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Dettaglio seduta n.203 del 23/06/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Comunicazioni dell'Assessore Enrietti sul problema delle mutue


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Come da intesa, dò la parola all'Assessore Enrietti per le comunicazioni sul problema delle mutue. Ne ha facoltà.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sicurezza sociale e sanità

Signori Consiglieri, a distanza di un anno dalla promulgazione della legge n. 349 circa il trasferimento delle funzioni amministrative in materia sanitaria alle Regioni e la liquidazione degli Enti mutualistici e le norme per le convenzioni sanitarie, appare doveroso e necessario riferire al Consiglio regionale del Piemonte sullo stato di attuazione di tale legge.
Volutamente si è rifuggito dalla tentazione di fornire una ponderosa e voluminosa relazione scritta, magari corredata da diagrammi e statistiche e tabelle, nella quale la monumentalità dell'opera non fa scorgere ed apprezzare nel loro giusto peso i veri problemi politici.
Si è quindi ricorsi alla relazione orale, di più immediato recepimento e più contenuta, polarizzata non tanto sugli aspetti principali della legge quanto sui nodi politici sciolti e da sciogliere in sede locale e nazionale, finalizzata ad illustrare sulla base dell'esperienza quale effetto di accelerazione abbia avuto la legge nel processo di trasformazione dell'aspetto sanitario in Piemonte.
L'analisi di un consuntivo di un anno della gestione della 349 non potrà che condurre a formulare linee e programmi per l'immediato futuro per dare soluzione ai più pressanti problemi della sanità in questo periodo di transizione dal sistema mutualistico al sistema sanitario riformato.
La 349 infatti si pone politicamente nella scia della 386, quale momento di trasformazione di un assetto politico istituzionale sanitario verticistico categoriale, accentratore e parcellizzante, in un complesso sistema che, esaltando il ruolo primario delle autonomie locali nella tutela della salute, affronti il problema socio-sanitario del territorio secondo una metodologia di piano, privilegiando la prevenzione e operando secondo principi di globalità, funzionalità, democraticità di gestione ed universalità di intervento su tutti i cittadini.
Mentre la 386 ebbe e trasferire in toto alle Regioni l'assistenza ospedaliera già erogata dalle Mutue, la legge 349, traducendo sul piano politico la volontà di superamento del sistema mutualistico, trasferendo alla Regione le funzioni amministrative concernenti l'assistenza sanitaria propria degli Enti mutualistici posti in liquidazione, ha stabilito in buona sostanza che l'esercizio di tali funzioni avvenga ancora attraverso l'organizzazione degli Enti in liquidazione, osservandone la legislazione e la normativa e nell'ambito dei bilanci di detti Enti.
L'azione di programmazione e coordinamento che la legge 349 riconosce alle Regioni è altresì vincolata alle linee di indirizzo e coordinamento emanate dal Governo, alle indicazioni del Comitato Centrale di liquidazione degli Enti mutualistici previsto dall'art. 4 della legge stessa, alle disposizioni statutarie di ogni singolo Ente ed ai bilanci.
Se poi si considerano gli ampi poteri che l'art. 3 della legge 349 concede ai Commissari liquidatori soprattutto per quanto riguarda l'assetto organizzativo interno degli Enti mutualistici e il governo del personale ci sembra di dover dire che molteplici e di non poco peso sono gli elementi di vischiosità e di frenaggio che, evidenziabili nella legge 349, possono ritardare e ritardano di fatto il processo di riforma sanitaria.
Una notevole importanza va assegnata alla correlazione esistente tra il primo ed il secondo titolo della legge 349, tra le norme di trasferimento delle funzioni e le norme per le convenzioni uniche con le categorie sanitarie. Infatti unificare i trattamenti normativi ed economici delle categorie sanitarie (medici generici, pediatri, specialisti ambulatoriali convenzionati esterni, farmacisti, biologi, ostetriche) costituisce un passo essenziale per poter ottenere livelli erogativi assistenziali uniformi su tutto il territorio, controllabili dal potere locale in una logica programmatoria.
Il ruolo assegnato dalla legge 349 al Comitato centrale di liquidazione degli Enti mutualistici nel processo di trasformazione del sistema assistenziale sanitario è stato esaltato dalle Regioni che, attraverso i loro rappresentanti sia nelle sedute plenarie che nelle sedute del Consiglio direttivo del Comitato centrale nel quale come rappresentante del Piemonte sono stato eletto, hanno ritenuto non limitarsi ad un'opera tesa alla regolata liquidazione delle mutue, bensì hanno inteso dibattere e trovare soluzioni ai problemi essenziali della trasformazione e dell'avvio al sistema sanitario riformato, attraverso l'emanazione di direttive vincolanti per i Commissari liquidatori degli Enti, direttive che formulate attraverso una partecipazione attiva anche delle forze sindacali fossero di stimolo a livello locale secondo criteri di uniformità su tutto il territorio nazionale, pur facendo salva l'autonomia politica e programmatoria di ogni singola Regione.
Le direttive del Comitato centrale di liquidazione degli Enti mutualistici devono essere considerate quindi come strumento valido che opportunamente utilizzate soprattutto con criteri di programmazione possono e devono condurre la mutualità ad integrarsi con gli altri momenti istituzionali ed organizzativi sanitari, quale momento preparatorio ad una gestione politica nuova così come previsto dall'emananda legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale.
Sia pur in breve converrà illustrare le direttive del Comitato centrale riferendo sulla loro attuazione a livello della Regione Piemonte: si avrà occasione in tal modo di toccare i problemi essenziali che investono la mutualità e che attendono dal potere politico decisioni solutive.
I problemi connessi con il censimento delle strutture e del personale degli Enti mutualistici in liquidazione sono stati affrontati con la direttiva 5 con la quale si è fatto obbligo ai Commissari liquidatori di fornire alle Regioni attraverso la compilazione di apposite schede tutti i dati necessari per la predisposizione del progetto di riparto dei beni, del personale e di qualsiasi altro rapporto secondo quanto previsto dall'art. 4 della legge 349.
Tale inventario, pressoché completato per la Regione Piemonte, appare tuttavia viziato per la sua staticità, non essendosi previsti meccanismi di aggiornamento dei dati soprattutto per quanto attiene il personale. Ciò ha ostacolato l'Assessorato nell'opera di sistematizzazione e trattamento automatico di tali informazioni.
I problemi relativi al riparto dei beni degli Enti in liquidazione, non sono stati ancora affrontati sul piano politico: si tratta di problemi molto delicati che coinvolgono i rapporti tra le Regioni, stante il divario notevole tra Nord e Sud nei patrimoni degli Enti: né può sottacersi come tali problemi investano anche aspetti previdenziali del personale mutualistico, posto che gran parte del patrimonio edilizio delle Mutue costituisce riserva tecnica dei fondi integrativi di previdenza del personale mutualistico. L'Assessorato ha ritenuto necessario tuttavia disporre nell'ottobre 1977 che nessuna alienazione del patrimonio degli Enti mutualistici in liquidazione possa avvenire, se non previa specifica e formale autorizzazione della Giunta.
Per quanto riguarda il censimento del personale mutualistico nell'ottobre 1977 dai dati forniti dagli Enti risultavano dipendenti a rapporto di impiego nella Regione presso i nove maggiori Enti mutualistici nazionali n. 3.246 unità di cui 1.221 nei ruoli sanitari (medici e infermieri).
Va subito detto che si tratta di un contingente numerico esiguo, sia rispetto alla popolazione regionale, sia rispetto agli organici teorici degli uffici mutualistici operanti nella Regione, sia in rapporto e confronto con i contingenti di altre Regioni specie del Sud, dove si registra un'alta concentrazione di personale mutualistico.
Premesso che tale stato di fatto è il frutto di una errata politica di assunzioni operata per decenni dagli Enti mutualistici, va ancora posto in luce come il contingente di personale mutualistico tenda ancor più a ridursi sia per le naturali perdite per pensionamento normale o agevolato a norma della legge 336 sui combattenti e sia per trasferimenti di personale Inam nelle sedi del Sud motivati da esigenze familiari e attuati dal Commissario liquidatore senza accordo o intesa preventiva con la Regione.
Siffatta situazione del personale pone problemi gravi e difficili: da una parte infatti occorre mantenere invariati i livelli assistenziali e dall'altra occorre procedere a nuovi, o meglio, diversi compiti che richiedono sia una migliore e diversa utilizzazione del personale nell'ambito delle strutture periferiche e sia un impegno in altri settori ed in particolare presso gli uffici della Giunta.
La direttiva n. 6 ha dato indicazioni ai Commissari liquidatori sia circa l'amministrazione ed il governo del personale e sia per quanto riguarda la determinazione del contingente di personale da comandare ai sensi della legge 349 art. 6 presso la Regione od altre amministrazioni pubbliche.
Diciamo subito che la posizione delle Regioni circa l'amministrazione ed il governo del personale mutualistico è stata superata dalla volontà di altre forze sociali e politiche di mantenere accentrato nelle mani dei Commissari liquidatori tutte le leve di organizzazione degli uffici amministrativi senza interferenza delle Regioni alle quali vanno comunicate solo le variazioni dell'assetto organizzativo dei presidi sanitari.
Tale situazione di fatto rende ancor più difficile l'opera di razionalizzazione e riforma del sistema mutualistico, ponendo le Regioni in condizioni di non poter conoscere sull'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa gestita dagli uffici periferici delle Mutue.
Il Comitato centrale nella seduta del 19 maggio 1977 ha approvato il piano della Regione Piemonte circa il contingente di personale mutualistico da assegnare alla Regione stessa per le attività da svolgere negli uffici dell'Assessorato regionale alla sanità, presso i Comitati comprensoriali presso le zone socio-sanitarie e presso le unità di base dei Comuni.
Tale contingente è di 325 elementi e rappresenta il 10% del personale presente al 31 ottobre 1977 e il 7,06 per centomila abitanti residenti nella Regione: pur essendo stata contenuta in limiti minimali la richiesta di personale da comandare presso la Regione non potrà essere assolta subito ed in unica soluzione, senza provocare forti squilibri e cadute dei livelli assistenziali.
Con il necessario apporto delle organizzazioni sindacali regionali è intenzione della Giunta e dell'Assessorato di procedere a tempi brevi all'individuazione dei settori prioritari di utilizzazione del personale mutualistico anche e soprattutto nella necessità di attivare immediatamente quelle strutture amministrative unificate di base (che con la solita sigla abbreviativa chiameremo SAUB) previste dalla direttiva 9 del Comitato centrale per la gestione della convenzione unica per la medicina generica e pediatrica.
Un posto di rilievo occupa la direttiva n. 7 con la quale le Regioni hanno inteso avviare il processo di unificazione ed integrazione delle strutture sanitarie mutualistiche con le altre strutture sanitarie pubbliche.
Tale processo, attuabile attraverso l'utilizzazione in comune degli ambulatori mutualistici, l'estensione e il completamento del convenzionamento tra Enti ospedalieri e mutue, il privilegio assoluto della struttura sanitaria pubblica rispetto a quella privata convenzionata, la disponibilità di locali e personale sanitario in favore degli Enti locali non può prescindere peraltro a livello regionale da un preliminare disegno programmatorio e dall'attivo coinvolgimento delle comunità locali.
In altri termini, poiché il processo di integrazione tra strutture sanitarie mutualistiche ed altre strutture pubbliche sanitarie deve comunque salvaguardare i livelli assistenziali e i limiti di bilancio degli Enti mutualistici, salvo incorrere in una gestione episodica e soggettiva è assolutamente necessario che ogni processo di integrazione e di utilizzazione delle strutture mutualistiche soggiaccia ad un riscontro di programmazione nel senso che, ben prima della formulazione dei piani socio sanitari a livello di ogni singola zona, sarà possibile già gestire la direttiva 7, utilizzando i criteri e le metodologie previste nel piano socio-sanitario regionale di imminente completamento (ricordo al proposito che i primi due documenti di piano relativi alle strutture sanitarie di base e integrative di base sono già all'esame della competente Commissione consiliare).
L'Assessorato ha comunque invitato le mutue a stipulare convenzioni con tutti gli Enti ospedalieri per tutte le prestazioni sanitarie ambulatoriali dagli Enti ospedalieri eseguibili, ed eventualmente con le infermerie previa peraltro autorizzazione della Giunta, Inoltre è stata bloccata ogni ulteriore iniziativa di convenzionamento tra strutture private societarie ed Enti mutualistici attraverso l'istituto dell'autorizzazione preventiva regionale, come previsto dalla direttiva n. 7.
Un cenno particolare merita peraltro il settore delle prestazioni sanitarie ambulatoriali gestito dai privati e convenzionato con le mutue.
E' di comune conoscenza come la spesa per prestazioni diagnostiche (analisi e accertamenti radiologici) sia in continuo aumento motivato non sempre da obiettive esigenze cliniche, ma al più da un non corretto metodo clinico diagnostico.
Riteniamo che ogni sforzo debba essere fatto affinché la tendenza all'aumento di spesa in questo settore come in quello farmaceutico debba essere bloccata: in tal senso ci adopereremo nelle opportune sedi, sia al tavolo delle trattative per il rinnovo della convenzione con gli specialisti esterni e sia per una migliore regolamentazione dell'attività intramuraria dei medici ospedalieri.
Definito infatti il contratto del personale ospedaliero, verrà a giorni presentato dalla Giunta un disegno di legge regionale elaborato dall'Assessorato sanità, concernente la regolamentazione dell'attività libero-professionale dei medici ospedalieri in attuazione dell'art 12 della legge 349.
Un cenno particolare merita a questo punto la direttiva 10 del Comitato centrale di liquidazione che prevede le procedure di integrazione dei consultori con la struttura sanitaria mutualistica: tale direttiva è stata tradotta operativamente in occasione della promulgazione della legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, per modo che l'attività consultoriale di educazione e di prevenzione è stata esaltata e resa più agevole: in attuazione della legge 405/75 è ora possibile che le prescrizioni farmaceutiche e di accertamento redatte dal medico consultoriale in favore delle assistibili delle mutue, vengano evase direttamente dai farmacisti e dagli Enti pubblici convenzionati con onere a carico diretto delle rispettive mutue.
Restano ancora da perfezionare alcuni aspetti relativi all'utilizzazione da parte dei consultori di personale e strutture mutualistiche: tale utilizzazione deve essere correttamente intesa non già come trasferimento in uso al consultorio di ambienti e personale mutualistico, quanto invece nel senso di una stretta integrazione funzionale, assegnando alla struttura mutualistica l'esecuzione di compiti specifici nell'area consultoriale: in tal modo si eviterà di incorrere in un abbassamento dei livelli assistenziali, e in un aumento della spesa mutualistica, aumento vietato dalla legge 349, ma soprattutto si eviterà una duplicazione di strutture sanitarie.
In data 31 maggio 1978 è stato completato e perfezionato l'accordo nazionale tipo per le convenzioni nazionali uniche per la disciplina normativa e trattamento economico dei medici generici e pediatri in ottemperanza agli artt. 8 e 9 della legge 349.
Le vicende della trattativa della convenzione per i medici generici e pediatri sono abbastanza note: converrà solo qui rilevare come nell'opera di completamento e perfezionamento della prima ipotesi siglata il 7 gennaio 1978 la Regione Piemonte, raccogliendo le osservazioni critiche mosse da più parti ed in particolare dalle organizzazioni sindacali, abbia svolto un'azione tesa ad una più pregnante rappresentatività regionale all'eliminazione di alcune dissonanze con il dettato legislativo, ed alla riconduzione degli istituti economici e normativi alla linea regionale di omogeneizzazione dei trattamenti, di maggior controllo pubblico, di maggior freno alla espansione della spesa sanitaria. Riteniamo che l'attuazione e la gestione della convenzione unica per la medicina generica e pediatrica debbano rappresentare per la Regione Piemonte un punto operativo critico ed essenziale per un'organizzazione sanitaria di base ispirata ai principi della riforma sanitaria.
In altri termini la convenzione con i medici generici e pediatri, se ben gestita dal potere pubblico, permetterà di attuare una capillarizzazione ed una territorializzazione dell'assistenza sanitaria di base, una maggiore qualificazione dell'opera dei medici attraverso l'osservanza delle incompatibilità e delle limitazioni di massimale di assistiti in carico a ciascun Ente, un costante controllo del potere pubblico a livello locale sull'organizzazione mutualistica, quale preludio ai poteri istituzionali dell'unità sanitaria locale.
Per questi motivi politici riteniamo che sia essenziale ed inderogabile l'attuazione in tempi brevissimi e programmati delle strutture amministrative unificate di base (SAUB), da parte degli Enti mutualistici secondo le indicazioni ed i programmi operativi dettati dalla Regione in base alla direttiva 9 del Comitato centrale.
L'Assessorato alla sanità, raccogliendo suggerimenti dei dirigenti mutualistici e le istanze evidenziate dalle organizzazioni sindacali regionali, e le osservazioni dei Comuni consultati in collaborazione con i Comitati comprensoriali, in collaborazione con il Consorzio regionale per il trattamento automatico dell'informazione in attuazione della legge regionale 13/78, sta predisponendo un progetto operativo per l'istituzione da parte degli Enti mutualistici delle strutture amministrative unificate (unitarie per tutte le mutue) di base dove espletare non solo la scelta e la revoca del medico da parte dell'assistito, il controllo del massimale degli assistiti di ciascun medico, le procedure atte ad assicurare la correttezza e la correntezza dei pagamenti ai medici, quanto anche altre attività, quali l'immatricolazione di nuovi assistiti, accorpando in questa struttura territoriale altre funzioni ora espletate dai singoli Enti ai vari livelli e quindi preludendo alla componente amministrativa dell'unità sanitaria locale. I punti cardini del progetto regionale per le SAUB sono: l'osservanza della legge regionale 41 per la determinazione dell'ambito territoriale di competenza di ogni singola SAUB l'ubicazione di dette strutture preferibilmente in locali mutualistici onde ridurre le problematiche connesse con la mobilità del personale l'agganciamento delle anagrafi degli assistibili alle anagrafi comunali, utilizzando l'esistente, anche attraverso metodi e strumentazioni moderne: per Torino è previsto infatti il collegamento in tempo reale mediante terminali in ciascuna SAUB con l'elaboratore dell'anagrafe comunale il coordinamento regionale per l'elaborazione dei dati il controllo politico organizzativo della Regione da delegare in seguito ai Consorzi costituiti secondo legge regionale 39/77.
Nella formulazione del progetto regionale si è costantemente tenuto conto dell'esiguità degli organici mutualistici che, al di là di ogni enfatizzazione e strumentalizzazione, è un dato reale con cui ci si deve confrontare e che deve essere di stimolo ad operare per assicurare i servizi amministrativi essenziali, integrandoli ed unificandoli.
Costante preoccupazione dell'Assessorato e della Giunta nelle vicende dell'attuazione della legge 349 è stata e sarà la verifica di coerenza dei deliberati del Comitato centrale di liquidazione degli Enti mutualistici e degli indirizzi normativi ed economici delle convenzioni sanitarie con le linee politiche di fondo del Piano di sviluppo della Regione per l'area socio-sanitaria.
Tale impegno dovrà, semmai, essere più vigile e attivo, in un prossimo futuro, sia per l'attuazione e la gestione della convenzione per la medicina generica e pediatrica e specialistica e sia per tutte quelle iniziative politiche, legislative ed amministrative che certamente scaturiranno dalla promulgazione della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale.
In questa situazione di notevole peso politico che vede protagonista la Regione, in questa situazione che vede l'Assessorato regionale alla sanità in prima linea per dare attuazione ad altri importanti leggi quali la 180/78 sui trattamenti psichiatrici obbligatori, e la legge 194/78 sull'interruzione volontaria di gravidanza, riguardando al passato e giudicando in chiave politica quanto è stato attuato dalla legge 349, per trarne motivo di spinta e forza per l'avvenire, non possiamo trascurare i veri nodi politici ancora non del tutto risolti che la gestione della 349 a livello nazionale e regionale ha posto in luce e che occorrerà risolvere pena la stagnazione ed il fallimento.
La verifica quindi non può essere solo un inventario dell'attività svolta dal Comitato centrale di liquidazione degli Enti, ma deve essere: un giudizio in termini politici dei rapporti che sono intercorsi tra Regioni, Ministeri, Mutue e Sindacati un giudizio in termini politici del modo con cui hanno operato tali protagonisti un giudizio in termini politici dello stato di trasformazione del sistema mutualistico che la 349 doveva indurre.
Dalla verifica non può estraniarsi la considerazione di quanto il quadro politico generale attuale potrà influire sull'attuazione della 349 sui rapporti tra i protagonisti, sulle prospettive a medio e breve termine della riforma sanitaria.
Un sereno e spassionato giudizio non può omettere che la pluralità degli Enti mutualistici, difformi nella loro consistenza e nel loro modo di erogare le prestazioni assistenziali-assicurative, si cementa ancora oggi nella persistenza di un'organizzazione burocratica verticale che dal centro dirama alle strutture periferiche le quali sono altamente condizionate e ben scarsamente autonome e poco recettive, se non talora in termini personali, al metodo di programmazione regionale.
La figura dell'interlocutore unico, prevista dalla direttiva 3 del Comitato, centrale quale rappresentante di ogni singola mutua a livello di ogni singola Regione, non appare altro che una sorta di latore di messaggi tra due strutture, una, quella regionale, dotata di piena autonomia politica e di potestà legislativa, e l'altra, quella mutualistica centrale non elettiva, con funzioni prevalentemente operative.
Ogni e qualsiasi decisione che abbia una qualche importanza o significato innovativo, ancorché strettamente in linea con le direttive del Comitato centrale in liquidazione, ancorché sollecitata dagli organi regionali, deve ancora passare al vaglio autorizzativo delle direzioni generali degli Enti e dei Commissari liquidatori. Cosicché l'interlocutore vero delle Regioni è oggi ancora l'Ente nella sua espressione centrale.
A parte la vischiosità delle procedure che ciò comporta, allo stato attuale il processo di liquidazione degli Enti non è andato molto oltre le espressioni contenute nelle direttive.
In altri termini le direttive al più possono rappresentare degli strumenti di trasformazione che debbono e possono essere usati a due mani (Regioni e mutue), ma che in effetti e per motivi in gran parte non imputabili alle Regioni, sono sempre utilizzate appieno con spirito politico.
Già il processo di formazione delle direttive del Comitato centrale di liquidazione ha emblematicamente dimostrato che in buona sostanza gli Enti mutualistici sono controparte con cui le Regioni trattano e non già, come correttamente deve intendersi la 349, un'organizzazione che collabora in chiave tecnica con le Regioni e il Governo per la realizzazione a breve termine del Servizio sanitario nazionale.
Appare quindi abbastanza chiaro che il primo comma dell'art. 1 della 349, laddove si statuisce il passaggio delle funzioni amministrative dalle Mutue alle Regioni, e la messa in liquidazione degli Enti mutualistici, è considerato certamente meno incisivo del successivo art. 3 relativo ai poteri dei Commissari liquidatori.
In altri termini, ancorché formalmente in liquidazione, gli Enti mutualistici sono stati finora non molto disponibili alle trasformazioni anche per effetto di alcuni vincoli posti dalla legge 349, quale l'osservanza delle disposizioni statutarie e dei limiti di bilancio.
E' ben vero che la trasformazione del sistema ha da essere graduale programmata, verificata e coerente con le leggi statali e regionali vigenti o di certa emanazione: tuttavia tra il gradualismo della trasformazione e l'immobilismo e la resistenza del sistema la differenza è sostanziale.
Né le Regioni possono supinamente accettare di riservarsi il loro intervento concreto solo al momento dello scioglimento reale ed effettivo degli Enti mutualistici, e del passaggio della gestione, senza poter controllare quanto oggi gli Enti fanno, di quanto il sistema mutualistico degradi e perda di efficacia assistenziale per il concorrere di numerosi fattori (non ultimo la mancata definizione dei rapporti politici tra Stato Regione e Mutua).
In definitiva quindi l'attuazione della legge 349 si è risolta solo nella costituzione del Comitato centrale di liquidazione e nella formulazione di alcune direttive, il cui contenuto peraltro è in grandissima parte politicamente pregevole, ma non ha apportato sostanziali modifiche né nei rapporti tra Regioni ed Enti, né sostanziali mutamenti nell'erogazione assistenziale sia in termini di qualità che di riduzione di spesa.
L'azione del Governo in questo scorcio di validità della legge 349 è stata connotata più da tecnicismo che da reale e concreto apporto politico: comunque il Governo non è andato oltre un'azione di mediazione tra le parti e per ciò stesso ha riconosciuto la caratteristica e la funzione di parte degli Enti mutualistici in una vicenda ed in un processo in cui coraggiosa mente occorreva schierarsi con il sistema delle autonomie locali.
Anche sul piano degli interventi finanziari ed economici a sostegno dei bilanci degli Enti in liquidazione in difficoltà per il pagamento delle prestazioni e per il contributo al Fondo nazionale ospedaliero l'azione del Governo è stata non sempre continua e non sempre coordinata, dando esca a rivendicazioni ed agitazioni degli operatori sanitari.
A parte la difformità nelle strutture organizzative e i diversi stadi di avanzamento della realizzazione dei programmi tesi alla riforma, è forse mancato alle Regioni presenti nel Comitato centrale il coraggio e la combattività e unitarietà necessari per definire chiaramente il sistema dei rapporti messi in luce dalla 349, per proclamare che il processo della liquidazione degli Enti doveva essere guidato dalle Regioni, che i Ministeri dovevano assumere solo una funzione di coordinamento generale senza interferire su materia di competenza regionale, che con gli Enti mutualistici ridotti ad espressioni operative ed amministrative non potevano aprirsi trattative, ma solo e necessariamente colloqui tecnici.
Un cenno appare necessario circa i rapporti con le organizzazioni sindacali confederali e di categoria. Appare evidente che un travaglio interno agita le confederazioni sui problemi della 349, talché una linea sindacale decisa e chiara e soprattutto unitaria non è ancora apparsa.
Ma ciò non può essere motivo di scandalo: la 349 in definitiva pu considerarsi una sorta di cartina di tornasole per distinguere chi lavora per la riforma sanitaria da chi dice di lavorare per la riforma sanitaria.
Mentre non può assolutamente dubitarsi che le confederazioni ostacolino in qualche modo il processo di riforma, non può dimenticarsi che tale processo incide su interessi legittimi del personale di cui il sindacato deve farsi carico.
Cosicché mentre a livello confederale le posizioni sono di consonanza con le Regioni, a livello categoriale le titubanze nell'attuazione dei progetti regionali sono talora evidenti da diventare qualche volta clamorosi quanto più l'organizzazione sindacale abbia una visione meramente corporativa, come risulta dai sindacati autonomi.
Il nuovo quadro politico che vede una larga maggioranza democratica in un governo di unità nazionale avrà certamente influenza sull'attuazione della 349, ma forse non nel senso e nei modi che le Regioni auspicano. E' da paventare infatti che il ruolo delle Regioni nella guida del processo di trasformazione del sistema mutualistico sia destinato forse ad impallidire a svigorirsi fino ad insterilirsi di fronte ad una ripresa e rafforzamento del potere statale centrale quale inevitabile conseguenza e dell'allargamento delle maggioranze e del maggior peso governativo e parlamentare.
Da attori quali indicate dalla 349, le Regioni, al più, potrebbero essere ridotte ad essere comprimari, sperando di non rivestire il ruolo di comparse o di cinghia di trasmissione dei deliberati centrali al territorio regionale.
Al giudizio politico non del tutto positivo dopo un anno di validità della 349, deve corrispondere una linea politica regionale da realizzare nell'immediato futuro, linea che deve condizionare l'evoluzione del sistema nel breve ed intenso periodo che ci separa dal 1° gennaio 1979, data sotto cui gli Enti mutualistici cesseranno in virtù della legge 382 del D.P.R.
616.
Tale linea politica si basa: sul ruolo prioritario che le Regioni devono assumere sul piano politico e sul piano istituzionale amministrativo in materia sanitaria secondo l'art, 117 e 118 della Costituzione e secondo le leggi 349 del 1977, 382 del 1975 e del D.P.R. 616 sul ruolo meramente tecnico e di supporto operativo che gli Enti mutualistici debbono svolgere: ciò comporta una reale ed effettiva autonomia operativa per le strutture periferiche mutualistiche, per modo che l'interlocutore unico sia in grado di attuare i programmi regionali secondo lo spirito e la norma delle direttive del Comitato centrale in liquidazione sul ruolo di interlocutori primari che alle Confederazioni sindacali Cgil Cisl e Uil deve essere riconosciuto in quanto portatrici dell'istanza dell'utenza e dei lavoratori, ritenendosi preminente l'obiettivo di realizzare la riforma a fronte di altri interessi sul potere di coordinamento e di integrazione con altri settori della vita politica, sociale ed economica del Paese che il Governo deve esercitare, senza peraltro che tale esercizio si risolva e si concretizzi in indebite interferenze da parte dello Stato in materia di competenza regionale sulla volontà e capacità di ogni singola Regione di partecipare in modo attivo e collegiale alla formulazione ed attuazione delle linea regionale per la 349, e di procedere nel proprio ambito territoriale con metodo programmatorio alla costruzione di un sistema socio-sanitario riformato.
Riteniamo, giunti alla conclusione di questo excursus in chiave politica sui problemi della 349, che il Consiglio regionale debba esprimersi, dando mandato alla Giunta di assumere tutte quelle iniziative di ordine amministrativo atte ad assicurare l'attuazione da parte degli Enti mutualistici delle direttive del Comitato centrale di liquidazione ed in particolare atte a realizzare una corretta gestione della convenzione unica per la medicina generica, pediatrica e specialistica ambulatoriale.
Sarà cura della Giunta, tenuto conto di altre importanti e prossime scadenze, informare con periodicità il Consiglio regionale sul processo di trasformazione del sistema mutualistico e sugli aspetti politici di attuazione della legge 349.



PRESIDENTE

L'intesa era che su questa ampia comunicazione della Giunta vi sarebbe stata la possibilità di brevi interventi, rinviando il dibattito ad un esame più approfondito, anche sulla base del documento distribuito ai Consiglieri.
Chiede di parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

E' estremamente corretto quanto ha detto il Presidente sull'accordo dei Capigruppo; tuttavia poiché l'intendimento era di provocare, a caldo qualche reazione, che probabilmente verrebbe sfumata in una disamina più globale del problema, mi pare doveroso esprimere alcune impressioni sull'esposizione dell'Assessore.
Si è preoccupati delle difficoltà e delle resistenze che si avvertono nelle strutture soprattutto delle aderenze che tali resistenze sembrano avere con il potere centrale o comunque con le linee della grande burocrazia. Pensiamo di esprimere tutta la nostra solidarietà non tanto all'Assessore, quanto alla struttura regionale nell'opera che sta svolgendo garantendo un clima di collaborazione e di efficienza per riportare un rapporto corrente.
Devo fare due notazioni di tipo politico alla dichiarazione dell'Assessore. In primo luogo non mi pare serio ribadire ad ogni pi sospinto che il governo di unità nazionale (tra l'altro non è un governo, è una maggioranza) dovrebbe risolvere questi problemi.
Se dobbiamo giudicare come sta risolvendo i problemi economici e dell'ordine pubblico questo governo dovremmo augurarci quanto prima una larghissima minoranza nazionale, perché se una larga maggioranza ha tempi così lunghi di gestione sembrerebbe che una maggioranza minima realizzerebbe ugualmente in tempi altrettanto ristretti. Non sono battute molto spiritose, però comportano una riflessione; le forze politiche devono elaborare su questi temi proposte di soluzione, perché non possono ritenere che messianicamente l'unità comporti la soluzione.
In merito alle linee politiche di comportamento nei mesi che rimangono prima della definitiva contrattura della problematica, concordo con l'Assessore sulla necessita di rivendicare alla Regione un ruolo prioritario dal punto di vista scientifico e tecnico, non tanto per un improvviso amore regionalistico, ma semplicemente perché il non realizzare pienamente questo risultato significherebbe apportare degli elementi di distorsione e di non funzionalità del sistema.
Mi pare si possa dire altrettanto della seconda linea operativa che intende promuovere l'Assessore, cioè quella di ridurre non in termini qualitativi, ma funzionali l'apporto tecnico, operativo e gestionale degli Enti mutualistici; nella misura in cui si ridurranno da un punto di vista funzionale queste funzioni, sarà opportuno cercare di valorizzarle ed utilizzarle al massimo delle loro potenzialità.
La terza linea operativa che fenderà a privilegiare il ruolo del sindacato ci trova solidali con due piccole chiose in merito all'enunciazione dell'Assessore. Egli ha indicato, un po' grossolanamente mi si scusi il termine - i sindacati come portatori prioritari delle istanze e delle utenze dei lavoratori. Sul problema delle utenze andiamoci cauti, perché la funzione rappresentativa delle istituzioni, nel loro complesso, verrebbe messa in discussione, i cittadini, a mio avviso, vanno rappresentati dalle istituzioni, non dai sindacati. Certamente i sindacati nella misura in cui la totalità dell'utenza coincide con la totalità dei lavoratori, hanno una posizione particolare come contraddittorio colloquiante; ma questa enunciazione in una dichiarazione programmatica che si può ridurre a tre punti focali mi sembra leggermente fuorviante. Mi pare anche abbastanza fuorviante l'appunto critico che l'Assessore ha voluto fare ai sindacati autonomi (che io non intendo difendere). Queste enunciazioni politiche a flash, fatte dall'Assessore, non vorrei che in definitiva fossero una richiesta di un tipo di intervento, soprattutto per quello che riguarderà l'attività di contrattazione con gli specialisti esterni e con il personale medico in genere, che riconosce valida la tendenza in atto all'appiattimento delle funzioni e dei corrispettivi.
Anche in paesi a struttura non capitalistica si sta recuperando, giorno per giorno, la qualità dell'attività e la giustificazione di un corrispondente riconoscimento sul piano giuridico, umano, normativo e, ovviamente, sul piano economico.
Con queste brevi riserve, condivido la relazione dell'Assessore, che ringrazio per la puntualità e soprattutto per averne voluto fare oggetto di colloquio con l'assemblea regionale e non una comunicazione asettica e fredda come sarebbe stato il semplice deposito sui banchi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

La lettura della relazione dell'Assessore Enrietti ci trova concordi sia nelle linee già attuate nel passato che in quelle ipotizzate per il futuro. In attesa di intervenire in un dibattito più approfondito faccio alla Giunta una raccomandazione specifica per quello che riguarda il personale delle mutue. I dati che ci ha esposto l'Assessore fanno riferimento a un congruo numero di addetti relativamente alla popolazione ed ai compiti che saranno assegnati e quindi si può ipotizzare interamente assorbibile. Da questo punto di vista raccomando che l'approccio al personale venga fatto in termini precisi e chiari da parte della Giunta regionale per dare la garanzia che a tutti gli operatori del settore venga riconosciuta la continuità dell'operatività.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Ferrero. Ne ha facoltà.



FERRERO Giovanni

L'ampia e stimolante relazione dell'Assessore necessariamente dovrà rinviare ad altre sedi di discussione il dibattito il quale sarà incentrato anche sulla valutazione e sul contributo che, quali amministratori e legislatori, noi singoli e le forze politiche vorremo dare alla configurazione tecnica, ai diversi momenti e modi concreti di attuazione di un disegno generale.
In questa sede, però, l'intervento deve necessariamente entrare nel merito per quanto attiene alle posizioni che ciascuna forza politica soprattutto una grande forza politica come la nostra, deve avere sugli aspetti che correttamente sono stati ricondotti a questioni politiche e non ancora a concretizzazioni tecniche ed amministrative di un disegno generale. Tra l'altro, la questione al centro della relazione dell'Assessore ha nel lavoro della Commissione che presiedo un'importanza preminente rispetto ad altre materie che nelle settimane passate abbiamo discusso, ossia la trasformazione e la riorganizzazione dei servizi in rapporto all'autonomia che i diversi soggetti, politici e tecnici, debbono avere, il recupero del concetto di coordinamento, di direzione, di programmazione, di responsabilità politica che in questa assemblea legislativa deve attuarsi, la costituzione dei consorzi, la riorganizzazione delle mutue, il problema delle strutture ospedaliere, del piano socio-sanitario.
Si tratta di trovare nei diversi settori delle vie che abbiano anche carattere inedito, ma che siano chiaramente indirizzate alla trasformazione. Credo che su questo tema generale giunga il momento della concretezza e quindi il momento in cui si misurano intuizioni del passato più o meno brillanti, nella loro capacità di produrre questo o quell'effetto nella trasformazione concreta della realtà. Si tratta di dare la forza della politica a un dibattito che in passato ha avuto, in modo positivo, l'ampiezza e la vivacità della posizione culturale.
Mentre la Giunta regionale è tesa ed impegnata, pur con le strutture ridotte di cui può contare, per l'applicazione delle leggi nazionali e delle leggi regionali, non può che esserci il dibattito tra i partiti anche all'interno delle stesse forze politiche, sugli obiettivi e sui criteri irrinunciabili in ordine a questa trasformazione.
Forse è la prima volta che si incomincia a cambiare qualche cosa in questa materia. Altre più ristrette, apparentemente più compatte maggioranze, non pare abbiano prodotto risultati soddisfacenti negli anni passati, anzi la presenza delle forze della sinistra all'interno della maggioranza fanno emergere situazioni per troppi anni nascoste e mantenute al di fuori della conoscenza della comunità del nostro Paese.
Quali sono i problemi che giustamente venivano individuati nella relazione? Questioni di ambiguità legislativa, resistenze nei confronti del processo di trasformazione ed anche difficoltà tecniche realizzative di un certo disegno di riforma, sapendo che la difficoltà e la scommessa più grande su cui chi opera, contemporaneamente o non contemporaneamente su questi tre tasti, è uno slittamento dei tempi, quindi è creare condizioni tali da non avere più possibilità né di sciogliere le ambiguità, né di superare le resistenze, né di proporre delle soluzioni tecniche che siano funzionanti. Questo giustifica la tempestività con cui la Giunta si muove e la necessità che, dopo questo dibattito, prima cioè del successivo dibattito più specifico, l'iniziativa continui nei ritmi più rapidi possibili.
Quindi, ambiguità, resistenze, difficoltà tecniche realizzative che si frappongono alla realizzazione di un obiettivo duplice: la realizzazione della riforma, quindi l'applicazione dei principi che tutti condividiamo con l'affermazione dell'autorevolezza di nuove sedi di governo, ad esempio l'autorevolezza della programmazione regionale, quindi la vittoria - voglio dirlo chiaramente - della riforma sulle posizioni di potere; la seconda posta in gioco è di impedire, e questo il cittadino deve saperlo e deve valutarlo - che vi sia continuità delle disfunzioni del passato e che la struttura riformata della sanità si trovi, al suo nascere, come elementi vincolanti e non modificabili, i tarli che hanno roso ed affossato la struttura pubblica nello specifico settore. Si tratta di riaffermare la centralità del discorso che, per il mio partito, non è sugli aspetti assistenziali, ma sul legame stretto che un intervento sanitario e sociale deve avere nella diminuzione delle persone assistite, nel legame con i discorsi del Piano regionale di sviluppo, nella concezione del futuro del Piemonte sul piano dei rapporti con le forze produttive.
Se non vi è questo legame e se non sono questi i due obiettivi che si vogliono prefiggere, il segno di grandi trasformazioni legislative nazionali, può andare nel senso opposto a quello che vogliamo, ossia non verso l'affermazione del ruolo del Comune, come ente generale, e della Regione, come ente di programmazione, ma invece verso un'operazione di scarico incontrollato sul Comune stesso di funzioni incoerenti rispetto alle sue funzioni generali, così incoerenti da rendere vano qualunque discorso di autonomia e di rilancio del Comune.
Giustamente l'Assessore ha individuato nella sua relazione il quadro legislativo entro il quale la Regione si muove. Ma in ordine a questo aspetto debbono essere fatte alcune affermazioni: intanto, che i principi e le parole delle leggi contano e che le leggi non contano solamente per i marchingegni, le trappole o i dettagli che possono contenere. L'art. 1 della legge 349 stabilisce che le funzioni amministrative passano alle Regioni e questa affermazione, al di là del testo letterale, ha un significato politico irrinunciabile. In conseguenza i Commissari delle mutue sono Commissari liquidatori, quindi non hanno funzioni di mantenimento, bensì di estinzione la più rapida possibile, la più indolore possibile e la più efficiente possibile. Si valuterà la loro capacità tecnica, ma non la loro possibilità politica di decidere del destino degli Enti.
Ma vi sono altre questioni che riguardano il D.P.R. 616, e cioè che la materia di sanità e di assistenza è attribuita ai Comuni. Il potere si afferma attraverso a diverse iniziative e non sempre e solamente attraverso deliberazioni e atti amministrativi; si afferma anche attraverso alla capacità di spiegare alla gente le situazioni e di chiedere ai lavoratori ai cittadini di muoversi perché certi obiettivi vengano indicati.
Se la responsabilità dei Comuni e della Regione - il caso della psichiatria è sintomatico poiché i primi cittadini cominciano a rivolgersi al Sindaco ed all'Assessore per avere informazioni - se quindi la posizione di chi deve liquidare le mutue è politicamente coperta dal fatto che la responsabilità è comunque di altri, anche le norme che graduano la realizzazione nel tempo di queste fasi hanno una chiave certa di interpretazione, non possono essere equivocate e utilizzate per ottenere dei risultati che sono divergenti rispetto alla ratio generale ed ai principi ispiratori della riforma.
Credo che vi sia un secondo elemento, non equivoco, che scioglie qualunque dubbio: le leggi che la Regione ha approvato, nel momento in cui hanno ottenuto il visto da parte del Commissario di Governo, fanno obbligo a ciascuno di rispettarle e di farle rispettare, quindi non contengono che norme vincolanti per il Consiglio regionale ma anche per gli altri soggetti che nella Regione Piemonte operano.
Vi sono due leggi che fissano gli ambiti territoriali unitari per tutte le funzioni. Nella legge 41 è scritto che tutti i servizi di base debbono essere in quegli ambiti territoriali unificati e ricondotti ad un elemento centrale: è questo un principio politico per cui non è possibile null'altro che la gradualità nell'applicazione; non è possibile alcuna deroga, quindi altre zonizzazioni, altre questioni non sono compatibili con la legge. Così come nella legge 41, anche sulla legge 39, sulla sua ossatura generale suoi aspetti istituzionali vi è l'accordo; la prima parola del titolo della legge è "riorganizzazione", non "aggiunta". Il principio dell'utilizzazione dell'esistente, della sua profonda e incisiva trasformazione è un obbligo per la Regione.
Quindi le ambiguità debbono essere fugate sia sul piano giuridico e chi intende giocare su presunte ambiguità deve essere considerata persona a cui deve essere consigliata una più attenta lettura delle disposizioni vigenti.
Vi è un terzo elemento che fuga qualunque ambiguità. E' il fatto che deve esserci un impegno diretto e una espressione chiara di volontà politica su questi temi da parte della Regione. Se la Regione rinunciasse al ruolo di proposta e di indicazione, potrebbe rinunciare nei confronti degli Enti locali alla funzione di coordinamento, di contributo, di supporto che è indispensabile per evitare che una montagna incontrollata di competenze e di funzioni, tra di loro scoordinate, in carenza di strutture per eseguirle, si scateni sui 1209 Comuni del Piemonte? Credo di no. E' chiaro quindi che l'impegno della Regione e la sua espressione in questa e nelle altre sedi competenti è una scelta sulla quale noi ci pronunciamo molto nettamente e l'Assessore, altrettanto nettamente, si è pronunciato. Quindi il problema delle ambiguità pu risiedere nella politica delle forze politiche, ma non può risiedere nell'esame della legislazione e della realtà.
Vi è il problema delle resistenze. Credo che una parte di esse sia comprensibile. Non voglio riaprire polemiche, tuttavia va detto che per anni le strutture mutualistiche sono state lasciate senza effettiva e reale guida e, quel che è peggio, senza che venisse individuato l'obiettivo verso cui chi vi operava doveva tendere; si è lasciato un grandissimo numero di lavoratori, prima commissariati poi liquidati, senza che da parte del Governo emergesse in modo nitido l'obiettivo verso cui il loro lavoro doveva tendere. E' evidente che oggi raccogliendosi la pesante eredità del passato le resistenze si sono moltiplicate con iniziative positive ma spesso tra di loro non coordinate.
Credo che tutti abbiano presente la dimensione delle risorse che si destinano alle mutue. Voglio fare un esempio puramente ipotetico: se vi fosse 11,5% di doppie iscrizioni in una cassa mutua, il costo sarebbe di 900 milioni (l'1,5% è una percentuale molto bassa). Mi rifaccio con la memoria al tempo in cui vi erano in Piemonte grandi fenomeni di immigrazione stagionale nel settore edile e certamente vi è stato chi veniva iscritto ogni volta che lavorava per una azienda diversa.
L'obiettivo che la Regione deve prefiggersi è di permettere l'iscrizione nei ruoli dei cittadini che non hanno ancora fatto la scelta del medico e il pagamento dei medici. Le categorie dei medici sono andate avanti per anni senza la dovuta correttezza e correntezza del pagamento di quanto gli era dovuto, in una situazione, quindi, che non favoriva certamente la collaborazione tra le strutture della riforma e la categoria.
Il garantire entro i tempi che derivano dall'applicazione della convenzione nazionale, fine ottobre, l'iscrizione dei cittadini e l'inizio del meccanismo di contabilità nei confronti della categoria dei medici è il significato della riforma. Lo stesso discorso vale nei confronti delle organizzazioni sindacali che hanno espresso posizioni nette a livello confederale nazionale e che poi trovano difficoltà e resistenze all'interno di alcuni settori nell'applicazione concreta delle indicazioni date.
Vi è infine il problema delle difficoltà tecniche e realizzative. Non è mai accoglibile la proposta di un tecnico che, di fronte ad una soluzione politica, dice: "non si può fare". Le soluzioni possono costare, possono essere difficili, ma certamente tutte le cose di questo mondo sono possibili. Se si incontrassero delle difficoltà nella realizzazione di un certo progetto si tratterà di valutare altre proposte che sono pronte da anni. Certamente non è pensabile che una posta in gioco di queste dimensioni possa avere come reazione l'elencazione delle difficoltà.
Aggiungo un'ultima considerazione che non c'entra con le mutue. Mi rendo conto che alcuni Consiglieri possono ritenere che il mio intervento sia stato troppo lungo e che occorreva discutere in altra sede. Ne prendo atto e me ne assumo la responsabilità, dico però che la discussione, il lavoro e la riflessione sui singoli aspetti debbono avere ragionevoli tempi e sviluppo in altre sedi dove le forze politiche abbiano la possibilità di dire pubblicamente quello che pensano. Non voglio fare della polemica preventiva, dico però che sulla questione delle mutue e della sanità, sia la maggioranza che l'opposizione non possono non avere una propria opinione, al di là dei dettagli tecnici.
Entro il 31 ottobre i medici devono essere pagati e i cittadini devono iscriversi alle mutue, altrimenti rimangono privi di assistenza: si tratterà di trovare il personale, di addestrarlo, di aprire gli uffici, di predisporre moduli, lavoro complesso che dovrà essere svolto anche durante il periodo feriale. Di fronte a questa situazione la questione dell'eleganza formale in questa sede non mi interessa.
La mia forza politica non va dalle organizzazioni mediche a dire che essendo noi fini disquisitori e avendo noi un regolamento, non paghiamo.
Una forza politica poteva, secondo me, un anno fa....



MARTINI Mario

Stai facendo il processo alle intenzioni.



FERRERO Giovanni

Questa cosa - l'ho detto - non riguarda il mio Gruppo, riguarda la mia persona. Dichiaro che su questi argomenti sono malevolo e sospettoso e rispondo della mia malevolenza.
La situazione rischia di peggiorare. Personalmente non sono disposto a tollerare nessuna questione formale come superiore a questioni di sostanza.
Voglio quindi che, attraverso alla stampa ed attraverso alla discussione in Consiglio regionale, risultino chiare la posta in gioco, le posizioni dei Gruppi e anche la mia malevolenza. Non è un giudizio politico negativo sul Partito o sulla nostra collega Ariotti, è una mia valutazione che deriva dalle molte riunioni tenutesi in Piemonte sulle questioni inerenti le Unità locali dei servizi, è una valutazione che qualunque cittadino può fare.
Il problema della maggioranza e dell'opposizione non gioca soltanto qui dentro. La dottoressa Vietti ed io possiamo trovarci d'accordissimo su tutto o su molte cose, ma c'é anche un problema di maggioranza e di opposizione, di resistenze e di opposizioni anche terroristiche nei confronti della riforma che possono svilupparsi nei fatti. Quindi chiedo ad ogni forza politica se è d'accordo o se non è d'accordo, ad esempio, sulla posizione che suoi membri svolgono in altre sedi. E' una questione personale che deriva dal fatto che da un anno e mezzo assisto a posizioni che in una sede hanno un colore ed in un'altra ne hanno un altro. Queste cose non sono tollerabili.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Vietti.



VIETTI Anna Maria

Il nostro Gruppo ha espresso ieri, in occasione dell'annuncio di questo dibattito, la volontà di intervenire in modo chiaro ed approfondito, in una seduta di Consiglio successiva, per avere modo di valutare la relazione dell'Assessore.
E' evidente che la situazione del commissariamento delle mutue è legato ai problemi della politica ospedaliera, al problema del piano socio sanitario regionale, che noi da tanto tempo sollecitiamo nella sua stesura definitiva, alla politica dei Consultori, alla politica dell'assistenza psichiatrica conseguente alla nuova normativa, alla politica del personale delle mutue.
Ci rendiamo conto della complessità dei problemi e riteniamo che questa poteva essere l'occasione per fare un'approfondita discussione sul problema dell'assistenza ospedaliera, sui problemi della gestione della sanità, che da tempo è stata annunciata ma che mai è stata iscritta all'ordine del giorno del Consiglio.
L'intervento del Consigliere Ferrero ha già anticipato quello che noi ritenevamo dovesse essere dibattuto più in generale e più approfonditamente.
Non posso che riaffermare, come già dimostrato dal contenuto dei progetti di legge presentati a livello nazionale, che la D.C. è d'accordo sulla riorganizzazione dei servizi sanitari, su una loro gestione diversa su un'organizzazione che meglio corrisponda alle esigenze della moderna società.
E' necessario il superamento dell'organizzazione verticistica che fa capo agli Enti nazionali, è necessario prevedere un'organizzazione che stabilisca il Comune come il soggetto principale, che esalti la partecipazione dei cittadini, che stabilisca l'integrazione dei servizi sociali con i servizi sanitari, che veda la Regione come Ente di coordinamento e di indirizzo, in rapporto alle competenze che le derivano dall'art. 117 della Costituzione.
Se abbiamo votato contro la legge 39 non è perché non condividessimo le previste linee di fondo dell'organizzazione dei servizi socio-sanitari, che erano anche le linee di fondo della proposta di legge n. 154 della D.C.
Sulle linee di fondo siamo d'accordo, dissentiamo su alcuni punti come sulla "unificazione" dei momenti sociale, sanitario ed assistenziale anziché sulla loro "integrazione", dissentiamo sui "servizi di secondo livello" che secondo noi non devono essere gestiti dalle unità locali, dove è localizzato il servizio, ma da un Comitato di gestione o da un Ente locale che rappresenti gli utenti della struttura sociale o sanitaria ritenendo che una corretta amministrazione preveda la gestione dei servizi da parte dei rappresentanti degli utenti e non già dai rappresentanti residenti del territorio, ove ha sede la struttura sociale od ospedaliera.
Siamo quindi lieti di affrontare questa tematica, ma dopo aver esaminato la relazione dell'Assessore. Nel prossimo Consiglio quindi potremo affrontare questi complessi problemi. Ritengo tuttavia di dire al Consigliere Ferrero che non è il caso di fare delle polemiche verso gli Enti mutualistici. Hanno avuto degli aspetti negativi, ma certamente anche degli aspetti positivi, per esempio, per certe mutue la gestione da parte dei rappresentanti degli utenti: è già stato un passo in avanti nella concessione della partecipazione dell'utente nella gestione del servizio sanitario. Non dobbiamo vedere soltanto i lati negativi.
Come forza di opposizione dichiaro che la Giunta deve predisporre un piano che dovrà essere attuato al momento in cui i Comuni avranno le competenze.
Non dovrà avvenire, come è avvenuto, con la legge psichiatrica: da tempo si sapeva che la legge doveva essere approvata.
Si predisponga l'intero organigramma perché immediatamente possa essere attuato, al momento in cui i Comuni, in forma consortile o decentrata assumeranno le competenze. Se questo non fosse, temo che i principi ispiratori più validi e la volontà di riorganizzazione che tenga conto dell'esigenza di decentrare i servizi sul territorio e di far partecipare la gente, potrebbero essere disattesi per carenza di strutture e, in pratica, si potrebbe determinare una dequalificazione degli interventi assistenziali.



PRESIDENTE

Con l'intervento della dottoressa Vietti ritengo parzialmente concluso questo scambio di opinioni piuttosto ampio, ma non esaustivo dell'argomento. Nella riunione dei Capigruppo di stasera saranno fissate date e temi delle prossime sedute del Consiglio, anche in merito a questo argomento.


Argomento: Assestamento di bilancio

Esame progetto di legge n. 326 "Assestamento di bilancio per l'esercizio finanziario 1978"


PRESIDENTE

Il Consiglio si è unanimemente dichiarato d'accordo di approvare oggi il disegno di legge n. 326: "Assestamento di bilancio per l'esercizio finanziario 1978". Suggerisco di iniziare subito a trattare questo argomento, poiché, da un'indagine conoscitiva sui tempi necessari, risulta che occorreranno circa 4 ore per le due relazioni, gli interventi, le repliche e le dichiarazioni di voto.
Dopo tale approvazione, esamineremo la legge sulle cave e torbiere, la cui relazione è stata letta ieri sera. Vi sono delle obiezioni a questa procedura? Non ve ne sono. Possiamo quindi passare all'assestamento di bilancio per l'esercizio finanziario 1978. Relatore è il Consigliere Rossotto che ha facoltà di parlare.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Ai sensi dell'art. 42 della legge di contabilità regionale l'assestamento di bilancio ha lo scopo di aggiornare i residui attivi e passivi, iscritti nel bilancio, in base ai dati definitivi risultanti dal conto consuntivo dell'esercizio precedente, aggiornare l'avanzo o il disavanzo finanziario risultante al termine dell'esercizio precedente nonché apportare le successive variazioni che assicurino l'equilibrio del bilancio in termini di competenza e di cassa, ed infine aggiornare la giacenza di cassa iscritta in bilancio indicandone l'ammontare risultante dal conto consuntivo. Questa è la reale operazione di assestamento, di natura prettamente contabile, la quale oltre a far apprezzare l'importanza della formazione del conto consuntivo in epoca anteriore alla sua attuazione, pone in rilievo i riflessi di natura finanziaria e politica che la gestione del bilancio dell'esercizio precedente ha nei confronti dell'esercizio successivo.
L'ultimo comma dell'articolo summenzionato prevede che, con la legge di assestamento, possono essere introdotti in bilancio altre opportune variazioni, ai fini dell'attuazione del programma pluriennale di attività e di spesa. Ed è questa la parte discrezionale dell'operazione, che suscita e richiede confronti di opinioni sulla gestione finanziaria e politica del bilancio. Il bilancio assestato presenta complessivamente una maggior previsione di competenza di 35.650 milioni pari al 5% dell'ammontare complessivo del bilancio approvato, mentre i residui attivi si sono ridotti, dall'inizio dell'esercizio, di 50.485 milioni, pari al 6,7% del loro ammontare al 31/12/1977, ed i residui passivi presentano una diminuzione di 40.065 milioni pari al 5,9%.
Nell'esaminare più dettagliatamente le variazioni subite dalle previsioni iniziali, rileviamo che il dato più significativo, relativo alle entrate derivanti dai tributi propri della Regione e delle quote di partecipazione del fondo comune, è la riscossione di 37 miliardi di residui, corrispondente all'ultima quota dell'esercizio 1977 del fondo comune, che lo Stato doveva ancora versare.
Relativamente alle entrate derivanti da assegnazioni dello Stato l'incremento più rilevante è rappresentato dai 33 miliardi che, aggiunti allo stanziamento iniziale, corrispondono alle assegnazioni complessive del programma triennale per l'edilizia scolastica, la cui iscrizione in bilancio è autorizzata dalla legge stessa.
Sempre in relazione alle assegnazioni statali vi è da rilevare una riduzione di 12 miliardi, in quanto incassati, dei residui attivi al 31/12/1977.
Nel settore delle entrate per funzioni delegate si rileva invece un incremento delle previsioni di cassa di 5 miliardi, che si accorda con quella politica di maggior liquidità che lo Stato è in grado di attuare nei confronti delle Regioni. Tra le entrate derivanti da rendite patrimoniali e da utili di Enti o Aziende regionali, si rileva una riduzione per 2 miliardi dei residui relativi agli interessi attivi, corrispondenti agli interessi sui depositi già liquidati dalle banche e riscossi.
Infine, tra le operazioni di credito, appare significativa una maggiore previsione di cassa di 38 miliardi riguardante maggiori introiti dalla Tesoreria generale, per l'incremento dei versamenti alla Tesoreria centrale da parte dello Stato, incrementi che sono stati calcolati, in media, di 3 miliardi circa mensili.
Lo stato di previsione della spesa ha pure subito variazioni che si sono ripercosse su tutte le aree di attività e d'intervento, variazioni che sarà utile esaminare nelle loro grandi linee. L'area di attività presenta una maggior previsione di spesa di 3.600 milioni circa ed una diminuzione dei residui passivi di 8.300 milioni, pari al 22% del loro ammontare al 31/12/1977.
Mentre la riduzione dei residui passivi è spiegabile col fatto che si tratta per lo più di spese correnti, i cui residui sono di più facile estinzione, l'incremento delle previsioni di spesa riguarda per 2.000 milioni le spese relative al patrimonio immobiliare regionale; per 1 miliardo il finanziamento delle Comunità montane, quale mancanza del finanziamento proveniente dal riparto del Fondo nazionale; per 225 milioni le indennità ai componenti i Comitati comprensoriali, e per 215 milioni la partecipazione della Regione alla copertura del disavanzo di esercizio della Sagat per il periodo 1/6/76 - 31/12/1977.
L'area di intervento agricoltura vede ridotta la previsione di spesa della competenza di 2.100 milioni, senza però che i relativi programmi abbiano a subire una decurtazione, in quanto questi fondi, che si prevede siano spesi nel 1979, andranno ad aggiungersi agli stanziamenti di quell'esercizio.
Rilevante per il settore dell'agricoltura è l'incremento delle previsioni di cassa che ammonta a 12 miliardi, pari al 18% dello stanziamento complessivo iniziale.
La riduzione complessiva della previsione di spesa si ripercuote nella seguente misura su alcuni dei principali programmi: 1.550 milioni di minor spesa relativamente al programma di ammodernamento delle aziende agricole e per la pianificazione zonale; 1.300 milioni di minor spesa relativamente al programma di assistenza tecnica alle aziende agricole; 650 milioni di maggior spesa derivanti da annualità, conseguenti a limiti d'impegno autorizzati dallo Stato, con la legge del 25 maggio 1970, n. 364.
Per quanto riguarda l'area d'intervento attività secondarie e terziarie, la variazione più significativa è la riduzione dei residui passivi di 4.300 milioni; quella relativa al programma per i trasporti pubblici e le comunicazioni è addirittura superiore, raggiungendo i 5.300 milioni, pari al 23% dell'ammontare dei relativi residui al 31.12.1977.
Questi residui trovano rapida eliminazione, in quanto o si tratta di spese correnti, o di interventi diretti dalla Regione a favore delle imprese pubbliche e private che gestiscono autoservizi di linea: 3.500 milioni sono infatti rappresentati da somme pagate per contributi alle imprese private, per l'attuazione regionale del protocollo d'intesa sul trattamento economico del personale.
Nell'area di intervento gestione ed assetto del territorio le variazioni complessive al bilancio iniziale riguardano un incremento della previsione di spesa di 32.600 milioni circa, pari al 38%; un aumento dei residui passivi per 8.150 milioni pari al 6,2% del loro ammontare al 31.12.1977, ed una riduzione delle previsioni di cassa di 10.700 milioni circa pari all'11% .
Gli incrementi più significativi delle previsioni di spesa riguardano per 33.900 milioni circa il programma per l'edilizia pubblica residenziale per 600 milioni il programma di intervento per lo sviluppo del turismo; per 500 milioni il programma per interventi nel settore della caccia e della pesca; per 2.150 milioni altri interventi tra cui il completamento dell'acquedotto delle Langhe ed Alpi Cuneesi (2 miliardi). Le riduzioni più importanti delle previsioni di spesa riguardano invece il programma di interventi per lo sviluppo dello sport, che ammonta a 2 miliardi, ed il programma per la pianificazione territoriale per 1.500 milioni.
Nell'area di intervento dei servizi sanitari e sociali l'assestamento del bilancio ha determinato una riduzione dei residui passivi di 28.150 milioni pari al 12% ed una diminuzione delle previsioni di cassa di 12 miliardi circa.
Naturalmente in questo settore i residui passivi si eliminano facilmente trattandosi di spese correnti, anche se di natura produttiva.
Così è già stata versata agli ospedali l'ultima quota del fondo ospedaliero relativa all'esercizio 1977 dell'ammontare di 23.200 milioni, e sono stati pagati 5.850 milioni per il programma di riorganizzazione dei servizi sanitari di base; è rimasta invece ancora da pagare, e quindi ha concorso ad accrescere i residui passivi, per 1 miliardo circa, la spesa per l'assistenza farmaceutica ed integrativa ai titolari di pensione delle categorie: coltivatori diretti, artigiani e commercianti, relativa al 2 semestre dell'esercizio 1977.
Infine, relativamente all'area di intervento formazione e cultura, si rileva un incremento delle previsioni di spesa per 4.400 milioni pari al 10% dello stanziamento complessivo iniziale, una riduzione dei residui passivi di 10.250 milioni circa, pari al 60% del loro ammontare al 31.12.1977, ed un aumento delle previsioni di cassa di 5.160 milioni pari all'11% di quelle iscritte a bilancio.
Da questa sommaria panoramica delle variazioni apportate al bilancio di previsione, sembra dunque possano trarsi le seguenti conclusioni: anzitutto una conferma degli obiettivi posti con il Piano regionale di sviluppo ed il programma di attività e di spesa; una conferma del principio per cui le previsioni di spesa e quelle di cassa devono essere adeguate alle effettive capacità di spesa della Regione: ciò ha comportato che gli incrementi sono stati apportati a quelle previsioni di spesa e di cassa per cui si verifica un'effettiva possibilità di erogazione, mentre le riduzioni si sono applicate là dove esiste una previsione di erogazione di una quota soltanto, ovvero di un'erogazione protratta agli esercizi successivi, senza però che la realizzazione dei relativi programmi abbia a risentirne; per quanto riguarda i residui passivi infine, una conferma dell'inversione di tendenza nella loro formazione che già era iniziata con la gestione dell'esercizio 1977, la quale se per i residui relativi alle spese correnti, di più facile eliminazione, può essere segno di una maggior efficienza dell'apparato regionale, per quelli relativi alle spese d'investimento può rappresentare l'inizio dell'operatività di molte leggi regionali.
Non è quindi quel profondo sconvolgimento del bilancio che qualcuno si attendeva, e che sarebbe persino stato giustificato dalla sua stessa nuova impostazione, nonché della ripartizione delle risorse disponibili piuttosto scarse, tra programmi e progetti, i quali, se è fuori discussione la loro funzione di traduzione in cifre concrete delle scelte prioritarie del Piano di sviluppo e del programma di attività e di spesa, necessitano indubbiamente di una verifica con la realtà della gestione.
La contemporanea attuazione dell'operazione di revisione delle leggi regionali di spesa avrebbe certamente contribuito ad incidere più profondamente con le modifiche da apportare al bilancio.
Il breve lasso di tempo che è intercorso dalla fine dell'esercizio provvisorio all'approvazione del bilancio, al momento in cui interviene l'assestamento, nonché la ponderata lentezza con cui si procede alla revisione e formalizzazione di nuovi schemi normativi e finanziari, non ha consentito la contemporanea applicazione delle due operazioni.
D'altra parte è ormai opinione comune che l'operazione di revisione delle leggi regionali di spesa non assume importanza per quel contingente recupero di risorse a favore del bilancio di competenza o per la riduzione della massa dei residui passivi, che pure sicuramente deriverà, quanto per l'adozione di nuovi meccanismi che da un lato non solo consentono una complessiva accelerazione, ma potranno dare alla Regione la possibilità di erogare somme anche nel settore degli investimenti che a tutt'oggi non ha dimostrato di saper o di poter utilizzare i massicci interventi regionali preventivati bloccando il formarsi dei residui passivi, e dando sostanza a quell'inversione di tendenza di cui peraltro si sono avuti i primi sintomi nel rendiconto della gestione dell'esercizio 1977.
L'esame della natura delle variazioni apportate al bilancio pu rilevare nuove tendenze nel mondo della finanza pubblica ed indurre a considerazioni che possono modificare o confermare i concetti espressi in occasione della discussione sul bilancio.
E' opportuno preliminarmente rilevare che il 92% delle variazioni, che aumentano le competenze dell'entrata, sono rappresentate da assegnazioni statali con destinazione vincolata e che il 78% delle variazioni che diminuiscono la competenza dell'entrata è dovuto a ritardi dello Stato nell'approvare le leggi o nel ripartire i relativi fondi tra le Regioni.
Dunque non errori di previsioni, o cambiamenti di obiettivi da parte dell'Amministrazione regionale, ma sempre maggior dirigismo della spesa da parte dello Stato, con conseguente perdita di autonomia di spesa da parte della Regione.
E' vero che i rapporti con lo Stato da qualche tempo sono migliorati che le Regioni non agiscono più nei confronti dello stesso in uno spirito di conflittualità permanente; che i flussi di risorse sono tali da soddisfare quasi completamente le esigenze finanziarie che man mano si verificano, ma quello che oggi si tende a limitare, anche quale conseguenza di ritardi e mancanze addebitate alle Regioni stesse, è l'autonomia di spesa delle Regioni. Ciò e conseguenza non solo di un male inteso centrismo dirigistico, come elemento indispensabile a fronteggiare le gravi ripercussioni della crisi economica a carattere nazionale e internazionale ma anche, come detto sopra, delle carenze regionali ad interpretare nell'ambito di una politica chiaramente programmatoria del Governo centrale, il ruolo di dinamico Ente impositore di una politica di programma che parte dal basso.
Su ciò, in concerto con le altre Regioni, occorrerebbe una seria riflessione autocritica e la Giunta, accertato chi siano stati i primi a sentire la necessità, nonostante i silenzi governativi in materia, di porre precise linee di programma alla base della nostra azione, potrebbe farsi carico di un convegno in materia.
L'autocritica è non solo la ricerca delle responsabilità altrui, è un elemento essenziale della partecipazione democratica. Questa tendenza pare debba ulteriormente accentuarsi con la soppressione di tutti gli altri automatismi di spesa, conseguente alla politica di contenimento della spesa pubblica che lo Stato intende realizzare, per raggiungere gli obiettivi di una riduzione del disavanzo pubblico e di una maggior disponibilità di mezzi finanziari da destinare agli investimenti sia pubblici che privati.
E' in questo piano che le forze politiche a livello regionale devono trovare un momento unitario d'intesa diretta non solo nel fare pressioni sul Governo affinché riveda la propria concezione della politica economica e finanziaria nei confronti delle autonomie locali, ma nel rendere consapevoli le forze politiche a livello nazionale della necessità di una responsabile partecipazione delle Regioni alla politica di programmazione ed alle scelte prioritarie e più generali dello Stato.
Le Regioni possono collaborare con il Governo al contenimento della spesa pubblica, possono persino apporre un rallentamento del flusso di risorse che periodicamente lo Stato mette a loro disposizione, ma non possono accettare un provvedimento indiscriminato ed astratto di riduzione delle risorse loro spettanti, specie quando esso comporta anche una riduzione della loro autonomia di spesa.
Ad aumentare la competenza dell'entrata contribuisce invece la parte d'avanzo finanziario dell'esercizio 1978 per un ammontare di 2.841 milioni non ancora applicato al bilancio.
Sono noti i criteri che hanno portato alla formazione dell'avanzo finanziario dell'ammontare di 69 miliardi circa, costituito per lo più da limiti d'impegno ed annualità la cui decorrenza è slittata all'esercizio 1978.
Questi criteri possono essere considerati degli accorgimenti contabili per ridurre l'ammontare dei residui passivi o, al limite, una denuncia che le opere non sono partite ma, atteso che le cause del mancato realizzo delle stesse devono essere individuate in sede di revisione delle leggi regionali di spesa, la realtà è che con questi criteri contabili l'Amministrazione ha riattivato una massa ingente di risorse finanziarie che sarebbero altrimenti rimaste inutilizzate.
Sarà compito dell'operazione di revisione delle leggi evitare, per il futuro, che simili meccanismi contabili debbano ancora applicarsi, almeno non in misura così massiccia, prevedendo all'uopo strumenti di controllo sullo stato delle opere finanziate, sulla loro compatibilità con i processi di programmazione cui si deve fare riferimento, sull'opportunità del loro finanziamento: strumenti tutti di non facile realizzazione, che soltanto l'impegno di tutte le forze politiche potrà rendere operante.
Nei riguardi dello stato di previsione della spesa, l'assestamento ha lo scopo di adeguare il bilancio alla reale possibilità di spesa della Regione, per cui numerose variazioni che diminuiscono la competenza della spesa sono provocate non già da eccessive od errate previsioni, ma proprio dalla convinzione che quei fondi non possono trovare erogazione, se non in misura molto limitata nell'esercizio di competenza, mentre possono essere utilizzati più tempestivamente in altri settori.
Ciò non comporta tuttavia un cambiamento di indirizzi da parte dell'Amministrazione, o anche soltanto una limitazione degli obiettivi che si intendono conseguire con quei determinati programmi, in quanto i fondi che con questa operazione di assestamento vengono portati in diminuzione dovranno andare ad incrementare gli stanziamenti stabiliti per l'esercizio 1979, per quei programmi indicati dal bilancio pluriennale.
Così avviene per l'area di intervento agricoltura alla quale vengono sottratti complessivamente 2 miliardi e 850 milioni di cui 1 miliardo e 550 milioni dal programma di ammodernamento di aziende agricole e pianificazione zonale, e 1 miliardo e 300 milioni dal programma di assistenza tecnica e contabilità aziendale.
Sono spese di cui si prevede l'erogazione nel 1979, in quanto si tratta di contributi in conto interesse sui prestiti, che non possono che essere contratti nel secondo semestre 1978, ed i cui interessi saranno versati nel 1979, o ancora di interventi a fondo perduto, che vengono erogati soltanto a presentazione di consuntivo.
In ogni caso l'area di intervento agricoltura, nel complesso delle risorse ad essa destinate dal bilancio pluriennale, non subirà alcuna perdita in quanto i fondi di cui si tratta andranno ad integrare gli stanziamenti del prossimo esercizio.
Alcune variazioni sono poi dovute esclusivamente a passaggi interni tra capitoli di bilancio dello stesso settore, come avviene per i trasporti dove la somma complessiva di 1.650 milioni ottenuta dalla riduzione di alcuni capitali di spesa risulta ripartita fra altri capitoli dello stesso settore.
Vi sono poi riduzioni vere e proprie della competenza della spesa per impossibilità di erogare i relativi stanziamenti; si tratta per lo più di contributi agli Enti locali, per la realizzazione di opere pubbliche, i quali non possono essere erogati per l'impossibilità di quegli Enti di disporre delle rimanenti risorse per poter usufruire del beneficio regionale. Sono aspetti questi del bilancio che mettono in evidenza tutta l'insufficienza dei rapporti oggi esistenti tra Regione e gli Enti beneficiari: rapporti che si potranno risolvere soltanto a livello comprensoriale, con l'adozione dei bilanci consolidati; con un'azione legislativa della Regione diretta non solo ad erogare fondi, ma che abbia un carattere programmatorio e, come obiettivo ultimo, il rilascio di un massiccio numero di deleghe delle funzioni amministrative regionali.
Non si giustificherebbe altrimenti il miliardo, sui due stanziati, che viene tolto alle Province, per la costituzione e la sistemazione di strade provinciali, se non con il fatto che a loro disposizione vi sono ingenti somme giacenti nella gestione dei residui passivi, alcuni dei quali risalgono al 1972.
Della stessa natura è l'annullamento dello stanziamento di 2 miliardi in contributi in conto capitale a favore di Comuni e Consorzi di Comuni e Comunità montane per la costruzione, l'ampliamento od il miglioramento di impianti sportivi. Anche in questo caso non sono ancora stati utilizzati 3 miliardi della gestione dei residui passivi, e vi è da ritenere che il loro impiego potrà avvenire soltanto a livello di Comprensorio, in quanto essendo organi di programmazione saranno in grado di instaurare un certo coordinamento tra le volontà e le azioni dei singoli Comuni, che considerate singolarmente, non hanno portato sinora a risultati rilevanti.
Sono dovute invece a ritardi nelle spese, conseguenti più a motivi organizzativi che finanziari, le variazioni in diminuzione per 950 milioni delle spese per la predisposizione dei piani di coordinamento territoriale dei Comprensori e di 1.500 milioni per contributi in conto capitale nella spesa per la redazione di strumenti urbanistici.
Le difficoltà organizzative e finanziarie che i piccoli Comuni incontrano in questo settore, rispetto ai Comuni medi e grandi, rendono comprensibili questi notevoli ritardi di spesa, specie per una Regione nella quale i piccoli Comuni sono la stragrande maggioranza.
D'importanza per il rilievo programmatorio è lo stanziamento di 215 milioni che viene istituito per consentire la partecipazione della Regione alla copertura del disavanzo di esercizio della Sagat per il periodo 1/7/76 31/12/1977.
La partecipazione della Regione alla gestione della Sagat non può che essere estremamente importante ai fini dell'attuazione del piano regionale dei trasporti quale parte integrante del Piano regionale di sviluppo.
Il disavanzo d'esercizio di questa società va man mano riducendosi dopo la ristrutturazione apportata all'organico del personale ed il ridimensionamento delle destinazioni dell'aeroporto di Caselle ad aerostazione per voli intercontinentali a scalo dei voli di portata europea. E' evidente che la gestione della Sagat potrà trarre ulteriori vantaggi dalla realizzazione del piano dei trasporti, con il coordinamento che esso comporta tra trasporti ferroviari, aerei e su strada e con l'attuazione di una rete stradale che favorisca il collegamento con i principali centri turistici del Piemonte.
Concorrono anche ad incrementare lo stato di previsione delle spese alcune assegnazioni statali tra cui quella relativa all'accumulabilità dei contributi costanti sui prestiti d'esercizio a favore delle aziende agricole dell'ammontare di 651 milioni, nonché l'incremento di 1 miliardo dei contributi in conto capitale a favore dei Comuni, loro Consorzi e Comunità montane per la costruzione e la sistemazione di strade. La situazione della realizzazione delle opere pubbliche nei Comuni non è molto diversa da quella delle Province, tant'é che anch'essi hanno a disposizione nella gestione dei residui passivi più di 5 miliardi.
Sembra tuttavia giustificato l'incremento di 1 miliardo dello stanziamento a favore dei Comuni, sia perché le Province possono attingere per la manutenzione delle strade ad un altro stanziamento di spesa di 3 miliardi e trecento milioni circa e sia perché la ripartizione di 1 miliardo in contributi in conto capitale tra un numero considerevole di Comuni non può che concorrere a finanziare opere di limitata entità.
Anche nel settore del risanamento e delle ristrutturazioni e del restauro conservativo di complessi di edilizia residenziale pubblica i Comuni sono in difficoltà ad attuare i loro programmi, mentre sembra si muovano più celermente e con maggior scioltezza gli Istituti autonomi per le case popolari, e le imprese singole, per cui trova giustificazione lo spostamento di 320 milioni di contributi in conto capitale dai primi ai secondi.
Oltre ai 2 miliardi di assegnazioni statali ai sensi dell'art. 12 della legge n. 281/70 per il completamento dell'acquedotto consorziale della Langhe e delle Alpi Cuneesi, è da porre in evidenza la variazione che aumenta la competenza delle spese di 500 milioni per la vigilanza venatoria. Questa funzione è stata trasferita, con il D.P.R. n. 616, alla competenza delle Regioni, senza che ciò abbia comportato anche uno spostamento di fondi per cui si è dovuto istituire un nuovo capitolo di spesa, anche qui finanziato con risorse regionali.
Un notevole aumento della spesa è conseguente all'incremento di 3 miliardi e 400 milioni dello stanziamento per contributi ad Enti pubblici o privati per l'organizzazione ed il funzionamento dei corsi di addestramento e di formazione professionale, che porta a 11 miliardi circa i fondi stanziati per detto scopo. Una tale variazione in aumento, in corrispondenza all'operazione di assestamento del bilancio, viene effettuata quasi ogni anno e trova giustificazione nel fatto che il movimento di spesa relativo in questo senso, non corrisponde all'anno solare, bensì all'anno scolastico che non corrisponde con il primo.
Tutto sommato dunque non pare che le variazioni apportate al bilancio rispondano esclusivamente ad un criterio di discrezionalità della Giunta ma sono pienamente giustificate dalla necessità della gestione e dal verificarsi di determinati avvenimenti di natura legislativa e finanziaria di cui la I Commissione del Consiglio; approvando a maggioranza l'assestamento del bilancio, ha valutato positivamente la legittimità ed il merito anche ed essenzialmente con riferimento all'attuazione degli obiettivi posti dal Piano di sviluppo.
La I Commissione esprime a maggioranza il parere favorevole a questa legge di assestamento che, nel raffronto tra gli obiettivi regionali posti dal Piano di sviluppo e le concrete possibilità finanziarie della Regione tenta per la prima volta di dare risposte positive ad obiettivi concreti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, a breve distanza di tempo dall'approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto 1977, il nostro Consiglio è chiamato oggi ad esaminare un nuovo e importante documento finanziario destinato a modificare il bilancio in base alle risultanze del consuntivo relativo alla gestione del 1977 e destinato quindi, in altre parole, a recepire quella legislazione sia statale che regionale, che si è verificata in questo periodo e che comporta nuove o maggiori autorizzazioni di spesa.
Sulla parte dell'operazione che riflette i risultati degli esercizi precedenti, ci pare non esserci particolari considerazioni da fare, che già non siano state fatte in occasione di precedenti dibattiti consiliari sull'argomento complessivo del bilancio e della politica finanziaria della Regione. Ci limiteremo pertanto a fare alcune rapide considerazioni sulla valutazione complessiva che il Gruppo socialista fa su questo terzo documento finanziario presentato dalla Giunta.
Vogliamo pertanto rilevare l'iscrizione delle quote di avanzo finanziario non ancora utilizzate, come dimostrazione e conferma della tendenza alla riduzione nella gestione dei residui attivi e passivi, già iniziata con l'esercizio 1977, e vorremmo di conseguenza rilevare una maggiore aderenza delle previsioni di cassa, alle previsioni di competenza ed all'effettiva capacità di spesa della Regione.
Molte variazioni infatti, che consistono poi essenzialmente in spostamenti di stanziamenti o di parte di essi da un capitolo all'altro non rappresentano modifiche o variazioni di indirizzo alla politica di gestione del bilancio, né rappresentano una limitazione degli obiettivi da conseguire, ma sono state fatte proprio basandosi sull'ipotesi che quei fondi, che ora sono variati, non sarebbero stati spesi in questo esercizio o sarebbero stati spesi solo in parte, mentre la loro possibilità di concreta erogazione si rende chiaramente possibile, fattibile, con il prossimo esercizio relativo al bilancio del 1979. Questi spostamenti di somme, da capitoli la cui possibilità di spesa non è attuale, ad altri capitoli che sono già in condizioni di assorbire una maggiore quantità di fondi, non devono però creare degli squilibri nella realizzazione dei vari programmi di spesa, considerati nella formazione del bilancio di previsione; in altri termini nessun programma previsto dovrà subire un detrimento, un dirottamento da questi spostamenti dei fondi. Ecco perché il principio che è alla base di una gran parte delle variazioni contenute in questo documento di assestamento, è che questi fondi dovranno andare ad aggiungersi agli stanziamenti previsti per i prossimi esercizi del bilancio pluriennale, allorquando evidentemente le possibilità di erogazione diventeranno autentiche, vere, reali e concrete possibilità di spesa e diventeranno perciò attuali.
Spero di non aver capito male il ragionamento che a suo tempo fece l'Assessore al bilancio in sede di Commissione, secondo il quale, e valga per tutti l'esempio dell'area d'intervento relativo all'agricoltura diminuendo in questo assestamento la previsione di competenza complessiva di oltre due miliardi, di fatto non si sottrae nulla a quest'area e agli investimenti previsti in questo settore, perché quei due miliardi che slittano oggi, quest'anno, in questo assestamento, verranno aggiunti alla previsione del prossimo esercizio, garantendo quindi che nessuna "espropriazione" verrà consumata a danno del settore agricolo ed a favore di altri settori.
Ma il discorso, evidentemente, vale per tutti gli altri settori dove si sono proposte variazioni rispetto alla previsione iniziale. Non è quindi una modifica o una rettifica degli obiettivi del Piano di sviluppo, ma è un adeguamento delle previsioni di competenza e di cassa, alle effettive possibilità di spesa della Regione, come del resto è specificatamente previsto e dettato dalla nuova legge di contabilità regionale.
Circa le variazioni sostanziali in termini di ammontare degli stanziamenti di competenza, si deve rilevare che esse dipendono quasi esclusivamente da assegnazioni statali a destinazione vincolata, quelle che incrementano la previsione di bilancio e dei ritardi dello Stato nel ripartire i fondi nazionali (quelli che costituiscono riduzioni di spesa) a disposizione di spese che erano già state autorizzate.
Questa situazione che possiamo definire scollegata e non sincronizzata su un vero rapporto fra Stato e Regioni, questa situazione pone ancora una volta in evidenza, il carattere sempre più marcato di "finanza di trasferimento" della finanza regionale. E ciò significa - e il Partito socialista non ha perso occasioni per sottolinearlo in tutte le sedi - in parole povere ma chiare, una perdita sempre maggiore e crescente da parte della Regione, nella propria autonomia di spesa e della possibilità di conseguire gli obiettivi, che nel caso nostro ci siamo dati col Piano regionale di sviluppo e col programma di attività e di spesa che ne traduce le finalità in termini di politica concreta.
E' vero, e lo diceva un attimo fa il collega Rossotto, che lo Stato da qualche tempo ha adottato nei confronti delle Regioni una politica di maggiore liquidità che consente evidentemente una maggiore tempestività regionale, ad affrontare la necessità finanziaria che si presenta via via una conferma di quanto andiamo dicendo su questa nuova politica dello Stato verso le Regioni, è data, per esempio, dall'aumento di 38 miliardi, che è stato apportato alla previsione relativa agli introiti di somme depositate presso il Tesoro, in quanto si è calcolato che le erogazioni mensili dello Stato verso di noi, sono mediamente aumentate di tre miliardi.
Però se questa nuova linea di comportamento esiste ed è positiva, resta tuttavia valido l'assunto generale che ci porta a dire - e lo abbiamo anche detto la volta precedente sul rendiconto - che la perdita di una parte significativa e crescente dell'autonomia di spesa della Regione significa per le Regioni in genere, venire meno od essere spinte a venire meno a quella che è la funzione principale per la quale sono sorte le Regioni stesse, cioè la funzione di programmazione dell'economia regionale, secondo le necessità che si manifestano nell'ambito territoriale e di competenza per continuare a svolgere una funzione strumentale e di trasferimento alle economie locali, di quegli interventi finanziari cosiddetti a pioggia che per essere avulsi da qualsiasi logica programmatoria, invece dovremmo liquidare, superare ed abbattere alla base una volta per tutte.
Nella necessità di conservare la loro funzione primaria di organi di programmazione, non solo a livello regionale ma in quanto elementi partecipi alla formulazione di un Piano nazionale di sviluppo, ed alle scelte programmatiche e prioritarie sulla base delle quali procedere poi alla formazione del bilancio dello Stato, le forze politiche democratiche devono trovare un momento unitario di consenso, non solo diretto a fare pressioni verso lo Stato in quel senso e verso lo stesso Governo, ma per ottenere da quest'ultimo le assegnazioni alle Regioni, che queste rientrano già nell'ambito di un prossimo programma nazionale di sviluppo che tenga conto dei singoli piani regionali e che consenta, nel limite del possibile di finalizzare questi fondi agli obiettivi della programmazione regionale.
Per ritornare, e anche per concludere, all'operazione di assestamento del bilancio 1978, dobbiamo rilevare che le modifiche sostanziali apportate alle entrate e quindi alla capacità di spesa della Regione, non vanno oltre il 5% dell'ammontare complessivo del bilancio, come ha già osservato il relatore Rossotto. Non si tratta quindi a mio parere di grandi errori di previsione, che entro certi limiti avrebbero anche potuto trovare una giustificazione dalla stessa nuova impostazione di bilancio e dalla suddivisione delle nostre scarse risorse in programmi e progetti sulla cui possibilità di attuazione e di realizzo in qualche misura, è pur sempre necessario il riscontro con la realtà della gestione.
L'occasione di questa modifica delle previsioni, consente di porre il problema - già in altre circostanze sollevato - di una tempestiva conoscenza da parte della Regione, di quelli che sono i fondi su cui potrebbe disporre al momento della formazione del bilancio, e ci evidentemente, ai fini di una maggiore certezza nelle previsioni del bilancio stesso.
Sembra anche opportuno porre in questo momento il problema, ove si pensi che su 35 miliardi e mezzo a cui ammonta la variazione complessiva dello stato di previsione della spesa, ben 33 miliardi riguardano l'autorizzazione di spesa relativa alla legge 412 che riguarda l'edilizia scolastica, la quale autorizza già fin dal primo anno della sua applicazione l'impegno di tutta l'assegnazione dei fondi corrispondente al programma triennale. E ciò per ottenere una maggiore rapidità nei tempi della spesa. Ma la questione si pone in termini di rapidità anche per quanto riguarda il riparto delle somme tra le Regioni.
Proprio per uno di questi ritardi, con l'operazione di assestamento si è dovuto annullare lo stanziamento di 3 miliardi relativo al finanziamento delle Comunità montane, stanziamento che era stato iscritto a bilancio naturalmente questo annullamento ha dato come conseguenza la creazione di un altro stanziamento di un miliardo, finanziato però con le risorse dirette, cioè con le risorse regionali per poter far fronte agli impegni che si erano già assunti su quel capitolo di spesa.
Un'ultima considerazione che si può fare, sempre sui dati di questo assestamento, è la necessità di una modifica dei rapporti fra Regione ed Enti locali, i quali talora non trovano la possibilità di utilizzare i contributi che la Regione pone a loro disposizione, per la realizzazione di opere pubbliche di grande e prioritaria utilità.
Alcune variazioni riguardano infatti fondi destinati alla costruzione od alla sistemazione di strade dismesse o tolte alle Province, le quali a loro volta devono utilizzare ancora ingenti somme conservate nella gestione dei residui, alcuni dei quali risalgono addirittura all'esercizio del 1972.
Si potrebbe ancora continuare con alcune altre valutazioni rispetto ai dati esposti nel disegno di legge sull'assestamento, ma non lo facciamo di proposito in quanto sappiamo che ogni collega è in grado di avere la dimensione esatta, reale ed i significati precisi che questo assestamento esprime.
Noi riteniamo che la Giunta e l'Assessorato competente abbiano agito nell'ambito della necessità chiara e dimostrata, di una corretta interpretazione della gestione e della verifica degli elementi legislativi che si sono verificati nel frattempo, per cui il consenso del Gruppo socialista all'impostazione di questo documento è totale, completa e piena.
In conclusione, la legge di assestamento del bilancio, pur senza introdurre rilevanti variazioni, il che sarebbe stato anche difficile, dato che il bilancio è stato discusso ed approvato da pochi mesi, mostra chiaramente la volontà della Giunta di adeguare le previsioni alla nuova normativa della contabilità regionale.
In questo senso devono essere apprezzate le modifiche che fanno slittare al 1979 le spese che non si possono effettuare nel 1978, come uno sforzo di adeguare quindi il bilancio alla reale capacità di spesa della Regione, evitando in tal modo il formarsi di nuovi residui passivi che invece noi vorremmo liquidare sia pure progressivamente, gradualmente. In questo modo si può e si deve dire che ora è aperta la via per una corretta formazione del bilancio preventivo per il 1979, accompagnato dall'aggiornamento del bilancio pluriennale.
Sarà in quell'occasione che potrà in modo certamente completo trovare anche traduzione negli appostamenti di bilancio, la nuova politica della spesa regionale, che in definitiva dovrà tradurre in atti, comportamenti ed anche impegni concreti, le indicazioni che abbiamo approvate a suo tempo nel Piano regionale di sviluppo.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, quella di oggi è una strana discussione perché contemporaneamente all'assestamento di bilancio viene discusso il bilancio previsionale del '78 e il bilancio pluriennale discorso interrotto dalla notizia dell'eventuale possibilità di ritrovamento dell'onorevole Moro al Lago della Duchessa.
Farò qualche breve osservazione metodologica sul tema dell'assestamento. In realtà abbiamo ricevuto un altro bilancio. A questo proposito, chiederei all'Assessore che, in occasione di futuri assestamenti, presenti soltanto i capitoli variati, a scanso di confusione per noi....



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Mi sarebbe stato più facile.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Appunto.
La relazione che ci è stata fornita è di carattere puramente contabile molte volte di non facile lettura, perché molti capitoli di spesa sono indicati con un numero per cui siamo costretti ad andare a ricercare l'oggetto che sta sotto al titolo.
Manca una relazione di carattere politico, che peraltro non è stata fatta nemmeno stamani dall'Assessore al bilancio o comunque dalla Giunta.
A queste osservazioni generali si aggiunge un'osservazione che, del resto, è stata fatta anche dalla maggioranza nella prima pagina della relazione, laddove si dice che questa è la "reale operazione di assestamento di natura prettamente contabile". Quindi non vi sono critiche a quanto è avvenuto fino a questo momento, né indicazioni di mutamenti di alcun tipo: si tratta di una variazione di carattere puramente contabile.
Avremmo gradito conoscere lo stato di attuazione del piano, l'attività svolta dalle commissioni di attuazione del Piano e quella delle procedure della programmazione, che, se non vado errata sono nominate da 5 o 6 mesi.
Per fare riferimento al contenuto di questa variazione di bilancio, in realtà, mi debbo rifare a quanto avrei detto in ordine al bilancio previsionale del '78 e al bilancio pluriennale '78/80.
Una domanda ci poniamo tutti: quali conseguenze comporteranno gli impegni pluriennali che la Regione ha già assunto con le leggi approvate quante cambiali in bianco noi abbiamo già firmato al di fuori del programma? Sarebbe bene in questo momento poter conoscere tali dati perch riesce difficile discutere su un bilancio che si fonda sul piano, nel momento in cui vi è una serie di leggi operanti. Chiedo alla Giunta di fornirci i dati conseguenti.
La parte programmata sul complesso delle spese previste per i programmi del 78/80 rappresenta una media del 72,86% percentuale decorosa trattandosi del primo programma triennale che a mio avviso non sarebbe neanche opportuno realizzare al 100 per cento. Da questa percentuale sfugge purtroppo, la parte ospedaliera, il che significa che molto più del 27% non è programmato, dato che si deve aggiungere il 50% delle spese ospedaliere: la conseguenza della mancanza di questa programmazione, viste le nuove leggi che lo Stato ha approvato ci pone di fronte ai problemi evidenziati oggi dalla relazione dell'Assessore Enrietti. Quindi la programmazione della spesa ospedaliera dovrebbe essere uno dei fondamentali impegni della Giunta se non si vuole fare un programma fasullo.
Grossi problemi sorgono per quanto riguarda la politica della Giunta nei confronti degli Enti strumentali, il solo programma per le ricerche che nel bilancio pluriennale è previsto con una spesa di 13/14 miliardi dimostra scarsissima connessione con le ricerche fatte dall'Ines e con l'attività degli Assessorati. Quindi quella collegialità di cui sempre si parla è puramente verbale e non è realizzata dal momento che le ricerche talvolta sono ripetute, talvolta sono disparate, comunque non sono mai coerenti pur rappresentando una spesa di così alto rilievo fino al terzo anno di attuazione del Piano (al terzo anno, le ricerche per l'attuazione del Piano dovrebbero già essere esaurite) in coerenza manca anche una politica nei confronti della Finpiemonte che, alla fine del '78, sarà costata oltre 10 miliardi (non riusciamo a capire come possano essere stati stanziati 3 miliardi nei bilanci del '79 e dell'80 senza un programma).
Per quanto riguarda l'Esap sappiamo quali sono i nodi politici che ne condizionano l'attività, ma questi nodi politici vanno risolti quanto prima, altrimenti l'Ente resta semplicemente a carico della Regione in totale mancanza di operatività.
Così dobbiamo dire delle difficoltà di funzione del Centro di calcolo non sapendo dove sia finito il programma per l'informazione. L'Assessore Rivalta mi dice che sa benissimo come si fruisce del Centro di calcolo e sarò lieta di ascoltare le spiegazioni.
Non sappiamo dove sia finito il progetto Olivetti il cui costo è previsto in 778 milioni che si aggiungono ai 240 milioni annui per il funzionamento della meccanizzazione del bilancio. E' certo che esso potrebbe essere usufruito meglio anche per evitare quei numerosi errori che ci hanno portato soprattutto alla 3^ alla 4^ variazione di bilancio di grandissima entità Non abbiamo nessuna notizia, al di fuori di quelle giornalistiche, sul fronte della Promark e non sappiamo se le osservazioni fatte dal mio Gruppo sull'attività della Società sono state o meno tenute in conto; non conosciamo il suo sviluppo, se vi sono stati eventuali apporti di altri Enti od altre organizzazioni, se la Regione intende essere una componente di minoranza o se intende fare della Promark un vero e proprio Ente strumentale.
L'altro problema che ci lascia molto perplessi è in merito alla convenzione quadro con l'Associazione industriali, sulla quale c'era stato un impegno da parte della Giunta a riferire al più presto. A questo proposito ci giungono solo notizie giornalistiche circa la nascita di un superpartito, che non sarà costituito semplicemente per fare brindisi inaugurali, di accordi non solo fra i partiti della maggioranza mentre al Consiglio non viene riferito nulla. Nell'altra legislatura si è tanto strillato contro un super- partito, vediamo allora di evitare che se ne costituisca un altro in questa.
L'ultima osservazione che dobbiamo fare è in ordine alla mancanza di una politica finanziaria e patrimoniale. Per quest'ultima nell'attestamento di bilancio vi è un aumento di spesa di 2 miliardi e non sappiamo assolutamente a che cosa si riferiscano (forse è stata data una spiegazione in Commissione in un giorno in cui ero assente).
In definitiva chiediamo alla Giunta di fornire al Consiglio i dati relativi alla revisione delle leggi, al bilancio del 1979, agli impegni pluriennali già assunti dalla Regione con le leggi approvate. Avremmo da dire qualche cosa anche su altri problemi, per esempio sulla politica dei trasporti in merito alla quale possiamo rallegrarci perché dopo essere stati presi quasi a frecciate per un'intera legislatura perché si diceva che favorivamo i trasporti privati (cosa non vera come si vede dalla resa dei conti, in quanto abbiamo sempre sostenuto il trasporto pubblico), ora vediamo un'inversione di tendenza: è cambiata la Giunta e sono cambiate anche le tendenze di coloro che ci avevano sempre criticati. Sarebbe troppo lungo fare altre osservazioni, lascio la parola ai colleghi che mi seguono.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Martini. Ne ha facoltà.



MARTINI Mario

Ringrazio la Signora Vaccarino anche perché, concludendo così inopinatamente e chiamando in causa gli altri Consiglieri che devono intervenire, ha dato la dimensione delle perplessità che quanti hanno affrontato il problema dell'assestamento di bilancio hanno dovuto affrontare, perplessità che derivano dal fatto che una discussione approfondita sul bilancio non siamo più riusciti a farla da tanto tempo per svariati motivi che possono risalire alla fine del '76 con la presentazione di un "non bilancio", così come lo aveva definito l'Assessore Simonelli all'esercizio provvisorio della fine del '77; d'altro canto per decisione di tutti di non discutere approfonditamente il bilancio alla fine di aprile, alla necessità di non riprendere un'ultima fase dell'attività di consultazione, che pure in I Commissione ci eravamo proposti, per dare delle risposte in positivo o in negativo alle richieste che erano state avanzate sulla base della bozza di bilancio.
Quindi cerchiamo di limitare il campo e di intervenire per settori cosa che farà il Gruppo della D.C.; per quanto mi riguarda, affronter soprattutto i rapporti della Regione con gli Enti infraregionali, in modo particolare con gli Enti locali, e l'attività di promozione, perché la spesa degli Enti locali trovi finalmente una possibilità di decollo.
L'amico Franzi affronterà problemi attinenti al settore dell'agricoltura.
Qualche valutazione iniziale va comunque fatta su questo aggiustamento di bilancio. Si muovono circa 50 miliardi, ma, se si tiene conto che 33 miliardi e 878 milioni derivano dal trasferimento all'esercizio attuale dei fondi che avevamo fissati negli anni 79 e 80 per l'edilizia scolastica (legge 412), abbiamo dei passaggi di aggiustamento tra un capitolo e l'altro e non un assestamento che risponda in modo preciso alle richieste di fondo che sono state avanzate in sede di consultazione.
Va comunque rilevato in senso positivo che per la prima volta discutiamo su un documento che magari potrà suscitare perplessità e differenze di giudizio fra le forze politiche, ma che quanto meno ci è stato dato con un certo margine di tempo prima della discussione in Consiglio, cosa che non si verificava da anni. Esso è la prima applicazione della legge 335 ed è una prima verifica della validità della legge regionale di contabilità. E' un documento chiaramente leggibile e di ci dobbiamo dare atto anche agli uffici finanziari, anche se, a mio modo di vedere, occorreranno due accorgimenti per rendere più leggibile e più significativa la sua lettura : che il bilancio venga possibilmente approvato alla fine di dicembre (un assestamento che si verifica dopo due mesi è un'operazione che formalmente risponde alla legge, ma sostanzialmente non corrisponde allo spirito della legge n. 335) che si aggiungano altre due colonne in cui vengano verificati gli impegni ed i pagamenti al 30 maggio.
Vorrei anche evidenziare la positiva attività che è stata svolta da tutti i Gruppi politici all'interno della I Commissione, anche da quelli di opposizione. In realtà si è avuta la sensazione che certe nostre pignolerie in merito alla predisposizione dello strumento tecnico fossero finalizzate a se stesse e che si cercasse di sfuggire al confronto politico, tant'è vero che eravamo continuamente sollecitati a dire: "abbiamo fatto delle proposte di investimento, diteci se vanno bene, diteci se dobbiamo cambiare qualche cosa, diteci anche se chiedete qualche cosa di più, dove dobbiamo andare a prendere i fondi". Posso affermare che la puntigliosa ricerca di raccordo tra il bilancio di competenza ed il bilancio di cassa non è mai stata finalizzata a se stessa, ma rivolta all'obiettivo politico di innestare un meccanismo quasi automatico di controllo dell'efficienza della spesa, allo scopo di garantire piena credibilità a quella programmazione che tutti vogliamo assumere come metodo di governo. Tuttavia, pur essendoci questo obiettivo, continuiamo a ritenere che un documento tecnico di bilancio, per quanto chiaro nella sua impostazione, sia di per s insufficiente se non è accompagnato da una relazione tecnico-politica che ne faciliti la lettura. E' un'obiezione che ha fatto anche la collega Vaccarino.
L'Assessore al bilancio non è d'accordo su questa affermazione o lo è con molte riserve, oggi abbiamo una relazione troppo tecnica che ripete lo schema di assestamento di bilancio. C'è la tendenza a dire che bisogna saper leggere il bilancio. Indubbiamente dobbiamo fare uno sforzo per leggerlo. Al di là delle affermazioni ufficiali e dei rapporti ufficiali che si stabiliscono tra il Consiglio e la Giunta, c'é un piccolo particolare che lo Statuto della Regione Piemonte, e in generale lo Statuto di tutte le Regioni, riconosce alla Giunta una capacità di intervento a livello operativo che sfugge qualche volta al controllo.
Al Gruppo della D.C. giungono puntualmente le deliberazioni della Giunta, su alcune di esse varrebbe la pena di soffermarsi per vedere se lo spirito che le ha mosse si inserisce nel quadro generale del bilancio queste deliberazioni di Giunta tardano però molto a venire. Interpretare solo implicitamente le cifre riesce difficile. Se leggo, ad esempio, il Capitolo 1000 del bilancio assestato: "Acquisizione immobili" vedo che da 6 miliardi e 650 milioni viene assestato a 8 miliardi e 650 milioni. Invece al capitolo 7300: "Contributo ai Comuni per l'acquisizione di complessi residenziali di interesse storico-culturale", l'assestamento viene fatto dai 2 miliardi e 500 milioni a 2 miliardi e 180 milioni. Cerco allora di dare una spiegazione implicita e naturalmente mi trovo davanti ad una gamma di interpretazioni: dobbiamo rimpinguare il primo capitolo e diminuire il secondo perché la Regione è più efficiente nella sua capacità di spesa ed i Comuni invece dimostrano una certa inefficienza? Ho puntualizzato questo caso particolare perché mi serve ad entrare nell'argomento più specifico.
Può anche essere data un'interpretazione secondo cui la Regione, là dove gestisce direttamente, è più efficiente; abbiamo anche detto però che la programmazione non è solo finalizzata all'efficienza della spesa, ma a qualche cosa di più e a qualche cosa di diverso. Se diamo un giudizio generale sull'assestamento di bilancio, dobbiamo dire che laddove la spesa è direttamente gestita dalla Regione, gli assestamenti stranamente rispondono anche all'assestamento del movimento di cassa, il che vuol dire che c'è la tendenza - e mi auguro non sia presunzione - a credere che laddove la Regione opera direttamente raggiunge più immediatamente gli obiettivi, quindi tutte le affermazioni di servirsi di quelli che sono i filtri naturali attraverso i quali non passa solo l'efficienza, ma passa anche il controllo democratico della spesa, sono solo motivo di ritardo e al di là dell'affermazione di principio, vale la pena di disattendere alcune impostazioni.
Ricolleghiamoci per un momento alla consultazione e constatiamo che c' stato un unico interlocutore che ha saputo leggere i nostri documenti: l'Unione Industriale, li avrà saputi leggere a modo suo, ma certo è che ha dato delle risposte esaurienti e in posizione dialettica nei confronti della Giunta. Molti dubbi invece rimangono a livello dei Comprensori che sono stati così diligenti da estendere la loro consultazione interna a tutti gli Enti infracomprensoriali facendosi portavoce di certi dubbi diffusi.
Il bilancio, pur essendo diviso in aree di attività e di intervento, in programmi e progetti, quando passa dal programma generale al progetto difficilmente riesce ad individuarlo in maniera precisa, o se lo individua in maniera precisa difficilmente, o quasi mai, lo localizza territorialmente. E' naturale che i Comprensori possono dare un giudizio generale sul bilancio della Regione nella misura in cui trovano delle rispondenze reali nelle voci di bilancio e individuano una risposta ad alcune istanze di fondo che vengono sollevate a livello comprensoriale. La spesa, come ho detto non è sufficientemente chiara negli stanziamenti a bilancio. La volontà della Giunta di coinvolgere maggiormente gli Enti infraregionali nelle scelte di programmazione e nelle attività di gestione deve avere lo scopo di innestare un processo di riequilibrio che non sia soltanto economico-territoriale, ma anche politico-amministrativo che, a mio modo di vedere, è più importante e viene prima del processo di riequilibrio economico-territoriale. Un riequilibrio politico amministrativo che dia voce effettiva a quello che chiamerò: "il resto del Piemonte", ben al di là del fiacco e talvolta inflazionato cerimoniale della consultazione.
Sono stati tenuti presenti i rilievi fatti in sede di consultazione? Vediamo per quanto riguarda il riequilibrio politico-amministrativo, il funzionamento dei Comprensori, Comunità montane, l'esercizio della delega.
Ai capitoli 1450 e 1455 abbiamo un assestamento in positivo di 225 milioni che corrispondono al rimborso delle spese agli amministratori. Non c'é nient'altro (vorrei, tra l'altro; far notare un errore di stampa in quanto quest'aggiunta di 225 milioni non viene totalizzata alla fine).
Abbiamo discusso il documento sul funzionamento dei Comprensori, come forza di opposizione abbiamo dimostrato una larga disponibilità a non premere l'acceleratore su un documento che poteva prestarsi ad essere strumentalizzato nel chiedere una piena applicazione da parte della Giunta.
Vorremmo quanto meno che ci fosse anche una risposta per quanto riguarda l'impegno esplicito assunto in merito al personale necessario per il funzionamento dell'istituto. Se questo impegno c'è, le cifre lo dicano o esplicitamente nel capitolo riferito, oppure attraverso una relazione che richiami l'attenzione.
Per quanto riguarda le Comunità montane, l'impegno di spesa continua ad essere sulla media dei 15 milioni. Non voglio ora dare la sensazione di chiedere maggiori stanziamenti. Chiedo soltanto se gli stanziamenti a bilancio e nel bilancio assestato rispondono alle premesse di carattere programmatico che la Giunta in ogni occasione dice di avere fatto proprie.
E' certo che le Comunità montane, con una spesa media di gestione di 15 milioni all'anno, non sono messe in condizione di operare secondo quell'indirizzo di governo locale che abbiamo sempre detto di voler garantire.
Per quanto riguarda i piani intercomunali previsti dalla legge 56 l'unico livello territoriale dove quasi tutti i Comuni si sono mossi per realizzarli è proprio quello della Comunità montana. L'articolo 75 della legge 56 dice che se ci sono delle dimostrazioni di buona volontà in questa direzione, la Regione garantisce l'avviamento degli uffici tecnici.
Per le deleghe agli Enti locali sono previsti 100 milioni, ma ho la sensazione che, alla fine dell'anno, saranno con ogni probabilità messi nei residui. Sempre in sede di consultazione, oltre all'esigenza di tenere in maggiore considerazione gli Enti infraregionali potenziando la loro capacità di decisione a livello locale, è stata evidenziata la necessità di garantire loro strumenti e mezzi finanziari per avviare con atti concreti la politica di riequilibrio socio-economico e per mettere le Amministrazioni locali in condizioni di completare le infrastrutture di base atte a ridurre il divario di condizioni di vita e di possibilità di accesso ai servizi attualmente esistenti tra chi abita nei centri urbani e chi invece vive negli oltre 1000 Comuni del cosiddetto Piemonte minore.
I Comprensori della zona dell'Ossola e della zona del Cebano Monregalese hanno chiesto esplicitamente che la Regione faccia dei progetti speciali, integrati. Se si mira al riequilibrio socio-economico territoriale, occorre dare la dimostrazione che non si affronta globalmente il problema; se non c'é un progetto speciale, se non si viene incontro alle richieste legittime dei Comprensori più degradati da un punto di vista socio-economico la Regione rischia di scatenare la guerra dei poveri.
L'Assessore Rivalta era presente a Mondovì ed ha assistito a questa lotta di campanile. Perché le comunità non riescono a dare un indirizzo e non decidono? Perché ci sono degli interessi contrastanti, perché c'é la miseria diffusa, c'é una crisi che investe ulteriormente come nell'area montana del Monregalese e del Cebano e se non c'é un supporto regionale atto ad individuare gli antidoti alla malattia, è impossibile riuscire a risolvere il problema localmente.
Mi riferisco all'esempio concreto e positivo dell'acquedotto delle Langhe dove la Regione è intervenuta sia pure in surroga dello Stato. Nel bilancio esiste un anticipo di 2 miliardi sui 7 del finanziamento dello Stato; c'era un'iniziativa dei Comuni e della Provincia; c'é stato un interessamento della Regione. Si riuscirà a incidere sul terreno perch sotto un certo punto di vista si cambia volto e prospettiva di una zona che stranamente stava diventando di primaria importanza dal punto di vista dell'agricoltura, senza avere il supporto di un servizio indispensabile per poter continuare a vivere e per poter sviluppare quel tipo di economia.
L'Assessore Bajardi avvertendo questo sta prendendo in seria considerazione l'esigenza di non considerare solo l'area industriale, ma di addurre ad essa attraverso una realizzazione completa dell'arteria del fondo valle Tanaro. Siamo al primo passo e mi auguro però che questo primo passo voglia significare anche la presa in considerazione del problema nella sua globalità.
Vengo all'altro aspetto che riguarda il modo di coinvolgere i Comuni nella politica e nella programmazione regionale. Se dimentichiamo di dare ai Comuni possibilità di verifica, rischiamo di legiferare su grossi principi, creare grosse maglie che però alla fine saranno di impaccio alla realizzazione di una politica della spesa finalizzata alla programmazione stessa. Non dimentichiamo che negli ultimi anni in maniera estremamente positiva, anche se un po' distorta, i veri operatori nella creazione dei servizi essenziali di una comunità sono stati i Comuni e le Province. Al capitolo 6010: - Contributo in conto capitale per la viabilità provinciale vedo un assestamento da 2 miliardi a 1 miliardo; al capitolo 6020: Contributo in conto capitale per la viabilità comunale vedo un passaggio da 2 a 3 miliardi. Ho l'impressione che sia un passaggio che può forse dire qualche cosa solo nelle intenzioni. Non accetto le giustificazioni che nella relazione di maggioranza il Consigliere Rossotto ha portato in merito.
Se guardiamo l'assestamento di cassa, vediamo che esso non si muove, il che vuol dire che, pur facendo questo spostamento c'è la previsione che questi soldi non entreranno in cantiere anche se vengono trasferiti da un titolo all'altro. I Comuni si trovano in una grave incertezza che li assilla, hanno ottenuto finanziamenti che poi non hanno trovato un supporto nel credito, sono in attesa che la situazione in linea generale si sblocchi per avere il credito, sanno di avere dei finanziamenti che ormai non sono più rapportabili in modo realistico alle opere che avevano progettato sanno che sul bilancio regionale esistono delle voci a cui si potrebbe attingere, ma, con una mentalità prettamente piemontese, valida perch seria, non osano chiedere perché sanno di essere in torto in quanto hanno dei finanziamenti non ancora utilizzati. E' mancata e continua a mancare l'azione promozionale della Giunta regionale. Questo, secondo me, poteva essere giustificato l'anno scorso, ma non può essere giustificato oggi con l'approvazione del primo bilancio pluriennale, perché esso è l'applicazione di alcune direttive che sono scaturite dal Piano di sviluppo e dal suo programma di attuazione con un rapporto all'effettiva disponibilità di fondi per la spesa. Province, Comprensori e Comuni vengano quindi coinvolti, sappiano su quali fondi possono far affidamento in questi tre anni, programmino i loro interventi. Può esserci stata qualche richiesta campanilistica, disorganica, ma abbiamo anche avuto esempi come quello del Comprensorio di Alba quando due anni fa, investito del problema della divisione dei fondi messi a disposizione dalla Regione, ha destinato un miliardo alla realizzazione dell'acquedotto delle Langhe.
Nel bilancio pluriennale 78/79/80 abbiamo.
Contributi alle Province in conto capitale 6 miliardi Contributi ai Comuni 6 miliardi Contributi ai Comuni in conto interesse 1 miliardo.
Abbiamo residui passivi sulla viabilità provinciale di 5 miliardi e 639 milioni; sulla viabilità comunale di 5 miliardi e 476 milioni. Ci troviamo quindi di fronte ad una disponibilità di 24 miliardi che va rivista e va coordinata dall'alto. Se poi a questi 24 miliardi si aggiungono i 9 miliardi di contributi dati per la viabilità provinciale (peraltro messi in discussione perché lo Stato pare non abbia mantenuto i suoi impegni nei confronti della Regione), passiamo a circa 35 miliardi che devono essere avviati. Se non vengono avviati oggi con ogni probabilità non verranno avviati prima della scadenza di questa legislatura.
Facciamo attenzione che, con la tendenza a voler regolamentare tutto creiamo dei tempi vuoti e rischiamo di vederceli ricadere sulle spalle perché il grado di deterioramento dei patrimoni e dei servizi diffusi nei Comuni e nella viabilità provinciale è tale che ci ricadrà sulle spalle negli anni prossimi. Non voglio dare la sensazione di rivolgermi sempre allo stesso Assessorato, sono responsabilità di Giunta. Uguale discorso allora si può fare per i capitoli relativi agli acquedotti e alle fognature. Esiste un progetto per l'indagine sulla consistenza delle infrastrutture, degli acquedotti e delle fognature (150 milioni). In attesa che si completi questo studio, altri capitali rimangono fermi ed è necessario dargli un avvio. In bilancio abbiamo un contributo in conto interessi di 1 miliardo e un contributo in conto capitale di due miliardi per acquedotti e fognature; abbiamo un residuo di 6 miliardi e 200 milioni anche in questo caso raggiungiamo i 9 miliardi e 216 milioni.
Queste osservazioni sono fatte allo scopo di accelerare la spesa ai fini della serietà della programmazione e per impedire l'accumulo di esigenze insoddisfatte. Sempre nell'ottica di vedere i Comuni collaborare con la Regione ai fini non tanto della programmazione, ma della gestione della spesa, mi lascia profondamente perplesso la manovra di assestamento che depenna 2 miliardi per le attrezzature sportive, con 3 miliardi di residui passivi. Sono nodi che vengono al pettine. Ci sono dei fondi disponibili; se li mettiamo tutti assieme arriviamo a cinquanta miliardi.
E' interessante l'opposizione ma lo è maggiormente per la maggioranza farli entrare nel circuito. Ci sono delle difficoltà obiettive che sono a monte della politica regionale.
E' mancata una presa di posizione energica e tempestiva per ovviare almeno ad una parte di questi grossi inconvenienti. Oggettivamente tutti sappiamo di vivere in uno Stato che è preoccupato della gestione della spesa pubblica e questo riduce la possibilità ai Comuni di avere i crediti necessari. E' possibile fare delle variazioni, creare dei meccanismi e delle leggi per migliorare la situazione? Se continuiamo a parlarne e non mettiamo in cantiere possibilità, con ogni probabilità nell'80 ci troveremo ancora con in mano questo pugno di miliardi, abbastanza consistente e con tutti gli effetti negativi perché i Comuni si vedranno per alcuni anni completamente estraniati dalle scelte alle quali erano stati chiamati a decidere quando c'era il Comitato provvisorio del Comprensorio. Oggi che esistono gli organi comprensoriali su questi argomenti non si sono più fatti incontri. Richiamo la Giunta ad esaminare con la dovuta serietà quanto esposto.
Il mio intervento è settoriale. Ritengo, a questo punto di interrompermi, riservandomi eventualmente di aggiungere qualche elemento in sede di conclusione, dopo la relazione dell' amico Franzi.



PRESIDENTE

A questo punto, possiamo interrompere i nostri lavori e riprenderli alle ore 15 precise. Il primo oratore iscritto è il Consigliere Rossi.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



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