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Dettaglio seduta n.181 del 16/03/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

Sul rapimento del Presidente della DC, on. Aldo Moro, e l'uccisione della sua scorta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La seduta del Consiglio regionale di oggi non avrà l'ordine del giorno previsto. La mia proposta è che l'assemblea sostituisca l'ordine del giorno con una riflessione comune sul barbaro agguato teso stamane all'on. Moro Presidente della Democrazia Cristiana, e che si è risolto con il suo rapimento, con l'assassinio di quattro fra agenti di P.S. e carabinieri, e con il ferimento gravissimo, forse senza speranza, di un quinto appartenente alle forze dell'ordine.
Il fatto che è all'attenzione dei colleghi segna il momento forse più grave che la Repubblica italiana ha dovuto affrontare negli ultimi trent'anni per la difesa delle sue istituzioni e della sua sopravvivenza.
Solo chi ricorda e ha vissuto i momenti dell'attentato alla vita dell'on.
Palmiro Togliatti, Segretario generale del Partito comunista, nel 1948, pu forse oggi avvertire il significato e la portata dell'atto che è stato compiuto nei confronti del Presidente della D.C., e quindi del principale partito politico italiano.
Il Presidente della Camera Ingrao, aprendo i lavori questa mattina, ha espresso lo sdegno per l'attacco infame allo Stato democratico e l'amaro cordoglio ai familiari dei caduti, fra i quali dobbiamo, tutti eguali di fronte al sacrificio compiuto nell'adempimento del loro dovere, ricordare il Maresciallo dei Carabinieri Oreste Leonardi, nato a Torino il 1° giugno 1926, ennesima vittima dello stillicidio di sangue che ha contrassegnato il '77 e il '78 nella nostra regione, che ha certamente pagato il più alto tributo di sangue, di vittime del terrorismo omicida che punta alla distruzione della democrazia e dello Stato repubblicano.
A tutti i familiari delle vittime esprimiamo non solo il cordoglio come assemblea regionale, ma il rinnovato, fermo, deciso e incrollabile impegno di ciascuno e di tutti di fare il nostro dovere e di contribuire in qualche modo a fare giustizia nei confronti degli assassini e di fare il nostro dovere per la difesa delle istituzioni che le Brigate rosse intendono distruggere.
Ma credo che una riflessione in più dobbiamo farla, come ha invitato a farla il Presidente del Consiglio Andreotti, quando ha sottolineato il momento politico, nel quale l'attentato è stato compiuto. Il rapimento dell'on. Moro avviene nel giorno in cui nel Parlamento della Repubblica italiana sta per nascere un governo che trova la solidarietà di tutte le forze politiche fondamentali del Paese. Un fatto che avviene per la prima volta dopo più di trent'anni, un fatto che segna un corso nuovo nella vita politica italiana, sia pure dominata da una emergenza di vario ordine politico, ideale, morale ed economico.
Credo che dobbiamo avvertire l'estrema gravità di ciò che stamattina è successo. Essa sta nel fatto che noi abbiamo di fronte l'ennesimo e il più grave atto di una congiura di ampie dimensioni che si sviluppa con metodi applicati prima d'ora solo dai fascisti e dai nazisti, trova i suoi esecutori in raggruppamenti mascherati sotto vari modi, ma attrezzati efficienti, capaci di colpire, di fuggire, di non essere scoperti. Questa è purtroppo la considerazione che dobbiamo trarre da tutti gli attentati che si sono susseguiti in questi anni, questa è la riflessione politica che dobbiamo compiere di fronte ad un atto compiuto nei confronti della persona dell'on. Moro, per il significato esplicito che in sé reca, di tentare d'impedire il corso della vita politica italiana voluto dalle forze politiche, voluto dalla dialettica democratica, attraverso l'omicidio, il rapimento e la prosecuzione senza limiti degli obiettivi del terrorismo politico che abbiamo imparato a conoscere drammaticamente.
Di fronte a tutto questo è importante ancora e sempre non stancarsi di condannare, non stancarsi di avvertire e di alimentare la dimensione dello sdegno morale che non solo deve aleggiare in questa assemblea, ma che dobbiamo essere in grado di trasferire, di portare, di indirizzare e di incanalare democraticamente verso tutta la comunità regionale. E' oggi più tempo che mai di portare questa parola, oggi nel momento in cui si levano voci da più parti, e non solo reazionarie, che chiedono la pena di morte.
Ebbene, noi dobbiamo anche in questa assemblea dire di no a questa richiesta, non soltanto perché siamo il Paese di Cesare Beccaria, ma perch non vogliamo diventare né l'Argentina, né il Brasile e abbiamo le forze per impedire che l'Italia diventi come quelle Nazioni dove il diritto alla vita è messo in discussione da bande armate contrapposte che pensano di regolare la giustizia con l'assassinio individuale e di gruppo.
Ma certo è indispensabile anche trarre alcune indicazioni concrete di azione e di iniziativa. Da tempo nella nostra Regione abbiamo deciso di non rimanere fermi alla condanna, allo sdegno, alla deplorazione, alla richiesta che altri facciano ciò che è necessario fare. Da tempo abbiamo trovato forme e vie efficaci di sensibilizzazione, di orientamento, di aggregazione della comunità regionale perché avvenisse una riflessione di massa e fosse combattuta con le armi della ragione la paura, il terrore l'abdicazione rispetto alla vita democratica, ai suoi doveri che è uno degli obiettivi di fondo del terrorismo politico così spietatamente manovrato. Crediamo che in questa azione di vaste proporzioni che ancora recentemente si è espressa nella raccolta di centinaia di migliaia di firme perché la giustizia fosse celebrata, alcuni risultati importanti sono stati ottenuti. Più in generale, se guardiamo alla storia nel complesso del nostro Paese dal 1969 ad oggi, dobbiamo riconoscere che solo con la straordinaria capacità individuale e collettiva di iniziativa democratica del popolo italiano, degli ottomila Comuni della nostra Repubblica, delle centinaia e migliaia di luoghi di lavoro dove gli operai non hanno atteso né l'indicazione né la direttiva per saper trovare le forme della reazione efficace, nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici, dovunque è stato necessario intervenire quando un attentato, un delitto, un'aggressione è stata portata contro un uomo, una sede, un partito: in ciascuno di questi momenti vi è stata una risposta dell'intelligenza, della democrazia dell'unità, di tutte le qualità migliori del nostro popolo.
La strada che indichiamo ancora oggi è questa e non un'altra, ma deve levarsi in questo momento da tutte le persone oneste del nostro Paese, con forza accresciuta, la richiesta che gli assassini siano individuati arrestati, messi in condizioni di non nuocere, puniti. Giustizia sia fatta per quelli che sono già in carcere e giustizia sia fatta per i troppi che riescono ancora ad agire indisturbati.
Occorre una superiore efficienza degli apparati dello Stato e della polizia, perché è vero, è stata dichiarata guerra allo Stato democratico ma occorre che vi sia una saldatura completa fra l'anima popolare che chiede giustizia e i corpi dello Stato che debbono essere in grado di amministrarla e di esercitarla. Tutto questo può realizzarsi se nel Paese non soltanto nel Parlamento, si realizza una grande e nuova unità delle masse popolari, di tutte le forze democratiche perché solo questa unità riuscirà a sconfiggere i piani della congiura, della reazione interna e internazionale che non vuole lasciare il nostro Paese libero di scegliersi la strada del suo progresso e del suo avvenire e che forse vuole in qualche modo impedire anche il corso della vita europea.
Invitiamo anche da questa tribuna la popolazione del Piemonte e i cittadini di Torino ad essere presenti alla manifestazione che dopo questa riunione si terrà in Piazza San Carlo, invitiamo ad estendere nei Comuni nei luoghi di lavoro, la vigilanza e la mobilitazione, la discussione e l'orientamento, il confronto delle idee, che permette di conquistare ogni giorno nuovi cittadini, nuovi giovani ad una concezione della vita politica, o meglio, alla concezione della vita in senso lato, che sia tale da isolare nel disprezzo e da isolare completamente sul piano politico le altre azioni criminali che eventualmente il terrorismo volesse riservare ancora alla nostra regione e al nostro Paese e a destare una vigilanza tale e un contributo individuale tale a questa vigilanza, da rendere impossibile o più difficile a coloro che volessero portare ancora altri colpi e altri attentati di eseguire i loro crimini.
I comitati che sono sorti nei Comuni, le iniziative organizzate e quelle spontanee che hanno portato alla raccolta delle firme sono indicazioni preziose per l'azione di oggi e di domani. Comunque il Comitato unitario antifascista è convocato per domani alle ore 12 per la nuova valutazione della situazione e per le iniziative che si rendessero necessarie.
Propongo un minuto di raccoglimento per le vittime dell'eccidio di Roma.



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori Consiglieri, davanti al barbaro e criminoso episodio accaduto stamane a Roma, proprio nel giorno di presentazione del governo, alla formazione del quale e al superamento della crisi gravissima che ne ha consentito la costituzione non è certo stata estranea la paziente e intelligente opera dell'on. Aldo Moro, davanti a questo fatto non ci sono parole che valgano ad esprimere compiutamente la condanna, lo sdegno, il rigetto totale di questo ennesimo gravissimo e intollerabile attentato alla democrazia. Non ci sono parole perché in ognuno di noi c'è un tumulto di sentimenti che si aggrovigliano, di tentazioni che si affacciano crudamente sulla soglia del raziocinio, di constatazioni che ci angosciano e che ci sgomentano. Non ci sono parole perché al limite temiamo fortemente che esse diventino solo un necessario rituale che ci fa rinnovare tutti insieme,dal profondo della nostra responsabilità, l'atto di fede nella democrazia e nelle sue istituzioni, l'atto di fiducia nello Stato democratico e nei suoi ordinamenti. Ma lo Stato democratico e le sue istituzioni sono sempre più minacciati e attaccati dalle bande terroristiche, dal partito armato della violenza che agisce in una strategia ormai diventata chiarissima ed eloquente: scardinare questo Stato, metterlo in ginocchio, aprire la via alle più inimmaginabili avventure dove tutti i valori umani, culturali tradizionali sono calpestati e sacrificati sull'altare della violenza malgrado tutte le iniziative che sono state messe in atto dalle istituzioni democratiche del nostro Paese, l'eversione non cessa, il terrore continua in un crescendo che sgomenta, anche se non ci disarma affatto, a insanguinare le strade delle nostre città. Si è creata una situazione insostenibile, una situazione fatta di paura per il domani, di incertezza per l'oggi; la sfiducia serpeggia tra la pubblica opinione, si estende, la gente si chiede se siamo già in un clima di guerra civile e chiede quali sono le condizioni sulle quali si esplica la nostra lotta di difesa delle istituzioni. Il terrorismo ha dichiarato guerra alla democrazia e non passa giorno che essa non venga in qualche modo colpita.
Se il partito armato ha dichiarato guerra alla democrazia, la democrazia, già irrorata di sangue di altri numerosi caduti, come la difendiamo? Come potremo difendere questo nostro modo di vivere, di lavorare, di studiare, di produrre, di sperare? Non certamente con leggi speciali, con provvedimenti di emergenza, con il ricorso, che a molti pare legittimo, alla maniera forte, alle soluzioni rapide, decisive, definitive. Questa democrazia bisogna difenderla con le leggi che esistono, con la loro totale attuazione verso chiunque si sia reso colpevole di averle violate. Questa democrazia si difende con la mobilitazione totale delle coscienze, con la partecipazione e l'adesione incondizionata alle iniziative volte a difenderla e a consolidarla, con la consapevolezza, con la convinzione profonda che la difesa delle nostre istituzioni democratiche passa con il concorso di tutti noi che crediamo nelle istituzioni.
E' un momento che non lascia adito a titubanze e a incertezze. Dobbiamo mantenere la calma e la civile fermezza. Dobbiamo lavorare per far funzionare in tutti i suoi aspetti la nostra Repubblica, i suoi servizi dobbiamo rispondere a tutti gli attacchi contro la democrazia con le armi stesse della democrazia.
Soltanto con la nostra attenta e vigilante partecipazione potremo isolare le centrali eversive, i covi della violenza, le loro organizzazioni.
Come socialisti riconfermiamo il nostro impegno dove si combatte la battaglia della libertà e per la democrazia, con animo profondamente ferito e mortificato esprimiamo il nostro cordoglio ai familiari di questi nuovi cinque caduti sulla strada della democrazia. Alla Democrazia Cristiana così duramente colpita nella persona di un uomo universalmente stimato per il suo trentennale e altissimo contributo alla vita politica, sociale e civile del Paese, esprimiamo i sensi della nostra fraterna solidarietà formulando voti per la vita stessa dell'on. Aldo Moro perché egli venga rapidamente restituito alla famiglia e al suo quotidiano lavoro a favore e in difesa delle istituzioni democratiche e del popolo italiano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

L'avvenimento di questa mattina credo che sia stato uno di quelli che ha immediatamente colpito la sensibilità di tutti i cittadini italiani.
Nella piccola città in cui vivo la notizia si è sparsa con la rapidità di un baleno e non a torto il Presidente del Consiglio ricordava l'analoga sensazione vissuta ai tempi dell'attentato a Togliatti.
Ma quale diversità! Allora si era trattato, in un clima di tensione politica, del gesto di un esaltato, preso, giudicato con le conseguenze che tutti ricordiamo, qui si tratta di un avvenimento che sfugge alla logica della comprensione e soprattutto sfugge alla logica dell'accettazione. Al di là delle espressioni di solidarietà che pronunceremo nei confronti della Democrazia Cristiana e nei confronti dell'on. Moro, è stupefacente il fatto che noi assistiamo ad episodi in cui non c'è la controparte. Qualcuno parla di prodromi di guerra civile. Ma quale guerra civile ? Questo è il massacro indiscriminato dei commandos. Se pensiamo che quattro poliziotti certamente scelti tra i più validi, muoiono senza poter avere un accenno di reazione, in una situazione in cui si sono interrotte le comunicazioni telefoniche, si è bloccato virtualmente un rione, è chiaro che il problema va individuato sul piano di efficienza, di preveggenza. E' la realtà anche della nostra Regione.
Se sappiamo che gli omicidi dell'avv. Croce e del Maresciallo di PS Berardi, sono individuati, il nostro sforzo è quello di fare ogni passo perché si arrivi a prendere costoro. C'è un problema di efficienza, di solidarietà, c'è un problema che va ricercato con i mezzi opportuni. Si vive in appartamenti o in alberghi a contatto con altri cittadini.
Possibile che sfugga l'elemento di chi è sospetto, di chi è l'affittuario di chi concede gli alloggi, quali sono le situazioni non regolari? C'è una situazione così drammatica che però mi rifiuto di considerare altrettanto drammatica sul piano politico, né vado a cercare i collegamenti che possono essere evidenti tra la costituzione del governo di oggi e l'avvenimento che è successo questa mattina a Roma. Certamente c'è una situazione che è ancora localizzabile nell'efficienza dell'apparato dello Stato, efficienza che deve essere rafforzata e soprattutto appoggiata dalla solidarietà che c'è fra i cittadini italiani nel momento in cui in Parlamento si esprime una maggioranza che abbraccia il 90% dei deputati.
Quando questa mattina a Novara si proponeva in una riunione una mobilitazione permanente, un municipio aperto giorno e notte, credo che si cercassero degli elementi dispersivi: è facendo il proprio dovere, facendo funzionare tutti i meccanismi in modo regolare; la macchina che oggi deve funzionare è quella degli apparati di pubblica sicurezza. Se ci sono delle responsabilità che vanno fino all'ultimo vertice, queste responsabilità vanno individuate, gli uomini debbono essere cambiati. Non è possibile affidarsi a improvvisatori, o a incapaci o peggio ancora a conniventi.
Non sono portato a drammatizzare cose di questo genere. L'episodio dell'on. Moro comincia oggi, non è cominciato questa mattina. Sarà il grado di ricatto che verrà portato verso lo Stato che dimostrerà la validità delle nostre istituzioni, sarà la resistenza, la capacità di questo Paese di superare crisi di questo tipo.
In questa direzione l'appoggio e la solidarietà politica alla Democrazia Cristiana deve portare avanti con sicurezza e con forza un'azione di governo senza le suggestioni dell'autoritarismo. E' evidente che, a questo punto, anche se è in gioco una persona di tanto prestigio credo che la strada dello Stato democratico è una sola ed è una strada che non deve ammettere nessuna resa alle forze della criminalità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

L'imboscata all'on. Moro, com'è stata definita con estrema precisione del Presidente del Consiglio, on. Andreotti, in realtà è un'imboscata allo Stato democratico perché vuole colpire la logica del ragionamento, del rifiuto dello scontro frontale che nella situazione attuale sarebbe stato antirazionale. Che poi tutto questo abbia portato altri cinque morti e che una bomba ad alto potenziale fosse stata posta vicina al luogo dell'imboscata perché ci fosse una strage successiva nel momento in cui si apportavano i primi soccorsi, indica in maniera chiara che la lucidità e la capacità di voler colpire e di portare lo sgomento nel Paese è ricollegabile al disegno del governo che si sta dando al Paese, con le grosse responsabilità del partito di cui l'on. Moro è Presidente e con la solidarietà e con il sostegno delle forze rappresentanti il 90 dell'elettorato.
Si dice che è stata dichiarata guerra allo Stato democratico e alla democrazia. Io non accedo a questa terminologia anche se ci sono dei morti anche se il Paese sta conoscendo la sua quinta guerra di indipendenza.
Nostro dovere è di mantenere la fermezza e la calma. Sono d'accordo con il collega Cardinali di isolare, accertare e vigilare perché è impossibile ed è illogico pensare che la perfezione tecnica con cui sono stati compiuti questi atti sia ricollegabile a elementi legati soltanto ad un discorso ideologico. Decisamente l'azione dei brigatisti ha quel tanto di irrazionalità che un Paese profondamente democratico quale l'Italia, la nostra Regione e Torino in particolare nei giorni passati ha dimostrato con chiarezza di non ammettere. Indubbiamente la mobilitazione e il senso di responsabilizzazione, anche se questo può determinare una caccia psicologica ai terroristi, può aiutare le forze dell'ordine.
Dire che lo Stato deve compiere il suo dovere vuole anche dire da parte delle forze politiche assumersi alcune chiare responsabilità; rendere più efficiente la macchina dello Stato nella sua funzione di tutela dell'ordine democratico quale è rappresentato dalla Carta Costituzionale, è un discorso che va indubbiamente affrontato, ma credo che la risposta sia più lunga dei tempi che occorrono per una concreta difesa.
Quanto abbiamo compiuto nei mesi passati nel chiedere e nel raggruppare maggiormente le forze disponibili attorno ad alcuni presunti obiettivi, e il caso di questa mattina lo dimostra in maniera evidente, come il disperdere le forze più efficienti e più preparate in questa funzione, è facile obiettivo.
Possiamo sollevare dalle responsabilità coloro che hanno la diretta conduzione di questa difesa perché se l'attentato avveniva senza la scorta si sarebbe detto che era impreveggenza e follia lasciare indifeso un personaggio di tale peso con il significato politico e con la rappresentanza che egli ha e che gli riconosciamo. In questa logica, con quel poco che abbiamo di disponibile per colpire pochissimi, che facilmente possono sfuggire, credo che il Consiglio regionale e la Regione Piemonte hanno saputo essere interpreti immediati nei confronti del governo e di misure e di modificazioni addirittura legislative per ovviare ad errori che potevano essere possibili. Chiunque venga colpito, viene colpito lo Stato democratico, indipendentemente dal grosso significato politico o dal significato istituzionale o dalla condizione ancora più esaltante di essere soltanto cittadino o essere cittadino in un Paese democratico.
C'è ancora un'eccessiva indifferenza su questi problemi e c'è anche una speculazione. In un clima di tale tensione occorre che tutte queste forme che sono contrarie all'isolamento, all'accertamento e alla vigilanza siano cose essenziali.
Esprimo alla democrazia italiana il senso della decisa e ferma convinzione che non è scoppiata una guerra contro lo Stato democratico, ma che qualcuno vuole sovvertire Io Stato democratico. Tutto ci è rappresentato in termini drammatici di sangue. Anche nel passato abbiamo saputo rispondere di fronte ad analoghe forme, che però non erano macchiate di sangue, ma che ugualmente minavano la democrazia. Potremo uscirne attraverso un discorso di solidale responsabilità.
Colleghi del Consiglio regionale prenderanno la parola in Piazza San Carlo a nome di tutte le forze politiche per dimostrare come intendiamo perseguire le nostre responsabilità nei momenti drammatici perché la ragione abbia il sopravvento sull'irrazionale. E' vero quello che diceva il Presidente del Consiglio che c'è la risposta immediata, irrazionale, non di fare giustizia, ma di giustiziare. Le parole debbono essere pacate e ferme perché soltanto attraverso le parole pacate e ferme la cittadinanza, che ha già risposto in maniera concreta dando il sostegno a coloro che stanno assolvendo il diritto di poter giudicare dei cittadini, sa rispondere dando a questo diritto la veste di un atto di eroismo.
Siamo tutti membri di questo Stato democratico e continuiamo ad essere convinti che in tempi brevi o in tempi più lunghi vinceremo noi come portatori di democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente del Consiglio, nella sua dichiarazione iniziale alcuni passi non condividiamo. Coglieremo soprattutto l'invito alla riflessione, che ci sembra voglia dire sollecitudine a comportarci in questo difficile e delicato momento con serenità e con pacatezza.
Interveniamo in questo dibattito cercando di far sì che la nostra voce risulti diversa da quelle di altri che si sono udite, ma non stonata nel coro, certamente sincero e sentito, di esecrazione che da tutte le parti politiche si è alzato. Facciamo questo per senso di responsabilità ripetendo qui tutto il nostro sgomento, tutto il nostro sdegno, tutto il nostro raccapriccio per la tragica imboscata di Roma nella quale hanno perso la vita altri quattro rappresentanti delle forze dell'ordine e che si è conclusa con il rapimento di una personalità di così alto prestigio quale è il Presidente della Democrazia Cristiana, on. Moro.
Sarebbe veramente ingeneroso da parte nostra se volessimo approfittare di questo momento per ricordare le pur precise e pesanti responsabilità politiche che stanno a monte di questa situazione. Non lo faremo proprio perché abbiamo detto che vogliamo qui interpretare una voce diversa, ma non stonata. Ci si lasci solo dire che forse a questo drammatico punto non saremmo giunti se non si fosse dato vita al maligno e perverso disegno di criminalizzare solo una parte politica, non vedendo, o fingendo di non vedere, la ben più pericolosa eversione che stava nascendo di segno opposto, su altri fronti, da altre parti politiche.
E' su questo humus fertile di tolleranza, di complicità, di connivenze che le Brigate Rosse hanno trovato possibilità di affermazione, di organizzazione. E oggi dichiarano guerra allo Stato e quel che è peggio la guerra la fanno sul serio e la fanno dal loro criminale punto di vista con indubbio successo, se è vero com'è vero che sono diventate un pericolo permanente, quotidiano, di fronte a tutti noi.
Non pensiamo che si debba drammatizzare la situazione, però pensiamo che non ci si possa nascondere davanti alla realtà dei fatti, che non si possa non dire come da qualche parte si è tentato che oggi stiamo già vivendo i primi sintomi della guerra civile, della guerriglia urbana che tutto colpisce e che tutto travolge. Allora, noi siamo dell'opinione che a questo stato di emergenza non si debba fare fronte con misure di emergenza non crediamo nel dire queste cose di offendere principi democratici se è vero com'è vero che queste medesime tesi, che queste medesime richieste non sono avanzate soltanto dall'uomo della strada, che le dice ormai da tempo costretto com'è a vivere nella paura e nel terrore; ma le abbiamo sentite affermare dai rappresentanti di vertice dell'attuale classe politica, le abbiamo sentite dalle dichiarazioni dell'on. La Malfa, le abbiamo lette qualche giorno fa per la penna di Ennio Caretto, giornalista non sospetto di essere antidemocratico o reazionario. Noi pensiamo che in una situazione di questo genere lo Stato, se ancora c'è, debba reagire con misure di carattere eccezionale: anche in questo modo si difende la democrazia. Altro che la raccolta delle firme! Certo, signor Presidente del Consiglio, la raccolta delle firme è stata, nella più benevola delle valutazioni, una dimostrazione, un attestato di alto significato morale, se si vuole, ma non è valsa a fermare i colpi criminali delle P 38 o le raffiche di mitra che sono risuonate stamane a Roma.
Di fronte a questa tragedia che ha colpito la Democrazia Cristiana alla quale vanno i sensi della nostra solidarietà, ma che ha colpito soprattutto la Nazione e il popolo italiano, noi diciamo che bisogna intervenire finalmente con energia, con decisione, con coraggio. Se questa energia, questa decisione, questo coraggio debbono significare l'adozione di provvedimenti di carattere eccezionale quale la reintroduzione della pena di morte, quale la sostituzione del Ministro degli interni con un ministro militare, quale la proclamazione dello stato di emergenza, almeno per talune zone d'Italia, la Destra Nazionale dice che è giunto il momento di attuare anche queste misure se si vuole davvero salvare quella democrazia alla quale siamo anche noi, signor Presidente del Consiglio e colleghi Consiglieri, direttamente interessati.



PRESIDENTE

Quel tipo di democrazia non ci interessa davvero! La parola al Consigliere Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

L'on. Aldo Moro è stato oggi colpito nella sua molteplice attività di Presidente della Democrazia Cristiana e della persona che ha condotto in porto le trattative per un governo che forse oggi o domani riceverà l'approvazione delle Camere.
Questo non è che l'ultimo atto di un disegno che è irrazionale per coloro che credono nella democrazia ed è razionalissimo per chi non ci crede e per chi vuole destabilizzarla prima e distruggerla poi.
La strada seguita sinora è evidente: da una parte colpire la struttura produttiva attraverso dirigenti, capi reparto per ricevere un piccolo e modesto consenso da parte di talune frange che continuano a chiamarsi di sinistra, dall'altra colpire la polizia anch'essa abbondantemente insultata da giovani che a causa della loro età non si rendono conto delle responsabilità che si accollano con le loro manifestazioni, e anche da gruppi politici che non sono più extra-parlamentari perché siedono in Parlamento e che hanno sempre approvato questa azione di rivolta contro una delle strutture fondamentali di qualsiasi Stato democratico.
La democrazia va salvata e salvaguardata da qualsiasi pericolo che nasca al suo interno; non sono soltanto gli stati autoritari che hanno il diritto di salvare la loro autorità.
E' stata colpita durissimamente la Magistratura, sono stati colpiti partiti nei loro quadri medi, nei medi livelli ed oggi è stato colpito il partito della Democrazia Cristiana nella persona del suo Presidente e con lui tutta l'Italia. Non a caso, nella scalata che va dal poliziotto, al magistrato, al capo reparto, si è arrivati alle persone più rappresentative.
Ci troviamo di fronte ad un disegno ben preciso, non improvvisato, ci troviamo in uno stato di guerra, non semplicemente in una guerriglia di giovani. Velarci gli occhi, non riconoscere la gravità di quello che avviene, vuol dire fingere che tutto quello che stiamo facendo in questo momento è soltanto la recita formale degli ultimi rituali della democrazia.
Non vogliamo salvare i rituali della democrazia né vogliamo salvare la sostanza. Già una volta dissi che non dobbiamo aspettare che il tiro al piccione sia fatto in modo che cadano tutti, quasi che lo stormo resti ugualmente.
La solidarietà deve stringersi attorno alle forze che vengono maggiormente colpite con l'impegno di tutte le forze, compreso l'esercito ove non sia sufficiente la polizia. Leggi di emergenza quindi, ma non per il ripristino della pena di morte, che non è mai stato nelle intenzioni del P.R.I. né di nessun altro partito democratico, perché non è comminando l'assassinio di Stato che si possono reprimere gli assassinii dei rivoluzionari, ma attraverso una serie di leggi fermamente spiegate al Paese e accettate.
Un poliziotto è riuscito a uscire dalla macchina, ad estrarre una pistola, ma è stato immediatamente falciato dalle mitragliatrici. Le pistole non servono contro le mitragliatrici, anche su questo bisogna meditare. Ad ogni attacco va risposto con un attacco uguale o più forte.
Come non si combatteva il banditismo con le biciclette quando gli altri avevano gli elicotteri, così non potremo combattere con le Beretta mentre gli altri hanno le mitragliatrici. Tra poco ci riuniremo in Piazza San Carlo e questo gesto di solidarietà dovrebbe significare a coloro che cercano di distruggere la Repubblica che il 98% dei cittadini italiani non vuole la distruzione della Repubblica.
Questa è la guerra del 2% degli armati contro il 98% dei disarmati ed è una guerra che ha una grande importanza morale, ma non ancora un'importanza reale. Di questo ci sentiamo tutti colpevoli. Il Paese ha sempre ritenuto che fosse sufficiente riconoscere l'emergenza, che i partiti si unissero a sostenere il governo nell'affrontare l'emergenza, che tutto questo fosse sufficiente per dare il segno agli eversori che nulla può essere cambiato e che non si può tornare indietro. Gli eversori invece ritengono che questo sia il momento in cui si può tornare indietro. Due sono gli appelli da fare, uno ai cittadini e l'altro ai partiti perché gli uni non cadano nella tentazione dell'eversione di destra, che il nostro collega in questo momento ci proponeva e che gli altri si ricordino di essere in uno Stato democratico che sappia difendersi con tutte le armi che uno Stato deve avere a disposizione per difendere la libertà dei suoi cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

In un'ora grave per il Paese come questa che viviamo è giusto tentare di dare una risposta dal nostro posto di responsabilità in Consiglio regionale. Questo atto è il più clamoroso e il più grave degli atti compiuti in una lunga catena eversiva che mira da anni ormai a colpire le istituzioni repubblicane.
Il Presidente del Consiglio Andreotti ha osservato che questo atto è stato compiuto nel momento in cui con fatica e con sforzi le forze politiche democratiche rappresentative del Paese erano arrivate ad un patto di solidarietà, al primo passo per dare una risposta in termini morali e politici all'emergenza. Questo non è che un fatto politico oggettivo e la forza dell'oggettività ci deve porre di fronte alla necessità di capire fino in fondo implicazioni, matrici, origini e fini.
A nome del Gruppo e a titolo personale esprimo cordoglio alle famiglie dei caduti, piena e totale solidarietà al partito della Democrazia Cristiana già duramente provato e colpito nei suoi uomini in questi mesi e in questi anni.
Come rispondere a questi atti? Ho udito delle valutazioni sulle quali sono profondamente in dissenso, soprattutto perché non si è colto il significato di quello che sta avvenendo fuori di qui, del significato dello sciopero generale che i lavoratori e le confederazioni sindacali hanno proclamato.
E' giusto richiamare una maggiore efficienza e incisività nell'azione degli organi di polizia, ma è necessario insistere ed operare con solidarietà e con l'approntamento dei mezzi nell'ambito delle leggi per fare in modo che le forze dell'ordine possano svolgere fino in fondo le loro funzioni per assicurare la giustizia e per catturare gli eversori di cui purtroppo si riesce a sapere troppo poco oltre a ciò che è contenuto nei loro messaggi deliranti.
Se è vero che nell'ora grave che il Paese attraversa il pericolo è quello della stessa convivenza civile, per la democrazia e per le realizzazioni ai fini della democrazia, dobbiamo badare affinché fuori si creino delle condizioni di mobilitazione morale delle coscienze tale che il Paese dimostri senza possibilità di equivoco che è contro queste piccole sparute minoranze di eversori.
Il richiamo all'unità non può essere interpretato come un richiamo di maniera. L'on. Andreotti ha detto che l'unità è d'obbligo per far fronte ad una situazione straordinaria.
Questo termine, unità, è inteso correttamente e giustamente da parte dei cittadini, delle coscienze per difendere la democrazia e in sostanza la memoria storica delle lotte, delle fatiche anche sconosciute, degli eroismi quotidiani di chi lavora da mattina a sera, di chi accudisce alla famiglia.
Penso che il Consiglio regionale possa avere un suo scopo, un suo obiettivo nell'uscire con un documento che potrebbe essere il nostro contributo alla manifestazione.
I dipendenti della Regione Piemonte dopo un'assemblea hanno fatto un comunicato in cui chiedono alle forze politiche e alle istituzioni di continuare con maggior forza gli impegni previsti ed assunti senza cedere al ricatto che, mascherato dai brigatisti, le forze eversive e reazionarie vogliono imporre per una svolta autoritaria nella vita del Paese.
Questa è la risposta che danno i lavoratori della Regione Piemonte alle suggestioni del Consigliere Carazzoni. I lavoratori della Regione Piemonte chiedono che il governo si faccia rapidamente, che il Parlamento termini la discussione sul programma in quanto tutto ciò è indispensabile per l'affermazione della democrazia in tutti i suoi valori e per respingere ogni ricatto autoritario. Infine, questo è tema tristemente torinese chiedono che il processo alle Brigate Rosse continui, che le leggi dello Stato repubblicano vengano applicate, che la giustizia faccia il suo corso nel più ampio sostegno delle masse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Presidente ha indicato questo nostro lavoro pomeridiano come una riflessione. Cercherò di farla e chiedo scusa se la riflessione ci porterà necessariamente ad un atteggiamento non armonico.
La prima riflessione è sulle cinque famiglie e sulle forze dell'ordine che si comportano in questo modo. Dobbiamo riflettere anche sul partito della Democrazia Cristiana. Ricordo che un collega aveva qualificato la Democrazia Cristiana un grosso partito e io, intervenendo subito dopo, mi ero fatto premura di rettificare quell'aggettivo in "grande" partito. In un intervento precedente ho riconosciuto il senso della realtà della storia che la D.C. sta dimostrando in questi mesi e quindi ho fatto una riflessione verso questi nostri amici, che fanno politica su posizioni diverse dalle nostre, ma comunque cercano con noi di far andare avanti il Paese. Una riflessione la dobbiamo anche fare sul Paese. Non c'è stata in questi mesi nel tessuto della nostra società una sola slabbratura e in un Paese in cui i lavoratori continuano a lavorare, gli imprenditori a investire, la cultura a crescere, la tolleranza nei rapporti tra gli individui e il senso della vita politica in genere matura ogni giorno di più, quindi il nostro Paese merita un'espressione di riconoscenza se non di fiducia da parte nostra.
Una riflessione dobbiamo fare sulla classe politica la quale, anche se a caldo, non si può permettere di dichiarare quello che ha dichiarato per bocca dei suoi maggiori leader facendo riferimento alla guerra civile, alle leggi eccezionali usando il termine della "pena di morte": questo è indegno per una classe politica anche se per l'immediatezza del lutto e per il pericolo che le è vicino possiamo scusarla. Noi che abbiamo la possibilità di riflettere dopo qualche ora dagli avvenimenti abbiamo il dovere di meditare per i nostri colleghi. Penso sia vano lo sforzo di chi tenta di capire le cause del fenomeno. Sarà la storia a dirci se quanto avviene è il risultato di una filosofia importata da oltre Oceano, portata e coltivata in certe Università italiane, sarà la storia a dirci se è causa di una cultura irrazionale che si è manifestata fino all'esasperazione anche in termini politici, sarà la storia a dirci se è un disegno di politica internazionale, sarà la storia a dirci se ci sono interessi di tipo reazionario che vogliono impedire l'avanzata del Paese in un senso o in un altro. Come non possiamo fare delle diagnosi, così non possiamo fare delle prognosi affrettate. Il nostro dovere primo è quello di rispondere con fermezza e con pazienza così come si sta comportando il Paese in genere guardandoci dal lasciar crescere o provocare un clima sul quale si possono innestare dei fenomeni di ritorno del nostro costume sociale. Questo è l'impegno massimo che può prendere una classe politica.
Certamente una classe politica non può passare sotto silenzio il fatto che sia rimasto in carica un ministro che su questi fenomeni ha un'idea ben precisa e che, senza smentire la sua opinione, non ha fatto niente di conseguenza. Questi sono i fatti che una classe politica con calma dovrà valutare.
Non mi pare che sia del tutto serio e sufficientemente riflettuto fare coincidere l'avvenimento tragico e preoccupante per quello che è avvenuto e per quello che deve ancora avvenire con la circostanza odierna. Il senso politico e storico di questa vicenda comincerà a svilupparsi da quando il colloquio tra la società civile e questa banda di criminali comincerà a svilupparsi. Allora sapremo se è stata una regia capacissima e dotata di mezzi che ha fatto coincidere una proposta nel momento in cui riesce a ricevere una domanda adeguata o se è un intervento politicamente pilotato al momento preciso. Il fatto che questa regia abbia la possibilità di scegliere non soltanto il personaggio più in vista, ma il personaggio più significativo e nel momento più significativo e più indifeso, ci fa pensare che non è solo l'ultima ondata di una sottorivoluzione culturale.
Le mie sono riflessioni. Il nostro impegno deve essere quello di garantire che in un momento così delicato non si faccia un passo indietro anche soltanto di un millimetro nel livello di società e di libertà che le nostre generazioni passate hanno conquistato. Dobbiamo essere fermi nei confronti delle tentazioni che vengono dall'irrazionale, dal pressapochismo, dalla demagogia.
La nostra classe politica di fronte a questo deve attestarsi come si è attestato il più grande riformatore dello Stato quando ha detto: "Noi qui siamo, qui stiamo e Dio ci assista".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il carattere gravissimo dell'episodio che avete esaminato, con tanta puntualità e serenità che vi invidio, affolla alla mia mente pensieri che portano al riesame e fanno ripercorrere la nostra vita, le nostre testimonianze e le ragioni della nostra presenza.
Mi scuso se sono meno lucido del solito.
Vi ringrazio per le dichiarazioni di solidarietà e soprattutto per aver riconosciuto che l'on. Moro, pur coerentemente militando in una ben definita forza politica, è stato colpito perché rappresentativo di una condizione nazionale e democratica che coinvolge tutti.
Con lui e accanto a lui sono stati colpiti in maniera feroce cinque figli del popolo. Vedremo tra poco che il Paese chiede di essere difeso in forme adeguate, valide e costruttive. Ebbene, all'interno, dentro questo popolo stanno le forze della polizia democratica, i carabinieri che tutelano lo Stato, ci sono gli apparati dello Stato che vogliamo interpretare come saldatura del popolo con le istituzioni.
E' stato colpito Moro e io brevemente ricorderò a chi ne è già perfettamente consapevole chi si sia colpito in lui. Il suo apporto, è stato ricordato questa mattina, alla stesura della Carta Costituzionale, di cui fu uno dei protagonisti più significativi, la sua coerenza nell'essere attento ad ogni spinta, ad ogni domanda, ad ogni fermento nuovo presente nel Paese per raccordarlo, interpretarlo, mediarlo ad un livello più alto di democrazia.
Nella nostra storia recente abbiamo avuto momenti di pausa, di apparente arretramento. Ancora nell'ultimo periodo è emersa questa capacità di sintesi di Moro nella quale ci riconosciamo. In un tempo in cui si avverte l'insufficienza delle strutture limitate, delle correnti, dei gruppi, un uomo che non aveva attorno a sé apparati sapeva interpretare con finezza d'animo, con profondità culturale una serie di valori secondo una prospettiva storica; interpretava intero il proprio Partito e, al di là del proprio Partito, una larga parte del Paese; al di là della larga parte che direttamente interpretava predisponeva un terreno comune di dialogo e di costruzione alle forze politiche.
E' stato colpito proprio per questo motivo che ci fa sentire anche più duramente colpiti.
Che cosa deve rispondere un democratico cristiano? Deve rispondere che la visione della vita, il modo di affrontare i problemi, la prospettiva storica che ha sostenuto Moro, la sua serenità che è stata trasmessa ai democratici cristiani in questi anni e mantenuta in questi ultimi giorni essi continuano a condividerla, non disposti, costi quello che costi, a perdere questo patrimonio che ci legittima a parlare in nome del popolo italiano o al popolo italiano per trarlo dalle presenti difficoltà.
Certo, vi sono stati equivoci che continuano, quale quello di confondere la democrazia con il disimpegno, con la debolezza, con l'incapacità di dare risposte adeguate.
Abbiamo già detto che questa nostra democrazia ha una legittimazione storica straordinaria, che farebbe apparire non equivoca la sua fermezza e la sua durezza quando dovesse manifestarsi. Certo, non con strumenti che contraddicano nell'essenza la natura della nostra Repubblica. E' evidente però, che non si può continuare a dare ogni giorno una risposta un po' più dura di quella del giorno precedente, ma ogni giorno un po' più debole di quella che occorre. Questa escalation dell'insufficienza è già stata tante volte sperimentata nella storia e sempre ha condotto alla rovina chi l'ha adottata per incapacità, per debolezza.
Ebbene noi dobbiamo garantire la gente che chiede di essere difesa nell'aspirazione ad una vita serena, non tanto o soltanto nel chiuso del privato, ma alla convivenza nelle sue prospettive anche dialettiche, di lotta, di rapporti democratici, anche di fronte a soluzioni controverse ardue e difficili da approvare. Questo impegno a difendere il popolo, il Paese, noi dobbiamo assumerlo con il Paese, con un nuovo comportamento, non solo nella mobilitazione, non solo nella solidarietà del voto attorno ad un Governo, ma nella dimostrata capacità di non avere complessi, di non subire intimidazioni, di non subire ricatti mascherati da false ideologie di cui più o meno siamo stati vittime e che costituiscono una parte della responsabilità che ciascuno di noi ha assunto per le presenti difficoltà.
Vi ringrazio per le valutazioni che avete fatto. Ringrazio i Consiglieri Rossotto, Marchini, Cardinali, Bontempi e tutti per lo sforzo al di là delle cose non condivise, anche Carazzoni - nei momenti duri la coscienza risponde prima dell'ideologia - per la valutazione che è stata fatta in ordine al ruolo che svolge una forza politica che non è egemone e non vuole esserlo; vuole soltanto proseguire nella sua azione di interpretazione popolare, di difesa delle istituzioni, di garanzia della convivenza civile nel nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente dalla Giunta regionale

Tutti insieme abbiamo convenuto la manifestazione in Piazza San Carlo quindi esporrò là quanto avrei voluto dire in questo momento perché l'ora è tarda.
Il governo regionale esprime il più profondo cordoglio per le vittime dell'attentato di stamane e la profonda solidarietà alla Democrazia Cristiana. Questi caduti accrescono il numero di quanti in questi ultimi anni hanno dato la loro vita. Solo a Torino sono caduti Ciotta, Berardi Rosano, Terminiello e tanti altri.
La manifestazione di oggi in Piazza San Carlo e tutte le iniziative che vengono assunte nel Paese hanno lo scopo di salvare la vita all'on. Moro.
Comprendiamo esattamente il ricatto che sta dietro al suo rapimento comprendiamo anche l'oggetto del ricatto e cioè che ne vorranno lo scambio con infami e mostruosi delinquenti. L'azione che sarà condotta nel Paese la rilevanza che avrà, la solidarietà internazionale e nazionale, che oggi è stata richiamata da più parti, hanno lo scopo di salvare la vita all'on.
Moro. Concordiamo con quanto si è detto: con questo rapimento, per ciò che Moro ha rappresentato nell'avanzata del Paese, si attenta alla democrazia.
La Giunta regionale vuole assumere ulteriori impegni. Non è soltanto problema di polizia, non è soltanto problema di efficienza delle strutture che potrebbe essere risolto a breve tempo. Vi sono delle condizioni che generano e che fanno maturare una vasta area del partito armato che probabilmente ha degli agganci di natura internazionale. Il governo regionale assume oggi solennemente di fronte a tutti i cittadini del Piemonte un maggiore impegno di lavoro, una presenza più vasta, un'azione riformatrice che valga a riportare la pace e la tranquillità nella nostra comunità e nell'interno del Paese. Miriamo a salvare la vita dell'on. Moro che ha rappresentato, anche ai nostri occhi, la continuità democratica per tanti anni nel Paese.



PRESIDENTE

Prima di togliere la seduta leggo la proposta di ordine del giorno che riassume il senso della nostra discussione: "Il Consiglio regionale del Piemonte, nel giorno in cui con l'assassinio di altri cinque agenti di P.S. e carabinieri e con il rapimento dell'on. Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, si cerca di colpire al cuore le istituzioni repubblicane, fa appello ai lavoratori, ai cittadini, ai giovani, all'intera comunità regionale perché si uniscano nei Comuni, nelle fabbriche, nelle scuole, in ogni luogo dove vive e lavora la gente onesta per difendere la democrazia minacciata.
Il nostro Paese è sottoposto da anni a migliaia di attentati aggressioni, delitti provenienti da organizzazioni diverse nei nomi, ma non nei metodi, ispirati da differenti aberranti ideologie ma aventi in comune l'obiettivo della liquidazione nelle libertà conquistate con la Resistenza la Costituzione e la Repubblica.
E' una tragica congiura che va intesa in tutta la sua portata e va respinta facendo appello e traendo insegnamento da quell'unità che ha salvato la nostra giovane democrazia dai pericoli corsi nei primi 30 anni permettendo altresì il crescere degli strumenti del suo esercizio. Nel giorno in cui nasce un nuovo governo espressione di una necessaria solidarietà delle più grandi forze popolari del nostro Paese chiediamo: che si rafforzino nel Paese, fra le forze politiche e sociali, tra i cittadini le condizioni morali, di consapevolezza e di decisione atte a difendere ed a ristabilire pienamente le regole della vita civile e democratica che si adottino, quale espressione della volontà popolare che non consente incertezze, le misure atte all'individuazione e all'arresto degli autori del rapimento dell'on. Moro e dell'assassinio dei carabinieri e agenti di P.S. e con loro di tutti quelli che impunemente hanno sinora potuto compiere i delitti più atroci del terrorismo politico che siano infine prese tutte le misure necessarie ad elevare l'efficienza dei corpi dello Stato preposti alla lotta contro il terrorismo.
Il Consiglio regionale del Piemonte, anche per la nuova e infame impresa rivendicata dalle B.R. richiede che il processo iniziato a Torino sia rapidamente portato avanti e concluso affinché l'insopprimibile e crescente esigenza di giustizia che emana dal popolo italiano trovi la sua legittima risposta".
Chi è favorevole alzi la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 48 voti favorevoli. Il Consigliere Carazzoni non ha partecipato alla votazione.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16,50)



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