Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.149 del 30/09/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PAGANELLI ETTORE


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Formazione professionale

Prosecuzione esame della "Legge 1° giugno 1975, n. 285, recante provvedimenti per l'occupazione giovanile. Esame programma annuale regionale per l'attività di formazione professionale"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La seduta è aperta.
Il primo iscritto a parlare è il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, ho ascoltato attentamente la relazione degli Assessori Alasia e Fiorini e il modo con il quale hanno tentato di impostare il loro programma di occupazione e sostanzialmente anch'io dico senza lamentarmi, che la questione ci è stata presentata all'ultimo momento, togliendoci la possibilità di esaminarla bene. Complessivamente mi pare però che la Giunta sia bene impostata e che abbia fatto un grosso sforzo per dare una risposta concreta ai giovani che hanno presentato domanda per essere occupati nei servizi di pubblica utilità. Se la Giunta riuscirà a mettere insieme 1507 posti di lavoro sarà certamente un passo concreto, tenendo presente che nella situazione in cui ci troviamo, di fronte a questa legge, incerta e bistrattata, la Giunta, come tutti i livelli istituzionali, ha dovuto fare di necessità virtù, mediando le esigenze con le disponibilità.
Quindi il nostro giudizio è complessivamente positivo e diamo atto alla Giunta degli sforzi che ha fatto.
Vorrei invece fare alcune considerazioni sugli aspetti generali della legge che, per essere generali, sono anche necessariamente politici.
Il problema dei giovani e della mancata prospettiva di un loro accesso al mercato del lavoro è uno di quei problemi scottanti che formano il banco di prova della capacità dei governi e delle istituzioni. E' un problema che fa addirittura paura ai governi, sia per quanto riguarda la sua natura, il giovane, uscito dalla scuola, che chiede giustamente e legittimamente un posto di lavoro e quindi una sua collocazione nella società, sia per quanto attiene la sua stessa dimensione ed urgenza. Si dice che nell'area dei paesi industrializzati i giovani al di sotto dei 25 anni in cerca di prima occupazione siano oltre 15 milioni (è un dato desunto dalla lettura di una rivista), e questa cifra probabilmente è addirittura al di sotto del vero se pensiamo che i meccanismi preposti per l'accertamento di queste situazioni sono meccanismi il cui funzionamento lascia sempre a desiderare e comunque non rispecchiano mai fedelmente la realtà che va mutando in diretto rapporto all'evoluzione o meglio all'involuzione della crisi economica e di una situazione di emergenza come la nostra.
Si dice anche che nel nostro Paese i giovani dai 18 ai 30 anni in cerca di lavoro sono 800 mila, qualcuno afferma addirittura che raggiungono il milione. Dalle liste speciali ne risultano 640 mila, anche se questo numero è difforme dalla realtà (nella mia famiglia, per esempio, c'è un giovane che non si è iscritto nelle liste speciali, il che conferma l'assunto che i 640 mila giovani censiti sono certamente al di sotto della realtà numerica). Si tratta di un grosso problema sia per l'Italia che per gli altri Paesi e di un fenomeno gravissimo, una specie di bomba ad alto potenziale, che se i governi e la classe politica dirigente non fanno in fretta a disinnescare scoppierà rumorosamente, creando delle conseguenze tali che forse in questo momento non siamo nemmeno in grado di prevedere e di valutare. Avvisaglie in questo senso ne abbiamo avute nel 1968 e nel 1969 e anche in questi ultimi anni. Secondo me faremmo bene a non dimenticarci mai di queste prime avvisaglie.
Il malessere dei giovani si fa sempre più rabbioso e incontenibile. La loro situazione si fa sempre più difficile. Potremmo legittimamente dire che nel sud la situazione è addirittura drammatica. Ognuno di noi conosce questi problemi perché ognuno di noi ha in casa un giovane disoccupato che cerca lavoro e quindi ognuno di noi conosce le ansie, le delusioni e la rabbia talora mal repressa dei giovani.
Molti governi dei paesi industrializzati hanno preso dei provvedimenti specifici nella speranza di poter offrire ai giovani prospettive e certezze che le crisi congiunturali o le crisi strutturali hanno spazzato via lasciando pesanti interrogativi da affrontare e risolvere. Anche il nostro Paese è arrivato a proporre dei provvedimenti con il varo di una legge organica votata dal Parlamento. La legge si è valsa del contributo di tutti i partiti della cosiddetta non sfiducia. Ma questa legge non aveva ancora visto la luce del giorno, che già divampavano al suo indirizzo le polemiche sulla sua utilità o meno, sia da parte dei giovani sia da parte del mondo del lavoro in senso più generale.
C'è chi sostiene che questa legge rappresenta un serio tentativo di affrontare concretamente il problema del lavoro giovanile, chi invece afferma che si tratta della solita manovra assistenziale limitata a distribuire un certo numero di miliardi senza produrre nessun effetto dal punto di vista dell'accesso dei giovani al mercato del lavoro; c'è chi accusa ancora il provvedimento governativo considerandolo una specie di irrazionalità distribuita in trenta articoli, e c'è anche chi sostiene che la legge tende a precostituire un numero indefinibile di posti di lavoro con il solito unico sbocco di profitto del mondo imprenditoriale, cioè delle aziende che accederanno alla legge e ai suoi contenuti. Il padronato non ha accolto con entusiasmo il provvedimento del Governo, anzi qualche rappresentante di questa categoria ha storto la bocca all'apparire della legge in segno di incredulità e forse di un altro sentimento. Probabilmente la verità sta nel mezzo e così dal mezzo delle critiche e dei consensi si trae la convinzione che questa legge non affronta in modo organico il vasto e drammatico problema della disoccupazione giovanile, però offre subito uno strumento di intervento straordinario.
Proporre, come fa la legge, un primo impiego e la formazione professionale per 300 o 400 mila giovani in quattro anni, per una spesa di 1060 miliardi, secondo me, non è cosa tanto semplice o un pannicello caldo da mettere su una ferita aperta che invece abbisognerebbe di una terapia a base di cortisone; secondo noi, è un provvedimento concreto che non darà soluzione a tutti i mali ma che li affronta non soltanto a parole, ma concretamente, con uno stanziamento consistente. Questa cifra sarà certamente insufficiente, come diceva il collega Benzi, in ogni modo nel contesto della questione, secondo me, rappresenta una cifra significativa soprattutto perché individua nelle Regioni il volano che dovrà mettere in moto l'intero impianto di avviamento al lavoro previsto dalla legge.
Gli obiettivi che la legge si prefigge sono ormai noti a tutti: avviare al lavoro un gran numero di giovani, sia attraverso un rapporto a tempo determinato o indeterminato, sia attraverso il rapporto annuale della formazione lavoro. Sussistono delle divergenze sul piano quantitativo degli occupandi, perché alcuni esperti calcolano in modo differenziato il numero dei giovani da impiegare, che dovrebbe oscillare in ogni modo dai 200 ai 300 mila. Questi valori sono stati confermati dal Ministro del lavoro, on.
Tina Anselmi al termine dell'incontro delle parti interessate che hanno visto per la prima volta la presenza dei giovani.
E' però vero che tutta la previsione resta sempre e in ogni odo condizionata dal tipo di risposta che darà il mondo imprenditoriale e tanto per essere realisti, la risposta che questo mondo ha dato al Governo è tale da non incoraggiare troppi entusiasmi. Restano gli Enti locali e la prospettiva del lavoro in servizi socialmente utili, così come ci ha indicato la Giunta attraverso le relazioni degli Assessori.
Il mio collega di partito Figliolia scriveva qualche giorno fa sull'"Avanti": "Gli effetti negativi della recessione successiva al 1973 sono stati particolarmente,pesanti in Piemonte al punto che nel 1975 la caduta del prodotto regionale lordo ha superato di mezzo punto la media della caduta nazionale". Questa caduta ha provocato la perdita di numerosi posti di lavoro: si è parlato di 80 mila circa, articolata un po' ovunque dal settore automobilistico a quello delle costruzioni. In quest'ultimo settore in due anni si sono registrati 20 mila posti di lavoro in meno.
Di fronte alla permanente crisi dell'agricoltura che occupa il 15 per cento della forza lavoro in Piemonte, soltanto il terziario ha costituito in un certo modo una modesta valvola di sfogo, assorbendo qualche migliaio di giovani. Alla fine del 1976 il totale degli occupati rispetto alla popolazione residente era pari al 39%, mentre due anni prima era del 41%.
Da queste considerazioni emerge l'aggravarsi di un fenomeno pressoch sconosciuto negli anni del miracolo economico: il fenomeno della disoccupazione giovanile che ha assunto aspetti inquietanti.
Ho letto da qualche parte che non sono meno di 20 mila i giovani che non trovano una occupazione qualsiasi nella sola provincia di Torino, ma è chiaro che la cifra raddoppia qualora la si estenda su tutto il territorio della Regione. Sulla base degli iscritti nelle liste speciali si nota una consistente maggioranza di disoccupati donne. E questo conferma le contestazioni e le proteste dei movimenti organizzati femminili: una sorta forse involontaria, di discriminazione a sfavore della donna.
Sempre sulla base dei dati disponibili si nota che oltre un terzo dei disoccupati è in possesso di un diploma di scuola media superiore e oltre mille risultano essere i disoccupati laureati nel Piemonte. Questo significa che la disoccupazione intellettuale ha assunto un ruolo preminente nella nostra Regione.
Non si tratta di un fatto nuovo poiché eccedenze e distorsioni nel mercato del lavoro intellettuale hanno accompagnato sempre, tolta la breve parentesi degli anni '50, lo sviluppo economico del nostro Paese e anche della Regione, sebbene il lavoro intellettuale sia stato il perno nella fase stessa di ripresa e di sviluppo post bellico.
Le aspirazioni dei giovani, con buona pace di coloro che non credono in essi e nelle loro idee, appaiono chiare e incontestabili: vogliono un posto di lavoro fisso, un posto di lavoro certo; vogliono un posto di lavoro, di impegno, che li metta nella condizione concreta di assumere e sviluppare responsabilmente la loro funzione sociale, nel quadro di un impegno che deve essere di tutta quanta la collettività nazionale.
Dall'analisi delle domande dei giovani appare chiarissima questa aspirazione. Che cosa si può fare di fronte a questi disoccupati che legittimamente rivendicano il proprio ruolo produttivo in una società moderna e una specifica responsabilità sociale? E' un tema sul quale si sono cimentati, non soltanto in questi ultimi anni che possiamo definire "di vacche magre" e di "spighe vuote", illustri economisti, sindacalisti, eminenti uomini politici di tutto il mondo.
Come rispondere positivamente alle esigenze dei giovani che si affacciano al mercato del lavoro se la nostra industria non apre loro i cancelli, se la nostra produzione continua inesorabilmente a calare, se si perdono aree di mercato per la non più competitività dei nostri prodotti? Che cosa si può fare di questi 640 mila candidati che si sono iscritti nelle liste speciali? Come possiamo dar loro una prospettiva, uno sbocco reale e concreto e nello stesso tempo una loro specifica funzione sociale? Come non deluderli? Come non farli arrabbiare di più di quanto non lo siano già? Sono interrogativi che per certi versi fanno venire la febbre a coloro che sono preposti ad affrontarli. Da parte del mondo industriale c'è un diffuso silenzio di fronte a questa imperiosa domanda che sale dal mondo giovanile. Se devo attenermi ai resoconti della stampa ritengo immutata la posizione critica degli industriali nei confronti della legge e, secondo me, faremmo una cosa molto saggia nell'immaginare che da quella sponda sociale non verrà una grande e concreta possibilità a favore dei giovani anche se riteniamo che il mondo imprenditoriale si darà da fare per modificare il proprio atteggiamento e per assolvere alla sua funzione nei confronti della fase attuativa della legge 285. "Se sono rose fioriranno" lo dico senza ironia, senza sarcasmo, perché non è lecito scherzare su queste situazioni sociali. Lo dico anche auspicando che, malgrado tutto quanto conosciamo fino a questo momento del mondo imprenditoriale si dimostri all'altezza della situazione di emergenza e sappia dare la sua parte di risposta concreta al Paese. Se le cose stanno così, cosa possiamo fare noi per affrontare il problema? Ha forse ragione l'economista Modigliani quando ci invita a non farci delle illusioni per l'immediato avvenire e sostiene il suo assunto con la constatazione che la produzione cala sistematicamente dopo alcuni sprazzi illusori e questo comporta il congelamento dei livelli occupazionali e una sempre crescente disoccupazione perché questo è il prezzo che economicamente si deve pagare alla lotta all'inflazione e al conseguimento di equilibri più stabili nella bilancia dei pagamenti? Molti di noi hanno sentito alla televisione la trasmissione da Villa d'Este in cui si sosteneva che nella nostra situazione forse perderemo anche l'attracco all'ultimo vagone del treno della ripresa economica europea e mondiale, se non muteremo sostanzialmente i termini del nostro impegno. O forse ha ragione il non dimenticato Ernesto Rossi con la sua proposta di abolire la miseria attraverso l'organizzazione di un vero e proprio esercito del lavoro composto da ragazzi e ragazze che alla fine degli studi sarebbero obbligati a prestare un lavoro il cui reddito servirebbe a rispondere alla domanda, da qualsiasi sponda fosse venuta, di aiuto e di sostentamento. Ma lo sappiamo tutti che la proposta di Ernesto Rossi era un po' socialista, un po' radicale, un po' anarchica. In sostanza fu ritenuta, all'apparire del suo libro, una proposta romantica, ma utopistica, mentre sappiamo che non tutti sono d'accordo nell'accettare acriticamente la diagnosi che fa il prof. Modigliani.
Allora che cosa facciamo? Si propone una legge, appunto la legge 285 che lo stesso Ministro del lavoro, Tina Anselmi, con brusca, ma anche con encomiabile sincerità, definisce "insufficiente", definisce non in grado di dare un posto a tutti coloro che bussano alla porta del lavoro.
Ammissione che per la sua stessa natura deve vincolare ancora di più il senso di responsabilità di chiunque è preposto all'applicazione della legge e al conseguimento dei suoi obiettivi sociali. Per concretizzare questi obiettivi la legge mette in moto attraverso l'intervento delle Regioni una serie di meccanismi che si possono sintetizzare nel modo seguente: puntare sull'agricoltura e sulla cooperazione agricola, settori sui quali non occorre spendere altre parole dopo averli definiti settori abbandonati, negletti, trascurati valorizzare le attitudini professionali dei giovani in cerca di primo impiego i quali dovrebbero impegnarsi con interesse e passione e non semplicemente, per un pugno di denaro, ad un lavoro qualsiasi facilitare questo processo attraverso la formazione lavoro che diventa un patrimonio per ogni soggetto, ma soprattutto della collettività, e soprattutto un patrimonio di carattere economico incentivare le aziende perché il maggior numero delle stesse acceda alle facilitazioni proposte dalla legge puntando sull'assorbimento per effetto del turn over della nuova manodopera professionalmente preparata.
Non sottovaluto le obiettive difficoltà che comporta questo progetto complessivo: la compilazione, entro il tempo previsto dalla legge, dalle graduatorie, la rigorosa selezione degli aventi diritto, le assunzioni immediate. Soprattutto non ignoro le difficoltà per i piccoli Comuni enormemente svantaggiati rispetto alle grandi città come Torino. Tuttavia siamo persuasi che gli obiettivi sostanziali previsti dalla legge debbono essere tenacemente perseguiti.
Dalle relazioni degli Assessori si evince questa volontà di fondo. Lo schema programmato della Giunta testimonia questa volontà e questa intenzione, volontà e intenzione che traspaiono dagli allegati alla relazione, laddove si parla di esigenze conoscitive e quindi della necessità di istituire uno strumento che consenta la costante verifica sul mercato del lavoro.
La relazione della Giunta dice anche di più, quando afferma che sarà impegno della Regione Piemonte adoperarsi perché il rapporto di lavoro a tempo indeterminato venga il più diffusamente utilizzato superando le riserve e le preoccupazioni finora espresse dal mondo imprenditoriale.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Abbiamo notizie di aziende piccole e medie che stanno preparando un programma.



BELLOMO Emilio

Questo è un impegno significativo e potrebbe anche essere sintomatico.
E' il caso di ripetere "se sono rose fioriranno".
E' un impegno significativo che tutte le forze politiche devono sopportare nella consapevolezza di un dovere da compiere in modo che la legge non risulti deludente e, per rovescio, vengano riconosciute fondate le critiche che da più parti si sono levate. Se questa legge rappresenta il primo tentativo concreto di affrontare il problema del lavoro giovanile tutti debbono sentirsi impegnati ad attuarla anche se questo non vuol dire che non si debba fare tutto ciò che è giusto per perfezionarla e per renderla più efficace nella sua traiettoria giuridica e soprattutto nella sua sfera di attuazione. Le difficoltà non mancano, forse non mancheranno nemmeno i contrattempi e le controinterpretazioni. Forse ci sarà qualche conflitto tra il centro e la periferia. Devo dare invece atto dell'estrema prudenza della Giunta e degli Assessori preposti nel dislocare queste offerte di lavoro che la Regione individua nei servizi di pubblica utilità.
E' anche opportuno che le Regioni esigano chiarezza assoluta sulla ripartizione delle somme disponibili: se, in attesa che la ripartizione avvenga, alcune Regioni, nel caso in cui abbiano già deliberato le graduatorie e i programmi di lavoro e di formazione professionale, possono dare subito avvio alle assunzioni; se può avvenire che una Regione più preparata rispetto alle altre diventi addirittura la Regione privilegiata e faccia la parte del leone; se i fondi arriveranno tempestivamente o se lasceranno dei vuoti paurosi e dei silenzi altrettanto paurosi; se i progetti di pubblica utilità non saranno alla fine, spinti dal desiderio di andare incontro alla domanda, di mole e di entità tale da annullare invece quelli demandati ai privati e alle imprese. Sono alcune considerazioni che nascono dalla lettura della legge e sono i commenti fatti attorno ad essa sono commenti agro-dolci, dove l'agro è preminente rispetto al dolce tuttavia, al di là di questa considerazione, la legge rappresenta sempre un atto concreto ed effettivo per affrontare il problema.
Alle forze politiche, ai livelli istituzionali conviene tenere presente che il problema della condizione giovanile, per tanti versi drammatica, sia che riguardi la scuola sia che riguardi l'ingresso nel mondo del lavoro permane in tutta la sua pesante dimensione ed è un problema urgente: arriveremo sempre tardi a dargli sistemazione e soluzione realistica e definitiva.
Studiosi, economisti e sindacalisti affermano perentoriamente che al mondo dei giovani, se non se ne vuole fare una specie di universo concentrazionario, cioè un serbatoio aperto alle più svariate tentazioni occorre dare al più presto una prospettiva, un punto di riferimento reale e credibile, un impegno fermo e preciso che faccia giustizia delle chiacchiere e dei tempi morti e che apra sul serio una prospettiva reale e concreta.
Se vogliamo fare una riflessione sull'incontro di Palazzo Chigi possiamo dire che da esso non è venuto molto: da qui la legittima delusione dei sindacati che si aspettavano un ruolo più incisivo da parte del Governo, e degli stessi giovani che, intervistati al termine dell'incontro non hanno potuto, sia pure con accenti diversi, fare a meno di esprimere la loro preoccupazione.
La Confindustria, la Confcommercio, la Confagricoltura hanno reiterato a Roma le posizioni che già conoscevamo. Sono disposti a collegare i loro tradizionali meccanismi di assunzione, ma sono disposti a farlo a ben precise condizioni che hanno anche dettato, ma,se guardiamo bene, con queste condizioni si finisce per perdere del tempo e forse per distorcere il significato e gli obiettivi che persegue la legge. Secondo me è un gioco abbastanza trasparente che il padronato cerca di impostare in questa difficile contingenza, ma è anche un modo che dobbiamo ragionatamente respingere perché altrimenti si sconterebbero risultati negativi e deludenti nell'applicazione della legge, situazione che nessuno di noi vuole. Bisogna aggiustare il tiro senza perdere ulteriore tempo.
I giovani (Bologna in questi giorni ce lo insegna), al di là della loro rabbia, hanno dimostrato di avere i piedi per terra e la testa sul collo nel senso che hanno dimostrato di non voler distruggere il sistema e di non essere per la violenza armata o non armata, ma vogliono che il sistema funzioni in modo democratico e nel segno dei superiori interessi del Paese.
Credo che da questi giovani sia venuta una lezione e noi dobbiamo tenerla ben presente nei nostri comportamenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Ha chiesto la parola il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, già in una precedente occasione abbiamo avuto modo di esprimere il nostro dissenso, anzi la nostra critica, in ordine alla metodologia che questo Consiglio regionale ha ritenuto di dover seguire nel discutere il problema drammatico della disoccupazione giovanile. Abbiamo già detto che a nostro avviso questa assemblea si sarebbe dovuta impegnare in un approfondito dibattito politico in ordine alla portata della legge 285 e si sarebbe in un secondo tempo dovuta impegnare in un esame di merito sulle proposte attuative formulate dalla Giunta regionale.
Il non averlo fatto comporta che questa discussione, ampia, esauriente ma, a nostro avviso, leggermente sfasata, non abbia tenuto nella debita considerazione la gradualità con la quale il Consiglio regionale si sarebbe dovuto accostare ad un problema di questa dimensione. Infatti, abbiamo avuto nel luglio scorso una informativa da parte dell'Assessore al lavoro Alasia, informativa per la verità ampia ed esauriente, cui però, eccezion fatta per l'intervento del collega Oberto, non ha fatto seguito, come sarebbe stato utile, opportuno e necessario, il confronto tra tutte le rappresentanze politiche che siedono in quest'aula. Quel dibattito è stato rinviato, non è stato successivamente ripreso nelle sedi in cui si sarebbe dovuto riprendere e giunge oggi completamente fuori tempo, intanto in quanto è ormai superfluo addentrarci in un esame approfondito sulla validità della legge 285 perché logica vuole, o logica vorrebbe, che la nostra discussione si incentrasse adesso unicamente sulle proposte formulate dalla Giunta regionale.
E' un rilievo che riteniamo di dovere fare perché attraverso queste osservazioni ci è consentito di mettere in evidenza come anche in questa circostanza la maggioranza, e per essa la Giunta regionale, non abbia affrontato con il dovuto taglio, con la dovuta serietà, con il dovuto impegno un problema che abbiamo già detto essere drammatico e che per comune definizione ha addirittura una portata esplosiva, anzi eversiva, per le conseguenze che potrebbe determinare.
In questo momento, allora, un esame di merito sulla legge 285 - ci spiace dover contraddire il tipo di intervento che altri colleghi hanno fatto - ci sembra essere alquanto superato. Il contenuto della legge 285 per la verità, indurrebbe, anzi solleciterebbe, anche la nostra parte politica a una precisa presa di posizione, perché non poche e non piccole sono le osservazioni di merito che su questo tema potremmo fare. Senonch così facendo, a noi sembrerebbe di uscire dal tema perché in oggi crediamo che il problema preminente sia invece quello di prendere una posizione chiara, precisa e responsabile a fronte di ciò che la Regione Piemonte ha ritenuto di poter fare come misura attuativa di una legge che andava semmai discussa molto tempo addietro.
Detto questo, un giudizio, sia pure di larga massima, crediamo che non possa essere impedito a forze politiche che non hanno mai avuto prima di oggi l'occasione di poter dire qualcosa nel merito. Certo non entreremo per nulla nei dettagli: ci limiteremo solo a ricordare che la legge 285 recante provvedimenti per l'occupazione giovanile è stata approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento nazionale, è stata approvata anche dai rappresentanti a livello di Parlamento del collega Benzi (ci spiace che non sia in aula in questo momento), i quali tutti hanno usato nella presentazione di questa legge toni pressoché trionfalistici. Vorremmo ricordare che una componente, anzi una componente determinante dell'attuale maggioranza (ci riferiamo al Partito comunista), l'ha indicata come la via obbligatoria per evitare sul piano storico la frattura tra la Repubblica e le nuove generazioni; e vorremmo ricordare che ancora più di recente l'on.
Berlinguer, alla chiusura del festival dell'Unità di Modena, ne ha sottolineato e magnificato la portata.
Noi, il Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale, in quella circostanza esprimemmo invece critiche di fondo, critiche di principio critiche che portarono la nostra parte politica ad essere la sola a prendere posizione nei confronti di quel provvedimento. Noi ci sentimmo in quel momento convinti della scelta fatta dal nostro Partito. Dobbiamo oggi dire, alla luce degli avvenimenti successivamente verificatisi, che ci sentiamo onorati perché nel breve volgere di qualche settimana o di qualche mese quella critica solitaria ormai è stata condivisa, sposata, fatta propria da tutte le altre forze politiche. Se oggi si è determinata una posizione precisa in ordine alla legge 285, questa posizione porta a far dire a tutte le forze politiche che si tratta di una iniziativa legislativa inadeguata, contraddittoria, carente, non sufficientemente finanziata, tale da non potere risolvere i problemi della disoccupazione giovanile, tale da imporre - lo si è visto nel recente e deludente incontro romano - una sua sostanziale modifica.
Tutto questo noi diciamo non per spirito polemico, ma per opportuna e doverosa puntualizzazione, limitando soltanto a questo tipo di considerazione la nostra analisi perché - ripetiamo - questo Consiglio regionale avrebbe già dovuto molto tempo fa esaminare nel dettaglio e più compiutamente la legge 285. La legge è fallita. Al di là delle giustificazioni qui date, al di là di alcune interpretazioni di comodo che abbiamo sentito portare avanti, è fuori dubbio, colleghi Consiglieri, che nell'animo, nella coscienza, nel senso di responsabilità di ciascuno di noi non può essere negato o sottaciuto che siamo di fronte ad una legge che quanto meno non è scattata sul piano dell'incisività e sul piano dell'operatività.
Non poteva essere altrimenti, innanzitutto perché il dramma della disoccupazione giovanile è un dramma che risente di vecchie cause e che comporta precise responsabilità a monte, è dramma che nasce dallo sviluppo industriale disordinato di questi trent'anni, dalla immigrazione selvaggia dalla mancata pianificazione della nostra economia; questo dramma non pu e da talune parti lo si è anche detto qui, ma con colpevole ritardo essere risolto con interventi di tipo congiunturale, ma presuppone, anzi impone, interventi di tipo strutturale. E la legge 285, certamente, non si configura come un intervento di questo tipo. E' questo il primo motivo di fallimento della normativa statale predisposta per affrontare questo problema.
Il secondo motivo, a nostro avviso, deriva dal fatto che nonostante fosse drammaticamente evidente e presente il problema della disoccupazione giovanile, lo si è affrontato in termini di normazione legislativa solo a fronte e solo dopo l'esplodere violento della contestazione, quasi che per fare intendere ragione ai sordi che ci governano occorressero i colpi della P38. E' dunque un provvedimento di emergenza, ma proprio perché tale, non si poteva presumere che incidesse realmente nella drammaticità di questo fenomeno.
A che cosa dunque serve la legge 285? Qualcuno lo ha detto in quest'aula anche stamani, ci pare il Consigliere Benzi. E' servita a fare un censimento delle forze disoccupate in campo giovanile: veramente un po' troppo poco; ma comunque è una constatazione questa che ci consente di innestare un altro tipo di discorso. Lo abbiamo già accennato in un altro nostro intervento. Quando la Regione Piemonte si trova di fronte a massicce iscrizioni alle liste speciali, noi vediamo che in quel momento il Presidente della Giunta (citiamo una dichiarazione resa alla "Stampa" il 13 agosto 1977) dice: "ci preoccupa il confronto con la Lombardia che ha una densità di popolazione maggiore. Tutto ciò ci induce a una revisione - sottolineiamo 'a una revisione' - e a una riflessione sul problema che deve essere affrontato in modo diverso - sottolineiamo 'in modo diverso' -, anche autonomamente".
Di fronte a questo non possiamo rimanere indifferenti. Ebbene, se è vero che il solo merito della legge 285 sia stato quello di consentire il censimento delle forze giovanili oggi occupate o disoccupate, è altresì vero che una dichiarazione quale quella che abbiamo adesso citato porta a concludere la pesante responsabilità di una maggioranza, la pesante responsabilità di una Giunta che ha atteso il varo di una normativa statale per rendersi conto che in Piemonte ci sono i disoccupati e per capire che nei confronti di questo mondo si doveva intervenire attraverso iniziative autonome, assunte anche a livello regionale .
Quante volte qui abbiamo criticato una certa arroganza regionalistica nei confronti dello Stato? Non ci si può dire quindi che nulla si è potuto fare prima perché questo non rientrava nelle competenze della Regione: sarebbe davvero una risposta meschina. In molte altre circostanze la Regione non ha mancato di travalicare quelle che sono le sue specifiche competenze per intervenire in campi che non le spettavano; ma non l'ha fatto proprio in questo campo, dove pure vi era urgenza di intervento e di provvedimenti e si è limitata a constatare dopo, a liste speciali aperte che occorreva intervenire, revisionando i precedenti modi di comportamento occorreva intervenire in modo autonomo; occorreva fare qualcosa di diverso di quanto non si era fatto finora. Allora un'insufficienza di interventi a livello nazionale, ma senza dubbio una carenza anche di interventi a livello regionale! Tutti insieme questi fattori portano a sottolineare quello che sembra il completo, il desolante, lo squallido fallimento della legge n. 285. Lo ha ripetuto questa mattina l'Assessore Fiorini che ci spiace non sia presente in questo momento...



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Non è presente momentaneamente perché impegnato in una riunione con il Sottosegretario Armato.



CARAZZONI Nino

Giustificatissimo, per carità. Dato che citiamo sue affermazioni, non vorremmo sbagliarci. Certamente l'Assessore è la persona più interessata per rettificare certi nostri errori, ma ci si faccia credito di buona fede.
L'Assessore Fiorini diceva questa mattina che la legge 285 aveva soprattutto lo scopo congiunturale di creare posti di lavoro.
A noi sinceramente non sembra che questo provvedimento di legge possa raggiungere questo scopo e questa finalità. Non è questione di esprimere giudizi che siano esaltati dall'ottimismo o condizionati dal pessimismo qui è soltanto una valutazione che nasce condizionata in termini di realismo; al di là di tutto quello che abbiamo sentito dire, che la legge 285 non abbia assolutamente creato posti nuovi di lavoro ci pare essere una cosa che non abbia bisogno di ulteriori sottolineature, perché è una realtà di fatto che sta davanti agli occhi di tutti noi, ma che soprattutto sta davanti agli occhi dei 24 mila giovani che fiduciosi si sono venuti ad iscrivere alle liste.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Sei profeta. Aspetta a dire queste cose tra tre mesi.
Come fai a fare delle affermazioni categoriche di questo genere?



(Interruzioni in aula)



CARAZZONI Nino

La mia pausa era utilitaristica; per non sprecare energie aspettavo di sentire le varie obiezioni che venivano mosse sì da poter rispondere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Gliele faranno successivamente. Comunque è la prima volta, come lei ha detto, che parla su questo tema, continui.



CARAZZONI Nino

Mi pare di aver capito che la sostanza, che il filo conduttore di talune interruzioni sia quello che qui si parte da una diagnosi negativa formulata in termini aprioristici, che si è in sostanza assolutamente pessimisti sulla operatività della legge stessa.
Noi stavamo arrivando a questo punto. Avevamo già detto che l'ottimismo è in questo caso del tutto assurdo. Perché? Perché, per poter scattare, questa legge non ha bisogno tanto o soltanto della parte di intervento che spetta alla Regione e che la Regione ha predisposto e sulla quale ci permetteremo di dire qualche cosa, ma ha sicuramente - diciamo le cose come sono e come stanno - necessità della collaborazione da parte dell'industria privata.
Non citeremo talune affermazioni di eminenti uomini politici, Donat Cattin, per esempio.



BONTEMPI Rinaldo

Non è eminente!



CARAZZONI Nino

Potrei anche concordare, ma Donat Cattin, discutibile finché si vuole certamente non approvato od apprezzato nelle sue posizioni politiche dalla mia parte, ha, a nostro avviso, un merito: quello di parlare con una certa brutalità, che si potrebbe definire franchezza, e talora coglie anche nel segno.
La "Gazzetta del Popolo" di tre giorni fa riportava un articolo sulla tavola rotonda tenuta tra Donat Cattin, Macario e Tina Anselmi. Le dichiarazioni di Donat Cattin sono state: "Per il piano giovani non c'è un soldo. Rimango di sasso - dice il non eminente personaggio politico Donat Cattin, che però in questo regime di mezze calzette evidentemente qualcosa conta se è Ministro dell'industria - quando sento parlare di 400 mila posti di lavoro".
Ma al di là di queste dichiarazioni fatte da un uomo politico, poiché è indispensabile, e determinante, è condizionante la partecipazione dell'industria privata, dovremmo ricordare tutte le dichiarazioni che sono state fatte dal Presidente degli industriali di Torino, ing. Benadì...



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi dei lavoro

Hai sentito anche le dichiarazioni del Presidente della Federazione regionale degli industriali.



CARAZZONI Nino

Assessore Alasia, io non sono stato a scuola di retorica, però sono abituato ad esprimermi costruendo un certo pensiero. Arriviamo anche a quello.
L'ing. Benadì ("Stampa" di domenica 4 settembre) alla domanda: "quanti posti nell'industria per i giovani?", risponde: nessuno. Walter Mandelli che non è un reazionario, che non è un uomo di destra, che non è un rappresentante del "padronato" (come lo definisce il collega Bellomo) dice: "Giovani, una legge che non crea posti". Queste sono state le prime immediate, chiare, decise prese di posizione del mondo imprenditoriale.
Questa mattina il collega Ferrero con molto garbo diceva che poi è intervenuta una svolta, che c'è stata una modifica di posizioni, poi l'atteggiamento è cambiato.
E' cambiato veramente? E' cambiato nella sostanza o è cambiato solo nella forma? Noi siamo stati alle consultazioni con gli industriali piemontesi rappresentati dal Presidente della Federazione ing. Frignani. E' vero che Frignani ha assunto in sede di consultazione, a fronte della V Commissione un atteggiamento ben diverso, radicalmente diverso, da quello che avevano assunto altri rappresentanti dell'imprenditoria piemontese, ma di fatto o solo formalmente? Perché la chiave di volta della lunga dichiarazione resa innanzi alla V Commissione dall'ing. Frignani ci sembra doversi identificare in questo passo della relazione scritta che ci ha consegnato: "Gli imprenditori non ignorano certo le aspettative che il Governo, le Regioni e le altre componenti sociali ripongono in loro per una sollecita applicazione della legge 285, tuttavia non si può tacere sul fatto che non sono le leggi a creare i nuovi posti di lavoro e, si badi, si tratta piuttosto di ripristinare i meccanismi e le regole di fondo dai quali a tutt'oggi ancora dipende lo sviluppo della società industriale".
Vi pare poco? Questo significa condanna di tutto un procedimento quale finora si è seguito, questo significa attuazione di modi diversi di condurre, di concepire la politica industriale in Italia, questo significa riconsiderazione dell'impresa in tutt'altra forma, su tutt'altro piano, con tutt'altre aperture, questo significa, in sostanza, un salto di qualità una svolta, un cambiamento di fondo e profondo di quella che è stata la politica industriale svolta sino ad oggi.
Lo stesso avv. Agnelli non ci pare che nella consultazione di ieri sia stato rassicurante da questo punto di vista. Certo è stato molto diplomatico . Guai se l'avv. Gianni Agnelli non sapesse usare sino in fondo tutte le regole sottili dell'arte diplomatica, ma di fatto non ha preso alcun impegno preciso, non ha dato alcuna assicurazione concreta, non ha certo garantito che questa legge possa, dal punto di vista imprenditoriale suscitare qualche interesse e, ciò che a noi più interessa e più preme possa aprire concrete prospettive di sviluppo alla situazione, cioè determinare veramente possibilità di superare il dramma della disoccupazione giovanile.
Questo a noi sembra di interpretare, anche se, e ce ne rendiamo perfettamente conto, la maggioranza poi, per bocca di tutti coloro che sono intervenuti in questo dibattito, ha la necessità obiettiva di sottolineare che invece il mondo imprenditoriale è disponibile al dialogo, alla collaborazione, alla cooperazione, ma di fatto, se vogliamo dirci le cose come stanno, la realtà crediamo sia davvero poco difforme da quella che oggi abbiamo voluto rappresentare.
Perché l'industria privata ritiene di non poter dare alcun contributo nell'applicazione di questa legge? Perché non vuole procedere a nuove assunzioni? No di certo. Noi crediamo che molti motivi, se non tutti, di questa diffidenza, di questa esitazione, di questa incertezza debbano essere ricondotti a quel tipo di giudizio che dava stamani in aula il collega Benzi. Abbiamo avuto modo di dire attraverso un'interruzione che voleva essere il più possibile scherzosa, che il collega Benzi parla spesso all'interno di questo Consiglio regionale come imprenditore, nel qual caso dice delle cose sagge, oneste e di buon senso e, raramente, come rappresentante socialdemocratico, quando dice cose diverse. Stamane ha sicuramente parlato - e ci sembra essere una testimonianza da non doversi trascurare - come imprenditore ed è venuto a dirci le ragioni in forza delle quali l'azienda privata, al di là delle dichiarazioni che l'avv.
Gianni Agnelli viene a fare, non potrà essere prodiga di attenzioni e di consensi nei confronti di questa normativa. Ecco perché la legge su questo piano è andata chiaramente incontro ad un fallimento.
Resta la parte non di competenza dell'industria privata ma di competenza della Regione, sulla quale, per la verità, la Regione ha detto qualche cosa di proprio.
Che cosa si chiede a noi? Si chiede di dare atto agli Assessori al lavoro e all'istruzione di impegno, di costanza, di diligenza, di presenza anche in giorni festivi per l'elaborazione delle misure attuative della legge? Se è questa la richiesta che ci viene fatta, noi, dalla nostra posizione, diamo tranquillamente atto che la Regione ha fatto in argomento tutto quello che poteva fare. Ma quando entriamo nel merito delle proposte concrete, che cosa ci resta nelle mani, quali sono gli elementi sui quali fondare il nostro giudizio politico? I millecinquecento posti di cui si è parlato questa mattina? Sono certo qualcosa e se dovessimo esprimere un giudizio partendo dal punto di vista che prima non c'era niente e che oggi ci possono essere 1500 posti, potremmo anche facilmente e tranquillamente concludere che la Regione ha operato bene. Ma il discorso è un altro.
Noi possiamo anche capire che, da parte di altri gruppi politici questo nostro tipo di impostazione sia respinto e che in sostanza si finga di non comprendere ciò che andiamo dicendo. Però, colleghi Consiglieri, sul piano dell'onestà, sul piano della sincerità, vi pare che sia un risultato soddisfacente a fronte delle aspettative, delle speranze che questo progetto di legge aveva suscitato? I millecinquecento posti e i 479 corsi di formazione professionale che la Regione si propone di istituire sono importanti, utili, necessari, a parte il fatto che restano aperti alcuni interrogativi a cui non si è data risposta. Noi vorremmo sapere come e dove si faranno questi corsi soprattutto con chi si faranno, perché gli animatori rappresentano già nelle scuole di ordine inferiore, una trovata delle sinistre che hanno portato i risultati che tutti conosciamo. Siamo molto diffidenti anche nei confronti di coloro che dovranno gestire professionalmente i corsi i quali poi, comunque, avranno un loro risultato ristretto, limitato nel tempo.
Quando noi avremo impegnato per un anno, un anno e mezzo, un certo numero di giovani a fare i rilevatori del catasto, che cosa ne faremo di questi ragazzi e che cosa diremo loro quando si ritroveranno nuovamente sul lastrico? Li lasceremo preda di certe contestazioni che a Bologna (diceva Bellomo) non sono esplose nei termini in cui si temeva, ma hanno comunque dimostrato - e detto dalla nostra parte crediamo non sia sospetta un'affermazione del genere - che esiste un profondo, radicato, un pericoloso stato di disagio in larghe frange giovanili? Il discorso a nostro avviso non può essere qui limitato a una valutazione specifica, dettagliata e particolare dei 1500 posti o dei 479 corsi che la Regione può essere in grado di fare: il discorso va ben oltre tutto questo. Accettare un'impostazione di questo tipo, dire cioè come si è cercato di dire alle forze politiche qui rappresentate che il giudizio sulla legge 285 non è più pertinente in questo momento e che il compito nostro è quello di prendere posizione soltanto sulle iniziative regionali è, a nostro avviso, un discorso riduttivo, un discorso comunque che va ben al di là della logica nella quale ci siamo collocati come forza politica presente in quest'aula.
Se noi dovessimo limitare il giudizio alle iniziative che la Regione ha potuto prendere sulla base di una legge carente, insufficiente contraddittoria, potremmo discutere e potremmo decidere in un certo modo ma poiché tutte le forze politiche che qui sono rappresentate, dall'estrema sinistra al Partito liberale, hanno sulle loro spalle il peso di avere pensato di risolvere i problemi dell'occupazione giovanile con una legge siffatta, quella stessa legge che oggi costringe la Regione a interventi così modesti, così limitati, così riduttivi, non si chieda alla nostra parte politica di approvarli, anche soltanto con quell'appoggio critico di cui parlava l'Assessore Alasia questa mattina. Una serie di interventi che comunque verrebbero a coinvolgerci in quello che noi riteniamo essere un fallimento chiaro, un fallimento desolante, un fallimento estremamente pericoloso della politica che le forze di questo regime, le forze di questo sistema hanno condotto nei confronti del mondo giovanile italiano e piemontese.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendere la parola dopo un intervento come quello teste compiutosi per bocca del Consigliere Carazzoni, che è indubbiamente un intervento di una logica corrosiva e non costruttiva, può apparire difficile. Se si accetta di quel discorso l'aspetto critico per superare questa situazione di difficoltà ed arrivare ad un fatto di costruzione, credo non si potrebbe trovare un motivo di spinta migliore di quello che c'è stato fornito. Certo la constatazione amara, non corrosiva, ma amara, la debbo fare anch'io. Se nella tribuna oggi ci fosse una parte apprezzabile dei giovani torinesi e piemontesi che attendono dall'opera della Giunta una soluzione ai loro problemi, un primo giudizio negativo potrebbe essere espresso. Non direi che non vi sia un'attenzione da parte di un certo gruppo di Consiglieri; non contesto nemmeno che ancora una volta mentre si sta discutendo in aula vi siano in corso riunioni di Commissioni, visite, come ho appreso, di Sottosegretari.
Noi consideriamo buona questa giornata del 30.9.1977, giorno in cui da Roma qualcuno si muove per venire a Torino a parlare di problemi di carattere generale: ma è indubbio che tutto ciò distrae l'aula. Questo discorso deve essere fatto in termini concreti e in termini positivi, perché se ci abbandonassimo alle sollecitazioni, anche portate avanti logicamente dal Consigliere Carazzoni, saremmo dei distruttori di noi stessi.
La legge 285 ha avuto determinate approvazioni a livello parlamentare.
E' stato detto subito che la legge non era risolutiva se non avesse avuto nel campo applicativo una rispondenza nell'Ente Regione, al quale era in grossa parte indirizzata, oltre che al mondo imprenditoriale e industriale.
Costruire una legge anche buona è relativamente facile; farla in Commissione è meglio che farla in Parlamento perché si commettono meno errori; comunque renderla applicabile diventa qualche volta molto difficile. Non mi posso mettere su questo piano inclinato pur accettando una parte di quel discorso critico che il Consigliere Carazzoni ha fatto non mi posso mettere da questa parte perché non obbedirei a quello che è un mio convincimento intimo: che questa legge ha delle capacità e possibilità risolutive. Non è nemmeno del tutto esatto, collega Carazzoni, che oggi si travalichino i confini delle nostre competenze riprendendo il discorso sulla discussione di carattere generale della legge 285, proprio in quanto nell'arco di questo tempo si sono rilevati degli inconvenienti e vi sono dei propositi di riforma della legge: per esempio allargarne il campo di operatività al settore commerciale e al settore artigianale; esaminare fin da adesso la possibilità di una crescita del finanziamento, induce il Consiglio regionale ad essere presente, ad esprimersi nei termini quanto meno di correzione di quelle che possono essere le manchevolezze della legge. Mi pare che sia possibile riprendere il discorso al punto in cui il dibattito di carattere generale era cessato nell'adunanza di fine luglio quando concludevo con l'augurio che la Giunta avesse trovato modo e tempo di discutere. Non che io sia il dispositore del sole e della pioggia: è piovuto molto, ha tenuto fresco, voglio dire che non è stata un'estate rovente. Assessore Alasia, noi ci conosciamo da tanti anni, io già anziano lei giovanissimo, è stato in quest'aula come Consigliere provinciale quindi le posso parlare a cuore aperto. Non ho l'abitudine di fare ad altri delle reprimende, semmai le reprimende le faccio a me stesso e posso dire che in dieci cause, sulle migliaia che ho fatto e faccio, solo in dieci ho detto a me stesso: l'hai fatta bene! In tutte le altre mi sono censurato perché avrei potuto indubbiamente fare meglio. Che cosa non dire poi dell'atteggiamento che si assume nell'ambito dell'attività politica, dove le cose sfuggono ancora di più di quella che può essere la concretezza di una causa, e dove ciò che è costruito oggi, crolla domani? Quindi nelle mie parole stamattina non c'era assolutamente niente che suonasse di rimprovero nei confronti di quella soddisfazione che è stata manifestata in termini molto calorosi quasi a dire "dovreste elogiarci". Ci sono stati degli elogi e dei ringraziamenti. Si è fatto il proprio dovere, si è lavorato, si è data la misura di che cosa sia la forza e l'importanza dell'esercizio dell'attività lavorativa; c'è stato il gusto, la gioia del lavoro, la soddisfazione di arrivare al traguardo fissato del 30 settembre con il raggiungimento di alcuni aspetti positivi, tali da porre il Piemonte in condizione di poter dire la sua nel quadro delle attività nell'assolvimento del compito demandato dalla legge alle varie Regioni.
"Fa' quel che devi" mi pare che sia l'essenziale e aggiungerei "guai se non facessimo questo"; guai se ciascuno di noi si inorgoglisse perché qualcuno gli dice: "Hai fatto quello che dovevi".
La legge, come tutte le leggi, è buona se nella fase della sua applicazione, questa viene fatta bene. Il Gruppo della D.C. si è avvicinato in termini assolutamente positivi e concreti a questo strumento legislativo, e ancora oggi, riconoscendo l'esigenza della suscettibilità che la legge ha di alcuni miglioramenti, continua ad avere tale aspetto positivo di credito al documento legislativo; soprattutto se vi sarà quel maggiore finanziamento che consentirà di sbloccare da parte dell'imprenditoria e del mondo industriale la resistenza che ancora c'è. Il Governo d'altra parte in questi termini ha già detto la sua. Sarei molto guardingo a cogliere la battuta che in un momento di buon umore o di malumore, un parlamentare, un uomo pubblico può dire; il giornalista poi la mette con le frange e con i fiocchi, e tu, volterrianamente, data la frase impicchi l'uomo. Non vorrei essere in questa situazione per dire che anche gli apprezzamenti che possono essere stati fatti abbiano un loro contenuto assoluto, di validità. L'amico Benzi stamattina se l'è presa un po' con il Governo. Stabiliamo sempre quelli che sono i dovuti rapporti: è il Parlamento italiano che facendo delle leggi deve farle bene, ed è il Parlamento italiano che, accortosi che questa legge deve essere modificata deve intervenire per modificarla. Dobbiamo dare a tutti e a ciascuno il suo. Condivido che noi non possiamo creare delle aspettative che vadano oltre al senso rigoroso delle cose possibili, senza che si creino dei momenti di delusione, senza che si eluda il compimento della legge, ma soprattutto senza che si illudano quei giovani che hanno creduto alla bontà della legge, che hanno creduto all'iniziativa della Regione per renderla in qualche misura applicabile e che aspettano che ciò divenga realtà al più presto possibile. C'è un grosso discorso da fare ed è quello relativo all'interpretazione della volontà del mondo industriale e del mondo imprenditoriale. Mi si diceva, e ritengo che l'informazione sia assolutamente corretta, che quanto è avvenuto e sta avvenendo in questi giorni in Piemonte è molto confortevole rispetto a quello estremamente più negativo che è avvenuto o che sta avvenendo nella vicina Regione lombarda dove la presa di posizione è drasticamente più ostile alla possibilità di intervento. Allora diamo a Cesare quello che è di Cesare: anche qui non dobbiamo creare dei motivi di elogio, ma dobbiamo constatare che abbiamo saputo, in questi anni di attività dell'Ente Regione, avvicinare le forze imprenditoriali, portarle ad un tavolo di discussione. La prima volta signor Presidente della Giunta, che ci siamo avvicinati a questa realtà e abbiamo avuto la sensazione di aver fatto dei passi di avvicinamento di notevole rilievo, fu quando lei era Presidente del Consiglio, ed io della Giunta.
Prima l'Ente locale non contava nulla; prima la programmazione era fatta a titolo autonomo; poi, finalmente, avvicinandosi, queste forze gradatamente hanno incominciato ad agire. E' indubbiamente importante potersi sedere a un tavolo e poter discutere.
Arrivati a questo punto, Signor Presidente della Giunta, occorre che la Regione, forte del suo passato, anche con le manchevolezze di prima e di adesso (siamo tutti uomini, tutti quindi soggetti a commettere errori) faccia sentire rigorosamente la propria attività nelle giuste direzioni che sono il fulcro del mio discorso; intanto interiormente avvicinando il mondo imprenditoriale ed industriale, sentendolo ed ascoltandolo.
Assessore Alasia, so di non collocarmi nella logica sindacale e più di una volta, quando avevo responsabilità di governo regionale, questo mi veniva rimproverato. Perché non è possibile arrivare alla scelta tra coloro che hanno fatto la domanda di lavoro per mettere gli industriali in condizione di dire, per esempio, "dieci sì perché li conosco, perché hanno un principio di conoscenza del lavoro, perché hanno già una certa esperienza"? Perché volere a tutti i costi bloccare in modo che dal numero 1 al numero 11 entrano, dal numero 12 in poi non entrano, e di questi 11 prendere il carico pieno, sia legna secca o sia legna verde? Non è un discorso da farsi. Io mi posso anche collocare dalla parte del mondo sindacale; però il mondo sindacale deve la sua parte di collaborazione per l'attuazione precisa e contraria di questa norma, altrimenti abbiamo la possibilità di vedere la medaglia rovesciata di coloro i quali, pur di entrare, addirittura rinunciano ad un patrimonio acquisito con il titolo di diploma o con il titolo di laurea e diventano i 100 o i 500 spazzini di Messina, laureati in legge o in lettere, che al momento dell'assunzione hanno taciuto il titolo di studio che era stato una ragione d'essere per loro, che era costato sacrificio a loro per conquistarlo e denaro per i genitori. E' uno dei punti, Signor Presidente della Giunta, che sottolineo per le conclusioni alle quali cercherò di arrivare rapidamente.
Che un laureato in legge o in ingegneria, architettura, scienze economiche e sociali dica "taccio di me" al costo di avere un posto qualunque esso sia, è un fatto di frustrazione tremenda.
Vorrei che qualcuno di noi pensasse per un momento a quello che capiterebbe nell'ambito della propria famiglia se questo dovesse accadere e d'altra parte la cosa è stata sottolineata soprattutto dall'Assessore Fiorini, dal Consigliere Ferrero e dalla dottoressa Castagnone Vaccarino.
La Regione che cosa dovrebbe fare? A mio avviso, dovrebbe sapere esattamente di che cosa ha bisogno il mondo del lavoro. Ha bisogno di insegnanti? ha bisogno di ingegneri, di architetti? ha bisogno di sociologi? ha bisogno di geometri, di ragionieri, di periti? Si incominci dunque a fare questo censimento in maniera da avere un elemento conoscitivo di grandissima importanza.
La qualificazione è la cosa oggi essenziale; se i giovani avessero già una qualificazione a tutti i livelli certamente troverebbero impiego. La domenica, i grossi giornali, "la Stampa", il "Corriere della Sera", ma anche giornali più modesti, contengono inserzioni a non finire.
L'importanza è che ci sia una qualificazione, che non si abbiano soltanto delle braccia buone per spingere nel campo l'aratro, ma delle forze formatesi lentamente per arrivare ad una qualificazione. E' il problema di fondo. Badi, Assessore Alasia, quando noi riuscissimo a collocare 1500 giovani, il problema sarebbe sempre aperto per il futuro. Non risolviamo in due o tre anni il problema della disoccupazione giovanile se non arriviamo a questo.
Allora nasce il problema dei corsi professionali. Anche qui, con estrema franchezza, lasciate che dica che se ci sono delle censure da fare al passato, non dobbiamo permanere in una situazione di errore, perché il permanere in una situazione di questo genere divenga diabolico.
Permettetemi un piccolo spazio di amor patrio: dalla Scuola Salesiana di S.
Benigno Canavese tutti gli anni escono dei giovani che hanno appreso l'attività professionale, i quali, varcata la soglia dell'Istituto, hanno già il posto alla Olivetti di Ivrea, dove oggi non entra più nessuno senza certi livelli di qualificazione. Questo sta proprio a significare che c'è bisogno di tale costruzione dell'uomo, di questa capacità dell'uomo per risolvere i problemi.
Che cosa vuole il mercato del lavoro? (la parola è orribile). Condivido con il Consigliere Carazzoni nel dire: chi saranno i maestri, i docenti, i formatori di questi giovani? Il Consigliere Benzi questa mattina ha detto: per carità, gli avvocati no! Credo che nessuno ponga la candidatura a questo. Sta bene. Noi, come categoria, non poniamo quindi delle candidature, ma esigiamo che questi maestri sappiano, che formino, che creino, che aiutino l'uomo a formarsi anche nel settore della prestazione lavorativa. E' un problema grave problema che deve essere affrontato nel dettaglio con delle valutazioni critiche, con quella discussione che è stata auspicata per il modo e per il senso che si vuole dare alla soluzione del problema. Altrimenti che cosa accadrà? Accadrà che avremo ancora una volta fatto dell'assistenza, questa volta anonima, assistenza a volo cieco, senza avere nemmeno intimamente la convinzione di avere giovato a qualcuno del quale si conoscevano le situazioni particolari.
C'è un aspetto femminile inoltre che non è stato sufficientemente chiarito. Di questi 1537 posti che la Regione offre, quanti sono offerti agli uomini...



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Andremo a sceglierli nelle liste speciali.



OBERTO Gianni

Scusi, Assessore Alasia, non prenda tutto in tono di rimprovero. E' una manchevolezza. Lei mi dice che questa è la ragione per cui non può fornire i dati. Ma io, che faccio parte del Gruppo della D.C., che però sono portatore di un cervello che mi rende libero e capace di dissentire in determinati momenti delle decisioni del Gruppo, lasci che le dica che qui siamo nella condizione di una incompiutezza assoluta. Non sappiamo, non facciamo qui...



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Io non sto esprimendo un giudizio per disciplina di partito, sto dicendo che nessuno, nemmeno il cervello elettronico dell'Eterno Padre, è in grado di dire...



OBERTO Gianni

Quello non lo metterei in discussione.
Si dovrebbe poter dire una parola completa, responsabile; si dovrebbero conoscere anche questi dati. Nell'iscrizione totale le femmine sono più numerose dei maschi: nasce un problema del quale le Regioni non sono disinteressate. Ma allora c'è un capovolgimento del modo di vivere in questa nostra regione piemontese? E' una tradizione che si rompe? E' una realtà familiare che muta? E' un problema che noi in qualche maniera affrontiamo e che dobbiamo conoscere? La donna non sta più in casa, esce di casa più prepotentemente dell'uomo? Si pone in concorrenza con quelle che sono le responsabilità dell'uomo? La situazione si dilata e crea effettivamente dei grossi problemi. E' stato detto da qualcuno che nessuno protegge le donne. Ebbene, un protettore l'hanno trovato nel pretore di Genova che ha dato loro la libertà di "manifestare" pubblicamente; anche lì, però, non giocando a favore delle donne ma semmai degli uomini. Quindi è una protezione assolutamente a rovescio.
Torniamo al nostro argomento. Dei 26.300 posti nella Regione Piemonte quanti sono i laureati? L'Assessore dice che da una analisi fatta il 45/46 dei giovani sono diplomati e il 4/5% sono laureati, ossia la metà dei 26.300 cercatori di lavoro sono giovani laureati e diplomati. Sono dati che fanno restare con il fiato mozzo. La disoccupazione giovanile è la cosa peggiore che vi possa essere soprattutto quando si tratta di disoccupazione di gente colta, istruita, di gente che sa. Le rivoluzioni non rivoluzionarie, ma in definitiva di inversione interiore, vengono fatte da questi uomini; da coloro che non hanno la possibilità di trovare adeguato posto di lavoro e di responsabilità nella società civile, avendo la capacità e la possibilità di giudicare, di ragionare e di intervenire. La storia lo insegna. Fra i 1537 giovani, maschi e femmine, troviamo: 362 laureati, 834 diplomati, 341 che hanno assolto la scuola d'obbligo.
Il mondo imprenditoriale e anche la Regione non può non rispondere ad un interrogativo: con quale preparazione vengono collocati questi laureati e questi diplomati? Caro Viglione, caro Simonelli, caro Fonio, siete avvocati come me; se il giorno che siete stati laureati, penso a voti pieni e magari con dignità di stampa, aveste dovuto iscrivere un'ipoteca, fare un processo, incominciare una citazione, non avreste saputo da che parte cominciare. Questo è il grosso problema della scuola italiana, che magari ti fa sapere tutto di Aristotele e di Platone e non ti colloca nella realtà della vita concreta. Non so che cosa potranno fare questi giovani, non so neanche quale spazio potranno occupare e soprattutto quale spazio eventualmente occuperanno a danno di altri giovani che, attraverso concorsi, potrebbero accedere a posti di responsabilità.
Nel piano i posti sono ripartiti: 300 ai problemi della montagna 510 all'agricoltura 145 alla formazione educatori per asili nido; sarebbe necessario un chiarimento per tutti, cosa sono questi educatori per asili nido? Sono quelli che vanno all'asilo nido, o sono quelli che preparano coloro che vanno all'asilo nido per esercitare la loro attività? 415 al settore culturale, in maggioranza laureati, giovani che forse non sono mai entrati in un museo, che non hanno mai visto l'attività funzionale di una biblioteca. Quale grossa responsabilità la Regione ha assumendo questi dipendenti e per far sì che la loro attività e la loro azione trovi un risultato positivo, concreto! Forse varrebbe la pena, nel bandire i concorsi, di non indicare più il titolo di studio come uno degli elementi richiesti. Potrebbe fare benissimo il capo dell'ufficio del Genio Civile provinciale, regionale, nazionale anche uno qualunque, senza laurea. Ma, senza arrivare all'assurdo di questa battuta, al titolo di studio va data una diversa dimensione in quello che è il senso e il significato per raggiungere il posto di lavoro. Il compito della Regione indipendentemente dalla legge è quello di vedere attraverso il censimento a livello universitario e di scuole superiori, quali sono i bisogni, qual è la possibilità di sfornare degli ingegneri, degli architetti, dei tecnici, degli avvocati, dei medici. Abbiamo letto tutti sui giornali stamattina la corsa ai posti di medicina. Gli ospedali chiudono perché non hanno mezzi per sopravvivere e gli studenti medici affluiscono in maniera impressionante per curare la nostra salute. La liberalizzazione che consente a tutti di andare all'Università non per diventare un umanista, un docente del diritto, un conoscitore delle discipline tecniche, ma per conquistare quel pezzo di carta che si chiama laurea, credendo che agevoli e faciliti l'ingresso nel mondo del lavoro e soprattutto nelle carriere degli enti pubblici, deve essere esaminata. La Regione in questo campo può e deve intervenire, stabilendo dei dialoghi con i giovani, non dico per dissuaderli, Assessore Alasia, ma per rappresentare loro l'inutilità molte volte del sacrificio che fanno per stare 4 o 5 anni all'Università per stringere poi in mano un pugno di mosche; ma è un discorso estremamente delicato e difficile che va fatto ai genitori per dissuaderli dalla gioia, che molte volte non è gioia, di avere il figlio avvocato o ingegnere. Molto meglio sarebbe averlo occupato e capace di lavorare. Altrimenti questa legge diventa soltanto un tampone che, sì e no dura 2/3 anni e poi si riapre la falla e la falla che si riapre, quando il tampone è venuto meno, solitamente è più larga, i problemi diventano più forti in tutti i settori, da quello dell'agricoltura a quello del mondo imprenditoriale. Questi piani possono anche trovarci consenzienti se saranno date delle delucidazioni e delle precisazioni ulteriori; possono anche indurci a ritenere valida, a titolo quanto meno sperimentale, questa attività, ma a quelle condizioni. Se non si guarda in prospettiva non si risolve nulla. Le classi giovanili incalzanti ammoniscono, così come ammoniscono alcune preoccupazioni di coloro che sono occupati, altro risvolto di questa legge. C'è qualcuno che ha il posto di lavoro che vede nell'entrata indiscriminata dei giovani una insidia al proprio posto di lavoro. E' una cosa che deve essere tenuta nel giusto conto nell'attività che la Regione è sollecitata a fare.
Il nostro impegno sia dunque un impegno serio e responsabile. Per questo, Assessore Alasia, il mio calore di questa mattina.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Chiedo la parola per una mozione d'ordine. Chiederei la sospensione dei lavori del Consiglio per permettere i lavori della II Commissione, ossia il colloquio cortese che avviene tra l'Assessore, la D.C. e un Consigliere comunista e per elevare una protesta per il fatto che la legge urbanistica viene trattata come un fatto culturale a tavolino e non nella sua sede di competenza. Qualora la mia richiesta di sospensione non venga accolta anticipo, e non vorrei che venga considerato un fatto di ostruzionismo nella discussione sulla legge urbanistica, che chiederò che tutti gli emendamenti corretti, discussi, votati, approvati e respinti vengano ripresentati in aula. L'appunto non è rivolto al Presidente; questo è un modo indecoroso di condurre l'assemblea regionale che è una assemblea legislativa e non è un'aula universitaria dove si correggono le tesi degli studenti poco diligenti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Consigliere Marchini, noi ci dobbiamo occupare di quanto avviene nell'aula, non di quanto avviene fuori.



MARCHINI Sergio

Qualcuno ha ufficializzato la cosa.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Io non credo che la II Commissione sia convocata, perché vedo qui presente il suo Presidente. D'altra parte gli incontri tra Consiglieri e Assessori che avvengono fuori dell'aula non credo dipendano da una valutazione che possiamo fare qui. D'altronde, non mi sembra vi sia motivo di scandalo se in una precedente seduta è stato chiaramente detto che, per favorire il lavoro e snellire il dibattito sugli emendamenti in aula, si sarebbe dovuto fare "a latere" una serie di incontri. Non ho nessuna difficoltà a fare avvertire i colleghi che si trovano fuori dell'aula perché rientrino. Il Consigliere Oberto poco fa ha anche lamentato che il dibattito si svolge con una presenza limitata di Consiglieri poich evidentemente altri Consiglieri erano in altre faccende occupati. Ciò che lei ha chiesto viene messo a verbale, ma sospendere il Consiglio regionale per questo motivo...



MARCHINI Sergio

Non mi lamento per l'insufficiente presenza in aula, mi lamento perch una legge fondamentale come la legge urbanistica, invece di essere dibattuta nella sua sede propria, viene dibattuta a tavolino, alla presenza delle forze politiche egemoni, quindi non avviene quella decantazione chiarificazione, pubblicizzazione della legge che è la ragione d'essere della democrazia rappresentativa. I dibattiti in aula hanno una loro funzione dinamica e politica. Se noi affidassimo tutto a dei tecnici, tanto varrebbe dare dei gettoni di presenza, per esempio, al mio Segretario Nazionale Zanone con il numero dei voti da esprimere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Le sue osservazioni in linea assoluta potrebbero avere un fondamento e in linea assoluta credo che nessun Consigliere le respinga. Dire però che la legge urbanistica viene dibattuta in incontri tra forze egemoni quando vi è stata tutta la preparazione e tutta la discussione che c'è stata in Consiglio regionale...



MARCHINI Sergio

Chiedo che venga verbalizzata la mia richiesta. Non accetterò il risultato di questo modo di procedere.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Lei potrà riprendere queste osservazioni nel momento in cui la legge urbanistica ritornerà in aula, ora dobbiamo proseguire il dibattito, anche perché ci sono degli adempimenti da concludere nella seduta odierna, ossia: il dibattito sull'occupazione giovanile e la deliberazione relativa all'edilizia residenziale degli Istituti Autonomi Case Popolari.
E' iscritta a parlare la dott.ssa Marchiaro. Ne ha facoltà.



MARCHIARO Maria Laura

Mi pare di dover sottolineare innanzitutto il fatto che i Consiglieri che sono intervenuti, ad eccezione di uno, hanno messo in rilievo in vario modo l'importanza di questa fase di applicazione della legge per l'occupazione giovanile. Sono infatti in discussione atti concreti puntuali che raccolgono i risultati dell'attività di tre mesi (come appunto hanno documentato le relazioni degli Assessori Alasia e Fiorini), atti concreti che aprono alla costruzione dei primi contratti di lavoro per i giovani iscritti alle liste speciali. Già entro ottobre un primo gruppo di giovani incomincerà a lavorare. Sono i primi passi di un possibile rapporto nuovo fra i giovani, le istituzioni e l'insieme della società.
Dati, numeri, progetti, iniziative precise e ravvicinate hanno, in questo caso, un segno particolare che non va enfatizzato ma neppure sottovalutato; segnano l'avvio positivo, costruttivo, pure fra incertezze e limitazioni, di un processo che gradualmente dovrà risanare una situazione giunta ad un grado estremo di logoramento; segnano l'avvio di uno sforzo straordinario per fronteggiare un problema che giustamente è stato riconosciuto come il più grave nel nostro panorama politico e sociale e che ancora poco tempo fa ci sembrava senza possibili soluzioni.
Non si deve andare più in là di qualche mese per ritrovare un clima completamente diverso. La questione della disoccupazione giovanile era sì presente come un problema certamente complesso e grave, ma anche per certi versi come un problema indistinto, inesplorabile, o confusamente esplorato a volte quantificato con cifre che variano anche in modo sensibile commisto ad un'infinità di aspetti di costume; tutto sommato ignorato dalle istituzioni dello Stato.
Certo era grave il peso di una situazione che andava assumendo aspetti sempre più allarmanti e incontrollati, quasi che una società intera potesse trascinarsi all'infinito in una indeterminatezza di queste proporzioni senza esprimere soluzioni, senza correggere un modo assistenziale, casuale e miope di fronteggiare i problemi, senza utilizzare in modo reale e attivo forze ed energie nuove.
Sappiamo per quali vie e per quali tensioni la questione giovanile è poi emersa, è diventata esplosiva, si è collocata anche più chiaramente nella rappresentazione di fatti che esprimono una realtà non congiunturale a cui è interessata tutta l'area capitalistica.
La legge 285, con i limiti che le riconosciamo, le caratteristiche congiunturali che indubbiamente ha, le insufficienze e il carattere di emergenza, è il risultato tangibile che fa seguito a un dibattito e a uno scontro su tutta la questione. E' il fatto che ha messo in moto forze e istituzioni, che ha portato tutti a confrontarsi su dati reali e a cercare soluzioni rapide e concrete.
Mi pare che la risposta dei giovani vada innanzi tutto valutata; essa esprime una volontà di massa: rifiuto della disoccupazione sommersa o palese, di una condizione di minorità assistita, ricerca di uno sbocco reale, autentico, a studi sempre più inconsistenti, scelta esplicita di essere parte delle forze produttive del paese.
A questo proposito mi pare significativo il fatto che la gran parte dei giovani iscritti nelle liste speciali abbia dichiarato di essere disponibile a qualsiasi tipo di contratto, anche molto disomogeneo rispetto al titolo di studio. E' una risposta questa, tra l'altro, a chi, scambiando gli effetti con le cause, i comportamenti con le determinanti reali interpreta l'inflazione di diplomi e di .lauree come ricerca di lavoro non produttivo, come tendenza di massa all'ozio e all'assistenza.
Ma è anche una prova di speranza e di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia, ed è una prova che deve essere corrisposta.
Credo che il lavoro della Giunta e del Consiglio, l'impegno complessivo espresso dalle forze politiche e sociali, quella rete di rapporti ricercati e sviluppati per costruire una prima risposta precisa vadano in questo senso. Si è avviato un metodo nuovo di rapporti fra le componenti della comunità piemontese. Si tratta appunto di un avvio, ma è anche evidente che non è, d'ora in poi, più possibile progettare nel sociale interventi di questo tipo senza questi scambi, questo confronto, questi spazi di collaborazione.
Dei piani per i servizi socialmente utili e per i corsi di formazione mi preme sottolineare alcuni aspetti che mi sembrano particolarmente positivi: per quanto si riferisce ai primi, il fatto che si sono individuati, come ha sottolineato nella relazione l'Assessore Alasia settori con valore produttivo in cui si verificano reali carenze; settori quali l'agricoltura la gestione e l'assetto del territorio, i servizi socio sanitari; inoltre il fatto che si è scelto il metodo dell'utilizzazione decentrata dei giovani ponendo le basi per relazioni di lavoro in realtà periferiche e realmente sottodimensionate.
Quanto ai progetti di formazione mi sembra che presentino fra l'altro un notevole interesse per i nessi che possono avere rispetto all'avvio di un processo di ristrutturazione e di riforma del sistema di formazione professionale. Essi configurano infatti momenti formativi strettamente correlati con il mondo del lavoro e indicano quindi la possibilità di un'organizzazione modulare dei corsi, con alternanza fabbrica-studio.
Un tale sviluppo della formazione professionale deve porre però di fronte a tutti ancora una volta, con forza, la questione della riforma della scuola secondaria superiore come questione non più dilazionabile. Si presentano infatti proprio in questo nuovo contesto rischi gravi, che non posso affrontare approfonditamente in questa occasione, ma che accenno. La decomposizione ultima e definitiva del sistema scolastico, invece di dare ai giovani una salda e qualitativamente alta formazione di base, li espone può esporli, impreparati, proprio in questa situazione nuova, a processi riduttivi di puro addestramento.
Altro rischio è rappresentato dal fatto che la non chiarezza attuale sulla qualità, la consistenza, i contenuti e l'ampiezza che la formazione generale deve avere per essere un bene reale di tutti, congeli nel concetto di mansione il problema del livello culturale della professionalità.
Soltanto se si superano questi limiti che oggi gravano sulla scuola, la formazione potrà diventare ciò che per sua natura e collocazione dovrebbe essere, vale a dire un'area in cui si possa commutare produttivamente la cultura delle competenze, competenze in senso largo, che appunto è compito della scuola dare.
Dunque la fase di applicazione della legge che si presenta nell'immediato futuro deve mettere in moto molto cose, anche per le riforme di livello nazionale. Un dispositivo di questo genere, attuato isolatamente, comporterebbe interventi, l'hanno riconosciuto tutti, che non possono andare al di là dell'emergenza.
Siamo largamente concordi sul fatto che la Regione ha fatto un uso costruttivo di ciò che le competeva, ma non può fare evidentemente la parte degli altri. Sia nella riunione di Roma sia in certi aspetti delle consultazioni svolte in seno alla V Commissione, la parte imprenditoriale ha indicato possibilità e aperture che ci possono confortare, ma anche riserve che destano preoccupazione.
Noi, a differenza del Consigliere Carazzoni, non siamo contenti che non ci siano posti di lavoro a sufficienza, che i giovani stiano per le strade che non riescano più a riconoscere in questa società elementi di sicurezza o capacità di progettare il futuro...



CARAZZONI Nino

C'è proprio incomprensione tra noi due.



MARCHIARO Maria Laura

Sì, e si aggrava l'incomprensione; si aggrava perché queste persone così soddisfatte di difficoltà di questo genere, magari hanno anche un po' di simpatia per le P38.



CARAZZONI Nino

...che sparano anche contro di noi.



MARCHIARO Maria Laura

Se venisse a mancare la parte che tocca agli altri, l'attuazione della legge potrebbe essere snaturata, potrebbe esserci uno snaturamento profondo e un impoverimento di obiettivi. Uno di questi obiettivi mi sembra essere quello di avviare processi all'interno del mondo produttivo che invertano la logica dello spreco e del sottoutilizzo delle risorse umane.
La piena identità personale è una conquista che deve stare tra i diritti di tutti ed è possibile raggiungerla soltanto in una situazione attiva, produttiva, in un quadro minimo di certezze a cui rapportare aspirazioni e ideali. Se scaviamo nella crisi dei giovani troviamo proprio queste inquietudini: la ricerca di riferimenti che si sono dissolti, di rapporti costruttivi che si sono frantumati. L'intera società ha oggi dinnanzi a sé, non più rinviabile, il compito di ricostruire questa trama che è tanta parte della qualità e della continuità della sua vita civile e democratica.
Si deve avere coscienza delle difficoltà, che sono grandi, ma si devono anche vincere cautele che mascherano angustie di modelli sociali ed economici logorati. Certo siamo in una situazione di emergenza e usiamo strumenti di emergenza, ma deve anche esserci per tutti l'impegno ad una apertura coraggiosa verso il nuovo.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, devo dire onestamente di essere imbarazzato a parlare su questo tema tanto importante perché molte cose sono già state dette. Sono imbarazzato soprattutto perché o rischio di andare fuori tema, o è vera l'osservazione del collega Carazzoni, poi non mantenuta nella sostanza, secondo la quale noi dovremmo essere chiamati a parlare non tanto dell'occupazione giovanile o della legge 285, quanto valutare e giudicare alcune ipotesi presentate dagli Assessori Alasia e Fiorini in ordine al discorso della formazione professionale e in ordine ai 19 progetti speciali.
L'aver ottenuto da poche ore la predisposizione dei piani può aver indotto molti colleghi a parlare dei contenuti dei progetti e non tanto della questione legata ad essi. La disoccupazione, l'inoccupazione e la sottoccupazione sono problemi di fondo soprattutto nel momento attuale in cui la situazione economica rende più drammatiche le difficoltà di occupazione e anche precaria la posizione di chi già è occupato.
Molto opportunamente alcuni colleghi hanno rilevato come accanto a queste osservazioni occorre collocare i provvedimenti per agevolare l'occupazione, gli investimenti, per favorire la riconversione, la ristrutturazione, la riorganizzazione dell'apparato produttivo.
Nel momento in cui diamo un giudizio al piano regionale, vorremmo innanzitutto dire che non si potranno raggiungere dei risultati concreti se sarà tradito uno dei momenti centrali della legge, la quale, collegando l'occupazione alla formazione professionale, indica una diversa funzione di quest'ultima. Nella relazione dell'Assessore e da alcune indicazioni nei documenti presentati cogliamo degli aspetti sostanzialmente positivi legati al discorso della formazione professionale anche se sarebbero opportune alcune specificazioni in ordine ai contenuti e ad alcuni criteri soprattutto in relazione al progetto n. 8, che introduce una concezione ideologica non condivisibile che fa sorgere alcuni dubbi su un giudizio sostanzialmente positivo, soprattutto perché è conseguenza di impostazioni che la Regione ha dato nella predisposizione del suo Piano regionale di sviluppo che non abbiamo approvato. Riteniamo inoltre che debbano essere individuati in termini più precisi i criteri con i quali verranno scelti i formatori dei corsi professionali. Sui progetti socialmente utili l'azione del Gruppo della D.C. si è sostanzialmente concretizzata in una posizione a volte cordialmente polemica soprattutto nella presentazione di alcune critiche all'operato dell'esecutivo regionale. In luglio, in occasione della presentazione della relazione dell'Assessore Alasia, avevamo abbozzato alcune ipotesi, e avevamo richiesto la legittima presenza delle minoranze nella Commissione prevista dalla legge 285; in queste settimane abbiamo sottolineato alcune considerazioni critiche per certo atteggiamento dell'esecutivo regionale tendente ad un'attività eccessivamente centralizzatrice o comunque mortificatrice dell'autonomia degli Enti locali.
I Consiglieri democratici cristiani a fine luglio si sono incontrati per interpretare la circolare del Presidente della Giunta del 29 luglio nella quale si invitavano gli Enti locali minori a predisporre i progetti da inviare ai Comprensori, per poter poi essere esaminati a livello di Piano regionale. In quella sede avevamo sollecitato interventi e correttivi dell'ipotesi della Giunta regionale, soprattutto perché ritenevamo di dover incentivare spazi legati alla produzione, abbandonando le tendenze di carattere assistenziale che allora ritenevamo di verificare, anche perch erano emerse alcune ipotesi, soprattutto in favore dei lavoratori, i migliori dei quali avrebbero avuto la possibilità di continuare l'attività.
Riteniamo che non si possa dare un tale giudizio nei confronti dei migliori nell'ambito dell'Ente pubblico, dove il concorso pubblico è il presupposto necessario per l'occupazione.
L'8 di settembre la materia è stata demandata alla V Commissione competente. Avevamo rilevato che un incontro prima del periodo feriale con il mondo imprenditoriale poteva essere utile per venire a conoscenza della problematica. Non si trattava tanto di predisporre un'ipotesi regionale nel periodo preferiale, ma si trattava di incentivare gli Enti locali minori a predisporre i piani per costruire il piano regionale con il completamento delle indicazioni che nascevano dalle realtà periferiche, iniziando nel luglio scorso a mobilitare lavoratori e imprenditori nella cogestione della legge.
Approviamo buona parte dei progetti perché sono stati realizzati realisticamente, anche sulla base dei suggerimenti che venivano dalla D.C.
evitando rigonfiamenti del settore pubblico. Tale allargamento non deve venire soprattutto nella considerazione che andiamo incontro ad un assorbimento di nuova forza lavoro soprattutto in attuazione della legge 283, dell'attuazione della riforma sanitaria.
Riteniamo di dare un giudizio sostanzialmente positivo, ricordando per che alcuni progetti socialmente utili, il n. 7 e il n. 8, ricalcano alcune impostazioni ideologiche che non possiamo accogliere, perché si richiamano ad ipotesi del Piano regionale di sviluppo che non avevamo approvato.
Mentre per altri progetti, e precisamente il 14, 15, 18 e 19, ci pare sia quasi una forzatura voler coprire tutti i settori degli Assessorati regionali, quasi che ciascuno dovesse esprimere in una sommatoria di progetti un'area di intervento. Per esempio, la classificazione di manifestazioni fieristiche, l'attuazione della legge regionale per le cave e le torbiere o le rilevazioni legate al turismo, penso non possano dare possibilità di occupazione.
Riteniamo che tutta questa tematica avrebbe dovuto ritornare, come conclusione, alla V Commissione. I tempi stretti non avrebbero forse potuto permettere questo esame, ma riteniamo tuttavia che legittimamente e correttamente la V Commissione avrebbe dovuto ripropone come sintesi e come conclusione un giudizio su questa problematica.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Assumendo l'arbitrario atteggiamento del generoso, penso di dispensare un piacere a tutta l'assemblea nel rinunciare alla parola anche se lo faccio a malincuore, perché avevo la presunzione di poter dire, con il mio intervento, alcune cose importanti proprio in merito al progetto che ci è stato presentato. Mi pare che di quel progetto, pur con le interessantissime osservazioni che sono state pronunciate, si sia parlato troppo poco. Formulo il voto che la complessa, per non dire drammatica problematica giovanile, inizi, anche da semplici progetti, la via della concretizzazione su ciò che si vuole raggiungere, al fine di non far diventare vecchi i giovani a furia di sentir parlare della legge in questione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Penso sia doverosa e opportuna la brevità che peraltro è una mia caratteristica. Ripetendo quanto ha già detto la collega Castagnone Vaccarino mi pare si debba dare atto dell'impegno profuso dall'Assessorato e dai funzionari. Questa è una delle prime occasioni in cui un lavoro di una certa mole non ha avuto la paternità di qualche luminare venuto da lontano, quindi prendiamo atto con vero piacere che i quadri di questi Assessorati si sono impegnati presentando un progetto che, sia pure difficilmente leggibile dato i tempi stretti, indica una serietà di intenti.
Anticipo la mia disponibilità a concorrere nell'elaborazione e nella votazione dell'ordine del giorno in cui il Consiglio fa propri i progetti.
La dichiarazione potrebbe finire qui se si valuta l'aspetto gestionale portato avanti dall'Amministrazione regionale, ma non si può non sottolineare come l'Amministrazione nel suo complesso, Consiglio e Giunta nella consapevolezza dei limiti della legge, abbia ritenuto di dover fare uno sforzo di fantasia per andare il più possibile alla radice del problema e per elaborare soluzioni che non fossero di stretta contingenza. Devono essere valutate e considerate le conclusioni delle trattative avvenute con il mondo produttivo e recentemente ho qualificato questa iniziativa come da attribuirsi all'aggressività del nostro Presidente che si è reso conto come non fosse sufficiente una semplice gestione della legge, ma ci volesse un approfondimento. Se questo approfondimento è stato un po' grossolano perch ha rappresentato tagli e situazioni troppo differenti, mi pare tuttavia che rappresenti una nota positiva che dobbiamo rilevare.
Farò alcune riflessioni su quanto hanno detto il collega Carazzoni e il Vice Presidente Bellomo. Il Consigliere Carazzoni, giustamente, ha richiamato i limiti della legge, ma, in verità, occorre dire che nessuna parte politica l'ha mai rappresentata in termini trionfalistici. E' una legge che, se non vado errato, è stata votata in Commissione e non è passata in aula, è una legge che non crea posti di lavoro, ma che comunque rappresenta un fatto positivo; è una legge tampone; Stato e collettività si sono fatti carico di un problema drammatico.
Come forza di opposizione non posso non lamentare che non si sia scavato fino in fondo per cercare di capire perché le scuole licenziano un numero troppo elevato di diplomati senza prospettive e un numero troppo elevato di laureati senza cultura ma soltanto con un pezzo di carta: questo avrebbe potuto avvenire in una valutazione politica, ma in una situazione meno delicata, per non dire disastrata, dell'attuale.
Qualcosa deve essere detto anche a rintuzzare certe considerazioni populiste fatte dal collega Bellomo, il quale in questa occasione, anzich parlare di datori di lavoro, imprenditori, rappresentanti della classe produttiva, ha ripristinato il termine "padronato": noi dobbiamo chiedere agli imprenditori la verifica che i posti di lavoro rispondano a delle situazioni di produttività, non possiamo che riconoscere la fondatezza di questo discorso e ringraziare quelle aziende che continuano a farlo.
Dobbiamo diffidare delle gestioni tipo Unidal, Gepi o simili, che hanno anche creato centinaia di amministratori disoccupati, non soltanto dei lavoratori. L'imprenditoria torinese e piemontese ha dato una risposta rigorosa alla nostra domanda, perché non si è lasciata andare a nessuna slabbratura di pressapochismo e questo gli fa onore. Ci è stato detto che il turn-over in Piemonte ha delle dimensioni tali da far sì che questo problema non sia drammatico, e ci è anche stato detto che la creazione di nuovi posti di lavoro (è la parte del problema che ci interessa, binario entro cui si risolverà il problema) risponde a chiare esigenze di ordine economico-politico che il Consigliere Carazzoni ha già richiamato, anche se nel modo colorito che gli è abituale. Il mondo imprenditoriale dunque ha risposto con estrema serietà e la disponibilità dimostrata mi è sembrata più rivolta alla nostra attività che non alla legge. Ci è sembrato di capire che il mondo imprenditoriale è aperto a una diversa verifica del problema che investe l'istruzione professionale e il programma di impostazione materiale in rapporto alle esigenze dell'imprenditoria stessa.
Il mutamento di atteggiamento dei nostri ospiti mi pare debba essere inteso in questo senso. In sede di consultazioni ho richiamato all'Assessore competente l'opportunità che alla nostra Regione, dove la disoccupazione in termini congiunturali è un problema meno grave di quanto non lo sia in altre regioni, compete il dovere di puntare a rimedi a medio termine più che a quelli a lungo termine.
Dall'intervento del Consigliere Ferrero e di qualche amico democristiano mi è parso di avvertire che di questa legge si voglia anche fare un'occasione politica. Indubbiamente lo è. In altra sede ho accusato il P.C.I. di gestire la crisi e di auspicare che la crisi continui quel tanto da riuscire a terminare quel certo processo di livellamento sociale ma dobbiamo anche prendere atto che alcune forze politiche ed economiche su questa legge tentano di fare un discorso di retroguardia. Non possiamo fare la battaglia di convincere la gente a non andare più a scuola perché non serve, ma è meglio andare a lavorare. Non è un argomento da toccare in questo momento. In altra occasione mi ero sentito rimproverare dagli amici comunisti per non aver difeso la concezione cavouriana di scuola di stato ed infatti avevo difeso il concetto einaudiano che, chiaramente, i nostri amici non conoscono, cioè quello della scuola intesa come formazione del cittadino e non come formazione di patente concessa dall'imperatore Napoleone Bonaparte per gestire il pubblico impiego. Il discorso di far crescere la collettività sul modello anglosassone (il discorso della collettività si fa nel momento della crescita) e il discorso invece che coglie questa occasione per disincentivare l'adesione al fenomeno scolare da parte della collettività, se non della più diseredata, certamente non di quella privilegiata, mi sembra che facciano parte di certi orientamenti di tipo conservatore che gli amici giovani comunisti hanno apertamente dichiarato dopo l'incontro avuto a livello quadrangolare, come ha dichiarato chiaramente un giovane comunista secondo il quale da qualche parte si voleva strumentalizzare la situazione per ottenere certi risultati sul piano della mobilità e della contrattazione aziendale.
Una volta tanto avverto questo tipo di preoccupazione perché continuo a dire che in una società come quella italiana la scuola è ancora un veicolo di promozione sociale. Non possiamo venire a dire che la scuola deve diventare un posto dove andare perché non si sa che cosa fare. Le famiglie in certe categorie sociali sono disposte ai sacrifici che comporta mandare un figlio a scuola per 22 anni aspettandosi un risultato anche concreto questo è uno dei pochi veicoli verso la promozione sociale di una generazione, diciamo pure che è l'unico. In una società come la nostra il lavoro manuale potrà portare una riqualificazione in termini economici, non certamente in termini di qualità della vita perché, per esempio, il decoratore che guadagna un milione al mese non fa ancora un salto di qualità della vita e non fa un salto culturale: è un discorso abbastanza difficile che non si può affrontare in termini così grossolani.
Concludo integrando una valutazione fatta dalla collega Castagnone Vaccarino, laddove esprime, e mi trova consenziente, la sua perplessità anzi il suo totale dissenso, alla formazione di un fondo regionale per incrementare non si è capito bene che cosa. Mi sembra che la dottoressa Castagnone Vaccarino non abbia inteso bene, invece io, che ho sentito più esattamente, posso dire che si tratta di incrementare i progetti di pubblica utilità. Sono estremamente perplesso perché questa parte della legge è certamente la parte più pericolosa e criticabile perché non qualifica i giovani che utilizzano questo tipo di beneficio, non solo ma li dequalifica perché dopo due anni li riporta nel novero dei disoccupati con una minor qualificazione.
Al di là delle velleitarie impostazioni che sono sempre attribuibili a fenomeni caratteriali, mi pare che sia dovere della nostra Amministrazione gestire nel modo più corretto e più compiuto i progetti e i corsi così come sono stati impostati, con l'impegno peraltro di reimpiantare tutto il discorso dell'istruzione professionale. Tutti insieme, a cominciare dall'Assessorato alla programmazione (e questo non l'ha detto l'opposizione ma l'ha detto la maggioranza quando il Consigliere Ferrero è venuto a dirci che occorre vedere che cosa significa la rivoluzione nel mondo dei telefoni), dobbiamo forse fare un atto di umiltà e porci il problema se la pianificazione regionale sia sufficientemente elastica da poter fare propria e seguire quel tipo di evoluzione che ci è stata indicata dal mondo imprenditoriale. Se l'Italia vuole mantenersi a livelli di competitività internazionale, se vuole creare dei posti di lavoro ad un costo gestibile una parte di questi posti di lavoro verranno realizzati nelle nostre aree.
Gli incontri di questi giorni hanno confortato il sottoscritto su un tipo di considerazioni fatte sul Piano di sviluppo, e cioè sulla sua rigidità.
Questa sarà una censura che richiameremo nella legge urbanistica; non facciamo l'errore di presunzione di pensare che due documenti in qualche misura slegati dalla realtà o troppo legati alla realtà contingente non ci diano la possibilità di andare incontro a delle situazioni che noi cercheremo di gestire nel modo più corretto per il loro miglior esito, ma che certamente non possiamo né impedire né vietare né imporre. Se nel Piano di sviluppo e nella gestione della programmazione si accetterà questo concetto di flessibilità e non si accentuerà quel concetto di rigidità che viene ripreso in termini draconiani nella legge urbanistica, penso che questo sarà uno dei risultati più positivi che è venuto da quella parte oserei dire, straordinaria di fantasia che è stata la gestione della legge 285.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

E' iscritto a parlare il Consigliere Borando. Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Non possiamo evitare di accennare alle cause effettive per le quali siamo giunti a questa situazione. Mi richiamo alle ultime parole del collega Marchini in merito all'andazzo in virtù del quale si inviterebbe la gente a non andare più a scuola. Caro Marchini, non credo che ci possa essere qualcuno che possa rivolgere degli inviti o fare della propaganda in questo senso, perché il problema non è di non andare più a scuola, ma è di andare a scuola in una certa maniera.
Negli anni '60, quando si incominciò a dire di protrarre la scuola dell'obbligo fino a 16 anni come avviene in altri Paesi più avanzati, si crearono delle illusioni. Sono cose attuabili e lodevoli, ma non si devono illudere i giovani circa la possibilità automatica e il diritto ad un posto proporzionato al titolo di studio. Già ai tempi in cui sedevo sui banchi della Giunta, andavo dicendo che i giovani dopo gli studi dell'obbligo, con la frequenza di due o tre anni di corsi di specializzazione, possono acquisire cognizioni che permettono di lanciarsi nel mondo del lavoro anche se non in possesso di diploma o di laurea.
Ci troviamo invece in un Paese che, come nessun altro Paese del mondo destina la parte più cospicua del proprio bilancio al mondo della scuola: più di 6 mila miliardi, un quinto del bilancio dello Stato. Con questo dovremmo concludere che il nostro è il Paese dove si studia più che in qualsiasi altro. Se si fa un calcolo dei 6 mila miliardi, vediamo che il 95% viene destinato a pagare 1.153 mila dipendenti tra personale docente e non docente. Sotto la spinta di schiere infinite di maestre e di professori di tutte le materie che ogni anno si mettono alla ricerca del posto di lavoro, ci troviamo a dover far fronte ad una infinità di esigenze. Di questo passo finiremo con assistere a fatti in cui gli insegnanti insegneranno agli insegnanti pur di dargli un posto, il che in gran parte avviene già con quella mezza pagliacciata dei corsi abilitanti: bisogna andare a vedere e a sentire per farsene un'idea.
Detto questo, devo dire che lo sforzo della Giunta in questo momento non poteva che creare delle occasioni per poter istruire ed occupare della gente in servizi socialmente utili. Sotto questo aspetto non c'è che da essere consenzienti. Devo sollevare qualche piccola riserva invece su qualcuno di questi progetti. Per esempio, come sarà attuato il progetto n.
8 relativo alla forestazione ed alla difesa del suolo? La previsione è di circa 300 persone: 20 laureati, 100 diplomati e 180 operatori. I laureati svolgono il coordinamento, i diplomati il sottocoordinamento e gli operatori il lavoro manuale. Ho l'impressione che ci troviamo di fronte ad uno di quei casi in cui ci sono 20 generali, cento ufficiali superiori e 180 soldati, è un esercito con una truppa esigua, perché trattandosi di lavoro manuale sono sproporzionati i diplomati e i laureati.
In questo progetto si prende in esame il censimento delle terre incolte, cosa utilissima perché in Piemonte siamo in presenza di circa 100 mila ettari di terreno non coltivato e non coltivabile con coltivazione granaria, come le prime pendici e le seconde pendici delle montagne, dove si possono produrre migliaia di quintali di foraggio verde e secco foraggio verde e secco che, se trasformato in carne, può dare una ricchezza notevole. Si tratta di studiare un piano per poter utilizzare questo foraggio con allevamento di bestiame bovino e con l'avviamento di aziende apposite. E' ovvio che chi sarà destinato a svolgere questa attività dovrà essere retribuito largamente, forse più di coloro che svolgono analoghi lavori in pianura. L'impegno che Regione e Stato fanno con l'impiego di denaro porterebbe una ricchezza diretta alla società. Quindi consiglio di indulgere poco alla burocrazia, perché la burocrazia è un prodotto che nessuno esporta, ma produrre invece merce che si può esportare. Non sono in grado ora di mettere su carta questo progetto, ma mi riservo di farlo e lo sottoporrò agli Assessori all'agricoltura ed al lavoro. In realtà si potrebbe fare uno sforzo in questo senso che potrebbe soddisfare alcune aspettative che questa legge pone.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Per la Giunta replica l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

Il dibattito di oggi ha consentito di fare emergere in modo esauriente le posizioni sull'attuazione della legge 285. La consapevolezza di tutti è stata sui limiti profondi di questa legge e la Giunta per prima ha riconosciuto l'inadeguatezza del provvedimento, per sua natura straordinario, per affrontare un problema che invece è di carattere strutturale e che riguarda l'economia di tutti i Paesi ad economia avanzata. Questa consapevolezza è presente non da oggi, tant'è che l'Assessore Alasia ne parlò più volte in aula, organizzammo addirittura un convegno regionale e partecipammo ad un convegno nazionale: questa legge è nata sulla spinta di una serie di elaborazioni, proposte e confronti che ne hanno anche migliorato taluni aspetti, in ogni caso in tutti è la convinzione che la legge non è in grado di risolvere i problemi della disoccupazione, è in grado soltanto di dare un contributo alla soluzione dei problemi stessi. La legge è stata elaborata sulla base di proposte venute da tutte le Regioni; a questo punto il nostro compito è di cercare di attuarla nel modo più rapido possibile per farne scaturire tutte le conseguenze possibili semmai incominciando a progettare qualche intervento capace di andare in concreto oltre la legge.
Qual è stato il compito della Giunta? Quello di definire i progetti di lavoro produttivo per opere e servizi socialmente utili in termini corretti, in una dimensione confacente alle ragionevoli previsioni di finanziamento per attività di lavoro produttivo e non assistenziale, per attività che sono state individuate insieme con gli Enti locali e per attività che non sono state scelte a caso, ma cercando di cogliere le necessità che scaturivano dal Piano di sviluppo e dai programmi regionali che il Consiglio ha discusso e approvato. Quindi il quadro degli interventi che ci si propone di attuare in ordine ai progetti socialmente utili, è un quadro non causale ma programmato, è un quadro che tiene conto delle indicazioni degli Enti locali, e si collega alle disponibilità finanziarie di cui la Regione potrà usufruire. Oggi è stata consegnata a tutti l'analisi dettagliata dei programmi e credo che non ci siano altre parole da spendere.
Più complesso è il discorso per gli altri interventi che la legge n.
285 prevede e sui quali la Regione da sola non è certamente in grado di determinare il buon esito della legge. Sotto questo profilo credo che sia stato giusto arrivare al dibattito di oggi dopo avere consultato le categorie economiche interessate e le grandi imprese.
Non mi pare di potere concordare con il giudizio di taluni Consiglieri circa la posizione delle categorie imprenditoriali. Occorre distinguere le due ipotesi che la legge prevede: contratto di assunzione e contratto di formazione-lavoro.
In merito alla prima ipotesi, dobbiamo dire con preoccupazione che in effetti non è stata manifestata la volontà di assumere a tempo indeterminato, in quanto gli incentivi finanziari previsti dalla legge n.
285 non sono ritenuti una buona motivazione per procedere a questo tipo di assunzione. Indubbiamente è un problema che ci preoccupa e dobbiamo farci carico di seguirne gli ulteriori sviluppi perché questa parte della legge rischia di non essere applicata. Le posizioni assunte dalla Confindustria anche a livello nazionale, sono tali da farci pensare che ciò che abbiamo registrato in Piemonte si possa registrare in tutta Italia: questa parte della legge rischia di saltare per la non collaborazione delle categorie imprenditoriali. E' diverso il discorso in merito al contratto di formazione lavoro. Sotto questo profilo abbiamo dovuto registrare una serie di impegni precisi in particolare da parte del Presidente della Federazione regionale degli imprenditori e del Presidente della Fiat. C'è la disponibilità ad usufruire del meccanismo del contratto formazione-lavoro ed a collaborare con la Regione nel mettere a punto i programmi concreti nella definizione anche quantitativa dei 479 corsi. Non è stato ancora possibile ottenere questa indicazione, ma crediamo che debba essere esperito ogni sforzo per averla nei prossimi tempi. E' un discorso aperto con delle interessanti prospettive.
E' stata manifestata da parte delle categorie imprenditoriali una ulteriore disponibilità in direzione delle proposte fatte dall'Assessore Fiorini circa la previsione di migliorare la legge 285 andando oltre il contratto di formazione lavoro che è limitato a soli 12 mesi, quindi insufficienti a formare un lavoratore, al fine di consentire un onere finanziario aggiuntivo. Parliamo di possibilità "in fieri", sulle quali potremo tornare al fine di destinare in questa direzione tutte le eventuali risorse aggiuntive di cui la Regione potrà disporre, oltre a quelle per le quali si sono già dichiarate disponibili banche e imprese, pertanto non per ampliare, come si è anche detto, la sfera degli interventi nei lavori socialmente utili, ma per ampliare la sfera dell'intervento nel settore della formazione-lavoro che ci pare la più interessante.
Il quadro che emerge dalle consultazioni ci pare sostanzialmente positivo, pur essendo consapevoli che non risolveremo il problema della disoccupazione giovanile e che lo risolveremo soprattutto in relazione alle grandi dimensioni che il fenomeno ha assunto nel Mezzogiorno, dove sono irrisolti i grandi nodi dei disoccupati giovani. Nella nostra realtà mandando avanti con serietà il ventaglio di proposizioni messe a fuoco approfondendole e cercando di andare oltre il contenuto della legge, si potrà dare un contributo significativo. Ci pare di avere evitato lo scoglio principale dell'assistenzialismo spicciolo, ci pare di avere individuato per quanto riguarda il lavoro socialmente utile, un quadro di attività che non solo sono utili, ma che per buona parte sono suscettibili di una certa consistenza e di una certa durata.
Millecinquecento giovani lavoratori non sono tali da rappresentare una lacerazione rispetto alle dimensioni dell'impiego pubblico nell'ambito della Regione e degli Enti locali (solo il Comune di Torino ha 9000 addetti), tenendo conto del turn over prevedibile nel giro di alcuni anni.
La parte più significativa, nella quale sono coinvolte le imprese, è quella del contratto di lavoro, è però una incognita consistente in ordine alle dimensioni. Abbiamo avuto interessanti offerte di collaborazione da parte della Federazione regionale degli imprenditori in merito ad una analisi approfondita delle necessità emergenti dal lato offerta lavoro e delle caratteristiche, attraverso una indagine campionaria che emerge dal lato della domanda dei lavoratori. Questi dati dovrebbero essere disponibili alla fine di ottobre, saranno una premessa per quantificare in una certa misura le previsioni delle imprese. Verranno al pettine una serie di nodi in cui si parrà la nobilitate di ognuno: la Regione si è dichiarata disponibile a trasformare profondamente la sua attività di formazione lavoro, non solo di quella speciale in ossequio alla legge n. 285, ma dei programmi di formazione in direzione delle attività produttive, cioè dei lavoratori che abbiano caratteristiche utili allo sviluppo tecnologico delle imprese. Dall'altra parte occorrerà definire con la massima precisione possibile qualifiche e profili professionali necessari nel sistema delle imprese e quantificare le dimensioni del turn over e dei posti di lavoro che concretamente si renderanno possibili. Si è avviato un processo interessante per il quale la Regione si sta attrezzando attraverso sue iniziative interne, come l'osservatorio del mercato del lavoro.
Nei prossimi mesi, al di là della scadenza specifica della legge avremo modo di approfondire il discorso e di avviare un quadro conoscitivo.
Questo era uno dei presupposti che ci ponemmo quando discutemmo il Piano di sviluppo al fine di operare nel governo dell'economia e nelle sue implicazioni di ordine sociale e di ordine territoriale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Sospendo brevemente la seduta per consentire ai Capigruppo di stilare un ordine del giorno a conclusione della discussione. Comunico inoltre che vi sono ancora alcuni adempimenti, da compiersi entro il 30 settembre, per i quali è necessario il numero legale dei Consiglieri.



(La seduta, sospesa alle ore 18 riprende alle ore 18,15)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Per la conclusione del dibattito sull'occupazione giovanile viene presentato il seguente ordine del giorno a firma dei Capigruppo Bontempi Calsolaro e Rossotto: "Il Consiglio regionale del Piemonte, in adempimento al disposto dell'articolo 2 della legge n. 285/77, preso atto del piano presentato dalla Giunta regionale e già approvato nella parte relativa ai progetti di formazione dalla Commissione di cui all'articolo 2 della legge suddetta preso atto delle considerazioni svolte in aula dagli Assessori al lavoro ed alla formazione professionale e del successivo dibattito approva il piano della Giunta i ne autorizza l'invio al CIPE per il finanziamento".
Chiede la parola il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



CERCHIO Giuseppe

In via di massima e tenendo conto dell'urgenza con cui occorre assolvere agli adempimenti previsti dalla legge n. 285, il Gruppo della Democrazia Cristiana approva l'ordine del giorno con le seguenti distinzioni e precisazioni: il piano relativo ai progetti di formazione professionale risultato dal confronto avvenuto, sia pure in modo accelerato,con le forze sociali e produttive nella sede della Commissione costituita ad hoc, merita un giudizio prevalentemente positivo la parte del piano relativa all'impiego dei giovani in servizi socialmente utili comporta invece ampie riserve, sia per il metodo seguito sia per i contenuti incerti e generici che non danno sufficiente affidamento dal punto di vista dell'operatività e della gestione.
Il nostro voto è di approvazione per la prima parte e di astensione critica per la seconda. Poiché il voto è unico, esprimiamo formalmente voto favorevole in considerazione dell'urgenza e delle attese dei giovani riservandoci ogni ulteriore iniziativa ed azione per ottenere risultati più efficaci e più corretti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, crediamo che il nostro giudizio in ordine alla legge n. 285 sia risultato sufficientemente chiaro al Consiglio dopo quanto abbiamo detto in sede di intervento generale. Non vi può essere quindi possibilità di equivoco, di incertezza e di esitazione in ordine ad una nostra posizione drasticamente e rigidamente contraria al portato della legge stessa. Dobbiamo altresì dire che noi non abbiamo taciuto le nostre incertezze e le nostre riserve in ordine ai provvedimenti predisposti dalla Giunta regionale, in modo particolare in ordine agli interventi che vanno sotto la voce "impieghi nei servizi socialmente utili". Dobbiamo anche dire che a questo punto diventa senso di responsabilità di ogni forza politica prendere atto di ciò che poteva essere fatto in quelli che abbiamo chiamato i ristretti margini operativi della legge stessa. In questo quadro, ci consenta la collega Marchiaro, noi non abbiamo mai esultato o comunque gioito per la constatazione della mancanza di posti di lavoro. Comunque perché non si possa dire che da parte del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale vi è stato addirittura il compiacimento nel respingere le misure che sono state predisposte, misure che riteniamo essere largamente insufficienti su questo piano, riprendendo un'affermazione fatta dall'Assessore Simonelli per cui in una questione tanto drammatica e tanto delicata di ciascuno di noi dovrà parersi la "nobilitate", noi allora diremo che, ferme restando le nostre riserve di principio sulla legge in ordine al documento predisposto dalla maggioranza e senza che questo significhi assolutamente approvazione totale e incondizionata delle misure predisposte, ci asterremo.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Preso atto dell'ordine del giorno e delle dichiarazioni dell'Assessore Simonelli che ha testualmente dichiarato che eventuali fondi ulteriormente disponibili saranno devoluti alla formazione professionale, il Gruppo repubblicano dichiara voto favorevole.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Chiede di parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nell'intervento di questa mattina abbiamo mosso dei rilievi e delle critiche alla legge nazionale mentre per quanto riguarda l'operato della Giunta dobbiamo riconoscere che molte cose ci soddisfano. E' chiaro, visto che abbiamo avanzato delle riserve, che controlleremo il seguito della legge. Pertanto ritengo indispensabile che il Consiglio approvi questo ordine del giorno perch così diamo una garanzia ai giovani che aspettano da noi qualche cosa di positivo. Il nostro voto è perciò favorevole.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Mi richiamo all'intervento precedente, quindi il mio voto è favorevole.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Confermiamo il voto favorevole all'impostazione data dalla Giunta dopo aver espresso alcune critiche alla legge n. 285. Abbiamo l'impressione che la Giunta abbia innescato con profondo e lodevole atto di buona volontà un'iniziativa che dovrebbe realizzarsi e materializzarsi con obiettivi concreti.
In questo senso esprimiamo il nostro consenso.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Capogruppo P.C.I., Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

A nome del Gruppo comunista esprimo voto favorevole.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Non vi sono altre dichiarazioni. Pongo in votazione l'ordine del giorno presentato a firma dei Consiglieri Bontempi, Calsolaro e Rossotto.
Il documento è approvato con due astensioni.


Argomento: Nomine

Nomina di un rappresentante della Regione nella Commissione di cui all'art. 113 del D.P.R. 616/77


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La Giunta chiede di inserire all'ordine del giorno il seguente punto: "Nomina di un rappresentante della Regione nella Commissione di cui all'art . 113 del D.P.R. 616/77".
L'Assessore Vecchione illustra brevemente la nomina.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

Si tratta di un adempimento urgente, poiché il termine scade il 13 ottobre. Ai sensi dell'art. 113 le Regioni devono nominare un loro rappresentante: dalla rosa dei 21 membri il Presidente del Consiglio dei Ministri sceglie sei rappresentanti delle Regioni per la composizione della Commissione tecnica relativa agli Enti nazionali, pluriregionali, etc.
Le Regioni hanno raggiunto un accordo perché la composizione complessiva rispecchi sostanzialmente la presenza di tutte le forze politiche e alla nostra Regione spetta la designazione di un rappresentante del Partito socialista italiano.
E' un adempimento puramente formale che dobbiamo compiere entro il 13 ottobre.
Il nominativo proposto dalla Giunta è quello del prof. Franco Bassanini.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Si proceda quindi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione presenti e votanti: n. 35 hanno riportato voti: BASSANINI Franco: n. 23



VIETTI Anna Maria: n. 10

LAGORIO Lelio: n. 2 Il prof. Bassanini è pertanto eletto nella Commissione tecnica di cui all'art. 113 del D.P.R. 24/7/77 n. 616.
Per questa nomina chiedo l'immediata esecutività ai sensi dell'art. 49 della legge 62/1953.
E' approvata.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Legge 8 agosto 1977, n. 513 - Programma di localizzazioni ai sensi dell'art. 3 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, dei finanziamenti di cui al titolo Il della stessa legge 8 agosto 1977, n. 513


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Il punto quarto all'ordine del giorno reca: "Legge 8 agosto 1977, n.
513 - Programma di localizzazioni ai sensi dell'art. 3 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, dei finanziamenti di cui al titolo II della stessa legge 8 agosto 1977, n. 513". La proposta di deliberazione del Consiglio regionale è stata esaminata dalla II Commissione consiliare nella seduta del 28.9.1977. L'Assessore Rivalta desidera illustrare la proposta di delibera.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

I colleghi mi consentano di richiamare brevemente gli elementi essenziali di questa deliberazione che per la sua portata (63 miliardi) assume un rilievo significativo.
Molto si potrebbe dire su un provvedimento di questo genere. Mi limito a sottolineare che si tratta ancora una volta di un intervento di emergenza e non di un intervento programmato. Ma sottolineo anche che le Regioni lo hanno sollecitato, di fronte al fatto che l'attuazione dei programmi delle leggi 166 e 492 nella Regione globalmente stanno raggiungendo la soglia del 40% e dovrebbero terminare nel corso dell'anno 1978. Senza un ulteriore provvedimento potrebbe esserci una caduta occupazionale molto pericolosa.
Le Regioni stesse hanno sollecitato un ulteriore intervento di emergenza destinato all'edilizia sovvenzionata. Nella legge 513 non è stata richiamata l'edilizia convenzionata ed agevolata; si tratta di programmi attuativi che hanno come soggetto operatore l'Istituto Autonomo Case popolari. La legge, promulgata sulla Gazzetta Ufficiale il 18.8 richiede che entro il 30 settembre le Regioni predispongano il programma.
Richiamo questi dati solo per spiegare la procedura accelerata che abbiamo dovuto seguire nella formazione del programma, in ragione appunto delle competenze attuative che ha l'Istituto Autonomo Case Popolari. I Comprensori sono stati informati con due lettere contenenti proposte, con le quali si richiedevano eventuali rilievi. Non abbiamo ritenuto di iniziare un lavoro con i Comprensori nel corso del mese di settembre per la scelta della localizzazione poiché per i limiti di tempo sarebbe risultato infruttuoso. Ci ripromettiamo di farlo per la formulazione dei programmi decennali che sono inclusi nel testo legislativo in discussione alla Camera.
Poiché ai Consiglieri possono essere richieste spiegazioni nel loro ambito territoriale, ritengo opportuno sottolineare un ultimo punto.
D'accordo con gli IACP e in generale con i Comprensori, sono state scelte quelle iniziative che hanno la certezza di poter essere appaltate entro il 30.6.1978 (la legge 513 precisa che per le opere non avviate entro quel termine vengono ritirati i finanziamenti. Ci sono state appunto delle esclusioni motivate da questo fatto). Altri particolari sono contenuti nella relazione, che è stata esaminata, seppure frettolosamente, dalla Commissione.
La prima formulazione di questo programma era già stata inviata e approvata dalla Commissione all'unanimità.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Non vedo richieste di parola pongo quindi in votazione la deliberazione così come viene proposta dalla Giunta con il parere della II Commissione: "Il Consiglio regionale Visto l'art. 16 della legge 8 agosto 1977, n. 513, il quale stabilisce al III comma che le Regioni formulino, entro il 30 settembre 1977, i programmi di localizzazione degli interventi per le nuove costruzioni di importo minimo di 1 miliardo, dandone comunicazione al Comitato per l'Edilizia Residenziale (C.E.R.), agli Istituti Autonomi per le Case Popolari ed ai Comuni interessati, sulla base dell'importo loro attribuito Visto l'importo attribuito alla Regione Piemonte pari a 63,255 miliardi per interventi di edilizia sovvenzionata, sulla disponibilità prevista a livello nazionale di 1.078,4 miliardi Rilevato che ai sensi e per gli effetti dell' ultimo comma dell'articolo 19 della legge 8 agosto 1977, n. 513, nel programma di localizzazioni è necessario prevedere un accantonamento a livello regionale per far fronte agli oneri derivanti dalle eventuali maggiori spese che dovessero verificarsi nel corso della realizzazione dei programmi costruttivi, nella misura determinata del 10% dell'importo complessivamente attribuito, per cui l'ammontare dei finanziamenti localizzabili viene ridotto a 56,929 miliardi a livello regionale Considerato che ai finanziamenti suddetti sono cumulabili i fondi di cui all'art, 68 lettera b) della legge 22 ottobre 1971, n. 865, in un primo tempo destinati alle cooperative edilizie, derivanti dalla capitalizzazione al 5% del contributo dello Stato pari a L. 341,25 milioni annui costante per 35 anni che attivano globalmente interventi per 6,825 miliardi Considerato che i suddetti fondi integrati al programma disposto ai sensi della legge 8 agosto 1977, n. 513, permettono di articolare maggiormente il programma di localizzazioni stesso consentendo interventi per nuove costruzioni di importo inferiore al miliardo Rilevato che ai fini dell'elaborazione del programma di localizzazione degli interventi l'Amministrazione regionale ha provveduto a: richiedere all'Istituto Ricerche Economico Sociali del Piemonte (IRES) la situazione abitativa presente nella Regione differenziata in relazione al tipo di fabbisogno ed allo stato di conservazione del patrimonio edilizio esistente promuovere una indagine presso tutte le Amministrazioni comunali della Regione tendente a rilevare la disponibilità delle aree nei piani di zona formati ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 16, nonché le proprietà immobiliari di proprietà comunale di tipo residenziale presenti in ciascun Comune proporre al Consorzio regionale fra gli I.A.C.P. della Regione Piemonte, fin dal febbraio 1976, ipotesi simulate di localizzazioni propedeutiche al programma definitivo definire i criteri di valutazione e di scelta, di seguito indicati per la individuazione delle localizzazioni nell'ambito delle quali procedere alla realizzazione degli interventi: a) ripartizione dei fondi a livello comprensoriale sulla base di: 1) situazione abitativa al 1971 rilevata su dati ISTAT elaborati dall'IRES 2) incremento demografico nel quinquennio 1971/76 3) situazione dei lavori finanziati con le leggi 27 maggio 1975, n. 166 e 16 ottobre 1975, n. 492.
b) ripartizione dei fondi attribuiti a livello comprensoriale tra le Unità Locali dei Servizi sulla base di: 1) situazione abitativa al 1971 rilevata su dati ISTAT elaborati dall'IRES 2) situazione della richiesta di abitazioni di edilizia sovvenzionata desunta dal numero delle domande di assegnazione alloggi.
c) individuazione del Comune nel quale realizzare gli interventi differenziati in relazione alla destinazione dei finanziamenti: Per nuove costruzioni: 1) esclusione dei Comuni nei quali non siano attivati i lavori di cui alle leggi 166 e 492 alla data di entrata in vigore della legge n. 513 2) nell'ambito dell'importo definito per Unità Locale dei Servizi indicazione del Comune in base alle disponibilità di aree nei piani per l'edilizia popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 3) situazione abitativa presente nel Comune e confronto con il numero di domande presentate ai fini dell'assegnazione di alloggi di edilizia sovvenzionata.
Per recupero del patrimonio edilizio esistente: 1) disponibilità di immobili da risanare già in proprietà del Comune che permettono interventi per almeno 10 alloggi 2) strumento urbanistico attuativo del centro storico.
Per manutenzione patrimonio I.A.C.P.: 1) indicazione degli Istituti stessi.
d) confronto con i programmi edilizi di immediata realizzabilità predisposti dagli I.A.C.P., affinché sia garantita la condizione categorica che i lavori siano appaltati entro il 30 giugno 1978 Considerato che la individuazione nell'ambito delle Unità Locali dei Servizi è stata in linea di massima conforme all'applicazione dei criteri sopra indicati con alcune eccezioni per quanto riguarda il Comprensorio dell'area torinese, nel quale tutti gli importi residui o non immediatamente localizzabili sono stati attribuiti, in osservanza alle disposizioni di cui all'art. 16 della predetta legge 8 agosto 1977, n. 513 che impone di destinare prioritariamente i fondi nelle aree metropolitane dove si rilevano più intensamente fenomeni di immigrazione o di concentrazione demografica, al Comune di Torino Considerato che nella formulazione dei programma di localizzazioni sono stati favoriti gli interventi di ristrutturazione e risanamento del patrimonio edilizio esistente di proprietà degli Istituti Autonomi per le Case Popolari in quanto costituisce il presupposto "politico" indispensabile per l'applicazione, da parte dell'utenza, del titolo III della stessa legge 8 agosto 1977, n. 513, che eleva il canone minimo di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica Tenuto conto che nel corso dei lavori della Commissione consiliare competente, svolti nella seduta di mercoledì 28 settembre c.a. che ha esaminato il programma proposto dalla Giunta regionale e nel suo aggiornamento al 29 settembre 1977, la stessa ha: ritenuto di rinviare l'intervento localizzato nel Comune di Cannobio a successivi programmi, in considerazione della non certa garanzia che tale intervento possa essere attivato entro il termine prescritto dalla legge 513 e della sua non inclusione nel programma di intervento proposto dallo I.A.C.P. di Novara, integrando la relativa somma di L. 400 milioni al finanziamento localizzato per nuovi interventi nel Comune di Verbania, che in questo modo viene ad ammontare a L. 1,4 miliardi considerata positivamente la proposta dello I.A.C.P. di Torino di includere nel programma di localizzazione di nuove costruzioni, per l'importo di L. 1 miliardo, da realizzare nel Comune di San Mauro Torinese ritenuto opportuno ampliare da L. 1 miliardo a L. 1,4995 miliardi il finanziamento localizzato nel Comune di Alpignano, al fine di poter dare completa risposta al fabbisogno abitativo delle 57 famiglie oggi ricoverate, in quel Comune, in abitazioni improprie considerato che per l'intervento nel Comune di San Mauro Torinese e per l'integrazione all'intervento nel Comune di Alpignano si fa fronte con la somma di L. 1,4995 miliardi che nella proposta della Giunta risultavano a disposizione Visti gli elementi predisposti dall'Assessorato alla pianificazione del territorio e parchi naturali proposti dalla Giunta e modificati e integrati dalla Commissione consiliare competente Visti gli elaborati risultanti che costituiscono parte integrante del presente provvedimento Ritenuti pertanto validi i criteri e le proposte contenute negli elaborati suddetti e conformi alla ratio della legge e alle sue finalità fatte salve eventuali indicazioni interpretative che possono essere introdotte dalla Circolare Ministeriale attuativa della legge 8 agosto 1977, n. 513, di cui annunciata l'emissione delibera di approvare il programma delle localizzazioni e dei finanziamenti di cui all'art. 16 della legge 8 agosto 1977, n. 513, quale risulta nell'allegato documento di conferire mandato alla Giunta regionale al fine di apportare le eventuali e necessarie modifiche tecniche al presente programma di localizzazioni per più coerentemente adeguarlo alla normativa vigente alla luce della Circolare attuativa della leg ge 8 agosto 1977, n. 513, di prossima emissione.
Stante l'imminente scadenza dei tempi previsti per gli adempimenti di cui sopra, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dai 35 Consiglieri presenti in aula.
Signori Consiglieri, la seduta è terminata.
Il Consiglio regionale è convocato per mercoledì 5 ottobre, alle ore 9,30, con all'ordine del giorno la prosecuzione dell'esame del disegno di legge sull'urbanistica.



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



< torna indietro