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Dettaglio seduta n.199 del 15/06/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I processi verbali relativi alle adunanze consiliari dell'8 giugno 1978 sono stati distribuiti ai Consiglieri prima dell'inizio della seduta odierna. Se non vi sono osservazioni si considerano approvati.


Argomento: Tossicodipendenza

Interrogazione del Consigliere Oberto: "Atteggiamento della Giunta sui problemi posti dall' entrata in vigore delle nuove norme per l'assistenza psichiatrica"


PRESIDENTE

Passiamo alle interpellanze ed interrogazioni. Interrogazione del Consigliere Oberto: "Atteggiamento della Giunta sui problemi posti dall'entrata in vigore delle nuove norme per l'assistenza psichiatrica".
Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sicurezza sociale e sanità

In relazione alla sua interrogazione urgente concernente il ricovero dei malati di mente, va tenuto presente che la nuova normativa è costituita dalla legge 13.5.1978 n. 180, entrata in vigore il giorno 17 maggio 1978 e che quindi, anteriormente a tale data, l'Amministrazione regionale non era in condizioni di prendere alcuna iniziativa, non conoscendo le statuizioni contenute nella legge stessa.
Purtroppo la normativa in materia non ha disciplinato, come avrebbe dovuto, la fase transitoria intercorrente tra il periodo di scadenza di applicazione della vecchia normativa e l'entrata in funzione dei nuovi servizi, che per legge devono essere attivati entro i 60 giorni dalla data di entrata in vigore della nuova normativa.
Occorre altresì tener presente che la legge 180/78 ha prescritto, tra l'altro, l'immediato blocco del ricovero di pazienti in Ospedali psichiatrici.
L'Amministrazione regionale, ed in particolare l'Assessorato alla sicurezza sociale e sanità, si sono quindi trovati di fronte a due esigenze: 1) sopperire alla mancanza di norme transitorie e provvedere ad assicurare il ricovero dei pazienti che per la nuova legge, dal giorno della sua entrata in vigore, non poteva più avere luogo presso gli Ospedali psichiatrici e che non poteva peraltro avere luogo nei servizi di nuova istituzione previsti dalla legge stessa.
Nell'ottica di evitare che in tale periodo transitorio si incrementasse l'attività delle Case di cura private, con circolare del Presidente della Giunta regionale 18.51978 (e cioè appena il giorno successivo all'entrata in vigore della legge) sono state impartite istruzioni per le diverse fattispecie previste dalla legge, al fine di assicurare una uniformità di comportamento da parte degli operatori che si fossero trovati di fronte a casi implicanti un'immediata soluzione concernente il ricovero che la normativa legislativa non ha fornito.
Si può peraltro validamente sostenere che le istruzioni impartite sono scaturite da un approfondito esame delle possibili soluzioni e di contingenti rimedi, diretti nel contempo a garantire, fin dal primo momento, una corretta applicazione della legge per non pregiudicare la realizzazione degli obiettivi che la legge stessa si propone.
2) La Giunta regionale ha dovuto peraltro provvedere all'individuazione degli Enti ospedalieri presso i quali debbono essere attivati (entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge e cioè il 16 luglio p.v.) gli specifici servizi di diagnosi e cura.
Infatti, con formale provvedimento adottato in adunanza straordinaria del 25 maggio u.s., la Giunta regionale ha individuato, transitoriamente ed in via d'urgenza, gli ospedali generali nei quali debbono essere istituiti gli specifici servizi di diagnosi e cura per il trattamento sanitario delle malattie mentali che necessitano di degenza ospedaliera.
Il numero dei presidi è stato stabilito in 23, facenti capo a n. 22 Enti ospedalieri e sono stati fatti coincidere con le sedi dei Dipartimenti di emergenza ed accettazione.
Dall'analisi cronologica delle iniziative e degli adempimenti adottati dall'Amministrazione regionale (in relazione alla data di entrata in vigore della normativa) risulta lampante non soltanto l'osservanza dei termini prescritti dalla legge, ma l'immediatezza delle iniziative ed altresì la materiale ed obiettiva impossibilità di anticipazione di tali iniziative.
Per tale motivo si dimostrerebbe inconsistente la ricerca di eventuali responsabilità o carenza da parte dell'Assessorato.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Prendo atto della risposta.



PRESIDENTE

L'interrogazione è così di scussa.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Bono: "Situazione occupazionale nel Novarese e atteggiamento in merito ai problemi della filatura di Gravellona e della Inox"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Bono: "Situazione occupazionale nel Novarese e atteggiamento in merito ai problemi della filatura di Gravellona e della Inox".
Risponde l'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Rispondendo al Consigliere interrogante vorrei rimarcare come purtroppo non sia privo di significato il fatto che nell'interrogazione vengano poste due distinte situazioni di fabbrica, situate nel territorio di Omegna Gravellona.
Non posso e non debbo ignorare la particolare gravità della situazione del Verbano-Cusio-Ossola, dove la Regione da tempo affronta situazioni di crisi industriale che vanno dalla Montedison, alla Metalvista, alla Clifford, alla Inox, alla Filatura del Toce, alla Sisma, ad aziende del settore pubblico e privato; industrie piccole, medie e grandi. Senza rubare tempo al Consiglio con informazioni che nell'interrogazione non sono richieste - e che del resto ho trattato in altri momenti - ho voluto sottolineare l'aspetto generale della situazione per assicurare al Consigliere interrogante e al Consiglio, che le specifiche questioni della Inox e della Filatura del Toce sono seguite dalla Giunta con attenzione attraverso contatti con le associazioni imprenditoriali e il Governo e, per quanto di competenza attraverso interventi sul credito e sulle aree.
Filatura del Toce: l'azienda fa parte del gruppo Bonazzi, pur avendo un suo particolare assetto societario. Il gruppo ha una decina di aziende soprattutto situate nel Veneto, con circa 3000 occupati; esso realizza un ciclo completo che comprende attività chimica, tessile, confezione e vendite. La Filatura del Toce, che occupa 250 lavoratori, ha chiesto 60 licenziamenti, con procedura iniziata il 2 maggio. C'era il pericolo di veder spiccare a fide maggio le relative lettere di licenziamento. La situazione è particolarmente complessa in quanto contemporaneamente è aperta una vertenza aziendale sui premi, sui turni e sugli orari; problemi sui quali era già intervenuto positivamente, un anno e mezzo fa, il Presidente del Consiglio Sanlorenzo, e che ora vengono rimessi in discussione. La situazione produttiva pare buona, come pare consistente il carnet di ordinazioni.
L'azienda insiste sull'esigenza di recupero di produttività, dicendo che gli impianti sono attualmente utilizzati al 65%, e lamentando un forte assenteismo. Le organizzazioni sindacali rilevano che l'assenteismo sarebbe da collegarsi anche all'esistenza del turno notturno che viene effettuato per tutta la durata dell'anno solare. Nella riunione che abbiamo tenuto a Gravellona il 19 maggio le organizzazioni sindacali hanno dimostrato disponibilità rispetto all'esigenza del recupero produttivo purché non comporti giri di vite su turni e sui meccanismi del premio.
Il 24 maggio a Gravellona si è tenuta una riunione con la partecipazione del Comune, della direzione aziendale e l'Unione industriale di Verbania. La questione era chiara: la richiesta di licenziamenti appariva funzionale all' obiettivo di recupero di produttività e quindi non strettamente motivata da crisi produttiva.
Abbiamo chiesto quindi all'azienda di soprassedere alla procedura iniziata il 2 maggio con l'impegno ad esaminare la piattaforma sindacale e a trovare un accordo produttivo. L'Unione industriale, in verità attraverso l'impegno del Direttore, dott. Levati, si è adoperata in questo senso, c'é stata la sospensiva ed è stata avviata la trattativa.
Successivamente però tale trattativa si è inceppata, tant'é vero che il 6 giugno abbiamo partecipato ad una riunione presso la Prefettura di Novara.
La trattativa verrà ripresa domani mattina senza pregiudiziali da ambo le parti e dovrebbe arrivare alla corresponsione delle spettanze maturate.
Per la Inox Nicora, azienda di produzione di pentolame, la crisi è finanziaria e consiste in una pesante situazione debitoria verso le banche valutabile intorno ai 3/4 miliardi, verso la società Terni, attorno ai 700 milioni e verso gli istituti previdenziali e creditori vari per un totale di 4/5 miliardi.
Il 24 maggio ho avuto presso il Comune di Omegna una riunione per esaminare la situazione salariale e la situazione in prospettiva. In questi giorni, un'azienda creditrice ha presentato l'istanza di fallimento. Il 7 giugno c'é stata la prima udienza; il Tribunale ha però sospeso l'udienza.
Come mi è stato detto in via ancora riservata, si sarebbe prospettata una soluzione di affittanza che permetterebbe la continuazione della produzione in una fase transitoria. La Regione seguirà questa ipotesi perché pare abbastanza consistente Non sono tuttavia in grado di dare assicurazioni fintantoché il contratto non verrà fatto davanti al Tribunale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Ringrazio l'Assessore per la dettagliata relazione sulla situazione delle due fabbriche, soprattutto lo ringrazio per l'impegno vivo che ha dato e che intende ancora dare in difesa dei lavoratori. La situazione dell'Alto Novarese è estremamente pesante. La scorsa settimana l'Assessore ci ha illustrato la situazione della Montefibre che un paio di anni fa occupava 4500 lavoratori a Verbania e che oggi è scesa al livello di poco più di 3.000 occupati, anch'essi in larga misura minacciati dalla disoccupazione. Oltre a questi problemi abbiamo le vertenze della Sir Rumianca, della Sisma, della Fiasa, della Clifford.
La Giunta regionale questa mattina ci ha presentato il disegno di legge n. 325 per estendere al Comprensorio del Verbano-Cusio-Ossola gli interventi di cui alla legge regionale del 9 aprile '75 n. 21 per la creazione delle zone industriali. Vorrei ricordare al Presidente della Giunta, e in modo particolare all'Assessore all'urbanistica, che non vedo presente in questo momento, la necessità di una rapida approvazione del piano per gli insediamenti industriali che il Consorzio del Basso Toce ha già presentato alla Regione per l'approvazione E' estremamente importante l'approvazione di quello strumento urbanistico che permette di attuare l'obiettivo che si propone la stessa Giunta con il disegno di legge che ho citato or ora. La realizzazione di questo obiettivo, unitamente alla lotta che il movimento operaio porta avanti assieme al Comprensorio e al Consorzio dei Comuni, rappresenta un'alternativa al programma di mobilitazione e un momento per far avanzare quel processo di articolazione produttiva e per l'inserimento di attività sostitutive per alcune aziende deficitarie e particolarmente pericolanti.
In questa visione sollecito ulteriormente la Giunta affinché giunga rapidamente all'approvazione di quell'importante strumento urbanistico che si inserisce in un contesto generale e che diventa una necessità impellente.



PRESIDENTE

L'interrogazione è così discussa.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione dei Consiglieri Franzi, Menozzi, Bertorello, Chiabrando Lombardi: "Motivi per i quali la Giunta non ha ancora ripresentato il disegno di legge per l'assistenza farmaceutica integrativa per i coltivatori diretti relativamente al secondo semestre 1977"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Franzi, Menozzi Bertorello, Chiabrando, Lombardi: "Motivi per i quali la Giunta non ha ancora ripresentato il disegno di legge per l'assistenza farmaceutica integrativa per i coltivatori diretti relativamente al secondo semestre 1977". La parola al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Il problema è molto importante tant'e vero che se ne sono fatte carico le precedenti Giunte integrando l'assistenza farmaceutica ai coltivatori diretti e alle categorie autonome.
Il dialogo si è interrotto dalla meta dell'anno 1977 e in ispecie dopo il voto sul Piano di sviluppo L' assistenza farmaceutica integrativa non e' di competenza delle Regioni, tuttavia il rinvio della riforma sanitaria, slittata di alcuni mesi se non di un anno, pone nuovamente l'accento sul problema.
La Giunta, nell'opinione maturata che la riforma sanitaria fosse imminente, come sembrava dai lavori parlamentari, aveva atteso sinora anche perché il compito sarebbe stato trasferito e non vi sarebbe stato un provvedimento autonomo e settoriale, ma bensì inserito nel contesto della riforma sanitaria stessa.
Il rinvio induce nuovamente a meditare. Occorre però affrontare la situazione nel quadro dell'attuazione del Piano di sviluppo. L'impegno non è di poco conto, perché tra il secondo semestre del 1977 e il 1978 è presumibile che l'intera somma si avvicini attorno ai 3 miliardi; non si tratta quindi di un intervento che può essere fatto isolatamente dal contesto dell'attuazione del Piano di sviluppo e che possa stravolgerne gli obiettivi o comunque le risorse finanziarie. Le forze politiche hanno manifestato il loro appoggio a un provvedimento di copertura di quest'onere. D'altro canto le associazioni che si riconducono al mondo dell' agricoltura hanno già fatto conoscere che non intendono cedere alcuna somma che sia destinata alle strutture per i miglioramenti fondiari o per interventi nelle campagne e che la somma deve invece essere attinta da albi capitoli. Ci troviamo nella situazione di adempiere all'attuazione del Piano di sviluppo o di derogare in qualche modo.
La Giunta esaminerà ulteriormente il problema, tenendo presente che secondo il parere di esperti, non è possibile trarre i fondi dai capitoli dell'assistenza ospedaliera. Dobbiamo ricondurre il discorso nell'ambito più vasto del bilancio stesso. La Giunta, disponibile per un ulteriore studio che non intacchi i settori fondamentali indicati dal Piano di sviluppo che sono quelli del territorio, dei fatti sociali dell'agricoltura, dei trasporti, farà in modo che possa essere data soddisfazione anche a questo problema, ritenendo, tuttavia, che la, riforma sanitaria sarebbe forse il momento più appropriato per date la soluzione tanto attesa dal mondo degli operatori autonomi.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

Sul piano politico sembrava che il problema fosse risolto e che ci fosse la volontà da parte della maggioranza e del Consiglio di approvare il finanziamento sia per il secondo semestre del 1977 sia per quello riguardante il 1978. La risposta del Presidente della Giunta ci dimostra che ci sono delle difficoltà di carattere politico che sono ricollegabili al Piano di sviluppo. Tra gli obiettivi del Piano di sviluppo vi è anche quello del miglioramento della qualità della vita delle popolazioni rurali.
Equiparare i servizi delle popolazioni agricole a quelli delle popolazioni urbane è un modo corretto per sviluppare le condizioni di vita nelle zone periferiche del Piemonte, ma anche per bloccare l'esodo dalle campagne che è uno degli obiettivi che si pone il Piano di sviluppo. Poiché da indiscrezioni giunte, l'agricoltura vedrà ridotti di parecchi miliardi i finanziamenti stanziati, ritengo sia possibile ricuperare i miliardi necessari per questo impegno.
Il settore agricolo è uno di quelli che ha maggiori residui passivi e poiché questa è una legge per la quale è possibile spendere velocemente i fondi stanziati, insisto perché il provvedimento vada in porto. Esso, oltre che ridurre i residui passivi, riconosce alle popolazioni rurali e ai lavoratori autonomi, artigiani e commercianti, quella parità di trattamento che siamo disposti a dare a parole, ma che nella sostanza è difficile realizzare.



PRESIDENTE

L'interrogazione è stata così svolta.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati - Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi, Soldano: "Trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; atteggiamento della Giunta circa l'esigenza di una specifica legge regionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi, Soldano: "Trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica; atteggiamento della Giunta circa l'esigenza di una specifica legge regionale".
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

L'art. 95 del DPR n. 616, in coerenza con i principi della legge n. 382 attribuisce ai Comuni, dal 1 gennaio 1978, le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, ad eccezione di quelli da destinare ai dipendenti statali, civili e militari per esigenze di servizio, la cui assegnazione resta di competenza dello Stato.
Va sottolineato il significato di tale provvedimento che, valorizzando la capacità delle autonomie locali, individua nel Comune il centro erogatore di servizi sociali e il gestore della politica della casa, specie ora che si è dato inizio al recupero del patrimonio abitativo esistente ed è in procinto di essere approvata la legge per l'equo canone. Alla fine del mese o all'inizio del mese di luglio probabilmente sarà anche approvata la legge per il programma pluriennale di edilizia residenziale pubblica.
La formulazione molto concisa dell'art. 95 e la complessità del procedimento di assegnazione hanno creato problemi in ordine al concreto esercizio dei poteri da parte del Comune che potevano produrre ritardi nell'assegnazione e nella consegna degli alloggi realizzati con le leggi 166 e 492 del '75 i cui alloggi sono ultimati o in corso di ultimazione. Si è reso pertanto necessario procedere, secondo una normativa transitoria in materia, al trasferimento di competenze mediante due fasi distinte.
La prima fase, brevi tempore, vede continuare ad operare le commissioni istituite ai sensi del DPR n 1035 del 30.12.72, emesso a seguito della legge 865 sulla casa, per assicurare il completamento dei procedimenti in corso e la continuità delle procedure già avviate.
Tale necessità fu manifestata da tutte le Regioni alla Commissione lavori pubblici della Camera dei deputati, ed e stata recepita dal Ministero dei lavori pubblici con telegramma trasmesso l'8 febbraio del '78 La seconda fase deve essere ancora: con essa i Comuni subentreranno totalmente nelle competenze per l'assegnazione, anche per quanto si riferisce all'attività della Commissione assegnazione alloggi. Questa fase avverrà in attuazione di un'apposita normativa che deve essere assunta dalla Regione. Le Regioni stanno formulando questo dispositivo.
Per quanto si riferisce alla prima fase,transitoria è stata emessa la circolare del 30 marzo '78, del Presidente della Giunta regionale formulata d'intesa con l'Anci, e con gli Istituti autonomi per le case popolari, relativa all'emissione dei bandi integrativi ai fini della chiusura delle graduatorie definitive Con la stessa circolare si e inoltre confermata la competenza esclusiva del Comune, anche nella fase transitoria, ad emettere il formale provvedimento di assegnazione con deliberazione del Consiglio comunale. L'Anci nel contempo ha provveduto a inoltrare presso tutti i Comuni interessati opportuno schema di deliberazione al fine di agevolare il compito delle Amministrazioni comunali.
La normativa transitoria in argomento ha già trovato regolare attuazione per l'assegnazione di 136 alloggi nella città di Biella.
Per quanto riguarda l'attivazione della fase a regime che deve dare totale competenza anche procedurale ai Comuni, in accordo con altre Regioni e d'intesa con il consorzio regionale fra gli Istituti autonomi delle case popolari, è stata formulata una bozza di articolato per la disciplina della materia, la quale è attualmente in fase di esame critico presso gli Istituti autonomi per le case popolari ai fini di un miglioramento e di un arricchimento dei contenuti anche tenendo conto dell'esperienza che gli Istituti autonomi stessi hanno maturato.
Posso fin d'ora consegnare ai colleghi che hanno presentato l'interrogazione tale bozza. La bozza prevede che l'assegnazione degli alloggi, in osservanza alle disposizioni dei vari decreti del Presidente della Repubblica, sia attribuita al Comune in cui vengono costruiti gli alloggi oppure a quegli enti consortili, se si tratta di operazioni che investono consorzi di Comuni, sulla base di deliberazione del Consiglio comunale e di un'istruttoria svolta da una commissione assegnazione composta dà rappresentanti del Comune o dei Comuni consorziati, dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e degli inquilini.
Non appena saranno raccolte le ulteriori osservazioni critiche da parte degli Istituti autonomi case popolari, la Giunta presenterà un disegno di legge che verrà discusso dalla Commissione competente e dal Consiglio regionale per dare piena attuazione al decreto del '77.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

La risposta è esauriente, ma essa parte da principi più volte contestati in questa sede, la cui contestazione, peraltro, accettata da tutte le forze politiche le quali però continuano ad operare come se le discussioni all'interno del Consiglio non avvenissero Ci troviamo dr fronte al decreto 616 che ha trasferito delle funzioni alle Regioni e anche ai Comuni. Abbiamo detto che i rapporti con i Comprensori e con gli Enti locali dovrebbero normalmente filtrare attraverso il Consiglio regionale sarebbe stato quindi opportuno che la bozza fosse stata portata a conoscenza della Commissione consiliare competente e poi all'integrazione dei dati, la quale può avvenire sia da parte degli Istituti autonomi case popolari come da parte dei Comuni. In passato i Comuni non sono sempre stati soddisfatti del modo di operare delle Commissioni provinciali non perché non operassero secondo criteri di legittimità, ma perché esse si rifacevano a parametri che non avevano sempre una rispondenza in loco con le reali esigenze di edilizia popolare. Nessuno vuole bruciare i tempi specialmente su questi argomenti, perché è bene che ci avvaliamo dell'esperienza per non ripetere gli errori del passato. Poiché occorre tempo per definire la normativa regionale, mi domando perché si fanno delle norme transitorie che rischiano di creare dei tempi di paralisi.
La realtà è molto più complicata degli schemi che noi cerchiamo di darci per razionalizzarla: ogni giorno nascono problemi nuovi. Non tutte le Commissioni provinciali si comportano allo stesso modo ed emettono il bando di concorso prima di appaltare gli alloggi o prima che gli alloggi siano finiti; c'é un arco di tempo che fa sì che l'esigenza di emanare dei nuovi bandi di concorso sia un'esigenza che si presenta continuamente a meno di creare dei tempi morti. La burocrazia in queste cose è normalmente pigra nel senso che forse non l'abbiamo responsabilizzata a sufficienza e trovandosi di fronte alla norma transitoria, rimarrà in attesa della normativa regionale e certi bandi di concorso non potranno essere avviati.
Tanto valeva lasciare questa norma transitoria anche per i bandi nuovi conché, naturalmente, si cessasse di emettere nuovi bandi quando la normativa regionale fosse stata approvata.
Questo senso di sfiducia e di desiderio di immediata sostituzione anche quando non siamo preparati, è un fatto che preoccupa, che si riporta ad una mentalità che passa attraverso a tutti i partiti e viene costantemente rimproverata di alimentare un centralismo burocratico regionale.
Desidero ringraziare l'Assessore per la risposta esauriente nei dettagli tecnici. Gli sarò grato se vorrà darmi la bozza di normativa che la Giunta ha predisposto e lo prego di trasmetterla anche alla Commissione competente perché senza arrivare a scavalcamenti di competenze, quanto meno si riconosca che nelle norme che riguardano i rapporti con gli enti infraregionali il Consiglio ha una posizione di preminenza da tutti riconosciuta, al quale riconoscimento dobbiamo cercare di essere conseguenti.



PRESIDENTE

Chiede ancora la parola l' Assessore Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Non capisco a che cosa vuole riferirsi il collega Martini quando parla di centralismo regionale.
Il 2 febbraio a Roma le Regioni hanno prospettato la difficoltà del trasferimento di competenze ai Comuni, per testimonianza dei Comuni stessi.
Da parte del Ministero dei lavori pubblici è venuta un'indicazione suggerita dalle Regioni, di fare lavorare le vecchie commissioni al fine di non creare ritardi.
Per quanto riguarda il rapporto con il Consiglio, esso sarà garantito dal disegno di legge che verrà discusso in Commissione prima e in Consiglio poi. Aggiungo che ogni Gruppo ha la possibilità di presentare una proposta di legge. Non credo di aver eluso il confronto con il Consiglio perch questo lo avremo proprio sul disegno di legge della Giunta. Mi sono assicurato, assieme alle altre Regioni, che non si fermassero le procedure di assegnazione degli alloggi questo è l'aspetto più importante, poiché ci sono alloggi già costruiti, o che stanno per essere finiti, che debbono essere assegnati. Non mi risulta che ci siano interruzioni nella procedura.



PRESIDENTE

L'interrogazione è così discussa.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interpellanza dei Consiglieri Bontempi e Ferrero relativa alla cardiochirurgia torinese


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza dei Consiglieri Bontempi e Ferrero relativa alla cardiochirurgia torinese.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo che sia opportuno richiamare l'attenzione del Consiglio sulla vicenda che ha occupato l'opinione pubblica in questi mesi e che per molti versi può essere considerata esemplare da un lato per la gravità e la complessità della crisi delle istituzioni, dall'Università agli ospedali, e dall'altro per i risultati che possono essere conseguiti quando le istituzioni stesse, nella loro autonomia e attraverso un rapporto di reale collaborazione, si impegnano secondo una linea di rinnovamento coraggiosa che cerchi di andare ai nodi dei problemi che, in questo settore, sono stati di ostacolo ad una corretta risposta ai bisogni degli ammalati e quindi della popolazione.
Mi sia permesso di fare un breve punto sulla situazione e di motivare sulla base della storia che non è solo di quest'anno, ma anche dei precedenti, le richieste che abbiamo fatto alla Giunta.
E' all'attenzione di tutti la situazione della cardiochirurgia torinese e la storia del passato, l'anomalia per la quale il 70 % degli operati proveniva dal sud e quasi nessuno veniva mandato al Centro delle divisioni universitarie ed ospedaliere delle Molinette. Questo fatto evidenziava già in passato un'assenza pressoché assoluta di collaborazione tra i settori medici e quelli chirurgici con gravissimo danno per gli assistiti. E' noto che nel passato gli ammalati di cuore si rivolgevano a Lione, a Londra, a Houston.
Sulla base di questa realtà, per richiesta di medici, di paramedici, di sindacati, si avviano i primi passi, già sotto la precedente amministrazione ospedaliera, per la costituzione di un dipartimento di cardiochirurgia. Le operazioni vanno a rilento e nell'autunno dell'anno '76 dal precedente Consiglio di amministrazione, su iniziativa del Consigliere Grassini, viene richiesta una statistica sulla mortalità del Centro Blalock Dopo molti mesi questa nota viene consegnata e la Direzione sanitaria conferma la necessità del dipartimento di cardiologia.
Nel luglio del '77 viene rinnovato il Consiglio di amministrazione. In quella sede e all'atto dell'insediamento si accentua e si precisa la richiesta di costituire nel più breve tempo possibile il dipartimento di cardiologia e si fanno gli atti preparatori per la sua costituzione. Nel novembre del '77 scoppia la vicenda giudiziaria delle cartelle falsificate al Blalock con la relativa carcerazione di un medico, gli avvisi di reato per molti, compreso il direttore prof. Morino.
A questo punto, ospedale, Regione e Università si impegnano in uno sforzo congiunto per superare nella maniera più positiva possibile la drammatica fase di impasse. L'ospedale si assume la responsabilità di rifare completamente le statistiche di mortalità, il prof. Morino stesso ritenendo di non poter più presiedere il Centro in quella situazione delega l'aiuto anziano prof. Del Fante.
Nei mesi di gennaio e febbraio '78 non si opera più al Centro; il 26 febbraio si riprende l'attività con il primo intervento dell'equipe diretta dal prof. Del Fante. L'operato, il marittimo catanese Pietro Vasta,di 54 anni,muore in sala operatoria. Un'inchiesta amministrativa su questa vicenda, fatta dalla Commissione Stefanini, dice esplicitamente che: "si mette in discussione la perizia tecnica degli operatori e l'aggiornamento delle metodiche applicate". I primari cardiologi delle Molinette frattanto dichiarano che è loro impossibile una collaborazione con il Centro Blalock così diretto.
In questo clima viene chiamata dall'ospedale a Torino la Commissione Stefanini, la quale stabilisce rapporti con l'Ospedale, con la Facoltà di medicina, con i primari e i cattedratici, visita i reparti e tira le proprie conclusioni.
Le conclusioni sono che è impensabile affidare agli aiuti del Blalock la responsabilità della ripresa della attività operatoria. Il problema invece è quello di cercare una soluzione fuori Torino attraverso un operatore qualificato della materia e la soluzione viene individuata nella persona del Prof. Casarotto, il quale diventa responsabile del Centro Blalocka metà marzo, attraverso un atto del Rettore dell'Università, prof.
Cavallo, consenziente e favorevole la Facoltà di medicina e lo stesso prof.
Morino dichiara il Centro ingovernabile.
Il 3 aprile '78, superando difficoltà di ogni tipo, ma con l'appoggio dell'ospedale, della Regione e dell'Università e soprattutto del personale paramedico, il prof. Casarotto riprende gli interventi.
Via via, questo è il dato di fondo sul quale oggi siamo chiamati a riflettere, si ricostituisce la fiducia e la stima. Si avvia una collaborazione fattiva all'interno dell'ospedale, i malati incominciano ad affluire al Centro Blalock e si interrompe la diaspora verso altre sedi specialmente quelle straniere. Nel frattempo contro la decisione del Rettore, soprattutto contro la dimostrata possibilità che le cose possano cambiare, c'è il ricorso al TAR da parte dell'aiuto del prof. Morino; il TAR dà ragione a questo ricorso e sospende il 6 giugno l'incarico al prof.
Casarotto affidando il Centro alla vecchia gestione.
Credo che i fatti debbano essere integrati da alcune considerazioni: il fatto che con grande sforzo delle istituzioni nella loro autonomia che hanno stabilito un rapporto di reale collaborazione e assunto le proprie responsabilità, dando avvio ad un processo di risanamento di superamento di certe barricate, difficoltà che lasciavano le varie componenti divise tra loro, è di grande rilievo. Di fronte alla sentenza c'è stato un coro di proteste deciso ed energico da parte dell'opinione pubblica, da parte dei malati, delle organizzazioni sindacali, dei lavoratori, dei medici, dei paramedici e di tutto il settore cardiologico delle Molinette. C'é un riconoscimento all'opera intrapresa dal prof. Casarotto non conosciuto a Torino, quindi non sospetto di appartenere a nessuna delle varie chiese o scuderie che spesso hanno reso ingovernabile le amministrazioni ospedaliere e l'amministrazione della salute. Si è stabilito un rapporto di fiducia nei confronti delle capacità di questa persona.
Di fronte a questi fatti è giusto chiedere un giudizio e ribadire come ogni sforzo da parte dell'Amministrazione regionale, ospedaliera e universitaria vada fatto nel segno dell'interesse della salute dei cittadini, nel segno dell' utilizzo massimo delle risorse possibili, nel segno dell'assunzione di responsabilità in cui non possano prevalere elementi di lotta privata.
A noi non interessa chi possa o debba essere nominalmente incaricato della reggenza del Centro torinese di cardiochirurgia; a noi interessano le persone che abbiano conquistato fiducia nei malati, nei medici e nel personale addetto, che abbiano ricostituito un clima tale per cui la gente si rivolga di nuovo all'ospedale torinese e possa non essere delusa. Spero che la Giunta si pronunci in questo senso perché qualunquismo, sfiducia poca credibilità delle istituzioni si misurano largamente anche su queste cose. Quando il rinnovamento e il risanamento vanno avanti, interromperli e andare indietro può essere un errore molto grave.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sicurezza sociale e sanità

Non posso che ringraziare i Consiglieri Bontempi e Ferrero che hanno rivolto alla Giunta quest'interpellanza, la quale mi dà modo di rispondere sia pure su un piano più generale, anche ad un'interrogazione del Consigliere Beltrami e di chiarire il punto su questa vicenda che ha smosso tutta la comunità piemontese.
Ritengo che da essa sia nata una svolta nel modo con cui le forze politiche, la Regione, l'Università e l'ospedale devono affrontare i problemi di carattere sanitario. Da parte dei partiti e delle istituzioni ad ogni livello non vi è stata una corsa divaricante, bensì uno sforzo per trovare punti di unità e per mettere al centro di tutta la problematica la salute degli ammalati. Il giudizio che si può ricavare sul ruolo che hanno avuto le istituzioni, ciascuna nel proprio ambito, è estremamente positivo per il risanamento generale del settore.
Da parte della Regione non vi è mai stata la volontà di imporre soluzioni di carattere personale, né tanto meno di fare la battaglia contro qualcuno. Vi è stata semplicemente la volontà di porre in positivo delle situazioni che ormai, per una serie di considerazioni su fatti accaduti in passato, si erano completamente deteriorate, come ha ricordato il Consigliere Bontempi. Ciò non era avvenuto perché lo avessero voluto le istituzioni, Enti ospedalieri, Regione e Università, ma perché una serie di fattori avevano condotto al deterioramento completo del Centro Blalock,non soltanto sul piano istituzionale, ma anche su quello della conduzione di questo grande servizio.
Devo ricordare una mia indicazione sul problema della cardiologia fatta al Comitatino degli esperti, il quale, già due anni e mezzo prima che succedessero gli eventi di cui stiamo parlando, si poneva di fronte ad una scelta definitiva in merito alla cardiochirurgia piemontese.
Il giudizio che si impone sulle ultime vicende - che è poi il senso dell'interpellanza - non può essere che estremamente positivo per l'opera che si è svolta nell'ambito universitario ed ospedaliero.
Credo che anche l'opinione pubblica riconosca all'unanimità questo dato di fatto perché, nel momento in cui si verificavano travagli e disordini terribili si sono potute effettuare, in breve tempo, 30 operazioni extracorporee, molte delle quali soddisfacenti e, come ho appreso ieri, c' stata la riapertura del Centro Blalock.
La positività del giudizio quindi non riguarda soltanto il ruolo dell'istituzione dell'Università e dell'Ospedale, ma anche gli operatori sanitari. Va riconosciuto al prof. Casarotto, il quale, scelto al di sopra di lottizzazioni di potere dalla Commissione Stefanini, è venuto ad operare al Centro Blalock affrontando grandi difficoltà psicologiche e portando la sua esperienza e nei confronti del quale, quindi, ci parrebbe giusto dare un sostegno politico notevolissimo, come siamo disposti a dare a chiunque operi in favore della salute pubblica al di sopra delle beghe.
Non faccio perciò che ribadire il mio giudizio estremamente positivo sull'esito della vicenda, giudizio che, non essendo io un tecnico, pu essere solo di carattere politico, a cui si aggiunge necessariamente una valutazione umanitaria nei confronti degli ammalati.
Abbiamo operato per trovare soluzioni unitarie e, a mio avviso, eccetto alcuni condizionamenti di carattere personale isolati, si è ottenuto questo risultato.
Quali iniziative occorre ancora prendere ? Occorre il pieno consenso della Giunta regionale e, mi auguro, anche del Consiglio regionale in ordine all'iniziativa che il Consiglio di amministrazione dell'Ospedale ha preso all'unanimità: di affidare la consulenza al prof. Casarotto e di lasciare la possibilità di continuare gli interventi chirurgici.
A questo punto il problema si allarga: non si tratta di un fatto transitorio. La Regione deve indicare le linee programmatiche su questo grosso settore. Se non ci fosse una soluzione si dovrebbe creare una divisione ospedaliera. Infatti, come mi è stato comunicato ufficialmente ieri, sia dal Rettore che dal Preside della facoltà, sembra che l'Università si appresti a deliberare l'approvazione di una cattedra; in questo modo si potrebbe risolvere il problema della cardiochirurgia torinese, anche se vanno valutate con molta attenzione le procedure con le quali si attribuirà l'incarico di reggenza: per concorso oppure tramite trasferimento. La soluzione più corretta dovrebbe contemplare due esigenze: di arrivare urgentemente alla definizione del problema dando immediatamente la possibilità ad un cattedratico di intervenire di bandire regolare concorso.
Si valuterà se l'affluenza dei malati del cuore potrà avere risposta completa da una sola cattedra, tenendo conto anche che due poli sono sempre meglio di uno solo, che potrebbe trasformarsi in centro di potere e lasciando sullo sfondo la possibilità oltre che della cattedra anche della creazione di una divisione.
Se si opera congiuntamente, nel rispetto reciproco delle proprie funzioni, Torino potrà ricuperare questo è il dato politico più positivo quel prestigio che ha sempre avuto dai tempi della grande "scuola del cuore" che è stata instaurata proprio qui, riprendendo ad avere il suo peso in tutta Italia e in tutta Europa.



PRESIDENTE

Per la replica, la parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo la parola per esprimere soddisfazione per la risposta dell'Assessore e per riaffermare i principi che erano contenuti nella nostra interpellanza. Dobbiamo dare atto del fatto positivo della consulenza data al prof. Casarotto da parte dell'Ospedale e del buon comportamento dell'Amministrazione ospedaliera. La Regione deve avere delle linee e proporre delle certezze alle altre istituzioni il che vuol dire avere chiaro che i fini devono essere: il recupero massimo delle risorse e il recupero massimo di ogni risorsa umana, tecnica, professionale, si ottiene soprattutto se riusciamo a fare in modo che il dipartimento, il grande obiettivo verso cui ci muoviamo da tempo, diventi l'elemento unificatore all'interno della cardiochirurgia e della cardiologia, perch anche l'uso a tempo pieno della sala operatoria è un problema che esige un rapporto tale tra Università e Ospedale che nessuna soluzione unilaterale presa nell'autonomia da parte delle istituzioni, per esempio dell'Università, può mettere in forse. L'Università su questo punto deve rispondere chiaramente e una risposta chiara in questo senso potrà esserci qualora la cattedra di cardiochirurgia nascerà non sui vecchi binari e secondo vecchi metodi e procedure, ma nascerà attraverso l'indizione di regolare concorso. Questo è il modo più trasparente e più chiaro per far sì che meriti reali e titoli possano favorire soluzioni importanti. Chi lavora seriamente, chi si conquista la fiducia, dando risposte chiare soprattutto ai malati deve essere messo in condizioni di continuare a lavorare, pena ne sarebbe la sfiducia e la perdita di credibilità. Ai comunisti non interessano atteggiamenti polemici e punitivi verso il passato, ma interessa ribadire che ogni atto che tenda a tornare indietro, qualora le cose abbiano incominciato a cambiare, non ci troveranno consenzienti, ma duri ed energici oppositori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Beltrami.



BELTRAMI Vittorio

Signor Presidente, mi ritengo forse investito lei magari non me lo conferirebbe di un titolo per poter intervenire sull'argomento. Non entro nel merito, desidero soltanto sottolineare che, in relazione a questo argomento, anche la D.C. nel passato aveva presentato un'interrogazione.
Non si tratta di fare una gara per avere dei meriti, semmai si tratta di rivolgere un ringraziamento ai colleghi comunisti che offrono la possibilità di reintrodurre un discorso estremamente serio. Avevamo presentato un'interrogazione in un momento nel quale la drammaticità del problema era ugualmente forte, prorompente ed esasperante come lo è in questo momento, per alcuni aspetti ora e per altri in allora.
In quella sede la risposta intervenne dopo un paio di mesi. Questa di oggi è più puntuale ed immediata. Ringrazio sia i colleghi che hanno proposto l'interrogazione e sia la risposta dell'Assessore che dovrebbe introdurci nel merito dei discorso, ma che correttamente non voglio fare perché non mi sento di introdurmi con relativa preparazione e anche perch l'interrogazione è stata presentata da altri Gruppi.
Il motivo per il quale ho preso la parola è per ricordare che l'Assessore nella sua risposta assunse un paio di mesi fa solenne impegno a reimpostare il discorso nella sede che fosse ritenuta la più idonea Commissione o Consiglio regionale e ad aprire un dibattito sull'argomento.
L'occasione poteva essere data da quest'interrogazione, ma non esistono le condizioni per aprire oggi questo dibattito, per cui formalmente rinnovo la richiesta all'Assessore di essere adempiente a questo impegno che aveva assunto verso il Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Più volte succede che gli argomenti seri, soprattutto da quando si è registrato un miglioramento nella presentazione e trattazione di interrogazioni ed interpellanze, che quasi sempre investono problemi di carattere generale, fanno nascere quasi contemporaneamente l'esigenza e il desiderio di provocare un dibattito aperto a tutti i Gruppi; tuttavia nessuno può forzare la volontà dei Gruppi o dei singoli per far diventare un discorso di carattere generale ciò che si risolve con un rapporto diretto fra l'interrogante o l'interpellante e la Giunta.
Un sistema per far sì che le cose più importanti trovino il modo di essere discusse da tutti è la Conferenza dei Capigruppo, tramite la quale si determinano i punti dell'ordine del giorno. Le richieste della maggioranza e della minoranza si devono commisurare con la possibilità del calendario, il numero e la durata delle sedute del Consiglio, il comportamento dei Consiglieri nel loro complesso. Porrò la questione alla Conferenza dei Capigruppo,compresa la richiesta che il Consigliere Beltrami ha avanzato.
L'interpellanza è discussa.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Petrini e Picco: "Motivi per cui la Giunta regionale ha collocato negli uffici alcuni manifesti sul Convegno per la riforma della Polizia; atteggiamento in merito"


PRESIDENTE

L'ultima interrogazione in elenco è presentata dai Consiglieri Paganelli, Petrini e Picco: "Motivi per cui la Giunta regionale ha collocato negli uffici alcuni manifesti sul Convegno per la riforma della Polizia; atteggiamento in merito".
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

I Consiglieri interroganti lamentano l'apposizione negli uffici regionali di un manifesto che riguarda il dibattito sull'ordine pubblico e la riforma della Polizia, tenuto il 17 aprile al Teatro Nuovo e organizzato dalla Regione Piemonte, dalle amministrazioni della Provincia e del Comune di Torino con le adesioni delle organizzazioni sindacali, dell'ANCI dell'Associazione nazionale Magistrati e del Comitato difesa valori della Resistenza.
In tale manifesto sono indicati i nomi dei relatori: il Presidente della Giunta, Viglione, il Sindaco di Torino, Novelli, il rappresentante delle organizzazioni sindacali, Bugli, il rappresentante degli operatori della Polizia, Meringolo e del Presidente del Consiglio regionale Sanlorenzo. Di tale manifesto sono state incorniciate e poste sotto vetro alcune copie e alcuni esemplari, a simiglianza di quanto accade per altri manifesti che riguardano diverse iniziative assunte dalla Regione, mostre convegni e dibattiti, apposti in qualche ufficio come testimonianza delle iniziative regionali. La stessa cosa è stata fatta per pochi esemplari in occasione del dibattito in questione. Di questi esemplari sono state distribuite agli uffici periferici che ne hanno fatto richiesta tre copie una al Comprensorio di Alba, una al Comprensorio di Vercelli e una al Comprensorio di Novara. I Comitati comprensoriali hanno richiesto di avere copia di tutti gli affiches esistenti in Regione e ne sono state inviate 15/20 copie ancora disponibili. Altri esemplari, mi pare in numero di 9 o 11, sono ancora giacenti presso gli uffici regionali. Siamo quindi lontani dalle parecchie decine di locandine a cui si riferiscono i Consiglieri interroganti. Alcuni manifesti graficamente più interessanti,come quelli delle mostre dell'artigianato, sono stati riprodotti in numero molto superiore e sono stati affissi in tutti gli uffici regionali, mentre di quelli relativi ai dibattiti ne esistono poche copie, essendo più che altro testimonianza di iniziative assunte. Nessun esemplare è stato inviato ad altri uffici, tranne i tre Comprensori che hanno richiesto espressamente di ricevere tutto il materiale disponibile.



PRESIDENTE

Replica il Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

L'Assessore Simonelli è sempre garbato nella risposte, ma questa volta non ci convince affatto. E' comunque un fatto emblematico. Noi lo riteniamo un infortunio causato da qualche funzionario regionale (ci sono dei bravissimi funzionari i quali possono anche erroneamente aver fatto incorniciare manifesti che non avrebbero dovuto essere incorniciati).
Signori della Giunta, fare incorniciare e mandare negli uffici regionali i manifesti sull' oro di Valenza o sulle ceramiche di Castellamonte ha un significato, invece fare incorniciare dei manifesti che portano nomi autorevolissimi e che si riferiscono ad un convegno, la cui opportunità era stata addirittura discussa e contestata da parte di Gruppi politici, ne assume indubbiamente un altro.
La Giunta ha ritenuto di procedere in questo modo. Noi riteniamo che ne abbia inviato un numero superiore, tant'è vero che anche il collega Lombardi ha presentato analoga interrogazione perché aveva visto gli stessi manifesti in altri uffici che non erano quelli ai quali ha fatto riferimento l'Assessore Simonelli. Avevamo chiesto nell'interrogazione i motivi di questo fatto come di altri relativamente all'esistenza nei Comprensori di decine e decine di copie del libro "Lo sbilancio della città" ammucchiate assieme ai manifesti in discussione. Faremo delle indagini per stabilire se effettivamente i Comprensori hanno richiesto questo materiale. A noi risulta il contrario.
Abbiamo chiesto alla Giunta se intende ritirare quelle locandine che assumono un aspetto propagandistico e non certamente il significato che altri manifesti, lodevolmente predisposti, possono avere. La Giunta non ha risposto e quindi siamo profondamente insoddisfatti.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

La Giunta, proponendosi di raccogliere i manifesti che testimoniano l'attività regionale, ha raccolto non soltanto quelli bellissimi che si riferiscono all'oro di Valenza, ai mobili di Saluzzo o alla festa di S.Giovanni, ma anche quelli che riguardano attività democratiche: ha infatti raccolto molti manifesti, anche stilati a mano, in occasione di manifestazioni contadine, operaie.
Posso pensare che l'inserimento dei nomi dei relatori possa dar luogo a rilievi, tuttavia non faccio questioni se queste attività sono svolte dalla Giunta, o dal Consiglio, o da parti sociali, politiche e democratiche. La Giunta si propone di fare la storia del Piemonte, anche attraverso ai manifesti.
Il Consigliere, avv. Paganelli, come sempre puntuale e rigoroso, ha sottolineato un punto importante, cioè che il manifesto dovrebbe rappresentare la volontà unanime delle parti in causa per essere accettato quindi, se una parte politica non ha dato il consenso o comunque non avrebbe partecipato a quell'incontro, il considerarlo parte dell'attività regionale potrebbe avere un significato di propaganda.
Come lei sa, avv. Paganelli, la riforma della polizia non appartiene a nessuna parte politica, ma è portata avanti da tutte le forze politiche sia pure con diverse sfaccettature, in quanto si tratta di una riforma istituzionale dello Stato. Non voglio discutere di questo aspetto sottolineo che la raccolta dei manifesti andrà, probabilmente, in alcune istituzioni o musei e che essa non può prescindere da fatti che avvengono nella comunità.
I manifesti in discussione testimoniano una iniziativa molto larga: infatti vi partecipavano la Giunta regionale, una parte del Consiglio regionale, il Comune di Torino, l'Associazione magistrati italiani. Questi manifesti, che peraltro non costano assolutamente nulla, fanno parte della storia e non soltanto di questa legislatura. Ci ripromettiamo di portare l'argomento all'esame della Commissione competente per discutere modi mezzi e termini entro i quali può essere o meno accettato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Avrei alcune osservazioni da fare, di consenso per una parte e di dissenso per la parte sottaciuta. Prendo atto soltanto della dichiarazione del Presidente della Giunta di voler portare in sede opportuna l'argomento dell'utilizzazione in senso generale del materiale, delle stampe, dei libri, per un'opera di documentazione storica seria e anche di azione politica controllata.



PRESIDENTE

Le interpellanze ed interrogazioni sono state tutte discusse.


Argomento:

Interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Petrini e Picco: "Motivi per cui la Giunta regionale ha collocato negli uffici alcuni manifesti sul Convegno per la riforma della Polizia; atteggiamento in merito"

Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

a) Congedi



PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Ferraris, Castagnone Vaccarino Minucci, Bajardi, Besate.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

E' stato presentato il disegno di legge n. 325: "Estensione degli interventi di cui alla legge regionale 9 aprile 1975, n. 21, ai Comuni ed ai consorzi di Enti locali esistenti o costituiti nell'area comprensoriale di Verbania, Cusio, Ossola", dalla Giunta regionale in data 8 giugno 1978.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c)Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto alle seguenti leggi regionali: alla legge regionale 27/4/1978: "Interventi a favore delle attività produttive nelle zone colpite dalle alluvioni dell'ottobre 1977, nella provincia di Alessandria" alla legge regionale 27/4/1978: "Delega alle Province dell'attività istruttoria relativa alla tenuta dell'albo provinciale degli autotrasportatori di merci" alla legge regionale 27/4/1978: "Istituzione della riserva naturale speciale del Bosco del Vaj" alla legge regionale 9/5/1978: "Modifiche alla legge regionale 27/12/1977 n. 63" alla legge regionale 9/5/1978: "Istituzione del Centro di formazione professionale di Biella" alla legge regionale 9/5/1978: "Concessione di contributi per limitati interventi di edilizia scolastica" alla legge regionale 9/5/1978: "Norme sul fondo di previdenza e solidarietà dei Consiglieri regionali del Piemonte" alla legge regionale 9/5/1978: "Indennità di presenza e di missione per i componenti dei Comitati comprensoriali".


Argomento:

c)Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Presentazione di un'interrogazione


PRESIDENTE

Il Comune di Crevoladossola (NO) ha presentato un'interrogazione relativa alla legge regionale n. 56 del 1977: "Tutela ed uso del suolo" ed in particolare relativa all'interpretazione autentica dell'articolo 85.
L'Ufficio di Presidenza ha esaminato tale richiesta e ha deciso di trasmettere l'interrogazione alla Commissione competente perché formuli una risposta. Verrà data notizia della risposta in sede di Consiglio invitando il Comune ad essere presente.



CALSOLARO Corrado

La risposta all'interrogazione è della Giunta, non del Consiglio. Si dovrebbe fare una legge di interpretazione della norma.



PRESIDENTE

Possiamo esprimere soltanto un parere.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, convengo con il collega che l'interpretazione autentica significa predisporre una legge, quindi è una pronuncia che va fatta con una proposta di deliberazione. Il Consiglio non può in sede di interrogazione dare un'interpretazione autentica. L'interpretazione autentica va sacramentata e formalizzata con legge. Il Consiglio si esprime con atti formali che sono leggi. Dal punto di vista della problematica, a mio avviso, il tutto va rinviato perché la Giunta deve riflettere sulla problematica che sta nascendo e deve assumersi la responsabilità di proporre un disegno di legge, così come può assumersela il Consiglio o qualche Gruppo consiliare. Andiamoci cauti a rispondere a cittadini che chiedono l'interpretazione autentica di una legge perché rischiamo di metterci in un terreno estremamente delicato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

A mio avviso le questioni sono due: una formale e l'altra istituzionale e nuova, cioè quella dell'istituto dell'interrogazione proposta da un ente pubblico. Il Consiglio regionale deve premurarsi di agire in modo corretto anche dal punto di vista formale, perché la risposta abbia autorevolezza.
Mi pare esatto che il quesito debba essere trasmesso alla Commissione, così come pare esatto che la Commissione debba esprimere un parere con il quale potrebbe non entrare nel merito, essendo il merito riservato alle leggi. La Commissione, quindi, riferirà al Consiglio che si esprimerà. La risposta potrebbe essere del seguente tenore: il quesito involge o problemi che possono avere risposta soltanto con lo strumento legislativo il Consiglio ritiene che non sussistano dubbi perché la norma pare di interpretazione assolutamente cristallina e chiara.
Se poi il Consiglio dovesse prendere atto che esiste una situazione di incertezza, sorgerà il problema politico di sollecitare chi detiene l'iniziativa legislativa perché la eserciti.



PRESIDENTE

In effetti ho proposto questa metodologia. L'art. 48 dello Statuto disciplina inizialmente gli istituti della partecipazione popolare. Sono istituti della partecipazione: l'iniziativa popolare, l'iniziativa degli Enti locali, il referendum abrogativo e consultivo, l'interrogazione rivolta agli organi della Regione. Gli organi della Regione sono tre: il Consiglio, la Giunta e il Presidente della Giunta.
In questo caso il Comune ha ritenuto di rivolgere un'interrogazione ad un organo della Regione, che è il Consiglio regionale. Normalmente, quando l'interrogazione è fatta da un Consigliere, è la Giunta che risponde perché così è regolamentato l'istituto dell'interrogazione, mentre quello dei cittadini, degli Enti locali e delle forze sociali invece non è regolamentato. L'orientamento del Consiglio è quello ricordato dal Consigliere Bianchi: la Commissione competente esaminerà l'interrogazione ne trarrà tutte le deduzioni che riterrà opportune, che potranno essere: la possibilità di dare una risposta di merito l'impossibilità di dare una risposta di merito il suggerimento di produrre una legge che autenticamente interpreti l'art. 85 quante altre soluzioni riterrà opportune nell'ambito delle sue competenze.
Il Consiglio giudicherà il parere della Commissione e deciderà la necessità di fare una legge.
Chiede la parola il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, andrei cauto a definire in modo schematico un'attività che abbiamo sempre svolto dividendo nettamente i compiti dell'esecutivo da quelli del legislativo.
E' vero che il Consiglio regionale non è tipicamente inteso come l'organo del Parlamento ripetuto alla periferia, per cui ha allargato la sua sfera di interessi, tuttavia andrei molto cauto ad assegnargli un'attività che può riguardare l'esecutivo e sulla quale il Consiglio si pronuncia, e di cui può prendere conoscenza e approfondire gli argomenti chiamato però non in modo diretto. Il Consiglio regionale ha metodo, forme strategie, tattiche diverse da quelle del Parlamento; evidentemente non potrà mai essere l'organo esecutivo della Regione perché l'organo esecutivo della Regione è la Giunta che è espressione delle forze politiche che qui convengono, che qui discutono e che qui siedono per mandato popolare Vi sono ruoli che non possono essere certamente confusi se non nella misura in cui il coinvolgimento generale delle forze politiche viene ad essere un fatto non più limitato tra l'opposizione e la maggioranza, ma viene ad essere concluso in dialoghi, ricerche, decisioni che invece spetterebbero all'esecutivo. Sotto questo aspetto quindi faccio riserva di approfondire con costituzionalisti ed esperti per definire i sistemi coi quali dare una risposta alle richieste che provengono dall'esterno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Credo che le conclusioni a cui è arrivato il Presidente del Consiglio debbano essere tradotte in pratica, quindi, in questa sede, la discussione sull'iter da seguire può considerarsi ampiamente conclusa. Se si deve discutere dei rapporti tra gli organi o di altre questioni che hanno rilievo generale si destini una idonea sede, nella quale sia possibile sviluppare un ragionamento adeguato.



PRESIDENTE

La sede c'è, è la Commissione regolamento.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

A nome della Giunta dichiaro che in questa sede non si è acquisito nessun metodo.
La Giunta studierà e approfondirà il problema sulla discussione che si è aperta.



PRESIDENTE

La Commissione regolamento ha possibilità di esaminare i problemi di questa natura. La deliberazione finale del Comune è molto esplicita ancorché si possa contestare; essa dice: "delibera di interrogare, ai sensi dell'art. 62 dello Statuto regionale, il Consiglio regionale della Regione Piemonte, a che, nella sua facoltà, esprima parere e quindi interpretazione autentica dell'art. 85....". Sappiamo che Giunta e Commissione lavorano di comune intesa ed è ovvio che su un argomento così delicato il Presidente della Commissione, nell'esprimere un parere o nel suggerire qualche procedura chiederebbe la presenza del Presidente della Giunta in sede di Commissione per sviluppare il discorso. Questa soluzione mi pare assai corretta, da tutti i punti di vista, e partecipata, però se si vuole sottoporre questa interrogazione ad un dibattito preventivo, l'iter potrà essere deciso dalla Commissione del regolamento o dalla Commissione dei Capigruppo.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

La questione è di natura istituzionale perché attiene ai rapporti tra gli organi della Regione, ma anche ai rapporti tra la Regione e gli organi di altri Enti. La strada suggerita è esatta e va compiuta in tempi brevi da parte della Presidenza del Consiglio. Ribadiamo la nostra intenzione di collaborare nelle varie sedi, per arrivare alla definizione una volta per tutte del problema, sapendo che la materia di interpretazione legislativa è di competenza prima di tutto del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Mi assumo la responsabilità di curare in tempi brevissimi la questione consultando gli organismi previsti dallo Statuto e informando gli altri, al fine di poter decidere come questo iter possa essere sviluppato.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Siccome si è fatto riferimento agli organi e siccome è interessata anche la Giunta, anche la Giunta farà le indagini, gli studi e le ricerche opportuni, quindi non è dato per ammesso assolutamente nulla.



PRESIDENTE

Intendo dire con molta chiarezza che la responsabilità di attribuzione di ciò che viene interrogato alla Presidenza del Consiglio, è di competenza della Presidenza stessa. Lo Statuto è inequivoco su questo punto: l'interrogazione è rivolta al Presidente del Consiglio, il quale la trasmette alla Giunta per la risposta. Quando vi sono elementi di non chiarezza, la Presidenza del Consiglio studia i modi di attribuzione.
Gli organi e i cittadini possono studiare e dare un parere, ma la responsabilità di trasmettere l'interrogazione, che il Comune di Crevoladossola ha rivolto alla Presidenza del Consiglio, la assume la Presidenza del Consiglio, dopo aver studiato, interpellato ed esaminato la materia. La lettera l'ho ricevuta io e la trasmetto a chi ritengo debba rispondere dopo aver consultato tutti.



OBERTO Gianni

Però, l'interrogazione ha investito l'intero Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Investirò tutti gli organi del Consiglio, in tutte le forme previste dallo Statuto.
La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Come modestissimo giurista e anche come Consigliere regionale, chiedo di intervenire per quel poco di esperienza, non specifica del caso, che ho tuttavia avuto occasione di fare nei passati anni sedendo al posto in cui c'é ora il Presidente del Consiglio e sedendo al posto in cui c'é ora il Presidente della Giunta. Se io fossi in uno dei due posti di fronte a questo problema mi comporterei come si è comportato il Presidente Viglione ritenendo che abbia effettivamente ragione ad interpretare la norma di attribuzione in questo senso. Non voglio entrare nel merito della questione, desidero soltanto sottolineare qualunque sia per essere la soluzione che i due vertici della Regione intendono assumere, che la questione deve essere vista in termini assolutamente privi del riferimento agli artt. 81 82 83 e 85. L'art. 85 può stravolgere totalmente una legge che il Consiglio regionale ha approvato e che ha avuto l'approvazione da parte dell'autorità di Governo. Chiunque sia per essere chiamato ad esprimere il proprio parere lo deve fare in posizione amorfa. Non sarà il Presidente del Consiglio e non sarà il Presidente della Giunta e la Giunta stessa se si ritiene che l'argomento sia di specifica competenza. Questo è il mio punto di vista.



PRESIDENTE

Esamineremo e valuteremo.


Argomento: Spettacoli: teatro, musica, cinema, danza

Sull'attività del Teatro Regio di Torino


PRESIDENTE

La parola all'avv. Oberto.



OBERTO Gianni

Mi trovo nella necessità di adempiere ad un incarico conferitomi come rappresentante del Consiglio in seno al Consiglio di amministrazione del Teatro Regio, che si è riunito sabato mattina per prendere in esame la situazione degli Enti lirici, che non illustro al Consiglio perché è perfettamente al corrente di quello che è capitato nelle varie città d'Italia. Intendo soltanto riferire che il Consiglio di Amministrazione del Regio, il cui rappresentante della Regione e chi vi parla,per delega del Presidente della Giunta regionale, ha preso in esame un ordine del giorno redatto dall'ANELS, Associazione nazionale Enti lirici e sinfonici.
Non entro nel merito di questo, desidero informare che al termine dei lavori ho recapitato al Presidente della Giunta regionale il testo di tale comunicazione e l'ordine del giorno votato dal Consiglio di amministrazione del Teatro Regio. Ritengo di dover leggere l'ordine del giorno perché lo investe di una richiesta.
"Il Consiglio d'amministrazione dell'Ente autonomo Teatro Regio di Torino, preso atto delle richieste di cui l'ordine del giorno votato dall'ANELS in data 1.6.1978, le fa proprie.
In particolare ribadisce l'improrogabile necessità della legge di riforma delle attività musicali. Invita il Consiglio regionale del Piemonte, il Consiglio provinciale ed il Consiglio comunale di Torino a farsi promotori di una comune azione per ottenere la pronta realizzazione dell'auspicata riforma così che gli Enti lirici possano validamente rispondere alle richieste culturali che numerose esistono nel nostro Paese." Mi riservo di prendere contatto con lei, signor Presidente del Consiglio, per essere messo in condizioni di riferire in altra seduta dell'attività dell'Ente Teatro Regio che ha un grandissimo rilievo culturale per Torino e per tutto il Piemonte.
Dovevo rappresentare quest'esigenza perché lei voglia farsi promotore di un incontro con il Sindaco di Torino, con il Presidente della Provincia di Torino, ai quali è stato pure comunicato l'ordine del giorno,per prendere gli opportuno accordi al fine di chiedere all'organo legislativo nazionale di predisporre la legge che 'e indispensabile perché l'Ente possa avere continuità della sua attività.



PRESIDENTE

D'accordo.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Sui rapporti finanziari tra Stato e Regione


PRESIDENTE

Chiede la parola l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Devo una breve comunicazione al Consiglio sui lavori delle segreteria tecnica della Commissione interregionale della programmazione economica di cui ho riferito nel corso del precedente Consiglio.
La Commissione, che comprende 5 esperti di designazione delle Regioni ha svolto due riunioni di lavoro nei giorni 30 maggio e 7 giugno fissando un calendario per l'esame di problemi che riguardano gli aspetti istituzionali, finanziari e problemi di programmazione tra Stato e Regioni.
Se il Consiglio è d'accordo, trasmetterei alla I Commissione tale nota che e rivolta ai Presidenti delle Giunte perché in quella sede si possa svolgere il dibattito e il confronto su questi argomenti.


Argomento: Programmazione sportiva (impianti e attivita")

Esame progetto di legge n. 267: "Disciplina dell' insegnamento dello sci in Piemonte"


PRESIDENTE

Punto quarto all'ordine del giorno: "Esame progetto di legge n. 267 'Disciplina dell'insegnamento dello sci in Piemonte'".
La parola al relatore, Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio, relatore

La relazione che leggo è di fatto la relazione licenziata dalla Giunta integralmente riscritta dal sottoscritto, anche per indicare che la Commissione ha lavorato avendo sempre come punto di riferimento il lavoro preparatorio della Giunta.
Ad ottant'anni circa dalla comparsa del primo paio di sci in Italia proprio sulle nevi del Piemonte ad opera del pioniere dello sci Adolfo Kind, lo sci è ormai diventato uno sport di massa praticato da migliaia di appassionati di ambo i sessi e di ogni ceto sociale.
Gli sport della neve, inizialmente faticosa conquista di pochi appassionati di montagna ed in un secondo tempo, con la comparsa dei primi impianti di risalita, fenomeno di moda e di distinzione per una ristretta elite sociale, hanno avuto una vera e propria esplosione a partire dagli anni 60 quando una serie di circostanze concomitanti, quali maggior tempo libero, accresciuto tenore di vita generale, perfezionamento e sviluppo della tecnologia, degli impianti, necessità di evasione e di maggior contatto con la natura come reazioni al progressivo inurbamento della popolazione, ne hanno decretato il successo a livello di sport di massa.
A differenza tuttavia di altri sport che presentano una notevole dose di istintività e una relativa facilità di apprendimento per lo meno a livello dilettantistico,lo sci,vuoi per le condizioni ambientali in cui è praticato che mettono a dura prova il fisico, vuoi per il continuo variare dell'elemento base la neve vuoi per la complessività dei movimenti richiede per una discreta pratica, anche a livello dilettantistico l'apprendimento di notevoli nozioni tecniche e di parecchi automatismi che difficilmente si possono acquisire da soli.
Fin dal primo evolversi delle discipline alpine nel 1932 l'organismo sportivo di Stato, il CONI, tramite la Federazione italiana sport invernali (FISI), istituiva la figura del maestro di sci, occupandosi della formazione dei quadri insegnanti e dello studio della tecnica sciistica e dei sistemi di insegnamento.
Lo sviluppo della tecnica dello sci e l'aumento dei maestri sono stati successivamente un tutt'uno con la fortuna e l'espansione della pratica dello sci.
La figura stessa del maestro di sci ha subito un'evoluzione, passando da istruttore militare oppure guida-accompagnatore per facoltosi turisti quale era inizialmente, ad insegnante sempre più specializzato fornito di un bagaglio tecnico-didattico con cui far fronte ad una richiesta di insegnamento di massa che in questo caso non ha determinato uno scadimento ma un aumento di qualità, a operatore turistico vero e proprio in molti casi come esperto di organizzazione e animatore delle stazioni invernali sorte numerose in questi anni.
Attualmente in Italia esistono circa 5.600 maestri di sci, di cui 700 in Piemonte.
L'esercizio della professione di maestro di sci al momento è subordinato alla concessione di licenza di P.S. ai sensi dell'art. 123 del R.D. 18 giugno 1931, n. 733 (T.U.L.P.S.) e degli articoli 234 e successivi del R.D. 6 maggio 1940, n. 635 (Regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S.), che viene rilasciata previo esito favorevole di un esame da sostenere davanti ad una Commissione provinciale nominata dal Prefetto: gli aspiranti maestri devono inoltre esibire per ottenere l'autorizzazione il certificato di idoneità alla professione (avente carattere di accertamento delle capacità tecnico-didattiche del soggetto) rilasciato dalla Federazione italiana sport invernali, che tramite una propria Commissione (Commissione scuole maestri) cura altresì la formazione uniforme tecnico didattica dei maestri e l'organizzazione delle scuole di sci. In base all'articolo 19 del D.P.R. 24/7/1977 n. 616 la competenza di concedere la suddetta licenza verrà inoltre trasferita ai Comuni.
E' chiaro quindi come la normativa vigente, già idonea a garantire un corretto accertamento delle capacità degli aspiranti maestri di sci, di fatto delegato da un Ente di Stato non controllabile da parte della Regione, diventi col trasferimento delle competenze ai Comuni praticamente inapplicabile sia dal lato formale sia dal lato organizzativo e gestionale.
Ne è discesa quindi l'esigenza di addivenire a tempi brevi all'emanazione di una disciplina regionale in materia che definisca esattamente il ruolo e la figura del maestro di sci, prevedendo altresì modalità per l'accertamento dell'idoneità alla professione e per il rilascio dell'autorizzazione che si adattino alle mutate situazioni socio economiche ed amministrative.
Il presente disegno di legge considera in primo luogo l'esigenza di non disperdere disorganicamente la fase del processo di formazione dei maestri di sci e di accertamento della capacità professionale: tali fasi devono essere espletate necessariamente a livello regionale non essendo di fatto possibile la loro attuazione a livello comunale.
Lo stesso momento di formazione regionale è necessario che trovi un'armonizzazione con quello delle altre Regioni, in modo da non dissipare il bagaglio tecnico didattico formatosi in questi ultimi decenni e che ha portato alla creazione di una progressione tecnico didattica dell'insegnamento dello sci uniforme per tutta Italia. E questo giustifica la presenza della FISI nell'apposita Commissione.
La Regione in questa fase agirà attraverso una Commissione formata di esperti e presieduta dall'Assessore al turismo per quanto riguarda l'accertamento e potrà avvalersi della collaborazione delle Associazioni regionali maestri di sci o della FISI per l'organizzazione di corsi formativi.
Secondo la disciplina prevista per l'insegnamento dello sci dovrebbero essere praticate delle tariffe controllate dal Comitato prezzi e le varie infrazioni alle norme di legge sarebbero punite da sanzioni amministrative: apposite norme consentirebbero poi il rilascio automatico della nuova autorizzazione e l'iscrizione all'elenco degli abilitati ai maestri di sci già in possesso di licenza di P.S. e l'esercizio dell'attività in Piemonte anche da parte di maestri di sci di altre Regioni e di altri Stati, in modo da non frapporre impedimenti ad un interscambio che è necessario per un'attività caratterizzata da una notevole mobilità e non strettamente vincolata ad una specifica località.
Alla Comunità montana è affidata l'istruttoria della domanda di apertura di Scuole di sci. Il conseguente parere dovrà essere particolarmente motivato nel caso di richiesta di più scuole nella stessa stazione e ciò nello spirito della legge che tende a portare ad un risultato di organicità e non a favorire il frazionismo e la duplicazione delle iniziative e delle strutture.
Infine con le norme transitorie la Regione garantisce un obiettivo esame e quindi il superamento di diverse valutazioni realizzatesi in passato tra la FI SI ed altre organizzazioni che si sono occupate della formazione dei maestri.
La Commissione ha lavorato per numerosi mesi, con approfondite consultazioni e con aperto dibattito, infine ha concluso con un voto di approvazione all'unanimità.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire nel dibattito il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Le ragioni politiche che mi avevano mosso a presentare, oltre un anno e mezzo fa, la proposta di legge per l'istituzione dell'Albo regionale dei maestri di sci e per la regolamentazione dell'insegnamento dello sci, erano state sommariamente indicate nella relazione che accompagnava il testo normativo.
Queste ragioni erano essenzialmente due: la prima, di ricomporre nell'ambito della legislazione regionale una materia di sicura competenza della Regione, interessando il turismo e la formazione professionale; la seconda, di rompere l'egemonia monopolistica sin qui esercitata dalla FISI di superare l'antica suddivisione fra regolari con il distintivo FISI e irregolari senza distintivo, per aprire uno spazio autenticamente pluralistico in questo settore sportivo.
Queste premesse che - se esposte formalmente e formalizzate come proposta di legge di iniziativa consiliare discendono tuttavia, nella sostanza, dalle indicazioni di politica sportiva contenute nel programma e nelle risoluzioni dell'AICS, l'ente di promozione culturale e sportiva di ispirazione socialista - trovano peraltro ampio sostegno anche presso l'ANSCI (l'associazione addestramento nazionale sci, che notoriamente annovera nel proprio seno molti e ben preparati istruttori) e la lega sci dell'ARCI-UISP, associazioni che stanno conducendo unitariamente una forte azione per modificare la figura del maestro di sci e, contemporaneamente per riformare l'attuale legislazione.
Da queste premesse - e cioè che il problema presenta due aspetti, uno quello della gestione dell'attività sportiva e conseguentemente della qualificazione professionale degli addetti all'insegnamento, l'altro della nascita e della crescita di un movimento di contestazione all' interno della stessa FISI sul ruolo dei maestri di sci - emerge la necessità di un processo e di una metodologia di formazione del giovane e dell'adulto che non si prospetti nell'ottica dell' imitazione del campione o della speculazione consumistica, quanto invece di un rapporto tra maestro ed allievo che garantisca un appropriato uso delle risorse: è noto, per esempio, il fenomeno di rapina turistica che esiste nelle stazioni di sci.
Deve restare comunque fermo il principio - già affermato nella citata proposta di legge n. 128 - del superamento delle vecchie norme che delegano ad un ente privato, come la FISI, l'esclusiva competenza e capacità tecnica di formazione, di qualificazione e di accertamento dell'idoneità dei maestri di sci. Sono proprio queste norme che hanno escluso fino ad oggi qualsiasi forma di partecipazione di nuove realtà, che sono andate via via realizzandosi, alla formazione e alla gestione di un'attività intesa nella complessità delle forme come attività continuata agonistica, formativa e ricreativa.
In questa visione vengono a delinearsi due figure del maestro di sci: una, con le caratteristiche proprie di "mestiere", l'altra di "tecnico sportivo". Questa differenziazione, di fatto, si manifesta nella considerazione del fenomeno dello sci, e perciò del ruolo del maestro di sci, nel senso che da una parte vi è l'espressione pubblica, e cioè il rapporto tra due soggetti con compenso o retribuzione (il privato cittadino che accetta, pagando una somma, la prestazione di un altro privato, il maestro di sci); dall'altra vi è l'attività di un soggetto (il tecnico sportivo) all'interno di un'aggregazione (la società sportiva, lo sci club) a favore dei soci. Siamo dunque di fronte ad un sistema a due dimensioni: una pubblica (il maestro), con caratteristiche tali da garantire una funzione più precisa e quindi controllata dai pubblici poteri; ed una privata (il tecnico sportivo) che rientra nella sfera del libero associazionismo e perciò con interessi che si esauriscono all'interno dell'aggregazione.
E' in questo contesto che le Regioni devono intervenire per definire una legislazione che risponda alle due esigenze.
I mutamenti intervenuti nelle condizioni sociali e nel quadro amministrativo esigono, in fase di applicazione del D.P.R. 616, dalle Regioni l'assunzione di un ruolo attivo sia per quanto riguarda la formazione e l'accertamento dell'idoneità allo svolgimento di un mestiere quale quello del maestro di sci sia per la precisazione che la nuova normativa debba intendersi applicabile esclusivamente alla professione del maestro di sci, in quanto come ho già detto svolge pubblicamente, dietro compenso o retribuzione un'attività.
Deve essere dunque escluso qualsiasi accostamento tra questa forma di attività e quella intesa nella sua complessità di forme di svolgimento della pratica sciistica come attività sportiva continuata (agonistica formativa, ricreativa, amatoriale) e che, in quanto tale, è soggetta ad altri sistemi legislativi previsti dalla lettera b) del 2° comma dell'art.
56 del D.P.R. 616.
L'art. 56 del D.P.R. 616 trasferisce alla Regioni, per una evidente sineddoche sotto il titolo "turismo ed industria alberghiera", le funzioni amministrative relative alla promozione di attività sportive e ricreative ferme restando le attribuzioni del CONI per l'organizzazione delle attività agonistiche ad ogni livello e le relative attività promozionali, per le quali esiste comunque una concorrente competenza degli Enti di promozione riconosciuti.
Sul problema del CONI, delle Federazioni sportive, e dei loro rapporti con gli Enti di promozione, delle competenze e delle iniziative di riforma mi riservo di intervenire quando il Consiglio affronterà la discussione dei disegni di legge sullo sport attualmente all'esame della V Commissione, pur avendo già avuto modo di illustrare, in occasione del dibattito sull'attuazione della 382, la posizione del Partito socialista sulla materia.
In questo intervento, che limiterò alla questione che è oggetto specifico dell'odierno dibattito (anche se esistono alcuni problemi di carattere generale che non possono essere trascurati ed ai quali è necessario fare opportuno richiamo), mi riferirò essenzialmente alla memoria presentata in fase di consultazione dall'AICS, per il rilievo politico e legislativo che essa, a mio avviso assume, ed ai conseguenti emendamenti proposti nel corso della predisposizione del testo legislativo.
In un momento di gravissima crisi istituzionale ed economica, quale quello in cui viviamo, c'é chi ritiene che sarebbe un errore, o quasi una perdita di tempo, per le forze politiche e per quelle sindacali affrontare i temi della qualità della vita, dello sport e del tempo libero.
Osserviamo soltanto che queste affermazioni sono il frutto di una strategia perdente, secondo cui prima bisogna pensare a superare la crisi e poi penseremo alle riforme, ai mezzi per realizzarle, a cambiare le strutture dell'economia, la qualità della vita, i servizi sociali.
Proprio perché la crisi è complessiva, occorre operare per determinare nuovi indirizzi di produzione, ma anche di consumo; nuovi rapporti di convenienza, ma anche un diverso costume sociale, nuovi valori morali e ideali. L'impegno per cambiare le strutture dello sport fa parte integrante di questa lotta per una diversa qualità della vita.
I partiti ed i sindacati hanno per troppo tempo sottovalutato i problemi dello sport, dei lavoratori operanti nel settore e della pratica sportiva: il loro impegno rinnovatore si è fermato per lungo tempo al di qua degli stadi e delle strutture del tempo libero. Questo spiega in buona parte perché lo sport come fatto sociale sia rimasto così indietro, perch abbia potuto durare fino ad oggi il modello di uno sport autoritario nelle strutture (non a caso abbiamo citato il caso FISI); individualista spontaneista e consumista nella sua esplicazione.
Si è così affermata una concezione dello sport che ha prodotto da un lato il modello elitario del superdivismo campionistico al quale fa riscontro in alcune discipline, come lo sci alpino, un uguale grado di divismo dei maestri e degli allenatori ; dall'altro quello dello sportivo "seduto", del consumatore di riti alimentati della retorica specializzata dei grandi mezzi di comunicazione di massa, che tutti noi conosciamo.
Solo da poco tempo si è cominciato a modificare questa situazione per l'impegno del le forze politiche democratiche, del mondo del lavoro, e soprattutto degli enti di promozione, delle strutture del tempo libero del sindacato e dei circoli ricreativi aziendali più avanzati.
In questo senso la Regione, nell'approvare la legge sull'insegnamento dello sci, non può ridurre la propria ottica all'esclusiva regolamentazione burocratica dell'esercizio del mestiere del maestro di sci, ma predisporre i mezzi che favoriscano il conseguimento di fini a più ampio respiro, come la promozione della pratica sportiva a tutti i livelli e soprattutto fra gli allievi delle scuole elementari e medie inferiori, la formazione di nuovi posti di lavoro soprattutto a favore della gente di montagna, la formazione professionale, la promozione turistica e sociale di massa.
Non intendiamo disconoscere gli innegabili meriti della FISI nell'evoluzione della tecnica dello sci, ma non possiamo perseverare nel sostenere l'attuale regolamentazione arretrata che consente alla sola FISI di designare i maestri di sci, l'unico caso in cui l'abilitazione ad una professione viene monopolizzata da un'associazione.
L'assunzione a livello di fenomeno di massa della pratica sportiva dello sci e del suo insegnamento è un fatto largamente conosciuto, così come è unanimemente accettato che l'insegnamento dello sci assumerà sempre di più la funzione di componente primaria nella diffusione di una pratica sportiva intimamente legata allo sviluppo turistico e alla valorizzazione delle località montane.
Nell'esame della materia delle due proposte di legge, occorre tener conto di alcuni aspetti che devono essere congiuntamente analizzati ciascuno nel rispettivo ambito di competenze, ed armonizzati fra di loro.
Questi aspetti sono: la formazione professionale e il rilascio dell'abilitazione tecnica; la licenza di esercizio; i criteri di insegnamento dello sci e di funzionamento delle scuole.
Non esistono, a nostro avviso, valide argomentazioni per sostenere che l'insegnamento dello sci, soprattutto dello sci non agonistico, presenta aspetti atipici rispetto all'insegnamento di una qualsiasi altra disciplina sportiva o all'esercizio di altre arti o mestieri tali da giustificare una differente regolamentazione.
La legge regionale sui maestri di sci non può che adeguarsi negli articoli riguardanti i corsi di addestramento, gli esami di abilitazione tecnica e la Commissione esaminatrice, ai principi ed ai criteri generali che informano la formazione professionale e la libertà di associazione.
La formazione professionale è di competenza della Regione: alla Regione spetta la determinazione dei contenuti e dei metodi e la verifica della loro corretta applicazione. Né può alienare queste funzioni a una struttura monopolistica o accentrata, tanto più se a queste strutture non è riconosciuta una specifica funzione pubblica nel settore.
Ferma restando la necessità di un'indagine conoscitiva sulle attuali esigenze numeriche della Regione, e di aumentare il numero dei posti di lavoro nel settore, deve essere fermamente respinto qualsiasi tentativo di difesa corporativa enunciato con riferimenti alle esigenze numeriche, al numero chiuso, al rischio di sottoccupazione. Rischio, questo inesistente come può essere testimoniato da chiunque si sia mosso per organizzare corsi collettivi per un circolo aziendale o per una associazione sportiva.
Lo stesso discorso sul livello tecnico dei maestri di sci apparentemente qualificante, propone, per lo più sapientemente mascherato il tentativo di chiusura verso gli aspiranti maestri, con la limitazione del numero delle abilitazioni e con la difesa degli interessi immediati degli attuali maestri, ed in particolare di alcuni fra quelli meno giovani.
In realtà, meglio risponde agli interessi della Regione in quanto comunità regionale in un'ottica di promozione sportiva di massa, la disponibilità di un ragguardevole numero di maestri di dignitosa levatura tecnica e di adeguata capacità didattica, piuttosto che di una ristretta cerchia di elite sciistica a disposizione di una clientela ugualmente ristretta, snobbistica ed elitaria, dotata di ragguardevoli risorse economiche.
Proprio per questi motivi la formazione professionale dei maestri di sci e l'accertamento dell'idoneità all'insegnamento rappresentano un fatto di scelta politica, prima ancora che un fatto tecnico, e non possono essere affidati a chi li ha gestiti fino ad oggi.
Se minori preoccupazioni desta il problema del rilascio della licenza ad esercitare il mestiere di maestro di sci in quanto, a norma del D.P.R.
616, la competenza è attribuita al Comune, maggiore attenzione merita invece la questione dei criteri di funzionamento delle scuole di sci.
La Regione, cioè, non può esimersi dall'esprimere preventivamente un indirizzo di natura orientativa, ipotizzando le soluzioni ottimali che consentono di perseguire quei fini sociali che le sono propri, che assicurino una opportuna collocazione dei maestri di sci nel mondo del lavoro (per esempio attraverso la scuola - cooperativa), che creino le premesse per garantire fra questi e gli altri lavoratori la piena perequazione sul terreno fiscale e contributivo da un lato, su quello previdenziale e assistenziale dall'altro.
E' pacifico che la determinazione delle tariffe orarie per le lezioni individuali e collettive di sci compete ai Comitati provinciali prezzi.
Va tuttavia rimarcato che l'importo delle tariffe orarie non incide solo sulla possibilità di guadagno dei maestri e delle scuole di sci, né la sua determinazione da parte di un organismo pubblico costituisce solo una generica difesa dell'utenza.
Il livello delle tariffe orarie è un fattore essenziale nell'individuazione della fascia sociale che può fruire di questo servizio.
Soprattutto l'importo elevato delle lezioni collettive fa sì che si possano avere costi sopportabili anche nella fascia media-inferiore solo alla condizione di formare gruppi numerosi, con evidente scapito della qualità. Classi di 15 o 20 allievi sono un fatto non raro sulle nostre piste; si aggiunga che questo meccanismo tariffario provoca fenomeni speculativi per cui, attraverso l'impiego di un numero limitato di maestri è possibile incassare somme ingenti.
In altre parole, la determinazione degli importi orari è un fatto politico prima che economico: su di esso la Regione non può risultare assente se non vuole rinunciare alla promozione turistica sociale di massa.
E' quindi opportuno che la Giunta regionale esprima ai Comitati provinciali prezzi, all'inizio di ciascuna stagione sciistica, un parere di massima sulle tariffe per le lezioni individuali e collettive.
Strettamente collegato al problema delle tariffe appare quello dei gradi di idoneità tecnica: le difficoltà di applicare importi orari differenziati a seconda dei gradi di idoneità costituisce un argomento non secondario per sostenere la validità della scelta di un solo grado di maestri di sci.
Come scelta politica sul tema della qualità va invece riaffermato il principio del costante aggiornamento professionale dei maestri, attraverso la promozione di idonei corsi.
Particolarmente delicate appaiono le questioni che la legge regionale deve affrontare con le norme transitorie. Esistono infatti problemi di ordine giuridico che sembrano costringere le possibilità di intervento legislativo regionale in sanatoria entro limiti ristretti. Personalmente avevo ritenuto che questi limiti potessero essere agevolmente superati, ed avevo presentato un emendamento, in doppia formulazione, che pareva rispondere più opportunamente ad esigenze largamente diffuse in seno a quelle organizzazioni nazionali che hanno fin qui svolto un ruolo alternativo, e spesso di rottura, rispetto agli schemi tradizionali ed alle quali va riconosciuto, se non altro, il merito di avere determinato profondi cambiamenti nella stessa FISI.
Esistono quindi anche problemi di carattere equitativo che rivelano la delicatezza della fase transitoria. Una circolare del dicembre scorso dell'allora Ministro Cossiga non consentirebbe un'interpretazione liberale ed a mio avviso corretta, delle norme del D.P.R. 616 sulla materia.
Il brutto vizio di legiferare (o di interpretare le leggi) per circolari non si perde mai. Ma il problema, al di là della questione di fondo, è che se le cose stanno così e l'Assessore Moretti potrà confermarcelo la legge regionale che non tenesse conto, per il transitorio delle asserite validità delle vecchie norme correrebbe il rischio del rinvio a nuovo esame.
Certamente la formulazione proposta nel disegno di legge creerà notevoli difficoltà di gestione politica, in quanto sposta la responsabilità della fase transitoria sulla Regione.
La Regione potrebbe, in effetti, essere costretta a mediare fra opposti interessi, non tutti suscettibili e meritevoli, di farsi tutela, o magari di soccombere alle spinte di quelli meno nobili. E' per questo che nella proposta di emendamento bis si proponeva che coloro che antecedentemente all'entrata in vigore della presente legge avessero frequentato con esito favorevole i corsi di formazione per aspiranti maestri e per istruttori organizzati secondo idonei criteri metodologici di associazioni a tal fine operanti a livello nazionale, fossero ammessi a sostenere davanti la Commissione la sola prova di esame teorica.
Siamo però convinti che si possa giungere ad una definizione dei rapporti che collochi nel senso giusto e nella rispettiva area i ruoli di maestro e di tecnico non con la contrapposizione delle parti, ma con la volontà di chiarimento tra i soggetti interessati (la Regione, gli Enti locali, la FISI, le organizzazioni per la formazione dei maestri di sci e quelle dei maestri di sci, gli Enti di promozione, le Società ed i clubs).
Quanto alle modifiche apportate al disegno di legge, dopo il suo licenziamento da parte della Commissione, vorrei indicare come realmente innovatrici: il riconoscimento della funzione sociale dell'associazionismo per cui è consentito agli Enti di promozione e alle associazioni che non hanno fini di lucro di avvalersi di propri istruttori per l'insegnamento dello sci, senza compenso o retribuzione, a favore dei soci; la deistituzionalizzazione della FISI, con l'allargamento dell'area di scelta degli esperti alle altre organizzazioni operanti nel settore a livello nazionale, l'attribuzione alla Commissione regionale della competenza sui programmi e sui contenuti dei corsi, e la loro organizzazione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'intervento approfondito del collega Calsolaro ha impostato il dibattito sulle reali questioni che non sono presenti né nella relazione n nel testo della legge.
Il testo licenziato dalla Commissione è già il risultato di una certa capacità di sintesi e del superamento di parecchie difficoltà. Chiedo al Consiglio di essere altrettanto attento e disponibile, al di fuori degli schieramenti politici, a riflettere sui problemi nuovi che vengono posti con gli emendamenti. Dico "al di fuori degli schieramenti politici" perch è stato usato il termine "liberale" in senso positivo (e me ne compiaccio) e si sono usati altri termini, quindi non è una divisione che passa attraverso ai partiti politici, ma è una divisione che passa attraverso al grado di formazione di ognuno e qualche volta attraverso al grado di disinformazione strumentale che c'é dietro a questo problema. Rimprovero il collega Calsolaro che con questa legge vuole raggiungere l'ottimo.
E' una legge che affronta il problema dell'insegnamento dello sci e non può essere considerata sufficiente, perché il turismo è visto con l'ottica di questa maggioranza che vede da una parte la prestazione di un servizio se non un'industria e dall'altra l'utenza di un servizio che privilegia l'aspetto sociale. Il problema sciistico dal punto di vista turistico non ha, né può avere, sufficiente collocazione e spazio in questa legge.
Non siamo riusciti a precisare quale funzione debbono avere i maestri nella promozione del turismo invernale inteso come industria non secondaria. L'Austria che non ha grandi monumenti, che non ha grandi coste che non ha città con papi, incassa per il turismo più dell'Italia soltanto puntando sul turismo locale.
Da parte di qualcuno, e tra gli altri anche del sottoscritto, non si è insistito per formulare una legge che rilanciasse la professione dei maestri di sci; mi parrebbe inoltre saggio arrivare, per quanto possibile all'approvazione, se non unanime, almeno la più larga possibile della legge e di non cercare di ottenere tutto dall'altro punto di vista.
Dall'altro punto di vista si tende ad ottenere lo smantellamento della FISI, l'abilitazione tout court di soggetti che oggi non hanno l'abilitazione, dei quali peraltro non ho informazioni sufficienti per contestare la capacità tecnica, l'introduzione e l'allargamento dell'insegnamento dello sci ad altri soggetti.
Non mi pare che la Regione possa allargare l'albo degli abilitati ad operatori del settore che anche sul piano documentale non possono dimostrare di avere raggiunto un grado di capacità operativa, che è la condizione unica del mantenimento del livello professionale. E' buona norma, soprattutto per un legislatore nuovo qual è la Regione, di evitare due vizi capitali: il revanscismo e il provincialismo; il revanscismo è volere fare giustizia di situazioni del passato che non si condividono e che magari non si conoscono; il provincialismo è voler ritenere di poter far tutto noi.
Non ho nessuna simpatia per la FISI, non penso neanche di esservi iscritto. Occorre però dare atto che in Italia, anche grazie alla FISI, si è realizzato un livello qualitativo dell'insegnamento dello sci e dell'alpinismo che ha portato il nostro Paese all'avanguardia in campo internazionale. Non parlo dei vari Thoeni che vincono le coppe del mondo dico semplicemente che nei convegni internazionali di maestri di sci i dimostratori italiani sono sempre i più applauditi: questo è un fatto acquisito che ci porta valuta pregiata, più turisti, qualificazione personale e cultura.
Nella proposta di legge quale funzione ha conservato la FISI ? Quella di garantire nelle commissioni, in posizione assolutamente minoritaria, il collegamento con l'istruzione dello sci nelle altre Regioni, ossia che il suo rappresentante sia testimone dell'evoluzione sciistica nazionale e internazionale. Verrà presentato un emendamento che metterà in discussione la funzione della FISI dicendo che essa può essere esercitata da quell'associazione come da altre. A questo punto mi si potrebbe dire che è soltanto un problema gestionale: l'Assessore valuterà se in Italia esistono altri organismi che possono o meno dare maggiori garanzie della FISI.
Se la FISI ha istituzionalmente il compito di fornire tutti gli anni un istruttore c'é da pensare che lo prepari adeguatamente; ma se non c'è questa certezza e se ogni anno l'istruttore può o non può essere richiesto "ad libitum" dell'Assessore, certamente la FISI non spende soldi e non fa perdere tempo ad un istruttore, se poi questo non viene chiamato.
Mi rendo conto che questo non è un problema immediato perch attualmente la FISI dispone di fior di istruttori per la Regione Piemonte qualora questa voglia avvalersene, ma se distruggiamo questa realtà non garantendo nella legge la continuità, nel giro di pochi anni possiamo correre il rischio di non avere più istruttori che ci garantiscono uno degli scopi della legge: l'uniformità e la professione a livello nazionale interregionale e internazionale.
Infine, si vuole portare alle estreme conseguenze e a strumentalizzazione il concetto della lezione gratuita e quindi degli operatori non autorizzati. Il testo che la Commissione ha recepito tout court dalla Giunta dice chiaramente che la legge riguarda l'attività professionale a titolo oneroso e che si potrà insegnare lo sci senza l'abilitazione e inoltre che le associazioni potranno avvalersi di propri istruttori; questo significa che basta creare un'associazione che non abbia fine di lucro perché essa possa avvalersi di propri istruttori.
Cari amici, il collega Calsolaro ha parlato di "clima di rapina", ma ricordiamo che i lavoratori della montagna, i maestri di sci sono gli unici valligiani rimasti ad operare sul territorio, tant'é vero che nelle grandi stazioni invernali si sente parlare nei negozi fiorentino, negli alberghi veneto, nelle cucine tedesco e il piemontese soltanto dai maestri di sci.
In tempi di "rapina", che è operata non solo dai maestri di sci, ma anche dai ristoranti, dagli impianti sciistici, dai negozianti di scarponi andare a sciare significa spendere mediamente 20/25 mila lire al giorno.
Gli istruttori gratuiti andrebbero ad insegnare gratuitamente spendendo al giorno una simile cifra? Se questo vuol essere un convento per monache è un conto, se vuol essere invece un Consiglio regionale attento alla realtà, è un altro. Gli istruttori gratuiti non esistono perché quando escono di casa il mattino cacciano di tasca 25 mila lire per pagare benzina, impianti di risalita, il pranzo e per ammortizzare una modestissima e scadente attrezzatura; questa è la dimostrazione pratica che l'istruzione gratuita non esiste: esiste l'istruzione camuffata.
Nessuno ha mai perseguito coloro che nell'ambito delle associazioni hanno aiutato gli amici ad apprendere lo sci. Perché in questa legge si vuole dire che non sono perseguibili? Perché si va a legittimare un fenomeno che si vuole muovere. La professione dello sci è legata al turismo e non possiamo ignorare che lo sci e anche un fatto economico al quale accedono certe classi sociali disponibili ad investire delle somme, ma al quale accede anche l'utenza di massa.
Il problema dell'utenza di massa, soprattutto considerando la conurbazione di Torino, è un grosso problema, che non si risolve caro amico Calsolaro facendo diventare istruttori per diritto divino gli istruttori dell'ARCI-UISP, così come non si possono far sciare gli studenti di Torino soltanto dicendo che non pagheranno la lezione; il problema è di affrontare seriamente l'utenza di massa utilizzando gli enti di promozione sportiva.
L'Assessorato al turismo l'anno scorso ha fatto un tentativo per massificare il fenomeno turistico invernale nelle scuole e ha trovato delle difficoltà sul piano della gestione. E' un problema da affrontare riconoscendo ad ognuno la propria funzione e sono il primo a riconoscere che le organizzazioni che più possono collaborare con i maestri di sci e con le stazioni invernali siano gli enti di promozione sportiva. Per ottenere questo però ci vuole una previsione seria, perlomeno portata in Commissione, non dopo che la Commissione ha votato. Suggerisco al collega Calsolaro di prendere atto della necessità che gli Enti di formazione sportiva svolgano una loro funzione in questo senso, ma che lo si deliberi per legge, tenendo conto che esistono gli Enti di promozione sportiva e che esiste anche il problema dell'utenza di massa, Presenterò quindi un emendamento che impegna la Regione a prendere posizione di fronte al fenomeno dell'utenza di massa, agli enti di promozione sportiva e alle funzioni che possono svolgere gli operatori nell'ambito della promozione sportiva.
Si deve prendere atto dell'esistenza di tali Enti i quali possono svolgere una positiva funzione aiutando la gente ad imparare a sciare organizzandola, preparandola fisicamente, consigliandola sull'attrezzatura istruendola sui pericoli della montagna e si deve cercare di armonizzare tale importante funzione, dando una diversa dimensione alla funzione del maestro di sci, anche sul piano umano, recuperandola dalla situazione di ghettizzazione aristocratica che qui le si vuole attribuire.
Mi rendo conto che il problema va affrontato globalmente con una legge un emendamento che fa riferimento alla gratuità non basta. La soluzione suggerita dall'Assessore di rinviare alla gestione questo problema perch di volta in volta venga valutato, considerando se un certo Ente svolge opera promozionale gratuita e se ha degli istruttori adeguati, è un tipo di gestione della cosa pubblica valida sul piano del rispetto reciproco e dell'amicizia personale, ma, sul piano legislativo, non può trovarmi consenziente, perché mi sembra voler mettere in assoluta incertezza una materia delicata.
Concludo dicendo che questa legge rappresenta già un grosso sforzo da parte di tutti per affrontare una tematica certamente complessa. Invito i Consiglieri che su questa questione hanno posizioni più personali che politiche di cercare di capire anche gli sforzi che stiamo facendo, io ed altri amici, per arrivare ad una soluzione unitaria. Se c'é un'occasione opportuna per prendere una decisione unitaria è proprio questa perch l'esito di questa votazione non vedrà vincitrice la maggioranza contro la minoranza, ma purtroppo vedrà vincitori alcuni gruppi di pressione contro altri. Si rischia quindi di provocare una rottura in un ambiente che, per poter sopravvivere, ha bisogno di estrema serenità perché è rappresentato da persone animate da entusiasmo, come sono gli operatori degli enti di promozione sociale, e da professionisti i quali la speculazione e la rapina di cui si sta parlando se la pagano a 20 gradi sotto zero, otto ore al giorno in condizioni in cui, probabilmente, qualche lavoratore altamente sindacalizzato non lavorerebbe per nessun compenso.
Invito i colleghi che hanno presentato degli emendamenti a fare il possibile, con tutta la miglior volontà, per cercare di arrivare ad una soluzione unitaria.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



CERCHIO Giuseppe

Signori Consiglieri, la discussione di oggi avviene dopo il lungo iter seguito in Commissione in ordine alla disciplina dell'insegnamento dello sci in Piemonte ed un confronto serrato.
La nostra parte politica ha insistito per un approfondimento dell'argomento in sede di Commissione e nelle consultazioni per giungere ad un articolato il più possibile aderente alle esigenze della materia.
Abbiamo ripetutamente insistito affinché dal primo testo presentato dalla Giunta e dal testo presentato dal collega Calsolaro si giungesse a migliorare la normativa affinché risultasse aderente alle articolate esigenze degli operatori del settore della specifica e per alcuni versi complessa materia dell'insegnamento dello sci del Piemonte e della montagna in genere.
La legge giunge forse in ritardo rispetto alle intenzioni del Consiglio, dei proponenti, delle categorie interessate, ma tale ritardo è giustificato dalla ricerca di un articolato unitario che non risultasse punitivo per nessuno e che al tempo stesso avesse lo scopo di riconoscere quanto di positivo esiste. L'aspetto più concreto che emerge è il contributo che la legge può dare ai problemi della montagna; una buona regolamentazione di essa può incidere sull'occupazione dei giovani valligiani e consentire loro di rimanere nei paesi di origine senza dover emigrare nei grandi centri, come avviene attualmente.
Questo implica una revisione dell'organizzazione delle scuole di sci per renderle efficienti ed organiche sul piano organizzativo e giuridico perché costituiscano veramente un servizio alla collettività e dei punti di riferimento sia turistico che educativo.
Attraverso le scuole di sci la Regione potrà svolgere una notevole azione promozionale nella scuola, nell'organizzazione del tempo libero, e gli stessi sindacati potranno avvalersi di detta organizzazione per l'utilizzo del tempo libero dei lavoratori.
Se ben organizzato, questo settore dello sport e del turismo invernale può dare un notevole servizio alla nostra Regione e costituire un prestigio, con dei riflessi propagandistici nei confronti delle comunità turistiche straniere.
Ma l'impegno della Regione non potrà limitarsi al solo provvedimento legislativo, dovrà essere incisivo per quanto riguarda la formazione dei maestri di sci.
Fermo restando il concetto che si tratta di un mestiere che per sua natura, per l'ambiente in cui si svolge, deve privilegiare il montanaro senza con questo voler discriminare nessuno, ma per le motivazioni sociali dette poc'anzi, la Regione dovrà promuovere ed organizzare dei corsi di formazione che non dovranno essere certo inferiori a quelli che fa attualmente la FISI, ma migliorati e potenziati in modo che siano rispondenti alle crescenti esigenze di un'utenza in espansione.
Teniamo presente che l'attività del maestro di sci non è limitata al solo aspetto didattico, essa richiede una preparazione che, oltre alle qualità didattiche, comporti una profonda conoscenza della montagna, che come tutti sappiamo ha degli aspetti che riguardano la sicurezza e l'incolumità dello sciatore che non possono essere sottovalutati.
Attualmente esistono delle strutture e del personale qualificato che possono costituire un'ottima base di partenza. Questo vuol dire che non si parte da zero, ma con un'ottima piattaforma di esperienze tale da consentire un avvio tranquillo nella certezza di poter far bene. Basta non perdere tempo e procedere subito con una regolamentazione programmatica sulla cui traccia dovrà trovare concreta attuazione quella fase di sviluppo e di espansione del turismo invernale che è in atto nel nostro Paese e in particolare nella nostra Regione.
Se non nell'immediato, ma in un prossimo futuro, sarà indispensabile la creazione di un centro di formazione dei maestri di sci a carattere regionale, che potrà anche funzionare come centro studi per tutto quanto riguarda le attività inerenti gli sports invernali, il turismo, la sicurezza delle piste, i pericoli delle valanghe, ecc.
E' questo un problema che non dovrebbe essere di difficile soluzione in alcune stazioni di sports invernali esistono fabbricati dell'ex Gil che potrebbero benissimo, con una modica spesa, essere sistemati ed adibiti a tal fine.
Se gestita seriamente, questa legge potrà dare un grosso contributo all'attività turistica, ricreativa, educativa relativa all'ambiente invernale. Resta come premessa che il personale addetto a dette attività dovrà essere seriamente preparato e ben organizzato, senza che nulla sia concesso all'improvvisazione.
La legge quindi può inserirsi positivamente quale strumento di tutela dei beni dei montanari, ma per essere veramente tale dovrà essere seriamente gestita in modo che il rapporto città-montagna, che fino ad ora si è svolto a senso unico, non sia lesivo della montagna come purtroppo sovente è stato allorché si è cercato di imporre un tipo di sviluppo che ha spesso portato a considerare le zone montane "colonie", concentrazioni urbane con forme di turismo che non è esagerato - come qualcuno ha definito chiamare rapina.
Quando ci riferiamo alla legge in questione, ci rendiamo conto che essa non è che un minimo contributo ad un discorso più vasto per venire incontro ad un mondo che non vogliamo vedere scomparire, mondo inteso non solo nel senso ambientale ma anche nel senso culturale ed umano. Per noi difendere la montagna significa riqualificare la presenza dell'uomo, dell'autentico operatore del luogo e quindi, per ciò che si riferisce alla normativa in questione, qualificare la presenza dei maestri di sci autenticamente montanari.
Occorrono beni e leggi che debbono essere posti a capitalizzare per il futuro della montagna e tutto ciò si realizzerà se sapremo, senza i suggerimenti interessati di Gruppi o di organizzazioni speculative cittadine, riscoprire e valorizzare l'uomo che è il protagonista primo di quegli ambienti: il montanaro. Ci pare quindi giusto studiare insieme con lui i mezzi, gli strumenti, i servizi di cui ha bisogno.
Questa legge, se ben gestita, se non stravolta dagli annunciati emendamenti da parte di alcuni Consiglieri che pure avevano concordato all'unanimità il testo licenziato dalla Commissione, potrà concorrere a ridare possibilità di occupazione in zone montane e mantenere i montanari in occupazioni legittime e naturali, quali l'insegnamento dello sci.
Si tratta di rifondare la situazione locale in una logica diversa da quella che emerge dagli emendamenti proposti e di cui abbiamo avuto notizia a ripetute fasi, emendamenti che se accolti verrebbero a colpire ulteriormente i già bassi livelli occupazionali dei montanari.
Occorre stabilizzare la popolazione attiva riconoscendo che il turismo è una sua attività prioritaria e conseguentemente predisporre idonei interventi che sappiano conferire alle popolazioni locali occasioni di lavoro.
Se non si vuole difendere ipocriticamente la montagna occorre una politica che freni l'esodo che molte volte non è determinato dalla carenza di posti di lavoro ma dalla ruberia attuata da certe realtà cittadine.
Gli emendamenti presentati da alcune forze politiche, che avevano accolto il testo ripetutamente elaborato e concordato in Commissione rischiano non solo di realizzare un provvedimento legislativo inadeguato ma decisamente contrario alle esigenze del mondo della montagna. Il rischio è che l'interesse crescente per i valori della montagna si risolva in un tentativo opportunamente mimetizzato diretto alla loro appropriazione per interessi speculativi tipicamente cittadini.
Diciamo allora chiaramente che siamo contrari a quegli interventi di colonizzazione turistica che rappresentano vere e proprie aggressioni al lavoro del montanaro con la conseguenza di ridurre i livelli occupazionali e di eliminare la cultura autoctona sempre più compromessa.
Di qui la necessità della tutela della condizione montana intesa come operazione determinante per garantire nella montagna la presenza della popolazione locale. L'esodo indiscriminato che ha colpito quelle zone verrà bloccato se la legge licenziata dalla Commissione verrà approvata; l'esodo verrà incentivato se dovesse passare una legge emendata in quanto verrà incentivato il tentativo di gruppi intraprendenti che saranno autorizzati a rapinare nei giorni di fine settimana il lavoro del montanaro, per realizzare attraverso le settimane bianche speculazioni economiche a tutto vantaggio di organizzazioni cittadine interessate al reclutamento di turisti a cui offrire il "tutto compreso", compreso quindi anche il presunto insegnamento dello sci, insegnamento non più garantito da istruttori e maestri autenticamente capaci, ma da improvvisati istruttori forse impiegati bancari durante la settimana ed esperti maestri si fa per dire a fine settimana.
Le conseguenze negative di una simile ipotesi sono non poche: riduzione ulteriore di spazi di lavoro per i montanari riduzione della qualità dell'insegnamento all'utenza turistica dequalificazione di uno sport che rappresenta un punto di riferimento turistico-commerciale importante anche per i riflessi che esso ha sulla bilancia dei pagamenti.
Siamo quindi favorevoli al testo licenziato dalla Commissione, certo non perfetto, che tuttavia rappresenta uno sforzo che le forze politiche le organizzazioni di categoria e lo stesso Assessore Moretti hanno realizzato. Siamo viceversa contrari ad ogni impostazione che crei lo sfacelo della categoria dei maestri di sci; siamo contrari se dovesse passare una tesi di truffa, di incentivazione del lavoro nero, quali verranno a realizzarsi se passerà certa logica contenuta in alcuni emendamenti proposti. Siamo, in altri termini, contrari al fenomeno di quelle settimane bianche che organizzazioni cittadine potranno realizzare con propri animatori, con doppi stipendi, a danno dei veri montanari perché in tal modo si darebbe via libera alle associazioni speculative che già operano sul territorio e che verrebbero ulteriormente potenziate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Non pensavo di dover intervenire su questa legge, però gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto hanno tirato in ballo alcune argomentazioni che meritano una puntualizzazione.
Certamente con questa legge si compirà un passo avanti nella direzione della disciplina dell'insegnamento dello sci. Forse alcuni colleghi hanno interpretato questa disciplina in chiave particolare, ossia come se essa tendesse alla difesa di una categoria di operatori economici Sono del parere che questa legge debba porsi anche questo obiettivo, ma necessariamente deve avere come obiettivo generale quello della difesa della vasta categoria degli utenti, della promozione dell'insegnamento dello sci su più larga scala e quindi della facilitazione alla preparazione di un'attività di questo peso. Non una legge dunque con carattere corporativo che difende una casta, ma una legge con carattere sociale che disciplina una determinata attività. Se questo 'è lo spirito che deve portarci all'approvazione, dobbiamo respingere alcune argomentazioni espresse perché non sono corrispondenti al vero, ma sono tendenti a falsare sotto l'ottica corporativa del problema una serie di intenzioni e di obiettivi. Sia ben chiaro, nessuno si propone l'obiettivo di smantellare la FISI. La nostra società sia dal punto di vista politico che sotto tutti gli altri aspetti si fonda sul pluralismo delle forze; infatti, la FISI fino ad ora ha goduto di un'ampia posizione di privilegio rispetto a qualsiasi altra associazione e allora noi diciamo che la FISI, come tutte le associazioni dei maestri di sci aderenti alla FISI, o non, devono essere messe su un piano di parità e non di privilegio dell'una rispetto alle altre.
Qualche collega diceva che la proposta avanzata, di prevedere la possibilità di una deroga alle norme della presente legge per tutte quelle associazioni che operano senza fine di lucro, potrebbe rappresentare un diritto a rovesciare i principi di regolamentazione dell'attività prevista dalla legge stessa. Ritengo che il senso sociale debba sempre prevalere sulla difesa acritica di una categoria di operatori.
Con questa legge dobbiamo assicurare che sul piano tecnico ci siano delle garanzie e delle competenze specifiche, però non possiamo negare l'associazionismo, il volontarismo che fino ad ora hanno dato contributi consistenti. Vi sono associazioni benemerite nel campo delle attività sportive che per anni hanno praticato attività di carattere promozionale.
Ho imparato a sciare grazie alle scuole di sci promosse dal CAI e da altre associazioni. Si vorrebbe ora impedire a tali associazioni di continuare a svolgere l'attività di promozione, di stimolo e di insegnamento che fino ad ora hanno svolto.
Insisto a dire che non è vero che le associazioni e il volontarismo nascondono fini di ordine speculativo e che le insinuazioni di questo tipo vanno decisamente respinte. L'avv. Oberto,per esempio, da trent'anni dedica la sua attività gratuitamente per il Parco del Gran Paradiso. Quali fini reconditi avrebbe a dedicare la propria attività in quella direzione, non avendo ricevuto nemmeno una lira di compenso in tanti anni ? Il soccorso alpino non è basato sul volontariato? Senza voler fare della polemica fine a se stessa vorrei fare osservare che la politica della montagna in alcuni casi è stata condotta con una visione distorta dalla pratica e dall'utilizzazione dell'attività sportiva. Con i grandi insediamenti turistici, veri momenti di rapina e di colonizzazione della montagna e con operatori che agivano nell'ottica di un consumismo esasperato che con i montanari e la gente del luogo non aveva assolutamente nulla a che fare. Ma posso fare esempi anche nell'ambito della categoria dei maestri di sci. Se facessimo un censimento troveremmo che una larga parte dei maestri di sci sono studenti universitari fuori corso, che trovano nell'esercizio di quest'attività un mezzo per autofinanziarsi le vacanze. Stiamo attenti a indicare nella categoria dei montanari gli unici beneficiari di quest'attività, stiamo attenti a non inoltrarci nel campo della demagogia,perché sarebbe pericoloso.
Anche se dovessimo presentare e accettare alcune proposte di emendamenti al disegno di legge, non c'é niente di scandaloso e di inopportuno. Il Consiglio regionale ha sempre avuto la possibilità di presentare gli emendamenti che ognuno ritiene opportuno senza che questo debba provocare motivo di falsi scandali. Affrontiamo con serenità questa discussione cercando di ridimensionare certe posizioni demagogiche che non servono alla conservazione di un clima disteso e costruttivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signori Consiglieri, la V Commissione ha licenziato questo disegno di legge all'unanimità però il fatto mi lascia perplesso perché gli interventi uditi in aula denunciano posizioni differenti. Ritengo che la verità sia nel mezzo: è impossibile che una parte sola abbia ragione e che l'altra abbia torto. Se non tentiamo una conciliazione tra le varie tesi, rischiamo di votare una legge, completamente stravolta e certamente faremmo un danno agli operatori dell'attività. Ritengo utile cercare un accordo perch possiamo considerare i maestri di sci in tutte le posizioni che vogliamo: possiamo riconoscerli come gli artefici della rinascita della montagna oppure come i vampiri della neve.
Ha ragione il Consigliere Bono. Il Presidente dei maestri di sci della zona di Bardonecchia e di Salice d'Ulzio era una decina d'anni fa un ex operaio della Fiat il quale, per ragioni di salute, è andato ad abitare in montagna. Facciamo attenzione a non creare dei falsi idoli.
Con la legge vogliamo dare un congruo compenso a coloro che esercitano l'insegnamento dello sci, però dobbiamo tenere conto di altri aspetti fondamentali. Dobbiamo curare a che lo sci sia uno sport popolare, che la gente che va a sciare sia tutelata incominciando, per esempio, a sottoporla a visita medica. Ci siamo preoccupati di sapere se chi partecipa ai corsi è in grado di sopportarli? Ci siamo preoccupati di sapere se il maestro di sci è capace di distinguere una frattura, dalla lussazione e dalla semplice spellatura di un ginocchio oltre che del compenso sicuro? Che un maestro di sci sia pagato fa ridere, perché allo stesso modo un avvocato che conduce una causa senza farsi pagare non sarebbe più un avvocato. E' un maestro di sci colui che ha frequentato un corso regolare e non colui che è pagato.
Viste queste divergenze tra le varie parti, visto il pericolo che si corre di approvare una legge distorta, ritengo opportuno che la V Commissione eventualmente integrata da specialisti, della montagna, riesamini le questioni della votazione.



PRESIDENTE

Poiché non vi sono altre richieste di intervento dò la parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore al turismo e sport

Con vivo piacere personale per l'interesse che porto alla materia nonché con la consapevolezza politica di affrontare un tema importante e ormai indilazionabile, mi accingo anch'io a contribuire alla presentazione del disegno di legge sulla disciplina dell'insegnamento dello sci.
Non sta a me riprendere temi che già altri hanno sottolineato e che fanno parte della relazione introduttiva al disegno; ovviamente ne condivido le prospettive e le faccio mie; voglio peraltro aggiungere alcune considerazioni parimenti generali, che rappresentino in qualche modo un apporto per definire le esigenze e i principi generali di questo provvedimento legislativo.
In primo luogo dico subito che l'esigenza fondamentale da cui promana il disegno di legge regionale è quella di certezza e globalità nella disciplina della materia. Si era ormai giunti infatti, nella legislazione statale, a un concorso di profili e di interessi che rendevano sempre più difficile un organico svolgimento della pratica amministrativa in questo settore. Da un punto di vista giuridico e politico, vi era inoltre un'anomala simbiosi, una mezzadria, tra l'autorità prefettizia e un organismo sportivo di Stato, con conseguenti conflitti e tensioni anche nel campo dell'associazionismo professionale. Ad una tale situazione aggiungeva recentemente incertezza il giusto e da noi condiviso D.P.R. 616, il quale trasferiva ai Comuni la competenza per il rilascio delle licenze: trasferimento che avrebbe gettato nello scompiglio coloro che avrebbero dovuto provvedere in via amministrativa, nel caso in cui il loro procedere non fosse nuovamente regolato con una disciplina organica. Ecco dunque perché questa legge è diventata indilazionabile, e come tale ne abbiamo assunto tempestivamente l'impegno: tutta la materia doveva essere nuovamente definita per venire incontro alla domanda di certezza e di rinnovamento che l'intero settore poneva all'ordine del giorno della nostra attenzione.
E' naturale che, nell'affrontare il tema della sua interezza, non ci siamo lasciati sfuggire l'occasione di apportare, con il conforto di ampie consultazioni in cui ci si è avvalsi dei fattivi contributi da parte delle componenti interessate, alcune innovazioni di principio che confidiamo siano qualificanti per un'avanzata e responsabile soluzione di vari problemi.
In primo luogo abbiamo dovuto ricercare una giusta mediazione tra il principio di decentramento stabilito con il D.P.R. 616, e l'altro principio di omogeneità nella preparazione professionale dei maestri di sci. In considerazione di ciò si è ritenuto da un lato di dover stabilire una normativa per la prassi comunale, d'altro lato facendo carico alla Regione di programmare ed organizzare corsi e gli esami per l'abilitazione. I Comuni sono pertanto sollevati da compiti tecnici che avrebbero potuto metterli in difficoltà ed aggravare il loro carico amministrativo, e nel contempo si evita il pericolo di una frammentazione eccessiva nei contenuti e negli accertamenti; frammentazione che sarebbe verosimilmente rimasta anche nel caso in cui la Regione si fosse avvalsa dei propri poteri di indirizzo.
Un altro punto importante consisteva nel ricercare ancora una volta una delicata mediazione tra due ulteriori esigenze che affioravano entrambe in tema di corsi e di esami per l'abilitazione: da un lato vi era l'esigenza di stabilire contenuti ed indirizzi alla luce di esigenze tecniche sì, ma non solamente tali, con buona disponibilità pertanto ad avvalersi di una nuova concezione dello sport che tende a spostare l'accento dall'agonismo alla pratica sportiva di massa; d'altro lato vi era l'esigenza di mantenere alto e inalienabile il patrimonio di competenze e di abilità tecniche che devono essere possedute dai maestri di sci, assicurandone un rigoroso controllo in sede di esame. La mediazione tra queste due esigenze altrettanto importanti la si è trovata articolando l'organo preposto di una Commissione e due Sottocommissioni: la prima più ampia, inclusiva di rappresentanze di interessi più generali come appunto la Regione o i sindacati, in modo tale che, nell'elaborare programmi e indirizzi potessero avere un loro peso anche queste voci in un certo senso più politiche; le Sottocommissioni, invece, più ristrette e rigorosamente tecniche, là dove appunto più tecnico è l'accertamento da effettuare.
In sede di Commissione e Sottocommissioni, si sarà notato, appare ridotta rispetto al passato la presenza e il peso della FISI. Senza entrare in polemiche voglio solo testimoniare che ciò non è dovuto né a diffidenza né significa disconoscimento dell'apprezzabile ruolo che la Federazione ha svolto sinora nel settore e che speriamo continuerà a svolgere nell'interesse dello sport nel nostro Paese. Si è trattato solo, da, parte nostra, di adeguare la composizione degli organi a quelli che sono i nostri principi fondamentali in materia di sport e di associazionismo: dai quali discende che, passando ad una pratica sportiva sempre più di massa, deve risultare inevitabilmente più circoscritto il peso dei punti di vista connessi allo sport nella sua dimensione agonistica; e discende ancora che dovendo trattare tutte le associazioni su un piano formale di parità, come in fondo è richiesto dalla Costituzione, anche per questo deve poi risultare ridotto il peso di Associazioni che hanno goduto a lungo di posizioni di preminenza anche comprensibili ma non giustificati per l'attuale sensibilità democratica che va giustamente penetrando ogni settore. Non quindi diffidenza né polemica, ma solo l'applicazione di quei medesimi principi che da tempo alimentano una posizione di confronto verso il CONI nel suo complesso, al qual proposito dobbiamo peraltro registrare con soddisfazione che da parte del CONI stesso vengono riconoscimenti prove di sensibilità, segni di collaborazione.
Altro principio importante cui ci siamo ispirati è quello di mantenimento e miglioramento della qualità professionale dei maestri di sci: al qual fine sono previsti appositi corsi di aggiornamento attraverso i quali sia possibile far tesoro dell'evoluzione del settore, e pertanto anche dell'evoluzione agonistica nella misura in cui questa sia utilmente trasferibile ai fini di elevare qualità ed efficacia di una pratica sportiva di massa.
Altre disposizioni di questa legge si ispirano poi al principio di facilitare una relativa circolazione dei maestri di sci, in modo tale che non ne vengano a soffrire gli interessi generali del turismo. E' infatti noto come spesso accada che comitive di turisti giungano in Piemonte accompagnate da propri maestri di sci, non solo provenendo da altre regioni italiane ma anche da stati stranieri; nel qual caso si capisce come un orientamento restrittivo non solo risulterebbe vessatorio nei confronti delle libere scelte dei turisti che ci confortano della loro preferenza, ma sarebbe persino controproducente per lo sviluppo del turismo nella nostra Regione. E allora, appunto in considerazione di tali motivi si sono previste norme di raccordo per l'esercizio di attività anche da parte di maestri non piemontesi, fino a prevedere l'esonero delle norme di cui alla nostra legge in favore di maestri non piemontesi che esercitano saltuariamente la loro attività nei confronti dei loro allievi che provengano parimenti da altre regioni o dall'estero per ragioni turistiche.
Un altro principio cui ci siamo ispirati è poi quello di stimolare e di riconoscere in qualche modo la cooperazione professionale su un piano di parità tra gli operatori del settore. Appunto per questo abbiamo previsto un particolare riconoscimento, attraverso la denominazione di "scuola di sci", a quei maestri che tra loro si associno per l'esercizio della professione fornendo adeguate garanzie di corretti rapporti interni, di continuità del servizio, di responsabilità esterna, di disponibilità ad aprirsi in senso sociale prestando la loro collaborazione alle autorità scolastiche, alle operazioni di soccorso, alle campagne di promozione.
Va da sé naturalmente che una legge pur così semplice, ma anche così complessa nelle implicazioni di principio, non poteva andare esente da una serie di proposte emendative.
Siamo quindi lieti di aver potuto accogliere alcuni emendamenti: non ci preoccupa mai infatti mutare una nostra proposta, dal momento che dovere democratico non è certo quello di difendere ad oltranza le proprie posizioni temendo di apparire condizionati o in ritardo, ma è invece quello di avvalersi dell'esperienza altrui per migliorare la propria in aperto confronto. Siamo quindi lieti che questa legge sia stata definita attraverso una serie di contributi lontani e recenti, tra cui voglio sottolinearne almeno un paio che trovo particolarmente interessanti dal punto di vista che rappresento.
In primo luogo accenno quindi all'emendamento relativo alla possibilità di inserire in seno alla Commissione e alle Sottocommissioni membri specializzati nelle discipline sciistiche scelti tra esperti designati non solo dalla FISI, ma anche da altre organizzazioni esistenti o che potranno formarsi in futuro, e ciò in base alle considerazioni già sopra esposte.
In secondo luogo ritengo assai importante per il superamento di una situazione di estrema incertezza, occasione di attriti ed equivoci l'emendamento concretizzatosi in un articolo aggiuntivo che prevede l'esclusione dalle norme della legge di quelle attività che attengono maggiormente al settore della promozione sportiva di base, piuttosto che a quello dell'esercizio professionale, vincolando però tale deroga ad una specifica autorizzazione e consentendo in tal modo di esercitare un controllo costante che impedisca abusi e distorsioni.
Questo è il motivo del dissidio della D.C. e del Consigliere Marchini.
Non affrontiamo la politica programmatoria dello sport, stiamo affrontando un problema di natura legislativa che ha anche delle implicazioni con la politica sportiva. All'esame della Commissione competente c'è una legge quadro regionale di programmazione delle attività sportive compresa quella della montagna. Ricordo che la Giunta ha erogato un contributo di 20 milioni al Soccorso Alpino due settimane fa, ma questo discorso non potrà più essere accettato perché la Regione non è un organo erogatore. Si dovrà discutere della questione con le associazioni interessate, compreso il CAI per verificare quali sono le attività per le quali lo Stato non interviene e nelle quali la Regione dovrebbe essere coinvolta. E' non solo un problema legislativo per quanto riguarda la pratica sportiva dello sci, ma è un problema che implica tutta l'attività sportiva in generale. Credo che siamo andati anche oltre alle indicazioni della legge: si è voluto dire tanto, ma in effetti si e detto pochissimo. La materia e stata trasferita ai Comuni al 1° gennaio e se la Regione non avesse predisposto la legge i Comuni si troverebbero in difficoltà e non potrebbero assolvere all'incombenza del rilascio delle autorizzazioni.
Devo dire al Consigliere Calsolaro in relazione all'emendamento sulle norme transitorie (art. 12) che la circolare inviata dalla Prefettura di Torino recita: "...si sottolinea che devono considerarsi validi ai fini dell'accertamento dell'idoneità soltanto i certificati rilasciati dalla FISI, secondo la prescrizione contenuta all'art. 238 del regolamento di P.S." Questi sono i motivi per i quali la Giunta non può accogliere la proposta di emendamento presentata.



PRESIDENTE

Credo a questo punto utile rinviare la votazione alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13)



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