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Dettaglio seduta n.179 del 09/03/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Nomine - Organi, strumenti e procedure della programmazione

Prosecuzione dibattito sulle linee programmatiche prioritarie per la seconda fase della legislatura


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Proseguiamo il dibattito sulle linee programmatiche prioritarie per la seconda fase della legislatura Ha la parola il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente del Consiglio e colleghi Consiglieri, mi dolgo di non poter salutare anche la Giunta o, per essa, il Presidente.
Noi apriremo quest'intervento confessando di essere rimasti a lungo incerti e perplessi sulla scelta del taglio da dare alla nostra comunicazione. Alla fine abbiamo ritenuto di poter superare incertezze e perplessità giungendo alla conclusione, per nulla infirmata anzi confermata dagli interventi che abbiamo ascoltato, che il dibattito che si è voluto aprire, nonostante la grande importanza politica che dovrebbe avere, come si può leggere nella relazione dell'avv. Viglione, in realtà, non sia poi tanto qualificante e non meriti quindi che brevi e precise considerazioni poiché si riduce ad essere nella nostra valutazione poco più che un espediente escogitato, inventato dall'esecutivo in carica per vivacizzare però strumentalmente, una situazione che invece è oltremodo squallida.
A nostro avviso, infatti, non costituisce alcun elemento probante, anzi non convince per niente, la collocazione di questa discussione collocazione temporale e prematura rispetto a quella che si dovrà affrontare quanto prima in occasione dell'esame del bilancio 1978 e del bilancio pluriennale; ma soprattutto colpevolmente tardiva se si pensa al lungo periodo di tempo, da ferragosto a Natale, durante il quale l'assemblea è stata condannata ad assistere impotente se non attraverso indiscrezioni giornalistiche alle manovre di assestamento in corso nella maggioranza e nella Giunta, senza minimamente potervi intervenire con un dibattito consiliare che sarebbe stato puntuale e corretto.
Siamo portati a giudicare in via prioritaria come pretestuoso, come strumentale questo confronto - o come lo si è voluto chiamare - che in buona sostanza altro scopo non ci sembra avere se non quello di consentire all'esecutivo in carica di "fare passerella" con l'appiglio della presentazione del cosiddetto "progetto Piemonte", attraverso le compiacenti divulgazioni di stampa che proseguiranno anche domani.
Se così stanno le cose, ci sentiamo sotto questo profilo autorizzati a non prestarci a questo tipo di gioco, quindi a riassumere molto rapidamente le nostre posizioni.
Si è voluto tracciare, per prima cosa, un consuntivo dei primi trentadue mesi di legislatura. Certo noi non possiamo condividere l'autocompiacimento del Presidente della Giunta e dei suoi colleghi e dobbiamo confermare il giudizio del tutto negativo che il MSI-DN dà su questo periodo di tempo. Le sinistre al potere, e non dimentichiamolo non tanto per forza propria quanto per debolezza altrui, cioè per quella che eufemisticamente l'avv. Viglione, riuscendo anche ad essere spiritoso, ha definito l'"aggregazione" dell'Unione Liberale Democratica, non sono davvero riuscite, così come promesso, a cambiare le cose. Semmai sono giunte a seminare qualche illusione in più, presto spazzata via dalla realtà, avendo così contribuito in non piccola misura allo sfascio che ormai tutto sembra travolgere.
In effetti, questa maggioranza non ha saputo corrispondere alle richieste, alle attese, alle speranze della comunità piemontese, tant'è che non è un caso che proprio in questi giorni una vasta zona del Piemonte l'Ossola, si mobiliti a chiedere l'autonomia amministrativa come polemico rimedio nei confronti dell'inefficienza del governo regionale.
E' una reazione significativa, ma è soprattutto una condanna inappellabile per una dirigenza politica che, dopo avere mitizzato il concetto dell'efficientismo, nell'impatto con la realtà ha clamorosamente disatteso l'impegno di fare partecipare il cittadino alla vita delle istituzioni.
Però, ci dice ancora il Presidente della Giunta nella prima parte della sua lunga relazione, in questi trentadue mesi si è pure varato il Piano di sviluppo, sono state promulgate fondamentali leggi di struttura e soprattutto tutto questo è avvenuto in un clima di stabilità politica raggiungendo questi obiettivi - citiamo testualmente - "con l'apporto di un arco di forze ben più ampio di quello della maggioranza".
Commentiamo, per quello che ci riguarda, che un bilancio serio non pu venire costruito tanto sulla quantità ma piuttosto sulla qualità delle leggi promulgate. In questa luce, pensando per esempio, alla legislazione sui Comprensori, alla normativa sull'urbanistica, ai provvedimenti contro la disoccupazione giovanile, i cui limiti, le cui carenze, le cui errate impostazioni abbiamo a suo tempo duramente denunciato, risulta chiaro come le ottimistiche valutazioni dell'avv. Viglione siano di valore relativo siano comunque opinabili e, in ogni caso, non condivisibili dal MSI-DN.
Ai voti del PCI, del PSI, dell'ULD sovente, in occasioni anche qualificanti, si sono aggiunti i voti della D.C., del P.R.I., del PSDI e P.L.I. Lo ha riconosciuto il Capogruppo democristiano il quale ne ha dato una spiegazione che saremmo quasi tentati di chiamare diabolica ma che ci limiteremo a definire abilmente costruita dal punto di vista dialettico: in ogni caso, una spiegazione molto opinabile che non inficia per niente la validità della tesi, o perlomeno della domanda, che a questo proposito crediamo di dovere riproporre. Sino a quale punto, cioè, queste convergenze troppo spesse gratuite e comunque discutibili evidenziano la capacità di coagulo della maggioranza o non dimostrano piuttosto l'incapacità di altre forze politiche, in particolare della D.C.



PAGANELLI Ettore

Parli della D.C. perché non c'è nessuno della Giunta presente?



CARAZZONI Nino

No, Paganelli. Capisco benissimo che la tua è una battuta e allora apro una parentesi e faccio una dichiarazione non impegnata nella prima parte e più impegnata nella seconda parte.
Nella prima parte ho già rilevato l'assenza della Giunta; nella seconda parte, quella più impegnata politicamente, parlo alla D.C. perché sono da lungo tempo convinto che, al di là del nostro incontestabile anticomunismo il nemico da battere, l'equivoco da sciogliere oggi sia la D.C. e che la battaglia anticomunista vada innanzitutto fatta contro la D.C. E questo è dimostrabile dal mio punto di vista.
Riprendo il filo del discorso per dire che pensiamo, perlomeno abbiamo formulato questa proposizione in termini interrogativi, che tutto questo dimostri piuttosto la non capacità o addirittura l'incapacità di altre forze politiche, a cominciare appunto dalla D.C. a svolgere i compiti di un'opposizione rigorosa, evitando realmente quella confusione di ruoli che tanto sovente abbiamo sentito teorizzare dal Capogruppo democristiano.
Nella seconda parte della relazione si è poi voluto delineare un preventivo di attività per i trenta mesi che ancora ci separano dalla fine della legislatura.
Ebbene anche a questo riguardo il giudizio del MSI-DN non può essere che di dura critica, ma non perché non si sia anche noi d'accordo su taluno degli obiettivi che vengono indicati, sono dei traguardi che possiamo anche, almeno in parte, condividere. La relazione dell'avv. Viglione sotto questo aspetto è largamente mancante di concretezza, si riduce in sostanza ad essere poco più che una dichiarazione di intenti, un documento programmatico tutto da verificare e da calare, se ci saranno le capacità nella realtà pratica della Regione specie tenendo conto della scarsità delle risorse che assommano a circa 2 mila miliardi, mille dei quali per vincolati alla spesa ospedaliera.



ROSSI Luciano

Non è colpa nostra.



CARAZZONI Nino

Certo che non è colpa vostra, Consigliere Rossi.
Proprio la genericità di questa impostazione, a nostro avviso voluta ricercata, sotto la quale si è voluto tentare di coprire un rinvio di scelte, una mancata indicazione di priorità, rende meno credibile la bozza del programma presentato, ma, in particolare, conferma la nostra affermazione di partenza, cioè che questo dibattito già collocato male nel tempo è utilizzato dalla Giunta solo per uno sfoggio presuntuoso arrogante, di buone intenzioni di cui, anche sulla scorta delle esperienze negative passate, il MSI-DN non ritiene né possibile né serio farle credito.
La discussione promossa dall'esecutivo in carica ci sembra essere strumentale, anomala, in definitiva scarsamente chiarificatrice, non soltanto perché la vera, l'autentica verifica sulla credibilità della Giunta di sinistra, sulla sua capacità di governare, sul suo concreto impegno a definire con realismo incisivo il progetto Piemonte per gli anni '80 resta di fatto rinviata, come altrimenti non poteva essere, al dibattito sul bilancio; ma soprattutto è scarsamente chiarificatrice perch lascia in vita quello che noi consideriamo un equivoco di fondo: il superamento della discrasia, della distonia, ormai presente tra il quadro nazionale ed il quadro regionale.
Ci si consenta la franchezza. Ha voglia il Capogruppo democristiano assente al pari degli Assessori e del Presidente della Giunta, di tentare ancora differenziazioni, anche se formali più che di sostanza, dalle posizioni di sinistra, dalle posizioni socialcomuniste, dalle posizioni della maggioranza. Stamani l'avv. Bianchi ha presentato e ha svolto un interessante discorso. Noi abbiamo seguito quasi tutti i suoi discorsi dal 1970 e dobbiamo sinceramente riconoscere che quello di questa mattina ci è parso uno tra i più interessanti sotto il profilo dell'impegno culturale.
Nonostante questo riconoscimento, dobbiamo rilevare che i suoi equilibrismi, dialetticamente abili, o moroteamente mascherati, non possono in ogni caso lasciare cadere od ignorare la realtà che a Roma la D.C. ha abbandonato, dopo 37 anni, la sua pregiudiziale anticomunista accettando di inserire ufficialmente nella maggioranza politica e parlamentare il Partito comunista.
Ecco il punto da sciogliere. La D.C. di Bianchi che, stamani, ci è sembrata spiazzata e superata dalla D.C. di Andreotti, non può continuare a fingere di volere qui svolgere un ruolo di opposizione: questo è l'equivoco che deve essere chiarito. Certo da gran tempo sarebbe già risolto se al Gruppo consiliare democristiano fossero più numerosi gli amici di quei feroci anticomunisti che rispondono ai nomi di Rossi di Montelera o di Umberto Agnelli. In quel caso all'accordo saremmo già da lungo tempo arrivati, magari con votazioni unitarie, così come abbiamo visto concludersi quello che avrebbero dovuto essere i "sanguinosi" vertici parlamentari democristiani di Roma.
In loro mancanza potrebbe anche darsi che la commedia abbia a continuare per qualche tempo ancora, ma un dibattito politico ben diversamente impegnato di quanto questo non lo sia stato non potrà non sciogliere anche questo nodo. Lo attendiamo senza alcun timore, convinti che ormai spetti al MSI-DN, al di là della sua consistenza numerica, perch non sempre i calcoli vanno fatti in termini soltanto numerici, e al di là della modestia di chi lo rappresenta all'interno di quest'aula, il compito di interpretare, di raccogliere l'anelito di libertà, lo spirito di riscossa di tutti coloro che non intendono rassegnarsi a questo regime democomunista...



RASCHIO Luciano

Direi laico-comunista!



CARAZZONI Nino

No, democomunista. Non escludo che tra breve potremo semplificare la dizione chiamandolo soltanto comunista e togliendo il "demo".
Questo regime democomunista che, noi temiamo, verrà presto ad essere instaurato anche all'interno di quest'assemblea.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Non c'è dubbio che qualche critica alla tempestività e alla temporalità della presentazione del documento della Giunta possa essere fondata. Lo dimostra il modo abbastanza fiacco con cui procede il dibattito sufficientemente indicativo per quello che riguarda le aspettative di ciascun Gruppo politico.
L'attenzione dei colleghi comunisti era estremamente tesa quando parlava il Capogruppo della D.C. perché in realtà quello è il piatto forte per loro e non c'è dubbio che le parole del collega Bianchi erano e saranno pesate una per una.
E' proprio in questo modo di porsi nei confronti del problema generale del suo collegamento con ciò che sta avvenendo a livello nazionale che offre un quadro di valutazione della cosiddetta verifica in termini che non possono essere obiettivamente molto favorevoli nei confronti delle forze di maggioranza.
La verifica, come già ricordava il collega Bianchi, ha avuto un lungo viaggio. E' nata certamente da contrasti all'interno delle forze di maggioranza, da tensioni tra socialisti e comunisti, e di questi siamo stati tutti resi edotti non tanto da fatti clamorosi quanto da sussurri e da null'altro che sussurri di corridoio. Non c'è alcun dubbio che ai compagni socialisti non sia piaciuta la politica di contro-strategia di attenzione che il Partito comunista ha sempre condotto nei confronti della D.C. E' vero che i compagni socialisti hanno dimenticato il monito del coro dell'Adelchi quando dice che "l'antico signore si instaura con il nuovo, il nuovo signore si aggiunge all'antico, un popolo e l'altro sul collo vi sta", ma è certamente vero che gran parte del malessere che sembrava dovesse portare ad una verifica clamorosa si basava su quello.
La verifica non c'è stata per una ragione pratica, cioè per il fatto che nella situazione legata all'evoluzione nazionale i Partiti della maggioranza hanno ripiegato su quello che è stato affermato dal Presidente della Giunta e cioè di fare quadrato con i 31 voti riabilitando non solo numericamente ma anche sul piano degli apporti la parte dell'Unione Liberal Democratica.
L'Uld obiettivamente continua ad insistere di essere la rappresentante di particolari forze sociali, di particolari strati della popolazione attiva del Piemonte e che troverebbero una convergenza con l'attuale maggioranza. L'Uld non può non avere constatato, a parte la risposta mancata alle sue interrogazioni che questa mattina sono state ricordate dal collega Marchini, che tutto ciò che è stato ottenuto in risultati concreti in difesa di quella categoria è stato per l'apporto delle opposizioni che hanno tenuto presente questo tipo di problemi. In questo senso il trentunesimo voto non ha ancora dimostrato di essere un voto politicamente aggiunto o programmaticamente aggiunto: per il momento è un voto numericamente aggiunto. Ma è anche numericamente essenziale poiché si dice: "siamo 31 giovani e forti e 31 rimaniamo".
Colleghi della maggioranza, nel momento in cui fate quest'affermazione nelle dichiarazioni del Presidente della Giunta scegliete la guerra di posizione e rinunciate alla guerra di movimento, vi ritirate nella trincea e vi prospettate l'ipotesi di questa trincea per i trenta mesi che ancora mancano alla fine della legislatura. Con questo chiudete il discorso politico tanto è vero (non so se la chiusura riguarda la maggioranza nel suo insieme o qualche Partito della maggioranza) che lo chiudete nel momento in cui vi presentate con un documento programmatico.
E' chiaro che quel documento non è che la ripresa di un discorso fatto all'inizio della legislatura, portato successivamente avanti, verificato controllato, contrastato nei primi trenta mesi, ed è il discorso della maggioranza che si è istituita nel 1975. Ma questo discorso politico lo chiudete e siete sicuri di chiuderlo nell'insieme dei partiti che costituiscono la maggioranza.
Ho la sensazione, dalla strategia di attenzione cui facevo riferimento che questo discorso rimarrà aperto proprio nella direzione di aggancio della D.C., Partito che diventa amore e odio alternati e che questa mattina per bocca del collega Ferrero veniva ribadito in termini di accezione di punti di vista, metodologie, finalità, ecc., anche se il collega Bianchi per la D.C. ha preso le distanze in modo tempestivo in termini più accentuati, ha ribadito il concetto: "ciò che vale per Roma non necessariamente si trasferisce alla periferia". Lo ha ribadito con quella sua abilità dialettica che però non è detto che copra ed esaurisca tutto l'arco della realtà politica, soprattutto che rappresenti impegni di tipo particolare.
Ci troviamo di fronte ad un fatto politico chiuso, a un episodio politico chiuso già all'interno della maggioranza prima di aprirsi con le forze del Consiglio per chiudersi poi con le stesse forze, e di fronte a un documento programmatico.
Per noi socialdemocratici che non abbiamo mai impostato il problema in termini di schieramenti rigidi, che non abbiamo sposato nessuna ipotesi e che riteniamo che i Partiti sono democratici o si appalesano tali nel momento in cui portano avanti discorsi democratici e non quando hanno patenti attribuite o ricercate e comunque date da chi non è abilitato a dare questo tipo di patenti, non abbiamo delle posizioni che ci trovino incoerenti con quelle che abbiamo assunto lungo l'arco dei trenta mesi.
Abbiamo sempre sostenuto che il programma della Giunta di sinistra aveva una continuità con il passato e che cercava di realizzare finalità e obiettivi legati a una visione che poteva essere quella delle forze politiche che componevano la maggioranza ma che non era sganciata dalla fase costituente della Regione e dall'insieme dell'avvio legislativo che aveva creato le basi della Regione.
Molte ambizioni hanno dovuto essere ridimensionate a contatto con la dura realtà regionale e riteniamo che questo ridimensionamento non abbia nuociuto alla maggioranza e alla Giunta che ha potuto in questo modo verificare attraverso il confronto la possibilità di affinare le proprie convinzioni e le proprie idee con le idee delle forze di opposizione, al punto che, sempre nella relazione del Presidente, si dice che sono state votate in stragrande maggioranza le leggi regionali. E' vero: si trattava di leggi di adeguamento, di attuazione, di avvio della fase costituente e la logica era che ci fosse una maggioranza maggiore di quella politicamente espressa.
Quindi oggi ci troviamo di fronte a un documento ed è proprio questo che ci autorizza a dire che per ragioni di tempo la cosa appare non collocata in termini sufficientemente utili, perché obiettivamente siamo alla vigilia dell'esame in aula del programma pluriennale e del bilancio 1978 e in quella sede emergeranno le verifiche degli indirizzi e i giudizi sull'insieme.
E' pertanto difficile in questo dibattito riuscire a mantenere un tipo di valutazione politica. E' facile per il collega Carazzoni che ha un binario obbligato sul quale può marciare con facilità. E' già stato difficile per il collega Bianchi il quale ha dovuto ricorrere a delle puntualizzazioni di carattere ideologico e generale, sganciandosi alquanto dalla realtà obiettiva dei trenta mesi vissuti insieme.
Infatti il documento chiede un giudizio su ieri, sull'oggi e soprattutto ci chiede una prospettiva per il domani. Mentre il giudizio su ieri è sufficientemente entusiastico così come è espresso nel documento sull'oggi e sul domani è molto più sfumato trattandosi di ipotizzare una strada ancora tutta da percorrere e che non sappiamo come percorreremo.
Non sono d'accordo con il collega Bellomo che dà il suo voto "6" per tutto ciò che si è trattato. Egli ha commesso anche un errore: ha detto che si è trattato di un sei politico, in effetti voleva dire che era un sei meritato. Può anche essere considerato neppure un sei di incoraggiamento trattandosi di un'attività che merita una valutazione migliore. Non merita la valutazione che la Giunta chiedeva nel documento.
Dobbiamo analizzare tutta una serie di attività e non possiamo non riscontrare gli elementi positivi, che peraltro noi socialdemocratici abbiamo già riassunti in un atteggiamento che abbiamo preso alla conclusione dei primi trenta mesi, cioè al varo del Piano di sviluppo. Non a caso abbiamo votato per il Piano di sviluppo non solo perch riconoscevamo la validità di indirizzi che avevamo contribuito a determinare, ma perché condividevamo l'insieme delle priorità che si portavano avanti.
Anche sotto questo profilo il documento della Giunta non può essere considerato completo. Mi domando se non era meglio, piuttosto che presentare un tale documento, darci il rendiconto preciso soprattutto nei grandi settori di intervento dove abbiamo operato in termini omogenei, il raffronto fra le risorse impiegate e i risultati ottenuti. Attendiamo ancora per l'agricoltura, settore su cui è più generosa la D.C. perché le leggi dell'agricoltura sono in gran parte di sua manipolazione, la documentazione che le risorse impiegate dalla Regione hanno fatto avanzare lo sviluppo, l'occupazione nei termini entro cui ci eravamo prefissi di far marciare il settore agricolo. Siamo di fronte a decine di miliardi di cui nel documento si doveva dare il modo e il tipo di impiego.
Anche nei confronti di questo settore riteniamo che il documento sia lacunoso, soprattutto imperniato sul fatto di volere presentare un bilancio con l'appellativo "magnifico" senza invece portare documenti sufficienti di appoggio.
Questo giudizio vale un poco per tutti gli altri settori.
Nel settore della pubblica istruzione abbiamo avviato un discorso che va portato avanti e generalizzato, però, Assessore Fiorini, manca ancora la saldatura tra le nostre ipotesi e quelle concrete di una imprenditorialità presa nel suo insieme. E' una strada quella su cui noi socialdemocratici abbiamo sempre insistito: è possibile operare in termini di efficacia, in termini indotti successivamente, poiché si tratta pur sempre di un settore che contribuisce all'eliminazione della fabbrica dei disoccupati.
Ho il terrore a chiedere all'Assessore Astengo un bilancio di previsione sull'applicazione della legge 56. Non c'è un termine che sia stato rispettato; i Comuni saltano i tempi affidati per le perimetrazioni la Regione è inadempiente per gli elenchi che devono essere approvati; ho il terrore di quello che potrà succedere al momento in cui i Comuni dovranno fare i piani di attuazione. Mi risulta che i "missi dominici" della Regione ancora stanno parlando di circolari illustrative sul modo con cui si potranno fare i programmi di attuazione. Evidentemente si tratta di un procedere empirico, soprattutto silenzioso, privo di chiarezza da parte di chi propone, comunque tutti quei termini che pensavamo di mettere in atto per rimettere in moto l'edilizia stanno saltando e salteranno ancora di più.
Questa è la realtà sul documento che avremmo volentieri esaminato. Ho detto che il problema politico non si è aperto perché nel momento in cui doveva aprirsi era già chiuso, però, da un punto di vista politico, si pu dire a conclusione che di fronte a questo trinceramento della maggioranza non abbiamo molto da dire. Non modificheremo il nostro atteggiamento che non è preconcetto, spingeremo nella direzione che riteniamo utile, non abbiamo soprattutto nessuna volontà di lavorare per il re di Prussia e lavorare soprattutto per connubi che certamente si cercherà di ripristinare anche in Consiglio regionale, che noi riteniamo non naturali.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Il documento che stiamo discutendo ha avuto una ampiezza di osservazioni tale da superare lo stesso contenuto del documento.
Nella primavera scorsa è iniziato il discorso della verifica all'interno della maggioranza. Parlo di quanto è noto a tutti, non parlo delle voci di corridoio: sappiamo che la verifica, che doveva avere come conseguenza un documento politico e anche un rimpasto di Giunta, ebbe come risultato un documento politico ma non un rimpasto di Giunta.
Il documento politico fu anche oggetto di discussione tra i Partiti e contrariamente a quanto ha accennato il collega Bianchi, il PRI desider quell'incontro non ritenendo i Partiti aggregazioni per propaganda elettorale, ma occasione e luogo di dibattito perché proprio dal dibattito i Partiti possono essere rivitalizzati nelle istituzioni. Abbiamo una concezione ben chiara della differenza fra l'istituzione democratica rappresentata dai Partiti e i Consigli comunali, provinciali, regionali e il Parlamento: quindi duplice discussione, una interna del Paese e l'altra nelle aule.
Il documento è diviso in quattro parti, la prima delle quali ha un taglio politico, le altre ne hanno un altro. Accennerò brevemente alcune considerazioni a queste ultime parti.
Il documento contiene un'elencazione delle leggi approvate nel primo scorcio della legislatura e di quelle che ci si propone di approvare, senza che siano date precise indicazioni. Il tutto è condito da una serie di argomentazioni politiche non omogenee nei vari capitoli, infatti il documento risente di un certo lavoro di collage in cui sembra abbiano messo mano vari Assessori e ripete qua e là argomenti che tutti noi Consiglieri conosciamo. Non mancano alcune novità come, per esempio, l'istituto geografico regionale spuntato come un fungo dopo il discorso sulla cartografia regionale. E qui si innesta la prima parte del documento laddove si parla molto della centralità del Consiglio.
Amo le discussioni e le citazioni colte e noto che è stato citato S.
Tommaso d'Aquino e Sant'Agostino, tuttavia, in questo caso, preferisco attenermi alla politica quale risulta dai fatti.
Tutte le leggi presentate o approvate sono note al Consiglio e alle Commissioni, quindi non c'era bisogno di un elenco per conoscerle, e che queste leggi siano dibattute in Commissione con la dovuta serietà, senza formulazioni preconcette di maggioranza o di minoranza, lo sapevamo. Le leggi non sono della maggioranza o della minoranza: sono le leggi che governeranno la comunità piemontese e a tutti i Consiglieri stanno a cuore perché vogliono il miglioramento delle condizioni della comunità.
I repubblicani hanno sempre condotto un'opposizione costruttiva intendendo per costruttivo anche la formulazione delle leggi e non c'è da stupire se queste vengono approvate con una maggioranza più ampia dei 31 voti, maggioranza che il collega che mi ha preceduto ha chiamato "ferma da guerra di posizione".
A noi non interessano tanto le cose che conosciamo quanto quelle che veniamo a conoscere attraverso i giornali che non fanno parte delle comunicazioni e delle discussioni del Consiglio regionale. La famosa bozza di convenzione stipulata con gli industriali, che era stata allegata al Piano dietro precisa richiesta del Gruppo repubblicano, doveva essere discussa in seguito. Oggi leggiamo sui giornali che quella bozza ha fatto molta strada, non è rimasta unicamente una bozza ma è diventata operativa: ci sono stati incontri con la Fiat per il centro direzionale e per altre questioni. Veniamo minuziosamente informati della situazione della Singer della Venchi Unica e di aziende assai minori, ma non veniamo affatto informati delle conseguenze, che sono ben maggiori, di quel Piano programmatico approvato a luglio sul quale ci siamo astenuti.
Non vogliamo parlare dell'assetto territoriale nel modo generico con cui l'argomento è trattato in questo documento, ma intendiamo discutere di quei tipi di intervento che mutano l'aspetto territoriale del Piemonte.
Ci viene detto che sarà presentata una nuova legge sulle aree industriali attrezzate - e ne siamo lieti - ma non si danno le indicazioni di questa nuova legge. Opiniamo che, oltre alle due aree già in facimento le altre aree non siano ritenute idonee per essere attrezzate.
Le eventuali aree attrezzate artigiane sono ritenute un problema e non già una possibile soluzione in quanto non si accenna minimamente se la soluzione andrà verso una visione di area attrezzata industriale e area attrezzata artigiana, oppure verso una visione di area attrezzata artigiana del tutto staccata dall'area attrezzata industriale.



ALASIA Giovanni, Assessore all'industria ed artigianato

C'è un'indagine in corso.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Lo sappiano benissimo, comunque questo viene ancora posto come un problema.
Ma ci sono altre questioni che non sono problemi per la Giunta e sono soltanto dei problemi per il Consiglio perché in questa sede non se ne è mai fatto cenno.
Desidero leggere una dichiarazione contenuta nel documento, a pag. 30 che ci fa paura: "Contemporaneamente vi sono stati alcuni segni di ripresa in alcuni comparti della Regione, come ad esempio l'auto e il suo indotto, che possono però introdurre elementi di profondo squilibrio nella situazione occupazionale della Regione" E' il segno della sconfitta di quel libro dei sogni che era il Piano programmatico del CRPE, di tutto il lavoro avviato nella prima legislatura e nella seconda. Lo scopo principale della programmazione in Piemonte era di dare alla Regione monoculturale una diversa diffusione territoriale della produzione, una certa diversificazione industriale.
Riconosco l'onestà della Giunta per avercelo detto, tuttavia questo fatto non deve passare tra le righe, ma va sottolineato come una sconfitta del mondo politico piemontese, naturalmente la sconfitta è maggiore per questa Giunta che si è posta trionfalisticamente un'angolazione programmatica e pianificatrice a differenza della Giunta precedente che aveva sempre parlato di avvio alla programmazione, di tentativi di programmazione. I frutti si vedranno.
Questo documento ci fa nascere anche altre preoccupazioni soprattutto quando si parla dell'occupazione, problema strettamente legato alla programmazione industriale, problema che esige la mobilita e il trasferimento della manodopera dalle aziende improduttive che devono chiudere, problema connesso alla riqualificazione. Le aziende nel rilocalizzarsi perdono una parte della manodopera e ne acquistano un'altra nel luogo in cui vengono collocate.
La proposta della Giunta ci spaventa. Essa dice: ". avviare in ogni Comprensorio facendo perno sulle Commissioni lavoro e programmazione dei Comitati comprensoriali un metodo di confronto sistematico fra tutte le forze e le sedi istituzionali che intervengono sul mercato del lavoro dal lato della domanda (imprenditori, artigiani, cooperazione, associazioni contadine) e da quello dell'offerta (uffici del lavoro, organizzazioni sindacali) ed anche dal punto di vista della raccolta di informazioni statistiche, Camere di Commercio, uffici statistici comunali, provinciali ecc. In questo modo dovrebbe essere possibile, a scadenze determinate definire un quadro della situazione domanda-offerta di lavoro a livello comprensoriale che, per quanto di prima approssimazione, potrebbe rappresentare il riferimento essenziale per la scelta che la Commissione regionale e i vari Assessorati sono chiamati a compiere".
Signori Consiglieri, quando ho letto tutto questo ho detto che non vorrei essere un banconista disoccupato! La famosa legge 56, al confronto di questo eccesso di burocratizzazione, sarà di rapidissima attuazione e darà i suoi frutti nel giro di pochissimo tempo.
Occorre una fantasia diversa. E' inutile dire che gli uffici di collocamento non funzionano, questo lo diciamo tutti. E' inutile parlare di "determinate situazioni nei confronti degli industriali" quando è chiaro che siamo ancora al punto dell'avvio dei colloqui per talune cose, come nel mese di luglio al momento dell'approvazione del Piano di sviluppo.
La Regione si faccia promotrice di qualche cosa di diverso, faccia anche un "Portobello" dell'occupazione. Potrebbe, senza paura, pubblicare un giornaletto da distribuire nelle edicole dal quale risulti la domanda e l'offerta del lavoro che avrebbe un'immediatezza infinitamente superiore.
Non possiamo bloccare le strutture aziendali nella loro impossibilità di rinnovo, non possiamo bloccare le persone in attesa che sia realizzato tutto questo apparato. Mentre i programmatori programmano, la vita continua. Non si può continuare a far carico sulla Cassa integrazione che succhia il Paese lasciando immutata la situazione di scontento.
Alcune dichiarazioni vanno smitizzate.
Ci siamo sentiti ripetere per tutto il tempo della discussione del Piano di sviluppo, e la vediamo ripetuta nella prima parte del documento l'affermazione secondo la quale il Piemonte ha fatto una scelta meridionalistica. Il nostro Partito è meridionalista e non abbiamo nessuna paura di dire che la scelta fatta dal Piemonte non è meridionalista.
A livello nazionale sono stati dati 10 mila miliardi alla Cassa del Mezzogiorno, dei quali 2 mila miliardi vanno alle istituzioni regionali altri miliardi al credito agevolato e nel decreto Stammati altre agevolazioni sono previste per l'Italia meridionale: questa in realtà è una scelta meridionalista che, ovviamente, ha penalizzato l'Italia settentrionale.
Poiché questo era il problema, si trattava di aumentare il potenziale produttivo con il conseguente aumento dei servizi e dei loro costi se non si vuole andare incontro ad altre difficoltà socio-economico-politiche. Ma per non aggravare la situazione socio-economico-politica nel Piemonte poiché non ci sono le possibilità per aumentare e rendere civili i servizi di fronte ad una nuova ondata di migrazione, si è scartata la soluzione che comporta la nuova ondata di migrazione.
Non facciamoci belli con le penne del pavone. La scelta è stata fatta a livello nazionale e in Piemonte ne abbiamo subito e accettato le conseguenze e di queste conseguenze abbiamo tenuto conto nel Piano.
Agnelli - il giornale non lo dice ma immagino si tratti dell'avvocato ha dichiarato che oltre quel certo numero di assunzioni che intende fare saranno possibili altre assunzioni che comporteranno un'ondata di immigrazione. Forse negli incontri che ci sono stati si è parlato anche di questo problema. Ecco allora che tutti i problemi si riallacciano perché è difficile facendo della programmazione non avere problemi concatenati e, in questo caso, torna in ballo l'assetto territoriale e la legge sulla tutela del suolo che, per ora, non ha avuto nessun avvio che rispetti i tempi fissati.
Ho scelto un settore nel quale la Regione non ha competenza specifica tuttavia è un settore importante che ha molti risvolti. Una Regione che voglia fare politica non può disimpegnarsene: la Giunta infatti non se ne disimpegna affatto.
Nella discussione sul Piano di sviluppo avevamo dato una valutazione positiva al settore agricolo perché ci sembrava di scorgere un cambiamento rispetto alla politica precedente. Si parlava di "diffusione dell'imprenditorialità singola ed associata, condizioni per lo sviluppo di unità produttive adeguate e sufficiente redditività attraverso iniziative che superino la logica assistenziale e produttiva degli interventi a pioggia". Di queste indicazioni non troviamo alcun cenno nel documento, nel brevissimo spazio dedicato all'agricoltura. Ci auguriamo che sia rimasto nella penna e che non si tratti di una scelta politica.
Siamo consapevoli che la Giunta non era in condizione di assumere impegni in tutti i settori poiché il D.P.R. n. 616, ritenuto il fatto istituzionale più importante dell'Italia post fascista, è troppo recente.
Tuttavia il documento manca di una certa integrazione non tanto in termini di quantificazione quanto in termini di indicazione politica.
Alcuni accenni ci hanno fatto addirittura strabiliare. In occasione della presentazione di una nostra interrogazione ci è stato detto che noi repubblicani insistevamo sul piano ospedaliero come se su di esso si fondasse l'operatività dell'Assessorato alla sanità. Oggi nel documento viene riconosciuto che è proprio il piano ospedaliero la parte più importante del settore sanitario.
Anche in questo caso si danno unicamente delle tracce. Noi repubblicani siamo perfettamente d'accordo che i posti letto ospedalieri in Piemonte sono troppi. Ma ci chiediamo: attraverso quale piano i consigli di amministrazione degli ospedali richiedono l'eliminazione di 10 o 200 posti letto? Perché si realizzi quel rapporto tra Giunta e Consiglio di cui si parla nelle prime pagine del documento è opportuno disporre di un piano generale sul quale discutere in Consiglio e dal quale scaturiranno le determinazioni per questo e per quell'ospedale. Non siamo d'accordo che si proceda attraverso la telefonata o la circolare. Il potere esecutivo non deve essere usato come forza di pressione sulle singole situazioni.
Nel documento manca completamente un accenno alla politica finanziaria della Regione. Che la Regione stipuli o meno tutti i mutui che pu stipulare è una questione di un'importanza e di un peso non indifferenti in ordine alla situazione del credito piemontese. E' un capitolo sul quale la maggioranza deve avere le idee chiare e che deve esplicitare al Consiglio.
Devo comunque riconoscere che è stata svolta una gran mole di lavoro da parte della maggioranza che è stata chiamata a svolgere molti compiti, in alcuni casi per applicare leggi di carattere nazionale e in altri casi per intervenire con leggi che precedono le leggi nazionali, come la legge regionale n. 39 sulla quale abbiamo delle perplessità per le stesse ragioni evidenziate questa mattina dal collega Ferrero. Sia la legge sulla riforma sanitaria nazionale che quella locale ci lasciano alcune perplessità di carattere istituzionale in ordine ai controlli. Avremmo voluto affrontare questo problema (e potevamo anche concedere la zonizzazione seppure sbagliata a nostro avviso) per dare l'avvio alla preparazione della riforma perché l'applicazione in loco della riforma in assenza di quei tipi di controllo, ci preoccupa fortemente.
Questa è stata un'occasione opportuna di discussione anche se collocata molto vicino a quella che si terrà sul bilancio annuale e pluriennale. In quell'occasione vedremo con precisione come verrà mutato l'indirizzo politico e il documento di intenzioni a fronte delle spese che si vorranno impegnare per attuare gli indirizzi e le intenzioni.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Tocca a me, come altre volte, intervenire per ultimo per cercare non solo di esplicitare la posizione del mio Gruppo, ma anche per dare alcune risposte alle questioni poste con maggiore o minore precisione e vena polemica, con diversità di tono, dr stile, di qualità, ma che comunque hanno posto in evidenza le reazioni delle forze politiche all'appuntamento da molti giudicato opportuno, ma anomalo perché si attendevano altre cose perché da quella che era stata chiamata verifica si riteneva di poter attendere delle conseguenze all'interno della Giunta, un rimpasto, o comunque degli spostamenti nella maggioranza.
Credo che la legittimità di queste aspettative sia indubbia anche se ritengo che abbia una sua profonda validità il fatto di esprimere da parte della maggioranza che ha un elevato grado di stabilità, di unità di fondo seppure attuate nei limiti delle imperfezioni e che ha svolto una coerente azione politica di governo. Recependo un alto tasso delle osservazioni venute dalle forze politiche il valore di questo dibattito diventa la precisazione nel senso politico, dell'esperienza compiuta insieme dalla Giunta, dal Consiglio per le sue responsabilità e in fondo dalla Regione Piemonte.
Interrogarci sui movimenti di fondo e su questi aspetti del problema penso che non sia inutile. Non solo, ma penso che sia necessario, perché se oggi non sappiamo andare oltre alla presunta concretezza - ma secondo me non è tale - forse non sappiamo bene riconoscere, in un momento di profondo rivolgimento economico, sociale, culturale e ideale del Paese, la funzione delle forze politiche, delle istituzioni e il ruolo di un Ente come la Regione.
Credo comunque che questo sia un appuntamento importante che non pu essere liquidato attraverso una esegesi del documento. Purtroppo ci si è soffermati troppo poco sul senso politico che, con tutte le imperfezioni del documento stesso, si è cercato di esprimere attraverso questa presentazione al Consiglio da parte della Giunta. Quindi il senso politico di un'esperienza politica compiuta dalla Giunta, dal Consiglio, dalla Regione intera, che non possono avere come riferimento preciso le grandi questioni che caratterizzano il dibattito politico ed in particolare le iniziative delle forze democratiche: lo sviluppo dei processi di intesa tra le forze democratiche, i temi della crisi, la difesa e lo sviluppo della democrazia, i temi del modo e della capacità di governare, dei rapporti tra istituzione e società e istituzione e processi economici. Una riflessione su questi temi va fatta. Credo che al di là degli spunti contenuti nell'intervento del Consigliere Bianchi, questo nodo vada affrontato.
Allora questo significa verifica rigorosa, seria, non unidimensionale su una questione di fondo: se e come la nostra azione di governo, espressa e proposta dalla Giunta e recepita e mediata dal Consiglio, abbia contribuito a far avanzare nel concreto processi di trasformazione e di rinnovamento della società piemontese, se e come abbiamo saputo governare e come nella concretezza delle scelte e degli obiettivi che ci siamo prefissi o che indichiamo, intendiamo continuare.
Si tratta di questioni che costituiscono metri di giudizio altamente impegnativi con cui peraltro credo che dobbiamo essere in grado di fare i conti fino in fondo sviluppando al meglio le nostre capacità di analisi politica, affrontando con serenità di ragionamento aspetti positivi e quelli che positivi non sono.
Il documento voleva essere questo e secondo me lo è stato e ritengo vada letto in questa chiave, interpretato e discusso. Lo impone la necessità di verifica alla luce dell'evolversi della situazione politica nazionale, lo impone il fatto che dopo i 32 mesi trascorsi stiamo entrando nella seconda metà della legislatura. E' un senso che forse ci sfugge, ma che va recuperato in uno sforzo di analisi che sia adeguato alla portata politica dei processi in atto su cui siamo chiamati con le nostre responsabilità a intervenire.
Da questo punto di vista la Giunta può presentarsi senza iattanze senza trionfalismi, ma con tranquillità a questo appuntamento avendo sviluppato con il massimo di coerenza possibile un progetto politico di governo. La Giunta si presenta con le carte in regola perché ha saputo con la sua stabilità dare senso alla continuità del progetto e ha posto delle basi, insieme al Consiglio, a mete e punti di non ritorno. Questo è un dato su cui dobbiamo riflettere.
Se in quest'esperienza c'è un valore, ebbene, questo valore va recuperato in alcune leggi, in alcuni atti, ma soprattutto nell'unità di fondo, unità di un progetto politico complessivo. Lo diceva il documento e credo che vada ripreso.
Alcuni Consiglieri hanno tacciato la Giunta di trionfalismo, di autocompiacimento, scarsezza di senso critico e via dicendo. Ebbene, pu darsi che le ripercussioni dei problemi sull'agire politico non siano state rese adeguatamente, però è certo che se gli strali sono rivolti verso quest'unità di progetto politico, questa forza, penso che siano stati strali sbagliati: è un dato oggettivo che queste linee dell'istituzione non le abbiamo create soltanto noi, c'è l'elemento di continuità, c'è l'elemento di rapporto e di contributo delle altre forze politiche. E' certo che la maggioranza e la Giunta hanno saputo portarli coerentemente avanti.
Inviterei i Consiglieri ad andare a rileggere la pagina 5 del documento quando parla della "forza del progetto al di là del contingente politico".
Qual è il senso di queste parole? Il senso è che una delle ragioni di fondo della stabilità è segnato dalla validità di questo progetto che viene da lontano, che non è certamente un'invenzione di questa maggioranza, ma che questa maggioranza ha avuto il merito politico - lo rivendichiamo - di lavorare per realizzarlo, per svilupparlo e per concretizzarlo.
Così si spiega il confronto costruttivo, che pure ha avuto degli episodi di scontro, di contrapposizione frontale, ma che però va ribadito come dato di fondo. Voglio ricordare i contributi che hanno dato i partiti lo stesso Partito liberale che è mosso da una certa logica, ma che ha cercato di dare dei contributi seri. L'atteggiamento della Giunta e l'atteggiamento delle forze politiche avrebbero portato a risultati concreti come la stabilità, la coerenza di azione politica di fondo, e sarebbe bastato? Non sarebbe bastato. Quello che ha fatto in modo che questi fossero i rapporti politici e che questo fosse il livello di sviluppo del progetto è stata la sostanziale convergenza non su un programma politico di una maggioranza: c'è una differenza profonda tra progetto di governo complessivo e programma politico della maggioranza; uno è parte dell'altro ma appartiene molto più profondamente ai movimenti di fondo, ai cambiamenti di struttura che l'operare politico, attraverso l'evoluzione storica ed ideale, comporta all'interno delle forze politiche e viene trasmessa nelle istituzioni. Il progetto non è tanto la somma organica di singole proposte di atti o di provvedimenti di vari settori, quanto il senso profondo di un modo di essere delle istituzioni, di un suo ruolo di fronte ai processi economici e sociali.
In altri termini, il progetto proposto dalla Giunta e dalla maggioranza e fatto proprio dal Consiglio è stato ed è la conquista di un ruolo politico della Regione attraverso la scelta concreta di un progetto di trasformazione graduale, ancora in avvio, del Piemonte fondato sulla politica di programmazione e sulla riorganizzazione e rinnovamento del tessuto istituzionale; o, se preferite, il progetto di governo si pu definire con un altro termine: l'azione e l'iniziativa assunta per affermare in capo alle assemblee elettive, non solo al Consiglio regionale alla democrazia politica la prerogativa di protagoniste e forze dirigenti reali rispetto ai processi economici e sociali.
Questo non è poco, questa è la concretezza reale. Certo occorre che tutti gli atti siano coerenti. Probabilmente non tutti gli atti sono stati coerenti fino in fondo. Tra l'altro una verifica al nostro interno, un ripensamento possono darcene conferma. Lo possono fare molto bene le osservazioni dell'opposizione, pero questo disegno di fondo è stato mantenuto. Sono convinto che questo è uno dei problemi su cui ci dobbiamo confrontare perché sappiamo che è crollato un modello di sviluppo, e giustamente, perché segnato profondamente da distorsioni, ingiustizie discriminazioni, steccati che colpivano la mia parte politica. E quanto l'hanno colpita negli anni! E' crollato quel modello, si tratta di costruirne uno nuovo. Certo è molto difficile prefigurarlo nella situazione di crisi che è complessa, che non è solo economica, ma qual è il punto su cui dobbiamo raggiungere una unità di fondo? Forse questa unità di fondo c'è stata ed ha dato dei frutti: è stata quella di ricondurre con il massimo sforzo al ruolo dirigente della democrazia i processi della società. E' problema di grande portata perché noi non possiamo dimenticare che cos'è stato fino a ieri la separazione del governo dell'economia dal governo generale della società.
Questa è stata sistematicamente e variamente giustificata, anzitutto con la considerazione che le esigenze peculiari del processo economico raccomandano autonomia, rapidità di decisione ed un alto grado di specializzazione, la cosiddetta motivazione tecnica. La separazione è stata anche teorizzata come una garanzia necessaria di economicità del sistema produttivo, di rispetto del mercato e delle sue leggi. Ma, di fatto, essa ha provocato l'effetto opposto. Gli strumenti del governo dell'economia per il fatto stesso di essere sottratti alla direzione e al controllo democratico, hanno finito con l'assumere un carattere a servizio, servente rispetto agli interessi dei gruppi economici dominanti ed hanno con ci depresso e non valorizzato la potenzialità del mercato oppure sono stati piegati al soddisfacimento di interessi particolari di sottogoverno, di conservazione, di consolidamento del potere da parte delle classi politiche ed economiche che perdevano la loro funzione di classi dirigenti, ma rimanevano ancora classi dominanti; provocando comunque dei processi di devalorizzazione del capitale, di distruzione della ricchezza prodotta.
Questa è la società che quel certo tipo di modello ci ha consegnato e si è rivelata da alcuni anni nell'usura e nel fallimento dello schema classico liberale-democratico che si affidava al potere regolatore e selettivo della spontaneità del mercato limitandosi a garantirne politicamente il funzionamento. Il fallimento di questo modello di sviluppo si è verificato, così come è fallita anche la risposta basata su presupposti in parte analoghi, anche se poi molto diversi nella caratterizzazione, dello stato assistenziale. Comunque lo stato assistenziale o il vecchio modello di sviluppo, di matrice vagamente liberal-democratica hanno fallito perché il loro rapporto con i processi reali, con le sedi reali di decisioni democratiche non c'è stato.
Dobbiamo riflettere se noi, come Regione, abbiamo dato un contributo.
Certo non possiamo dire di aver fatto questo: sarebbe presuntuoso. Tuttavia è stata tentata quest'operazione, coerentemente per noi in particolare, che dall'opposizione nell'altra legislatura abbiamo fatto battaglie su questi temi, trovando convergenze e consensi tra le altre forze politiche, tanto è vero che alla fine della legislatura si è incominciato a delineare un sistema di questo tipo.
Attraverso le leggi di piano, lo stesso Piano di sviluppo, attraverso gli atti che stiamo compiendo in ordine alla rilocalizzazione delle aree Fiat, abbiamo compiuto un atto di governo. Noi rivendichiamo il merito di aver portato questa decisione - che non è ancora assunta definitivamente e ci saranno tutti i processi democratici necessari - nelle istituzioni e non nel chiuso di altre sedi, dove spesso compensazioni nel lontano passato si sono fatte e dove chi dominava non erano le istituzioni come rappresentanza organica della gente, ma erano gruppi ben identificati di potere.
Nel momento in cui ci siamo proposti come forza di governo, ci siamo posti questo problema e abbiamo cercato di affrontarlo attraverso un'azione dirigente e non subalterna, non a servizio di decisioni già prese e forse opportunamente sollecitate e assunte in dispregio della volontà delle istituzioni. In questo senso si è comportato il Comune di Torino, in questo senso si comporterà la Regione.
Ci saranno i modi di ricuperare la centralità del Consiglio. Questo processo è aperto nelle istituzioni e le istituzioni, la Giunta, attraverso la definizione dei problemi concreti, hanno cercato di avere un livello sufficiente di intesa. E' stato un fatto di grande importanza che rientra nel sistema del governo democratico dell'economia.
Ma non è il solo fatto. Con il Piano di sviluppo abbiamo cercato di realizzare il governo della società e il governo dell'economia, e vi è stato un uso corretto dell'autonomia regionale. Quando parliamo di Stato quando parliamo della riforma dello Stato, il tema centrale è il rapporto delle assemblee elettive che possono e devono dare il massimo sviluppo della libertà e dell'autonomia, ma devono anche essere capaci all'interno di condurre un disegno relativo al progetto di cambiamento e di trasformazione della società.
Il nostro rapporto con il Governo ha avuto questo senso ed è stata una collocazione corretta rispetto anche alle esigenze nazionali, di stimolo di contributo.
Non sono d'accordo con la dottoressa Castagnone Vaccarino. Ritengo che nel momento in cui sarà varata, la riforma sanitaria nazionale troverà in Piemonte non solo delle istituzioni che si porranno il problema di applicare più o meno burocraticamente la legge, ma troverà un terreno abbondantemente aperto perché già forze politiche, Enti locali si stanno misurando sui temi concreti della programmazione, che sono quelli che ricordava questa mattina il compagno Ferrero e sui quali non desidero ritornare.
In definitiva, credo nella necessità di riaffermare il primato della politica sull'economia, che si esprime proprio attraverso lo sviluppo delle potenzialità di direzione e di governo delle assemblee elettive. Uno dei grandi motivi di fondo e di giusto orgoglio è quello di aver innescato anticipatamente un meccanismo come quello dei Comprensori, che dovrà essere governato, che può portare dei rischi, può provocare anche pericoli di lacerazione se non governato bene, ma mette in moto un arco molto più consistente di forze reali che si misurano sui problemi e cercano di coordinarli in una visione unitaria delle istituzioni e quindi della programmazione.
Fin qui è il disegno. Ma poi possiamo dire ancora che la coerenza dei comportamenti, che l'azione concreta si è ispirata a questo indirizzo oppure che come partiti abbiamo interamente capito tutto dopo aver fatto il Piano? Che abbiamo capito tutto anche dopo avere approvato leggi importanti o non occorrono invece dei momenti di ulteriore riflessione ed approfondimento? C'è un dato di fondo. La gente, quando invoca il buon governo, sembra chiedere apparentemente solo serietà ed efficienza, ma lo chiede ponendosi delle domande profonde circa il carattere e l'ordinamento dello Stato circa le persone che decidono. Questo è l'elemento di fiducia nelle istituzioni, e questo l'elemento di collegamento tra l'entrata sulla scena di grandi masse popolari e il ruolo che possono in senso evolutivo, in senso socialista, svolgere le assemblee elettive.
Mi faccio carico di una domanda del genere, cioè di una domanda sul carattere dell'ordinamento, perché sono convinto che il '48 e l'operazione di De Gasperi è passata perché c'era il piano Marshall, c'era la promessa dello sfilatino americano e, se i comunisti avessero vinto le elezioni, non sarebbe più arrivato; ma più nel profondo c'era una non comprensione da parte di larghi strati sociali sul carattere e sul tipo di ordinamento che intendevamo dare allo Stato con la nostra posizione politica: c'era misconoscimento.
Sono temi su cui dobbiamo fare chiarezza fino in fondo misurandoci con l'alto livello di novità nelle istituzioni stesse. Non credo di dover aggiungere nulla all'intervento completo e esemplare del compagno Ferrero sui temi istituzionali. Credo invece sia giusto cercare di trattare alcuni temi in ordine al rapporto che deve esserci tra il governo democratico dell'economia, programmazione democratica e concezione di cambiamento reale della società.
Dobbiamo avere la consapevolezza che i vecchi meccanismi non operano più, che lo sviluppo deve essere programmato, ma dobbiamo avere anche la consapevolezza che lo sviluppo economico è stato guidato da una cultura e da una morale (nel senso di gerarchia dei valori, non nel senso di etica) così come ha determinato una cultura e una morale. Questa vecchia gerarchia dei valori è in crisi. Nelle istituzioni è in crisi un vecchio sistema di potere, è in crisi un vecchio ruolo dello Stato, dello Stato che appunto governava attraverso la separazione, è in crisi la proliferazione di enti di istituzioni fuori dal controllo democratico, ma,nello stesso tempo questa gerarchia di valori è in crisi nella qualità della vita, i miti di un progresso incontrollato , di un mondo che avrebbe potuto andare avanti sempre più a svantaggio dei popoli emarginati e del Terzo Mondo. C'erano queste costanti culturali e morali e queste sono andate in crisi.
C'è da chiedersi se la crisi di quel tipo di modello di sviluppo non abbia corrisposto e non abbia intriso fortemente la crisi di quella cultura e di quella morale. Noi crediamo di sì. La programmazione economica fondata sulla partecipazione e sul consenso, sul ruolo delle istituzioni sulla democrazia politica, può essere concepita separando l'economia dalla totalità della vita sociale? Noi crediamo di no.
Crediamo che si sia determinato un grande divario tra i vecchi valori e la realtà dei problemi della società. Nelle istituzioni è andato avanti un processo di grande sommovimento e di trasformazione dello Stato - pensiamo solo alla legge 382. La presenza e la forza del movimento operaio sono stati determinanti per uscire in modo unitario a recuperare questo elemento di divaricazione tra società e istituzioni. Ma occorre fare uno sforzo di grande rigore per guardare anche alla cultura della quotidianità che si annida nelle pieghe molto profonde del costume, determina la condotta di ognuno, soprattutto nel campo dell'economia e dei consumi.
Qui si colloca l'idea forza che abbiamo affermato con molta energia rappresentata dalla politica dell'austerità. Concetti che fanno perno su un diverso modo di collocare gli stessi valori. Lo Stato, proprio per attuare questo rigore e per trasmetterlo, ha un ruolo fondamentale. E' questo elemento unificante, di sintesi, questo non rincorrere tutti i problemi, i corporativismi, i particolarismi, i municipalismi che in larga misura hanno determinato un sistema scoordinato, antieconomico e profondamente ingiusto.
In questo senso credo che sia di grande importanza ciò che il Consigliere Bianchi ha detto questa mattina e che ha anche detto in un'intervista sulla "Discussione" a proposito del rapporto nuovo che la Democrazia Cristiana sta instaurando e perseguendo con la società piemontese. Questo è molto importante perché credo che valga per tutti i partiti dimostrando che occorre uno sforzo unitario senza precedenti a partire dalle classi popolari per affermare il loro ruolo di governo; per far emergere una nuova cultura, per far emergere questa nuova gerarchia di valori che presiede ad un diverso meccanismo di sviluppo e quindi salvi il Paese dalla crisi e lo trasformi; che abbia, come fine, la necessità di trasformare modi di vita, la quotidianità del costume, di conquistare forme più elevate di solidarietà umana e sociale.
Dobbiamo comunque aprire una riflessione sul fatto di avere sempre e tutti una coerenza in questo, coerenza nel tener fede ad un imperativo categorico: oggi come non mai dobbiamo intendere il sistema delle autonomie e la presenza dei Partiti nella società come elementi per unire, non per dividere e disgregare. In questo senso riassume tono e peso il valore di questo progetto più generale, che va al di là del contingente politico, ma che rappresenta un accordo di fondo, unità di fondo sui fini dell'azione politica. Le assemblee elettive possono svolgere questa funzione purch abbiano la consapevolezza - e questo Consiglio l'ha rappresentata - della necessità politica per la trasformazione e quindi di accordo nella trasformazione.
Vorrei fare ancora alcune considerazioni su di un altro elemento che discende come conseguenza dalla connessione tra trasformazione economica sociale e i problemi della libertà e del pluralismo.
Si esagera un po', anche perché molto spesso lo si fa strumentalmente nel continuare a chiedere a noi comunisti se diamo garanzia di libertà e di pluralismo che sarebbero richieste dalle altre forze politiche.
Dobbiamo sempre e solo rispondere che ne abbiamo date sin troppe. Per penso che il problema sia un altro e cioè che troppo spesso si è confuso da parte di certe forze pluralismo e corporativismo, localismo e municipalismo. Si tratta invece di porre la domanda in altra maniera; si tratta di chiedere a tutte le forze politiche e democratiche quale impegno assumono, rispetto alle istituzioni, alla loro centralità, nel rapporto con le forze sociali, con tutte le espressioni della società civile. Anche perché deve esserci un'intesa di fondo, tutt'altro che scontata, secondo cui i pericoli maggiori per la libertà non vengono certo dai processi di trasformazione, non vengono dalle riforme, ma da chi continua falsamente a contrapporre libertà e riforme della società, istituzioni e processi di trasformazione economica.
Il pluralismo stesso è uno dei massimi risultati possibili in una società in cui le istituzioni, le assemblee elettive, la forza della centralità del Consiglio, il ruolo delle forze politiche, facilitano il confronto tra i diversi gruppi sociali, andando anche al di là della tradizionale funzione di controllo secondo meccanismi di stampo chiaramente garantisti.
Sono considerazioni generali che potrebbero essere sviluppate meglio ma credo sia giusto avviarmi alla conclusione.
In ordine a questo documento è giusto recepire le osservazioni fatte su alcuni argomenti settoriali, sulla centralità del Consiglio, ed è giusto dare atto che questo è perfettamente rispondente al modo con cui la maggioranza si è presentata. Non come dice il Consigliere Cardinali e come ha ripreso la dottoressa Castagnone Vaccarino, che dicono che la maggioranza si è presentata in trincea. Soprattutto un'osservazione non mi pare corretta in ordine ai problemi industriali e occupazionali. Se l'interpretazione fosse quella dell'osservatore del mercato del lavoro o dell'utilizzo nei Comprensori della Commissione della mobilità come problema di crescita e di creazione burocratica, credo che non correremmo affatto dietro a strumenti del genere semplicemente per questioni di buon senso. In realtà qualche cosa non è stato capito dalla Consigliere Castagnone, di solito acuta e attenta. Questo strumento è lo strumento di governo delle realtà locali in relazione al mercato del lavoro. Ma governo vuol dire fare un'azione per unificare, mettere a confronto, riuscire a tirar fuori strumenti burocratici e non invece cercare di fare in modo che la forza delle istituzioni sappia esercitare, introdurre elementi di rapporto tra le forze sociali, scoprendo potenzialità imprenditoriali laddove magari ci sono e mancano gli strumenti di controllo e di governo democratico.
Il senso di questo è di mettere in atto una serie di politiche coordinate. Allora non può essere banalizzato uno strumento del genere. Pu sembrare una somma di competenze affastellate, ma in realtà il documento muove da un'ispirazione politica profonda.
Dette queste cose, è anche necessario ricordare che il ruolo del Piemonte viene ad accentuarsi nella situazione nuova che si è determinata con la costituzione di una maggioranza di emergenza a livello nazionale. I problemi, i temi e le impostazioni già assunte possono trovare un terreno molto più ampio di confronto e di impegno nelle realizzazioni. Siamo d'accordo di non operare trasposizioni meccaniche di ciò che avviene a livello nazionale nelle condizioni e nella situazione regionale, ma attenti, i problemi rimangono. In Piemonte c'è un'emergenza di tipo diverso da quella di zone del mezzogiorno. C'è l'emergenza di un corretto governo dell'economia e della società, l'emergenza di estendere la democrazia politica sino ad un governo dei processi di trasformazione in atto. La consapevolezza che dal modo con cui si impostano molti problemi si pu avviare la soluzione, in cui si creino le condizioni o meno per una ripresa nazionale. Questa è una responsabilità molto grande. Essa spetta indubbiamente a chi è alla testa dell'esecutivo e ha in primo luogo la responsabilità del governo regionale, ma in egual misura spetta anche a coloro che comunque sono il potere reale nella nostra Regione, banche Camere di commercio che comunque vogliono un ruolo di governo pur essendo all'opposizione. Questa responsabilità ci tocca se si opera per ricondurre un grande sforzo unitario al controllo delle assemblee elettive di questi strumenti della trasformazione.
E' questa l'ottica entro la quale muoversi, un'ottica che restituisce capacita di proposta e capacità operative nella società e nelle istituzioni a tutte le forze politiche e non le condiziona a vecchi ricatti e a vecchi schemi.
Questa è l'ottica che permette ad ogni partito di farsi correttamente partito, cioè momento da sintesi e di anticipazione corretta delle soluzioni che scaturiscono dal confronto e dalle decisioni delle istituzioni.
Il Consigliere Bianchi giustamente ha detto che non si devono rincorrere categorie sociali e non farsi partito verso di esse. La coerenza dei comportamenti è importante perché non ci siano soltanto delle affermazioni, seppure in perfetta buona fede; ecco allora l'importanza del processo di unità delle istituzioni. Va esaminato se sia del tutto vero quanto diceva questa mattina il Consigliere Bianchi, quando, in una accorata e convinta perorazione del ruolo svolto dal Gruppo D.C., ha detto che non tutti i provvedimenti sono stati fatti con lo spirito costruttivo.
Probabilmente sì. Certo bisogna stare attenti specie a quelle dissociazioni tra il centro e la periferia affinché non ci siano forze che forse non vogliono "rompere", ma che al tempo stesso cercano di impedire che si realizzino le cose, forse per poter dire che tutti hanno concorso a impostare correttamente i problemi, ma che a sinistra non c'è stata la capacità di realizzarli.
Mi auguro che questo non sia vero, mi auguro che questa coerenza si possa ritrovare nei comportamenti concreti. Questo mi fa confermare il fatto che un'opera del genere deve svilupparsi nelle istituzioni, ma i partiti la devono svolgere nella società, specie oggi. Lo abbiamo registrato a livello nazionale attraverso la formazione del governo attraverso certi presupposti che erano quelli di affrontare l'emergenza e un fine superiore agli stessi partiti in causa. Ebbene, anche se non chiediamo e non vogliamo trasposizioni meccaniche, d'altra parte il governo in Piemonte c'è, occorre una grande unità. Occorre però un'unità e un'intenzione, un patto di fondo per realizzare: unità sui fini, sulla programmazione, sul progetto, sul superamento dei particolarismi e dei corporativismi ancora largamente presenti. Azione di ordinamento, quindi che è cosa ben distinta dall'azione di governo. Il governo è contingente e può passare, l'ordinamento e le sue realizzazioni sono pietre miliari da cui non si torna indietro, sono i veri e propri punti di non ritorno.
Questo lavoro può essere fatto solo se esiste una reale volontà di unità, e se non c'è nessuno che gioca più o meno intenzionalmente, più o meno strumentalmente.



PRESIDENTE

Con questo intervento si conclude il dibattito generale sulle dichiarazioni della Giunta Domani mattina replicheranno gli Assessori.


Argomento: Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate dallo Stato alle Regioni

Esame disegno di legge n. 284 "Norme provvisorie per l'esercizio delle funzioni delegate alla Regione con D.P.R. n. 616/1977, art. 76, ultimo comma"


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare il disegno di legge n. 284 "Norme provvisorie per l'esercizio delle funzioni delegate alla Regione con D.P.R. n.
616/1977, art. 76, ultimo comma", per il quale posso solo suggerire un titolo più semplice e più chiaro. All'Assessore Ferraris il compito di formularlo.
La parola al relatore, Consigliere Besate.



BESATE Piero, relatore

Il collega Chiabrando era stato designato quale relatore di questo disegno di legge. Poiché oggi è assente per indisposizione mi ha pregato di sostituirlo in questa breve informazione al Consiglio.
Con questo disegno di legge si assicura la continuità del funzionamento dei mezzi meccanici con l'erogazione dei prodotti petroliferi agli agricoltori che hanno la possibilità e i requisiti di fruire delle agevolazioni sui prezzi in relazione alla quantità di terreno da lavorare meccanicamente e ai mezzi meccanici impiegati.
Si ricostituisce il Comitato provinciale nel quale non sarà più presente il rappresentante della Guardia di Finanza, che nella sua qualità di militare dovrebbe avere un rapporto con il Ministero della Difesa, ma sarà presente un rappresentante dell'ufficio tecnico dell'Intendenza di Finanza su designazione dell'Intendente di Finanza.
La Giunta coordinerà la materia con i comitati provinciali e i capi degli ispettorati agrari in ordine alla prestazione della Guardia di Finanza, quanto mai preziosa ai fini del controllo di questa delicata e importante funzione.
Con questa legge si assicura la continuità delle funzioni dell'Uma e gli agricoltori hanno modo di operare senza interruzioni del servizio.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Il titolo del disegno di legge potrebbe essere il seguente: "Comitati provinciali per la distribuzione dei prodotti petroliferi agevolati per l'agricoltura".



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
"Art. 1 - Allo scopo di assicurare continuità al servizio della distribuzione dei prodotti petroliferi agevolati per l'agricoltura, con la presente legge vengono stabilite le norme provvisorie per l'esercizio delle funzioni delegate alla Regione con l'art. 76, ultimo comma, del D.P.R. n.
616/77, relative ai Comitati Provinciali di cui alla legge n. 1852/62 e successive modificazioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti n. 38 hanno risposto SI n. 37 Consiglieri si è astenuto n. 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
"Art. 2 - E' istituito in ogni provincia del Piemonte il 'Comitato Provinciale per la distribuzione dei prodotti petroliferi agevolati per l'agricoltura' con sede presso le sezioni provinciali U.M.A.
Il Comitato che svolge le funzioni del Comitato Provinciale previsto all'art. 13 della legge n. 1852/62 è cosi composto: 1) Capo I.P.A. o suo delegato, che lo presiede 2) un funzionario dell'I.P.A. designato dal Capo dell'I.P.A.
3) un funzionario dell'U.T.I.F. designato dall'Intendente di Finanza 4) capo della Sezione Provinciale U.M.A. o dell'Ufficio che ne svolgerà i compiti, o suo delegato 5) un rappresentante per ognuna delle Organizzazioni Professionali Agricole Provinciali maggiormente rappresentative, designato dalle stesse.
Funge da segretario il Capo della Sezione U.M.A. o un suo delegato.
I Comitati Provinciali vengono costituiti con deliberazione della Giunta regionale, durano in carica quanto il Consiglio regionale e comunque continuano la propria attività fino alla costituzione dei nuovi Comitati.
Il Comitato può essere nominato e validamente insediato con pienezza di poteri anche in mancanza di designazione di alcune delle Organizzazioni indicate al punto 5) purché siano stati designati almeno i 2/3 dei membri assegnati.
Dopo la costituzione le eventuali sostituzioni di membri dimissionari possono essere effettuate dal Presidente della Giunta regionale a seguito di dimissioni scritte, con i nominativi all'uopo segnalati dalla stessa Organizzazione o dallo stesso ufficio che aveva designato il membro dimissionario. Le sedute del Comitato sono valide quando sono presenti la maggioranza dei componenti. Le decisioni vengono assunte a maggioranza dei presenti. In caso di parità di voti prevale quella del Presidente. I Comitati operano nel rispetto della normativa che disciplina la materia. Il coordinamento dell'attività dei Comitati Provinciali è svolto dall'Assessorato agricoltura e foreste della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti n. 43 hanno risposto SI n. 43 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
"Art. 3 - La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti n. 41 hanno risposto SI n. 41 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto seguente esito: presenti e votanti n. 41 hanno risposto SI n. 41 Consiglieri L'intero testo di legge è approvato.


Argomento: Presidente della Giunta Regionale

Informazioni della Giunta regionale sulle consultazioni per la nomina dei Presidenti delle Camere di Commercio a norma dell'art. 64 del D.P.R. 616 ultimo comma


(Il punto sesto all'ordine del giorno "Informazioni della Giunta regionale sulle consultazioni per la nomina dei Presidenti delle Camere di Commercio a norma dell'art. 64 del D.P.R. 616, ultimo comma" viene discusso dal Consiglio regionale in seduta segreta con inizio alle ore 17,25 e termine alle ore 17,35)


Argomento:

Sul programma dei lavori


PRESIDENTE

E' pervenuta in questo momento un'interpellanza firmata dai Gruppi di opposizione, a proposito della quale chiede la parola l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Poiché domani mattina interverrò per la replica della Giunta sulla verifica, in quella sede collocherò anche la risposta a questa interpellanza.



PRESIDENTE

Non vi sono obiezioni. Questo darà la facoltà di ulteriori precisazioni da parte degli interpellanti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,40)



(La seduta ha termine alle ore 17,40)



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