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Dettaglio seduta n.192 del 10/05/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza - Commemorazioni

Barbara uccisione del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro


(Partecipano alla riunione il Sindaco di Torino, Novelli, ed il Presidente della Provincia, Salvetti)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, ci alziamo ancora una volta (e vorremmo che fosse l'ultima,anche se la ragione ci dice che così non sarà), per onorare la memoria dell'on. Aldo Moro, Presidente del Consiglio nazionale della Democrazia Cristiana, barbaramente trucidato ieri dalle brigate rosse. E' un lutto nostro come lo sono stati quelli per tutti coloro che sono caduti per la difesa delle nostre istituzioni. Verrà il tempo per un giudizio equanime e storico della figura e dell'opera dello statista scomparso.
Ma non è per questo che siamo qui oggi. Oggi qui siamo riuniti su richiesta del suo Partito e per volontà unanime della comunità che sappiamo di rappresentare per rendere omaggio a un italiano che ha pagato con la vita, e nel modo più atroce, gli ideali in cui credeva.
Scompare con Moro un eminente statista e un grande dirigente democratico che non appartiene già più solo al suo Partito.
Quando delle brigate rosse si sarà perso persino il ricordo e si troverà traccia di loro solo nelle cronache criminali, rimarrà invece la memoria dell'on. Moro per l'insopprimibile superiorità di chi si sacrifica per le proprie idee sulla sostanziale stupidità dell'assassino. Undici colpi al cuore hanno ucciso un uomo, ma un popolo intiero ha raccolto nel suo cuore ciò che vale e dura rispetto a ciò che passa e viene spazzato via dalla storia.
Per questo già sin d'ora egli si colloca fra gli punti di riferimento sicuri della storia dell'Italia moderna ed è naturale accostarlo agli altri italiani: Gobetti, Amendola, Matteotti, Gramsci, come lui fatti morire dalla ragione della violenza da chi non aveva da far valere la violenza della ragione.
Vogliamo solo, oggi, insieme interrogarci e rispondere sul significato del suo sacrificio. Perché fu rapito l'on. Moro, perché fu tenuto per 54 giorni segregato, perché alla fine è stato ucciso? Egli fu rapito il giorno nel quale, dopo 30 anni e di fronte a una crisi che poteva essere mortale per la nostra Repubblica, le grandi forze popolari del nostro secondo risorgimento trovavano la via di una intesa senza la quale la battaglia per uscire fuori dall'emergenza sarebbe stata persa in partenza. Fu rapito quel giorno per indicare che quella unità non si doveva fare da parte di quelle forze che, consapevoli o no rappresentano l'antistoria, il coacervo di ogni arretratezza culturale l'aberrazione di qualsiasi ideologia, il fanatismo di secoli lontani sfociati in questi ultimi dieci anni nella nuova, tragica barbarie del terrorismo.
E' stato tenuto prigioniero e usato per dividere ciò che era appena stato unito, per piegare il suo Partito alla ragione del particolare sul senso dello Stato, per spingere il Paese a perdere la sua identità e trasformarlo in un terreno di conquista per bande armate, per contrapporre la sua famiglia al suo Partito, per distruggerne la figura e la memoria. E' stato ucciso quando questa strategia è stata, punto per punto, respinta dalla coscienza e dall'unione del popolo, dalle forze politiche che lo esprimono in Parlamento e in ogni altra assemblea elettiva e popolare.
E' stato ucciso prima di tutto per paura che ritornando libero contribuisse a scoprire questa banda di criminali assassini che hanno infangato ogni ideale e ogni bandiera. E la sua salma è stata portata vicino alle sedi nazionali di due grandi Partiti, ancora a significare quello che si vuole impedire; l'unità di tutte le grandi forze popolari per salvare e rinnovare questa Repubblica che non è morta e non morrà; se anzi da questa tragedia saprà avviare la sua rinascita prima di tutto morale.
Ma se questa è la breve ultima storia, dell'ultima parte della vita dell'on. Moro, si levi da questa assemblea, come da tutte le centinaia, le migliaia di assemblee che oggi si celebreranno nei Comuni, nelle province nelle regioni, nelle fabbriche e nelle scuole, un grande moto ideale rigeneratore che impegni la coscienza e l'opera di ciascuno e di tutti.
Questo Paese non è perduto se milioni di uomini reagiscono come hanno fatto ieri a Torino, a Milano, a Roma, in ogni parte d'Italia. Questo Paese non perirà se la lezione che ci viene dall'assassinio dell'on. Moro sapremo farla nostra. Questa Repubblica uscirà dalla crisi e continuerà nel suo cammino se avremo prima di tutto la fiducia che merita il nostro popolo e se sapremo liberarci da ogni visione particolare e angusta nel nostro operare pratico e politico per andare avanti con l'unità dei momenti gravi con quella unità che sola ci ha fatto Paese libero e indipendente.
Così vogliamo rimanere, così vogliamo andare avanti e così sarà perch abbiamo sconfitto altri nemici, altre minacce, altri sistemi politici che avevano eretto a sistema il terrore di massa.
Passerà questa stagione terribile e feroce. Ad ognuno di noi e a tutti siano di insegnamento quei valori e quei principi della Resistenza, vecchia e nuova, e della Costituzione repubblicana che Moro contribuì a scrivere che milioni di uomini hanno difeso e fatti propri e che oggi sono l'ostacolo insormontabile contro il quale i nuovi barbari troveranno la loro sconfitta.
Ha ora la parola il Consigliere Picco, a cui tutti abbiamo già dato il benvenuto.



PICCO Giovanni

Egregi colleghi, approfitto della circostanza per ringraziarvi sentitamente per tutte le manifestazioni di solidarietà e di affetto che mi avete espresso in questi giorni, e per questa ultima manifestazione che segna un po' il mio rientro nell'attività viva del Consiglio regionale.
Spero che caratterizzi anche l'inizio di un nuovo rinnovato impegno personale al servizio degli ideali comuni.
Questa circostanza di commemorazione di Aldo Moro mi vede quindi involontariamente coinvolto in una successione di fatti dolorosi e di fatti traumatici e quindi con tutta la volontà di volere mettere al bando la commozione, evidentemente una certa componente rimane in me nell'affrontare il ruolo di commemorazione dell'on. Moro a nome di tutte le forze del Consiglio regionale. Però ritengo, come tutti riteniamo, che questa commemorazione non possa essere dettata solo dalla commozione e dallo sdegno, nonostante tutto ciò che è successo e purtroppo potrebbe ancora succedere. Non possiamo sottrarci dal constatare come questa tragedia sia venuta consumandosi in una allucinante atmosfera di tensioni, di attentati di intimidazioni di cui siamo stati tutti in parte o direttamente protagonisti e coinvolti: contributi di sacrifici che non possiamo certo dimenticare facilmente.
La testimonianza ed il tributo ad Aldo Moro non pongono certamente fine a questa tragica e assurda catena di eventi. Ma rappresentano per tutti noi un evento di tale gravità e di importanza per le sorti della democrazia del nostro Paese, paragonabili ai momenti più critici dei destini e delle significative svolte storiche del nostro popolo.
L'insegnamento di Aldo Moro ci ammonisce a non ricercare nelle alternative rivoluzionarie o nelle traumatiche lacerazioni sociali, la faticosa strada di ricomposizioni e di aggregazioni dei valori fondamentali che reggono la continuità democratica delle istituzioni. Quando ci richiamava ad un nuovo e rinnovato senso del dovere, Moro poneva al cittadino, come a tutti noi, ai politici, ai giovani come a chi ha già nella società precisi connotati di responsabilità, l'ineluttabile esigenza di un impegno dei singoli per contribuire alla crescita della libertà democratica. Moro, interprete e protagonista delle grandi trasformazioni in atto nel Paese, ben sapeva che alle conquiste succedono le aspirazioni e poi ancora conquiste ed il prezzo non è sempre pagato con eguali sacrifici da tutti. L'illusoria speranza che alla continua spirale rivendicativa possano seguire risposte e soluzioni avulse da una partecipazione consapevole e quindi dalla parallela conoscenza delle rinunce e dei sacrifici, che vi devono corrispondere da parte di tutti i cittadini, venne raccolta e venne corretta nell'insegnamento di quest'uomo, che fece della sua testimonianza e del suo attivismo politico la vera cattedra della sua dottrina fin dalla prima giovinezza.
Professore universitario a 24 anni, riesce a sfuggire, nonostante sia fortemente attratto dai suoi studi di filosofia del diritto all'esclusivismo ed al dogmatismo accademico.
La sua militanza di cattolico impegnato si consolida al vertice di due movimenti: la FUCI e l'Associazione dei laureati cattolici in un momento storico, quello che va dagli anni 39/41, che prepara nuove generazioni di quadri e di docenti nella nascente Repubblica italiana. Membro dell'Assemblea Costituente e dal '48 deputato, Moro si impone come uno dei protagonisti certo più significativi e più attivi del nostro risveglio e del nostro progresso democratico. Uno di quegli uomini che non solo non mancano di esporsi ma non esitano neppure ad assumersi nei momenti delicati e drammatici delle svolte politiche il ruolo di responsabilità completa, se è necessario.
Moro è interprete ed erede del magistero politico di De Gasperi e ne attualizza l'impegno in una visione moderna ed attiva nella presenza dei cattolici nella vita politica, contro l'integralismo o la chiusura che avrebbe relegato la D.C. (o altre forze che avessero avuto in certi momenti il peso rappresentativo avuto dal nostro Partito) a ruoli conservatori.
Moro riesce nel famoso Congresso di Napoli a superare difficoltà d'un travaglio che penso vada ben al di là dei soli problemi interni di un Partito o di una sola forza politica, ma investono e investivano allora forti componenti sociali e ponevano per il Paese alternative di scelte politiche di grande rilievo. La lunga presenza di Aldo Moro - che non sto qui dettagliatamente a ricordare - al Governo ed al vertice del nostro Partito testimonia che in lui era presente un insostituibile ruolo, una personalità politica dell'eletto dal popolo "interprete" di una sofferta e lunga continuità di presenza e di grande responsabilità che la D.C. deve affrontare in un momento storico in cui avrebbe forse anche potuto volentieri condividere maggiori responsabilità con altre forze politiche.
L'intesa programmatica dei sei del 1977 ed il nuovo Governo Andreotti del '78 vedono ancora Moro a conclusione di un lungo travaglio critico quasi esasperatamente difensore della formula del centro-sinistra, capace però di un superamento e di una interpretazione critica dei nuovi fatti che si pongono all'attenzione del Paese. Ed ancora lo vedono protagonista della continuità di un processo il cui epilogo oggi non è concluso e che ogni giorno è ancorato a margini sempre più ristretti di elasticità e di utilità che sembrano imporci con evidenza e chiarezza l'esigenza di affrontare con decisione il futuro affrontando, se necessario, scelte di fondo.
Sono state più volte ricordate in questi giorni le parole di Aldo Moro sulla violenza. Al di là del realismo a cui erano improntate, vi è in quelle affermazioni la coscienza di un travaglio ben presente nel Paese e il giudizio sulla violenza che Moro dà non ci deve suonare come rassegnazione, ma come stimolo ad una chiarezza nell'impegno politico, che comporta per le singole componenti lo stimolo ad una chiara ed inequivocabile proposta politica. Siamo tutti concordi sull'assoluta necessità di evitare pressioni ed anche sulla chiara necessità di creare chiare delimitazioni ai confini invalicabili della libertà. Purtroppo non siamo riusciti ancora a definirlo sufficientemente, a dare di questo limite una definizione chiara rispetto alla quale la democrazia abbia le dovute garanzie. Io penso che tutti noi siamo concordi nell'esigenza di evitare di invocare rigorose applicazioni della legge, quando su altri fronti si opera per disgregare strutture, si opera per scavare vuoti nelle coscienze od esaltare alternative ad obiettivi in ordine di una armonia sociale che si è faticosamente conquistata con la Liberazione.
Riteniamo che lo sforzo e l'impegno comune che hanno caratterizzato l'opera di Moro per connettere, per integrare, per orientare verso obiettivi comuni forze e componenti sociali diverse per tradizioni e per strategie è stato, se non totalmente, certo molto frustrato e vanificato dal lassismo, dal fatalismo di chi o di quanti, pur essendo responsabili ed in grado di cogliere i confini delle generazioni,hanno talora tollerato talora stimolato il superamento di certi limiti.
Ora è giunto il momento di evitare l'ambiguità della denuncia di debolezza a chi si è adoperato per conciliare in un contesto difficile, di difficoltà, di conflittualità, posizioni a volte disperatamente confrontabili quand'anche ispirate ad obiettivi sociali comuni. Il recupero dei limiti di difesa delle libertà individuali é, e rimane per tutti noi l'obiettivo sul quale,se non sarà sufficiente il confronto, dovremo approfondire, al limite dello scontro, il confronto per trovare delle soluzioni. Libertà individuali che uno Stato democratico deve guidare, deve indirizzare, per conseguire traguardi di sempre maggiore evoluzione.
Ora permettetemi di concludere queste poche parole, ricordando come il lungo cammino indicato da Moro debba significare non solo un recupero di forza d'animo, quindi un recupero quasi di emotività, ma anche un recupero di unitarietà interna alle singole componenti, alle singole forze politiche, per ritrovare ed esprimere al Paese, al popolo una identità politica che sia chiara espressione di scelte, chiara individuazione di obiettivi. Quando siamo, a volte, tutti quanti diffidenti verso l'unanimismo e la confusione è perché temiamo che questa confusione si ribalti sulle scelte del popolo, si ribalti sull'espressione di un voto, si ribalti sulla possibilità di chiarire e di denunciare al Paese qual è il vero stato di salute della nostra democrazia. Io ritengo e penso che in questo ci possiamo tutti associare nell'impegno dei singoli come delle singole forze sociali. Si può vedere un futuro migliore laddove la presenza viva di Aldo Moro, ricordata nelle parole del nostro Segretario Zaccagnini non sia un ricordo retorico, ma sia pregnante di un nuovo fervore, di un nuovo impegno, per il rafforzamento delle nostre libertà democratiche.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, dopo un lungo periodo che ci separa dal 16 marzo giorno del rapimento dell'on. Aldo Moro, ricordiamo oggi in questa aula la sua figura di uomo e di dirigente politico.
Abbiamo sperato per tutto questo tempo che la sua vita potesse essere risparmiata, che potesse prevalere l'umanità sulla barbaria e sulla violenza.
L'assassinio di Aldo Moro che si aggiunge a quello dei 5 agenti della scorta e alla innumerevole catena di violenze, di attentati e di omicidi che sta sconvolgendo il nostro Paese, ci dimostra ancora una volta la criminalità del terrorismo politico, la sua logica, che vuole produrre soltanto sgomento e tensione nel Paese. Abbiamo già ribadito in numerose circostanze la nostra condanna del terrorismo e dell'eversione; negli ultimi anni si sono susseguiti, in un crescendo sconvolgente, episodi tendenti a generare sgomento e sfiducia nei cittadini, l'episodio di Aldo Moro assume tuttavia, per la figura dell'uomo politico e per il modo con cui è stata condotta questa tragica vicenda, un significato particolarmente grave ed allarmante sulla vita politica, sul futuro stesso del nostro Paese.
Possiamo dire che la morte di Aldo Moro segna certamente uno degli episodi più tragici dei trent'anni che ci separano dalla Liberazione e che qualcosa di profondo è cambiato nella vita del nostro Paese.
Certo, la risposta popolare, il rifiuto delle masse democratiche di fronte a questa catena di assassinii e al delitto compiuto contro il Presidente della Democrazia Cristiana, ci fa sentire con chiarezza che esiste nel nostro Paese una profonda e radicata volontà di battere la strategia dell'eversione tragicamente in atto; mai il Paese era stato unito, negli ultimi 30 anni, come in questa circostanza. Questa volontà popolare - ormai potremmo parlare di unità - di respingere il terrorismo e la sua strategia criminale, costituisce un patrimonio fondamentale per superare l'attuale gravissima crisi presente nel nostro Paese e la volontà popolare di unità si è realizzata all'interno dei nostri Partiti. Sentiamo il bisogno di affermare che, certo, in ognuno di noi è presente lo sgomento per la tragicità e la barbarie dei fatti compiuti dal terrorismo, ma esiste, anche a fronte di questi, una larga, diffusa volontà delle forze democratiche di conservare la democrazia nel nostro Paese.
Fare appello a questa volontà, rispondere con una sempre maggiore fermezza alla strategia dell'eversione, impegnarci singolarmente e collettivamente per difendere le istituzioni democratiche è certo il modo migliore per onorare la memoria dell'on. Aldo Moro e di quanti in questo Paese sono stati vittime innocenti di un disegno eversivo. Ricordiamo dunque la sua figura nobile di uomo politico che ha pagato per essere stato il difensore in 30 anni della libertà della Costituzione, ci inchiniamo davanti alle sofferenze da lui subite in questi giorni, esprimiamo ai suoi familiari i sentimenti più profondi del nostro cordoglio.
Siamo consapevoli di essere ad una fase di svolta della vita politica in Italia, di dover superare una dura prova per il mantenimento della democrazia, per la difesa delle istituzioni democratiche che ne sono il suo fondamento. La vicenda che ha portato alla morte di Aldo Moro approfondisce certo in ognuno di noi interrogativi inquietanti su cui non intendiamo oggi soffermarci. Ciò che è indispensabile dire oggi è il nostro impegno, la nostra volontà di superare questa prova per la difesa della democrazia, la nostra fermezza della difesa delle istituzioni democratiche, il ruolo che le istituzioni possono avere sui cittadini, sulle comunità democratiche per combattere quel sentimento di sfiducia che azioni tanto delittuose possono generare.
Condanniamo dunque ancora una volta il terrorismo e le sue azioni criminose, chiediamo alle autorità competenti di compiere ogni sforzo per far luce su questa tragica catena di delitti, di cui sostanzialmente non conosciamo ancora nessun figlio. Non sono soltanto assassini, ma mille volte assassini, e come tali vanno trattati con la durezza necessaria; in altri momenti della storia abbiamo dimostrato di saperlo fare. Nessun partito, nessuna forza sociale, sindacale, economica, produttiva da sola oggi può sconfiggere il fenomeno del terrorismo e dell'eversione, che non flagella soltanto il nostro Paese, ma anche altri Stati ; più si tarda a realizzare l'unità, più si tarderà a combattere il terrorismo.
Con questi intendimenti, rinnovando l'impegno politico e istituzionale rendendolo più vivo, questo è uno dei motivi centrali per uscire dalla situazione della crisi del Paese, non è solo un atto, ma sono milioni di atti che tutti noi andremo a compiere insieme, specialmente nelle istituzioni, nel Paese, nei quartieri, laddove si lavora, chiamando le forze democratiche all'unità pur nelle rispettive diversità di ruoli, la Giunta regionale si inchina, ricorda, e porge l'estremo omaggio ad una così grande figura come quella dell'on. Aldo Moro.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 10,45)



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