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Dettaglio seduta n.177 del 02/03/78 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Se non vi sono osservazioni al processo verbale della seduta del 23 febbraio lo considero approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo (limitatamente alla seduta del mattino) il Consigliere Colombino e per tutta la giornata Franzi e Calsolaro.


Argomento:

b) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale 9/2/1978: "Proroga al 30/4/1978 dell'esercizio provvisorio del bilancio per l'anno finanziario 1978, autorizzato con la legge regionale 6/1/1978 n. 1".
Le comunicazioni del Presidente sono così concluse.


Argomento: Presidente della Giunta Regionale - Organi, strumenti e procedure della programmazione

Presentazione delle linee programmatiche prioritarie per la seconda fase della legislatura


PRESIDENTE

Passiamo al punto terzo all'o.d.g.: "Presentazione delle linee programmatiche prioritarie per la seconda fase della legislatura". La parola al Presidente della Giunta regionale, Viglione.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Il fatto che le forze politiche componenti la maggioranza di Governo alla Regione Piemonte abbiano chiesto un dibattito politico fra tutti i Gruppi consiliari coincidente con l'inizio della seconda fase dell'attuale legislatura regionale, risponde innanzitutto ad una prassi di Governo già in atto all'interno dell'attività quotidiana della maggioranza stessa; è logica prosecuzione dei rapporti instaurati sin dal 15 giugno tra i gruppi politici presenti nel Consiglio regionale del Piemonte e consegue al modo stesso in cui questa Giunta si è andata formando senza alcuna preclusione verso apporti provenienti da tutte le forze politiche democratiche.
La formula di Governo "aperto" proposta nel '75 non è stato un fatto limitato nel tempo, meramente formale.
In questi trentadue mesi di Governo infatti il dialogo ed il confronto politico sono stati ricercati e voluti a tutti i livelli, sono stati una delle caratteristiche principali del lavoro amministrativo e politico svoltosi in Piemonte, impegno che ha dato quale frutto più immediato nel tempo e politicamente più significativo, la determinante adesione alla maggioranza dell'Unione Liberale Democratica.
In quest'ottica si colloca quindi "naturalmente" questo dibattito che abbiamo auspicato e provocato partendo da una necessaria, preliminare riflessione all'interno della Giunta regionale, dibattito cui riconnettiamo, lo diciamo subito, grande importanza politica per il proseguimento del nostro lavoro. Esso ci consente infatti di riaffermare alcuni aspetti e valutazioni già ritenuti fondamentali all'indomani del 15 giugno e di enunciare le priorità e le motivazioni di alcune scelte verificandone insieme la validità e la rispondenza ai bisogni del Piemonte.
Queste affermazioni che costituiscono una premessa indispensabile di chiarezza sulle motivazioni e sui tempi di questo dibattito non rappresentano certo un fatto nuovo per le forze politiche consiliari verso le quali riteniamo di aver avuto un rapporto costante, certo migliorabile mai tuttavia formale, avendo sempre riservato massima attenzione ai contributi, numerosi, che dal confronto politico sono scaturiti.
E' questo, oltre che un metodo nei rapporti, un patrimonio di esperienze politiche comuni che la Regione Piemonte ha alle sue spalle e che riteniamo, senza retorica, abbia consentito di governare in questi anni in cui la difficoltà dei problemi economici, dei bisogni sociali l'incertezza ed instabilità del quadro politico nazionale hanno gravato pur nella differenza di ruoli, sull'operato di tutte le forze politiche presenti nel Consiglio.
Non possiamo certo trascurare il fatto che l'attuale maggioranza ed opposizione sono divenute tali ed hanno incominciato ad operare nel più difficile momento di crisi economica dal dopoguerra ad oggi, in un ribaltamento quasi totale degli stessi schemi politici che avevano guidato e condizionato la vita politica negli ultimi trent'anni.
Di qui il bisogno nuovo e profondamente autentico di ricercare, come unica possibile risposta alla crisi ed all'urgenza dei bisogni sociali modelli e forme nuove, anche istituzionali, capaci di incidere sulla realtà complessa e rapidamente mutevole che sta di fronte all'opposizione come alla maggioranza, nella consapevolezza piena del peso della nuova esperienza politico-amministrativa del Piemonte sul quadro politico nazionale. La quotidianità che ci porta costantemente a contatto con tutte le categorie di lavoratori, di studenti, di cittadini, ci fa considerare quanto sia prioritario per la collettività il bisogno di veder affrontati i problemi, con serietà, con realismo e, per quanto mi riguarda, con pragmatismo, termine che gli studiosi e gli intellettuali rifiutano ma che io cerco di portare nel mio bagaglio proprio perché ebbi a svolgere una tesi sul pragmatismo. D'altronde i pragmatici americani non sono indietro a nessun'altro nel mondo, vuol dire che è una filosofia che qualche cosa conta anche in certi momenti della storia.
Una società culturalmente cresciuta ma con reali, gravissimi pericoli di arretramento economico e quindi di recessione nel suo sviluppo, richiede infatti un rinnovamento profondo, politico e amministrativo, e anche un ricambio della classe dirigente che possa portare a nuove scelte politiche interpretando la realtà non con schemi vecchi o ancor peggio tentando di ripercorrere strade che sono state all'origine della crisi. Questo sta emergendo con forza, anche nel dibattito politico a livello nazionale, con la ricerca di forme di governo in grado di affrontare la crisi strutturale e morale della nostra società.
Seppure consapevoli delle carenze, delle numerose imperfezioni riteniamo, facendo un bilancio della nostra attività, che la Giunta regionale abbia "governato" il Piemonte, usando l'espressione "governo" nel suo significato più ampio. Crediamo che nessuno possa negare l'impegno e la volontà costante di cogliere i bisogni, le istanze della collettività piemontese, cercando di dare ad esse una risposta concreta coerente con il progetto politico che ci siamo proposti.
Ciò che ha caratterizzato infatti la nostra azione politica e di governo è stato, riteniamo, il tentativo di ricondurre scelte, iniziative atti amministrativi, non solo al programma operativo che avevamo proposto ma ad un progetto politico più complessivo in cui potesse riconoscersi una società sotto molti profili composita come quella piemontese: dandoci cioè un "fine", una politica di programmazione con le sue conseguenze istituzionali. Così si è spinta in avanti la situazione difendendo efficacemente la democrazia con il pieno funzionamento delle istituzioni: si sono create le condizioni per un intreccio corretto tra trasformazione economica, possibilità di intervento nella crisi e compatibilità e coerenza nel quadro istituzionale.
In tal modo si è conquistato un più incisivo ruolo della Regione capace di attuare un progetto di trasformazione fondato sulla politica di programmazione e sulla riorganizzazione e il rinnovamento del tessuto istituzionale. In questo progetto le assemblee elettive vogliono diventare protagoniste e forza dirigente reale rispetto ai processi economici e sociali, invertendo, per quanto possibile, la prassi preesistente di estraneità delle scelte produttive delle grandi forze economiche ed industriali alla programmazione e alle scelte delle istituzioni democratiche.
Abbiamo rivendicato in sostanza un ruolo non subalterno delle autonomie locali rispetto ai grandi processi economici e produttivi. La volontà politica delle assemblee elettive, in quanto basata sul consenso e sulla partecipazione, e derivante dal confronto fra opposizione e maggioranza, è la sola capace di garantire che le scelte operate nella regione non contrastino, ad esempio, con l'obiettivo prioritario di una politica di rilancio del Mezzogiorno.
Il programma della Giunta recava questo impegno: gli incontri fra il Piemonte e la Campania per discutere e controllare le posizioni politiche delle due Regioni rispetto a proposte di insediamenti o di ampliamenti di grandi aziende produttive sono l'espressione di questa volontà e della possibilità delle autonomie locali di concorrere direttamente alle scelte e quindi alla programmazione nazionale, perché l'obiettivo che ci poniamo non è di dividere un paese, ma è di unirlo attraverso il processo dei poteri locali. La forza di questo progetto, che va al di là dello stesso contingente politico, è una delle ragioni di fondo per cui si è potuto esprimere un governo stabile, senza quel susseguirsi di crisi o di situazioni di stallo che si sono verificate in altri tempi o in altre Regioni italiane.
Al contrario il consenso politico è cresciuto anche sulla base di nuove aggregazioni politiche come quella già richiamata dell'ULD, che ha costituito non solo un importante contributo al rafforzamento della maggioranza, ma l'avvio di un orientamento di fiducia verso di essa di nuove significative espressioni sociali, economiche e ideali. Respingiamo quindi la tesi puramente numerica.
Le iniziative politiche della Giunta o del Consiglio regionale si sono arricchite di questo apporto di nuove forze attivamente presenti nell'elaborazione di progetti generali e di settore e che esprimono il loro contributo più determinante a livello di commissioni legislative, che costituiscono le strutture portanti dell'assemblea. Oltre a questa adesione riteniamo che vada sottolineato "il clima politico" che ha contraddistinto lo svolgersi sempre costruttivo dell'attività consiliare, clima politico che ha permesso un costante confronto, che ha migliorato il quadro generale della nostra Regione. Nel Consiglio regionale vi è stata una sostanziale convergenza e non a caso non è mai stato presentato un programma alternativo, non a caso la maggior parte delle leggi e dei decreti è stata votata all'unanimità o da un arco di forza più vasto della sola maggioranza: il significato e il senso di questo sta appunto nel fatto che sia pur variamente, il Consiglio, senza confusioni di ruoli, si è riconosciuto, nel complesso, in quel progetto di Governo, che per vari aspetti - va detto - è segnato dalla continuità rispetto al passato, alle cui realizzazioni d'altra parte, le forze che costituiscono la Giunta diedero, da posizioni diverse, un notevole contributo.
Di qui la volontà costante di confronto, di consultazione, di favorire spazi sempre più ampi alla partecipazione, non come mera ricerca di consenso, pure necessario, ma come autentica verifica di rispondenza alle scelte di governo in atto e per ottenere necessari contributi da parte di tutte le forze politiche democratiche. Per questo riteniamo che non si possa parlare di vuota partecipazione. La consultazione richiesta è stata sempre di supporto a iniziative concrete, sovente di carattere generale ed innovativo. Buona parte della prima fase di governo è stata infatti dedicata alla formulazione di leggi quadro, di principio, sui trasporti parchi, per la tutela e uso del suolo, sull'assetto socio-sanitario, si è varato il Piano regionale di sviluppo, e si sono costituiti gli strumenti di intervento, si sono fatte cioè le scelte entro le quali e con le quali avviare la fase più particolare ed operativa che da ora dovremo intraprendere. Sono state così poste basi generali ad un'azione di governo che nel corso di questi mesi si è andata consolidando.
Certo all'indomani del 15 giugno a molti l'esperienza avviata sembr una "avventura", un esperimento destinato a fallire nel volgere di pochi mesi.
Sin dall'inizio fu invece chiaro alla Giunta che si intendeva amministrare questa comunità sulla base di un progetto politico complessivo che s'imponesse come necessità e tale quindi da superare la stessa logica dei numeri. Per questo l'interlocutore della Giunta divenne subito l'intera comunità regionale e non soltanto quelle forze o ambienti sociali elettoralmente o tradizionalmente legati ai partiti della maggioranza.
E' necessario infatti ricordare che la direzione politica e amministrativa venne assunta in un momento di particolare crisi economica ed occupazionale, con numerose e gravi vertenze aperte in tutto il Piemonte, in presenza di fenomeni preoccupanti di disgregazione sociale, di corporativismo, in un clima serpeggiante di sfiducia nelle istituzioni.
Alla crisi economica e morale si aggiungeva l'esplodere del problema della disoccupazione giovanile, non solo in termini numerici, ma come consapevolezza sempre più vasta da parte dei giovani della precarietà o addirittura della mancanza di prospettive future.
La presenza di una grande area metropolitana, con fenomeni di disgregazione, di violenza crescenti; la crisi della monocultura industriale dell'automobile, la situazione economica stagnante o peggio di riflusso per altre aree territoriali e settori produttivi del Piemonte hanno reso ancor più difficile l'azione della Giunta. In questo contesto la pericolosità dell'attacco alla democrazia operante in tutto il Paese ha assunto dimensioni e caratteristiche spesso drammatiche, in un groviglio costante fra delinquenza comune e delinquenza politica. Per questo tanta parte della nostra azione è stata dedicata ad interventi a difesa delle istituzioni democratiche, al di là delle competenze specifiche. Il problema dell'ordine pubblico, dell'assetto democratico della nostra società è stato sempre presente.
Di qui traggono spiegazione le iniziative sulla situazione drammatica dell'attuale sistema carcerario che solo per alcuni aspetti sono di competenza amministrativa, ma la cui carica esplosiva ed il legame stretto con tutti i problemi irrisolti della città e della società, impone di affrontare per forze che vogliono essere il governo di una comunità.
Questioni come il sindacato di polizia, il ruolo della Magistratura affrontate di recente, altri innumerevoli problemi sociali, sui quali viene richiesta la presenza e sollecitata una posizione della Regione, dimostrano quanto essa sia divenuta un punto di complessivo riferimento politico e sociale. L'attenzione alle questioni e problemi sociali non è stata per noi né casuale, né episodica ma ha risposto alla convinzione che una comunità accanto alla soluzione di problemi inerenti l'occupazione, lo sviluppo economico, i servizi sociali, i trasporti, gli aspetti sanitari, vuole veder affrontati anche quelle situazioni e quei fenomeni che per la loro gravità possono colpirla anche drammaticamente e incidere sulla convivenza sociale, sulla fiducia stessa verso le istituzioni e chi le amministra.
Questa consapevolezza è stata particolarmente importante negli ultimi mesi caratterizzati da un crescendo di tensione per l'allargamento e l'aggressività del terrorismo politico; per gli attentati che hanno colpito uomini politici, lavoratori dell'industria, dell'informazione, forze di polizia, strutture politiche, produttive, sociali ed individuali.
Questo susseguirsi di fatti ha generato in tutta la regione e particolarmente nell'area torinese un clima di paura e di incertezza.
Abbiamo condannato questi episodi di ferocia e criminalità che sono totalmente estranei ad ogni forma di lotta politica; ribadiamo ancora in questo Consiglio, con forza, la volontà di opporci al terrorismo con tutto il nostro peso politico e istituzionale, isolando dal nostro tessuto sociale queste forze eversive che hanno come unico obiettivo la distruzione di quanto abbiamo costruito negli ultimi trent'anni.
Vogliamo dire in particolare ai giovani, su cui grava oggi lo spettro della disoccupazione e le conseguenze della crisi, che eversione e terrorismo hanno solo la forza di annientare uomini e cose e che da essi non potrà mai scaturire nessuna speranza di rinnovamento o alternativa di progresso. La lotta al terrorismo, la difesa dell'ordine democratico, dei valori che abbiamo conquistato con la Resistenza, lo affermiamo senza timore di retorica, sono dunque oggi per le istituzioni in tutto il Paese,e particolarmente nel Piemonte, la priorità di impegno in assoluto, in quanto terrorismo e paura possono condizionare o peggio vanificare scelte e progetti operativi. Di fronte a questa situazione abbiamo ricercato il contributo di tutte le forze politiche interessate ad un disegno di sviluppo pacifico della nostra società, abbiamo lavorato per un apporto politico nuovo, diverso, perché nuova e diversa è la realtà politica, con le difficoltà sociali ed economiche che la caratterizzano.
La ricerca di collaborazione tra le forze politiche di cui sovente si è parlato in questi mesi è quindi un atteggiamento politico non formale ma profondamente sentito e ciò è dimostrato dallo spazio e dal "peso" che ai contributi della collaborazione abbiamo sempre riservato. Il condurre poi tutte le scelte regionali al metodo della programmazione ha costituito il presupposto sostanziale per una corretta interpretazione del rapporto Regione-Enti locali da un lato e Giunta-Consiglio dall'altro.
I limiti che su questi due piani dobbiamo tuttora riscontrare vanno superati, in uno sforzo che non può prescindere da un complessivo impegno delle forze politiche e delle istituzioni elettive piemontesi.
Riaffermare la necessità di un superamento della figura della Regione come Ente di amministrazione attiva significa impegno della Regione a delegare le funzioni di amministrazione ai Comuni singoli o, meglio associati, alle Comunità montane; di cui, come condizione indispensabile per l'attribuzione della delega, il processo di aggregazione dei Comuni postulato da alcune leggi fondamentali già approvate. Quando affermiamo tutti - che la Regione deve essere eminentemente ente politico, soggetto di programmazione e di legislazione , dobbiamo essere consapevoli che deve cessare l'immagine, pur radicata, della Regione-Stato, della Regione gerarchicamente sovraordinata agli altri soggetti, dell'Ente che esaurisce il suo rapporto con gli amministratori e le categorie nel mare di "pratiche" burocratiche, nell'esame del contributo che viene dato o negato.
Operare in questo senso significa anche dare un apporto consistente alla riforma amministrativa della organizzazione regionale, evitando ogni logica di neo-centralismo.
Ribadire la centralità del Consiglio significa realizzare con la massima coerenza possibile un impegno che non può essere solo formale.
E' importante allora precisare che tale centralità si sostanzia in un rapporto Giunta-Consiglio ove il Consiglio sia efficiente e svolga la sua funzione di indirizzo e di controllo che spetta appunto all'organo politico rappresentativo, nella misura in cui vi sia un esecutivo "forte", nel senso che diamo a questo termine; come organo collegiale capace di sottoporre al Consiglio proprie organiche, tempestive scelte di governo sui vari temi, e nello stesso tempo efficiente ed incisivo nello svolgere la propria funzione esecutiva e gestionale. In concreto, affermiamo la nostra volontà ed il nostro impegno a far sì che, per quanto riguarda la Giunta, si possano effettivamente realizzare le condizioni che permettano al Consiglio di svolgere le sue funzioni nella loro pienezza: in questo senso la Giunta ribadisce la sua disponibilità a sottoporre all'esame delle Commissioni (e del Consiglio, ove necessario) tutti gli atti di governo rilevanti o di interesse generale, anche se non di natura legislativa o deliberativa nonché a confrontare nelle sedi idonee programmi di attività o importanti momenti attuativi di leggi già approvate.
Crediamo di aver tentato, pur con limiti e imperfezioni, di seguire coerentemente questa linea che peraltro fu uno dei maggiori valori politici del programma presentato nel 1975.
Il fatto che tutte le decisioni più significative in questi mesi sono state sottoposte all'esame del Consiglio, come ad esempio le nomine, anche quelle di stretta competenza della Giunta regionale, ha costituito una garanzia reciproca di rispetto degli impegni assunti dal governo, di correttezza politica ed amministrativa nella conduzione degli stessi.
Abbiamo richiesto il giudizio delle Commissioni consiliari competenti ancor prima di varare definitivamente alcuni disegni di legge della Giunta consapevoli dell'importanza che il metodo assume nella fase preliminare di studio per provvedimenti di particolare rilievo politico; si ricorda a proposito il documento di principi ed il seguente documento attinente la fase d'impostazione generale per la legge sulle strutture del personale. In questa materia la Giunta regionale si è trovata a dover procedere con particolare lentezza rispetto agli altri adempimenti di programma essendo in attesa della definizione delle competenze trasferite dallo Stato alle Regioni con la 382. Alla formulazione della legge sulle strutture stiamo giungendo dopo oltre sette anni dalla riforma regionale.
Nella consapevolezza del ruolo assunto in questi anni dalla Regione siamo tuttavia in grado di proporre strutture realmente adeguate, non solo allo svolgimento di compiti specifici, ma in grado di rispondere alla complessità della nuova domanda sociale, economica, d'intervento, che la comunità riversa ogni giorno di più sulla Regione, divenuta l'elemento canalizzatore delle istanze più varie. Questa realtà nuova sta alla base della particolare rilevanza conferita ai principi richiamati nella bozza di disegno di legge sulle strutture regionali. Concetti come programmazione partecipazione, responsabilità, collegialità del lavoro, mobilità qualificazione ed informazione del personale, non sono formule vuote o peggio richiami strumentali, ma condizioni da porre in essere affinché i lavoratori della Regione possano rispondere in modo efficiente ed adeguato ai bisogni di una comunità come la nostra, composita, che ha avuto un processo di trasformazione rapido e per molti versi traumatico.
Di qui la proposta di istituzione di strutture, stabili e flessibili di gruppi di lavoro che operano intorno a progetti in un'ottica prevalentemente legislativa e programmatoria. Questo è l'obiettivo cui tendiamo anche se siamo consapevoli che, per un complesso di ragioni, a ci si arriverà attraverso un processo graduale a tempi lunghi aggravato a seguito dell'attuazione del D.P.R. 616, dal rischio di trasferimenti indiscriminati di personale. Con il D.P.R. n. 616 entro quest'anno o entro i primi mesi del 1979 saranno oltre 1000 le persone che giungeranno alla Regione dai vari uffici periferici. I problemi del personale sono certo complessi e richiedono particolare attenzione e coerenza politica. E' questa infatti una delle questioni centrali che abbiamo affrontato e verso la quale vogliamo avere un impegno crescente. In questi anni abbiamo portato a compimento l'inquadramento del personale, cercando di incentivare la responsabilità e l'interesse all'attività svolta.
Si è dato spazio all'informazione sulle scelte politiche e si sta dando spazio allo studio e alle possibilità di formazione attraverso corsi organizzati direttamente o indirettamente, su temi legislativi ed economici o di politica comunitaria, attraverso la partecipazione allargata a seminari o convegni di studio. Certo esistono anche problemi economici e di sbocchi professionali collegati alla definizione del contratto del settore nonostante le frequenti errate informazioni giornalistiche, gravano infatti sui lavoratori della Regioni i problemi legati alla crisi economica e all'aumento del costo della vita che auspichiamo possano trovare soluzioni anche di carattere nazionale. Sono 6 o 7 anni che i dipendenti regionali non hanno avuto aumenti di stipendio, tranne che sulla contingenza.
Per parte nostra abbiamo cercato di contribuire per altre vie, ad esempio attraverso l'istituzione della mensa per tutti i dipendenti, che costituisce certo una realizzazione tra le più positive anche per i suoi riflessi sulla organizzazione ed efficienza interna. Molte tuttavia possono ancora essere le carenze, ma intendiamo superarle incentivando per questo settore l'informazione, l'apporto e il controllo del Consiglio regionale.
Ci impegniamo in questa direzione per tutte le numerose scadenze che ci attendono, consapevoli dell'importanza di una adeguata ed efficiente struttura regionale anche per i rapporti con Comuni, Province, Comprensori Comunità montane ed in relazione al decentramento di funzioni.
L'attuazione di tali principi ed indirizzi sul piano istituzionale deve essere particolarmente rigorosa in questa fase di decentramento e completamento di funzioni a seguito del decreto 616, alla cui formulazione il Piemonte ha attivamente partecipato. La redistribuzione delle funzioni operate dal D.P.R. n. 616, infatti, comporta un intreccio di responsabilità tra la Regione, i Comuni, le Province e le altre forme di aggregazione degli Enti locali: solo l'esercizio coordinato e programmato di questi poteri consentiranno una efficace soddisfazione della domanda sociale nei settori coinvolti dalla riforma. Intendiamo avviarci all'attuazione delle nuove competenze che, pur con le difficoltà già richiamate, costituiscono un fatto di rilevante portata, consapevoli che esse possono concretamente favorire l'unità verticale dello Stato fra i vari livelli istituzionali; a ciò verrà ispirato il processo di conferimento delle deleghe di funzioni agli Enti locali con compiti di gestione diretta, dando inoltre, in questo modo, un ulteriore apporto al dibattito che si sta svolgendo con interesse nel Paese sul sistema delle autonomie.
Vi è in questo campo l'esigenza di riaffermare il nesso indissolubile fra democrazia ed efficienza, fatto che ribadiamo con forza nei frequenti incontri di Regioni e con i responsabili del Governo.
E' infatti indispensabile la riorganizzazione di tutto l'apparato dello Stato, ed una sua profonda trasformazione in senso democratico eliminando gli aspetti di burocratizzazione e le sempre riemergenti spinte di centralismo. In questa direzione l'unità e la forza della battaglia regionalista cui il Piemonte ha vivamente partecipato anche negli ultimi anni è stata determinante proprio come contributo a questa concezione dello Stato; essa vuole infatti conferire ai poteri centrali il compito d'intervento e di decisione sui grandi problemi nazionali, mentre lascia al sistema delle autonomie basato sulla partecipazione, sul consenso popolare sul primato delle assemblee elettive, risposte più efficaci e più rapide per soddisfare i bisogni locali esaltando in questo modo il ruolo stesso di direzione politica dello Stato.
Siamo convinti che in questi anni la Regione Piemonte abbia dato un contributo serio all'instaurazione di un corretto rapporto con lo Stato con il Governo: un rapporto che, abbandonando sempre di più i residui di ogni chiuso rivendicazionismo di stampo garantista, tende ad individuare un ruolo "attivo" e "responsabile" della Regione e delle altre assemblee elettive nella formazione e nell'attuazione delle scelte statali.
Così, per quanto riguarda l'aspetto della formazione delle scelte abbiamo voluto un piano di sviluppo che fosse stimolo e contributo alla programmazione nazionale attraverso il suo segno meridionalista altrettanto, per quanto riguarda l'attuazione delle scelte, ci siamo posti e ci poniamo come obiettivo di dar risposta, attraverso il più ampio processo di partecipazione democratica e nella più attenta verifica dei requisiti indispensabili alla sicurezza dell'uomo e dell'ambiente e dell'equilibrio socio-economico delle zone interessate, al delicato problema della politica dell'energia e delle scelte che questa richiede.
Nell'ambito di questo corretto rapporto il Piemonte rivendica con forza la gestione di tutto quanto consenta di riorganizzare il governo locale giungendo ad esempio ad affrontare anche i problemi connessi all'utilizzazione e sistemazione di tutto il patrimonio storico immobiliare presente nella Regione, che costituisce inoltre la testimonianza di un passato che porta in sé la nostra cultura e le nostre tradizioni. E' questo un aspetto tutt'altro che trascurabile, anche sotto il profilo economico in particolare per una Regione come il Piemonte con forti concentrazioni urbane dove sono ormai utilizzate tutte le aree e gli spazi disponibili mentre vengono trascurati o lasciati decadere immensi ed irripetibili beni di valore storico ed architettonico, a fronte di un bisogno sempre più esasperato di spazi e di sistemazioni logistiche organiche per alcuni settori nodali quali l'Università, i servizi sociali, culturali, le strutture di tempo libero ed associativo. Al contrario inoltre la Giunta si è fatta sovente parte attiva nei confronti del Governo, sottoponendo ad esso problemi di portata nazionale che investono il Piemonte, ma che coinvolgono interessi più generali in una integrazione fra bisogni locali e problematiche generali del Paese, come è avvenuto recentemente sui temi della difesa delle istituzioni e dell'ordine pubblico.
Riteniamo di aver dato in questi anni contributi significativi a livello nazionale, anche attraverso interventi legislativi settoriali che hanno avuto particolare rilevanza o sono stati innovatori, quali l'approvazione del Piano regionale di sviluppo, la legge sulla tutela ed uso del suolo, la legge di riorganizzazione dei servizi socio-sanitari, la legge istitutiva dei Comprensori. Per la prima volta nel nostro Paese si sperimenta un modello di programmazione con carattere di "processualità" legato ai nuovi strumenti istituzionali, in primo luogo ai Comprensori che per le loro caratteristiche funzioni possono costituire la risposta ad una domanda di organizzazione e programmazione per aree sempre più omogenee.
Di qui l'impegno dei prossimi mesi a consolidare l'esperienza con essi avviata, a proseguire la fase costituente attraverso la concreta sperimentazione dei loro compiti, secondo le linee ed i contenuti del documento presentato ieri dalla Giunta regionale all'esame delle Commissioni consiliari; per altro l'istituzione dei Comprensori, che sono "organismi" della Regione, mentre dà alla Giunta regionale facoltà di proposta e conferimento di compiti specifici, comporta responsabilità di indirizzo da parte di tutto il Consiglio regionale nella consapevolezza di aver anticipato a livello nazionale un modello considerevole di riflessione per il complesso dell'ente intermedio.
Con l'apporto dei Comprensori continueremo nei prossimi mesi a lavorare al progetto di governo della comunità piemontese dando priorità ai problemi dell'occupazione, della difesa del territorio e dell'ambiente; tentando una ricostituzione di un tessuto sociale e culturale in cui si riducono le condizioni scatenanti fenomeni di emarginazione e disadattamento individuale e collettivo, aggravati dal fenomeno della disoccupazione giovanile. Il senso profondo del nuovo modo di essere della Regione sta dunque, in larga parte, nella capacità che l'istituzione regionale avrà di conseguire alcuni primi risultati concreti nella politica di programmazione. Crediamo di poter affermare a buon diritto di aver tentato pur in carenza della programmazione - di avviare un meccanismo profondamente innovativo nel governare e nell'amministrare, essersi cimentati nella programmazione "reale", misurarci ora con le difficoltà oggettive e soggettive per concretizzare le grandi scelte di fondo, sia stato e sia un atto di coraggio politico compiuto da tutta la Regione dalla Giunta certo, ma anche dal Consiglio, dai gruppi politici in esso rappresentati. Ci rendiamo conto dei problemi e dei rischi che comporta cambiare vecchi schemi e vecchi meccanismi, invalsi da tanti anni: ma questa è una ragione di più per stimolarci a proseguire, nello sforzo di dare corpo e sostanza a fatti che siano una risposta alla gravità della crisi, ai bisogni della gente, alla domanda di cambiamento. Ciò deve valere anche dove più immutabili possono sembrare i meccanismi e le impostazioni tradizionali a cominciare dal settore della spesa. Il coordinamento della spesa pubblica è infatti elemento sostanziale della politica di programmazione.
Lo stesso D.P.R. 616 all'art. 11 sancisce per la prima volta l'impegno delle Regioni a muoversi nella logica della politica di piano stabilendo anche che il Piano regionale di sviluppo rappresenta la sede per il coordinamento della finanza locale, da un lato con la finanza statale e dall'altro con la finanza locale. Le Regioni hanno inteso fino in fondo la portata innovativa di questa norma e hanno riconfermato il loro impegno a soddisfare, con l'avvio della programmazione regionale e con l'autonomo apporto alle scelte della politica economica e finanziaria nazionale la loro disponibilità a collaborare alla nuova più rigorosa politica della spesa pubblica.
Le Regioni hanno ribadito la indilazionabile necessità, da un lato, di un quadro di riferimento a medio termine che serva tanto a rendere possibile e credibile lo sforzo programmato dell'operatore pubblico centrale, quanto a consentire la tempestiva conoscenza delle risorse che si renderanno disponibili su base pluriennale per il sistema degli operatori pubblici locali. Inoltre la riconfermata disponibilità delle Regioni ad una nuova politica economica e finanziaria del Paese esige una più diretta partecipazione delle autonomie all'elaborazione del bilancio dello Stato che possa essere ben più incisiva della semplice discussione e presa d'atto dei documenti elaborati dal Tesoro e dalla ragioneria generale.
Una coraggiosa politica della spesa pubblica, che abbia come suo obiettivo la riqualificazione ed il contenimento della spesa e una rigorosa selettiva politica dell'entrata, non può infatti prescindere dall'apporto costruttivo delle Regioni e degli Enti locali attraverso i quali passa una parte importante della spesa destinata tanto ai servizi collettivi quanto all'assetto del territorio e al governo dell'economia.
La stessa circostanza che Regioni ed Enti locali siano sostanzialmente enti a finanza derivata, come tali dipendenti nella loro capacità di spesa in modo diretto o mediato dal livello delle entrate tributarie dello Stato esige una loro più attiva partecipazione anche alla definizione della politica tributaria e delle entrate. Le Regioni, in altri termini, non chiedono maggiori risorse in modo generico né si sottraggono ai doveri imposti dal necessario rigore che deve presiedere la politica della spesa pubblica: esse chiedono più semplicemente di partecipare come protagonisti e non di subire come soggetti subalterni la definizione di tale politica.
La stessa gestione dei residui passivi - che una troppo semplicistica visione tende a considerare un indicatore dell'incapacità di spesa delle Regioni - comporta non solo una coraggiosa revisione della legislazione regionale già in vigore e l'introduzione di innovazioni del processo legislativo con la sostituzione delle leggi di spesa con leggi di programma, in conformità alle nuove norme della contabilità regionale, ma postula anche un coordinamento complessivo della politica di spesa delle Regioni con quella del Tesoro. Ciò tra l'altro al fine di evitare che un'efficace azione di eliminazione dei residui passivi in tempi rapidi si traduca in una attivazione di spesa non compatibile con i livelli complessivi di liquidità stabiliti dal Tesoro. Pur nel rispetto sostanziale di questo principio, va sottolineato come l'attività amministrativa della Regione sia riuscita ad essere più incisiva e concreta nello svolgimento dell'iter burocratico necessario per trasformare lo stanziamento di spesa in effettiva erogazione. Questo ci viene indicato dalle cifre assolute della spesa regionale nei vari esercizi, passata dai 67.572 milioni del 1973 ai 529.759 milioni del 1977. E' pur vero che questa cifra va depurata dalle erogazioni per 260.342 milioni relative al fondo nazionale ospedaliero, che rappresentano semplici trasferimenti di fondi. La Tesoreria nel mese di febbraio ha pagato circa 100 miliardi, quanto aveva pagato nell'intero anno 1974.
Un dato ancora più significativo potrebbe essere il raffronto tra le risorse disponibili ogni anno, date dagli stanziamenti della competenza più l'importo dei residui, e le somme pagate nell'anno stesso. Ed allora abbiamo per l'anno 1974 una risorsa disponibile di 268.564 milioni, con una spesa di 95.203 milioni pari al 35,45%, mentre, nel 1977, le risorse disponibili ammontano a circa 1.021.176 milioni e la spesa a 529.759 milioni pari al 51,87%.
Questi dati, molto sommari, dimostrano che in questi anni la Regione non solo è riuscita ad organizzarsi per gestire le maggiori risorse finanziarie disponibili, ma ha anche migliorato in percentuale la capacità di spesa. In questo senso lo stesso controllo della liquidità di cassa delle Regioni da parte del Tesoro può divenire elemento di un rapporto programmatico concordato e non una mera imposizione discrezionale, come tale incompatibile con una corretta interpretazione dell'autonomia regionale.
La Regione Piemonte ha partecipato attivamente alla definizione delle linee di questa politica complessiva insieme alle altre Regioni ed è impegnata negli organismi interregionali e nei gruppi di coordinamento tra le Regioni a proseguire un'azione intesa a dare corpo alla politica di programmazione economica e finanziaria regionale. Con l'approvazione del Piano di sviluppo questa politica incomincia a tradursi in atto anche nella sfera diretta di attività della Regione Piemonte. La lunga fase di elaborazione e di confronto ed il dibattito finale che ha condotto all'approvazione del piano sono esperienze abbastanza recenti perché ci si possa esimere dal ricordare metodologie, contenuti e caratteri del documento di programma votato dal Consiglio regionale il 27 luglio 1977.
E' necessario rilevare che l'attuazione del Piano è in corso, sia mediante l'avvio dei lavori delle apposite commissioni interassessorili sia con la presentazione dei fondamentali documenti contabili (bilancio pluriennale 1978/80, bilancio di previsione 1978, documento di metodi e di intenti per la revisione della legislazione regionale) che saranno presto seguiti dalle schede relative alle leggi regionali in vigore, dal rendiconto dell'esercizio 1977, ecc., sia dall'avvio concreto dell'azione di programmazione e di pianificazione a livello comprensoriale, nonch dalla continuazione degli studi e delle ricerche necessaria per l'approfondimento delle diverse problematiche di settore. Si stanno mettendo a punto metodologie di analisi socio-economica e finanziaria per le ricerche indispensabili al tempestivo avvio dei relativi documenti che compongono il piano socio-economico e territoriale del Comprensorio. In questo quadro si stanno svolgendo diverse attività con caratteri profondamente innovativi rispetto all'operato tradizionale dell'Amministrazione regionale: innanzitutto l'integrazione del programma pluriennale di attività e di spesa con le nuove competenze attribuite dal DPR 616 e i relativi indirizzi di riorganizzazione amministrativa definizione di un quadro di procedure che consenta la verifica costante di compatibilità e di efficacia dell'azione amministrativa e legislativa con il quadro programmatico così da consentire la presentazione al Consiglio regionale degli aggiornamenti consuntivi periodici dei programmi come previsto dalla legge sulle procedure ripartizione per aree comprensoriali dei programmi e dei progetti come operazione preliminare alla formazione dei bilanci consolidati dei Comprensori definizione del programma organico di ricerche e studi necessario per l'attuazione e aggiornamento del Piano formazione specialistica ricorrente del personale regionale particolarmente addetto alla funzione di programmazione.
Si sta avviando inoltre, collegata con la gestione attuale delle risorse finanziarie e la definizione dei programmi ad interventi a breve l'organizzazione dell'osservatorio sulla finanza locale e dell'osservatorio sulla congiuntura industriale collegati con l'osservatorio sul mercato del lavoro.
In relazione agli interventi relativi ai settori produttivi affidati all'iniziativa della Regione, occorre sottolineare la necessità che vengano costantemente inquadrati entro il disegno delineato con il programma pluriennale di attività e di spesa riconducendo in questa impostazione programmatica anche gli interventi successivi e quelli che via via saranno assunti dalla Regione.
In questa fase, in particolare, per gli interventi sulla legge 675 sulla riconversione e ristrutturazione industriale e per la politica di Guida e controllo delle localizzazioni industriali per la quale è in corso d'intesa tra i vari Assessorati competenti la revisione della legge n. 21 del 1975 relativa alle aree industriali attrezzate, è di imminente presentazione al Consiglio la convenzione quadro ai sensi della legge 56 del 1977 e gli adempimenti di cui alla legge n. 984 del 1977 relativa ad interventi nell'agricoltura e nell'industria agro-alimentare che presentano un notevole rilievo ai fini del coordinamento delle risorse da destinare nell'ambito del piano pluriennale ai diversi settori.
Inoltre ai sensi della legge n. 183 e del DPR 902 la Giunta regionale sta predisponendo per il Consiglio un nuovo documento che contenga la delimitazione delle aree insufficientemente sviluppate alla luce della delibera parziale adottata dal CIPI, nonché i criteri da seguire nell'istruttoria delle domande di finanziamento agevolato.
Anche questi documenti, in conformità del resto alle prescrizioni di legge, ribadiscono la necessità che la gestione del credito agevolato sia strettamente integrata con le linee di assetto territoriale e di programmazione economica stabilite dalla Regione. Alla logica e alle decisioni ed indirizzi di programmazione fissati dalla Regione attraverso i suoi organi (Giunta e Consiglio) si riconducono anche le attività di quelli che, un po' impropriamente, vengono solitamente definiti come enti strumentali: Ires, Finpiemonte, Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione.
Con l'incarico a nuovo Direttore e l'espletamento dei concorsi per i ricercatori è iniziata la fase di rilancio e di adeguamento dell'Ires conformemente alle indicazioni fornite dalla Giunta e dal Consiglio regionale. L'Ires si sta adeguando alle esigenze poste da una politica di programmazione entrata nella fase concreta dell'attuazione rispetto alla quale assumono un peso preminente ricerche finalizzate aderenti alle nuove caratteristiche di programmazione. Per l'Ires occorrerà anche procedere in tempi brevi all'approvazione del nuovo regolamento interno mentre si sta predisponendo - secondo le indicazioni emerse dal dibattito consiliare una revisione della legge istitutiva. L'Ires non morirà assolutamente ma sarà uno degli enti cosiddetti strumentali, quindi ente portante.
Anche la Finpiemonte è entrata nella fase operativa: la relazione previsionale recentemente presentata dal Consiglio di amministrazione traccia le linee d'attività in conformità alle indicazioni del Piano regionale di sviluppo. Tali attività si riconducono essenzialmente: agli interventi d'attuazione della convenzione quadro per le rilocalizzazioni industriali e agli interventi nelle aree attrezzate alla valorizzazione delle produzioni industriali e artigianali del Piemonte agli interventi di formazione professionale a supporto dei progetti di riconversione e di ristrutturazione delle imprese oltreché agli stessi programmi di rilocalizzazione alla messa a punto di un sistema di agevolazioni creditizie prevalentemente nella forma di Consorzio garanzia - Fidi.
Alcune di queste iniziative sono già in atto: tra esse quelle relative all'intervento dell'area attrezzata di Vercelli e la realizzazione su mandato della Giunta regionale del complesso di formazione regionale per il settore tessile a Biella. Il Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione ha iniziato la sua attività svolgendo anche in fase transitoria compiti di consulenza in surroga delle strutture informatiche regionali. In questo quadro sta operando per la definizione del progetto di bilancio e formazione previsto dal programma pluriennale nell'area d'attività, mentre sviluppa la definizione dei programmi di collaborazione nelle diverse aree d'intervento.
Abbiamo trattato finora in generale di un progetto politico fondato su due grandi direttrici: la programmazione e il ruolo di governo delle istituzioni, in particolare della Regione. Intendiamo ora, sottoponendo una pur sommaria e schematica analisi delle grandi aggregazioni di settore della politica regionale - nei due aspetti: realizzazioni di questi primi trentadue mesi e impegni per la seconda fase della legislatura verificare la coerenza dei fatti al disegno complessivo. Coerenza che riteniamo di aver avuto pur nei limiti, nei ritardi e nelle contraddizioni che, al di là delle nostre aspirazioni, la gravità della crisi e la transitorietà del quadro legislativo ed operativo in cui la Regione agisce fanno tuttora registrare.
La trattazione contenuta in questa seconda parte, anche quando riprende le indicazioni già contenute nel Piano di sviluppo, non ne vuole essere banale ripetizione, ma rappresenta il tentativo, tuttora in corso, di confermare gli impegni assunti e di individuare priorità in un quadro coordinato.
Signori Consiglieri, abbiamo cercato di dare al Consiglio regionale attraverso questo documento una immagine del lavoro che la Giunta propone ed intende realizzare, che è anche un riepilogo delle attività e delle realizzazioni compiute a seguito del programma politico e dell'approvazione del Piano regionale di sviluppo. Ne emerge, riteniamo con evidenza l'impegno che la Giunta regionale e tutte le forze della maggioranza hanno profuso nei trentadue mesi di governo; ci aspetta la seconda parte della legislatura in cui portare a compimento gli impegni politici e le attività più significative già riportate. Certamente ogni Governo può essere sottoposto alla critica più severa, e ad essa non abbiamo mai inteso sottrarci né precedentemente, né in questo dibattito consiliare. Tuttavia riteniamo di dover sottolineare la profonda consapevolezza che il modello di Governo di questa comunità, il "progetto complessivo per il Piemonte" sono un "punto di non ritorno" perché vi si riflette la volontà profonda di vasti strati sociali per un rinnovamento nel modo di governare, capace di cogliere i bisogni della gente nel loro evolversi continuo.
Riteniamo che questo metodo di governo possa rispondere ad esigenze di lungo periodo perché idoneo sia in una situazione di sviluppo, ma maggiormente in una fase di crisi economica ed occupazionale come l'attuale.
In ciò il governo regionale è stato certamente facilitato dalla omogeneità politica, dalla stabilità e continuità con la gran parte delle amministrazioni che governano gli Enti locali del Piemonte, fatto che ha consentito un raccordo stretto fra l'attività delle varie Giunte.
Molto resta da fare e sentiamo come elemento frenante il peso della crisi economica, l'incertezza ed instabilità del quadro politico nazionale.
Siamo nella fase più delicata della crisi politica del Paese e non conosciamo quando, come e "se" esso avrà un Governo. Sappiamo solo che esso ha bisogno di certezze e di un sicuro assetto democratico. Come nostro principale contributo possiamo affermare che la Giunta ed il Consiglio regionale si impegnano a garantire stabilità di governo, a difendere l'occupazione, a garantire l'ordine democratico.
Il tessuto democratico del nostro Paese vuole superare la crisi eliminare i fenomeni di disgregazione sociale e di crisi culturale, vuole soprattutto isolare il terrorismo e l'eversione. Anche nei restanti trenta mesi, cercheremo di rispondere a questa profonda volontà, di trovare sbocchi pacifici alla crisi, di vivere in una società non caratterizzata da violenze, ma fondata sulla civile convivenza di tutte le sue componenti. E' questo non solo un augurio, ma il nostro prioritario impegno di governo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro, industria e artigianato

Signor Presidente, signori Consiglieri, vogliamo fare una verifica sulle iniziative, sull'attività intrapresa, sugli interventi concreti che abbiamo messo in atto e anche sulla strumentazione e sugli orientamenti predisposti per la futura azione.
Nulla sarebbe più fastidioso in una circostanza come questa del ripetere considerazioni generiche che qualche volta sono elusive dell'operatività. E' altrettanto necessario ricordare che non si possono considerare l'attività, gli interventi, le singole iniziative come segmenti staccati di un modo di procedere pragmatico (sono anch'io pragmatico, ma nel senso che ricordava il Presidente della Giunta), disorganico che sia avulso da un disegno d'insieme. Il bilancio che presentiamo stamani credo abbia questo carattere di concretezza e un respiro più generale di prospettiva.
Mi soffermerò sui problemi dell'industria, del lavoro per consentire al Consiglio una valutazione critica. La Giunta si è data un piano di sviluppo sulle cui linee generali non ritorno se non per ricordare ancora una volta il carattere del Piano la cui realizzazione non dipenderà soltanto dalla Regione, ma dal comportamento complessivo delle forze sociali, politiche regionali e nazionali. Tuttavia il Piano costituisce per la Regione l'impegno a fare con coerenza la parte istituzionale e legislativa e anche la parte promozionale e politica che consente di guadagnare altri spazi all'intervento democratico nell'economia, nella politica industriale del lavoro che per tanta parte è ancora accentrata e determinata dalle decisioni di grandi gruppi, privati e pubblici, le cui dimensioni sono superregionali.
Ci siamo trovati e ci troviamo nella non agevole condizione di dover affrontare le linee di sviluppo della nostra industria facendo i conti con i pesanti processi di questo momento e sapendo che a seconda della soluzione dei punti di crisi si prepara anche in una certa misura l'assetto di domani.
Il nostro sforzo va conciliato con il ruolo nazionale e segnatamente con il ruolo meridionalista che il Piano di sviluppo della Regione assegna rispetto al quale si sono conseguiti risultati limitati, ma significativi.
Ricordo le consistenti assunzioni effettuate alla Indesit del Casertano ricordo gli avviati lavori a Grottaminarda e a Marcianise per il controllo numerico, conseguiti con le vertenze aperte dalle organizzazioni sindacali.
A quelle scelte abbiamo corrisposto in modo coerente, assumendo le iniziative che abbiamo sostenuto nella conferenza di Napoli e di Avellino e negli incontri che abbiamo avuto a Torino con la Regione Campania e con le aziende, Indesit, Fiat, Olivetti della primavera scorsa. Da questa angolazione vanno giudicati i nostri interventi e quelli che ci proponiamo di assumere.
Dall'inizio della legislatura siamo intervenuti su 250 punti di crisi.
Il Consiglio è stato tempestivamente informato degli sviluppi delle singole situazioni. Devo semplicemente ricordare tutta l'importanza di questo intervento, non solo ai fini occupazionali, ma i fini della politica produttiva e della difesa di potenzialità di determinate aree e di sviluppo non monoculturale come sta scritto nel Piano di sviluppo.
Non si è trattato dunque di una sorta di attivismo sindacale, come qualcuno finge di credere con una ironia che non è soltanto miope ma è anche povera culturalmente. Si è trattato di interventi in termini propri della Regione, come le compete, cioè per il credito agevolato, per la formazione professionale, per le localizzazioni, e si è trattato di una attività promozionale di ordine politico generale che ci ha visti duramente impegnati a far fronte a tante latitanze esistenti in questo campo per trovare assetti prioritari e produttivi nuovi, come è stato per la Venchi Unica, per la Singer, vicenda che ci ha visti impegnati con il Comune per i problemi della legge 464, per le localizzazioni, per la formazione professionale, per la ricerca di iniziative imprenditoriali; come è stato per la Melco di Asti, dove abbiamo concorso ad una contrattazione che ha assicurato, assieme al decollo di una nuova società, l'occupazione per tutti i dipendenti ed una prima contrattazione di reale mobilità, come è per la Wild, come è per la Widemann, come è per la complessa e gravissima situazione della Montedison-Montefibre, per l'Egam, per la Mirsa, le Cartiere d'Ormea, per la Pozzi di Gattinara e per decine e centinaia di altri casi.
Non ci limitiamo a fare un elemento, ma citiamo situazioni che hanno registrato un costante intervento della Regione. Certo le situazioni sono molto complesse perché ci vedono impegnati in un arco di rapporti che vanno dagli imprenditori, alle organizzazioni sindacali, dai Comuni, ai Comprensori, dagli istituti di credito sino alle istituzioni del Tribunale.
Sovente non si dispone né di strumenti legislativi né di precise attribuzioni istituzionali.
Nessuno comprenderebbe l'assenza della Regione rinviando tutto ad una pretestuosa, intellettualistica programmazione generale. Abbiamo coscienza che la programmazione si scrive e si attua pensando ed operando nel presente e preparando il futuro. Questo è il nesso indissolubile se non si vogliono scrivere i libri dei sogni.
Le linee generali della nostra politica industriale ed occupazionale indicate nel Piano vanno tradotte in iniziative concrete che colgono i problemi immediati e aperti in questo momento. Abbiamo avuto una fitta rete di rapporti con la Federazione degli industriali, con le Unioni provinciali, con i sindacati che si articolano in numerosissimi momenti della realtà produttiva. Ma abbiamo ritenuto necessario, nella situazione data, pur mantenendo tutta la specificità e particolarità dei singoli rapporti come esigono le situazioni in crisi, avanzare una proposta che avesse carattere di organicità e di sistematizzazione più generale del nostro impegno.
La Giunta a questo proposito ha formalizzato questa proposta ed io la riassumo brevemente. La proposta parte dalla considerazione che a fronte di processi in corso nell'industria che registrano situazioni di crisi (abbiamo una sessantina di casi di stabilimenti che per un verso o per l'altro hanno seri, gravi e gravissimi problemi produttivi ed occupazionali con riflessi territoriali e settoriali. La Federtessile prevede nella filatura un calo di altri 200 mila fusi con un prevedibile taglio dell'occupazione dagli 8 ai 10 mila posti di lavoro, per il 1978), abbiamo situazioni di tenuta e di sviluppo. Peraltro queste situazioni, se non sono ricondotte ad una logica generale, potrebbero accentuare squilibri di ordine settoriale e di ordine territoriale.
L'ing. Benadì, presidente dell'Unione industriale di Torino, sulla Stampa del 25 febbraio, ha ricordato: "... potremmo trovarci nella paradossale situazione di dover creare nuovi flussi migratori". C'è quindi il rischio di accentuare ulteriormente poli di congestione e sacche di depressione e di esodo. Basti pensare alla sollecitazione che dall'Astigiano, dal Verbano e dal Vercellese si svolge in questo momento.
La Giunta crede che siano tre i campi generali sui quali deve esplicarsi l'intervento della Regione e sui quali avanziamo delle proposte che la Giunta sosterrà nei prossimi giorni negli incontri con gli imprenditori, le organizzazioni sindacali e le forze sociali: ristrutturazione e riconversione; forme di utilizzo della legge 675 e del credito agevolato mercato e mobilità del lavoro adeguamento della formazione professionale aree attrezzate e insediamenti industriali.
E' indispensabile un accenno al recente passato. La Regione in questi due anni, in concorso con lo Stato, ha affrontato il problema del credito agevolato per circa 150 punti di crisi e di ristrutturazione di investimenti per un volume complessivo di 450 miliardi, massa globale delle istruttorie e delle richieste di pareri alle quali eravamo tenuti dalla legge.
Non tutte queste pratiche hanno avuto un seguito (come si è verificato per il caso della Montedison) anche per i successivi sviluppi nelle singole industrie: comunque questo è un dato significativo dell'impegno della Giunta. Come ho già ricordato diverse volte, non abbiamo mai concepito questo impegno come lavoro meramente burocratico e amministrativo, ma lo abbiamo concepito in rapporto con gli obiettivi di politica produttiva e occupazionale. E' il caso degli stanziamenti sulla legge 464 per la Venchi Unica, che hanno reso indubbiamente più appetibile quella operazione, è il caso degli stanziamenti per la Singer, che renderanno possibile, credo nei prossimi giorni, quella soluzione. Questi sono gli esempi più recenti.
Ho già avuto modo di ricordare i limiti di siffatta politica del credito agevolato. Nel mese di settembre 1977 illustrando i criteri di utilizzo della legge 675, approvata allora da poche settimane, avevamo presentato al Consiglio regionale i nostri orientamenti per un intervento organico. Oggi la Giunta propone di procedere ad una elaborazione di progetti di settore che facendo salva la sede di verifica nazionale nella Commissione interregionale, com'è previsto dalla legge e come abbiamo voluto d'accordo con le organizzazioni sindacali, per evitare posizioni autarchiche e localistiche, affronti i problemi non solo per comparti merceologici quanto per programmi finalizzati a promuovere interventi su specifiche aree territoriali e produttive.
E' necessario puntare su progetti integrati che favoriscano lo spostamento verso il sud di risorse produttive e che nel medesimo tempo consolidino i fattori di sviluppo presenti sul territorio regionale.
Condizione per la fattibilità di tale intervento è l'impegno nel settore industriale di promuovere le condizioni necessarie all'attuazione dei progetti finalizzati sia a livello regionale, anche attraverso il ruolo che vogliamo abbia la Finpiemonte, sia a livello nazionale attraverso l'apposita Commissione interregionale alla quale intendiamo sempre e comunque riferirci. In questa direzione la Regione si sta muovendo cercando anche di coordinare una serie di impegni dell'Ires e della Finpiemonte.
E' in corso l'elaborazione delle iniziative regionali in ordine al DPR 902 per le aree insufficientemente sviluppate al nord; ieri si è tenuta a Firenze una riunione delle Regioni. Il Cipe dovrà dare a questo proposito un parere definitivo; intanto è prevista una riunione della Commissione interregionale. In relazione al mercato del lavoro e alla mobilità della manodopera i Consiglieri sanno con quanta tempestività la Giunta ha operato e quali criteri ha sostenuto per costituire la Commissione regionale della mobilità il cui decreto è stato emesso in questi giorni.
L'Assessorato ha già preso contatto con il Presidente dell'Ufficio regionale del lavoro il quale, appena in possesso della promessa circolare orientativa del ministero, insedierà la Commissione. Sarà un lavoro difficile, complesso e faticoso, e anche ingrato. Siamo orientati ad utilizzare quell'intervento non in senso meramente assistenziale e di parcheggio parassitario; quindi la proposta avanzata è affinché la Commissione affronti subito taluni punti di crisi, talune questioni particolarmente acute così come vengono poste dagli imprenditori e dai sindacati (e il caso della Silma di Rivoli). La nostra proposta è di intervenire con una strumentazione adeguata sia per la conoscenza che per il momento formativo. Ciò esige uno stretto coordinamento fra i due interventi.
L'avviato osservatorio regionale del mercato del lavoro consentirà questo coordinamento delle informazioni, tuttavia è necessario stabilire un quadro delle conoscenze delle situazioni del mercato del lavoro articolato territorialmente e contemporaneamente definire una rete di rapporti tra la Commissione e il sistema delle istituzioni e degli Enti locali che operano in questo settore sul territorio.
La nostra proposta quindi è quella di avviare in ogni Comprensorio un metodo di confronto sistematico fra tutte le forze e le sedi istituzionali e le forze sociali che intervengono sul mercato del lavoro. In questo modo dovrebbe essere possibile, a scadenze determinate, definire un quadro della situazione domanda-offerta di lavoro a livello comprensoriale che potrebbe rappresentare il riferimento essenziale per le scelte da fare sino al momento formativo. Dalla formazione professionale adeguata può venire infatti una spinta per la riconversione produttiva.
La Giunta, la scorsa settimana, ha informato il Consiglio in ordine al progetto dell'assunzione di giovani nei servizi socialmente utili. Sia pure con tutti i limiti temporali e quantitativi connessi alla legge, lo sforzo della Giunta ha la possibilità di dare un valore formativo e un valore produttivo all'operazione. Nella seduta del 23 febbraio tutti i Gruppi hanno dato atto di questo sforzo; persino il collega Marchini, che non è certo tenero nei confronti della Giunta e di questa legge, lo ha riconosciuto e lo ringrazio per la lealtà e l'obiettività che ha dimostrato in questa circostanza.
Uno sforzo ancora più impegnativo è avviato dalla Regione nel campo del rapporto formazione-lavoro. Il programma formativo predisposto dall'Assessore Fiorini con 479 corsi, che saranno avviati a fronte di richieste di manodopera, è una concreta risposta alle esigenze di qualificazione di recente sottolineate dalla federazione regionale degli imprenditori. Deve essere richiamato all'attenzione di tutti i Consiglieri che la Regione ha precisato di essere disponibile anche alla prosecuzione a sue spese, del momento formativo al di là dei dodici mesi previsti dalla legge e all'anticipazione dei corsi purché sia garantita dall'impegno della successiva assunzione.
Sapete, del resto, che alcuni modestissimi ma significativi rapporti formazione-lavoro sono stati contrattati ultimamente, ai quali attribuiamo una grande importanza perché mostrano agli imprenditori una strada percorribile. L'Assessore Fiorini sta seguendo alcune situazioni sulle quali non facciamo ancora anticipazioni, anche fuori Torino, nel settore della meccanica, dell'elettronica, nel campo trattoristico e in quello artigianale, che potrebbero in breve dare alcuni significativi risultati.
Ricordo l'indagine svolta dal Consiglio e dalla IV Commissione sull'apprendistato, i cui risultati verranno presentati sabato prossimo.
Questo lavoro è estremamente importante e nuovo, purtroppo, rispetto a tante Regioni. Si tratta di una massa di 88 mila ragazzi, considerando anche i Comuni che sono compresi nella nostra indagine. E' una delle situazioni più rilevanti quantitativamente e qualitativamente tra i giovani lavoratori. Se scioperano 300 studenti liceali siamo tutti pronti a fare i servizi giornalistici, se ci sono 88 mila ragazzi in Piemonte con occupazione precaria o in condizione formativa come apprendisti nessuno ne parla. Insisto su questo perché è un dato molto rilevante. Siamo grati al Consiglio di aver avviato l'indagine e la Giunta intende operare subito in questa realtà con interventi adeguati sul piano del lavoro e della formazione professionale.
In ordine alla politica delle aree attrezzate e degli insediamenti industriali si è posto mano all'attuazione della legge n. 21. Sono state approvate le aree di Vercelli e di Casale ma, a nostro giudizio, va compiuto in questo momento uno sforzo di riorganizzazione e di riequilibrio del territorio per valorizzare tutti i fattori di rilocalizzazione.
Dichiariamo di essere disposti a rivedere la legge 21 per poter disporre di uno strumento più elastico e articolato.
Nella produzione piemontese, infine, ha un grande peso l'artigianato per i riflessi sociali, produttivi e per i valori di qualità che ha nell'economia regionale. Siamo coscienti - se volete anche in termini autocritici - che è necessario fare un salto di qualità anche se su tutte le Regioni pesa la vischiosità di ordinamenti nazionali che rendono più faticoso il nostro intervento. In tutta coscienza, però, devo dire che abbiamo predisposto le condizioni per compiere questo salto. E' ultimata l'indagine conoscitiva e la legge n. 10 è stata utilizzata bene tant'è vero che si è attivato un volume di credito di circa 60 miliardi di lire; si sono sviluppate in modo consistente le cooperative artigiane di garanzia passate da cinque a quindici (da 1.200 soci a circa 8.000); si sono sviluppati i relativi patrimoni sociali che hanno consentito di garantire nel 1977 un volume di credito di esercizio di circa 4 miliardi di lire contro 173 milioni del 1974. Il 31 dicembre scorso è cessata l'operatività della legge e la Giunta ha predisposto, sulla base dell'esperienza, delle risultanze dell'indagine conoscitiva e delle innovazioni del DPR n. 616 una nuova normativa. Dopo un accurato confronto con le associazioni artigiane, con le quali vi è un rapporto di fattiva collaborazione, abbiamo portato il 28 febbraio tutta la materia in sede di consulta, quindi si potrà procedere speditamente nell'iter legislativo.
Signori Consiglieri, non è facile per nessuna Regione d'Italia intervenire concretamente, lasciando un segno, nella politica industriale nella politica della produzione e del lavoro, per un complesso di motivi antichi e recenti, e non è facile nemmeno per un complesso di ragioni strutturali dovendo sempre ricercare un giusto equilibrio tra l'economia regionale e quella nazionale. Non indulgeremo a facile demagogia. Né questo bilancio vuole essere compiaciuto o trionfalistico: abbiamo coscienza dei limiti di intervento della Regione, dei nostri compiti e dei nostri doveri.
E' su questi che ho cercato di porre l'accento. Spero di esserci riuscito ed è su questi compiti, su questi doveri, su questi atti che noi chiediamo il contributo critico e il sostegno del Consiglio.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare l'Assessore Enrietti. Ne ha facoltà.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sicurezza sociale e sanità

Signor Presidente, signori Consiglieri, prima di analizzare completamente le questioni che riguardano il dipartimento sanità assistenza e servizi sociali, mi preme fare alcune considerazioni di fondo sull'attività dell'esecutivo in questi due anni e mezzo.
La prima considerazione è quella emersa chiaramente dal discorso del Presidente della Giunta che riguarda la stabilità dell'esecutivo, punto di riferimento per tutta la comunità regionale, e questo dato è estremamente positivo al confronto invece dell'incertezza del quadro nazionale.
Il Presidente della Giunta ha sottolineato che il Piemonte è stato governato: questa è un'altra affermazione estremamente importante sulla quale - credo - ci sia la concordanza di tutti. Soprattutto per quanto riguarda il dipartimento della sanità e dell'assistenza, il Piemonte è stato governato poiché, fortunatamente, non si sono verificati quei fenomeni che sono successi in altre Regioni. E questo va segnato come merito di un forte esecutivo che sa governare. L'attività del dipartimento è stata caratterizzata da alcune leggi essenziali: la legge per l'assistenza familiare, quella sulla riorganizzazione e la zonizzazione e quella sulla riorganizzazione dei servizi socio-sanitari. Si tratta di iniziative a vasto raggio, nell'insieme, in parte volte ad interventi settoriali ed indilazionabili, in parte volte ad un riordino generale secondo una metodologia unitaria che garantisca il coordinamento di tutta la complessa materia nel quadro dei profondi rivolgimenti che le iniziative del Parlamento hanno in questi ultimi anni indotto.
Coerentemente, infatti, con l'evolversi della legislazione nazionale tutte le Regioni hanno provveduto ad iniziative di sollecitazione e di coordinamento per favorire l'opera riformatrice dello Stato. In tal senso la Regione Piemonte ha svolto per la prima volta un ruolo per molti aspetti preminente e a buona ragione può considerarsi uno degli artefici principali di quel rapporto fecondo e innovatore fra Regioni e Stato che ha portato alla promulgazione del decreto 616 e della legge 349, punti cardine l'uno di un grandioso rinnovamento costituzionale, l'altra del pratico e reale percorrimento della riforma sanitaria. Le leggi regionali n. 41 e 39 possono quindi considerarsi indispensabili e fondamentali strumenti per l'applicazione in sede regionale di tali indirizzi sulla strada della riforma.
La definizione poi dei progetti obiettivi dell'area 4 del Piano di sviluppo regionale ha introdotto concreti e precisi elementi di indirizzo che consentiranno una riorganizzazione non burocratica, ma volta ad obiettivi partecipati e valutabili nel tempo da parte dei cittadini all'interno della loro comunità. Gli obiettivi della politica regionale fino al termine della legislatura possono considerarsi nella costituzione dei consorzi, nell'approvazione del piano socio-sanitario nel quadro delle indicazioni del Piano di sviluppo, nel finanziamento della spesa sanitaria e sociale e, in particolare, della spesa ospedaliera, nell'applicazione della legge 349/76 sulla riorganizzazione del sistema mutualistico, nella promozione delle attività preventive previste nei progetti-obiettivo, nella costruzione graduale del sistema informativo regionale socio-sanitario a supporto delle attività di programmazione e pianificazione, nel prontuario terapeutico ospedaliero e nella politica del farmaco, infine nei problemi specifici del settore assistenziale. La costituzione dei Consorzi nelle zone delimitate dalla legge 41, secondo quanto previsto dalla legge n. 39 è prioritaria a qualsiasi opera di ristrutturazione e di riforma dei servizi sanitari e sociali. In primo luogo occorre ribadire il ruolo centrale del Consiglio regionale nel promuovere le aggregazioni consortili tramite i comitati comprensoriali affinché in tempo utile, e quindi non oltre il 30 giugno 1978, i Comuni adottino le deliberazioni necessarie ed entro l'autunno prossimo possano essere costituiti gli organi esecutivi del Consorzio stesso, si da poter svolgere un ruolo preciso ed efficace nella predisposizione dei programmi e dei bilanci delle unità locali.
Contestualmente alla costituzione dei Consorzi è assolutamente indispensabile pervenire a una completa, articolata e puntuale definizione delle funzioni sanitarie e sociali già affrontate dal Piano di sviluppo. La Giunta regionale ha già provveduto a sottoporre i primi due documenti di metodologia generale del Piano al Consiglio regionale, attraverso l'apposita Commissione, che ha già promosso una diffusione ed una consultazione capillare sui medesimi attraverso i comitati comprensoriali.
Tali documenti affrontano pressoché compiutamente i servizi territoriali ed è in via di ultimazione il documento riguardante essenzialmente i servizi ospedalieri. Al più presto verrà consegnato alla Commissione.
In fase immediatamente successiva, non oltre la prima metà del mese di maggio 1978, verrà portato al Consiglio l'insieme dei documenti di piano e la legge di piano socio-sanitario affinché, sulla base anche delle consultazioni via via effettuate sui vari documenti, il Consiglio stesso provveda alla sua approvazione in tempo utile perché possa costituire elemento preciso di riferimento per la predisposizione di programmi zonali da parte dei Consorzi. I punti focali del piano socio-sanitario saranno la ridefinizione e riorganizzazione dei servizi territoriali di base da un lato e del servizio ospedaliero dall'altro, entrambi correlati in una rete funzionale di attività e di servizi.
In merito al finanziamento della spesa sanitaria e della spesa ospedaliera, la Giunta regionale ha già provveduto a rivedere le strutture del bilancio regionale riaccorpando all'interno dei progetti contenuti nel Piano di sviluppo il coacervo di capitoli derivanti da una legislazione statale e regionale scoordinata e settoriale. Occorre tuttavia rivedere le modalità di erogazione integrata e globale della spesa alle unità locali dei servizi completando le indicazioni della legge regionale n. 39. Per quanto riguarda la spesa ospedaliera va rivista la legge di finanziamento ospedaliero n. 43/74 alla luce del nuovo sistema di riparto del fondo ospedaliero nazionale e delle indicazioni del piano sanitario. Entrambi le leggi di cui sopra verranno presentate al Consiglio e alla Giunta pressoch contemporaneamente al piano socio-sanitario.
In ordine all'applicazione della legge 349/76 sulla riorganizzazione del sistema mutualistico, è pressoché ultimato il reperimento delle sedi per costituire in ognuna delle zone socio-sanitarie di cui alla legge 41 un ufficio integrato di coordinamento di tutto il sistema mutualistico in applicazione della direttiva del Comitato centrale. E' assolutamente indispensabile perché per l'applicazione delle altre direttive che consentono una reale integrazione del servizio fra i diversi istituti, i Consorzi possano già costituire il referente territoriale per la ridistribuzione dei servizi di base e per l'integrazione dei servizi poliambulatoriali e laboratoristici . Tale fase operativa inizierà fra tre quattro mesi circa, quindi la promozione dei Consorzi ha scadenze indilazionabili e ravvicinate.
La ristrutturazione dei servizi territoriali è il presupposto fondamentale perché si possa affrontare in tutto il territorio regionale in maniera programmata e con obiettivi ragionevoli i problemi posti dalla prevenzione materno infantile, dall'assistenza agli anziani, dall'igiene e sicurezza sul lavoro. Saranno oggetto di convegni regionali e di una serie di iniziative di coordinamento nonché di predisposizione di strumenti conoscitivi tutti e tre i progetti obiettivi citati. Su tutta la materia dovrà essere gradualmente rivista la legislazione regionale esistente sulla base del decreto 616. Tale revisione dovrà riguardare anche il settore della formazione professionale socio-sanitaria.
Sulla base delle iniziative già in atto di rilevazione dell'attività ospedaliera, di censimento delle attività mutualistiche, di censimento delle IPAB, in correlazione con l'Ires e il Consorzio di calcolo, dovrà gradualmente realizzarsi un sistema informativo integrato a livello periferico e centrale che possa rilevare dati certi ed indispensabili sull'efficienza, sull'efficacia e sulla spesa dei servizi sanitari; nonch l'analisi dei rischi su base territoriale attraverso un vero e proprio osservatorio epidemiologico il quale non accumuli acriticamente dati in sede centrale ma coordini in realtà un'attività soprattutto periferica di conoscenza, alla quale il livello centrale fa da supporto per le necessarie correlazioni con tutto il territorio regionale. Essenziale in questo contesto è la ristrutturazione del sistema finanziario mutualistico da correlarsi in sede periferica con le anagrafi comunali, come le altre attività di rilevazione, in sede centrale con il complesso sistema di erogazione della spesa regionale, provinciale e comunale onde realizzare in prospettiva un vero e proprio sistema di gestione dei bilanci consolidati.
Comunque entro i termini già fissati di 4 mesi circa dovrà essere garantita la gestione delle convenzioni uniche mutualistiche.
E' in fase di avanzata elaborazione il prontuario terapeutico ospedaliero e verrà quanto prima adottato quale base scientifica che punti su un controllo reale della somministrazione farmacologica legato alle reali necessità terapeutiche e non ad un consumismo indiscriminato. Il prontuario terapeutico dovrà essere gestito tramite un programma di analisi puntuale dei consumi e della spesa inerente basata sui principi attivi nonché attraverso un sistema di informazione e aggiornamento capillare degli operatori. A tale iniziativa verrà affiancata una politica di acquisti consortili dei farmaci sulla base dei prezzi legati alla biodisponibilità di farmaci contenuti nei diversi preparati; nonché la predisposizione di un armadio regionale farmacologico per i farmaci rari od in via di sperimentazione.
Questo complesso di misure dovrebbe consentirci di ridurre il consumo indiscriminato dei farmaci e di ancorare la spesa a parametri di reale efficacia.
Il processo di riorganizzazione dei servizi di base già precedentemente citato deve contemplare, come previsto dal Piano di sviluppo un'integrazione dei servizi sociali e sanitari nelle equipes di base, non possiamo tuttavia dimenticare la peculiarità del settore assistenza che ha risvolti e valenze spesso fondamentalmente diversi dal settore sanitario.
Ciò sia per le differenze di intervento che implicano spesso una politica generale dello sviluppo e del territorio più che non l'intervento dei servizi, sia d'altra parte per la differenza dei bisogni che trovano risposta in questo settore.
Non possiamo giovarci, come per la riforma sanitaria, di un testo unitario già in discussione al Parlamento, tuttavia il decreto 616 contiene precise direttive ed impegni particolarmente gravosi per le Regioni. A tal proposito il progetto obiettivo relativo alle IPAB è già un primo significativo passo compiuto su tale strada.
Ma è solo cogliendo appieno la realtà istituzionale italiana che pur assegnando al settore pubblico il compito trainante del moderno sviluppo dei servizi territoriali e cautelandolo da spinte parassitarie o speculative del privato, riconosca a quest'ultimo il ruolo che sia la Costituzione sia l'oggettiva realtà gli riconoscono purché il complesso del settore si adegui nell'insieme dinamicamente alle nuove forme che l'azione del Parlamento e delle Regioni vanno delineando.
Per questo anche la proposta di intesa con le confessioni religiose avanzata dalla Giunta regionale, va considerata un concreto passo verso la definizione dei modi di approccio per riferire all'insieme le iniziative non pubbliche che operano nel settore ed il contributo è essenziale in una società pluralistica e di cui va quindi riconosciuta la validità e l'utilità.
Particolare rilievo assumono il progetto anziani e il lavoro dipartimentale per l'impostazione e la realizzazione del progetto per la tutela materna infantile.
Dette queste cose si pongono alcuni interrogativi. Verso quali obiettivi complessivi occorre muoversi attraverso il complesso di misure sopra accennate? Riduzione o comunque contenimento della spesa socio-sanitaria complessiva, tramite la riduzione delle prestazioni di ricovero ospedaliero od in istituto improprio Riduzione dei consumi e della spesa farmaceutica Riduzione dei fattori di rischio presenti sul territorio Ancoraggio della spesa ospedaliera (inizialmente e poi tutta la spesa sanitaria) a parametri di efficacia.
Che cosa realisticamente potremo ottenere a partire dalla situazione esistente? La riduzione o comunque il contenimento della spesa socio-sanitaria e la riduzione dei fattori di rischio presuppongono un forte impulso dei servizi territoriali. Ad una grossolana analisi quantitativa il numero dei medici di base esistente è sufficiente per un servizio minimo indispensabile. Esistono tuttavia problemi di distribuzione territoriale.
Il personale medico è in genere gravemente carente. Il complesso dei medici specialistici ambulatoriali appare sufficiente, ma esistono problemi di collegamento con il settore ospedaliero e di ridistribuzione territoriale (possibili risparmi riducendo il raddoppio di visite ed esami).
Per quanto riguarda la spesa sanitaria ed ospedaliera si deve presupporre un grosso sforzo di distinzione tra le necessità obiettive di ricovero ospedaliero e le necessità di altra natura procedendo alla riduzione drastica delle sedi ospedaliere non qualificate (siamo l'unica Regione con numero di ricoveri notevole in sedi sotto i 100 posti letto) e procedendo contemporaneamente alla qualificazione dei servizi negli ospedali validi. Dalle attuali conoscenze sulla situazione ospedaliera piemontese appare necessaria una complessiva riduzione dei posti letto di base con contemporaneo potenziamento e ridistribuzione dei servizi e delle divisioni specialistiche. Tutto ciò realizzando contemporaneamente la dipartimentalizzazione delle strutture ospedaliere a partire dal dipartimento di emergenza. Tale dipartimentalizzazione dovrà consentire l'utilizzo funzionale di tutte le potenzialità ospedaliere ed i collegamenti sul territorio.
In conclusione, la legge di piano socio-sanitario dovrà principalmente contenere misure che consentano un migliore ancoraggio territoriale dei servizi di base, un forte impulso alla formazione e alla qualificazione del personale, elementi di precisa valutazione, coordinamento e ridistribuzione del servizio ospedaliero, forte impulso alla dipartimentalizzazione.
Per quanto riguarda i fattori di rischio esistenti sul territorio accanto alla ristrutturazione dei servizi di base e indispensabile riaffermare la necessità di una analisi accurata del decreto 616 e della legislazione precedente per consentire norme di indirizzo che assicurino slancio alla politica complessiva dell'igiene degli ambienti di vita e di lavoro che trova nelle unità di base una risposta viva ed originale caratteristica della realtà piemontese.
In conclusione, il processo di riforma socio-sanitaria, anche in carenza di progetti quadro nazionali di cui si sollecita l'approvazione dei quali però si conoscono le linee generali, è in atto e la mole di attività che spetta alla Regione è notevole ed indilazionabile.
La Giunta e il Consiglio regionale devono mantenere l'elevata tensione del dibattito che ha caratterizzato l'inizio di tale processo e tradurlo in operatività concorde e fattiva nell'interesse della comunità locale che deve trovare nella Regione l'indirizzo e l'apporto essenziali al loro futuro sviluppo.



PRESIDENTE

E' così conclusa la presentazione da parte della Giunta dei documenti e l'illustrazione di alcuni aspetti del programma di attività. Le repliche e la conclusione del dibattito generale inizierà il 9 marzo.


Argomento: Trasporti e comunicazioni: argomenti non sopra specificati

Esame disegno di legge n. 238: "Sanzioni per irregolarità rilevate nell'esercizio dei servizi di trasporto pubblico di persone"


PRESIDENTE

Se non vi sono obiezioni, propongo di passare all'esame del disegno di legge n. 238: "Sanzioni per irregolarità rilevate nell'esercizio dei servizi di trasporto pubblico di persone".
La parola al relatore, Consigliere Rosci.



ROSCI Marco, relatore

Il presente disegno di legge n. 238, riveste carattere normativo in conseguenza della legge generale sui trasporti e sulla viabilità. Le stesse aziende di gestione di servizi di trasporto di persone hanno sollecitato una precisazione legislativa riguardo alla prevenzione e sanzione delle irregolarità di viaggio, anche in presenza della crescente automatizzazione dell'emissione e controllo biglietti. La Giunta regionale ha ritenuto di estendere la regolamentazione anche alle eventuali irregolarità commesse dagli esercenti dei servizi di trasporto, individuando nell'art. 1, la figura del "responsabile dell'esercizio" e contemplando negli artt. 2 e 3 gli obblighi e le modalità e materie di controllo già previste dalle leggi statali quando le concessioni erano di competenza statale. L'art. 7 prevede un meccanismo di sanzione amministrativa collegato alle variazioni tariffarie e del minimo tassabile.
Questo disegno di legge è stato approvato all'unanimità dalla Commissione consiliare competente.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1 - "Ogni azienda, pubblica o privata, cui è affidata la gestione, rispettivamente diretta o in concessione, di servizi di trasporto di persone di competenza della Regione ai sensi dell'art. 117 della Costituzione italiana e conseguenti leggi statali di trasferimento delle competenze alle Regioni ordinarie, propone il 'responsabile dell'esercizio', che deve ottenere il riconoscimento della Regione o dell'eventuale Autorità destinataria della delega".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Articolo 2 - "Nel caso del regime di concessione, qualsiasi variazione o sostituzione della ditta titolare della concessione stessa deve essere approvata dall'Autorità concedente. E' nulla la cessione della concessione ad altra ditta senza la preventiva autorizzazione dell'Autorità medesima".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Articolo 3 - "Ai funzionari della Regione o dell'Autorità destinataria della delega, allo scopo incaricati, spetta la vigilanza sull'esercizio dei servizi di competenza regionale.
Essi hanno facoltà di chiedere in visione e di esaminare direttamente i libri, la contabilità e i documenti dell'azienda relativi alla gestione dei servizi ed hanno inoltre libero percorso sui veicoli e libero accesso nelle rimesse e nelle officine, previa esibizione di apposita tessera di riconoscimento, rilasciata dall'Ente concedente.
Il concessionario ha l'obbligo di ottemperare alle prescrizioni dell'Autorità di vigilanza, di fornire a questa tutti i dati e gli elementi statistici concernenti il servizio e di fare quant'altro occorra per agevolare i funzionari nell'esercizio del proprio mandato".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Articolo 4 - "Il responsabile dell'esercizio incorre nella sanzione pecuniaria nel caso in cui siano violate le condizioni stabilite dai programmi unitari ed integrati di esercizio o, in loro attesa, dai vigenti disciplinari di concessione, ovvero non si ottemperi alle prescrizioni di cui al terzo comma dell'articolo precedente.
La misura della sanzione è prevista da un minimo di L. 50.000 ad un massimo di L. 500.000 ed è rapportata alla gravità della violazione.
I fatti che comportano le violazioni di cui al primo comma sono contestati all'interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento contenente la fissazione di un termine non inferiore a 20 giorni per la presentazione delle controdeduzioni alla Giunta regionale.
Trascorso il termine assegnato senza che l'interessato abbia proposto controdeduzioni, il Presidente della Giunta regionale commina, con proprio decreto, la sanzione pecuniaria.
Sulle controdeduzioni si pronuncia, nel termine di 30 giorni, la Giunta regionale. In caso di rigetto, il Presidente della Giunta regionale emette il decreto con la relativa sanzione".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Articolo 5 - "Nel caso di servizio in regime di concessione, il titolare incorre nella decadenza della concessione medesima: a) quando venga a perdere i requisiti di idoneità tecnica o finanziaria prescritti dalla legge b) quando non dia inizio al servizio nel termine stabilito, lo abbandoni, lo interrompa, lo effettui con ripetute irregolarità, non ottemperi alle disposizioni impartite dalla Regione o dall'Autorità destinataria della delega, si renda inadempiente agli obblighi derivanti dall'atto di concessione o imposti da norme di legge o di regolamento o dai contratti di lavoro vigenti. In tali casi la pronuncia di decadenza deve essere preceduta da due successive diffide intimate al concessionario ed è operativa dalla scadenza del termine stabilito nell'ultima diffida".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Articolo 6 - "I viaggiatori dei servizi pubblici di trasporto sono tenuti a munirsi di valido titolo di viaggio, quando prescritto dall'atto che stabilisce le condizioni di esercizio del servizio, a conservarlo per la durata dell'intero percorso ed ad esibirlo al personale incaricato dell'Azienda".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
Articolo 7 - "Chiunque, senza averne dato preavviso al personale di scorta, risulti sprovvisto del prescritto titolo di viaggio, è tenuto oltre al pagamento del normale biglietto a tariffa ordinaria, anche al pagamento di una sanzione amministrativa pari a venti volte il prezzo del biglietto a tariffa ordinaria per il percorso minimo tassabile della tabella tariffaria regionale autorizzata.
Nel caso di servizio di riscossione o di controllo meccanizzato, la sanzione è aumentata del 50%".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
Articolo 8 - "L'importo della sanzione amministrativa, quale prodotto fuori traffico, viene incamerato dall'azienda esercente, la quale conserva per almeno tre anni la documentazione probativa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
Articolo 9 - "All'accertamento delle irregolarità di cui all'art. 7 ed alla riscossione degli importi delle relative sanzioni, provvede il personale ispettivo, di controllo e di verifica dell'Azienda o dell'ente esercente, munito di idoneo documento di riconoscimento rilasciato dall'esercente, nell'ambito delle linee di trasporto gestite.
I predetti incaricati, limitatamente alle funzioni di controllo delle irregolarità di viaggio, sono considerati pubblici ufficiali ai sensi dell'art. 357 del Codice Penale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri.
Il disegno di legge è approvato.


Argomento: Formazione professionale

Esame delibera Giunta regionale: "Centro regionale di formazione professionale per tecnici informatici per l'automazione di processi industriali. Approvazione organizzazione e riconoscimento quale struttura permanente"


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto all'o.d.g.: "Esame delibera Giunta regionale 'Centro regionale di formazione professionale per tecnici informatici per l'automazione di processi industriali. Approvazione organizzazione e riconoscimento quale struttura permanente'".
La parola al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Annettiamo grande importanza al tema che viene trattato dalla deliberazione. Al di là della rilevanza della spesa, con questo si dà inizio ad un discorso che merita molta attenzione da parte del Consiglio regionale alla luce delle relazioni svolte ancora oggi, in tema di politica industriale. Tra i temi che possono interessare la politica industriale c'è quello determinante della ricerca, della innovazione tecnologica soprattutto della sua diffusione nel contesto delle piccole e medie industrie della Regione che non hanno la capacità di sopportare in proprio questi sforzi. Forse si dovrebbero ripercorrere attentamente tutte le insufficienze che caratterizzano il nostro Paese dal lato degli istituti universitari, del CNR e della politica della ricerca in generale.
Quindi, partiamo con un atteggiamento di notevole attenzione, di stimolo, di sollecitazione affinché questo tema venga affrontato nel migliore dei modi. Crediamo alla necessità di interventi e di partecipazioni anche pubbliche che facilitino e agevolino l'iniziativa, che si deve diffondere sempre di più in tutto il contesto produttivo e all'interno di quest'ottica, annettiamo una importanza particolare al settore dell'automazione e della strumentazione elettronica. Ritroviamo in questo senso una coerenza con quei settori e con quei programmi finalizzati che l'ultima deliberazione del CIPI, all'interno della legge di riconversione industriale, sollecita come prioritari nel nostro Paese.
E' nel contesto di una impostazione di questo genere che ci preme sollevare alcune obiezioni nei confronti della deliberazione presentata dalla Giunta. La Giunta si propone con questo atto di dare sostanza alle sollecitazioni pervenute dall'interno stesso del Centro di formazione professionale per tecnici informatici per l'automazione del BIT, in cui, ci risulta, si è realizzata una collaborazione e un confronto positivi tra operatori industriali e responsabili della pubblica amministrazione.
Abbiamo avuto modo di confrontarci in sede di Comitato tecnico scientifico sulle primitive proposte e prendiamo atto positivamente che una terza correzione è stata introdotta rispetto alle indicazioni che erano emerse di cui comprendiamo tutta la positività nello sforzo, anche di fantasia e di stimolo, che gli operatori presenti nel Centro stanno portando avanti.
Anzi, vorremmo approfittare di questo intervento, per ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando in quella sede.
Ci rimangono però notevoli perplessità sulla struttura definitiva di questi interventi e sulla loro organizzazione complessiva.
A fronte delle esigenze, di agevolare e di diffondere una raccolta di documentazione necessaria per la diffusione della ricerca e dell'innovazione tecnologica, a fronte dell'esigenza di analizzare la strumentazione esistente nell'intero parco produttivo piemontese e di garantire un aggiornamento professionale degli operatori, ci troviamo di fronte ad una deliberazione che prevede l'assunzione di 5 tecnici e di un operatore.
Il passo da compiere dovrebbe essere molto più sostanzioso. Crediamo alla necessità di dare origine nella Regione ad un vero e proprio centro tecnologico in materia; un centro che per poter garantire quella osmosi continua, quella reale presenza nel tessuto produttivo, non può non trovare una partecipazione definita, consolidata, formalizzata del momento pubblico, e soprattutto dei centri di ricerca esistenti nella ' Regione dall'Università al Politecnico e ad altri centri di ricerca delle associazioni imprenditoriali.
Comprendiamo che siamo nella fase di avviamento e che forse la Giunta vuole muoversi con una certa dose di sperimentazione in materia, per crediamo che quanto consolidato fino ad ora dovrebbe essere sufficiente per spingere in quella direzione con un passo più decisivo. Si costituisce una struttura nel Centro di formazione professionale a carico della Regione che dovrebbe svolgere funzioni diffuse nel territorio e ricercare la collaborazione con la Finpiemonte attraverso una forma di convenzione. Si intravede nel progetto una strada positiva, un istituto in grado di funzionare autonomamente, capace di affermarsi sul mercato, capace anche di autofinanziarsi. Il fatto di procedere ancora con una deliberazione, cioè con un atto amministrativo, di assunzione di personale all'interno della struttura esistente e il fatto di non dare origine ad un centro tecnologico, e alla formalizzazione della partecipazione degli altri soggetti della vita industriale e della ricerca, ci sembra un rapporto non definito da parte della Finpiemonte, malgrado che nelle consultazioni avesse dichiarato un certo interesse a questa operazione. Tutti questi elementi ci portano a muovere delle obiezioni.
Ritroviamo in questa deliberazione alcune incertezze che caratterizzano l'atteggiamento della Giunta regionale attorno a questi problemi. Troppe volte sentiamo vantare delle esigenze di gestione diretta di queste materie da parte della Regione, quasi che, se non è garantita la gestione diretta da parte dell'ente pubblico, gli obiettivi di incentivazione della ricerca non siano perseguibili. Per stimolare la Giunta a risolvere questi interrogativi nel più breve tempo possibile e per sollecitarla a promuovere in maniera più sostanziosa tali iniziative, ci asterremo dalla votazione di questo atto deliberativo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione

Trovo contraddittorio l'atteggiamento assunto dal collega Alberton.
Egli, dopo aver dato un giudizio positivo dell'iniziativa e dopo avere espresso perplessità in ordine all'istituzione di un nuovo ente, ora ci propone un ente tecnologico. Avevo condiviso le sue perplessità in quella assemblea anche perché costituire una molteplicità di enti può in realtà essere un rischio per la Regione rispetto alla possibilità di direzione della politica economica dell'intero complesso regionale. Questa esigenza è venuta fuori non soltanto da una richiesta di carattere industriale, ma anche da una richiesta di carattere didattico. Il Centro ha avuto un notevole successo nel campo dell'industria tanto che i suoi quadri sono molto ricercati. E' un minimo di garanzia e di serietà per poter proseguire, per potersi radicare nella realtà, per poter avere quel contatto reale con le imprese, che non si potrebbe avere istituendo semplicemente un ente. Abbiamo voluto andare con calma in quella direzione per rispondere alle due esigenze scaturite dall'esperienza del Centro: il mantenimento del centro attraverso l'attività di ricerca, condotta non soltanto in astratto ma in un accordo e con il confronto con le imprese della Regione e la possibilità che questa esperienza possa essere utile dal punto di vista della preparazione professionale e della progettazione alle piccole e medie imprese.
Questa esigenza è stata benevolmente accolta dal Comitato scientifico il quale ha poi fatto delle proposte sia per la creazione di un nuovo ente sia per la trasformazione del Centro in un altro ente, proposta che non abbiamo ritenuto opportuna in questo momento. Abbiamo invece ritenuto opportuno che l'attività promozionale nei confronti delle piccole e medie imprese fosse svolta temporaneamente attraverso la Finpiemonte, in quanto la struttura regionale non è idonea e non è finalizzata a questo compito di promozione. Un ente in tale senso avrebbe potuto essere bocciato dal Governo, com'è avvenuto per quello lombardo. In ogni caso è da verificare la possibilità della creazione di un ente tecnologico.
Abbiamo voluto operare con calma perché era l'unico modo per garantire una reale possibilità di aggancio, cioè creare delle iniziative su una realtà esistente per svilupparle in termini giuridici.
Si è tenuto un seminario con quadri industriali che ha avuto un grande successo e che ci ha permesso di impostare dei moduli di corsi che interessano tutte le imprese del settore. Questo esperimento ci permetterà di andare oltre in un rapporto convenzionale tra Regione e Finpiemonte.
Questo potrà essere un settore di attività della Finpiemonte con opportuna convenzione, che potrà anche risarcire la Regione delle spese e che potrà operare nel campo della ricerca, della progettazione e della promozione industriale. Abbiamo preferito partire da una situazione consolidata per creare qualcosa di diverso senza precludere la possibilità di future soluzioni.
L'assunzione dei 5 tecnici quindi è un primo passo. Se l'iniziativa non dovesse funzionare con la creazione di un ente nuovo, ci troveremmo del personale inutile che non sapremmo come utilizzare. Ci siamo limitati a questo tipo di deliberazione che rafforza il Centro, gli dà la possibilità di essere in contatto con le imprese, di avere la documentazione necessaria, di fare della ricerca pratica e di avere tutti quegli strumenti atti per l'attività promozionale nei confronti delle imprese anche dal punto di vista dell'esperienza negli altri paesi.
L'utilità potrebbe essere duplice: un'attività professionale che assicura la formazione, la riqualificazione, la mobilità verticale all'interno delle imprese e una attività promozionale nei confronti delle imprese per coprire quei settori attualmente scoperti e che potrebbero espandere la propria produzione non solo nella Regione, ma anche nel territorio nazionale. Potremo essere interessati ad opportuni rapporti con le Regioni del sud in ordine alla politica meridionalista che la Regione sta svolgendo. Evidentemente queste sono cose che diciamo informalmente che saranno discusse in concreto in Consiglio quando avremo un progetto di espansione di questa iniziativa oltre i confini regionali, senza avere la pretesa di colonizzare altre Regioni.
In questo senso le osservazioni di Alberton mi paiono contraddittorie in quanto egli aveva messo in dubbio la liceità di creare un nuovo ente cosa che abbiamo ben accettato. Abbiamo affrontato in modo più pragmatico ma più sicuro, sulla base delle esigenze che emergevano dall'esperienza del Centro e dalle informazioni dei membri del Comitato tecnico scientifico sulla situazione industriale della Regione.



PRESIDENTE

La parola ancora al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Questo mio ulteriore intervento può essere interpretato come dichiarazione di voto. Mi preme chiarire gli elementi che secondo l'Assessore Fiorini sono contradditori. Rispetto al progetto iniziale che era stato presentato ed elaborato autonomamente dagli operatori del Centro avevo manifestato contrarietà e perplessità su due finalità che l'operazione avrebbe dovuto prefiggersi: l'assunzione in proprio di commesse che avrebbe configurato una società, composta dalla Regione e Finpiemonte, con compiti che sarebbero andati oltre a quelli istituzionali della Regione e la promozione di nuove iniziative industriali che ancora una volta avrebbero fatto debordare rispetto alle competenze della Regione stessa. Criticavo la forma della società per azioni e le finalità che si volevano assegnare. Molto opportunamente queste due finalità sono state eliminate. Rimane da trovare la formula tecnico-giuridica migliore per dare concretezza alle altre finalità che invece sono valide.
Sottolineo anche il problema del personale, che dovrà essere particolarmente qualificato e che non sappiamo come potrà essere inquadrato nelle strutture regionali. Riteniamo che l'iniziativa debba essere gestita dalla Finpiemonte, la quale potrà meglio dotarsi di una struttura adeguata e potrà agevolare le attività di formazione che devono essere salvaguardate e sviluppate.



PRESIDENTE

Vi dò lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 178-12468, del 27/1/1978 sentita la relazione della V Commissione ritenuta la necessità di riconoscere il Centro sperimentale regionale di formazione per Tecnici informatici per l'automazione dei processi industriali quale struttura permanente visti gli intendimenti, le modalità e gli adempimenti delibera a) di riconoscere e organizzare il Centro sperimentale regionale di formazione per Tecnici informatici per l'automazione dei processi industriali di Torino - via Ventimiglia - come struttura permanente secondo quanto in premessa indicato b) di dare mandato alla Giunta per l'adozione degli atti deliberativi necessari: a dotare il Centro del personale tecnico necessario e, precisamente cinque tecnici esperti in elettronica e sistemistica ed un operatore specializzato all'acquisto delle attrezzature indispensabili alla occorrente dotazione finanziaria per l'espletamento delle funzioni in premessa indicate c) di dare mandato alla Giunta di stipulare al più presto una o più convenzioni con la Finpiemonte secondo quanto in premessa.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi è favorevole alzi la mano.
La deliberazione è approvata con 28 voti favorevoli e 16 astenuti.


Argomento: Comprensori

Sulla distribuzione del documento relativo alle linee programmatiche ed organizzative per i Comitati comprensoriali


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

E' stato distribuito un documento relativo alle linee programmatiche e organizzative dei Comitati comprensoriali con allegato un breve documento sulle indennità di carica, sulle presenze e sui rimborsi spese agli amministratori. Vista la delicatezza del tema e considerato che si ritiene di discuterne in sede di conferenza dei Capigruppo, vorrei raccomandare la riservatezza adeguata, tanto più che si è saputo che in alcune sedi periferiche si era in possesso della documentazione e si esprimevano preferenze per una soluzione o per l'altra. Chiedo ai Consiglieri e alla Giunta che questo documento venga discusso al più presto in sede di conferenza dei Capigruppo.


Argomento: Montagna

Esame disegno di legge n. 264: "Applicazione legge dello Stato 22/7/1975 n. 382 e DPR 24/7/1977 n. 616 - Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio I.A. e A. di Cuneo"


PRESIDENTE

Passiamo al punto decimo all'o.d.g.: "Esame disegno di legge n. 264: 'Applicazione legge dello Stato 22/7/1975 n. 382 e DPR 24/7/1977 n. 616 Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio I.A. e A. di Cuneo'". La parola al relatore, signora Graglia Artico.



GRAGLIA Anna, relatore

Signori Consiglieri, in applicazione della legge 382 e del DPR 616 con questo disegno di legge vengono assorbite dalla Regione le funzioni dell'Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna della Camera di Commercio industria, artigianato e agricoltura di Cuneo, tenendo conto del ruolo qualificato che questa azienda ha svolto nella realtà cuneese.
La relazione della Giunta allegata al disegno di legge evidenziava sotto il profilo della garanzia per la Regione, il notevole patrimonio di mezzi operativi e di rapporti amministrativi estremamente qualificati dell'Azienda Montagna, che hanno permesso di intervenire e di dare una risposta ai gravissimi problemi esistenti nelle zone montane.
La proposta di legge ha ottenuto il parere favorevole dei Gruppi presenti nella I e nella III Commissione. Auspico che analogo parere possa essere espresso da tutto il Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Chiedo la parola perché avrei piacere che l'Assessore all'agricoltura si pronunciasse su alcuni problemi che, a mio avviso, non sono stati sufficientemente illustrati sia nella relazione della Giunta al disegno di legge sia nella relazione della collega Graglia. Noi applichiamo la legge 382 e il decreto attuativo n. 616 per l'assorbimento di una azienda autonoma e non invece per portare poteri alla periferia. In tutte le assemblee sentiamo le lagnanze delle forze politiche che temono il pericolo della centralizzazione di funzioni che si trasferisce dallo Stato alle Regioni. Le Regioni continuano a muoversi sulla stessa logica sulla quale si muoveva lo Stato fino a qualche tempo fa. L'art. 69 del DPR 616 prevede il passaggio delle funzioni alle Regioni per quanto attiene la politica montana in generale, però non prevede la soppressione delle funzioni.
Questo è un argomento sul quale dobbiamo soffermarci perché ci troviamo di fronte ad un'azienda che ha una sua tradizione, ha un passato che ritengo glorioso perché ha cominciato ad operare nel 1952 quando si iniziava appena a prendere coscienza dei problemi della montagna con l'istituzione dell'Uncem e con la presa di posizione di alcune Amministrazioni provinciali tra cui quella di Torino, presa di coscienza che partiva dagli enti autonomi locali, come la Camera di Commercio di Cuneo.
Era però un terreno inesplorato sul quale ci si è mossi con intelligenza arrivando a dei risultati che non possono e non devono essere vanificati dall'assunzione di queste funzioni da parte della Regione. Su iniziativa dell'Assessorato alla montagna della Provincia di Torino e dell'Azienda Autonoma studi e assistenza alla montagna di Cuneo sono nate le prime idee che hanno portato alla creazione dei Comprensori di bonifica montana, dei consigli di valle, dei bacini imbriferi e successivamente tramite l'Uncem, alla creazione delle Comunità montane.
Questi fatti sono evidenziati nella relazione della Giunta, bisogna darne atto, ma non è altrettanto evidenziato il fine per cui la Regione si inserisce in questo processo. Si dice semplicemente che si tratta di applicare il DPR n. 616. Facciamo attenzione a non trasformare un atto politico in un atto squisitamente burocratico. Il personale dell'Azienda Autonoma legittimamente preme per cercare sicurezza in una istituzione che dia maggiore garanzia di continuità come è la Regione al confronto di un'Azienda Autonoma. La Camera di Commercio, con tutto il rispetto che ho per il suo Consiglio di amministrazione, per il suo Presidente che conosco personalmente e che mi onora della sua amicizia, è assillata da problemi finanziari e al di là delle valutazioni connesse alla soppressione dell'Azienda Autonoma, ha fatto dei conti economici che non tornano e che non permettono di mantenere alcune strutture.
Anche se l'ora non concilia con questi discorsi, che dovrebbero essere più articolati, ritengo che, affrontando questi problemi, dovremmo avere un minimo di tensione morale affinché l'applicazione del decreto 616 non si traduca in un mero atto burocratico.
Finora sull'Azienda Autonoma c'era un controllo democratico perché una parte del Consiglio di amministrazione era nominato dalla Giunta camerale e un'altra parte era nominata direttamente dai rappresentanti delle Comunità montane. Dobbiamo trovare il metodo per garantire su questo servizio della Regione una forma di controllo democratico e mi auguro che la sussistenza del servizio garantisca prospettive di miglioramento nei confronti del passato. La mancanza di garanzia del controllo democratico significa un passo all'indietro sul terreno della partecipazione: facciamo attenzione perché il primo atto che assumiamo nella direzione dell'assorbimento di funzioni non costituisca un grave precedente che potrebbe ripercuotersi sui provvedimenti successivi.
L'articolazione esistente non copre tutto il territorio piemontese tanto è vero che l'Azienda Autonoma di Cuneo copre la zona montana della Provincia di Cuneo, l'Assessorato provinciale alla montagna copre la Provincia di Torino; esiste poi l'Azienda Autonoma nella Provincia di Novara. Vorremmo sapere se la Giunta ha predisposto un'indicazione di programma che dia una visione più organica dell'assorbimento di queste funzioni.
La Provincia di Torino vuole mantenere la sua autonomia, oppure è disponibile ad accettare un discorso con la Regione per fare in modo che il servizio garantito a tre province venga esteso a tutto il territorio montano del Piemonte, naturalmente garantendo una articolazione sul territorio? Sono argomenti piuttosto aridi che esigono però di essere trattati con un minimo di tensione morale, se non vogliamo appiattire tutta quella vasta articolazione che non è ancora disponibile ad accettare delle linee di indirizzo programmatico. Dobbiamo prestare attenzione alla validità che questa organizzazione periferica ha rappresentato nel passato in tutti i settori e adesso nel settore specifico degli interventi a favore della montagna. Il mio non è soltanto un richiamo di carattere formale, ma diventa un richiamo di carattere sostanziale. Nelle relazioni che la Giunta presenta ai propri disegni di legge si faccia un richiamo esplicito al Piano di sviluppo. Ho delle riserve sulla esistenza o meno di un Piano di sviluppo regionale: è un piano a grandissime indicazioni e anche questa mattina la Giunta ha ribadito che in esso vi sono delle scelte precise e nette, tuttavia, né a me né alla mia parte politica è dato di individuarle.
Comunque, se è vero che esiste, facciamo riferimento al Piano di sviluppo facciamo riferimento al programma pluriennale di attuazione, facciamo riferimento al bilancio pluriennale e non arriviamo con proposte di legge di questo genere che, approvate in sede di III Commissione, arrivate in I Commissione, si sono fermate perché mancava il finanziamento.
Tutti ci muoviamo con estrema cautela e con estrema difficoltà sul terreno della programmazione, anche se tutti ce ne riempiamo facilmente la bocca: almeno facciamo un tentativo per dimostrare che quando assumiamo provvedimenti di questo genere, ci muoviamo secondo una linea programmatica e con la volontà non di sopprimere delle realtà locali che hanno una loro ricchezza e una loro storia di grosso rilievo, ma di potenziare e portare avanti un discorso come abbiamo saputo portare avanti negli anni più difficili in cui la coscienza dei cittadini su alcuni problemi era ancora tutta da formare. Mi auguro che le richieste di articolazione sul territorio, di controllo democratico e di garanzia che il servizio non venga assorbito per essere vanificato ma per essere potenziato nella scia delle migliori tradizioni, richieste peraltro già avanzate dalla Camera di Commercio con lettera indirizzata all'Assessore all'agricoltura, ricevano una risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Voglio esprimere uno scrupolo che ho già espresso in Commissione in relazione ad una questione puramente tecnica. L'art. 3 dice che l'inquadramento nel ruolo della Regione avrà effetto dalla data di estinzione dell'Azienda, quindi dal momento in cui entrerà in vigore questa legge, mentre in un altro punto è detto che saranno stabilite le modalità per l'inquadramento del personale con apposita legge da emanarsi entro il 31 dicembre 1978; dovrebbe essere invece il contrario.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Concordo pienamente con quanto ha detto il collega Martini sul ruolo e sulla funzione svolti dall'Azienda per la montagna della Camera di Commercio di Cuneo ed in particolare dall'Amministrazione provinciale di Torino, che ha dato vita ai primi Consigli di Valle prefigurando tutto il discorso, istituzionalizzato poi dall'apposita legge delle Comunità montane, e in particolare dall'Azienda montana della Provincia di Cuneo che si è impegnata sul piano promozionale e sul piano operativo facendo sì che le Comunità montane non si limitassero alle funzioni previste dalla legge, ma andassero oltre nell'utilizzazione, ad esempio, della legislazione agraria regionale e nello sviluppo di iniziative cooperative.
L'assorbimento, certo dietro le spinte accennate dal Consigliere Martini, avviene nell'ambito della legge 382 e del DPR 616, e, per ora, si limita a questa sola Azienda. Per quanto riguarda l'altra azienda, ci sono problemi politici e la Regione, pur essendo via via interessata a dare applicazione alla legge 382, non ha compiuto nessun atto ove non fosse manifestato dalla stessa volontà. Per quanto riguarda la garanzia affinch non sia disperso tutto il patrimonio di esperienze, di partecipazione e di autogoverno locale, credo di poter dare al collega Martini e al Consiglio le più ampie assicurazioni sotto due aspetti: il primo, preciso e concreto, è che l'azienda non esisterà più. Il personale verrà assorbito dalla Regione. Il primo passo però sarà di lasciare le cose come sono, ossia i funzionari che hanno operato al servizio delle Comunità montane rimarranno decentrati presso la provincia di Cuneo, in una sede della Regione che troveremo, e saranno fondamentalmente destinati a proseguire l'azione finora svolta si procederà a riorganizzare l'intero servizio, si risolverà il problema di Novara e di Vercelli, altre province in cui esistono molte Comunità montane.
Per quanto si riferisce alla Provincia di Torino, è chiaro che non possiamo chiedere alla Provincia stessa di smettere il suo patrimonio di tradizioni, di lavoro e anche di esperienze umane. Credo che in questo momento nessuno è in condizione di dire come verranno definiti quei rapporti. La stessa situazione esiste per la Provincia di Alessandria ove c'è l'Assessore all'ecologia e alla montagna che si occupa appunto dell'azione di stimolo e di coordinamento.
Possiamo in questo momento garantire al collega Martini che nulla verrà sottratto alla Provincia di Cuneo, anzi, ci auguriamo di essere in grado di contribuire per operare meglio, se possibile, laddove ci siano, delle carenze.
Concordo con il Consigliere Martini sul fatto che esiste il pericolo di centralizzare tutto. Ritengo che non sarebbe sbagliato, naturalmente con una definizione più complessa, la decisione di andare sulla strada della delega. Nulla ci vieterà di delegare quegli uffici alle Comunità montane eventualmente consorziate a livello di un Comprensorio, di più Comprensori o di Provincia. Già oggi le leggi agrarie e altre leggi regionali delegano o comunque affidano notevoli attribuzioni alle Comunità montane, come, ad esempio, la gestione delle quattro direttive CEE. Quando nei mesi di marzo o aprile avvieremo la discussione sui progetti settoriali, di cui si fa cenno nel documento del Presidente della Giunta, con riferimento al Piano regionale di sviluppo, al piano agricolo alimentare e alla legge del quadrifoglio, non potremo limitarci ad essi, ma dovremo collocare sul territorio tutte le scelte settoriali con, da una parte, la funzione dei Consigli che andremo ad istituire con la legge che prevede i piani zonali di sviluppo e, dall'altra, la funzione che invece dovranno svolgere le Comunità montane quali responsabili dell'attuazione di quei progetti per il territorio montano. Si possono trovare forme immediate di partecipazione.
Per non limitarci a dire delle parole, ricordo che è stato presentato dalla Giunta un disegno di legge che già prevede alcuni meccanismi per non raccorpare le Comunità montane, anche se in certi casi andrebbero raccorpate secondo un nostro disegno, ma, pur lasciandole come sono attualmente, per costituire fra loro degli uffici comuni per l'elaborazione del Piano di sviluppo socio-economico. Nulla ci impedisce, dal momento che quel disegno di legge deve ancora realizzare il suo iter, di esaminare la possibilità di istituzionalizzare subito le funzioni dell'Uncem e quindi raggruppamenti di Comunità montane a livello periferico. Si tratterà di trovare la dimensione adatta che sarà quella del Comprensorio o della Provincia.
Con queste affermazioni mi auguro di avere dato alcune risposte soddisfacenti alla problematica sollevata dal collega Martini.



PRESIDENTE

Passiamo all'approvazione degli articoli.
Articolo 1 - "L'Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna di Cuneo, costituita con deliberazione n. 334 del 3/11/1952 della Giunta della Camera di Commercio I.A. e A. di Cuneo, resa esecutiva dal Ministero dell'industria e del commercio, ai sensi dell'art. 32, n. 4 del T.U.
approvato con R.D. 20/9/1934 n. 2011, vistata con parere favorevole dal Ministero dell'agricoltura e foreste - Direzione generale dell'economia montana e delle foreste -, visti gli artt. 50 e 69 del D.P.R. 24/7/1977, n.
616 di applicazione della legge 22/7/1975, n. 382, è soppressa, d'intesa con la stessa Camera di Commercio I.A.A., con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 1 e approvato.
Articolo 2 - "La Regione è sollevata da ogni onere relativo alla regolamentazione di eventuali rapporti amministrativi della soppressa Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna con la Camera di Commercio I.A. e A. di Cuneo".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Articolo 3 - "Il personale di ruolo dell'Azienda Autonoma studi e assistenza alla montagna, in servizio alla data dell'1/1/1978 è assegnato a domanda, da presentarsi entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di soppressione dell'Azienda - alla Regione Piemonte con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge.
I dipendenti dell'Azienda di cui al comma precedente sono 5 e rivestono le qualifiche di cui all'allegata tabella A).
All'inquadramento nel ruolo della Regione, che avrà effetto dalla data di estinzione dell'Azienda, si provvederà con le modalità che saranno indicate in apposita legge regionale, da emanarsi entro il 31 dicembre 1978.
Fino all'inquadramento di cui al comma precedente, al personale dell'Azienda Autonoma studi ed assistenza alla montagna continueranno ad applicarsi, da parte della Regione, le norme relative allo stato giuridico ed al trattamento economico di attività previste dall'ordinamento di provenienza.
Al personale assegnato alla Regione sono fatte salve le posizioni economiche rispettivamente già acquisite nel ruolo di provenienza.
Tale personale, a decorrere dalla data di assegnazione, sarà iscritto ai fini del trattamento di quiescenza, previdenza e assistenza alla CPDEL e all'INADEL".
E' stato presentato un emendamento all'art. 3 dal Consigliere Chiabrando e dall'Assessore Ferraris, così formalizzato: "sopprimere, al terzo comma, le parole 'che avrà effetto dalla data di estinzione dell'Azienda'".
Chi è favorevole alzi la mano.
E' approvato all'unanimità dei 43 Consiglieri presenti in aula.
Si passi alla votazione dell'articolo.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 43 Consiglieri.
L'art. 3 à approvato.
Articolo 4 - "Alla liquidazione dell'indennità di fine rapporto di lavoro, spettante al personale dell'Azienda Autonoma studi ed assistenza della montagna, alla data di estinzione del rapporto stesso, provvede per intero l'Azienda medesima, ai sensi delle disposizioni vigenti, senza alcun onere per l'Amministrazione regionale subentrante".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Articolo 5 - "Ai fini dell'attuazione della presente legge è autorizzata, a partire dall'anno finanziario 1978, la spesa annua di 50 milioni.
All'onere di cui al precedente comma si fa fronte, per l'anno finanziario 1978, con le disponibilità esistenti ai capitoli n. 12401, n.
12402, n. 12403, e n. 12404 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario medesimo, nella rispettiva misura di 30 milioni, 10 milioni, 4 milioni e 6 milioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri.
L'intero disegno di legge è approvato.
Alla legge è allegata una tabella, di cui vi dò brevemente lettura: Qualifiche rivestite presso l'Azienda alla data del 31/12/1977: Vice Segretario Generale - numero dipendenti 1 Segretario Capo - numero dipendenti 2 Archivista Capo Superiore - numero dipendenti 2 Totale numero dipendenti 5.


Argomento: Consorzi

Esame disegno di legge n. 262 "Scioglimento dei Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica"


PRESIDENTE

Il punto undecimo all'o.d.g. reca: "Esame disegno di legge n. 262 'Scioglimento dei Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica'".
La parola al relatore, dottoressa Marchiaro.



MARCHIARO Maria Laura, relatore

Il disegno di legge n. 262, presentato dalla Giunta regionale, è un provvedimento che adempie a quanto prescritto dall'art. 39 del D.P.R.
24/7/1977 n. 616 che stabilisce la soppressione dei Consorzi per l'istruzione tecnica. I Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica furono istituiti con il R.D.L. 26/9/1935, 1946, convertito in legge 2/1/1936 n. 82, e successivamente posto sotto il controllo amministrativo delle Regioni con l'art. 3 del D.P.R. 15/1/1972 n. 10.
Con il presente disegno di legge si dispone lo scioglimento dei Consorzi in oggetto con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge e il passaggio alla Regione dei beni, del personale e delle relative funzioni, ad eccezione di quelle di orientamento scolastico che sono attribuite ai Distretti scolastici. Un Commissario liquidatore nominato dal Presidente della Giunta regionale su proposta dell'Assessore all'istruzione, il cui mandato cesserà entro il 30/6/1978, si occuperà della ricognizione dell'attività patrimoniale e non patrimoniale dei soppressi Consorzi.
L'art. 2 del presente disegno di legge prevede che il personale di ruolo con rapporto di impiego a tempo indeterminato in servizio presso i Consorzi sia assegnato alla Regione con effetto dal 1° gennaio 1978. Le norme che fissano il rapporto di lavoro del personale fino all'inquadramento sono omogenee fra tutte le Regioni. L'inquadramento è rinviato ad una successiva legge regionale da emanare entro il 31/12/1978 che riguarderà tutto il personale trasferito alla Regione in base al decreto 24/7/1977 n. 616.
L'art. 3 riguarda l'indennità di fine rapporto di lavoro maturata al 31/1/78; l'art. 4 riguarda la copertura di spesa, prevista per il 1978 in 130 milioni. Con l'art. 5 la legge è dichiarata urgente.
Il disegno di legge è stato approvato all'unanimità dalla V Commissione consiliare.



PRESIDENTE

La parola alla dottoressa Saldano.



SOLDANO Albertina

Il disegno di legge oggi all'esame del Consiglio è da porre in connessione con il D.P.R. n. 616 del quale, in particolare, si tratta di interpretare e applicare le norme sancite dall'art. 39. In linea generale siamo d'accordo sul significato tecnico del disegno stesso. Riteniamo comunque di puntualizzare che, in ordine alla soppressione dei Consorzi e al trasferimento alla Regione delle funzioni, dei beni e del personale resta aperto il problema in ordine a quanto, nel disegno di legge, viene presentato sotto forma di eccezione, cioè: le funzioni di orientamento scolastico che risultano oggi attribuite ai Distretti scolastici. E' chiaro che, a questo proposito, non si tratta di affrontare soltanto un problema di ordine applicativo, esecutivo o strettamente tecnico-burocratico.
Rimangono infatti aperti i problemi molto importanti e complessi, relativi alla formazione e alle scelte occupazionali dei giovani che, anche se in modo forse primordiale, per la prima volta in questi ultimi 15-20 anni sono stati affrontati in Piemonte dai Consorzi provinciali dell'istruzione tecnica. Sull'ordinamento scolastico e professionale, nonché sulla formazione professionale non è competente soltanto la Regione. A tali problemi sono interessati precisi organismi, attraverso i quali dovrebbe essere possibile realizzare quella sintesi tra assistenza scolastica e diritto allo studio e al lavoro che costituisce uno dei nodi fondamentali nell'ambito dei processi educativi e formativi che da anni appassionano i Consiglieri regionali del Piemonte, nonché le forze politiche attraverso le quali essi si esprimono.
La nostra adesione al disegno di legge è, dunque, positiva e completa corredata tuttavia dalla raccomandazione che questo tipo di soluzione momentaneo e provvisorio sia considerato dalla Giunta in stretta connessione con problemi che continuano ad essere aperti e urgenti. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione

Voglio assicurare il Consigliere Soldano che prossimamente porr all'attenzione della Giunta i due problemi; quello che riguarda l'assistenza scolastica nell'ambito di una legge che dovrà essere predisposta in rapporto al D.P.R. 616 e quello che riguarda il destino di tutte le scuole che dipendevano dai Consorzi provinciali per la situazione tecnica. Presenteremo tutto il materiale perché potrà essere utile anche per la formulazione della legge sulla formazione professionale.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa; possiamo dunque passare all'esame degli articoli.
Articolo 1 - "I Consorzi provinciali obbligatori per l'istruzione tecnica della Regione, soppressi ai sensi dell'art. 39 del D.P.R.
24/7/1977, n. 616 sono posti in liquidazione, entro il 30 giugno 1978 e le relative funzioni, i beni ed il personale sono trasferiti alla Regione Piemonte dal 1° gennaio 1978, ad eccezione delle funzioni di orientamento scolastico, che sono attribuite ai Distretti scolastici.
Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'istruzione, nomina un unico Commissario liquidatore.
Al Commissario liquidatore è anche affidata l'amministrazione dei Consorzi con il conferimento dei poteri attribuiti ai rispettivi Consigli di Amministrazione.
La gestione commissariale si concluderà con un rendiconto soggetto all'approvazione della Giunta regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Articolo 2 - "Il personale di ruolo e con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, in servizio presso i Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica alla data del 1° gennaio 1978, è assegnato alla Regione Piemonte con effetto dalla data medesima.
I dipendenti dei Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica di cui al comma precedente sono 18 e rivestono le qualifiche presso l'Ente di provenienza di cui all'allegata tabella A.
All'inquadramento di tale personale nel ruolo della Regione si provvederà con le modalità che saranno indicate in apposita legge regionale, da emanarsi entro il 31 dicembre 1978.
Fino all'inquadramento di cui al comma precedente, al personale dei Consorzi provinciali per l'istruzione tecnica continueranno ad applicarsi da parte della Regione, le norme relative allo stato giuridico ed al trattamento economico di attività previste dall'ordinamento di provenienza.
Al personale assegnato alla Regione sono fatte salve le posizioni economiche già acquisite nel ruolo di provenienza.
Tale personale, a decorrere dal 1° gennaio 1978, è iscritto ai fini del trattamento di quiescenza, previdenza e assistenza alla C.P.D.E.L. e all'I.N.A.D.E.L.".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Articolo 3 -"Alla liquidazione dell'indennità di fine rapporto di lavoro, spettante al personale alla data di estinzione dei Consorzi di istruzione tecnica, provvedono per intero i Consorzi medesimi, ai sensi delle disposizioni vigenti, senza alcun onere per l'Amministrazione regionale subentrante".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Articolo 4 - "Ai fini dell'attuazione della presente legge è autorizzata, a decorrere dall'anno finanziario 1978, la spesa annua di 130 milioni.
All'onere di cui al precedente comma si fa fronte, per l'anno finanziario 1978, con le disponibilità esistenti ai capitoli n. 12401, n.
12402, n. 12403 e n. 12404 dello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario medesimo, nella rispettiva misura di 90 milioni, 30 milioni, 6 milioni e 4 milioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Articolo 5 - "La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
A far tempo dalla sua entrata in vigore cessa di avere efficacia la legge regionale 12/12/1972 n. 13".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
Il disegno di legge è approvato.
Alla legge è allegata la tabella A).


Argomento: Interventi fondiari

Esame disegno di legge n. 291: "Legge regionale 22/2/1977 n. 15 - art. 29 Indennità compensativa - Devoluzione quote"


PRESIDENTE

Vi è una richiesta di esaminare il disegno di legge n. 291: "Legge regionale 22/2/1977 n. 15 - art. 29 - Indennità compensativa - Devoluzione quote", approvato all'unanimità dalla III Commissione.
La parola al relatore, Consigliere Besate.



BESATE Piero, relatore

La legge è composta di due articoli. Nella sua brevità il testo prevede che i fondi destinati all'intervento per le iniziative associative per pascoli e alpeggi montani vengano trasferiti all'intervento per indennità compensativa agli agricoltori di montagna al fine di permettere di erogare una indennità efficace e vicina ai massimali.
La III Commissione all'unanimità raccomanda l'approvazione della legge al fine di assicurare agli agricoltori di montagna l'indennità compensativa ad un livello accettabile così come ci eravamo tutti ripromessi al momento dell'approvazione della legge regionale n. 15. L'intenzione della Giunta e del Consiglio era di provvedere all'erogazione entro il 31/12/1977, ma alcuni eventi hanno consigliato di ritardarne l'erogazione al fine di permettere agli interessati di porsi nelle condizioni di poter beneficiare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Esprimo il voto favorevole e nello stesso tempo una preoccupazione in quanto con questo provvedimento trasferiamo dei fondi per finanziare delle strutture in montagna per favorire e agevolare l'indennità compensativa.
Abbiamo chiesto, e la Giunta ha assicurato di provvedere, che questo capitolo sia nuovamente riconosciuto con i fondi regionali.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? Assessore Ferraris, ha facoltà di parlare.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Proporrei un emendamento al titolo per rendere più comprensibile l'oggetto della legge. Quello di essere troppo ermetici è un vizio che gli specialisti debbono perdere.



PAGANELLI Ettore

Dobbiamo anche perdere il vizio di portare delle leggi in questo modo.
D'ora in poi le leggi vanno in aula dopo 8 giorni che sono approvate dalla Commissione.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

Mi rimetto all'osservazione del Vicepresidente del Consiglio.
Le direttive CEE prevedono tipi di interventi a favore degli imprenditori agricoli residenti in zone montane e svantaggiate. Questo intervento è previsto nella legge n. 15, quindi abbiamo fatto riferimento ad un articolo che davamo per scontato. Il titolo può essere questo: legge regionale 22/2/77 n. 15 - art. 29. Indennità compensativa a favore degli imprenditori agricoli delle zone montane e svantaggiate.
Si tratta di fondi della CEE che le Regioni assegnano come meglio ritengono perché sono fondi liberi. Riteniamo che si possa intervenire in questo modo senza sottrarre risorse alle opere strutturali, tenendo presente che con la legge del quadrifoglio, che prevede un preciso intervento per le zone montane e svantaggiate, potremo intervenire per le opere strutturali. In questo modo concentriamo i fondi nella voce "indennità compensativa", considerandola sostanziale. E' un provvedimento finalizzato a mantenere e a sviluppare la zootecnia in montagna e che si collega al piano agricolo alimentare e alle scelte del Quadrifoglio che mi auguro di portare quanto prima in discussione al Consiglio.



PRESIDENTE

Procediamo quindi alla votazione dell'articolato.
Articolo 1 - "Ai sensi del comma secondo dell'art. 17 della legge 10/5/1976, n. 352, la quota assegnata e quelle da assegnare alla Regione per le finalità di cui all'art. 12 della legge stessa sono devolute all'intervento previsto dall'art. 29 della legge regionale 22/2/1977 n. 15 relativo alla corresponsione dell'indennità compensativa, in aumento alle quote destinate a tale fine in correlazione degli artt. 5 e 6 della citata legge n. 352/1976.
Il Presidente della Giunta è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
Articolo 2 - "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art.
45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'intero disegno di legge è approvato.
Il Consiglio sarà convocato nei giorni 9 e 10 prossimi per il proseguimento del dibattito sulle dichiarazioni della Giunta e per lo svolgimento di alcuni altri argomenti urgenti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,45)



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