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Dettaglio seduta n.195 del 01/06/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il processo verbale della seduta del 25 maggio, se non vi sono osservazioni, è approvato.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione del Consigliere Martini: "Atteggiamento della Giunta sulla situazione delle Terme di Vinadio"


PRESIDENTE

Il punto secondo dell'o.d.g. reca : "Interrogazioni ed interpellanze".
Possiamo svolgere l'interrogazione del Consigliere Martini: "Atteggiamento della Giunta sulla situazione delle Terme di Vinadio". Risponde l'Assessore Enrietti.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sicurezza sociale e sanità

Poiché all'amministrazione ospedaliera erano state bocciate dal CO.RE.CO., parecchie deliberazioni, richiamando un articolo di legge, si è ritenuto di diffidare l'Ente ospedaliero ad assumere deliberazioni non corrette. A tutt'oggi non ci sono programmi di utilizzo delle Terme, ma soltanto degli orientamenti generali. Per discutere del problema sono convocati oggi pomeriggio dal Presidente della Comunità montana l'amministrazione dell'ospedale e le forze politiche e sociali. Ritengo che dal confronto con le forze sociali del luogo e in base agli orientamenti che emergeranno da tale riunione, saranno assunti provvedimenti definitivi.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Nel prendere atto della risposta dell'Assessore Enrietti, vorrei raccomandare che il problema delle Terme di Vinadio venga affrontato con la dovuta serenità, dimenticando qualche screzio che, a livello locale, è stato alimentato in occasione delle elezioni amministrative, momento non troppo opportuno per affrontare serenamente problemi di tale portata.
Si tratta di uno stabilimento di proprietà di un Ente ospedaliero: questo dato deve garantire la Regione in relazione ad una gestione pubblica e non privata.
Mi risulta che in questo momento viene dibattuto il problema dell'utilizzo degli stabilimenti termali di Acqui, che hanno una rilevanza ed una consistenza ben superiore a quelli delle Terme di Vinadio e di Valdieri che insistono sul Comprensorio di Cuneo. Esistono tendenze a livello interregionale che non prevedono la sanitarizzazione degli Istituti termali: sono tendenze che vanno verificate in considerazione dei tanti interessi legati a tali gestioni.
Assicuro la mia presenza alla riunione di questa sera, e garantisco la massima disponibilità da parte mia per affrontare serenamente il problema.
Colgo l'occasione per invitare la Giunta a promuovere tutte quelle azioni che possono essere utili ad assicurare il normale funzionamento delle Terme durante l'estate, ascoltando le esigenze locali, ma valutando anche il problema in un contesto più generale di politica termale.



PRESIDENTE

L'interrogazione è stata svolta.


Argomento: Università

Interrogazione dei Consiglieri Oberto e Martini: "Posizione dell'esecutivo regionale circa la localizzazione delle sedi universitarie in Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Oberto e Martini: "Posizione dell'esecutivo regionale circa la localizzazione delle sedi universitarie in Piemonte". Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

L'interrogazione dei colleghi Oberto e Martini chiede qual è il punto di vista dell'esecutivo sul problema dell'assetto territoriale dell'università. La Giunta regionale nel corso di questi anni ha più volte espresso il proprio parere in ordine ad una struttura universitaria articolata e decentrata. Nel volume secondo della proposta per il piano regionale della Giunta, a pag. 69, è riportato il progetto di programmazione dei centri universitari. In Piemonte è previsto che le strutture universitarie debbano svilupparsi in relazione all'obiettivo dell'aumento dell'aliquota della popolazione che accede alla formazione universitaria, tenendo conto che i tassi di frequenza all'università sono ora molto diversi e disparati all'interno della Regione, con punte elevate nell'area torinese e punte di minor valore nelle aree periferiche. E' sottolineato che l'attività universitaria è uno dei fattori dello sviluppo globale della Regione. Esistono quindi delle connessioni strette tra gli obiettivi di sviluppo sociale, economico e culturale dell'intiero territorio regionale e l'articolazione decentrata dell'università.
L'obiettivo è quello della massima diffusione del servizio sul territorio il che non vuol dire massima dispersione delle iniziative universitarie, ma organizzazione dell'articolazione universitaria in modo da favorire la massima accessibilità compatibilmente con le possibilità di qualificazione della ricerca, dell'attività didattica.
La dispersione non favorisce certamente questo obiettivo, quindi l'articolazione regionale dell'università deve essere incentrata solo su alcuni punti e non su una miriade di punti. Nel documento di proposta del piano di sviluppo si indicano le nuove università che dovrebbero sorgere in Piemonte: nell'area di Alessandria, di Novara e di Cuneo; si sono individuate le prime localizzazioni in Novara e in Alessandria successivamente, per il Cuneese, in Savigliano, considerando l'elevata accessibilità di queste località dalle aree circostanti. Sempre in quel progetto, in subordine all'avvio di questo decentramento universitario, è prevista l'ipotesi della costituzione della seconda università di Torino.
Questa proposta è maturata nella passata legislatura; fu istituita una Commissione che era presieduta dal collega Besate, la quale lavorò per un paio di anni. Tale lavoro ebbe inizio nell'ottobre del '72 e fu proprio il Gruppo PCI che pose il problema dell'università. Nel '74, sulla base dell'elaborazione dell'Ires, fu approvata la proposta del sistema universitario che ho richiamato e che è stata inserita nei documenti di proposta del piano di sviluppo.
L'istituzione delle nuove università, com'è noto, è di competenza nazionale. La Regione, nel '74, in ottemperanza alla legge allora operante che affidava alle Regioni il compito di avanzare le proposte, inviava la propria al Ministero, allora retto dal Ministro Malfatti. Gli organi governativi disattesero completamente l'indicazione e si mostrarono refrattari all'ipotesi di ulteriori insediamenti universitari in Piemonte.
Le università che vennero in quegli anni istituite furono indirizzate in altre Regioni, non solo in quelle del meridione, secondo criteri che ritengo personali, del Ministro stesso.
Il decentramento universitario è oggi confermato dalla Giunta che in questo senso si è espressa nei confronti dei Ministri della pubblica istruzione, Malfatti prima e Pedini oggi; ancora qualche settimana fa questa questione fu posta al Ministro Pedini nell'incontro che ha avuto il Presidente Viglione. In questo stesso senso, polemicamente, io stesso mi sono espresso all'interno del Comitato centrale dell'edilizia universitaria nel momento in cui, nel 1976, si diede attuazione alla legge 50, che impediva che i finanziamenti fossero indirizzati alla costituzione di nuove università. Sarebbe stato opportuno indirizzare parte dei fondi della legge 50 all'istituzione di nuove sedi universitarie, ma si perse anche questa occasione. Il problema dell'istituzione delle nuove università è stato invece rinviato a quello della riforma universitaria, oggi in discussione.
Il Ministro Malfatti aveva presentato nel '77 un disegno di legge per la riforma universitaria, nel quale però non esisteva nessuna norma, n impegno, di programmazione in ordine alle sedi universitarie; norme e impegni che erano invece contenuti nelle proposte di legge presentate dal PSI, dal PCI, dal PRI, e forse da altri partiti. Ora è stata costituita una Commissione ristretta della Commissione istruzione del Senato, coordinata dall'onorevole Cervone della D.C., che ha l'incarico di arrivare ad un elaborato conclusivo che tenga conto delle varie proposte presentate. La conclusione dovrebbe riguardare anche la programmazione delle sedi universitarie.
Dalla riforma dunque, dovrebbero venire le condizioni per dare un reale avvio alla programmazione delle sedi universitarie; la proposta del Piemonte troverebbe cosi, nella legge nazionale, la possibilità di attuarsi. L'obiettivo è di promuovere, pur con gradualità, una crescita organica delle sedi, individuate prioritarie, di Alessandria e di Novara.
Rimarrebbe il problema del Cuneese, per il quale si era indicata la sede di Savigliano, ipotesi che potrebbe però essere riconsiderata: in sede di discussione del piano di sviluppo è stata sottolineata la centralità di funzioni terziarie, culturali e direzionali, della città di Cuneo rispetto all'intera provincia, anche se, dal punto di vista della mobilità ferroviaria, Savigliano presenta una maggiore accessibilità.
L'essenziale è di puntare anche su questa zona; si tratterà di precisare se la scelta dovrà confermare Savigliano, o considerare Cuneo, o anche Mondovì.
La mancata istituzione delle nuove università in Piemonte all'epoca in cui furono istituite altre università in Italia, nel 1975, e il ritardo della riforma, hanno comportato sfiducia; tuttavia sono stati tenuti vivi i contatti con Alessandria e con Novara: quelle Amministrazioni comunali e provinciali hanno intanto individuato le aree o le strutture edilizie utilizzabili per l'università. Le indicazioni pervenute circa un anno fa indicavano: per Alessandria l'utilizzo del Forte; per Novara l'utilizzo dell'Ospedale psichiatrico.
La Regione insieme con i Comuni e le Province si propone di camminare sulla strada indicata. Opera in modo che, al momento dell'approvazione della riforma e della definizione del programma d'intervento per le sedi universitarie, si abbiano a disposizione strutture edilizie esistenti che consentano di ridurre i costi di impianto e di dare avvio immediato ai primi interventi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, prendo l'occasione per pregarla ancora una volta di pubblicare su "Notizie", che è lo strumento d'informazione della Regione tutte le interrogazioni che vengono presentate soprattutto dall'opposizione, perché quella è l'unica voce che porta a conoscenza della collettività piemontese la collaborazione dell'opposizione attraverso le interrogazioni. Di solito le interrogazioni vengono fagocitate nelle risposte per cui scompare completamente l'iniziativa di stimolo e di pungolo che l'opposizione qualche volta fa.



PRESIDENTE

Consigliere Oberto, il problema però è un altro: non tutte le interrogazioni vengono pubblicate sulla rivista del Consiglio regionale. La novità introdotta dalla gestione della seconda legislatura consiste proprio nel fatto di dare ampio spazio alle interrogazioni dell'opposizione, non a tutte, ma a quelle più rilevanti.



OBERTO Gianni

Mi riservo, signor Presidente, di sfogliare tutti i numeri della rivista "Notizie" e di fare una statistica di quante interrogazioni sono state riportate integralmente. Posso dirle che questo non è quasi mai avvenuto.
Chiudo questa parentesi insistendo ancora per l'avvenire.



PRESIDENTE

Inoltre le interrogazioni sono consegnate a tutti i giornali quotidiani.



OBERTO Gianni

Parlo della rivista "Notizie" che è l'organo regionale: i giornali pubblicano quando hanno spazio. "Notizie" deve essere la voce del Consiglio regionale, della maggioranza e dell'opposizione.



PRESIDENTE

Non c'è dubbio.



OBERTO Gianni

In merito alla risposta, Assessore Rivalta, credo che se mi fossi trovato in quello schieramento non avrei risposto diversamente. Continuando a persistere nella linea da lei espressa in una precedente risposta ad una interrogazione, e cioè che il passato è la radice del presente e del futuro, lei ha fatto un magnifico excursus di quello che, dal 1972 al 1978 si viene tentando di fare da parte della Regione in tema di riforma universitaria ma soprattutto in tema d'insediamenti di nuove università nell'ambito territoriale del Piemonte. Questo toglie a me l'opportunità di ripetere quanto giustamente e correttamente lei ha detto, però mi dà la soddisfazione di riconoscere che andare al passato qualche volta è anche motivo di cognizione di nozioni e acquisizione di punti di partenza per il presente.
L'interrogazione che con il collega Martini ho presentato è stata per me determinata dall'occasionale conoscenza di un volantino di pro testa degli studenti di medicina che denunciano il totale disinteresse dimostrato dalle forze politiche e sociali vercellesi sull'eventuale insediamento della sede universitaria nel Piemonte nord-orientale. Non sono vercellese ma del problema universitario mi sono largamente interessato e so che a Vercelli la questione è stata vivacemente dibattuta.
L'interrogazione sottolinea i punti Vercelli e Novara, e quello di Savigliano o Cuneo o Fossano, in sostanza del Cuneese, perché dai giornali locali si ha notizia che il Senatore Boggio e il Senatore Balbo, l'uno per le università di Vercelli e Novara, l'altro per l'università di Savigliano porteranno in Commissione iniziative di carattere legislativo.
L'interrogazione è motivo di sollecitazione alla Giunta perché voglia seguire l'iter politico di tali iniziative ritenendo giusto, nel momento in cui le due proposte di legge fanno il loro cammino, esserne a conoscenza unirci o disunirci, secondo le linee che il Consiglio regionale sin dal '72 si è dato nei diversi studi prospettati. E' quindi un suono, un campanello perché si stia attenti a quanto si sta compiendo in questi giorni.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

La Giunta è al corrente di queste iniziative, e le sta seguendo, ma ritiene che è soprattutto utile seguire l'iter della riforma universitaria per avviare un discorso non soltanto attorno ad una iniziativa legislativa di singoli, ma attorno al la programmazione delle sedi universitarie.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Università

Interrogazione presentata dal Consigliere Marchini: "Iniziative che la Giunta regionale intende assumere per tutelare il complesso architettonico di Stupinigi in relazione all'insediamento della Facoltà di Agraria"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione presentata dal Consigliere Marchini: "lniziative che la Giunta regionale intende assumere per tutelare il complesso architettonico di Stupinigi in relazione all'insediamento della Facoltà di Agraria". Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

L'interrogazione del Consigliere Marchini, in relazione all'intenzione di ubicare a Stupinigi la facoltà di Agraria, e aggiungo anche quella di Veterinaria, sottolinea la necessità che fin d'ora e prioritariamente si specifichi il valore architettonico, urbanistico ed ambientale del complesso. Aggiunge inoltre che: "ogni nuovo intervento contrasterebbe con un complesso monumentale che ha elementi di gran pregio non solo nella qualità dei singoli edifici, ma anche nel disegno di organizzazione urbanistica che lega i fabbricati con il territorio circostante".
Rispondo che la Giunta ben conosce il valore monumentale e ambientale di Stupinigi; la stretta relazione tra i monumenti e gli ampi spazi agricoli e boscati, intrecciati da una rete di visuali e di sentieri che sono strettamente connessi all'impianto della palazzina centrale; ha anche, ben presente lo stato di degradazione che è in atto. L'alterazione ambientale è stata permessa; non si sono tenuti in conto e salvaguardati i valori culturali, mentre uno sviluppo guidato e controllato avrebbe potuto garantire l'ambiente; si pensi che gli insediamenti industriali e residenziali arrivano ormai ai margini del complesso monumentale.
Il problema è ben presente non soltanto per i pericoli di ulteriori degradi che si possono avere in futuro, ma per le distruzioni che sono state permesse in passato: la Giunta ha anche ben presente il processo di degradazione subito dalle strutture monumentali principali, e da quelle collaterali. L'Ordine Mauriziano, che è proprietario del complesso, non ha potuto e non ha saputo impedire tale degradazione, nonostante che le leggi del '25 e del '26, con le quali gli veniva attribuita la proprietà, lo impegnassero a garantirne la conservazione.
Proprio in relazione a tale situazione la Giunta ha inserito nel piano dei Parchi l'area di Stupinigi, al fine di garantire la completa difesa ambientale, ed ha proposto che in alcune strutture, verificata la possibilità logistica di insediamento, si inseriscano delle attività che possano non solo recuperare, ma anche qualificare l'ambiente.
Era stata ipotizzata sin dal '74 l'ipotesi d 'insediare, nelle strutture antistanti alla palazzina le facoltà di Agraria e Veterinaria.
L'inserimento di nuove funzioni comporterebbe la costruzione, si, di nuove strutture edilizie, ma in sostituzione di quelle parti fatiscenti costruite in periodi diversi, e senza nessun criterio o cautela, nelle aie dei poderi, in parallelo alla manica dei poderi prospiciente il viale di accesso alla palazzina. Si tratta quindi di un'opera di restauro e di recupero della situazione esistente. E' una soluzione che pone una serie di problemi, e che è da tempo all'esame della II Commissione. Ribadisco il parere che ho già espresso più volte e cioè che si tratta di una soluzione che non introduce parti del tutto nuove, se non ristrutturando quelle esistenti, qualificandole ove necessario, come è appunto per gli edifici di più recente inserimento, rinnovandoli e migliorandoli.
Un'ipotesi alternativa sarebbe quella dell'insediamento delle facoltà di Agraria e di Veterinaria in terreni liberi del Comprensorio di Stupinigi, ipotesi che dovrebbe preoccupare maggiormente il Consigliere Marchini in quanto, mi sembra di poter cogliere dalla sua interrogazione egli manifesta che nulla di nuovo, soprattutto delle dimensioni delle facoltà di Agraria e Veterinaria, venga dislocato all'interno di quell'ambiente, poiché si altererebbero i rapporti fra monumenti e territorio circostante.
Il problema dell'inserimento di Agraria e Veterinaria, pur nell'ipotesi da noi avanzata, va comunque affrontato con molta cautela; sotto il profilo ambientale esiste la giurisdizione della Sovrintendenza ai monumenti e oggi anche della Regione.
Indipendentemente dalle posizioni di ciascuno in ordine alla soluzione specifica, c'è l'intenzione di operare con estrema cautela affinch quell'ambiente sia conservato. La legge istitutiva del Parco di Stupinigi è in discussione in Commissione; ha appunto l'obiettivo di tutelare l'intero ambiente da ulteriore degradazione, da ulteriore frantumazione di aree, da ulteriori distruzioni di visuali, di strutture boschive, di strutture agricole. L'obiettivo è quello di difendere il rapporto ambientale di cui vive il monumento di Stupinigi, e di promuovere l'inserimento di funzioni vitalizzanti e capaci di promuovere la conservazione, previo restauro, dei monumenti e degli edifici. Cosa che fino ad ora non si è verificata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Se non ci trovassimo di fronte ad un bene che ha una durata nel tempo dovrei considerarmi ampiamente soddisfatto della risposta dell'Assessore.
La cautela che ci ripromettiamo tutti deve essere proiettata nel futuro. E' estremamente pericoloso e rischioso andare ad instaurare in quel complesso una destinazione nuova prevista in funzione di una valutazione dal punto di vista funzionale e dal punto di vista estetico, storico e culturale. Nessuno può garantire che, collocati dei bisogni e quindi delle esigenze da soddisfare, non si vada a compromettere quel corpo architettonico. Per quanto riguarda i beni ambientali e monumentali conservati da generazioni, molti sono stati compromessi con una giustificazione culturale, paesaggistica, architettonica e con criteri d'inserimento e di ammodernamento. Certi restauri del centro storico di Torino stanno ad indicare come l'aver inserito un'esigenza attuale, sia pure mascherata dalla visione moderna della concezione del centro storico abbia compromesso un monumento. Il contributo che si potrebbe dare al lavoro della Giunta, dell'Assessore e della Commissione competente è di puntare ad una soluzione che non possa mettere in movimento altri tipi di esigenze che, sotto il pungolo della necessità immediata, potrebbero fungere da alibi e passare attraverso un momento di minor attenzione nei confronti di questi problemi.
L'attenzione nei confronti dei problemi ambientali e monumentali non è viva sempre allo stesso modo: attraverso a questo "Cavallo di Troia" possono passare le cose più aberranti.
Quindi rinnovo la mia raccomandazione all'Assessore perché qualunque tipo di intervento sia visto con cautela, affinché non si vadano ad innescare necessità di ordine pubblico che in futuro potrebbero metterci nella condizione obbligata di prendere altre decisioni meno rapportate e meno armonizzate con le esigenze di ordine culturale.



PRESIDENTE

Il punto relativo alle interrogazioni è cosi esaurito.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo gli Assessori: Ferraris, Vecchione e Fonio, i Consiglieri: Benzi, Besate, Furnari, Minucci, Ferrero e Debenedetti.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetto di legge


PRESIDENTE

La Giunta regionale ha presentato il disegno di legge n. 323: "Rendiconto generale della Regione Piemonte per l'anno finanziario 1977" in data 25 maggio 1978.


Argomento:

b) Presentazione progetto di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale 27/4/1978: "Sanzioni per irregolarità rilevate nell'esercizio dei servizi di trasporto - Modifica alla legge regionale 6/4/1978 n. 16".
Chiede la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, mi permetto di toccare un argomento delicato e importante sul quale l'intervento sintetico e sommario può portare a travisamenti. Si tratta della stampa e distribuzione di 200 mila esemplari della legge sulla tutela della maternità e sulla scelta per l'aborto.
Sono notorie le nostre posizioni. Noi preferiremmo sottolineare quello che dovrebbe essere un atteggiamento unitario di fronte a questi problemi e cioè quello che riguarda la difesa della vita e la tutela della maternità e della donna.
Al di là dei rilievi che potremmo fare in altra sede, pregheremmo il Presidente del Consiglio che, nell'affrontare spese di tale dimensione voglia curare l'informazione della Regione in modo che essa sia politicamente ed eticamente orientata a cogliere gli aspetti fondamentali della difesa della vita, della tutela della maternità e della tutela della dignità della donna, oltre che a conoscere gli apprestamenti tecnici, gli strumenti ed i mezzi atti a favorire questi fini.



PRESIDENTE

Sono in grado di rassicurare pienamente il Consigliere Bianchi circa lo spirito e la lettera con la quale l'Ufficio di Presidenza ha esaminato e deciso, questa volta non all'unanimità, ma con osservazioni da parte dei Consiglieri della D.C., che considero legittime, circa l'opportunità di diffondere un certo numero di copie, ancora insufficiente rispetto alla dimensione e alla complessità della legge stessa. Questa legge, proprio per il lungo iter che l'ha contrassegnata, per la sua portata politica e ideale, ha prima di tutto bisogno di essere conosciuta dalla comunità piemontese in tutti i dettagli e in tutti i particolari. L'Ufficio di Presidenza, svolgendo la funzione che in altre occasioni ha svolto (diffusione dei testi della Costituzione, dello Statuto regionale, delle leggi di grande rilevanza come quella sull'occupazione giovanile e sui distretti scolastici), ha inteso realizzare tali pubblicazioni nello spirito informatore di una legge dello Stato.
Ogni forza politica ha la legittimità di pensare e di operare come crede, tuttavia ritengo che le leggi potrebbero avere una nefasta influenza nella vita politica italiana se, come sovente succede, anziché essere applicate nel loro motivo ispiratore, fossero disattese, per cui, nel caso specifico, alle speranze di coloro che attendevano una tale legge si aggiungerebbe la frustrazione di un tentativo che non ha prodotto risultati.
Alle Regioni competono compiti di ampia rilevanza che possono essere soltanto affrontati e risolti se contemporaneamente vi è la partecipazione consapevole ed intelligente della comunità piemontese e prima di tutto delle donne. Questo è lo spirito che ci ha indotti a stampare la pubblicazione unitamente alla legge regionale sui consultori e all'elenco dei consultori esistenti in Piemonte per iniziativa, in questo caso, della Consulta femminile.
Le preoccupazioni che il Consigliere Bianchi ha espresso sono legittime e, per quanto compete all'Ufficio di Presidenza, saranno tenute nel massimo conto. Posso dare la garanzia che nessuna forzatura politica sarà compiuta dall'Ufficio di Presidenza nell'espletamento della sua iniziativa.
Chiede la parola il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Desidero esprimere alla Presidenza del Consiglio regionale il compiacimento del Gruppo socialista per la pubblicazione su "Il potere locale in Piemonte". La nostra è la prima Regione che pubblica una serie di volumi contenenti non soltanto i dati elettorali, ma anche i nomi degli amministratori locali dei Comuni. La pubblicazione è molto importante ai fini della ricerca e del lavoro degli amministratori locali, degli operatori politici e di tutti coloro che svolgono un'attività collegata ai poteri locali. Rinnovo quindi il mio compiacimento per questa pubblicazione e mi auguro che essa sia diffusa nella più ampia misura possibile.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Approfitto della circostanza per far presente un problema che attraverso ai canali delle interrogazioni o alle sollecitazioni fatte in Commissione, non riesce a trovare risposta.
Il mio non è solo un richiamo ma una protesta. Si tratta della discussione in atto nel Consiglio comunale di Torino del primo programma triennale di attuazione che prevede la soluzione totale dell'accordo tra le forze di maggioranza e la Fiat, per quanto attiene agli insediamenti direzionali.
In risposta ad un'interrogazione che aveva come primo firmatario il Consigliere Alberton, avevamo avuto in Commissione e in aula promessa formale da parte dell'Assessore Rivalta, che prima di qualsiasi conclusione di questi accordi, per le implicazioni che essi hanno in ordine al piano territoriale di coordinamento e alla definizione della convenzione quadro di cui all'art. 53 della legge n. 56, il Consiglio sarebbe stato informato nel merito per assumere le necessarie determinazioni. Constatiamo invece che tutto questo è stato eluso e che di fatto questi processi vanno avanti tant'è vero che il primo programma triennale prevede cubature, accordi tempi e modalità di esecuzione di un sistema infrastrutturale che ha grosse implicazioni sull'assetto territoriale.
Ringrazio il Presidente per avermi dato la parola e mi permetto di richiamare con eccezionale procedura l'opportunità che la Giunta si pronunci in ordine a questa vicenda.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Sulla questione Candiolo e uffici direzionali Fiat ci sono state già delle informazioni e discussioni in Commissione. Credo che una discussione formale dovremo farla nel momento in cui gli Enti locali si saranno espressi nella loro autonomia. Per legge è stabilito che debbono mandarci gli atti per l'approvazione: in quel momento potremo discutere di questi argomenti. Nel corso dell'informazione che ho svolto in Commissione ho sottolineato come stiamo gestendo il rapporto con la Fiat su questa questione, sulla base delle indicazioni territoriali che l'Assessorato ha presentato alla II Commissione nel mese di giugno del '76, riguardanti l'organizzazione territoriale del Comprensorio di Torino; per altro questo schema territoriale è stato elaborato sulla base degli studi socio economici condotti appositamente nella passata legislatura. Ci sono stati perciò tutti gli opportuni elementi di informazione e ci sono state anche discussioni.
Altri aspetti formali verranno discussi appena arriveranno gli atti negli organismi competenti.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Quanto è stato introdotto dal Consigliere Picco non è di poco conto e in ordine a questi problemi non vorremmo lasciare nessun dubbio. Riteniamo che l'argomento debba essere approfondito e discusso non soltanto in Commissione ma anche in Consiglio. Dopo che il Consiglio comunale di Torino lo avrà discusso, dopo che gli altri Comuni interessati avranno approfondito ed elaborato la loro linea, i documenti giungeranno alla Regione per essere approvati in quel momento, non precedendo le discussioni



ALBERTON Ezio

Le dichiarazioni alla stampa le hanno precedute!



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Se non si consente di intervenire attivamente in un processo, se non altro per raccordarlo, mi chiedo che cosa sta a fare un governo. Questo è bene che lo discutiamo, diversamente si verrebbe a decapitare un'iniziativa del governo locale. Se i Comuni interessati non discutessero queste linee che ragione avrebbe da parte nostra il ridiscutere delle scelte che alla base non sono state approvate? La Giunta, non appena sarà conclusa questa discussione la porterà all'esame del Consiglio.



PRESIDENTE

Considero chiuso questo scambio di opinioni, con l'impegno, se si volesse proseguire la discussione di affrontare la questione nei termini correnti previsti dal regolamento.


Argomento: Comprensori

Dibattito sulle linee programmatiche ed organizzative per i Comitati comprensoriali


PRESIDENTE

Procediamo con il dibattito sulle linee programmatiche ed organizzative per i Comitati comprensoriali.
Relatore è il Presidente della I Commissione, avv. Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il documento sulle linee programmatiche ed .organizzative per i Comitati comprensoriali che la Giunta regionale ebbe a presentare in Consiglio a suo tempo è stato motivo di esame da parte della I Commissione con notevole ritardo a causa della mole di lavoro che la Commissione stessa aveva in ordine all'approvazione del bilancio. Il ritardo ha fatto si che il documento fosse motivo e oggetto di dibattito a livello dei soggetti interessati e che nel contempo procedessero quelle realizzazioni di ordine concreto, strutturale funzionale quale, ad esempio, il riconoscimento ai membri dei Comitati comprensoriali delle indennità per il lavoro che svolgono. Vi è stata una consultazione tra i Comprensori, la Giunta e le forze politiche presenti nella Commissione estremamente utile e positiva.
Precisato che i Comprensori per l'attività legislativa regionale hanno un'ampia sfera di attività qual è prevista dalle leggi regionali 43 sulle procedure della programmazione, n. 56 sulla tutela ed uso del suolo, n. 44 sui trasporti e sulla viabilità e n. 39 sulla riorganizzazione e gestione dei servizi sanitari, ferme tutte le discussioni di ordine politico che vengono portate avanti a livello nazionale: esiste un quadro di ampia intesa che conferma la validità della scelta effettuata dalla Regione Piemonte nel modo e nei termini di individuazione del Comprensorio stesso validità che, indipendentemente dall'ampiezza e dal numero dei Comprensori vede nel momento regionale l'opportunità di un approfondimento e di un avanzamento della tematica relativa al rapporto Regione - Comprensorio Provincia ed Ente locale, rapporto che deve essere condotto su una linea corretta di anticipazione serena di quelle che potranno essere le attività che verranno riconosciute in sede di riforma dell'Ente intermedio.
Non è quindi attività sciupata e resa inutile da interventi legislativi superiori alla volontà del legislatore regionale, ma è un'attività che trova conferma e riscontro operativo.
Quattordici Comprensori su quindici hanno dato un giudizio estremamente positivo sia dal punto di vista politico, che dal punto di vista della metodologia predisposta dalla Giunta regionale.
Sono emerse alcune considerazioni che, come relatore, ritengo opportuno sottolineare soprattutto in ordine alla portata di alcune tematiche costanti. L'indicazione che meglio rispecchia i termini del problema è stata quella effettuata dal Presidente del Comprensorio di Mondovì, il quale dando giudizio positivo al documento della Giunta, ha individuato due momenti: quello di garantire le condizioni minime per le funzionalità dei Comprensori non tanto in relazione al rapporto dell'ampiezza e della popolazione dei Comuni, elemento estremamente importante, quanto in relazione alla tabella del personale che la Giunta propone quello del richiamo alle funzioni specifiche di programmazione, di coordinamento sia nel momento di raccolta delle volontà decisionali e di indicazione delle esigenze degli Enti locali, sia nel rapporto al decentramento che la Regione viene ad effettuare.
Da più parti si è sollecitata l'opportunità di indicazioni operative semplici e chiare, e rapporti con i Comprensori che non consistono soltanto in un rito che rallenti le specifiche funzioni. Vi è quindi la necessità da parte della Giunta, degli Assessori e delle Commissioni di un rapporto quale quello delle consultazioni in termini più ristretti, più condensati e meno rituali. Il rapporto tra il Consiglio regionale, la Giunta e i Comprensori deve essere il più ampio possibile, lasciando agli stessi la possibilità di intervenire e limitando i rapporti di confronto e di dialogo sugli elementi fondamentali di attività, di programmazione, di individuazione, di coordinamento, di sintesi democratica. I Comprensori hanno compiuto un salto di qualità; essi stanno assorbendo gli elementi di fondo di una politica di programmazione.
E' emerso in maniera chiara che il piano territoriale, il piano socio economico, il piano dei trasporti sono i cardini fondamentali per una politica di programma che veda democraticamente articolarsi la dialettica tra il momento di decisione centrale quale è il Consiglio regionale e il momento di attuazione e di modificazione perché le decisioni siano sempre adeguate alla realtà, realizzando finalmente quello che abbiamo individuato come processo continuo di adeguamento e di approfondimento.
E' emersa anche la necessità di una risposta immediata attraverso il recupero di tutto il materiale esistente, studi, approfondimenti decisioni, impostazioni di lavoro, materiale che è la base per la predisposizione delle deliberazioni programmatiche che, entro il mese di luglio, i Comprensori sono tenuti a produrre, per il loro avvio democratico concreto e non soltanto burocratico, e perché i piani territoriali di coordinamento sappiano essere la risposta immediata e la salvaguardia che deve essere garantita nei confronti dell'agricoltura e delle grandi scelte opzionali sulla politica del territorio. La necessita del recupero degli studi, dei documenti e delle valutazioni non vuol dire rifiuto alle nuove ricerche, ma vuol dire possibilità di soluzione dei nodi che in tempi passati non hanno consentito approfondimenti tali da consigliare in maniera retta l'attività a cui le forze politiche, le forze economiche, gli Enti locali, noi stessi dobbiamo orientarci.
Sono state fatte denunce di carenze. E' inutile che neghiamo i ritardi per i quali la Giunta più volte si è impegnata sia in ordine alla decorosa localizzazione dei Comprensori stessi oggi allocati nei luoghi più eterogenei, sia in ordine ai rapporti operativi tra Giunta e Comprensori che debbono essere tali da premiare il momento democratico come momento di sussidio.
Sarebbe opportuno che l'Assessore Astengo, proprio perché era assente alle consultazioni, potesse udire e meditare su quanto è stato detto in relazione alla gestione della legge 56, e cioè che l'attuazione di tale provvedimento non deve essere un momento a sé stante, ma deve essere un atto che cammina insieme con tutte le altre realizzazioni che abbiamo attuato.
Se le forze di maggioranza e di opposizione non riflettono sul modo in cui stanno operando nella gestione della legge 56 e sul rapporto che hanno con i Comprensori, compiono un rito senza rendersi conto che avendo concordato al 99% sulle linee di intervento non possono poi perdere quel tipo di tensione che attraverso il Comprensorio e gli Enti locali deve esserci.
I Comprensori, se non c'è una sufficiente fase di istruzione preventiva, rimarranno nella condizione attuale di scontro, di rappresentazione di piccoli o grandi interessi, di contrasti più ideologici che concreti e operativi.
Ecco allora la necessità della risposta da parte della Giunta alle proposte avanzate. Vogliamo avanzare attraverso la burocratizzazione massima del Comprensorio, attraverso il decentramento di mezzi e di uomini che non abbiamo o vogliamo sfruttare quell'apparato che lentamente stiamo creando, quelle capacità, quelle strutture che sappiano essere momento di preparazione alla scelta politica che dalla legge n. 56 è demandata alla responsabilità del Comprensorio come indicazione e alla responsabilità del Consiglio regionale, attraverso il CUR. come decisione? Ecco l'opportunità di valutare questo faticoso decollo dell'attività del Comprensorio, che è gravato da tanti altri impegni, ma indubbiamente in primo luogo è chiamato ad operare sui problemi urbanistici. La proposta di utilizzare le strutture regionali mi pare un termine corretto di legame tra le strutture stesse e non un appesantimento o il venir meno a certi impegni.
Il Presidente del Comprensorio di Borgosesia ha lamentato l'impossibilità di dialogo tra gli Enti locali e il consulente che la Regione aveva destinato al Comprensorio, tale lagnanza, anche se non cosi esplicita, si è sentita in termini generali sull'inadeguatezza del rapporto più formale che sostanziale che si è venuto a creare tra l'attività della Giunta e la realtà comprensoriale.
In rappresentanza della I Commissione sento di dover sollecitare in ordine alle linee programmatiche ed organizzative la necessità di risposte chiare e precise, la necessità di alcuni interventi per garantire il minimo di funzionalità e la possibilità di un dibattito che si possa aprire fra tutte le forze politiche che erano presenti alla consultazione. Sono preoccupazioni che se non trovano soluzione immediatamente da parte della Giunta stessa potranno essere motivo di fallimento prima ancora dell'avvio della politica di piano, sia nel campo urbanistico, sia nel campo dei trasporti, come nel campo del rapporto socio-economico, settori per i quali le leggi varate impongono al Comprensorio precise attività.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Martini. Ne ha facoltà.



MARTINI Mario

Nel mio intervento cercherò di evidenziare alcune richieste che sono emerse nel corso della consultazione che si è tenuta con i Comprensori e la I Commissione e di esprimere il giudizio del Gruppo D.C.
Il documento della Giunta è stato riconosciuto da parte dei rappresentanti dei Comitati comprensoriali organico, completo, esauriente.
Qualcuno lo ha definito il progetto di come dovrebbe essere un Comprensorio perfetto, ma che non è ancora. Il rappresentante del Comprensorio di Biella, molto più realisticamente, l'ha definito un documento pregevole che però suscita qualche perplessità sul piano operativo.
Queste perplessità nascono dal confronto tra i compiti attribuiti dalla legge istitutiva dei Comprensori e dalle numerose leggi specifiche di settore e la tabella del personale ipotizzabile per ciascun Comprensorio.
Il documento della Giunta, proprio perché proiettato verso un tipo di Comprensorio operante a pieno ritmo, poteva offrire l'incentivo per corrispondenti richieste organizzative come, per esempio, le sedi. Qualcuno aveva timore che si creasse una specie di spirito di corpo che portasse alla difesa ad oltranza dell'istituzione. Invece queste cose non si sono verificate, delle sedi non si è parlato e si è parlato soprattutto del minimo personale necessario per garantire il funzionamento dell'istituzione: è prevalsa cioè la richiesta del de collo dell'attività dei Comprensori che privilegi il momento politico, finalizzando l'organizzazione più all'esigenza di sperimentare e verificare una metodologia di approccio ai problemi, che non alla creazione di una struttura burocratica efficientistica.
I Comitati comprensoriali si pongono l'obiettivo primario di stabilire rapporti meno pressapochisti e disordinati e più corretti, più organici e chiaramente definiti sia nei confronti dei Comuni e degli altri Enti che operano nell'ambito territoriale, sia nei confronti della Regione.
Parallelamente a questo obiettivo vi è l'opportunità di impegnare i Comitati e i loro organi in settori più specifici quali possono essere la programmazione comprensoriale, l'individuazione delle vocazioni del territorio, la promozione di forme associative per la gestione sovracomunale di alcuni servizi.
Il Presidente del Comprensorio di Mondovì ha sottolineato l'opportunità di non creare apparati burocratici e ha evidenziato la necessità di assicurare una struttura a tutti i Comitati, indipendentemente dalla popolazione residente nel territorio, individuata in circa 10 dipendenti per ogni Comprensorio, previsione che corrisponde grosso modo a quella individuata nella tabella della Giunta. E' opportuno che i Comprensori egli concludeva - facciano quel poco o quel tanto che sono in condizione di fare preoccupandosi soprattutto delle conseguenze politiche che potrebbero conseguire ad eventuali frustrazioni e crisi di sfiducia.
Le indicazioni scaturite nel corso della consultazione vanno riportate ad una duplice motivazione: la prima va ricercata nel buon senso che è tipico negli amministratori piemontesi la seconda va individuata nella consapevolezza che viviamo in un periodo di transizione non privo di incertezze, ma ricco di proposte: esiste una proposta del Governo di riforma dell'Ente intermedio e dell'Ente locale ed esistono proposte della D.C., del P.C.I., del P.S.I., e mi pare anche del P.R.I., tutte relative alla ridefinizione dell'Ente intermedio che non sarà la vecchia Provincia, ma non sarà neanche l'attuale Comprensorio cosî come è stato configurato dalla legge della Regione Piemonte.
Questa indicazione, che ci viene da una classe dirigente amministrativa e politica abbastanza qualificata perché i rappresentanti dei Comitati comprensoriali sono scelti con elezioni di secondo grado, più che moderata la chiamerei realistica.
Il richiamo alla realtà deve farci meditare, esso comporta due fondamentali esigenze: permettere ai Comprensori di operare in positivo nei prossimi due anni valutare attentamente la situazione che deriva dagli obblighi e dalle incombenze che alcune leggi regionali hanno attribuito ai Comitati comprensoriali stabilendo tempi e modalità operative.
Per quanto riguarda la prima esigenza, a nome del Gruppo D.C., vorrei porre in evidenza alcune necessità sulle quali è necessario che a conclusione del dibattito la Giunta si pronunci chiaramente.
Occorre innanzitutto garantire il personale richiesto uscendo dalla genericità in ordine all'assunzione dello stesso. La tabella individua in 150 i dipendenti che dovranno essere assegnati ai Comprensori indicando genericamente che questo personale potrà essere distaccato dai Comuni dalle Province oppure potrà essere assunto avvalendosi della legge sulla disoccupazione giovanile. Questa ipotesi è stata criticata perché, mentre da un lato c'è la volontà di operare su un terreno di concretezza dall'altro c'è il legittimo desiderio di non sfigurare completamente considerato che siamo a meno di due anni dalla scadenza del mandato amministrativo e considerato che sul piano operativo si è fatto ancora poco. Perciò gli amministratori dei Comitati comprensoriali chiedono che il personale dia un minimo di garanzia in merito alla qualificazione.
Relativamente ai dati che la Giunta regionale per bocca di diversi Assessori dichiara di possedere e di aver già in parte proceduto a disaggregare a livello dei singoli Comprensori, è necessario che essi vengano completamente trasmessi con possibilità di verifica e di completamento attraverso un diretto rapporto fra i Comitati comprensoriali e l'Ires.
Sono tre anni che il Consiglio regionale discute del funzionamento di questa struttura che dovrebbe essere finalizzata alla programmazione. C'è stata una polemica attorno al tipo di dati che l'Istituto dovrebbe fornire.
Tuttavia, pur avendo polemizzato su queste cose, sul terreno della produttività non abbiamo ancora visto risultati positivi. Pare che in questo momento stia parzialmente lavorando per aiutare le Comunità montane a redigere i piani di sviluppo, ma sono palliativi. E' necessario che l'Ires esca dalla situazione di stasi in cui si trova, è necessario che venga messo a disposizione dei Comitati comprensoriali e che i dati che la Giunta trasmetterà possano avere in ogni momento possibilità di verifica ai fini delle scelte che i Comitati stessi saranno chiamati a fare.
E' anche opportuno garantire un rapporto, che possiamo definire di controllo - collaborazione, tra Comprensori e Consiglio regionale. Se è vero che il Comprensorio è proiettato verso la struttura intermedia che la riforma ormai concordata ci darà verso la fine del 1979, esso deve preparare i funzionari a svolgere i nuovi compiti e aiutare gli amministratori ad affrontare la dimensione nuova, diversa da quella del livello locale.
Come l'Assessore Alasia informa il Consiglio regionale sulla situazione occupazionale, allo stesso modo sarà opportuno dare tempestivamente informazione dell'attività dei Comprensori.
Mi avvio alla conclusione ricordando che al di là del funzionamento istituzionale del Comprensorio, ci sono delle incombenze rigidamente fissate dalle leggi regionali. Se ci riferiamo alla legge n. 56 la Regione ha l'impegno di creare strutture tecniche che permettano al Comprensorio di svolgere la propria attività istituzionale nel settore specifico dell'urbanistica e della pianificazione territoriale.
Su questo argomento parlerà l'amico Picco. Il Gruppo della D.C., si opporrà ad ogni proposta operativa che di fatto tenda a superare il filtro intermedio del Comprensorio per concentrare tutto il potere discrezionale nelle mani dell'Assessore all'urbanistica. Su questo argomento, che pu essere scottante e che rischia nei prossimi mesi di venire poi alla ribalta per forza propria e autonoma, non ci siamo ancora soffermati a sufficienza.
Come forza politica che non vuole porsi in atteggiamento polemico e di rottura ma vuole assumersi le responsabilità, vorremmo richiamare quanto è stato detto in occasione della recente assemblea dell'Unione delle Province piemontesi, durante la quale si è fatto finalmente un discorso distensivo perché si è preso atto che non ha più ragione di esistere quel diaframma per usare un eufemismo, che divide le Province dai Comprensori; c'è stato un periodo di grave tensione che non ha avuto delle manifestazioni esteriori éclatantes ma che non ha prodotto forme di collaborazione fra i due Enti. Avendo invece capito che è necessario, cosi come è stato richiesto d all'assemblea dell'Unione delle Province, assicurare l'attività dei Comprensori in questo periodo intermedio, si è ravvisata l'opportunità tradotta poi in un ordine del giorno, di creare un comitato di coordinamento fra la Regione, le Province, i Comprensori e i Comuni. Nel momento in cui la Regione compie questo sforzo rinunciando a considerare in via definitiva i Comprensori come organismi regionali e nel momento in cui la Provincia, in considerazione della legge che definirà le autonomie locali, avrà interesse a preparare i funzionari ad affrontare i problemi e le mansioni che verranno assegnate all'Ente intermedio, ritengo possibile avere il contatto, il colloquio, il confronto serio con le Amministrazioni provinciali. Sarà forse anche possibile assicurarsi quegli strumenti tecnici che sono indispensabili ai Comitati comprensoriali per rispondere alle incombenze che la Regione gratuitamente ha assegnato loro, non sempre confrontandosi opportunamente specialmente in ordine alla legge n. 56.
In conclusione, possiamo dire che c'è l'accordo generale sull'esigenza di garantire il funzionamento istituzionale dei Comitati comprensoriali c'è però un atteggiamento polemico da parte del Gruppo della D.C., nei confronti della Giunta per non aver ancora le idee chiare sugli strumenti tecnici che si dovrebbero mettere a disposizione dei Comprensori in attuazione di alcune leggi regionali; c'è però anche un ammorbidimento che deriva dalle proposte positive che la Democrazia Cristiana è disponibile a sostenere a tutti i livelli istituzionali.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, il tema relativo ai Comprensori, dalla sua prima fase, cioè dall'approvazione della legge istitutiva, nell'ultimo scorcio della prima legislatura, all'elezione dei Comitati comprensoriali avvenuta il 14 novembre 1976 alla fase attuale che trova i Comprensori, superato il momento del decollo, responsabilmente impegnati nell'azione che è stata loro demandata, è un tema che ha coinvolto reiteratamente il nostro Consiglio, perché credo che riteniamo tutti quanti che l'esperienza comprensoriale piemontese sia stata, e lo sia tuttora, una fase di grande interesse, per le forze politiche e sociali del Piemonte, che stimola sforzi, conoscenze, ricerche, nuovi arricchimenti dialettici e culturali da costituire un tema permanente nell'attività del Consiglio e delle sue espressioni istituzionalizzate.
Voglio dire in altre parole che su questo argomento il discorso è permanentemente aperto perché aperta è la natura stessa di questi organismi che abbiamo creato e che concretizzano il principio della partecipazione di base alle scelte di una politica socio-economica programmata e, perci controllata.
Su questa premessa ritengo giusto riconoscere alla Giunta il merito di avere predisposto un documento ampio e articolato sul quale stiamo discutendo, riconoscere quindi, in via palese, una preziosa sensibilità politica all'esecutivo regionale, che così facendo e così comportandosi favorisce indiscutibilmente il processo democratico avviato tre anni or sono nella nostra Regione, arricchendolo di proposte e di orientamenti che ci aiutano concretamente a perseguire le finalità e gli scopi chiaramente indicati nella legge istitutiva del Comprensorio.
Un processo, non dimentichiamolo, che coinvolge l'intero territorio piemontese, i pubblici amministratori, le forze politiche e sociali del Piemonte, ma indirettamente non solo quelle del Piemonte, e che comporta di conseguenza un dibattito, oserei dire continuo e incessante, intorno alla presenza dei Comprensori, al loro ruolo specifico nella collettività piemontese, ai loro rapporti con la Regione e con gli Enti locali.
Da questo angolo visuale, crediamo di potere tranquillamente affermare che la proposta complessiva, contenuta nel documento articolato della Giunta, sia una proposta valida e positiva, perché mentre da una parte consente di trarre ulteriore fiducia e speranza sulla validità complessiva dell'esperienza comprensoriale, dall'altra consente, anzi direi meglio dall'altra impone o perlomeno postula, la necessità di una verifica costante di un confronto aperto, di una valutazione approfondita tra le forze politiche piemontesi e fra le stesse e la problematica della nostra Regione.
Del resto, mi pare anche di poter dire che gli stessi Presidenti dei Comprensori, nella riunione della scorsa settimana, siano stati sostanzialmente d'accordo nel riconoscere la validità intrinseca del documento presentato dalla Giunta (al quale hanno portato contributi preziosi che nascono solo dalle esperienze dirette e collaudate) e l'opportunità dello stesso ai fini di definire democraticamente e con sufficienti certezze i modi, i tempi, i metodi e gli strumenti per lavorare seriamente e proficuamente nel senso degli obiettivi assegnati.
E' stato riconosciuto che questo è un modo di lavorare insieme corretto e funzionale senza imposizioni di nessun genere per vedere, sempre in stretto collegamento con la realtà dentro cui siamo chiamati ad operare di trovare un modo concreto e produttivo di ricerca e di funzionalità dei Comprensori in attesa che venga istituito il cosiddetto "nuovo Ente intermedio", per il quale esistono al Parlamento ben cinque disegni di legge, e fra questi il disegno di legge socialista alla cui stesura hanno collaborato alcuni miei compagni piemontesi, particolarmente preparati in questa impegnativa, e per altri versi entusiasmante materia giuridico istituzionale.
Abbiamo concordato, a livello di Capigruppo, che il nostro dibattito odierno prescinderà dalle valutazioni e dalle illustrazioni di questi disegni di legge relativi all'auspicato livello intermedio, e non sarà certamente il Gruppo socialista a violare l'impegno assunto anche perch riteniamo che non mancheranno occasioni per poterlo fare approfonditamente.
Auguriamoci comunque che il Parlamento affronti con la dovuta sollecitudine questo grosso e ormai urgente problema di riforma in modo che si metta fine alle incertezze e alle fantasie e si creino le condizioni necessarie per una pubblica amministrazione agile, funzionale ed efficiente nei suoi livelli istituzionali, che sia in buona sostanza uno dei supporti importanti e forse determinante anche ai fini di un reale superamento della crisi economica in atto.
E' un problema grosso ed urgente che va dibattuto e affrontato nelle sedi che le forze politiche vorranno darsi, ma discendendo da una scelta di fondo, che il Piemonte ha già fatto, e che deve garantire alle Regioni di svolgere il compito ed il ruolo che la Costituzione assegna loro garantendo quindi nel contempo, un sistema articolato di autonomie, anzi garantendo l'esaltazione delle autonomie locali per quanto riguarda una gestione attiva e rispondente alle attuali esigenze economiche e sociali.
Il problema dei Comprensori deve essere visto in questo quadro politico istituzionale, per cui la loro presenza sul territorio, non solo non è e non deve essere un momento di sovrapposizione e di mortificazione delle autonomie locali, ma ne costituisce, invece, un momento che enuclea ed evidenzia le autonomie locali stesse.
Poiché l'Ente intermedio deve ancora essere costituito, stiamo con i piedi per terra e quindi stiamo con i piedi nei nostri quindici Comprensori. I Comprensori esistono, sono decollati con l'elezione degli organi dirigenti, hanno un regolamento specifico, sono decisamente immersi nelle problematiche locali, che sono pesanti, assorbenti e impegnative facciamoli ora funzionare efficientemente al loro livello operativo e nell'ambito delle leggi regionali di programmazione e di procedure che il Consiglio a suo tempo ha approvato.
Questa del resto è la sostanza chiaramente emersa nell'ultimo incontro coi Presidenti di Comprensorio piemontesi, i quali, peraltro, riconoscendo la positività del documento proposto dalla Giunta, non hanno mancato di fare presente alcune chiare difficoltà di funzionamento - a cui bisognerà ovviare - non solo in riferimento alla mancanza di sedi adeguate e di personale qualificato, ma anche in ordine a precise scadenze di leggi (per esempio gli adempimenti posti dalla legge n. 56 sulla tutela ed uso del suolo) che i Comprensori ritengono di non poter agevolmente soddisfare.
Sul problema delle scadenze da rispettare e degli adempimenti da soddisfare, sono state poste domande realistiche alle quali gli Assessori competenti hanno dato esaurienti risposte, che però, ora, debbono diventare precisi impegni di lavoro.
E' stata auspicata - credo giustamente - la necessità di stabilire un metodo di lavoro fisso e programmato, che si avvalga degli studi e delle ricerche che già esistono come bagaglio culturale, anche se non deve escludere la possibilità di nuove ricerche, di nuovi studi, di nuovi aggiornamenti; si sono proposti seminari di studi, "giornate" di analisi approfondite sulle problematiche programmatorie, corsi di preparazione che aggiornino il personale, utilizzo oculato dei giovani ai sensi della legge n. 285. E' uscita una posizione complessiva di arricchimento del documento della Giunta, ed è stata quindi evidenziata la necessità di radunare tutti gli sforzi possibili per mettere i Comprensori nella condizione migliore di affrontare i compiti loro demandati nel quadro dell'attività programmatoria.
Implicitamente, proprio per la manifesta volontà dei Presidenti di avere strumenti e condizioni adatte alla bisogna, si scorge eloquentemente la riconfermata validità - che facciamo nostra - del ruolo sostanziale che debbono svolgere i Comprensori medesimi nella politica socio-economica del Piemonte.
Come socialisti ribadiamo in questo dibattito ciò che, come forza politica, abbiamo affermato, volendo fortemente e documentatamente la legge istitutiva dei Comprensori, e ritenendola una conquista di carattere legislativo importante e significativa della prima legislatura regionale.
In relazione a questa nostra chiara posizione, abbiamo convintamente sostenuto il programma politico della Giunta, e la volontà del Gruppo socialista di inserire fra i primi impegni programmatici dell'esecutivo regionale, costituitosi dopo le elezioni del 15 giugno 1975, l'attuazione concreta della legge sui Comprensori: fu una volontà politica precisa e conseguente ad una altrettanto precisa scelta politica dei socialisti.
Riteniamo che i Comprensori possano rappresentare, essi stessi, per le loro caratteristiche, uno dei punti fondamentali per il nuovo modello politico ipotizzato; per i compiti loro demandati e ispirati al metodo della programmazione, alla visione complessiva di interventi sul territorio, alla possibilità ampia e democratica di partecipazione alle scelte di fondo in materia socio-economica, e alla funzione che ad essi spetta, di concreto raccordo con gli Enti locali.
Abbiamo ribadito, ogni qualvolta la circostanza lo ha consentito, che l'incidenza sul territorio che deve avvenire attraverso il Comprensorio conduce certamente ad una sua funzione, indiretta se si vuole, ma positivamente significativa di coordinamento e di raccordo delle autonomie locali.
La diffusione di strutture comprensoriali, in molte Regioni italiane, e l'eloquente crisi delle strutture tradizionali dell'amministrazione locale portano ad auspicare l'inserimento dei soggetti comprensoriali nel disegno complessivo di riassetto della pubblica amministrazione locale. La stessa diffusa istituzione dei Comprensori dimostra, in fondo, l'inadeguatezza dei livelli di governo istituzionalmente esistenti, di fronte alle esigenze di un'organica politica di programmazione, di organizzazione del territorio e di diffusione dei servizi.
Il Comprensorio, perciò, non è qualcosa di separato dagli Enti locali esistenti, perché attraverso le funzioni stesse che gli vengono attribuite deve coinvolgere Comuni e Province all'attività della programmazione, e si pone quindi non nella condizione di chi ruba illecitamente il mestiere ad un altro soggetto legislativo, ma nella condizione di promuovere una visione unitaria, di iniziative e di collaborazione, per esprimere un'efficace e programmata azione di intervento sul territorio. Al limite si può dire che in questa visione - che è certamente innovativa rispetto ai tradizionali rapporti tra i diversi livelli istituzionali - si scorge una coincidenza tra le funzioni attribuite al Comprensorio e le funzioni spettanti alle Regioni.
Da questa angolazione si può prospettare una riorganizzazione dei poteri locali, non sulla base della stretta determinazione delle funzioni che ad ognuno spettano, ma in un quadro diverso e unitario del sistema delle autonomie. Abbiamo detto di non parlare su queste cose che sono legate alla concezione che ogni singola forza politica propone per una radicale riforma dell'Ente locale e non ne parliamo più per ritornare a dire, e per concludere, che l'istituzione del Comprensorio nasce da una volontà politica ispirata al raggiungimento degli obiettivi di programmazione, di organizzazione del territorio e di riordino dei servizi ferma la validità di questi obiettivi di esprimere la volontà di operare ulteriormente, speditamente e sempre più programmaticamente, per procedere verso l'esperienza comprensoriale che, per le caratteristiche con le quali si è venuta realizzando in Piemonte, si colloca tra le più originali.
Per questi obiettivi il Gruppo socialista è totalmente disponibile a continuare il discorso nelle sedi che sceglieremo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Dadone. Ne ha facoltà.



DADONE Pietro

Il documento sulle linee programmatiche ed organizzative dei Comitati comprensoriali giunge in Consiglio dopo essere stato per quattro mesi oggetto di discussione all'interno dei Comitati comprensoriali e nella I Commissione. Questa occasione deve essere colta per fare il punto sul modo in cui viene delineandosi nella Regione quello che possiamo definire "il fenomeno Comprensori". Ci apprestiamo ad approvare un importante documento che deve dare l'avvio alla seconda fase dell'attività comprensoriale. E' nota l'originalità dell'esperienza comprensoriale piemontese. Il Piemonte ha voluto creare un Ente avente dimensioni territoriali definite e determinate funzioni di programmazione socio - economica - territoriale.
Il Consiglio regionale a tre anni dalla applicazione della legge n. 41 dopo il lungo periodo di avvio e di rodaggio e malgrado le difficoltà per la sistemazione e l'impostazione, deve valutare se gli obiettivi che la legge del '75 aveva fissato sono stati, anche solo in parte, raggiunti, se i binari sui quali i Comprensori stanno camminando sono quelli previsti: il Consiglio deve verificare se tali organismi sono utili alla Regione ed agli altri Enti locali. Un primo successo all'impostazione data a questo organismo lo stiamo registrando poiché tutti i progetti di legge che sono stati presentati in Parlamento convergono sul fatto che l'Ente intermedio dovrà avere principalmente compiti di programmazione, semmai divergono sulle dimensioni territoriali e sull'opportunità che esso debba avere anche compiti di gestione.
Se esaminiamo la nascita faticosa, la crescita lenta dei Comprensori le mille contraddizioni emerse nella consultazione che si è tenuta presso la I Commissione con i Presidenti dei Comprensori, deduciamo che essi sono venuti man mano assumendo un ruolo insostituibile per l'attuazione della politica di programmazione.
A mio avviso è opportuno che i Comprensori crescano assieme alle Province perché con essi cresce la mentalità in ordine al modo di condurre la Regione, quale Ente territoriale, perché con essi si pongono le condizioni fondamentali dell'Ente intermedio. L'Ente intermedio non nascerà monco attraverso una fredda legge emanata dal Parlamento, ma sorgerà attraverso l'esistenza di una realtà consolidata. Questo aspetto deve indurci a dotare i Comprensori delle strutture necessarie. Invito la Giunta a muoversi immediatamente nella direzione della costituzione del Comitato fra Regione, Comprensori, Province, Comuni, che dovrà stabilire quali sono le aree comuni nelle quali operare. Ma il Comprensorio deve anche servire per attuare la politica che la maggioranza ha scelto e che l'opposizione approva in ordine alla "programmazione processo". La Regione dall'approvazione della legge n. 41 ad oggi ha affrontato grandi difficoltà, sia durante la fase della regolamentazione delle elezioni di secondo grado, sia durante la fase della "campagna elettorale", a mio avviso molto importante perché ha costretto gli amministratori comunali che erano chiamati a votare per i Comitati comprensoriali, a svolgere un dibattito attorno all'Ente intermedio, alla necessità della sua costituzione, alle carenze, alla programmazione. Quindi c'è stata la fase della costituzione dei regolamenti, che ha comportato molte discussioni poiché alcuni di essi ci venivano proposti con le stesse norme dei regolamenti del Consiglio regionale, dei Consigli comunali o dello stesso Parlamento, perché non riuscivano ancora a raccogliere l'intendimento della Regione che voleva Enti diversi da quelli locali tradizionali. Nello stesso tempo si è anche capito come determinati aspetti dovevano essere meglio chiariti. Anche questa fase costituente ha ampliato determinate visioni.
Abbiamo poi avuto l'elezione delle Giunte e voglio ricordare il momento della discussione dei regolamenti dei Comprensori, quando ci domandavamo come doveva essere la Giunta: un organismo con potere di gestione? Quale rapporto doveva esserci fra Giunta e Presidente di Commissione? Di fatto al di là delle soluzioni diversificate a seconda delle volontà locali che abbiamo rispettato, tutte le Giunte hanno assunto una caratteristica simile, nessuna ha voluto avocare a sé la possibilità di configurarsi come Giunta comunale o come Giunta regionale con il classico potere esecutivo ma soprattutto è una Giunta che ha potere di proposizione e che coordina dando il potere esecutivo ai Consigli comprensoriali. Nonostante tutte le difficoltà incontrate in questi primi tre anni, il Comprensorio è divenuto un elemento insostituibile per attuare il Piano di sviluppo e la programmazione regionale.
L'attività dei Comprensori è molto ampia: pensiamo all'edilizia popolare e scolastica, pensiamo alla suddivisione dei fondi che provengono dal fondo nazionale, alle consultazioni sulle leggi, alla consultazione sui bilanci. La consultazione con i Comprensori sul nuovo bilancio pluriennale e sul bilancio annuale è stata molto seria perché ha permesso di capire come poteva collocarsi nella realtà locale il discorso del bilancio pluriennale che, in definitiva, è l'attuazione del Piano di sviluppo regionale. Possiamo dire, senza trionfalismi, ma realisticamente che nonostante tutte le difficoltà, i Comprensori siano diventati un elemento indispensabile della politica della Regione e possiamo dire che la Regione Piemonte è governata da una pluralità di Consiglieri comprensoriali più i 60 Consiglieri regionali che siedono in quest'aula. Arrivati a questo punto, analizzati i successi, i difetti e i risultati delle esperienze come possiamo andare avanti? Penso si debba sgombrare il campo dalle affermazioni secondo le quali in vista della costituzione dell'Ente intermedio, che dirà forse cose diverse da quelle che abbiamo detto attorno al Comprensorio, noi dovremmo cancellare le esperienze comprensoriali in Piemonte. Penso, invece, che noi dobbiamo continuare su questa strada proprio perché il Comprensorio si è dimostrato un elemento fondamentale per portare avanti la politica regionale, sia perché esso costituisce una base di preparazione a quello che sarà l'Ente intermedio, sia per continuare gli obiettivi regionali. La Regione ha già incominciato a darsi gli strumenti fondamentali: abbiamo approvato la legge sull'uso del suolo, sui servizi sanitari, sui trasporti leggi di programmazione fondamentale che danno compiti specifici ai Comitati comprensoriali.
Dobbiamo permettere ai Comprensori di essere funzionali perché riescano ad attuare le leggi, a coordinarle ai loro meccanismi, soprattutto in ordine alla formazione del piano socio-economico, del piano territoriale del piano dei trasporti.
Risolta la questione del rimborso spese che aveva posto delle remore al funzionamento dei Consigli comprensoriali, è opportuno incominciare a cogliere le indicazioni che sono venute dalle consultazioni con i Comitati comprensoriali su questo documento, la proposta cioè che, entro il mese di luglio, si giunga alla formazione di una prima deliberazione "di fondo" per quanto riguarda il piano socio-economico: obiettivo realistico, cosi realistico che, avendo posto il problema in Commissione, alcuni Comitati hanno risposto che avevano già fatte determinate scelte in proposito.
Da alcune parti si rivendica la necessità di maggiori mezzi sia umani che materiali, per compiere ulteriori studi. Tuttavia i Comitati comprensoriali stessi hanno convenuto che già esiste una grande quantità di studi: i Piani di sviluppo delle Comunità montane, gli studi del Piano regionale di sviluppo, gli studi fatti dalle Province, i Piani comunali di sviluppo.
Tutto questo materiale opportunamente raccolto può permettere la formulazione di una deliberazione sulle linee di fondo, sulle scelte di piano comprensoriale. Il collega Martini citava il Comprensorio di Mondovì che ha cominciato a svolgere un ruolo di coordinamento trainante attorno al problema dell'area attrezzata: questo è positivo e dimostra che questa strada può essere seguita. Il Presidente del Comprensorio di Cuneo nella consultazione ha riferito di essere già in grado di fare alcune scelte assumendo apposita deliberazione in ordine ad una zona che potrebbe essere adibita allo sviluppo industriale, destinando le altre allo sviluppo agricolo. Altri Comprensori, come quello di Verbania e di Vercelli, sono pure intervenuti fattivamente in ordine alle formulazione di indicazioni di intervento in materia industriale, di occupazione in materia di programmazione generale. Il documento propone alcune scadenze. Si tratta di coordinare queste scadenze in relazione anche alle esigenze locali.
Dobbiamo fare in modo che si concretizzino in questa direzione i Consorzi delle Unità locali dei servizi, senza i quali tutta l'attività di programmazione dei Comprensori potrebbe realizzare poco. Quello delle Unità locali dei servizi che devono intervenire per l'attuazione della politica dei servizi è un altro degli obiettivi centrali dell'attività dei Comprensori. Altro punto centrale è il problema dei bilanci consolidati degli Enti locali che mi pare vada un poco a rilento.
Possiamo concludere affermando che questo documento, come tutte le altre iniziative sulla riforma complessiva delle istituzioni dimostrano come l'attività della Giunta e del Consiglio regionale non si esplichi soltanto in esercizi di ingegneria istituzionale, ma realisticamente operi e contribuisca all'indilazionabile processo di riforma dello Stato per cercare di adeguarlo ai continui cambiamenti che la nostra società ha subito e che continua a subire.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, il dibattito mi pare abbia già fornito ampia occasione di confronti su posizioni forse leggermente differenziate per quanto attiene ai contenuti sostanziali del documento; sostanzialmente per vede una larga convergenza, che ritengo debba essere attribuita all'obiettività del documento elaborato, documento che propone scadenze nelle quali devono essere affrontati certi compiti con molto realismo. Al realismo delle denunce delle problematiche che emergono dal documento tuttavia non corrispondono con altrettanta decisione, proposte che consentano di vedere sbloccate alcune situazioni di fondo.
Il collega Martini ha già anticipato che mi sarei soffermato sulla programmazione urbanistica perché queste problematiche, e in linea più generale quanto attiene al controllo della strumentazione urbanistica hanno scadenze indifferibili, rispetto alle quali è in crisi la credibilità dell'Istituto regionale e delle norme comportamentali e legislative che ci siamo dati, con la legge n. 56 e con la legge sulle procedure di programmazione. E' in crisi questa credibilità se consideriamo alcuni dati molto obiettivi: al 24 aprile 1978 scadeva il termine per la presentazione dei programmi pluriennali di attuazione. Da quanto mi risulta a tutt'oggi alla Regione non ne sono pervenuti alcuni all'infuori di uno; questo dato è significativo poiché su circa 600 Comuni che erano in condizioni di predisporre questo documento amministrativo, nessuno o uno solo ha effettuato questo primo esperimento. Al di là delle considerazioni che potremmo fare per quanto attiene al potere sostitutivo della Regione su inadempienze così diffuse, sussiste l'obbligo da parte della Giunta di rendersi conto delle responsabilità politiche che sono a monte di una situazione di questo tipo, responsabilità politiche che derivano - lo ricordiamo brevemente - dall'avere allargato eccessivamente l'ambito di obbligatorietà ponendo di fatto ogni Comune nelle condizioni di avere un alibi o per difetto o per eccesso rispetto alle norme; in secondo luogo per non aver preso in considerazione il fatto che l'innovazione determinata dalla legge n. 10 dei programmi pluriennali comportava da parte della Giunta l'indicazione di alcune linee politiche e operative sul modo con cui affrontare questo problema, sul modo di redigere il documento, al fine di non avere sperequazioni e di mettere le deboli strutture comunali dei piccoli Comuni in condizioni di poterlo redigere senza traumi eccessivi.
Nel documento, al di là degli aspetti relativi al controllo, si dice che la programmazione urbanistica si attua anche attraverso un flusso di informazioni che devono collegare la Regione ai Comuni attraverso i Comprensori.
Questo processo è estremamente importante e comporta alcune decisioni che investono in primo luogo le sedi e le strutture, sulle quali mi pare di dover richiamare tutta l'indifferibilità. Ho saputo che durante la mia assenza il Presidente Viglione ha svolto una relazione presso la I Commissione: non so quali siano state le decisioni prese, indubbiamente molte sono pendenti perché non ho riscontrato, né negli atti della Giunta né negli atti del Consiglio, acquisizioni o messe in moto di nuovi lavori per predisporre le strutture. La sede è importante perché è il punto di riferimento fisico che offre la possibilità non solo di incontrare i funzionari addetti all'istruttoria degli strumenti urbanistici, ma perch permette lo scambio delle informazioni, l'esposizione degli strumenti soggetti ai pareri, operazioni che fanno parte della componente partecipativa e di controllo degli atti pubblici; una maggiore attenzione rispetto a quella che è la pubblicità che si dà agli atti nei Comuni laddove si può comprendere sussista una certa imprecisione e una certa imperfezione. Qui si tratta di una dimensione che, sia per l'importanza territoriale sia per la rilevanza dei problemi che vengono sul tappeto deve mettere in condizione i Consiglieri comprensoriali di poter prendere visione degli atti senza archiviazioni improprie od impossibilità di consultazione.
Il Consigliere Martini ha espresso il nostro parere sull'accettazione della linea di prudenza espressa dalla Giunta per quanto attiene ai compiti istituzionali; per quanto attiene invece ai compiti di programmazione soprattutto ai compiti di programmazione urbanistica, mi pare che la linea espressa sia estremamente debole. Ritengo di dover richiamare l'indifferibilità di una struttura minima che mi permetto di indicare per ogni Comprensorio (escluso Torino che dovrebbe averne di più) in almeno due laureati e due diplomati. Questo riferimento non è casuale, ma deriva da confronti avuti con alcuni dipendenti regionali per capire meglio come sussistano certe difficoltà all'interno della struttura. Tale struttura dovrebbe costituire il supporto minimo per affrontare i pareri relativi ai programmi pluriennali di attuazione, i pareri relativi agli strumenti attuativi per affrontare soprattutto l'istruttoria e la preparazione del piano territoriale di coordinamento che è certamente l'atto politico più qualificante del Comitato comprensoriale.
Ritengo che i documento prodotti, per quanto attiene al piano territoriale di coordinamento, non accentuino, se non con enunciazioni eccessivamente distaccate dalla realtà, i collegamenti che debbono sussistere tra programmazione e struttura e tra programmazione ed autonomie locali. In questa serie di collegamenti vi sono processi essenziali e processi indotti. I processi essenziali, che devono essere controllati con molto rigore politico da parte della Regione per i compiti di sua competenza e da parte del Comitato comprensoriale, sono patrimonio della competenza di tutte le forze politiche, per esempio, per quanto attiene alle consultazioni, alla pubblicità degli atti, all'esplicitazione degli obiettivi. Per quanto riguarda i processi indotti, mi rendo conto che sono difficilmente controllabili soprattutto in ordine agli aspetti gestionali propri a livello comprensoriale e sub-comprensoriale.
Gli Assessorati ai trasporti, alla sanità, all'assistenza debbono preoccuparsi di assicurare il personale competente ad hoc il quale, pur risiedendo nella sede centrale di Torino, sia in grado di controllare tali processi, che sono importantissimi e rispetto ai quali non possono sussistere smagliature se si vogliono ottenere gli obiettivi indicati nelle leggi regionali.
Sull'aspetto che investe la qualità e la quantità dei controlli che debbono essere operati sul delicatissimo processo della programmazione avremo modo di ritornare.
Voglio sottolineare un aspetto generale che riguarda il personale e le strutture, aspetto che credo possa servire sia per la programmazione urbanistica sia per altri tipi di programmazione settoriale.
Signori della Giunta, dobbiamo essere molto chiari su questo punto.
L'affermazione che ha fatto il Consigliere Martini sul potere degli Assessori per quanto attiene alla gestione urbanistica o al controllo dell'attività degli Enti locali, riguarda un discorso delicato che è bene affrontare subito.
Ai Comitati comprensoriali viene assegnato personale che ha un rapporto di impiego con la Regione, ma che è al servizio in due momenti non sempre distinti: il momento del servizio alla componente istituzionale della struttura elettiva il momento del servizio alla componente politica operativa delle strutture elettive.
Perché distinguo questi due aspetti? Perché il Comitato comprensoriale è un organismo della Regione che regge in termini politici su una dimensione politica operativa che è specifica e differenziata da Comprensorio a Comprensorio. Il personale regionale assegnato ai Comitati comprensoriali è al servizio del momento politico operativo pur essendo personale della Regione, quindi a disposizione del momento più generale che investe tutte le altre strutture regionali.
La formalizzazione dell'assegnazione di questo personale ai Comprensori comporta un distacco che deve essere chiarito anche nei risvolti che attengono al rapporto disciplinare nei confronti del Comitato comprensoriale o di chi è addetto all'interno di esso. Quindi comporta anche un'accettazione, da parte del personale, delle conseguenze che derivano dalla collocazione al servizio di quello, che ho definito "momento politico operativo", momento di scelte politiche nell'ambito delle competenze comprensoriali.
Fatti questi richiami, ritengo che alcune delle considerazioni esposte debbano anche essere fatte per quanto attiene al rispetto delle procedure che a suo tempo ci siamo dati nelle leggi settoriali, mi riferisco al discorso dei trasporti in ordine al quale ho saputo che vi sono alcune incertezze sul raccordo operativo tra il piano regionale dei trasporti, che dovrebbe vedere la luce alla fine di questo anno, e i piani comprensoriali.
Ritengo che le scelte fatte a suo tempo con la legge n. 44, che si collocano volutamente in una successione rovesciata rispetto alle successioni che ci siamo dati per il piano territoriale di coordinamento che parte dal momento periferico per giungere al momento centrale, siano giuste. Richiamo l'opportunità del rispetto dei tempi indicati affinché la credibilità delle leggi e la credibilità dei processi che stiamo avviando non trovino, nelle difficoltà che purtroppo si frappongono, ulteriori remore.
Esistono, anche sulla base delle relazioni sull'attività dei Comitati comprensoriali, fornite stamani, sperequazioni tra l'attività dei vari Comprensori. Vi è un certo qual scoraggiamento anche per cause politiche che hanno relegato i Comitati a ruoli sempre meno importanti e sempre più secondari.
In chiusura richiamo l'importanza degli esperimenti in atto al di là delle incertezze che si stanno delineando per le riforme di fondo e sottolineo l'opportunità di non lasciare trascorrere la seconda fase della legislatura senza assumere decisioni definitive per assicurare il dovuto funzionamento a questa importantissima innovazione istituzionale regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Sentendo la relazione del Presidente della I Commissione, mi veniva in mente un ricordo di trent'anni fa. Nei giorni roventi dell'attentato a Togliatti mi trovavo presso la Federazione del Partito comunista di Novara.
Il segretario federale di quel partito, Schiapparelli, uomo molto saggio anche se stalinista della vecchia guardia, ricevette un gruppo di giovani che chiedeva istruzioni sul modo di comportamento in una circostanza che poteva avere aspetti anche di carattere rivoluzionario. Il segretario federale disse: "Prendete due latte di vernice e due pennelli e andate a tinteggiare delle scritte sulle strade della città", assegnando ai suoi attivisti compiti che non si potevano qualificare di grande impegno.
La relazione di Rossotto mi ha riproposto quel ricordo perché mi pare in sostanza che l'obiettivo che oggi si ha per dare ai Comprensori qualcosa da fare, sia quello di dire "studiate, continuate a studiare, raccogliete dati ed elementi".
Ho l'impressione che ci sia nei confronti dei Comprensori un riconoscimento più generale verso un organismo che comunque deve avere qualche attività, e non la decisione di dare ai Comprensori quei contenuti e quei compiti che, nella legislazione che abbiamo predisposto, sono stati individuati e definiti.
E' vero che grava su tutti la costituzione dell'Ente intermedio, ma credo che si possa anticipare con facilità che l'esperienza piemontese in questo senso è stata non solo significativa, ma anche anticipatrice: l'esperienza che viviamo nei Comprensori non sarà perduta, ma sarà il trampolino per la partenza dell'Ente intermedio futuro.
Dichiarandomi d'accordo con le linee generali del documento della Giunta e con la relazione del Presidente della I Commissione, fatte le rimarcazioni all'inizio del mio intervento, ritengo che il Comprensorio debba essere portato a una funzionalità tale da metterlo in condizione di assolvere ai propri compiti.
D'altra parte abbiamo tutti riconosciuto che i Comprensori sono partiti con notevole buona volontà; le formazioni che li rappresentano, anche se in certe circostanze si sono attardate su vecchi giuochi di tipo politico per ricerca di maggioranze in un senso o nell'altro, non hanno mancato, anche entusiasticamente, a nessuno dei loro compiti; sono diventati sollecitatrici di atti che li mettano in condizioni di sopperire con efficienza a quei compiti.
Tutto ciò che spenderemo in questa direzione dovrà essere valutato come spesa d'investimento, non certamente spesa di tipo improduttivo o di sola rappresentanza.
E' inutile ripetere le affermazioni che hanno fatto i colleghi Picco Dadone, Martini ed altri. In aggiunta a quanto ha detto il collega Picco devo osservare che l'incertezza e la vaghezza di certe indicazioni contenute in eccellenti norme della nostra legislazione, non hanno messo i Comprensori in grado di funzionare tempestivamente.
Il fatto di essere già in notevole ritardo per certi adempimenti non credo debba rappresentare un elemento di sconforto, al massimo è un elemento di ricerca per assicurare attraverso opportuni interventi quella operatività che consenta obiettivamente, soprattutto in ordine all'applicazione della legge 56, di andare avanti sollecitamente.
Non possiamo ipotizzare che la soluzione di questo problema consista nel mettere l'Assessore all'urbanistica 24 ore su 24 a un tavolo da disegno a segnare in rosso e in giallo le cose che vanno e quelle che non vanno negli strumenti urbanistici che vengono presentati.
I Comprensori potrebbero far capo agli uffici tecnici delle Province: questa può essere una buona strada da seguire. La volontà politica dei Comprensori e la necessità del coordinamento dei vari Enti locali che si esprime attraverso di essi nei settori operativi della nostra legislazione deve funzionare e anche se, in questo momento, ha delle difficoltà, deve obiettivamente andare avanti.
Credere nei Comprensori e nei loro compiti istituzionali che abbiamo configurato nelle nostre leggi regionali è un punto dal quale non possiamo derogare.
Invito pertanto la Giunta a prendere tutte le misure necessarie che consentano ai Comprensori efficienza, rapidità e rispetto di tempi e scadenze previsti nella legislazione regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Il dibattito sulle linee programmatiche ed organizzative per i Comitati comprensoriali ci interessa.
Come si è potuto vedere dagli interventi sinora svolti, è un dibattito destinato ad essere in larga misura discussione accademica anche per le ragioni che diremo.
Discussione accademica, come molte altre che si sono svolte in quest'aula e che purtroppo continueranno a svolgersi. E' comunque un dibattito al quale ci sentiamo di dovere partecipare non essendo pensabile che una forza politica responsabile possa tacere su una materia di rilievo istituzionale quale è quella dei Comprensori.
Certo noi non seguiremo il taglio di coloro che ci hanno preceduto.
Abbiamo sempre il pudore di intervenire restando al tema dell'argomento trattato - chiediamo scusa di questo inciso - ma pensiamo che non si possa pretendere dalla parte politica che rappresentiamo impostazioni analoghe a quelle sviluppate da altri. Sotto questo profilo dobbiamo dire cose diverse da quelle che abbiamo sentito sinora enunciare, ritornando a monte del problema. Infatti la nostra richiesta di parola vuole soltanto consentirci di richiamare, per ribadire, per confermare, quale sia la posizione, semmai arricchita di qualche più attuale considerazione, del MSI-AN. Siccome siamo anche noi conservatori - non sappiamo se "illuminati" quanto il Consigliere Oberto - in vista di questa discussione. .



OBERTO Gianni

Siete soprattutto conservatori.



CARAZZONI Nino

Certamente, siamo conservatori più di lei.
.....in vista di questa discussione siamo andati a ripescare gli atti della seduta in cui per la prima volta si affrontò il dibattito sui Comprensori: era il 23 marzo 1973. Tutte le cose dette allora e ripetute quando venne varata la legge istitutiva dei Comprensori conservano una loro viva attualità: restano in piedi tutte le riserve, tutti i rilievi, tutte le perplessità critiche che in quell'occasione enunciammo e che sentiamo di dover ribadire anche oggi nel momento in cui la Giunta regionale presenta questo documento. Nonostante tutto, non si è sciolto il nodo che condiziona il dibattito, che, per la verità, in qualche intervento è sembrato trasparire, ma sul quale non ci si è soffermati né si è voluto portarlo al dovuto approfondimento.
Al di là delle cose che sono state dette, abbiamo sempre a che fare con quindici Comprensori di dubbia legittimità costituzionale, non titolati a rappresentare un adeguato livello di governo democratico: la Costituzione non li prevede, la Costituzione continua a individuare tre livelli Regione, Provincia e Comune.
Se non si scioglie questo dubbio, se non si legittima questa materia che senso ha predeterminare fin da adesso gli strumenti, le metodologie, i tempi di attività dei Comitati comprensoriali stessi? Tanto più quando si sa - e lo deve riconoscere il documento della Giunta - che le conclusioni finali che dovranno essere adottate a livello nazionale in ordine al futuro ente intermedio dovranno "porre il problema di una correzione dell'esperienza piemontese".
C'è un tentativo di giustificazione da parte dell'esecutivo in carica: quello di andare lo stesso oltre. E' proprio qui che noi fermiamo la nostra attenzione, perché è qui che non possiamo concordare con le affermazioni fatte.
Si dice: "è vero, siamo in una fase di incertezza, siamo in un momento indefinito, tuttavia dobbiamo andare avanti perché il nostro è un processo di riforma". Alla pagina 4 del documento si dice: "dobbiamo tenere conto che quella piemontese è una riforma istituzionale di grande portata".
Questa è una tesi che prima di preoccuparci ci muove al sorriso. E' abnorme pensare che sotto il profilo giuridico-costituzionale una riforma possa promanare dalla Regione o meglio, che un esperimento di tipo regionale possa configurarsi come riforma di carattere istituzionale.
Qui si scontrano le concezioni nostre, perché queste riforme debbono partire dal legislatore nazionale e non dal legislatore regionale. Siccome è in corso un dibattito a livello nazionale che non sappiamo dove andrà a parare, colleghi Consiglieri, voi non potete dire "dobbiamo per il momento accettare questa esperienza che è nata con il dubbio pendente di legittimità costituzionale".
Ecco perché ci siamo permessi di dire che questa è una discussione che diventa accademica: stiamo ancora discutendo del sesso degli angeli, di qualcosa cioè che non sappiamo come verrà fatto e soprattutto quali attributi e quali competenze avrà.



PRESIDENTE

Stiamo discutendo di una legge che è stata vistata dal Governo nazionale dopo che tanti Statuti regionali hanno previsto la possibilità di istituire i Comprensori.
Nel sesso degli angeli c'è l'ipotesi che un giorno nasca la legge di riforma delle autonomie locali.



CARAZZONI Nino

La invochiamo tutti da trent'anni.
La sua interruzione, signor Presidente, è validissima, ma è anche valida la mia affermazione: noi stiamo si discutendo di qualcosa che c'è ma di qualcosa che in questa Regione è nato con una nostra posizione contraria. Continuiamo a contestare la legittimità costituzionale dei Comprensori, che sono difformi da Regione a Regione, anche se l'esperienza piemontese sarebbe meno stravolgente di quella messa in atto in altre regioni (nel Veneto, per esempio, sono venuti alla luce 52 organismi comprensoriali, concepiti con tutt'altra finalità).



MENOZZI Stanislao

Madre della legge è la Costituzione. Se la Costituzione non prevede i Comprensori, questa legge è orfana.



CARAZZONI Nino

Infatti si richiama alle nostre posizioni di principio. Quello del Comprensorio è un livello di governo istituito con legge regionale che presuppone, per essere accettabile, una revisione costituzionale poiché la Costituzione si ferma ai tre livelli indicati.
Non del tutto casualmente abbiamo detto che stiamo discutendo del sesso degli angeli. Il collega Cardinali ricordava che è opportuno dare qualche cosa da fare ai Comprensori, che esistono soprattutto sulla carta, ma che sono bloccati nella loro operatività, negli strumenti, nei metodi e nei tempi, quando è ancora pendente la riforma delle autonomie locali, che anche noi auspichiamo anche perché non siamo per niente d'accordo che i giochi siano ormai tutti fatti e che la Provincia debba identificarsi con l'attuale Comprensorio: sarebbe un pericolo gravissimo di polverizzazione contro la quale la nostra forza politica non mancherà di battersi in tutte le sedi opportune perché rappresenterebbe il colpo finale portato allo Stato unitario italiano. Con queste considerazioni, riaffermiamo la posizione di principio del MSI-AN nei confronti dell'istituto comprensoriale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Chiedo scusa dell'assenza determinata da altro impegno di Consiglio.
Non avendo seguito il dibattito mi limiterò ad alcune brevi osservazioni. Mi pare che alcuni intervenuti abbiamo un po' slabbrato il discorso non essendosi posti il problema istituzionale. Per il Gruppo liberale il Comprensorio non è l'anticipazione dell'Ente intermedio, ma è un modo di essere della Regione Signor Presidente, vista la disattenzione che c'è in aula, rinuncio a parlare e torno nella saletta accanto, dove per lo meno siamo soltanto in tre, ma facciamo seriamente le cose. Grazie.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

E' indubbio che qui non si lavora seriamente.



PRESIDENTE

Il problema è rapidamente risolto nel senso che i lavori sono aggiornati alle ore 15 di oggi. Il dibattito sarà ripreso da coloro che desiderano ancora intervenire e dagli Assessori per la replica della Giunta. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,35)



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