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Dettaglio seduta n.205 del 29/06/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PAGANELLI ETTORE


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La seduta è aperta.
I processi verbali delle sedute del 15, 22 e 23 giugno '78 sono stati consegnati ai Consiglieri e, se non vi sono osservazioni, li considero approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Sono in congedo i Consiglieri Besate, Bianchi, Enrietti, Ferraris Menozzi, Minucci, Rosei, Sanlorenzo, Vecchione, Viglione, Debenedetti Gastaldi e Simonelli.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: N. 328: "Modifiche alla legge regionale 5/12/1975, n. 60", presentato dai Consiglieri Paganelli, Franzi, Martini, Alberton e Picco in data 22 giugno 1978 N. 329: "Istituzione dell'Istituto per le piante da legno e l'ambiente' della Regione Piemonte" presentato dalla Giunta regionale in data 26 giugno 1978 N. 330: "Concessione di contributi in conto capitale ai Comuni, loro Consorzi e alle Comunità montane per la formazione di strumenti urbanistici e per il funzionamento degli uffici intercomunali di piano", presentato dalla Giunta regionale in data 28 giugno 1978.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale 25/5/1978: "Legge regionale 4/6/1975 n. 47 modifiche - legge regionale 15/11/1976 n. 57 - rettifica art. 4, primo comma" alla legge regionale 25/5/1978: "Istituzione del Museo regionale di scienze naturali" alla legge regionale 25/5/1978: "Disciplina e organizzazione degli interventi in dipendenza di calamità naturali" alla legge regionale 8/6/1978: "Integrazione art. 1 legge regionale 5 giugno 1978 n. 30".
Le comunicazioni del Presidente sono così concluse.


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Esame progetti di legge numeri 17-41-105-198-224-251 relativi a norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Punto terzo all'ordine del giorno : "Esame progetti di legge nn. 17-41 105-198-224-251 relativi a norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale".
La parola al relatore, Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni, relatore

Questa legge, attesa da tempo, non è certamente perfetta, né ha la pretesa di esserlo, nonostante gli sforzi compiuti per renderla tale, in quanto possibile.
Ha i suoi limiti, come ogni provvedimento legislativo; avrà le sue critiche e, si ritiene, anche qualche consenso, proponendosi di mettere un poco di ordine e di disciplina in settori nei quali confluiscono interessi divergenti, di natura socio-economica, oltre a quelli, più generali, di natura ecologica ed ambientale.
Legge non perfetta, e forse anche, sotto certi aspetti, incompleta, ma suscettibile di perfezionamento in sede di concreta applicazione, innanzi tutto se si riuscirà a suscitare e determinare un comportamento di autodisciplina nei fruitori dei beni che si vogliono tutelare; e poi attraverso alle previste attuazioni di norme regolamentari che meglio possono entrare nel dettaglio, adattandosi ad aspetti particolari; norme che la sensibilità e la specifica diretta conoscenza ambientale degli amministratori locali, Comuni, Comunità montane e Province pu compiutamente stabilire.
Si tratta di una legge in certo senso "programmatica", una sorta di codice di comportamento, contenente principi ispiratori generali, che obbedisce al criterio di un largo decentramento di regolamentazione, e a questo si affida.
E' una legge da lungo attesa, auspicata e sollecitata da larghe fasce componenti la comunità piemontese. Essa colma un vuoto legislativo in una materia che se può apparire, nella complessità dei molti problemi che agitano la vita regionale piemontese, in certa guisa secondaria o marginale, tale in effetto non é, anche per i non indifferenti riflessi sociali che ne derivano.
E' una legge che mira anche, nel più vasto quadro ecologico e della difesa ambientale, alla tutela ed alla difesa di quell'equilibrio biologico che l'uomo, ad ogni livello, dissennatamente continua ad alterare rompendolo, talora senza rendersene nemmeno conto,creando inesorabilmente conseguenze imprevedibili, sempre perniciose, giungendo sino all'eliminazione di specie.
E, in termini più immediati, tende a favorire un equilibrio di natura economica, della difesa di zone agricole, di montagna specialmente, in modo da incidere positivamente sulla difesa del reddito dei coltivatori. Ci tenendo conto correttamente della funzione di servizio sociale cui anche la proprietà privata è tenuta, pur tutelandone l'essenza, attraverso ad un'armonizzazione la più equilibrata possibile (art. 42, secondo comma Costituzione della Repubblica italiana).
E' una legge che giunge all'esame del Consiglio dopo una feconda e vasta consultazione, dialetticamente valida e scientificamente approfondita. I vari, e talora anche contrastanti punti di vista, non sono stati affrontati in termini di sterile polemica, ma in termini di valutazione problematica, con chiara volontà di collaborazione. Ed è per questo che la Commissione intende ringraziare quanti hanno fornito elementi, accolti o no che essi siano, ma ritenuti apporti sempre interessanti, utili e stimolanti,venuti da parte di studiosi, di scienziati, di naturalisti, di associazioni protezionistiche e culturali di politici, di amministratori, di associazioni agricole e di singoli agricoltori.
La consultazione, ed i documenti prodotti ne attestano tutto il valore si è ovviamente svolta sul contenuto dei vari testi legislativi proposti dei quali ora si dirà, anche se poi l'attenzione si è polarizzata su quello indicato con il n. 251, del collega Calsolaro, recante il titolo "Norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale" che per il tempo in cui fu presentato, tiene anche conto delle norme di cui al D.P.R. 616.
E' nata, verrebbe da dire, questa legge, come spuntano i funghi all'improvviso: "Oh guata - dice Leopardi - un fungo, e quivi un altro: oh quanti funghi / usciti son per tutto appea han visto / quella poca di piova".
Ma le spore della legge eran da tempo sul terreno.
Il testo, che viene presentato, rielaborato dalla Commissione II di concerto con la III - approvato all'unanimità, salvo il dissenso dei Commissari Franzi e Bellomo sul solo punto relativo alla richiesta di autorizzazione da parte del Sindaco per la raccolta delle rane per quantità superiore al chilogrammo - è abbastanza composito, raccoglie coordina, dopo averle vagliate, le proposte ed i contenuti che erano stati formulati in ben sei proposte o disegni di legge: il che comprova il vasto interesse dell'argomento.
Si parte infatti dalla proposta di legge n. 17 del 22 ottobre 1975 del Consigliere socialdemocratico Giulio Cardinali, con il titolo "Norme per la disciplina della raccolta dei funghi nella Regione Piemonte"; da quella del 5 dicembre 1975 n. 41 dei Consiglieri democratici cristiani Bertorello Chiabrando, Colombino, Lombardi e Menozzi, con il titolo "Disciplina della raccolta dei funghi"; da quella del 31 maggio 1976 n. 105 presentata significativamente dai Comuni di Cumiana, Cantalupa, Roreto, S. Pietro Val Lemina e Prarostino, con il titolo "Norme per la disciplina della raccolta dei funghi" a quelli di più ampio respiro, presentata dalla Giunta regionale in data 13 aprile 1977, n. 198, con il titolo "Norme per la tutela dell'ambiente naturale"; e ancora dalla proposta dei Consiglieri Bertorello, Chiabrando, Franzi, Lombardi e Menozzi, dell'8 luglio 1977, con il titolo "Interventi per la tutela del patrimonio agricolo e naturale" per giungere alla proposta di legge Calsolaro del 18 ottobre 1977, ed approdare al testo che è ora all'esame del Consiglio.
E per venire specificamente alla nostra Regione, giovi ricordare quanto Giuseppe Prato scrive in "La vita economica in Piemonte a mezzo il secolo XVIII", pubblicato nel 1908, alle pagg. 142-143: "Tra i frutti naturali della terra piemontese non devonsi infine dimenticare i tartufi; questa specialità ricercatissima, da cui derivava ad alcune regioni privilegiate una non spregevole fonte di ricchezza. Il prezioso vegetale, quasi trascurato in addietro (benché già lo segnalasse tra i pregi della regione piemontese il Della Chiesa (relazione pag. 12) aveva verso il principio del secolo cominciato ad attirare in particolare modo l'attenzione e le cure degli agronomi e dei gastronomi. Sotto Vittorio Amedeo II, ma meglio ancora sotto i suoi successori, esso era divenuto oggetto di regolare invio alle Corti estere, che gradivano il dono tanto più in quanto tutte le ricerche fatte, anche con cani e uomini venuti dal Piemonte, nei loro paesi "non erano mai riusciti a scoprirne di tali che e pel colore e per la squisitezza del profumo e del sapore, non fossero di gran lunga inferiori ai nostrani" (dalla prefazione del "Tubera terrae" del Vigo).
E la fama dei tartufi piemontesi doveva essere invero ben grande, se nel 1814 quel buongustaio di Luigi XVIII, restaurato da pochi giorni sul trono avito, faceva richiedere come un favore all'ambasciatore di Sardegna la ripresa delle amichevoli spedizioni di 25 anni prima, saporito ricordo dei suoi anni giovanili. Nelle zone collinose del Piemonte, vestite ancora in buona parte di boschi, il tartufo era assai comune. Ma sul reddito che ne risultasse pei cercatori non abbiamo altre notizie fuori di quelle della provincia di Alba, dove ne troviamo venduti nel 1754 per L. 500 ad Alba 300 a Baldissero, 250 a Castiglion Falletto, 300 a Corneliano, 250 a Priocca, 300 a Sommariva di Perno.. In alcuni paesi (Baldissero) tanto se n'eran diffusi la ricerca ed il commercio, da produrre una sensibile trascuranza nella coltivazione del suolo ed una decadenza dell'agricoltura.
Anche nel Monferrato si raccoglievano molti tartufi: nel solo territorio di Montiglio annualmente per L. 750.
L'ampia relazione alla proposta di legge n. 251, alla quale rimando i colleghi Consiglieri, riassume ed illustra i contenuti delle varie iniziative, dettagliatamente; il che esime dal ripeterlo qui, con altre parole.
Il tema, proposto inizialmente in termini limitati, riferiti alla sola disciplina per la raccolta dei funghi, si è dilatato; e qualcuno ora lamenta che non tocchi anche altri aspetti, in certa misura connessi, come quello della raccolta dei minerali di superficie, che la Commissione ha ritenuto debbano formare oggetto, se mai di una normativa loro propria.
Si è ritenuto, di fronte alla molteplicità significativa delle iniziative legislative, di coordinarle in un testo che valuti e disciplini compiutamente, per quanto possibile, in armonia con altre normative esistenti, la materia che attiene alla tutela dei luoghi di particolare interesse naturalistico, di talune specie della flora spontanea e della fauna inferiore (o minore), alla raccolta dei prodotti del sottobosco tenendo presente, tra l'altro, quanto giustamente è stato scritto nella relazione alla legge per la raccolta dei funghi del Consiglio provinciale di Bolzano: "senza funghi non è possibile la vita delle piante", disponendo e regolando gli opportuni interventi ritenuti atti ad assicurare la difesa e conservazione del complesso dei beni che costituiscono il patrimonio naturale, nel quadro di un inalterabile assetto ambientale.
E come ha senso l'ampliamento della materia ora disciplinata, così si spiega perfettamente che i promotori delle diverse iniziative si siano mossi sulla spinta dell'esigenza più largamente avvertita, quella della raccolta dei funghi, assai importante, anche come fattore economico, in vaste plaghe del Piemonte; e, ad essa connessa, quella dei pregiatissimi tartufi.
Una disordinata, sfrenata, incontrollata raccolta dei funghi e dei tartufi, e di altri prodotti naturali, more, mirtilli, lamponi, ribes fragole, fiori, potrebbe portare, a non lunga scadenza, all'estinzione della specie, al deterioramento e financo alla distruzione del sottobosco il che è ecologicamente inammissibile - altresì, giova ripeterlo ulteriormente aggravando il danno economico già lamentato dagli agricoltori detentori di fondi, spesso danneggiati da invasioni indiscriminate per la raccolta di narcisi, di margherite, di ciclamini, di gigli, oltre che dei frutti naturali, quando non anche spogliati di più pregiati raccolti, con il pericolo dell'insorgere di contrasti che si sono verificati e sono talvolta degenerati in preoccupanti atti di violenza.
Ed ora, innanzi tutto, veniamo ai funghi ed ai tartufi, dando la precedenza a questi. E' l'argomento più rilevante della legge.
Alcune privilegiate zone del Piemonte, il Monferrato e segnatamente l'Albese, sono particolarmente interessate al problema delle colture e della raccolta del tartufo, che le rendono note non meno del barolo e del barbera e del dolcetto.
Il filosofo neo-platonico Porfirio definì il tartufo: "figlio degli dei": ai suoi pregi non furono indifferenti Apicio e Giovenale e Plinio e Cicerone e Plutarco, tra gli antichi; ed è cantato in un poema di mille versi scritto nel 1774, in latino, il "Tubera terrae Carmen" dell'Abate Giovanni Bernardo Vigo di Corio Canavese, detto il Virgilio piemontese poema didascalico, minuto e prezioso, che è stato coevamente tradotto in italiano nella subcosciente previsione dell'abolizione del latino nella scuola, ed è stato opportunamente ripubblicato nell'Almanacco piemontese del Viglongo dell'anno 1974. E' quel tartufo che i buoni piemontesi chiamano semplicemente "trifula", "gioconda al palato e saluberrima" associandola, ma solo nel nome, alla più modesta ed umile patata.
Al di là del valore gastronomico - parlarne in questi tempi riesce difficile; indotti come si è a considerazioni parsimoniose rapportandoci ai costi da vertigine, con costante tendenza al rialzo - vi sono aspetti, già si è detto, di natura economica non indifferenti, direi anzi rilevanti, che debbono trovare regolamentazione, e sussistono anche peculiari fini di natura ecologica che vanno attentamente considerati.
Il rango del tartufo, è da sempre, quello del protagonista.
Gli Ateniesi, più celebrati come artisti e filosofi, ma anche insigni epuloni, gelosissimi delle loro civiche prerogative, accordarono la cittadinanza ai figli di quell'ilota Cheripo che aveva creato un nuovo rag a base di tartufi, provenienti dalla Tracia, dove, ma è incerto, si sarebbe trovato il modo di riprodurli; cosa che appare poco probabile, almeno sotto l'aspetto qualitativo (e poi le "perle" coltivate sono sempre un'altra cosa! ), anche alla luce di taluni esperimenti vanamente sinora tentati.
A Roma i commensali balzavano in piedi, levandosi dai triclini, quando apparivano i profumati rossi tartufi che giungevano dalla Libia, emergenti dalle sabbie desertiche, come ora il petrolio; tartufi già noti a Babilonia, ai tempi delle civiltà mesopotamiche.
Per noi trionfa nella casalinga fonduta, adagiandovisi con una caduta lieve, quasi di petali di rosa, emananti un più pregnante profumo.
Ma è del presente che ci si deve ora interessare.
Del presente ecologico, del presente economico, legati a una necessaria tutela e disciplina, per la conservazione del prodotto pregiato del Monferrato e delle Langhe.
La legge regionale lo fa con la norma di cui all'art. 23, espressamente richiamandosi a quella nazionale 17 luglio 1970, n. 568 che va ricondotta ora, in termini applicativi, alle disposizioni di cui alla legge 382 e D.P.R. 616 e dovrebbe anche esser rivista per quanto attiene alle sanzioni amministrative, armonizzandole alle norme regionali: quella legge disciplina la raccolta ed il commercio dei tartufi, e ne specifica le caratteristiche, i generi e le specie, tra cui vi è il tartufo bianco del Piemonte o di Alba, Tuber magnatum Pico, tutelato anche come denominazione di origine.
I "trifulau" del Monferrato e delle Langhe ed il Comprensorio albese auspicano una riforma della legge nazionale, 17 luglio 1970, n. 568, e non si può che essere d'accordo, anche alla luce dell'esperienza fatta in sede di applicazione settennale, e soprattutto richiedono che sia fissata una data di apertura della raccolta dei tartufi su scala nazionale, che coinvolga tutte le Regioni tartuficole.
La richiesta appare legittima e quanto mai fondata: e se non è di competenza regionale l'accoglierla e determinarla, è tuttavia doveroso che la Regione si faccia portatrice dell'istanza in opportuna sede, ad incominciare dal competente Assessorato all'agricoltura.
E di questo impegno la Commissione si è fatta carico.
Sorge infatti il problema circa un possibile conflitto tra legislazione nazionale vigente, non espressamente abrogata, e legislazione regionale sopravveniente, su materia che in forza della legge 382 e del DPR 616 è ora di competenza regionale. Una legge regionale ha, e, se mai, entro quali limiti, implicita capacità abrogativa, come norma "superveniens", della legge nazionale? Almeno sotto il profilo applicativo in territorio regionale? Così per la legge nazionale sui tartufi, che si applica a tutto il territorio della Repubblica, ma che ha riferimenti specifici a produzioni regionali, riconducibili, quanto al termine prefissando per la raccolta almeno come giustificata aspirazione, a un'unica determinazione temporale? In attesa di definire la questione, che è di principio, una soluzione pratica può essere ravvisata nel senso di giungere alla fissazione della data unica per il raccolto attraverso consultazioni ed accordi a livello delle Regioni interessate.
Chi voglia saperne di più sui tartufi, vada a Grinzane Cavour, e troverà una biblioteca con rare pubblicazioni relative alla preziosa gemma custodite gelosamente, alle quali s'ispira l'Ordine dei Cavalieri del tartufo e dei vini di Alba che vengono intronizzati con la formula "io ti eleggo Cavaliere in nome della nostra terra"; che è umile ed alta espressione di fede nei valori essenziali.
E passiamo al discorso sui funghi, alla loro raccolta, considerato come asserito o preteso vero diritto, in forza di una secolare consuetudine come uso generalizzato.
Allora chiediamoci: esiste un diritto di fungatico? Gioverà rilevare come nel nostro ordinamento legislativo non c'é il riconoscimento del cosiddetto "diritto d'accesso alla natura", quale si trova ad esempio nell'art. 699 del Codice Civile svizzero, o nell'art. 141 di quello del Land della Baviera - secondo il quale "il godimento delle bellezze della natura, o la ricreazione in piena natura, specialmente l'accesso alle foreste, ai pascoli, alle acque, come pure l'appropriazione dr, frutti selvatici delle foreste sono permessi a tutti". Il tutto autodisciplinato dalle personali norme di comportamento, espressioni di radicata civiltà.
Ne consegue che l'accesso ai fondi privati, salvo che per il cacciatore, che, munito di licenza, insegua la preda - privilegio questo riconosciuto da decisioni financo del Supremo Collegio - non costituisce un diritto, e lo si può considerare come mera facoltà, ammesso o tollerato dal proprietario che non si avvalga del suo ius prohibendi, mediante recinzione e segnalazione di divieto.
Chi entra nel fondo recintato, o non manifestamente vietato con scritte, commette il reato di ingresso abusivo nel fondo altrui, art 637 C P., e se asporta dei funghi ivi raccolti commette furto, art. 624 C.P. ed e punito, com'è accaduto, con sentenze che sono giunte al vertice della Cassazione.
Il problema e di vasta portata perché sono molte in Piemonte le zone fertili per la produzione dei funghi; i quali sono "frutti naturali" del fondo, e come tali appartengono al proprietario della cosa che li produce: la terra (art. 820-821 C.C.). Per chi volesse approfondire l'argomento è preziosa la consultazione della pregevole opera di E. Casadei, "Il regime giuridico di appartenenza dei funghi e dei frutti spontanei in genere".
Il privato non ha quindi una titolarità del diritto di raccolta dei funghi, che esercita in quanto non sia dissentita dal titolare del fondo il quale ha invece non solo la facoltà ma un vero diritto di escluderlo.
Ciò deve avvenire in modo inequivoco, tale da rendere chiara per i terzi la consapevolezza che agendo diversamente si infrange un legittimo divieto.
Ma se non esiste un vero "diritto di fungatico" esiste per i terreni aperti, un "uso di fungatico" invocabile come fonte di diritto? Si è discusso, e ancora si discute, se sia ipotizzabile "l'uso civico di fungatico".
L'argomento che ci porterebbe assai lontano, può trovare appagante soluzione in termini negativi, nel fatto che la legge 16 giugno 1927, n.
1766, fondamentale per la normativa sugli usi civici, ed il relativo regolamento R.D. 26 febbraio 1928, n. 332, non fanno esplicito riferimento alla raccolta dei funghi, nonostante il richiamo all'uso di fungatico.
Senza contare che si dovrebbe in ogni caso identificare il soggetto titolare dell'uso civico, che non è chiunque, ma una determinata collettività, l'appartenenza alla quale è essenziale per la fruizione individuale dell'uso civico. E senza contare ancora, argomento dirimente che è stata disposta, ed è in corso, la liquidazione degli usi civici previo accertamento dell'effettiva loro esistenza. E la competenza in tale materia è ora della Regione.
Certe specie di funghi sono minacciate da estinzione, mentre altre proliferano in eccesso: ad esempio i così detti "chiodini". Una legge perfetta vorrebbe poter tener conto di questa circostanza, nonché della qualità o specie, per disciplinare la materia in maniera ineccepibile; e nel corso della consultazione e della disamina si esaminò l'ipotesi; ma almeno allo stato di atti, la cosa non è parsa realizzabile in tempi brevi anche per le sollecitazioni da più parti avanzate di definire intanto al meglio e presto il provvedimento.
Un contrasto esisteva circa l'opportunità pratica, tecnica e legislativa, di demandare ai regolamenti locali talune specificazioni di dettaglio; si volle scegliere la via della delegazione, auspicando tuttavia un certo coordinamento tramite le Comunità montane - i centri interessati sono in grande maggioranza in zone montane - e le Province, per rendere omogenee le determinazioni.
Si rispetta così lo spirito e la lettera della legge.
Ad evitare rischi di difformità nella scelta dei criteri relativi alla quantità del raccolto si è prescelto, in generale, pur valutate le possibili obiettive difficoltà, quello del peso anziché quello del numero fissando l'entità ponderale nel massimo, lasciando la discrezionalità riduttiva ai regolamenti locali.
Dopo ampia discussione si è orientata la legge, anche per quanto riguarda la raccolta dei funghi, nel senso che il proprietario o conduttore del fondo non sia assoggettato al rilascio dell'autorizzazione e alle limitazioni quantitative.
Per quanto riguarda la disciplina per la raccolta degli anfibi e dei molluschi, questa può, a tutta prima, sembrare eccessiva, ma tale non è: la rana è in pericolo e le lumache non meno. I veleni dei diserbanti e la voracità dei razziatori sono minacce concrete.
Il patrimonio delle chiocciole (hanno raggiunto il prezzo medio che varia dalle 2 alle 3 mila lire il Kg) è particolarmente compromesso nel Cuneese, nelle valli Stura, Gesso e Vermenagna dove il prodotto avrebbe toccato l'autunno scorso le 6 mila lire il Kg.
Attorno a Borgo San Dalmazzo, dove vi è il centro di elicicoltura gravita una massa di allevatori e raccoglitori di oltre 800 persone. Il che conferma la vasta portata del problema, che interessa varie zone del Piemonte.
A Cherasco e zone viciniori una sola società di allevatori produce 240 q.li di chiocciole all'anno; gli allevatori che fanno capo a quel centro sono 1.200. Esiste un centro per l'allevamento sperimentale di 5 ettari.
Queste lumache, Helix Pomatia, di pianura, si differenziano da quelle alpine: sono più piccole; è più facile l'allevamento.
In questi giorni si è costituita l'Associazione nazionale elicicoltori in un convegno che si tenne a Cherasco. Le Commissioni hanno tenuto conto dei contenuti di tutti i progetti di legge, tentando un'organica composizione delle normative, scegliendo un filo conduttore che è stato possibile ritrovare nel disegno di legge n. 251, di più ampio respiro e compiutezza. Il testo licenziato dalle Commissioni II e III consta di 9 titoli.
Il I titolo contiene le disposizioni generali, in attuazione dell'art.
5 dello Statuto regionale. Si è ritenuto di non affrontare né la Materia più propriamente "forestale" né quella attinente alla raccolta di minerali rocce, fossili, dovendo queste essere oggetto di separate ed apposite normative, per un'appropriata sistematica.
Il titolo II contiene le disposizioni per la tutela ambientale e si riparte in due capi.
Il Capo I relativo alla tutela degli ambienti lacustri e fluviali; il Capo II relativo alla tutela dell'ambiente rurale.
In particolare: l'art. 2 riporta una norma di civile comportamento riguardante il divieto di abbandono o immissione di rifiuti nelle acque lacustri e fluviali, nonché sulle fasce di riva.
La materia è regolamentata in generale nella legge nazionale n. 319 (legge Merli) e, solo per la parte riguardante gli scarichi provenienti da attività produttive, nella legge regionale n. 32/74, e successive modifiche ed integrazioni. Appare quindi opportuno puntualizzare meglio la disciplina degli interventi relativi agli scarichi civili, pur rimanendo, ribadendoli nei principi espressi dalla legge nazionale.
L'articolo affida i compiti di ripristino ai Comuni e alle Province, a spese dei responsabili dell'infrazione.
L'art. 3 contempla i casi di necessità ed emergenza per cui, in caso di inquinamenti accidentali con carattere di eccezionalità che investono ambienti lacustri e fluviali, il Presidente della Giunta regionale predispone i primi interventi con gli Enti locali ed i privati eventualmente interessati. Si è ritenuto di sopprimere la previsione che la Giunta regionale debba sentire la Commissione, in quanto si tratta di interventi urgenti ed eccezionali che non ammettono tempi lunghi.
L'art. 4 specifica i compiti che la Regione attua a proprie spese attraverso le Province.
L'art. 5 prevede il divieto di abbandono dei rifiuti di qualsiasi natura al di fuori dei luoghi appositamente destinati allo scarico e raccolta individuati da Comuni.
Gli stessi Comuni, nei propri regolamenti locali, disciplineranno i modi ed i tempi per il, deposito ed il trasporto dello stallatico, a seconda delle caratteristiche dei territori, del concentrico urbano, ecc.
Negli artt. 6 e 7 si dettano norme per la prevenzione degli incendi boschivi. La materia è già oggetto di regolamentazione nella legge regionale 13/74 e nella legge 47/75. Si è ritenuto tuttavia opportuno riprendere in questo testo le norme di "comportamento", onde fornire al cittadino una raccolta, diciamo "un manuale", la più completa possibile, di norme sparse in provvedimenti diversi.
L'art. 8 consiglia alle Comunità montane e ai Comuni di individuare ed acquisire, soprattutto a mezzo di affitto, aree idonee ad accogliere il turismo sociale o il campeggio libero, tante volte causa di danneggiamento ai boschi o ai prati, in quanto non accolto in aree opportunamente attrezzate.
La Regione, proprio per favorire la realizzazione di queste attrezzature, può concedere contributi per il 90% della spesa.
L'art. 9 sancisce il divieto dell'esercizio dei fuoristrada al di fuori dei tracciati appositamente a ciò destinati dai Comuni. Si conoscono purtroppo da alcuni anni, quali siano gli effetti deleteri, ad es., del motoalpinismo, nei pascoli e nei boschi delle nostre montagne, sia sulla formazione idrogeologica del suolo, sia per la flora e la fauna, non meno che per l'inquinamento atmosferico; senza contare il disturbo notevole per chi in montagna o in collina ama ancora andare a piedi, in passeggiata silenziosa, non inquinata da rumori.
Ovvio che il divieto non si applica a mezzi fuoristrada per lavori agricoli, forestali, o di pubblica utilità. Anche per l'esercizio dello sci d'erba si dovranno individuare apposite aree, al fine di non permetterne un "uso" indiscriminato su prati e pascoli con danno notevole per la cotica erbosa.
Il titolo III contiene le disposizioni per la tutela della flora spontanea. Si è ritenuto opportuno inserire anche norme relative alla tutela della cotica erbosa e della vegetazione spontanea prodottasi nei corsi d'acqua e nei terreni di ripa soggetti a periodiche immersioni (artt.
10-11-12).
L'art. 13 stabilisce la predisposizione di elenchi di specie floristiche sottoposte a tutela assoluta (predisposizione a cura del Presidente della Giunta regionale), o a tutela limitata (predisposizione a cura delle Comunità montane e, per i territori non montani, delle Province).
L'art. 14 prevede le deroghe in caso di sfalcio dei prati e di utilizzazione dei pascoli, mentre l'art. 15 prevede una normativa che si colleghi in modo coordinato ai disposti statali circa le piante officinali.
L'art. 16 elenca le esclusioni dai divieti (colture floricole industriali, giardini, etc.).
L'art. 17 detta norme per l'incentivazione della coltivazione delle specie protette, onde favorire la tutela delle specie spontanee oggi richieste dall'industria farmaceutica, produttrice di amari, distillati e medicinali, etc.
E' opportuno anche che i previsti contributi vengano prevalentemente destinati a serie iniziative di sperimentazione delle piante officinali caratteristiche delle regioni montane (genziana, artemisie, achillee rabarbaro, etc.) anche per poter mettere a disposizione delle popolazioni montane nozioni efficaci per effettuare in modo remunerativo coltivazioni di tali specie.
Nell'art. 18 sono contemplati i casi di autorizzazioni in deroga per raccolta di specie floristiche a scopi scientifici, farmaceutici industriali o per usi familiari; tali autorizzazioni sono rilasciate dalla Comunità montana o, ove non presente, dall'Amministrazione provinciale.
La richiesta e la concessione dell'autorizzazione deve essere circostanziata e motivata. Lo spirito della norma è comunque sempre volto a favorire le popolazioni residenti, soprattutto nelle zone montane, ove la raccolta di piante officinali può essere fonte di lavoro stagionale, e di reddito.
Il titolo IV contempla una notevole serie di norme atte a disciplinare la raccolta dei prodotti del sottobosco (funghi, tartufi, frutti del bosco). La stesura di tale articolo ha comportato una lunga e approfondita discussione in Commissione stante i notevoli problemi emersi, di carattere giuridico, tecnico, scientifico e pratico.
In particolare, per quanto riguarda la raccolta dei funghi si è in primo luogo deciso di adottare una rigida disciplina, con la richiesta di autorizzazione da parte di chiunque intenda ad essa dedicarsi, al fine di tutelare in modo efficace il bosco, il sottobosco, nonché il lavoro delle colture agricole (norme più restrittive rispetto alle altre leggi regionali), minacciati in genere, oltre che da varie forme di inquinamento o "aggressione", anche dalla "mancata autodisciplina dei frequentatori di quelle zone, comportante non solo una compromissione del patrimonio naturale, ma anche una accelerazione delle prospettive di un lento e sicuro degradamento".
Dunque tutela per esigenze di carattere naturalistico. Ma non bisogna dimenticare quelle di carattere socio-economico. Si può osservare infatti che dal punto di vista scientifico, occorre precisare che la vita dei funghi è strettamente concatenata a quella degli alberi. L'apparato riproduttore principale del fungo, e cioè il micelio, viene a contatto con le radici delle piante, dalle quali ricevono alimenti disciolti nei liquidi circolanti nel terreno. Pertanto con eccessive raccolte di funghi non solo si impedisce al micelio di riprodursi e rinnovarsi, ma si provoca anche un notevole dissesto nel ricambio idrico delle piante, con probabile conseguente scomparsa di una o più specie di funghi e, nel contempo modificazione e deterioramento dell'intero ecosistema.
Da un punto di vista socio-economico, si rileva l'importanza che costituisce la raccolta dei funghi per coloro che traggono da essa fonte di reddito e di sostentamento, e per i quali tale attività, seppure svolta in forma complementare, può contribuire in modo non indifferente alla formazione del bilancio familiare. Si è già ricordato come per la mancata regolamentazione della materia si siano verificati incidenti, determinando anche tensione fra le popolazioni rurali e montane ed i ricercatori estranei.
Proprio per dare risposta a queste esigenze di tutela e regolamentazione accurata della materia, si è cercato di affrontare con sufficiente chiarezza e puntualità i vari aspetti del problema: 1) tutela del bosco 2) tutela del patrimonio delle popolazioni rurali e residenti, con particolare riguardo a quelle che traggono dalla raccolta dei prodotti spontanei fonte di sostentamento 3) salvaguardia del diritto di proprietà.
Ai sensi dell'art. 78 del DPR 616, viene accolto il principio dell'autorizzazione da parte del Sindaco territorialmente competente, salvo l'esercizio dello "ius prohibendi" da parte del proprietario o del possessore a qualunque titolo del fondo (art. 20) espresso con cartelli indicatori di cui si indicano le caratteristiche, o con la recinzione.
Non si è ritenuto di indicare nella Comunità montana l'Ente autorizzato al rilascio della concessione dato il disposto del citato art. 78 del DPR 616, ma si raccomanda, in sede operativa, un'opera promozionale di coordinamento organico da parte della Comunità montana, affinché ogni valle, presentando caratteristiche omogenee, sia regolamentata in modo altrettanto omogeneo e non frammentario, facilitando quindi sia chi deve osservare la legge, sia chi deve farla osservare.
Si è deciso inoltre di porre un limite alla raccolta di tipo quantitativo (1 kg) e non numerico, come suggerito da alcuni Enti, onde evitare di inserire nella legge un elenco per specie di funghi indispensabile se si adottava la seconda soluzione (ovvio che un limite di 10 funghi, ad es., può valere per i "boletus", ma non per i chiodini o altri funghi simili).
Raccogliendo la proposta dei Comuni presentatori del progetto di legge 105 si è inserito l'art. 21 (autorizzazioni e delibere comunali) nonch l'art. 22 (deroghe) inteso nello spirito già citato di tutela del lavoro delle popolazioni rurali e montane, nonché della salvaguardia del diritto di proprietà.
Discussione approfondita vi è stata sul punto: i proprietari devono richiedere autorizzazione ed hanno limiti di raccolta? I residenti coltivatori, sono soggetti a limite o no? Si è deciso di non sottoporre a limiti quantitativi e ad autorizzazioni i possessori a qualunque titolo del fondo. I residenti nel Comune che traggono reddito dalla raccolta dei funghi possono avere dal Sindaco un'autorizzazione a raccogliere quantitativi di funghi superiori al chilo, ma entro i limiti che ogni anno il Comune fissa con delibera programmatica (la stessa che fissa il numero di autorizzazioni da rilasciare ogni anno - art. 21).
L'art. 23 regola la raccolta dei tartufi, ovviamente facendo riferimento al disposto della legge statale in materia.
Gli artt. 24, 25 e 26 regolano ed enunciano le modalità per la raccolta dei prodotti del sottobosco, attraverso alla quantificazione, senza rilascio di licenza, in considerazione che ciò, per lo più, avviene occasionalmente.
Non si è ritenuto di dover disciplinare la raccolta dei prodotti del bosco (come ad es. le castagne, le nocciole e le ghiande). Essi sono, in base alla legge generale, già riservati al proprietario, all'usufruttuario o al possessore del fondo, in quanto prodotti di coltura.
Il titolo V contiene le disposizioni per la tutela di alcune specie della fauna inferiore. Per alcune specie la tutela è assoluta, come per il gruppo formica Rufa e per i gamberi, ormai praticamente scomparsi dalle nostre acque anche a causa delle cosiddette "feste del gambero".
Per le altre specie, la rana, la chiocciola, ad es., la tutela è limitata, e la loro raccolta è sottoposta all'autorizzazione del Sindaco.
Punto questo, come si è detto, dissentito da qualche Commissario, per le rane. Sono altresì previste le modalità di allevamento.
Il titolo VI contiene le nonne comuni alla materia: tra queste l'istituzione del Comitato consultivo regionale per la protezione dell'ambiente naturale, la disciplina della raccolta per fini scientifici e didattici delle specie protette, l'istruzione e la propaganda.
Il titolo VII contiene le disposizioni per la vigilanza, le sanzioni amministrative e la procedura per la loro applicazione.
Il titolo VIII contiene le disposizioni finanziarie con l'istituzione di un fondo regionale per la conservazione della natura.
Il titolo IX sancisce l'abrogazione della vigente legge regionale sulla protezione della flora, nonché le norme transitorie per il primo anno di applicazione della legge.
Infine, per rendere operante la legge nella stagione 1978, si propone che essa venga dichiarata urgente ed entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

La relazione del collega Oberto si diffonde su tutti i temi che informano il testo unificato delle sei diverse proposte legislative di iniziativa consiliare, della Giunta, degli Enti locali. Il fatto, inoltre di avere già esposto nella relazione che accompagna la proposta di legge n.
251, le ragioni dell'interesse per la materia che è oggi all'esame del Consiglio, mi consente di intervenire brevemente nella discussione per alcune considerazioni di carattere generale.
Intanto si tratta di una legge che ha lo scopo di delineare un modo di comportamento del cittadino nei confronti della natura e dell' ambiente.
Altre leggi regionali prescrivono, a loro volta, un comportamento rigoroso del cittadino nei confronti dell'ambiente naturale. Mi riferisco alle aree individuate ed istituzionalizzate come parchi regionali e riserve naturali ma che, se gli obiettivi possono essere considerati comuni, o meglio analoghi, a quelli previsti da questa legge, corrispondono ad un interesse specifico che direi più pregnante ai fini della tutela ambientale coinvolgendo anche gli aspetti culturali e scientifici, più particolarmente individuati, e comunque tali da assumere rilevanza anche ai fini dei progetti regionali di sviluppo.
In sostanza questa legge vuole indicare alla comunità regionale come ci si deve comportare negli spazi che il territorio offre naturalmente all'occupazione del tempo libero. Questo comportamento deve avere come punto di riferimento i principi generali della conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale e, per altro verso, come limite non superabile quello posto dalla necessità di tutelare i diritti soggettivi e gli interessi legittimi delle popolazioni locali - per lo più popolazioni montane - che subiscono la temporanea e ricorrente espansione festiva e feriale della gente di città, non sempre correttamente intesa e civilmente condotta.
La legge trae la sua origine - come viene detto nella relazione del collega Oberto - dal problema della regolamentazione della raccolta dei funghi.. Sull'opportunità di una normativa regionale sulla materia si sono espressi più volte e da tempo gli Enti locali, e soprattutto le Comunità montane, tanto è vero che molti Comuni - nella carenza della legislazione regionale - hanno provveduto, nel frattempo, a darsi specifici regolamenti che hanno tuttavia un difetto di fondo, quello di essere diversi l'uno dall'altro e di essere scarsamente noti ai "forestieri". La raccolta dei funghi è, fra l'altro, una delle cause principali dell'ostilità di alcune popolazioni locali nei confronti dei turisti occasionali, per i quali, alle volte, la raccolta dei funghi è l'occasione per la raccolta di altri prodotti che sono invece il frutto delle colture agricole.
In difesa del bosco si sono battute, sin dal loro nascere, le Comunità montane. E' stato fatto giustamente rilevare che il numero dei ricercatori la disponibilità di tempo, l'estrema mobilità dei gruppi, il valore del prodotto asportato, danno la misura dell'entità delle spogliazioni e della gravità delle perdite per l'economia delle vallate interessate. Ai danni patrimoniali di immediata percezione, e di facile valutazione, vengono ad aggiungersi quelli psicologici per il sistema adottato e per la continua invasione dei fondi.
E' noto che il bosco è un insieme organico di tre forme di vita principali, erbacea, arbustiva e arborea; e che esistono fra di loro legami estremamente labili e delicati per cui ogni lesione o modificazione di uno dei suoi componenti porta indubbiamente a ripercussioni negative sull'intero complesso. L'eccessivo e disordinato pedonamento del suolo lo modifica nella sua struttura fisica, rendendolo asfittico e di conseguenza inospitale per tutta l'attività microbica, e quindi anche per lo sviluppo del micelio fungino. Inevitabilmente ci sarà una minore produzione dei funghi ed una minore vitalità e produttività delle foreste.
Aggiungiamo ancora che la penetrazione di grandi masse umane e soprattutto dei motori all'interno del bosco ha determinato la definitiva scomparsa di alcuni tipici esemplari della fauna alpina.
Con il passare degli anni, così, il danno patrimoniale ed ecologico acquista una gravità veramente allarmante, che non sempre e compensata dai redditi offerti dal turismo. Resta comunque intollerabile il comportamento di coloro che si ritengono padroni dei fondi altrui, ed utilizzano i boschi, i prati, i sentieri come aree di sfogo alle frustrazioni della vita cittadina e come territorio da sfruttare a loro esclusivo piacimento. Siamo favorevoli invece ad uno sviluppo turistico crescente ed ordinato purch sia apportatore di ricchezze e di benessere e non distruttore di risorse e di beni irrepetibili.
I funghi, come gli altri prodotti del sottobosco, anche se sono un prodotto naturale, sono di proprietà del possessore del fondo su cui crescono, e pertanto è possibile da parte degli interessati organizzarsi e tutelarsi giuridicamente ed economicamente. Ciò avverrà a norma della legge in vigore, attraverso il controllo programmatico dei Comuni e la dichiarazione di volontà - manifestata esplicitamente attraverso l'apposizione di idonei cartelli - da parte dei cittadini che riterranno di far valere il loro "ius prohibendi".
Per queste ragioni sono stati introdotti l'istituto dell'autorizzazione del Sindaco, il quantitativo massimo giornaliero di prodotti raccoglibili e la limitazione del numero dei ricercatori quando questo abbia raggiunto un carico oltre il quale, con la presenza di troppe persone, potrebbe venire compromesso l'equilibrio forestale. Si è anche ritenuto di collocare al centro della normativa di autorizzazione e di controllo il Comune anziché la Comunità montana (come poteva sembrare più logico) in quanto l'art. 78 del DPR 616 attribuisce esplicitamente ai Comuni le funzioni in materia di interventi per la protezione della natura, con la collaborazione della Regione. Ciò, ovviamente, non impedirà - anzi suggerirà l'opportunità che la Comunità montana assuma compiti di coordinamento nel settore soprattutto al fine della programmazione degli interventi, la definizione della spesa - che deve correttamente investire l'intera zona omogenea l'organizzazione della vigilanza e la diffusione della normativa per una sua opportuna conoscenza.
Se il punto di partenza è stato la disciplina della raccolta dei funghi (e ad essa si riferiscono tre delle sei proposte di legge), ci sembra che l'aver regolamentato tutto un complesso di rapporti, per così dire affini possa consentire una visione complessiva di insieme della vasta problematica - che non è soltanto la raccolta dei funghi - per un'opportuna individuazione dei valori, anche minimi, naturali, animali e floreali degni di essere tutelati, ma che, per quanto minimi, compongono il quadro multiforme e direi variopinto dell'ambiente montano e collinare della nostra regione.
E' stato rilevato, da qualche parte, che la normativa per la raccolta dei funghi può apparire eccessivamente restrittiva, nel senso che tutti coloro che intendono dedicarsi, anche occasionalmente alla raccolta dei funghi, devono munirsi della prescritta autorizzazione del Sindaco. La critica mi sembra però esagerata, in quanto la figura di colui che decide in un certo giorno di andare per funghi, così come potrebbe decidere di andare a fare una gita a Superga, non esiste, perché chi va alla raccolta dei funghi deve avere una somma di conoscenze dei luoghi, dei metodi di ricerca e dell'oggetto della raccolta (cioè dei funghi) che non può essere né occasionale, né improvvisata.
Il raccoglitore di funghi è essenzialmente un raccoglitore abituale così come non è occasionale, ma abituale, il cacciatore.
Ora, poiché l'autorizzazione ha validità annuale, non mi sembra vi sia nulla di straordinario nel fatto che colui che intende dedicarsi alla ricerca presenti una regolare domanda al Sindaco proprio in quanto rappresentante dell'Ente locale al quale il DPR 616 attribuisce la competenza in materia di protezione della natura.
Nel tempo stesso, e la normativa è stata proposta dai Comuni della zona montana del Pinerolese Pedemontano, la previsione di un programma di raccolta da deliberarsi dal Consiglio comunale, consente di determinare nel tempo l'entità del fenomeno e di assumere conseguentemente le opportune decisioni sui limiti da fissare alla ricerca.
Su questa linea è già attestata la maggioranza di quei Comuni che hanno provveduto in mancanza di una regolamentazione regionale a darsi propri regolamenti di polizia rurale. La previsione della richiesta dell'autorizzazione costituisce, in una certa misura, una sorta di deterrente all'indiscriminata invasione dei boschi e suggerisce - o contribuisce a suggerire - un comportamento più rispettoso verso l'ambiente e verso la stessa comunità che di quell' ambiente è parte viva ed essenziale.
Avevo proposto che nel caso di prima trasgressione fosse prevista anziché la sanzione, la semplice diffida. E' stato osservato che, nella pratica, ciò potrà avvenire come equilibrata e prudente interpretazione di tipo pragmatico e consuetudinario - della norma. Mi sembra l'osservazione del tutto pertinente, essendo in realtà l'attuazione della legge fondata più che sulla istituzione di un apparato repressivo peraltro impossibile da realizzarsi - su di un' opera continua di educazione e di promozione culturale che deve iniziare soprattutto dalla scuola.
Alcune osservazioni potranno essere fatte in merito all'opportunità di tutela della cosiddetta fauna inferiore. La relazione del collega Oberto già indica le ragioni: ricordiamo, per esempio, che i cosiddetti gamberi d'acqua dolce sono ormai pressoché scomparsi dalle nostre acque. La tesi opposta è che questi animaletti sono in realtà distrutti dai diserbanti dai detersivi, dall'inquinamento delle acque e del suolo. Questa tesi non convince, o addirittura convince del contrario. Se questi animali sono in fase di estinzione - o sono già stati estinti in larga misura dall'inquinamento, a maggior ragione si evince l'opportunità di una più approfondita e rigorosa tutela proprio al fine di evitare una loro totale scomparsa.
Ma, più che di questo, vorrei soffermarmi - molto brevemente - su di una piccolissima norma che è stata introdotta all'art. 31 della legge quello che riguarda la raccolta ai fini scientifici e didattici.
Questa norma - che è l'ultimo comma dell'art. 31 - stabilisce che ai fini della presente legge non sono considerati fini scientifici o didattici quelli che comportano la vivisezione delle specie animali da raccogliere.
Sono perfettamente in grado di cogliere l'obiezione che potrà essere avanzata a questo proposito. L'attuale legge nazionale sulla vivisezione riguarda soltanto gli animali vertebrati a sangue caldo, mentre ne sono esclusi tutti gli altri animali; questa legge deriva dall'antica teoria galenica secondo cui alcuni animali sono meno soggetti al dolore di altri o, comunque, affettivamente più lontani. Galeno, molto delicatamente ricorreva per i suoi esperimenti ai maiali anziché ai cani e ai gatti perché come animali "amici dell'uomo", sarebbe stato disumano.
Sulla vivisezione è stato scritto molto e credo che l'opinione comune sul suo carattere di crudeltà verso gli animali di inutilità per l'uomo e di ostacolo al cammino verso la vera scienza si sia ormai largamente consolidata anche fra gli stessi uomini di scienza in buona fede. Per gli animali di cui alla legge sulla caccia non è dubbia la competenza della Regione. Lo stabilisce esplicitamente l'art. 18 della legge.
Per gli altri, diciamo per quelli non protetti, la competenza si fonda sull'art. 83 del DPR 616 che regola gli interventi per la protezione della natura da parte della Regione e sull'art. 78 che contiene le attribuzioni dei Comuni. Già altre Regioni hanno previsto norme per la raccolta delle specie, non indicate dalla legge nazionale per la protezione e la tutela della fauna, per fini didattici e scientifici. Sarebbe, a mio avviso abnorme, che la raccolta fosse consentita per fini che, con il pretesto della didattica e della scienza, potessero favorire comunque una siffatta pratica di sadismo.
Mi spiace di non aver più trovato tra le mie carte una raccapricciante documentazione sugli esperimenti compiuti in alcuni Istituti universitari ed anche in alcune scuole elementari sulle rane. Ricordo soltanto che fra gli esperimenti didattici più comuni erano citati il caso della crocifissione e del successivo squartamento del piccolo animale o quello consistente nel trafiggergli ripetutamente i diversi organi.
Esiste certamente un problema più ampio sul quale, a mio avviso, la Regione dovrà assumere un proprio atteggiamento, e mi rincresce che fino ad ora non si sia fatto nulla, neanche in occasione della raccolta delle firme contro la vivisezione, ma credo che questa piccola norma che viene posta all'attenzione del Consiglio possa costituire, per intanto, una prima manifestazione di volontà di inequivoco significato.
Mentre alcune disposizioni della legge riproducono, componendole in un più vasto "unicum" legislativo regionale, normative settoriali e della nostra Regione - come nel caso della vigente legge sulla flora - e di altre Regioni - come è per il caso degli animali inferiori, o per la tutela degli ambienti lacustri e fluviali - altre, invece, riprendono proposizioni degli Enti locali o delle associazioni naturalistiche. Molte di queste norme già appaiono, come dicevo, nei regolamenti comunali, ed il loro recepimento nella legge regionale non è altro che un corretto adeguamento della legislazione regionale ad una normativa sorta dal basso, e non imposta dalla fantasia autoritaria di qualche Consigliere regionale.
Tra queste norme, per esempio, quella della regolamentazione dei mezzi fuori-strada è del tutto indispensabile. Il fastidio non disgiunto da comportamenti provocatori ed alle volte violenti che reca, per esempio l'indiscriminata pratica del moto-cross nei luoghi che dovrebbero essere destinati alla quiete e al riposo della gente, non ha bisogno di particolari illustrazioni. Così come la destinazione di appositi spazi atti ad accogliere il turismo sociale ed il campeggio libero, prevista in alcune proposte unificate in questa legge, e l'erogazione di appositi contributi ai Comuni, costituiscono certamente un concreto apporto della Regione ad un esercizio del tempo libero che non danneggi gli interessi e le proprietà delle comunità locali e favorisca, d'altra parte, l'utilizzazione corretta e responsabile delle risorse ambientali.
Questa legge, come dice nella relazione delle Commissioni II e III del Consiglio regionale il collega Oberto, rappresenta essenzialmente una sorta di codice di comportamento. Per questa ragione - che condivido completamente - essa si fonda più che sulla distribuzione di sanzioni o sul potenziamento dei servizi di vigilanza, sull'opera di educazione che deve avvenire nelle scuole. Voglio dire che se l'opera di sensibilizzazione che attraverso di essa si intende attuare nelle scuole avrà successo, la legge darà i suoi frutti. Se invece dovesse fondarsi sui verbali o sulla caccia al trasgressore, sarà sostanzialmente inoperante. Probabilmente a questa proposta di legge verranno presentati degli emendamenti. Il che è perfettamente lecito. Sono sempre stato convinto del fatto che una legge licenziata da una Commissione non è il Vangelo, ma che invece possa essere liberamente - ad iniziativa dei Consiglieri - sottoposta ad ulteriori approfondimenti ed a modifiche che ne migliorino la forma e la sostanza indipendentemente da quanto è stato deciso nella Commissione.
Ritengo tuttavia che questa legge abbia una sua struttura, un suo sistema, che penso di difendere legittimamente, così come altrettanto legittimamente altri colleghi faranno le loro proposte. Non sono in gioco né equilibri politici né solidarietà di maggioranze. Il senso dell' unificazione delle numerose proposte di legge è stato proprio questo: di offrire al Consiglio un'ampia base di discussione e di ricerca.
Siamo - se è consentito un raffronto - sullo stesso piano delle leggi e delle deliberazioni in materia di caccia, che coinvolgono la coscienza e la sensibilità dei singoli Consiglieri piuttosto che i comandamenti degli organi politici.
Credo che questa legge realizzi un corretto equilibrio tra esigenze diverse, e alle volte addirittura opposte e contrastanti; che essa abbia una sua struttura logica, nel rispetto dei diritti dei singoli e delle comunità; che possa dare l'avvio a forme di fruizione del patrimonio naturale che non porti alla sua degradazione ed alla sua distruzione.
Questo è il senso della proposta e del voto.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione che accompagna la legge che ci accingiamo a votare, evidenzia in modo esauriente le motivazioni che hanno spinto Giunta, Consiglieri ed alcuni Comuni a presentare in tempi successivi, varie proposte di legge riguardanti la conservazione del patrimonio naturale, dell'assetto dell'ambiente e la regolamentazione della raccolta dei funghi e di altri prodotti del bosco.
Nel mio breve intervento ritengo opportuno approfondire soprattutto i motivi che ci hanno spinto a regolamentare sia la raccolta dei funghi che delle lumache; questo non perché la regolamentazione degli altri prodotti non sia importante, ma perché funghi e lumache rappresentano, insieme coi tartufi, la cui raccolta è però già disciplinata da una legge nazionale una fonte di reddito rilevante per migliaia di produttori agricoli o comunque di residenti nelle zone più povere della nostra Regione.
Per disciplinare in maniera specifica la raccolta dei funghi sono state presentate sin dall' inizio della legislatura diverse proposte di legge tra cui quella del Gruppo D.C.; le troviamo ora compendiate nella proposta che stiamo discutendo. Penso di poter affermare che il grande interesse al problema dipenda sì da motivi di carattere ecologico, ma soprattutto da motivi di ordine socio-economico. Chiunque di noi abbia avuto l'occasione di recarsi nelle vallate alpine della nostra Regione nel periodo estivo autunnale, propizie alla raccolta dei funghi, avrà certamente raccolto le ferme proteste dei residenti, specie dei coltivatori, contro le invasioni selvagge di estranei, che tutto calpestavano e raccoglievano.
L'aumento vertiginoso dei mezzi di trasporto privato, verificatosi nel nostro Paese negli ultimi venti anni, la possibilità di godere da parte di quasi tutti i cittadini di maggior tempo libero, hanno in effetti determinato, specie nella stagione estiva, una moltiplicazione delle presenze giornaliere nelle nostre vallate alpine.
I residenti hanno compreso e comprendono che la presenza dei turisti non solo è un diritto degli stessi a poter godere di tutto quello che la meravigliosa natura delle nostre montagne offre, ma che è anche una notevole fonte di lavoro e di reddito e che potrà maggiormente diventarlo nel futuro. Questo reciproco interesse, viene però meno, anzi diventa aperta incomprensione nei periodi della raccolta dei funghi.
Percorrendo in tali periodi le strade di fondo valle o quelle che s'inerpicano per la montagna fin dalle prime luci dell'alba, si possono contare centinaia di macchine ferme all' imbocco delle vie che entrano nei boschi; macchine che dopo alcune ore, in larga percentuale, ripartono senza che i loro occupanti si fermino a consumare neppure un caffè nel bar del paese. In mezzo a tanti turisti che rispettano la natura e soprattutto il lavoro degli altri, ce ne sono anche di quelli che invece invadono le proprietà private con prepotenza, minacciando, quando non passano a via di fatto, i molti anziani rimasti nelle nostre vallate, offendendoli non solo per il danno materiale, ma soprattutto per l'affronto morale arrecato.
Disciplinando la materia il Consiglio regionale affronta e risolve un grosso problema delle nostre zone montane. Gli abitanti della montagna con questa legge, vedono tutelato un prodotto, il cui valore, pur in assenza di dati certi, penso di poter quantificare in diversi miliardi e per offrire dei confronti, penso di poter giudicare superiore agli aiuti previsti dall' indennità compensativa.
C'è altresì da sottolineare che una raccolta meno irrazionale e vandalica, incrementerà certamente la produzione ed invoglierà i residenti ed i veri appassionati a migliorare la qualità del bosco, soprattutto dei castagneti, che anche attraverso questa regolamentazione possono ottenere un rilancio. L'opera dell'uomo è infatti indispensabile e ci sarebbe tutto un lungo discorso tecnico da approfondire, sia perché l'attuale produzione venga conservata e tanto più per incrementarla.
Per quanto concerne la disciplina della raccolta delle lumache è appurato con dati statistici che l'interesse per la produzione elicica è in considerevole aumento sia per le particolari caratteristiche gustative della carne di chiocciola, sia per l'alto suo valore nutritivo e biotrofico. Le possibilità offerte dal mercato sono perciò allettanti; la domanda di prodotto supera notevolmente l'offerta. Ne è dimostrazione il fatto che nei principali mercati piemontesi, per non citare quelli nazionali, e precisamente su quelli di Torino, Novara e Vercelli, giungono partite di merce fresca o surgelata dall'estero ad integrazione dei quantitativi locali. Più dettagliatamente risulta che sul mercato di Novara giungono annualmente 24 quintali circa di chiocciole dalla Francia, per il tramite del mercato ittico di Milano arrivano settimanalmente a Vercelli circa 40 kg, di chiocciole di provenienza spagnola. Si è inoltre a conoscenza che una ditta conserviera veneta ha venduto sui mercati del Piemonte, della Lombardia e del Veneto nel periodo dal '76 all'aprile del '77, 250 quintali di chiocciole congelate e circa 80 mila chiocciole alla bourguignonne pronte per il consumo.
Sono cifre senza dubbio significative che giustificano l'enorme interesse dei commercianti dei grossisti e della stessa industria conserviera nei confronti del prodotto elicico. Allargando poi il campo di osservazione alla situazione nazionale emergono dati estremamente sconcertanti.In questi ultimi anni, partendo dal '75, l'Italia ha importato dai Paesi più disparati qualcosa come 8 mila quintali di chiocciole; in fatto di importazione siamo secondi solo alla Francia.
Da una ricerca, svolta nel 1977 dal primo Centro di Elicicoltura di Borgo San Dalmazzo, sull'attività elicica piemontese (alla quale hanno collaborato numerosi Comuni delle province di Cuneo, Asti, Torino Alessandria, Vercelli e Novara), è scaturito che la Regione italiana in cui viene maggiormente esercitata la raccolta e l'allevamento della chiocciola non solo sotto l'aspetto della tradizione ma anche e soprattutto ai fini di un'economia di mercato, è senza dubbio il Piemonte.
Ne è dimostrazione anche il fatto che proprio a Borgo San Dalmazzo, il 5 dicembre di ogni anno, si tiene da oltre quattro secoli il tradizionale e forse unico "mercato delle lumache" a conclusione di un'attività stagionale svolta dalle forze meno valide della famiglia coltivatrice. Questa tradizione non solo sussiste ai giorni nostri, ma si è notevolmente ampliata. Basta infatti risalire le nostre vallate alpine per accorgersi della notevole diffusione dell'elicicoltura. In Valle Stura di Demonte esistono infatti circa 300 allevamenti a carattere familiare, in Valle Gesso si aggirano sui 200, mentre in Valle Vermenagna si è sull'ordine dei 100-150, con una produzione complessiva di circa 350-400 quintali.
Non si conoscono, peraltro, i dati relativi alle valli circonvicine per le quali si suppone che l'attuale situazione (almeno per quanto riguarda le vallate del Maira, del Grana, del Pesio, delle vallate del Monregalese e del Cebano) non si discosti di molto da quella delle valli direttamente confluenti su Borgo San Dal- mazzo anche se, per queste ultime, prevale nei confronti delle precedenti l'importante aspetto della tradizione, così come sta avvenendo col Centro di elicicoltura di Cherasco polo della produzione di pianura. Ciò spiega come l'esistenza di un mercato stimoli l'offerta e quindi la produzione.
Produzione attuata a mezzo di raccolta diretta da parte delle popolazioni montane, che assieme ai prodotti spontanei del suolo (funghi piccoli frutti, ecc.) colgono anche le chiocciole. Approntano quindi il recinto ed applicano tutte le tecniche più appropriate per garantire la sopravvivenza degli animali fino all'epoca invernale, ove si può spuntare un prezzo più che triplo rispetto a quello realizzabile nel periodo stesso di raccolta. Solo chi non ha la possibilità di costruirsi il recinto preferisce venderle "corritrici"; di solito le cede a chi già possiede l'allevamento, oppure le consuma direttamente nell'ambito familiare o peggio, le vende all'industria conserviera che le richiede in questo periodo per il loro basso costo (1500 lire al kg, contro le 5.000/6.000 lire delle opercolate).
Vi è inoltre da segnalare che la diffusione dell'allevamento elicico trova la sua ragion d'essere nei seguenti aspetti fondamentali: possibilità di destinare all'allevamento i terreni marginali ricchi di flora infestante contenuta spesa d'impianto (300.000 lire circa per allestire un recinto di 200 mq., capace di ospitare un quintale di chiocciole, pari a 5000 animali allevati) ridotto costo di mantenimento, poiché la razione alimentare è costituita per lo più da essenze foraggere spontanee (ortica, bardana farfaraccio, etc.) integrate con prodotti vegetali di scarto (frutta radici, bacche, ecc.) possibilità di usufruire di mano d'opera non specializzata rappresentata dalle forze di lavoro meno valide della famiglia coltivatrice (giovani ed anziani), alle quali è richiesto un impegno giornaliero non superiore ad un'ora - un'ora e mezza buon prezzo di mercato spuntato dal prodotto finito opercolato (fino a lire 6.000 il kg, in occasione della Fiera Fredda del '77).
Ed è proprio dalle allettanti prospettive di mercato (in inverno per le opercolate in primavera per le corritrici), che deriva il fenomeno della raccolta indiscriminata, soprattutto da parte di persone estranee.
Con la regolamentazione prevista, alla quale abbiamo proposto un emendamento tecnico, noi difendiamo sia la sopravvivenza delle chiocciole sia il reddito di migliaia di famiglie, che dalla raccolta delle lumache traggono un reddito che in alcuni casi è marginale, in altri casi è sostanziale.
Termino sottolineando la difficoltà di una corretta applicazione della legge ed evidenziando quindi l'esigenza di un impegno da parte di tutti soprattutto degli Assessorati competenti, affinché, attraverso un'opera di informazione, sensibilizzazione e controllo , sia possibile ricondurre alle giuste dimensioni la presenza dell'uomo nei boschi della nostra Regione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, come uomo della risaia e forse anche per conto degli uomini della risaia la cui rappresentanza qui e distribuita pluralisticamente in tutti i partiti, vorrei fare alcune rapide considerazioni su un aspetto della legge che può apparire marginale, che tuttavia per i vercellesi ha ragione di essere. Mi riferisco agli articoli relativi alla pesca delle rane. Tutelare l'ambiente e conservare quello che l'ambiente ha di naturale come dono fruibile da tutti e non da una sola parte della collettività,é certamente lodevole. Sono perfettamente d'accordo che è opportuno provvedere alla conservazione degli anfibi, per mi domando quali sono le cause che stanno producendo l'estinzione della rana. Non mi pare che disciplinando quantitativamente la pesca della rana si possa salvarla dalla malora cui è destinata, ferme restando alcune condizioni della campagna che io, da buon figlio di contadino, mi guardo bene dal contestare. Non sono contro la meccanizzazione, non sono contro lo sviluppo tecnologico nell'agricoltura e nella risaia, mi limito a prendere atto di un fenomeno che è venuto via via estendendosi e che sta alla base della moria delle rane. Sin dalla primavera quando si prepara il terreno della risaia con macchine semoventi, con erpici rotanti, con trattori, che calpestano il suolo della risaia si constata una prima causa. Le rane, che sono ancora rintanate sotto terra, vengono ghermite dall'erpice rotante.
Quando la nostra plaga risicola risuonava di canti socialisti e libertari quando la fatica dell'uomo era assecondata dall'incedere lento del bue e del cavallo questa strage di innocenti non avveniva, ma dopo l'uomo vengono le macchine. Aveva ragione il vecchio leader indiano, il mahatma Gandhi nel dire che se l'uomo vorrà sopravvivere dovrà distruggere la macchina quando la macchina distruggerà la sua esistenza. Così pure durante le operazioni di disalgo, il contadino usa prodotti chimici fortemente dannosi ai ranocchi che stanno completando il loro ciclo di riproduzione. La distribuzione dei diserbanti è un altro momento della strage degli innocenti dove sua maestà Erode, il prodotto chimico della Montedison, che per altro verso licenzia gli operai di Vercelli, imperversa sugli innocenti ranocchi che non trovano scampo fuorché rendere l'anima a chi glie l'ha data. Un altro fenomeno tipico si verifica la sera, soprattutto dopo i temporali, quando le rane salgono dalle risaie e raggiungono l'asfalto caldo e le auto fanno la loro parte. Aggiungiamo i corvi grigi che i contadini paragonano ai fedayin perché come quelli lottano per la sopravvivenza e ché appostati sui pioppi fanno strage di ranocchi.
Dopo aver citato tutte queste cause, mi chiedo quale danno possa provocare il pescatore di rane. Sono ormai poche le persone che vanno a pescare le rane, per lo più sono pensionati con pensioni che non garantiscono il minimo vitale, povere donne che, nel tentativo di riempire la loro grigia giornata, si dilettano a pescare con la canna. E' opportuno disciplinare la materia per quella povera gente rimasta in risaia che va a pescare poche rane? E' opportuno che il sindaco oberato da mille altri compiti concreti stabilisca norme procedurali in ordine alla quantità di rane? Come si comporta il pescatore notturno che insegue la rana saltellante da una proprietà all'altra, magari superando i confini comunali? Ho voluto fare questi esempi per dimostrare ai colleghi che sarebbe opportuno togliere il capoverso che prevede il permesso del sindaco, poiché l'utente dovrebbe procurarsi preventivamente 6 o 7 autorizzazioni per ogni territorio comunale, probabilmente con domanda in carta bollata per cui l'importo che si prefigura di guadagnare vendendo poche rane lo avrebbe già speso in carta bollata. Proporrei invece di vietare la pesca delle rane dal mese di gennaio al mese di giugno e di codificare la pesca per il restante periodo dell' anno. Altrimenti questa legge che è una proposta valida, diventerà almeno nella mia zona soltanto famosa per questo aspetto, e io che conto di andare a finire i miei giorni pescando, che ho amore per le leggi e per le libere istituzioni repubblicane, andrò dal sindaco a chiedere questo permesso ma, credete a me, diventerò lo zimbello del paese.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Consigliere Bellomo mi ha fatto sentire meno solo nel disagio che avverto leggendo gli articoli di questa legge perché, pur condividendone i risultati che vuole perseguire, mi sembra quasi "aristocraticamente" indifferente e presuntuosa nei confronti della realtà sulla quale va ad incidere.
Con questa legge tocchiamo chi ha meno di noi in senso di mobilità, di risorse, di educazione, di età e che si avvicina alla natura anche se in un modo sbagliato. Con questa legge andiamo a rompere un modo di atteggiarsi della collettività nei confronti della natura incidendo troppo rudemente in tanti momenti di ricchezza di centinaia di migliaia di concittadini piemontesi che molte volte si avvicinano alla natura in modo grossolano.
La Regione non si è preoccupata di garantire all'uomo un rapporto con la natura nei suoi momenti di solitudine, di riflessione e di fantasia, n ha fatto molto per rendere accessibile ai cittadini l'ambiente alpino quello collinare ed il bosco. Quindi i nostri cittadini sono costretti ad utilizzare nel tempo libero quella fascia che è a loro portata di mano e che è rappresentata dalle tasse sulla benzina e dalla disponibilità o meno dei mezzi di locomozione. Tra un indifferente nei confronti della natura ed un cacciatore, preferisco quest'ultimo per il rapporto che ha con essa. Con il cacciatore si può discutere e contrastare perché, rispetto all'indifferente è un alleato nelle decisioni in favore della natura.
Questo argomento apre una vecchia polemica tra città e campagna, tra l'altro oggetto di alcune lezioni di liceo quando studiavamo le guerre dei periodi delle signorie, dove i contadini che venivano in città a portare le derrate venivano spogliati dagli artigiani e quando gli artigiani uscivano venivano spogliati dai contadini.
Il mio intervento non ha altra finalità se non quella di esprimere il disagio che può avere colui che vive in montagna o in campagna, di fronte ad un'aristocratica valutazione e alla poca sensibilità ai problemi umani di massa.
Suggerisco a chi più di me ha capacità e soprattutto conoscenza del problema di apportare degli emendamenti che puntino meno alla sanzione e al divieto grossolano e più all'educazione. Non dimentichiamo che l'educazione delle scuole molte volte non è altro che erudizione, perché la sensibilità viene attraverso l'uso del territorio. L'educazione dei giovani non si ottiene soltanto con le diapositive, ma permettendo l'uso del territorio e la conoscenza della natura, favorendo e non proibendo il moto istintivo e liberale del ragazzo. Lo scappellotto al ragazzo perché strappa un fiore non so fino a che punto è istruttivo.
Inviterei i colleghi a presentare degli emendamenti che tendano a promuovere l'uso del territorio e non la sanzione, e che garantiscano ai Comuni delle risorse, per esempio, per ripristinare decorosamente i sentieri perché oggi non è più possibile allontanarsi dal nastro stradale di oltre 40/50 metri, nelle migliori delle ipotesi, oltre ai quali una fitta barriera di vegetazione in disuso impedisce l'accesso alla montagna.
Da persona che ha scelto di vivere in queste zone dovrei esprimere un pensiero più egoistico nell'interesse delle popolazioni delle vallate e delle zone agricole che vogliono difendere il loro territorio magari con un beneficio economico, tuttavia mi pare estremamente pericoloso porre su due posizioni ben contrapposte, quasi in contraddizione e in contrasto l'abitante della campagna e l'abitante della città.
Con un po' di buona volontà da parte di qualche collega che si avvicini a questi problemi, penso sia possibile apportare a questa legge opportuni emendamenti che ne riducano le angolosità e che ne facciano un provvedimento di cui potremo essere tutti quanti fieri.



BELLOMO EMILIO



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo giusto che in una legge per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale si inserisca anche il problema della raccolta dei tartufi, cosa che viene fatta puntualmente nell'art. 23, e il relatore nella sua ampia e dotta relazione si è diffusamente soffermato sul problema in questione.
Ritengo invece meno giusto equiparare semplicemente la raccolta dei funghi e dei tartufi. Trattasi di problemi diversi sia per la salvaguardia dell'ambiente naturale che per la dinamica della raccolta. In questo senso vi è un preciso parere della Commissione agricoltura del Comprensorio di Alba e dell'Associazione Trifulau; conformemente a questo parere si è espresso nella consultazione il Presidente della Provincia di Cuneo.
Il primo problema che si pone, a mio avviso, è quello di togliere il riferimento ai funghi. Non è con le autorizzazioni del sindaco (ci vorrebbero, tra l'altro, infinite autorizzazioni di sindaci; i trifulau nella notte percorrono a volte dietro il cane decine di chilometri passando dal territorio di un Comune all'altro), ma è con l'albo professionale insistentemente richiesto dall'associazione, che si garantisce la corretta raccolta dei tartufi.
Il secondo problema è quello relativo al limite massimo di raccolta. E' un principio anacronistico che dimostra disinformazione sulle possibilità produttive e scarso aggancio con la realtà tartuficola delle zone piemontesi.
Va notato inoltre che la maggiore o minore raccolta del prodotto non costituisce alcun danno economico per i terzi. Esatto è invece il principio di stabilire regionalmente i periodi e l'obbligo della raccolta con l'ausilio del cane e della zappetta. In questo modo si evita la raccolta di rapina ed in periodo prematuro, anche se è auspicabile che questa materia venga regolamentata in sede nazionale. La regolamentazione regionale in questa materia non è sufficiente.
Discutendo di tartufi debbo richiamare sul problema l'attenzione dell'Assessorato all'agricoltura che fino ad ora non ha mostrato eccessiva cura, nonostante l'interesse gastronomico ed economico che la raccolta dei tartufi genera.
Nella passata legislatura era stata insediata un'apposita Commissione per io studio dei problemi inerenti il tartufo. Non conosciamo le conclusioni della stessa, nonostante da mesi vi sia un'interrogazione in proposito che è stata regolarmente iscritta e forse l'infortunio dell' Assessore ha impedito che l'interrogazione venisse discussa.
Concludendo: presenteremo un emendamento parzialmente soppressivo all'art. 23 ci auguriamo che la Giunta presenti una proposta di legge da inviare al Parlamento per la modifica della legge del 1970 sollecitiamo, infine, una maggiore attenzione della Giunta e dell'Assessorato all'agricoltura su di un problema che riguarda vaste zone del Piemonte quali sono le Langhe ed il Monferrato.



PAGANELLI ETTORE



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Nel lontano 1975 fui presentatore di una prima proposta di legge per la disciplina della raccolta dei funghi. Siamo nel 1978: sono occorsi tre anni per arrivare alla regolamentazione della materia anche se questa volta è estesa a specie, e ad altri gruppi di flora e fauna. Nella mia proposta di legge vi era la finalità di non creare particolare tutela di fonti di reddito, ma di tutelare il fungo. Non prevedevo la grossa metafisica del problema al punto che oggi, di fronte alla straordinaria e dettagliata relazione del collega Oberto, mi sono chiesto se non avessi perso di vista un principio di fondo che diventa il canovaccio della presentazione di leggi di questo tipo e che mi fa temere che affiori nel Consiglio, come altrove, un certo spirito quacchero dove i problemi finiscono per diventare dei falsi problemi e la loro soluzione finisce col diventare una soluzione che tranquillizza la nostra coscienza ma che in realtà non fa molti passi nella direzione voluta.
Questa è una legge organica: non mi preoccupano i divieti perché sono del parere che l'educazione nelle scuole è un fatto fondamentale ma che il richiamo del cittadino al rispetto sia opportuno ed il richiamo non pu essere fatto che attraverso la sanzione nel momento in cui viene meno il rapporto del cittadino con la natura.
Per concludere, ma non certamente per sollevare un grosso problema dico che se ci sono voluti tre anni per arrivare a regolamentare questo atto dovuto, problema da risolversi in poco tempo e con pochi articoli, mi auguro che si arrivi quanto prima a tutelare anche quella fauna maggiore che oggi con lo stesso spirito quacchero che ci ritroviamo non siamo in grado nelle sedi competenti di tutelare adeguatamente (e mi è venuto questo pensiero guardando poco fa il Consigliere Picco).



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Quale firmatario di due delle sei proposte di legge che vengono unificate sono particolarmente lieto che questa legge vada oggi in porto.
Con altri colleghi avevo promosso la proposta n. 41 del 5.12.1975 che prevedeva la regolamentazione della raccolta dei funghi e la n. 224 dell'8.7.1977 per la tutela del patrimonio agricolo e naturale ed in particolare per favorire l'acquisizione di aree attrezzate per il tempo libero da parte delle Comunità montane.
I due problemi particolari che il mio Gruppo aveva sollevato erano annosi e riemergevano in forma acuta in ogni stagione della raccolta dei funghi per le note dispute tra proprietari dei fondi, raccoglitori locali e cosiddetti "forestieri". Il problema era già stato sollevato nel 1966 quando alcuni Comuni del Pinerolese avevano tentato di unirsi per dare una regolamentazione alla materia, ma l'iniziativa non ebbe esito.
L'obiettivo era, e dovremmo raggiungerlo oggi con questa legge, di conciliare almeno 3 interessi contrastanti: quello dei proprietari dei terreni che rivendicano la proprietà dei funghi quale prodotto dei loro fondi, quello dei raccoglitori locali che praticano la raccolta come lavoro stagionale e traggono da essa un reddito determinante per la propria famiglia e quello degli altri cittadini, in particolare delle città, che raccolgono funghi ed altri prodotti naturali nel tempo libero. Siamo quindi partiti da divergenze che parevano non colmabili e da posizioni sovente rigide assunte dalle varie parti in causa.
Noi riteniamo comunque che la soluzione prevista dalla legge abbia una giusta mediazione dei vari interessi. In particolare, la legge tiene conto della proposta n. 105 dei Comuni di Cumiana, Cantalupa, Roletto, S. Pietro Val Lemina e Prarostino, gli stessi che avevano già intrapreso iniziative oltre 10 anni fa.
Con la proposta n. 224, che è stata interamente recepita dal testo unificato, intendevamo offrire ai Comuni e alle Comunità montane uno strumento giuridico e finanziario affinché gli stessi possano acquisire ampie aree da destinare al tempo libero e in particolare al turismo domenicale che, non avendo spazio su cui svolgersi, tanto danno crea alla natura e alle attività agricole delle zone montane. La legge prevede contributi del 90 % per l'attrezzatura delle aree stesse. Auspichiamo che Comuni e Comunità montane riescano ad acquisirle specialmente sotto forma di affitto, più semplice e meno costoso.
Il testo unificato prevede poi la regolamentazione di molte altre materie, quali la tutela dell'ambiente naturale e rurale, della flora spontanea, di altri prodotti del sottobosco e della fauna inferiore.
Su tutte queste materie siamo ovviamente d'accordo e allo scopo abbiamo attivamente collaborato per la formulazione del testo che oggi viene presentato in Consiglio.
Le discussioni sono state tante e approfondite, specialmente per gli articoli dei funghi, sui quali si è discusso molto se affidare la regolamentazione ai Comuni o alle Comunità montane, se fissare limiti di peso o di numero, se sottoporre ad autorizzazione anche i proprietari dei terreni.
Abbiamo raccolto delle osservazioni dalla periferia e qualche sindaco ci ha suggerito di aumentare il limite di quantità da 1 a 3 kg per lamponi e mirtilli. Se il Consiglio fosse d'accordo potremmo recepire questa piccola modifica. Riteniamo interessanti alcuni aspetti della legge per la tutela dell'agricoltura. Questi aspetti sono contenuti nell'art. 5 che vieta l'abbandono di rifiuti lungo le strade e piazzali; nell'art. 6 che vieta l'accensione di fuochi; nel già citato art. 8 sulle aree attrezzate e nell'art. 9 che vieta i mezzi fuoristrada.
Abbiamo infine apprezzato la comprensione di colleghi della Commissione, i quali hanno concordato con noi sull'inopportunità di inserire alcune limitazioni previste nell'articolo 5 della proposta di legge n. 251 per lo scorrimento delle acque sulle vie pubbliche, sulla distanza delle concimaie e sul trasporto dello stallatico che avrebbero certamente provocato più guai che vantaggi e la cui materia potrà comunque essere meglio disciplinata dai regolamenti comunali. Pertanto voteremo favorevolmente questa legge sperando che venga a risolvere una gran parte dei problemi, se non tutti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Luciano

La relazione del collega Oberto mi riempie di entusiasmo, tuttavia come egli stesso rileva, dalla stessa relazione emergono parecchie contraddizioni soprattutto quando dice: "Innanzitutto se si riuscirà a suscitare e a determinare un comportamento di autodisciplina nei fruitori dei beni che si vogliono tutelare ...". E' un concetto fondamentale che è giusto sottolineare per le sue implicazioni sociali nel senso del recupero dei valori fondamentali dell'uomo. Però negli articoli 20 - 21 - 22 questo concetto viene defraudato. Dobbiamo ritornare a questo concetto o andare a considerazioni di carattere puramente economico? Non contrabbandiamo valori così importanti, che io condivido, con concetti decisamente diversi: mi riferisco in modo particolare ai funghi.
Quando ero ragazzo, durante le vacanze passeggiavo con mio nonno nei boschi e imparavo da lui quello che non insegnava la scuola nell'approccio con la natura.
Questa legge di quei principi ne ha pochi. Mi ricordo nell'assemblea per il bosco di Rosta quanto si è detto sui forestieri e sulla distruzione della natura. Sta passando uno spirito di profonda lacerazione sociale nel rapporto città- campagna che deve preoccupare le forze politiche sotto l'aspetto culturale umano e sociale. E' vero, senza funghi non è possibile la vita delle piante. In Austria la scienza della micologia viene utilizzata nei vivai di piante le quali vengono messe in simbiosi con il fungo per aumentarne la crescita. La relazione nella premessa è ricca di questi argomenti. Allora, mi domando, se è vero che senza funghi non è possibile la vita delle piante, come stanno in piedi gli artt. 20-21-22 ? Se difendere il bosco e la natura è civiltà, non possiamo permettere a Caio di raccogliere un chilo di funghi, che possono essere troppi o pochi, e a Tizio, che è proprietario coltivatore, di raccoglierne 20 chili. In questo caso non interessa più la difesa del bosco.
Signori, dobbiamo stabilire dei limiti e dei vincoli in funzione educativa e non in funzione speculativa, validi per tutti.
Voglio richiamare l'attenzione del Consiglio su questo punto, non sulla difesa di una categoria piuttosto che di un'altra. Vogliamo difendere il fungo per difendere le piante e il bosco, oppure vogliamo farne motivo di ulteriore speculazione? Posta in questi termini la legge mi trova consenziente e disponibile a studiare gli emendamenti giusti, se invece vuole stabilire il principio delle barriere e dei reticolati continuando con una politica di lacerazioni spaventose e ingiuste, non sono d'accordo.
Avvocato Oberto, lei mi trova consenziente, ma facciamo attenzione a non mescolare l'acqua santa con il diavolo, altrimenti la Regione Piemonte farebbe un cattivo servizio all'azione di educazione che sta svolgendo per il rispetto del lavoro della campagna e della fabbrica e per l'esaltazione della ricchezza della terra.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Questa legge non incide sull' economia, ma è importante per i molti aspetti ampiamente evidenziati dai Consiglieri intervenuti.
Il ritardo di questa discussione si collega con il principio della relazione tra proprietà e ciò che da essa si può ricavare. La nostra legislazione sulla caccia stabilisce il concetto della res nullius, il che vuol dire che la selvaggina è di tutti ancorché la caccia sia in regola con la legislazione vigente. Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per quanto riguarda i funghi, i tartufi e per tutto ciò che la natura offre.
Allorché volessimo precisare che chi possiede il terreno possiede anche ci che il terreno produce, ci incammineremmo in una strada che pecca di possessivismo e di egoismo. Se da una parte debbono essere salvaguardate le preoccupazioni degli agricoltori diretti per ciò che riguarda il rispetto della proprietà nell'esercizio della raccolta e della caccia o della pesca dall'altra parte non si può dimenticare che ciò che la terra offre non pu essere solo di pochi ma deve essere messo a disposizione di tutti, sia pure rispettando alcune regole. Ho avuto occasione di ascoltare l'avvocato Oberto in sede di Commissione e immagino con quale entusiasmo ha difeso tutto ciò che nella legge è contenuto per quanto riguarda la flora e la fauna. In Commissione avevo invitato i colleghi a non regolamentare la raccolta delle rane perché, a mio avviso, il permesso del sindaco finisce con essere una ridicola favola. Ritengo che si dovrebbe raggiungere ugualmente l'obiettivo senza passare attraverso ad un atto burocratico e limitativo che pone il sindaco di fronte ad un superlavoro andando di notte sugli argini delle risaie. L'importante secondo me è vietare la raccolta delle rane durante il periodo del letargo quando bastano pochissime persone per distruggerne la rigenerazione. Le considerazioni fatte da Bellomo sono esatte, soprattutto in merito alla citazione dei diserbanti; e, per esempio, l'infernale 245 TP, ora vietato, era usato largamente in passato dagli americani nel Vietnam per tagliare la foresta. Non possiamo proibire l'applicazione dei diserbanti, ma non possiamo neanche far niente per la protezione della specie.
Propongo di vietare la pesca delle rane dal mese di dicembre alla fine di giugno e, per essere più prudenti, di consentirne la pesca attraverso il classico sistema della bacchetta nel restante periodo.
Per quanto riguarda le lumache è stato eloquente il Consigliere Lombardi: non solo devono essere protetti gli allevatori di lumache ma la loro attività dovrebbe costituire un arrotondamento del reddito agricolo.
Tutto ciò che la fertile fantasia dell'uomo serve ad alimentare l'agricoltura deve essere aiutato.
Mi riserverò di esprimere il mio parere in merito agli emendamenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Il dibattito che è scaturito dalla discussione di oggi necessita di alcune precisazioni.
Nella passata legislatura l'Assessorato aveva fatto un primo approccio a questi problemi con la legge sulla tutela della flora, legge volutamente parziale per le valutazioni politiche o giuridiche alle quali è in parte collegato il ritardo di questa legge.
Vorrei ricordare al collega Marchini che questi problemi non si potevano lasciare in un angolo: si trattava di studiare il modo per affrontarli e quali potevano essere le opportune modifiche. Non accetto il suo ragionamento secondo il quale è meglio il cacciatore che deturpa la natura piuttosto di un indifferente; anche il tagliatore di alberi svolge un'azione in senso negativo, ma non è detto che per questo sia più aderente ai concetti della tutela dell'ambiente. Sono problemi enormi che da qualunque parte si guardino inducono a varie valutazioni a favore o contro tutti si prestano a bellissime discussioni sotto il profilo ecologico giuridico e politico.
La Giunta come aveva affrontato la problematica? Pressata dai problemi senza voler andare all'esasperazione di contrapporre i cittadini della campagna a quelli della città, intendeva in qualche modo risolvere i problemi dell'esodo di fine settimana, dei fuoristrada, dei motocross dello scempio di alcune zone particolarmente destinate agli sfoghi domenicali. In data 12 aprile 1977 approvava un disegno di legge per la tutela dell'ambiente naturale che era stato elaborato con la collaborazione diretta dei rappresentanti dell'UNCEM, delle Comunità montane, delle Province piemontesi e delle associazioni naturalistiche, in modo da produrre una normativa che rispondesse effettivamente e concretamente alle istanze delle popolazioni locali per una regolamentazione specifica sulla raccolta dei funghi, delle rane, delle chiocciole, dei frutti selvatici.
La legge presentata oggi può mostrare ad un primo esame alcune divergenze, soprattutto sui criteri di delega, rispetto al progetto di legge n. 198 della Giunta. Per alcuni aspetti ne è lo sviluppo, determinato soprattutto dall'entrata in vigore del DPR n. 616 che all'art. 78 delega direttamente ai Comuni le competenze che il progetto n. 198 intendeva affidare alle Comunità montane ed alle Province.
Questa delega, in apparenza estremamente decentrante, è particolarmente significativa nei confronti delle popolazioni locali, che diventano così custodi del patrimonio naturale e delle risorse economiche che da esso derivano, anche se le scelte di gestione permangono di competenza regionale.
L'altro aspetto di diversità nei confronti del disegno di legge n. 198 è il passaggio da una "legge quadro" (che lasciava alle Amministrazioni locali ampia possibilità di valutazione quantitativa e qualitativa ) a una normativa dettagliata e dettagliante: questo fattore, se da un lato è positivo perché unificando le norme a livello regionale non può dar adito a confusioni e malintesi, dall'altro potrebbe originare, con la sottovalutazione di specifici problemi locali, un proliferare di autorizzazioni in deroga, specie in quelle località dove la minaccia di dissesto ecologico non è ancora pressante.
Ritengo di dover precisare che, partendo dal concetto della legge quadro che lascia agli interessati locali la facoltà di regolamentare più specificamente, la proposta di oggi è proprio il risultato della voce dei competenti locali.
E' giusta l'osservazione che difficilmente si supera il chilogrammo di raccolta e che diventa inattuale l'autorizzazione dei sindaci al raccoglitore che girovaga di Comune in Comune.
E' possibile che una normativa particolareggiata crei all'Amministrazione regionale problemi difficilmente individuabili a priori. L'importante è che siamo arrivati ad una legge generale sulla tutela dell'ambiente che permetterà di soddisfare le richieste pervenute numerose in questi anni da parte di Associazioni e privati, che assistevano impotenti ai fenomeni di degradazione ambientale.
Per quanto non sia stato completamente demandato all'amministrazione locale il potere decisionale sulle risorse economiche naturali l'applicabilità di questa legge resta subordinata alla collaborazione ed all'iniziativa dell'Ente locale: solo a livello locale è infatti possibile organizzare un controllo efficiente che renda la legge effettivamente operante. Resterà invece a carico della Regione una vasta opera di divulgazione e di educazione ecologica, che dovrebbe sopperire alle difficoltà di controllo e repressione delle trasgressioni.
Sul terreno dell'educazione ecologica e della divulgazione è possibile fare molti discorsi.
Ogni iniziativa della Regione come quella in atto nelle scuole, che non si limita soltanto alle diapositive, ma che si estende alla collaborazione alle ricerche, all'elaborazione di schede, può essere valutata da diversi punti di vista tra di loro discordanti, una volta in un senso, una volta nell'altro. Non è certo opportuno ripetere quanto ha relazionato il Consigliere Oberto con tanta precisione e ampiezza di riferimenti culturali, ma può essere utile sottolineare un aspetto della relazione, che giustifica abbondantemente, qualora ancora fosse necessario, l'importanza di questo provvedimento legislativo ed indica all'esecutivo un principio su cui basarne l'attuazione: un fiore o un frutto non solo sono elementi di un ecosistema, o risorse economiche, ma sono anche parte viva ed integrante del costume e della cultura di una comunità: questa dipendenza diretta tra ambiente e patrimonio culturale assicura i diritti di tutela anche a quelle componenti ambientali che possono parere più trascurabili.
Richiamando ancora quanto detto dal relatore, per ciò che riguarda il contenuto dei singoli articoli, possono essere significative alcune osservazioni sulle modalità di applicazione della presente legge.
Articoli 2, 3 e 4 per la tutela degli ambienti lacustri e fluviali.
Sarà necessario svolgere un'azione preventiva di educazione del cittadino anche a norma dell'art. 32 della legge medesima, per ridurre gli inquinamenti da scarichi di rifiuti o idrocarburi alle sole forme accidentali. Contemporaneamente un'azione coordinata dei Comuni e delle Province favorirà l'individuazione e la bonifica delle zone inquinate.
Sarà pure opportuno potenziare la procedura per gli interventi di emergenza in caso di incidenti gravi: questi interventi, già più volte attuati in casi di inquinamento chimico (è recente l'iniziativa dell'Assessorato di depositare presso l'Ispettorato del Porto di Verbania per un pronto utilizzo, del materiale assorbente per circoscrivere ed eliminare la presenza di idrocarburi sull'acqua), verranno estesi ad altre forme di inquinamento di superficie. E' un intervento che è stato coordinato con la Svizzera e che sta ampliandosi con automezzi, elicotteri e natanti.
La Regione inoltre si farà carico di ristabilire l'equilibrio ecologico degli ambienti acquatici compromessi: questa parte è destinata ad affiancarsi alle competenze delle leggi 32/1974 e 23/1975 e completa il quadro del risanamento delle acque, curando, oltre l'aspetto idrobiologico anche quello estetico, con il conseguente risvolto economico per l'incremento dell'attività turistica.
Articoli 5, 6, 7, 8 e 9 per la protezione degli ambienti naturali.
Oltre la parte strettamente normativa per la prevenzione di incendi ulteriore espansione della legge n. 13/1974, particolare importanza ha l'art. 8, in base al quale la Regione erogherà contributi in conto capitale ai Comuni che intendano realizzare aree attrezzate per il turismo di massa: ciò comporterà un notevole impegno finanziario (é da tener presente che tale genere di struttura è pressoché inesistente nel territorio regionale) ed impegnerà ad una collaborazione fattiva gli Assessorati alla tutela dell'ambiente e al turismo per coordinare gli interventi anche in previsione dell'entrata in vigore di una legge regionale sui campeggi.
Articoli dal 10 al 18 per la protezione della flora. Nel campo della protezione delle piante officinali o minacciate da estinzione, si proseguirà, ora con ampia delega ai Comuni, l'opera di regolamentazione e razionalizzazione della raccolta iniziata con la nostra legge 13 agosto 1974 n. 24. I risultati in tale campo sono stati finora buoni; si è avuta infatti una proporzionale riduzione delle richieste di autorizzazione alla raccolta, con provenienza pressoché limitata ai residenti nelle località montane, dove la raccolta delle erbe permane come discreta attività economica.
Sempre a sostegno della precaria economia montana è rivolta la concessione di contributi per la coltivazione di specie protette di cui all'art. 17: dal '74 ad oggi sono state impiantate una quarantina di coltivazioni, con un contributo regionale complessivo di circa 30.000.000.
Tale iniziativa ha coinvolto non solo i giovani che hanno rifiutato l'abbandono della montagna, ma anche anziani agricoltori (un montanaro cuneese beneficiario del contributo è quasi ottantenne) che non hanno disdegnato queste colture alternative.
Con i fondi messi a disposizione dalla nuova legge sarà possibile estendere l'iniziativa nel tentativo di ridurre al minimo la raccolta degli esemplari spontanei.
A tutela dell'economia locale e della conservazione della specie sarà rivolta l'applicazione degli articoli dal n. 19 al 29: ci si augura di salvaguardare con questa azione gli ecosistemi nella loro globalità ed assicurare un equilibrio ecologico, troppo spesso compromesso da raccolte indiscriminate di alcuni elementi della catena trofica.
Rilievo particolare hanno infine gli articoli 32 e 33, atti ad assicurare, anche se in modi diversi, l'applicazione della presente legge.
L'articolo 33 ripropone lo spinoso problema della vigilanza sinora affidata di fatto alla preziosa opera delle guardie forestali; sarebbe ora auspicabile demandarla in parte alle guardie giurate volontarie, anche se questa figura giuridica, non sufficientemente determinata, ha creato e creerà difficoltà considerevoli.
Altra difficoltà sarà quella di un controllo adeguato, poiché i trasgressori alla presente legge non saranno solo i raccoglitori abituali ma anche la folta schiera degli occasionali che (senza volerne al turista domenicale) è spesso cumulativamente più dannosa ed individualmente meno identificabile del raccoglitore abituale. Su tale massa si agirà non tanto con la coercizione, quanto con una estesa opera di educazione ecologica come prevista nell'art. 32: a tal fine, come già è stato fatto, si batteranno tutte le vie, dalla scuoia alle feste popolari, per raggiungere con un messaggio semplice, ma incisivo tutti i potenziali trasgressori spesso più colpevoli di ignoranza che di intenzione.
La Giunta è disponibile ad esaminare tutte le considerazioni fatte per apportare con il parere di tutti, i miglioramenti più opportuni.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al relatore, avvocato Oberto.



OBERTO Gianni

Non mi sento autorizzato a fare una replica a nome della Commissione.
La legge è stata approvata all'unanimità con la sola riserva di due Consiglieri, per quanto riguarda la pesca delle rane.
E' emersa una critica di fondo dall'intervento del Consigliere Rossi: in sostanza si vuole una legge ecologica o una legge economico-sociale? Il dibattito è stato amplissimo, però si preannunciano degli emendamenti tecnici. Non mi sentirei di dire ora se vanno accolti o se vanno respinti quindi propongo a coloro i quali intendono presentarli di farlo nella giornata di domani e, nel caso in cui le Commissioni non possano riunirsi di esaminarli con i Presidenti delle Commissioni II e III per coglierne gli elementi di giudizio e di valutazione; all'inizio della prossima seduta potrei essere in grado di fare la replica.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La proposta del Consigliere Oberto può essere accolta. In attesa della decisione dei Capigruppo, riuniti per fissare la data della prossima seduta del Consiglio regionale, sospendo momentaneamente questa discussione.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione alla Venchi Unica


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola all'Assessore Alasia per una comunicazione.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Poco fa la Giunta, i Consiglieri Alberton, Cerchio, Rossi e Bellomo hanno ricevuto una delegazione delle organizzazioni sindacali e del consiglio di fabbrica della Venchi Unica 2000. Data la gravità della situazione ed anche perché e stato espressamente richiesto, intendo informare il Consiglio della situazione.
Con la "Venchi Unica 2000" si era sottoscritto un contratto d'affitto il 14.2.1978 fissando vari adempimenti fino al mese di giugno con l'impegno di verificare entro questo termine la possibilità del passaggio dalla situazione di affitto all'acquisto. Senonché sono rimasti aperti gravi problemi finanziari. Quindici giorni or sono,tramite il Sottosegretario al lavoro on.le Piccinelli, c'é stata la sospensione della liquidazione della "Venchi Unica 2000"' Stamane il Ministro Scotti ha convocato in Prefettura la Venchi Unica 2000 e un gruppo di banche e, a fronte del diniego esplicito a effettuare il versamento di 2 miliardi, le banche hanno rifiutato l'apertura del credito per il quale chiedono un gruppo di rischio molto più ampio e una presenza maggiore degli istituti di credito. Nel corso della riunione è giunta la notizia dell'invio della lettera di licenziamento ai 1500 dipendenti. La gravità dell'atto non richiede commenti. Ho contattato il Presidente Viglione, impegnato a Montecitorio per l'elezione del Presidente della Repubblica, per comunicargli la lettera che la Giunta regionale, con l'Assessore al Comune di Torino ed i Consiglieri Alberton, Cerchio, Rossi e Bellomo inviano al Ministro Scotti: "Come già precisato verbalmente dal Presidente Viglione, situazione Venchi Unica è precipitata dopo incontro negativo Banche, Prefettura promosso stamane da codesto Ministero. Abbiamo conferma invio lettera licenziamento in spedizione oggi. E' presentata peraltro istanza Tribunale per mancata corresponsione rateo et est avanzata istanza da un creditore. Non acquisto materie prime significa inizio liquidazione compromettendo salari,tredicesime e immediata futura prospettiva produttiva. In questo modo viene pregiudicata linea esposta on. Piccinelli nel corso ultimo incontro con le organizzazione sindacali. Gestione accordo 14.2 responsabilizzava i firmatari Governo, Regione, Comune, organizzazioni sindacali e Venchi 2000. Data estrema urgenza preghiamo avere subito riunione a Roma; a lato seduta Montecitorio, impegnando presenza aziende et Unione Industriale onde esaminare possibili forme continuazione gestione.
Sarebbe peraltro indispensabile presenza organi tribunale".
Questa, in sintesi la comunicazione che dovevo fare. Nelle prossime ore la Giunta dovrà attivamente operare per mantenere aperta almeno la possibilità gestionale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

L nostro Gruppo, a lato dell' iniziativa concordata con l'Assessore, ha ritenuto necessario intervenire urgentemente presso il Ministro Scotti, per poter in tempi brevissimi verificare la situazione attuale e contemporaneamente riuscire ad analizzare soluzioni alternative. I dubbi e le preoccupazioni che avevamo quando si è varata questa soluzione purtroppo si rilevano sempre più consistenti e rischiano di inficiare ogni credibilità della società. Come parte politica garantiamo la prosecuzione di ogni interessamento per sollecitare la più rapida verifica della situazione drammatica in corso.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

A nome del Gruppo socialista, che a suo tempo con l'Assessore Alasia e le altre forze politiche aveva portato avanti la battaglia dei lavoratori della Venchi Unica 2000, desidero comunicare che noi sosteniamo quanto è stato affermato dall'Assessore. Il problema è grave non solo per quanto riguarda il licenziamento dei dipendenti, ma anche per l'attività dell'azienda produttrice di dolciumi che ha sempre avuto spazio notevolissimo nel mercato piemontese e internazionale.
Concordiamo sulla decisione dell'Assessore e siamo del parere che il problema debba essere ulteriormente approfondito con l'impegno di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Purtroppo dobbiamo rilevare che la Regione, che si è battuta per tanto tempo grazie all'impegno dell'Assessore Alasia e di tutti i Gruppi, questa mattina non è stata chiamata all'incontro. La gestione dell'anno scorso è stata positiva, questo incoraggiava le parti interessate a fare delle ricerche per salvare un'azienda che è fondamentalmente sana. Non conosciamo esattamente la situazione aziendale, se c'é stato un miglioramento o un peggioramento, se i nuovi industriali sono capaci o se cercano il colpo di fortuna per fare un po' di soldi. Si leggono dai giornali varie notizie senza riuscire a conoscere a fondo la questione. Sappiamo che una ditta fornitrice di farina ha chiesto il fallimento. Qual è l'importo del credito? Sono d'accordo sulla lettera inviata al Ministero; perché ritengo che debbano essere fatti tutti i passi possibili per salvare i dipendenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Rossi.



ROSSI Luciano

La notizia dell'invio delle lettere di licenziamento ai 1500 dipendenti della Venchi Unica dimostra come tutti gli impegni assunti ai vari livelli non siano poi sfociati nella giusta direzione. Si ha la sensazione che in questi mesi si sia operato per arrivare volutamente al fallimento.
Aderiamo all'iniziativa illustrata dall'Assessore Alasia ribadendo che un'importante attività produttiva quale quella della Venchi Unica non deve essere assolutamente abbandonata a scapito dei 1500 dipendenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola all'assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Gli impegni degli accordi del 14 febbraio sono stati in parte mantenuti, sia pure a scadenze differite rispetto a quelle previste, in ordine al reinserimento della maestranza nell'attività produttiva, segno della consistenza produttiva. Non conosco il nome del fornitore che ha presentato l'istanza né l'ammontare del credito. Il fatto grave è che il Tribunale, non essendo stato pagato il rateo previsto, si sta muovendo di conseguenza. Al Consigliere Alberton vorrei ricordare che tutti avevamo dei dubbi e delle perplessità sulla formula varata, neppure io l'ho esaltata in termini assoluti, però l'accordo del 14/2 era l'unico possibile dopo che erano state battute tutte le porte degli imprenditori torinesi e piemontesi, singoli e associati. L'accordo era stato sottoscritto dal Governo,dalla Regione, dalle organizzazioni sindacali e dai Gruppi politici, c'era quindi una corresponsabilità che ci vincola ancora per tutta la durata della gestione. Riprenderemo i contatti con l'imprenditoria torinese.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La comunicazione sulla Venchi Unica 2000 è conclusa.


Argomento: Fondo di previdenza dei Consiglieri

Esame progetto di legge n. 327 "Modifica alla legge regionale 12 giugno 1978 n. 32 'Norme sul fondo di previdenza e solidarietà dei Consiglieri regionali'"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Punto sesto dell'ordine del giorno: esame progetto di legge n. 327: "Modifica alla legge regionale 12 giugno 1978 n. 32 'Norme sul fondo di previdenza e solidarietà dei Consiglieri regionali'". Il Governo, nel restituire munita del visto la legge, ha fatto rilevare che è opportuno non dare alcuna indicazione in merito alla presentazione della domanda.
L'Ufficio di Presidenza ha presentato un articolo unico, di cui vi do lettura: "Articolo unico - Alla legge regionale 12 giugno 1978, n. 32 è apportata la seguente modifica: al primo comma dell'art. 17 sono soppresse le parole 'in carta libera'".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri L'articolo unico è approvato.
Pongo in votazione l'intero testo delta legge, così modificata.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri La legge è approvata.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Sullo stato occupazionale alla Ceramiche Pozzi di Gattinara


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Venerdì sera presso la Pozzi di Gattinara, presente l'Assessore Alasia c'é stato un incontro con il Sottosegretario Pumilia. Vorrei sapere a quali conclusioni si è pervenuti e quali assicurazioni si possono dare alle maestranze dell'azienda.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

La situazione della Ceramiche Pozzi è grave ma è anche singolare. La Giunta la sta seguendo dal mese di febbraio quando si è tenuta la riunione presso il Comune di Gattinara con il consiglio di fabbrica e le forze politiche. Lo stabilimento ha un'attività produttiva buona e un carnet di ordinazioni consistente. Nei giorni scorsi è mancata l'erogazione del gas metano il che ha creato una situazione di estrema pericolosità, non soltanto per il rischio connesso all'interruzione dell'attività lavorativa ma anche per i danni irreparabili che la diminuzione dei gradi di calore avrebbe provocato ai forni.
Mercoledì 21, a fronte di una situazione che precipitava di ora in ora,abbiamo contattato i Ministri dell'industria, del lavoro e del bilancio. Il Ministro Donat Cattin, che abbiamo rintracciato a Udine, e intervenuto presso l'ing. Sette e mercoledì stesso un camion carico di bombole ha potuto alimentare la fabbrica riportando fa temperatura a 850 gradi. Lunedì 26 il Pretore di Vercelli, in base al codice di procedura civile (si parla di sabotaggio) ha ordinato alla Snam di riattivare l'erogazione del gas. Questo è stato il primo modesto risultato che abbiamo ottenuto, il problema rimane però grave. Lo stesso lunedì 26 giugno, in una riunione presso il Consiglio comunale di Gattinara con le maestranze, i parlamentari e le forze politiche, ho illustrato la posizione della Regione. La soluzione che pare unanimemente approvata da tutti è quella dello scorporo dal Gruppo della Ceramiche Pozzi di Gattinara per ragioni strutturali. Stiamo perseguendo questa strada; in questo momento non sono in grado di dare notizie più aggiornate.


Argomento:

Sul programma dei lavori


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Per quanto riguarda la discussione della legge sul patrimonio naturale e sull'assetto ambientale, sono stati presentati alcuni emendamenti e altri ne saranno presentati nei prossimi giorni.
Le Commissioni II e III si riuniranno per esaminarli prima della prossima seduta del Consiglio che si terrà giovedì 6 luglio alle ore 9,30 e alle 15, con il seguente ordine del giorno : 1) Approvazione verbale precedente seduta 2) Comunicazioni del Presidente 3) Interrogazioni e interpellanze 4) Prosecuzione esame progetti di legge nn. 17-41-105-198-224-251 relativi a norme per la conservazione del patrimonio naturale e dell'assetti) ambientale (relatore Oberto) 5) Esame progetto di legge n. 217: "Ricerca e coltivazione di cave e torbiere" (relatore Debenedetti) 6) Osservazioni del Governo alla legge regionale 26/1/1978: "Modificazione alla legge regionale n. 6 del 14/1/1977 relativa a norme per l'organizzazione e la partecipazione a congressi, convegni ed altre manifestazioni, per l'adesione ad Enti ed associazioni" (relatore Rossotto) 7) Osservazioni del Governo alla legge regionale 26/1/1978: "Norme per il conferimento di incarichi e consulenze nell'ambito dell'attività dell'Amministrazione regionale" 8) Esame progetto di legge n. 222: "Istituzione del Parco regionale 'La Mandri'" (relatore Calsolaro) 9) Esame progetto di legge n. 313: "Modificazioni alla legge regionale 25/6/1976, n. 32 'Istituzione dell'azienda regionale della Tenuta La Mandria'" (relatore Calsolaro) 10) Nomine.
Chiede la parola il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Sono d'accordo sulla riunione delle Commissioni II e III per l'affinamento del testo della legge in quanto è già stata esaurita la discussione generale. Anche in altre occasioni ho sostenuto che, per ragioni di opportunità politica, non si può ritornare in Commissione dopo la presentazione della relazione, ma semmai dopo la discussione generale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



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