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Dettaglio seduta n.21 del 04/12/75 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Apriamo i lavori della seduta pomeridiana con il punto primo dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
Questa mattina era stato proposto il rinvio di questo punto dell'o.d.g.
al pomeriggio. Vi sono osservazioni da muovere ai verbali, che sono stati consegnati a tutti i Consiglieri, modifiche da apportare? Non vedo richieste di parola. Quindi i verbali delle precedenti sedute si ritengono approvati.


Argomento: Nomine

Esame relazione illustrativa sulla gestione della legge regionale 9 aprile 1974, n. 10, e successive modificazioni


PRESIDENTE

Passiamo allora a trattare il punto nono dell'o .d .g. : "Esame relazione illustrativa sulla gestione della legge regionale 9 aprile 1974 n. 10, e successive modificazioni".
La parola al Presidente della Giunta, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri adempiendo ad una disposizione legislativa, la Giunta regionale ha predisposto, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 aprile '74, n. 10, la relazione illustrativa sulla gestione della legge stessa, che sarà tenuta dall'Assessore on. Libertini, Vicepresidente.
Nel documento, che tutti i Consiglieri hanno ricevuto la scorsa settimana, sono contenuti gli aspetti quantitativi della gestione della legge per quanto attiene ai finanziamenti a medio termine e gli aspetti tecnici - che l'Assessore competente illustrerà -, assieme alle proposte di miglioramento della legge stessa ed alle iniziative che sono state assunte in materia.
Tuttavia, si è ritenuto opportuno non limitarsi all'esposizione dei dati della gestione della legge, di cui nel complesso della sua operatività si può esprimere un giudizio positivo, ma si è voluto aprire un dibattito con tutte le forze presenti nel Consiglio, sull'importanza e sul ruolo dell'artigianato, sull'impegno della Regione verso le migliaia di addetti in questo settore, che rientra fra le materie di competenza primaria attribuite dalla Costituzione alle Regioni.
Ma occorre dare un volto alle singole economie artigiane regionali predisporre misure e previdenze idonee al loro sviluppo, dar vita a strutture propulsive sul piano formativo, organizzativo e tecnico.
Infatti, l'artigianato, pur nella crisi che attraversa, si pone chiaramente quale elemento insostituibile nel contesto economico, sia nell'area delle attività tradizionali, sia nel campo dei servizi. Esso svolge un ruolo importante nell'ambito dello sviluppo economico, regionale e nazionale, specialmente nelle zone in cui problemi sociali, occupazionali e di equilibrio demografico necessitano, per una loro ottimale soluzione della presenza ed operatività di piccole unità produttive.
Considerata la diffusione territoriale e la loro incidenza percentuale ne consegue che, ove si voglia imprimere il necessario impulso anche al Mezzogiorno - che con le sue sacche di depressione rappresenta un grave problema per tutto il Paese, e quindi anche per il nostro Piemonte occorre consentire alle aziende artigiane di fruire di ogni mezzo di sviluppo, in modo che esse possano opporsi alla disoccupazione, allo spopolamento di intere zone, in specie agricole e montane, e non costituiscano un ulteriore aggravamento della già grave situazione meridionale.
Nell'attuale condizione di crisi, in cui, particolarmente nel Piemonte migliaia di addetti al settore industriale, di grandi e medie imprese rischiano, in misura sempre crescente, la disoccupazione, si ravvisa l'importanza di un tessuto produttivo collegato all'artigianato. Ecco quindi la condanna del gigantismo industriale, che ha dimostrato, in definitiva, di essere inefficiente.
Già nel corso del dibattito svoltosi alla conferenza dell'occupazione si sottolineo che l'artigianato costituisce un settore prezioso, sotto l'aspetto qualitativo e quantitativo (si pensi che gli addetti sono 400 mila, e la produzione assomma a miliardi), al quale la Regione dovrà rivolgere particolare attenzione, inserendo i suoi interventi in una logica di programmazione economica e territoriale.
La diversificazione, caratteristica del settore artigiano (e sull'importanza di questa caratteristica ci siamo soffermati anche nelle nostre linee programmatiche: è però un fatto che, purtroppo, vediamo cadere le aziende più diversificate e resistere quelle più, a monocoltura) costituisce, infatti, un dato importante in particolare per la nostra Regione, che ha risentito in misura drammatica dell'impostazione monoproduttiva dell'industria.
L'artigianato, per le sue peculiarità, può consentire lo sviluppo di aziende con produzioni differenziate, ed anche molto differenziate garantendo al tempo stesso la specializzazione di lavoratori in settori differenziati di attività. E' l'antico modo di formazione di tecnici preziosi, di 400 mila tecnici preziosi.
E' necessario, dunque, stante queste premesse positive, ricollegabili alla natura intrinseca di questo settore, predisporre misure e provvidenze idonee non solo al suo finanziamento ma al suo sviluppo, dando vita a strutture propulsive sul piano organizzativo e tecnico.
Fondamentale, al riguardo, dev'essere l'azione diretta ad elevare il grado di formazione professionale degli artigiani, che è fra le condizioni primarie per l'elevazione della produttività e del reddito. La condizione del tecnico di alta specializzazione è una delle condizioni, proprio, dello sviluppo dell'artigianato. Pertanto, le Regioni dovranno avviare dei piani di strutture razionali ed avanzate, che al fattore educativo accompagnino quello assistenziale nel campo tecnico e della commercializzazione delle lavorazioni artigiane, cioé un'assistenza propulsiva nel campo sia regionale e nazionale sia anche internazionale dei programmi di vendita, di marketing.
La programmazione regionale per l'artigianato dovrà quindi rivolgersi soprattutto all'operatività di misure appropriate che ne facilitino l'attività nel campo dell'addestramento professionale, del credito dell'assistenza tecnica; tutto ciò con la collaborazione degli enti locali e prevedendo la creazione di poli per lo sviluppo artigiano Perché tutto questo si realizzi, sono indispensabili alcune condizioni prima fra tutte una collaborazione stretta con le associazioni artigiane che si pongano come costanti interlocutori nei confronti della Regione svolgendo un'azione di stimolo, di confronto costante e di partecipazione attiva a tutte le iniziative che la Regione andrà ad assumere.
A tal fine, l'istituzione della Consulta artigiana costituisce un dato importante, consentendo uno stretto rapporto con le associazioni rappresentanti il settore.
Tale collaborazione consente inoltre la realizzazione di un altro dato fondamentale, vale a dire l'esatta conoscenza, quantitativa e qualitativa degli addetti, delle dimensioni, delle risorse, delle localizzazioni delle imprese e di tutti gli altri dati di conoscenza che consentano di impostare interventi di programmazione a livello regionale.
A tale scopo, nel recente dibattito seguito in Consiglio regionale alla conferenza dell'occupazione, si è già fatto cenno alle inchieste sull'artigianato, sul costo del lavoro, sul lavoro a domicilio, sul decentramento produttivo, di cui l'Assessore competente più specificamente relazionerà.
Signori Consiglieri, l'artigianato costituisce una forza crescente verso la quale la Regione deve intervenire con iniziative non tanto di mera erogazione di contributi, non è questo che chiede l'artigianato, quanto di ristrutturazione globale e di programmazione, cioè, direi, di quello che è il ruolo, nell'insieme, dell'artigianato, nel contesto di questa società.
Pertanto, accanto alle innovazioni ed alle integrazioni che un nuovo disegno di legge, modificativo della normativa già esistente, potrà apportare, e che la Giunta si è impegnata a presentare, bisognerà prevedere una riorganizzazione ed una serie di interventi più globali, che verranno definiti e troveranno un'ulteriore sede di indicazioni nella redazione del piano regionale di sviluppo, che noi appronteremo per il mese di gennaio o il principio di febbraio.
Siamo consapevoli del ruolo svolto dall'artigianato fino ad oggi, ruolo che intendiamo potenziare per la capacità produttiva ed organizzativa dimostrata da questo settore. Come i Consiglieri sanno, la grossa industria in Piemonte è risultata perdente: i crolli seguiti alla crisi economica hanno fatto comprendere come un largo tessuto di piccole aziende tecnologicamente avanzate, preparate, sia l'obiettivo cui noi dobbiamo puntare nella nostra situazione economica ed anche sociale.
Pertanto, la Regione Piemonte intende operare una scelta politica - è una scelta politica quella che nel piano noi affronteremo - nel potenziamento dello stesso e nella riorganizzazione politica a tutti i livelli, a partire dall'auspicata legge-quadro, per la cui formulazione sarà necessaria un'azione di pressione nei confronti del Governo e del Parlamento, azione che intendiamo svolgere concordemente con le organizzazioni di categoria.
Nella consapevolezza dell'importanza del settore dell'artigianato per un diverso sviluppo produttivo, ribadiamo la scelta regionale nei confronti delle migliaia di artigiani verso i quali intendiamo svolgere un'azione non assistenziale - rifiutiamo il compito assistenziale -, né frammentaria, ma che consenta di assumere sempre più vaste proporzioni, inserita in una logica organica di sviluppo e di programmazione, ritenendo in questo modo di aderire alle istanze delle organizzazioni rappresentative, che in questi anni sono sempre state presenti e sensibili non soltanto ai loro problemi ma in tutte le circostanze di dibattito per lo sviluppo sociale ed il superamento della crisi attraversata dalla nostra Regione e dal Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Vicepresidente della Giunta, Libertini. Ne ha facoltà.



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

Come ha appena finito di dire il Presidente Viglione, la Giunta ha inteso cogliere l'occasione di un adempimento di legge - la relazione sulla legge n. 10, presentata nei termini prescritti - per proporre al Consiglio una discussione assai più vasta. Perché noi riteniamo che già a partire dalla legge, ma poi in generale, ci troviamo di fronte ad un ordine di questioni assai più complesso e intrecciato; ordine di questioni che fanno parte di materie che sono competenza primaria della Regione, un insieme di questioni spesso trascurate, non dico dalla Regione ma in generale (che vi sia stata un'emarginazione dei problemi artigiani nello sviluppo della società è un fatto), mentre troviamo dall'altra parte associazioni artigiane che stanno realizzando nella nostra Regione e più in generale un processo unitario di alto valore, di alto significato, che porta avanti una serie di proposte, di richieste, di rivendicazioni, quelle sentite esporre ad esempio, il 23 novembre, al Teatro Carignano, nel corso della manifestazione unitaria.
Ci è parso dunque necessario affrontare questi argomenti in modo ordinato, ragguagliare il Consiglio circa tutte le informazioni che sono in nostro possesso a questo riguardo, e investire il Consiglio stesso di una serie di iniziative che noi ci auguriamo di poter condurre avanti e gestire tutti insieme nei prossimi mesi.
Primo quesito, se si vuol fare un ragionamento ordinato, è: come si colloca, quale posto ha l'artigianato nell'economia della nostra Regione? Voi sapete bene - perché se n'è parlato molte volte, e su questo giudizio v'é larga concordanza - che l'economia piemontese, dopo la seconda guerra mondiale, era già fortemente caratterizzata dalla concentrazione in alcuni settori produttivi, in alcune aree geografiche, con una spiccata incidenza della grande impresa. Nel corso degli ultimi venticinque anni queste tendenze si sono accentuate ed esasperate. Fra il 1951 e il 1971 l'occupazione in agricoltura è diminuita da 554.000 e 260.000 unità, mentre l'occupazione nell'industria cresceva, parallelamente, da 632.000 a 936.000 unità, e l'occupazione nel terziario saliva da 406.000 a 600.000 unità.
L'occupazione agricola è scesa, dunque, già nel 1971 ad un livello inferiore alla media nazionale, mentre l'occupazione industriale è salita fortemente, in cifre assolute, e in modo consistente anche in percentuale 52,4, superando non solo la media nazionale ma i valori corrispondenti dei maggiori Paesi industriali.
Di contro, il terziario, nei suoi vari comparti, mostra una crescita senza dubbio consistente ma nettamente inferiore a quella che in generale si registra nei Paesi industriali. Fra il 1951 ed il 1975, secondo i dati che l'Ires ci ha testè consegnati e che, per cosi dire, socializzeremo nei lavori che apriremo nel Consiglio per il piano, l'occupazione in agricoltura è scesa - i dati risalgono al primo semestre del '75 - ancora dal 14,5 al 13 per cento; l'occupazione industriale ha perduto 34.000 unità ed è diminuita dal 52,4 al 51,5; mentre il terziario si è allargato dal 32,9 al 35,5 dal '71 al '75.
All'interno dell'occupazione industriale, un'importanza schiacciante ha sempre avuto l'industria manifatturiera che nel '51 occupava 563.000 lavoratori e nel '71 808.000. Processi di concentrazione fortissimi si sono manifestati, come tutti sappiamo, all'interno dell'industria manifatturiera. Nel '51 l'industria meccanica rappresentava già il 36 per cento dell'occupazione dell'industria manifatturiera, e al suo interno la produzione di mezzi di trasporto aveva una netta prevalenza. Ma all'industria tessile, secondo settore per numero di addetti e valore aggiunto, era legato il 26,6 per cento della popolazione attiva piemontese.
Nel '73 l'industria meccanica è giunta a comprendere il 53,2 per cento degli addetti, e nel '75 - ecco un altro dato recente - vi è ancora un aumento dell'1 per cento - il contrario della diversificazione di cui si parla - , mentre l'industria tessile è scesa, parallelamente, all'8,9 per cento. Nel frattempo, l'occupazione dell'industria chimica e plastica assai vincolata all'automobile, è passata dal 4 al 6 per cento, mentre l'industria alimentare è rimasta pressoché statica, al di sotto del 5 per cento, e nel settore estrattivo si è avuta una nuova flessione, dal 4,3 al 3,8 per cento.
Dopo aver dato questo quadro, di cui coglierete più avanti i riferimenti, veniamo alla collocazione più specifica della piccola impresa.
Una concentrazione assai forte si è manifestata dal punto di vista delle dimensioni dell'impresa. Nel '61 l'occupazione nelle imprese con oltre 500 addetti era già pari al 38,9 per cento del totale, mentre nelle piccole imprese l'occupazione era pari al 23 per cento. La concentrazione più elevata nelle imprese con oltre 500 addetti si aveva nel settore della gomma (quasi il 70 per cento) e nell'industria metalmeccanica (poco più del 40). Le piccole imprese raccoglievano invece il 47 per cento dell'occupazione nelle industrie estrattive di trasformazione dei minerali non metalliferi, il 31 per cento delle industrie alimentari. Nel '71 l'occupazione nelle imprese maggiori - più di 100 addetti - sale sino al 63 per cento e nel settore metalmeccanico al 56 per cento.
Assai significativi sono i risultati di un confronto che si può fare sulla base del censimento '71, a questo riguardo, fra Italia, Lombardia e Piemonte. Le imprese con oltre 1.000 dipendenti sono il 15 per cento in Italia, il 15 per cento in Lombardia, il 32 per cento in Piemonte; le imprese da 100 a 1.000 dipendenti sono il 29,8 per cento in Lombardia, il 31,7 per cento in Piemonte; infine, le imprese con meno di 100 dipendenti comprese le aziende artigiane, sono il 54,5 per cento in Italia, il 49,1 per cento in Lombardia, il 36,3 per cento in Piemonte. Nel '71 le imprese maggiori, controllando meno del 40 per cento dell'occupazione controllavano oltre il 60 per cento del prodotto.
E tuttavia, all'interno di una struttura industriale così fortemente concentrata, e di un ruolo assai minore e più subalterno della piccola impresa rispetto ad altre Regioni italiane (prendo la Lombardia come altra grande Regione industriale), l'artigianato in Piemonte ha mantenuto un suo spazio ed un ruolo tutt'altro che trascurabili.
In questo senso la medaglia ha due facce. Secondo una valutazione precisa, che si fece al 30 giugno '74, le imprese artigiane iscritte agli albi della Regione risultavano in quel momento 113.196, cosi ripartite per provincia: Alessandria 14.000 (tralascio i rotti), Asti 5.000, Cuneo 15.000, Novara 13.000, Torino 51.000, Vercelli 13.000. Circa il 50 per cento delle imprese era concentrato nella provincia di Torino.
E' difficile risalire con precisione dal numero delle aziende agli addetti, si può fare solo un calcolo stimabile: se moltiplichiamo per tre o per quattro, come media, ci accorgiamo che andiamo a valori di occupazione nell'area artigiana, che oscillano fra le 340.000 e le 450.000 unità (possiamo prendere un dato intermedio, ma parlerò più avanti sulla necessità di una stima più precisa).
E' interessante rilevare che fra il 1967 ed il 1974 (sono anni tormentati, per l'economia piemontese, c'é dentro anche il boom del '73 relativo, in quanto alimentato dall'inflazione) le aziende artigiane hanno continuato a salire di numero. Infatti sono passate da 96.000 a 113.000.
Nella provincia di Torino, fra il '70 ed il '74, l'ascesa è stata da 46.000 a 53.000, quindi un'ascesa bilanciata fra Torino e il resto del Piemonte.
Questa presenza delle aziende artigiane - e abbiate presenti per questo i dati generali della struttura industriale che ho sommariamente riferito era distribuita nei vari settori, e lo è tuttora, secondo i dati approssimativi che abbiamo, in questo modo: le industrie manifatturiere hanno circa il 57-58 per cento, i cantieri e le costruzioni il 19 per cento, i servizi il 13 per cento, i trasporti l'8-9 per cento l'agricoltura e foreste e attività estrattive, ciascuna meno dell'1 per cento.
Nelle grandi linee, all'interno dell'industria manifatturiera, si registra, seguendo quindi il disegno della struttura industriale generale con qualche scarto, una prevalenza schiacciante delle aziende artigiane nell'area metalmeccanica ed una presenza accentuata nel settore tessile e dell'abbigliamento. Si riproducono le proporzioni della distribuzione industriale in generale. Ma gli scarti, e sono interessanti, riguardano invece alcune attività peculiari dell'artigianato, dove l'artigianato ha presenze maggiori di quel che non sia il peso dei settori industriali in assoluto: ad esempio la lavorazione dei mobili, del legno, e l'oreficeria.
Le tendenze dell'occupazione nelle aziende artigiane (noi abbiamo da questo punto di vista solo delle stime parziali riferite a province) sono viceversa, non parallele all'aumento del numero delle aziende. Per cui noi abbiamo avuto un aumento fra il '51 ed il '63, sulla base di una serie di campioni analizzati, parallelo all'aumento del numero delle aziende artigiane; abbiamo avuto dal '63 al '70, viceversa, una probabile flessione dell'occupazione nell'area artigiana; per gli ultimi anni - i dati dal '70 al '74 sono estremamente parziali -, in base a molte testimonianze e anche ad indagini parziali effettuate dalle associazioni, si è avuta un'incidenza negativa nell'occupazione artigiana, come vi è stata incidenza negativa nell'occupazione industriale in generale.
La crisi che attraversiamo ha certamente sconvolto anche la struttura del settore artigiano, e anche qui noi ci troviamo di fronte alla necessità primaria di approfondire la struttura del settore artigiano, le novità che si sono manifestate, le tendenze che si sono delineate.
La Regione, come ricorderanno i colleghi più anziani di legislatura di me, già nel 1972 assunse l'impegno di condurre un'indagine, affidandola all'Ires, sullo stato delle aziende artigiane. Vi fu nel '72 un incontro che però non ebbe seguito pratico. Si deve arrivare all'aprile del '74 per avere una delibera di Giunta che formalmente incaricava l'Ires dell'indagine. Tuttavia, per una serie di circostanze che qui non mi interessa analizzare, quella delibera non ha avuto seguito pratico, e perciò la nostra Giunta, appena entrata in carica, ha convocato l'Ires, ha convocato una riunione della Consulta (parlerò poi della Consulta, per dire che cosa è e come si pone), e tra i primi argomenti ha posto la questione di riaprire l'indagine, di portarla ad effettivo compimento, ed anche riqualificandone la natura; perché ciò che è necessario fare - e le associazioni artigiane l'hanno sottolineato - non è tanto avere un ponderoso studio, pronto fra due anni, che definisca l'universo artigiano quanto avere indicazioni più operative, più attuali, che servano ad adottare le misure necessarie.
Per questo è stato predisposto un piano di indagine, che è stato discusso dall'Ires e dall'Assessorato nella riunione della Consulta artigiana, sono stati stabiliti contatti operativi con Commissioni provinciali dell'artigianato e con la Federazione nazionale delle Casse mutue artigiane, per la raccolta dei dati, e sono state fissate precise scadenze delle quali la Giunta è garante.
L'inchiesta si svilupperà su due direttrici fondamentali. La prima sarà una ricostruzione dell'universo delle imprese operanti nel settore, per ricavare i dati globali sull'entità e sulla struttura del settore stesso e per costruire gli elenchi nominativi in base ai quali effettuare un'indagine diretta. L'universo cosi ricostruito, se integrato periodicamente con le informazioni relative ai movimenti delle singole aziende, potrà costituire uno strumento permanente, sottolineo, di conoscenza del settore.
La seconda direttrice . è invece un'indagine diretta su singole aziende, per un campione il più vasto possibile, costruito ed individuato sulla base dei dati ricavati dalla prima fase dello studio. Questa indagine campionaria, articolata secondo settori funzionali, dovrà esaminare tutti gli aspetti fondamentali dell'attività artigianale, da quelli dell'aggiornamento tecnologico e dei mercati di approvvigionamento e di sbocco a quelli del credito, della localizzazione territoriale e dell'occupazione.
Questa è l'indagine fondamentale che riguarda l'artigianato. Ma, come è stato annunciato già alla conferenza dell'occupazione, nel documento presentato dalla Giunta al Consiglio per il dibattito precedente, la Giunta sta avviando due indagini: una sul lavoro a domicilio, per la quale indagine nei prossimi giorni avrà luogo una riunione a cui inviteremo i gruppi presenti nel Consiglio, insieme agli Uffici del lavoro, agli Ispettorati del lavoro, che ha compiti scientifici ma anche il compito di esercitare una certa pressione politica, come indagine; l'altra, invece, è un'indagine sul decentramento produttivo, per la quale noi abbiamo preso contatti con due qualificati istituti universitari: il Laboratorio di economia, della Facoltà di Scienze politiche, e l'Istituto di Geografia economica, i quali già conducono un'indagine sul decentramento produttivo e nei prossimi giorni definiremo come avvalerci del loro concorso per avviare questa indagine, che si presenta di grossa mole e che implica anche problemi scientifici non irrilevanti e di ricerca.
Detto questo, preme alla Giunta precisare con molta forza ciò che il Presidente Viglione accennava, e cioè che noi riteniamo che nel nuovo tipo di sviluppo che vogliamo costruire in Piemonte, e al quale sarà dedicato il piano economico come è dedicata tutta l'azione che conduciamo l'artigianato deve avere un ruolo importante, nuovo dal punto di vista quantitativo e qualitativo. E io vorrei dire qui, con una dichiarazione di principio, che, dato il colore politico della Giunta assume tutto il suo significato, che l'artigianato è una realtà insopprimibile, non solo nella presente società ma anche in società rinnovate; vorrei dire che le esperienze compiute in tutto il mondo, in società capitalistiche, in società in cui siano avvenuti grandi rivolgimenti, in società che abbiano nei grandi rivolgimenti assimilato l'eredità del patrimonio artigiano o in società che invece l'abbiano negato, ovunque, emerge questo dato, che un tessuto economico dal quale l'artigianato sia assente è un tessuto economico cui manca un elemento di qualità. E' questa la ragione per la quale l'orientamento nostro è quello di determinare e garantire uno spazio all'artigianato, non per ragioni assistenziali, per il fatto che in quest'area - e questo è già un argomento importante - vivono ed operano centinaia di migliaia di persone che non troverebbero altrimenti collocazione, ma perché riteniamo che questo settore abbia una sua funzione specifica e qualitativa da svolgere. Questo è l'impegno della Giunta, e, io ne sono convinto, di tutta la Regione.
Quali strumenti noi mettiamo in opera per intervenire in una realtà così complessa? Di quali strumenti disponiamo per realizzare questa indicazione di principio che ho esposto? Per cominciare dalle cose più dirette che riguardano l'apparato regionale, noi abbiamo, intanto, un problema serio, posto dalle associazioni artigiane, che nasce dall'esperienza (e io credo che i colleghi, soprattutto Paganelli e Petrini, potranno convenire con me, per l'esperienza che essi hanno fatto), ed è il problema della struttura dell'Assessorato. Se l'Assessorato non si vuol limitare a svolgere una funzione ristretta ma vuole davvero assumere nei confronti dell'artigianato quella funzione di guida, di orientamento, di indirizzo, di costruzione esso deve avere una struttura diversa.
Voi sapete che la Giunta, al momento della sua costituzione riorganizzò un po' diversamente le materie, istituendo un Assessorato dell'industria e del lavoro. Ora, questo Assessorato, secondo l'orientamento, che porteremo in discussione quando saremo in grado di presentare una legge delle strutture (ed è stato detto altra volta che la legge delle strutture è condizionata alla definizione delle competenze ulteriori che lo Stato deve passare alle Regioni, e quindi in quella sede ne discuteremo in modo esplicito e deliberativo) dovrebbe essere articolato attorno a quattro servizi fondamentali: uno che riguarda le ricerche, le indagini per la piccola e media industria e l'artigianato, come interfaccia rispetto all'Ires e agli istituti di ricerca propriamente detti, per avere una continua raccolta e valutazione dei dati; uno che riguarda le vertenze servizio in questo momento assai pesante, per il quale sarà comunque sempre necessaria una struttura definita, perché le vertenze vanno seguite entrando nel merito; uno che riguarda l'industria, la grande impresa, che va seguita attraverso le grandi questioni che sorgono nella Regione; uno specifico che riguarda l'artigianato, che va rafforzato e articolato anche in rapporto all'esigenza di gestione della legge, che più innanzi prospetterò, ma non solo in rapporto a ciò.
Per cui, all'interno dell'Assessorato, un servizio serio lo stiamo organizzando, lo porteremo in termini di legge delle strutture; esso si avvarrà poi dell'altro servizio che riguarda, viceversa, le ricerche e i dati.
Ma al momento dell'insediamento della Giunta ci siamo posti subito un altro problema. Nel passato, per iniziativa, se non vado errato dell'Assessore Petrini, era stata presa un'iniziativa positiva, che le Associazioni artigiane avevano esse pure valutato in senso positivo; quella di costituire intorno all'Assessorato una Consulta degli artigiani, la quale poi aveva subito alcune crisi per ragioni che attenevano anche ai rapporti tra le associazioni. Noi, consultando le organizzazioni artigiane e avendo il loro assenso, anzi, il loro assenso entusiastico, abbiamo deciso di ridar vita alla Consulta. Infatti, l'abbiamo ricostituita, con una modifica rispetto a quella precedente, nel senso che ad essa, oltre all'Assessore e alle rappresentanze delle organizzazioni artigiane partecipano anche i rappresentanti dei diversi gruppi presenti in Consiglio, cioè è una Consulta aperta alla partecipazione del Consiglio. Io mi vorrei augurare che nelle prossime riunioni questa presenza effettiva fosse maggiore da parte di tutti.
La Giunta ha istituito la Consulta in modo informale. L'ha costituita così perché in realtà qui pende un interrogativo. Come voi sapete, vi è una vecchia richiesta, vi erano dei progetti di costituire un ente speciale per l'artigianato. La Giunta, nel suo programma di insediamento, espresse un suo parere già in linea di principio sfavorevole alla creazione dell'ente: sfavorevole per una ragione di metodo, perché non siamo dell'avviso che si debbano moltiplicare gli enti invece di far si che l'apparato regionale eserciti direttamente le funzioni che ad esso sono demandate. Abbiamo riscontrato che questo era il parere anche di una larga parte delle associazioni artigiane, mentre una parte di esse continuava ad auspicare la costituzione dell'ente. E abbiamo convenuto, d'accordo con tutte le associazioni, di far funzionare la Consulta informalmente, senza tentare di istituzionalizzarla con legge, per poi vedere, dopo alcuni mesi di verifica, se questa forma di collaborazione, unita alla ristrutturazione dell'Assessorato, non rendesse superflua la costituzione dell'ente, e procedere solo allora all'istituzionalizzazione con legge della Consulta.
Attualmente, camminiamo su questa strada.
Uno strumento molto importante, e già in discussione al Consiglio attraverso il quale la Regione può esercitare una sua competenza primaria in modo molto più effettivo, è la Società finanziaria, quella che abbiamo chiamato convenzionalmente, nel disegno di legge, la Finpiemonte.
A questo riguardo vorrei sottolineare il fatto che - probabilmente già nelle discussioni in Commissione questo orientamento è emerso, ed è emerso nelle consultazioni, e noi lo accogliamo - bisognerà articolare la Finpiemonte in modo più preciso, perché ciò che tutti dobbiamo evitare di fare è confondere problemi che non sono affatto uguali: quelli della piccola e media impresa con quelli dell'artigianato. La nostra idea - ma ne discuteremo prima in Commissione, poi in Consiglio, a tempo debito - è che la Finpiemonte si articoli proprio in due sezioni, una diretta all'artigianato e l'altra alla piccola e media industria, per evitare di fare confusioni che sarebbero dannose in ogni caso, soprattutto per l'artigianato.
La Finpiemonte noi la consideriamo uno strumento - cosi è concepita nel disegno di legge proposto dalla Giunta - di grande importanza per un arco di problemi che, come sapete, vanno dalla questione delle aree attrezzate alle questioni della ricerca, della documentazione, del mercato dell'esportazione e dei crediti in particolare alle esportazioni.
Le aree attrezzate sono tra i compiti cui la Finanziaria in modo particolare dovrà provvedere. Ma io colgo qui l'occasione per ricordare al Consiglio che vi è una legge del Consiglio che indicava quattro aree attrezzate: Mondovì, Borgosesia, Vercelli, Casale, per le quali era predisposto un finanziamento, per il che vi sarà, tra l'altro, un residuo passivo, cioè un avanzo di bilancio, per quest'anno, non essendo stato impiegato. La Giunta ha preso la decisione di cominciare nella prossima settimana ad esaminare - e la discussione verrà poi portata in Consiglio e nelle Commissioni competenti - l'attuazione della legge sulle aree attrezzate. Avendo però presente che oggi la questione si presenta molto più complessa: in primo luogo, perché è assai difficile pensare che ci si possa limitare a quelle quattro aree attrezzate (tra l'altro, iniziative di aree attrezzate stanno sorgendo in molti altri centri), e nelle discussioni che sono avvenute all'interno soprattutto del dipartimento pianificazione territoriale, con i colleghi Astengo e Rivalta, si sono intraviste delle possibilità e delle necessità nuove, che verranno portate qui in discussione. Ma in ogni caso è necessario correggere un errore che in quella legge vi era, e che fu lamentato, a cui si è rimediato in modo formale: la confusione fra aree attrezzate per l'industria e aree attrezzate per l'artigianato. Le aree attrezzate per l'industria devono sorgere fuori dalle città, le aree attrezzate per l'artigianato sono cose diverse, hanno una diversa dimensione ed è preferibile che sorgano all'interno dei centri storici, dentro il tessuto urbano. Quindi, queste sono le misure che noi come Giunta ci accingiamo a proporvi. Esse devono essere adottate d'accordo con le Associazioni artigiane che hanno questa indicazione. D'altronde, noi stiamo per avere in Regione i comprensori, e dunque il problema delle aree attrezzate, e quelle artigiane da costituire nei centri storici, e quelle industriali fuori città, dev'essere portato alla discussione dei comprensori, poiché sono elementi importanti di pianificazione territoriale.
Una questione molto seria, che le associazioni artigiane ci hanno posto, e che soprattutto, direi, ci hanno posto i fatti, è quella della promozione commerciale per le aziende artigiane. Voglio sottolineare che questo tema della promozione commerciale è tutt'altro che irrilevante.
Anche le esperienze brevi, di cui dirò tra poco, che abbiamo fatto negli ultimi mesi ci dimostrano che, pur nella situazione di crisi, esistono margini consistenti di espansione della produzione e dell'occupazione che sono correlati all'apertura di adeguati canali commerciali. Questo vale soprattutto per la piccola impresa e vale per l'artigianato; i grandi gruppi hanno dei canali commerciali, per cui in realtà le restrizioni o gli aumenti della loro attività corrispondono abbastanza ad una condizione oggettiva, al limite, anche se pure lì vi sono dei margini da esplorare.
Viceversa, per la piccola impresa e per l'artigianato, la potenzialità attuale ed una potenzialità diversa sono molto differenti in rapporto alle strutture commerciali di cui dispongono.
Noi ci siamo trovati, da questo punto di vista, con un solo strumento: allo stato attuale la Regione, per promuovere l'attività di mercato degli artigiani non può contare che sui contributi per far partecipare a mostre a iniziative e a mercati. E' uno strumento che abbiamo immediatamente usato, d'accordo con le Associazioni artigiane, e tra l'altro su loro richiesta. Debbo dire che noi abbiamo, per quanto ci riguarda, spinto a fondo, arrivando a portare i contributi al 100 per cento, in alcuni casi non perché pensiamo che sia un mezzo da usare in generale ma perché nella presente situazione ci sembrava utile dare il massimo degli apporti. E da questo punto di vista siamo andati ad un aumento notevole della spesa regionale per la partecipazione delle aziende minori a mostre, fiere e mercati. Non voglio tediarvi qui con troppi dati, specialmente esposti a voce: alcune di queste tabelle ve le farò poi avere dettagliatamente. Ma è significativo che, considerando due periodi, il primo dall'1/4/72 al 31/12/74, il secondo dall'1/1/75 al 30/11/75, la spesa che abbiamo sostenuto per contribuire a portare le aziende a mostre, fiere e mercati è la seguente: per l'abbigliamento siamo passati da 203 milioni (tralascio i rotti) a 132, per il cuoio e la pelletteria da 25 a 16 milioni, per il legno e mobilio da 4,9 a 3 milioni, per l'artigianato artistico da 26 a 15,8, per le varie da 7 a 13 milioni; per cui abbiamo, o una cifra erogata quest'anno maggiore in proporzione anche se minore in assoluto, in un caso una cifra che è addirittura maggiore in assoluto. E ciò deriva da una politica deliberata, per la quale abbiamo spinto la partecipazione. Con risultati, perché le aziende che hanno partecipato a mostre ed esposizioni ne hanno ricavato benefici in affari e in occupazione rilevanti, sui quali potrei fornire una documentazione che sarebbe di un certo interesse economico.
Per queste ragioni noi chiediamo qui l'approvazione e l'incoraggiamento del Consiglio - anche se questo problema verrà poi discusso a proposito del bilancio per il 1976 - a proseguire lungo questa strada. Come ho detto prima, non credo che la linea di dare dei contributi fino al 100 per cento sia una linea sempre praticabile, perché scoraggia l'iniziativa individuale e premia la neghittosità; ma nella situazione di crisi questo è stato uno strumento. Premere in questa direzione, farcene carico sempre più io credo sia necessario. Probabilmente, nei limiti delle magre risorse di cui disponiamo, bisognerà provvedere ad una maggior incidenza nel bilancio; ed è questo un argomento del quale discuteremo nella sede propria, ma io voglio anticipare già ora questa esigenza.
Ma, detto questo, occorre fare di più su un'area più vasta e con strumenti diversi. Sotto questo profilo, voi sapete che noi abbiamo già portato al Consiglio il disegno di legge che verrà discusso, che riguarda il Samia e l'Ente Fiera. Abbiamo dibattuto questo argomento con le Associazioni artigiane: l'idea che sorga a Torino un Ente Fiera con caratteristiche regionali, non torinesi, che sia un servizio permanente, di tutto l'anno, con carattere commerciale, che abbia anche dei servizi tecnici, è un'idea che riscuote grande favore all'interno della categoria interessata, perché fornisce degli strumenti che le aziende minori - parlo qui non solo degli artigiani ma della piccola e media impresa - spesso non hanno. E' una questione sulla quale il Consiglio delibererà, ma la voglio qui collocare nella luce di una politica più generale nel settore.
Inoltre, noi pensiamo che possano esservi iniziative promozionali sui mercati internazionali. Debbo dire che sono gia cominciati alcuni contatti non formali - appena diventeranno formali ne informeremo il Consiglio prima di ogni decisione - che ci mostrano come sia possibile, nell'arco dei prossimi dieci mesi, organizzare in altri Paesi mostre di produzione artigiana e di piccola e media impresa piemontese che avranno un notevole rilievo economico e commerciale. In questa direzione noi, comunque intendiamo andare, perché siamo convinti che vi sono dei grandi margini da sfruttare, con conseguenze importanti sull'occupazione e sull'attività delle aziende artigiane.
Infine, siccome la situazione delle mostre e delle esposizioni in Italia anche per il settore artigiano è assai complessa (pensiamo alle iniziative della Lombardia, della Toscana), abbiamo avviato contatti con altre regioni per regolare e sincronizzare l'attività, in maniera che non vi siano concorrenze, spreco e sfrido, per cosi dire. La cooperazione con altre regioni nel campo delle mostre e delle esposizioni perché non si arrivi addirittura in certi casi ad una ridicola guerra commerciale tra due regioni in materia di mostre artigiane e cosi via, è un'altra delle questioni che noi teniamo presente e seguiamo con attenzione.
Un campo importantissimo per il sostegno dell'artigianato e per il suo indirizzo è quello del credito. E' un campo assai delicato: basta pensare alla vecchia questione delle garanzie per i crediti, basta pensare alla politica delle banche, spesso - non esito a dichiararlo apertamente discriminatoria nei confronti dell'artigianato. Ed è un campo nel quale la Regione ha cominciato ad operare quest'anno con una legge, varata l'anno precedente, quest'anno abbiamo sostanzialmente speso il danaro di due esercizi in un anno, che è una legge (lo dico anche come riconoscimento ai suoi promotori) che ha dimostrato di funzionare positivamente, che è stata accolta bene, che ha dato risultati positivi ed interessanti.
Per tutto quello che riguarda questa legge regionale i Consiglieri hanno una relazione scritta con i dati precisi, e quindi io ometto di illustrare questa parte, la dò per letta.
Voglio solo aggiungere un'informazione e fare a questo proposito alcune considerazioni.
L'informazione è che successivamente alla consegna della relazione nelle vostre mani abbiamo tenuto un'altra riunione del Comitato tecnico ed abbiamo praticamente esaurito i fondi della legge; non esistono, cioè ormai, in questo campo residui passivi, anzi, esiste una situazione nella quale vi saranno, al 31 dicembre, domande insoddisfatte giacenti in attesa di finanziamento.
Le considerazioni sono le seguenti: 1) noi abbiamo erogato quest'anno i fondi di due esercizi in un solo anno e questi fondi sono andati via, tanto è vero che sono esauriti. Si è trattato di circa duemila domande che abbiamo soddisfatto, che hanno messo in moto crediti per 17 miliardi 2) voglio sottolineare che la domanda di credito agevolato in base alla legge, ha tirato non solo quando vi era la stretta creditizia e quindi la legge rappresentava una rottura di un muro rigido, ma ha tirato anche quando la stretta creditizia cominciava ad allentarsi ed i tassi hanno cominciato a calare. Questo prova che la legge corrisponde ad un'esigenza reale, permanente, non eccezionale 3) debbo sottolineare che vi sono state difficoltà che nella relazione sono indicate, per quello che riguarda le cooperative artigiane di garanzia, però anche sotto questo riguardo siamo di fronte ad una curva crescente di utilizzo e di domande di utilizzo, e di sviluppo delle cooperative artigiane stesse. Anche qui si pongono dei problemi di ulteriore iniziativa.
Se noi volessimo tenere nel 1976 (é un problema molto pratico che pongo al Consiglio e che definiremo nel bilancio, ma bisogna che tutti ne abbiamo consapevolezza politica) il ritmo di quest'anno, avremmo bisogno di raddoppiare lo stanziamento e dico subito che il raddoppio dello stanziamento è meno di quello che chiede la categoria, voglio dire, è già una proposta intermedia.
Se noi, invece, iscrivessimo a bilancio una somma pari a quella che era scritta per gli esercizi 1971/1976, andremmo incontro ad una sostanziale caduta, decurtazione dell'attività che si è messa in moto su questa legge ed ha soprattutto migliaia di domande ferme senza possibilità di essere soddisfatte.
D'altro canto non si tratta soltanto della quantità di stanziamento; se la legge è buona, va mantenuta, va difesa, le organizzazioni artigiane e la Giunta sono d'accordo nel considerare che questa legge va anche migliorata qualitativamente oltre che dotata dei fondi adeguati.
Voi sapete che per questa revisione della legge noi stiamo finendo di ultimare un progetto, per il quale abbiamo avuto i suggerimenti delle associazioni e che trasmetteremo al Consiglio nei prossimi giorni, per il miglioramento della legge.
In che cosa consiste il miglioramento della legge? E' accennato anche questo nella relazione, ma voglio sottolinearlo. Sta soprattutto in questo: che la legge, com'e congegnata oggi, lascia la selezione delle domande alle banche, applica cioè, ad una questione politica legata alla programmazione l'erogazione del credito, dei criteri che sono quelli delle banche, criteri che in questa sede non voglio discutere, saranno tutti rispettabili, ma non sono i criteri della programmazione regionale. E allora la proposta di legge - che discuteremo qui, nella sede appropriata - è una proposta che tende a rovesciare il meccanismo lasciando alle banche un momento di decisione rispetto ai loro criteri, ma permettendo al Comitato tecnico costituito dalla legge e di cui fanno parte le rappresentanze artigiane, di decidere realmente gli orientamenti sulla base di alcuni parametri generali; in sostanza, di far corrispondere il funzionamento della legge alle scelte di programmazione che tutti insieme andremo a costruire.
Ma la questione del credito fra gli artigiani non si esaurisce con i problemi dell'esercizio della nostra legge, perché nella Regione esiste e funziona un altro strumento di finanziamento del credito artigiano: l'Artigiancassa. Credo che i Consiglieri avranno interesse a sapere che cosa è stata, in rapida sintesi, l'attività dell'Artigiancassa e metterla a confronto con l'attività della legge.
Da questo punto di vista posso comunicarvi che il Consiglio generale della Cassa ha segnato per l'anno in corso, alla Regione Piemonte, un plafond di contributo pari (pari nella moltiplica dei crediti) a 25 miliardi e 249 milioni. Al 26.11.1975 risultano approvate dal Comitato tecnico regionale 2755 operazioni di finanziamento, per un importo di lire 23 miliardi 575 milioni che comporteranno l'assunzione di 2825 unità lavorative. Le operazioni ammesse al contributo sotto il profilo della destinazione del finanziamento sono ripartite come segue: scorte 541 milioni; macchine 14 miliardi; laboratorio 8 miliardi; laboratorio e macchine 832 milioni. Entro il mese di dicembre verranno sottoposte all'esame del Comitato (che, come sapete, è presieduto dal sottoscritto dall'Assessore all'Industria) domande di finanziamento per circa 1447 milioni. Anche qui perciò non vi saranno residui passivi. Altra controprova che vi è una grande domanda di crediti agevolati in questo campo, è una possibilità di sua utilizzazione.
Nasce qui però un grande problema, che io devo tornare a sollevare: se sia possibile continuare ad avere due strumenti distinti. Per i motivi che altra volta il Consiglio ha dibattuto, noi siamo favorevoli alla continuazione della legge, anzi, ne proponiamo un miglioramento, per pensiamo che in assoluto nel futuro l'esistenza dei due strumenti distinti sia negativa.
Vi è il problema dell'unificazione. Più recentemente il governo ha accennato alla possibilità di risolvere il problema dell'Artigiancassa, io spero che possa essere risolto già nell'ambito del trasferimento prossimo di competenze, in ogni caso voglio qui ricordare che vi è una posizione comune delle Regioni perché davvero l'artigianato, competenza primaria delle Regioni, sia una loro effettiva e piena competenza, perché cioè vi sia una unificazione dell'Artigiancassa e degli altri strumenti di credito artigiano nell'ambito delle competenze regionali.
Tra gli artigiani - l'abbiamo sentito con molta forza all'assemblea del Carignano - viva e giustificatissima è la protesta e per certi aspetti la lotta, per tutto quello che riguarda la materia fiscale e contributiva. Da questo punto di vista gli artigiani sottolineano, unitariamente, un successo riportato dalla loro agitazione, dalla loro lotta quando hanno ottenuto, secondo le richieste delle tre organizzazioni, la modifica del decreto legge proposto dal Governo e che riguarda il cumulo dei redditi. Ma gli artigiani sottolineano con forza l'esistenza di una serie di questioni che riguardano l'IVA, l'applicazione del prossimo rateo d'imposta sui redditi e che riguardano i contributi, cioè i cosiddetti oneri sociali che gravano sulle aziende artigiane.
Io desidero dire che le richieste artigiane, così come sono presentate in materia di IVA, sono proposte che riguardano e le procedure di accertamento di riscossione e le aliquote, che a loro avviso penalizzano la categoria; le loro richieste che riguardano gli oneri sociali l'osservazione cioè che questo sistema in positivo, contributivo, è un sistema che penalizza l'occupazione, sono assai fondate, come fondate sono le loro riserve a proposito di certe misure di fiscalizzazione degli oneri sociali di cui si parla.
Nell'insieme, le richieste artigiane, fatte dalle Associazioni, in materia di contributi, in materia di fisco vanno nella direzione di un sistema fiscale caratterizzato dalla progressività e dall'imposizione diretta ed è dunque su questa base, e non per dar ragione a chi la chiede che noi diamo a questa impostazione delle rivendicazioni artigiane il nostro consenso politico.
La Regione, in questa materia, lo sapete meglio di me, non è competente, ma abbiamo una responsabilità politica più generale. Per questo motivo abbiamo aderito ad una richiesta delle Associazioni artigiane ed a gennaio faremo in Piemonte un convegno in cui discuteremo la materia fiscale e contributiva, convegno al quale probabilmente parteciperanno perché hanno espresso il loro interesse, artigiani e Regioni Liguria e Lombardia e nel quale vorremmo avere la presenza di un rappresentante del governo, del Ministero delle Finanze per poter discutere questa materia e poter conoscere opinioni e giudizi. Noi pensiamo di dare a questo convegno una caratteristica di studio e quindi di avvalerci della collaborazione di specialisti del settore.
Un tema ancora molto importante che le Associazioni artigiane hanno sollevato con forza, che riguarda una nostra competenza primaria, ed al quale sotto quest'angolo non è stata data finora la dovuta attenzione, è quello della formazione professionale. A questo proposito le associazioni artigiane nella loro manifestazione unitaria hanno avanzato una piattaforma di richiesta, che è all'esame dell'Assessorato competente. Vi sarà, tra breve (martedì, già è fissata) una riunione, a cui sono invitati sempre i gruppi consiliari, della consulta nella quale l'Assessore alla formazione professionale farà una relazione sul piano 1976 a questo riguardo e discuterà con gli artigiani le scelte da fare in materia di formazione professionale artigiana.
Un'altra questione che dalle aziende artigiane viene sollevata con forza è quella del loro ruolo nell'attività edilizia e vorrei dire nell'attività edilizia futura, quella cioè che speriamo sia maggiore di quella presente, e nei così detti progetti integrati, o interventi pubblici a carattere integrato. Da questo punto di vista vi è, da parte dell'Associazione artigiani, un interesse generale, ovvio, alla ripresa dell'attività edilizia e vi è una manifestazione di interesse esplicita nei confronti dei programmi che la Regione ha reso noti nel precedente Consiglio, per rimettere in moto i meccanismi edilizi della nostra Regione le cifre le conoscete, sono state esposte e da Rivalta e da Astengo largamente.
Voglio, invece, a questo proposito, sottolineare due punti: il primo la necessità, anche dal punto di vista dell'attività artigiana, di cercare di tener fede a quel criterio di fondo che fu enunciato e cioè di dare uno spazio nella ripresa dell'attività edilizia, uno spazio particolare all'interno dei centri storici per il risanamento del tessuto urbano. E' una direttrice generale di politica edilizia della Giunta, ma è una direttrice che incontra, come ognuno può capire, il consenso particolare della categoria artigiana.
In ogni caso - lo dichiaro formalmente nell'insieme dei lavori pubblici e dell'attività edilizia messa in moto dalla Regione noi intendiamo riservare uno spazio specifico e preciso alla piccola, media impresa e all'artigianato, distinguendo tra di essi.
Per esaminare l'insieme di questi problemi è in calendario una riunione della Consulta con gli Assessori competenti in questa materia, vi sono anche delle questioni sollevate in materia di scorporo e di appalti che verranno discusse e anche a questa riunione i gruppi presenti in Consiglio sono formalmente invitati.
Per ultima, tocco la questione forse più generale - e più scottante: quella della legge quadro che, voi sapete, è in discussione da anni ormai in Parlamento, anche se dire che è in discussione vuol dire usare un eufemismo perché a rappresentare la situazione bisognerebbe dire dorme da anni nei cassetti della Commissione industria e artigianato della Camera.
Io sono stato Vicepresidente di quella Commissione per una legislatura e mi ricordo la battaglia inutile per tentare di tirar fuori questo insieme di proposte di legge dei vari gruppi, dai cassetti.
Noi abbiamo preso, su richiesta delle Associazioni artigiane, e anche per nostro proposito, un contatto con la Commissione industria della Camera ed abbiamo appreso che la situazione, per la legge quadro, attualmente è la seguente: è stato nominato, all'interno della Commissione industria e artigianato della Camera, un comitato ristretto (é una procedura normale) che dovrebbe unificare i progetti esistenti e presentarli alla discussione.
La Giunta regionale, il suo Presidente attraverso i canali necessari credo che dovrà chiedere alla Commissione parlamentare due cose per le quali vi è un orientamento più generale delle Regioni, non solo della Regione Lombardia: la prima, che si fissi un termine al quale il Comitato ristretto deve presentare la sua proposta; sappiamo, tra l'altro, che la Presidenza della Camera, il Presidente Pertini particolarmente, ha questo orientamento. Credo sia giusto che le Regioni sollecitino che finalmente si dia un termine; la seconda, che il Comitato ristretto, prima di presentare questo progetto, o la Commissione, nel momento in cui riceve il progetto e prima di discuterlo e di approvarlo, ascoltino i rappresentanti delle Regioni e delle organizzazioni artigiane nazionali che hanno ormai una posizione unitaria nazionale.
Voglio ricordare, a questo proposito, che le Regioni, tutte le Regioni hanno definito una posizione comune su questa materia, chiedendo in sostanza che la legge quadro sia una legge dei principi che, pur disciplinando organicamente la materia dell'artigianato, lasci un reale spazio normativo di dettaglio alle Regioni. La legge dei principi deve limitarli ad individuare i confini che non possono essere oltrepassati dalle Regioni senza in alcun modo predeterminare le scelte politiche di loro spettanza. Questa legge deve assumere i contenuti di una legge di ristrutturazione del settore artigiano (è sempre il pensiero comune delle Regioni che riassumo) poiché una mera razionalizzazione dell'attuale legislazione statale non comporta rilevanti riflessi politici sul vero problema rappresentato dall'innovazione dei contenuti. Tutto ciò implica, a livello politico, che il discorso della legge dei principi vada condotto in accordo, in un rapporto dialettico tra Parlamento e Regioni, e che in sede di legge di principi debbono essere riassorbiti i ritagli di competenze materiali operati a favore dello Stato nel momento del trasferimento delle funzioni amministrative.
Attualmente questi disegni di legge si trovano in discussione alla Commissione, come ho spiegato, ma le Regioni recentemente, ad una ad una, e in una occasione, collegialmente, hanno ribadito l'avviso che piuttosto che andare ad una legge quadro nella vecchia accezione, si debba andare alla definizione della legge di principi sulla base di alcuni criteri fondamentali che riguardano la definizione e la disciplina giuridica dell'impresa artigiana, l'iscrizione all'albo delle imprese artigiane, gli organi preposti alla tenuta dell'albo e allo svolgimento del relativo contenzioso, la loro composizione e costituzione; e su ciascuno di questi punti le Regioni hanno presentato una piattaforma comune che i colleghi conosceranno e che non sto a ripetere, ma alla quale debbo riaffermare la nostra adesione.
Infine, sin dall'insediamento della Giunta le organizzazioni artigiane hanno chiesto alla Regione di indire una conferenza regionale dell'artigianato. Fin dal primo momento abbiamo ritenuto questa richiesta legittima, tant'é che ne abbiamo parlato nel programma originario della Giunta e oggi saremmo venuti nella determinazione - che sottoponiamo al vostro parere - di radunare, nel mese di febbraio, una conferenza regionale dell'artigianato, preparata in collaborazione con le associazioni e che abbia un carattere di larga partecipazione oltre che di studio.
La conferenza artigiana, a febbraio, avrebbe anche un significato preciso perché sarebbe uno strumento importante con il quale gli artigiani intervengono nel dibattito sul piano economico regionale. Noi porteremo a conoscenza delle Associazioni artigiane, via via i lavori sul piano soprattutto per la materia di loro competenza, ma la conferenza dell'artigianato può essere una sede nella quale la discussione viene condotta in modo organico, facendovi partecipare larghe rappresentanze della categoria e affrontando l'insieme delle questioni in sospeso che io prima ho elencato e rispetto alle quali esistono una serie di iniziative della Giunta, che ho del pari indicato.
Spero che questa conferenza si faccia e che costituisca un momento importante di rilancio dell'attività dell'artigianato nella nostra regione.
Ho terminato. So di avere posto molta carne al fuoco, ma vorrei ricordarvi che sono questi i temi che dalla realtà stessa della Regione e dalla realtà della categoria rimbalzano nella nostra aula e sul nostro tavolo di lavoro.



PRESIDENTE

Le relazioni introduttive sono terminate, il dibattito è aperto.
Vi sono proposte sulla procedura della discussione? Vedo la richiesta del Capogruppo della D.C., Bianchi, ha facoltà di parlare.



BIANCHI Adriano

Ho seguito con grande attenzione l'esposizione generale, di principio del Presidente della Giunta e quella illustrativa di tutto il quadro di riferimento dei problemi artigiani fatta dall'Assessore Libertini e devo dire che, per quanto la materia sia conosciuta da chi voglia affrontarla per quanto il mio gruppo abbia già predisposto anche degli interventi alcuni dei quali addirittura già scritti, l'ampiezza dei riferimenti l'utilizzazione doverosa dei dati fornitici, anche recenti, uno sforzo e un impegno di raccordo di tutta la problematica che tocca il mondo artigiano rispetto ai problemi del piano di sviluppo, rispetto alla legislazione, ai collegamenti di carattere nazionale, alle leggi di principio e così via richiedono che la discussione si svolga allo stesso livello che la Giunta ha scelto e che l'Assessore Libertini ha in questo momento delineato.
Chiederei quindi che non si prosegua, salvo che la discussione, s'inizi soltanto ma non si concluda e che ci sia quindi lasciato uno spazio, anche brevissimo, perché a questa presentazione così ampia si possano dare risposte adeguate.



PRESIDENTE

Abbiamo quindi una proposta. Vi è qualche altro intervento dei Gruppi circa questa proposta? Io anticiperei solo un suggerimento: o si apre una discussione e si chiude, o non si apre.
Vi sono obiezioni? La Giunta?



LIBERTINI Lucio, Vicepresidente della Giunta regionale

D'accordo.



PRESIDENTE

La Giunta si dichiara d'accordo e questo vuol dire che il punto all'ordine del giorno viene considerato in parte trattato nel senso che ascoltate le relazioni della Giunta, il dibattito avverrà a tempi brevi, in una prossima seduta del Consiglio. Tra l'altro stasera bisognerà fare una riunione dei Capigruppo per fissare date e contenuti di numerose sedute del Consiglio regionale se vogliamo portare innanzi i lavori che si stanno accumulando.
Non vi sono obiezioni a questa decisione? Non ne vedo.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Programma edilizia pubblica sovvenzionata legge n. 492: approvazione delibera


PRESIDENTE

Suggerirei di trattare immediatamente il punto quattordicesimo, che è brevissimo, ma la cui urgenza è sottolineata da numerosi fattori che non ho neanche bisogno di illustrare perché li illustrerà subito il relatore, che è il Presidente della II Commissione, Gandolfi.



GANDOLFI Aldo, relatore

Signor Presidente, colleghi, la deliberazione sottoposta all'esame del Consiglio è stata esaminata ieri dalla Commissione dopo la richiesta di un esame d'urgenza avanzata dalla Giunta. Questa deliberazione riguarda uno stanziamento previsto dalla legge 16 ottobre 1975, n. 492, che è la conversione in legge di uno dei decreti anticongiunturali presentati dal Governo, e riguarda in particolare uno stanziamento previsto dal terzo comma dell'art. 4 della legge che dispone un'ingente somma per l'edilizia sovvenzionata che viene assegnata con una deliberazione del Ministro dei LL.PP.
Questo stanziamento non era stato preso in esame preventivamente dalla Giunta regionale proprio perché doveva essere il Ministro dei LL.PP. ad assegnarlo con proprio decreto. Con una comunicazione che è stata ricevuta solo recentemente dalla Giunta regionale, il Ministro dei LL.PP. ha pregato le Regioni di fare una proposta di ripartizione del fondo, assegnando alla Regione Piemonte un importo di 15 miliardi. La Giunta regionale ha formulato una proposta (che la Commissione si è trovata concorde nell'accettare) con la quale vengono assegnati: un miliardo ad Alessandria tre miliardi ad Asti; un miliardo e 703 milioni a Cuneo; un miliardo ad Alba; un miliardo a Mondovì; tre miliardi a Novara; 4 miliardi a Torino e 350 milioni a Biella, che vanno ad aggiungersi agli stanziamenti precedentemente deliberati dalla Giunta regionale sul finanziamento previsto dal primo comma dell'art. 4 della legge 492.
I Consiglieri hanno a disposizione il prospetto riassuntivo che dà il totale delle somme che vengono destinate per l'edilizia economico-popolare in base all'art. 4 della legge n. 492, per un importo complessivo per il Piemonte di 36 miliardi 853 milioni.
Il Consiglio regionale è chiamato a deliberare su questa ripartizione.



PRESIDENTE

Ringrazio il Presidente per l'esemplare sintesi dell'illustrazione della delibera.
La Giunta deve aggiungere qualcosa? Il prof. Astengo ha la parola.



ASTENGO Giovanni, Assessore agli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali.

A nome del collega Rivalta e nell'ambito del Dipartimento devo dire come d'altra parte ha già esposto il Presidente della II Commissione - che questa immissione recente di un'altra aliquota di contributi statali arriva molto tardi, in tempi brevissimi e questo ha obbligato ad una predisposizione molto rapida, come è avvenuto per l'altra parte ancora più rigida, precedente e in questo caso si trattava di collocare gli interventi in aree già acquisite e per le quali esistevano progetti già approvati quindi con delle grandi limitazioni.
Il Dipartimento vorrebbe segnalare come sia assolutamente indispensabile, per il futuro, provvedere alla formazione di quei tali programmi attuativi che anche recentemente sono stati segnalati come elemento importante nella riforma della legge urbanistica, perché si possa arrivare per tempo ad una predisposizione programmatica, in modo da non essere più obbligati a fare delle operazioni accelerate come queste e che non possono garantire il soddisfacimento della reale domanda.
E' forse opportuno ribadire ancora come certe limitazioni di importi al di sotto dei quali non è possibile scendere, creino delle grosse difficoltà, soprattutto là dove occorra fare operazioni di riequilibrio, di cucitura, di reinserimento dell'edilizia economica e popolare in tessuti che non possono essere considerati alla stessa stregua di quelli delle grandi città.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre osservazioni si può passare alla lettura e alla votazione della delibera: "Il Consiglio regionale vista la legge 22/10/1971 n. 865 visto il D.P.R. 30/12/1972 n. 1036 vista la legge 27/5/1975 n. 166 vista la legge 16/10/1975 n. 492, ed in particolare l'articolo 4 della stessa visti gli elaborati predisposti dall'Assessorato alla pianificazione del territorio e parchi naturali, recanti il programma di localizzazione degli interventi di edilizia pubblica residenziale sovvenzionata finanziati ai sensi del primo e terzo comma dell'articolo 4 della legge 16/10/1975 n. 492 ritenuti validi i criteri e le proposte contenuti negli elaborati suddetti visto il parere della competente Commissione delibera di approvare il programma di localizzazione degli interventi di edilizia pubblica residenziale sovvenzionata, finanziati ai sensi del primo e terzo comma della legge 16/10/1975 n. 492, quale risulta dal documento allegato (Allegato 1).
Stante la ormai imminente scadenza del termine fissato per indire le gare di appalto, termine che, ai sensi del secondo comma dell'articolo 5 della precitata legge n. 492, è previsto per il 31 dicembre 1975, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'articolo 49 della legge 10/2/1953 n. 62.
La presente deliberazione sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi dell'articolo 65 dello Statuto".



OBERTO Gianni

Entro quale periodo di tempo si verifica la spesa dei 31 miliardi?



PRESIDENTE

La parola al Presidente della II Commissione.



GANDOLFI Aldo, relatore

La legge impegna ad appaltare entro il 31 dicembre e questo significa che gli IACP devono mandare gli avvisi entro il 14 dicembre



PRESIDENTE

La cosa è chiarita.
Chi è d'accordo alzi la mano.
La delibera è approvata all'unanimità dei presenti.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame "Piano orientativo per lo smaltimento dei rifiuti solidi sul territorio piemontese" (rinvio)


PRESIDENTE

Ora vorrei fare una proposta: dare la parola al relatore Bono sulla questione dei rifiuti solidi, nel frattempo riunire la Commissione nomine (che non è composta di molti membri) per esaminare in cinque minuti il problema della candidatura di due membri di cui ai punti undicesimo e dodicesimo all'ordine del giorno. Se le cose si possono fare contemporaneamente possiamo guadagnare tempo.
Vi è qualche ostacolo a questa procedura? La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Il piano dei rifiuti solidi, se non sbaglio, è stato consegnato solo stamattina. Io non ho neanche avuto il tempo materiale di leggerlo. Non dissento dal fatto che il collega Bono presenti la relazione; però non è materialmente possibile intervenire. Non facendo più parte della V Commissione ignoro del tutto che cosa ci sia scritto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Io non ho particolari difficoltà a rinviare, però vorrei fare rilevare che la Commissione ha approvato all'unanimità sia la relazione che la delibera di Giunta, e che nella Commissione sono rappresentati tutti i Gruppi e quello del Consigliere Calsolaro è addirittura rappresentato dall'Assessore e dal Vicepresidente del Consiglio.



PRESIDENTE

Allora seguiamo un'altra prassi, che è quella di sospendere un momento la seduta, così vi mettete d'accordo. Intanto riuniamo la Commissione delle nomine, poi rientriamo e decidiamo il da farsi.
La seduta è sospesa per cinque minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 17,05 riprende alle ore 17,15)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Sono latore di una proposta.
Per effetto dell'osservazione fatta dal Consigliere Calsolaro, si propone che il punto decimo "Esame piano orientativo per lo smaltimento dei rifiuti solidi" venga trattato complessivamente in una prossima seduta, in modo da rendere possibile l'esame accurato del materiale che è stato consegnato.
Inoltre c'è la richiesta dell'Assessore competente di non procedere alla sostituzione di un membro dimissionario di nomina del Consiglio regionale nella Commissione tecnico consultiva, di cui all'articolo 5 della legge n. 23. Anche questo punto quindi non viene trattato.


Argomento: Nomine

Consiglio di amministrazione IACP della Provincia di Torino: sostituzione di un membro dimissionario


PRESIDENTE

Tratteremo invece, subito, il punto undicesimo dell'ordine del giorno: "Consiglio di amministrazione IACP della Provincia di Torino: sostituzione di un membro dimissionario", dopo di che, esaurito l'ordine del giorno, è convocata la conferenza dei Capigruppo che ha parecchio materiale da smaltire.
La Commissione nomine si è riunita ed ha espresso parere favorevole sul candidato, ing. Uttempergher.
Siano distribuite le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: Presenti e votanti n. 38 ha riportato voti: UTTEMPERGHER Gianni n. 25 schede bianche n. 13 E' eletto il signor Uttempergher.
Dò la parola al Consigliere Segretario per la lettura delle interpellanze ed interrogazioni.


Argomento:

Interpellanze ed interrogazioni (annuncio)


FABBRIS Pierina, Consigliere Segretario

Interpellanza dei Consiglieri Colombino e Chiabrando concernente provvedimenti da assumere presso la direzione dell'Ospedale, "Agnelli" di Pinerolo in ordine alle iniziative assunte dopo il mancato visto al bilancio dell'Ente da parte del CO.RE.CO.
interpellanza dei Consiglieri Colombino e Chiabrando sui provvedimenti da adottare per eliminare gli inconvenienti lamentati dai pendolari che si servono delle autolinee SAPAV sul tragitto Pinerolo Torino interpellanza del Consigliere Calsolaro sul problema istituzionale della Provincia interrogazione del Consigliere Cerchio affinché tutto il personale regionale abbia diritto ad agevolazioni in ordine a tessere di abbonamento sui mezzi di trasporto interrogazione urgente del Consigliere Menozzi affinché la Giunta ricerchi soluzioni idonee a risolvere l'annoso problema dell'acqua nel Monferrato ed in particolare intervenga sulla S.p.A. "Acquedotto del Monferrato" interrogazione dei Consiglieri Cerchio e Colombino sul grave stato di abbandono del forte di Exilles.



PRESIDENTE

Avverto i Consiglieri che la prossima seduta sarà certamente convocata nella prossima settimana, ed è anche possibile che le sedute siano due, la questione sarà esaminata dai Capigruppo, a causa della quantità di argomenti da iscrivere all'ordine del giorno.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,30)



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