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Dettaglio seduta n.139 del 29/07/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Prosecuzione esame disegno di legge n. 117 e proposte di legge n. 78 e n. 226 in materia urbanistica


PRESIDENTE

La seduta è aperta. Do senz'altro la parola al Presidente della Giunta per la replica.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, l'esigenza di garantire alla collettività la tutela e l'uso corretto di un bene fondamentale ed irriproducibile, quale è il territorio, è stata formalmente riconosciuta da tutti, negli ultimi venti anni.
Alle esigenze di nuove leggi urbanistiche formulate sin dalla fine degli anni '50 da un ristretto gruppo di urbanisti, di politici e di amministratori particolarmente sensibili, si aggiunsero successivamente le elaborazioni e le proposte provenienti dalle realtà più avanzate e coscienti del nostro Paese.
La capacità di lotta dei lavoratori] e dei partiti che li rappresentavano, consentì di giungere - negli anni più recenti - al riconoscimento da parte dei più seri imprenditori italiani, della necessità di separare nettamente le rendite parassitarie dai profitti derivanti dalle attività produttive.
Per effetto di questa mobilitazione e di questa presa di coscienza sempre più ampia, si è avviato un processo lungo) e costantemente ostacolato dagli interessi della speculazione fondiaria di rinnovamento legislativo, le cui tappe più significative si ritrovano nella legge n. 167 del 1962, nella legge n. 765 del 1967, nella legge n. 865 del 1971 e infine, nella recente legge 28.1.1977 n. 10 che, pur non risolvendo completamente il problema, si configura indubbiamente come uno strumento di fondamentale importanza per avviare una corretta ed efficiente gestione pubblica del territorio da parte degli organismi elettivi, con una sempre più ampia e responsabile partecipazione delle collettività interessate.
Tuttavia occorre passare dagli enunciati e dalle norme di legge ad un'incisiva modificazione della realtà: di una realtà ormai degradata a livelli che erano impensabili al momento in cui si cominciò ad affrontare il problema della pianificazione-gestione del territorio.
Gli effetti del distorto meccanismo secondo cui il territorio e le città italiane si sono profondamente trasformate negli anni '60 sono sotto gli occhi di tutti: la polarizzazione delle attività produttive direzionali; il conseguente esodo dalle campagne e dalle aree più deboli del Paese; la congestione urbana; l'espansione di periferie disumane, che hanno dilagato nei punti più delicati di un tessuto abitato ed insediativo caratterizzati per secoli da un mirabile equilibrio fra l'uomo ed il territorio, che costituiva la sede delle sue attività, delle sue capacità associative.
Sono inoltre ormai noti i fenomeni di spreco che hanno caratterizzato tale meccanismo (la cui fragilità è emersa chiaramente con la crisi economica) e che oggi non sono più accettabili.
Alla degradazione delle città e del territorio ha corrisposto la degradazione dell'ambiente naturale: il diritto all'aria pura, all'acqua pulita, al suolo non inquinato, è diventato lusso per pochi, con effetti paurosi sulla salute di molti.
Da questa situazione derivano tensioni sociali sempre più violente, che esplodono ormai - sia pure con caratteristiche e modalità diverse - nelle città e nelle campagne, nella scuola e nel mondo del lavoro, nelle zone altamente industrializzate e nel Mezzogiorno, fra gli anziani emarginati ed i giovani che temono una sempre maggiore emarginazione: da essi nascono nuove esigenze di partecipazione alla difficile opera da compiere.
Emerge con sempre maggior chiarezza che i complessi meccanismi secondo i quali ha operato finora lo Stato centrale non hanno tenuto conto delle esigenze fondamentali della collettività, della loro macchinosa articolazione territoriale e sociale; ci si rende conto che la vera partecipazione non si esaurisce nella manifestazione del consenso - o del dissenso - ma deve essere costruita giorno per giorno, nel lavoro comune finalizzato a scopi chiari, raggiungibili dentro tappe ben determinate. E' la risposta che abbiamo dato a molti interventi, specialmente a quello del Consigliere Paganelli: il piano non è soltanto una serie di documenti, ma è un obiettivo costruito giorno per giorno attraverso la partecipazione di tutti.
In sostanza ci sono, nella società italiana di oggi, pur lacerata da drammatiche contraddizioni e colpita da inaccettabili forme di violenza, i presupposti per avviare un processo di rinnovamento. Questo lo rilevava già Roosevelt, nel 1929, quando dette l'avvio al new deal in America.
A tal fine è indispensabile arrivare ad un efficiente e democratico sistema di "governo del territorio", che non può non basarsi sui Comuni e sulle Regioni.
Come accennato in precedenza, oggi, a differenza di ieri, le leggi nazionali ci sono e sono sostanzialmente adeguate, ma la situazione dei Comuni e delle stesse Regioni è ancora carente: la crisi della finanza locale, l'inadeguatezza degli strumenti tecnici ed amministrativi; i rigurgiti di centralismo burocratico ed aziendale che ancora recentemente hanno rischiato di inquinare il dibattito fra le forze politiche, il settorialismo delle leggi e dei programmi di intervento, rendono difficilmente applicabili le nuove leggi conquistate dopo vent'anni di lotte dalla parte migliore del Paese.
Per modificare questa situazione occorre un grosso e responsabile impegno delle Regioni, che non possono limitare la loro attività alla riduttiva applicazione delle singole norme emanate dallo Stato, ma debbono ricomporle in un quadro organico, esaltandone al massimo le capacita di rinnovamento e di partecipazione democratica.
In questo quadro generale si colloca la proposta di legge sulla tutela ed uso del suolo che la Giunta sottopone all'esame del Consiglio regionale.
Essa si configura da un lato come lo strumento indispensabile per dare applicazione alla legge n. 10, traducendo in fatti operativi i suoi contenuti giuridici e dall'altro lato come il supporto tecnico amministrativo indispensabile per consentire ai Comuni ed alla stessa Regione di avviare un efficiente processo di pianificazione-gestione del territorio, cioè di costruire un vero sistema di governo democratico del territorio stesso.
La proposta di legge in esame, infatti, definisce i contenuti, le fasi gli strumenti, del processo continuo di programmazione-pianificazione gestione del territorio che, in coerenza con lo Statuto, costituisce il compito fondamentale della Regione e dei Comuni.
E' necessario infatti inquadrare in un chiaro sistema di scelte e di interventi sia l'attuazione della legge n. 10, sia le iniziative finora assunte dalla Regione: attraverso l'istituzione dei Comprensori l'approvazione di norme relative all'attività urbanistica dei Comuni, alla scuola, alla sanità, all'agricoltura; ed infine con la legge sulle procedure della programmazione e il Piano di sviluppo.
Pertanto la sua approvazione è assolutamente urgente (urgenza di cui abbiamo parlato e che può aver dato luogo a qualche equivoco interpretativo, che non è motivo di dissenso all'interno delle forze che sostengono il governo regionale, ma che è legato ad una problematica di maggiore o minore urgenza rispetto all'obiettivo che ci proponiamo).
Definiti i piani urbanistici con particolare riferimento alla loro operatività, cioè la possibilità che essi si traducano immediatamente in opere ed in realizzazioni, il sistema delle autonomie locali dovrà dispiegare tutte le sue potenzialità, finora sovente compresse e inutilizzate.
Certamente spetterà alla Regione promuovere la collaborazione ed il consorziamento dei Comuni minori; a tal fine la proposta di legge prevede adeguati strumenti - nell'ambito dei Comprensori in coerenza con gli indirizzi strategici fissati dal Piano di sviluppo.
Inoltre la programmata attuazione dei piani che costituisce la fondamentale innovazione introdotta dalla legge n. 10 e che la proposta in esame definisce in tutti i suoi aspetti, costituisce uno strumento fondamentale per avviare il risanamento della finanza locale.
Vogliamo respingere quelle ipotesi che davano un giudizio negativo alla deliberazione sugli oneri di urbanizzazione. Richiamo le considerazioni del Consigliere Carazzoni, egli vuole ritornare ai vecchi sistemi che hanno permesso rendite colossali senza che la collettività abbia potuto mai beneficiarne.
La proposta di legge inoltre precisa in maniera chiara ed adeguata le sanzioni a carico degli inadempienti, per bloccare ogni tentazione di abusivismo.
Più in generale si è cercato di rispondere ad una antica esigenza di unitarietà dell'intervento pubblico; considerando che finora alla sempre più complessa "domanda sociale" della collettività sono state fornite risposte settoriali, spesso contraddittorie, con l'invenzione di innumerevoli organismi di intervento, ognuno dei quali operava attraverso piani e programmi che, in realtà, tali non erano: da ciò sono derivate - e derivano tuttora - sovrapposizioni e contrapposizioni di competenze, che paralizzano l'azione pubblica e che sono, fra l'altro, fonti di enormi sprechi.
Le esigenze delle popolazioni locali per ciò che concerne il posto di lavoro, la salute, la scuola, i servizi sociali, le attrezzature pubbliche non possono essere valutate separatamente l'una dall'altra: il loro soddisfacimento costituisce l'impegno permanente degli organismi elettivi nell'ambito di un processo continuo e programmato di pianificazione e gestione della città e del territorio.
A questa fondamentale esigenza risponde, a giudizio della Giunta, la proposta di legge sottoposta al Consiglio, al cui esame e al cui perfezionamento la Giunta stessa ritiene di sollecitare l'attenzione di tutta la collettività regionale, di tutte le forze politiche.
E' stata sottolineata la ponderosità "parlamentare" della legge.
Ne siamo consapevoli, tuttavia il peso della legge e strettamente collegato alla esigenza di un riordinamento complessivo in questa materia abbiamo dunque ritenuto che un provvedimento più ridotto e schematico sarebbe stato inevitabilmente inadeguato, rischiando di ingenerare soltanto false illusioni di riordino.
Si è detto che la legge è troppo complessa e di difficile applicazione certo sarà necessaria una particolare attenzione seguendo quanti dovranno applicarne i dispositivi ed i meccanismi che riteniamo rispondenti alle effettive necessità della Regione.
Siamo convinti che il compito che la Regione deve svolgere e che essa stessa affida ai Comuni ed ai Comprensori per dare concreta applicazione alle norme sulla tutela ed uso del suolo, è pesante, ma indispensabile ed urgente, unica, seppur difficile condizione per fermare e trasformare il processo in atto.
E' questa una delle leggi più impegnative e innovative; ci rendiamo dunque pienamente conto delle difficoltà e dei freni che da molte parti possono emergere.
Nel nostro programma abbiamo tuttavia dato priorità a questo tipo di intervento, impegno che intendiamo mantenere consapevoli di realizzare non soltanto una legge necessaria, ma un salto di qualità nella politica del territorio.
Come sempre abbiamo fatto in questi anni, chiediamo la più ampia collaborazione di tutte le forze politiche, raccogliendo i suggerimenti che da esse perverranno per una più puntuale attuazione della nostra scelta coinvolgente non solo la politica territoriale ma il miglioramento complessivo della qualità di vita nella nostra regione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare l'Assessore Astengo. Ne ha facoltà.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente del Consiglio, colleghi Consiglieri, la risposta ai vari interventi sarà data, via via, nel corso della discussione sull'articolato, quando entreremo nel merito e nel significato dei singoli articoli, dei singoli commi, delle singole parole. Una risposta generale pero è doverosa di fronte all'impegno con cui i colleghi del Consiglio hanno affrontato ieri questo argomento.
Vorrei fare precedere tale risposta da una breve apertura, intesa ad arricchire gli argomenti generali, e ad evidenziare il senso e il complesso significato della legge, che va letta, non soltanto sotto l'aspetto politico, ampiamente illustrato nelle parole del Presidente della Giunta e nella relazione del Presidente della II Commissione, ma anche penetrando nella sua stessa complessa struttura. Questo disegno di legge rappresenta un grosso sforzo legislativo: é, infatti, il risultato di due anni di lavoro, iniziato con l'insediamento della Giunta. Devo ricordare che la stesura del testo è stata preceduta da uno studio generale sul significato e sui principi che hanno informato il disegno di legge sulla struttura generale della legge e sulla distribuzione della materia; questo studio approvato dalla maggioranza, ha costituito la base per il successivo lavoro, durato molti mesi, in cui i principi si sono, via via, tradotti in articoli, fino a giungere alla prima bozza completa del disegno di legge approvato dalla Giunta. Devo ringraziare gli esperti: Vittorini, Todros Piazza, Predieri e Di Giovine, che hanno lavorato con intensità; i loro nomi sono saldamente associati al disegno di legge, perché ciascuno di loro vi ha trasfuso una parte di specifica competenza, di ricca esperienza e di generosa applicazione.
Il testo di legge è stato quindi pubblicizzato e diffuso ampiamente distribuendolo a tutti coloro che ne hanno fatto richiesta, ed è stato oggetto di discussione nelle assemblee che si sono tenute nei 15 capoluoghi di Comprensorio e nelle altre riunioni con le forze sindacali, economiche e di categoria. Durante tali incontri il testo, che non era certo di facile lettura per tutti, ha costituito la base per un primo scandaglio di opinioni e i risultati delle consultazioni, concretati nelle memorie scritte che sono state presentate da più parti (da oltre 60 tra Enti ed associazioni) fissati negli appunti presi personalmente e che ho conservato e studiato hanno costituito un patrimonio di osservazioni critiche, e di elementi dal vivo che hanno certamente arricchito la conoscenza della complessa realtà della nostra Regione.
Nelle consultazioni abbiamo cercato sempre di capire e di rispondere di esporre la nostra linea e di misurare questa linea con le obiezioni ponendo attenzione all'emergere di problemi, non ancora trattati o risolti in questi casi i problemi sono stati recepiti con il massimo di attenzione.
A questa fase preparatoria hanno fatto seguito le 32 riunioni ufficiali della II Commissione, che hanno rappresentato certamente un grosso sforzo collettivo. Ringrazio il Presidente Calsolaro, il Vice Presidente Bono e tutti i membri della Commissione, con i quali si è determinato un crescente affiatamento nell'esame collegiale, che ha certamente consentito con osservazioni, verifiche e suggerimenti, di arricchire il testo penetrando nel profondo della materia.
Ci ha guidati la costante ricerca di chiarezza che ha portato a risultati, probabilmente ancora perfettibili, ma certamente considerevoli.
Non ho pertanto alcuna remora nel dire che il testo iniziale è stato ampiamente rivisto, rifatto più volte nel suo stesso farsi, e ne è uscito arricchito di contenuto, sfrondato e limato nella forma come deve essere quando si intende sottoporre alla verifica un'opera complessa, sia essa di carattere letterario, scientifico, giuridico o legislativo, come questa. Ma il significato di due anni di lavoro vanno anche colti con lo spessore storico che la materia ha dietro di sé. Lo hanno già ricordato l'ampio intervento del collega Besate e l'introduzione del Presidente della Giunta.
Ci sono stati trent' anni di approccio culturale e politico. Essi partono pubblicamente dal primo congresso democratico dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, tenuto nel giugno 1948 in Campidoglio, quando fu presentata proprio dal gruppo di lavoro di cui facevo parte, una proposta articolata informe e ingenua quanto si vuole, di legge regionale urbanistica.
Come convinti regionalisti la sostenemmo, e fu oggetto di un voto finale del Congresso. Certo, letta oggi, quella proposta di legge riflette una situazione estremamente lontana e confusa, ma conteneva alcune idee che dimostravano la necessità e l'urgenza di innovare profondamente in senso democratico, con organizzazione regionale, la legge nazionale, nata sei anni prima e nel 1942 nella fase di disfacimento del regime fascista.
L'Istituto di urbanistica, democraticamente rinnovato nelle sue strutture nel Congresso del '48, costituì immediatamente una Commissione che lavor per due anni. Conservo tutti gli appunti perché ero segretario della Commissione. Nel 1960 l'Istituto di urbanistica predispose un testo globale alternativo alla legge urbanistica n. 1150 del 1942, testo che venne chiamato il "Codice dell'urbanistica" sull'onda del "Code de l'urbanisme" francese, e che doveva assumere carattere di stimolo per il rinnovamento ufficiale della legislatura urbanistica del Paese: al codice dell'urbanistica fu dedicato l'intero Congresso, ancora a Roma, nel dicembre 1960 ed ebbi l'onore della relazione generale. Questo sforzo culturale, che coronava 10 anni di attività dell'Istituto Nazionale di urbanistica, diede un esito immediato, perché, nell'anno successivo, l'On.
Benigno Zaccagni, allora Ministro dei lavori pubblici, che ebbi la possibilità di conoscere a fondo e di apprezzare in quel momento, mise in piedi una Commissione ministeriale per lo studio della riforma urbanistica che diede un primo risultato sotto la guida del Consigliere di Stato Roersen: ne facevano parte, come rappresentanti dell'INU i professori Piccinato e Samonà e chi vi parla. Nel 1962 si riforma una nuova Commissione, questa volta interministeriale, sotto la presidenza del Ministro Sullo, che porta a risultati drammatici per quello che riguarda il proponente stesso. La Commissione viene quindi riformulata ed arricchita da altri membri dal Ministro Pieraccini nel 1963/64, nel quadro degli accordi programmatici del primo centro-sinistra, presieduto dall'On. Moro. Ho avuto la ventura di partecipare a tutte queste Commissioni e quindi ho avuto la possibilità di formarmi le ossa sulla materia, anche sotto la guida esperta di alcuni Consiglieri di Stato estremamente ferrati. L'esito di questi lavori è noto: fu quello drammatico della conclusione improvvisa del primo centro-sinistra sotto l'ombra minacciosa del Generale De Lorenzo. Bisogna arrivare alla frana di Agrigento nel 1966, alla Commissione di inchiesta di cui mi onoro di essere stato partecipe, perché in una notte romana, tirando le somme di questa esperienza traumatica, nascesse nel minuscolo gruppo di consulenti mobilitati a lavorare giorno e notte per questa inchiesta l'idea della legge 765. Venne la legge 765. Sia pure con questi enormi sforzi di assestamento, continuava a sussistere una strumentazione nazionale frammentaria e lo sforzo di una vera e propria riforma urbanistica completa, che potesse essere generalizzata nel Paese nel momento in cui questo stava decollando verso uno sviluppo impetuoso ed in cui il Ministro dei lavori pubblici aveva tutta la responsabilità nel campo della pianificazione urbanistica e territoriale, non venne compiuto.
Le Commissioni del 61/62/63 si trovavano di fronte all'impatto della rendita, al timore di intaccare il diritto proprietario del suolo ritenuto, come poi fu detto nella famosa sentenza del 55, connaturale al diritto della sua edificazione secondo la concezione giuridica radicata nella legislazione di quel tempo.
Si dovette arrivare allo scossone impresso con la sentenza del 55, che comportò un travaglio culturale e politico durato ben sette anni per giungere al chiarimento apportato dalla legge sull'edificabilità dei suoli del 28/1/1977 n. 10, anche se questo chiarimento non è stato ritenuto di totale soddisfazione da parte delle forze culturali e politiche che per 20 anni avevano sostenuto la battaglia urbanistica. C'è un mio documento, un editoriale della rivista "Urbanistica", dal titolo "Troppo poco", uscito appena presentato il disegno di legge Bucalossi: il titolo stesso era significativo. Dobbiamo tuttavia rendere atto che, soprattutto nella fase di elaborazione in sede parlamentare, il disegno di legge n. 500 si è arricchito di contenuti ed è diventato alla fine un elemento innovativo di grande forza, che comporta una sostanziale svolta nella politica del territorio del Paese sulla base di una nuova concezione del diritto di edificabilità. Questo infatti non è più considerato connaturale alla singola proprietà del suolo, ma è posto nelle mani della gestione pubblica che lo esercita, come dice chiaramente la legge 10, in applicazione e conformità degli strumenti urbanistici vigenti: non dunque un diritto da esercitare in modo discrezionale, ma un diritto che discende da strumenti ufficiali che rappresentano l'interesse collettivo, e che abbiano avuto un iter di formazione, con verifiche di validità tali da garantire l'uso sociale del territorio e formati in modo da consentire un'effettiva operatività. Ma si è dovuto soprattutto arrivare alla costituzione delle Regioni ed al trasferimento dei poteri per questa materia, che la Costituzione già assegnava alle Regioni a titolo pieno, per poter avviare come stiamo avviando, in termini operativi il processo di rinnovamento nella gestione del territorio. Con questa lunga fase di approccio, con questa lunga marcia, si è arrivati oggi alla possibilità di darci una legge regionale completa che, assorbendo tutti gli elementi della legislazione nazionale, li coordini in modo organico per investire l'intera materia della tutela e dell'uso del suolo.
I principi generali della legge sono stati illustrati nella relazione del collega Calsolaro. Questa relazione parte dallo stato della "pianistica" cioè dallo stato giuridico e tecnico degli strumenti urbanistici presenti o assenti dei 1209 Comuni piemontesi, stato che costituisce una specificità di base di cui è necessario tener conto come dato di fatto. Sviluppa inoltre le finalità della legge, i contenuti dei piani, il meccanismo della loro messa in moto e della messa a regime dell'intero sistema previsto dalla legge, le procedure di programmazione e le procedure per la vigilanza e le sanzioni. Non entrerò nel merito di questi punti già trattati, vorrei invece fornire alcuni elementi generali che ritengo utili per cogliere la struttura della legge.
Nella grossa impalcatura che regge l'articolato e i contenuti della legge vanno individuate l'orditura e la trama: come nei disegni complessi come nelle narrazioni complesse, esistono parecchie chiavi di lettura. Ne esporrò quattro che ritengo indispensabili per la lettura della struttura della legge.
La prima è la struttura stessa della strumentazione dei piani. Non è un fatto pacifico, questo, acquisibile soltanto per un'azione ricettiva di quanto predisposto dalla legislazione nazionale perché questa è ferma, in tale materia, al '42, mentre i piani urbanistici moderni si sono andati evolvendo in tutto il mondo negli obiettivi, nella struttura e nei contenuti. Il complesso della strumentazione urbanistica prevista dalla legge è quello dei due livelli: il livello della pianificazione territoriale e il livello della pianificazione locale. Il problema fu dibattuto nella fase iniziale degli studi della prima Commissione ristretta che esplorò le varie alternative che vennero discusse dalla maggioranza cioè se dovesse trattarsi di due o di tre livelli; il terzo livello sarebbe stato quello comprensoriale come livello operativo intermedio; il problema era se questo livello dovesse avere una identità specifica, diversa dal livello regionale, oppure se dovesse fondersi con questo. Il problema venne sviscerato in tutti i suoi aspetti e non fu un problema di poco conto anche perché i Comprensori erano in fase di formazione e non avevano ancora eletto i loro comitati; vi era quindi la necessità di un chiarimento di fondo. Dopo lunga discussione, che portò a numerosi incontri tra le forze della maggioranza, si decise per i due livelli, ritenendola adeguata alla particolare struttura comprensoriale in Piemonte. A differenza delle strutture comprensoriali di altre Regioni, come l'Umbria, l'Emilia-Romagna ed il Veneto, dove i Comprensori sono consorzi di Comuni e formano raggruppamenti di ben minori dimensioni, in Piemonte il Comprensorio, per definizione della legge istitutiva, è un organismo della Regione, e, come tale, partecipa alle scelte strategiche, alla programmazione economica e territoriale della Regione. Questa decisione, accolta dalla II Commissione informa tutto il disegno di legge ed è dirimente; è quindi con qualche stupore che abbiamo ascoltato riproporre un terzo livello autonomo da parte di un Gruppo politico, forse perché non presente nella II Commissione.
Questo, ricordo, fu il primo chiarimento generale sulla struttura della strumentazione dei piani. Il chiarimento successivo riguardava il contenuto del piano territoriale. Si noti che non possiamo e non dobbiamo più parlare di piano territoriale di coordinamento, ma di piano territoriale tout court, perché il concetto di coordinamento discendeva dalla struttura verticistica dello Stato, segmentata all'interno in canali paralleli facenti capo ai vari Dicasteri, che da Roma giungevano alle Regioni, ai vari Provveditorati, Ispettorati e Uffici, per cui, dovendo un piano territoriale a dimensioni regionali, operare delle sezioni orizzontali in ogni Regione, il coordinamento diventava indispensabile come logica di rapporti interministeriali a livello regionale. Non così oggi, perché la Regione è elemento programma- torio e decisionale unificante. Pertanto il piano territoriale regionale si forma dal basso nei Comprensori e via via si aggrega per successive integrazioni comprensoriali, per raggiungere l' unità quando ricopre l'intero territorio regionale.
Il secondo livello, e questo sì, è pacifico, è quello dei piani regolatori a livello locale. Scompare, a questo livello, lo strumento del programma di fabbricazione, ma su questa eliminazione si è formato un orientamento comune delle Regioni, perché è risultata evidente l'incompletezza, quanto a contenuto, di questo strumento. Occorre ricordare che il programma di fabbricazione è all'origine una semplice appendice cartografica del regolamento edilizio; nella legge del '42 esso era nient'altro che una tavoletta al 25.000, con indicate le zone su cui erano applicate norme differenziate di regolamento edilizio. Si volle successivamente ampliare la portata di questa appendice e nel 1955 vi fu una diatriba concettuale e culturale, con schieramenti opposti molto precisi, quando il Ministero dei lavori pubblici non volle accettare i suggerimenti che venivano dalle forze culturali e diede invece un'interpretazione estensiva ai programmi di fabbricazione, che li port quasi al livello di schema di piano regolatore, ma con grosse limitazioni di contenuto e di procedura. Basti ricordare le limitazioni di contenuto le famose zone di servizi pubblici indifferenziati (le zone SP), e la procedura di approvazione per nulla democratica poiché per i programmi di fabbricazione non era richiesta la pubblicazione; essi divennero così oggetto di semplice deliberazione di Giunta, ratificata quindi dal Consiglio comunale, prestandosi a veri e propri atti di imperio, che molto spesso hanno coperto situazioni poco chiare.
La legge che è all'esame del Consiglio elimina questo strumento di second'ordine, che, anziché semplificare le procedure di piano, le ha in realtà complicate perché i Comuni dotati di programma di fabbricazione non possono, per esempio, formare i piani particolareggiati ed usufruire quindi della relativa operatività; essi possono darsi sì un piano della 167 (e questo fu un tentativo di porre rimedio all'inefficacia dei programmi di fabbricazione) ma, sostanzialmente, essi non esplicano un'efficacia ed un'operatività tali da risolvere i problemi dell'ordinato sviluppo degli insediamenti minori che possa consentire di considerarli una valida e specifica classe di strumenti urbanistici.
Il piano regolatore rimane quindi strumento unico di pianificazione al livello locale, strumento ricco non solo di contenuti, ma anche delle potenzialità che derivano dalla sua possibilità di recepire tutti gli strumenti attuativi previsti: il piano particolareggiato il piano di edilizia economica e popolare il piano degli impianti produttivi il piano di lottizzazione, che noi chiamiamo piano esecutivo convenzionato il piano esecutivo delle opere pubbliche, che introduciamo come elemento innovativo, a carattere eminentemente tecnico per il coordinamento a livello locale, dei vari interventi pubblici, utile, a nostro avviso, per raggiungere delle intese operative fra amministrazioni diverse che vengono tutte poste sotto la guida del Comune in virtù della legge 10 e, infine il programma pluriennale di attuazione, come strumento amministrativo per l'esecuzione programmata delle previsioni di piano.
La struttura complessiva va dunque vista nel chiarimento dei due livelli, che comporta quindi un unico strumento di pianificazione territoriale ed un unico strumento di pianificazione locale, sia esso comunale o pluricomunale.
La struttura della strumentazione va ora esaminata sotto un'angolazione speciale, sotto un raggio ottico particolare, che è quello delle fasi di approccio all'operatività dei piani. E' evidente che la formazione dei piani, siano essi territoriali o urbanistici, generali o attuativi, passa necessariamente attraverso ad una serie di successive fasi, che debbono essere chiarite e definite, se si vogliono conseguire risultati ben definiti. La legge regionale affronta questo chiarimento e questa definizione, ed in ciò si differenzia profondamente da quella nazionale in cui queste fasi di approccio non sono codificate, ma esistono solo in astratto o sono sottintese.
La prima fase di approccio alla pianificazione non può che essere politica e comporta la definizione degli obiettivi che si vogliono conseguire con il piano. Questa prima fase emerge in tutta evidenza nel testo della legge regionale ed ha il significato di una dichiarazione di principio. Cosicché, se tra gli amministratori dei 1209 Comuni piemontesi vi fosse ancora qualcuno convinto che la strumentazione urbanistica è tecnica, o nutrisse qualche dubbio sulla preminenza dell'aspetto tecnico questi sarebbe immediatamente posto di fronte all'obbligo di affrontare responsabilmente l'indicazione degli obiettivi politici , tra cui quelli relativi alle ipotesi dimensionali ed alle scelte qualificanti, di concorrere quindi a definire il germe di idee da cui andrà poi sviluppandosi l'organismo completo del piano: l'atto di fecondazione di questo organismo sta precisamente nella dichiarazione programmatica degli obiettivi. Concordo quindi con chi ha affermato che gli obiettivi non debbono essere generici; lo sforzo iniziale è infatti uno sforzo di precisazione di obiettivi politici.
I piani, quali strumenti della gestione del territorio, debbono infatti essere l'espressione più precisa e più qualificante della responsabilità delle amministrazioni pubbliche e ciò sia a livello locale che a livello territoriale. A questo secondo livello presiede il Comitato comprensoriale che è già stato investito, dalla recentissima legge sulle procedure di programmazione, della responsabilità di fornire un quadro pro grammatico dello sviluppo socio-economico dell'area comprensoriale, chiamato piano socioeconomico. Questo piano, si è chiarito, è essenzialmente una relazione che contiene un insieme di riflessioni, di ragionamenti e di proposizioni che esplicitano le linee di sviluppo del Comprensorio, come arricchimento e svolgimento degli indirizzi programmatici generali contenuti nel Piano regionale di sviluppo; ebbene, questa è proprio la parte programmatica del piano territoriale, quella che contiene gli obiettivi del piano e ne costituisce la premessa valida a livello comprensoriale e di orientamento per i piani a livello locale, comunale o intercomunale.
La fase successiva di ogni processo di pianificazione è rappresentata dalla conoscenza della realtà. Purtroppo in passato, non essendo questa fase codificata dalla legge nazionale, molte volte non solo si è saltata la prima fase programmatica, ma si è saltata anche la seconda fase conoscitiva, o la si è ridotta in modo troppo sommario, per arrivare immediatamente alle scelte tecniche, compiendo così salti logici estremamente dannosi per il prodotto finale. La conoscenza della realtà è un aspetto ineludibile e sono estremamente lieto che all'art. 80 del decreto or ora emanato in attuazione della legge 382 l'aspetto conoscitivo sia riconosciuto come elemento che fa parte della materia urbanistica assieme agli aspetti propositivi e gestionali. E' questo un primo passo chiarificatore a livello nazionale che serve ad individuare le fasi del processo pianificatorio e che costituisce ormai direttiva per le leggi regionali: lieto dunque che il nostro testo, anticipatore nel contenuto trovi ora conferma a così alto livello. Oltretutto la nuova definizione della materia urbanistica, contenuta nel citato art. 80 del D.P.R. in attuazione della 382 cancella la limitativa definizione di "assetto ed ampliamento degli abitati", dominante in molte restrittive interpretazioni della materia urbanistica. Si fa dunque piazza pulita di questo vecchiume che però ha avuto gravi conseguenze nella giurisprudenza, nella mentalità dei Consiglieri di Stato, nella mentalità di molti giudici amministrativi.
Con questa nuova definizione che discende dalla 382 la fase conoscitiva è elemento integrante del processo formativo dei piani e quindi necessaria per la loro stessa validità. Non può esistere un piano che non sia fondato su dati certi di conoscenza del reale, a partire dalla cartografia e dall'aggiornamento costante di essa, dal rilevamento degli elementi fisici caratterizzanti il sito e l'ambiente, per passare agli aspetti socio economici letti nella loro dinamica e nella loro causalità. Non si richiede, in questo approccio conoscitivo una pura e semplice descrizione della realtà, ma una lettura approfondita, un'analisi critica, da cui emergano i problemi reali ed i vincoli fisici ed economici che ne condizionano la soluzione , un'analisi quindi che consenta la valutazione ragionata dello stato di fatto e delle potenzialità locali.
La terza fase di approccio è quella della ricerca delle soluzioni tecniche più confacenti alla situazione locale e che formano la sostanza del piano. La prima fase si concreta dunque nella deliberazione programmatica, la seconda trova collocazione nella relazione e negli allegati al piano, la terza sbocca nelle tavole del piano. Attraverso a questa successione di fasi il piano si forma, non già autonomamente, è chiaro, ma attraverso un lungo processo decisionale, che non si esaurisce con la deliberazione programmatica ma segue, passo passo, tutte le fasi di formazione del piano ed investe e responsabilizza la comunità e le istituzioni. Cesseranno così i colpi di mano di maggioranza che erano la prerogativa dei programmi di fabbricazione, approvati nel chiuso del Municipio e inviati in Regione senza passare attraverso alla loro pubblicazione come era prescritto per i soli piani regolatori. Il processo decisionale è invece un processo continuo di verifica, che abbiamo cercato di mettere a punto in questo disegno di legge, prescrivendo la partecipazione popolare e la pubblicizzazione degli atti, facendo sì che la pubblicizzazione non sia semplicemente intesa, come nel passato, come garanzia per la proprietà privata ma come coinvolgimento collettivo all'uso di una risorsa collettiva. Oggi, infatti, con la legge 10, l'impostazione giuridica dei rapporti tra proprietari dei terreni ed amministrazione pubblica é, come si è detto, completamente diversa e l'uso del suolo è ormai chiaramente assegnato alla mano pubblica. Esiste dunque una fase di verifica, senza la quale l'intero processo formativo nelle fasi di approccio non sarebbe completo, e questa fase di verifica delle scelte avviene, necessariamente, per le scelte sia a monte che a valle del piano e comporta verifiche con gli altri strumenti di pianificazione e di programmazione. Vedremo tra breve il meccanismo di questa verifica all'interno dei piani. L'obbligatoria trasmissione del piano al Comprensorio comporta poi un'operazione di aggregazione e di confronto dunque di verifica all'esterno del piano.
L'approccio all'operatività passa dunque attraverso numerose fasi ed un lungo processo, in cui sono garantite tutte le verifiche ex ante della validità del piano. Si può quindi affermare che l'operatività è precisamente il risultato del processo formativo del piano. La mancanza di alcuni di questi pezzi di montaggio non consente di montare un motore completo e il prodotto diventa monco, artificioso, non verificato irrazionale e quindi non positivamente operativo.
La terza chiave di lettura è indirizzata ad illuminare la struttura del processo stesso di pianificazione. In che cosa consiste questo processo? Si è parlato più volte della pianificazione come di un processo continuo. Ma che cosa significa? Schematicamente si può sintetizzare il processo di pianificazione in questa formula di processo logico. L'innesco del processo e di carattere programmatorio, lo abbiamo visto; questa fase di partenza assorbe tutti gli aspetti di orientamento e di direttiva; essa discende dal Piano regionale di sviluppo e dalle sue articolazioni, oltre che dai piani territoriali comprensoriali e soprattutto dalle relazioni preliminari ad essi e dai documenti che formano il piano socio-economico comprensoriale.
In questi documenti vi è la massa delle idee e degli indirizzi, ma ancora ad uno stadio alquanto nebuloso e di dichiarazione di principi che comprende tutti gli ingredienti e le quantità complessive, ma è ancora privo di forma e di individualità specifica. Occorre passare dalle dichiarazioni di principio e d'indirizzo formulate dall'esterno a dichiarazioni precise, specifiche, localizzate, formulate in sito, e questo avviene nel momento programmatorio locale in cui sono individuati gli obiettivi specifici e da cui si passa al momento di pianificazione del territorio, che deve avere la sua verifica con il momento programmatorio che, traendo dalla fase di pianificazione elementi ulteriori di concretezza, potrà subire ulteriori assestamenti e precisazioni. Questi momenti, con le relative connessioni interne e con gli effetti di retro azione, determinano così un processo circolatorio interno fra fasi di programmazione e fasi di pianificazione, così come fra pianificazione a livello locale e pianificazione territoriale a livello comprensoriale e regionale.
La quarta lettura è sui veri e propri contenuti dei piani, finora troppo spesso trascurati dagli stessi progettisti oltre che dai critici con risultati assai scadenti. Troppe volte le destinazioni d'uso preesistenti sono state lette soltanto in superficie, cosicché le stesse prescrizioni del piano sono distanti dalla realtà: prova ne sia che la normativa del piano, elemento estremamente importante, veniva considerata un'appendice del piano. Molti piani vigenti sono poveri di contenuto. Vi è un modo molto semplice per constatarlo: si osservino le legende, se queste sono povere di articolazione e di specificazione è certamente povero il contenuto del piano. Quando per un insediamento ci si riduce unicamente a classificare le aree residenziali in tre classi: A, B, C, e si rinvia ogni specificazione a norme, a loro volta generiche, il contenuto del piano è estremamente povero. Esso incomincia ad arricchirsi quando alla destinazione d'uso di ogni area, non di una zona, si associa lo specifico tipo di intervento; è precisamente la combinazione tra destinazione d'uso e tipo di intervento quella che determina la prescrizione di piano; è l'associazione di questi due elementi che determina la specificazione della scelta, non solo in termini tecnici, ma anche in termini giuridici, costituendo l'elemento prescrittivo e normativo dell'operazione di piano; è l'abbinamento dunque di questi due elementi che forma il contenuto del piano. L'averlo definito in sede di legge regionale costituisce un fatto innovativo e caratterizzante: si leggano in questa chiave gli articoli 13, 25, 26, 27 che trattano in generale tutti i tipi di intervento che ricorrono nella pianificazione locale e ci si renderà anche conto come alcune determinate classi di beni, finora poco considerate nei piani, siano oggetto di particolare attenzione da parte della legge. Su alcune di queste vorrei soffermarmi.
La materia relativa ai centri storici e ai beni culturali ambientali sono materie trasferite alle Regioni; ma anche se non lo fossero state in modo esplicito, è certo che dal punto di vista urbanistico la tutela dei beni storici e ambientali fa parte integrante e di stretta pertinenza della materia urbanistica. La fase conoscitiva in questo settore è ineludibile ed una classificazione dei beni e delle operazioni necessarie o possibili per la loro tutela e per la loro valorizzazione è necessaria, affinché i piani non siano strumenti vaghi, variamente interpretabili, e non lascino quindi spazio alle estrosità o alla discrezionalità. A questo scopo è necessario che i progettisti e gli amministratori si impegnino a fare le scelte necessarie e queste scelte debbono fondarsi su accertamenti e valutazioni fatte in sede di formazione del piano: ecco perché la fase conoscitiva è così importante in questo campo. Mi si consenta una piccola digressione. Il nostro Piemonte è certamente una regione storica, perch abitata fin da tempi antichissimi, che si è andata strutturando nel tempo con grossi sbalzi in epoche diverse fino ad assumere in tempi recenti l'attuale configurazione. Sennonché non si è formata in Piemonte una cultura omogenea che si rifletta immediatamente nell'ambiente, come la ritroviamo a colpo d'occhio, ad esempio, nel Veneto: il paesaggio veneto caratterizzato dalla punteggiatura delle ville bianche, che, anche se non sono opere firmate da maestri, anche se di quart'ordine, perché sono copiature di copiature, tuttavia si impongono per quel particolare chiaro scuro formato di pieni e di vuoti, per quel lindore nella loro collocazione del paesaggio alberato, che formano un'atmosfera inconfondibile e tipica che appare subito dopo Brescia andando verso l'Adriatico: per questa atmosfera ci si accorge di essere nel Veneto o meglio nel territorio della Serenissima. Così in Toscana ogni casolare, si può dire, parla in modo colto, così come ogni contadino toscano parla come un professore di Università (e parlassero tutti i professori come parlano i contadini toscani! ) e un inconfondibile legane unisce nel paesaggio il casolare all'albero, al cipresso, che insieme alle pietre, al volume dei muri, ai tetti variamente disposti, costituisce, in complesso, un vero e proprio linguaggio.
Il linguaggio piemontese lo dobbiamo ancora scoprire, ed è un tema che abbiamo di fronte. Sono sicuro però che, pur non essendoci nella nostra regione il linguaggio colto veneto o toscano da cui deriva una intera letteratura ambientale, c'è tuttavia in Piemonte da valorizzare il casolare rustico variamente configurato nelle varie aree. Nel Canavese, ad esempio è tipica la costruzione in linea con i ballatoi verso il mezzogiorno ripetuta a schiere parallele. In Piemonte questi elementi autentici vanno scoperti. E' questo un ricupero culturale, di carattere mentale prima ancora che operativo. Nulla di serio si può fare in senso operativo, se prima non sia stato chiarito ed acquisito il processo culturale e conoscitivo. Così, se vogliamo che la formazione dei piani sia una cosa seria, invece di lasciare il territorio agricolo in bianco, privo di prescrizioni urbanistiche, come se fosse vuoto, segniamo questi fatti andiamo ad individuare, a scoprire e valutare questi elementi, decidendo se essi serviranno ancora all'insediamento rurale ed alle attività agricole, o se potranno essere usati ad altri scopi. Questo processo conoscitivo e selettivo è dunque necessario per mettere in luce una ricchezza che certamente esiste, ma che pochi conoscono e pochi fotografi hanno documentato. Per il Piemonte infatti non esistono raccolte di questi elementi e relative pubblicazioni, così come esistono per la Toscana o per il Veneto. Certo, i centri abitati in Piemonte non hanno quella impostazione strutturale, ricca per impianto e per articolazione di spazi che caratterizza un qualsiasi piccolo centro dell'Umbria o della Toscana dove i vuoti delle piazze, ad esempio, sono elementi prorompenti per vitalità creativa: da noi tutto è più modesto, più contenuto, più dimesso nell'impostazione complessiva e nel linguaggio. Vi sono però elementi caratteristici anche nei nostri centri antichi, e nei borghi rurali, con episodi di continuità lineare, di vie porticate, elementi questi di linguaggio generale che va forse ancora scoperto o quanto meno valorizzato. Certo, quando ci si imbatte nell'architettura sei settecentesca di Casale o di Chieri di altri centri di antica storia, si scoprono elementi di notevole interesse architettonico. In passato si è molto enfatizzato sulla originalità dell'urbanistica torinese, ma in realtà, ad eccezione dei grossi episodi guariniani e juvarriani, in Piemonte si trova più un'architettura di maniera e da manuale che non originali esempi anche nel linguaggio aulico delle classi dominanti.
Possiamo però scoprire e valorizzare quell'architettura ambientale autentica che caratterizza ancora tante valli, e tanti insediamenti minori di collina e di pianura, che corrono continuamente il pericolo di essere abbandonati, deturpati o trasformati malamente come purtroppo è già avvenuto in troppe stazioni alpine. Invece, con una attenta e intelligente operazione di ricognizione e di valutazione, i complessi ancora intatti potrebbero essere utilmente recuperati.
Ebbene, il piano serve anche a questo, il piano per questi insediamenti, è essenzialmente questo. Ecco un argomento su cui si possono mobilitare grandi energie e grandi consensi.
Lo stesso discorso vale per l'analisi delle aree agricole; esse non debbono più essere trattate in modo semplicistico con un indice qualsiasi di edificabilità e basta, ma richiedono anzitutto una, anche sommaria classificazione delle colture, cui corrispondano indici differenziali rapportati ai tipi ed alle esigenze culturali. E' questa una prima sgrossatura, sulla quale poi si inserirà l'ESAP con i piani zonali di sviluppo agricolo, che affineranno il meccanismo di piano, cui compete peraltro di innescare il processo di sviluppo.
Ed ora qualche parola anche sull'industria.
Il Piemonte moderno si caratterizza infatti per la crescita del fenomeno industriale, tanto che il suo decollo coincide proprio con un autonomo sviluppo industriale, che ha un suo particolare propellente, che si manifesta sul territorio in modo differenziato nel tempo e nello spazio.
Lo sviluppo delle zone del tessile infatti non ha nulla a che vedere con lo sviluppo della meccanica di precisione che deriva in Torino dalle antiche fonderie di cannoni, attraverso la meccanica della caldaia a vapore, e dello sviluppo delle ferrovie, con conseguenti meccanismi e rotismi, con la nascita del Politecnico, e così via: tutto questo appartiene non solo alla storia della tecnica e della metalmeccanica torinese, ma impronta anche la storia dell'insediamento torinese.
Per un particolare interesse che discende dalle mie origini familiari legate alla lavorazione del ferro, ho cercato in passato delle documentazioni sullo sviluppo industriale, ma molti documenti sono scomparsi completamente, così come sono scomparsi i cataloghi delle ditte.
L'industria è una macchina che si autodistrugge continuamente, non vi è certo una vocazione storica negli addetti al processo industriale: lo storico dell'industria nasce adesso, solo ora ci si incomincia ad occupare con attenzione del processo di crescita industriale, oggi, quando sono andati distrutti i documenti fotografici e cartografici delle origini, sono andati persi i documenti sulla produzione, e, ancor più macroscopicamente sono stati distrutti gli stessi primitivi insediamenti industriali.
In questo senso un recupero degli impianti produttivi obsoleti è tutt'altro che un tema fuor di luogo. Non per semplice amor del passato, o per suggestioni di revival o per tendenza letteraria, ma unicamente per doverosamente annotare che la crescita strutturale del nostro Piemonte è strettamente legata alla crescita industriale, cosicché l'individuazione dei rari manufatti paleoindustriali o di quelli ormai fuori uso ancora esistenti e la localizzazione degli stabilimenti entrati in fase di obsolescenza deve avvenire anzitutto come elemento conoscitivo necessario per una consapevole valutazione, sia per un eventuale recupero, sia per una distruzione che avvenga in piena tranquillità, sia per alimentare un processo di continua rigenerazione. Vorrei dire che mentre l'industriale è spinto ai rinnovi degli impianti fissi per le necessità del processo produttivo, in una gestione pubblica del territorio, gli impianti industriali assumono anche una dimensione culturale che esige che i cambiamenti debbano essere filtrati e vagliati.
E ancora. L'industria ha certo necessità di continuo ammodernamento, di evoluzione, di razionalizzazione. Tutti sappiamo che queste necessità ad un certo punto nascono e si prospettano come problemi. Ma come ne veniamo a conoscenza? Solo registrando i casi divenuti patologici o le volontà imprenditoriali che via via emergono? Non è invece possibile anticipare l'analisi, attraverso una conoscenza specifica dello stato delle cose, e questo può essere uno degli elementi del piano regolatore, e le varie individuazioni, localizzazioni e classificazioni non possono forse essere indicate nella cartografia di base? Lo stato degli insediamenti industriali è infatti qualcosa di accertabile attraverso parametri oggettivi, oltre che attraverso la discussione e il confronto con le forze imprenditoriali e le forze sindacali. Le proposte di rilocalizzazione, di rinnovamento aziendale non nascono improvvisamente dal nulla, ma derivano da un esame che non è solo aziendale ed economico ma è anche storico, un esame di consapevolezza del valore di questo patrimonio produttivo che ha modificato profondamente in bene e in male, la struttura del nostro Piemonte. Confesso che una delle più atroci sofferenze nella gestione dell'Assessorato mi viene quando nelle carte di piano, su alcuni impianti industriali, per i quali progettisti ed Amministratori non sapevano quali prescrizioni applicare, leggo l'indicazione "zona agricola", cioè sullo stabilimento si passa l'aratro solo perché non si sapeva come classificare questi impianti! Questi sono per me delitti di lesa attività industriale, intesa nella sua accezione più piena, operativa e creativa.
Dobbiamo dunque dare risposta a tutti i problemi e a tutti i casi: agli impianti industriali obsoleti, che si decida di ricuperare per fini sociali, a quelli che, se pure antiquati, si ritiene debbano ancora restare in loco ed in funzione, con adeguati interventi atti a garantire una sufficiente funzionalità, agli impianti da trasferire: a quegli stabilimenti che sono sorti in aperta campagna in area agricola che devono restare in quelle località, a determinate condizioni e con determinate norme, a quelli che devono sorgere necessariamente in zona lontana dall'abitato perché inquinanti, stabilendo attorno ad essi un'adeguata area pliantumata antinquinamento (come si sarebbe dovuto prescrivere attorno ad una ICMESA!).
Se l'urbanistica è previsione, i piani urbanistici devono anticipare le risposte ai problemi che quasi certamente sorgeranno, cercando di verificare gli effetti ex ante e non ex post; se l'urbanistica non opera in questo senso, non assolve al proprio compito. Ecco quindi che la definizione dei contenuti del piano passa attraverso la precisazione delle classi di fatti certi o altamente probabili e delle risposte ai conseguenti problemi. Qualcuno nella discussione generale ha asserito che alcune di queste definizioni devono ancora essere messe a punto, perché non sufficientemente chiare: siamo sempre pronti a ulteriori chiarimenti, non alle generiche semplificazioni che improntano la massima parte dei piani vigenti.
Ho esposto le quattro chiavi di lettura occorrenti per porre in luce l'intelaiatura della legge: esse sono ovviamente coesistenti ed inscindibili. Ci si può domandare: qual è la legge che lega assieme tutto questo meccanismo? Una sola legge, a mio avviso, deve essere tenuta ben presente per la verifica d i validità dei meccanismi che questo provvedimento legislativo individua e prescrive: è la legge di coerenza che è a fondamento, per altro, di qualsiasi processo logico e scientifico o letterario, o artistico, o, come questo, legislativo, e che consente di verificare che le connessioni fra le varie parti costitutive del processo siano tra loro in un rapporto tale per cui non vi siano, nel suo interno né contraddizioni, ma vi sia tra esse il massimo di compatibilità. La verifica di coerenza va effettuata anzitutto all'interno del meccanismo logico e creativo che si intende costruire, quindi anche tra il meccanismo e l'ambiente esterno in cui esso si colloca. L'esame fatto con le quattro chiavi di lettura dà risposta positiva all'esigenza di coerenza interna mentre la verifica di coerenza esterna va condotta fra la legge, presa nel suo insieme unitamente ai piani che da essa discenderanno nella sua applicazione pratica, e la complessa realtà giuridica, economica o fisica in cui essa andrà ad operare. E questa è senza dubbio la verifica più difficile, perché il processo conoscitivo, valutativo e modificativo della realtà che la legge prefigura, processo questo tutto mentale, avrà la sua determinante verifica solo nell' impatto con la realtà oggettiva, e ben sappiamo che questa realtà sfugge alle precisazioni assolute, perché troppo ricca di problemi che richiedono analisi, valutazioni, scale di valori e di priorità spesso ancora da stabilire e da quantificare. Ma è pur vero che in campo scientifico più si approfondisce la conoscenza e più si arricchisce la strumentazione scientifica. Cosicché, anche se la nostra attuale conoscenza dei fatti urbanistici e della loro dinamica è ancora ad uno stadio, diciamolo pure, rudimentale, non abbiamo altra via davanti se non un lento e tenace approfondimento scientifico.
Noi riteniamo tuttavia che la legge nel suo complesso risulti aderente alla complessa realtà dinamica per cui è stata predisposta. In caso contrario avremmo fallito come legge, e falliremmo con i piani conseguenti.
Fondiamo il convincimento di coerenza della legge con l'ambiente esterno e anzitutto con il quadro giuridico complessivo in cui andrà ad operare, sui mutamenti che in questo campo le forze che oggi sostengono il Governo nazionale, e soprattutto le forze di sinistra sono riuscite ad imprimere nel dissestato quadro del paese: così esse sono state determinanti nella messa a punto della legge 10 e delle sue innovazioni giuridiche per quanto attiene il diritto all'edificazione, con innegabile rinnovamento del quadro complessivo. Entro questo quadro legislativo e nelle sue prospettive e potenzialità ci dovevamo doverosamente collocare e ci siamo collocati, a nostro avviso con salda coerenza, che deriva da coincidenza, in questo settore, di intenti politici, per certi aspetti attesi ed anzi anticipati dalla maggioranza del governo regionale piemontese. E veniamo ai piani. La legge prescrive alcune verifiche di coerenza tra proposte di piano e vincoli fisici: si chiede una specifica attenzione per i vincoli di salvaguardia naturale, ambientale ed umana, che abbiamo definito e parametrato; a questo proposito è certo che ogni prescrizione numerica inserita in una legge é, alla radice, discrezionale e suscettibile di cambiamenti; è chiaro che i valori numerici indicati per i vincoli hanno valore di parametro oggettivo, per la soluzione di problemi concreti questi valori potranno sempre essere discussi sulla base dell'esperienza e modificati, purché non sia intaccato il principio della salvaguardia stessa e della sua necessaria specificazione topografica. Ma la legge contiene pure un altro elemento, e questo è innovativo, e cioè la individuazione delle soglie fisiche nel processo di urbanizzazione del suolo, la cui utilità è stata posta in luce recentemente nella ricerca condotta per la determinazione dei parametri regionali ex art. 5 della legge 28/1/1977 n.
10.
Così nei Comuni di maggiori dimensioni, dove l'urbanizzazione è più consistente ed onerosa, si è richiesto di specificare le soglie del costo differenziale delle opere di urbanizzazione secondo un metodo collaudato con successo in Polonia e in Inghilterra. Il principio è il seguente: mentre in una prima fase di applicazione della legge 10 abbiamo dovuto basare la valutazione dei contributi per le opere di urbanizzazione su una tabellazione astratta, abbiamo già dichiarato che, con la formazione dei programmi di attuazione, sarà possibile e preferibile rapportare i contributi ai costi effettivi delle opere di urbanizzazione, mediante stime analitiche rese possibili dalla redazione dei programmi di attuazione.
Sennonché anche in questa ipotesi i costi dell'urbanizzazione reali non risultano identici su tutto il territorio, in qualsiasi direzione si abbia l'espansione di un insediamento. Vi sono situazioni differenziate, dovute non soltanto alle condizioni orografiche e alla infrastrutturazione complessiva esistente, ma anche alla maggiore o minore facilità di allacciamento a queste infrastrutture e soprattutto alla rete portante ed alla sua capacità di espansione. Cosicché siamo venuti nella determinazione di chiedere ai progettisti dei piani e alle amministrazioni locali lo sforzo di evidenziare le soglie fisiche derivanti dai differenti costi di urbanizzazione (e ciò soprattutto nei Comuni di maggiori dimensioni) perch dall'esame delle situazioni di soglia si trarranno utili indicazioni per individuare le direttrici di minor costo di urbanizzazione complessiva evidenziando così le priorità dello sviluppo. Purtroppo molte volte abbiamo assistito allo sciupio delle risorse non solo pubbliche ma anche private con eccessivo uso del suolo ed eccessivi costi per le reti infrastrutturali principali. Cerchiamo di impedire che questo avvenga per il futuro assumendo un ulteriore elemento di valutazione responsabile basata sulla attenta individuazione dei vincoli fisici ed economici che si frappongono allo sviluppo urbano.
L'ultima verifica di compatibilità riguarda i mezzi, non si debbono infatti immaginare operazioni che non sia possibile coprire, ad un dato momento, con i relativi mezzi. Molti piani hanno trascurato questo raffronto cautelare ponendosi sul piano velleitario, e la velleità in assenza di verifiche dilaga. La coerenza di fattibilità dovrà invece diventare la regola principale nella valutazione futura dei piani. Già oggi in Assessorato, abbandonando schemi valutativi ereditati dal Provveditorato alle OO.PP. si è cercato di snellire la preesistente bardatura dell'esame dei piani, stimolando nei funzionari l'esercizio di uno spirito critico che nel vaglio delle varie situazioni sappia cogliere gli elementi essenziali, e su di essi incentri la ricerca per verificare coerenze o incoerenze. Il Comitato urbanistico regionale, quando sarà costituito come previsto dalla legge, arricchito dall'apporto di esperti esterni, potrà certo funzionare a pieno ritmo, ma non già per un più complesso esame burocratico dei piani, ma per una, se mai più solerte ed avvertita analisi critica di essi. Ci vorrà tempo e preparazione per ottenere un ' adeguata preparazione degli uomini però questa è l'unica strada, ritengo, sulla quale ci si può muovere con profitto.
Ma tutte queste operazioni e ricerche a che cosa tendono? La risposta è una sola: alla crescita sociale di cui tutti sentiamo il bisogno. In questo processo di crescita però ci sono tanti ostacoli da rimuovere, e, nel nostro campo, il principale è costituito dalla presenza dei piani regolatori e dei programmi di fabbricazione vigenti o già adottati. Ci si chiede da più parti: dobbiamo dunque rifare tutto partendo da capo? Quanta fatica, quanti costi dobbiamo buttare! Ebbene, guardiamo seriamente la realtà così come abbiamo fatto in questa analisi sugli elementi strutturali della legge, che riflettono gli elementi strutturali degli insediamenti e del territorio; poniamoci sempre in posizione critica, pronti a rinnovare prima di tutto noi stessi ed il nostro apparato culturale. E allora diciamo con franchezza che molti piani, tanti, non meritano affatto di essere conservati, tanto povero è il loro contenuto e tanto velleitarie le loro ipotesi. Vorrei spiegarmi meglio: consentitemi quindi una nuova disgressione. Nel XIV Secolo un grande scrittore arabo, Ibn Kaldun, aveva formulato una ipotesi storica e sociologica estremamente interessante secondo cui gli accadimenti importanti, i fatti storici, sono ricordati dalla mente di coloro che li hanno vissuti o ne hanno sentito parlare, solo per la durata di una generazione dopodiché si annebbiano e scompaiono. Oggi alcuni sociologi americani hanno constatato che il rinnovamento del patrimonio culturale avviene ogni cinque anni. Potremmo dire che vi è stata una accelerazione nel rinnovamento culturale da 25 a 5 anni: non è un fatto eccezionale, è dovuto all'effetto della veloce propagazione delle comunicazioni di massa. Lo possiamo verificare nella nostra esperienza: l'esplosione del 69 nell'Università è ormai un fatto dimenticato e se mai i moti contestativi si ripresentano in modi e forme del tutto diverse. Così avviene ormai in ogni campo; di 5 anni in 5 anni, si rinnovano il modo di pensare, i comportamenti, la moda. Allora, se questo rinnovamento perenne è ormai un fatto incontestabile nella società, perché mai ancorarci al mito della lunga durata dei piani? Perché non accettare una certa accelerazione nella modificazione dei piani come riflesso della realtà in mutamento e delle conseguenti mutate scelte politiche? Vi è a questo proposito, un elemento fondamentale e dirimente già più volte citato: l'entrata in vigore della legge n. 10. Prima della legge 10 i piani erano il riflesso della rendita d'attesa; su questo non v'é dubbio, si sono scritti volumi e lo si può constatare nella realtà. Enormi spno stati in certi casi eccezionali gli sforzi compiuti da parte di alcuni urbanisti per contrastare e quasi sempre senza successo situazioni troppo palesi di rendita d'attesa. Ma se la legge 10 cambia il sistema di formazione dei piani, se questo non è più ancorato alla rendita d'attesa bensì alle scelte operative che le amministrazioni locali responsabilmente si danno scegliendo esse le direttrici di sviluppo, in una situazione se non di indifferenza assoluta della proprietà fondiaria, quanto meno di maggior contenimento dell'interesse singolo e di maggior equilibrio tra edificazione e servizio vuol dire che è venuto il momento di modificare i piani fatti sotto l'influsso delle pressioni della rendita, in modo che questi abbiano un contenuto più aderente al mutato quadro giuridico. Sarebbe un paradosso mantenere in piedi le vecchie scelte, ispirate a vecchi modelli di sviluppo, di consumismo, di crescita indefinita e pretendere di operare su queste una razionale programmazione. In definitiva, in una fase di magra come questa, occorre saper sfruttare la situazione per un ripensamento generale che consenta di fare emergere ovunque gli obiettivi nuovi aderenti alla nuova realtà, ed estremamente concreti, basati sul ricupero del patrimonio infrastrutturale e strutturale esistente, sulla salvaguardia delle risorse, sul riordino dei tessuti insediativi, sulla diffusa dotazione dei servizi, sulla rilocalizzazione industriale, dando così una risposta adeguata ed attuale, in qualsiasi parte del territorio, ai problemi attuali. Solo con queste più adeguate risposte sarà possibile impostare seriamente i bilanci preventivi, stimando costi e ricavi delle operazioni che si andranno a compiere in aderenza agli obiettivi generali.
A quel punto, il discorso sull'esonero di alcuni Comuni dalla formazione dei programmi di attuazione non può essere che un discorso momentaneo valido solo per un periodo transitorio, perché impedire perennemente la formazione dei programmi di attuazione significherebbe confinare i Comuni esonerati in una situazione di debolezza permanente, di esclusione dal processo generale di crescita. Domandiamoci: l'autonomia comunale è da considerare come autorizzazione ad azioni estemporanee, sfuggenti a qualsiasi verifica, o come una azione responsabile dentro ad un sistema di obiettivi, di vincoli e di scelte? Noi propendiamo evidentemente per la seconda interpretazione: non abbiamo come obiettivo politico l'autonomia a briglia sciolta, ma una autonomia arricchita di responsabilità e di operatività.
Decidere sull'esonero permanente o temporaneo dai programmi di attuazione significa decidere fra queste due interpretazioni. E ancora: i programmi di attuazione si configurano semplicemente come sommatoria di deliberazioni comunali, così come è avvenuto finora, il che non influirebbe minimamente sul processo di razionalizzazione dello sviluppo, o sono il risultato di un impegno, che implica la consapevolezza e la verifica delle operazioni che si andranno a compiere? Solo in questo caso essi potranno comportare, ci sembra evidente, quel salto di qualità nella rivitalizzazione del processo economico, amministrativo e politico del Paese, che tutti ci auguriamo.
Tutte le forze politiche si sono dichiarate d'accordo sulla razionalizzazione di questo processo, ma, allora, deve trattarsi di una razionalizzazione seria che si radica nel processo di sviluppo. Ora, in una situazione territoriale fortemente polarizzata come quella della nostra Regione, c'è il forte rischio di aumentare il processo polarizzante se si lasciano operare scelte singole secondo le tendenze naturali; se invece si vuole modificare questo processo, con un nuovo modello di sviluppo ed un nuovo assetto del territorio, occorrono nuove aggregazioni di forze locali e di insediamenti: siamo per questa seconda soluzione, per avviare in concreto la rivitalizzazione ed il riequilibrio della nostra Regione secondo gli indirizzi generali enunciati nel Piano di sviluppo regionale.
Si deve dunque scegliere e questo è il momento. E' stata infatti raggiunta una considerevole maturazione nella stesura della legge per la tutela e l'uso del suolo, esiste una sintonia verificata tra questa legge ed il processo di programmazione, esiste ormai la complessa articolazione di tutta la legge . Tutto è certamente perfettibile, ed esiste certo la possibilità di una ulteriore verifica interna, sulla saldatura fra tutte le parti, per constatare che tutti gli elementi dell'intelaiatura rispondano agli obiettivi: è ciò che faremo in sede di esame dell'articolato.
Mi richiamo alle dichiarazioni del Presidente della Giunta, che confermo: siamo pronti, come maggioranza, al confronto puntuale nell' esame dell'articolato, che giustamente si è chiesto ampio, documentato e serio siamo pronti all'accoglimento di emendamenti migliorativi da inserire nelle maglie di questa intelaiatura, ma siamo anche fermamente convinti che questa intelaiatura ha raggiunto la sua saldezza con alto grado di coerenza, che gli obiettivi generali rilucono in tutte le parti e costituiscono la sostanza di questo disegno globale , e che ogni proposta emendativa, che fosse contrastante con questi obiettivi e con questa intelaiatura di fondo, non potrebbe essere accolta.
Darò ora qualche risposta ai colleghi che sono intervenuti nella discussione generale. Non tratterò tuttavia degli interventi dei colleghi Besate e Bellomo, sacrificando, per brevità, gli interventi di appoggio mentre tratterò degli altri interventi.
Il Consigliere Carazzoni, che svolge sempre interventi di grande lucidità, ha argomentato in modo estremamente rigoroso. Egli ricorda che il disegno di legge nazionale n. 500, che poi diventerà la legge 28/1/1977 n.
10, era stato contrastato dalla sua parte, in sede nazionale, attraverso tre disegni di legge, proposti uno dall'On. Almirante, un altro dagli On.
Almirante, Guarra ed altri, il terzo dall'On. Rauti.
Mi si consenta qui una breve digressione, non certo per convincere il Consigliere Carazzoni, ma solamente per far comprendere perché le forze politiche che hanno portato al voto il disegno di legge n. 500 non potevano accettare le proposte di legge del MSI. La loro impostazione si basa sul principio della compensazione delle cubature attribuite dai piani alle aree, fissate univocamente dal primo disegno di legge dell'On. Almirante nella misura di 3 metri cubi su metro quadro per le aree interne dei perimetri degli abitati, ed in 0,6 metri cubi su metro quadro per le aree esterne, con una media, quindi/ di circa un metro cubo su metro quadro su tutto il territorio. Questo principio non può essere accolto perché, se esso fosse esteso a tutto il Paese, i 30 milioni di ettari che costituiscono il territorio nazionale, pari a 300 miliardi di metri quadri ammetterebbero, con l'indice fondiario medio di un metro cubo a metro quadro, una edificabilità di 300 miliardi di metri cubi, il che significa a 100 mc. per abitante, una ricettività complessiva di 3 miliardi di abitanti So benissimo che non è nell'intenzione del Consigliere Carazzoni di ammettere nella nostra penisola una quantità cosi alta di abitanti, ma questo conteggio serve a dimostrare gli effetti aberranti di un meccanismo astratto, e il perché queste proposte non potessero essere accolte nella legge 10. Si evidenzia così la sostanziale differenza tra le proposte di legge del MSI basate sull'affermazione che "il diritto a edificare è connaturato alla proprietà del suolo" (art. 11 della proposta di legge n.
447 a firma degli On. Almirante, Guarra ed altri) e l'impostazione generale della legge n. 10. E poiché la proposta della compensazione dei volumi è già stata respinta in sede mozionale, non possiamo certo riprenderla in esame in sede legislativa regionale.
Il Consigliere Marchini ci spiegherà poi perché questa sia, secondo le sue affermazioni, una legge di retroguardia. Posso solo dirgli che non resterò molto angosciato, in questo periodo di intervallo, nell'attesa di conoscere il motivo della sua affermazione.
Il Consigliere Curci si riferiva intelligentemente a vari interventi dei professori D'Angelo e Forte sulla legge n. 10, avviando un discorso sulle perequazioni, che, nell'ambito dei comparti, è anche da noi recepito ma le sue riserve sembrano basate essenzialmente sul timore che la partecipazione possa, ad un certo punto, trasformarsi in delazione.



CURCI Domenico

Non ho detto delazione.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

Non avrà proprio usato questo termine, o posso aver mal compreso comunque posso assicurarla che la partecipazione è a nostro avviso il solo mezzo per modificare gli episodi di malcostume purtroppo presenti talora nella formazione e nella gestione dei piani. Riteniamo infatti che il momento partecipativo, se avviato fin dall'inizio del processo di pianificazione, esplichi un' azione moralizzante. Avremo comunque occasione di parlarne durante l'esame della legge.
Al Consigliere Castagnone Vaccarino ho già dato una risposta sul tema dei due livelli di pianificazione e sull'argomento ritorneremo in sede di discussione sull'articolato. Molti riconoscimenti fatti dal Consigliere Benzi mi toccano profondamente come rappresentante della maggioranza perché sono riconoscimenti ad un lavoro di approfondimento condotto nell'intento di dare risposte reali a problemi reali. Afferma che vi sono ancora elementi da migliorare e quindi il giudizio complessivo della sua parte politica è sospeso; attendiamo di conoscere le proposte di questi elementi migliorativi.
Tutta la prima parte dell'intervento svolto dal Consigliere Bianchi è pienamente condivisibile: si tratterà di vedere, durante l'esame dell'articolato, come e dove si evidenzieranno le differenze operative e dove egli appoggia la sua interpretazione di timore che le dichiarazioni di autonomia e di crescita non abbiano poi a tradursi in fatti reali. Il Consigliere Bianchi ha parlato insistentemente di stimolo alla creatività nella formazione dei piani: siamo perfettamente d'accordo. Riteneva tuttavia che molte cose attuate nel lontano passato e che noi oggi stimiamo ottime, fossero un risultato raggiunto al di fuori di un processo di razionalizzazione e di un piano: devo contraddirlo, ricordando che molti risultati urbanistici del passato sono invece proprio il frutto di una consapevole pianificazione; questa non avveniva certo con gli stessi metodi usati oggi, ma si basava ciò nondimeno su di una regolamentazione estremamente rigida; basti ricordare gli statuti del periodo comunale quando il controllo partecipativo era estremamente ampio, e vi erano delle responsabilità precise e delle cariche elettive per la formazione e la gestione della città, come ad esempio i magistri viari, cui competeva la responsabilità sulle altezze degli edifici, sugli allineamenti, sulla manutenzione del patrimonio edilizio. Cosicché certe cose che oggi sembrano frutto di improvvisazione e di estro, sono invece il frutto di un processo razionalizzante, avvenuto in modi diversi nell'ambito delle varie epoche.
Lungi da noi qualsiasi tentazione tecnocratica o burocratizzante nella formazione e gestione dei piani attribuitaci dal Consigliere Bianchi. Credo di avere fornito solide argomentazioni di confutazione, illustrando il significato di tutto il processo pianificatorio; avremo comunque modo di sviluppare profondamente la discussione anche su questo argomento in sede di esame dell'articolato come pure di sfatare ogni accusa di vincolismo ritardante.
In definitiva, la maggioranza si presenta con la convinzione che il lavoro compiuto abbia raggiunto una sufficiente maturità per passare all'esame dei singoli articoli, ma si dichiara pronta ad ulteriori spiegazioni ed a recepire suggerimenti migliorativi. A problemi reali abbiamo sempre fornito risposte in termini reali. Se adotteremo questa nostra divisa anche nell'esame dei 90 articoli della legge, ne supereremo il lungo iter dopo averli ampiamente sviscerati, toccando il traguardo nella convinzione di aver raggiunto un risultato certamente utile per il futuro della nostra Regione.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, al fine di stabilire le modalità circa la prosecuzione dei lavori, sospendo brevemente la seduta e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 12,00 riprende alle ore 12,30)



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, durante la conferenza dei Capogruppo si è rimasti intesi che il Consiglio regionale verrà riconvocato i giorni 19, 20, 21 22, 23 settembre per la prosecuzione dell'esame della legge di cui abbiamo concluso ora la discussione generale.
Il 7 settembre presso la Commissione senatoriale degli Affari costituzionali il Consiglio regionale del Piemonte è convocato per una consultazione circa le modifiche dello Statuto regionale.
In relazione alla prosecuzione dei lavori di oggi, l'intesa è di procedere alle nomine indicate al punto dodicesimo dell'ordine del giorno e all'esame dei progetti di legge nn. 123 e 173, 220 e 230.
Vi sono osservazioni? Non ve ne sono.


Argomento: Nomine

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo quindi alla nomina di cui al punto 12/a all'ordine del giorno: Designazione rappresentante regionale nel Consiglio di Amministrazione dell'Ente Autonomo Mostra Mercato dell'Artigianato di Firenze. E' proposto il nome del dott. Tarello.
Si distribuiscano le schede.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 ha ottenuto voti: TARELLO Piercarlo 43 scheda bianca 1 E' eletto il dott. Tarello.
Passiamo alle nomine di cui al punto 12/c: Nomina Comitato regionale per i beni culturali (art. 35 D.P.R. 3/12/1975, n. 805).
E' stata distribuita una scheda tipo con i nomi indicati.



CARAZZONI Nino

In questo caso non esiste la segretezza del voto. Volendo votare scheda bianca, come dobbiamo comportarci?



PRESIDENTE

Si voterà scheda bianca. Non risulterà comunque il nome di chi ha cancellato i nomi.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione per la nomina del Comitato regionale per i beni culturali: presenti e votanti: 46 hanno ottenuto voti: FIORINI Fausto 43 RIVALTA Luigi 43 ASTENGO Giovanni 43 ROSCI Marco 43 PICCO Giovanni 43 CALSOLARO Corrado 43 TAMAGNONE Anna 43 RICHETTA Liliana 43 BORASI Vincenzo 43 GRASSI Luigi 43 CASTELNUOVO Enrico 43 ROGGERO Mario 43 FIRPO Luigi 43 schede bianche 3 I signori Fiorini Fausto, Rivalta Luigi, Astengo Giovanni, Rosci Marco Picco Giovanni, Calsolaro Corrado, Tamagnone Anna, Richetta Liliana, Borasi Vincenzo, Grassi Luigi, Castelnuovo Enrico, Roggero Mario, Firpo Luigi sono pertanto eletti.
Passiamo alla sostituzione del signor Domenico Piacenza, membro dimissionario del Consiglio di Amministrazione dell'Ospedale Maggiore San Giovanni Battista e della città di Torino.
Il candidato proposto è Vittorio Roux. Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 ha ottenuto voti: Vittorio ROUX 42 schede bianche 3 Il signor Roux è eletto in sostituzione di Domenico Piacenza.


Argomento: Cooperazione - Calamità naturali

Esame disegno di legge 230 "Norme per l'esercizio delle funzioni delegate alle Regioni con D.P.R. 15/1/1972 n. 8 in materia di interventi in dipendenza di calamità naturali"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame disegno di legge 230 "Norme per l'esercizio delle funzioni delegate alle Regioni con D.P.R. 15/1/1972 n. 8 in materia di interventi in dipendenza di calamità naturali".
La relazione del Consigliere Bono è stata distribuita da tempo e per brevità la considero letta. Verrà comunque pubblicata negli atti del Consiglio. Nessuno chiede di parlare, procediamo alla votazione dell'articolato.
"Articolo 1 - La Regione Piemonte, entro i limiti delle competenze fissate dal D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, e successive modificazioni promuove interventi per la realizzazione di opere di prevenzione, soccorso e ripristino resesi necessarie a seguito di calamità naturali particolarmente gravi".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 51 Consiglieri L'articolo 1 è approvato.
"Articolo 2 - Gli interventi di cui al Precedente art. 1 possono riguardare: a) lavori di pronto intervento ai sensi del D.L. 12/4/1948, n. 1010, che possono essere eseguiti anche a carattere definitivo, direttamente od a mezzo delle Province, dei Comuni e delle Comunità Montane. Le provvidenze di cui sopra possono essere estese agli interventi già iniziati od eseguiti, sia a cura della Regione che per iniziativa di Province, Comuni e Comunità montane b) lavori di ripristino e di sistemazione definitiva delle opere pubbliche di competenza regionale, danneggiate. Il ripristino delle opere può essere effettuato in sede più adatta e con strutture o dimensioni diverse da quelle preesistenti, qualora sia necessario far corrispondere le opere stesse ad esigenze idrauliche, idrogeologiche od urbanistiche. I lavori di cui al presente comma possono essere eseguiti dalle Province, dai Comuni e dalle Comunità montane o direttamente dalla Regione c) concessione di contributi sulla spesa occorrente per assicurare la stabilità, per la riparazione o la ricostruzione di fabbricati urbani di proprietà privata di qualsiasi natura e destinazione: 1) nella misura del 90 % quando si tratta di alloggi la cui consistenza fosse, prima del sinistro, di non più di tre vani e accessori 2) nella misura dell'80 % quando si tratti di alloggi la cui consistenza fosse, prima del sinistro, di quattro o cinque vani e accessori 3) nella misura del 70 % negli altri casi.
L'ammontare dei contributi di cui ai commi precedenti non può superare la somma di L. 10.000.000 per ciascuna unità immobiliare.
Le domande per la concessione di contributi, corredati dal computo metrico-estimativo dei lavori, debbono essere presentati entro 90 giorni dal provvedimento statale che autorizza gli interventi, ai competenti uffici regionali del Genio Civile che provvedono agli accertamenti circa la natura ed entità del danno subito dall'immobile".
Nessuno chiede di parlare? Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 50 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
"Articolo 3 - Qualora i lavori di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2 vengano eseguiti dalle Province, dai Comuni o dalle Comunità montane, la Regione, determinata la spesa necessaria per l'esecuzione di ciascun intervento, potrà concedere all'Ente medesimo un contributo forfettario in capitale commisurato alla spesa predetta.
Per l'erogazione di detto contributo le somme relative al finanziamento regionale sono poste a disposizione dell'Ente interessato nella misura del 50 % dell'importo previsto in progetto a presentazione, da parte degli Enti interessati, del verbale di consegna dei lavori; per l'ulteriore 40 previa presentazione dello stato di avanzamento emesso al raggiungimento del 40 % dei lavori; il 10 % od il minor importo necessario, a presentazione del certificato di collaudo o del certificato di regolare esecuzione debitamente approvati.
Le somme di cui al comma precedente dovranno essere introitate dagli Enti sul titolo "Partite di giro" del rispettivo bilancio, vincolate al pagamento di quanto dovuto per l'opera cui si riferiscono ed a tale titolo gestite.
Per le opere realizzate direttamente dalla Regione, in sede di approvazione dei progetti: può essere disposta l'anticipazione in favore dei dirigenti degli Uffici tecnici periferici delle somme previste, salvo l'obbligo di rendiconto.
I contributi di cui al punto c) dell'art. 2 saranno erogati in misura proporzionale, sulla base di apposita dichiarazione dell'Ufficio regionale del Genio Civile competente, che attesti l'avvenuta esecuzione di almeno il 50 % dei lavori.
Il saldo verrà corrisposto a seguito di analoga certificazione di regolare esecuzione dei lavori".
Nessuno chiede di parlare, si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 48 Consiglieri L'articolo 3 è approvato.



PAGANELLI ETTORE



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

"Articolo 4 - I programmi d'intervento sono approvati dalla Giunta regionale sentita la Commissione consiliare competente".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 49 Consiglieri L'articolo 4 è approvato.
"Articolo 5 - Le opere pubbliche previste dalla presente legge sono dichiarate di pubblica utilità ed i relativi lavori sono indifferibili ed urgenti a tutti gli effetti di legge.
I progetti di dette opere saranno sottoposti ai pareri tecnici previsti dalle vigenti leggi regionali e, se realizzati a cura diretta della Regione, saranno approvati con decreto del Presidente della Giunta regionale".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 51 Consiglieri L'articolo 5 è approvato.
"Articolo 6 - Per sopperire alle necessità derivanti dagli eventi alluvionali del maggio 1977 eccedenti l'apposito finanziamento statale nonché per consentire la realizzazione di quelle opere, già ammesse a contributo regionale in annualità ai sensi della legge regionale 16/5/1975 n. 28 e successive modificazioni, per le quali gli Enti interessati non possono ottenere il finanziamento per effetto della legge 17 marzo 1977 n.
62, la Regione Piemonte potrà concedere contributi in annualità nella misura e per la durata occorrenti al totale ammortamento, compresi gli oneri per le spese di interessi, dei mutui da contrarsi con la Cassa Depositi e Prestiti o con gli Istituti di Previdenza del Ministero del Tesoro".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 51 Consiglieri L'articolo 6 è approvato.
"Articolo 7 - Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui all'art. 1 della presente legge si provvede mediante utilizzo della somma che risulterà assegnata alla Regione Piemonte in base ad apposito provvedimento legislativo statale.
Nel bilancio per l'anno finanziario 1977 saranno iscritti: il capitolo n. 375 di entrata, con la denominazione: 'Assegnazione di fondi per la realizzazione di opere di prevenzione, soccorso e ripristino resesi necessarie a seguito di calamità naturali particolarmente gravi', nonché il capitolo n. 12180, con la denominazione: 'Interventi per la realizzazione di opere di prevenzione, soccorso e ripristino resesi necessarie a seguito di calamità naturali particolarmente gravi' e con dotazione e stanziamento rispettivamente pari all'ammontare dell'assegnazione di cui al precedente comma.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 50 Consiglieri L'articolo 7 è approvato.
"Articolo 8 - Al finanziamento degli oneri derivanti dai limiti di impegno, valutati ciascuno in 1600 milioni per l'anno finanziario 1977 e per l'anno finanziario 1978, relativi alla concessione dei contributi di cui al precedente articolo 6, si provvederà con la prima variazione al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1977 successiva all'entrata in vigore della presente legge".
Chiede la parola l'Assessore Simonelli. Ne ha facoltà.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione, bilancio e finanze

Nel testo iniziale della legge vi era la possibilità di collocare l'articolo finanziario e di reperire immediatamente i fondi, servendosi del capitolo disposto per il finanziamento del Piano regionale di sviluppo che reca la disponibilità per 3 miliardi e 170 milioni; questa ipotesi aveva però un inconveniente: nell'approvare il bilancio preventivo per il 1977 il Commissario del Governo aveva rilevato che al fondo destinato al finanziamento del Piano regionale di sviluppo si sarebbe potuto accedere soltanto con un provvedimento complessivo, cioè attraverso una legge di variazione di bilancio. Si è ritenuto perciò più corretto non finanziare questi interventi ma rinviare alla legge di variazione.
Il testo dell'articolo 8 è stato presentato in questo senso. Ciò non comporta ritardi nell' erogazione dei fondi, perché la legge di variazione del bilancio dovrà essere affrontata quanto prima, per intanto possono andare avanti tutte le procedure amministrative.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Non vi sono altre osservazioni. Si proceda alla votazione dell'articolo 8.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 51 Consiglieri L'articolo 8 è approvato.
"Articolo 9 - La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art.
45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 51 Consiglieri Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 50 Consiglieri Il disegno di legge è approvato.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali - Cooperazione

Esame disegno di legge n. 220 "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di centro di formazione professionale della Regione"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Passiamo all'esame del disegno di legge n. 220 "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di centro di formazione professionale della Regione".
La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Tutte le forze politiche hanno indicato l'area di Orbassano particolarmente interessante per l'inserimento di una scuola professionale data la dislocazione nel territorio di molte fabbriche. Abbiamo ricercato a lungo possibilità alternative di fabbricati che fossero in condizione di ricevere immediatamente tale struttura, l'unica soluzione è stata questa.
Il fabbricato non è ancora del tutto agibile perché un inquilino vi tiene ancora un deposito di carta, ma vi è la disponibilità completa della proprietà a cederlo. E' una struttura servita nei tempi passati per attività industriali, che si presta ad essere frazionata per una scuola professionale. Il Consigliere Borando ha seguito con molta attenzione questa vicenda. La proprietà aveva richiesto una cifra molto elevata, che si è poi ridotta: il fabbricato era stato acquistato al prezzo di lire 150 milioni tre anni fa; il prezzo, fra tasse e costi vari, è arrivato poi a lire 200 milioni. C'è stata una valutazione di tre tecnici esperti, molto prudenti e attenti, intorno ai 250/300 milioni, valutazione fatta nell'interesse dell'Amministrazione regionale, il proprietario addivenne alla cifra ultima di 330 milioni, cifra che, data la vastità dell'area, la copertura e le strutture esistenti, può essere ritenuta conveniente sotto ogni aspetto. La perizia dei tecnici potrà essere oggetto di ulteriore approfondimento.
Stamane abbiamo distribuito ai Capigruppo un documento contenente le possibilità di intervento strutturale.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Ringrazio il Presidente della Giunta per l'esauriente spiegazione. Sono perfettamente d'accordo sull'operazione. Colgo l'occasione per porre all'attenzione della Giunta che vi sono altre zone che hanno altrettanta necessità di scuole per la formazione professionale. Cito un caso che conosco, nel Comune di Biandrate. Un benemerito cittadino, morendo, lasci 100 milioni con cui si ampliò una scuola professionale. Il Comune intervenne in termini molto modesti e la scuola incominciò a funzionare.
Quella scuola potrebbe essere trasferita alla Regione senza alcun onere. Il Comune di Biandrate, se non interviene il Comprensorio, non riesce a soddisfare le esigenze di quella scuola: solitamente vi sono delle sezioni staccate di qualche istituto tecnico dove arrivano pochi mezzi per i libri ma rimangono scoperti i problemi della luce, della forza motrice, dell' acquisto delle macchine, della mensa. Il Comune è piccolo, ma per la sua localizzazione potrebbe servire un'area molto più vasta. Ritengo sarebbe cosa buona prendere in considerazione prospettive di questo genere non solo in quel Comune, ma anche altrove, tenendo conto che si possono acquisire gli immobili senza alcun onere finanziario.



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Non vi sono altre richieste di parola, possiamo passare alla votazione dell' articolato.
"Articolo 1 - E' autorizzato l'acquisto dell'immobile, sito in Orbassano, Via Rivalta n. 50, da destinare a sede di uffici e servizi regionali al prezzo di 330 milioni.
La Giunta regionale stabilirà, con propria deliberazione, le altre condizioni del contratto per l'acquisto dell'immobile di cui al precedente comma".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo 1 è approvato.
"Articolo 2 - All'onere di 330 milioni di cui al precedente articolo si provvede mediante l'utilizzo di una quota di pari ammontare dell' avanzo finanziario stabilito dal rendiconto generale per l'anno 1975.
Nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1977 sarà conseguentemente istituito il capitolo 10452 con la denominazione "Spesa per l'acquisto di un immobile sito in Orbassano, Via Rivalta n. 50, da destinare a sede di uffici e servizi regionali" con lo stanziamento di 330 milioni.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero disegno di legge n. 220.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'intero disegno di legge è approvato.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati - Calamità naturali

Esame progetti di legge n. 123 e n. 173: "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali n. 1 del 14/1/1974 e n. 24 del 31/10/1973, istituzione del fondo regionale per le calamità naturali"


PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Passiamo all'esame dei progetti di legge n. 123 e n. 173: "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali n. 1 del 14/1/1974 e n. 24 del 31/10/1973. Istituzione del fondo regionale per le calamità naturali".
La relazione del Consigliere Chiabrando, distribuita per tempo, verrà allegata agli atti.
Passiamo all'articolo 1: "Articolo 1 - (Finalità) - Al fine di realizzare un tempestivo intervento finanziario a favore delle aziende agricole danneggiate da eccezionali avversità atmosferiche e di permetterne una sollecita ripresa economica, è autorizzata l'erogazione da parte della Regione di anticipazioni sulle provvidenze dello Stato previste dagli artt. 5 e 7 della legge 25 maggio 1970 n. 364.
La Regione concede altresì contributi per il ripristino delle strutture fondiarie danneggiate, di cui all'art. 5 della presente legge e contributi in capitale alle Cantine sociali per minori conferimenti".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri L'articolo 1 è approvato.
"Articolo 2 - (Riconoscimento di eccezionalità degli eventi e delimitazione zone) (Proposte regionali) - Gli interventi di cui all'articolo precedente, sono adottati sulla base delle proposte della Giunta regionale al Ministero competente per l'emanazione dei decreti di riconoscimento del carattere di eccezionalità delle calamità naturali o delle avversità atmosferiche e di delimitazione delle zone colpite di cui all'art. 2 della legge 25/5/1970 n. 364 e successive modificazioni ed integrazioni.
Gli interventi previsti al comma precedente possono essere disposti anche prima dell'emanazione dei decreti ministeriali anzidetti.
Le deliberazioni di proposta della Giunta regionale dovranno essere adottate non oltre 30 giorni dal verificarsi dell'evento calamitoso.
In caso di urgenza, le proposte possono essere formulate dal Presidente della Giunta regionale, fatta salva la successiva ratifica da parte della Giunta stessa".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
"Articolo 3 - (Anticipazione agevolazioni contributive) - La Giunta regionale, con pro.pria deliberazione, può disporre l'anticipazione agli aventi diritto del contributo in conto capitale di cui all'art. 5, 2 comma, della legge 25/5/1970 n. 364, alla cui erogazione provvedono gli Ispettorati Agrari Provinciali secondo le modalità previste dalla legge regionale 15/1/1976 n. 3.
L'anticipazione è graduata in rapporto al danno subito e comunque non può superare l'importo previsto dalla legge 25/5/1970, n. 364 e successive modificazioni ed integrazioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'articolo 3 è approvato.
"Articolo 4 - (Anticipazione agevolazioni creditizie e contributive) La Giunta regionale può disporre L'anticipazione delle agevolazioni sui prestiti di cui agli artt. 5, 1° e 2° comma e 7 della legge 25/5/1970 n.
364.
A tal fine la Regione stipula apposita convenzione con gli Istituti e gli Enti esercenti in credito agrario, i quali, in base alla quota di concorso negli interessi riscossa sui fondi statali per le operazioni di cui al primo comma, procedono, nei confronti dell'Amministrazione regionale, al conguaglio degli interessi corrisposti dall'Amministrazione stessa".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 43 Consiglieri L'articolo 4 è approvato.
"Articolo 5 - (Ripristino strutture fondiarie) Al fine di favorire l'immediato ripristino delle strutture danneggiate, la Giunta regionale pu concedere alle aziende agricole che possono beneficiare del contributo in conto capitale previsto dall'art. 4, 1° e 2° comma della legge 25/5/1970 n.
364, il concorso negli interessi sui prestiti contratti con gli Istituti di credito autorizzati per il ripristino delle strutture stesse.
Il concorso negli interessi è concesso fino al momento dell'effettiva erogazione dei contributi statali e comunque per un periodo massimo di due anni.
E' accordata preferenza ai coltivatori diretti singoli ed associati ed alle cooperative agricole.
Il tasso a carico dei conduttori di aziende agricole è quello stabilito per il credito agrario di miglioramento. Resta a carico del fondo regionale la differenza tra il tasso di riferimento fissato in base all'art. 34 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni ed integrazioni, e quello a carico degli agricoltori.
Qualora il contributo in conto capitale previsto dall'art . 4, 1° e 2 comma della legge 25/5/1970, n. 364 non sia liquidato ai beneficiari del concorso in interessi previsto dal presente articolo la Giunta regionale può concedere all'avente diritto la trasformazione della passività per un importo non superiore a quello del prestito di un mutuo a tasso agevolato in base all'art . 5 lett. a) della legge regionale 8/9/1975 n. 51.
Le provvidenze di cui al presente articolo sono concesse con deliberazione della Giunta regionale/ a seguito della quale gli Istituti ed Enti abilitati all'esercizio del credito agrario sono autorizzati a concedere i relativi prestiti e mutui".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri L'articolo 5 è approvato.
"Articolo 6 - (Mancato o parziale accoglimento delle proposte) - In caso di mancato o parziale accoglimento delle proposte di cui all'art. 2 ovvero in caso di eccedenza delle somme anticipate dalla Regione per gli interventi di cui agli artt. 3 e 4 della presente legge rispetto alle disponibilità derivanti dall'applicazione della legge 25/5/1970 n. 364 l'onere delle provvidenze concesse e non reintegrate resta a carico della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
"Articolo 7 - (Termine presentazione domande) - Le domande per la concessione delle provvidenze di cui agli artt. 3 - 4 e 5 della presente legge, devono essere presentate entro 50 giorni dalla data di pubblicazione delle deliberazioni della Giunta regionale) di cui all' art. 2, sul Bollettino Ufficiale della Regione, agli Ispettorati provinciali dell'agricoltura competenti per territorio, i quali cureranno la relativa istruttoria con le modalità stabilite dal 4° e 5° comma dell'art. 3 della legge regionale 15/1/1976 n. 3".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 44 Consiglieri L'articolo 7 è approvato.
"Articolo 8 - (Contributi alle Cantine sociali per minori conferimenti) Le misure massime dei contributi in conto capitale previsti dal terzo e quarto comma dell'art. 1 della legge regionale 14/1/1974 n. 1, sono rispettivamente elevate da lire 450 a lire 800 e da lire 650 a lire 1.000 per ogni quintale di uva conferita in meno".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 45 Consiglieri L'articolo 8 è approvato.
"Articolo 9 - (Decorrenza) - Le provvidenze previste dalla presente legge si applicano per gli eventi verificatisi dopo il 1° gennaio 1977.
Per gli eventi verificatisi anteriormente all' entrata in vigore dalla presente legge, il termine di 50 giorni di cui al precedente articolo 7 decorre dalla data dell'entrata in vigore della presente legge ".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'articolo 9 è approvato.
"Articolo 10 - (Fondo interbancario di garanzia) - Le operazioni di credito agrario di cui alla presente legge ed alla L.R. 31/10/1973 n. 24 sono assistite dalla garanzia sussidiaria del 'Fondo interbancario di garanzia' di cui all'art. 36 della legge 2/6/1961 n. 454 e successive modificazioni ed integrazioni".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'articolo 10 è approvato.
"Articolo 11 - (Rinvio) - Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le norme della legge 25/5/1970, n.
364 e successive modificazioni ed integrazioni".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'articolo 11 è approvato.
"Articolo 12 - (Disposizioni finanziarie) - Le anticipazioni di cui agli artt. 3 e 4 della presente legge sono disposte rispettivamente a carico dei capitoli n. 18500, n. 18560 e n. 18580 del bilancio per l'anno finanziario 1977 e dei corrispondenti capitoli dei bilanci per gli anni finanziari successivi.
Ai fini di cui al precedente comma nei capitoli n. 3500, n. 3560 e n.
3580 dello stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 1977 e dei corrispondenti capitoli 18500, 18560 e 18580 dello stato di previsione della spesa per l'anno medesimo saranno iscritte rispettivamente la somma di lire 500 milioni, la somma di lire 1.000 milioni e la somma di lire 1.000 milioni.
Con successive leggi regionali, compresa quella di approvazione del bilancio, saranno determinate le somme da iscrivere nei capitoli n. 3500 n. 3560 e n. 3580 di entrata nonché 18500, 18560 e 18580 di spesa dei bilanci per gli anni finanziari 1978 e successivi.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 43 Consiglieri L'articolo 12 è approvato.
"Articolo 13 - (Disposizioni finanziarie) - Per gli interventi di cui agli artt. 5 ed 8 della presente legge è autorizzata la spesa di lire 300 milioni a decorrere dall'anno finanziario 1977.
All'onere di cui al precedente comma si provvede utilizzando le autorizzazioni di spesa stabilite per l'anno medesimo dalla legge regionale 31/10/1973 n. 24 e dalla legge regionale 14/1/1974 n. 1 nella rispettiva misura di lire 100 milioni e lire 200 milioni con conseguente soppressione degli stanziamenti dei capitoli n. 7460 e n. 12960 dello stato di previsione della spesa per lo stesso anno.
Nello stato di previsione della spesa per l'anno medesimo sarà istituito il cap. 12970 con la denominazione: "Fondo regionale per le calamità naturali in agricoltura" e con lo stanziamento di lire 300 milioni.
Nel bilancio degli anni finanziari 1978 e successivi sarà iscritto il cap. 12970 con la denominazione e lo stanziamento indicati nel precedente comma.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo 13 è approvato.
"Articolo 14 - (Modifiche L.R. 31/10/1973 n. 24) - Sono soppressi gli artt. 2, 3, 4, 1° comma della legge regionale 31/10/1973 n. 24".
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 43 Consiglieri L'articolo 14 è approvato.
Passiamo ora alla votazione dell'intero disegno di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENZA DEL VICE PRESIDENTE PAGANELLI

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 42 Consiglieri L'intero disegno di legge è approvato.
Abbiamo così terminato l'esame dei provvedimenti che i Capigruppo avevano stabilito di concludere stamane.
Anche a nome del Presidente, che ha dovuto assentarsi in anticipo auguro meritate buone vacanze a tutti i Consiglieri. L'appuntamento è per il 19 settembre.



(La seduta ha termine alle ore 13,10)



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