Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.215 del 06/09/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I processi verbali relativi alle adunanze del 6, 12, 13, 19 e 20 luglio e 31 agosto, se non vi sono osservazioni, si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

a) Congedi Sono in congedo i Consiglieri: Carazzoni, Cerchio, Minucci e Petrini



PRESIDENTE

b) Presentazione progetti di legge



PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge N. 337: "Norme integrative e di attuazione dei criteri e delle norme generali di cui al punto e) n. 2, 3 dell'articolo 2 della legge n.
319/1976", presentato dalla Giunta regionale in data 2 agosto 1978 N. 338: "Interventi a favore di consorzi tra Enti locali per il trasporto dei rifiuti solidi ad integrazione della legge regionale 4 giugno 1975, n.
46", presentato dalla Giunta regionale in data 2 agosto 1978 N. 339: "Ricerca e coltivazione delle acque minerali e termali in Piemonte", presentato dalla Giunta regionale in data 3 agosto 1978 N. 340: "Integrazione della legge regionale 25 maggio 1978 n. 26" presentato dalla Giunta regionale in data 3 agosto 1978 N. 341: "Modifiche alle leggi regionali relative a contributi di esercizio per gli autoservizi pubblici di linea", presentato dalla Giunta regionale in data 3 agosto 1978 N. 342: "Fondo di dotazione e contributo nelle spese di funzionamento del Consorzio regionale obbligatorio fra gli istituti autonomi per le case popolari del Piemonte", presentato dalla Giunta regionale in data 3 agosto 1978 N. 343: "Ordinamento degli uffici della Regione Piemonte", presentato dalla Giunta regionale in data 3 agosto 1978 N. 344: "Destinazione della somma di L. 7.377 milioni ad interventi di pronto soccorso in dipendenza di calamità naturali", presentato dalla Giunta regionale in data 25 agosto 1978 N. 345: "Interventi straordinari in agricoltura per le eccezionali calamità naturali od eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel 1978 ed aumento di alcune anticipazioni previste dalla legge regionale 6/7/1977, n. 47", presentato dalla Giunta regionale in data 25 agosto 1978.



PRESIDENTE

c) Apposizione visto Commissario del Governo



PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale 6/7/1978: "Estensione degli interventi di cui alla legge regionale 9/4/1975 n. 21 ai Comuni ed ai consorzi di Enti locali esistenti o costituiti nell'area comprensoriale del Verbano-Cusio-Ossola" alla legge regionale 13/7/1978: "Modificazioni alla legge regionale 25/6/1976 n. 32 - Istituzione dell'Azienda regionale della tenuta La Mandria" alla legge regionale 12/7/1978: "Interventi per il controllo e la prevenzione dell'inquinamento atmosferico ed acustico" alla legge regionale 13/7/1978: "Istituzione del Parco naturale della Valle del Ticino".
alla legge regionale 13/7/1978: "Modificazioni alla legge regionale n. 6 del 14/1/1977 relativa a norme per l'organizzazione e la partecipazione a congressi, convegni ed altre manifestazioni, per l'adesione ad Enti ed associazioni" alla legge regionale 13/7/1978: "Istituzione del Parco regionale La Mandria" alla legge regionale 19/7/1978: "Istituzione del Parco naturale delle Lame del Sesia e delle riserve naturali speciali dell'Isolone di Oldenico e della Garzaia di Villarboit" alla legge regionale 20/7/1978: "Variazione di bilancio in applicazione dell'art. 62 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616" alla legge regionale 20/7/1978: "Compenso orario per prestazioni di lavoro straordinario" alla legge regionale 20/7/1978: "Promozione della tutela e dello sviluppo delle attività e dei beni culturali".



PRESIDENTE

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo



PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha invece apposto il visto alla legge regionale 6/7/1978: "Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale" alla legge regionale 13/7/1978: "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere" alla legge regionale 13/7/1978: "Istituzione del Parco regionale di Stupinigi" alla legge regionale 20/7/1978: "Elevazione del limite massimo di età per accedere ai pubblici concorsi banditi dalla Regione Piemonte" alla legge regionale 20/7/1978: "Norme per l'istituzione ed il funzionamento delle biblioteche pubbliche di Enti locali o di interesse locale".
Le comunicazioni del Presidente sono così terminate.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Boschi e foreste

Esame progetti di legge n. 288 - 297 - 308 "Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste"


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo dell'ordine del giorno: Esame progetti di legge n. 288 - 297 - 308 "Interventi regionali in materia di agricoltura e foreste".
La parola al relatore, Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è inutile riportare in modo dettagliato e analitico tutti i dati riguardanti la produzione qualitativa e quantitativa agricola italiana e piemontese, l'occupazione nel settore agricolo, la natura e l'estensione delle aziende, la situazione del territorio specie di quello forestale. Basti ricordare in modo sommario che la produzione, pur dimostrando un aumento quantitativo globale, si è ridotta, per certe voci, provocando la relativa passività della bilancia commerciale; che l'occupazione è andata diminuendo riducendosi all'età avanzata, e che il territorio va, talora improvvisamente e gravemente degradandosi.
E' difficile identificare tutte le cause di questo malessere: certamente vi hanno cooperato situazioni interne ed esterne all'Italia: la politica CEE, l'estensione delle aziende italiane e la scarsità del reddito ricavabile dall'agricoltura, la superficialità con la quale si è amministrato l'uso del territorio e, soprattutto, la mancata programmazione che facesse concordare le esigenze del singolo alle esigenze economiche sociali e del territorio nazionale.
Nel tempo ci sono stati tentativi di rimedio da parte delle amministrazioni pubbliche. Esse però si erano rivolte a qualche aspetto particolare o a qualche momento particolare agricolo (intervento sui prezzi, sul reddito e sulle spese per la sua produzione, aiuti alle aziende, alla preparazione, trasformazione e commercializzazione del prodotto agricolo), in modo però troppo dissociato e/o non finalizzato o non giustamente finalizzato.
Le tappe, nella legislazione italiana e piemontese, si possono ridurre a due: 1) Piani verdi - leggi 51, 45 ed altre.
Esse si sono limitate ad un'elencazione di interventi per campi e settori; producendo, sì, un certo aiuto nell'agricoltura, ma non finalizzato: aiuto che, per ciò, è poi stato definito "a pioggia" o "di tipo assistenziale".
2) Legge nazionale 153 e regionale 15, che hanno recepito le direttive CEE 159-160-161/72. Queste leggi costituiscono un notevole passo avanti finalizzando gli interventi pubblici in favore dell'agricoltura al raggiungimento del così detto "reddito comparabile". L'idea di Mansholt aveva, in un primo tempo, destato grandi speranze nel mondo agricolo. Per poi si è visto che essa, per come era stata realizzata in quelle direttive e leggi, presentava il rischio di provocare, da una parte, il costituirsi di un neo capitalismo assistito, beneficiario degli interventi pubblici e dall'altra, l'allargamento della fascia delle aziende marginali e non recuperabili perché non avrebbero potuto usufruire dell'intervento pubblico essendo incapaci di raggiungere il reddito comparabile e che, in Piemonte avrebbe portato vantaggio a ben poche delle sue 240 mila aziende. Infatti l'estensione e la natura delle aziende piemontesi costituiscono un ostacolo alle utilizzazioni della legge regionale 15/77, anche se essa estende rispetto alla legge nazionale 153, l'assistibilità anche a quelle aziende dalle quali i titolari ricavano solo il 50 % del loro reddito, che per dimostrino di ricavarne il 100% dopo i 6 anni del piano aziendale di ammodernamento.
E ciò è dimostrato dai dati sull'attuazione della legge regionale n' 15/77: che al 30,6.1978 siano stati presentati solo 1000 piani aziendali non è dovuto solo alla complessità della compilazione dei moduli richiesti ma anche alla difficoltà di dimostrare di poter ricavare in 6 anni il reddito richiesto. Contemporaneamente alla promulgazione delle leggi predette si esasperano le condizioni dell'economia italiana anche per il settore agricolo: la preferenza, più o meno giustificata, data dai consumatori a certi prodotti, la regolamentazione CEE, specie quella che statua l'applicazione dei montanti compensativi che portarono all'aggravarsi, per l'Italia, degli scambi commerciali ed alla grave passività della bilancia commerciale, a tutti nota, per alcuni prodotti agricoli; e ancora contemporaneamente si aggravano le condizioni dell'occupazione e del territorio.
In seguito a tutti questi fatti a) la Regione Piemonte proponeva, già nel 1976, e prima del piano agricolo alimentare nazionale, il piano di sviluppo agricolo, che identificava quali settori più importanti e più necessari di sostegno quelli della zootecnia, dell'irrigazione delle culture pregiate e della forestazione b) il Ministero dell'agricoltura proponeva nel '77 il piano agricolo alimentare, che identificava, dopo le necessarie consultazioni coi vari responsabili regionali dell'agricoltura, i 7 settori che, per tutta l'Italia, necessitavano dell'intervento pubblico.
Tale plano portò, nel '77, in sede nazionale, alla legge n. 984 e in Piemonte, all'attuale proposta di legge (308) da parte della Giunta regionale con notevole tempestività e con rispetto dei tempi richiesti dalla legge nazionale; entro il 30 agosto, infatti, per la legge n. 984, le Regioni avrebbero dovuto disporre i propri programmi relativi ai settori interessati in coerenza al Piano nazionale, apportando le variazioni necessarie ai programmi ed ai provvedimenti adottati in precedenza.
Proposta di legge n. 308 e sue finalità.
L'attuale legge si aggiunge e si aggancia idealmente alla legge regionale 15/77, tende a migliorarla, ad adattarla alle esigenze dell'agricoltura piemontese, ad ovviare alle manchevolezze delle leggi precedenti, cercando di porre l'agricoltura più giustamente nel contesto economico, sociale ed ecologico. Essa si prefigge vari scopi per prima cosa creare uno strumento non rigido, ma adeguabile alle necessità future dell'agricoltura, utilizzando tutti gli strumenti creati dalla legislazione regionale (ESAP, Istituti Zooprofilattici, piani di zona, leggi sulle procedure della programmazione e sulla contabilità (art. 5).
E' logico che i singoli campi di intervento descritti e previsti nella legge, non variano molto da quelli tradizionali, perché nella loro elencazione non possono cambiare. Però questa legge presenta un indirizzo nuovo e profondamente innovativo orientando le scelte produttive verso i settori da incrementare e identificati nel Piano di sviluppo e spingendo nello stesso tempo, tali scelte verso un aumento della produzione e quindi della redditività del singolo.
Tali finalizzazioni sono nella legge ottenute: a) sostituendo, nell'esame delle pratiche, al criterio della priorità cronologica, quello dell' esame sull'insieme delle domande pervenute entro determinate scadenze stabilite dalla Giunta, dando la possibilità di scelte di quelle maggiormente corrispondenti alla programmazione b) dando alla Giunta la possibilità di spingere verso determinate produzioni sia variando negli anni la quantità di contributo sugli interessi e sia predisponendo, per vari interventi, la varia possibilità di scelta del sistema più appetibile dai beneficiari tra contributi in conto capitale e conto interessi c) facilitando e completando l'istruzione tecnica e spingendo all'unione in associazioni e cooperative soprattutto per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti, anche dando aiuto e prestigio alle organizzazioni sindacali, professionali ed alle nuove associazioni dei produttori ed alle loro unioni, in parte, e per qualche settore, già regolamentate da leggi nazionali e per le quali si attende una legge nazionale.
Questa legge si prefigge anche di raccogliere in un unico testo quello che prima, era disperso in tante leggi, anche per poter accelerare la spesa regionale, in attuazione delle richieste dell'ordine del giorno del Consiglio regionale del 9.2.1978 sulla revisione delle leggi di spesa e sulla sua accelerazione.
Tale accelerazione, necessaria per evitare i residui passivi e per attenuare la rigidità del bilancio è ottenuta nella legge con vari meccanismi: con le piccole formalità dell'art. 5 (esenzione dal bollo autenticazione della firma da parte dei funzionari), col meccanismo dell'attualizzazione che sconta all'attualità le rate costanti posticipate del concorso regionale, con le proposte, per i vari interventi dell'alternativa di scelta tra conto interesse e conto capitale (artt. 10 e 12),con l 'anticipazione agli istituti esercenti il credito agrario dei contributi attualizzati (art. 10),con l 'allargamento agli uffici periferici (veterinario provinciale, Ipa, ecc.) del campo di competenza (art. 6) e, soprattutto, con il meccanismo dell'autorizzazione art. 5 lettera d).
Questa legge intende ancora venir incontro ad una parte di quelle aziende" che non possono usufruire della legge 15/77, perché non rimangano emarginate.
Tale finalizzazione è ottenuta dando a quelle aziende la possibilità di usufruire, anche senza piano aziendale, di 15 mila u.c., e frazioni di esse per unità lavorativa e frazione di essa garantita dalla destinazione di una quota percentuale del fondo totale disposto dalla legge.
La legge si articola in 10 titoli: il primo elenca i criteri, le istruzioni, le procedure e le priorità da seguire nella concessione dei benefici; i titoli dal 2° al 9 ° elencano gli interventi suddivisi, per quanto possibile, per settore; l'ultimo contiene le disposizioni finanziarie.
Più che sul contenuto dei primi 9 titoli, al quale ho già accennato nel corso della relazione, mi pare importante e necessario fare alcune considerazioni sulla materia dell'ultimo titolo.
L'entità globale della spesa proposta per l'agricoltura da questa legge per il triennio 78/80 è di 106.818 milioni. (Per dovere di obiettività bisogna precisare che aggiungendo a questa cifra quella disposta dalle leggi 15/77 - 3/78 - 345 ed altre non abrogate, l'ammontare della spesa per l'agricoltura sale a circa 177.079 milioni e che i 106.525 di questa legge saranno aumentati di circa l'80% dai fondi provenienti alla Regione dalla legge nazionale del quadrifoglio). Tale entità dà l'idea dell'importanza che viene data al settore primario.
Una seconda considerazione va fatta sulle percentuali della spesa globale destinate da questa legge ai vari titoli: dalla diversa quantità di esse si ricava l'identificazione che la proposta di legge fa dei settori più necessari di aiuto o per la formazione ed il miglioramento del reddito per l'imprenditore agricolo o per la riduzione delle passività della bilancia commerciale con l'estero. Così, ad esempio, che il 28 della spesa prevista per il 1978 sia destinato al titolo sullo sviluppo della cooperazione e dell' associazionismo, nella fase della trasformazione e della commercializzazione del prodotto agricolo, dimostra l'intenzione di sanare e ridurre quella individualizzazione che differenzia l'agricoltura italiana da quella dei partners europei e che frena e riduce il reddito per l'agricoltura.
Sono eloquenti, a questo proposito, i dati statistici che ci dicono: che le cantine sociali lavorano in prima trasformazione il solo 16 dell'uva prodotta in Italia, e che manca quasi completamente l'imbottigliamento, per cui non esiste, per il vino prodotto, un'efficace politica di mercato; e che le associazioni dei produttori commercializzano solo il 20% della frutta prodotta ed il 10 % degli ortaggi.
Così ancora che il 25 della spesa prevista per il 78 sia destinata alla zootecnia ed ancora il 10 % per le colture pregiate, settore già autosufficiente per il consumo nazionale, dimostrano l'intenzione di migliorare la bilancia commerciale con l'estero, spingendo ad aumentare, da una parte, la produzione dei bovini per ridurne l'importazione e dall'altra, quella dei prodotti ortofrutticoli per accrescerne l'esportazione.
Lavoro in consultazione e in Commissione. La consultazione, che ha visto l'intervento di tutte le forze interessate, si è conclusa con un giudizio positivo sul complesso e sui presupposti della legge, proponendo soltanto modificazioni qualitative o quantitative, variamente ragionate sui singoli interventi, in gran parte accolte nella legge definitiva.
Dalla Commissione, in seguito ad un esame molto approfondito e lungo la legge viene proposta al Consiglio e approvata a maggioranza.
Due questioni, che sono realmente fondamentali nella legge, hanno impegnato e diviso i Commissari.
Modalità di procedura per l'erogazione degli interventi e accelerare la spesa. Nello sforzo comune della Giunta e della Commissione di trovare, per far fronte anche all'incalzare della svalutazione, il modo con il quale il richiedente potesse iniziare subito i lavori o gli acquisti, non vi è stata unanimità di proposte.
La Giunta non ha accettato di responsabilizzare soltanto il richiedente ed i tecnici previsti dai richiedenti, pur dimostrando una notevole disponibilità ad adeguare e migliorare lo strumento dell'autorizzazione (art. 5), precisandone meglio i tempi e le modalità di concessione. Tale autorizzazione non è certamente un atto formale di impegno (la legge lo precisa all'art. 5) in quanto la mancata disponibilità di tempo nell'esame delle pratiche, alla quale si potrà ovviare solo col perfezionarsi del meccanismo burocratico negli uffici, non basterebbe a responsabilizzare la Regione di interventi o non giusti o non finalizzati, ma è uno strumento importante, che, responsabilizzando, con un margine abbastanza ristretto la Regione alla quasi garanzia di intervento, deve essere mantenuto e tenuto nei modi e nei tempi più adatti.
Più importante motivo di non unanimità nell'approvazione della legge in Commissione, è stato il giudizio sulla necessità del piano aziendale per accedere ai finanziamenti proposti dalla legge e superiori ai 15 milioni.
E' questo, sia per la Giunta che ha proposto la legge, e sia per alcune delle forze politiche presenti in Commissione, un elemento imperativo la cui assenza vanificherebbe tutta la legge.
La legge infatti é, come si è detto, la risultante delle necessità di adeguare la legge 15/77 alla realtà aziendale agricola piemontese e di risolvere, o ridurre la deficitarietà della produzione agricola italiana svincolandola il più possibile dalle importazioni dall'estero. Non pu essere quindi possibile rifiutare di nuovo il concetto innovativo della 15/77 senza ricadere nel vecchio sistema degli interventi di solo tipo assistenziale e non finalizzati al reddito più o meno comparabile a quello dei settori extragricoli.
Per altri problemi (composizioni delle varie commissioni consultive estensione anche alla pianura degli interventi previsti all'art. 35 per le abitazioni di montagna e collina, estinzione anticipata del mutuo, ecc.) la non unanimità è legata a valutazioni soggettive meno importanti per il giudizio globale sulla legge.
Con queste premesse la legge viene proposta al Consiglio per la discussione. Devo avvertire che il testo distribuito oggi rispetto a quello distribuito a fine luglio, contiene alcune correzioni per semplici errori di battitura e per quanto riguarda la parte finanziaria, alcune variazioni già esaminate in sede di I Commissione riunitasi il 4 settembre.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Franzi. Ne ha facoltà.



FRANZI Piero

Intervenire sul disegno di legge n. 308, per molti aspetti significa ritornare su molte delle considerazioni e valutazioni, sullo stato dell'agricoltura italiana, e piemontese in particolare, che già più volte abbiamo avuto modo di discutere.
Ma non si parla mai troppo di agricoltura e dei suoi problemi soprattutto in un momento come l'attuale che vede l'impegno di politici e di economisti in questo delicato settore posto per troppi anni in condizioni di inferiorità e sacrificato per sostenere un più accelerato sviluppo industriale.
Ci auguriamo che non si abbiano più a ripetere gli errori del passato perché se così fosse non potremmo accettare giustificazioni più o meno sincere. Infatti, se per il passato, seppur con un certo sforzo, possiamo accettare le giustificazioni di coloro che magari in buona fede hanno inteso accelerare l'industrializzazione sia per un più accentuato sviluppo economico nazionale, sia per assicurare maggiore possibilità di occupazione, oggi, con l'esperienza del passato, dobbiamo decidere diversamente. Purtroppo, e tutti ne siamo a conoscenza, le cose non sono andate come quei propugnatori sostenevano. Infatti, se l'agricoltura, in questi ultimi 10 anni di recessione economica, ha saputo e potuto fronteggiare anche i momenti più difficili, così non è stato per molte industrie, che hanno chiuso i battenti oppure hanno assorbito senza evidenti vantaggi produttivi centinaia di miliardi di finanziamenti pubblici.
Ebbene, è proprio dagli errori del passato che anche noi a livello regionale dobbiamo trarre insegnamento per impostare correttamente le nostre iniziative legislative. Sulle considerazioni della relazione che accompagna il testo di legge sono perciò doverosi alcune considerazioni e giudizi.
Politica dei prezzi: credo sia necessario ribadire che la politica dei prezzi rappresenta da anni il solo canale per difendere i prezzi dei prodotti agricoli, e non va anche dimenticato che difendere i prezzi dei prodotti agricoli significa in definitiva difendere il salario dei nostri coltivatori.
Piani verdi: non dimentichiamoci che nella storia dalla costituzione del regno d'Italia, al 1960, i piani verdi rappresentano le prime due leggi veramente organiche a favore dei produttori agricoli. Oggi con un pizzico di cattiveria polemica si dice che non erano interventi finalizzati, che si trattava di aiuti a pioggia o di tipo assistenziale. Ebbene, vorremmo che questi critici intervistassero i mille e mille coltivatori che, grazie a quei piani verdi, hanno potuto costruire case e stalle nuove, meccanizzare e migliorare le loro aziende, per sentire se sono stati apprezzati e quali positivi effetti hanno realizzato.
Politica generale CEE: a questo riguardo dovrei ripetere quanto ho già dichiarato a giugno in occasione dell'assestamento del bilancio 1978, e cioè che se anche la Comunità merita critiche, comunque un riconoscimento positivo lo dobbiamo pure dichiarare, quello di averci affrancati da quel pericoloso stato di isolazionismo autarchico in cui ci aveva collocati la politica fascista.
E' vero che la politica economica della comunità crea in alcuni settori distorsioni a danno della commercializzazione dei nostri prodotti, tuttavia merita di essere sostenuta per le rilevanti implicazioni di integrazione europea che essa realizza.
Dalla prima lettura del disegno di legge 308 pensavo che la nuova legge potesse coprire lo spazio non coperto dalla legge 15, ritenendolo un provvedimento di fiancheggiamento alla legge sulle direttive comunitarie anche se con condizioni di finanziamento, mutui, prestiti e contributi diversi, così da avere due normative, la legge n. 15 per i finanziamenti attraverso le procedure delle direttive CEE a quegli imprenditori più o meno grandi che potendo raggiungere il reddito comparato, presentano un piano di sviluppo aziendale, e il disegno di legge n. 308 per interventi limitati a piccole iniziative e quindi svincolati dalle procedure complesse e difficili previste dalla legge n. 15.
Devo dire e riconoscere che ho completamente sbagliato, perché la scelta politica che è stata fatta dalla maggioranza, è quella di far propria tutta la procedura vincolistica prevista dalle direttive CEE.
Questa scelta certamente avvantaggerà certe aziende, ma porrà in condizione di grave difficoltà la stragrande maggioranza delle aziende più piccole, cioè proprio quelle che invece avrebbero maggior bisogno di essere aiutate.
A tal riguardo si potrà rispondere che la logica delle procedure introdotta nel disegno di legge n. 308 non è altro che quella prevista dalla direttiva comunitaria 159/72 e che pertanto, se una critica la si deve fare, è in quella direzione che ci si deve rivolgere e non alla Giunta della Regione Piemonte. Per controbattere tale ipotesi è sufficiente leggere con attenzione quanto detto alla direttiva 159 e nella legge 9.5.1975 n. 153, per dimostrare che si poteva fare anche in altro modo cioè finanziare le pratiche senza il vincolo del piano e della contabilità aziendale.
L'art. 1 della direttiva n. 159 precisa infatti che gli stati membri istituiscono un regime selettivo di incoraggiamento delle aziende in grado di svilupparsi.
L'art. 2 della stessa direttiva 159 indica che sono aziende in grado di svilupparsi e quindi di conseguire il reddito comparato, quelle in cui l'imprenditore esercita l'attività agricola a titolo principale, possiede una sufficiente capacità professionale, si impegna a tenere una contabilità aziendale, elabora un piano di sviluppo dell'impresa.
In altre parole, l'intervento finanziario della Comunità è limitativo e selettivo ed a favore soltanto di quelle aziende o imprese che si trovano o si pongono nella tassativa condizione dei precisati artt. 1 e 2 della direttiva 159, mentre per tutte le altre aziende od imprese agricole, che non si trovano o non si pongono nelle condizioni sopra indicate, dispone il successivo art. 14 al paragrafo 2, ove si precisa che per quanto riguarda gli investimenti nelle altre aziende (cioè quelle che non sono in grado di svilupparsi) gli stati membri possono concedere aiuti a condizione che l'interesse che rimane a carico del beneficiario; o l'equivalente di tale interesse, ammonti almeno al 5%. Sono quindi, a nostro avviso, possibili interventi a condizioni meno vantaggiose; che tale principio sia più o meno giusto è tutto da verificare, ma a me preme dimostrare la possibilità di concedere aiuti finanziari al di fuori del vincolo burocratico della contabilità aziendale e del piano di sviluppo aziendale.
Le norme delle direttive CEE sopra richiamate sono chiaramente recepite dallo Stato italiano con la legge n. 153 del 1975 all'art. 11 e successivi per quanto riguarda le aziende relative agli artt. 1 e 2 della direttiva 159/72, e all'art. 31 per quanto riguarda la fattispecie di cui all'art. 14 della direttiva sopra richiamata, che recita testualmente: "Le Regioni nell'emanazione delle norme di propria competenza devono attenersi ai principi ed ai limiti di cui all'art. 14 delle direttive CEE", cioè quella normativa che autorizza la concessione di aiuti finanziari e di interventi a condizioni di minor favore rispetto a quelli previsti dai primi articoli.
Le motivazioni che ci spingono ad insistere per veder modificata la norma del disegno di legge n. 308, così come è stato approvato a maggioranza della Commissione, che vincola i produttori agricoli alla contabilità aziendale ed al piano di sviluppo aziendale, sono essenzialmente due il vincolo della contabilità del piano di sviluppo aziendale è la diretta conseguenza della filosofia di sviluppo agricolo proposta dall'allora Ministro dell'agricoltura della CEE Mansholt, secondo la quale per migliorare il reddito in agricoltura, era prioritariamente necessario creare delle condizioni capaci di rendere ottimale la dimensione aziendale è di qui il suggerimento per l'incoraggiamento alla cessazione dell'attività agricola. Eravamo allora verso la metà degli anni '60, quando ancora si pensava che l'industria avrebbe potuto sostenere da sola il processo di sviluppo economico, e sarebbe stata in grado di continuare ad assorbire più ampie disponibilità di mano d'opera. Ma le cose in questi anni sono profondamente cambiate, al punto che il rilancio dell'agricoltura si pone per politici ed economisti come presupposto primario per un più corretto e reale sviluppo della società. Ecco perché, anche a livello comunitario, in occasione dei primi incontri per la verifica sul come sono state applicate le direttive in questo primo quinquennio, si è già accettato il principio di concedere finanziamenti "una tantum" dell'ordine di 10.000 unità di conto per ogni azienda, ed a livello nazionale si parla di 15 mila unità di conto per ogni unità lavorativa.
Sono adattamenti che si devono necessariamente apportare perché la logica dell'efficienza imprenditoriale soddisfa pochi e penalizza in definitiva i più deboli, cioè quelli che vivono nelle zone di montagna e di collina e che devono essere invece i più aiutati.
Anche noi, in un primo tempo, eravamo convinti della validità delle direttive CEE; ne siamo stati attivi sostenitori, ma di fronte alla realtà delle cose, di fronte ai numeri delle pratiche presentate, ci siamo resi conto che il meccanismo non funziona e deve essere modificato.
La seconda motivazione che ci spinge a sostenere la tesi, o meglio la richiesta, deriva proprio dai dati numerici che ci ha fornito l'Assessore all'agricoltura (mi riferisco ai dati forniti nel mese di luglio, che a tutt'oggi saranno leggermente modificati, ma che comunque sono sempre significativi.
Domande presentate nel corso del 1977 (mesi settembre/ottobre, cioè dopo l'emanazione della norma per l'attuazione della legge regionale 22.2.1977 avvenuta alla fine del mese di marzo 1977): n. 438.
Piani approvati alla data del 31.5.1978 (sulle domande del 1977): n. 58.
Previsione presentazione nuove domande nel corso del 1978: n. 1000.
Di fronte a questi dati numerici molto scheletrici, ma anche molto significativi, si pongono due ordini di riflessioni: 1) se consideriamo che le aziende agricole in Piemonte, che si possono veramente considerare tali per ampiezza di superficie, impegno di lavoro e reddito conseguito, sono stimate in 100.000, emerge subito che il numero delle domande di 438 (od anche di 1438) è eccessivamente modesto 2) se consideriamo che nei primi 5 mesi del 1978 sono state esaminati in tutto 58 piani, dobbiamo concludere che per esaminare le restanti 380 pratiche presentate nel 77, saranno necessari altri 32 mesi, pari a due anni e 8 mesi, e così per esaminare le 1000 pratiche del 78, che si prevede verranno presentate, saranno necessari 84 mesi, pari a 7 anni, per cui per esaminare 1438 pratiche ci vorranno 121 mesi, pari a 10 anni.
Questo calcolo, indubbiamente esasperato, dimostra l'eccessiva lentezza nell'esame delle domande ed in quali condizioni di estrema difficoltà si pongono gli uffici degli Ipa. Se poi consideriamo che gli uffici agricoli sono chiamati ad esaminare altre 9 mila pratiche, tutt' ora giacenti presso gli uffici agricoli, come risulta dal documento fornito dall'Assessore nonché le varie migliaia di domande che ogni anno vengono presentate per avversità atmosferiche, ci rendiamo conto che si va incontro ad una vera e propria condizione di blocco con tutte le conseguenze negative per il processo di sviluppo dell'agricoltura.
Per quanto riguarda le disponibilità finanziarie, mi risulta che le pratiche giacenti sono circa 9500, per un fabbisogno di spesa di 50 miliardi. Se teniamo conto che la previsione di spesa del disegno di legge n. 308 è di 43 miliardi, che potranno promuovere al massimo 130/140 miliardi di investimento, quando solo per coprire il fabbisogno delle 9 mila pratiche giacenti, sono necessari 190 miliardi di investimenti, allora il disegno di legge numero 308 e sufficiente a soddisfare le esigenze dell'agricoltura ed a coprire le richieste delle domande che già sono presentate? E' un discorso che non intendo approfondire in questa sede. Ho pregato l'Assessore di voler rivedere, in sede di Commissione, come e in che modo impostare il bilancio del 1979. Mi rendo perfettamente conto che le disponibilità di spesa previste nel bilancio 1978 dovranno principalmente essere destinate a soddisfare le esigenze di quelle 9 mila pratiche tutt'ora giacenti, tuttavia, da quanto emerge dalla documentazione a nostra disposizione, moltissime domande resteranno inevase. A nome del mio Gruppo dichiaro che desideriamo affrontare questo capitolo di spesa di fronte ad una situazione aggiornata al 30 giugno, per vedere come e in che modo nei prossimi assestamenti di bilancio o nell'impostazione del bilancio 1979 si potrà dare una concreta risposta. E' compito della minoranza denunciare in Consiglio le cose che non vanno, mentre è compito della maggioranza studiare ed attuare tutte quelle soluzioni capaci di dare una concreta risposta alle attese della nostra gente.
Se ho criticato alcune impostazioni dell'articolato, con altrettanta sincerità devo dire che il disegno di legge n. 308 si inquadra correttamente nelle linee della programmazione nazionale e regionale e recepisce, con adattamenti, la legge 27.12.1977 n. 984 (quadrifoglio) che rappresenta il primo atto di programmazione agricolo-alimentare.
E' anche necessario dare attuazione al secondo capoverso del primo comma dell'art. 12 della legge 984/77 per la parte riguardante la disciplina cui deve essere sottoposta la gestione dei canali demaniali di irrigazione trasferiti alle Regioni. La questione è di rilevante importanza per i produttori agricoli. Senza entrare nel merito del problema voglio augurarmi che sia finalmente posto fine all'anomala situazione portata avanti dallo Stato secondo la quale strutture agricole finanziate con fondi dall'amministrazione dell'agricoltura venivano gestiti dal Ministero delle finanze.
Voglio quindi augurarmi che a livello regionale i produttori possano gestire direttamente le strutture agricole e che interlocutore sia l'Assessore all'agricoltura e non l'Assessore alle finanze.
Ho indicato alcuni dei tanti problemi che turbano lo sviluppo dell'agricoltura che, come altri settori, deve potersi velocemente evolvere ed adeguare alle mutate condizioni produttive e alla dinamica mercantile.
E' perciò indispensabile un continuo e costante impegno perché solo così potremo dare concreta risposta alle attese dei nostri produttori.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, il disegno di Legge che stiamo esaminando, e che è passato al vaglio critico delle forze sociali piemontesi interessate alla legge stessa in una serie di riunioni e di confronti che ha veramente sostanziato di contributi positivi il concetto fondamentale e statutario della partecipazione e quello politico della verifica e della presenza pluralistica alla formazione delle leggi, questo disegno di legge che ancora ieri, come diceva poc'anzi il collega Gastaldi, per quasi un'intera giornata ha tenuto impegnati alcuni Commissari della III Commissione responsabilmente protesi alla ricerca, all'ultima ricerca di quegli elementi ulteriormente possibili di unificazione concettuale su quelli che sono rimasti i capisaldi di tutto l'impianto normativo della legge n. 308 questo disegno di legge ci consente di affermare, come Gruppo socialista che contiene in sé elementi estremamente concreti e positivi, sia per quanto si riferisce al metodo che per quanto attiene ai contenuti.
Siamo infatti, secondo noi, in presenza di un testo di legge che raccogliendo e riordinando eredità di leggi regionali agricole già esistenti, e recependo, per quanto era possibile e lecito, leggi di carattere nazionale di grande rilievo e significato, come, per esempio, la cosiddetta legge del quadrifoglio, e integrando, organicamente, la legge regionale n. 15, di recepimento e di attuazione delle direttive comunitarie, riconduce ad unità concreta gli interventi nel settore agricolo, proiettati nei prossimi anni, e rappresenta, infine, una legge programmatoria nell'ambito degli obiettivi fissati dal Piano di sviluppo regionale.
Non c'é dubbio alcuno - lo ha ancora rilevato il relatore - che si tratta di una legge difficile e complessa che non si limita a raccogliere in un testo unico le leggi esistenti in materia di agricoltura, ma che si sforza, invece, di proporre e di codificare un'articolazione di segno programmatico, perseguendo l'obiettivo complessivo e principale di finalizzare concretamente gli interventi a favore del mondo agricolo piemontese, in un quadro di politica di programmazione - quindi di controllo democratico - che è il perfetto contrario di una linea politico economica, fondata su provvedimenti di carattere assistenziale, fini a se stessi, che a ben vedere non hanno risolto i problemi dei produttori agricoli, né tanto meno hanno risolto il problema di una sana economia agricola competitiva sui mercati e remunerativa per i coltivatori.
E' appena il caso di ricordare velocemente - perché questo problema lo deve affrontare essenzialmente il Parlamento - che nello scorso anno 1977 l'agricoltura ha fatto registrare risultati negativi per l'espansione produttiva, i redditi e l'occupazione, arrivando a raggiungere un disavanzo nella bilancia agricolo-alimentare di 3700 miliardi, contro, per esempio, i 3300 miliardi del 1974. Ed è appena il caso di sottolineare che proprio per questa situazione pesante e difficile che grava sul settore agricolo, i partiti dell'arco costituzionale non hanno faticato a trovare un'intesa corretta e concreta sui problemi del rilancio dell'agricoltura che indicando i mezzi e gli strumenti necessari, ha posto il difficile traguardo di coprire negli anni '80 almeno il 90 % del fabbisogno nazionale di beni agricoli-alimentari con la produzione diretta, cioè con la produzione agricola del nostro Paese.
Il Governo non è ancora al passo con le esigenze poste dall'intesa dei partiti, anche se i Ministri, quello dell'agricoltura in prima linea, hanno recepito lo spirito e la lettera dell'accordo politico che, in sostanza intende imprimere una rigorosa sterzata alla politica agricola , per passare dalla reiteratamente conclamata "centralità dei patti" ad un'effettiva ed eloquente "centralità nei fatti", dove sia resa giustizia al lavoro del contadino, al suo reddito, alle sue speranze di sviluppo e di rinnovamento. Una giustizia che in definitiva si estende e protegge l'intera nazione, perché - e non ci stancheremo mai di ripeterlo - la politica dell'agricoltura è anche la politica dei consumatori e se è corretta, adeguata, oculata e intelligente la prima, i suoi effetti positivi ricadono su tutta la popolazione nazionale.
Come socialisti abbiamo sempre detto che per tanto che si faccia a favore dell'agricoltura, è sempre poco e comunque insufficiente rispetto alle esigenze che il settore agricolo richiede, e che tutte le forze politiche, in mille occasioni, hanno solennemente dichiarato di voler accogliere e soddisfare. Ma una cosa è dire e affermare che l'agricoltura Piemontese e italiana va sostenuta, va potenziata, va protetta, va incentivata, va difesa, va aiutata e per fare ciò occorre un subisso di provvedimenti, leggi e leggine, interventi tra loro autonomi, quando non addirittura contraddittori e certamente di- spersivi e quindi, aldilà dell'effetto soggettivo di chi riceve il sostegno, improduttivi ai più vasti fini economici del settore; altra cosa, invece, è intervenire nel settore agricolo con leggi programmatorie e ben finalizzate ad un quadro ben definito, dove lo sviluppo e il suo relativo processo siano ben pilotati e guidati dalle forze politiche e sociali, verso obiettivi chiaramente delineati, che si inseriscono concretamente nell'obiettivo generale del rilancio dell'agricoltura, della sua capacità produttiva e competitiva nell'ambito dell'economia del Paese e dell'Europa.
Mi pare di poter dire, e non voglio assolutamente cadere nell'amplificazione artificiosa del fatto, che questo grosso disegno di legge che stiamo esaminando risponda, per quanto è la sua natura e la sua dimensione regionale, al disegno che abbiamo cercato di sottolineare, sia pure grossolanamente, su quello che deve essere l'avvenire del nostro sistema produttivo piemontese. Secondo il Gruppo socialista, le motivazioni del disegno di legge 308 sono chiaramente ancorate e rispondenti ad una serie di esigenze che, per brevità di discorso, cercherò di sintetizzare rapidamente in una serie di osservazioni, la prima delle quali è rappresentata da un corretto e pieno adeguamento della nostra legislazione agricola alle direttive della Comunità Europea (per le quali, se non ho capito male, è cessato il periodo transitorio), nonché un altrettanto corretto adeguamento alla legge nazionale del 27.12.1977, n. 984, meglio conosciuta come legge del "quadrifoglio" per gli interventi sostanziali che essa prevede nei quattro settori fondamentali dell' agricoltura.
Non va sottaciuto il fatto che il disegno di legge n. 308 ha predisposto un impianto legislativo che consentirà una piena e sollecita utilizzazione dei fondi per l'agricoltura, qualunque sia la loro provenienza. So bene che su questa valutazione le opinioni di alcuni colleghi, soprattutto di quelli che possiamo definire "addetti ai lavori" e che proprio per queste competenze hanno vissuto esperienze recenti e remote, sono scettici davanti alla possibilità che questo impianto normativo renda più celeri e spedite le operazioni di intervento sul piano concreto; ma noi riteniamo che questo disegno di legge contenga la chiave procedurale per aprire sollecitamente porte - come diceva poc'anzi il collega Franzi -"tecnico-burocratiche", che forse negli anni scorsi erano davvero apribili dopo inauditi sforzi e non poche disillusioni da parte degli interessati.
Sarà compito della Giunta, sarà compito dell'Assessore, sarà compito dell'Amministrazione, tradurre in concreto le norme della legge n. 308, per modo che ritardi, refusi e contrattempi siano spazzati via dalla logica operativa di questa legge, quando avrà raggiunto il suo naturale e pieno regime di produttività.
Il disegno di legge in esame coordina e raccorda, come abbiamo già detto, tutta la precedente legislazione agraria regionale e si coordina con particolare riferimento alla legge regionale n. 15 del febbraio 1977 che rimarrà in vigore per le ragioni che ha efficacemente illustrato il collega Franzi.
Un aspetto, certamente significativo e rivelatore di una chiara scelta a favore della programmazione, è dato, appunto, dall'adeguamento al principio della programmazione dell'intervento regionale, con l'introduzione di un criterio di impegno poliennale, con l'individuazione delle priorità e con la scelta dei settori di intervento privilegiato.
Questi, in rapida sintesi, rappresentano le motivazioni di contenuti politici, almeno i principali contenuti politici del provvedimento, e ne definiscono il significato e la portata.
Questi contenuti e le forme adottate e proposte per dare loro una puntuale e corretta attuazione, così come sono anche emerse dai lavori della Commissione, incontrano il consenso del Gruppo socialista. Forse sarebbe un errore attenderci grandi novità, nei tipi e nelle forme dell'intervento, da una legge di portata vasta come quella che stiamo discutendo, perché questa legge, nel proporsi di introdurre alcuni nuovi elementi, norme e metodologie deve giustamente e necessariamente preoccuparsi di non spezzare la continuità dell'intervento pubblico nelle campagne. L'accento, invece, secondo noi, va posto essenzialmente sui nuovi criteri introdotti, anche se non si può fare a meno di accennare alle scelte di fondo che, già adottate in passato con leggi precedenti, vengono ribadite nel disegno di legge n. 308. Ci riferiamo, per esempio, alle scelte dell'impresa diretto-coltivatrice (singola o associata) dell'associazionismo, della cooperazione, dell'occupazione in agricoltura delle giovani forze lavorative, del particolare favore accordato alle zone collinari e montane.
Voglio dire insomma che in questo senso, c'é continuità di una linea di politica agraria regionale, evidente, che non sarò io a negare e nemmeno a contestare in una chiave che sia diversa dalla pura e semplice constatazione che mi permetto di fare. I criteri innovatori del disegno di legge, che invece riteniamo di sottolineare esplicitamente e positivamente possono essere i seguenti la priorità assoluta concessa ai piani di sviluppo aziendali presentati ai sensi della legge regionale n. 15 del 1977. Con tale priorità noi riteniamo che sia stato giustamente e opportunamente ribadito il concetto che la forma usuale da instaurare fra operatore privato e pubblica amministrazione; è il piano di sviluppo aziendale.
Questo nuovo - e per taluni versi discusso - metodo di erogare contributi in agricoltura, risponde allo spirito delle direttive comunitarie secondo le quali un obiettivo del pubblico intervento in agricoltura dovrebbe essere quel lo di far conseguire stabilmente agli agricoltori che, non avendo ancora un "reddito comparabile" nel senso indicato dalle direttive medesime, siano in grado di raggiungerlo in modo durevole e permanente attraverso un'adeguata ristrutturazione dell'azienda.
Questa logica, se viene intesa correttamente, è in evidente antitesi con la logica cosiddetta degli interventi a pioggia che ha dato risultati non positivi nel senso generale e politico della considerazione.
In questo quadro, mi pare di poter dire che il piano di sviluppo aziendale, che a molti colleghi Consiglieri non va tanto a fagiolo, perch gli attribuiscono un significato e un onere discriminatorio, diventa a mio parere uno strumento per fare un'analisi corretta, con metodologia uniforme per tutte le aziende, della situazione iniziale che consente di mettere in evidenza le risorse valide ed i punti deboli dell'azienda, consentendo di individuare gli interventi necessari al riassetto della struttura produttiva, programmarli nel tempo e prevedere quindi l'assetto finale della stessa azienda ristrutturata. Va detto che il disegno di legge prevede anche il piano di sviluppo interaziendale, che è certamente una possibilità interessante e valida, nonché la tenuta della contabilità aziendale, per la quale è peraltro previsto uno specifico contributo per i primi quattro anni, con un'integrazione dello stesso contributo per gli anni successivi, rispetto alla durata del piano di sviluppo aziendale.
Questo concetto del piano aziendale è rafforzato dall'obbligo introdotto nel nostro disegno di legge di presentare il piano ogni qual volta l'intervento per cui si richiede il sostegno pubblico superi una soglia prefissata, ed anche dal criterio di contenere il beneficio pubblico, accordato in misura tale da non superare quello concesso in forza della citata legge n. 15.
Un altro, evidente - e lo constateremo se la legge verrà approvata criterio innovatore positivo è dato dallo snellimento e dal riordino dell'iter burocratico delle pratiche, ed in generale dalla ricerca di una più efficace operatività dell'amministrazione: in questo senso mi pare importante sottolineare l'apertura di un canale diretto di comunicazione fra operatore privato ed amministrazione pubblica.
La ridefinizione e l'adeguamento di alcune norme finanziarie, al fine di migliorare la facilità e la rapidità della spesa, di poter predisporre programmi a medio termine e di poter utilizzare pienamente ogni forma di finanziamento, rappresentano elementi innovatori di indubbia validità, che non mancheranno di dare frutti concreti alle attese dell'imprenditore agricolo.
La stessa generalizzazione dell'opzione, a favore del contributo in conto capitale, in luogo dei contributi negli interessi, può sembrare un criterio che suscita perplessità, perché ad un'analisi fredda e razionale del fatto non si può non scorgere, sotto sotto, una sorta di carattere diseducativo connesso, appunto, al contributo in conto capitale. Non ne facciamo una tragedia, ci pareva opportuno rilevare questo significato ed esternarlo all'assemblea perché ognuno lo commenti come vuole e come crede.
Noi, al di là di questo, non abbiamo difficoltà a ritenere fondate ed accettabili le motivazioni a sostegno di questo criterio proposto nel disegno di legge. E quindi saremo allineati nel sostenerlo. Ma il problema da noi posto resta e resta quindi un impegno per tutti a sviscerare questa materia quando e come si presenteranno le occasioni favorevoli.
Con l'approvazione del disegno di legge n. 308, l'impianto legislativo della politica agraria regionale (nei limiti della sua autonomia ovviamente, che è piuttosto angusta, dato che dalla capacità legislativa regionale resta pur sempre esclusa la politica fondiaria, quella dei contratti, gli interventi sul mercato, il controllo della Federconsorzi, il controllo del credito) questo impianto legislativo, con i limiti ricordati può definirsi abbastanza completo ed appare aggiornato e coerente. E' un aspetto, questo, che deve essere sottolineato a favore della Giunta regionale e che colloca il Piemonte, voglio dire la nostra Regione all'avanguardia delle Regioni italiane, la maggioranza delle quali procede molto lentamente sulla strada dell'adeguamento della propria legislazione alla normativa nazionale e comunitaria.
Il filo conduttore che unisce questo impianto contenuto nel disegno di legge n. 308, e nello stesso tempo lo qualifica, è il filo della programmazione, nel pieno rispetto dell'art. 4 dello Statuto che dice testualmente: "La Regione per realizzare le sue finalità, adotta il metodo e gli strumenti della programmazione".
I cardini, a nostro parere, sui quali poggia l'impianto legislativo che sono naturalmente cardini al servizio non solo dell'agricoltura, ma più completamente al servizio di una politica economica programmata, sono rappresentati dalle leggi regionali, che già il Consigliere Gastaldi ricordava, e dagli organismi che ci siamo a suo tempo dati, proprio per l'impostazione ed il successivo decollo di una concreta politica di programmazione. Mi riferisco alla legge regionale n. 41 che ha istituito i Comprensori; le leggi 12 e 54 che hanno istituito l'Esap; la legge n. 56 sulla tutela del suolo; la legge n. 12 sulla contabilità regionale ed infine la legge n. 20 del 22.3.1978 sulla formazione dei plani zonali di sviluppo agricolo, a mio avviso, vera chiave di volta di ogni processo programmatorio ed economico delle nostre campagne. Anche questo è un argomento che è rimbalzato molte volte e non sono mancati gli accenti critici da parte di colleghi e delle forze politiche del Consiglio regionale, ma sono rimaste in ogni modo al livello di critica per critica invocando le naturali e scontate difficoltà che comporta ogni inizio di processo innovativo, come dimostrazioni incontestabili di una scelta politica e programmatica negativa ai fini generali del rilancio produttivo in agricoltura.
Altra cosa è invece riconoscere - e noi socialisti lo facciamo senza sotterfugi - la necessità del nostro (e di tutte le forze politiche democratiche) massimo impegno a predisporre ed a fare funzionare al meglio gli strumenti della politica di programmazione democratica in agricoltura.
Per parte nostra l'impegno è garantito e non latiterà, nemmeno quando avvertiamo, sempre democraticamente, che si deve mutare grado alla rotta naturalmente se la circostanza è tale da legittimare il nostro autonomo avvertimento.
In chiave esemplificativa, riteniamo che bisogna adoperarsi con tutti i mezzi di cui disponiamo, per garantire un'autentica e proficua partecipazione delle forze sociali e soprattutto quelle direttamente interessate al processo di sviluppo e di adeguamento della politica agricola regionale, arrivando anche ad una delega di funzioni amministrative agli organi periferici sub regionali. Riteniamo che bisogna dare l'avvio ai piani agricoli zonali ed alla riorganizzazione generale dei servizi di supporto (si pensi per esempio alla formazione professionale) dando vita ad organismi indispensabili all'economia agricola, come, sempre per esempio, al centro regionale di contabilità per le aziende agricole, i diversi livelli (zonale, comprensoriale e regionale) del servizio di divulgazione e di assistenza tecnica e di gestione, il servizio geologico regionale, la cosiddetta banca dei dati (non solo per i dati dell'agricoltura); dando uno sguardo in profondità all'assetto operativo e funzionale del centro e della periferia, con l'occhio fisso agli elementi nuovi della professionalità, dell'efficienza e quindi della democrazia operativa; al pieno funzionamento, al loro fertile coordinamento degli organi regionali operanti (esclusivamente o meno) nel settore agricolo come l'Esap, l'Istituto zooprofilattico, l'Istituto delle piante da legno l'Ires, ecc. ecc.
Mi rendo ben conto che non è solo una questione di dotazione di strumenti tecnici, che pure sono fondamentali e perciò stesso indispensabili, né di solo riordino di meccanismi burocratico amministrativi, né di solo trasferimento di deleghe, che peraltro, a nostro avviso, restano pur sempre un obiettivo da perseguire e da raggiungere.
Quello che invece vorrei sottolineare, quello di cui dobbiamo essere consapevoli e profondamente convinti, quello che, come socialisti, andiamo convintamente sostenendo da tempo, è che una programmazione democratica nelle campagne presuppone un rapporto diverso fra operatori pubblici e privati; un rapporto che non si realizza automaticamente mediante operazioni di ingegneria istituzionale, ma che si costruisce, in concreto sul terreno delle scelte decisive e riformatrici.
Si dice che la partecipazione dal basso, che è ad un tempo strumento ed obiettivo della politica di programmazione democratica, non si attua solo col decentramento amministrativo, ma soprattutto liquidando, togliendo smantellando certe forme di oligarchia del potere da parte delle forze politiche prima che di quelle istituzionali, secondo l'affermazione di Cafiero contenuta in un non dimenticato e, anzi, largamente discusso saggio su "Partecipazione e potere nell'esperienza italiana di sviluppo comunitario".
Questo è in sostanza il senso che come socialisti diamo e daremo al nostro impegno politico, coscienti, peraltro, che i tempi di un simile disegno saranno necessariamente lunghi, così come del resto sarà lungo, e magari tutt'altro che facile ed agevole , avviare e far camminare quel vasto processo di crescita culturale, civile e politica che ne è il fondamento essenziale, e che dovrà coinvolgere le forze politiche, le istituzioni, gli operatori ed i cittadini. Noi votiamo il testo della legge così come è uscito dal lungo e impegnato dibattito della Commissione.
Siamo comunque pronti ad accogliere quegli emendamenti che rappresentano un effettivo contributo al miglioramento funzionale di qualche meccanismo previsto dalla legge stessa, a condizione che i cardini essenziali sui quali poggia l'impianto dell'articolato non vengano mossi oppure modificati nella loro sostanza concreta, perché a questi cardini fondamentali noi annettiamo il significato di una scelta chiara, politica ed irreversibile.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Riservo la valutazione definitiva al dibattito finale sull'articolato.
In questa sede mi pare comunque opportuna, utile e doverosa una valutazione positiva nei confronti della Giunta e della Commissione.
Nella proposta sono considerati due principi liberali: l'organicità delle norme rapportate ad un riferimento comune e un tentativo serio di avviare gli interventi pubblici a premio dell' imprenditoria agricola in modo che divenga sempre più autonoma e produttiva.
Peraltro esistono alcuni motivi di riserva che in qualche misura mi fanno sospendere il parere definitivo. Ad esempio, l'art. 45, ripianando i debiti con il contributo una tantum del 70%, ci lascia perplessi, non tanto perché rimedia ad una situazione passata, quanto perché può sembrare una disponibilità dell'Amministrazione regionale a ripetere in futuro questo tipo di salvataggio. Esistono poi nella legge alcune indeterminatezze che mi permetterò di richiamare a suo tempo.
Devo sottolineare la posizione del mio Gruppo in merito al non accordo in Commissione sulla subordinazione dei finanziamenti superiori ai 15 milioni alla presentazione dei piani aziendali, precisando che questo mi pare un indirizzo positivo in quanto rientra nella logica di portare l'agricoltura al livello imprenditoriale.
Mi paiono, infine, estremamente meritevoli di attenzione da parte della Giunta le osservazioni e le perplessità sollevate dal collega democristiano in merito ai ritardi degli uffici che finiscono per frustrare molte volontà politiche espresse in questa sede; fatto, questo, estremamente cruciale che, comunque, continua ad essere trascurato e non preso in considerazione da parte dell'Amministrazione regionale. Potremo giudicare l'efficienza regionale rispetto a quella dello Stato soltanto quando dalla comparazione dei tempi e degli iter burocratici la Regione saprà distinguersi meglio dello Stato.
Nel ribadire la valutazione positiva sul complesso normativo che ci viene sottoposto, mi riservo di esprimere un giudizio definitivo alla fine della discussione degli articoli.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Lombardi. Ne ha facoltà.



LOMBARDI Emilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'importanza del disegno di legge n. 308, la scarsità di occasioni per una verifica generale sulla situazione della nostra agricoltura, ci inducono a non perdere l'occasione di un sereno ed approfondito dibattito su questa legge che intende affrontare i problemi fondamentali del settore agricolo e si inserisce in una realtà economica e legislativa della quale si deve tenere conto e che a mio avviso, la relazione avrebbe dovuto maggiormente approfondire.
La realtà economica dell'agricoltura è assai complessa , varia da comprensorio a comprensorio, con notevoli differenziazioni all'interno di uno stesso comprensorio. Nell'impossibilità, per questioni di tempo, di analizzare tutte le motivazioni di queste notevoli diversità, mi sembra di poter individuare nella nostra Regione, tre tipi fondamentali di agricoltura: quella di pianura, quella di collina e quella di montagna.
Mentre la prima, anche per merito del regime dei prezzi, negli ultimi tempi, relativamente soddisfacente, specie nelle aree vocate ad alcune produzioni specializzate, è adeguabile all'agricoltura europea sia per quanto riguarda i prezzi che per le strutture, quindi si può inserire in larga percentuale con successo nella regolamentazione comunitaria, gran parte della seconda e tutta la terza, salvo eccezioni, sono tagliate fuori da un possibile inserimento, ad armi pari, nel mercato europeo.
Il Piano di sviluppo regionale ha tra gli obiettivi primari di carattere generale il riequilibrio territoriale, e tra gli obiettivi nel settore agricolo quello del mantenimento del più alto livello possibile di occupazione; d'altra parte il primo obiettivo, in larga parte della nostra Regione, non è conseguibile senza il raggiungimento del secondo.
Questi obiettivi non sono certamente raggiungibili con l'applicazione attraverso alla legge n. 15 delle direttive comunitarie, in quanto esse direttive comunitarie e legge n. 15 di conseguenza, perseguono obiettivi diversi, che in larga parte si identificano con il raggiungimento del reddito comparabile, obiettivo condivisibile ed auspicabile, ma, come abbiamo visto, impossibile per la stragrande parte delle nostre aziende specie se ubicate nelle zone più povere della Regione.
Un dato solo dovrebbe farci riflettere: la richiesta media d'investimento delle aziende che hanno presentato un piano di sviluppo supera largamente i 100 milioni. Fra le decine di migliaia di famiglie coltivatrici della nostra collina e della nostra montagna, quante sono quelle, ammesso che posseggano i requisiti, che possono affrontare i costi pur con le agevolazioni previste di simili investimenti? Mi si pu obiettare che era una strada obbligata derivante dalla nostra appartenenza alla Comunità Economica Europea. D'accordo, anche se l'applicazione della legge n. 15, specie per quanto riguarda il decentramento ed il piano di sviluppo aziendale, ne ha ulteriormente evidenziato gli aspetti negativi.
Colleghi, un piano prima di essere approvato dai Comitati comprensoriali, percorre questo iter; lo descrivo in maniera sintetica, non per polemica, ma perché mi sembra opportuno riflettere su una procedura che (il collega Franzi lo ha confermato con i numeri) rischia di vanificare anche i pochi aspetti positivi che la legge n. 15 offre. Il produttore agricolo si rivolge alla propria organizzazione od a uno studio professionale. Il tempo occorrente per verificare se esistono le condizioni e per la successiva redazione, non è mai inferiore, anche nei casi più semplici, ai 3-4 giorni. Questo perché si è voluto adottare un tipo di piano di sviluppo aziendale talmente teorico, complesso e burocratico che nessun laureato in agraria è in grado di redigere senza prima conoscere tutti i segreti dei quali è cosparso.
Una volta redatto, il piano viene presentato all'Ispettorato che lo esamina in sede comprensoriale. Salvo casi fortunati, quasi sempre deve essere riveduto e corretto e solo allora viene preso in esame dal funzionario che, dopo non poco tempo, esprime il giudizio tecnico sull'approvabilità del piano; questo passa quindi alla Commissione consultiva comprensoriale che spesso, per mancanza del numero legale, non può esaminarlo. Nel caso in cui avvenga l'esame, i componenti la Commissione hanno difficilmente avuto la possibilità di informarsi in modo tale, da poter eventualmente contestare le argomentazioni del funzionario.
Succede spesso che gli unici ad essere favorevoli al Piano che non è approvato dal funzionario, siano i rappresentanti dell'organizzazione che l'ha redatto, in effetti sono gli unici ad essere a conoscenza della realtà aziendale del loro associato e ad avere argomentazioni valide.
Successivamente il piano con il parere tecnico del funzionario e della Commissione consultiva passa alla Commissione agricoltura, per finire poi sul tavolo della Giunta in qualche Comprensorio, allargata ai Capigruppo per il parere definitivo prima della firma sull'accoglimento o meno del piano da parte del Presidente del Comprensorio. Da dati statistici risulta che dopo tutto questo lungo iter di mesi, il parere definitivo per più del 90 % dei casi, coincide con il giudizio iniziale positivo o negativo del funzionario I.P.A.
Già al momento dell'approvazione della legge n. 15 dicemmo che questa non è la strada giusta per accelerare i tempi, per semplificare le procedure, per evitare od almeno ridurre i residui passivi e per avvicinare la Regione al cittadino. Può diventare legittimo il dubbio che questa complessità nelle procedure sia una scelta politica per dimostrare attraverso i conseguenti notevoli residui passivi, che l'agricoltura non beve e per destinarle di conseguenza minori finanziamenti.
Abbiamo discusso spesso in questo Consiglio sull'esigenza di rivedere tutte le leggi, anche quelle agricole, al fine di accelerare la spesa.
Stiamo però per vedere approvata una legge che ricalca i difetti del passato anche perché la si è voluta agganciare alla filosofia e alle procedure della legge n. 151, quindi alle tanto criticate direttive comunitarie, critiche che si fermano alle parole, come si deduce leggendo quanto affermato dall'ex Consigliere Revelli nella tavola rotonda ripresa da "Nuova Società" il 21 aprile 1978, e cioè che sarebbe sbagliato favorire i processi sostenuti dalla tecnocrazia europea e dal Partito socialista per la creazione di grandi aziende efficienti sullo stile nord-americano. In questa scelta di fondo ha forse vinto il PSI! Questa scelta contrasta con gli obiettivi del Piano di sviluppo regionale ed anche con quelli della legge n. 984 che si prefigge l'incremento di determinate produzioni e lo sviluppo di determinate aree del Paese, senza riferimenti al reddito comparato.
L'esclusione dai finanziamenti obbligherà altre aziende diretto coltivatrici a chiudere, ed altri giovani ad abbandonare la terra, appena l'industria lo renderà possibile, nonostante quanto affermato nella tavola rotonda, e cioè che si ritiene fondamentale la scelta di mantenere la piccola proprietà ed il coltivatore diretto. Non sono le carenze di questa legge, ma tutta la politica agricola induce ad essere pessimisti: i fondi destinati all'agricoltura sono infinitamente inferiori a quelli destinati alle aziende industriali in stato di crisi irreversibile. Ciononostante si continua a parlare di agricoltura assistita. Ogni qualvolta si propone un intervento a carattere sociale si obietta che esso è un intervento a pioggia.
L'assistenza farmaceutica, nonostante gli incontri con le forze politiche e le assicurazioni del Presidente della Giunta, aspetta il rifinanziamento per il secondo semestre 1977 e per tutto il 1978; i pensionati delle zone rurali, in larghissima maggioranza coltivatori diretti, vedono annullata con le motivazioni più strane la circolare del Vice Presidente Bajardi in merito al trasporto gratuito. Migliaia di domande giacciono ferme da mesi in attesa che le circolari della Regione siano applicate. Non si è dato spazio alle legittime richieste dell'indennità giornaliera per malattia ed infortunio, al meno per i giorni di degenza ospedaliera; degli assegni integrativi di natalità alle coltivatrici dirette (la Regione destina oggi lo stesso importo che destinava nel 1973), malgrado che la moneta si sia notevolmente svalutata.
Gli asili-nido e le scuole materne, hanno raddoppiato i costi, allora ci chiediamo dove sono carenti queste strutture, cosa riconosciamo alle famiglie? Se il bambino che frequenta l'asilo nido o la scuola materna della città costa molte centinaia di migliaia di lire e a volte anche molti milioni, perché questo riconoscimento alla mamma coltivatrice che lavora viene definito intervento di tipo assistenziale? Molti problemi, che vanno oltre alla legge che stiamo per votare devono essere affrontati con una visione compieta delle esigenze del settore agricolo.
Questo disegno di legge attraverso un notevole lavoro in Commissione e dopo raccoglimento di molte proposte provenienti da tutti i Gruppi politici, è stata notevolmente e decisamente migliorata.
L'aver ridotto dall'80% al 70% la percentuale di raggiungimento del reddito comparato per poter accedere ai finanziamenti, l'emendamento proposto dalla Giunta che prevede la destinazione del 20 % dei finanziamenti senza tener conto delle priorità concesse alle aziende che presentano il piano di sviluppo, sono perfezionamenti che ci soddisfano in quanto accolgono le nostre tesi, ma nello stesso tempo ci lasciano perplessi, in quanto se sono fondate devono essere accolte completamente e non in percentuale.
Il collegamento stretto con la legge n. 45 fa sì che per quanto riguarda gli articoli inerenti la cooperazione l'accordo sia completo anche se per l'attuazione pratica della legge non possiamo non ripetere quanto già era stato detto al momento della discussione del Piano di sviluppo regionale. Dobbiamo stare attenti a non far nascere nel settore della cooperazione, con finanziamenti indiscriminati, iniziative di carattere speculativo o di rapina, che possono, appena la speculazione per diversi motivi non fosse più esercitabile, far indietreggiare il movimento cooperativo, proprio nel momento in cui esso sta entrando sempre più nel modo giusto ed opportuno nel mondo agricolo. Oggi, si può aggiungere che quei timori non sono diminuiti, anzi, e desideriamo che l'Assessore ci dica perché le strutture delle cooperative agricole devono pagare gli oneri di urbanizzazione.
Per la parte riguardante gli interventi nelle aziende singole, abbiamo presentato numerosi emendamenti, conseguenti alle critiche mosse. Dal loro accoglimento parziale o totale dipenderà il nostro atteggiamento sull'intera legge: siamo e saremo comunque impegnati, pur nelle posizioni che il momento politico ci assegna, a trovare la strada giusta, affinché le migliaia di domande presentate in base a nostre leggi e giacenti da troppo tempo nei nostri uffici, ricevano al più presto la giusta risposta.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono d'accordo con i colleghi che hanno ritenuto di prendere l'occasione di questa legge per svolgere un esame più generale dello stato dell'agricoltura ed affrontare i problemi più generali delle campagne. Ma per un argomento così ampio il titolo della legge 308 appare freddo e convenzionale, tant'é vero che negli ambienti più direttamente interessati all' agricoltura si attribuiscono al disegno di legge 308 due denominazioni diverse: testo unico, sottointendendo le leggi regionali agricole, e legge organica dell'agricoltura piemontese.
Apparentemente queste diversità si presentano innocue e casuali, né voglio attribuire loro più significato di quanto non ne abbiano, tuttavia non sembra ozioso soffermarsi sulle diverse denominazioni perché, in verità ciascuna a suo modo, riflettono realtà interessanti che è bene aver presente nell'atto di valutare il testo proposto, di giudicarlo, di considerare le numerose modificazioni apportate e verificare gli emendamenti che saranno sottoposti all'attenzione e alla responsabilità dei Consiglieri. Sembra che non si possa negare una certa caratteristica di testo unico quando leggendo l'articolo 68 si rileva che esso sostituisce ben 19 leggi. Invero, coloro che seguono la vita della legislazione agricola regionale sanno che numerosissime disposizioni contenute nelle precedenti leggi regionali, particolarmente nelle leggi 51 e 45 del '75 sono state riprese totalmente o con modifiche nel testo proposto; ciò vuol dire, a mio parere, che saggiamente la Giunta proponente, la Commissione che ha esaminato e i consultati che hanno collaborato con critiche consensi e proposte, hanno attentamente considerato l'esperienza di questi primi anni di legislazione regionale, partendo dalla ovvia, ma mai troppo sottolineata, posizione che ciò che ha dato buona prova si conserva, semmai si modifica migliorandone i meccanismi, ma non si butta nel cestino solo per il prurito di innovare a tutti i costi. D'altro canto, oltre alle 19 leggi elencate nell'art. 68, che cessano di avere efficacia, ce n'é una ventesima, la legge n. 15 di attuazione delle quattro direttive CEE, la quale non solo continuerà ad operare come legge importante, non solo subirà modifiche e miglioramenti, ma resterà una delle pietre angolari della legislazione agricola piemontese, nel senso che tutte le altre leggi regionali saranno subordinate non potendo prevedere interventi più favorevoli ma favorendo la pianificazione aziendale o interaziendale. Gli artt. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 della legge n. 308 imprimono questo carattere.
Infine la legge 308 recepisce in termini piemontesi la legge quadrifoglio o legge 984 del 1977, della quale è allegato il testo nella edizione a stampa che è stata distribuita ai Consiglieri. Inoltre il disposto del primo comma dell'art. 3 pone come criterio fondamentale che le iniziative debbono essere in armonia con i Piani agricoli zonali e inserite nei piani aziendali e interaziendali di sviluppo considerando già l'eventualità della modifica della direttiva 159.
Livio Buratto scrive che questa legge mette ordine in agricoltura, ma a mio parere, questa legge riconsidera il ruolo dell'agricoltura come settore produttivo e ne riconsidera il significato strategico in ordine alle scelte generali. Essa definisce il ruolo dell'agricoltura in rapporto alla politica della Comunità Economica Europea e alla politica nazionale lasciandosi alle spalle la vecchia concezione o filosofia dell'agricoltura che era definita assistenziale, del settore "residuo" e che finì col divenire una politica incapace di avviare reali processi di ristrutturazione, tanto che l'agricoltura italiana venne relegata tra le più arretrate d'Europa. Questa legge offre un'occasione rara per una riflessione generale nella triplice dimensione comunitaria, nazionale e regionale e il Piemonte non vuole perdere questa occasione. Non è velleitario nella nuova situazione indicare e attuare nuove politiche fondate sulle strutture e sulle scelte programmatorie. I mezzi ci sono anche se non sono esuberanti: 177 miliardi di cui 106 provengono da questo provvedimento di legge e gli altri provengono da altre leggi approvate. E' necessario prendere decisamente e unitariamente coscienza di due dati a) che le vecchie politiche da quella nazionale a quella della Cee, non hanno raggiunto gli scopi che si erano prefissi b) che l'agricoltura non è solo importante per la bilancia commerciale per l'occupazione, per la difesa idrogeologica e dell'ambiente. Si parla addirittura di "presidio antropico" intendendo dire che l'uomo deve rimanere in montagna e in collina; è ovvio però che l'uomo rimane in montagna e in collina se trova adeguate condizioni economiche, ambientali culturali e civili. L'agricoltura è ancora più importante per l'economia e per lo sviluppo economico, anzi ad essa appartiene un settore di imprese agricole che si avvalgono di finanziamento pubblico, ma in misura minore rispetto a quello dell'industria. Anche l'attuale situazione ha la sua brava storia. Dalla relazione sullo stato dell'agricoltura italiana che il Ministro Marcora ha presentato recentemente al Senato della Repubblica cito queste considerazioni: "I due piani verdi hanno spesso assunto, almeno in linea di fatto, l'agricoltura come settore da assistere. Questa filosofia che si è definita assistenziale, si è ben radicata nella cultura e nella politica a favore dell'agricoltura, anche perché non andava a scontrarsi con quella precedente del cosiddetto 'settore residuo' ma anzi con questo s'integrava tanto che in pratica risulta assai difficile oggi vedere dove inizi l'una e termini l'altra . Si tratta di un approccio ai problemi agricoli che è andato avanti inalterato e che, a mano a mano, ha trovato modo di consolidarsi ulteriormente. In tale direzione ha finito per muoversi anche la politica comunitaria".
Ho citato questa relazione, che è complessa, sincera e pregevole perché essa è testimonianza di una comune coscienza dello stato di cose, e di una comune indicazione politica, anche perché se da questa parte si dicessero le stesse cose non citando quella fonte autorevole e ufficiale avremmo avuto con ogni probabilità polemiche o ritorsioni e forse non dibattito, non confronto. Queste infatti sono valutazioni che fanno parte ormai del patrimonio comune delle forze democratiche italiane.
La relazione dice ancora: "La politica dei prezzi, messa in atto per l'Italia e caratterizzata da strutture diverse e più arretrate rispetto a quelle europee, se da un lato è riuscita a mantenere sul mercato nei breve periodo le aziende deboli, ad un esame posteriore anch'essa ha finito per tramutarsi in ultima analisi in un intervento assistenziale, incapace cioè di promuovere quella ristrutturazione nel settore che sola può permettere un effettivo miglioramento delle condizioni generali dell'economia agricola. In realtà, concentrando l'intervento sulle politiche dei prezzi si veniva ugualmente ad adottare, sia pure indirettamente, un tipo particolare di politica strutturale, in quanto gli interventi sul mercato per il sostegno dei prezzi di determinate produzioni garantendo ai produttori di quei prodotti un reddito sicuro malgrado l'eccedenza di produzione comunitaria,hanno finito per cristallizzare, ed in certi casi espandere, proprio quelle produzioni, di conseguenza anche le strutture dipendenti da quelle produzioni, da quelle aziendali a quelle di trasformazione e di conservazione". E' certo con gli interessi giganteschi che ruotano attorno a simile situazione fanno da scudo conservativo affinché tutto resti com'è o ci siano delle modificazioni di tipo gattopardesco.
Quindi ristrutturazione a incominciare dalle strutture aziendali a quelle dei settori. Questa è la filosofia dominante dalla relazione sullo stato dell'agricoltura e questa in generale è la scelta politica dominante.
Attenti, però ! Il meccanismo della legge 308 non è una ghigliottina che arriva e taglia con il passato: esso per tutto un periodo conserva, con la compresenza necessaria, una politica dei prezzi senza la quale tutto crollerebbe; in particolare lascia la libertà alle piccole e medie aziende di muoversi al di fuori dell'obbligo dei piani agricoli aziendali. Niente rigidismo, ma rigorosità e selettività nella flessibilità. L'agricoltura piemontese, in questo momento, non ha bisogno di polemiche, ma di coscienza unitaria sullo stato di cose. Devono ritenersi in parte superati i tipi di approccio della legge 51, una legge nata sul tronco della legge 29 aprile 1975 (giorno di prescadenza della prima legislatura), legge che, modificata più volte anche unitariamente, è venuta via via a proporsi come trampolino per il nuovo auspicato approccio e questo può avvenire adesso in quanto si sono verificate le condizioni richieste.
Le direttive comunitarie hanno pregi e difetti, e questi dipendono dal funzionamento burocratico amministrativo. Toccherà alla Giunta ed alla maggioranza di correre ai ripari, qualora ci saranno degli intoppi nel meccanismo di spesa. Consigliere Lombardi, lei crede che vogliamo tenere i quattrini nelle banche, far urlare gli agricoltori e farci criticare dal Piemonte agricolo? Vogliamo spendere quei quattrini non per motivi elettoralistici, ma per aiutare gli agricoltori e l'agricoltura.



MENOZZI Stanislao

Tornano in mente le convenzioni di Lenin.



BONO Sereno

Tu sei rimasto alla peggiore propaganda del '48.



BESATE Piero

Lenin era un grande amico degli agricoltori.
L'Italia da una parte importa prodotti agricolo-alimentari per ingenti somme e dall'altra si trova nella situazione di avere milioni di ettari di terreno abbandonato. Analizzando la bilancia commerciale risulta però che dalla metà degli anni '50, periodo del miracolo economico, la dipendenza dell'economia italiana dai mercati esteri aumenta in ragione dell'importazione di materie prime per l'industria di prodotti agricoli e di beni alimentari; questo fatto è però mascherato dalla bilancia dei pagamenti che era positiva; si era nel boom dell'emigrazione, delle rimesse degli emigranti, delle esportazioni dei manufatti industriali e fabbricati.
In quel contesto regrediscono l'agricoltura ed il Mezzogiorno. Sono gli anni - dice la relazione - in cui l'agricoltura viene concepita e programmata come mondo a sé stante, in uno stato di separatezza da quelli che sono i centri propulsori e decisivi dello sviluppo. Purtroppo aggiungo - molto di quella mentalità è rimasta, ma non è solo questa specie di forza d'inerzia del passato l'ultima difficoltà che si incontra per imboccare, sia pure con prudenza e gradualità, la politica della ristrutturazione a tutti i livelli partendo e non negando tutto ciò che esiste. A questo punto si impone una prima riflessione.
All'industrializzazione, concepita non solo come fatto economico, ma anche più profondamente come processo di modernizzazione, di mutamento sociale di riforma culturale dei costumi, il Mezzogiorno e l'agricoltura si sono rivalsi drammaticamente, ed anche tragicamente in qualche caso, ricordando con i vari segni economici, ambientali e politici che l'economia e la politica sono un sistema e che sono dei micidiali provinciali quegli economisti che ritengono di potere puntare solo su una parte della tastiera, cioè sull'industria.
Nel 1950, l'88% del nostro fabbisogno alimentare veniva dall'agricoltura; nel 76 solo il 61% . Allora si possono trarre le prime conclusioni operative da prendere come criterio di valutazione della legge 308: le modificazioni che si introducono in agricoltura devono sempre essere modificazioni strutturali di medio e medio-lungo termine. Invece qualsiasi politica che si proponga di intervenire nella bilancia commerciale pone il problema di produrre di più a costi competitivi, entro il minor tempo possibile. Come potremo attuare una politica strutturale a medio e medio-lungo termine con effetti ed implicazioni congiunturali? Anche in agricoltura si pone la questione dell'uso ottimale delle risorse non trascurando il vincolo della bilancia commerciale dei pagamenti quindi risorse finanziarie e capitali fissi, risorse umane e scelte di settore.
Questo è quanto sta avvenendo. Nessuna Regione di per sé avrebbe potuto proporsi questa via se non si fosse conquistato un nuovo livello sul piano nazionale.
Alla base di questo avanzamento c'é l'accordo dell'aprile 1977 tra i 6 partiti concordi nell'attuare una politica agraria che porti la produzione agricola a coprire il 90 % del fabbisogno: di qui nasce la legge quadrifoglio con i suoi miglioramenti, con la valorizzazione dei terreni collinari e montani, con la riorganizzazione dell'assistenza tecnica, con la sperimentazione e la ricerca. In quel documento si dice: "Non basta la tutela dei prezzi per risolvere i problemi di fondo dell'agricoltura..." Non dice quindi che bisogna abbandonare totalmente la politica dei prezzi ma dice che occorre andare gradualmente verso la politica delle strutture come dire che i drogati si disintossicano gradualmente e non si pu togliere loro la polverina tutto ad un tratto. Riemergono con chiarezza le dimensioni necessarie e inderogabili di a) interventi sulle strutture b) scelte di settore precise, anche territoriali: collina e montagna c) irrigazione d) assistenza tecnica e) ruolo delle Regioni dal punto di vista istituzionale.
Nello schema del piano agricolo nazionale del '78 si legge che tra il 1961 ed il 1976 la superficie agricola utilizzata si è ridotta di 3 milioni di ettari, di cui 500 mila trasferiti ad usi non agricoli; nel Piemonte la superficie agricola utilizzata, che nel '72 risultava di 1.366.543 ettari scende nel '77 di 143 mila ettari.
Il numero delle aziende nazionalmente è passato da 4.300.000 nel '61 a 3 milioni nel '76, mentre la superficie media aziendale è passata da 6,2 ettari a 7,1; in Piemonte da 287.000 nel '70, si scende a meno di 200 mila nel '76, mentre la media superficie aziendale passa da 5 a 6 ettari. Gli occupati nazionalmente nello stesso periodo si sono ridotti di 3 milioni.
In Piemonte nel '61 erano 389 mila; diventano 211 mila nel '71 mantenendosi intorno alle 200 mila unità negli anni seguenti.
La produzione agricola, malgrado la riduzione di superficie e di addetti, è aumentata del 39%. In Piemonte c'é stato un recupero nel settore zootecnico, dove c'erano un milione e 278 mila capi nel '70, un milione 196 mila nel '75 e un milione 289 mila nel '77. L'azione della Regione è perci riuscita a contenere ed a migliorare le condizioni dell'agricoltura e degli occupati, questo è il merito del passato regionale mentre stanno per entrare in scena i grandi strumenti dei piani agricoli zonali, dell' Ente di sviluppo riformato e dei piani Azienda in questi ultimi due anni il Parlamento ha fatto molto di più di quanto non ha fatto nei 30 anni passati in favore dell'agricoltura: le leggi 984, 403, 457 per i contratti agrari per l'edilizia residenziale, per le terre incolte; quella per l'associazionismo già approvata dalla Camera e che a settembre sarà varata dal Senato; il D.P.R. 616 che trasferisce le competenze alle Regioni oltre ad altre leggi generali che interessano gli agricoltori e le campagne come cittadini e come territorio nazionale, dalla riforma sanitaria all'equo canone.
Resta l'incognita dell'efficienza governativa, certo il Parlamento è efficiente come forse non lo è stato mai in tutto il dopo guerra.
Critichiamo la legge 984 per i poteri del Cipaa, per i poteri del Ministero dell'agricoltura, soprattutto la critichiamo per i metodi gestionali arbitrariamente accentratori. Tuttavia occorre riconoscere che è stato finalmente capito che i due tempi e le due politiche separate, quella per l'immediato e quella per il medio termine non potevano più reggere. Il disegno di legge 308 agirà sia nella prospettiva dell'immediato intervento sia in quella dell'intervento strutturale nel significato più ampio.
Esso considera al primo piano il ruolo dell'agricoltura rispetto al ruolo dell'economia, evitando gli errori del passato che di fatto hanno relegato l'agricoltura all'ultimo posto nell'economia e nello sviluppo forti dell'equazione: zona agricola uguale zona depressa.
L'intervento strutturale del disegno di legge 308, per quanto riguarda il breve periodo, riqualifica le politiche delle leggi 51 e 45.
La breve e direi anche spartana relazione del collega Gastaldi scritta in previsione della discussione in aula verso il 18/20 luglio e illustrata oggi con dovizia di particolari rileva che questa legge, combinando l'esperienza dei Piani di sviluppo con le scelte produttive di settore e con il supporto dell'associazionismo e dell'assistenza tecnica, presenta un indirizzo nuovo. Mi si permetta di aggiungere che essa opera una scelta decisa verso grandi aree; la collina e la montagna con la struttura e l'irrigazione. E' superfluo illustrare l'importanza di queste voci per il Piemonte dove i temi della montagna, della collina con quelli dell'uso e della regimazione delle acque sono di scena drammaticamente senza soluzione di continuità. Mi sia consentito di sottolineare però la necessità del pieno impiego delle acque ad usi plurimi come necessità economica. Infine è da sottolineare che la disponibilità regolata dell'acqua sottrae in gran parte i raccolti alle siccità ricorrenti, inoltre permette una grande flessibilità negli ordinamenti colturali non arborei e un più prolungato uso delle macchine nell'arco dell'anno, in quanto molte volte la possibilità di doppio raccolto dipende unicamente dalla disponibilità di acqua.
E' superfluo sottolineare che in certi casi la produzione irrigata è esattamente doppia rispetto a quella asciutta praticata nello stesso terreno.
E' tempo di avviarci alla meccanizzazione razionale per la quale si è già fatto qualche cosa con la legge 3 del '78. Naturalmente il grado di razionalità in questo campo, non è una variabile indipendente. Ho appena detto come l'introduzione dell'irrigazione in molte situazioni pu trasformare casi di sottoutilizzazione delle macchine in casi di carenza dei mezzi meccanici; soprattutto influiscono le superfici delle varie aziende o la coltivazione associata. Molto dipenderà dallo sviluppo dell' associazionismo e della cooperazione che trovano nella legge 308 un ulteriore incentivo.
Il fascicolo pubblicato dall'Assessorato all' agricoltura parla di 208.236 macchine semoventi, a queste sono da aggiungere innumerevoli macchine trainate.
Voglio con questo sottolineare l'importanza che l'agricoltura ha per l'industria meccanica; purtroppo, però, l'industria meccanica italiana non ha altrettanta attenzione nei confronti dell'agricoltura. Fortunatamente per alcuni tipi di macchine opera la media e piccola industria, ma non in misura sufficiente. La legge 308 opera razionalmente, soprattutto in questo campo importante anche per l'industria.
Non va dimenticato che è altrettanto importante in agricoltura l'industria chimica per il consumo di concimi, fertilizzanti anticrittogamici. Nel fascicolo dell'Assessorato all'agricoltura è messa in evidenza l'importanza del mercato chimico per l'agricoltura piemontese, ma purtroppo sappiamo per dolorosa e diretta esperienza come essa abbia letteralmente dissipato il patrimonio che gli veniva dal mercato agricolo italiano.
L'industria per l'agricoltura ha fallito, ma l'agricoltura per l'industria resta, anche per il modo in cui si è fatta la politica industriale. Parlando della politica di riconversione per l'agricoltura non ci si fermi soltanto a considerare l'industria alimentare, certamente vitale per l'agricoltura, ma si guardi anche ai settori delle macchine e della chimica.
Nella relazione al disegno di legge presentata dalla Giunta si legge che si sono spesi 104,6 miliardi per meccanizzazione, edilizia e prodotti industriali, investimenti che sono passati nelle mani degli agricoltori per finire in prodotto industriale senza parlare di investimenti strettamente agricoli in favore del bestiame e dei pascoli.
Per quanto riguarda l'assistenza tecnica,nel fascicolo mensile n. 61 del Ministero dell'agricoltura e foreste è scritto: "Sulla base dei dati forniti dal M.A.F., ìl confronto tra le quattro Regioni padane (Piemonte Lombardia, Veneto, Emilia Romagna) per il '76 è il seguente: spese per assistenza tecnica riferite in percentuale rispetto alla produzione lorda vendibile Veneto 0,06 Lombardia 0,08 Piemonte 0,11 Emilia Romagna 0,12 %" L'Assessore all'agricoltura della Lombardia, Vercesi, dice che a proposito dell'assistenza tecnica bisogna istruire più che costruire. Al di là di questa iperbole è certo che l'interdipendenza dei fattori produttivi naturali, artificiali, finanziari, tecnici ed umani, richiede un'informazione ed un aggiornamento continuo. Le scelte programmatorie resterebbero in gran parte sterili in assenza o in carenza di un'adeguata assistenza tecnica. I dati del '76, serviti al raffronto con le altre Regioni padane, sono: nel '76 106 agronomi; nel '78 150; nel '76 aziende assistite 9546; nel '78 13.624; i C.A.T.A, sono 150 di cui 85 della Coldiretti; 42 della Confcoltivatori e 23 dell'Unione agricoltori.
Assimilabile all'assistenza tecnica è l'assistenza contabile che interessa 3098 aziende di cui 1158 appartenenti alla Confcoltivatori, 1142 alla Coldiretti e 798 all'Unione agricoltori; la spesa complessiva per assistenza tecnica ed assistenza contabile è di 4 miliardi e mezzo. Sono cifre molto significative che però non dicono ancora il salto di qualità che la Regione Piemonte si propone, con la legge 308 che mira soprattutto agli interventi nel campo della sperimentazione, della ricerca e dell'analisi al servizio degli agricoltori impegnando Regione, istituti scientifici, di ricerca ed Università.
I finanziamenti sono ripartiti in 66704 milioni dello Stato e 40104 milioni della Regione per un totale di 106.818 milioni, ai quali vanno aggiunti i proventi delle leggi statali, regionali, gli interventi Feoga gli interventi dell'Ente di sviluppo agricolo, oltre a quelli delle Province (nel caso delle alluvioni dell' Ossola e della Val Sesia le Province sono intervenute nella ricostruzione di opere che competevano all'agricoltura). Si tratta quindi di spendere bene i fondi non intervenendo a pioggia, ma nell'ambito dei piani. Se sarà necessario modificheremo le procedure perché vogliamo il controllo democratico non burocratizzato, ma partecipato, che dia la possibilità agli agricoltori di controllare e di disporre dei quattrini.
Mi auguro che la presa unitaria di coscienza, che parte dal Ministro dell'agricoltura, che è presente nelle nostre discussioni, contribuisca al miglioramento degli interventi in agricoltura per una qualificazione della spesa pubblica nell'interesse della collettività.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Premetto che ci troviamo ad esaminare un testo legislativo che sotto il profilo normativo è da collocare tra i migliori finora approvati: e per questo i colleghi vorranno dare atto ai Commissari del solerte e proficuo lavoro sviluppato. Una parola di compiacimento e di congratulazione deve anche essere rivolta al relatore per la sinteticità e per la fedeltà espositiva Se è vero però che qualsiasi testo legislativo si misura dagli aspetti procedurali e finanziari, sarò costretto a ricalcare le osservazioni critiche mosse dai colleghi Franzi e Lombardi. Consentitemi di riandare ad un passato ormai remoto, e cioè a 33 anni or sono, quando muovevo i primi passi politicamente e sindacalmente, e tutti allora, affrontando la tematica agricola di quei tempi, oltre agli annosi problemi della ricostruzione, avevamo imparato ad evidenziare l'esigenza di sburocratizzare; allora si parlava di tempi burocratici, oggi si parla di tempi tecnici: la realtà è che da una situazione che richiedeva al massimo un anno per ultimare l'iter burocratico attorno alla vecchia legge 215 oggi, a fronte delle domande presentate a fine '75, primi '76, centinaia e migliaia di agricoltori non hanno ancora ottenuto soddisfazione. L'amico Franzi ha insistito nel cercare di discostare le domande di coloro che non sono nelle condizioni di raggiungere nei prossimi 6 anni i redditi comparabili con gli altri settori. Non si va in spregio a nessuna sacra programmazione, non si va in spregio né alla legge 15, né alla legge 159/72, né alla 153/75, ma si cerca di mettere il dito su una piaga. Se non avremo il coraggio di affrontare questa situazione, fra tre anni ci troveremo a recitare nuovamente il de profundis su questo testo legislativo. A livello comunitario, a livello nazionale e tra non molto lo faremo a livello regionale, si parla di revisione della politica agricola comune. Non si può procedere con i paraocchi in nome di un'astratta programmazione portando avanti il discorso della legge 153 rappresentando la centesima o la millesima parte di coloro che ancora si meritano l'appellativo di produttori agricoli italiani e che semmai hanno solo la sfortuna di non essere alle prese con dimensioni aziendali atte a presentare quei fatidici piani. Se un discorso produttivo ancora esiste nel nostro Paese, dobbiamo riconoscere che non è merito di quella millesima parte, ma è merito della stragrande maggioranza di produttori agricoli che entrano nel novero delle imprese familiari diretto-coltivatrici, rei soltanto di essere titolari di aziende di insufficienti dimensioni.
In Italia, l'accentuazione produttivistica dal 1938 è aumentata di 6 volte, pur essendo nel frattempo diminuite di 5 milioni le unità operative.
Stiamo attenti nel continuare a dire che l'operatore agricolo è un "cavallo che non beve più". C'é invece volontà, c'è desiderio di riscossa. E' assurdo pensare di sanare la bilancia dei pagamenti rimanendo fermi e fossilizzati sulle leggi 159, 153 e 15. Non dobbiamo perderle di vista dobbiamo cercare di finalizzarle, ma non è con una parziale modificazione delle procedure che si va in prospettiva ad infrangere i loro aspetti fondamentali.
Da anni andiamo denunciando che le direttive, così come sono proceduralmente congegnate, favoriscono le medie e le grandi aziende le quali, guarda caso, hanno già raggiunto i redditi comparabili e che con i marchingegni all'italiana continuano a "bere" anche se di quattrini non ne hanno più bisogno. Con questo modo di procedere veniamo a spegnere l'impegno e la volontà dei giovani e dei meno giovani operatori agricoli che per continuare nella loro attività avrebbero bisogno di quei finanziamenti che, con la legge in esame, in parte, gli vengono negati. Dal tempo della direttiva 159/72 non solo è passata molta acqua sotto i ponti ma si è venuta ripresentando e riconfermando la realtà dei piccoli produttori che non possiamo più disattendere.
Colleghi comunisti e socialisti, malgrado la mia memoria incominci a perdere qualche colpo, ricordo i tempi in cui avevate delle forti prevenzioni sulla politica comunitaria, ora invece debbo constatare che la difendete con un amplesso tale da non lasciar spazio alla critica più obiettiva e in quanto tale giustificata.
Infatti lo stesso Parlamento europeo, il Cnel, il Ministro Marcora e chiunque segua le vicende agricole italiane ed europee, hanno incominciato a criticarla, riconoscendo, nel contempo, l'esigenza di una sua revisione.
Inoltre, mi fa piacere vedere finalmente dilatarsi il processo associazionistico e cooperativistico, al quale la legge in esame dedica notevole attenzione, ma stiamo attenti agli sviluppi abnormi perché i titolari delle medie e grandi imprese, con i predetti marchingegni, bevono dove la legge lo consente ed anche dove non lo consente, avvalendosi di prestanome e di altri espedienti, per cui stia attenta la Giunta a non favorire certe speculazioni. Quando andremo a scattare le fotografie della situazione che potrebbe determinarsi, procedendo senza le necessarie cautele, non vorremmo che si rilevasse una situazione peggiore del passato.
Ritornando ai piccoli produttori, consentitemi di affermare che se non troveremo il modo per consentire loro, nell'arco di questi tre anni, di essere posti nelle condizioni di affrontare allora concretamente i piani di sviluppo, anziché un passo avanti ne faremo uno decisamente indietro.
L'altro aspetto non qualificante della legge è quello finanziario. Se paragoniamo i finanziamenti dell'attuale legge con quelli del '75 ne scaturisce un'insufficienza finanziaria che ci induce, collega Besate, ad abbandonare ogni e qualsiasi trionfalismo. Con i finanziamenti della legge quadrifoglio e di altre leggi nazionali ci attendevamo somme più cospicue.
Abbiamo sempre parlato della centralità dell'agricoltura e di opportune scelte a suo favore, ma quelle scelte non si sono fatte ieri né si fanno oggi, oppure si pensa di farle, e questo è grave, privilegiando le aziende meno bisognose. Permettetemi di rammentare cosa avveniva un tempo nelle nostre campagne. Le nostre nonne cuocevano il pane in casa e la sera prima preparavano l'impasto con farina, acqua e lievito; prima di chiuderlo nella madia le credenti facevano il segno della croce; tante volte quel pane usciva dal forno, nonostante tutto, non commestibile. Che cosa era successo? Era stato usato un lievito insufficiente o deteriorato. Stiamo attenti che anche questa legge non "lieviti" proprio per insufficienza di finanziamenti. Rispettare la programmazione è valido quando però si pu disporre di adeguati e sicuri finanziamenti. A tal proposito cito un significativo particolare, passato alla storia: Kruscev, da poco salito al potere, avvicinandosi ai non soddisfacenti risultati del piano quinquennale, interpellò l'allora Ministro dell'agricoltura Malenkov chiedendogli: "Hai seguito il problema? Hai predisposto tutto quanto era da predisporre? ". Malenkov rispose: "Sì, ho mandato le circolari", al che Kruscev replicò: "Con le circolari non si sono mai concimati i campi n allevate le mucche".
State attenti anche voi, colleghi della Giunta, che con i vostri trionfalismi, con i vostri riferimenti alla finalizzazione ed alla programmazione, passi inosservato il discorso finanziario. Penso che non sia fuori luogo se la minoranza chiede a chi governa la Regione in questo momento di rendere concretamente prioritaria l'agricoltura destinandole maggiori finanziamenti di quanti non siano contemplati in questa legge che stiamo per varare.
Richiesta di iscrizione di tre punti all'ordine del giorno



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Ferrero. Ne ha facoltà.



FERRERO Giovanni

Chiedo che vengano iscritte all'ordine del giorno tre proposte di deliberazione: 1) "Legge regionale 12/6/1978, n. 31 - Concessione di contributi per limitati interventi di edilizia scolastica - Programma degli interventi per l'anno 1978. Comprensori di Torino, Pinerolo, Vercelli, Borgosesia, Cuneo Saluzzo- Savigliano-Fossano, Alba-Bra, Mondovì, Asti, Alessandria, Casale Monferrato" 2) "Modifica della deliberazione del Consiglio regionale 12/7/1978 n. 331 C.R. 5121" 3) "Istituzione di un nuovo Centro di formazione professionale con sede in Vercelli".
Non è ancora stato formalmente ultimato l'esame di quest'ultima questione, pertanto chiedo se è possibile convocare la V Commissione.



PRESIDENTE

Per quanto riguarda la seconda richiesta, il Presidente Ferrero pu senz' altro convocare la V Commissione; per quan to riguarda invece l'inserimento all'ordine del giorno delle deliberazioni valuteremo nella seduta di domani, quanto sarà possibile approvare anche perché la Giunta deve portare all'esame dei Consiglieri alcune sue proposte di deliberazione.
Il Consiglio è convocato per domani mattina alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,30)



< torna indietro