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Dettaglio seduta n.208 del 12/07/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Per motivi tecnici non è stato possibile distribuire il processo verbale dell'adunanza del 6 luglio. Sarà perciò messo in votazione quando verrà distribuito.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri: Alasia, Alberton, Carazzoni, Cardinali Castagnone Vaccarino, Menozzi e Minucci.


Argomento: Varie

b) Saluto del Consiglio regionale del Piemonte al neo eletto Presidente della Repubblica, Sandro Pertini


PRESIDENTE

In occasione dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica Sandro Pertini, credo sia opportuno che il Consiglio regionale, così come hanno fatto i Consigli comunali e provinciali del Piemonte, invii un messaggio di felicitazioni. A tale proposito è stato formulato un testo nel quale si legge che il Consiglio regionale del Piemonte rivolge un caldo saluto al nuovo Presidente della Repubblica, Sandro Pertini.


Argomento: Questioni internazionali

c) Sul dissenso in Russia


PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Il nostro Consiglio è stato sempre coerentemente sensibile a tutti i problemi che toccano, nel mondo, la dignità dell'uomo, la liberta, la distensione, la pace. In questi giorni la stampa, l'opinione pubblica, le forze politiche affrontano il problema costituito dai processi a illustri personaggi del dissenso che sono in corso in Russia.
Noi non vogliamo strumentalizzare questi gravissimi fatti, non vogliamo affrontarli pretestuosamente, vogliamo soltanto esprimere la nostra meraviglia per come un grande Paese, un grande popolo, come quello sovietico, possa essere trascinato di fronte al tribunale del mondo per un giudizio fortemente negativo per le persecuzioni che neanche sul piano politico trovano delle giustificazioni comprensibili. E' già tanto difficile difendere nel mondo contemporaneo la causa della libertà, della dignità e dei diritti umani ed ora si aggiungono questi colpi alle nostre certezze, al nostro desiderio di un ulteriore approfondimento dei rapporti fra i popoli, di pace, di comprensione, di fiducia tra gli stessi governi.
Desidero pertanto sollecitare il Presidente del Consiglio affinché, nel corso della seduta di oggi o in quella di domani, voglia farsi interprete di un'iniziativa che faccia sentire la nostra partecipazione comune e la nostra preoccupazione per queste azioni che non facilitano la causa della difesa dei diritti umani, della libertà e della pace nel mondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Non ho avuto occasione di incontrare l'amico Capogruppo Bianchi e non lo avevo voluto disturbare dopo il suo rientro dalla fatica romana (lo ringrazio anche pubblicamente per avermi tenuto al corrente con una cordialissima e cortesissima lettera di quello che accadeva laggiù), e vedo che ci siamo trovati in sintonia.
Ho presentato un'interrogazione urgente in data 10 luglio, nella quale chiedo di sapere se la Giunta, tenute presenti le relazioni intercorse con le rappresentanze ufficiali dell'URSS, in aderenza a quanto opportunamente è stato fatto dalla Regione Piemonte in altre dolorose situazioni analoghe non ritenga giusto e doveroso compiere sollecitamente - sottolineo sollecitamente perché sembra che il processo a Mosca debba chiudersi oggi concreti passi diretti a far conoscere la netta condanna democraticamente espressa dalla libera gente piemontese per i processi in corso a porte chiuse a Mosca e a Kaluga contro i giovani Anatolij Sharanskij, Aleksander Ginzburg che seguono a quello contro il fisico accademico Yuri Orlov fondatore del gruppo per l'osservanza degli accordi di Helsinki, conclusosi con la durissima condanna di 7 anni di lager a regime duro e a 5 anni di confino, senza avergli consentita alcuna testimonianza e difesa, e la stessa difesa a mezzo di un avvocato di fiducia, e a quelli contro gli ucraini Rudenko, Tichiij, Marinovic, Maturevic. E ciò in quanto la libertà di opinione è un diritto inalienabile in ogni paese civile, e l'impedirla è atto intollerabile di crudele repressione, inaccettabile da una comunità internazionale che si sente colpita e ferita. Si può rinunziare alla conquista dello spazio, non allo spazio vitale della libertà.
Associandomi a quanto il collega Bianchi ha detto, vorrei pregare i Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale a voler assumere quelle posizioni che rispondono oltretutto ad un criterio largamente accettato dai Gruppi socialista e comunista che, valicando le divisioni e le fratture di un tempo, si rendono perfettamente conto che è indispensabile che l'avvenire di questa civiltà sia tale da consentire l'esercizio pieno del diritto dell'uomo.
Restando nel tema delle comunicazioni del Presidente, sono stato estremamente confortato quando ho appreso che il "vecchietto" che è Presidente della nostra Repubblica in questo momento, come uno dei suoi primi atti, ha telegrafato al Presidente Breznev per dire a nome della comunità italiana - e lei, signor Presidente, lo dirà a nome del popolo piemontese - che ove sia ferito il diritto dell'uomo in un determinato Paese, è ferito sempre il diritto dell'uomo ovunque quest'uomo eserciti la sua attività.
Chiedo scusa dell'intervento, che si è collegato a quello del Consigliere Bianchi, ma che è determinato dalla mia interrogazione alla quale verrà praticamente data una risposta anticipata con le prese di posizione di oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Debenedetti.



DEBENEDETTI Mario

Dopo quanto è stato esposto dai Colleghi che mi hanno preceduto c'è poco da aggiungere, tranne che un invito accorato affinché il Consiglio regionale del Piemonte si esprima con una significativa, aperta condanna della conculcazione dei diritti civili e dei diritti umani, che ancor prima che in documenti politici e in impegni di carattere internazionale trovano riscontro in un imperativo di carattere morale.
Il Consiglio regionale deve avvertire questo particolare momento. Sono valori che investono la personalità umana. Noi non possiamo che essere schierati sempre e comunque per la loro difesa. Non è la prima volta che il Consiglio prende posizioni in relazione a situazioni oggettive che vanno ad intaccare questi valori. L'urgenza rappresentata dal collega Oberto merita considerazione e credo che sulla scia dell'esempio dato dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica anche il Consiglio regionale debba muoversi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Il Partito socialista ha inviato un messaggio all'Ambasciatore dell'Unione Sovietica presentando le nostre preoccupazioni e la nostra condanna. Del resto non siamo nuovi a queste manifestazioni in difesa della libertà. Vale la pena ricordare che un anno fa, di questi tempi, con il collega Calsolaro avevo presentato un'interrogazione relativamente alla Biennale di Venezia. Riteniamo opportuno far partire dal nostro consesso un messaggio e se la Presidenza lo ritiene, possiamo farlo anche seduta stante: forse la tempestività è più efficace di qualsiasi altra considerazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La proposta del collega Oberto merita il nostro consenso e anche un ringraziamento. Non mi pare invece di poter sottoscrivere quanto è stato detto, che questo Consiglio si è sempre mosso in questa linea.
Visto che l'amico socialista ha richiamato la Biennale del dissenso colgo l'occasione per sottolineare che il telegramma venne fatto alla Biennale del dissenso di Venezia, ma non mi risulta che ci sia stato da parte delle forze di sinistra della Regione e della Città di Torino un grande apprezzamento per l'iniziativa gemella promossa a Torino dalla Gazzetta del Popolo. In occasione di quella manifestazione ho avvertito il disagio di trovarmi in presenza di persone che avevano pagato duramente le loro scelte, e disagio perché tra la nostra e quella società esiste una profonda e radicale differenza di cultura e di impostazione.
Ben venga questa occasione per ribadire la nostra volontà di difendere la libertà sotto ogni clima, ma allora per quel che avviene in Cambogia dovremmo intervenire non solo in difesa della personalità umana, ma anche in difesa del diritto alla vita dei cittadini e delle stirpi.
Raccomando al Presidente del Consiglio di cogliere dagli interventi che mi hanno preceduto e dal mio per ciò che ho ritenuto di sottolineare quanto c'è di comune e di costruttivo anche per evitare che si vengano a costituire qui delle occasioni di dibattito che probabilmente trovano sede più acconcia altrove; gli atteggiamenti della Città di Torino, del suo Sindaco, dei Presidenti della Giunta e del Consiglio regionale, sono di totale disinteresse nei confronti di una iniziativa come quella della Gazzetta del Popolo, argomento per dibattiti che non abbiamo sollevato qui perché riteniamo questa essere una sede destinata ad altre funzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Le posizioni del mio partito sono già state espresse negli organi ufficiali. Le confermo qui in modo molto netto: preoccupazione molto viva per quanto sta succedendo e riprovazione per quei fatti.
Cogliendo la volontà espressa dal Consigliere Bianchi di trovare una posizione del Consiglio regionale che si liberasse sin dall'inizio di qualsiasi elemento di strumentalizzazione, che noi non accetteremmo, siamo disponibili a verificare la possibilità della stesura di un ordine del giorno su questi fatti.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, la Giunta regionale è sempre stata presente, in ogni manifestazione ed in ogni atto di solidarietà verso quei popoli che in ogni parte del mondo lottano per la libertà e per la democrazia.
La Giunta regionale attraverso il suo Presidente ha inaugurato la mostra del dissenso, ha ricevuto delegazioni in rappresentanza di popoli che in ogni parte del mondo lottano per la libertà e la democrazia. Non soltanto, ma il Consiglio Comunale di Torino ha votato un ordine del giorno diretto ad ospitare in Torino la mostra del dissenso.
Ancor oggi la Giunta regionale del Piemonte manifesta il suo intendimento di aderire ad un ordine del giorno immediato per cui si realizzi un'iniziativa diretta alla difesa di quei valori che oggi, nel Tribunale di Mosca, sono in gioco. Ci siamo sempre schierati su questa posizione, ed in alcuni momenti siamo persino stati accusati di aver svolto un'azione che va addirittura al di là di quello che è l'istituto regionale.
Quindi siamo disponibili per la stesura di un ordine del giorno di sincera, convinta, autentica adesione a valori che in nessun momento possono essere conculcati e per la cui affermazione il nostro popolo lott a lungo.



PRESIDENTE

Non vi sono altre richieste di parola.
Possiamo accogliere la proposta avanzata di redigere nella seduta odierna un ordine del giorno che raccolga il consenso di tutto il Consiglio regionale, in modo che sia possibile approvarlo ed inoltrarlo questa sera stessa. Domani sarebbe già tardi rispetto alla possibile utilità di un intervento del genere.


Argomento: Cave e torbiere

Prosecuzione esame progetto di legge n. 217 "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del progetto di legge n. 217 "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere", la cui relazione è già stata svolta.
La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Ho letto ed ascoltato con molto interesse la relazione del collega Debenedetti al disegno di legge sulla ricerca e la coltivazione delle cave e delle torbiere. E' certamente apprezzabile per l'impegno con il quale si affrontano alcuni delicati problemi di politica e di tecnica legislativa.
Mi è poi particolarmente gradito esprimergli il mio apprezzamento per essermi trovato, molti anni fa, nella fortunata circostanza di collaborare alla Rivista di diritto minerario, fondata e diretta dallo scomparso prof.
Alberto Montel della nostra Università, che fu appunto di questa disciplina, per usare una terminologia del tutto conforme al tema, insigne ricercatore e coltivatore e che vedo ripetutamente citato nella relazione del collega Debenedetti.
Ritengo però di non poter condividere completamente l'interpretazione data all'art. 2 della legge mineraria, secondo la quale la definizione del materiale di cava si ricaverebbe "de residuo" dall'indicazione tassativa dei materiali di miniera.
Mi sembra infatti che questa interpretazione dell'art. 2 non sia del tutto corretta giuridicamente, in quanto il terzo comma individua l'appartenenza alla categoria delle cave in alcune specifiche coltivazioni anche se successivamente, alla lettera d), estende la categoria agli altri materiali, industrialmente utilizzabili e non compresi nella categoria di miniera.
La lettera d) del secondo comma dell'art. 62 del D.P.R. 616, inoltre stabilisce che le funzioni amministrative delle Regioni comprendono la dichiarazione di appartenenza alla categoria delle cave della coltivazione di sostanze non contemplate dall'art. 2 della legge mineraria: non è quindi, a mio avviso, neppure esatto quanto affermato nella relazione secondo cui non è consentito al legislatore regionale ampliare la categoria del materiale di cava.
A parte queste piccole note sulle quali il relatore potrebbe anche non trovarsi d'accordo, mi sembra che la relazione, e conseguentemente il testo legislativo proposto, sviluppi una serie di considerazioni e di problemi assai importanti e degni della massima attenzione.
Intanto un primo problema è quello della delega delle funzioni amministrative ai Comuni e ciò tanto per l'autorizzazione alla ricerca quanto per quella relativa alla coltivazione.
Se è vero infatti che sotto il profilo urbanistico il Comune gestisce il proprio territorio e che conseguentemente, come prescrive l'art. 55 della legge regionale sulla tutela e l'uso del suolo, l'esercizio dell'attività estrattiva è sottoposto al regime della concessione di cui alla legge 10, comportando trasformazione urbanistica del territorio comunale, può però apparire dubbio che l'esercizio delle funzioni amministrative nella materia sia delegabile ai Comuni in mancanza del piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiere, le cui indicazioni - come recita l'art. 2 del testo licenziato dalla Commissione dovranno concorrere unitamente alla specifica normativa regionale (cioè quella che esaminiamo oggi) a disciplinare la materia.
Non solo, ma il Piano regionale di sviluppo, nel paragrafo contenente gli interventi per le attività estrattive, afferma la necessità che la Regione disciplini il settore delle cave per inserirlo organicamente nel quadro generale della programmazione e della pianificazione del territorio concetto puntualmente ripreso dall'art. 2 del disegno di legge, osservando ancora che la normativa statale tuttora in vigore ha consentito l'incentivazione non programmata della produzione, che nel suo disordinato sviluppo ha causato tra l'altro problemi di ordine ecologico ed ambientale.
Da queste considerazioni deriva la previsione di un piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave per individuare le aree nelle quali tali attività potranno essere consentite. Del resto la disciplina legislativa mineraria corrisponde alla situazione del 1926 e dei tempi immediatamente successivi nei quali l'utilizzazione dei materiali ricavati dalle cave poteva considerarsi assai poco importante dal punto di vista pubblico in campo socio-economico di quanto non fosse invece il materiale delle miniere, mentre nel dopoguerra la situazione si è nettamente rovesciata per effetto dell'eccezionale espansione industriale e stradale.
Quindi il soddisfacimento delle sempre maggiori richieste ha determinato situazioni, in rapporto allo sviluppo dell'attività estrattiva da cava, di dissesto idrogeologico e di disordine idraulico provocando scompensi al sistema viario e danni rilevanti al patrimonio agricolo forestale e ambientale.
Ora, assai opportunamente, il Piano di sviluppo regionale individua come punto saliente ed innovatore del disegno di legge, oltre che la tutela dell'ambiente e dell'equilibrio geologico statico dei territori interessati, la programmazione e il controllo degli interventi estrattivi anche la delega delle funzioni alle Comunità montane e ai Consorzi di Comuni per il territorio regionale non classificato montano.
Non si tratta, evidentemente, di essere contro i Comuni o di non approvare il più largo decentramento possibile, ma mi sembra che i Comuni ai quali il D.P.R. 616 ha già affidato compiti pesantissimi (quasi in ogni seduta di Consiglio approviamo leggi di scioglimento di enti e di passaggio delle relative funzioni o leggi - come quella sui funghi - che non possono prescindere dalle attribuzioni di certe materie ai Comuni) e si troveranno ulteriormente aggravati da queste funzioni tant'è vero che si è dovuto prevedere, all'ultimo comma dell'art. 6, che per l'istruttoria della domanda di autorizzazione l'Amministrazione comunale possa avvalersi del competente Assessorato regionale. Il che potrebbe finire con il diventare la norma di comportamento delle amministrazioni comunali nel settore e rendere praticamente superflua la delega.
Ma, se così fosse, potrebbe anche andare bene in quanto la Regione, è certamente in grado di dare una valutazione oggettiva più valida sull'opportunità della coltivazione, avendo riguardo, per l'appunto, a quei criteri della tutela dell'ambiente, di uso del suolo, di programmazione e di controllo degli interventi che, per la ridotta o alle volte inesistente struttura organizzativa e tecnica dei Comuni, questi non sono in condizioni di dare.
Ma vi sono altre considerazioni da fare e, per essere più chiaro, far un esempio.
Un paio di anni fa, per interessamento della Pro-Condove, la Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte vincolò come zona di interesse storico ed archeologico una piccola parte del Truc "Le Mura", posto nel territorio di Condove al confine con il Comune di Caprie. La zona fa parte del più vasto complesso delle cosiddette Chiuse d'Italia, dove nel VI secolo d.C. i Longobardi avevano eretto un poderoso sistema difensivo al confine con il regno dei Franchi, avente al fondo valle uno sbarramento di mura alte da 6 a 8 metri e spesse due, e le cui fondamenta sono state portate alla luce in questi ultimi anni. La collina morenica vincolata dalla Soprintendenza ai monumenti e comprendente anche i terreni del Castello del Conte Verde, si chiama "Le Mura" proprio perché su di essa si snodavano le mura longobarde. Il Comune di Condove ha recepito il vincolo della Soprintendenza nel proprio piano regolatore del 1977, definendo la zona di interesse storico e paesaggistico.
Il Comune di Caprie, confinante, avrebbe invece definito nel proprio programma di fabbricazione la zona in questione, confinante con quella vincolata dal Comune di Condove, come area industriale.
Nell'area in oggetto posta nel territorio del Comune di Caprie è in attualità di coltivazione una cava di pietrisco. L'attività estrattiva sarebbe aumentata considerevolmente in questi ultimi tempi e, dopo l'abbattimento dei gradoni esistenti al confine con il Comune di Condove sarebbe già sconfinata nel territorio di questo Comune soggetto al vincolo posto dalla Soprintendenza.
Esiste in proposito una vasta documentazione fotografica sui guasti provocati all'ambiente, al Castello e alle mura dalle deflagrazioni e dalla caduta dei macigni.
Ma il problema non è questo ora (anche se dovrà evidentemente essere esaminato alla luce delle competenze delegate del D.P.R. 616 alle Regioni e dalla legge regionale n. 56): si rileva infatti un diverso comportamento anzi un opposto comportamento - dei due Comuni confinanti sulla stessa area; emerge addirittura dagli atti relativi e dalle trattative in corso un comportamento divenuto incerto e circospetto da parte dello stesso Comune di Condove che pure aveva recepito il vincolo della Soprintendenza. Voglio dire, in sostanza, che esistono delle obiettive difficoltà da parte del singolo Comune, specie se è piccolo, di valutare con un certo rigore l'opportunità dell'autorizzazione, ma soprattutto di resistere alle pressioni dei coltivatori di cave.
Del resto, durante le discussioni in Commissione (della quale non facciamo parte essendo un piccolo Gruppo, composto da me e dal collega Bellomo) è stato fornito un documento della Regione "anonimo", perché non si sa bene da chi provenga, nel quale si indicano le ragioni per le quali è opportuno che la delega non venga affidata ai Comuni. Condivido completamente il contenuto di quel documento e mi sono stupito che nella relazione del collega Debenedetti non siano richiamati i principi e i concetti in esso espressi.
Non credo, infine, che possa essere considerata rilevante, e addirittura decisiva, l'argomentazione secondo cui il più recente progetto di legge quadro preciserebbe che solo i Comuni possono essere delegati; in materia di cave e torbiere i progetti di leggi quadro si sono accumulati in misura tale che bisognerebbe farne un'enciclopedia. Non ha rilevanza nel senso che si tratta di un progetto. Ma esiste un motivo più valido, in quanto si tratta di materia che è attribuita alla competenza delle Regioni dall'art. 117 della Costituzione ed il cui trasferimento e stato completato con il DPR 616 che espressamente concerne tutte le attività attinenti alle cave.
Se lo Stato si riserva la funzione di indirizzo e di coordinamento nelle materie definite dal DPR 616, da esercitarsi nei limiti, nelle forme e con le modalità previste dalla legge 382 (e cioè solo per quanto attiene ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi della programmazione economica nazionale ed agli impegni derivanti dagli accordi internazionali o comunitari), riesce difficile comprendere in forza di quale principio lo Stato possa determinare con una propria legge il destinatario della delega della Regione, ripeto, in una materia in cui gli compete esclusivamente la funzione di indirizzo e di coordinamento per le esigenze indicate dalla legge 382.
Siamo esattamente al parallelo delle Regioni destinatarie di risorse vincolate, di una spesa interamente predeterminata nel suo ammontare, nella sua destinazione, nelle modalità relative, nei soggetti destinatari tanto per quella parte che competerebbe allo Stato, quanto per quella che riguarderebbe i Comuni.
Il collega Debenedetti si diffonde nella sua relazione con penetrante analisi critica e, se mi si consente, con un certo compiacimento di citazioni giurisprudenziali, sui rapporti tra attività estrattiva ed urbanistica. Direi che la questione, così come risulta dalla nota sentenza della Corte Costituzionale del 1972 "Urbanistica uguale edilizia", sia ormai superata e con la legge 10 e con il DPR 616 che all'art. 80 definisce appunto l'urbanistica in chiave di assetto del territorio e di protezione dell'ambiente, di tutela ed uso del suolo.
Che l'esercizio della cava debba essere sottoposto al regime della concessione non mi pare dubbio. L'art. 1 della legge 10 parla chiaramente di ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale. Dall'interpretazione letterale delle norme contenute nella legge risulta evidente che qualunque trasformazione dell'assetto urbanistico, qualunque mutamento delle forme del territorio e degli insediamenti che vi insistono è legittimo solo se abbia formato oggetto della concessione. E ciò tanto se avvenga ad opera di soggetti privati che di soggetti pubblici, in qualunque trasformazione esso consista in costruzioni o addizioni o in opere di ogni genere in aree edificate e non edificate, per qualsiasi opera destinata a servizio pubblico come ad utilità privata, sia essa edilizia urbanistica o infrastrutturale o di pura e semplice trasformazione del territorio, ad eccezione di quelle che attengono alla coltivazione dei terreni agricoli o boschivi.
Mi sembra non contestabile il fatto che la coltivazione di una cava porti l'aumento del traffico, di esigenze di parcheggio, di pesi e carichi urbanistici, di equilibrio urbanistico, anche se non di trasformazione edilizia. Ho un documento di protesta contro il trasporto del materiale cava dei cittadini del Comune di Mongrando Biellese, i quali dicono che il traffico degli automezzi pesanti da e per le cave di estrazione è motivo di angoscia per quanti ne debbono subire inermi la violenza. Concludono dicendo: "Sono ormai anni che sopportiamo violenze di ogni genere, non amiamo le manifestazioni folcloristiche, quali i cortei con cartelli mobili e masserizie, e riteniamo che i nostri cittadini debbano essere tutelati doverosamente da parte delle autorità costituite per renderci giustizia" (provideant consules, però non si sa bene chi siano questi consules).
Dico questo non per porre surretiziamente il problema che riguarda il Comune di Mongrando Biellese, ma per dire che da queste considerazioni risulta evidente che l'autorizzazione all'estrazione del materiale di cava implica la concessione del Comune, attiene cioè alla normativa urbanistica.
A questo proposito non è inutile ricordare i contrasti che origin nella Regione Liguria la questione dell'obbligo della licenza edilizia per le serre e che fu risolto legislativamente nella legge regionale con una norma secondo cui "lo strumento urbanistico può eventualmente consentire la costruzione di serre anche in zone a diversa destinazione d'uso purché tale previsione sia con questa compatibile e non comprometta l'attuazione del piano regolatore o del programma di fabbricazione".
Lo stesso problema è sorto per le cave anche se per esse, cioè, si era posto il dubbio se fosse necessaria la licenza edilizia.
Ad esso la giurisprudenza aveva risposto con pronunce contrastanti avendola negata il TAR della Toscana, come viene detto nella relazione, ma avendola affermata il TAR dell'Emilia Romagna ponendo in luce la duplice funzione della licenza, quale strumento della rispondenza dell'uso del terreno alle prescrizioni del piano urbanistico e come strumento di attuazione del piano.
Si può pertanto ritenere che, con i mutamenti che la legge sull'edificabilità ha portato al problema del regime delle cave nel quadro della regolamentazione urbanistica, l'apertura di cave formi oggetto di concessione di trasformazione a norma dell'art. 1 della legge 10 e che come tale debba essere assoggettata al pagamento del contributo di cui all'art.
10, primo comma della stessa legge.
E' appena il caso di ricordare che l'apertura di cave è subordinata alla concessione di trasformazione del territorio per interessi diversi da quelli per i quali è previsto il regime di autorizzazione dell'attività estrattiva.
La relazione al disegno di legge presentato dalla Giunta ed il relativo testo legislativo conteneva l'attribuzione di compiti assai importanti alla Commissione tecnico-consultiva in ordine all'istruttoria della domanda.
"L'istruttoria della domanda - si recitava - è incentrata eminentemente sul parere della Commissione la cui composizione garantisce la più completa valutazione di ogni singola coltivazione mineraria in tutte le sue implicazioni".
Essendo sparita nel testo licenziato dalla IV Commissione la previsione del parere obbligatorio, sia pure non vincolante , della Commissione tecnico-consultiva definita, nella relazione della Giunta, filtro tra la domanda e la decisione dell'organo competente, volto ad assicurare nell'ambito regionale un'uniformità di valutazione a riguardo dello sfruttamento delle risorse minerarie, e ridotta a svolgere una mera attività "in appoggio esclusivamente ai provvedimenti di competenza della Giunta regionale" e cioè alla sola decisione sui ricorsi di cui all'art.
10, mi chiedo se una Commissione siffatta, composta di ben 17 persone, sia ancora utile e comporti realmente, come si dice nella relazione Debenedetti, "lo snellimento della procedura", quando - considerando che la Commissione in oggetto è stata spogliata dei suoi compiti più pregnanti sarebbe forse meglio che l'istruttoria sia più agevolmente condotta dall'Assessorato competente, sentite le parti interessate in contraddittorio tra di loro e con l'assistenza dei relativi esperti.
Questa legge mi sembra molto importante. In un articolo pubblicato un anno fa su "Notizie" (tra l'altro faccio i complimenti a chi l'ha scritto perché era molto ben fatto) si mettevano in evidenza alcuni dati relativi al numero delle cave, alla produzione, alla forza di lavoro impiegato e si valutavano gli effetti positivi dell'attività estrattiva sulla nostra economia. Tutte queste considerazioni ci trovano perfettamente consenzienti anche se ad essi può far velo, in alcuni casi, l'aspetto desolato che assume il paesaggio oggetto della coltivazione. A nostro avviso occorre procedere con attenzione e con riguardo e in questo senso mi sembra che il piano regionale del settore possa dare utili indicazioni e suggerire idonee soluzioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Colombino. Ne ha facoltà.



COLOMBINO Michele

Ogni osservazione sulla normativa della Regione Piemonte in materia di cave e torbiere non può prescindere dalla considerazione che tale normativa presuppone l'esistenza della legge quadro statale.
Sulle vicende della legge quadro, che a tutt'oggi non è stata emanata dagli organi centrali competenti, è inutile soffermarsi in questa sede.
Basterà accennare che dopo numerosi disegni di legge non approvati o per la caduta della legislatura o per altre cause di ordine tecnico, un ultimo disegno è stato di recente proposto dai Ministri dell'industria, di grazia e giustizia, della difesa e dei beni culturali e ambientali.
I progetti di legge sull'argomento, all'ordine del giorno della Commissione industria del Senato, non presentano fra di loro divergenze sostanziali salvo quella della scelta fra il regime dell'autorizzazione e il regime della concessione, cui dovrebbe essere subordinata la coltivazione di cave e torbiere, sottintendendosi a quest'ultimo la considerazione dell'appartenenza delle cave e torbiere al patrimonio indisponibile della Regione.
Il regime dell'autorizzazione, previsto nel disegno di legge del Governo, oltre che nella proposta democristiana e nella proposta socialista, è sostenuto dalla considerazione che con esso si persegue, non meno che con la concessione, l'interesse pubblico del rispetto dell'ambiente e dell'inserimento della coltivazione nel più ampio quadro della sistemazione urbanistica del territorio; inoltre esso non comporta alcun onere per l'erario pubblico e non incide sul diritto di proprietà, il quale viene solo limitato.
Al contrario il trasferimento delle cave e delle torbiere al patrimonio regionale porta come conseguenza il problema degli indennizzi ai proprietari. Nei restanti articoli i provvedimenti in discussione ripropongono in gran parte il testo unificato approvato dalla Camera nel luglio '75, che non arrivò alla conclusione a causa dell'anticipata fine della sesta legislatura. Vi sono tuttavia talune difformità tra il testo del governo e quelli di iniziativa parlamentare: il primo esclude in via normale dall'autorizzazione regionale la "ricerca" delle cave e torbiere nel presupposto che trattandosi di beni generalmente in superficie, la "ricerca" sia facile e non richieda opere di trasformazione ambientale: l'autorizzazione è limitata ai soli casi in cui essa comporti opere di modificazione dell'ambiente e dell'assetto territoriale; le proposte parlamentari, invece, impongono l'autorizzazione regionale, in ogni caso: inoltre il testo del Governo non accoglie la tesi, espressa negli altri secondo la quale le Regioni debbono dare l'autorizzazione per la coltivazione delle cave e torbiere solo nelle zone già destinate ad attività estrattive dagli strumenti urbanistici, considerando che non tutti i giacimenti possono essere conosciuti all'atto della formazione dei piani urbanistici.
Su posizioni abbastanza simili invece sono tutte le proposte per quanto attiene al rapporto tra i soggetti proprietari ed i soggetti interessati alle coltivazioni, laddove prevedono che, nel rilascio ad esercitare l'attività estrattiva, siano preferiti i proprietari; che i canoni di affitto siano determinati con legge regionale e che comunque non possano essere inferiori all'equo canone di affitto del fondo rustico interessato alla coltivazione del giacimento; che la decadenza dei diritti da parte dei proprietari comporti il passaggio del giacimento nel patrimonio indisponibile della Regione.
Sono nodi, come si può notare, di non indifferente portata giuridica dai complessi e contrastanti risvolti economico-sociali, che ci danno conto immediatamente di quante e quali difficoltà comporti la regolamentazione attenta e completa della materia e, insieme, dell'assoluta urgenza di una pronuncia definitiva degli organi nazionali competenti, nel cui ambito le Regioni delegate possano muoversi non a tentoni ma con sicurezza.
In effetti da queste prime considerazioni già emerge la rilevanza delle attività da una parte, e dei rischi dall'altra, connessi alla regolamentazione di diritto delle cave e torbiere.
Nei fatti - e senza voler indulgere ad accenti letterari - l'uomo ha trovato fin dai primordi nell'attività di scavo una fonte di ricchezza, di civiltà, di progresso, come testimoniano assieme ai grandi capolavori dell'antichità e a quelli del nostro tempo, lo splendido marmo delle abitazioni più lussuose quanto l'argilla delle case dei poveri.
Ma il progresso, dice un luogo comune, si paga ! Nel nostro paese, per restare ai fatti di casa, milioni e milioni di tonnellate di materiali da cava sono stati estratti dal suolo e milioni di tonnellate se ne continuano ad estrarre senza una politica di difesa dell'ambiente naturale e paesaggistico, senza una politica di difesa del suolo e del sistema idrogeologico, dei beni culturali e forestali.
Contro le deturpazioni che in tutte le Regioni d'Italia l'escavazione ha determinato, la stampa, uomini di cultura, associazioni culturali e naturalistiche (anche in Parlamento con la legge 29 novembre 1971, n. 1097 riferita ai Colli Euganei) sono intervenuti nel tentativo di arginare un fenomeno sempre più drammatico. Studi condotti in questi ultimi anni hanno mostrato che non si può sviluppare una politica di gestione razionale dei beni ambientali senza un'adeguata conoscenza dei fenomeni sociali ed umani che si verificano in un territorio.
Un territorio non è un concetto astratto, ma una realtà geografica ed ecologica costituita da un ambiente naturale nel quale si inseriscono attività umane, dagli insediamenti urbani all'agricoltura, alle industrie che producono merci. Ciascuna attività assorbe risorse dall'ambiente e all'ambiente restituisce, sotto forma di rifiuti residui, i prodotti del suo metabolismo, le scorie della vita, del lavoro, della produzione, dei consumi.
Si afferma che il deterioramento ambientale si verifica quando la sottrazione di risorse ambientali è fatta in modo irrazionale, in zone limitate, senza tener conto degli effetti a breve ed a lungo termine anche a distanza dal posto in cui si verificano le attività umane senza rispetto per le leggi della natura.
Il deterioramento dell'ambiente non è una punizione divina, ma la conseguenza di uso irrazionale delle risorse ambientali, di un'offesa alle leggi naturali determinata sovente dall' egoismo e dalla speculazione privata a danno di beni che sono collettivi e sempre più rari.
E' inaccettabile tuttavia pensare che in nome della difesa della natura e dell'ambiente si possa chiedere di modificare o rallentare il progresso sociale ed il livello occupazionale, così ritardando e precludendo del tutto a molti cittadini - direttamente o indirettamente - il raggiungimento di più dignitose condizioni di vita.
Una ragionevole, seria e coerente politica e disciplina di uso del territorio e dell'ambiente consiste infatti nel conciliare le necessità umane, l'uso sociale del territorio e dei suoi beni collettivi con la difesa della qualità del territorio stesso che ne consenta l'uso sociale adesso ed in futuro.
Per citare solo poche cifre sull'entità del settore, ricordo che esso occupa direttamente circa 40.000 lavoratori, più 20.000 in attività immediatamente connesse (trasporti, ecc.), senza contare gli artigiani del marmo. In Italia vi sono in attività 9.784 cave e torbiere la cui produzione annua assomma a 800 milioni di tonnellate di materiale.
Fra le Regioni a Statuto ordinario il Piemonte si trova al quarto posto nella graduatoria per quanto si riferisce alle cave avendone ben 1003 mentre una sola torbiera risulta attualmente funzionante sul suo territorio.
Ed è in base a questi dati - di per sé assai indicativi e che vedono il nostro Piemonte ai primi posti per quantità e qualità di lavoro nel settore che si evidenzia ancor più l'impellente necessità di regolare da parte delle Regioni la delicata materia, e, a monte, il varo dell'indispensabile legge quadro.
Le conseguenze della mancanza di una legge quadro statale e gli effetti negativi, causa diretta di tale carenza legislativa, per i molteplici interessi coinvolti, impongono l'obbligo di sottolineare l'assoluta urgenza dell'approvazione della legge, sia come già detto per la tutela di tali interessi, sia per la necessità di coordinamento normativo generale in base al quale gli Enti periferici devono legiferare.
Che la mancanza di tale coordinamento abbia dato luogo a numerose anomalie legislative, lo si rileva dal complesso normativo inorganico, con il quale l'attività estrattiva in genere viene regolamentata allo stato attuale nella stessa Regione Piemonte.
I problemi sull'attività estrattiva, emersi con l'entrata in vigore della legge n. 382/77, con la legge 319/76 ed infine quelli inerenti alla legge numero 10/77 sulla tutela del territorio e del suolo, non sono di facile soluzione qualora affrontati singolarmente e senza un idoneo inquadramento normativo.
Tale complessa problematica deve essere, quindi, affrontata dalla legge regionale in materia di cave e torbiere, con riguardo ai molteplici interessi differenziati coinvolti, ispirandosi necessariamente ai principi legislativi indicati nella legge quadro, che devono tener conto delle innovazioni previste nelle già citate leggi.
E' auspicabile, pertanto, un idoneo intervento da parte della Regione Piemonte presso le competenti Autorità centrali, diretto a sollecitare l'approvazione della legge quadro in materia di cave e torbiere.
Ma poiché la situazione normativa della Regione Piemonte sulla materia è tale da richiedere con la massima urgenza l'emanazione di una disciplina organica, questa deve essere emanata pur in mancanza di quel necessario presupposto legislativo che è appunto la legge quadro.
Infatti di fronte a questa situazione numerose Regioni hanno provveduto a legiferare in materia al fine di tutelare il proprio territorio dall'indiscriminata e casuale utilizzazione dei giacimenti di cava e torbiera, spesso in contrasto con altre utilizzazioni del suolo valutate e stabilite nel quadro dei provvedimenti di pianificazione e programmazione socio-economica.
Da questa prima considerazione emerge come caratteristica fondamentale di tale tipo di disciplina sia una generalità di interessi coinvolti ed una molteplicità di aspetti tecnici. E' per questo che l'Ente regionale, deve operare avendo riguardo agli aspetti essenzialmente generali della materia.
Anche la Giunta regionale piemontese ha provveduto ad elaborare un disegno di legge che, faticosamente studiato per mesi dalla IV Commissione viene ora presentato alla discussione del Consiglio.
Questo disegno di legge, per quanto ampiamente modificato in sede di Commissione e indubbiamente reso più coerente e completo con il contributo di tutte le forze politiche, suscita ancora notevoli perplessità ed appare atto a presupporre ulteriori modifiche ed approfondimenti prima di giungere a disciplinare la complessa materia in modo armonico con le esigenze della comunità piemontese e con le linee di politica generale già datesi dalla Regione Piemonte mediante altri provvedimenti legislativi di carattere globale.
a) Coltivazione di cava e pianificazione territoriale. In primo luogo sr osserva che l'attività estrattiva è attività produttiva inscindibilmente connessa alla natura del territorio in quanto l'esistenza e la localizzazione dei giacimenti dipende dalla conformazione e stratificazione del suolo.
Inoltre, essa è attività che modifica ed altera profondamente le caratteristiche originarie del territorio in quanto asporta spesso grandi quantità di materiale senza possibilità di risarcimento degli equilibri naturali preesistenti.
Si può certo dire che fra le attività produttive e quella che più direttamente, irreversibilmente e profondamente incide sulle connotazioni ambientali e sugli equilibri dei luoghi interessati.
Alla luce di queste considerazioni di carattere generale e di quelle che discendono come conseguenze necessarie, e sulle quali non ci si vuole soffermare perché troppo ovvie (quali, ad esempio la necessità di accessi e strade, la formazione di accumuli di detriti, la realizzazione di impianti accessori per la prima lavorazione dei materiali estratti, l'uso di esplosivi e tecniche che coinvolgono con pesanti conseguenze: vibrazioni formazioni di polveri e pulviscoli, rumori, ecc., ampie zone circostanti agli insediamenti di cava), tutti i più recenti studi ed orientamenti portano a sottolineare la necessaria connessione fra le attività produttive considerate e l'ampia problematica concernente l'assetto del territorio.
Numerose Regioni hanno legiferato in materia sempre collegando la verifica dell'ammissibilità dell'attività estrattiva ad un discorso di pianificazione territoriale che tenga nel debito conto tutte le componenti della situazione socio-economica, strutturale ed organizzativa delle località interessate, giungendo quindi ad elaborare le opportune forme di coerenza fra le previsioni degli strumenti urbanistici generali e locali e la possibilità di insediamenti produttivi di coltivazione di cava.
Nel quadro globale sommariamente descritto, invece, la Regione Piemonte propone ora una legge che, riallacciandosi nella sostanza e nei principi alla vecchia impostazione autarchica, tutela e disciplina l'attività produttiva d'estrazione dei materiali di cava in modo settoriale completamente avulso e indipendente dalla considerazione globale dei problemi del territorio.
La Regione Piemonte, con un grosso impegno e con soluzioni pur controverse e che richiedono ancora sensibili modifiche, si è data una precisa ed ampia legislazione di carattere generale, sia in materia di procedure della programmazione socio-economica, sia in materia di tutela ed uso del suolo: con leggi tendenti a disciplinare specifici settori, come quella in esame, rischia ora di permettere che si venga a ricostituire il fenomeno della gestione speciale di certe attività, in modo avulso dalle linee tecniche e politiche di carattere globale che invece guidano e condizionano anche pesantemente interi campi produttivi di ben maggiore portata sociale ed economica, quale ad esempio quello degli insediamenti industriali ed edilizi.
b) Pianificazione del territorio e delega ai Comuni. La proposta di legge della Giunta all'art. 2 parla sì di un generico "piano di sfruttamento dei giacimenti di cava e torbiera" le cui indicazioni dovranno contribuire alla formazione dei piani territoriali, ma non prevede termini di tempo per la presentazione di questo piano e invece, all'articolo successivo, esplicitamente pone la materia al di fuori delle previsioni dei piani urbanistici dei singoli Comuni, attribuendo per delega al Consiglio comunale la grave responsabilità di poter contraddire e derogare, con l'autorizzazione all'apertura di una cava, a quelle indicazioni e previsioni che il Consiglio comunale stesso ha valutato ed approvato nell'adottare il piano urbanistico formato con la più ampia partecipazione della popolazione.
La legge regionale 5.12.1977 n. 56, Tutela ed uso del suolo, ha organicamente disciplinato e normato gli interventi sul territorio, anche alla luce dei principi sanciti dalla legge nazionale n. 10/77, ed ha confermato espressamente, all'art. 55, la competenza del Comune anche in materia di concessione per attività estrattive, "previa verifica di compatibilità con le prescrizioni del piano territoriale".
Appare ovvio che, in attesa della redazione dei piani territoriali - i quali a loro volta dovrebbero essere redatti con il contributo di almeno una prima serie di studi preparatori del già citato "piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiera" - l'autorità comunale delegata a concedere l'autorizzazione regionale deve essere messa in condizione di valutare l'ammissibilità dell'intervento non solo alla luce dei criteri generici formulati dall'art. 8 del disegno di legge e tanto meno ricorrendo all'istruttoria della domanda da parte degli uffici dell'Assessorato regionale, il che significa di fatto svuotare di senso l'istituto della delega.
L'espressione generica con la quale, all'art. 3, si sancisce il principio che le autorizzazioni all'escavazione possono essere concesse in totale deroga alle previsioni d'uso ed organizzazione del territorio che un'intera comunità si è data, appare non sufficientemente meditata n elaborata ed è foriera di situazioni di disordine amministrativo, oltre che di infinite liti e dell' insorgere di un pesante contenzioso.
L'ambiguità di fondo che caratterizza tutto il disegno di legge nasce dalla precisa volontà di gestire la materia in modo avulso dalla connessione con il problema della pianificazione e dalle norme che disciplinano l'assetto del territorio e l'uso del suolo.
Ci troviamo continuamente (vedasi anche la disciplina dei ricorsi delle sanzioni, dei contributi previsti dalla legge 10/77) di fronte ad una mancanza di coerenza e di approfondimento delle implicazioni che nascono dalla doppia autorizzazione sancita da questo disegno di legge: 1) l'autorizzazione regionale all'escavazione, delegata all' autorità comunale 2) la concessione comunale per la realizzazione delle opere di scavo.
La prima viene delegata ai Comuni senza dare concretamente ai Comuni stessi gli strumenti per esercitare la delega, la seconda compete ai Comuni per legge ed è necessariamente legata alla problematica della pianificazione territoriale locale.
Tale ambiguità di fondo emerge anche dalla relazione al disegno di legge ove, in particolare, a proposito del paragrafo IV "rapporto tra attività estrattiva ed urbanistica" si inquadra e discute il problema secondo l'impostazione ormai superata precedente alla legge statale n.
10/77 e alla legge regionale n. 56/77. Tale impostazione mostra ancora una volta la ricerca di ricondurre la disciplina delle cave in un quadro di settore: infatti la giurisprudenza ivi citata è tutta relativa al precedente regime e si arresta al 1975 ignorando di proposito tutto quell'orientamento giurisprudenziale che già sotto l'impero della legge n.
765/67 ricomprendeva nella disciplina urbanistica anche le trasformazioni del suolo conseguenti all'attività estrattiva (vedi per esempio anche la decisione del TAR Piemonte) e ciò non certo per una concezione "panurbanistica" come si evidenzia nella relazione, ma per un evidente e doveroso raccordo con la tutela e disciplina d'uso del suolo che non pu essere trattata se non in prospettiva globale.
Viceversa la relazione permette del tutto il preciso insegnamento giurisprudenziale successivo alla legge n. 10/77.
La stessa dissonanza riappare in tutta chiarezza nella relazione col riferimento alla circolare del Ministero dei lavori pubblici - secondo la quale sono espressamente sottratte alla concessione urbanistica comunale unicamente "le attività di ricerca, di coltivazione e di trasporto mediante condotte degli idrocarburi e di altre risorse energetiche geotermiche" - là dove si afferma che siffatta esclusione potrebbe valere anche per le cave.
Non solo è evidente che tale circolare riguarda chiaramente altra materia e, a contrario, ribadisce proprio che la materia estrattiva rientra nella disciplina dei suoli, ma il parallelo effettuato tra cave e risorse energetiche, oltre ad essere addirittura risibile, rende evidente che si tratta di beni del tutto eterogenei: gli idrocarburi, infatti, sono fonti di energia, il materiale che si estrae da una cava é, per definizione materiale inerte.
Tuttavia, oltre ai suddetti inconvenienti di carattere tecnico operativo, il disegno di legge reca in sé le premesse dell'impossibilità di coordinamento con la legislazione statale e con la stessa legislazione regionale. Avendo già sottolineato la necessità di adeguare il sistema normativo della materia agli indirizzi legislativi generali che saranno contenuti nella legge quadro dello Stato, l'approvazione del disegno di legge nella stesura attuale mostra fin d'ora l'impossibilità di coordinarsi in quel rapporto obbligatorio di funzionalità con la legge dello Stato. E' noto infatti, come l'ultimo disegno di legge presentato in Senato dalla competente Commissione sia ispirato a principi notevolmente differenti e spesso in contrasto con quelli presenti nel progetto in esame. Il punto più qualificante di questa differenza consiste nell' attribuzione dei poteri autorizzatori ai Comuni.
Già si è cercato di indicare, per sommi capi, gli obiettivi motivi tecnici che sconsigliano di conferire una delega così ampia ad Enti locali territoriali limitati; ma anche sotto il profilo giuridico generale, tale attribuzione è in contrasto con lo spirito di tutti i progetti di legge quadro statale fino ad oggi presentati, dove è evidente il principio di tutelare da un lato gli interessi generali dell'ambiente e del territorio dall'altro di assicurare al settore estrattivo una omogeneità di disposizioni, idonee a garantirne l'operatività.
Questi fini sarebbero di difficile se non impossibile realizzazione allorché le leggi regionali di attuazione dovessero di fatto operare una frammentarietà di giudizi e di valutazioni affidando il potere di concedere l'autorizzazione ai Comuni, i quali dovendo assumere provvedimenti che incidono sul territorio regionale in generale, potrebbero farlo in contrasto tra loro con la conseguenza di danneggiare entrambi i settori coinvolti, quello pubblico e quello privato.
Inoltre la previsione allo sfruttamento della cava e torbiera, anche se accettabile sul piano politico-economico, in quanto trova precedenti in altre Regioni, non può non suscitare problemi di legittimità costituzionale mancando al momento attuale una legge quadro statale che la garantisca. In effetti, fino a quando nuovi principi generali non saranno emanati in sede statale, la materia è regolata dalla normativa in vigore, cioè dal R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e dall'art. 826 Cod.Civ., ove non è assolutamente previsto, in linea di principio, l'istituto dell'autorizzazione. Questo potrà - anzi dovrà - essere introdotto a livello regionale soltanto quando sarà stato previsto da una legge statale in vigore. Diversamente ne deriva una situazione di contrasto con la Costituzione, che vedrebbe l'assurdo di principi generali nuovi e divergenti stabiliti con legge regionale, con la conseguente "espropriazione" della potestà di indirizzo legislativo spettante allo Stato e quindi la prevalenza della "effettività" sulla "legalità".
Occorre altresì rilevare che l'istituto dell' autorizzazione non deve essere diretto a punire un settore produttivo che ha un'incidenza non trascurabile nel quadro dell'economia regionale, bensì a realizzare un giusto contemperamento tra le esigenze industriali e la necessita di salvaguardare l'ambiente, il paesaggio, le bellezze naturali e l'equilibrio idrogeologico. Se dal punto di vista generale è questo il rischio maggiore che la delega agli Enti locali comporta, dal punto di vista più particolare della disciplina regionale del settore, il disegno di legge in esame appare in contrasto con l'orientamento giuridico assunto dalle altre Regioni che hanno già legiferato in materia e che, pertanto, sono già in possesso di un valido metro di valutazione. Di particolare interesse è il caso della Regione Emilia Romagna, la quale è stata una delle prime a munirsi di una legge per la coltivazione di cave e torbiere (legge regionale 26 gennaio 1976, n. 8), ove a somiglianza del disegno di legge del Piemonte,veniva conferita un'ampia competenza ai Comuni, con conseguente carico di obblighi, quali l'approntamento dei piani di coltivazione territoriali.
A distanza di due anni e mezzo, la situazione del settore cave e torbiere nella Regione Emilia-Romagna era di tale gravità da costringere il Consiglio regionale a riesaminare tutta la normativa e ad emanare nuove norme in materia di cave e torbiere (legge regionale 2 maggio 1978, n. 13) che, di fatto, hanno ribaltato per intero i principi previsti nella vecchia legge n. 8/1976, operando proprio quel passaggio di delega ad Enti territoriali più vasti (i Comprensori regionali) in considerazione di quelle esigenze già accennate precedentemente. Basterà ricordare che in effetti in questa Regione si era verificata una situazione operativa tale per cui la disciplina del settore estrattivo, non solo di fatto non era neppure iniziata, ma l'unico risultato raggiunto era stato quello di ridurre la produzione industriale dei materiali destinati all'edilizia in difficoltà tali da causare gravi forme di protesta da parte di rappresentanti di categorie degli operatori e delle maestranze dei settori interessati alla produzione.
Su queste pressioni, ma certo non solo su queste, la Regione Emilia Romagna ha adottato nuovi provvedimenti che senz'altro assicurano una maggiore attività del settore e soprattutto garantiscono la tutela degli interessi generali con mezzi più idonei e quindi con risultati più positivi.
Poiché sono questi i fini che deve perseguire la normativa del settore è auspicabile che le esperienze altrui, quando utili, siano tenute in considerazione e utilizzate per evitare errori già commessi.
Ed ancora gli adempimenti per una corretta gestione della materia da parte dei Comuni, non sono esclusivamente di ordine territoriale, quindi tecnici; essi sono anche di natura amministrativa, specie per i Comuni minori i quali, già oberati da una serie di deleghe, con l'entrata in vigore della legge n. 382/77, vedrebbero i loro oneri aumentare ulteriormente con le conseguenti implicazioni di carattere funzionale.
Di conseguenza, si ritiene che la competenza in materia di attività estrattiva deve essere affidata ad Enti, che per loro natura siano in grado di individuare in una visione di assieme tali aspetti generali. Non sembrano i Comuni Enti idonei alla gestione della delicata materia e ci per una serie di motivi. Infatti, quella visione di assieme che deve caratterizzare e guidare l'applicazione della normativa, non può essere in possesso dei Comuni, Enti territorialmente limitati e perci impossibilitati a conoscere tecnicamente le caratteristiche generali della materia estrattiva, con implicane territorialmente vaste e differenziate.
Proposte di modifica: 1) Una prima modifica al disegno di legge proposto dovrebbe riguardare i tempi in cui la Giunta si impegna a presentare il "piano di sfruttamento dei giacimenti", eventualmente facendolo procedere per lotti con studi specifici relativi alle aree ed ai Comprensori in cui è già più significativa la presenza di attività estrattive.
Tali studi potrebbero costituire, in via transitoria, un primo contributo per la redazione dei piani territoriali e per la verifica di competenza dei Comuni sull'ammissibilità dell'attività estrattiva.
2) Una seconda modifica riguarda il supporto tecnico ed economico da fornire alle Amministrazioni comunali per l'esame delle richieste.
La redazione dei piani regolatori in base all'art. 14 della legge regionale 56/77 richiede fra gli allegati tecnici (punto 2) "indagini e rappresentazioni cartografiche riguardanti le caratteristiche geomorfologiche ed idrologiche del territorio; l'uso del suolo in atto a fini agricoli forestali e estrattivi, ecc. .." ed una "relazione geologico tecnica relativa alle aree interessate da nuovi insediamenti o ad opere pubbliche di particolare importanza".
Perché non integrare tali indagini, già previste da legge regionale con gli studi necessari ad una evidenziazione dei possibili giacimenti esistenti, fornendo allo scopo adeguati contributi regionali ? Si otterrebbe di approfondire il lavoro di indagine cui ogni Comune è tenuto per la redazione del P.R.G. e di recepire utili dati anche per la pianificazione di livello regionale.
In tale modo, inoltre, la delega data ai Comuni diventerebbe costruttivo stimolo alla cognizione di aspetti della problematica del territorio fino ad oggi troppo ignorati e porterebbe ad una diffusa sensibilizzazione nei confronti di una corretta gestione dell'uso del suolo.
La Commissione tecnico-consultiva prevista dall'art. 7, integrata per da numerosi tecnici qualificati nella materia, acquisterebbe, in questo quadro, una reale funzione consultiva di guida ed indirizzo (oltre che poi di verifica) degli studi condotti dai Comuni o in sede di Comprensorio e non rimarrebbe, come sostanzialmente proposto nel disegno di legge, solo la sede consultiva per la Giunta nei pochi casi di concessione e nell'esame dei ricorsi.
A proposito di tale ultimo organismo non si può peraltro fare a meno di rilevare come la Commissione tecnico-consultiva verrà comunque inevitabilmente ad accentuare per la sua settorialità i contrasti interpretativi e di valutazione delle norme urbanistiche e degli interventi sul territorio, mentre sarebbe opportuno disporre di un momento unificante al quale venissero riportate, con le opportune misure funzionali, tutte le questioni e gli atti attraverso i quali si realizza la politica del territorio e del suo assetto.
Ferma restando la presenza di tale organismo, è però senz'altro auspicabile la presenza, in seno alla Commissione, del Presidente, o di un suo delegato della o delle Comunità montane interessate.
I rappresentanti degli imprenditori dovranno essere necessariamente uno per ogni settore merceologico, cioè: 1 per cave sabbie e ghiaie 1 per cave di argilla 1 per cave di marmo 1 per cave di marmo da cemento.
All'art. 6, fra i documenti da allegare alla domanda di autorizzazione non è richiesto neppure uno stralcio del piano regolatore o dello strumento urbanistico vigente sul territorio comunale: l'omissione di un documento tanto importante per la valutazione dell'opportunità dell'apertura di cava (sia essa di competenza della Regione o delegata al Comune) conferma la precisa volontà di gestire la materia in modo settoriale, indipendente dalla forma di pianificazione e di programmazione d' uso del territorio che per legge i Comuni sono tenuti a darsi e non appare accettabile.
Se, come recita l'art. 3 già citato, si vuole veramente che l'intera materia sia gestita anche in contrasto con le previsioni di destinazione ed uso del suolo sancite dai piani urbanistici, ciò non toglie che i provvedimenti comunali debbano configurarsi come vere e proprie "deroghe" e debbano quindi essere approfonditamente motivati e impostati secondo una procedura amministrativamente corretta di cui non si trova traccia nel disegno di legge proposto.
In merito all'art. 8 in primo luogo marginalmente si nota che vengono dettati alcuni criteri di cui deve tener conto l'Amministrazione comunale e non si precisa se degli stessi criteri, o di quali altri, deve tener conto la Giunta regionale nei casi in cui l'autorizzazione sia di competenza regionale.
Ma, soprattutto, ci si chiede come e dove un Comune può, in mancanza di strumenti, studi e documenti adeguati, reperire gli elementi di giudizio per valutare: 1) la rilevanza del materiale da estrarre per l'economia regionale 2) la tutela della salubrità della zona dell' ambiente e del paesaggio 3) le condizioni idrogeologiche, con particolare riferimento alla stabilità, delle aree interessate 4) i preminenti interessi generali.
Senza avere la possibilità concreta di fare riferimento a strumenti di programmazione socio-economica di livello regionale nel settore, né a studi specifici di carattere idrogeologico sulla natura e stabilità dei suoli, n a ipotesi di pianificazione di interesse generale, come può un Comune magari piccolo e non attrezzato, vagliare con la dovuta serietà una richiesta di autorizzazione certo avanzata dal coltivatore nella forma più favorevole, positiva e tranquillizzante ? La legge presentata risponde che il Comune può ricorrere agli uffici regionali per l'istruttoria della pratica, ma che delega è allora quella data dalla Regione? Al Comune resta solo la responsabilità di decidere se condividere o meno il parere di merito che emergerà dall'istruttoria regionale sapendo già che, in caso negativo, gli eventuali ricorsi saranno probabilmente accolti dalla Regione.
Ben altro significato avrebbe, sia sul piano politico, sia sul piano della promozione degli Enti locali, dare ai Comuni o meglio ai livelli associativi ed istituzionali in cui i Comuni trovino voce adeguata e sintesi opportuna, insieme alla delega, i mezzi e gli strumenti per esercitare appieno le funzioni delegate.
Appare ancora indispensabile, in un clima democratico e non più autarchico, disporre che l'esistenza della domanda di autorizzazione sia resa nota ai proprietari dei terreni interessati dall'Ente che riceve la domanda stessa (e ciò non solo con la pubblicazione dell'autorizzazione definitiva della durata di soli 15 giorni all'albo pretorio raramente consultato dai cittadini), giacché non sono rari i casi in cui un proprietario si è trovato il terreno incluso in una cava senza neppure saperlo.
Art. 17. Regime transitorio per le coltivazioni in corso.
Il termine di un anno per presentare la domanda di rilascio dell'autorizzazione appare decisamente eccessivo, trattandosi di attività in corso e quindi documentabile in base ad elementi già noti.
Altre leggi regionali parlano di 4 o 6 mesi.
Il termine di un anno entro il quale l'Amministrazione comunale deve pronunciarsi sarebbe congruo ed avrebbe senso se nel contempo il Comune fosse impegnato a dotarsi di indagini, studi e strumenti di riferimento per l'esame delle domande; così com'é invece disposto nella legge, il termine vale solo a rendere possibile la veloce continuazione delle attività estrattive improprie o condotte in modo discutibile.
Appare poi inattuabile, in concreto, la previsione relativa ai "provvedimenti anche in ordine al recupero ambientale per la zona interessata dalla coltivazione a partire dall'entrata in vigore della presente legge".
I Comuni sono forse impegnati a documentare la situazione di tutte le cave al momento dell'entrata in vigore della legge, per poter poi verificare quanto è stato cavato allo scadere dell'anno previsto per la presentazione della domanda e pretendere, non si sa come, la rimessa in pristino delle località interessate ? L'ultimo comma dell'articolo ripropone il problema dell'incongruenza con le previsioni degli strumenti urbanistici già sottolineata prima.
Art. 19. Estinzione dell'autorizzazione e revoca.
Essendo stata delegata ai Comuni la facoltà di autorizzazione, deve essere prevista anche la facoltà di revoca dell'autorizzazione stessa da parte dei Comuni per motivi di pubblico o generale interesse.
In numerosi articoli della legge, ancora, viene fatto riferimento alle norme del già citato Regio Decreto del 1927 "intendendosi sostituita agli organi dello Stato l'Amministrazione comunale che è all'uopo delegata".
Ci troviamo qui di fronte ad un fenomeno già troppo diffuso nella legislazione italiana, cioè quello del "rimando" ad altra norma legislativa col quale, invece di fornire al cittadino ed all'Ente pubblico un elemento di chiarezza, si determinano infinite difficoltà di interpretazione e complesse conseguenze che sfociano spesso in liti e situazioni di contenzioso interminabili.
A maggior ragione, poi, è da evitare il rimando ad altra norma in questo caso specifico ove si constata che ai Comuni portatori della delega viene, con una semplice e generica frase, attribuita anche la responsabilità di interpretare e reinventare procedure vecchie di 50 anni sostituendosi ad organi amministrativi dello Stato quali l'ing. Capo del distretto minerario, il Ministro dell'economia nazionale, il Consiglio superiore delle miniere, ecc.
Gravissimo poi appare il rimando alla normativa statale a proposito dell'art. 32 del Regio Decreto n. 1443, là dove, senza espressamente valutare e approfondire la gravità dell'argomento, si accetta il principio che per installare opere ed attrezzature integrative dell'attività estrattiva, si ammette la dichiarazione di pubblica utilità, l'occupazione di urgenza e l'esproprio di terreni anche esterni al perimetro della concessione di cava.
Appare qui indispensabile riflettere molto seriamente al significato che si vuole attribuire al concetto di "pubblica utilità" giacché ci si trova dinnanzi ad una procedura di esproprio intrapresa dall'Ente pubblico per permettere che un privato coltivatore di cava installi, al di fuori del perimetro dell'autorizzazione o concessione, come recita l'art. 32 citato "le opere necessarie per il deposito, il trasporto e l'elaborazione dei materiali, per la produzione e trasmissione dell'energia, ed in genere per la coltivazione del giacimento e per la sicurezza della cava". Quando poi si riflette che, nel quadro proposto dal disegno di legge e specificatamente con l'art. 16, interventi di questa portata vengono delegati ai Comuni i quali avevano autorizzato la cava anche in deroga alle previsioni dei piani urbanistici, si constata che si può venire a determinare una indiscriminata espansione a macchia d'olio degli impianti connessi con l'attività estrattiva in modo non solo del tutto avulso da qualunque strumento di pianificazione, ma anche estraneo alla possibilità di controllo della Regione.
Si attribuisce cioè ai singoli Comuni la gravissima responsabilità di deliberare in questa delicata materia che, oltre a ledere il diritto di proprietà dei privati, può anche danneggiare e pregiudicare attività economiche e produttive degne della massima considerazione e tutela quali ad esempio, l'agricoltura (si pensi alle colture pregiate delle colline dell'Astigiano o delle Langhe).
In conclusione, sembra doveroso sottolineare, tuttavia, che le modifiche apportate all'originale disegno di legge, hanno aumentato le possibilità di corretta gestione della materia; ma è anche vero che così come risulta articolato l'attuale disegno di legge all'esame del Consiglio lascia irrisolti aspetti che finiranno col determinare gravi difficoltà non solo di carattere operativo, ma anche di disciplina sostanziale della materia. Tali difficoltà si rifletteranno inevitabilmente sulla produzione.
Infatti, le aziende estrattive che saranno tenute all'osservanza degli obblighi previsti dal disegno di legge, non potranno non subire un aumento dei costi di produzione, il che produrrà il conseguente aumento dei costi dei materiali destinati all'edilizia con le negative conseguenze facilmente intuibili.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte ci si riserva di presentare alcuni emendamenti ad alcuni articoli della legge proposta al fine di rendere il corpo delle norme più coerente con gli indirizzi politici e tecnici, già datisi dalla Regione, di garantire agli Enti locali il necessario supporto per esercitare correttamente le funzioni delegate di fornire agli operatori del settore ed alla comunità tutta un quadro di chiarezza in cui poter svolgere le proprie attività.
L'occasione suggerisce ancora una volta l' esigenza di una rimeditazione ampia e sollecita della materia e della legislazione regionale che tocca la politica del suolo e delle attività direttamente influenti sull'ambiente e sul territorio, per non disfare con una mano quello che è stato fatto con l'altra e per ricercare meglio la più corretta ed efficiente collaborazione istituzionale di compiti e di funzioni.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossi. Ne ha facoltà.



ROSSI Luciano

Egregi colleghi, la relazione svolta dal collega Debenedetti ha illustrato ampiamente la portata della legge in esame e i suoi molteplici aspetti. Essa è frutto di circa 10 mesi di lavoro e di consultazioni. I documenti allegati alla relazione e gli interventi svolti, sottolineano l'importanza della materia. Vorrei però che ognuno di noi avesse, seppure succintamente, il quadro della situazione del Piemonte.
La materia fa capo a circa 1100 cave, di queste circa 400 svolgono un'attività permanente; gli addetti sono circa 3 mila che fanno parte di piccole imprese o sono artigiani che operano in prima persona. Tuttavia pur essendo un settore di limitate proporzioni rispetto al complesso dell'occupazione industriale del Piemonte, esso gioca un ruolo importante in altri settori, come in quello dei trasporti e dell'edilizia. Inoltre questo settore, pur avendo un limitato numero di addetti, è assai attivo nella bilancia dei pagamenti con l'estero.
La Regione Piemonte opera in ritardo rispetto ad altre Regioni.
Tuttavia questo ritardo e per certi aspetti salutare perché permette di raccogliere altre esperienze. Il disegno di legge, oltre a salvaguardare il territorio e l'ambiente, salvaguarda anche l'attività economica responsabilizzando in via permanente con la delega i Comuni che sono i capofila del discorso inerente al territorio e al contesto socio-economico.
Il nostro Paese da anni promulga leggi settoriali ad ogni livello senza provvedere alla legge organica della riforma delle autonomie locali creando notevoli difficoltà per la mancanza di un quadro di riferimento e lasciando che unilateralmente si continui a dire che i Comuni, privi di mezzi tecnici ed organizzativi, non hanno possibilità di intervento. Non posso approvare un siffatto discorso. In attesa che il Parlamento ponga in discussione la riforma delle autonomie locali, ritengo giusto considerare la realtà del Comune come elemento legato al territorio non soltanto sotto l'aspetto della difesa e della salvaguardia del territorio, ma anche sotto l'aspetto socio-economico. E' chiaro che, nel momento in cui mettiamo in movimento una legge di questo genere, deve esserci una strumentazione ed una organizzazione del lavoro altrimenti corriamo il rischio di fare discorsi molto belli che però a lungo andare potrebbero diventare poesia astratta. Ecco il significato del discorso della delega al Comune.
Inoltre la legge impone al coltivatore obblighi ed impegni qualitativi e quantitativi per evitare i dissesti che sono avvenuti nel passato. Nello stesso tempo però garantisce ai coltivatori il diritto di esercitare la loro attività quando sia lecita e legittima. Gli emendamenti richiederanno un'ulteriore riflessione a questo proposito approfondendo ulteriormente il coordinamento tra le varie discipline giuridiche.
Tutto dovrà essere poi inquadrato in un piano regionale di sfruttamento di cave e torbiere. Gli aspetti essenziali della legge sono visti in questo contesto. Il disegno di legge potrà sempre essere migliorato e l'aula ha questo compito, però bisognerà guardare a queste attività non con un'ottica unilaterale in un senso o nell'altro, ma con un'ottica che permetta di sviluppare il settore economico e difenda il territorio e l'ambiente. In questo senso il mio Gruppo e la Commissione hanno operato e hanno dato un contributo non indifferente.
Il nostro Gruppo è a disposizione per ulteriori riflessioni e approfondimenti per migliorare ulteriormente il disegno di legge che abbiamo in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'argomento all'ordine del giorno ripropone in modo cruciale i rapporti tra aula e Commissioni: si sta facendo un dibattito generale su una legge che probabilmente non sarà né la madre, né la matrigna e neanche la parente lontana della legge che uscirà. Non intendo mettere in discussione il diritto dei Consiglieri di proporre degli emendamenti che sono uno strumento fondamentale dell'opposizione, ma ritengo sia opportuno riflettere sull'opportunità che le Commissioni non si limitino ad un lavoro di istruttoria, ma approfondiscano la materia; poi nel rispetto dell'autorità dell'aula i Gruppi potranno pronunciarsi in linea generale.
Non è un problema di carattere regolamentare che va approfondito per ridare senso al nostro lavoro e alle nostre discussioni.
Dando atto che tra le forze politiche esistono ancora divergenze e che vi è la necessità del ritorno in Commissione, mi si consenta di dire che questo dibattito è avvenuto su quello che non è più attuale. Rispettiamo questo tipo di pronunciamento ma riflettiamo su quanto sta avvenendo.
In primo luogo, si deve dare atto che questo testo di legge, e la maturazione che ne è conseguita, è tra i migliori sul piano nazionale approvati o in fase di formulazione. Alcune riserve vanno fatte al piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiere poiché, in attesa della sua definizione, verrebbero sospese le autorizzazioni determinando una situazione di incertezza normativa, fenomeno già altre volte verificatosi in quest'aula badando più all'aspetto politico del problema e non agli effetti e agli inconvenienti che ne deriverebbero.
L'istituto dell'autorizzazione dovrà essere inteso, disciplinato e gestito non punendo un settore produttivo che ha un'incidenza non secondaria nell'economia generale del Piemonte, ma favorendolo soprattutto per le conseguenze che ha sul piano temporale e sistematico con altre attività.
Mi pare inoltre opportuno ridurre il termine previsto di 180 giorni entro il quale la Giunta regionale deve provvedere in merito alla domanda di autorizzazione, perché questo termine determina dei tempi estremamente lunghi che, dal punto di vista economico e gestionale, non sono facilmente sopportabili.
E' stato introdotto il concetto di modificazione del decreto di autorizzazione dove si dice che possono essere apportate modifiche per motivi di pubblico interesse. A noi sembra che questo tipo di discrezionalità lasciata alla Giunta può seriamente compromettere i piani operativi delle aziende preposte al settore. Ci pare poi dubbia e quindi gravida di problemi dal punto di vista normativo e della gestione delle aziende, la misura con cui si tende a dare una portata retroattiva ad una norma non riconducibile ad alcun principio della legislazione attualmente in vigore, infatti la legge del 1927 attualmente in vigore non conosce il regime dell'autorizzazione, ma soltanto quello della concessione a terzi per inerzia del proprietario, D'altra parte sarebbe estremamente grave scoraggiare nuove iniziative nel settore delle cave soprattutto perch comporterebbe la sclerotizzazione del sistema e un impoverimento sul piano della produttività.
Infine ci sembra estremamente delicata la possibilità di revocare l'autorizzazione qualora sopravvengano motivi di pubblico interesse generale. Questa norma dovrebbe essere valutata con estrema attenzione in Commissione ed eventualmente emendata, considerando le gravi ripercussioni che essa potrà avere nella gestione delle imprese. Mi pare di dover rilevare al riguardo come il parametro offerto dai motivi di interesse pubblico sia troppo lato da giustificare tutto o niente e quindi determinare dei comportamenti non lineari e non armonici da parte dell'Amministrazione regionale con conseguenti difficoltà del settore che si occupa di questo problema.
Fatte queste brevi puntualizzazioni, ripropongo il giudizio complessivamente positivo ed anche elogiativo per avere il merito di arrivare prima di altre Regioni e affido alla Commissione e al dibattito successivo in aula la definitiva dichiarazione sulla legge.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della IV Commissione, Debenedetti.



DEBENEDETTI Mario

Riterrei opportuna una breve sospensione per mettere a punto alcuni emendamenti sui quali mi pare ci sia convergenza di pareri. E' improprio parlare di rinvio in Commissione, perché le questioni emerse possano risolversi in breve tempo.



PRESIDENTE

Chiede la parola l'Assessore Marchesotti. Ne ha facoltà.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore alle cave e torbiere

Ringrazio i Consiglieri che hanno voluto occuparsi con impegno di questa materia. Essa è difficile e complessa. Mi risulterà un poco difficile rispondere ad alcuni Consiglieri che si sono riferiti a documenti vecchi di qualche anno. Accetto l'elogio del Consigliere Marchini facendogli però osservare che molte osservazioni da lui qui ricordate sono già state recepite nel disegno di legge. Così come mi riuscirà difficile rispondere in modo pertinente all'intervento del Consigliere Colombino intervento che mi è parso un poco superficiale malgrado da più di un anno il Consigliere Colombino lavori in Commissione sul disegno di legge in discussione.



COLOMBINO Michele

Ci sono gli emendamenti da discutere.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore alle cave e torbiere

D'accordo. Questa è una materia che, per la sua complessità, può essere affrontata nei modi più disparati, secondo come si vuole impostare. Ritengo doveroso fare una precisazione in tal senso; tuttavia credo che approfondendo le questioni e discutendo gli emendamenti potremo trovare possibilità concrete di convergenza.
L'uomo ha scavato pietra, marmo, argilla, sabbia ed altri materiali necessari per costruire grandi opere, ma come Michelangelo scelse dalle cave di Carrara il suo marmo per scolpire la Pietà, il Verga con "Rosso Mal Pelo" descrive la vita di un giovane nelle cave di tufo e la sua morte, e il Rutella, poeta siciliano di Enna, in una sua poesia intitolata "Civiltà" evidenzia in termini di classe una realtà dei "carusi" siciliani nelle cave e nelle zolfare.
L'Inail (istituto infortuni) di questa attività registra i morti, gli infortuni, lo stato civile, le vedove e gli orfani.
Milioni e milioni di tonnellate di materiali da cava sono stati estratti dal suolo e milioni di tonnellate se ne continuano ad estrarre senza una politica di difesa dell'ambiente naturale e paesaggistico, senza una politica di difesa del suolo e del sistema idrogeologico dei beni culturali e forestali.
Contro le deturpazioni che in tutte le regioni d'Italia la escavazione ha determinato, la stampa, uomini di cultura, associazioni culturali e naturalistiche sono intervenuti nel tentativo di arginare un fenomeno sempre più drammatico. Studi condotti in questi ultimi anni hanno mostrato che non si può sviluppare una politica di gestione razionale dei beni ambientali senza un'adeguata conoscenza dei fenomeni sociali ed umani che si verificano in un territorio.
Un territorio non è un concetto astratto, ma un contesto geografico e naturale nel quale si inseriscono attività umane, dagli insediamenti urbani all'agricoltura, alle industrie che producono merci. Può essere pertanto che in misura maggiore o minore tali attività tendano di per sé a sfruttare e a degradare l'ambiente e il territorio.
Tale deterioramento tuttavia è soprattutto la conseguenza di un uso irrazionale delle risorse ambientali, di una offesa alle leggi naturali determinata dall'egoismo e dalla speculazione privata a danno di beni che sono collettivi e sempre più rari.
E' inaccettabile pensare che in nome della difesa della natura e dell'ambiente si possa chiedere di mortificare o rallentare il progresso sociale o il livello occupazionale, di ritardare il conseguimento di più dignitose condizioni di vita, ma è anche impensabile che il lavoro e più dignitose condizioni di vita possano mantenersi in un ambiente sottoposto a rapine, a sfruttamenti indiscriminati in nome del vantaggio e del profitto di pochi e a spese di beni collettivi come sono appunto quelli ambientali.
Una ragionevole politica e disciplina dell' ambiente e del territorio consiste nel conciliare le necessità umane, l'uso sociale e produttivo del territorio e dei suoi beni collettivi con la difesa della qualità del territorio stesso che consenta l'uso sociale adesso ed in futuro.
In Italia vi sono in attività n. 9.784 cave e 6 torbiere dalle quali si ricavano circa 300 milioni annui di tonnellate di: marmi, alabastro arenarie, brecce e puddinghe, calcare da taglio, gneiss, granito lava porfido, quarzo e quarzite, travertino, tufo calcareo e vulcanico, argille di cemento, argille per laterizi e terre cotte, sabbia e ghiaia, terre coloranti e da modellare per fonderie.
I settori più importanti sono: il settore del marmo con una produzione di 3.308.767 di tonnellate annue; delle argille per laterizi con 28.851.017 tonnellate; di sabbie e ghiaie con 114.806.665 tonnellate; del calcare anche per cemento artificiale con 88.602.802 tonnellate.
Delle 9.784 cave: 1076 sono in Piemonte 1004 sono in Lombardia 1222 sono in Emilia Romagna 1015 sono in Toscana Un totale di 4.317 cave in sole 4 Regioni.
Hanno una legge: l'Umbria, il Veneto, la Lombardia, l'Emilia Romagna.
La legge della Liguria, approvata dal Consiglio regionale, è stata respinta dal Governo. Noi la stiamo elaborando. Sul totale delle cave operanti nazionalmente, in Piemonte ve ne sono appunto 1076 comprese le temporanee così suddivise: Pietre |Argille per ornamentali |laterizi (marmi - graniti|e gneiss) |per cemento artificiale n. |produzione|n. |produzione cave |(t) |cave |(t) 406 |1.424.255 |113 |3.242.680 pari al | |pari 12,8 % | |all'11,23 della | |della produzione| |produzione nazionale | |nazionale Sabbia e ghiaia |Calcare n. |produzione|n. |produzione cave |(t) |cave|(t) 482 |14.826.500|37 |3.990.750 pari al 13| |pari al della | |40,5 produzione| |della nazionale | |produzione nazionale La produzione annua totale è di circa 30,2 milioni di tonnellate, pari a circa il 10 % della produzione totale del paese, con un fatturato di oltre 40 miliardi di lire.
La forza lavoro impegnata direttamente e di circa 2900 unità, mentre quella indotta (trasporti, trasformazione, ecc.) può essere prudenzialmente stimata in oltre 10.000 occupati.
Per quanto riguarda le torbiere, l'unica esistente nel territorio regionale ha cessato la propria attività già da qualche anno.
Alla luce dei dati illustrati occorre vedere il problema delle cave e delle torbiere quale problema di interesse generale e regionale; ci significa rompere vecchie mentalità, finirla con rendite parassitarie e con quelle forme di speculazione che tanto hanno contribuito allo sviluppo irrazionale e distorto della nostra Regione e del nostro Paese accentuando i danni al territorio, lo sfruttamento ed i contrasti sociali, favorendo la rapina delle risorse e gli infortuni sul lavoro, facendo rincarare i costi dei materiali estratti, accrescendo il disagio delle professioni e delle popolazioni che da questa attività traggono vita.
Da quanto si è detto finora occorre trarre una conclusione che non pu non essere quella di inserire cave e torbiere in una visione organica e problematica di una politica di pianificazione territoriale, che tenga conto sia della difesa del suolo, della tutela del paesaggio, delle risorse idrogeologiche e dell'ambiente, sia degli interessi economico-produttivi della Regione e del Paese.
Il disegno di legge in discussione, vuole rispondere a tali esigenze.
Non è quindi una legge di principi, ma un tentativo serio e sofferto tendente a risolvere gli annosi problemi che travagliano i rapporti ira i cittadini, tra le forze politiche, tra le maggioranze e le opposizioni ai vari livelli dello Stato.
I problemi che avevamo e che abbiamo da risolvere sono: usare lo strumento giuridico della concessione; proprietà indisponibile della Regione; se fosse possibile questa soluzione sarebbero risolti tutti i problemi anche se noi sosteniamo la necessità della "concessione" prendiamo atto che il potere di farlo, di deciderlo è del Parlamento, non della Regione, quindi abbiamo proposto l'autorizzazione che, pur regolando i rapporti tra privati, consente al potere pubblico di intervenire con la norma legislativa. Non c'è altra soluzione.
Proviene da questa scelta, obbligata, la tematica della legge in discussione: a) rapporti tra privati proprietari dei giacimenti di cave (cavatori) b) rapporti tra questi e il potere pubblico c) come risolvere la stridente contraddizione tra la legge nazionale che regola l'industria mineraria e la legge urbanistica nazionale e regionale d) come impostare un corretto rapporto tra programmazione regionale piano di settore, potere regionale e comunale e) come fare intervenire i cittadini a difendere il territorio da uno sfruttamento assurdo, difendendo la produzione e l'occupazione f) come regolamentare con la norma legislativa la materia, nel periodo transitorio al piano, senza dare alcun motivo per un aumento dei prezzi dei materiali da cava che inciderebbero sui costi degli alloggi, facendo pagare ai lavoratori il prezzo di errori o, peggio, di speculazioni g) come prepararsi a favorire il piano governativo di sviluppo dell'edilizia.
Per avere piena coscienza delle difficoltà che abbiamo di fronte occorre ricordare che esercitiamo un legittimo potere per la prima volta senza esperienza alcuna, se non quella di un passato ed anche di un presente che vede il potere pubblico senza strumenti di intervento.
Sarebbe interessante vedere a fondo il perché di questa assurda situazione e le responsabilità di chi ha governato il Paese e la Regione nel passato...
L'obiettivo nostro non è quello di ricercare le responsabilità per "fare agitazioni" (potremmo approfondire la ricerca se a qualcuno interessa o ci spingesse a farlo). L'obiettivo nostro è quello di fare una buona legge, aderente alla realtà e quindi gestibile.
Abbiamo sollecitato la collaborazione ed il contributo di tutti, forze sociali interessate, università, associazioni ecologiche e naturalistiche e delle forze sociali. Il disegno di legge in discussione è il risultato dello sviluppo del dibattito, del confronto ed anche dello scontro vivace e qualche volta polemico, ma sempre leale e responsabile, come compete a coloro che vogliono rispondere correttamente alle esigenze della comunità piemontese.
La legge vuole realizzare tale equilibrio con: 1) Soluzioni legislative: a) responsabilizzando con la delega in via permanente i Comuni che sono i capofila di un discorso legato al proprio territorio, ma anche al relativo contesto socio-economico b) imponendo al coltivatore obblighi ed impegni qualitativamente e quantitativamente idonei a cauzionare eventuali dissesti c) garantendo ai coltivatori una certezza del loro diritto di esercitare la propria attività, quando sia lecita e legittima, anche in deroga a possibili disattendimenti dovuti ad eventuale carenza di coordinamento fra diverse discipline giuridiche e dando la possibilità del ricorso amministrativo alla Giunta regionale.
2) Elaborazione di un piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiere. Integrazione e completamento tra norme vincolistiche della legge con le indicazioni di piano previste dall'art. 2.
Si è detto da parte di alcuni Consiglieri intervenuti che la delega pu anche non essere data, però ritengo che, se vogliamo impegnare nella tutela del territorio le Amministrazioni comunali che sono depositarie del potere della concessione urbanistica, dobbiamo dare loro la delega. L'istruttoria potrà essere fatta direttamente dai Comuni oppure dalla Regione: la scelta è aperta.
Riteniamo comunque che la Regione possa essere in grado di farla. Non credo che questa legge sia incostituzionale, perché i decreti del '72, il D.P.R. n. 616 e l'art. 117 della Costituzione hanno trasferito alle Regioni il potere di legiferare nella materia scegliendo l'autorizzazione. Quindi la Regione non fa nulla di incostituzionale.
Sulla base delle scelte fatte dalla Commissione ed al fine di raggiungere gli obiettivi che abbiamo ritenuto di riassumere, la Giunta è disponibile a valutare tutti gli apporti concreti e positivi tendenti a migliorare la legge e la sua gestione operativa.



PRESIDENTE

Mentre i Consiglieri esperti in materia esaminano gli emendamenti relativi alla legge sulle cave e torbiere, propongo di passare all'esame del punto successivo all'ordine del giorno.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Esame progetto di legge n. 273 "Interventi per il controllo e la prevenzione dell'inquinamento atmosferico e acustico"


PRESIDENTE

Il punto quarto all'ordine del giorno reca: Esame progetto di legge n.
273 "Interventi per il controllo e la prevenzione dell'inquinamento atmosferico e acustico".
La parola al relatore, Consigliere Bono.



BONO Sereno, relatore

Il disegno di legge che oggi viene sottoposto all'approvazione del Consiglio regionale segna un momento di avanzamento dell'azione più generale che la Regione sta svolgendo in difesa della salute pubblica affrontando, nel concreto, i problemi gravi e complessi della difesa ambientale e della purezza di alcune sue componenti essenziali quali l'acqua, l'aria ed il suolo.
Nel testo oggi in esame si affrontano, specificamente, le questioni del controllo e della prevenzione dell'inquinamento atmosferico ed acustico temi estremamente delicati, sia per gli effetti negativi che provocano sulla salute della gente, ma anche temi delicati, particolarmente nel nostro Paese dove siamo agli inizi di una legislazione operativa in materia, per la complessità, dal punto di vista tecnico, degli interventi repressivi da produrre e per le loro implicazioni sull'assetto produttivo occupazionale ed economico.
Oggi l'azione preventiva, repressiva e di controllo contro l'inquinamento atmosferico viene svolta dalla pubblica amministrazione in forza della legge 13 luglio 1966, n. 615 e dei relativi regolamenti di esecuzione.
Tale legge prevede, all'art. 4, la costituzione di una Commissione centrale contro l'inquinamento atmosferico che ha il compito di esaminare qualsiasi problema inerente la materia, di esprimere parere su tutte le questioni che siano sottoposte al suo esame da parte di enti pubblici e privati e di promuovere studi e ricerche su problemi attinenti all'inquinamento atmosferico.
A livello regionale è pure costituita un'analoga Commissione: il CRIAP che costituisce appunto, a tale livello, la struttura di riferimento nel campo dell'inquinamento atmosferico e che annovera tra i suoi compiti principali l'indicazione dei limiti di emissione degli inquinamenti prodotti dalle industrie, l'accertamento del contributo all'inquinamento atmosferico dovuto agli stabilimenti industriali e la prescrizione di impianti di depurazione adatti a contenere le emissioni.
L'opera svolta dal CRIAP si è però venuta a trovare di fronte a grosse difficoltà, in quanto il campo di applicazione della legge è limitato dalla divisione del territorio in zone di controllo classificate A o B, divisione effettuata in base alla densità della popolazione, alla presenza di industrie e ad alcune caratteristiche metereologiche sfavorevoli nei confronti dell'inquinamento atmosferico. Tale divisione del territorio attuata con i criteri che sinteticamente abbiamo esposto, porta al controllo di quelle sole zone nei confronti delle quali l'inquinamento atmosferico già costituisce una realtà operante e viene invece completamente disattesa tutta la fase della prevenzione che e lasciata all'iniziativa delle Amministrazioni comunali, che, come è noto, sono largamente carenti di apparecchiature e di personale tecnico-scientifico. A comprova di quanto affermiamo sta il fatto che, ad oltre dieci anni dall'entrata in vigore della legge n. 615, sull'intero territorio regionale piemontese esiste un solo servizio di rilevamento comunale a Torino e che i servizi provinciali, creati presso i Laboratori provinciali di igiene e profilassi non hanno mai potuto dare contributi tangibili in quanto mancanti di personale e di apparecchiature.
In questa situazione il CRIAP si è venuto a trovare, nello svolgimento del proprio lavoro, senza il necessario supporto analitico che gli permettesse di conoscere nel dettaglio la situazione del territorio e gli effetti della propria azione.
Il disegno di legge che stiamo esaminando tende appunto al superamento di questo grave limite prevedendo il potenziamento ed un più efficiente coordinamento dei servizi di rilevamento istituiti ai sensi dell'art. 7, 1 e 2 comma, della legge 13 luglio 1966, n. 615.
Tale potenziamento si attuerà con la realizzazione, programmata da un apposito piano che il Consiglio regionale dovrà approvare, su proposta della Giunta, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge di una rete di stazioni automatiche di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e di stazioni meteorologiche, integrata da strumenti di laboratorio e da mezzi mobili.
Tale rete sarà gestita dai servizi di rilevamento delle Province e dei Comuni, sarà coordinata dagli uffici regionali preposti alla tutela dell'ambiente che si avvarranno della collaborazione del Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione.
Come si dice all'art. 3, ciascuna stazione di rilevamento della rete sarà collegata a centri capomaglia funzionanti presso ciascun servizio di rilevamento e, da questi, agli uffici regionali preposti alla tutela dell'ambiente.
All'art. 5 si prevede che il CRIAP, quando lo ritenga opportuno, potrà prescrivere l'installazione di apparecchi di controllo in continuo delle immissioni provenienti da stabilimenti industriali, da insediamenti pubblici e privati che possono provocare inquinamenti atmosferici e che gli stessi apparecchi di controllo siano compatibili e collegabili alla rete regionale di rilevamento.
Per combattere i danni provocati dall'inquinamento acustico, la legge prevede un'autorizzazione per la Giunta all'acquisto di attrezzature adatte alla rilevazione ed al controllo delle emissioni sonore oltre alla possibilità di stipulare apposite convenzioni con Istituti pubblici di ricerca specializzati nella materia al fine di predisporre gli elementi tecnici di una legislazione regionale per la prevenzione, il controllo e la repressione dell'inquinamento acustico.
Tali iniziative, che non possono evidentemente considerarsi un punto di arrivo nella lotta da condurre contro l'inquinamento acustico costituiscono però una valida ed indispensabile premessa per la programmazione di una più efficace azione nella direzione voluta.
La seconda Commissione ha attentamente esaminato lo spirito e la lettera dell'articolato che viene oggi sottoposto all'approvazione del Consiglio, ha espresso su di esso un voto unanime ed auspica che altrettanto faccia il Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

La problematica dell'inquinamento atmosferico ed acustico, le cause che li originano, la loro forma di propagazione, gli effetti conseguenti sono oggetto di studio costante da parte degli esperti e di sempre maggior interesse nell'opinione pubblica.
Le Regioni vengono chiamate oggi, attraverso il D.P.R. 616, a farsi carico della tutela dall'inquinamento atmosferico, del controllo e la prevenzione dell'inquinamento acustico, operazioni che necessitano per per essere portate avanti con successo, di un'organizzazione diversa, più incisiva ed organica di quella attualmente esistente.
Con questo spirito è stato impostato il disegno di legge 273, da me presentato alla Giunta regionale il 27 dicembre 1977, e che giunge oggi alla fase finale dell'iter di approvazione di competenza regionale. Le consultazioni e le discussioni, in sede di Commissione consiliare, non hanno prodotto modifiche sostanziali alla proposta iniziale a conferma che il disegno di legge approvato dalla Giunta è stato condiviso ed allo stesso è stata riconosciuta la rilevanza che in effetti ha.
La linea portante del disegno di legge è la necessità di costruire un sistema di controllo perfezionato ed organico sul territorio piemontese finalizzato al raggiungimento di livelli di inquinamento progressivamente decrescenti.
Il compito della pubblica amministrazione in questo settore è infatti duplice: la misura dei livelli di inquinamento, i provvedimenti o le prescrizioni che deve adottare per ottenere la loro riduzione.
Difficilmente si riesce però a non mantenere separati i due momenti. La nostra ipotesi di struttura si basa invece sulla certezza che i migliori risultati possano essere ottenuti collegando, fino ad identificarli, i momenti della misura dell'inquinamento con quello dei provvedimenti da adottare per ottenerne la riduzione.
La struttura del controllo deve essere in grado di garantire la misura continua dei livelli di inquinamento nelle zone a maggior industrializzazione, l'intervento pronto e significativo su segnalazione di casi critici, la costituzione di una banca di dati dalla quale sia possibile estrapolare la situazione ambientale esistente sul territorio.
Dall'utilizzo di questi dati deve però essere possibile che a livello locale vengano presi provvedimenti immediati sulle fonti di inquinamento che determinano superamenti di limiti di accettabilità e che a livello regionale vengano predisposti i provvedimenti che, sul tempo, conducano alla riduzione dei livelli di inquinamento.
Questo vuol dire che la struttura del controllo diventerà determinante oltre che per lo svolgimento di lavori degli organismi tecnici del CRIAP anche per tutti quegli uffici che a livello regionale si occupano di programmazione, di assetto del territorio, che potranno verificare l'idoneità degli insediamenti produttivi, programmare la nascita e lo sviluppo di zone industriali tenendo conto anche dei parametri "inquinamento atmosferico ed acustico".
Per questi motivi, si perfezionerà al massimo, con la collaborazione del Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione l'elaborazione e presentazione dei dati raccolti. L'art. 3 del disegno di legge prevede la compilazione da parte degli uffici dell'Assessorato del piano generale per l'istituzione del sistema per il controllo dell'inquinamento atmosferico, piano che sarà poi la traccia portante di ognuno dei progetti attuativi del sistema medesimo.
Il progetto di base prevederà infatti di coprire il territorio regionale con la combinazione di una rete di stazioni di rilevamento fissa integrata con apparecchiature mobili a sorveglianza delle zone non coperte dalla rete.
Il controllo dell'inquinamento di zone urbane o industriali può essere infatti affrontato in diversi modi e precisamente: campionamento e misura con strumenti tradizionali (prelevamento saltuario del campione e successiva analisi in laboratorio). Questo metodo richiede investimenti di tempo e personale non ripagati dal numero e dalla qualità dei risultati ottenuti nella maggior parte dei casi non in tempo utile per un intervento immediato campagne limitate nel tempo con laboratori mobili attrezzati. Questo metodo non consente un controllo prolungato nel tempo delle aree critiche ma è particolarmente adatto per la redazione di un inventario dell'inquinamento e per l'intervento in casi di emergenza installazione di una rete fissa di analizzatori automatici e in continuo, Questo metodo permette, con ridotto impegno di personale, di ottenere informazioni attendibili e continue nell'intera zona sotto controllo, dà però una visione globale del fenomeno senza discriminarne le cause.
Le migliori informazioni sull'inquinamento atmosferico si otterranno dalle combinazioni dei metodi descritti e soprattutto dall'integrazione di una rete fissa con unità mobili, soluzione che permette di tenere sotto controllo in continuo vaste aree geografiche e di intervenire su di esse.
Una rete di rilevamento si può definire come un sistema costituito da stazioni periferiche di misura, distribuite sull'area geografica da controllare e da una centrale operativa capace di raccogliere ed elaborare i dati rilevati per conoscere il comportamento del fenomeno inquinamento nel suo insieme e di prevederne l'evoluzione.
Le stazioni ed il centro funzioneranno in continuo, 24 ore su 24, e forniranno istante per istante un quadro della qualità dell'aria in tutte le zone sottoposte al controllo. Per il dimensionamento della rete si potrebbe pensare, come già realizzato in altri paesi, di coprire tutto il territorio piemontese con una rete progettata a maglie regolari i cui nodi siano i punti dove installare gli strumenti di misura.
Per ottenere un'informazione precisa è indispensabile però che la maglia regolare sia sufficientemente ristretta, moltiplicando così i punti di misura con il conseguente notevole costo di acquisto e di gestione delle rete stessa.
Questo tipo di struttura della rete non viene ritenuto soddisfacente nel caso di controllo su territori non pianeggianti o dove si sia individuata la presenza di addensamenti di zone industriali.
La soluzione che se pur non in modo globale risponde alle necessità piemontesi, è quella di tenere sotto controllo almeno in un primo momento con un sufficiente numero di analizzatori, solo le zone "calde" cioè zone in cui sono prevedibili alti tassi di inquinamento (zone urbane, zone a forte insediamento industriale, ecc.).
Dovranno essere previsti livelli di priorità di attuazione, che comporteranno appunto la stesura dettagliata dei vari oggetti attuativi.
Ognuno dei progetti attuativi sarà quindi finalizzato dapprima alla conoscenza dettagliata della situazione in atto sul territorio e poi attraverso la stesura di piani di intervento, alla riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico.
Gli uffici dell'Assessorato funzioneranno come coordinatori dei vari servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e con gli stessi pianificheranno le campagne da svolgere, affinché ognuno dei dati raccolti abbia l'utilizzo massimo, Tale coordinamento non sarà limitato comunque alla prevenzione e controllo dell'inquinamento atmosferico, ma dovrà integrarsi con le convenzioni già in atto nel campo dell'inquinamento idrico, come prevede l'art. 7 del disegno di legge. In ciò si conferma la volontà dell'Assessorato di intervenire, al fine di favorire la formazione di appositi servizi per la tutela dell'ambiente, presso le Amministrazioni provinciali. Tale coordinamento dovrà costituire anche a livello regionale un momento di interdisciplinarità utile, sia a livello di funzionamento del servizio che a quello della preparazione del personale, migliorando la capacità di essere strumento di programmazione dell'Assessorato e della Regione.
L'inquinamento acustico, oltre ad essere materia recentemente trasferita alle Regioni, è campo totalmente vergine sul quale occorre intervenire ad ogni livello, sia legislativo che tecnico; non esiste infatti in Italia alcuna normativa specifica.
Sarà necessario quindi disporre di apparecchiature e tecnici preparati in materia, così da studiare a fondo i livelli sonori attualmente esistenti sul territorio piemontese. A partire poi da questo studio dovrà essere costruita una legislazione regionale specifica, credibile e praticabile per la prevenzione, il controllo e la repressione dell'inquinamento acustico.
Purtroppo, come riferimento nella fase di elaborazione del presente disegno di legge, ci siamo potuti basare solamente su esperienze, che alla luce dei fatti non si sono dimostrate del tutto positive, fatte da altre Regioni.
Queste le difficoltà obiettive.
Ben coscienti di essere ancora lontani dalla soluzione del problema crediamo di averlo ben impostato e di esserci incamminati organizzativamente in termini corretti.



PRESIDENTE

Terminata la discussione generale, possiamo passare alla votazione degli articoli.
"Articolo 1 - La Regione Piemonte, nell' ambito dei suoi compiti statutari volti alla tutela dell'ambiente e alla pianificazione territoriale, coordina ed indirizza le iniziative per il rilevamento dell'inquinamento atmosferico ed acustico sull'intero territorio regionale anche per predisporre gli strumenti conoscitivi per i provvedimenti di competenza delle Province e dei Comuni" Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
"Articolo 2 - Per il raggiungimento degli scopi indicati nell'articolo precedente, la Regione potenzia il funzionamento dei servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico istituiti ai sensi dell'art. 7, 1 e 2 comma della legge 13 luglio 1966, n. 615, dalle Province e dai Comuni, secondo quanto previsto negli articoli seguenti".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
"Articolo 3 - Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge il Consiglio regionale approva con propria deliberazione, su proposta della Giunta regionale, il piano generale per l'istituzione di una rete di stazioni automatiche di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e di stazioni meteorologiche, integrata da strumenti di laboratorio e da mezzi mobili. I progetti attuativi del piano sono approvati dalla Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare.
La rete è gestita dai servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico di cui all'articolo precedente e coordinata dagli uffici regionali preposti alla tutela dell'ambiente che si avvarranno della collaborazione del Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione, costituito con legge regionale 4 settembre 1975, n. 48 per l'elaborazione e la gestione dei dati.
Ai fini della raccolta, dell'esame, dell'elaborazione e della pubblicazione dei dati, secondo le indicazioni del piano, ciascuna stazione di rilevamento della rete sarà collegata, con opportuni sistemi di trasmissione dei dati numerici, a centri capomaglia funzionanti presso ciascun servizio di rilevamento dell'inquinamento atmosferico e, da questi agli uffici regionali preposti alla tutela dell'ambiente.
I dati raccolti attraverso la rete di rilevamento dell'inquinamento atmosferico sono posti a disposizione del Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico di cui all'art. 5 della legge 13 luglio 1966, n.
615, delle Unità locali dei servizi istituite ai sensi della legge regionale 9 luglio 1976, n. 41, e di ogni altro Ente od ufficio che necessiti di informazioni sullo stato di salubrità dell'aria".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
"Articolo 4 - Per il miglior funzionamento della rete di rilevamento per l'uniformità di misura dei parametri significativi dell'inquinamento nonché per l'ottimizzazione della spesa, la Regione, sentiti i servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico esistenti, acquista: 1) gli automezzi attrezzati a laboratorio mobile in grado di effettuare la misura delle emissioni, delle variazioni meteorologiche e delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera 2 gli strumenti di laboratorio, tenuto conto degli strumenti già esistenti presso ciascun servizio di rilevamento e di quelli assegnati alle Amministrazioni provinciali con la legge regionale 8 novembre 1974, n. 32 e successive integrazioni e modificazioni 3) gli apparecchi di rilevamento necessari per la costituzione della rete di rilevamento dell'inquinamento atmosferico.
La strumentazione necessaria al funzionamento dei servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico viene assegnata agli stessi attraverso la stipulazione di apposite convenzioni che prevederanno gli obblighi reciproci della Regione, delle Province e dei Comuni interessati.
La Regione può inoltre stipulare convenzioni con Istituti pubblici di ricerca specializzati nella materia".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
"Articolo 5 - Il Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico per il Piemonte, quando nello svolgimento dei compiti di cui agli artt. 5 e 10 del D.P.R. 15 aprile 1971, n. 322 ritenga di prescrivere l'installazione di apparecchi di controllo in continuo delle immissioni provenienti da stabilimenti industriali, da insediamenti pubblici e privati che possono con le loro emissioni provocare inquinamenti atmosferici, può prescrivere altresì che gli stessi siano compatibili con la rete regionale di rilevamento e ad essa collegabili".
Si proceda alla votazione .



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
"Articolo 6 - Nelle convenzioni di cui agli articoli precedenti pu essere contemplato l'impegno della Regione a corrispondere alle Province ed ai Comuni interessati contributi annui per la gestione e la manutenzione delle apparecchiature e della rete di rilevamento dell'inquinamento atmosferico, anche con riguardo al pagamento degli stipendi al personale tecnico specializzato che deve essere inserito nei ruoli organici dei servizi di rilevamento dell'inquinamento atmosferico".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 6 è approvato. "Articolo 7 - Le convenzioni previste dalla presente legge possono integrarsi con le convenzioni di cui all'art. 7 della legge regionale 8 novembre 1974, n. 32 e successive modifiche e integrazioni, al fine di favorire, presso le Amministrazioni provinciali la formazione di appositi servizi di protezione dell'acqua e dell'aria".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
"Articolo 8 - Il Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico per il Piemonte, in attuazione dell'articolo 101 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, esamina anche le questioni di competenza regionale inerenti l'inquinamento acustico ed è così integrato nella sua composizione: da un esperto in chimica industriale da un esperto in tossicologia da due esperti in acustica.
I tecnici di cui al comma precedente sono scelti dalla Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, tra gli esperti di Istituti pubblici di ricerca.
Il Comitato, nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica cinque anni.
Ai componenti del Comitato spettano i compensi fissati dalla legge regionale 2 luglio 1976, n. 33".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
"Articolo 9 - Ai fini dello studio dei problemi dell'inquinamento acustico di competenza regionale, in funzione della prevenzione dei relativi effetti, la Giunta regionale è autorizzata all'acquisto di attrezzature per la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore nonché alla stipulazione di apposite convenzioni con Istituti pubblici di ricerca specializzati nella materia, per predisporre gli elementi tecnici di una legislazione regionale per la prevenzione, il controllo e la repressione dell'inquinamento acustico, nonché per l'inserimento, nei regolamenti municipali di igiene, di norme volte allo specifico fine nonché infine per l'organizzazione e lo svolgimento di corsi di formazione per personale tecnico nel campo della misura, della prevenzione, del controllo e della repressione dell'inquinamento ambientale acustico".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri L'art. 9 è approvato.
"Articolo 10 - Per l'attuazione della presente legge è autorizzata la spesa complessiva di 1.800 milioni negli anni dal 1978 al 1980.
Per l'anno 1978 la quota di spesa è determinata in 600 milioni; la determinazione delle quote di spesa destinate a gravare sui successivi esercizi finanziari è rinviata alle leggi di approvazione dei relativi bilanci.
All'onere di 600 milioni per l'anno finanziario 1978 si provvede mediante una riduzione di pari ammontare, in termini di competenza e di cassa del fondo speciale di cui al capitolo n. 12600 dello stato di previsione della spesa per lo stesso anno e mediante l'istituzione, nello stato di previsione medesimo, di apposito capitolo con la denominazione "Spese per il controllo e la prevenzione dell'inquinamento atmosferico ed acustico" e con lo stanziamento di 600 milioni in termini di competenza e di cassa.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 32 hanno risposto SI n. 32 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
Si proceda alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 36 hanno risposto SI n. 36 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Corsi e scuole musicali

Esame deliberazione relativa a: "Riparto fondo di lire 254.507.370 assegnati dal Ministero della sanità, di concerto con il Ministero del tesoro, in applicazione della legge 22.12.1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico-dipendenza)"


PRESIDENTE

Il punto quinto all'ordine del giorno reca: "Esame deliberazione relativa a: 'Riparto fondo di lire 254.507.370 assegnati dal Ministero della sanità, di concerto con il Ministero del tesoro, in applicazione della legge 22.12.1975, n. 685 (Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope - Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico-dipendenza)'".
La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

La IV Commissione ha esaminato ed approvato all'unanimità questo testo deliberativo. Per dovere di completezza, vorrei aggiungere che in sede di Commissione le forze politiche, cogliendo l'occasione della presentazione di questa deliberazione, hanno deciso di chiedere alla Giunta una relazione illustrativa generale sugli adempimenti compiuti e sulla situazione di spesa. Non vedo presente l'Assessore Enrietti, comunque credo si possa procedere all'approvazione della deliberazione con l'impegno che venga data, eventualmente domani stesso, l'informazione richiesta dai Commissari.



PRESIDENTE

Non vi sono richieste di parola, vi dò lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la legge 22/12/1975, n. 685 vista la legge regionale 23/12/1977, n. 62 vista la deliberazione della Giunta regionale 78-13709 del 17/4/1978 sentita la relazione della V Commissione delibera di approvare, secondo gli allegati A) e B) che fanno parte integrante della presente deliberazione, il piano di riparto della somma di L.
254.507.370, ai sensi dell'art. 15 della legge regionale 23/12/1977, n. 62 'Norme urgenti di attuazione della prevenzione e dell'intervento verso le tossico-dipendenze e l'alcoolismo' di autorizzare il Presidente della Giunta regionale a provvedere con proprio decreto all'erogazione delle somme succitate, in conformità alle modalità ed ai criteri indicati nella parte motiva della presente deliberazione, con imputazione delle somme relative al residuo passivo di cui al cap. 4620 del bilancio per l'anno 1977".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Cave e torbiere

Esame progetto di legge n. 217: "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame del progetto di legge n. 217 "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere" .
All'art. 1 è stato presentato un emendamento dal Consigliere Calsolaro sostitutivo dell'intero articolo.
"L'articolo 1 è così sostituito: 'La Regione Piemonte disciplina, nell'ambito del proprio territorio, in attuazione dell'art. 1 del D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 2, dell'art. 62 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, l'attività di ricerca e coltivazione delle cave e torbiere.
Ai sensi del precedente comma sono soggette ad autorizzazione regionale: a) l'attività di ricerca di materiale di cava e di torba da parte di chi non sia proprietario o titolare del diritto di escavazione sui terreni interessati dalle lavorazioni b) l'attività di coltivazione delle cave e delle torbiere effettuate dal proprietario, dall' enfiteuta, dall'usufruttuario, o dai loro aventi causa.
Non è soggetta ad autorizzazione l'estrazione dal proprio fondo di materiale da utilizzarsi esclusivamente per la propria casa di abitazione o per opere agricole che insistano su propri fondi, fermi restando gli obblighi derivanti dalle norme di polizia mineraria'".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Vorrei fare una dichiarazione di tipo procedurale, che desidero venga messa a verbale. Esprimo stupore per l'atteggiamento dei Gruppi consiliari che contrariamente alla decisione di rinviare la legge in Commissione questa mattina hanno discusso gli emendamenti nella saletta, sono arrivati all'accordo e riportano la legge in aula.
Questo non è un giusto procedere del potere legislativo, perché un Gruppo politico deve sapere se si discutono gli emendamenti o si rimanda la legge in Commissione. Questo fatto sta ad indicare una volta di più come in queste situazioni si vada avanti con parecchia confusione. Ovviamente il mio Gruppo non si pronuncerà sugli emendamenti perché non li conosce.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Debenedetti.



DEBENEDETTI Mario

Non c'è stato l'impegno formale di ritornare in Commissione e questa mattina abbiamo soltanto coordinato gli emendamenti presentati dai Consiglieri, anche perché alcuni sono interdipendenti.



PRESIDENTE

All'apertura della discussione di oggi l'impegno era di svolgere la discussione generale; ciò e stato fatto. A quel punto vi era una serie di emendamenti formali presentati dalla Giunta, una serie di emendamenti sostanziali presentati dalla D.C. e una serie di emendamenti sostanziali presentati dal Capogruppo del P.S.I. Sotto la Presidenza del Presidente della Commissione si è tenuta una riunione per il coordinamento di tutti gli emendamenti, e questo è corretto; non c'è stato il rinvio in Commissione di tutti gli emendamenti che avrebbe portato alla non votazione della legge, ma questa è una decisione politica sulla quale si può essere d'accordo o meno.
Chiede la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Vorrei precisare che la Commissione si è regolarmente convocata stamattina ed ha lavorato sino alle ore 15 e che il breve incontro di poc'anzi non ha portato ad alcuna modifica degli emendamenti; è stata un'occasione di raffronto per conoscere il comportamento che ogni parte intendeva tenere in ultima istanza.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Devo delle scuse al Consiglio, ma devono essere fatte delle scuse anche a me perché l'impegno era che la Commissione avrebbe ripreso in esame il complesso degli emendamenti. Quello in atto è un metodo scorretto perché i Gruppi di volta in volta si trovano di fronte a situazioni diverse. Quando vengono presentati numerosi emendamenti tanto da giustificare una riflessione, la legge dovrebbe ritornare in Commissione, altrimenti, per avere capacità contrattuale e dialettica nella discussione, ci si troverebbe nella necessità di presentare decine di emendamenti anche quando si ritiene di essere sufficientemente rappresentati dagli altri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

In questa vicenda c'è stata un'assenza forzata per altri motivi del Capogruppo della D.C. che da tempo aveva presentato gli emendamenti.
Capisco le ragioni del Consigliere Marchini, però sottolineo l'importanza di votare questa legge.



PRESIDENTE

Accolgo le raccomandazioni del Consigliere Marchini che paiono corrette proceduralmente, accolgo altresì le spiegazioni fornite dal Presidente della Commissione, dai Consiglieri Bianchi e Bontempi, i quali hanno fatto presente uno stato di necessità che ha portato ad una conclusione che auspico non debba più riprodursi nel procedimento dell'analisi delle successive leggi.
Per quanto riguarda l'art. 1 pongo in votazione l'emendamento sostitutivo dell'intero articolo presentato dal Consigliere Calsolaro.
L'emendamento sostitutivo è accolto all' unanimità dai 39 Consiglieri presenti.
Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 39 hanno risposto SI n. 39 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
"Articolo 2 - Piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiere. La Regione predispone il piano regionale di sfruttamento dei giacimenti di cave e torbiere, le cui indicazioni e previsioni inserite nei piani territoriali con l'osservanza delle procedure previste dalla legge regionale 19 agosto 1977, n. 43 e dall'art. 4 della legge regionale 5 dicembre 1977 n. 56, concorreranno con la specifica normativa regionale di settore a disciplinare la materia".
Vi è un emendamento aggiuntivo presentato dal Consigliere Bianchi: dopo la dizione "La Regione predispone" aggiungere in inciso tra virgolette il seguente testo: "entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente legge".
La parola all'Assessore Marchesotti.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore alle cave e torbiere

Non è possibile fissare il termine di 18 mesi dall'entrata in vigore della legge perché saremmo inadempienti. L'amministrazione precedente ha nel 1975 sottoscritto una convenzione con l'Istituto di Geologia del Politecnico, la quale in parte scade nel 78-79, in parte nell'80, quindi la Giunta non può accettare questo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

L'emendamento tendeva ad innescare un processo sufficientemente rapido per giungere a regime in questa materia. Le spiegazioni dell'Assessore sono di carattere obiettivo, pertanto lo ritiro.



PRESIDENTE

Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 39 hanno risposto SI n. 39 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Prima di passare alla disamina dell'art. 3 chiede la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Ho atteso che si avviasse il processo di approvazione della legge per non ingenerare dubbi, incertezze o rischi di ulteriori perdite di tempo.
Poiché gli emendamenti richiedono un'illustrazione adeguata, chiedo se non valga la pena di riprendere la discussione domani mattina.



PRESIDENTE

Mi rimetto alla decisione dell'assemblea con la raccomandazione che rinviando i lavori nella giornata di domani, si possano esaurire tutti i punti iscritti all'ordine del giorno garantendo nel quadro generale gli impegni assunti nella conferenza dei Capigruppo.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Su richiesta del collega Calsolaro si era deciso di dedicare la giornata di domani alla discussione delle leggi relative all'istituzione dei parchi.
Potremmo rinviare a domani mattina la conclusione della legge sulla ricerca e coltivazione delle cave e torbiere dedicandole un'ora e iniziare la discussione sui parchi fino ad esaurimento.



PRESIDENTE

D'accordo. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,45)



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