteggiamenti punitivi o di guerriglia istituzionale in quanto il Comune era, secondo noi, l'Ente centrale e generale; gli archivi della popolazione quindi dovevano essere organizzati nell'anagrafe del Comune e si doveva partire da questi dati centrali, resi validi dalla responsabilità politica del Sindaco, del Consiglio comunale e del consenso della gente. Non si trattava quindi di partire dal ragionamento per materie, per preesistenze, per settorialità che ci avrebbero portati a inventare marchingegni per ogni Unità locale, per ogni cassa mutua e per ogni Comune.
In Regione si è fatto un grande lavoro: si sono trovate le sedi, si sono consultati i Comuni, si sono individuati gli ambiti territoriali (30 su 1209 Comuni). Ma che cosa potevano significare concretamente tanti numeri, tante tabelle, senza sapere dove si andava ad operare? Sono stati allora predisposti i moduli, sono stati distribuiti gli stampati, è stato addestrato il personale, sono stati presi i nastri delle mutue, anche se con alcuni mesi di ritardo (una grande mutua sostenne addirittura che non era in grado di copiare un nastro magnetico; impiegò poi due mesi per copiarlo quando invece ci vogliono 4 ore). Si sono affrontati problemi di rapporti con il Governo che per carità di patria voglio trascurare e gli Assessori sanno quante volte devono usare l'aereo per andare a chiarire questioni che si potrebbero spiegare per iscritto in tre righe, anche questo in nome della non efficienza, con grande dispendio di carburante con uno spreco cospicuo e consistente, tanto più cospicuo e consistente dei tanto malfamati opuscoli che ogni tanto giacciono di qua e di là, che saranno sicuramente un problema gravissimo, ma fate i conti di quanto tempo gli amministratori locali passano a pendolare da un posto all'altro perch le sedi non sono mai quelle proprie! Visto che continuo a parlare di cose generali, permettetemi che io torni alle polemiche durissime che nella passata legislatura l'allora Capogruppo Berti e l'attuale Assessore Rivalta facevano nei confronti di chiunque sostenesse che era più efficiente, per esempio, per i problemi dell'informatica rivolgersi a questa o a quella società privata, sostenendo invece che doveva essere la struttura pubblica, sotto la sua direzione, a definire anche gli strumenti operativi per la riforma di se stessa. Se noi avessimo fatto in quell'altro modo, convinti che lo Stato é disastro inefficienza e caos, mentre invece, quello che ci sta fuori è logica perfezione, programmazione ed efficienza, ci saremmo trovati nelle condizioni di una Regione a noi abbastanza vicina, nota per la sua efficienza, che deve ancora adesso espletare gli appalti per dare a un'azienda privata di grande efficienza il problema della riorganizzazione delle mutue; mi pare che la base d'asta dell'appalto alla società privata sia attorno al miliardo e mezzo; la Regione Piemonte ha speso invece per calcolatori, carta, personale 210 milioni; ha gli sportelli aperti, mentre quella Regione deve ancora aprire le procedure di appalto! Al fondo di tutto questo ragionamento ci sono degli elementi concreti.
Vogliamo avere ben chiaro il fatto che ogni persona: registrata erroneamente negli archivi mutualistici significa 22.000 lire all'anno che non vengono date ad un medico; che i pagamenti devono essere fatti alle scadenze; che non ci sono strutture amministrative che liquidano le spettanze? Fissati i due punti generali con questo passo indietro con il quale si possono rileggere molti elementi costitutivi per l'impostazione di un ordine del giorno, dobbiamo trarre alcune conseguenze.
Siccome la legge 39 è operativa in quanto il Comune di Torino ha proceduto agli adempimenti di cui alla legge 278 e un insieme di Unità locali dei servizi, con decreto del Presidente della Giunta regionale, ha piena operatività, è indispensabile confermare coerenza all'impostazione che ha portato alla definizione del governo unico delle Unità e predisporre un insieme di indicazioni aperte, che potranno essere tempestivamente discusse con i Comuni, con i Comprensori e che, attraverso questo concorso potranno trovare l'ulteriore confronto che permetta di rendere operative le questioni inerenti alla definizione dei meccanismi finanziari nel settore generale della sanità e dell'assistenza, che comporti la definizione delle modalità dei servizi, che definisca le spese da togliere e quelle da aggiungere all'interno delle strutture ospedaliere. C'é, per esempio, il problema, dell'Ospedale di Pra-Catinat e di altre strutture, c'é il problema della fusione di Enti, di scorpori, di riadeguamenti, c'é la questione dei finanziamenti per le attrezzature, per l'edilizia. La conoscenza marginale che ho di queste cose, stando al di fuori, mi fa pensate che si debbano trovare i modi per accelerare il cammino. Attraverso questo tipo di riorganizzazione si comincerà a vedere quali parti, quali rapporti, quali convenzioni con le Unità locali e con le strutture decentrate potranno essere formulate, ad esempio attraverso una deliberazione del Consiglio regionale. Faccio una proposta che non é stata ancora, confrontata con il mio Capogruppo o con l'Assessore, che posso formulare a cuor leggero, visto che abbiamo tempo per pensarci.
Non è possibile, in attuazione delle procedure di cui alla legge 39 definire in modo unitario con deliberazione di Consiglio le procedute di delega e di rapporto amministrativo con gli Enti locali estendendole per analogia anche alle situazioni nelle quali i Consorzi non esistono superando in tal modo una situazione che diventa pesante e difficile nella distribuzione dei fondi che veniva determinata nell'anno passato dal fatto che ci si doveva riferire ai capi fila non essendoci ancora i Consorzi, che derivava dal fatto che un insieme di sveltimenti amministrativi e politici non potevano ancora essere realizzati? Questa è una lezione che è derivata dal seminario di Stresa, a cui mi rammarico di non aver potuto partecipare ma di cui ho letto le relazioni.
Questo discorso nasce sul piano politico e va al di là della predisposizione di uno schema contabile.
Da un esame che ho fatto per vedere, nella nuova logica dell'ULS quanto di positivo c'era, ho scoperto alcune situazioni interessanti alle quali occorre porre rimedio. In primo luogo, i dati della popolazione, scolastica forniti dalle Camere di commercio, dalle Province, dalla Regione, dai Comuni sono diversi tra di loro. Capisco che a volte si tratta di errori di stampa e a volte di difformità dipendenti dai mezzi di rilevazione delle informazioni. Ma è pensabile che in un discorso di trasparenza, di pubblicità di rapporto con le ULS non ci si debba porre il problema di sapere con univocità, se non con certezza per i nostri figli, quanti sono gli allievi nelle Unità locali? Come può la Regione risolverlo da sola questo problema quando le fonti di informazione sono nelle mani di altri Enti? I dati non concordano tra di loro, tant'é vero che nel nostro Paese il numero dei vivi non corrisponde con il numero degli assistiti; la gente con lo stesso nome è riportata quattro o cinque volte allo stesso medico e così via, e questi piccoli problemi amministrativi nella sola città di Torino si ripetono infinite volte.
Questo non è un problema tecnico, ma è un problema politico e per mettere ordine in una situazione del genere si dovrà incominciare da alcuni elementari indicatori trasparenti e questo è quanto va facendo la Giunta con le schede di Comprensorio.
In sede di V Commissione discuteremo dei fondi dell'assistenza scolastica. E' certo che dai dati risultanti, che possono anche essere sbagliati, risulta che nessuna combinazione delle variabili (superfici territoriali e popolazione scolastica) rende conto dell'attribuzione dei fondi; in particolare, all'interno delle distribuzioni attorno alle Unità locali di Asti e di Cuneo, esiste circa l'80% in più del migliore criterio di previsione e nelle zone immediatamente circostanti a quei poli, un livello inferiore a quello prevedibile con la migliore stima possibile.
Questo vale per Torino, per la cintura, e nei rapporti con i grandi e piccoli Comuni.
Questo fatto spiega il malumore delle zone povere. Si tratta di avere un confronto con la comunità e di capire. E' un processo che va incentivato, che va favorito. I bilanci regionali, provinciali e comunali sono pubblici, quindi vengono messi a disposizione in modo semplice e puntualmente. Per fare questo occorre coerenza con la legislazione generale, con i bilanci e i programmi delle ULS, deliberazione generale del Consiglio, discussioni con i Comitati comprensoriali, applicazione nei fatti della pianificazione regionale. Si dovrà discutere di anagrafi, di controllo della spesa in modo generalizzato quindi si dovrà predisporre un progetto che guardi al di là della contingenza che sappia costituire i meccanismi informativi di pubblicità e di supporto per la riforma sanitaria.
Infine vi è il problema del coinvolgimento delle strutture pubbliche. A questo punto dovremo decidere se riteniamo alcuni meccanismi della legge 386 ancora nella fase attuale o se li riteniamo superati. Ho l'impressione che, proprio per la grandiosità del progetto, dovremo ragionare in termini di strutture e di forze dell'apparato amministrativo della Regione, come Ente centrale, più grandi rispetto alle attuali drammaticamente insufficienti, anche in termini di dattilografe. Primari, direttori amministrativi, direttori sanitari, segretari comunali, ragionieri capo dovranno avere una partecipazione reale al processo di riforma sapendo che partecipazione reale significa raggiungimento degli obiettivi fissati nella legge del Consiglio regionale. Quindi, autonomia, ma non autonomia nell'individuazione degli obiettivi e della strategia, che compete alle assemblee elettive. Se affrontassimo questo ragionamento in un momento di maggiore calma, nascerebbe la necessità di valutare il passaggio da un regime di blocco con deroga, attualmente in atto, a un meccanismo che significa anche abolizione dei comitatini, dei comitati allargati, che significa una struttura che non abbia solo il compito di bocciare dopo, ma di individuare prima e di circoscrivere gli ambiti entro i quali possono essere ricercati gli elementi positivi.
Ciascuno di noi deve avere ben chiaro che cosa vuole ottenere. Ritengo che si debba ottenere un processo lento, graduale, sicuro e positivo del cambiamento delle condizioni di vita e di salute dei cittadini, un cambiamento profondo all'interno delle strutture dello Stato. Se avessimo deciso che le leggi e i loro principi erano astratti, mentre invece erano molto concreti gli aspetti immediati, le doppie registrazioni dei servizi amministrativi unificati, delle mutue, non le avremmo mai scoperte e staremmo ancora a lottare contro una miriade di eccezioni, di difficoltà di sopravvenienze, ciascuna incoerente, ciascuna portatrice del più generale sfascio. Anche il materiale che non è del tutto definito deve essere consegnato. Per utilizzarlo non è sufficiente la volontà degli uffici, l'impegno delle strutture e l'attività della Giunta, ma è opportuno indicare alcuni elementi e io li ho indicati quasi tutti. Si tratterà di vedere se possono nascere delle diversità. Non credo che sia cosa tanto complicata, purché le cose scritte siano chiaramente discusse e non siano frutto di una mediazione sottintesa che le renda equivoche.
Se vogliamo che il lavoro prosegua occorre sapere rispetto a quali obiettivi intendiamo marciare. Non è una funzione amministrativa degli uffici, non è una funzione che la Giunta si assume in deroga o in surroga al Consiglio. Insisto nel dire che i tempi entro i quali si deve decidere sono brevi, ma non sono tempi che decidiamo noi, non sono le nostre procedure interne a dettarceli, sono le procedure nazionali e le esigenze della comunità. Altra cosa è dire che si vogliono i dati sugli ospedali dai quali non si ricava niente perché anche i più attenti Consiglieri non saranno in grado di cavarne il succo. Per determinare la distribuzione territoriale della spesa, sono elementari gli indici sull'occupazione, sui posti letto, sulla pendolarità negli ospedali. Dovremo chiederci come mai rispetto a certi standard internazionali, gli indici di occupazione di alcuni presidi sono terribilmente bassi, e dovremo capire che indici di occupazione bassa significa anche presidi poco sicuri, e questo è un campanello d'allarme che tocca al politico far suonare e che tocca a chi ha competenza sanitaria risolvere. Dovremo valutare tutte le conseguenze che la pendolarità comporta m termini di bacino di utenza e così via. Sono disponibile ad accettare che si dica che il mio ragionamento è generico.
Su questo ragionamento generale dovremo decidere e il mio Partito ritiene di decidere con quel taglio generale che ho dato. In sostanza significa sostituire gli atti di volontà e di partecipazione degli Enti locali, dei lavoratori e della gente che ha lavorato e sofferto, agli atti autoritativi, centrali di tipo Amministrativo per essere in grado di effettuare un processo di riforma.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, propongo di interrompere a questo punto i lavori e di- riprenderli alle ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La sedata ha termine alle ore 13.00)



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