Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.148 del 30/09/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PAGANELLI ETTORE


Argomento: Statuto - Regolamento

Proposte di modifica allo Statuto della Regione Piemonte, approvato con legge 22 maggio 1971, n. 338


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Signori Consiglieri, il Consiglio deve affrontare nella giornata di oggi, oltre che la prosecuzione dell'esame della legge urbanistica, l'esame del programma di localizzazione degli interventi di edilizia sovvenzionata il secondo programma triennale di interventi di edilizia scolastica per gli anni '78/'79/'80 e le questioni inerenti alla legge per l'occupazione giovanile. Sarebbe opportuno inoltre inserire, essendo un argomento di facile trattazione, nell'ordine dei lavori di oggi la proposta di modifica allo Statuto della Regione Piemonte (approvato con legge 22 maggio 1971 n.
338). Come voi sapete, avevamo votato le modifiche che riguardavano il sistema di votazione e i termini di presentazione dei bilanci preventivi e dei bilanci dei conti consuntivi. Vi sono state delle osservazioni da parte della competente Commissione Affari Costituzionali del Senato e un incontro con la stessa. Vi è stato l'accordo di modificare le nostre proposte in modo che possano essere tranquillamente approvate dal Parlamento. Se l'accordo è unanime, si potrebbe passare alla votazione dei due articoli esaminati dalla Commissione. Il Consiglio concorda, la parola quindi al relatore, Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come loro ricorderanno il 12 novembre 1976 il Consiglio regionale aveva approvato il testo di alcune modifiche allo Statuto al fine di permettere da un lato una maggiore speditezza nelle procedure di votazione e dall'altro di coordinare le date di presentazione del bilancio contenute nello Statuto stesso con le esigenze sorte nella normale attività del Consiglio, specialmente con riferimento alle nuove regolamentazioni in materia di contabilità e di presentazione dei bilanci.
Le modifiche votate il 12 novembre 1976 suscitarono nella Commissione Affari Costituzionali del Senato alcune perplessità in ordine alla non indicazione della data di presentazione del bilancio; nessuna osservazione invece venne avanzata in ordine alle modifiche del sistema di votazione dei singoli articoli per alzata di mano, anziché per appello nominale. Pertanto i proponenti delle modifiche alla legge hanno ripresentato, in aderenza alle indicazioni della Commissione Affari Costituzionali, il nuovo testo che si riferisce al sistema elettorale interno del Consiglio e che indica al 31 ottobre la data di presentazione del bilancio preventivo e al 30 aprile del conto consuntivo; pertanto, trattandosi di materia già esaminata come volontà politica, trattandosi solo di aggiustamenti in conformità alle osservazioni espresse dalla Commissione Affari Costituzionali, la I Commissione ha esaminato il nuovo testo, ha deciso di approvarlo all'unanimità e chiede che il Consiglio si adegui a tale impostazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, per coerenza di atteggiamento, mi corre l'obbligo di ripetere la dichiarazione di voto già resa in quest'aula il 12 novembre 1976, allorquando per la prima volta il Consiglio regionale fu chiamato ad affrontare la proposta di modifica dello Statuto. Richiamandomi a quella dichiarazione devo ripetere che in occasione della votazione sullo Statuto della Regione Piemonte, la Destra Nazionale aveva espresso un voto contrario. In questa circostanza e senza entrare nel merito delle proposte avanzate, per altro aggiungendo che non abbiamo nulla di particolarmente rilevante da fare osservare al proposito, noi ci asterremo in sede di votazione.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Trattandosi di modifiche di Statuto, ritengo opportuno leggere l'articolato.
Articolo 1 - "Il secondo comma dell'art. 44 dello Statuto della Regione Piemonte, approvato con legge 22 maggio 1971, n. 338, è sostituito dal seguente: 'La votazione sui singoli articoli e quella finale avvengono in forma palese. L'appello nominale deve essere sempre adottato per la votazione finale delle leggi ed ogniqualvolta sia richiesto da almeno 3 Consiglieri'".
Procediamo alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 37 hanno risposto SI n. 36 Consiglieri si è astenuto n. 1 Consigliere L'art. 1 è approvato.
Articolo 2 - "Il secondo comma dell'articolo 77 dello Statuto della Regione Piemonte è sostituito dal seguente: 'La Giunta presenta il bilancio preventivo entro il 31 ottobre e il conto consuntivo entro il 30 aprile dell'anno successivo all'esercizio cui si riferisce'".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 37 hanno risposto SI n. 36 Consiglieri si è astenuto n. 1 Consigliere L'art. 2 è approvato.
Si passi ora alla votazione dell'intero testo, composto da 2 articoli della proposta di modifica allo Statuto.
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti n. 38 hanno risposto SI n. 37 Consiglieri si è astenuto n. 1 Consigliere Le proposte di modifica allo Statuto sono approvate.



BELLOMO EMILIO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Formazione professionale

Legge 1 giugno 1975, n. 285, recante provvedimenti per l'occupazione giovanile. Esame programma annuale regionale per l'attività di formazione professionale


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Apro la discussione sul tema dell'occupazione giovanile per la quale ci sono due relazioni, una dell'Assessore Alasia e una dell'Assessore Fiorini.
La parola all'Assessore Alasia per la relazione introduttiva.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Signori Consiglieri, nel momento in cui ci accingiamo a definire gli interventi operativi per l'occupazione giovanile, abbiamo il dovere di verificare la coerenza degli atti che proponiamo con alcuni assunti di fondo che siamo andati affermando nei mesi trascorsi. I vari momenti di discussione qui e fuori mi dispensano dal ripetere le molteplici valutazioni e le molte motivazioni che abbiamo dato al problema, alla portata del provvedimento legislativo e ai suoi limiti. Credo invece che sia utile verificare se i criteri ispiratori di utilizzo della legge che siamo andati affermando in modo largamente unanime sono stati rispettati.
Nel settore dei servizi socialmente utili avevamo convenuto su alcuni orientamenti che posso rapidamente riassumere: limitare l'utilizzo della legge dovendo indirizzarla verso l'industria e volendola soprattutto utilizzare in una funzione meridionalista effettuare l'inserimento dei giovani in settori di attività dove si registrano carenze serie e dove l'intervento, almeno potenzialmente, ha un significato sociale e produttivo, bandendo cioè ogni atteggiamento assistenziale evitare squilibri territoriali con accentramento sui poli più forti e un utilizzo come Ente Regione in quanto istituzione, chiamando invece i Comprensori e i Comuni alla definizione dei progetti.
I Comprensori, investiti del problema nel mese di luglio con una circolare del Presidente della Regione, hanno svolto un lavoro lodevole di cui vi è stata l'ultima verifica mercoledì 28 settembre. Richiamo la vostra attenzione su questa data perché vi rendiate conto dei tempi strettissimi entro i quali si è operato e della mole di lavoro organizzativo e amministrativo che la legge ha comportato.
A scanso di equivoci e per sfatare critiche, che sono a mio giudizio inconsistenti, desidero sottolineare che abbiamo attribuito grande importanza allo sforzo fatto a livello locale in tutti i livelli periferici e che teniamo in largo conto quanto i Comprensori e Comuni ci dicono tuttavia abbiamo avvertito il pericolo, pericolo poi evitato dalle risultanze della riunione di mercoledì scorso con i Comprensori, di cadere nel localismo. Nei quaderni delle doglianze locali si progetterebbe tutto e si ipotizzerebbero tutte le cifre, togliendo (se così si realizzasse) al piano di iniziative ogni efficacia al nostro intervento. Non vi è nessun centralismo, ma nemmeno nessuna polverizzazione secondo le disposizioni del Governo contenute nella legge. Il Ministro Tina Anselmi, nelle disposizioni alle Commissioni interregionali, affermava: "...le Regioni formuleranno i relativi programmi in materia di servizi socialmente utili, sulla base di progetti predisposti d'intesa con i Comuni e con gli altri Enti istituzionalmente preposti, nel rispetto delle prospettive generali di sviluppo regionale", e soggiungeva: "le Regioni provvederanno ad accertare la rispondenza degli stessi progetti ai requisiti fissati dalla legge".
Quindi, ripeto, nessuna centralizzazione, ma nemmeno nessuna polverizzazione localistica dei nostri interventi.
Il progetto complessivo che la Giunta presenta questa mattina è articolato in progetti di settori e in campi di attività.
Non vorrei tediarvi con le cifre che però sono comunque indispensabili da parte mia. La Giunta presenta 19 progetti di impiego per 1537 posti nei servizi socialmente utili. Le segnalazioni che erano pervenute dai Comprensori assommavano 3267 giovani, di cui 500 da parte delle Amministrazioni provinciali e gli altri da parte di Comuni e Comprensori.
Ritengo che i Comprensori abbiano fatto bene a quantificare queste esigenze locali e credo che abbiano fatto accertamenti ottimali. Non mi spaventa affatto il divario esistente fra la possibilità immediata e queste previsioni. I progetti sono così distribuiti nei seguenti settori, e prego di considerare anche i settori merceologici e l'importanza che a ciascuno di essi abbiamo attribuito: 3 progetti in agricoltura per 510 giovani . 3 progetti in gestione e assetto del territorio per 197 giovani 2 progetti per i servizi socio-sanitari...



OBERTO Gianni

Siamo alle solite! Discutiamo su dati che non conosciamo!



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Consigliere Oberto, voglio solo ricordarle, perché già l'altra volta ha avanzato questo rilievo, che secondo me è del tutto gratuito...



OBERTO Gianni

Certo non è pagato, ma il mio rilievo è che dobbiamo essere informati.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Certamente, sono qui per questo, sono a sua disposizione per parlare fino a domani e andare nel dettaglio, se lo desidera, però questo richiede tre ore di tempo. Lei deve sapere, Consigliere Oberto, che questa legge è stata approvata l'11 giugno e non appena è stata pubblicata abbiamo portato la discussione in Consiglio. Lei congedandosi ci ha augurato, lo ricordo benissimo, di lavorare durante le ferie. Mi spiace fare questo rilievo del tutto personale, ma il sottoscritto i giorni 11, 12, 13, 14, 15 agosto, con altri funzionari della Regione era qui, perché dovevano essere stilate le graduatorie.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Una parte rilevante del lavoro di preparazione è stata affidata dal Consiglio, attraverso il suo Presidente, alla V Commissione. Credo che in questa occasione si debba anche fare un minimo di punto e dire un minimo di verità. Il punto e la verità sono questi: in Consiglio già altre volte si era riferito sull'argomento, le consultazioni della V Commissione erano aperte a tutti i Consiglieri, i quali sono intervenuti in piccola parte e questo rientra nell'organizzazione dei lavori dei singoli Consiglieri.
Nella Commissione che doveva esaminare le proposte della legge 285 vi erano rappresentanti del Gruppo della D.C. i quali, presumibilmente, non hanno informato gli altri Consiglieri dei lavori svolti. Suppongo che per rappresentanza delle forze politiche in Commissione si intende una semplificazione organizzativa delle presenze dei 60 Consiglieri.
L'Assessore sta ora illustrando la situazione. Mi pare che essendosi già ripetuto altre volte e ripetendosi anche per quanto riguarda la mia Commissione con una certa considerevole frequenza la necessità di rinvii di aggiornamenti, di riserve di giudizio, di necessità di ulteriori consultazioni e valutazioni in questa sede, chiedo formalmente che il Consiglio regionale in una seduta discuta dello stato dei lavori delle Commissioni, dei tempi di ritardo e delle modalità di funzionamento e chiedo che venga messo a verbale questa mia dichiarazione, perché non risulta nemmeno chiaro che cosa faccia la gente che ha il compito istituzionale di portare avanti dei progetti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Chiede di parlare il Consigliere Beltrami. Ne ha facoltà.



BELTRAMI Vittorio

Desidero semplicemente ridurre il problema alla sua effettiva portata che è quella sollecitata dal Consigliere Oberto, e cioè la richiesta, che mi pare un atto dovuto e sopportabile da chi ha funzioni di dirigenza del Consiglio e da chi rappresenta la Giunta, di distribuire a tutti il fascicoletto rassegnato soltanto ai Capigruppi. Il problema, ridotto all'osso, è questo.



RASCHIO Luciano

C'è anche la responsabilità dei Gruppi.



BELTRAMI Vittorio

Non esageriamo. Chiediamo soltanto che sia distribuito il documento. Se vogliamo farne una tragedia e uno scontro, andiamo fuori, visto che le presenze su questo piano, o le assenze, non sono solo nostre, ma sono di tutti.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE BELLOMO

Consiglieri, vi prego di non divagare perché stiamo perdendo tempo prezioso. Il dibattito è ormai in corso e la distribuzione del documento arriverebbe comunque troppo tardi per i successivi interventi, perch ritengo che il problema non si esaurisca questa mattina. Preghiamo l'Assessore Alasia di leggere adagio i suoi dati, perché tutti possano prenderne atto.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Ricordo ancora che ragioni non a noi attribuibili hanno reso difficile tutta l'elaborazione dei dati. Se i Consiglieri credono, scendo nel dettaglio di ogni progetto.
Rileggo i dati: agricoltura: 3 progetti per 510 giovani gestione e assetto del territorio: 3 progetti per 197 giovani servizi socio-sanitari: 2 progetti per 224 giovani istruzione e cultura: 3 progetti per 415 giovani programmazione: 1 progetto per 70 giovani trasporti: 2 progetti per 30 giovani turismo: 2 progetti per 51 giovani commercio: 3 progetti per 40 giovani.
Questa quantificazione è ritenuta ragionevole a fronte della prevedibile disponibilità finanziaria della Regione. Tutte le Regioni non conoscono ancora l'entità precisa dei contributi. Dalle valutazioni che sono state fatte possiamo ritenere che una prima tranche della quota destinata alle Regioni per il 1977 rispetto a progetti di dodici mesi (sono in grado di darvi tutte le previsioni finanziarie) si aggirerà sul miliardo e trecento milioni, sul miliardo e cinquecento milioni. Le ragioni di questa imprecisione sono dovute al fatto che il Governo evidentemente dovrà correlare il quadro di intervento con le varie segnalazioni.
Abbiamo voluto essere concreti e prudenti, e spero di esserlo stato non mettendoci nella corsa al rialzo.
Devo dare alcuni dati sulla distribuzione per Comprensorio avvertendo che essi sono determinati da molti fattori, c'è stato uno sforzo di equilibrio non facile. Abbiamo cercato di tenerli tutti presenti, non è sufficiente, per esempio, il criterio demografico (a Torino in questo caso spetterebbe più della metà della cifra disponibile mentre ha 1/3); non è sufficiente il fattore socio-economico, seppure importante, perché non terrebbe sempre conto di priorità settoriali (è noto che abbiamo posto l'accento sull'agricoltura) e di peculiarità locali dal punto di vista economico e dal punto di vista culturale, sociale e turistico.
Evidentemente non manderemo degli addetti ai musei in quei Comuni dove il museo non esiste. Ricordo questi aspetti solo per dimostrare la non facile quantificazione locale.
La quantificazione locale su 1537 ipotizzati è stata ripartita come segue: Torino 414; Ivrea 79; Pinerolo 83: per un totale nella provincia di 576.
Vercelli 55; Biella 87; Borgosesia 66: per un totale nella provincia di 208.
Novara 82; Verbania 102: per un totale nella provincia di 184.
Cuneo 119; Saluzzo-Savigliano-Fossano 89; Alba-Bra 64; Mondovì 59: per un totale nella provincia di 331.
Asti 68 Alessandria 122; Casale 48: per un totale nella provincia di 170.
Tenendo conto della composizione delle liste speciali e cercando di commisurare il tipo di proposte venute dalle strutture periferiche, i 1537 giovani in base al titolo di studio sarebbero così suddivisi: 362 laureati 834 diplomati; 341 della scuola dell'obbligo.
Se i Consiglieri lo richiedono posso entrare nei dettagli analitici di ognuno di questi progetti per Comprensorio e per settore. Non lo faccio per essere breve. Il quadro fornito credo sia sufficiente per dimostrare: 1) che c'è una proposta in settori importanti tutti previsti dalla legge 2) c'è una proposta che decentra e diffonde al massimo sull'area regionale l'impiego dei giovani 3) non c'è nessuna centralizzazione, bensì un coordinamento e un disegno d'insieme.
Il collega Fiorini, che ha partecipato all'incontro con il Governo riferirà sul progetto formazione-lavoro che del resto aveva già formato oggetto di una dettagliata esposizione in quest'aula, e che assieme a questo dobbiamo trasmettere al CIPE. Non spendo una parola su questo argomento anche se capisco che sarebbe interessante qui relazionare analiticamente sugli incontri avuti con gli industriali. In parte lo abbiamo fatto, ma ancora ieri è sopravvenuto un incontro importante con la Fiat. Per ciò che riguarda l'artigianato, il Governo nella riunione di lunedì ha accolto la nostra richiesta e la richiesta delle associazioni di estendere i benefici della legge alle imprese con meno di tre dipendenti.
Concludendo questa prima parziale tappa di un lavoro difficile e faticoso (mi scuso se prima ho fatto certi rilievi; non li ho fatti per attribuirmi dei meriti, bensì per sottolineare la complessità di questa vicenda), consentitemi di esprimere alcune considerazioni brevissime di ordine generale. La Giunta ha già avuto occasione di sottolineare in questa aula e nei due convegni che la formulazione della legge in sede nazionale è avvenuta con il vasto concorso di forze politiche sociali che l'hanno prima voluta e poi sostenuta nella forma attuale e credo che le forze politiche che hanno criticato la legge in sede nazionale, oggi abbiano tutto l'interesse che la legge sia applicata il più estesamente possibile soprattutto relativamente a quanto riguarda l'industria. Quest'atto unitario, di per sé responsabile in un momento di generale difficoltà e crisi, nulla toglie e nulla limita rispetto alle critiche parziali e generali che ognuno di noi ha mosso alla legge; né quest'atto unitario è di per sé automaticamente un impegno ad una gestione unitaria della legge in sede locale. Non è certamente questo. Tuttavia noi crediamo che le difficoltà reali che si incontreranno per farla applicare realmente, il fatto che vogliamo concepirla in una dinamica che ci veda via via impegnati a conquistare spezzoni, sia pure concreti, di occupazione, per cui ciò che non ci è dato di fare oggi si cerchi di perseguirlo domani, il fatto che incontreremo difficoltà non lievi ma anche il fatto - desidero sottolinearlo - che non siamo di fronte ad un blocco monolitico di opposizione pregiudiziale devono indurci a misurare responsabilmente anche gli atti formali che facciamo oggi in quest'aula.
Credo che un sostegno sia pure critico al progetto che la Giunta propone costituirebbe una base importante anche per il lavoro futuro, per superare quelle difficoltà che sono certamente prevedibili.
Ripeto ancora che in questa esperienza nuova per tutti noi stiamo cercando, e in parte l'abbiamo realizzato, il concorso di forze varie.
Gestiremo questa legge e le sue varie tappe non in un'ottica rinchiusa nella legge stessa, ma in legame intimo con tutti gli altri sviluppi socioeconomici che ci sono e con tutti gli altri strumenti che le pubbliche istituzioni si sono date; parlo della legge di riconversione (e il discorso avviato con la Olivetti per il settore elettronico) parlo della prevista Commissione regionale sulla mobilità prevista dalla legge e parlo anche (nessuno può mettersi in una campana di vetro e ignorare che mentre parliamo di occupazione giovanile, abbiamo anche la disoccupazione, i licenziamenti e le crisi) di quegli spazi informali che ci stiamo guadagnando sulle vertenze occupazionali nelle aziende in crisi. Per esempio, senza fare anticipazioni, per la Singer si pensa di arrivare a contrattare una forma di mobilità che ci impegna come Regione nel momento formativo.
La Giunta ha l'obbligo di ringraziare l'Ufficio regionale del lavoro compresi i suoi uffici periferici, per l' attività straordinaria prestata in condizioni non facili e in una stagione dedicata soprattutto alle vacanze. La Giunta desidera anche ringraziare i suoi funzionari che si sono dovuti misurare in questo caso con problemi e compiti nuovi, lo hanno fatto lodevolmente, con grande sensibilità e senza misurare impegno e tempo. La Giunta ringrazia in modo particolare il dott. Ponzetto e il prof. Vanelli che si sono impegnati in modo particolare in quest'attività. Sono a vostra completa disposizione come lo è il collega Fiorini per discutere fino in fondo anche i dettagli di un piano così complesso.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAGANELLI



PRESIDENTE

Ringrazio l'Assessore Alasia. Dò la parola all'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione e formazione professionale

Signori Consiglieri, riferirò brevemente sulla seconda parte del piano meno precisa e meno dettagliata, ma che dal punto di vista della riuscita ha la precedenza, interessando i settori primario e secondario dai quali in realtà dipende la possibilità di avvio dei giovani in un ruolo effettivo e produttivo, settori dai quali si potrà rilevare se si riuscirà ad uscire dalla situazione di crisi nei due o tre anni di gestione della legge, ed ottenere che i giovani che saranno occupati negli altri settori possano, al termine della loro esperienza lavorativa, essere direttamente impegnati in settori produttivi.
Purtroppo non dipende dalla Regione, dipende dalle imprese e dall'andamento della nostra economia che, com'é noto, è in parte nelle mani degli imprenditori. Voglio ripetere la frase, che ho più volte ripetuto, di un famoso economista che dice appunto che nel campo dell'economia quando tutti pensano che avvenga una cosa, questa cosa avviene. Il motivo è molto semplice: quando tutti pensano che le cose vanno bene, tutti investono e l'investimento genera reddito e possibilità di impiego. Uno degli elementi di fondo per convincere tutti in questo momento è dovuto non soltanto alla domanda momentanea, ma allo stato dell'economia in generale che in quest'ultimo anno è andato largamente migliorando se consideriamo il rallentamento dell'inflazione e il miglior andamento della bilancia dei pagamenti.
Il fatto che nella nostra Regione ci sia soltanto il 3,5% del totale degli iscritti nelle liste di collocamento, mentre vi è un peso occupazionale del 10%, indica che, almeno nella Regione Piemonte, qualcosa è possibile fare per i giovani. Lasciando queste considerazioni più generali, vorrei illustrare il piano che presenteremo al Ministero del lavoro e i criteri in base ai quali è stato redatto. Tali criteri sono basati su previsioni in assenza, se non per margini abbastanza limitati, di richieste specifiche da parte delle associazioni imprenditoriali, fatto certamente grave che non ci dice nulla su quanto avverrà, ma che comunque era in parte già scontato dalla legge. Essa, attraverso il criterio dell'automatismo dell'avviamento al lavoro, consente, alle imprese, fatti determinati piani di formazione, via via che se ne presentino le necessità di attingere gradualmente alle liste e concordare con la Regione i corsi professionali. Per questa esigenza abbiamo fatto delle previsioni in base ai dati che venivano da altre fonti, in particolare abbiamo tenuto conto delle previsioni fatte dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, il quale implicitamente, e poi esplicitamente nella riunione dell'altro giorno, aveva fatto una previsione di impiego e di avviamento al lavoro per i contratti a tempo indeterminato, per i contratti di formazione, per i contratti nel campo dell' agricoltura e dell'artigianato per circa 50 mila giovani. Per valutare la quantità dei corsi da approntare abbiamo assunto questo dato come minimo, abbiamo esaminato il trend degli avviamenti al lavoro dell'anno precedente e degli ultimi mesi, abbiamo esaminato il turn over, acquisendo anche dati delle organizzazioni industriali e infine abbiamo tenuto conto nei vari settori della situazione nel momento attuale. Tutto questo è detto nella relazione in modo più diffuso, quindi non mi soffermo ulteriormente, tanto più che verrà consegnata ai Consiglieri tra poco. Abbiamo comunque stimato che si potessero formare corsi nel campo dell'industria, dell'artigianato, del commercio, dell'agricoltura per 8000/8500 giovani. Tenendo conto dei parametri di costo previsti dal CIPE, possiamo formare dei corsi comprendenti un minimo di 12 e un massimo di 30 allievi; risulta che il potenziale messo in opera dalla Regione va da un minimo di 5700 a un massimo di 14.300 circa. I corsi che la Regione ha preparato sono 479. Si poneva inoltre il problema della distribuzione territoriale dei corsi e noi abbiamo ritenuto opportuno disaggregare i dati che avevamo, sia dal punto di vista merceologico, sia dal punto di vista quantitativo in rapporto all'elemento fondamentale che erano le iscrizioni nelle liste di collocamento. Era inutile ipotizzare corsi in esuberanza là ove non esistessero allievi, quindi, tenuto conto della distribuzione territoriale delle domande di iscrizione alle liste di collocamento, abbiamo operato una disaggregazione territoriale prendendo per base i dati disponibili per Comprensori, correggendoli ovviamente in rapporto alla composizione territoriale dell'occupazione.
Abbiamo operato in questo modo anche perché il Comprensorio è una dimensione nella quale è possibile collocare i corsi, per i motivi che dir dopo, nei distretti scolastici.
Per ciò che riguarda la suddivisione merceologica, abbiamo tenuto conto, in base ai dati comprensoriali, della distribuzione merceologica delle attività sul territorio. In questo modo abbiamo potuto ottenere il prospetto, a mani dei Consiglieri, che prevede un numero di 479 corsi divisi da una parte per Comprensorio e dall'altra per settori merceologici.
Questa suddivisione dà la possibilità alle imprese che lo vogliano di utilizzare i corsi. Poiché la legge dà la facoltà di utilizzare le sedi scolastiche, abbiamo scelto il distretto scolastico all'interno del quale siamo, grosso modo, sicuri di trovare una scuola superiore utilizzabile per questo compito, quindi pensiamo di utilizzare i centri di formazione professionale nostri e degli Enti, gli istituti tecnici professionali in primo luogo, in quanto dispongono di laboratori, gli istituti tecnici industriali e, eventualmente, le altre scuole superiori.
Per ciò che riguarda il funzionamento dei corsi, aspetto interessante anche per il futuro della formazione professionale, abbiamo ritenuto di distinguere la parte teorica dalla parte pratica, svolgendo prevalentemente la parte pratica dei corsi all'interno delle aziende attraverso convenzioni ed un rimborso del costo da parte dello Stato. Vi era poi il problema dell'inquadramento del giovane, sia al momento iniziale del rapporto di lavoro sia al momento finale. Data la varietà delle qualifiche abbiamo ritenuto di accorpare per fasce di competenza soprattutto la parte teorica facendo poi corsi formativi ad hoc in rapporto alle mansioni svolte per ottenere attraverso l'analisi delle varie qualifiche finali, una base minima per la contrattazione del livello finale di formazione dei giovani.
La legge aveva uno scopo fondamentale, quello congiunturale, di dare cioè occupazione ai giovani, ma anche di adeguare la qualifica dei giovani alle richieste del mercato. In effetti questo diventa possibile teoricamente per un diplomato che rinunci a far valere, come la maggior parte dei giovani ha fatto, il proprio titolo di studio, per ottenere una qualifica che lo renda idoneo ad un lavoro all'interno di un'officina, anche di tipo manuale.
Come più volte è stato detto sui giornali, sia da parte sindacale sia da parte datoriale esiste il problema della qualificazione. Abbiamo proposto alle aziende di continuare la preparazione per quei giovani che saranno assunti dalle imprese, impegnandoci con i pochi fondi che abbiamo a disposizione per la formazione ordinaria. E' evidente che questo andrà a beneficio delle aziende. Recentemente in Commissione abbiamo chiesto la collaborazione in questa direzione delle imprese, soprattutto delle più grandi, in modo che la formazione potesse adeguarsi e le imprese avessero oltre agli incentivi previsti dalla legge, un incentivo maggiore dell'assunzione non temporanea, ma definitiva La Regione in questo modo ha fatto fino in fondo il proprio dovere, cioè ha messo a disposizione i corsi di formazione. Starà alle aziende utilizzarli se lo vorranno. Abbiamo riscontrato una comprensibile prudenza delle imprese a pronunciarsi sul quantum e una disponibilità invece ad utilizzare questa legge sino in fondo a queste condizioni. Possiamo definirla una scommessa. Dato il potenziale eversivo che una situazione di inoccupazione simile può avere, riteniamo che questo sia l'unico modo possibile al momento attuale per realizzare livelli di occupazione che allentino la tensione e soprattutto che creino le premesse per un'occupazione stabile e per una ripresa della nostra economia che forse sta per uscire dalla crisi ma che potrebbe ripiombarvi se vi fossero dubbi eccessivi da parte degli industriali e se non ci fosse la loro collaborazione per andare avanti.



PRESIDENTE

Apriamo il dibattito sulle dichiarazioni degli Assessori. Il primo Consigliere iscritto a parlare è il Consigliere Ferrero, Presidente della V Commissione. Ne ha facoltà.



FERRERO Giovanni

La V Commissione ha dato l'avvio alle consultazioni che hanno avuto come tema i problemi dell'occupazione giovanile e più in particolare l'applicazione della legge 285.
Sono state ascoltate le associazioni dei datori di lavoro, in particolare la Federazione regionale degli industriali e l'Associazione regionale delle piccole aziende, le associazioni artigiane e le associazioni dei commercianti. A questa prima fase di incontri ne è seguita, senza soluzione di continuità, una seconda che ha avuto momenti di particolare rilievo negli incontri con l'Amministratore delegato della Ceat, con i Presidenti della Olivetti e della Fiat, che ha visto presenti per quanto riguarda le industrie pubbliche, la Sip nella persona del Direttore generale dell'area di Torino e i tre Istituti bancari maggiori del Piemonte, Cassa di Risparmio, Istituto San Paolo e Banca Popolare di Novara. Vi era anche una disponibilità di incontro con la Montedison, che è stata però rinviata per ragioni di organizzazione del calendario. Se è possibile che altre aziende, per il loro interesse specifico e puntuale possano essere ascoltate (vi è l'impegno di fissare un incontro con i rappresentanti della Montedison), vi è soprattutto una ragione di merito che emerge dal contenuto e dalle indicazioni delle consultazioni stesse.
Infatti la consultazione, che ha dato dei risultati positivi su molti punti, richiede al Consiglio un approfondimento e una valutazione ulteriore.
Cercando di riassumere, senza illustrare i verbali delle consultazioni quali sono in sintesi i dati positivi emersi? Per intanto, a partire dalle dichiarazioni contenute in un documento molto ampio e articolato (disponibile presso la Commissione per tutti i Consiglieri che ne facciano richiesta) del dott. Frignani, Presidente della Federazione regionale degli industriali, vi è stata una svolta di atteggiamento nei confronti della legge 285. Mentre dalle prime dichiarazioni a caldo, dopo la pubblicazione della legge, quando non si erano ancora approntate le liste né vi erano le indicazioni da parte delle Regioni, vi era stato da parte di alcuni settori industriali un atteggiamento ostile in via pregiudiziale, la dichiarazione del dott. Frignani, che ha dichiarato di parlare a nome di tutta la categoria e quindi anche delle Unioni provinciali, è stata invece di disponibilità. Questa disponibilità parte ovviamente dalla valutazione comune alla Commissione, alle aziende e agli Enti incontrati, secondo la quale il problema dell'occupazione giovanile è grave non solo per i riflessi economici e sociali, ma per i riflessi e le ripercussioni politiche.
In modo più specifico la Federazione regionale degli industriali e i Presidenti della Fiat e della Ceat hanno indicato la possibilità di aggancio con la formazione-lavoro e quindi con i corsi pilota illustrati dalla Giunta e di una migliore e più precisa quantificazione del fabbisogno occupazionale del settore industriale che dovrebbe essere conclusa entro la fine del mese di ottobre attraverso inchieste campione nei diversi settori e nelle diverse aree territoriali della Regione.
Come fatto nuovo e positivo che si riflette anche nella lettura e nell'interpretazione delle consultazioni, vi è stato l'incontro avvenuto in sede nazionale che, modificando nell'applicazione e nella lettera la legge 285, recepisce le indicazioni a noi pervenute soprattutto da parte degli artigiani e quindi rende possibile considerare impegnative ed operanti le richieste di manodopera giovanile che da questo settore erano venute.
Questo è l'unico caso di quantificazione pervenuto, anche se molto sommaria e limitata, ma comunque interessante.
Vi è stata anche la disponibilità degli istituti di credito a contribuire, per quanto di loro diretto interesse, ai corsi di formazione lavoro e a estendere questo tipo di contributo al di là dei loro fabbisogni interni ed immediati per quelle figure professionali utili alle banche, ma anche utili ad altri settori vitali dell'economia, come l'import-export. In modo molto esplicito, da parte dell'Istituto Bancario San Paolo, vi è stata la disponibilità, con sfumature diverse da parte degli altri istituti di credito, ad impegnarsi al di là del settore di stretto interesse per l'assunzione di progetti di formazione che avessero un carattere di interesse sociale e industriale. Comunque si tratta di precisare e quantificare ulteriormente.
Questa prima fase di incontri non è conclusa, perché non si è arrivati né alla quantificazione dei fabbisogni dal punto di vista numerico n all'individuazione di precise scale di priorità per orientare i corsi e l'attività dell'Ente pubblico. C'è stata la disponibilità a un lavoro stretto e comune tra gli Enti locali, la Regione e quindi i Comitati comprensoriali, e le strutture private. I modi e le forme dovranno essere studiati sulla base del dibattito e delle decisioni del Consiglio. Questo rende comunque necessario prevedere per il Consiglio, nelle forme e nei modi che riterrà opportuni, ulteriori approfondimenti, il recepimento delle ulteriori informazioni e quindi il contributo e l'orientamento nella fase di progettazione più operativa.
Non mi pare di dover dire altro circa l'illustrazione dei verbali di consultazione, sia perché un numero considerevole di Consiglieri era presente, sia perché le sfumature e i problemi specifici possono essere meglio valutati in fase di lavoro e non in fase di dibattito generale.
Vorrei soltanto aggiungere due ordini di considerazioni. Il primo ordine di considerazioni parte da un dato accettato: vi sono 26 mila iscritti nelle liste speciali; il turn over industriale è stimato attorno alle 50 mila persone, anche se alcuni industriali hanno preferito non parlare esplicitamente di turn over per non affermare la costante del numero degli occupati, e per lasciarsi margini di manovra.
Da questi dati sembra emergere, per giudizio comune, che in Piemonte il problema si presenta acuto e interessante più dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Non si tratta solo del numero delle persone anche se a queste vanno sommati quanti non hanno fatto domanda, quanti sono in attesa di lavoro, quanti sono iscritti nelle liste ordinarie, ma emerge un dato di qualità che sembra individuarsi nella non corrispondenza dell'offerta con la domanda di lavoro.
Credo che non possiamo sfuggire dal dare una risposta politica.
Innanzitutto, quali sono le categorie che oggi sono senza lavoro? Si dice siano diplomati e laureati soprattutto. Ebbene, l'affermazione della necessità di forza lavoro non disponibile nulla toglie alla drammaticità politica, sociale e culturale, di un problema che comunque esiste, che non ammette soluzioni semplicistiche e che è anche connesso in qualche misura alle caratteristiche positive di sviluppo della nostra Regione. Questo è un problema più generale ma che, nell'applicazione della legge 285, va tenuto in conto. Non penso si possa rispondere a diplomati e laureati che non riescono a trovare lavoro con l'individuazione di altri canali, di altre offerte ipotetiche, mentre la loro domanda è concreta e reale.
Il secondo problema è il dibattito più generale sulla formazione professionale, su ciò che deve essere, su quali debbono essere le figure professionali formate da questa struttura che non può essere sostitutiva della scuola ordinaria dello Stato, dei livelli ordinari di formazione anche culturali. In sostanza, se emergono dati confortanti nelle liste speciali e nelle liste ordinarie di collocamento, in quanto non risultano iscritte persone uscite dalla formazione professionale nel settore dell'industria, è anche vero che la richiesta di formazione professionale va da figure sufficientemente generiche e di qualificazione sommaria a figure di estrema qualificazione che difficilmente possono attagliarsi a corsi di carattere breve, così come la legge 285 e in generale una logica di formazione professionale sembra dover prevedere. Vi è anche il problema di come, in concreto, gli Enti pubblici e le strutture private tra di loro si ripartiscono i compiti e gli oneri in materia di formazione professionale, e di quanta parte della formazione professionale debba avere quella sufficiente generalità che permetta di considerarla pubblica funzione, di quanta parte debba essere finalizzata invece ai fabbisogni delle singole aziende. Infine penso non ci debba sfuggire un'affermazione che è stata anche esplicitamente effettuata dall'avv. Agnelli, cioè che se sviluppo industriale vi può essere, se condizioni generali dell'economia dell'occidente capitalistico, e in particolare del nostro Paese, permettono un rilancio dell'attività, questo avverrà all'interno della Valle padana.
Quindi, toccherebbe agli Enti pubblici predisporre le infrastrutture per garantire delle condizioni diverse da quelle del recente passato alle persone che, attratte da questo rilancio, emigreranno. Penso che le affermazioni hanno il carattere tipico delle parole; le sfumature, le letture eccessive possono sempre risultare indebite e improprie, comunque strumentali. Certo è che da queste affermazioni, presenti in parte delle consultazioni, pare emergere un ruolo dell'occupazione giovanile non di innovazione rispetto agli schemi tradizionali, ma di continuità di schemi procedure e modalità più caratterizzanti e più tipiche del nostro recente e remoto passato.
In sostanza, il quesito che vorrei sottoporre al Consiglio è se e in quale misura una legge eccezionale, primo contributo dello Stato sui problemi dell'occupazione giovanile, non richieda una risposta coraggiosa sui temi dell'occupazione giovanile, una risposta che utilizzi questa forza vitale, queste disponibilità per un rinnovato tipo di utilizzo e non per una contrattazione solamente numerica sulla base degli indirizzi passati.
Se sono positive le diverse voci espresse nella consultazione, che preferivano limitarsi o meglio incentrarsi su discorsi di contenuti, di priorità, di programmazione piuttosto che su offerte numeriche di posti di lavoro, e se quindi è positivo che si sia sfuggiti a una logica puramente quantitativa, la conseguenza che ne deve derivare è che anche agli effetti sull'economia dell'occupazione giovanile non possono essere valutati e considerati soltanto in centinaia o in decine o in unità, ma devono anche essere considerati nel rapporto che questo fenomeno nuovo, la nuova legge dello Stato, introducono all'interno delle scelte industriali. Il punto di partenza fondamentale è perciò quello della formazione professionale, dei corsi formazione-lavoro, sui quali vi è la disponibilità da parte di molti Enti consultati.
Il secondo ordine di problemi è che nella consultazione i Consiglieri e i membri della Giunta intervenuti hanno teso a focalizzare il nostro interesse sul problema specifico dell'occupazione giovanile resistendo anche alla tentazione, che pure poteva essere forte, di affrontare temi generali di politica industriale, di rapporto tra Enti pubblici, industria artigianato e categorie economiche. Questo ha favorito la concretezza delle consultazioni e ha permesso di formulare impegni per rapporti ulteriori.
Certo è che dal versante più generale della politica industriale risultano momenti di incertezza o comunque di contraddizione, almeno apparente, che vanno pur sempre considerate. Mi si permetta di citare un solo esempio.
Abbiamo avuto un incontro con la Sip la quale ci ha illustrato che non è tanto in termini aziendali che può essere vista l'occupazione del settore telefonico. Esso ha un indotto ampio e qualificato: gli investimenti che il settore telefonico compie, al di là del servizio sociale, hanno effetti industriali non tanto in occupazione di addetti dell'Ente che promuove gli investimenti, ma di addetti dei settori ad esso concatenati.
L'Amministratore delegato della Ceat ci diceva che la vendita di cavi telefonici è calata del 21% nell'anno passato, quindi offriva un dato meno confortante. Si tratterebbe probabilmente di compiere, anche in occasione dell'individuazione dei profili professionali, analisi più precise per stabilire quali siano gli effetti degli investimenti indotti, in sostanza quali settori siano interessati e in quali aree territoriali si localizzino.
Avanziamo, a titolo di provocazione, un'ipotesi: se la maggioranza degli investimenti della Sip si concentra su sistemi automatici di commutazione e traffico telefonico e non nell'estensione delle linee telefoniche, se quindi il settore dell'elettronica applicata è quello che maggiormente vede l'interesse della Sip e non invece settori più tradizionali, come quelli dei cavi telefonici, si tratterebbe anche di valutare quanta occupazione indotta sia "operaia" e quanta sia "intellettuale". Si metterebbe cioè in discussione il valore assoluto dell'affermazione di principio secondo cui eccedono i diplomati e i laureati e sono carenti gli operai di mestiere. E si tratta anche di valutare se questi tipi di investimenti producono occupazione nel nostro Paese o se ne producono in altri.
Nel momento in cui, con accordo sostanziale di intenti e con accordo sostanziale di strumenti e di metodologie ci si muove su una strada concreta e con urgenza, si deve avere presente che lo scenario in cui si opera oggi, può anche modificarsi con riflessi nell'immediato domani.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Rossotto per l'ulteriore svolgimento dei lavori e perché non ci siano delle proteste sul fatto che non affrontiamo in mattinata la legge urbanistica, informo il Consiglio che vi sono ancora otto iscritti a parlare sull'argomento, che deve ancora intervenire un accordo tra i Capigruppo per la conclusione del dibattito (vi sono dei progetti, ma non una deliberazione o un documento su cui il Consiglio regionale possa esprimersi), e quindi i lavori saranno rinviati al pomeriggio.
Ha la parola il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

In occasione del precedente dibattito sull'applicazione della legge n.
285, da parte mia si era sollecitata la necessità di scavare, nelle intenzioni del mondo imprenditoriale, quali fossero le disponibilità concrete. Non abbiamo ancora sentito il mondo sindacale, penso però che l'attività della Commissione proseguirà non soltanto per quanto già programmato, ma anche per ulteriori incontri.
Sono emersi apprezzamenti e disponibilità sui documenti e sulle linee di azione che la Giunta ha esposto e le verifiche ai tempi che le organizzazioni industriali, segnatamente la Federazione regionale, hanno quantificato; è anche significativo che tutte le grandi imprese operanti nel tessuto regionale abbiano fatto riferimento alla posizione di apertura della Federazione regionale degli imprenditori nel quadro e nei limiti della stessa impostazione, con riguardo e riferimento anche a quell'interessante indicazione di disponibilità di individuare progetti speciali o pilota per una nuova struttura nel settore della formazione professionale. E' stato giustamente osservato dal collega Ferrero come a seguito delle consultazioni la situazione nella Regione Piemonte non assuma quei caratteri di drammaticità quantitativa che altre Regioni conoscono e come il problema della disoccupazione giovanile assume nella sua impostazione generale nazionale, superando anche altri gravi problemi nazionali. Questa carenza di drammaticità e la necessità invece di operare in modo concreto dovrebbe facilitare una maggiore razionalizzazione nei tipi di intervento che andiamo ad affrontare, al di fuori dei progetti per interventi socialmente utili di cui ci ha parlato l'Assessore Alasia, su cui vi è piena disponibilità proprio perché viene centrata l'esigenza di miglioramento di tutto un sistema di informazioni o di servizi che sono in fase di attivazione e quindi uno sfruttamento della legge n. 285 in un quadro di utilità dei problemi che ci sono posti. Penso che proprio questa carenza di drammaticità in un quadro invece di drammaticità nazionale impone di evitare gli squilibri fra nord e sud.
Proprio nella consultazione di ieri si è parlato di una soluzione attraverso il normale modo di espansione dell'area del nord, la Padania forte, che può risolvere i problemi del sud attraverso un nuovo processo di immigrazione nell'interno della Regione, purché non si premi il capoluogo torinese, l'area metropolitana torinese che con le sue economie di scala può continuamente facilitare i piccoli e medi inserimenti e che lo squilibrio tra settori produttivi e assistenziali, già così notevole nel Paese, non debba essere accentuato da una applicazione errata e non meditata dalle disponibilità che oggi esistono; nell'interno del sistema produttivo, ciò che è produttivo di beni e di servizi, che a livello di regione ha gravi contraddizioni, ma che gode nel contesto nazionale di una situazione di privilegio e di maggior benessere, può essere soltanto volto ad un fine di razionalizzazione e di recupero di carenze esistenti e sarebbe prettamente illusorio pensare che tutto ciò possa proseguire come avvio di un qualche cosa che poi definitivamente viene chiuso in termini positivi senza che ci si renda conto di quelle che sono le leggi economiche. Ieri, con estrema chiarezza, il Presidente della Fiat ha sottolineato che i flussi di immigrazione saranno costanti, che lo sviluppo proseguirà con le linee degli anni 50/60 e che la nostra attenzione deve essere rivolta a creare condizioni sociali diverse per coloro che arriveranno. Questa è indubbiamente una verità ed è ulteriormente apprezzabile coglierla in termini politici, come l'ha colta il Presidente della Commissione Ferrero e vedere quanto è ineluttabile e quanto invece in una corretta attuazione delle linee di programmazione che ci siamo dati nel mese di luglio di quest'anno a seguito di un lungo dibattito, è possibile modificare; quindi, non soltanto una qualificazione in funzione del nostro apparato produttivo, ma anche una valutazione del modo in cui questo apparato produttivo può espandersi senza riprodurre continuamente e automaticamente quei processi negativi che tutti conosciamo, che potrebbero essere connaturati e che potremmo al massimo limitare in misura percentuale.
Se oggi da una parte si pongono questi problemi, cioè, se vi è una possibilità di innesco di processi di immigrazione, ricuperate e riqualificate le disponibilità di lavoro, di offerta di lavoro che la nostra Regione evidenzia, e voglio sottolineare in maniera non drammatica soltanto con riferimento al normale ricambio evolutivo dei cicli produttivi, dall'altra parte sappiamo di trovarci in una fase di stallo del settore produttivo ed economico, non siamo cioè in una fase di crisi, ma siamo in una fase in cui può precipitare, può avviarsi una fase di crisi ma si potrebbero trovare anche delle soluzioni in termini positivi.
Le dichiarazioni del Ministro Stammati, dopo l'incontro per il Fondo monetario internazionale, evidenziano l'azione del Governo che tende a ridare dinamica a tutto l'apparato produttivo. Da una parte vi è l'impegno nostro di evitare un'accentuazione automatica degli squilibri nord-sud dall'altra vi è la chiara e precisa evidenziazione del mondo imprenditoriale che, stante queste situazioni, determinerà automaticamente un assorbimento di manodopera: non so dove e come sarà qualificata. Noi qualificheremo la nostra, che arriverà a livelli non di qualificazione per un mancato rapporto che potrebbe sussistere tra la nostra realtà socio economica politica e altre realtà che sappiamo in quale misura drammatica esistono nel Paese.
Non si tratta soltanto di una ricerca, ovunque sia, di un posto di lavoro qualsiasi per una qualsiasi sistemazione: questo in fase di stallo prevedendo anche una fase evolutiva e di espansione, vorrebbe dire lasciare la via aperta ad uno sviluppo economico spontaneo, quindi tutti i mezzi pubblici e tutto il nostro impegno messo a disposizione soltanto di quei fattori negativi che non vogliamo assolutamente che si ripropongano. Se poi, nonostante la nostra buona volontà che si può tradurre anche in fatti ciò avverrà ancora, vuol dire che in ogni caso saremmo riusciti per la prima volta ad avviare almeno un processo di arresto, un tentativo di modificazione di ciò che lo spontaneismo determina. Nella fase di verifica delle disponibilità del mondo imprenditoriale, che abbiamo avuto sia da parte dell'Associazione industriali e sia da parte delle singole imprese ritengo si possa andare a compiere, in funzione delle linee di programmazione che ci siamo dati e che prevedevano una riqualificazione non un ampliamento quantitativo dei livelli occupazionali al nord, un esame rigoroso dei "no" che possiamo rispondere alle richieste di riforma di lavoro, e che devono essere anche un modo per rendere possibile il trasferimento di attività produttive dal nord al sud o al sorgere di nuove attività produttive nel contesto territoriale. Mi pare estremamente importante che non si perdano mai di vista le linee e le indicazioni programmatiche che ci siamo date, sia per un rapporto sempre più corretto ed incisivo con la realtà sociale, economica e produttiva della nostra Regione, sia per un recupero della dialettica necessaria, presupposto di ogni sviluppo che non cade dall'alto ma che sorge spontaneo nella realtà sociale con la responsabilità dell'alto, e con l'indicazione di un rapporto corretto con le forze sindacali. L'Assessore Alasia diceva che esistono ancora problemi occupazionali in senso negativo per settori in crisi. In funzione della legge di riconversione industriale, quando avrà ottenuto il placet della Comunità Europea, noi dovremo operare anche nei singoli settori per vedere quali sono le industrie che devono poter progredire la loro attività e avere la loro evoluzione naturale, qualificante, nella nostra realtà regionale e quali, nella realtà regionale piemontese, non hanno più spazio e quindi devono essere rilocalizzate altrove. Questo vuol dire un corretto rapporto, che abbiamo stabilito con il mondo imprenditoriale, e anche con il mondo sindacale, sapendo che si gioca su situazioni e su casi personali sui quali non si può giocare assolutamente in mobilità di occupazione e non occupazione per un certo lasso di tempo.
Il problema del Mezzogiorno non potrà essere risolto attraverso un'espansione di posti di lavoro al nord, ma attraverso uno studio e una verifica dei nostri strumenti (e questo è uno), con l'accordo con le forze produttive, le forze sindacali, perché questo processo non abbia lo spontaneismo e l'ineluttabilità che il passaggio da una fase di stallo a una fase di ripresa potrebbe automaticamente determinare.
Se riuscissimo a ridurre questo tipo di processo spontaneo, per la prima volta avremmo un inizio di risultati concreti da una politica di programmazione che ha saputo trovare in tutti gli strumenti economici che la collettività nazionale può mettere a disposizione dei singoli operatori pubblici e privati, il momento per la realizzazione delle modifiche strutturali del nostro Paese.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto ringrazio gli Assessori Alasia e Fiorini per le loro relazioni: effettivamente hanno svolto un lavoro molto importante. Non è detto, però, con questo che io possa condividerne i risultati. In questi ultimi mesi abbiamo avuto quasi giornalmente riunioni, convegni per la preparazione di questo piano e per poter fare qualcosa in attuazione della legge 25. In relazione ai corsi professionali, faccio la formale richiesta di una discussione in Consiglio regionale sul loro funzionamento, sul modo con cui vengono formati e su ci che vogliono ottenere. Da venti anni circa faccio parte di Amministrazione pubbliche e da venti anni denuncio la quasi completa inutilità dei corsi professionali. Quando facevo parte del Consiglio comunale di Torino i corsi professionali erano sempre affidati ad avvocati o a gente che non conosceva nulla delle aziende (chiedo scusa agli avvocati). Io e il povero Quarello che eravamo gli unici a sapere cos'era un corso professionale, non abbiamo mai partecipato a una Commissione perché si temeva che scoprissimo come andavano le cose. Dai corsi professionali dipende l'avvenire dei molti ragazzi di cui oggi ci stiamo preoccupando. La mia richiesta è formale perché ognuno deve portare il proprio apporto per potere condividere, se possibile, l'operato della Giunta. Se la Giunta opera bene saremo lieti di riconoscerlo, se la Giunta invece fa delle cose malfatte, lo dir apertamente, com'è mia abitudine. Passando ad esprimere il mio giudizio sulla legge, dirò che di leggi in Italia se ne fanno molte (qualcuno in aula ha già ricordato le famose grida manzoniane di buona memoria), ma quando le leggi non servono a niente, o servono a poco, abbiamo il diritto di dirlo al Governo. Una parte della legge non è applicabile o la gente non la vuole applicare. La controparte, commercianti, artigiani e industriali quando è stata intervistata ha dichiarato che la legge va benissimo, per si è rifiutata di quantificare i contributi e non ha dato quella collaborazione che speravamo. Dirò il motivo della mancata collaborazione: le leggi, per essere applicate, devono essere fatte in modo che la gente possa applicarle. Non è sufficiente fare le leggi a tavolino, non si crea il lavoro per decreto legge (in trenta anni di vita repubblicana altri l'avrebbero già fatto). La legge in questione parte da uno spunto nobile che noi accettiamo, ma è il modo in cui è stata impostata che non dà grossi risultati: i risultati li abbiamo da parte degli Enti pubblici, Stato Province, Regioni, che stanno facendo qualcosa di pratico e di utile. Poter dire che diamo lavoro a 1507 persone è una cosa ottima, però si deve esaminare più ampiamente la questione. Un aspetto positivo della legge è dato dal censimento delle forze giovanili disoccupate, perché in realtà in Italia, almeno in molte zone, non si conosceva la portata della disoccupazione giovanile. Questo è l'unico dato che per il momento possiamo accettare e che è necessario per stabilire quali provvedimenti si dovranno prendere in seguito. Vorrei però fare una prima considerazione. Per poter mantenere 34.000 posti di lavoro all'ex EGAM si sono richiesti 1700 miliardi; per avviare al lavoro 650 mila giovani si sono stanziati 1.000 miliardi. E' possibile non vedere immediatamente questo squilibrio? Come è possibile pensare ad avviare dei giovani al lavoro seriamente effettivamente con uno stanziamento così misero? Qualcosa non funziona: o l'EGAM brucia i soldi illegalmente, o i fondi destinati per questa legge sono insufficienti.
Una seconda considerazione riguarda la divisione dei giovani disoccupati: circa 400 mila giovani sono nel Sud, 125 mila nel centro Italia e 125 mila nel nord Italia. L'Italia meridionale, nonostante che la legge sia più favorevole al sud, mancando l'industria e l'attrezzatura commerciale e disponendo di un artigianato poco florido, non potrà avviare al lavoro un gran numero di giovani. La legge avrà nel Sud una influenza minima e questo è molto grave perché la parte più debole del nostro apparato economico non riceve quell'impulso che era desiderabile.
Per quanto si riferisce al Piemonte, gli ultimi dati ci dicono che i giovani iscritti alle liste speciali sono circa 26 mila. Si può fare una seconda osservazione, che il collega Ferrero ha evidenziato: dal 1° gennaio al 31 luglio sono stati avviati al lavoro dall'Ufficio provinciale del lavoro circa 90 mila persone, di cui circa 40 mila a tempo indeterminato ma si sono fatti in Piemonte 50 mila posti di lavoro per il turn over; è da pensare che il turn over in Piemonte riguardi circa 45 mila persone all'anno, di questi 20 mila appartengono alle categorie giovanili. La nostra situazione è grave, ma non è gravissima, perciò la nostra attenzione deve essere rivolta più al sud che al nord, dove in qualche maniera ne usciremo. La preoccupazione effettiva è per quelle zone italiane dove l'industria è molto debole e dove le possibilità di sistemazione sono veramente poche. L'industria piemontese era un crescendo; da giugno a oggi l'industria piemontese, come tutte le industrie italiane, sta ristagnando: ecco le difficoltà effettive in un momento di crisi. L'industriale che ha coscienza, anche se in cuor suo capisce tutte queste cose, non assume per 32 mila lire al mese un operaio, quando è noto che per creare un posto di lavoro occorrono dai 10 ai 20 milioni . Sarebbe stato più produttivo dare quei contributi sotto un'altra forma: altre cose chiede l'industria e ve l'ha detto in faccia. Ho assistito a titolo personale ad una riunione ed ho sentito dire cose che anch'io avrei detto, perché c'è un modo di pensare comune per chi gestisce l'industria. Anzi due sono i modi di pensare: uno è quello delle industrie di Stato che sono fallimentari, l'altro è quello dell'industria che è consapevole di queste cose, che brucia le sue energie cercando di stare in piedi. Io appartengo alla seconda categoria.
Oltretutto la legge non tiene sufficientemente conto del fenomeno della disoccupazione femminile. A Torino su 90 mila persone collocate dal 1 gennaio al 30 luglio 18 mila sono donne, questo vuol dire che, malgrado si parli tanto di parità di diritti, la grande maggioranza delle donne stenta più degli uomini a trovare una occupazione.
E' risultato purtroppo che in Piemonte molti posti non sono ricopribili per mancanza di specializzazione: lo abbiamo sempre saputo. I corsi professionali che andremo a costituire dovranno coprire questo vuoto, ma non si può pensare di creare uno specializzato in un anno. Corriamo il rischio di fare delle persone che non saranno né carne né pesce, e le aziende dovranno assumere questi giovani e rifinirli, perché sappiamo che ogni azienda ha il suo modo di lavorare, le sue macchine particolari.
Occorre una forte collaborazione tra le aziende e i corsi professionali. Il fatto che le industrie abbiano battuto il passo su questo mentre Regione Comuni, Province, Comprensori e Enti di Stato sono disposti ad assumere dei disoccupati, deve farci riflettere. Lo Stato ha 270 mila dipendenti in soprannumero e se andiamo a caricarlo di altro personale, anche se con gli scopi più nobili di questo mondo, manderemo a fondo definitivamente l'Amministrazione pubblica. Soltanto nel campo dell'assistenza mutualistica che ormai ha perso le proprie funzioni, ci sono 70 mila persone da sistemare. Occorre valutare a fondo il quadro generale perché sarebbe ancora più colpevole illudere dei giovani con la sistemazione e dopo un anno costringerli a stare a casa. Vorrei ora toccare un tasto che negli incontri con gli imprenditori è stato uno dei più dibattuti. Le aziende chiedono di togliere la norma secondo la quale lavoratori qualsiasi vengono assegnati alle aziende.
Che differenza c'è fra un'azienda che ha tre dipendenti e una che ne ha quattro? Chiunque avrebbe fatto diversamente, stabilendo categorie di aziende in base al numero dei dipendenti. In un'azienda di 40/50 dipendenti ogni persona assunta deve avere determinate caratteristiche: se un lavoratore deve manovrare delle leve dovrà almeno sapere cos'è la corrente elettrica.
Gli imprenditori chiedono queste cose non per sadismo di licenziare o non assumere, ma perché la piccola e media industria ha le sue esigenze e sotto queste minacce, piuttosto di assumere in questo modo impegna il dipendente nel lavoro straordinario.
Esiste poi un'altra questione, gia accennata da qualcuno, del mantenimento o meno del posto di lavoro delle persone assunte, perché se non sono efficienti e debbono essere licenziate si creano delle situazioni a carattere sindacale complesse e difficilmente superabili.
Ho fatto soltanto delle osservazioni generali, ma vorrei anche fare delle proposte che potrebbero essere prese in considerazione. Specialmente nelle città ci sono situazioni di doppio lavoro per molte persone che, dopo i turni, svolgono un altro lavoro presso altre aziende, oppure si prestano a svolgere lavoro in qualità dì decoratori, idraulici, elettricisti. E' un fenomeno che ovviamente toglie possibilità di lavoro a molti giovani e che va represso, anche perché le aziende che usano questi sistemi sono esenti dal pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali. Sono situazioni che devono essere colpite, se si vogliono reperire altri posti di lavoro.
C'è poi la questione dei falsi pensionati. Molta gente va in pensione a 50 anni con 500/600 mila lire al mese (un amico mio c'è andato a 42 anni) e trovano un'occupazione in qualità di collaboratori, istruttori e consulenti finanziari. Nei casi di pensioni basse, attorno alle 100 mila lire, sono d'accordo, ma nei casi di alte pensioni, il discorso è ben diverso.
Qualcosa va detto anche a proposito del lavoro nero. Molte industrie danno del lavoro a casa (sappiamo che cosa capita a Settimo). Se riuscissimo a regolamentare in modo serio tutte queste situazioni, molte aziende che sfruttano ragazzi e donne sarebbero costrette ad assumere.
La situazione degli artigiani che in Piemonte ha un peso rilevante, non è sufficientemente rassicurante. La bottega artigiana va considerata come una scuola professionale e deve avere degli incentivi tali che l'artigiano sia invogliato ad assumere un apprendista.
Nella legge della Regione Veneto al maestro artigiano viene corrisposto un contributo di 500/600 mila lire all'anno. E' chiaro che in quel caso l'artigiano è invogliato a prendere alle dipendenze qualche giovane.
Occorre dare degli aiuti diversi a questa grossa forza, che potrebbe essere determinante, perché si tratta di una forza che lavora, che ha molte possibilità di sviluppo, ma che con una legge fatta in questo modo non vede alcuna via di uscita. Si deve dare alle aziende tranquillità, perché non si può pensare che con tutti i conflitti aziendali già esistenti gli industriali siano invogliati ad assumere nuovi dipendenti. Spesso su una pagina del giornale leggiamo che i giovani debbono trovare lavoro, mentre sull'altra leggiamo che c'è un corteo di protesta per qualche motivo.
Credete che il mondo del lavoro sia talmente duro da non risentire di queste situazioni? Credete che un imprenditore possa portarsi in casa della gente che poi intende scioperare? Non ci pensa nemmeno.



CARAZZONI Nino

Lei in quest'aula parla sempre da imprenditore e sta dicendo le cose che devo dire io.



BENZI Germano

Mi spiace. Se lo avessi saputo lasciavo parlare lei per primo. In Inghilterra c'è stata una tregua sindacale e oggi vediamo che quel paese si sta risollevando. Sarebbe opportuna anche da noi una tregua per almeno due anni di tutti i vari conflitti e questa legge potrebbe dare grossi risultati.
Concludo il mio intervento, rispondendo a quanto ha detto l'Assessore Alasia. E' stato fatto un lavoro a tavolino, si è consultata della gente che ha detto la sua opinione; strada facendo, se constateremo dei difetti vi ovvieremo, se avremo qualche trovata intelligente, l'adotteremo. In questo momento, senza stare a vedere se il Comprensorio ha avuto di più o di meno, è interessante da parte degli Enti pubblici questa partenza. La nostra vera preoccupazione sarà per il dopo, trascorso l'anno. Immaginiamo un giovane che va a fare il rilevatore del catasto o che viene assegnato a un museo; dopo un anno non avrà imparato nulla e sarà ancora disorientato.
Potrà, per esempio, conoscere la storia dei nostri pittori e andare a finire nelle tramvie. Non è sufficiente dare un posto di lavoro per un anno, ma si deve dare un lavoro che permetta l'inserimento effettivo in un ciclo produttivo. Se fra un anno la situazione non sarà migliorata ci saranno altri disoccupati, altri giovani non saranno assorbiti.
Mancano i tecnici, quando i giovani avranno svolto la parte teorica dovranno iniziare la parte pratica. Quale pratica? Abbiamo 12 tipi di corsi di apprendistato. Come andranno a finire? E' una domanda che pongo e per la quale aspetto una risposta.
Le piccole e le medie industrie, durante la consultazione hanno richiesto la preparazione di giovani da impiegare in aziende minori. La ritengo una buona richiesta, perché le aziende minori in Piemonte sono 7/8 mila e tale preparazione sarebbe adeguata per laureati e diplomati. Occorre approfondire anche questo aspetto, perché se riuscissimo a fare qualcosa anche in questa direzione, qualcuno potrebbe avere la strada segnata, cioè un posto dignitoso e corrispondente al titolo di studio.
Il Gruppo socialdemocratico pone la riserva di controllare l'andamento dell'attuazione della legge: anche la contabilità aziendale sulla carta quadra sempre, quando poi arriva un'ispezione non quadra più.
Diamo senz'altro il nostro consenso a questa partenza che riteniamo giusta: ma ne verificheremo gli effettivi frutti.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

A nome del Gruppo repubblicano ringrazio gli Assessorati che hanno lavorato sotto l'urgenza per poterci dare il risultato che abbiamo oggi.
Dato che ciascuno di noi non ha potuto seguire tutto il lavoro, il nostro intervento sarà più sulle questioni che abbiamo potuto seguire che sui documenti che ci sono stati forniti questa mattina.
Questo non è affatto un rimprovero, anzi è un ringraziamento perch entro il 30 di settembre si è provveduto a quanto la legge prevedeva. Non credo siano molte le Regioni puntuali. Siamo in grado di fare delle osservazioni soltanto in linea di massima. I progetti presentati sono estremamente dettagliati e andrebbero esaminati con serietà nel loro contenuto; alla prova dei fatti potranno anche dimostrarsi non completamente fattibili. Non ci scandalizzeremmo, quindi, se dovessero intervenire delle modifiche nel momento dell'applicazione. Pur avendo esaminato i dati in nostro possesso relativi alle richieste di lavoro, alla dispersione sul territorio, alla domanda da parte dell'industria, non si possono programmare progetti definitivi e determinati. Per quanto riguarda il progetto dei servizi socialmente utili, per esempio, riteniamo che possa intervenire qualche correttivo nel momento dell'applicazione.
Avrei osservazioni da fare in merito ad alcuni punti per i quali possiamo essere d'accordo parzialmente, in quanto sono in rapporto a leggi che noi repubblicani non abbiamo approvato. Mi riferisco al progetto n. 7 e all'occupazione prevista per l'attività di coordinamento del censimento e di ricerca di promozione politico-amministrativa del consorziamento fra Comuni e le Unità locali dei servizi. In questo momento si discute la legge sanitaria nazionale che, si dice, passerà in Parlamento nel mese di ottobre e certamente modificherà la nostra legge. Innestare un certo tipo di lavoro quando potrebbe essere immediatamente rivista la nostra legge, mi sembra un'impostazione non esatta. Quest'osservazione che si riferisce soltanto a un progetto è parziale, ma - ripeto - si tratta di un'osservazione coerente con la politica che abbiamo svolto finora.
Ci riserviamo di controllare l'applicazione di questi progetti, non scandalizzandoci per eventuali variazioni.
Per quanto si riferisce alle assunzioni, invece, possiamo fare alcune considerazioni di carattere politico. In questi progetti sono emerse diverse posizioni da parte della maggioranza (mi rifaccio ai discorsi dell'Assessore Fiorini e del Consigliere Ferrero), sul problema dell'uguaglianza dei non diplomati, diplomati e laureati e sulla rinuncia di cui ha parlato l'Assessore Fiorini, per quanto riguarda la valorizzazione della posizione di laureati o di diplomati.
Consento su questo tipo di impostazione, perché ridimensiona in un certo senso il significato della laurea e del diploma, di quella laurea e di quel diploma che si ottiene oggi in Italia e che pone tutti di fronte al mondo del lavoro su una posizione di parità. La laurea e il diploma non significano promozione sociale, possono significare acculturazione personale e possono servire come elementi di base per ulteriori tipi di specializzazione, di approfondimento e di studio che porteranno le persone laureate e diplomate nel campo del lavoro.
La posizione del Consigliere Ferrero, invece, mi è parsa a questo proposito diversa, cioè che valorizzasse il tema emerso dalle iscrizioni alle liste speciali, e cioè che il numero dei diplomati e laureati è superiore alle possibilità di richiesta del mondo del lavoro. Il Consigliere Ferrero individua questo punto come positivo, invece di individuarlo come punto di partenza per costituire una situazione ugualitaria dalla quale ripartire.
Dalle consultazioni è emerso che i nostri diplomi e le nostre lauree (cosa che non avevamo bisogno di sentirci dire nel corso delle consultazioni, perché ne eravamo già coscienti), sono tali da non soddisfare affatto le richieste né da parte dell'industria, né da parte del commercio, né da parte delle banche; si tratta molte volte di una cultura di base dalla quale si deve partire per un lavoro di vera e propria qualificazione professionale che ha una durata molto lunga. Questo è un dato di cui non possiamo non tenere conto. Di fatto sulle industrie viene caricato un lavoro che spetterebbe alla pubblica istruzione. Ogni industria risolve come può al suo interno il problema del gap esistente tra scuola e mondo del lavoro .
La Regione Piemonte, in questo momento, deve cercare di colmare con la formazione professionale questo gap, almeno per quanto riguarda i profili e le caratteristiche professionali dei non laureati e dei non diplomati. E' una posizione che ritengo molto corretta e voglio darne atto all'Assessore Fiorini.
Un'altra posizione che mi è sembrata non solo corretta, ma propositivamente giusta è quella di proporre che, alla fine dell'applicazione della legge, per coloro che fossero assunti con il contratto formazione-lavoro (che prevede 500 ore), ci fosse la possibilità in accordo con gli industriali, di proseguire al fine di ottenere delle vere e proprie qualificazioni e non soltanto delle finte qualificazioni.
A questo proposito si è inserita la proposta del Presidente del Consiglio di formare una specie di fondo, non meglio determinato, proposta sulla quale noi repubblicani non concordiamo assolutamente perché riteniamo che oggi già esistano gli strumenti necessari e non sia opportuno crearne dei nuovi. Su quanto ho finora detto si inserisce la posizione del mondo imprenditoriale che non ho ben capito fino a che punto sia tattica e fino a che punto sia promotrice di iniziative future reali. C'è stata una posizione iniziale totalmente negativa, quella pubblicata sui giornali; ci è stata rappresentata un'altra posizione, di disponibilità al dialogo, nel momento degli incontri con i membri della V Commissione, sempre rimanendo il mondo dell'industria totalmente negativo nei confronti del contratto a tempo indeterminato.
Precisiamo che sul contratto a tempo indeterminato la proposta è stata negativa in assoluto in tutti i settori. Abbiamo avuto invece delle disponibilità di collaborazione con la Regione soltanto sui contratti formazione-lavoro, anche se a questo punto non si è determinato niente.
Ecco perché mi chiedo se questa sia stata una posizione tattica, o in realtà sia una posizione che intende andare alla definizione di una collaborazione vera e propria. Se non riuscissimo ad ottenere né impieghi a tempo indeterminato né impieghi con contratto formazione-lavoro, questa legge per il Piemonte sarebbe di fatto lettera morta.
Il problema è di vedere quale sarà questa collaborazione: sarà una collaborazione nella quale l'industria metterà a disposizione i propri tecnici? Sarà una collaborazione nella quale l'industria ci dirà soltanto numericamente e qualitativamente le sue necessità, con una precisazione maggiore di quella che abbiamo avuto fino a questo momento? Questa seconda ipotesi sarebbe un po' scarsa al confronto con quanto desideriamo. A questo proposito tutto è ancora da fare, nonostante gli incontri che ci sono stati, nonostante le proposte della Giunta e nonostante le generiche affermazioni di buone intenzioni.
Va fatta un'altra osservazione in merito alla contraddizione continuamente emersa, a cui ha fatto riferimento il Consigliere Ferrero e di cui noi repubblicani più volte abbiamo richiesto la precisazione, fra la richiesta dell'industria di una specializzazione a tutti i livelli, sia operaio che impiegatizio, e la richiesta di un numero molto elevato di operai di tipo generico che in questo momento non sarebbero rintracciabili.
Non è un problema che riguarda strettamente questa legge, ma investe la Regione in tutte le previsioni, a cominciare da quella del Piano che abbiamo recentemente approvato e che pone, nel campo della formazione professionale, ulteriori problemi. Come diceva il Presidente della Fiat chi viene in Italia settentrionale, nella Valle padana, per due o tre anni farà qualsiasi lavoro, poi tenderà a professionalizzarsi a livello più alto e il ciclo riprenderà perennemente.
Varrà la pena di approfondire questi aspetti.
Desidererei sapere quali sono le intenzioni della Giunta per quanto riguarda la definizione del futuro rapporto con il mondo dei datori di lavoro e per quanto riguarda il problema della formazione-lavoro.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, data l'ora, ritengo opportuno aggiornare la seduta alle ore 15.
La seduta è tolta



(La seduta ha termine alle ore 12,25)



< torna indietro