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Dettaglio seduta n.22 del 11/12/75 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
L'ordine del giorno inizia con l'approvazione dei verbali delle precedenti sedute che sono stati distribuitI ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna.
Se non vi sono osservazioni si possono considerare approvati.


Argomento:

Interpellanza del Consigliere Franzi sulle iniziative assunte dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici nelle province di Vercelli e di Novara


PRESIDENTE

Passiamo ora alle interpellanze ed interrogazioni.
Interpellanza del Consigliere Franzi: "Iniziative assunte dal Commissario regionale per la liquidazione degli usi civici nelle province di Vercelli e di Novara" Il Consigliere Franzi vuole illustrarla? Ha la parola.



FRANZI Piero

Il problema degli usi civici nel contesto della legislazione italiana risale alla legge del 16 giugno 1927 n 1766, che disponeva il riordinamento di tutti gli usi comuni esercitati sui territori pubblici e privati dello Stato.
La legge sopra richiamata affermava la necessità di abolire e liquidare tutti gli usi civici esistenti, avendo perduto nell'arco dei secoli loro contenuto economico e soprattutto perché trattavasi di condizioni di diritto che potevano arrestare il progresso agricolo.
A tale scopo vennero costituiti speciali commissariati a cui sono state assegnate le competenze tecniche ed amministrative, per l'accertamento e la liquidazione degli usi civici esistenti nelle varie regioni.
Con l'avvento dell'istituto regionale, una parte delle competenze già assegnate ai commissariati per la liquidazione degli usi civici venne trasferita alle Regioni stesse, infatti, con D.P.R. n. 11, sono state trasferite alcune funzioni amministrative della massima importanza, quali la promozione delle azioni di verifica demaniale e sistemazione dei beni di uso civico ed altre competenze di minore importanza.
Il Commissariato per la liquidazione usi civici, di Torino, in questi ultimi tempi ha assunto autonome iniziative per la liquidazione di usi civici esistenti sui terreni agricoli, senza - almeno per quanto mi risulta avere interessato la Regione. Ma al di là di quelle che possono essere le considerazioni circa il riconoscimento o disconoscimento dell'Amministrazione regionale da parte di molti organi della burocrazia statale, ed anche al di là della portata giuridica delle competenze delle Regioni in materia di usi civici, quello che merita considerare è il sistema di valutazione dei titoli reali connessi ai valori fondiari su cui gravano gli usi in parola.
La legge che regola la materia del 1927, vecchia quindi di 50 anni, è improntata al criterio socio-economico secondo cui il titolo di proprietà costituiva elemento fondamentale per la valutazione dei beni reali, senza tenere conto dei diritti dell'uomo che attraverso il lavoro e l'impiego di capitali è riuscito a mettere coltura e a far produrre un bene che di per sé risultava improduttivo.
Gli usi civici, come si sa, rappresentano antiche condizioni di uso comune per il pascolo, oppure per la raccolta della legna e quindi uno sfruttamento naturale del terreno.
La liquidazione nei tempi attuali di questi usi soeti centinaia di anni or sono, deve essere inquadrata in un nuovo contesto socio-economico e secondo i principi sanciti dalla Costituzione di cui agli articoli 36 e 42.
E' necessario quindi che la Giunta assuma immediate iniziative per interessale il Commissariato per la liquidazione degli usi civici del Piemonte, onde addivenire alla liquidazione di tutti gli usi esistenti in Regione, attraverso un criterio di valutazione che tenga conto di tutto il lavoro, dell'impiego di capitali immessi sui fondi, a far tempo dalla costituzione degli usi stessi sino alla data di oggi. Questo per rendere giustizia a coloro che si sono insediati sugli stessi terreni ed hanno esercitato in tutti questi anni un reale titolo di proprietà.
Infatti, le iniziative assunte dal Commissariato per gli usi civici del Piemonte, interessano migliaia di coltivatori che in questi ultimi decenni hanno pagato tributi reali, diretti ed indiretti, imposte terreni successioni, ecc, e che hanno agito come autentici proprietari, sono stati bonificatori di questi terreni che vengono considerati oggi di uso civico per il fatto che all'epoca della prima mappa catastale di Maria Teresa, del 1726, figuravano come terreni di uso comune.
Sono trascorsi 250 anni per cui è quanto meno necessario calcolare tutto l'impiego di valore umano e di capitali che sono stati spesi per la messa a coltura dei fondi in parola.
Non si può, infatti, accettare il principio della valutazione in base ai prezzi di mercato senza tener conto dei fattori economici più attendibili che potrebbero anche essere quelli forniti dal rilevamento dei valori catastali del 1939, di cui al R.D.L. 4/4/1939 n. 589, convertito con legge del 29 giugno dello stesso anno, n. 976, in base ai quali sono stati calcolati i valori della rendita fondiaria e quelli del reddito agrario cioè, quelli propri attribuiti al terreno, e quelli propri attribuiti al coltivatore.
Capitalizzando tali valori e maggiorandoli degli interessi composti, al tasso legale, come massimo potremmo avere dei valori dalle 40 alle 45.000 lire ad ettaro, quindi molto inferiori a quelli richiesti dal Commissariato regionale per gli usi civici, di Torino.
Questo è uno dei criteri che potrebbe servire di base per una più equa valutazione, tuttavia chiedo che nella condizione nostra sia veramente il caso di considerare molto attentamente gli aspetti costituzionali per giungere all'assegnazione dei fondi a favore degli attuali possessori attribuendo ad essi unicamente le imposte di registrazione.
Sono certo che l'Assessore vorrà assumere tutte le iniziative del caso per evitare ingiusti esborsi finanziari da parte di queste migliaia di coltivatori.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Io ringrazio anzitutto il Consigliere Franzi per l'interpellanza che consente d'informare lui e quanti altri abbiano interesse al problema delle iniziative assunte dalla Giunta da due mesi a questa parte.
Il collega Franzi nel suo intervento ha svolto una tesi interessante sulla quale concordo - sul valore da attribuire nella deprecata ipotesi che le iniziative del Commissario non possano essere arrestate.
Io non leggerò una lunga relazione che inquadra tutto il problema Comune per Comune, da quello di Briona a quelli di San Nazario o di Cavallirio, devo dire però che il commissariato addetto agli usi civici, il dr. Poddighe, non ha affatto interessato la Giunta o il Presidente o l'Assessorato all'Agricoltura, noi siamo intervenuti e con non poca difficoltà, dopo alcuni colloqui, raccogliendo la richiesta delle organizzazioni che nel frattempo si sono messe in movimento, abbiamo cercato di ottenere il riconoscimento della validità dei titoli di acquisizione. Si tratta comunque di terreni acquistati e pagati nel tempo dai coltivatori, dagli imprenditori.
Come il collega Franzi ben sa sono sorti però problemi d'interpretazione, se bastava l'autorizzazione della Deputazione provinciale, della Giunta amministrativa e via di seguito, o invece se occorreva avere effettivamente l'autorizzazione sovrana (qui si parla di diritti che risalgono a Maria Teresa, quindi un tuffo di 200 anni nel passato) per procedere alla vendita da parte dei Comuni.
Mi pare però che qui è stato acquisito e nemmeno il Commissario lo disconosce, che effettivamente i terreni sono stati venduti e pagati a suo tempo.
L'impegno fondamentale prioritario è stato quello di cercare di ottenere questo riconoscimento, ma prima ancora di passare alla valutazione del terreno, nel caso malaugurato che i produttori debbano forzosamente pagare una seconda volta.
Nel corso di più incontri abbiamo comunque ottenuto la sospensione delle procedure; in particolare in quello del 7.11.1975 al quale ha partecipato anche il Presidente della Regione, oltre che l'Assessore all'Agricoltura abbiamo ottenuto dal Commissario degli usi civici l'assicurazione che l'azione di affrancazione o di reintegrazione sarà sospesa fino al 21.1.1976 e questo per dare tempo alle organizzazioni ed a quanti altri si occupano della questione, di raccogliere, documentare e sostenere i ricorsi presentati.
Successivamente abbiamo avuto un altro incontro in presenza delle organizzazioni e di un legale della Coldiretti, l'avv. Palermo di Roma il quale, anche se sulla base di una esperienza diversa, specifica, ha ribadito le tesi dei produttori, della Giunta e dell'Assessore ed ha assunto l'impegno di coadiuvare dal punto di vista legale l'azione delle organizzazioni per ottenere la sospensione definitiva, cioè il riconoscimento dei titoli in possesso.
Noi abbiamo già affrontato il problema sollevato dal collega Franzi quello del valore. Il dr. Poddighe riconosce che si tratta di stabilire il valore che avevano i terreni a quel tempo (in gran parte boschi) per mentre a noi, alla Giunta, pare che un valore di 40/45/50.000 ad ettaro potrebbe essere congruo, il commissario Poddighe dice che dovrà essere per lo meno di lire centomila ad ettaro.
La situazione è questa: da una parte sosteniamo l'azione intesa ancora al riconoscimento dei titoli, cercando di ottenere ulteriori proroghe tenendo conto che in Parlamento dovrebbero andare in discussione alcune proposte di legge per riordinare tutta la materia, riprendendo la vecchia legge del '27, perché questa situazione di precarietà dei titoli di possesso credo sia fondamentalmente dovuta ad una non avvenuta regolarizzazione a quel tempo che avrebbe consentito a coloro che avevano acquistato, anche senza l'autorizzazione sovrana (c'era uno spazio di tempo, non so più se sei mesi o un anno) di ottenere la definizione giuridica del possesso; dall'altra i ricorsi potrebbero provocare un ulteriore rinvio delle scadenze. In ogni caso, quando non rimanesse altra alternativa, l'impegno dell'Assessore e della Giunta a sostegno delle richieste del Consigliere Franzi e delle organizzazioni si concentrerà tutto sulla valutazione del prezzo che riteniamo congruo appunto nella misura delle 40/45.000 lire per ettaro e non delle centomila che invece dice il Commissario.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

In sede di replica bisognerebbe solo dichiarare se si è soddisfatti o meno, però vorrei fare tre brevi considerazioni: 1) non solo le organizzazioni sindacali devono sostenere determinate tesi, ma deve essere un impegno della Giunta 2) il problema non deve essere visto in linea di diritto perché saremmo soccombenti in quanto la legge ci dà torto sotto il profilo del diritto sostanziale, deve essere un fatto più che altro politico che deve impegnare ancora la Giunta 3) bisogna che la Giunta, nella discussione in contradditorio con il Governo per quanto riguarda le nuove competenze da trasferire alla Regione tenga conto che la liquidazione degli usi civici deve essere completamente e totalmente trasferita alle Regioni, con l'abolizione dei commissariati per la liquidazione degli usi civici previsti dalla legge del '27.
Quindi mi posso dichiarare sostanzialmente soddisfatto se la Giunta assume questi tre specifici impegni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazioni dei Consiglieri Calsolaro, Robaldo, Martini, Lombardi Soldano e Paganelli, concernenti la situazione occupazionale della Vetreria di Vernante (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo ora alle interrogazioni presentate da diversi Consiglieri su un unico argomento, che suggerirei di abbinare e sono: Interrogazione del Consigliere Calsolaro: "Iniziative da assumere a difesa dell'occupazione dei lavoratori della Vetreria di Vernante".
Interrogazione del Consigliere Robaldo: "Iniziative assunte dalla Giunta regionale in difesa dell'occupazione alla Vetreria di Vernante".
Interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi, Soldano, Paganelli: "Iniziative assunte dalla Giunta per impedire la chiusura della Vetreria di Vernante ed opportunità di rivedere la convenzione ed i disciplinari di rilievo di materiale necessario alla lavorazione".
Su queste tre interrogazioni c'è una dichiarazione del Vicepresidente della Giunta, Libertini, che ha la parola.



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

Io pregherei i Consiglieri di consentirmi di rispondere a queste interrogazioni domattina o nella giornata di oggi per due ragioni: la prima è che sono arrivato in questo momento da Roma e la seconda è che su questa storia di Vernante sono in corso dei contatti nella mattinata di oggi per cui la risposta potrebbe essere più esauriente.



PRESIDENTE

Mi pare che non vi possano essere difficoltà, dato che c'è un impegno di parlarne nel corso delle due sedute.



CALSOLARO Corrado

Va bene.


Argomento: Trasporti su ferro

Interrogazione del Consigliere Cerchio sull'opportunità di un intervento per evitare i disagi che deriverebbero ai pendolari del Chierese e del Poirinese dalla costruzione di un casello a pagamento nel Comune di Trofarello


PRESIDENTE

Interrogazione presentata dal Consigliere Cerchio: "Opportunità di un intervento per evitare i disagi che deriverebbero ai pendolari del Chierese e del Poirinese dalla costruzione di un casello a pagamento nel Comune di Trofarello".
La risposta compete all'Assessore Bajardi, il quale ha facoltà di parlare.



BAJARDI Sante, Assessore alla viabilità e trasporti, attuazione e gestione delle infrastrutture

L'interrogante Consigliere Cerchio chiede che la Regione intervenga nel senso di evitare la spesa, o la parte restante di essa, per la costruzione del casello richiamato, in quanto esso crea disagi e maggiori spese per i pendolari e provoca intasamento della Statale 29.
Devo rilevare che in questi giorni è pervenuta anche una mozione da parte del Consiglio comunale di Cambiano, che sottolinea la stessa problematica e in particolare chiede un intervento per la sospensione dell'applicazione del pedaggio e una riunione di tutte le Amministrazioni della zona per approfondire l'esame della questione.
L'ATIVA sostiene (con nota n. 9467, in data 27/11/1975) che la costruzione del casello (progetto di 495 milioni più revisione dei prezzi) è prevista dalla convenzione fra ANAS e ATIVA per la costruzione in concessione della tangenziale che stabilisce la esazione dei pedaggi.
L'esazione è tuttora, in via provvisoria, svolta dalla SATAP alla barriera di Villanova, peraltro in maniera non differenziata fra coloro che usano la Chieri-Pino Torinese e coloro che usano effettivamente la tangenziale. Attualmente il pedaggio è fissato in 50 lire vettura, per tener conto del transito cumulato.
L'ATIVA informa che l'avanzamento dei lavori per la costruzione del casello è al 95 per cento e si prevede l'ultimazione per il 31 dicembre di quest'anno. Inoltre calcola in 20.000 passaggi/giorno il volume di traffico su quella sezione della tangenziale.
La SATAP, parimenti interessata, ha confermato, con la nota n.9204 del 28.11.75, la provvisorietà concordata con ATIVA e ANAS della esazione a Villanova del pedaggio (anche se non ha confermato date ultimative della cessazione della convenzione fra ATIVA e SATAP) su tutti i transiti di L.
50.
L'ANAS ci ha fornito in questi giorni dati sul volume di traffico nella parte relativa alla statale n. 29. Le ultime rilevazioni, del 5 novembre '75, ci hanno portato ad un traffico nella direzione di Alba di 7362 passaggi in dodici ore diurne e di 9428 nella direzione da Alba verso Torino nel punto intermedio fra Trofarello e Moncalieri. Da questi dati emerge, considerando che la capacità massima della Statale 29 può essere considerato, anche alla luce del fatto che ha un uso anche quasi di tipo urbano, di 1200 veicoli ora; che nelle ore di punta questo limite è quasi raggiunto dall'uso della Statale 27 da parte del complesso dei veicoli.
L'esazione a Trofarello consentirebbe all'ATIVA di applicare una tariffa doppia, di L. 100 per vettura, ad un numero di veicoli ridotti rispetto a quelli che si dirigono a Villanova, ma aumentato di quelli che provengono dalla Statale 29, da Santena e Cambiano (ed è questo l'oggetto dell'interrogazione); e certo ciò comporterebbe per l'ATIVA un maggiore introito notevole.
Dal punto di vista aziendale è probabile che l'ATIVA abbia fatto i conti bene e che la costruzione del casello porti a maggiori introiti (anche se occorrerebbe poter valutare i costi dell'esazione ed i reali flussi in movimento, se essi corrispondono a questa ipotesi).
Quali conclusioni possono essere tratte? Più indicazioni alternative.
Ci si potrebbe orientare da una parte verso il ripristino della situazione vigente; o verso l'accettazione del pedaggio nel nuovo casello di Trofarello provvedendo però alla esclusione del pagamento (o a condizioni di favore) per gli utenti che si immettono dalla Statale 29 (per esempio riservando una corsia della Tangenziale ed un portale del casello), oppure terzo, e forse questa è la soluzione più auspicabile, l'avvio di uno studio per l'utilizzazione del sistema tangenziale quale anello di collegamento veloce a servizio del territorio esterno a Torino. In questo caso è importante evitare che l'anello tangenziale diventi luogo di insediamenti indiscriminati e che quindi la destinazione d'uso dei terreni di tutta l'area interessata sia stabilita nel piano territoriale di coordinamento insieme con il piano dei trasporti dell'area metropolitana. In assenza di tali vincoli funzionali non è possibile prevedere l'effetto di un aumento di fatto dell'accessibilità relativa su Torino ottenuta dal mezzo individuale proprio quando s'intende rendere competitivo il servizio dei trasporti pubblici per la mobilità pendolare. In questo senso sarebbe più proponibile, sostengono alcuni uffici dell'Assessorato, un pedaggio nelle sezioni di penetrazione in Torino, rendendo invece libere le tangenziali vere e proprie.
Ma sono, queste, ipotesi che ci richiamano alla complessità del problema e più in generale ad un fatto che non possiamo assolutamente ignorare : la drammatica situazione economico-finanziaria dell'ATIVA, i cui problemi furono in parte risolti all'inizio di quest'anno proprio mettendo a disposizione da parte delle banche torinesi le somme per il completamento della parte nord del sistema tangenziale, nel quadro di un discorso che avrebbe dovuto avviarsi nella direzione opposta a quella che invece si è venuta configurando con la costruzione del casello di Trofarello. In effetti, allora chi vi parla, nella sua funzione di Consigliere provinciale, aveva sostenuto questa soluzione parziale con la prospettiva di operare verso l'eliminazione del pedaggio nel complesso di tutto quanto il sistema tangenziale e non verso la introduzione di nuove norme di pedaggio.
Sappiamo purtroppo che la volontà politica della maggioranza degli azionisti (la Provincia di Torino e il Comune di Torino) è diversa da quella dell'attuale "dirigenza" politica dell'ATIVA, e sappiamo anche, per notizie giornalistiche, che l'invito a non istituire il casello a Trofarello è rimasto inascoltato; sappiamo di colloqui intervenuti in questi giorni anche con tutti quanti gli azionisti, pubblici e privati tesi al rinnovo della dirigenza dell'ATIVA, a ricercare una soluzione alla complessiva situazione dell'ATIVA in un rapporto nuovo con l'ANAS, che è l'ente concedente, e proprio anche nel quadro di quella ricerca di una soluzione tecnica per il problema complessivo delle tangenziali torinesi.
La Giunta, e credo il Consiglio, condivide questa linea non aziendale che è stata espressa, ma che collega il problema ad una situazione più generale. Per l'aspetto più specifico, la Giunta si farà carico di un'ulteriore presa di contatto con gli azionisti, visto che da parte dell'ATIVA non c'è disponibilità a soprassedere a questa operazione e anche tramite la richiesta convocazione dei Comuni della zona andare alla ricerca delle soluzioni a tempi brevi ma anche nel quadro di tempi lunghi.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

La risposta dell'Assessore Bajardi mi trova pienamente soddisfatto nel limite obiettivo della risposta di un ufficio che non ha certamente competenza diretta in ordine a questo problema. Sono ovviamente insoddisfatto della non soluzione reale al problema, ma che non è certamente imputabile alla Regione Piemonte e all'Assessorato.
In effetti, oltre all'ordine del giorno votato dal Consiglio comunale di Cambiano, stanno per arrivare agli organi politici altre dichiarazioni e ordini del giorno, dei Comuni di Riva di Chieri, Chieri, Santena, Pralormo.
Dalla posizione direi assurda dell'ATIVA - concordo pienamente con l'Assessore - si è voluto trarre occasione, in questa sede, per una protesta politica su una spesa certamente inutile, improduttiva e comunque dannosa per i pendolari della zona. Tenuto conto, poi, che soprattutto gli utenti di Cambiano e di Chieri sono nell'impossibilità tecnica e sostanziale d'immettersi sulla tangenziale, con gravi pericoli, è chiaro che i 600 milioni, indicati secondo certe voci come spesa per questa barriera a Trofarello, sarebbero molto più produttivi e meglio utilizzati per quello svincolo che oggi non esiste per il Chierese e che sarebbe un fatto estremamente auspicabile.
Io mi auguro che con la forza politica che certamente la Regione ha, si riesca a giungere ad una soluzione a tempi brevi per questo problema. Si potranno anche studiare delle formule particolari. Certamente, Torino è l'unica città che vede l'inserimento attraverso tangenziali con il pagamento di un pedaggio. Mi rendo conto che il discorso si potrebbe collegare allora con le immissioni dalla Valle di Susa per le barriere di Collegno eccetera, ma è un discorso che giustamente dovremo fare in una ipotesi di anello di svincolo intorno alla città. I pendolari, per certamente saranno costretti fra pochi giorni a pagare il pedaggio: bisognerà trovare possibilmente anche degli accorgimenti tecnici - magari un abbonamento per i lavoratori, o tesserini o altro - se riteniamo opportuno venire incontro, direi anche tempestivamente, alle esigenze degli Utenti locali.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO


Argomento: Viabilità

Interrogazione del Consigliere Benzi sull'atteggiamento che la Giunta regionale intende adottare per ottenere il contributo statale per la Metropolitana di Torino


PRESIDENTE

Interrogazione presentata in data 5.11.75 Dai Consigliere Benzi: "Atteggiamento che la Giunta regionale intende adottare per ottenere il contributo statale per la Metropolitana di Torino".
Competente a rispondere è l'Assessore Bajardi, che ne ha facoltà.



BAJARDI Sante, Assessore alla viabilità e trasporti, attuazione e gestione delle infrastrutture

Il recente decreto che ha integrato lo stanziamento della nota legge 1042, indirizzato, su indicazione del CIPE, alla concessione di contributi per metropolitane alle città di Torino, Milano, Roma e Napoli, consentirà d'incrementare il contributo già accordato a Torino in una misura che presumibilmente il Ministero dei Trasporti determinerà ripartendo lo stanziamento aggiuntivo con gli stessi criteri già adottati a suo tempo per lo stanziamento originario. Ne conseguirebbe un aumento del contributo annuo di circa 2,9 miliardi per 30 anni. Pertanto, il Comune di Torino potrebbe fare assegnamento su un contributo annuo complessivo di miliardi 3,2 più 2,9, cioè 6,1. Però, esso potrà usufruire di tale contributo soltanto ove i lavori di costruzione abbiano inizio entro il 1976.
Com'é noto, sia la Regione che il Comune di Torino hanno riconosciuto non valida la realizzazione della progettata linea 1 della metropolitana sia per la scarsa redditività sociale, sia per l'alto costo dell'opera in una situazione di recessione quale l'attuale, ed infine, non ultimo motivo per l'incremento di terziarizzazione che potrebbe provocare detta linea nelle aree urbane da essa servite. Con tali presupposti il Comune di Torino si è mosso deliberando lo scioglimento della Società metropolitana torinese, garantendo tuttavia l'occupazione al personale dipendente.
Parallelamente, è stato avviato un processo di unificazione funzionale delle ATM, SATTI e TO-RIVOLI, nominando identici amministratori per tali aziende.
Per il soddisfacimento delle necessità di trasporto metropolitano, in alternativa al progetto della linea 1, il Comune di Torino intende muoversi secondo le linee che già hanno condotto la Giunta regionale a sostenere il noto emendamento dell'art. 14 del Decreto Legge congiunturale. Tale emendamento, approfondendo la definizione di "Ferrovia metropolitana" contenuta nella legge 1042, prevede la costruzione di un sistema integrato di trasporto ad impianti fissi svolgentesi in superficie con sede separata da quella occupata dal restante traffico e opportunamente protetta, nonch in galleria (o in sopraelevata) ove lo richiedono le condizioni viabili della localizzazione dei tratti di linea.
Per condurre gli studi necessari per far redigere in tempo utile i relativi progetti, il Comune di Torino ha istituito una commissione politica, i cui lavori hanno inizio stamani, con la partecipazione dei rappresentanti del Comune, della Provincia, della Regione, delle Aziende pubbliche locali di trasporto, delle Organizzazioni sindacali, delle Ferrovie dello Stato (il fatto che io sia chiamato stamani a rispondere a questa interrogazione m'impedisce di partecipare alla riunione), nonché di un apposito ufficio diretto da un tecnico di riconosciuta competenza, nel quale, oltre ad elementi delle locali Aziende pubbliche di trasporto, potrà confluire il personale della Società metropolitana torinese.
Per quanto concerne gli studi svolti dalla Società metropolitana torinese per incarico della Regione, si osserva che questi si riferiscono alla fattibilità di un sistema pre-metrò, utilizzante il tronco centrale della linea 1, nel quale era previsto il passaggio in galleria di tre linee che all'uscita si diramassero in superficie a ventaglio.
Il pre.metrò è un sistema differente da quello previsto, ma non incompatibile, previsto allorché si è sostenuto l'emendamento sopra accennato, in quanto esso prevede la costruzione del tratto in galleria con la medesima geometria della ferrovia metropolitana tradizionale, della cui realizzazione costituisce un tronco. Nel sistema integrato prospettato, la geometria dovrebbe essere differente, consentendo anche economie di costo.
Nondimeno, gli studi svolti dalla Società metropolitana torinese, dei quali la Regione è in possesso, ed anche il Comune di Torino, costituiscono un utile apporto di conoscenza da tener presente negli studi che il nuovo Ufficio appronterà.
Devo ancora ricordare che è prossimo l'avvio degli studi .per il progetto pilota dell'area metropolitana di Torino (ricordo che ne erano previsti 11 nel programma economico nazionale 1971-75), e che si pone il problema di affrontare soluzioni organiche ai tre capitoli della residenza dei servizi speciali e dei trasporti e comunicazioni nell'area metropolitana torinese, ciò in accordo con il Ministero dei Bilancio e con l'ISPE, in relazione ad una convenzione che affidava a suo tempo l'incarico di elaborazione all'IRES in collaborazione con la SOMEA, società attualmente inoperante per cui l'incarico resta solo attribuito all'IRES.
La giunta regionale ha in questi giorni, su richiesta del Ministro del Bilancio, riconfermato la validità della convenzione approvata dal nostro Consiglio nella primavera del '75, se non erro nel mete di aprile, e attendiamo di conseguenza le determinazioni ministeriali che possano avviare rapidamente gli studi.
Si procederà, quindi, sulla base di questi studi per il progetto pilota dell'area metropolitana torinese, alla composizione della Consulta prevista nella stessa convenzione, consulta che deve dare indirizzi per lo svolgimento del lavoro e seguire l'attuazione del lavoro di ricerca dell'IRES. Debbo rilevare che la costituzione di questa Consulta, molto simile a quella del Comune di Torino, ma a cui si aggiungeranno sei rappresentanti dello Stato (due del Ministero del Bilancio, due del Ministero dei Lavori pubblici, due del Ministero del Lavoro) sarà una utile occasione per avere una azione concordata tra l'elaborazione del progetto pilota e l'avvio rapido degli studi sulla utilizzazione dei fondi della 1042.
Per il sistema di trasporti e viabilità, in particolare, in relazione agli studi del progetto pilota, voglio ricordare che in primo luogo si punta alla determinazione della domanda finale in rapporto con il servizio offerto, anche con lo sviluppo demografico e le alternative territoriali assunte, in secondo luogo ad una proposizione di alternative di sistemi di trasporto che considerino anche le evoluzioni tecnologiche, in terzo luogo alla visualizzazione di sistemi gestionali. Sono processi paralleli che auspichiamo si avviino molto rapidamente, in modo da permettere una rapida soluzione dei problemi della comunità torinese e del comprensorio torinese e quindi nello stesso tempo l'utilizzazione della relativa massa di risorse che conseguono al rifinanziamento della legge 1042.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare l'interrogante, Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Ringrazio l'Assessore per la cortese risposta. Sono spiacente che non abbia potuto recarsi alla conferenza perché impegnato a rispondere alla mia interrogazione; ma lo intratterrò così brevemente che forse potrà ancora andarvi.
Mi permetta però di dirle, Assessore, che non c'è concretezza nella risposta che lei mi ha dato. Della Metropolitana e del pre-metrò a Torino si parla da dieci anni, senza che se ne sia fatto nulla. Il pericolo ora è che questa nuova Commissione studi non abbia il tempo materiale per fare un piano che venga poi approvato sia dal Consiglio del Comune di Torino sia dal Ministero per poi fare i progetti attuativi.
L'Assessore al Comune di Torino dice: "L'Ufficio del piano dovrà individuare gli elementi prioritari d'intervento, con speciale riguardo alla costruzione per fasi successive di un sistema in sede propria da realizzarsi con un contributo statale e da iniziarsi entro il '76". Chi abbia un po' di senso pratico e non si basi soltanto sulla teoria, sa che questo vuol dire che il Comune di Torino non sarà in grado fra un anno di far nulla. E se anche per ipotesi portasse avanti dei piani, qualora questi non fossero ritenuti idonei, Torino non avrebbe alcuna possibilità di utilizzare i fondi che sono stati posti, con la legge 492, a sua disposizione con fini antirecessivi. Noi abbiano invece il dovere di far lavorare a Torino almeno duemila persone per cinque o sei anni.
Venendo subito al concreto, propongo di procedere rapidamente per la parte che è comunque indispensabile. Noi sappiamo che è comunque necessario, per l'attraversamento nord-sud, passare sotto la Dora, passare sotto la parte vecchia di Torino. Puntiamo decisamente su questi lavori che andranno senz'altro fatti, e su questi facciamoci dare il finanziamento. Provvederemo in seguito a tutte le varianti necessarie. Se già ci sono studi approvati, delibere su cui il Ministero è d'accordo potremo in un anno far questo. Altrimenti voi avrete una grossa responsabilità: di aver perso un contributo che lo Stato concede a Torino.



PRESIDENTE

Chiede di replicare brevemente l'Assessore Bajardi, ne ha facoltà.



BAJARDI Sante, Assessore alla viabilità e trasporti, attuazione e gestione delle infrastrutture

Mi spiace che la risposta sia stata giudicata carente di concretezza.
Mi farò premura, come già ho fatto in questi giorni, di portare a conoscenza dell'Assessore competente (l'avrei già fatto stamattina, se avessi potuto partecipare alla riunione della Commissione) delle preoccupazioni emerse nel nostro Consiglio regionale, in particolare da parte del Consigliere Benzi.
A noi pare, anche alla luce dei lavori di tipo promozionale prodotti dal nostro Consiglio regionale nel passato, di dover valorizzare al massimo, attribuendo ad esso il massimo senso di responsabilità, il ruolo dell'ente concessionario, che è il Comune di Torino, affiancandolo in questa azione, che noi pensiamo possa ragionevolmente essere portata a livelli tali da permettere soluzioni adeguate e il contemporaneo utilizzo delle risorse.
E' un auspicio, direi, un atto di fiducia anche nei confronti dell'Amministrazione comunale, con impegno della Giunta regionale a tallonare l'ente comunale in modo che non si possa verificare l'ipotesi che tutti quanti abbiamo interesse a scartare, del non utilizzo delle risorse che i finanziamenti statali mettono a disposizione. La Giunta regionale s'impegna a sviluppare, particolarmente all'interno del Comitato di cui fa ufficialmente parte, l'attività conseguente alla realizzazione di questo obiettivo che mi pare è di tutti quanti, compreso anche il Consigliere Benzi.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione del Consigliere Benzi sulla possibilità di ripresentare il disegno di legge n. 267: "Programma straordinario regionale a sostegno dell'edilizia pubblica residenziale"


PRESIDENTE

Ci sarebbe un'altra interrogazione del Consigliere Benzi. Con questa concluderemo l'argomento "Interpellanze e interrogazioni", per essere coerenti con l'impegno dei Capigruppo a mettere in discussione solo le prime sei elencate.
Interrogazione presentata dal Consigliere Benzi: "Possibilità di ripresentare il disegno di legge n. 267: 'Programma straordinario regionale a sostegno dell'edilizia pubblica residenziale' ".
La parola all'Assessore Rivalta, per la risposta.



RIVALTA Luigi, Assessore al piano territoriale regionale

La Giunta è in via di principio favorevole alla ripresentazione del disegno di legge così come era stato approvato dal Consiglio regionale nella passata legislatura, respinto dal Governo sulla base di un giudizio d'incompetenza della Regione in materia edilizia. Eravamo stati unanimi nell'approvare la legge nella passata legislatura, e la consideriamo tuttora valida nei contenuti e nella struttura.
La ripresentazione sarebbe possibile poiché nel frattempo la posizione del Governo in merito all'incompetenza della Regione è stata modificata dalla Corte Costituzionale, a cui ha fatto ricorso la Lombardia per una legge analoga a quella del Piemonte: la Corte Costituzionale, con sua sentenza, ha dichiarato la competenza della Regione ad intervenire in materia edilizia, per cui sotto questo profilo è stato eliminato l'impedimento all'intervento della Regione.
Perché allora non abbiamo riproposto la legge così com'era? Ricorderete che la legge regionale sull'edilizia era nata, nel dibattito in Consiglio nel dibattito un Commissione, come frutto del confluire di proposte contenute nel disegno di legge della Giunta e nella proposta di legge del partito comunista. Queste proposte erano state formulate in una situazione di prolungata assenza d'interventi in materia di edilizia residenziale da parte del pubblico potere. In particolare, la legge da noi proposta, come dicemmo con chiarezza, era stata presentata come intervento diretto a colmare, anche se marginalmente e in via straordinaria, il vuoto di una presenza statale in questi ultimi anni in materia di edilizia residenziale.
Oggi la situazione sotto questo profilo è mutata, nel senso che, dopo l'approvazione della legge e il successivo rinvio da parte del Governo, lo Stato ha preso iniziative in materia di edilizia residenziale pubblica: con la legge 166, del maggio scorso, sono stati finanziati, per 63 miliardi interventi di edilizia sovvenzionata (Istituto autonomo case popolari) e per altri 63 miliardi interventi di edilizia convenzionata e agevolata quella a favore delle imprese e delle cooperative. Parte dei lavori, in particolare quelli dell'Istituto autonomo Case popolari, riguardanti le province di Asti, Alessandria e Novara, sono già stati appaltati, e appaltati entro la scadenza del 31 ottobre; gli altri appalti degli IACP dovrebbero avvenire entro questo mese. Per l'edilizia convenzionata e agevolata il termine di scadenza per gli appalti, fissato per il 31 ottobre, è stato spostato al 29 febbraio.
Successivamente nel mese di agosto sono stati emessi i decreti d'intervento urgente: il decreto 376 in particolare, poi convertito nella legge 492, che ha promosso altri finanziamenti in aggiunta a quelli della 166: finanziamenti per 37 miliardi per l'edilizia sovvenzionata e finanziamenti per un ammontare di circa 40 miliardi per l'edilizia agevolata e convenzionata. Questi ultimi finanziamenti per l'edilizia sovvenzionata sono stati localizzati nella passata riunione del Consiglio per quelli per l'edilizia convenzionata e agevolata, il Presidente della Giunta, cui spetta concedere il nulla osta, deciderà sulla base dei criteri che verranno fissati nella riunione della Commissione che si terrà quanto prima (ieri non l'abbiamo potuta tenere per l'assenza di alcuni colleghi).
In questi ultimi sei mesi, dunque, sono stati promossi, per iniziative di edilizia pubblica statale, interventi per un ammontare complessivo di circa 200 miliardi, rispetto ai quali l'ammontare di 40 miliardi che veniva promosso dalla legge regionale costituisce una parte non irrilevante ma comunque limitata rispetto invece alla grande incidenza che avrebbe sul bilancio regionale, pressoché ora giunto all'esaurimento delle sue disponibilità di spesa.
Noi abbiamo ritenuto di soprassedere, in questa fase, alla ripresentazione di questa legge, perché l'impegno regionale di 40 miliardi impegna il bilancio regionale in maniera consistente per molti anni.
Abbiamo ritenuto di soprassedere tenuto conto da un lato che stiamo formulando un programma pluriennale d'intervento della Regione, che verrà discusso dal Consiglio regionale. Sarà più opportuno valutare in quella sede se dobbiamo indirizzare gl'investimenti sull'edilizia residenziale o verso altri settori interessanti pur sempre il settore delle costruzioni quali ad esempio le strutture per servizi sociali; avremo cioè un quadro di confronto che ci potrà permettere di scegliere più opportunamente. D'altra parte, ho citato il caso degli Istituti autonomi di Novara, di Alessandria e di Asti come esempi positivi di Istituti autonomi che hanno appaltato entro il 31 ottobre; ma rimangono come esempi non positivi quelli dell'Istituto autonomo di Torino, di Vercelli e di Cuneo, che non hanno ancora appaltato i finanziamenti della 166. Ci pare intanto necessario oggi insistere perché questi Istituti appaltino i finanziamenti già stanziati aggiungerne altri significherebbe oggi correre rischi di ritardi nell'utilizzo.
D'altra parte, l'edilizia convenzionata e agevolata finanziata dalla legge 166, non è ancora stata appaltata; verrà appaltata forse solo entro il 29 febbraio. Abbiamo quindi questi tre mesi davanti, che coincidono con la formulazione del programma regionale, per definire la posizione da assumere nei confronti dell'intervento di edilizia residenziale a carico della Regione.
Abbiamo però ritenuto che il disegno di legge votato nella passata legislatura e bocciato dal Governo contenesse alcuni provvedimenti che dovevano essere immediatamente richiamati per il loro carattere d'urgenza o di esemplarità. E pertanto da quel disegno di legge regionale abbiamo tratto le due proposte che, presentate la scorsa settimana al Consiglio dovrebbero essere ora sottoposte all'esame della Commissione.
La prima proposta prevede l'intervento della Regione per l'acquisizione e il risanamento da parte dei Comuni e degli IACP di quartieri. Le caratteristiche di questa legge sono sostanzialmente quelle della legge regionale che il Governo ci ha bocciato: si prevede, fatto sostanziale che era già contenuto in quella legge, che tutta l'operazione di reperimento e acquisizione abbia come obiettivo il mantenimento in quei quartieri della popolazione attualmente residenti, se questa vuol continuare a vivere in quelle zone, mentre finora anche i limitati interventi di risanamento che sono stati operati hanno generato l'allontanamento della popolazione residente. Nella legge sono anche indicati come interventi da tenere in conto di priorità quelli che si riferiscono a quartieri operai con carattere unitario anche dal punto di vista architettonico ambientale richiamando qui non tanto i contenuti della legge passata quanto gli impegni politici che erano stati assunti dallo stesso Consigliere Benzi, in qualità di Assessore nella Giunta della passata legislatura (l'acquisizione e il risanamento di quartieri come Leumann, Snia e quello dell'industria tessile e laniera di Borgosesia).
La seconda proposta di legge che è stata presentata riguarda le agevolazioni da concedere alle cooperative a proprietà indivisa. In essa si prende di peso la parte della legge regionale respinta che era rivolta a questo fine. Si è tenuto conto del fatto che i finanziamenti dello Stato non hanno poi messo in condizione le cooperative a proprietà indivisa di operare. Il conto economico del finanziamento statale, che evidentemente non era stato fatto al momento della formulazione delle leggi, dimostra che queste cooperative non riescono a promuovere l'esecuzione e l'attuazione dei programmi, perché il risultato del programma è estremamente oneroso.
Noi abbiamo preso da quella legge quanto si riferisce alle agevolazioni proposte alle cooperative indivise finanziate con la 865, allargando tale agevolazione alle cooperative finanziate con le successive leggi 166 e 492.
L'intervento della Regione dovrebbe mettere in condizione di appaltare ben 50 miliardi di fondi.
Concludendo, abbiamo ritenuto opportuno prendere dalla legge bocciata gli aspetti più urgenti (quello riguardante la cooperazione indivisa) e più esemplari (quello riguardante il risanamento), rimandando ad una decisione che dovremo prendere in futuro, in sede di programma pluriennale, il possibile intervento della Regione di edilizia residenziale nuova.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Ringrazio l'Assessore per la sua chiara esposizione. Il fatto che vi siano stati da parte dello Stato finanziamenti notevoli che prima non erano previsti ha effettivamente mutato un po' la prospettiva. Io sono d'accordo anche sullo spostamento di questi finanziamenti sulla nuova legge che è preannunciata, che in sostanza equivale alla continuazione del lavoro iniziato dalla vecchia Giunta. Mi dichiaro, dunque, soddisfatto della risposta.



PRESIDENTE

Secondo le intese intervenute fra i Capigruppo, consideriamo esaurito il punto dell'ordine del giorno relativo ad interrogazioni e interpellanze.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Passiamo pertanto al punto terzo dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente".


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Astengo, Zanone, Simonelli Oberto, Bertorello, Valetto.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 39 - "Finanziamenti integrativi a favore delle cooperative a proprietà indivisa" presentato dalla Giunta regionale n. 40 - "Legge regionale per l'acquisizione od il risanamento di complessi residenziali d'interesse storico o culturale" presentato dalla Giunta regionale n. 41 - "Disciplina della raccolta dei funghi" presentato dai Consiglieri Bertorello, Chiabrando, Colombino, Lombardi, Menozzi.


Argomento:

c) Presentazione progetto di regolamento


PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha presentato il progetto di regolamento: "Norme per l'attuazione dell'art. 3 della legge regionale 13 ottobre 1972 n. 10".


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

d) Sciopero nazionale del personale degli Enti locali


PRESIDENTE

Si è svolto ieri lo sciopero nazionale del personale degli Enti locali per ottenere l'integrale applicazione del contratto di lavoro della categoria. In tale occasione, le associazioni degli enti ANCI, UPI, ANEA, i partiti politici e le organizzazioni sindacali confederali e di categoria hanno approvato un ordine del giorno in cui: "riaffermata la validità del contratto integrativo regionale per quanto riguarda la parte politica normativa ed economica, invitano le Amministrazioni ad assumere atti concreti per la sua integrale applicazione e la Regione Piemonte ad intervenire con iniziative affinché gli organi di controllo non esauriscano la loro azione in interventi esclusivamente fiscali, lesivi delle decisioni autonome degli enti".
L'ordine del giorno sollecita altresì il Governo ad affrontare tempestivamente i problemi relativi all'applicazione del contratto, al fine di favorire la riorganizzazione funzionale degli enti locali, tessuto connettivo fondamentale della organizzazione decentrata dello Stato. Viene altresì chiesto che il Governo e il Parlamento affrontino con urgenza il problema della finanza locale, per assicurare agli enti stessi le risorse finanziarie necessarie all'azione politico-amministrativa.
L'ordine del giorno conclude sottolineando la validità della giornata di lotta, "indirizzata a rimuovere tutti gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione concreta del contratto nelle sue varie parti: politica normativa ed economica; condizione indispensabile al miglior funzionamento degli enti locali".


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

e) Incontri con il coordinamento dei comitati di quartieri


PRESIDENTE

Ho avuto recentemente alcuni incontri con il coordinamento dei comitati di quartieri sul problema della nuova normativa che il Governo ha predisposto per l'elezione diretta dei Consigli circoscrizionali. La situazione dei comitati di quartiere, sorti come organismi in larga parte spontanei e di cui i principali Comuni stavano ora tentando di dettare una normativa, anche al fine di procedere al più presto all'elezione diretta degli organi direttivi, è nota. Alcuni recenti orientamenti espressivi dalla legislatura amministrativa hanno messo in forse le possibilità concrete d'attuazione del decentramento allo stato attuale della normativa in materia. Ciò ha reso improcrastinabile un intervento legislativo statale proprio per dare certezza alla materia ed evitare continui interventi contestativi da parte della burocrazia statale, degli organi di controllo e degli organi giurisdizionali. Il disegno di legge predisposto in materia dal Ministro dell'Interno non tiene però conto delle esperienze in atto e delle esigenze reali di partecipazione. Esso infatti mira a regolamentare in modo rigido ed uniforme, e solo per i Comuni con popolazione superiore ai 60.000 abitanti, l'istituzione dei Consigli di quartiere, non lasciando spazio adeguato all'espressione locale delle forme di partecipazione diretta che non possano esaurirsi nelle ipotesi previste dal predetto disegno di legge. Del resto, sotto questo aspetto il disegno di legge appare arretrato anche rispetto alle proposte di legge d'iniziativa parlamentare presentate dalle diverse parti politiche sull'argomento.
Risultano infatti presentati un progetto di legge del sen. Cossutta ed uno del sen. Signorelli, mentre è in fase di elaborazione un progetto socialista. E' infatti richiesta comune che la legge statale non debba interferire e impedire la possibilità di autoregolamentazione che tenga conto delle necessità di partecipazione e autonomia degli enti locali, si sarebbe deciso che il Consiglio regionale, in accordo con le città piemontesi nelle quali si sono già realizzate esperienze di decentramento promuova ed organizzi un convegno regionale, da realizzarsi entro il mese di gennaio o ai primi di febbraio, nel periodo cioè in cui presumibilmente l'argomento sarà all'esame del Parlamento sui temi della partecipazione e del decentramento, nella prospettiva di una legge-quadro nazionale. Al convegno, di cui si stanno definendo con maggior precisione contenuti e modalità di svolgimento, saranno invitati gli enti locali, le forze politiche, le organizzazioni sindacali, le forze sociali, oltre naturalmente, ai rappresentanti dei movimenti di quartiere già esistenti nella Regione. In tale sede sarà possibile un confronto fra le esperienze finora realizzate in Piemonte, al fine di costituire un utile riferimento per la stesura definitiva della legge in questione.
Qualora il Consiglio concordi su queste linee, l'iniziativa verrà portata avanti nel senso sopra indicato, e mi riservo d'informare successivamente sugli sviluppi dell'iniziativa medesima.
Qualcuno desidera intervenire su queste comunicazioni? Il Consigliere Paganelli, ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Nell'elencazione dei disegni di legge e proposte di legge non ho sentito comunicare la trasmissione al Consiglio di un disegno di legge sulle modifiche relative ai CO.RE.CO. Non risulta forse trasmesso?



PRESIDENTE

No.



PAGANELLI Ettore

E' evidente, allora, che la Giunta ritiene che il sistema normale di comunicazione sia quello a mezzo stampa: molte delle notizie che ci interessano noi le apprendiamo infatti dai giornali, e questa mattina abbiamo letto anche la notizia di questo disegno di legge.
Non sarebbe male, per un certo rispetto che si deve al Consiglio regionale, che i Consiglieri fossero messi in grado, oltre che di apprendere le notizie dai giornali, che indubbiamente si leggono sempre volentieri, di avere contemporaneamente in mano i disegni di legge che devono essere mandati al Consiglio.



PRESIDENTE

D'accordo. Chiede di parlare il Consigliere Calsolaro, ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Vorrei, se il Presidente me lo consente, rettificare la comunicazione relativa allo stato della proposta di legge del Gruppo parlamentare del partito socialista italiano sul decentramento. La proposta di legge non è in corso di elaborazione, ma è già stata presentata a Palazzo Madama.
Naturalmente, il Gruppo socialista concorda sull'esigenza di dare tutela e poteri effettivi alla partecipazione popolare. Essa già si esplica, da tempo e di fatto, nella realtà del decentramento comunale a livello di quartiere e di frazione, e non soltanto nelle grandi città ma anche nei Comuni medi e piccoli.
Concordiamo sull'opportunità di arrivare sollecitamente alla definizione della legge, proprio per le remore che sono state frapposte di recente dalla sentenza del Consiglio di Stato che di fatto ha bloccato le elezioni già indette a Milano e in altri grossi centri del nostro Paese.
Siamo anche dell'opinione che una normativa istituzionalizzante dei quartieri non possa che essere provvisoria, nel senso che essa deve necessariamente scadere con l'approvazione della legge-quadro sulle autonomie locali che abroghi la vecchia legge comunale e provinciale lasciando alle Regioni la facoltà di legiferare in materia di enti locali.
Credo quindi che noi, oltre a concordare sulla opportunità che avvenga in Consiglio regionale un dibattito sul problema dell'istituzionalizzazione dei quartieri, dobbiamo collegare il problema a quello della riforma della legge comunale e provinciale, o meglio dell'abrogazione della legge comunale e provinciale e della sua sostituzione con una nuova legge sulle autonomie locali.
Quanto alla proposta di un convegno, avrei delle perplessità, visto che se ne è già tenuto uno ad Alessandria, patrocinato dall'ANCI, proprio su questo specifico problema. A me sembrerebbe più opportuno, ai fini dell'economia dei lavori, che la Commissione competente, la Commissione VIII, faccia una serie di consultazioni con gli enti locali, con i quartieri, con i sindacati, con gli enti culturali, e, al termine, porti all'esame del Consiglio regionale, unitamente ai risultati delle consultazioni, le quattro proposte d'iniziativa legislativa (quella del Governo, quella socialista, quella comunista e quella democristiana), nel quadro, ripeto, della riforma della legge comunale e provinciale, della nuova legge sulle autonomie locali, non fermando cioè la discussione soltanto al momento istituzionalizzante dei quartieri, ma in una prospettiva più ampia di riforma delle autonomie locali.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

Nessun altro chiede di parlare? Darei allora subito risposta all'intervento del Consigliere Calsolaro.
Personalmente, ritengo che per tutte le iniziative che le Commissioni del Consiglio ritengono opportuno proporre per approfondire un argomento la Presidenza del Consiglio non abbia motivo di muovere obiezione alcuna. Nel caso specifico, si tratta di una iniziativa esterna al Consiglio, che non è tra quelle che una Commissione può direttamente assumere, per la quale quindi occorre vedere se c'è un consenso di massima o meno. A mio avviso non c'è ragione di opporvisi: quando le forze sociali o le forze politiche ci chiedono di patrocinare iniziative di questo genere, mi pare che possiamo senz'altro aderire, tanto più in un caso come questo in cui sono esse stesse a curare direttamente l'organizzazione. Dato il nostro interesse del tutto peculiare alla materia, se la Commissione VIII intende assumere una iniziativa di questa natura, io non ho alcuna obiezione a che essa venga assunta.
Vi sono altre osservazioni sulle comunicazioni? La parola al Consigliere Paganelli.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, avevo fatto una osservazione alla quale mi attendevo risposta. La ripeto, poiché lei in quel momento era assente.
Nell'elencazione dei disegni di legge e delle proposte di legge pervenute alla Giunta, di cui la Presidenza dà comunicazione, non ho sentito citare il disegno di legge circa le modifiche relative ai CO.RE.CO.
Ritengo che per il rispetto dovuto al Consiglio regionale i Consiglieri dovrebbero essere messi in condizioni di avere da un lato i giornali che pubblicano le notizie e le interviste al Presidente della Giunta regionale e dall'altro lato anche i disegni di legge. Operando diversamente non si esalta certo la funzione del Consiglio e dei Consiglieri.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Presidente della Giunta, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Vorrei fosse ben chiaro che la Giunta regionale, quando delibera in qualche materia o per disegni di legge, ha tutto il diritto di dichiararlo pubblicamente e di far conoscere all'opinione pubblica piemontese quanto essa stessa va facendo, senza alcuna limitazione. Questo mi pare da precisare preliminarmente con la massima chiarezza.



PAGANELLI Ettore

Ma io non ho sollevato questo problema.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La prego di lasciarmi parlare. Chiedo al Presidente che mi sia garantita la libertà di parola. Poiché io non l'ho interrotta, Consigliere Paganelli, la prego di usarmi lo stesso riguardo e di astenersi da ogni intemperanza.
Riaffermo, dicevo, il diritto della Giunta a far conoscere anche attraverso interviste o comunicazioni alla stampa quanto la Giunta va facendo. Le posso assicurare che tutti i disegni di legge che vengono approvati in Giunta sono trasmessi al Consiglio. E mi pare non sia scorretto far conoscere tutto questo nel momento in cui la Giunta lo delibera e provvede a trasmetterlo.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Paganelli, ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Non avevo affatto posto il problema al quale si è riferito il Presidente della Giunta, non avevo posto in discussione il diritto della Giunta di render noto quello che fa: ho posto in vece il problema che almeno contemporaneamente i Consiglieri possano essere in grado di avere i testi dei disegni di legge.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La Giunta è tenuta a trasmettere il disegno di legge tempestivamente ed è quanto va costantemente facendo. Oggi stesso il disegno di legge, che è già pronto e firmato, viene trasmesso al Consiglio.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Colgo questo spunto per far garbatamente presente al Presidente della Giunta che, se è fuori discussione il diritto del Presidente della Giunta e della Giunta di annunciare e di commentare dei disegni di legge d'iniziativa della Giunta, in altre occasioni - non entro nel merito di questa - la Giunta e il Presidente della Giunta sono stati in difetto nel fare comunicazioni ai giornali dalle quali traspariva un orientamento della Regione su problemi di carattere generale sui quali il Consiglio regionale non si è ancora pronunciato. Invito il Presidente della Giunta quindi a considerare l'opportunità di una maggior cautela nelle sue dichiarazioni pubbliche di tale natura.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Berti, ne ha facoltà.



BERTI Antonio

La questione è piuttosto delicata. La mia opinione personale, che ho sempre sostenuto con vigore, inutilmente, devo dire, a nome del mio Gruppo nei cinque anni della precedente legislatura, è che, per quanto possibile gli organi della Regione informino la stampa dopo che tutti i componenti del Consiglio siano stati posti a conoscenza delle iniziative che si vuol propagandare.
Pertanto, mentre da una parte concordo con il Presidente della Giunta sul diritto della Giunta di far conoscere i progetti della Giunta, non come decisioni da cui non si prescinde ma come orientamenti da proporre al Consiglio con le consultazioni, e quindi ampiamente modificabili, sono d'accordo con chi ha protestato sostenendo che al momento di rilasciare una conferenza-stampa il testo di cui si parla deve già essere stato depositato in Consiglio. Probabilmente, in questo caso non si è fatto così semplicemente per un disguido.
Voglio però cogliere l'occasione per esprimere ai Consiglieri Paganelli e Gandolfi un certo stupore. Voi avete fatto questa pratica per cinque anni, e inutilmente, ripeto, a nome del mio Gruppo io ho protestato per questo metodo per cui addirittura si dava ai giornali comunicazione di progetti di legge della Giunta come se si fosse trattato di decisioni della Regione ("La Regione ha deciso.. ", "La Regione farà... "). Mentre sono con voi nel dire che noi siamo oggi impegnati a non commettere gli errori che sono stati commessi nel passato, vi invito anche a non pretendere, e con la forza con cui l'avete fatto ora, ciò che voi non avete esercitato in cinque anni di attività.



GANDOLFI Aldo

Si sono invertite le parti.



BERTI Antonio

Già, si sono invertite le parti, e proprio per questo io ho preso la parola per dire che noi non siamo d'accordo che si ripetano sui problemi dell'informazione gli errori della gestione precedente. I rapporti con l'opinione pubblica debbono essere curati in modo corretto.
Pertanto, mentre riaffermo che la Giunta ha il diritto di propagandare far conoscere le proprie opinioni, ritengo che comunque ognuna di queste comunicazioni non possa mai precedere il momento più importante, che è quello di darne conoscenza al Consiglio. Affermo questo con il dovuto calore, anche perché, ripeto, siamo impegnati a non ricadere negli errori che voi per cinque anni avete tenacemente continuato a commettere nonostante le nostre reiterate proteste.



PRESIDENTE

La Discussione sulle comunicazioni del Presidente è conclusa.


Argomento: Artigianato

Prosecuzione del dibattito sull'artigianato


PRESIDENTE

Passiamo al punto quarto dell'o.d.g.: "Prosecuzione del dibattito sull'artigianato".
E' iscritto a parlare su questo argomento per primo il Consigliere Petrini, ne ha facoltà.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per quanto collegata ad un evento espressamente previsto da una disposizione di legge, l'occasione di un dibattito consiliare sui problemi dell'artigianato piemontese è stimolante.
Si tratta, dunque, di fare il punto non soltanto sullo stato di applicazione della Legge regionale 9.4.1974 n. 10, ma anche sull'intera gamma delle questioni non risolte o comunque da risolversi in campo artigiano.
Inutile stare a sottolineare nuovamente l'importanza del settore nel tessuto economico regionale: oltre 110.000 imprese iscritte all'Albo danno una dimensione più che sufficiente dell'apporto artigiano alla produzione piemontese.
Piuttosto, affrontando direttamente l'argomento, vale la pena di precisare le due costanti che informano il mio odierno intervento. Da un lato, infatti, la massa dei problemi dell'artigianato calata nell'attuale fase congiunturale, con gli inevitabili riferimenti alla programmazione regionale, dall'altro una valutazione complessiva dell'operato e degli intendimenti della nuova Giunta, quali possono essere desunti dalla relazione del Vicepresidente Libertini e dalle prese di posizione ufficiali.
La legge sul credito artigiano è un fatto estremamente significativo della politica regionale, come sostanzialmente la Giunta evidenzia nella propria relazione: voluta e portata all'approvazione della precedente Amministrazione, essa ha rappresentato un importantissimo strumento di rilancio del settore e un'apertura di fatto necessaria alle sue esigenze in materia creditizia, valida soprattutto in un momento di bassa congiuntura.
Che si trattasse, come tutte le cose di questo mondo, di uno strumento perfettibile, non è scoperta né di fondo né di metodo che possa appartenere ad alcuno: semmai, soddisfa la constatazione che tale processo di perfezionamento sia da considerarsi ormai acquisito da ogni parte politica.
Le valutazioni della Giunta conseguenti alle risultanze sui primi due anni di applicazione della legge n. 10 sono corrette ed opportune, laddove si parla di allargare l'area degli incentivi già operanti, prevedendo qualche ulteriore forma di agevolazione per sostenere maggiormente le imprese artigiane.
Ma di particolare interesse sono le considerazioni relative al meccanismo operativo della legge, che portano alla conclusione di una Regione Piemonte come erogatrice del contributo sulla base non già di proprie analisi concrete, a loro volta espressione d'indirizzi programmatici ben precisi, quanto piuttosto di altrui classificazione nella fattispecie degli Istituti bancari convenzionati.
Ben si osserva che il problema è di carattere generale e trascende tutto sommato, il caso specifico: ma anche per questo, e forse proprio per questo, accogliamo come un primo passo l'intento della Giunta di ovviarvi soltanto grazie ad un "meccanismo ad hoc", "che consenta di pilotare l'utilizzo degli incentivi.., secondo le finalità dei propri programmi generali e di settore".
E' senz'altro vero, infatti, che buona parte dei problemi del mondo artigiano ruota attorno al momento creditizio, soprattutto oggi pervenuto ad una dimensione "esistenziale", capace di condizionare, cioè, la sopravvivenza stessa dell'impresa.
Sarebbe tuttavia illogico limitare a tale aspetto le nostre attenzioni di amministratori regionali. Vediamo infatti di che cosa necessitano e che cosa chiedono oggi gli artigiani, sapendo di rivolgersi ad un interlocutore che già in passato ha mostrato di sapersi adoperare positivamente in loro sostegno.
Per l'artigianato s'impone indubbiamente problema di una accelerata crescita della produttività: questo, significa ammodernamento tecnologico ma anche nuovi strumenti di penetrazione sui mercati ed una più fortunata politica di approvvigionamenti.
Si tratta, cioè, di riuscire a realizzare delle economie di scala, che la dimensione artigiana di per sé non garantisce, anzi, sovente ostacola.
S'impone, di conseguenza, il ricorso a forme consortili o cooperativistiche, che salvaguardino da un lato le caratteristiche peculiari e gli aspetti positivi dell'artigianato, ma che dall'altro consentano di superarne i limiti di dimensione e di frazionamento.
Più in generale, occorre affrontare i problemi -oltre che del credito degli orientamenti produttivi, della formazione e qualificazione professionale (in specie dell'apprendistato), della ricerca di aree per insediamento delle aziende artigiane, della situazione specifica di ciascun settore.
E' appena il caso di ricordare che tutta questa problematica di fondo conosce un fattore esterno, la situazione congiunturale, capace di aggravare i fenomeni critici gia in atto, che si sono ripercossi spesso duramente sui livelli occupazionali.
Solo un'azione articolata, che intenda ovviare a tutte le difficoltà del settore e che tenga conto dell'incidenza della componente congiunturale, può infatti consentire all'artigianato di svolgere il proprio ruolo dinamico e positivo nel quadro del sistema economico piemontese.
Lo sviluppo della nostra Regione, va infatti sottolineato, non pu attuarsi se non con la contemporanea propulsione di tutte le componenti dell'attività economica, mettendo in evidenza proprio la necessità di un potenziamento del settore artigiano, di quel ruolo dinamico e positivo richiamato più sopra, nel quadro di una diversificazione economica del Piemonte, che il piano di sviluppo regionale dovrà postulare e prevedere ma che è soprattutto richiesta dalla necessità di un migliore assetto economico e sociale della nostra regione, e, in ultima analisi, per consentire una diffusione di migliori condizioni di vita, ancor oggi accentrate solo in alcuni punti di attrazione.
C'é poi, da ultimo, un aspetto, quello fiscale, che accennerò, per quanto non di diretta competenza regionale, poiché le modifiche dell'IVA e la stessa impostazione del sistema fiscale, così come è attualmente concepita, portano ad incongruenze e disuguaglianze, nonché ad aggravi di oneri che, se non opportunamente scaglionati, potrebbero causare il collasso di numerose imprese. Attendiamo dalla Giunta ulteriori notizie circa i passi pre-annunciati nella propria relazione.
Di fronte a questa gamma, in verità considerevole, di problemi, c'è la Regione, in qualità di diretto interlocutore e come momento di sintesi delle varie istanze di categoria, investita del compito di adottare i provvedimenti che le competono e di intervenire, negli altri casi, con il proprio peso politico, nei confronti del Governo centrale.
Esaminiamo quanto la Giunta si propone di attuare con duplice intento di valutare l'adeguatezza degli intenti alle esigenze dell'artigianato piemontese e di integrarli in termini di apporto costruttivo, laddove se ne ravvisi l'opportunità.
Le iniziative proposte, di fatto, s'imperniano su un provvedimento legislativo che modifichi la legge regionale 9.4.1974 n. 10, secondo gli intendimenti sopra espressi, l'istituzionalizzazione della Consulta regionale dell'artigianato, la costituzione di una parte di "Italia '61" in "Ente Fiera" permanente della Regione, la promessa che la Finanziaria, che presto verrà varata, si occuperà dell'Artigianato in maniera specifica, ed una serie d'impegni concreti, fra cui spicca la Conferenza regionale sull'Artigianato.
Balza all'evidenza la nuova luce in cui viene visto dalle prospettive programmatiche della Regione Piemonte l'Ente di sviluppo dell'Artigianato piemontese, per l'istituzione del quale la precedente amministrazione aveva presentato un progetto di legge: sappiamo che esso è stato anche definito "un inutile e costoso carrozzone".
Non sarà male, al contrario, ricordare che l'Ente era stato delineato in termini del tutto diversi, come lo strumento, cioè, più idoneo ad affrontare unitariamente, positivamente e con cognizione di causa la situazione del mondo artigiano. Eccone i motivi.
L'Ente era stato proposto, e come tale era stato favorevolmente accolto da più parti, in quanto mirava a realizzare un sostanziale autogoverno della categoria. Tutte le sue componenti più rappresentative avevano avuto modo di prender visione del progetto di legge istitutivo e di formulare il loro assenso o il loro dissenso sulle singole disposizioni. Cosa che puntualmente fecero, senza investire direttamente la necessità e le cause che giustificavano la presenza dell'Ente stesso: ci fu, di fatto, una consultazione del mondo artigiano sul problema, e ad identico procedimento si dovrà accedere prima di accantonarlo.
Se vogliamo, può esserci una sottigliezza, al fondo della questione: non è chiaro, cioè, se l'Ente è un carrozzone in quanto tale, in quanto cioè non si avverte la necessità di un organismo ad hoc che si occupi dei problemi artigiani; ovvero, se lo è nei termini e nelle modalità con cui la vecchia Giunta intendeva realizzarlo.
Sarebbe molto interessante conoscere, a questo riguardo, e sul complesso della situazione, anche il parere dei colleghi socialisti, molti dei quali si fecero promotori, nel corso della passata legislatura, di un disegno di legge recante: "Istituzione dell'Ente per lo sviluppo dell'Artigianato piemontese", nella cui relazione si legge che: "L'obiettivo primario è di dar vita ad uno strumento legislativo in grado d'incidere sui problemi connessi con la crescita dell'Artigianato piemontese".
Così, egualmente opportuno sarebbe valutare l'opinione in proposito oltre che delle categorie artigiane piemontesi, di quelle regioni, come il Friuli-Venezia Giulia e la Campania, che già hanno istituito l'Ente, per conoscerne vantaggi e svantaggi sotto ogni profilo, politico ed economico tanto più che anche la Toscana ha ritenuto di dover dar vita all'ERTAG organismo similare che si occupa anche di Artigianato.
La presenza della Consulta - vorrei sgombrare subito il campo dagli equivoci - non muta i termini della questione. Temo davvero che non possa bastare, in alternativa all'Ente: essa ha funzioni, compiti e finalità che non s'identificano con quelli dell'Ente di sviluppo.
E' un momento di contatto, di consultazione, di opportuno ed utile confronto tra la Regione e le categorie artigiane, contatto che può essere reso regolare e periodico; può, anzi deve, essere istituzionalizzato, ma si arresta ad una fase che definirei preliminare, senza incidere direttamente sulle scelte successive.
Mentre siamo d'accordo che la Regione senta il più frequentemente possibile la voce delle Organizzazioni artigiane, sono convinto che sicuramente quella fase non potrà che rappresentare un momento dell'operato della Regione nel settore artigiano, necessario ma parziale, da integrarsi con provvedimenti idonei al conseguimento di obiettivi reali.
Cosa deve proporsi, dunque, la Regione, oggi, per gli artigiani? Vediamo che, in dettaglio, è necessario: innanzitutto, ottenere un'unità di azione nel settore, che presenta oggi un frazionamento assai elevato (le "professioni" non si contano, e investono senz'altro più di dieci settori economici) e giungere ad un coordinamento superiore di una vastissima gamma di mestieri e di attività pervenire al coordinamento delle diverse istanze a livello di associazioni di categoria, oggi forse troppo suddivise promuovere l'assistenza tecnica alle imprese artigiane nonch curarne l'aggiornamento tecnologico incrementare la produttività aziendale, suggerendo procedimenti più efficaci sviluppare le attività artistiche tradizionali dell'artigianato regionale e locale costituire un'appropriata sede di documentazione e di informazione allo scopo, tra l'altro, di esercitare consulenze specializzate ai vari livelli (economico, commerciale, interno ed estero).
Se in queste prospettive era nato il progetto dell'ESARP, senza voler dare l'impressione di una difesa d'ufficio di quello che fu un progetto della passata amministrazione, credo che oggi, prima di abbandonarlo occorra essere ben certi di tre cose: che gli esempi di altre Regioni non siano ripetibili in Piemonte che le organizzazioni rappresentative degli artigiani siano acquisite all'idea di altre formule per giungere agli stessi obiettivi di fondo che, infine, il combinato delle soluzioni alternative (Finanziaria per i problemi artigiani, Consulta, potenziamento delle strutture dell'Assessorato) consenta senza troppi indugi l'avvio dell'intervento organico della Regione nel settore.
In questi termini, evidentemente, deve trovare fisionomia il discorso sulla preannunciata modifica della legge regionale n. 10 del 1974, sulla quale, per mancanza di dati certi, si può adesso parlare a livello di ipotesi.
E' legittimo, come ho già osservato, che la Regione voglia avocare a s la prerogativa di un esame politico-programmatorio dell'insieme delle richieste di ammissione a contributo da parte degli artigiani ai sensi della legge citata, assumendo, come titolo preferenziale, altri elementi di giudizio, oltre a quelli, squisitamente tecnici, forniti dagli Istituti di credito.
Attesa la dimensione assunta dall'intervento regionale - che i dati prodotti dalla Giunta illustrano adeguatamente - c'é da ritenere che qualunque iniziativa pratica, che si vorrà mettere in atto sulla stregua degli indirizzi annunciati, richieda strutture idonee ed adeguate, di cui ancora gli uffici regionali devono dotarsi, beninteso sotto il profilo numerico, non qualitativo: confido che le ipotesi formulate dalla Giunta possano presto avere un volto, grazie all'attesa legge sulle strutture.
A questo punto è doveroso però sottolineare l'apprensione comune che non si addivenga ad un appesantimento burocratico delle procedure con la frustrazione sia dei risultati positivi già ottenuti e sottolineati (consistiti nell'efficacia operativa e nella rapidità di utilizzazione dello strumento legislativo), sia nella vanificazione dei buoni propositi per il futuro e di impostazioni che appaiono corrette sotto il profilo teorico ma che richiedono di essere verificate sotto il profilo pratico.
Per parte mia, vorrei delineare soltanto alcune direzioni verso le quali giudico opportuno muoversi, nella fase di redazione delle modifiche alla legge n. 10.
Innanzitutto, è viva l'attesa per un sostanzioso aumento della dimensione del contributo, per consentire operazioni di importo superiore altrettanto sentita è l'esigenza di procedure istruttorie più snelle discorso questo che si ricollega al potenziamento dell'Assessorato arricchendolo di un'ulteriore sollecitazione a provvedervi tempestivamente verso le forme associazionistiche, è importante che la legge esplichi un ruolo promozionale, grazie all'aumento del contributo annuo alle cooperative artigiane di garanzia, contributo peraltro estensibile a cooperative e consorzi artigiani di qualsiasi genere data, infine, l'imprevedibilità di molti aspetti dell'attuale crisi si è manifestata l'opportunità di una "trasformazione" del debito dal breve al medio termine: sono consapevole della complessità del problema, ma vorrei che ciò non costituisse, al tempo stesso, un alibi per non affrontarlo.
Si sappia che le categorie artigiane sono state oggetto di numerose sollecitazioni al riguardo.
Sin qui il mio intervento ha inteso fornire un contributo costruttivo in termini di scelte di fondo che noi amministratori regionali dobbiamo affrontare per incanalare i problemi del mondo artigiano verso una soluzione razionale.
Esistono, tuttavia, alcune iniziative specifiche, sul terreno pratico direi, che è opportuno richiamare per il significato che potrebbero dare all'azione regionale in questo campo e per accrescerne la credibilità verso gli artigiani stessi.
Si era parlato a lungo di un'indagine conoscitiva sulla situazione complessiva dell'artigianato in Piemonte, fino a una definizione, da parte dell'Ires, dei criteri tecnici che avrebbero dovuto ispirare tale censimento. Sono evidenti i benefici di un'indagine che si prefigga di conoscere: a) il numero dei titolari e dei soci b) il numero delle imprese artigiane operanti in Piemonte, suddivise per categorie e per ramo c) il numero degli artigiani e dei loro familiari coadiuvanti in Piemonte, suddivisi per classi di età, raffrontandoli percentualmente con il resto d'Italia d) il numero degli apprendisti artigiani, con i relativi dati percentuali e) le caratteristiche salienti di ciascuna impresa, secondo il metodo dell'indagine questionario, rilevazione questa, assai importante, come sottolinea l'Assessore Libertini.
Altrettanto utile sarebbe dar corso all'elaborazione di questi dati, al fine di costituire un valido punto di partenza documentativo per tutte le iniziative da avviare in campo artigianale.
Senza entrare nel merito del procedimento cui attenersi in vista di tale operazione, accogliamo con soddisfazione le notizie della Giunta circa la sua fase attuativa, e vorremmo fungere da stimolo perché, data la sostanziale identità di vedute, si provveda a sollecitarne una rapida predisposizione.
Parallelamente, usufruendo di tale patrimonio di fondo, l'Assessorato all'artigianato della Regione potrebbe svolgere la funzione di una "Banca dei dati" nei confronti di tutte le componenti artigiane piemontesi curando pubblicazioni specializzate di estremo interesse sul piano informativo, beninteso provvedendo un costante aggiornamento degli elementi in proprio possesso.
E' questo un modo attivo, positivo di concepire il ruolo della Regione verso gli artigiani, creando nei loro confronti un dialogo che altrimenti arrestandosi ai rapporti al momento della consultazione - finirebbe con l'esaurirsi in una chiamata su temi precostituiti, con effetto limitativo nei confronti di istanze e problemi sull'artigianato.
Nella stessa ottica di un rapporto continuo con la categoria, inteso a valorizzarne le varie produzioni e precipuamente il loro significato artistico può collocarsi una proposta integrativa rispetto a quel disegno di utilizzazione di parte delle strutture di "Italia '61" per stabilirvi una mostra permanente di artigianato piemontese.
Vorrei evitare ogni accenno polemico al fatto che in questo caso è prevista la costituzione di un Ente Fiera - che forse rivela che la "Giunta è contraria solo ad alcuni enti - per osservare che la mostra, localizzata come si prevede, solo nella città di Torino, avrebbe validità ma non completezza, nel senso che limiterebbe alla nostra Regione la portata dell'iniziativa, senza proiettarla all'esterno: ovviare con una mostra "itinerante" realizzabile nei capoluoghi delle Regioni italiane, e, perch no, anche all'estero, nelle forme e nei modi più svariati - ad esempio convenzionandosi con gli Istituti di credito - mi pare soluzione di tutta semplicità logica. Sono di immediata evidenza, infatti, i benefici che ne deriverebbero all'artigianato piemontese: per l'interesse della categoria dunque, mi auguro che l'ipotesi non venga tralasciata.
Per completare il quadro delle mie osservazioni, vorrei ancora toccare qualche punto, per rispecchiare, ed eventualmente integrare, la panoramica della Giunta.
Ho già accennato in precedenza alla necessità di reperimento di aree per insediamenti artigiani: la Regione dispone di una legge per aree industriali attrezzate che, proprio nel suo articolo 1, parla di insediamenti artigiani. Anche qui, vorrei ribaltare una visuale che configura l'artigianato in funzione subalterna all'industria, soprattutto allo scopo di evitare che ciò avvenga nella fase di applicazione di questa legge.
Forse un provvedimento apposito, sotto forma di legge, meglio potrebbe adeguarsi alle necessità, e - pur senza entrare nel merito - delineare il reperimento e la dotazione di aree per insediamento in funzione specifica alle caratteristiche dell'impresa artigiana.
Tale provvedimento potrebbe essere utilmente correlato alla vecchia idea di una destinazione dei centri storici ad ospitare aziende di dimensione artigiana: il problema avrebbe così modo di trovare soluzione nella sua duplice dimensione, cittadina e "provinciale".
Di estremo interesse, poi, è a mio avviso la prospettiva di un leasing artigiano: se mi limito ad enunciarne le possibilità, senza approfondirne i termini, è perché considero la cosa sotto il profilo dell'idea da studiare per i motivi di novità che presenta e per l'importanza, quale soluzione alternativa, che potrebbe venire ad assumere nel futuro ai fini del reperimento di aree idonee ad installazioni artigiane.
Non vorrei dilungarmi su altri punti, quali la "regionalizzazione" dell'Artigiancassa, per l'unicità delle fonti di credito, la redazione del progetto di legge-quadro per l'artigianato, secondo criteri più aperti all'operatività regionale, la convocazione di una conferenza regionale sull'Artigianato: sono temi che già furono delle precedenti amministrazioni e che, in certo modo, soddisfa veder ripresi oggi pressoché negli stessi termini.
Sulla Finanziaria piemontese, invece, vorrei esprimere una raccomandazione. Siano precise le distinzioni fra gli interventi che servono a predisporre le migliori condizioni strutturali, ambientali e tecniche per lo sviluppo industriale e quelle che riguardano il vasto mondo dell'artigianato. Gli artigiani si attendono molto da questo nuovo strumento - soprattutto per il potenziamento e il sostegno che potrebbe derivare al delicato settore della promozione e dell'esportazione, per cui finora l'improvvisazione ha prevalso sulla razionalità organizzativa.
Il discorso, ovviamente, è da riprendere al momento opportuno.
Parte della relazione della Giunta sulla legge regionale 9/4/1974 n. 10 è dedicata a delinearne l'operato nei confronti delle cooperative artigiane di garanzia: forse si tratta dei punti di bilancio meno convincenti, se è vero che si è ad un sottoutilizzo delle risorse stanziate dalla legge, in termini molto bassi rispetto al plafond di L. 120.000.000.
La notazione non ha valore episodico ed investe il difficile problema dell'associazionismo artigiano, cui la legge n. 10 ha fatto da stimolo, ma che di fatto non è ancora concetto pienamente acquisito ad opera di coloro che dovrebbero beneficiarne.
Attendiamo con interesse il progetto di modifica della legge stessa proprio per misurarne l'effettiva incidenza in questo delicato settore.
Tuttavia, per certo verso, avremmo voluto più completa la relazione della Giunta a questo proposito, in quanto gli incentivi alle cooperative artigiane di garanzia non sono che una parte del problema: sul tema dei consorzi, sugli impegni della Regione allo scopo di creare e favorire tra gli artigiani il determinarsi della mentalità associazionistica, sui provvedimenti concreti da adottarsi in proposito, la Regione deve saper essere attivamente presente anche in termini innovativi.
A livello consortile, una proposta di estremo interesse è stata ultimamente delineata, con l'apporto sostanziale di una Confederazione artigiana.
Pur senza entrare in dettagli, peraltro ancora da definire, s'è parlato di consorzi interprovinciali artigiani, sotto il coordinamento della Regione, da avviare in forma sperimentale nei campi dell'istruzione professionale e dell'esportazione ma estensibili ai settori in crisi (ad esempio, il tessile) ed ai comparti, coinvolgendo sui singoli temi tutte le imprese sia di produzione che di servizi.
Resta un'ipotesi da vagliare e verificare, per modalità e tempi di attuazione, ma un'ipotesi pur sempre di estremo interesse, che mi auguro la Giunta non voglia sottovalutare.
Signor Presidente, signori Consiglieri, da queste mie considerazioni e da quelle dei colleghi del mio Partito credo emergerà, con tutta chiarezza la linea politica regionale che la D.C. ritiene valida per promuovere ed attuare lo sviluppo del settore artigiano in Piemonte.
A monte, un accurato lavoro di ricerca, di documentazione e di analisi quale piattaforma per provvedimenti che tocchino i problemi fondamentali del settore. A valle, una sincera volontà politica ed un impegno critico ma costruttivo perché le elaborazioni teoriche non restino lettera morta, ma come nel caso della legge n. 10, si traducano in realizzazioni concrete a favore delle categorie artigiane, secondo un rapporto dialettico Regione artigiano che rimuova le remore psicologiche dell'uno e le imperfezioni operative dell'altra.
Una volta di più, ripeto, il servizio alla categoria artigiana è servizio a così larga parte della comunità piemontese da porsi come impegno di fondo, attivo e solerte, di tutti noi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, signori Consiglieri, la relazione del Vicepresidente della Giunta sulla gestione della legge regionale per l'artigianato e sui problemi generali del settore ci induce a proporre brevemente alcune valutazioni di carattere politico sulla funzione che, a nostro avviso, le classi intermedie, i lavoratori autonomi, vanno assumendo sul piano politico ed economico nel nostro Paese.
Sono valutazioni che ci fanno rilevare l'importanza dei ceti medi degli artigiani, dei piccoli imprenditori, degli addetti ai servizi - non soltanto in ordine ad un rapporto puramente quantitativo nei confronti delle altre forze produttive (il ceto medio eguaglia, com'é noto, in forza numerica quella dei lavoratori dipendenti), ma soprattutto per ragioni qualitative, di natura economica e sociale, e quindi politica, per ciò che essi rappresentano nel tessuto connettivo del Paese, come elemento determinante nella scelta del tipo di sviluppo della società.
E' nostra convinzione - e l'esperienza storica del nostro Paese ce lo insegna - che l'orientamento politico di queste categorie economiche intermedie ha una grande importanza ai fini della trasformazione delle strutture; e che pertanto è possibile avanzare sulla strada della crescita democratica solo se, con il consenso della classe lavoratrice, dei lavoratori dipendenti, si ha anche quello dei ceti medi.
La politica seguita dai nostri Governi in questi trent'anni non ha certo favorito lo sviluppo dell'Artigianato e dei ceti medi in generale.
Uno sviluppo che si è svolto secondo l'azione spontanea delle forze produttive, talvolta stimolate da provvedimenti di carattere settoriale corporativi ed episodici, e non inquadrati in una politica economica organica capace, tra l'altro, di eliminare i pesanti vincoli imposti dall'attuale sistema bancario.
Si è così sviluppata verso queste categorie quella politica che è stata definita delle mance: in cambio dei vantaggi derivanti dalle pratiche di sottogoverno e della libertà di esasperare le spinte corporative, i ceti medi hanno pagato il prezzo della loro strumentalizzazione rispetto ai disegni del grande capitale e della grande industria.
Nella prospettiva di un profondo rinnovamento economico, sociale e politico del Paese - come unica strada per uscire dalla crisi - la scelta che si propone a queste categorie del ceto medio è quella di essere, di porsi, tra i protagonisti di quel vasto processo unitario in atto tra le componenti sociali democratiche della collettività per costruire insieme per essere positivamente coinvolti nella definizione e nella costruzione di un diverso tipo di realtà economica e sociale.
Il fallimento di un certo modello di sviluppo economico nel quale molti strati intermedi avevano creduto, e la caduta conseguente di un modello di vita basato sul consumismo, hanno determinato nuove consapevolezze.
Oggi, larghi strati del ceto medio non accettano più il ruolo subalterno che le grandi concentrazioni nazionali e multinazionali avevano loro assegnato, tenendoli sistematicamente fuori dai centri decisionali. N accettano più, di conseguenza, i protezionismi ed i clientelismi che ne hanno condizionato per lungo tempo gli orientamenti politici. Essi pertanto sono oggi alla ricerca di nuovi valori morali, di un nuovo ruolo, di nuovi o quanto meno diversi - interlocutori.
Da questo punto di vista, è sufficiente pensare alla funzione che l'associazionismo può esercitare nel campo dell'artigianato e delle piccole imprese nei confronti del potere del grande capitale e della valorizzazione delle risorse e dell'indirizzo dei consumi.
Al ruolo che l'associazionismo può svolgere nel settore commerciale per esempio nel campo dell'intermediazione che rappresenta uno degli elementi determinanti di lievitazione del costo della vita.
E ancora ai rapporti nuovi e diversi che si potranno creare tra queste categorie, le loro rappresentanze e i governi locali dei Comuni, delle Province e delle Regioni per quanto attiene all'uso del territorio all'individuazione e all'utilizzazione delle risorse.
In questo quadro la Regione si pone come l'interlocutore più valido nei confronti dei ceti medi, e soprattutto nei confronti dell'Artigianato, non solo per le competenze istituzionali che le sono affidate in materia ma per la sua funzione di programmazione e di indirizzo.
L'Artigianato piemontese, costituito da oltre centomila aziende, deve poter conservare e potenziare la propria efficienza tecnica e produttiva per far fronte alle esigenze del mercato interno ed estero, ed assorbire quote crescenti della forza lavoro presente nella Regione.
Sembrano ormai lontani i momenti in cui si era temuto che l'azienda artigiana venisse travolta dal processo di sviluppo di concentrazione capitalistica. L'artigianato ha saputo conquistarsi un suo spazio, ed ha concorso in larga misura alla formazione del reddito nazionale ed all'occupazione.
L'impresa artigiana, se non ha giocato in Piemonte il ruolo che è venuta assumendo in altre Regioni, resta tuttavia di fondamentale importanza per le province minori e di notevole importanza anche per quella di Torino.
Le sue caratteristiche strutturali la rendono facilmente disponibile alla conversione produttiva, necessaria in queste circostanze di crisi economica, mentre questa sua capacità ne esalta oggi la funzione.
L'espansione quantitativa dell'impresa artigiana è avvenuta in condizioni di disagio soprattutto per la mancanza di una legislazione che sul piano istituzionale, creditizio e del mercato potesse offrirle un ruolo che, se non competitivo con le grandi imprese, fosse quanto meno sufficientemente autonomo e qualificato.
Questa situazione ha aumentato gli squilibri esistenti ed ha creato i presupposti per cui i redditi dell'impresa artigiana tendono a subire sensibili diminuzioni, in connessione alla modestia degli utili, della produttività e quindi dell'autofinanziamento.
La mancanza di coordinamento con gli organismi della grande distribuzione e la difficoltà di penetrazione sui mercati internazionali sono fattori che concorrono a rendere più difficile la situazione delle imprese artigiane.
Esse rischiano di essere travolte da un lento ma continuo processo di emarginazione, per le condizioni di crescente svantaggio in cui devono operare, per effetto di costi discriminati sostenuti per l'approvvigionamento delle materie prime, dei semilavorati, delle fonti energetiche e dei finanziamenti.
Gli effetti della politica creditizia sin qui seguita nel settore artigiano sono stati avvertiti in modo particolarmente pesante, in quanto le piccole unità incontrano notevoli difficoltà quando richiedono finanziamento : l'elevato costo del denaro, il difficile reperimento delle garanzie reali, la politica selettiva seguita dalle banche, la mancanza di uno strumento creditizio capace di stimolare sul piano promozionale il movimento associativo hanno rallentato enormemente il processo di rinnovamento che si rendeva necessario per adeguare le strutture produttive, organizzative e commerciali del mondo artigiano alle esigenze dei consumatori, dell'industria e dei lavoratori dipendenti.
Gli interventi della Cassa per il credito delle imprese artigiane, pur svolgendo un'azione di consistente importanza nel settore, non sono oggi più in grado di risolvere, da soli, il problema degli investimenti fissi da cui sono assillate le imprese dell'artigianato produttivo.
L'attività della Cassa, infatti, si è sempre svolta in assenza di precisi programmi di intervento e sulla base di un processo selettivo del credito che gli istituti bancari effettuavano nei confronti delle imprese tenendo conto solamente delle garanzie reali che venivano offerte.
E' sempre mancata una politica creditizia dell'Artigiancassa, che modificando i rapporti con gli istituti finanziari, fosse in grado di operare scelte volte a favorire quei comparti produttivi che meglio rispondevano alle mutevoli esigenze della moderna realtà economica.
Manca, cioè, una politica creditizia che, sul piano degli insediamenti della salvaguardia dell'ambiente, della ricerca scientifica e tecnologica applicata, della progettazione, dell'esecuzione di fasi o cicli intermedi di lavorazione, della commercializzazione dei prodotti, della diffusione dei marchi di qualità e della costituzione di servizi sociali volti a favorire le condizioni di lavoro degli artigiani e dei loro dipendenti, sia capace, facendo leva sul movimento associativo, di avviare un processo di rinnovamento e di ristrutturazione dell'artigianato produttivo.
Un adeguato intervento pubblico in materia di credito diventa perci condizione essenziale per offrire alle imprese artigiane la possibilità di esprimere, in condizioni di parità rispetto alla grande industria, i segni concreti della loro potenzialità, fondata sull'abilità tecnica e su di una grande capacità di adeguamento di fronte al mutare della realtà economica.
Per il superamento di queste difficoltà bisogna puntare verso una decisa inversione di tendenza della politica economica e creditizia fin qui seguita, occorre dare all'impresa artigiana la possibilità di esercitare il proprio ruolo presente e di prospettiva in un'economia che, ammettendo la coesistenza di vari tipi e dimensioni di impresa, assicuri alle stesse il conseguimento di un elevato grado di sviluppo nell'ambito di un sistema più giusto e più equilibrato.
Queste considerazioni erano state poste alla base della proposta di legge relativa all'istituzione dell'Ente per lo sviluppo dell'artigianato piemontese presentata dal Gruppo socialista nel corso della passata legislatura.
Essa rispondeva, in sostanza, all'esigenza di dare immediato inizio, in attesa di una reale ristrutturazione e riorganizzazione a livello regionale della Cassa per il credito alle imprese artigiane, ad una serie di iniziative che favorissero e sostenessero l'espansione della struttura economica e industriale del territorio regionale, in armonia con l'aumento dei consumi popolari e sociali, ai fini del raggiungimento della piena occupazione e la completa utilizzazione di tutte le risorse disponibili tenendo conto del fatto che nei periodi di recessione l'artigianato tende a svilupparsi in quanto esso diventa rifugio di numerosi lavoratori provenienti dai settori colpiti.
I provvedimenti di natura finanziaria volti a favorire lo sviluppo delle attività artigiane avrebbero dovuto essere assunti - secondo la proposta di legge socialista - con leggi separate. La proposta non ebbe poi seguito, ed al problema ha accennato di recente l'Assessore Libertini nella sua relazione alla Conferenza regionale sull'occupazione e nel recentissimo suo intervento in Consiglio. Le sue preoccupazioni - i carrozzoni e la proliferazione degli enti - erano e sono tuttora anche le nostre.
Il problema, però, resta: ed è quello di come provvedere all'organizzazione ed all'esecuzione dei servizi amministrativi di assistenza tecnica e dirigenziale, e di promozione della ricerca applicata ai fini dell'espansione, della riconversione e dell'ammodernamento delle aziende; alle prestazioni di consulenze e di servizi di mercato all'attuazione di interventi di assistenza creditizia e finanziaria; alla promozione e al sostegno delle iniziative economiche in forma associata; e ancora alla formulazione di studi e ricerche, e alla promozione - a favore delle imprese artigiane - di attività di leasing, factoring e marketing.
Si tratta, fra l'altro, di richieste precise delle organizzazioni di categoria, che la Regione non può eludere proprio per le competenze che le sono attribuite, ma che presentano indubbie difficoltà di attuazione.
Mi rendo pertanto conto delle perplessità avanzate dal Vicepresidente della Giunta, e direi che il presentare soluzioni alternative, e non definitive, da verificare alla luce delle esperienze dei prossimi mesi, sia forse la cosa più opportuna.
La relazione sulla gestione della legge regionale 9/4/1974 n. 10 evidenzia alcuni problemi e prospetta alcune modifiche che ci trovano consenzienti.
Vorrei solo rilevare la modesta utilizzazione delle provvidenze legislative per gli impianti anti-inquinamento. Mi parrebbe opportuno che l'intervento della Regione per questo particolare aspetto della legge debba essere modificato con contribuzioni che coprano anche la quota capitale. Il limitato numero di operazioni è probabilmente dovuto all'alto costo degli impianti: si tratta ovviamente di verificarne la causa effettiva.
Ritengo giusta la proposta della previsione di un meccanismo che dia alla Regione la possibilità di pilotare l'utilizzo degli incentivi secondo la finalità dei propri programmi, in armonia con le indicazioni economiche e sociali contenute nel piano di sviluppo regionale, nelle sue articolazioni comprensoriali e di settore.
In caso contrario, la Regione si limiterebbe, come correttamente si dice nella relazione, a svolgere una mera funzione di ente erogatore rinunciando di fatto alla sua competenza di promozione, di indirizzo e di attuazione dei programmi definiti.
Il Vicepresidente della Giunta ha accennato alla questione fiscale sulla quale intendiamo spendere alcune parole.
La questione fiscale presenta aspetti particolarmente gravi con l'entrata in vigore, dal 1^ gennaio 1975, della nuova normativa dell'IVA.
Con la precedente normativa, infatti, erano esenti gli operatori economici che avevano un volume di affari inferiore a 5 milioni di lire. Una gran parte degli artigiani aveva, ed ha, un volume di affari inferiore a tale somma, per cui la categoria era, grosso modo, esente da IVA.
Nel 1975 le norme sui limiti di esenzione sono state mutate, nel senso che viene esentato l'operatore economico che ha un volume di affari inferiore a 2 milioni di lire. Con queste disposizioni, praticamente non ci sono più artigiani esenti. Non solo, ma le nuove norme implicano, di conseguenza, l'obbligo alla tenuta della contabilità per tutte le aziende artigiane, con costi che variano per l'ipotesi in cui la tenuta venga affidata alle associazioni dalle 60.000 alle 120.000 lire annue per azienda, e nel caso di affidamento a professionisti dalle 200.000 alle 300.000 annue.
E ancora, le precedenti norme prevedevano per i contribuenti con volume di affari inferiore a L. 21.000.000 la possibilità di adottare il sistema forfettario, che consentiva, in effetti, uno sgravio dell'imposta per gli operatori economici con basso volume di affari.
Due esempi chiariranno meglio la nuova situazione. Secondo le vecchie norme, un artigiano con un volume di affari pari a L. 6.000.000 ed acquisti netti per L. 2.300.000, avrebbe versato L. 78.750 l'anno; secondo le nuove norme, lo stesso artigiano dovrà versare 440.000 lire in un'unica soluzione a fine anno.
Per la fascia da L. 2.000.000 a L. 5.000.000 di volume d'affari, prima esente, si ha oggi una situazione esemplificativa di questo tipo: un artigiano con volume di affari netto di L. 3.850.000 ed acquisti netti per L. 870.000 (in caso di aliquota al 12 per cento), dovrà versare L. 357.000 mentre con le vecchie norme era esonerato da ogni versamento.
La proposta che emerge da questi dati è di operare nei confronti dell'autorità centrale perché venga rivista la normativa con il ripristino della fascia di abbattimento in relazione al reddito netto dell'impresa artigiana.
Appare corretto il principio dell'obbligo della contabilità, che è norma comune a tutti i Paesi della C.E.E. per tutti i settori di produzione: così come è comunemente accolta la politica degli sgravi.
L'abolizione della fascia di abbattimento ha colpito praticamente tutta la categoria degli artigiani e va in senso contrario a tale politica.
Per quanto riguarda più particolarmente la contabilità, si tratta di materia per la quale, a nostro avviso, è possibile un intervento diretto della Regione, o attraverso provvidenze sulla linea di quanto già previsto dalla legge sul commercio e delle norme di attuazione delle direttive comunitarie in materia di agricoltura; o con l'istituzione di corsi di preparazione e di aggiornamento degli artigiani. Si tratta di interventi che non richiedono l'impegno di grossi stanziamenti, ma che possono consentire agli artigiani di affrontare il problema con un minimo di conoscenza.
Un discorso analogo a quello dell'IVA vale per le norme dell'IRPEF.
Mentre nella precedente normativa gli artigiani erano tassati considerando i loro redditi come redditi di lavoro, con la nuova sono equiparati alle categorie con redditi misti di capitale e lavoro, per cui a parità di redditi di lavoro l'artigiano (il cui reddito è indiscutibilmente reddito di lavoro) paga imposte considerevolmente superiori.
Ma anche questo è problema di diversa competenza, pur se non pu sfuggire alla Regione l'importanza di un intervento politico.
L'annunciata Conferenza regionale sui problemi dell'artigianato sarà comunque l'occasione per una rassegna più approfondita di tutti questi tempi e di altri ancora ai quali ha accennato l'Assessore Libertini, come la partecipazione della Regione al SAMIA, la eventuale istituzione dell'Ente Fiera (sui quali non abbiamo ancora sufficienti elementi di giudizio).
Fermo restando il nostro voto favorevole ad un sensibile incremento degli interventi regionali a favore dell'artigianato, tanto in relazione alla legge in vigore quanto per ogni altro provvedimento che opportunamente sarà predisposto a sostegno del settore.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, a me spiace di non aver potuto esaminare a fondo la relazione dell'Assessore Libertini per quanto riguarda l'artigianato, in quanto in essa erano contenuti diversi motivi di novità che andrebbero forse maggiormente approfonditi. Né voglio fare il solito panegirico dell'artigianato, che lascia il tempo che trova.
Mi pare che la prima questione che andrebbe affrontata in merito all'artigianato sia la situazione pensionistica della categoria.
Praticamente, oggi un artigiano ha una pensione di 56 mila lire mensili cioè una pensione inferiore a quella di altre categorie (operai, bidelli tranvieri) che svolgono forse un lavoro meno responsabile di quello di un artigiano. Uno dei motivi per cui molte persone abbandonano la bottega di artigiano e si danno ad attività più redditizie è probabilmente proprio l'inadeguatezza dei mezzi di sostentamento di cui potranno fruire a 60-65 anni, quell'inadeguatezza che le obbliga a continuare il lavoro anche oltre l'età normale di pensionamento, permettendoci poi di dare il contentino di un pezzo di diploma e di una medaglietta per il loro attaccamento al lavoro. Il fatto è che se non lavorassero anche a 70-75 anni morirebbero di fame, non trovando neppure a cedere vantaggiosamente le loro botteghe tanto sono malandate. Anche se non è compito della Regione occuparsi di questioni pensionistiche, penso che sarebbe giusto che cercassimo di fare qualcosa a favore degli artigiani sotto tale aspetto.
Un'altra preoccupazione per gli artigiani è quella dell'assistenza sanitaria. Oggi una visita specialistica, per cui all'artigiano viene riconosciuto un rimborso di 1.500 lire (fino a poco tempo fa 1.200), costa dalle 20 alle 25.000 lire. E' logico che una buona parte almeno degli artigiani si guardino bene dal sottoporsi a visite specialistiche. E' fondamentale porre rimedio a questa situazione, se vogliamo che la categoria sopravviva: altrimenti sarà molto più rapido, e giustificato l'esodo degli elementi più giovani, quelli che potrebbero incrementare l'artigianato.
Quanto alla legge n. 10, di cui si è parlato, ho visto i rendiconti e sono d'accordo su tutto. Mi pare però che il contributo di 15 milioni sia diventato insufficiente in considerazione della sensibile svalutazione di questi ultimi anni, con conseguente rilevante aumento dei prezzi. Per chi veramente vuol farsi una piccola azienda anche a carattere artigiano è una cifra abbastanza modesta. Il Governo ha già pensato di portare il contributo a 25 milioni: se la Regione avesse la possibilità di passare con un aumento di 5 milioni, da 15 a 20....



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

La nostra proposta è di 25.



BENZI Germano

Meglio così. Questo particolare mi era sfuggito durante l'esposizione della sua relazione, che, d'altra parte, come ho già dichiarato, non ho avuto la possibilità poi di vedere. Ritengo questo aumento veramente un'ottima cosa.
Ho visto però che i contributi dati in questo anno e mezzo di funzionamento si sono aggirati in media sugli otto milioni e mezzo. Non credo siano molti gli artigiani che hanno avuto per intero i 15 milioni.
Ho appreso dalla relazione dell'Assessore Libertini che il Governo ha stanziato 541 milioni per le scorte. Suddivisi fra tutti gli artigiani si ridurrebbero a 5.000 lire per azienda artigiana; se invece si dividesse fra un migliaio di aziende soltanto, andrebbero a queste circa 541 mila lire.
E' una cifra molto esigua per affrontare un qualcosa di serio, una cifra che non è monetizzabile. Per chi lavora, per chi compra materie prime effettivamente non serve a nulla.
Già il collega Calsolaro e il collega Petrini hanno parlato del leasing. Noi molte volte non sappiamo, o pochi di noi sanno in realtà, dove lavorano gli artigiani: accanto ad aziende moderne, pulite, areate, vi sono dei baracconi, dei garages senza aperture, mancanti di servizi igienici, in cui è facile ammalarsi. Sarebbe interessante sapere quanti lavoratori artigiani si ammalano perché lavorano in locali inidonei, che un Ufficio di igiene veramente funzionante si affretterebbe a far chiudere. Ecco un altro problema che va affrontato. Dobbiamo pensare a fare delle costruzioni per gli artigiani; sarebbe quindi forse opportuno che i Comuni stessi provvedessero a costruire i locali per l'artigianato e a darli in affitto in modo che questi artigiani possano lavorare; altrimenti pian piano le imprese artigiane, tolte quelle più sane, quelle che hanno veramente possibilità economiche, saranno costrette a chiudere.
Un altro problema cui avevo già accennato parlando in merito alla Conferenza per l'occupazione è quello dei corsi professionali. Molti corsi professionali non hanno assolutamente alcuna utilità: servono solo a far guadagnare uno stipendio a qualcuno che li gestisce malamente. Ora, noi dobbiamo dare più importanza alla formazione dei quadri dell'artigianato. A mio avviso, sarebbe opportuno che l'artigiano stesso fosse ricompensato per le lezioni di mestiere che impartisce ai propri dipendenti, utilizzando così quei fondi che la Regione destina a certi inutili corsi professionali.
Alcuni colleghi hanno già parlato dei centri di assistenza di carattere tecnico. Forse fare un unico grosso centro di assistenza tecnica non gioverebbe gran che: il Piemonte è molto vasto, gli artigiani non amano spostarsi frequentemente. Sarebbe forse opportuno, invece, costituire in ogni capoluogo di provincia e in ogni luogo ove lo si ritenga opportuno dei centri effettivamente assistenziali, con tecnici che si rechino presso le aziende a dare consigli, contributi operativi a questi artigiani.
Altrimenti, pian piano tutta questa classe, che lavora un po' ai margini della piccola e media industria, tenderà o a diventare piccolo-industriale il che va benissimo, o a scomparire, per le enormi carenze della parte tecnica.
C'è poi un altro lato negativo che pesa sull'artigianato, quello che io chiamo del "lavoro nero", in quanto sottrae lavoro all'artigianato. Mi riferisco al lavoro svolto da persone che, avendo già un occupazione regolarmente retribuita, uno stipendio, a volte presso uffici statali, si recano nelle ore libere presso le famiglie a prestare un'attività secondaria, di carattere artigianale. Noi dobbiamo proteggere l'artigianato, che paga tasse abbastanza salate, come ricordava poco fa Calsolaro. Sarebbe bene eventualmente perseguire coloro che sottraggono così proventi ad artigiani facendo lavori non di loro pertinenza.
Un altro aspetto della questione, pure accennato, è quello degli acquisti. E' chiaro che un artigiano che vada ad acquistare direttamente i 2-3-5 quintali di materiale paga almeno il 20-30 per cento in più del prezzo effettivo. Sarebbe invece opportuno costituire dei consorzi di acquisto per materie prime, per avere la capacità, effettuando grosse forniture, di spuntare prezzi sostanzialmente diversi. Purtroppo gli artigiani, come d'altronde i piccoli industriali, non sono molto portati a riunirsi; però, è indispensabile la promozione di consorzi d'acquisto, per far sì che le materie prime agli artigiani costino meno. Questa è una cosa che potremmo fare attraverso la Finanziaria.
E' altresì indispensabile pensare ai consorzi di vendita, si capisce per materie affini. Seguendo questa strada, noi daremo veramente un aiuto all'artigianato, altrimenti si avrà sempre nell'artigianato una specie di flusso e riflusso di gente che torna all'artigianato quando non trova altro lavoro, pianta la bottega quando riesce a procurarsi un'altra occupazione.
Così si sta perdendo l'artigianato artistico. Noi avevamo un tempo zone caratterizzate da una produzione particolare: nella Valle dell'Orco, per esempio, c'erano i ramai, che si dedicavano ad un'infinità di lavori artistici; ora questi specialisti sono diventati introvabili. Bisogna che noi coltiviamo queste attività, perché l'artigianato, specie nelle zone di montagna, nei piccoli comuni, può essere una fonte di lavoro per le comunità locali e le trattiene sul posto, evitando che emigrino e lascino la montagna o i piccoli centri.
Delle mostre per l'artigianato hanno già parlato i miei colleghi, e pertanto non mi ci soffermerò a lungo. Le ritengo molto importanti necessarie . Sarei però poco favorevole alle mostre permanenti, perch queste alla lunga perdono ogni utilità: la gente ad un certo momento si annoia a vedere sempre le stesse cose. Le mostre vanno allestite con carattere ciclico: ogni mese, ogni due mesi; e bisogna farle itineranti.
Occorre anche curare il mercato estero. Il nostro artigianato all'estero è poco conosciuto: dobbiamo aiutarlo ad esporre i suoi prodotti anche fuori di quelle che sono le nostre normali possibilità come Regione Piemonte.
Calsolaro aveva prima accennato alla contabilità aziendale, e al fatto che la maggior parte degli artigiani non sono in grado di tenere i libri paga né di fare dei conti per quanto riguarda le varie tassazioni. Si dovrebbe effettivamente cercare - ma questo non dipende da noi bensì dalle autorità di Governo - di semplificare queste contabilità, se non si vuol rischiare di costringere l'artigiano, ogni volta che viene emanata una nuova legge fiscale, a rivolgersi, per riuscire a cavarsela, ad un consulente, che gli mangia i pochi risparmi o guadagni.
Un'altra questione sollevata dal collega Calsolaro è quella degli inquinamenti. E' strano che su 110.000 aziende solo cinque abbiano chiesto il contributo per la lotta contro l'inquinamento. Ma più che strano è sintomatico: la maggior parte delle aziende che causano inquinamenti non hanno i mezzi per affrontare i provvedimenti occorrenti per prevenirli.
Tutti coloro che lavorano pellami, che effettuano cromature, causano inquinamenti spaventosi, però non hanno la possibilità di spendere i 25-30 40 milioni occorrenti per operare il disinquinamento. Da ciò discende la necessità di creare delle isole artigianali ove realizzare le opere necessarie per combattere l'inquinamento. L'artigianato per lo più non si è ancora reso ben conto di quanto gli impongono le nuove leggi anti inquinamento: il giorno in cui si comincerà a procedere alla chiusura delle aziende inadempienti saranno a migliaia qui in Piemonte le aziende non in regole perché non sanno come fronteggiare le spese per risolvere il problema dell'inquinamento.
Si è parlato già anche della questione finanziaria. In genere l'artigiano non ha beni da impegnare per ottenere finanziamenti dalle banche; e, per di più, le banche fanno pagare agli artigiani interessi altissimi, perché non operando grossi movimenti non rendono a sufficienza.
Sarebbe forse opportuno che la Regione stessa contrattasse i diversi istituti bancari in proposito dei contratti relativi al costo del denaro per l'Artigianato e facesse poi sapere agli interessati quali sono le banche che si prestano a dar loro una mano e quali invece non intendono favorirli. Bisogna snidare le banche che approfittano di questi poveri diavoli, imponendo loro interessi jugulatori. La Regione in questo pu intervenire con la sua autorità politica e morale, per far sì che l'artigiano paghi cifre sopportabili.
A conclusione, ribadisco la mia opinione favorevole a che si istituisca un Ente per l'artigianato. Ritengo che si tratti di un problema troppo vasto, troppo grosso perché si possa lasciare libero l'Artigianato senza dare una grossa spinta, come tutti noi chiediamo. La Consulta forse pu andar bene, ma ho grossi dubbi: le Consulte forse hanno un nome che suona piacevolmente all'orecchio ma difficilmente faranno qualcosa di positivo.
Perciò ritengo sia necessario, indispensabile che si crei un ente per l'Artigianato per dare effettivamente a questo settore l'impulso che tutti noi vogliamo.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Colombino, ne ha facoltà.



COLOMBINO Michele

Signor Presidente, signori Consiglieri, la relazione illustrativa della Giunta, la recentissima conferenza unitaria degli artigiani svoltasi al Teatro Carignano di Torino, le dichiarazioni del Presidente Viglione e le illustrazioni del competente Assessore Libertini hanno anticipato le indicazioni sugli orientamenti che il Governo Regionale intende adottare sulla Legge 9 aprile 1974 n. 10.
Nei prendere atto che le scadenze contemplate dall'art. 12 vengono puntualmente rispettate, il Gruppo della D.C. intende, da parte sua apportare la sua valida esperienza per migliorare - com'è nell'uso e nella regola del sistema democratico - una legge che a suo tempo ottenne il consenso unanime di tutte le componenti del Consiglio regionale.
In questo momento, infatti, il ruolo dell'impresa artigiana assume importanza eccezionale perché s'inserisce nel tessuto sociale e produttivo del paese e mentre, da un lato, evita il radicalizzarsi delle posizioni fra i lavoratori dipendenti e grande impresa, dall'altro, evidenzia il peso di ceti intermedi che meglio corrispondono alle esigenze di pluralismo e quindi di democrazia, dei paesi liberi.
Pertanto gli interventi in un momento di crisi economica a favore di questa categoria, una delle componenti più generose e costruttive dell'economia nazionale, seppure, forse più silenziosa e sofferente, sono non solo economicamente doverosi ma, soprattutto, moralmente indifferibili.
E' necessario riconoscere l'urgenza di colmare il divario con altre categorie che poggiano le loro rivendicazioni, spesso, sul numero o sulla potenza economica ed organizzativa.
I diritti degli artigiani sono i diritti di tutti i lavoratori e di tutti gli operatori, le loro attese sono le attese di tutta la classe lavoratrice e di tutti gl'imprenditori.
Accogliere le istanze della categoria è, quindi, un atto di giustizia di quella vera giustizia sociale che non intende privilegiare classi stabilendo abominevoli classificazioni dei cittadini in serie A, B, e C.
L'interesse generale è di mantenere il livello occupazionale e di espandere quello produttivo.
Gli artigiani assolvono oggi, come sempre hanno fatto, con la loro qualche volta misconosciuta operosità, le richieste della collettività.
Ma com'è evidenziata dalla varie forze sociali e politiche questa loro prestazione? Rispondere a questo interrogativo è preciso dovere nostro e di tutti specie di coloro che, ad ogni livello, hanno responsabilità nella conduzione della vita politica nazionale e regionale.
Non bastano certamente le belle parole, i convegni, gli studi, le dichiarazioni giornalistiche e gli incontri per mettersi in pace con la coscienza. Occorre veramente una volontà impegnata e non strumentalizzata di favorire - con scelte idonee e valide e con programma rispondente alla realtà - quel processo di rinnovamento che permetta agli artigiani di incentrare gli interessi primari sull'ottica di sviluppo nel campo tecnico operativo, professionale, del credito ed assistenziale e con interventi rivolti a promuovere una politica generale e settoriale aderente ai nuovi modelli di sviluppo sociale ed economico del Paese.
Gli artigiani per cause contingenti e non dipendenti da loro ma che discendono da una congiuntura economica sfavorevole a livello nazionale ed internazionale e dalla crisi energetica, si trovano in una difficilissima e preoccupante posizione di difesa. Per rimuovere questo stato di stagnazione ed evitare la regressione, è indispensabile agire subito intervenendo sul centro motore del credito si da consentire una immediata ripresa del settore, senza dimenticare gli interventi a più largo raggio che consentano alle imprese una ripresa ed una espansione delle capacità produttive.
Finora la categoria ha potuto resistere grazie alla sua struttura diversificata nei confronti di altre categorie produttivamente bloccate.
E' indispensabile riconoscere questi dati di fatto per affrontare, come già detto, concretamente la crisi ed assumere, con cognizione di causa, i provvedimenti necessari al rilancio della categoria e della produzione, al fine di pervenire alla soluzione di un problema nell'interesse della collettività che vuole, sempre più, una politica ancorata a fatti concreti.
L'Artigianato è "un 'isola ", intorno al Piemonte! Gli abitanti dell'isola non chiedono altro che collegamenti per inserirsi nel maggior contesto sociale di cui già rappresentano un notevole supporto.
Riconosciuto, quindi, che l'artigianato ha un innegabile peso sociale ed economico nell'ambito regionale - non è necessaria un'indagine specializzata per rilevare che il numero delle aziende ammonta ad oltre 100.000 e gli elementi in esse operanti superano i 350.000, cioè più degli occupati nel più grande complesso industriale nazionale - la Legge Regionale 9/4/1974 n. 10 "Provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produttività nel settore dell'artigianato" ha voluto rompere l'assenteismo politico della nazione e della regione verso la categoria.
Infatti a livello nazionale, prima del passaggio delle competenze alle Regioni, l'attenzione era sempre più assorbita dai problemi dell'industrializzazione e dagli incentivi che essa richiedeva determinando un accentrarsi delle provvidenze verso quel settore, a scapito del più "debole".
La legge ha avuto indubbiamente una grande importanza e ne è prova la relazione che, come previsto dall'art. 12, è stata presentata dalla Giunta.
Da essa si rileva che nel solo anno 1975 è stato possibile assorbire tutti gli stanziamenti previsti per quest'anno nonché quelli del 1974 che stante l'inizio dell'operatività della legge verso la fine dell'anno, erano disponibili.
Gli artigiani hanno fatto ricorso alle provvidenze perché in esse hanno trovato la possibilità di superare difficoltà sempre maggiori determinate dalla contingenza.
Se nel precedente Consiglio non si fosse manifestata una tempestiva sensibilità verso il settore e concretizzata la volontà politica nell'approvazione unanime della legge, il settore non avrebbe avuto, sul piano economico, alcuna speranza di aiuto perché l'unico soccorso avrebbe continuato ad essere rappresentato dagli interventi dell'Artigiancassa che nonostante gli ultimi e lodevoli aumenti della disponibilità, si dibatte ancora in notevoli difficoltà per la scarsità dei fondi stessi ragguagliati al fabbisogno.
I risultati quantitativi sono senz'altro buoni, ma è bene soffermarsi su un dato singolare. Nelle aziende che hanno beneficiato delle provvidenze, il livello occupazionale è aumentato di circa il 30 per cento.
In un momento di grave crisi mentre si è costretti, quotidianamente, ad affrontare problemi di cassa-integrazione e di disoccupazione l'artigianato ha dimostrato di saper non solo resistere, ma se aiutato, di possedere intrinseche capacità di sviluppo.
Se tali risultati sono stati conseguiti in un anno, praticamente, di operatività della legge, è nostro dovere prenderne atto per sottolineare ancora una volta, l'efficacia del provvedimento e la sua rilevanza politica e sociale, con l'augurio e la speranza che dopo questo avvio, com'é in tutte le vicende umane, il cammino sia ancora più spedito e foriero di migliori risultati.
Che il primo anno di applicazione della legge sia stato valido anche quale sperimentazione, emerge dalle preannunciate modifiche che alla legge dovranno essere apportate.
A questo proposito, ritengo opportuno sottolineare che si accenna a verifiche effettuate attraverso la consultazione della categoria interessata in sede di Consulta regionale.
E' proprio su questo organismo consultivo e sulla scorta delle dichiarazioni dell'Assessore Libertini che desidero soffermarmi, per dissentire dal contenuto delle dichiarazioni stesse che hanno presentato la Consulta come un organo fluttuante ed informale. Chiedo, pertanto, alla Giunta se non ritenga opportuno istituzionalizzarlo come, d'altronde, ha fatto o sta facendo per altri organi similari in altri settori - vedi istituenda Consulta sport, turismo e tempo libero - avvalendosi delle norme statutarie in vigore artt. 16 e 19 e come, d'altra parte, lo stesso Assessore ha ventilato di poter attuare in un futuro che non sappiamo se prossimo o lontano.
La collaborazione con la categoria attraverso un organo, sia pure consultivo ma regolare, sicuramente democratico e largamente rappresentativo, faciliterebbe il raggiungimento dei fini che la Giunta si propone, com'é anche accennato nella relazione sui risultati della conferenza regionale sull'occupazione.
D'altro canto, a quanto mi risulta, finora non sono stati consultati i rappresentanti delle cooperative di garanzia che, oltre ad essere autentica espressione della base, possono far sentire l'opinione di chi ha superato il gretto concetto di individualismo per associarsi ed affrontare uniti i problemi della categoria.
Rientrando nel tema per esaminare l'impostazione che s'intende attribuire alle proposte di modifica mi preme sottolineare alcuni punti.
Stante l'attuale meccanismo che, in pratica, delega agli istituti di credito la selezione delle domande di finanziamento, la Regione si trova nell'impossibilità di attuare, attraverso la politica manovrata del credito, un piano organico di sviluppo inquadrato negli indirizzi della programmazione regionale.
L'inconveniente verrebbe superato con la modifica proposta di presentare le domande direttamente alla Regione.
Se è giusto che nella determinazione dei criteri di selettività sulla destinazione dei prestiti agevolati e della fissazione dei tassi a carico delle imprese artigiane, sia rispettato il diritto-dovere dell'espressione delle valutazioni alle organizzazioni rappresentative del settore, è soprattutto doveroso sentire quello dei componenti di questo Consiglio che nel loro pluralismo, sono l'espressione di tutte le forze sociali e politiche della Regione.
L'unica perplessità che rimane è che col nuovo "iter" le pratiche rallentino il loro procedere e aumentino, quindi, i tempi tecnici per giungere alla definizione, con effetti facilmente influibili di vanificazione delle provvidenze che giungerebbero a sanare situazioni diventate pesantissime.
Tralasciando di considerare i pareri e le decisioni di competenza degli istituti bancari, per superare l'intoppo proporrei che le domande venissero presentate contemporaneamente sia alla Regione che all'istituto finanziatore. Ogni Ente potrebbe così procedere, secondo le proprie competenze, all'istruttoria immediata sì da giungere, all'atto decisionale da parte degli uffici regionali, ad interventi immediatamente operanti poiché l'istituto di credito, nel frattempo, avrà per conto suo terminato l'istruttoria. D'altronde, tale procedura è già in atto per altri settori quali, ad esempio, quello agricolo. Inoltre il comitato tecnico consultivo potrà esprimere il proprio parere non solo con la massima libertà e coerenza, ma con la maggior sollecitudine.
Altro capitolo della relazione è dedicato alle cooperative di garanzia e prestiti di esercizio.
L'analisi dimostra che, pur avendo ottenuto buoni risultati quali l'aumento del numero delle cooperative ed il quasi raddoppio dei soci, i fondi stanziati non hanno trovato utilizzo che per il 50 per cento.
Pur prevedendo che le richieste che perverranno entro l'anno assorbiranno tutte le disponibilità, è evidente che questo specifico settore merita un'attenzione particolare.
Le modifiche ed integrazioni proposte favoriranno, senza dubbio, lo sviluppo delle attività associative. Ritengo, però, che l'incentivo di aumentare il contributo annuale nelle spese di esercizio, congiunto alla corresponsione dei contributi in forma semestrale anziché annuale, debba essere accompagnato da altre iniziative valide.
Innanzitutto è indispensabile che tale aumento, per ragioni di giustizia, sia concesso con efficacia retroattiva per non privilegiare chi tardi è arrivato nei confronti di chi, per primo, ha fatto le proprie scelte.
Inoltre, tenuto conto delle mutate condizioni ed al fine di favorire lo sviluppo del credito, è opportuno che il limite massimo dei prestiti stabilito circa due anni fa in L. 3.000.000 per azienda, venga elevato ad almeno L. 5.000.000.
Parallelamente, il concorso del 4 per cento, annuo nel pagamento degli interessi, dovrà essere variato ed aumentato come è già in vigore presso altre regioni (Lazio, ecc.).
Penso però che un decisivo e valido impulso alla cooperazione non possa disgiungersi nel quadro di modifiche migliorative da apportare alla Legge dalla sentita necessità di estendere alle cooperative le garanzie, di cui l'art. 8 della Legge, prestate dalla Regione ed attualmente operanti solo a favore degli istituti di credito.
Tale estensione varrebbe, certamente, a rendere più sicuri gli organismi associativi e ne favorirebbe enormemente l'operatività promovendo una incentivazione a più largo respiro, immediata, più spedita e più largamente rappresentativa.
Le cooperative di garanzia, inoltre, dimostrando che i loro componenti hanno superato la fase individualistica, possono validamente costituire un'alternativa al potere decisionale degli istituti di credito.
Il proposito d'invitare gli istituti finanziatori ad adeguare il tasso di interesse abbassandolo, tenuto conto dell'attuale tendenza del mercato monetario, a mio giudizio deve essere realizzato nel minor tempo possibile poiché se la citata ed auspicabile tendenza continua, qualsiasi ritardo comprometterebbe l'efficacia del provvedimento stesso. Il nostro gruppo richiamando l'attenzione sul particolare problema, chiede che l'Assessore competente si pronunci e passi all'attuazione.
Concordiamo senz'altro con un programma regionale aperto che rifiuti l'assistenzialismo come metodo di governo - così come ha sottolineato il Presidente della Giunta - ma riteniamo insostituibile e fondamentale, anche in una conduzione nuova dell'Ente regionale, il ricorso, l'utilizzazione e la migliore finalizzazione del credito. Esso ha dimostrato quanto sia indispensabile allo sviluppo del settore ed in particolare, quanto queste forme d'intervento stimolino le energie produttive.
Dal contesto della relazione e dalle note illustrative non ho rilevato alcun accenno all'Ente di Sviluppo dell'Artigianato della Regione Piemonte (E.S.A.R.P.) mentre in sede di discussione in aula è emersa una valutazione che ci lascia alquanto perplessi ed insoddisfatti.
Infatti nell'aprile del 1974, l'attuale Presidente della Giunta ed allora Presidente del Consiglio regionale, in una riunione di artigiani della provincia di Cuneo, presentò l'E.S.A.R.P. come un' "Ente valido per affrontare alla radice i problemi dell'artigianato".
Oggi sappiamo, e non solo più attraverso la stampa, che l'Assessore competente è contrario all'istituzione di un Ente "costoso ed inutile carrozzone".
La Giunta precedente, col consenso di quel Consiglio, si sentiva invece, impegnata all'attuazione dell'organismo. I risultati delle elezioni hanno però modificato il panorama politico ed hanno determinato evidentemente, ripensamenti e nuovi atteggiamenti di comodo.
Ma nel definire "a priori" un Ente "costoso ed inutile carrozzone", mi pare siano insiti gli elementi per suggerire la creazione di qualcosa immune dai difetti citati. Non risultano, invece, avanzate proposte alternative.
Ritengo, infine, che in una visione più completa dei problemi della categoria, sia bene che la Regione si faccia portavoce e manifesti la sua posizione per sollecitare dallo Stato la normativa che gli artigiani attendono per orientare la propria futura attività. Mi riferisco al problema della qualificazione professionale.
E' necessario che lo Stato emani una legge cornice affinché gli organi regionali possano legiferare su tutta la materia, come ha accennato l'Assessore. Sarebbe gradita una maggiore informazione al Consiglio sulle iniziative già intraprese e future.
Gli artigiani si attendono dalla Regione non solo riconoscimenti verbali alle loro giuste aspettative, non solo promesse di locali per esposizione che rischiano di trasformarsi in musei, non solo fermenti di buone intenzioni, ma realizzazioni concrete, oltre gli interventi finanziari che sono indispensabili, le quali costituiscano solide basi per la soluzione della loro problematica.
La lunga serie di enunciazioni fatta dall'Assessore competente, ci lascia perplessi e mentre altri colleghi analizzeranno a fondo i singoli argomenti, mi preme sottolineare l'imprescindibile esigenza prioritaria di operare subito, innanzitutto e soprattutto, nella sfera di competenza regionale se non vogliamo creare altre illusioni e procrastinare ancora le attese giunte, ormai, al limite della fatale rassegnazione.
E' più concreto concedere, unitamente ai locali d'Italia '61, alle imprese artigiane contributi di entità valida per consentire loro la partecipazione a mostre, fiere mercati anche al di fuori del Piemonte e dell'Italia, ove possano diffondere il loro messaggio e addivenire a proficui scambi commerciali, tralasciando di dissertare ancora sui ruoli del mercato interno.
Su tale indirizzo non mancherà sicuramente il nostro appoggio sempreché le scelte future rispettino i principi di equità, facendo ruotare, di volta in volta, i beneficiari affinché non siano pochi gli eletti e tanti gli scontenti.
A tal fine è bene che siano chiaramente evidenziati i criteri da seguire, le scelte da operare e che il tutto ottenga la massima pubblicizzazione così che tutti ne prendano cognizione e sia garantita quella seria e sana promozione commerciale che, in questi frangenti, deve rappresentare il logico terminale dell'attività produttiva.
L'artigianato esce dalle prove congiunturali del momento dimostrando un volto nuovo nella realtà sociale della Regione e manifestando uno spirito verso l'unità di tutta la categoria come, d'altra parte, emerge da tutti i settori di questo Consiglio regionale una comune volontà e un qualificante impegno di migliorare, nell'insieme, una legge che ha già dato buoni risultati; e saranno senz'altro migliori, se sarà tenuta nella dovuta considerazione anche la situazione di quell'artigianato tradizionale che sovente, è "arte" e comunque onore e vanto del vecchio Piemonte, specie in zone montane, ove può, se opportunamente sorretto ed in assenza di altre possibilità alternative di occupazione, rappresentare, anche sotto il profilo turistico, la salvezza di quelle comunità.
Noi auspichiamo e chiediamo pertanto che il nuovo disegno di legge che uscirà da questo dibattito, tenga conto delle proposte poc'anzi avanzate e allarghi possibilmente le sue competenze anche ad altri settori che non hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni dell'Assessore: le dimensioni delle aziende artigiane, il loro carattere e i motivi della loro differenziazione anche di natura geografica-locale; il nuovo posto delle donne e il processo di presa di coscienza femminile; le forme d'impresa (individuali e società di fatto); l'immigrazione e l'emigrazione artigiana il problema della carenza di apprendisti e quello Conseguente gravissimo, della continuità dei mestieri.
Il tutto perché gli artigiani non siano più un'astrazione confinata nel mondo, ma trovino finalmente il loro "posto giusto" nel contesto sociale di un Piemonte che intende progredire mediante l'apporto costruttivo e determinante di tutte le sue componenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

Ho ancora iscritti a parlare i Consiglieri Raschio e Gandolfi. Ve ne sono altri? Nessuno, quindi possiamo pensare di chiudere già stamattina la discussione su questo punto.
La parola al Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Ritengo che la Giunta e successivamente il Vicepresidente che ha fatto a nome della Giunta la relazione sulla gestione della legge n. 10 siano stati oltremodo corretti e documentati nell'esporre al Consiglio regionale la complessa panoramica politica ed economica dell'artigianato in Piemonte non limitandosi, invece, solamente ad una illustrazione della gestione della legge così come chiede la legge n. 10 (cioè riferire in Consiglio l'andamento gestionale della legge).
Perché la Giunta ha fatto tutto questo? Innanzi tutto perché ha ritenuto essere (e l'ha detto a tutte lettere Libertini) l'artigianato uno degli elementi traenti di fondo in Piemonte; che poi l'artigiano non sia un lavoratore sottosviluppato è emerso chiaramente dal dibattito che si è avuto in aula: è un lavoratore coraggioso, tenace, di notevole inventiva e di ricche differenziazioni lavorative. A questo è pervenuto il dibattito del Consiglio regionale! Inoltre è pure risultato chiaro a tutti che l'artigianato, soprattutto in questi ultimi anni è riuscito ad ottenere in Italia ed in Piemonte particolarmente, una propria dimensione economica lavorativa, qualitativa e quindi non essere assolutamente assorbito dalle linee monopolistiche capitalistiche. Per ultimo questa mattina ci è stata confermata la forte capacità che dimostrano le organizzazioni sindacali degli artigiani, che da tempo - ed è bene ricordarlo ai nuovi Consiglieri hanno avuto visione unitaria, in Piemonte, del problema dell'artigianato e che da tempo hanno lavorato, fianco a fianco della Regione Piemonte, per vedere quali erano le possibilità d'intervento della Regione stessa nei confronti della categoria.
Una prima domanda che dobbiamo farci onestamente tutti é: ha credibilità la Regione Piemonte presso l'artigianato piemontese e presso le organizzazioni artigiane piemontesi? A questa domanda noi possiamo, senza alcun trionfalismo ed anche con senso autocritico per i nostri limiti, rispondere positivamente: la Regione Piemonte ha questo tipo di credibilità.
Perché? Perché già nel corso della prima legislatura è stato condotto un dibattito notevole attorno ai problemi dell'artigianato; un dibattito notevole però (sia chiaro) e lo dico per i nuovi Consiglieri, che è partito dal gruppo del PCI, che ha presentato dal 1972 due leggi proprio sul problema del rafforzamento dell'artigianato in relazione alla complessità della situazione economica giungendo sin d'allora ad una distinzione ben netta da quella che era la gestione dell'Artigiancassa in Piemonte e che giustamente oggi viene proposto dalla Giunta il suo passaggio alla competenza regionale. Richiedevamo una visione generale del Consiglio regionale sui problemi del credito e del finanziamento dell'artigianato e non più due interventi uno fatto con leggi regionali finanziarie e l'altro con l'Artigiancassa.
E su queste due leggi, una per le cooperative e per i consorzi, l'altra per l'artigianato in generale che per due anni circa si stese il silenzio da parte della maggioranza; poi nel 1974 con l'ultima Giunta di centro sinistra il Consiglio regionale ricuperò queste due proposte di leggi comuniste e diede finalmente una risposta organica, all'artigianato.
Dobbiamo dare atto e lo ribadiamo ancora oggi che i Consiglieri Petrini e Paganelli della D.C. allora Assessori recepirono, come maggioranza, le nostre proposte in materia di artigianato. Oggi possiamo dire che allora avevamo visto in modo giusto l'importanza del problema, che il cavallo "ha bevuto"; tant'é che molti Consiglieri di minoranza oggi, di maggioranza ieri, chiedono un arricchimento legislativo e finanziario a questa legge proprio perché questa legge ha interpretato giustamente le attese della categoria ed è nata da un dibattito ampio, sereno, responsabile dall'allora Giunta in unità però con il Consiglio regionale.
Certo, noi ricordiamo gli sforzi che sono stati fatti per approvare quella legge, non lo dimentichiamo! Avemmo delle preoccupazioni perché lo stesso Commissario di Governo bocciò la legge nella prima sua stesura e varo. Essa ci venne rinviata con alcune osservazioni che dovettero, pur non essendo da noi tutti condivise, essere prese in considerazione dal Consiglio regionale al fine di varare in ogni modo la legge. Noi per primi ci rendemmo conto, in allora, che certe impostazioni di carattere finanziario erano addirittura già di fatto superate dalla stessa situazione economica; ma tutti insieme allora comprendemmo l'esigenza di accettare comunque le osservazioni del Governo per poter poi arrivare ad una prima gestione di leggi finanziarie in direzione dell'artigianato e rilevare quindi la loro validità ed i loro limiti.
Oggi ci chiedete di accelerare i tempi di esecuzione nel nostro lavoro.
Sia chiaro però che questo lavoro oggi è possibile realizzarlo solamente perché si stanno attuando determinati strumenti fondamentali quali ad esempio: quello della Tesoreria regionale che ha già avuto un primo elemento di avvio di un discorso nei confronti delle banche, quello della Finanziaria che andrà in funzione come decisione regionale in questo mese quello del piano regionale, quello dei Comprensori ed infine quello della consulta per l'artigianato. Tutti questi elementi debbono essere legati strettamente tra di loro per dare un taglio molto più responsabile ancora di quanto abbia potuto essere il nostro lavoro svolto sino ad oggi dal Consiglio regionale nei confronti dell'artigianato. Noi siamo d'accordo sulla proposta Colombino, ad esempio, che chiede di dare un'istituzione per legge della Consulta sull'artigianato; siamo d'accordo che sia una consulta, non a latere dell'Assessore, ma una Consulta dell'artigianato al servizio del Consiglio regionale piemontese come strumento anche al servizio del momento esecutivo, cioè della Giunta. Questa è una questione che raccogliamo perché già noi, nel lontano passato, questa proposta per la costituzione della Consulta l'avevamo avanzata in Consiglio regionale.
Detto questo, per essere coerenti con la nostra posizione e con la visione politica che diamo al prossimo piano regionale porre il discorso ancora oggi come è stato fatto sull'ente di sviluppo dell'artigianato piemontese, diciamo che in realtà è un falso scopo. Non voglio offendere nessuno, ma desidero ricordare ai Consiglieri che l'ente di sviluppo per l'agricoltura venne presentato in uno con l'ente di sviluppo per l'artigianato e su quello agricolo abbiamo più volte detto e criticato per quello che si è rivelato. Non è il momento di scendere ancora qui per dire che l'allora maggioranza ha varato un carrozzone che fino ad oggi ha ancora da avere le ruote sotto per viaggiare. Non è Ferraris, l'attuale Assessore all'agricoltura, caro Colombino, che ha voluto creare tale carrozzone, ma è da annoverare alle scelte della vostra direzione quando come maggioranza come D.C., lo avete costruito. Ma a parte questo elemento, per l'artigianato cosa ci siamo detti? Onestamente già allora (non voglio far nomi perché non sarebbe corretto politicamente) alcuni colleghi che sedevano in Giunta espressero preoccupazione su come era organizzato il disegno di legge per l'ente di sviluppo dell'artigianato, tanto che non vennero presentate sollecitazioni in Consiglio regionale per l'esame della legge per lo sviluppo dell'artigianato, né tanto meno vennero affrontate discussioni per apportare modifiche a questo proposito. Allora cosa significa? Che le stesse categorie artigiane su questo problema erano in parte d'accordo nell'accertarlo, ma anche in parte esprimevano delle notevoli perplessità.
La domanda che faccio ai Consiglieri regionali è questa: pensate voi di delegare, dopo questa attività lodevole che stiamo svolgendo in direzione dell'artigianato, ad un organismo esterno come può essere un ente di sviluppo una funzione precipua del Consiglio regionale che è quella di dare attuazione al piano di sviluppo economico della Regione Piemonte in un settore ben determinato che si chiama artigianato piemontese? Ma veramente credete che questo sia un bel servizio che possiamo fare alle categorie artigiane, dimenticando la nostra funzione, il piano stesso economico che stiamo per portare in Consiglio regionale, gli strumenti che creiamo assieme, le leggi che stiamo modificando e migliorando con l'apporto di tutti! Affermiamo che questa è la linea che dobbiamo seguire se vogliamo veramente fare gli interessi della categoria! Non dobbiamo nasconderci dietro ad un palo rinunciando come Regione ai nostri compiti. Sarebbe troppo facile nominare un Presidente, un Vicepresidente, un Consiglio di amministrazione, discutere alcuni, problemi dell'artigianato e poi presentate tutto il pacchetto per affidarlo all'ente di sviluppo dell'artigianato, con un controllo ogni tre mesi, ogni sei mesi, da parte del Consiglio regionale al fine di conoscere come vanno le cose! Badate colleghi Consiglieri che è troppo importante una scelta di questo genere! A nessuno è venuto in mente, per assurdo, di proporre un ente di sviluppo per la media industria (non è possibile infatti perché non ci è dato dagli articoli 117 e 118 della Costituzione) ma anche perché dati gli impegni che hanno più volte richiesto il lavoro di tutto il Consiglio regionale maggioranza e minoranza compresa, attorno ai problemi dell'occupazione, del lavoro a nessuno è venuto in mente di proporlo. E' chiaro quindi a tutti che deve essere la Regione impegnata, in prima persona, sui problemi dell'industria, e nel caso specifico, sui problemi dell'artigianato, con l'intendimento di offrire a questa categoria il meglio dell'attività regionale. In tal modo eviteremo anche il pericolo di favorire, come concezione, la nascita di forme corporative nell'artigianato, di vedere quindi un artigianato a sé stante, in un quadro economico piemontese ben delineato, e di evitare la nascita di spinte corporative.
Noi crediamo che debba essere ricondotto il discorso nei suoi termini veri, cioè quello di una politica di piano, di una politica d'intervento che solamente la Regione può condurre e che in questa politica d'intervento, il Consiglio regionale, in ogni momento, sia sovrano nell'impostare una politica finanziaria, economica, un controllo sulle stesse iniziative, chiedendo e ottenendo la collaborazione della consulta dell'artigianato.
Mi scuso con i colleghi se sono molto rapido, ma tanti aspetti del problema gli altri colleghi li hanno trattati.
Ritengo che la Giunta faccia bene, come ha detto già Libertini riproporre, in Commissione e in aula, tutta una serie di modificazioni che riguardano anche lo stesso "quantum" di erogazione finanziaria, che è importante. Secondo me c'é da mettere bene in risalto un aspetto che Libertini indicava: quello di fare assumere dalla Regione, in prima istanza, la decisione sulla possibilità di concedere o meno mutui all'artigianato singolo od associato e quindi stabilire un primo rapporto selettivo essa stessa, senza più chiamare in causa, come invece purtroppo è avvenuto fino ad oggi con la vecchia legge, le banche che fin d'ora hanno condotto l'esame sulle garanzie finanziarie che dava l'artigianato singolo od associato per concedere o meno i mutui.
Questo elemento che viene presentato dalla Giunta è un salto di qualità che noi oggi compiamo e che faremo ancora meglio in un prossimo domani proprio perché cominciamo a stabilire un rapporto nuovo con gli istituti finanziari a livello piemontese. Non vengono inoltre allungati i termini della procedura delle pratiche di richieste del mutuo da parte dei lavoratori artigiani, ma si accelerano i termini perché intanto incominciano come Regione subito a far presa diretta nel campo di quella che è l'esigenza finanziaria dell'artigianato, e nel contempo facciamo anche un discorso ben chiaro alle orecchie degli istituti finanziari per far loro comprendere che è la Regione in prima linea nel dare un giudizio finanziario, sull'attività dell'artigianato. La Regione Piemonte vuole, con questo atto, privilegiare ed onorare il momento del lavoro in sé e per s e non il momento del patrimonio immobiliare che, in molte occasioni, pu anche non avere l'artigianato.
Quindi cogliamo, con vivo interesse, questa proposta della Giunta che viene avanzata in Consiglio regionale, forte anche dell'appoggio che essa ha, nell'iniziativa, da parte delle organizzazioni sindacali degli artigiani.
Due questioni ancora: potenziamento dell'Assessorato. Mi rivolgo al Presidente, al Vicepresidente, che ha sollevato il problema, ed alla Giunta: bisogna che, al più presto, si vada ad un potenziamento del numero dei funzionari a disposizione dell'Assessorato che si dedicano al settore dell'artigianato perché con quanto noi andremo a fare in queste settimane e nei prossimi mesi in direzione dell'artigianato, è necessario avere un numero di quadri tali da poter far fronte, in primo luogo, alle richieste che ci provengono dalla Regione ed alle iniziative che in direzione dell'artigianato intende assumere la Giunta ed il Consiglio regionale,vedi ad esempio: la preparazione della conferenza, a febbraio, dell'artigianato che da tempo noi avevamo chiesto quando eravamo alla minoranza, il Convegno di studio sui problemi fiscali che riguardano l'artigianato.
Abbiamo quindi bisogno di dare una grossa qualificazione anche di studio, di preparazione tecnica ai nostri quadri sui problemi dell'artigianato.
Ci è stato proposto, e noi lo accogliamo con molta soddisfazione, di fare, a cura della Regione Piemonte, delle pubblicazioni specializzate in direzione dell'artigianato.
Questo però presuppone un salto di qualità per quanto concerne le attrezzature che noi abbiamo come Regione a livello dell'artigianato.
Perciò gli sforzi encomiabili che la Giunta ha fatto finora, adesso debbono poi essere ulteriormente rafforzati, in quanto non è possibile pensare, con le magre forze che abbiamo purtroppo oggi a disposizione, puntare anche a pubblicazioni specializzate in materia.
L'ultimo problema riguarda le mostre. E' venuto fuori in Consiglio il discorso sull' "Italia '61". Certamente questo è uno degli aspetti sui quali la Giunta fa convergere la propria attenzione. Si vede un grosso palazzo, un elemento importante che non deve essere abbandonato, può e deve essere utilizzato. Abbiamo capito e sentito che non è con l'Italia '61 la fine del discorso sulle mostre, anzi è un inizio. Alcuni di voi parlano con grande entusiasmo sul problema d'incentivare il commercio e le mostre con l'estero. Badate, colleghi, che tutte queste cose noi le vogliamo, ma non sono realizzabili oggi perché i decreti delegati governativi negano alle Regioni il diritto d'interessarsi del commercio, dei mercati e delle mostre con l'estero. Le Regioni sono state private anche di questa possibilità di spazio, da una politica miope, se volete filistea, se volete anche anti artigiana da parte del Governo. Ha fatto molto bene Calsolaro nella prima parte del suo intervento, dare anche un taglio serio, documentato a questo proposito, perché deve essere chiaro che la battaglia dell'artigianato non la si vince a livella regionale. La Regione Piemonte può e deve dare, e lo ha dimostrato e lo sta ancora dimostrando, notevole impulso alla battaglia per un salto qualitativo nell'artigianato; ma sono le leggi quadro sull'artigianato, che il Governo non ha voluto fare, ma è la stessa politica fiscale dello Stato nei confronti dell'artigianato che hanno e continuano a pesare negativamente sull'artigianato: questi problemi purtroppo condizionano tutta la categoria.
Quindi sulle mostre vediamo attentamente tutti assieme di strappare sempre di più una parte di potere alla Regione, ma vediamo anche di favorire un discorso che ci permetta un potenziamento delle mostre che abbiamo a livello piemontese e la possibilità di organizzare mostre anche a livello interregionale.
E a questo proposito farei una raccomandazione alla Giunta, al Presidente Viglione ed al Vicepresidente Libertini: si metta in cantiere una legge a difesa dell'artigianato artistico in Piemonte. Vi sono settori dell'artigianato artistico che raccolgono importanti momenti economici in Piemonte: l'arte orafa e la gioielleria che ha tutta una tradizione addirittura a livello internazionale, il mobile artistico piemontese, il ferro battuto ecc. Molte volte l'artigianato artistico si collega anche con problemi di valorizzazione turistica della zona interessata, quindi sarebbe opportuno anche vedere un concatenamento dello sviluppo dell'artigianato artistico con le iniziative in campo turistico per far conoscere certe peculiarità del nostro artigianato artistico proprio in quelle zone che hanno anche notevoli attrattive turistiche. Quindi riuscire a fare in modo che il Piemonte (che non è la Valle d'Aosta, che non è il Trentino-Alto Adige, tanto per far subito dei nomi concreti di artigianato artistico) - che ha in sé alcuni settori economici artistici molto importanti - abbia anche una legge che tuteli l'artigianato artistico.
Avrei ancora molte cose da dire, ma è già tardi. Penso quindi che sia giunto il momento di concludere, almeno per parte comunista.
Siamo molto soddisfatti di questo dibattito e non solo della documentata relazione. Il dibattito ha dimostrato una seria volontà politica da parte del Consiglio regionale piemontese di dare tutto l'appoggio possibile al settore dell'artigianato; quindi come si diceva "non chiacchiere, non cucchiai di legno" ma fatti concreti. Ha dimostrato inoltre il Consiglio regionale una unità concreta attorno ad alcune questioni che furono già oggetto di dibattito nel corso della formulazione della legge n. 10 nell'aprile del 1974. Quindi ritengo a nome del gruppo comunista che si possa dare un giudizio di soddisfazione a questo primo incontro che all'inizio di questa legislatura abbiamo con l'artigianato piemontese. Ritengo però anche che dovremo presentarci alla conferenza di febbraio con un dibattito preliminare come Consiglio sulle linee portanti di questa conferenza sull'artigianato, proprio perché questo atto, a nostro giudizio, dovrebbe rappresentare un altro passo in avanti qualitativo sulla politica che la Regione Piemonte fa in direzione dell'artigianato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gandolfi, ne ha facoltà.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, devo portare, brevemente spero il contributo e le valutazioni del gruppo repubblicano all'interessante e stimolante dibattito che c'é stato dopo la relazione, che giudichiamo positivamente, del Vicepresidente Libertini.
Riteniamo di dover puntualizzare alcuni problemi che ci sembrano importanti per il modo in cui il discorso si sta sviluppando in Consiglio regionale. I problemi dell'artigianato in Piemonte, in generale nel nostro Paese, sono molto complessi, a noi interessa coglierne alcuni che sono stati toccati dalla relazione del Vicepresidente. L'artigianato ha certamente problemi di costi di gestione; qua si sono dette alcune cose giuste e pertinenti sul costo del denaro, sul problema dell'accesso al credito, sui gravami fiscali, del settore, però riteniamo importante da questo punto di vista che il discorso non sia limitato e teso ad individuare alcune problematiche, ma che vada visto ed affrontato in tutta la sua complessità; sarebbe parziale, distorcente se ci limitassimo a fare il discorso esclusivamente fiscale o creditizio, vi sono altri problemi che dal punto di vista del rilancio del settore, di una ripresa di sviluppo dell'occupazione nel settore sono altrettanto importanti come, ad esempio il costo del lavoro, non prioritario ma certamente importante.
Un altro problema che è stato centrato particolarmente nella relazione del Vicepresidente Libertini è la necessità di dare al settore prospettive di mercato, cioè una capacità di aggredire il mercato in modo nuovo diverso e con possibilità più stimolanti.
Il Vicepresidente Libertini ha dato delle indicazioni che riteniamo interessanti, ma riteniamo anche in questo caso, come abbiamo sottolineato per i problemi della piccola e media industria, che occorra andare un pochino più a fondo. Noi non pensiamo che si possa sviluppare un'attività indifferenziata in questo settore: la Regione deve individuare i settori prioritari, deve aiutare gli artigiani a formulare programmi associativi aiutarli a far nascere iniziative comuni, deve offrire strumenti, non disperdendo a pioggia le iniziative, ma cercando di concentrarle in quei 3/4/5 settori che possono essere importanti per un rilancio di carattere occupazionale e che hanno i presupposti per offrire delle possibilità trainanti.
Quindi l'invito che facciamo alla Giunta è che si muova secondo direttrici più analitiche e con delle scelte preferenziali che permettano di ottimizzare quello che la Regione può fare e che non è certamente molto.
Una seconda questione sulla quale riteniamo di doverci pronunciare e che è stata toccata ampiamente nel corso del dibattito, riguarda l'ente di sviluppo dell'artigianato. Noi nella passata legislatura abbiamo aderito alla proposta che la Giunta allora aveva fatto a questo proposito attenendoci alle indicazioni di chi era preposto a quel settore e che dal punto di vista della propria responsabilità riteneva che questo ente fosse importante per la promozione di condizioni diverse nel settore, ma costituzionalmente, come filosofia nostra, siamo sempre stati contrari in linea di massima alla creazione di enti speciali, il nostro Paese ha una storia abbastanza tormentata e desolante nella costituzione di enti di sviluppo i quali, tranne rarissimi casi, sono stati delle esperienze piuttosto negative.
Per quanto riguardava il settore di nostra diretta competenza ci siamo trovati nel 1970, avendo di fatto sulla carta delle indicazioni formulate dai dibattiti precedentemente avvenuti in seno al Comitato regionale e alla programmazione economica, indicazioni per un ente regionale per i trasporti e lo abbiamo scartato dicendo chiaramente che ritenevamo che tutto quello che l'Ente regionale dei trasporti poteva fare, dovesse e potesse farlo ancora meglio la Giunta regionale attraverso un'iniziativa diretta e attraverso la creazione di condizioni di carattere operativo che anziché a livello regionale dovevano spostarsi a livello comprensoriale.
Nel momento in cui l'Assessore competente ritiene di dover formulare delle ipotesi di carattere diverso (e lo diciamo in particolare al gruppo D.C.) questo discorso va valutato con estrema attenzione e serietà perch se c'é la possibilità di ottenere dei risultati positivi nel settore, senza dar vita a degli enti speciali, questa possibilità va perseguita e non deve essere ricercata aprioristicamente la soluzione di un ente speciale che ripeto, può comportare dei grossi rischi per la Regione.
Un terzo ordine di considerazioni rispetto alle quali volevamo portare il nostro contributo è quello del credito e dei nuovi indirizzi da seguire nelle decisioni riguardanti il credito. Le enunciazioni di principio che sono state fatte dal Vicepresidente Libertini al riguardo sono giuste e totalmente condivisibili, va garantito il rispetto degli indirizzi di programmazione regionale, ma noi vorremmo che il discorso si precisasse ulteriormente, dobbiamo riuscire a stabilire dei criteri precisi e univoci criteri di localizzazione territoriale. E' stato accennato ai centri storici, benissimo, ma siano precisati e diventino un elemento di certezza.
Dobbiamo arrivare a delle indicazioni di priorità, cioè a favorire in particolare i settori che riteniamo importanti e traenti in prospettiva? Lo dobbiamo dire con certezza ed arrivare anche a delle formulazioni propositive.
Perché dico questo? Perché sarebbe molto pericoloso, secondo noi, che queste enunciazioni di carattere generale restassero ancora abbastanza vaghe e tutto si risolvesse nella introduzione di criteri di discrezionalità affidati esclusivamente alla Giunta regionale, si arriverebbe all'erogazione del credito attraverso l'assunzione di responsabilità di discrezionalità politica che non lascerebbero però più nessuna possibilità di certezza nelle valutazioni di questi problemi.
Noi riteniamo che il discorso vada fatto, ma fino in fondo, arrivando alla definizione di criteri d'indirizzo regionale che diano certezza agli operatori e non lascino il minimo spazio ad interventi di discrezionalità politica.
L'ultima considerazione che volevamo fare - è già stata fatta, ma la voglio risottolineare - è che i meccanismi attuali che tendono ad agevolare l'accesso al credito alle aziende artigiane, attraverso cooperative di garanzia e agli istituti di credito, in definitiva però continuano a richiedere, prima dell'erogazione dei fondi, l'esibizione da parte degli operatori di garanzie reali che noi giudichiamo sempre più anacronistiche non ha senso che un operatore di questo settore debba esibire delle garanzie di carattere patrimoniale; ciò che va valutato (se è possibile valutarlo, altrimenti bisogna comunque garantire l'erogazione di credito a chi lo chiede) è la capacita personale dell'operatore, è assurdo porre dei limiti all'ammodernamento di certe attività, all'erogazione di crediti di esercizio, all'erogazione di crediti per rinnovare macchinari, o per lo sviluppo dell'azienda assumendo come elemento determinante la possibilità di esibire garanzie di carattere patrimoniale, è un tipo di orientamento e di indirizzo che va assolutamente abbandonato, che rischia di essere un grossissimo freno alla possibilità di sviluppo del settore.
Queste sono le cose che volevamo sottolineare e sulle quali ovviamente ci attendiamo delle risposte da parte della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento sarà, per ovvi motivi, a titolo strettamente personale mancando il mio capogruppo.
Come liberale non posso che sottolineare una certa coerenza e una certa soddisfazione nel vedere raccolti principi affermati e portati avanti nella prima legislatura, come l'opportunità o meno di realizzare enti di sviluppo sia per l'agricoltura, sia per l'artigianato, perché ritengo che gran parte delle funzioni attribuite a questi enti (si parla dell'artigianato, ma con riferimento anche all'agricoltura) devono e possono essere svolte dagli organi istituzionali che hanno competenza diretta in materia.
Per quanto riguarda specificamente l'artigianato, con la legge finanziaria che sta prendendo le mosse, sarà possibile realizzare alcuni di quegli interventi fondamentali di cui da più parti si è sentito questa mattina sottolineare l'importanza. Quello dell'artigianato è un problema di mercati, di conoscenza e di acquisizione di prodotti ed è indubbio che un'attività corretta e partecipata, nel pieno rispetto di quelle che sono l'elasticità delle leggi di mercato, potrà e dovrà essere svolta da questo istituto.
Stamattina ho sentito una certa perplessità per quanto riguarda l'idoneità di alcuni strumenti. Parlare di aree attrezzate dove dovrebbero collocarsi tutti gli artigiani e lavorare è una concezione dell'assetto del territorio in contrasto con la logica e con quella che può essere la reale attuazione. I problemi dell'artigianato, nelle sue varie diversificazioni devono e possono trovare una giusta collocazione, attraverso strumenti urbanistici, nelle ristrutturazioni, nella revisione, nell'ammodernamento che si deve operare nei tessuti urbani, a meno che, con l'emarginazione delle industrie e dell'artigianato noi vogliamo realmente trasformare le nostre città in nuclei non più di vita produttiva, e forse il nucleo di vita produttiva più idoneo per essere collocato nelle sue giuste dimensioni è il tessuto urbano.
Osservate queste situazioni in positivo nel fatto che dando maggiore elasticità agli interventi si realizzano delle situazioni generali in cui può meglio svilupparsi lo spirito d'imprenditorialità insito nell'attività artigiana, io ritengo che questi problemi potranno essere, nei fatti controllati alla conferenza dell'artigianato che affronteremo nel mese di febbraio e che avrà carattere di estrema importanza, ma saranno risolti se riusciremo a trasferirli nel piano di sviluppo che sarà la concreta risposta, avendo già dotato la Regione di uno strumento essenziale, a mio modesto parere, che si chiama Finanziaria pubblica regionale. Tale ente dovrà dare un chiaro indirizzo per risolvere quei problemi che oggi, nel venir meno delle funzioni dell'ENAPI a favore dell'attività artigianale, si vengono a porre in dimensioni molto più ampie a livello di ricerche di mercato e di aiuto sia alla parte finanziaria, sia alla parte di approvvigionamento di materie prime.



PRESIDENTE

Ha ancora chiesto la parola, per una precisazione se ho capito bene, il Consigliere Bianchi, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Mi scusino i colleghi, ma non farò perdere più di un minuto.
Il dibattito, interessante, ha determinato, a mio avviso, qualche equivoco sul significato di alcune dichiarazioni, interventi e domande riguardanti principalmente l'Ente di sviluppo agricolo. Ad evitare che la polemica, o il dibattito, o la discussione si sposti su falsi argomenti ritengo doveroso precisare qual è stata e qual è la posizione del gruppo su questa questione.
Nella scorsa legislatura la D.C. (e non solo la D.C.) ha identificato insieme alle categorie, l'esigenza di dare una risposta globale ed organica ai problemi dell'artigianato e si è ipotizzata la possibilità che questa risposta potesse essere data attraverso l'ente di sviluppo per l'artigianato. Sulla capacità di un simile ente di dare delle risposte adeguate e valide vi sono state naturalmente delle perplessità e il modo in cui si è proceduto, ad un certo punto, a distaccare l'iter dell'ente di sviluppo agricolo dall'iter dell'ente di sviluppo sull'artigianato è stato sintomatico a questo riguardo, il che peraltro non ha significato l'accantonamento tout court di questa prospettiva.
In questo momento sono state fatte delle domande che sono provocatorie cioè sono domande volte a provocare dei chiarimenti in ordine ai modi, per venire a delle risposte organiche ai problemi dell'artigianato e quindi noi riaffermiamo questa esigenza senza sposare questo istituto, senza farne un cavallo di battaglia, ma facendo semmai una battaglia sui contenuti e non sulla forma attraverso la quale questi contenuti possono trovare delle risposte valide.



PRESIDENTE

Ha la parola il Vicepresidente Libertini, per la replica.



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

Io ringrazio, non formalmente, i Consiglieri Petrini, Calsolaro, Benzi Colombino, Raschio, Gandolfi, Rossotto e Bianchi per il contributo che hanno dato alla discussione, discussione che a me sembra abbia, nel suo insieme, confermato le linee generali che la Giunta si è data e che qui ho avuto l'incarico di esporre.
I Consiglieri Calsolaro e Raschio, con i cui interventi mi trovo completamente d'accordo, hanno sostenuto questa politica nel suo insieme da parte di altri Consiglieri sono venuti alcuni dubbi e riserve su alcuni punti particolari. Io terrò conto e chiarirò anche alcune di queste questioni, ma mi pare che nell'insieme, al di là della divisione tra partiti, tra maggioranza e opposizione, si sia delineata una linea unitaria e questo è un risultato molto importante anche perché rispecchia la posizione unitaria delle organizzazioni artigiane.
Tutto ciò mi consente di limitare la replica ad alcune questioni che sono rimaste in sospeso e che vanno chiarite.
Prima quella dell'ente per l'artigianato. Intanto io devo dire al Consigliere Petrini che quando ho parlato di "carrozzone" (ma non è questa l'espressione che ho usato in quest'aula) non mi riferivo al progetto precedente, né mi riferivo all'ente in sé stesso, perché non sono affatto dell'opinione che ogni ente debba necessariamente diventare un carrozzone.
Le motivazioni che ho portato nella relazione, a nome della Giunta, e che confermo, sono invece queste: vi è un criterio generale, affermato nella nostra Regione e al quale i gruppi che sostengono la Giunta sono particolarmente vincolati e non da oggi, di evitare di delegare ad altri funzioni che sono proprie dell'apparato regionale nella misura in cui l'apparato regionale riesce a realizzarle. Questo è un principio generale che va realizzato qui intanto, l'artigianato è competenza primaria della Regione, la Regione ha una sua struttura, riesce questa struttura a far fronte a questi compiti? L'ente per artigianato può sorgere soltanto se si verifica che la Regione non è in grado direttamente di fronteggiare questi compiti.
D'altronde sappiamo anche che vi è il pericolo (ecco in che senso è stata detta la parola "carrozzone") che gli enti finiscano per essere dei duplicati dell'apparato regionale per estensione, finiscano per avere una vita propria di strutture che creano altre strutture; è questo il pericolo che s'intende evitare.
Come abbiamo proceduto noi su questo terreno? Intanto abbiamo consultato le associazioni artigiane; io lo dissi, ma siccome non è stato ripreso, voglio sottolinearlo. Qual è la posizione attuale delle associazioni artigiane, cioè dei protagonisti? La C.N.A. è contraria all'ente per l'artigianato, in modo risoluto; la C.A.S.A. è contraria all'ente per l'artigianato e lo ha manifestato all'interno della consulta e a verbale; la Generale, l'altra organizzazione, ha invece ancora una preferenza per l'ente, ma circonda questa preferenza di dubbi e riserve per cui già dal punto di vista del movimento artigiano siamo di fronte a una situazione che è prevalentemente contraria, o di dubbio.
Partendo da questo abbiamo provveduto ad istituire la Consulta e Consigliere Colombino, non l'abbiamo istituita formalmente, non l'abbiamo cioè istituzionalizzata in rapporto ad una consultazione che abbiamo fatto delle associazioni e alla stessa questione dell'ente. La soluzione che abbiamo adottato è questa: l'ente sembra sempre più qualcosa che può essere evitato rafforzando la competenza diretta e l'attività diretta dell'apparato regionale, vi sono però dei dubbi a favore dell'ente. La Consulta è il modo in cui le organizzazioni artigiane vengono associate all'attività della Regione.
Allora facciamo un periodo sperimentale di Consulta, senza istituzionalizzarla (questa è la richiesta delle associazioni) al termine di questo periodo - e mi pare, Consigliere Bianchi, che questo coincida un po' anche con le preoccupazioni che lei avanzava - se si sarà visto che la Consulta ed il rafforzamento della struttura dell'Assessorato sono tali da evitare l'ente, non faremo l'ente. Se invece dovessimo constatare, su un terreno pratico, che la Consulta e la ristrutturazione dell'Assessorato sono insufficienti, riapriremo la discussione sull'ente. Questo è l'orientamento che ci siamo dati, che tiene conto della preoccupazione di tutti dell'esigenza, nella misura del possibile, di evitare duplicati e allargamenti burocratici, ma nello stesso tempo ci permette di far fronte ai compiti che abbiamo dinanzi.
D'altronde nel dibattito di oggi mi pare che questi orientamenti siano stati rafforzati perché vi è una prevalenza di posizioni nel Consiglio regionale nettamente contraria all'ente, e vi è da parte dei gruppi D.C. e socialdemocratico, per quello che ho sentito, una posizione che ripropone il problema dell'ente, ma nei termini problematici in cui il Consigliere Bianchi, lo poneva.
Io vorrei piuttosto cogliere l'occasione per ricordare che ricostituendo la Consulta, che era già stata fatta da Assessori precedenti abbiamo apportato una modifica associandovi tutti i gruppi presenti in Consiglio. Io voglio sottolineare l'esigenza che vi sia il massimo di partecipazione perché oltre tutto (ma poi risponderò su questo più precisamente) questo è il modo per evitare un'attività unilaterale della Giunta rispetto all'artigianato. Noi abbiamo la Consulta, in cui vi sono la Giunta, le associazioni artigiane e tutti i gruppi del Consiglio, mi pare quella la sede migliore per verificare i problemi di cui abbiamo qui stamattina parlato.
Anche sulla revisione della legge vi sono opinioni convergenti raccomandazioni e consigli molto interessanti dei quali terremo conto.
Un problema è stato sollevato dal Consigliere Colombino: attenzione che una nuova procedura che fa sì che la Regione in prima persona assuma le domande e la banca sia una sede per così dire di seconda istanza che attua una selezione solo su basi di criteri bancari, non istituisca dei tempi lunghi.
Io voglio dire al Consigliere Colombino e a coloro che hanno sollevato il problema, che certamente questa preoccupazione c'é, però vorrei anche chiarire (non ho voluto l'altra volta infierire su questo aspetto) che con la legge presente i tempi a volte sono lunghissimi. Noi abbiamo pratiche che, se non ricordo male, sono arrivate a giacere per undici mesi.



CERCHIO Giuseppe

Eccezionalmente!



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

Undici eccezionalmente, nove abbastanza di frequente, sei frequentemente. E voglio anche dire, con tutta la delicatezza possibile con dei criteri di scelta nei tempi, da parte delle banche, non comprensibili. E' a questo che noi vogliamo ovviare, noi non abbiamo un sistema che sottrae alla Regione una scelta in rapporto alla politica di piano, ma garantisce la rapidità e l'efficienza, non è così, noi abbiamo un sistema che non garantisce la rapidità e l'efficienza, che introduce criteri di discrezionalità bancaria in luogo della facoltà di governo della Regione e tendiamo a fare una legge che riportando alla Regione il centro della scelta della decisione cerchi anche di fronteggiare quel problema che certo esiste e che continuerà ad esistere, quello della lunghezza del tempo. E per evitare che i tempi rimangano lunghi, non diventino, ma rimangano lunghi, vi sono alcuni accorgimenti contenuti nella legge e sui quali non mi fermo perché ne discuteremo nei prossimi giorni, quando avrete la legge in Consiglio; un altro accorgimento è il rafforzamento della struttura dell'Assessorato.
Io l'altra volta, a questo proposito, non ho potuto tranquillizzare il Consigliere Benzi che si era cortesemente preoccupato della mia salute ed ora lo ringrazio del suo interessamento. Certamente c'é un problema di carico di lavoro e così via, però il vero problema che abbiamo davanti (e forse la legge delle strutture sarà l'occasione per parlarne in modo organico) è il cambiamento della struttura del modo di funzionamento dell'Assessorato. Già l'altra volta ho riferito sulla nuova articolazione che intendiamo dare all'Assessorato: io credo che possiamo andare con molta tranquillità ad un rafforzamento dell'Assessorato nella misura e nelle forme che ho esposto nella relazione, alla quale vi rinvio, pensando che con questa struttura e articolazione l'Assessorato sarà in grado di far fronte ai suoi compiti e che l'aumento di organico dell'Assessorato sarà certamente inferiore a quello che sarebbe necessario, per esempio, per la creazione dell'ente.
Dunque, per evitare i tempi lunghi i problemi sono due: modalità della legge (e ne parleremo ), rafforzamento della struttura dell'Assessorato che è cominciato e che proseguirà fino alla legge sulle strutture.
Per quel che riguarda il tasso d'interesse posso assicurare i Consiglieri che ne hanno parlato che noi siamo già in contatto con le banche e che la sua revisione verrà discussa, starei per dire nelle prossime ore.
Infine sulla questione delle garanzie, c'è un problema generale di credito su cui non ritorno, su cui siamo tutti d'accordo. La verità è che noi abbiamo una struttura creditizia antiquata, siamo un paese industriale che ha una struttura creditizia da paese agrario. Abbiamo un problema profondo di modifica del credito e questo fa parte delle discussioni che introdurremo col piano regionale, non sono nostre competenze, ma sono le nostre proposte.
In ogni caso, nell'ambito delle leggi esistenti, siamo orientati ad andare verso un consorzio garanzia fidi ed è uno dei problemi aperti con la stessa Finanziaria; nell'ambito della legge, lo abbiamo già detto e lo riconfermiamo, faremo ogni sforzo per agevolare lo sviluppo delle cooperative artigiane di garanzia, prendendo anche le misure finanziarie che alcuni sollecitavano e che del resto erano già nella mia relazione introduttiva.
Per quel che riguarda i consorzi, infine ne ho fatto nella relazione un rapido cenno perché le proposte che riguardano i consorzi le andremo a discutere nella riunione della Consulta. La Consulta artigiana, già nella riunione di martedì scorso ha del resto affrontato, con l'Assessore competente, il tema della formazione professionale rispetto al quale sono completamente d'accordo con il Consigliere Benzi quando dice che occorre tagliare una serie di corsi inutili; questa, voi lo sapete, è la linea della Giunta, noi stiamo facendo dei tagli spietati nella formazione professionale con l'idea non di ridurre lo stanziamento di bilancio, ma di qualificarlo, anzi, se interverranno le integrazioni CEE che stiamo ricercando avremo un bilancio più ampio e molto più qualificato e questo è un discorso che facciamo anche agli artigiani, in rapporto anche alla politica di piano.
Un argomento che in particolare i Consiglieri Benzi e Petrini hanno sollevato è quello delle aree attrezzate e della Finanziaria. Se non fossero intervenute queste vicende per le quali personalmente son dovuto stare a Roma quasi tutta la settimana (speriamo utilmente) la questione delle aree attrezzate avremmo già cominciato a vederla nell'ambito della Giunta. Voi sapete che per le aree attrezzate esiste uno strumento, una legge del Consiglio regionale con uno stanziamento che non è stato utilizzato quest'anno ed esiste uno strumento in costituzione, la Finanziaria, che dovrà cominciare a funzionare al più presto possibile, la quale ha per compito pure la promozione delle aree attrezzate.
La nostra opinione, lo abbiamo già detto in sede di dibattito generale sulla conferenza dell'occupazione, ma la ripeto qui, è che tutta la questione delle aree attrezzate vada ripresa. Cosa vuol dire? Bloccare l'attuazione della legge? No, la legge c'é e quelle quattro aree attrezzate vanno realizzate e credo che noi saremo in grado, come Giunta, di presentarvi assai presto delle proposte pratiche per la loro realizzazione.
Ma la questione di quelle quattro aree attrezzate che intanto bisogna far partire va posta nell'ambito di un discorso più generale che è sorto anche per iniziativa di enti locali associati, penso ad Alessandria e così via.
Quindi vi proporremo come Giunta un'integrazione rispetto a quella legge in un disegno più generale di pianificazione territoriale, e lo faremo a tempi brevi.
Nel far questo credo che occorrerà andare ad una distinzione molto più netta e precisa tra aree attrezzate per industria e aree attrezzate per artigianato. Ho già detto nella relazione, ma lo voglio ripetere con forza adesso, che per l'artigianato aree attrezzate vuol dire centro urbano, vuol dire tessuto urbano storico in generale.



BIANCHI Adriano

Non per tutto l'artigianato.



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

Non per tutto l'artigianato, ma prevalentemente vuol dire quello e vuol dire anche il discorso del leasing che è stato sollevato da parecchi Consiglieri e io credo che dovremo darei gli strumenti adeguati. Questo tema viene posto nella Consulta artigiana in una riunione alla quale, come a tutte le altre, i Consiglieri di tutti i Gruppi sono invitati organicamente a partecipare, dove saremo in grado di elaborare delle proposte precise. Lo strumento per la realizzazione di queste proposte sarà presumibilmente la Finanziaria, per la quale noi riconfermiamo l'intendimento e probabilmente questa modifica o la faremo in termini di statuto, o la faremo, in termini di legge, già nella legge; per la Finanziaria occorre introdurre una distinzione: una sezione per la piccola e media industria e una sezione per l'artigianato, cioè occorre fare una differenza di competenze operative perché, come dicono giustamente le associazioni artigiane, la confusione in questo campo e nociva.
Da questo punto di vista vorrei sottolineare (non è l'argomento oggi all'ordine del giorno) l'esigenza vivissima che la legge.......



BIANCHI Adriano

Scusi, ma questa distinzione non è da proiettarsi negli strumenti che la Finanziaria creerà e determinerà per gli interventi e non all'interno della medesima?



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

E' anche possibile che la si veda in questa direzione, però credo che fin dall'inizio il vero problema è che nell'interno della gestione della Finanziaria l'artigianato non venga collocato in modo subalterno, perch questo è il rischio permanente che abbia, e questo che va evitato, e studieremo insieme i modi per evitarlo, già nella legge.
L'aver sollevato il problema della Finanziaria mi fa dire però qui pubblicamente - colgo questa occasione - che sulla Finanziaria è in corso nella Commissione una discussione interessante e ricca; le consultazioni hanno dato molte indicazioni. La convinzione della Giunta è che le osservazioni possono essere facilmente condensate in importanti miglioramenti del disegno di legge ma che il miglioramento di questo disegno di legge che è necessario, utile che perseguiamo, non deve farci slittare nei tempi, perché se noi saltassimo (e lo dico apertamente) Natale e andassimo all'anno prossimo, salterebbero una serie di tempi che riguardano anche l'esecuzione del piano.
Io qui riconfermo la volontà e la richiesta della Giunta di arrivare al più presto alla discussione in aula, non evitando nessuna consultazione e nessun confronto, ma giungendo a stringere su questo argomento, che del resto è maturato attraverso una discussione che non è cominciata ora, ma è maturata da tempo.
Due ultime precisazioni ed ho finito.
A proposito dell'Ente-fiera delle mostre io condivido molte osservazioni che sono state fatte, voglio solo fare una precisazione: per quello che riguarda l'Ente-fiera abbiamo avuto nei giorni scorsi un incontro della Giunta, del Comune, della Provincia e della Regione, è stata esaminata la questione rispetto alla quale, voglio precisarlo, non esiste nessuna decisione compiuta, l'unico atto che esiste è il disegno di legge in nostro possesso e che riguarda il SAMIA.
Nei prossimo giorni, viceversa, la Giunta regionale presenterà una relazione organica, come la presenteranno la Giunta comunale e la Giunta provinciale, perché ognuna delle tre assemblee sia investita contemporaneamente dei progetti che siamo venuti elaborando e che porteremo qui.
Questi progetti riguardano la costituzione di un ente che abbia la caratteristica di Ente-fiera, anche se non avrà questo nome, a carattere non torinese, ma regionale, capace cioè di coinvolgere tutte le province del Piemonte, non una provincia a preferenza dell'altra.
Io sono lieto di dire che è possibile acquisire all'Ente-fiera non un palazzo, ma l'insieme delle attrezzature, delle strutture in larga parte inutilizzate che sono a Italia '61, facendo cioè una doppia operazione: acquisire, a disposizione di uno strumento importante, dei mezzi, delle strutture importanti; secondo.......



ROSSI Luciano

Non è il Palazzo a vela? Perché pare sia già stato venduto e comperato tre volte.



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

No no, è sempre di proprietà del Comune di Torino, non solo, ma voglio dire che vi rimetteremo presto in questa relazione un esame puntuale dello stato di tutte le strutture, dal punto di vista proprietario, dal punto di vista della loro condizione e così via. E vedrete che quello che sto dicendo è esatto ed è possibile acquisire l'insieme delle attrezzature facendo due lavori insieme: primo, dando all'Ente-fiera una base solida di struttura; secondo, recuperando all'attività e alla vita delle strutture che, costruite in una certa epoca, rischiano di rimanere delle inutili piramidi. Questo è il grande problema di una vasta area della città di Torino. Questa è l'operazione che andiamo a fare: un Ente-fiera permanente che duri tutto l'anno, dotato di servizi tecnici, operazione che il Consiglio regionale discuterà nei prossimi giorni perché di grande rilievo.
Noi pensiamo così di rendere un grande servizio all'artigianato che troverà in questo strumento un mezzo di potenziamento e di rafforzamento.
Infine al Consigliere Gandolfi voglio dire che la questione delle linee generali di azioni in materia di artigianato, oltre che nello studio dell'Ires che e indiziato e che seguiremo e solleciteremo passo passo, è parte del piano che presto discuteremo qui e cioè che intendiamo fare con la revisione della legge sul credito, è proprio legare l'esercizio della legge al piano. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che la legge, nella misura in cui stabilirà che è il comitato tecnico a fare la prima istruttoria delle domande, stabilirà anche che il comitato tecnico fa questo esame non sulla base di un criterio di discrezionalità, ma sulla base di alcuni parametri generali connessi alle scelte di piano e di questo appunto discuteremo molto seriamente nel Consiglio regionale.
In definitiva, io credo che anche da questo dibattito sia venuto fuori con chiarezza che l'intendimento intanto della Giunta, ma mi sembra di tutto il Consiglio, è di far si che nella nuova fase economica che si apre nella nostra Regione l'artigianato abbia un nuovo ruolo e che la Regione usi le competenze e gli strumenti che ha acquisito e va acquisendo per dare all'artigianato, insieme alla piccola e media impresa, un ruolo quantitativamente e qualitativamente nuovo nello sviluppo del Piemonte.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso, ma prego i Consiglieri di ascoltare le procedure del seguito dei nostri lavori.
Il Consiglio è convocato alle ore 15, ma poiché alle 15 sono convocate anche la conferenza dei Capigruppo per alcune questioni che riguardano lo svolgimento dei lavori di oggi e di domani, e la II Commissione ritengo opportuno convocare il Consiglio regionale per le ore 15,30. Proporrei questa modifica all'orario e questa metodologia dei lavori. Vi è consenso? Non vedo opposizioni, allora il Consiglio è convocato per le ore 15,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



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