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Dettaglio seduta n.136 del 27/07/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Piani pluriennali

Conclusione del dibattito sul Piano regionale di sviluppo 1977-1980


PRESIDENTE

La seduta è aperta Riprendiamo i nostri lavori, Passiamo quindi alle dichiarazioni di voto dei Gruppi che precedono l'atto della votazione dello schema di deliberazione del Piano di sviluppo E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a conclusione di un lungo ed approfondito dibattito nel quale il Consiglio regionale è stato impegnato in tutte le sue componenti politiche da più giorni, interveniamo con questa dichiarazione di voto per confermare, dopo le repliche della Giunta, la convinta opposizione al Piano di sviluppo 1977-80 del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale. Lo faremo richiamandoci alla sostanza delle argomentazioni già svolte, con più amarezza rispetto all'intervento effettuato durante la discussione generale, precisando cioè che la nostra opposizione deve intendersi, anzi vuole qualificarsi, come opposizione di principio e come opposizione di merito. Come opposizione di principio poiché rifiutiamo, e ne abbiamo già illustrato i motivi, il modello di programmazione cui questo Piano si ispira e che nei suoi presupposti non possiamo che considerare astratto e velleitario, convalidati nel giudizio negativo dai risultati fallimentari di tutti gli esperimenti programmatori finora tentati nel nostro Paese.
Ad una programmazione meramente indicativa il Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale contrappone il modello di una programmazione impegnativa, una programmazione che scaturisca dagli stessi protagonisti che abbia nelle varie sedi le verifiche democratiche necessarie, ma che in fase attuativa comporti l'obbligatorietà della scelta; cioè una programmazione diversa, nuova, caratterizzata dalla globalità, dalla concertazione, dal consenso e dalla guida dello Stato. E' dunque una opposizione di principio, ma, come dicevamo, è anche opposizione di merito poiché il documento non ha l'impronta, il respiro, soprattutto la dignità di un Piano di sviluppo, pure dopo lo schema di deliberazione che ci è stato presentato nella tarda mattinata, in quanto al di là degli errori di previsione, per molti aspetti inaccettabili e tardivamente riscontrati accertati nello schema di bilancio pluriennale, di fatto elenca ed affastella un insieme di problemi, senza contenere indirizzi e criteri precisi secondo i quali ordinare interventi e priorità. In tre giorni di dibattito l'abbiamo sentito definire in molti modi, questo piano, e, tra le tante definizioni, quella che ci è sembrata essere la più espressiva, la più completa, ha qualificato il documento portato al nostro esame dalla Giunta come una dichiarazione di intenti. Ecco, siamo d'accordo, è una valutazione che ci piace, la condividiamo, e per quanto possibile la vogliamo fare nostra.
Da questa angolazione, e dalle sottolineature che vogliamo fare, anche a conferma della validità di questo giudizio, e sarà poi questo il solo riconoscimento dato alla Giunta, noi ammettiamo che nel luglio 1977 l'esecutivo regionale colpevole di già gravi ritardi, non potendo dilazionare ulteriormente l'avvio di una attività programmata, si è finalmente deciso a dare un inizio, a prendere una posizione, a rompere gli indugi. Purtroppo però per il Piemonte, chiamato ad essere cavia del modo nuovo di governare delle sinistre, l'ha fatto non con un Piano di sviluppo ma con una dichiarazione di intenti. A sua volta poi rivelatasi insufficiente per genericità, per incertezze, per contraddizioni. Ed è su questi rilievi che si incentra la nostra opposizione di merito.
Abbiamo detto opposizione di principio, abbiamo aggiunto opposizione di merito; potremmo forse fermarci a questo punto. Qui giunti riteniamo invece di non poter concludere, dopo aver chiarito con la massima precisione possibile la posizione del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale senza introdurre qualche considerazione più determinante di significato politico. Intervenendo nel dibattito generale noi abbiamo tenuto a sottolineare, in polemica o comunque in replica a talune osservazioni espresse dal Consigliere Rossotto nella sua relazione introduttiva, che questo particolare, che questo indicativo "momento" della Regione Piemonte è gestito sullo sfondo di un quadro istituzionale venuto a modificarsi a seguito della legge n. 382, che - nel varco aperto dalla resa democristiana e dalle pretese comuniste - di fatto ha distrutto lo Stato unitario per fare posto allo Stato federativo delle Regioni; nonché, sullo sfondo di un quadro politico, parimenti modificato, per il fatto che il cosiddetto accordo a sei, lasciando cadere la pregiudiziale anticomunista, è intervenuto nella sostanza ad ufficializzare l'accordo D.C.-P.C.I.
Tutto questo lo abbiamo già detto due giorni fa, e non riteniamo ora di doverci ripetere, anche perché ciò che riteniamo essere adesso di preminente significato politico è un commento alle posizioni che a seguito del dibattito qui svoltosi abbiamo visto emergere all'interno di questo Consiglio regionale. Nessuno può certo obiettare o contestare che il voto dato su un progetto di Piano di sviluppo possa comodamente essere qualificato come un voto anonimo. Intendiamo cioè dire che non si tratta di votare una qualsiasi legge di modifica o di rifinanziamento: si tratta invece di dare un voto qualificante, cioè di scegliere un campo, avendo la responsabilità e la forza, trovando la coerenza ci assumersene poi tutte le conseguenze.
Abbiamo sentito dire che il Gruppo della Democrazia Cristiana voterà contro il Piano di sviluppo, e da parte nostra abbiamo già anche avuto modo di commentare questo voto contrario dicendo che è un voto che non pu impressionarci, che non può commuoverci, perché lo riteniamo irrilevante o addirittura di nessun peso a fronte di quelle minacciose e preoccupanti nuove realtà, cioè mutamento del quadro istituzionale e mutamento del quadro politico, che la Democrazia Cristiana, al di là degli anomali comportamenti periferici, ha la colpa di avere determinato a livello nazionale. Se mai avessimo avuto un dubbio in questa valutazione, proprio le argomentazioni svolte stamane dall'Assessore Simonelli sono venute a conferma. L'Assessore Simonelli si dichiarava sorpreso dall'atteggiamento del Gruppo della D.C. che ha avuto solo in questa ultima fase connotazioni o caratteristiche diverse da quelle in precedenza tenute. Non è arrivato a dire, come noi invece ci siamo permessi sottolineare, che di voto di mera facciata o di puro tatticismo si è trattato; ma, nella sostanza, le osservazioni, crediamo pertinenti in questo caso, di un autorevole rappresentante della maggioranza, ci paiono essere venute a confermare proprio il tipo di impostazione che abbiamo dato. Ma abbiamo anche sentito dire, così ci è parso almeno di capire dagli interventi dei Consiglieri Gastaldi, Benzi, Castagnone Vaccarino, Cardinali, che altri Gruppi (ci riferiamo al PRI ed al PSDI) nella votazione sul Piano si asterranno o addirittura potranno giungere a votare a favore. Per il vero non ci interessa molto sentire come verranno ad essere argomentate e motivate queste posizioni, purché non ci si venga a raccontare che, per carità, non si tratta di una scelta di campo o addirittura, come diceva ieri il collega Cardinali, in polemica con la stampa, che non si tratta di ribaltamento di posizioni.
Adesso, signor Presidente della Giunta, anche lei che fino a questo momento è stato alla testa di un governo regionale che si è retto grazie all'apporto di quello che passerà alla storia, o per lo meno alle cronache di questa seconda legislatura, come il "trentunesimo voto", adesso, come tutti noi d'altra parte, se ne andrà in vacanza. In Italia le "feriae" - lo diciamo alla latina con il dittongo finale - sono sacre anche se tutto minaccia di crollare o se tutto forse ormai è crollato. E' indubbio per che il quadro politico della Regione Piemonte dopo questa votazione sul progetto di Piano di sviluppo viene ad essere profondamente sconvolto, o quanto meno, almeno questo non lo si potrà negare, e un quadro che si è messo in rapido movimento. Per cui, signor Presidente della Giunta, alla ripresa autunnale noi le chiediamo di promuovere una verifica.
E' un dovere morale prima che un dovere politico, al quale ella e la maggioranza non possono più sottrarsi, perché la comunità piemontese ha il diritto di sapere da quali formule politiche si trova ad essere amministrata e governata. Se poi al trentunesimo voto lei riuscirà ad aggiungerne altri, ne prenderemo atto, purché le aggregazioni avvengano alla luce del sole, purché le aggregazioni si verifichino senza più ambiguità alcuna, purché le aggregazioni siano fatte in modo chiaro inequivoco, che si sappia insomma chi sta di qua e chi sta di là, chi si è determinato a tradire gli impegni elettorali e chi invece vuole continuare ad osservarli ed a rispettarli; chi ha scelto la strada comoda del compromesso e dell'inserimento e chi invece vuole continuare a stare all'opposizione.
Noi staremo comunque al nostro posto, senza riserve e senza debolezze con l'umiltà che ci viene dalla riconosciuta limitata consistenza di cui siamo forti, ma anche con l'orgoglio che ci perviene dalle idee, alle quali profondamente crediamo; noi saremo qui, punto di riferimento in quest'aula e al di fuori di questa assemblea, per tutti gli uomini liberi che, come noi ed al di là di quelli che sono i nostri riconosciuti rapporti di conoscenza, di rispetto, addirittura di stima per taluni rappresentanti del Partito comunista, non si rassegneranno mai, ripetiamo mai, costi quello che costi, a vivere in una Italia comunista o che sia comunistizzata per complicità e per debolezze altrui. Signor Presidente del Consiglio, noi ribadiamo l'opposizione del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale alla deliberazione di adozione del Piano di sviluppo 1977-1980; ma le chiediamo anche, seppure questa richiesta non è conforme al disposto regolamentare, che lei voglia fare effettuare la votazione per appello nominale perché sin da questo momento ognuno cominci ad assumersi apertamente responsabilità precise anche sul piano personale. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la discussione di questi giorni sul Piano di sviluppo regionale è stata sostanzialmente condizionata da due avvenimenti politici destinati a mutare il quadro politico ed istituzionale del nostro Paese: il processo che ha visto uno stretto confronto tra le forze politiche si è concluso con un accordo positivo anche se limitato, che non si discosta - se proprio non deriva - da quella sorta di filosofia dell'emergenza, di cui siamo tutti da tempo sostenitori da quando cioè ha cominciato a prendere corpo e rilievo sempre più visibile e preoccupante la natura della crisi che ha investito la società italiana i decreti di attuazione della legge 382, che nonostante le riserve a tutti note formulate dal PSI, e dal nostro Gruppo consiliare condivise, apre finalmente la via alla seconda fase costituente regionale per la realizzazione di quella Repubblica delle autonomie che consentirà alle Regioni di dedicarsi ai compiti di programmazione e di indirizzo che ne qualificano la presenza nel Paese.
Con l'approvazione del Piano di sviluppo e dopo quello della legge sulle procedure della programmazione, della legge quadro dei trasporti della riorganizzazione dei servizi sociosanitari ai quali segue, in questa stessa tornata, l'esame e l'approvazione della legge sulla tutela e l'uso del suolo, si chiude la prima fase, il primo triennio, della seconda legislatura. Il sopravvenire della pausa estiva, oltre ad interrompere un ritmo di lavoro del Consiglio e delle Commissioni che ha quasi raggiunto i limiti d ella dissennatezza, consentirà di volgere l'attenzione a quanto è stato fatto e a come si è operato; di trarre le conclusioni di un impegno che è sempre stato presente nei comportamenti e negli atti delle forze politiche di questo Consiglio; di confrontare propositi e risultati; e di trarre le opportune valutazioni per il restante ed ancora lungo periodo che ci separa dalla fine della legislatura, avendo però già predisposto - come ha detto il Presidente della Giunta - tutti gli strumenti necessari per dare alla Regione un volto e una fisionomia che corrisponda al disegno propostoci.
Il collega Bellomo, che come me rappresenta il gruppetto dei Consiglieri socialisti (quasi una specie di minoranza rispetto al Gruppo formalmente costituito) e che ha seguito, come membro della I Commissione i lavori preparatori, di approfondimento, di redazione e di puntualizzazione del Piano, ha già illustrato nel suo ampio intervento la posizione del PSL Peraltro l'Assessore Simonelli, che del Piano e in un certo senso il grande facitore (avendo iniziato questa sua fatica sin dalla scorsa legislatura), rappresenta pur sempre, oltre che le posizioni collegiali della Giunta, la matrice socialista nel governo regionale e negli indirizzi della programmazione regionale.
Oggi, a conclusione di un confronto durato praticamente due anni giunge al voto del Consiglio il Piano di sviluppo della Regione Piemonte il primo che venga approvato nel nostro Paese. In questo periodo all'iniziale proposta della Giunta, è seguito un lungo confronto che ha coinvolto le parti sociali, gli Enti locali e tutte le forze politiche del Consiglio. Si può dire che intorno alla proposta di Piano si sia avuto il massimo di partecipazione e di confronto da quando e in vita la Regione Piemonte. Questo non vuole essere un vanto delle forze politiche di maggioranza ma la semplice constatazione che, intorno a quello che si caratterizza come il momento centrale della seconda legislatura, si sia saputo e potuto coinvolgere nella misura più ampia possibile tutta la società regionale. Questo non significa naturalmente che il Piano che siamo chiamati a votare sia il migliore dei piani possibili, Siamo noi stessi per primi convinti, così come lo è la Giunta e lo stesso Assessore Simonelli che avendo ulteriore tempo a disposizione il Piano avrebbe potuto essere migliore. Ma tempo a disposizione non se ne aveva più. Infatti nel corso del 1977 tutte le Regioni sono chiamate a dotarsi di un Piano di sviluppo in ossequio alla legge 335. Il Piemonte arriva per primo a questo appuntamento. Nei prossimi mesi anche le altre Regioni seguiranno, qualcuna con un vero Piano di sviluppo, altre con semplici documenti programmatici.
A partire dal prossimo mese di settembre le indicazioni contenute nel Piano dovranno tradursi in precisi impegni finanziari, con la variazione del bilancio 1977 e soprattutto con I .approvazione del bilancio pluriennale e del bilancio preventivo per il 1978. Non vi era perciò tempo per ulteriori affinamenti, che del resto non sono impossibili, e che ci dovranno anzi impegnare senza soluzioni di continuità per il resto della legislatura. Del resto, proprio a partire dal prossimo mese di settembre, un'altra attività rivolta a garantire la realizzazione degli obiettivi del Piano sarà quella della verifica e del controllo sulla funzionalità e sull'efficacia delle leggi regionali che la I Commissione è impegnata ad iniziare subito dopo l'estate. Dunque uno stretto coordinamento tra il voto di oggi e i successivi impegni ai quali il Consiglio regionale è chiamato. Non abbiamo perciò alcuna remora nel dite che ciò che non è stato possibile rendere perfetto ed ottimale oggi, potrà tuttavia essere oggetto della nostra attenzione e del nostro approfondimento domani. Per questo ci sembrano sfocate ed eccessive le critiche di quanti hanno creduto di poter raffrontare questo Piano con un documento ottimale di programmazione astrattamente inteso come documento onnicomprensivo capace di dare risposta a tutte le domande senza lasciare margini di incertezza, di approfondimento e di ripensamento. Dopo quindici anni, da quando cioè la programmazione nazionale è partita faticosamente senza mai approdare a risultati significativi, ci pare veramente paradossale, o anche un tantino ridicolo che si pretenda dal primo documento della programmazione regionale quella compiutezza, quella formale perfezione che invano abbiamo chiesto per tanti anni ai documenti della programmazione nazionale. Del resto, che del Piano regionale piemontese si possa parlare come di un'utile e interessante base di discussione per i successivi approfondimenti, ne è prova l'interesse con il quale il Piano è stato esaminato e valutato nel corso della consultazione. Anche in questo caso da parte di talune forze sociali e di alcuni dei Comprensori sono venute proposte, suggerimenti, documenti di analisi che rappresentano il contributo più interessante e anche culturalmente impegnato che sia mai stato fornito ad alcuna legge o provvedimento della Regione. Basterebbe questo concorso qualificato a dare ragione a quanti, e in particolare alle forze di maggioranza, hanno ritenuto di dovere giocare la carta del Piano, cioè di un documento formalmente compiuto ed organico, e non di una semplice indicazione di propositi programmatici. Le stesse critiche rivolte su taluni aspetti di previsione finanziaria e in particolare sullo schema di bilancio pluriennale, sono suscettibili di essere ridimensionate, come ha detto nella sua replica l'Assessore Simonelli. La mozione di approvazione, così come presentata dalla Giunta, contiene una sintetica indicazione degli impegni da assolvere nel prossimo autunno ed anche una chiara indicazione di priorità, e, seppure in modo sintetico, una esposizione sufficientemente nitida delle linee di assetto territoriale. Il Partito so manna italiano che della politica di programmazione ha fatto uno dei momenti centrali del suo impegno quando ha partecipato al governo del Paese, non può oggi che ribadire la sua fiducia nei metodi, negli strumenti, nell'impegno della politica di Piano. Siamo consapevoli che dal fallimento della programmazione nazionale sono derivati non solo un alto prezzo politico che i socialisti in prima persona e più di ogni altro hanno pagato, ma anche una serie di gravi conseguenze per il Paese e per il movimento dei lavoratori. La mancanza di una politica di programmazione ha reso più convulso l'operare dei fatti economici e più difficile e contrastato il governo dell'economia. Il Partito socialista italiano realizza oggi, nel momento in cui dal basso, e cioè da una Regione in cui i socialisti sono così profondamente e direttamente impegnati, un'occasione di rivincita sulle forze che per tanti anni hanno impedito una politica economica nuova e l'inizio di una fase dalla quale confidiamo di fare scaturire conseguenze importanti non solo a livello di governo regionale e di Enti locali, ma anche ai fini di un rinnovato impegno per il governo del Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Avevo esposto nel mio intervento le ragioni di un voto contrario alla deliberazione che ci viene sottoposta. Dovrei peraltro enucleare l'anima del mio intervento in contrapposizione a un'anima che mi pare di non avvertire in questo Piano. C'è scritto "Piano di sviluppo"; posso capire il Partito comunista che della gestione della crisi e dell'austerità fa una grossa occasione anche di lotta di classe, anzi, forse, per estinguere la lotta di classe. Ripeto, posso capire tutto questo da parte del Partito comunista, posso invece capirlo meno da parte del PSI che, bene o male, è pur sempre un Partito di struttura, di critica, di tradizione in una certa misura liberale. In questi tempi di crisi e di stagnazione di un fenomeno economico e di un modello dì sviluppo, sia pure a lungo termine o soltanto m trasparenza si dovrebbe riuscire ad individuare delle ipotesi di sviluppo, che non vedo in questo Piano. In particolare, tornando a uno degli argomenti più affascinanti di questa discussione, cioè alla funzione che il Piemonte avrà nel futuro tra l'Europa e il Sud Italia, condivido quanto diceva Rivalta, che la nostra generazione vede compiersi quanto avevano cominciato Vi nostri nonni; il traforo ferroviario del Frejus.
Peraltro vorrei dire che quando è stato fatto quell'immane lavoro probabilmente tipi di limiti che si poneva stamane il Presidente, cioè la compatibilità con altri interventi, cornei Canali Cavour o cose di questo genere, sono stati in una qualche misura sacrificati a un'ipotesi di sviluppo, cosa che in questo Piano manca. L'ipotesi di sviluppo era una scelta irreversibile del Piemonte di allora per cercare di essere una Regione europea.
Sul problema autostradale del Frejus l'ipotesi europea va evidentemente coltivata, abbiamo il dovere preciso di coltivarla. La nostra collocazione europea ha fatto forse finire il fascismo in Italia trent'anni prima di quanto non sarebbe finito se avessimo avuto una diversa collocazione, senza il Frejus, senza la nostra vocazione europea.
Senza nulla togliere alle celebrazioni del 25 aprile, la Spagna fascista è finita trent'anni dopo l'Italia fascista, proprio per il mancato collegamento con l'Europa. Quindi mi preoccupo molto quando sento dire che bisogna guardare con sospetto alla terziarizzazione in Piemonte in conseguenza del traforo del Frejus. Detto dall'Assessore Rivalta lo posso capire, ma che l'Assessore Simonelli non abbia replicato a questa affermazione vuol dire che subiamo il traforo del Frejus come una specie di calamita naturale o come conseguenza di un governo borbonico che è arrivato in Italia appoggiato dalle alabarde di Carlo V o di qualche monarca tedesco.
Sulla "Stampa" di stamattina leggiamo che proprio in casa socialista il compagno Mondino ha detto: "Il PSI vuole una grande Torino inserita nel processo europeo e per questo non sono sufficienti 9 panchine in Borgo S.
Paolo e qualche giardino più importante. E' necessaria una città moderna occidentale che svolga un ruolo di collegamento tra il Sud e l'area forte dell'Europa Settentrionale". C'è qualche contraddizione in questo discorso.
Ho preso la parola soprattutto per dire all'Assessore Simonelli che non mi sono assolutamente offeso quando ha qualificato la mia opposizione definendola di tipo malagodiano, anche se avrei dovuto offendermi perch l'Assessore ha ritenuto di liquidare il mio intervento con una battuta di spirito. Mi pare una procedura scorretta, perché replicare significa contestare le affermazioni dell'avversario, non liquidarle con una battuta di spirito. Assessore Simonelli, se non mi offendo e perché so benissimo che, nelle ore di sonno che ha perso, non ha potuto evidentemente preparare le risposte per tutti i colleghi, quindi non gliene voglio. Peraltro siccome fantasma politico dell'accordo torna sempre in quest'aula, mi pare inaccettabile quant'era implicito nella battuta dell'Assessore Simonelli sul nostro Presidente onorario dimissionario. Ricordo la frase di Churchill ai funerali di Chamberlain: "E' difficile giudicare gli uomini politici" direi quasi impossibile. Noi riscriviamo la storia, come diceva prima l'amico comunista magari infilando gli occhiali rosa, ma la storia viene vissuta dagli uomini politici; e giudicare gli uomini politici significa rimettersi esattamente nel momento in cui hanno preso certe decisioni e assunto certi atteggiamenti. In una certa misura quindi accetto il suo giudizio su Malagodi come uomo politico, non come uomo di opposizione perché, se non vado errato, quanto Malagodi ha detto nella sua attività di capo dell'opposizione liberale non è stato contestato; ciò che aveva previsto del centro sinistra e puntualmente avvenuto, con la crisi del modello di sviluppo, probabilmente non solo per colpa del centrosinistra ma certamente il centrosinistra ha fatto molto per accelerarlo e niente per modificarlo. Qualcosa Malagodi aveva anche detto sull'avanzata, positiva o negativa, ognuno la veda come vuole, del Partito comunista nell'area del potere e questo è avvenuto. Noi perdiamo voti, ma prendono voti e sono divenuti Presidenti della Repubblica personaggi che avevano detto che il centrosinistra avrebbe isolato i comunisti e avrebbe trasformato il miracolo economico in miracolo sociale! Questi cittadini son diventati Presidenti della Repubblica e lo diventeranno magari altri uomini che definirono il centro-sinistra un fenomeno storico "irreversibile". Se questi personaggi diventano Presidenti della Repubblica si evitino almeno battute su Malagodi che ha perso voti gestendo l'opposizione in Italia, un Paese dove l'opposizione, se non è supportata, diciamolo chiaramente, da collegamenti con il mondo economico e dai padroni della stampa e dei mass media non paga. Non è il caso di fare un monumento all'opposizione al centrosinistra. Forse anche per scoprire tutti i caratteri validi del personaggio a cui lei alludeva si sono create delle animosità e si sono riscoperte delle vecchie ferite tra i partiti democratici che hanno reso più difficile un certo tipo di incontro, un certo tipo di contatto.
Comunque si è voltata pagina, e proprio lei, Assessore Simonelli, mi darà atto che nell'accordo a sei le nostre posizioni sono molto vicine, anche se divergenti in una certa misura, nel senso che in questo accordo noi ci siamo soprattutto per difenderci da un fatto che certamente sarebbe più esiziale del cosiddetto blocco delle sinistre, cioè il "compromesso storico". L'accordo a sei, noi liberali lo abbiamo fatto per cercare di essere presenti ad interdire questa iattura. Mi pare che voi socialisti ci stiate nella stessa misura: voi probabilmente per arrivare ad un'alternanza di potere, noi probabilmente per arrivare ad una alternanza di potere di diverso genere.



MINUCCI Adalberto

Tutto questo non c'entra niente. Noi ci stiamo per non scomparire. Non è una iattura.



MARCHINI Sergio

Vede, caro Minucci, questo detto dell'attacchino andrebbe bene, ma detto da lei mi stupisce abbastanza, perché lei conosce la storia.
In quest'aula lei viene per fare dei discorsi politici ed io gliene darò l'occasione; ma li svolga senza fare dello spirito di gusto più o meno piacevole; oggi lei è venuto qui per far politica, non certamente per parlare del Piano, quindi, nella misura in cui è venuto a fare politica, la lasci fare anche agli altri. Dite che siete lì per non sparire, allora dite chiaramente che siete per andare al governo; parliamoci chiaramente, almeno una volta.
Il giudizio negativo sul Piano è venuto fuori dalle considerazioni che sono emerse dall'esame del documento, quindi non mi rimane che ribadire il voto contrario del PLI alla deliberazione che ci viene proposta.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Curci. Ne ha facolta.



CURCI Domenico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il giudizio di sintesi negativo che Democrazia Nazionale si accinge a dare è fondato non soltanto sul Piano di sviluppo 1977/1980 in sé, ma anche su tutto lo stato della programmazione regionale in Piemonte e sulle sue prospettive. Il nostro giudizio si fonda cioè sulla convinzione che sarebbe stato possibile imboccare una diversa strada per la costruzione del Piano, strada basata sull'uso accorto, ma selettivo, di tutto ciò che era stato fatto dalle diverse parti sociali in tema di studi per la programmazione regionale piemontese. Tali componenti della nostra società, a nostro avviso, non hanno inteso sostituirsi alle sedi istituzionali di politica economica e regionale, ma a contribuire al superamento della fase di stallo della programmazione per portarla a quella delle azioni, Nella stesura definitiva del nostro Piano, invece, quei contributi sono stati poco utilizzati e quando lo sono stati, non in modo esplicito. Da un'analisi dell'impostazione generale e da un approfondimento dei vari punti più rilevanti per noi, dall'esposizione dei risultati che si intendono conseguire, dalla descrizione delle vie di indirizzo abbiamo tratto la convinzione che tutto il Piano manchi di una visione realistica riguardo ai mezzi, ai modi, ai debiti. Anzitutto l'arco temporale indicato impone una riflessione.
Il 1977 è ormai andato ed è ormai escluso dall'attività di Piano.
Restano quindi a disposizione solo tre anni, è chiaro quindi che questi tre anni che ci separano dal 1980 potranno al massimo fare registrare qualche segno che stia ad indicare che qualcosa si muove. La formulazione, inoltre che identifica in prevalenza l'azione del Piano in ciò che la Regione potrà spendere nel corso del periodo '77-'80, è fortemente limitativa, questo significa che si è rinunciato a perseguire con mezzi diversi da quello finanziario una politica di coordinamento e di sviluppo, mentre esistono le possibilità per una attenta politica che collochi l'Ente Regione al centro di una fitta rete di relazioni con tutte le componenti sociali ed economiche che operano nella nostra realtà regionale. Vi è poi il problema dello squilibrio tra le risorse finanziarie disponibili e l'entità delle somme da spendere per portare a compimento tutti i progetti indicati dal Piano. Manca infine una scala di priorità tra ciò che è possibile fare subito e ciò che invece dovrà essere fatto più avanti. E' stata sottovalutata l'opportunità di presentare un piano pluriennale di attività e di spesa omogeneo e coordinato. Per quanto riguarda la spesa infatti il coordinamento avviene nell'ambito del bilancio pluriennale, ma quasi esclusivamente come sommatoria delle diverse esigenze. Per questi motivi di merito ribadisco il nostro voto contrario.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la dottoressa Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

La discussione del Piano di sviluppo ha avuto un andamento così ampio e in alcuni casi dei rilievi così precisi fatti da tutte le parti politiche che ci ha sollevato dal fatto di doverlo discutere quasi alla fine di luglio, perché le cose serie si discutono sempre con piacere. Molto seria è stata anche la risposta da parte della Giunta ai molti rilievi fatti, sia a quelli in positivo, sia a quelli più critici. La posizione dei repubblicani, come è noto, già nel primo intervento è stata quella di partire da una logica interna di Piano, non da una critica esterna al Piano e, sviluppando appunto il tema del significato del Piano, ci è molto piaciuta la definizione "Guida per l'azione di governo". Definizione per la verità molto semplice, anti-demagogica - che è quello che più ci interessa cioè è qualcosa che va sul concreto. Tuttavia il Partito repubblicano aveva fatto delle proposte estremamente precise e vorrei esaminare la deliberazione che ci è stata oggi presentata, per vedere quanto delle nostre proposte è stato recepito e quanto invece la Giunta nella sua volontà politica non ha potuto accettare delle priorità da noi indicate: l'agricoltura, la formazione professionale, le aree industriali attrezzate il progetto autobus e la tutela idrogeologica, quest'ultima non è stata accettata dalla Giunta. Delle precise richieste che erano state fatte per quanto riguarda il problema della pendolarità e degli interventi sostitutivi di quelli dello Stato da parte della Regione, abbiamo avuto più risposte e nella deliberazione c'è un accenno che indica l'intenzione di un esame di questo problema, tuttavia non viene data un'indicazione precisa riguardo al progetto da noi suggerito; c'è stato un inizio di risposta al problema, ma non ancora una risposta alle indicazioni che abbiamo dato. Non abbiamo avuto precisazioni per quanto riguarda il problema della mobilità del lavoro, alla quale davamo molta importanza; sappiamo che negli allegati questo problema è presente, ma forse era troppo delicato perché la Giunta intendesse prendere dei precisi impegni di carattere politico in proposito.
Riteniamo che la sostanza del nostro intervento abbia contato e conterà nell'attuazione di questo Piano per quanto riguarda le indicazioni di carattere prioritario; non ha contato per quanto riguarda i tagli che la Giunta non ha inteso, per il momento, indicare. Questo naturalmente fa sì che se da un lato possiamo ritenerci lieti che il nostro apporto sia stato riconosciuto, dall'altro non possiamo ritenerlo soddisfacente. Vi è un altro punto che resta alquanto incerto e per il quale avevamo fatto una richiesta: l'allegato schema di bilancio pluriennale '77-'80; al sesto comma della pre-deliberazione è segnato come allegato; nella deliberazione invece, al primo comma al punto b) vi è il programma pluriennale di attività e di spesa per il periodo '77-'80; non si fa più cenno, quindi allo schema di bilancio in quanto tale. Non sappiamo se si tratta di un'omissione fra la prima e la seconda parte o se si tratta del fatto che in realtà, la deliberazione comporta soltanto il visto del Commissario del Governo! Se fosse così, a nome del Gruppo repubblicano, ringrazio la Giunta per non averlo messo in deliberazione. Attendo a questo proposito una precisazione.
Davamo inoltre estrema importanza alla revisione delle leggi regionali di spesa vigenti, perché non riusciamo a capire quale significato avrebbe se fosse fatta dopo. Nella deliberazione in corso non è indicata questa temporizzazione.
Ringraziamo per la consegna dello schema di convenzione con gli industriali sul quale non ci soffermiamo in questo momento, perché non è argomento da trattare oggi. Pertanto augurandoci, come ha detto l'Assessore Simonelli, che le previsioni di entrata siano state sottostimate e non sovrastimate, come temevamo, annunciamo il nostro voto di astensione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le brevi considerazioni che espongo a nome dell'Unione Liberale Democratica hanno preso spunto dall'intervento del collega Bontempi che, ieri, in chiusura di dibattito dopo aver ricordato le premesse dell'azione di programmazione, ha indicato la paternità e la responsabilità politica del PSI, del PCI e dell'ULD che si sono assunti gli oneri della gestione politica della Regione.
Ricordava il Consigliere Bontempi, e lo ricordo oggi con profondo piacere, che questa maggioranza era nata nel 1975 con le chiare mie dichiarazioni espresse in termini politici e non certo di potere, di voler rappresentare e affermare le concrete possibilità di una forza laica intermedia di ispirazione liberale.
In questi giorni il ruolo che le forze laiche intermedie possono avere sta assumendo estrema importanza, l'importante è che esse sentano le responsabilità di protagoniste.
La Giunta socialista e comunista si dichiarò aperta nella formazione del quadro politico ad altre forze, indicando argomenti e temi che dovevano essere risolti in modo concreto e operativo e che a quest'opera potevano lavorare forze che ideologicamente non si riconoscevano con le stesse componenti.
A distanza di tempo credo che quella scelta drammatica, come espressione di ambienti che mi avevano mandato in questo Consiglio per difendere e per tutelare principi certi, venga nobilitata anche dal contributo che le forze sociali hanno dato nella costruzione del Piano.
Se non fosse nata l'UDL non so se avremmo avuto gli interventi estremamente positivi, concreti e costruttivi dei colleghi Benzi, Cardinali e Castagnone Vaccarino e degli altri colleghi della D.C.
La dichiarazione di voto annunciata dalla Capogruppo del PRI e la dimostrazione in concreto del modo con cui le forze intermedie si possono porre in positivo nell'attuale fase politica così travagliata. La storia è fatta di conflitti, è fatta di lotte di classe, è fatta di gente che vuole e che ha l'ambizione di governare Paesi.
E' di questi giorni l'intervista rilasciata al giornale "La Repubblica" da parte del Presidente Andreotti, l'uomo che passa come l'erede della politica degasperiana; intervistato parla del ruolo, delle funzioni, degli errori in relazione a certi avvenimenti di trent'anni fa e su ciò che sta avvenendo nel mondo. Ha trattato dei rapporti di forza, del modo con cui l'Europa può svolgere un suo ruolo e ha avuto la grande sensibilità di parlare del ruolo delle forze intermedie.
Sia però chiaro che, sono le forze intermedie che devono riscattare il loro ruolo confrontandosi giorno per giorno con vera dialettica con la realtà.
Mi pare, che la riscoperta del suo ruolo l'UDL lo dimostri proprio con questo Piano di sviluppo, ruolo recitato autonomamente, senza nessun discorso di tutele o di deleghe, solo parlando in termini di democrazia.
E' l'affermazione che continuamente abbiamo fatto: essere gli autentici eredi della tradizione liberale, con la necessità degli ammodernamenti che è anche, volevo ricordarlo al collega Marchini, la stessa crisi e austerità impongono.
Austerità è un concetto che il paleocapitalismo, il capitalismo anglosassone, ha fatto suo nel momento stesso che è sorto; forse è stato anche ipocrita in certi atteggiamenti, ma è anche fatto in seguito al bisogno di ringraziare Iddio delle ricchezze che vengono agli uomini in buona fede, volontà che rispettano con la libertà.
Credo che tutta la tradizione del protestantesimo e del liberalismo protestante è improntata di questo senso di austerità e della riscoperta di valori interni all'uomo stesso e che noi latini in certi momenti abbiamo perso di vista in una diversa concezione anche dell'individuo e del trascendente.
Credo che il richiamo berlingueriano al concetto di austerità sia molto liberale e poco medioevale. L'austerità è nella tragedia della vita, perch quando si è esponenti politici di grandi masse operaie e popolari emarginate l'austerità è un fatto quasi contingente al loro essere.
Ebbene, nel momento stesso in cui questo valore diventa un concetto politico, fonte di responsabilità maggiore, non credo che si possa andare a cercare dei ruoli denunciando che in questo modo si vuole ritornare alla politica medioevale.
Credo invece che questo significhi o possa significare recuperare valori costruttivi che una politica di nascita sociale non può non avere e che questo Piano in sé ha.
I consensi venuti dalle forze imprenditoriali, dalle forze politiche e dai colleghi delle forze intermedie dimostrano che qualche cosa in questi due anni si è costruito: merito di tutti non perché siamo i primi a fare un Piano, non perché questo Piano è perfetto o perfettibile, ma perché il processo aperto, con cui si era posto il governo, regionale, si allacciava alla politica di Piana:come risultato vero, concreto, nuovo nel concepire e gestire la cosa pubblica.
Il difficile sorgerà nel momento in cui, approvato il piano di sviluppo, si opererà per porre in essere quello strumento di cui la discussione in Consiglio ha evidenziato il significato e che si chiamano linee della convenzione quadro per la rilocalizzazione industriale.
Approvare oggi il Piano di sviluppo con le attese che in questa sala sorgono verso coloro che hanno assunto certe responsabilità e con estrema umiltà le hanno portate avanti, penso sia motivo di estrema soddisfazione.
E' per questo che, richiamando tutti i concetti espressi dai singoli rappresentanti della maggioranza, si deve dire che un passo in avanti si sta per compiere sulla linea che vuole vedere realizzato un Piemonte diverso e più moderno e che per realizzarlo non occorre un traforo in più o uno in meno, ma occorre massima concentrazione di sforzi e di intenti e la massima solidarietà per fare sì che anche l'Amministrazione pubblica diventi più moderna così come questo Piano consente di sperare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi, l'andamento di questo dibattito mi impone una dichiarazione di voto non del tutto propria dal punto di vista regolamentare, anche se spero lo possa essere dal punto di vista del tempo impiegato.
Noi non vogliamo impressionare nessuno, né crediamo di essere impressionabili troppo facilmente per effetto di velati richiami ai rischi dell'isolamento o di situazioni più difficili per la collocazione che abbiamo scelto all'opposizione.
Certo, le maggioranze e le opposizioni reciprocamente si influenzano nel senso che la validità dell'azione della maggioranza rende possibile una valida opposizione e, qualche volta, viceversa.
Ringrazio vivamente i rappresentanti della Giunta, il Presidente l'Assessore Simonelli e l'Assessore Rivalta, per l'attenzione, persino di riguardo fisico, che hanno voluto dedicare al mio Gruppo, per il tono usato nella loro replica, in cui è stata presente la preoccupazione di ricostruire il discorso sul metodo che era stato rettamente impostato da anni, quando si era iniziato l'iter della programmazione.
Questo metodo ci farebbe sicuramente scoprire che svolgiamo più efficacemente il dialogo politico e che, forse, potremmo essere più innanzi nella produttività dei nostri rapporti. La Giunta ha presentato un documento conclusivo che l'Assessore Simonelli ha cercato ancora di illustrare con una dichiarazione di buona volontà, con una proiezione di propositi programmatica, come uno strumento aperto a tutte le integrazioni: la serie di sollecitazioni, di impegni che la Giunta indica a se stessa e che vuol vedere rafforzati dal Consiglio, concorre a dare questa impressione. Noi accettiamo questa impostazione e ne prendiamo atto. Credo anzi, che si possa anticipare subito che il voto contrario o l'opposizione dura, che le critiche appuntite o le valutazioni meditate, non possono comportare dubbi sul fatto che ci troverete agli appuntamenti, non per sfida, ma per l'impegno a procurare il bene comune; ci troverete puntualmente presenti per integrare, partecipare, criticare, rappresentare il nostro apporto nell'interpretazione di ciò che si muove nella società per darle la risposta che è attesa.
Questa deliberazione, però, così come proposta, suona come richiesta di un mandato, come richiesta di investitura politica. La stessa definizione che la collega Castagnone Vaccarino ha assunto come valida, lo è meno per me. Non dico che non ci sia bisogno di una guida per l'azione di governo ma un indirizzo per l'azione di governo è ancora qualcosa di meno di un programma di Giunta, perché significa l'indicazione di alcune linee rispetto alle quali ci si regola in funzione di finalità da raggiungere senza nessuna specificazione di merito, di contenuti, di tempi, di quantità, di soluzioni da affrontare.
Non voglio stravolgere il pensiero altrui: rispetto alle conclusioni ed alle argomentazioni ascoltate ho estrapolato questa definizione, presa dalla collega Castagnone Vaccarino, per dire che, se è da interpretare come la interpreto io, è sicuramente insufficiente.
Ora, si può chiedere a noi un mandato fiduciario per l'adempimento di una funzione politica i cui contenuti sono ancora genericamente indicati e la cui garanzia è costituita principalmente dalle affermazioni, pur molto importanti, che ho udito dal collega Bontempi? Che cos'è il Piano? Il Consigliere Ferrero, con grande intelligenza, ha smontato tutta una serie di miti, di tabù, dei quali peraltro mi è sembrato che anche la sua forza politica si fosse in qualche modo nutrita. "Il Piano", per Ferrero, " sostanzialmente costituito dall'accesso al governo dell'economia e della società di alcune forze politiche che, con la propria presenza garantiscono una determinata finalizzazione". Ma, allora, se è su una impostazione di questo genere che ci dobbiamo pronunciare, evidentemente non può essere chiesto a noi questo mandato; a noi può essere chiesta coerenza nel verificare all'appuntamento gli adempimenti; può essere chiesto l'impegno a concorrere nel determinare i contenuti. Ma, di questo del nostro comportamento, c'è qualcuno in quest'aula che, in buona fede dubita? Noi siamo impegnati qui, soprattutto, a ricordare, prima a noi stessi e poi agli altri, problemi e rapporti di coerenza. Si è delineata una situazione nella quale, più o meno con garbo, si è fatta rilevare quasi un'incoerenza, una delusione che avremmo procurato con il nostro comportamento in questa fase: un comportamento anomalo, sentito dire poc'anzi, della Democrazia Cristiana rispetto ai comportamenti precedenti.
Credo che questa contestazione non sia esatta; non è esatta perché abbiamo cominciato fin da quando presentammo una mozione per sollecitare l'elaborazione, la formulazione di proposte, di alternative e, poi, di contenuti di Piano; perché ci siamo applicati con tutte le capacità di argomentazione e di approfondimento dei problemi, ad esaminare la prima ipotesi di Piano. E, allora, direi che se noi volessimo applicare con rigore le contestazioni, le critiche che ci vengono fatte, quasi a suggerirci i modi ed i tempi attraverso i quali dovremmo spiegare la nostra opposizione, se le applicassimo e le riportassimo indietro, al dibattito che abbiamo avuto sul primo documento di Piano, direi che accentuerebbero il giudizio di validità rispetto alle posizioni già allora assunte. Ma se erano valide le nostre critiche e se erano ordinate ad un fine costruttivo rispetto alla prima ipotesi di Piano e se non c'è incoerenza oggi rispetto alle indicazioni formulate allora, ma se esprimiamo, insieme al riconoscimento di passi in avanti, di cambiamento di toni, soltanto un'insoddisfazione rispetto ai contenuti, alla maturazione dei problemi, al rigore della proposta, Consigliere Ferrero, noi, così facendo, non mitizziamo sicuramente il Piano, né cerchiamo di inchiodarvi alle responsabilità con documenti tanto rigidi da consentire, poi, di verificare a distanza molto breve, incongruenze ed incoerenze. Per svolgere un'opposizione efficace deve essere assicurata una condizione dialettica: la proposta che viene avanzata deve contenere il massimo di rigore, anche se non deve esaurire il tutto. Esigenza questa che era presente in ciascuno di noi, ai nostri colleghi e consulenti che hanno partecipato all'elaborazione o rielaborazione del quadro di riferimento e che hanno giustamente poi richiesto che fosse la Giunta ad assumere le responsabilità precise di una proposta.
Ed è proprio in ordine all'insufficiente rigore di questa proposta alla scarsa armonia, alla mancanza di vincoli, alla sua insufficiente attitudine a costituire riferimento concreto, non generico programma politico per la comunità regionale, che abbiamo espresso la nostra valutazione negativa.
Credo che l'andamento della discussione, in sostanza, abbia messo in evidenza un fenomeno veramente singolare che caratterizza questo dibattito e cioè se qualcuno l'avesse seguito dal di fuori, ignorando antecedenti sviluppi, impegni di ciascuno di noi, a mio avviso avrebbe potuto trarre questa conclusione o impressione: chi si accingeva a votare contro, almeno nei termini in cui intende farlo il mio Gruppo, lo faceva ricercandone le motivazioni scrupolosamente, quasi perfezionisticamente all'interno del Piano, nella sottolineatura dei suoi momenti positivi, nell'indicazione dei suoi momenti negativi; chi invece si accingeva a sostenerlo e a votare a favore, lo faceva e lo ha fatto con riferimento e richiamo a elementi tutti estrinseci alla logica del Piano, tutti di carattere generale o filosofico o politico, o critico., ma non con riferimento specifico e concreto all'argomento che stiamo affrontando. La discussione ha così rischiato conclusioni manichee, per cui chi non mostra sufficiente apprezzamento per il Piano così com'è diviene nemico della programmazione. Operazione questa che non è intellettualmente onesta. Noi non siamo contrari alla programmazione, non consideriamo come fatto negativo l'accesso, l'avvento di masse popolari a sostegno dello Stato, alla guida dello Stato, a sostegno della Costituzione, né ci nascondiamo che l'interesse crescente di larghe masse popolari determini la responsabilizzazione auspicata (quando sì, quando no) dei momenti sindacali e di categoria. Ma noi, forse con rigore, interpretando la nostra funzione di opposizione, ci siamo voluti muovere in senso positivo, non in senso negativo; non abbiamo chiesto l'impossibile per giungere a contestare il possibile, che è il terreno su cui ci si attesta politicamente.
Abbiamo sentito gli stessi apprezzamenti del Consigliere Cardinali, che abbiamo sempre ammirato per la pacatezza, l'intelligenza, la capacità di andare all'essenziale. Che cosa ha detto? che è opportuno premiare l'umiltà della Giunta! Viglione, in qualità di Presidente, con il capo quasi cosparso di cenere, io non lo vedo! è in piena efficienza, in forma, parla ai giornali, si muove, insomma non ha l'aria del penitente.
Premiamo pure l'umiltà, i tre esponenti della Giunta che hanno parlato si sono intanto proposti con toni di intima sicurezza: la maggioranza è garantita e, bene o male, la gente non leggerà subito il Piano, poi qualche risultato se ne potrà levare! Premiare la buona volontà, premiare l'attenzione, premiare l'atteggiamento rivolto ad accogliere, a meditare sulle proposte, questo è anche legittimo. Ho anch'io dato atto, all'inizio che si vota un atteggiamento mutato sotto questo profilo; per il clima politico i rapporti sono importanti. Ma per dare un voto favorevole a un Piano di sviluppo è un po' poco, oppure se la fiducia la si chiede sul piano personale, se mi si chiede se ho personalmente fiducia che l'Assessore Simonelli si applicherà ad integrare le manchevolezze che egli stesso ha riconosciuto, se conserverà il desiderio di integrare e di rendere più incisivo, più operativo il Piano, questa fiducia personale gliela concedo subito, così come agli altri colleghi della Giunta, a Rivalta, ed a quanti conosciamo nella loro capacità di lavoro e nella loro serietà.
Questo che dobbiamo esprimere è però un giudizio politico; giudizio politico sulla congruità di questo documento, sulla sua operatività, sulla sua affidabilità come termine di riferimento sul quale motiva i propri comportamenti la comunità regionale.
Un altro punto che mi preme chiarire è quello di un tentativo effettuato., ecco, chiedo veramente al Consiglio di valutare gli effetti di operazioni volte a marcare differenze, a insinuare divisioni, ad operare discriminazioni all'interno degli altri Gruppi, specie quando questo avviene in funzione politica. Io potrei ancora capire quando ci fossero delle posizioni, o, meglio, situazioni di carattere personale che fanno distinguere. Sono dunque operazioni pericolose ed in questo caso poi sono tanto clamorosamente ingiuste. Il mio Gruppo, che in questi anni non ha dato prove di divisione, pur nella forte differenziazione di temperamento di modi di presentare gli argomenti.. Scusami, Alberton, se le cose che ha detto Beltrami fossero state trasferite, per il loro contenuto nell'intervento di qualche altro nostro collega, avrebbero tolto la pelle.
Il fatta è che chi toglieva man mano la pelle e portava allo scoperto i tessuti, li spargeva nel contempo di linimenti, cosicché chi subiva l'operazione ci si divertiva pure ed insomma la tollerava tranquillamente.
Sarebbe bastato il contenuto critico dell'intervento di Beltrami per giustificare un voto contrario.
Alberton Ezio, che ha seguito il lavoro del Piano di sviluppo in prima persona, diciamo le cose come stanno, per il Gruppo, che ha partecipato ottenendo tanti riconoscimenti, per il carattere tanto costruttivo, nel lavoro in Commissione, ha svolto un intervento di carattere generale.
Quando si entra in valutazioni strettamente tecniche sono sempre intimidito; ho una formazione forse un po' troppo classica che fa ritenere a volte di non capire neanche le cose che invece sono soltanto ammantate di una crosta che basta togliere per vedere quanto sono semplici. Sono andato a rileggermi il discorso di Alberton per vedere se ci fosse davvero una pregiudizialità preconcetta, se esprimesse un atteggiamento di voluta asprezza politica, uno sforzo per ideologicizzare una posizione, al fine di motivare e giustificare un voto contrario. Il discorso costituisce invece la premessa logica, l'elencazione dei vari elementi e punti di insufficiente maturazione del Piano su cui sono seguite le nostre critiche.
Il punto centrale è che il documento di Piano non dice nulla sui punti individuati che richiedevano un approfondimento ed un chiarimento. Ad un certo momento è prevalsa la ragione politica generale di arrivare ad un appuntamento di luglio che, purtroppo, constatiamo poteva e voleva anche essere l'appuntamento con fatti di carattere nazionale: ecco, noi ci siamo domandati come e perché queste esigenze di approfondimento sono state accantonate. Invito i colleghi che, con silenzi significativi o con giudizi e critiche particolari hanno discriminato così nel nostro Gruppo, a prendere atto che vi è stato un intervento di carattere generale, al quale gli altri si sono raccordati, portando ciascuno la propria tessera a completare il mosaico con un argomento particolare, e si integrano strettamente e politicamente in modo unitario come non mai. Del resto, che ci fosse questa unità lo si è visto anche dall'errata corrige che ci è stata distribuita questa mattina.
Quando abbiamo parlato di fretta, di insufficiente maturazione, della mancanza di un momento di riflessione e di rielaborazione, non pensavamo che.., si badi bene, io mi associo ai riconoscimenti di Simonelli, so che cosa vuol dire lavorare duro, rispetto il lavoro duro quando è anche intelligente, ma la fretta è cattiva consigliera e la concitazione l'ansia, la tensione cui sono state sottoposte le persone, danno questi frutti. Con il supporto di una vasta schiera di consulenti, interni ed esterni, con mobilitazione di grandi energie, si è caduti in una serie di errori tali da rendere inattendibile la serietà di elaborazione di un documento. Ve lo immaginate, a ruoli invertiti, il Capogruppo Berti, qui se fosse stato messo di fronte ad un documento di questo genere, con errori di questa dimensione; ci sarebbe stata una scena clamorosa, immagino.



ROSSI Luciano

Il Consigliere Berti criticava quando non si faceva nulla.



BIANCHI Adriano

Quanto al criticare che non si faceva niente, proprio in materia di Piani e di costruzione delle istituzioni, all'interno di questa Regione rileggiamo l'elenco delle leggi approvate in questa legislatura per vedere quale origine, quale indicazione, quale taglio alle stesse sia stato dato e con quale apporto, prima, durante e a conclusione dal Gruppo della D.C.
che non rivendica primogeniture, ma almeno parità di impegno nell'assolvimento di queste funzioni.
L'impostazione della Giunta ci richiama ad elementi volontaristici: è stato tutto un richiamo alla volontà. Qualcuno ha evocato anche Alfredo Oriani, senza saperlo: mi sono domandato se assistiamo ad un revival "l'azione, l'impegno, queste sono le cose decisive, questa è la sostanza della politica: i piani, il rigore, che cosa contano? non fermiamoci su queste quisquilie, andiamo avanti e soprattutto andiamo avanti tutti insieme". Ripetiamo: per noi, l'andare avanti tutti insieme significa svolgere ciascuno il proprio ruolo con grande chiarezza. Se fosse ritenuto anomalo un ruolo di opposizione e un no motivato da critiche concrete in relazione agli accordi nazionali, dovrei divenire estremamente sospettoso non sugli accordi, ma sull'interpretazione che di questi si dà. Noi ci riteniamo perfettamente coerenti, persino anticipatori rispetto a ciò che si dice e che si vuole sia questo tipo di accordo, perché non abbiamo fatto mancare il nostro apporto, anche con voto favorevole a proposte di legge ma, in ogni momento, il nostro contributo costruttivo alla soluzione, nel tempo e senza remore, ai problemi della comunità. L'avvenimento romano è stato qui enfatizzato. Questi fatti possono dare l'impressione che trascendano il tutto: è emersa quasi una visione taumaturgica dell'accordo dell'apporto delle forze politiche che dovrebbero superare tutte le antinomie, tutti i contrasti, tutte le difficoltà, sì da far considerare come operazioni quasi ragionieristiche il volersi applicare al concreto, a ciò che è serio, operativo.
In questo quadro, ciò che importa è dire l'essenziale. La programmazione è una politica, non una tecnica: e siamo d'accordo. Ho ripensato a piccole cose apprese a livello umanistico, non a quello scientifico, ed ho fatto un parallelo: anche l'atto non si esaurisce, né si risolve in una tecnica, ma l'inespresso - Croce qualche validità ce l'ha ancora -, il non comunicato, il non realizzato non fa arte.
Enunciare propositi, indicare linee, avere intenzioni, ma non concretizzarle, non significa fare programmazione, non significa proporre in modo serio, articolato, con fatica, con avanzamenti rispetto al passato e con metodologie più aggiornate, nuovi piani.
Sono convinto sostenitore dell'autonomia decisionale delle istituzioni.
E' un punto di vista che ho coltivato, quando ho visto messo in ombra il primato della politica, ne ho anche sofferto; è così, quando vedo elementi spuri, estranei, influenzare, bloccare, impedire il corso dell'attività politica o la sintesi politica che deve avvenire nei termini più liberi .
Sono quindi d'accordo che il Piano ha da essere un momento di riaffermazione del primato della politica, cioè della sintesi che viene effettuata in funzione dell'interesse generale, con il sostegno del consenso. Ma in questa sede il consenso non è lo scopo: il consenso è il mezzo che legittima l'azione politica, il consenso può essere il risultato dell'azione politica, il consenso non è il fine, per noi, dell'agire in politica. E, pertanto, ricerchiamo pure l'autonomia decisionale, ma vediamo anche di conciliarla con gli stretti rapporti, con le ricerche di "cordialità", con le categorie che vanno al di la del dovuto con la sollecita disponibilità, fuori dalle Commissioni, ad elaborare testi, ad emendarli con riferimento alle risposte da dare in un rapporto diretto tra l'esecutivo e le categorie. Con questo noi non interferiamo, non rivendichiamo rapporti e contatti privilegiati. Credo che in questi due anni abbiamo stabilito sufficienti legami con la società civile per non aver gelosie.
Ma la mobilitazione del consenso non realizza e non risolve la programmazione, che non è un momento magico. Con intelligenza, Simonelli sentiva circolare una certa aria di mitizzazione attorno a questo argomento. Sentiva che il suo lavoro finiva per esserne svalutato a furia di parlar d'altro, di chiedere prove di fede. Il parlare poi di modelli econometrici, sono fermo sotto questo profilo all'aritmetica, . per ritengo che per fare programmazione occorra, l'ho appreso su questi banchi conoscere e descrivere, definire la realtà nei termini più obiettivi nel momento statico, bisogna sviluppare poi la proiezione delle dinamiche che sono presenti nella realtà per vedere che cosa succederebbe se si lasciassero operare spontaneamente, occorre poi sviluppare l'azione politica - ha ragione il Consigliere Ferrero - per verificare se si è d'accordo su queste previsioni e stabilire le scelte o le modificazioni che si intendono determinare.
Poiché si intende modificare la realtà, bisogna non solo dirlo, ma anche precisare come, in che modi, in che tempi e con la massima approssimazione e con umiltà rispetto a tutte le possibilità future.
L'anticipazione di un giudizio di incertezza sul futuro non ci autorizza, però, ad essere incerti, indefiniti e vaghi in ordine al presente.
Queste sono le nostre posizioni, con le quali riteniamo di poter continuare tranquillamente a parte ci pare all'azione di governo stando all'opposizione, senza voler insegnare alla maggioranza a fare la maggioranza, ma richiamandola, sollecitandola, stringendola qualche volta anche in termini che possono apparire scomodi o fastidiosi, ad esprimere il meglio di se stessa. Se è già stato valido e costruttivo il primo dibattito che si è interrotto per riportarci in Commissione a rielaborare tutte le ipotesi, per trarne conclusioni più credibili e valide, riteniamo che questo secondo dibattito, l'umiltà con cui si arriva alle conclusioni, la stessa proiezione nel futuro di una serie di impegni da parte della Giunta realizzi un altro momento costruttivo al quale abbiamo partecipato con tutto il nostro impegno.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci sono dei momenti in cui la coincidenza delle idee e delle scelte fanno un tutt'uno e conferiscono una lodevole serenità anche se obiettivamente esiste il rammarico di qualche posizione non condivisa, di qualche remora agli atteggiamenti che si assumono. Credo di essere personalmente in uno di questi momenti e credo di esserlo anche a nome del Gruppo del PSDI, che ha una notevole responsabilità in questo momento, il cui atteggiamento viene da più parti anticipato, interrogato, avendone risposte di comodo, avendone anticipazioni di scarso senso, comunque mettendo il carro davanti ai buoi e cercando di creare una situazione di fatto che in realtà non esiste.
Un vecchio socialista che conoscevo diceva in tempi duri "quando ti trovi nelle difficoltà, quando sei nelle angustie, aggrappati a Molinella".
Per lui Molinella rappresentava un centro dell'Emilia dove un'isola socialista aveva vissuto, lottato, combattuto per anni. Non so che cosa sia avvenuto poi a Molidella e se il trasferimento dell'orgoglio e dell'impegno sia passato ad un partito più forte di quello che non fosse il Partito socialista. Però questo aggrapparsi a Molinella pone a me il problema "a che cosa mi aggrappo io, come Partito socialdemocratico, qual è l'obiettivo che mi pongo in una realtà politica generale che investe il mio partito e che io rappresento qui in termini elettorali ancora possibili, ma che rappresento certamente con molti punti interrogativi?". Mi aggrappo forse alla gentile proposta di quel senatore della D.C. che mi chiedeva, per le prossime elezioni, di presentare il mio e il suo partito in liste uniche con la garanzia di vedere uscire dei nostri uomini? E' questa la fine che noi possiamo prevedere? E' questa l'ipotesi sulla quale un partito come il nostro può lavorare? Quel senatore diceva le cose con estrema cortesia, ma forse non si è reso conto che dietro i miei occhi, se non le lacrime certamente la tendenza a lasciarle scaturire c'era. Noi ci aggrappiamo alla coerenza di un'azione politica che ci ha sempre ispirato nella vita regionale fin dai suoi inizi e che ci ha visto sempre promotori insistenti soprattutto attenti valutatoci dell'esigenza di fondo della Regione nel tema di quella programmazione che è obiettivamente, lo abbiamo riconosciuto anche se per il momento in termini astratti, la chiave di volta per dare una soluzione ai problemi che si pongono non soltanto in Piemonte ma in Italia. Questa nostra coerenza si è sempre palesata anche in momenti in cui, in sostanza, il gioco politico presentava situazioni che potevano anche ignorare il nostro comportamento.
Il collega Carazzoni, del quale voglio prendere per un momento in esame le considerazioni, ha fatto delle illazioni. Si riserva di presentare una mozione. Ma ha fatto riferimento anche a una specifica accusa alla D.C. sul modo strumentale con cui si presenta oggi a questo appuntamento. Ebbene, il collega Carazzoni crede che noi sappiamo che la realtà è tale per cui delle linee che oggi vengono presentate di questo Piano si realizzerà tutto ci che avrà il supporto e il suffragio derivante dall'incontro fra le due grandi forze politiche che si incontrano o si scontrano in Italia. Il riferimento a una situazione nazionale non ha nessun significato nel momento in cui o si voglia contraddire o si voglia chiarire che si è solo parzialmente affini o si è stati anticipatori, nel momento cioè in cui si pongono dei problemi che devono essere obiettivamente valutati, soprattutto da quei partiti, come il mio, che il collega Rossotto ha già definito minori e intermedi, ma che hanno davanti a sé una prospettiva che pu essere tutto, tranne che quella di aggregazione. O il ruolo di Partiti come il mio viene individuato nel suo terreno di operatività, o questo ruolo non c'è e deve essere ceduto ad altri. Poiché credo in questo ruolo, credo in queste prospettive, ritengo che di fronte alla votazione della deliberazione che accompagna la presentazione del Piano di sviluppo dobbiamo fare riferimento non a ipotetiche valutazioni strategiche, non al primo tempo di un secondo tempo che dovrebbe esserci chissà quando, ma semplicemente alla coerenza del Partito socialista democratico, che, nella lunga vicenda della programmazione, ha influito con le proprie indicazioni ha dimostrato la propria disponibilità soltanto per quei provvedimenti e quelle leggi che fossero in coerenza con gli obiettivi più volte ribaditi.
Questa coerenza è diventata e deve diventare per noi quella che era la Molinella del vecchio socialista, deve diventare soprattutto la linea di azione che dobbiamo condurre, e la conduciamo nel momento in cui decidiamo del Piano di sviluppo. E' un avvenimento che ha una risonanza notevole, che ha riscontro nell'attenzione, nella speranza, nella fiducia, anche se attraverso una serie di critiche che abbiamo messo in evidenza, di settori e di ceti che oggi ruotano attorno all'Ente pubblico e che ritengono di poter dare una polizza fidejussoria all'azione che farà l'Ente pubblico.
Abbiamo anche detto nel nostro intervento che ci rendiamo garanti, ci rendiamo interpreti di questo tipo di esigenza, non diamo nessuna delega in bianco, intendiamo non tanto essere presenti quanto essere qualificanti nella serie di indirizzi che sono emersi e che in massima parte condividiamo.
Badate, colleghi Consiglieri, che nel momento in cui votiamo la deliberazione che accompagna il Piano di sviluppo, votiamo anche il cappello al Piano di sviluppo, il documento preliminare, che è essenzialmente il documento della D.C. E' questo che voglio in modo particolare sottolineare. Le tesi sostenute in questo cappello, tutto ci che è stato identificato nella valutazione della situazione reale soprattutto nelle indicazioni per ciò che riguarda la programmazione nazionale, scaturiscono da un apporto fondamentale della D.C. che ci ha trovato consenzienti. Ma questo non significa nulla, non si tratta di ritorcere niente a nessuno: si tratta di assumere un atteggiamento conseguente. Noi socialdemocratici riteniamo di assumere un atteggiamento conseguente votando una deliberazione e le linee del Piano; non riteniamo di essere poi impegnati in tutto l'arco che precederà l'attuazione pratica e le attività legislative conseguenti. Chiaramente pertanto votiamo un avvio di programmazione che riteniamo fondamentale, che nelle linee generali ci consente di riconoscerci come partito e nella quale possono trovare conferma tutti gli sforzi che abbiamo fatto e tutti gli apporti piccoli o grandi, che abbiamo cercato di dare. Conseguentemente, con serenità, sfidando qualsiasi illazione, qualsiasi supposizione, qualsiasi affermazione possa essere fatta in merito al nostro atteggiamento, noi riteniamo di votare a favore.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente e signori Consiglieri, il mio intervento ieri è stato abbastanza lungo, quindi in questa dichiarazione di voto, non ritenendo di dovere ripetere i concetti più importanti, occuperò uno spazio molto breve innanzitutto per riaffermare un atto di profondo convincimento, di totale adesione alla proposta fatta dalla Giunta che è stata integrata dal dibattito e che segna una fase decisamente nuova, ricca di nuove implicazioni di impegno e di lavoro per tutti nella vita della nostra Regione. E' una fase che si chiude e che ha delle radici nel passato della nostra Regione, nella storia della sua vita politica e culturale e ne apre un'altra molto suggestiva e molto impegnativa, tutta ancora da conquistare.
Certamente oggi con il voto sul Piano regionale di sviluppo si apre una fase di grande importanza politica. Mi auguro e spero che tutte le forze siano adeguate ai compiti che ci attendono; sono compiti che potrei tranquillamente definire rivoluzionari, lo hanno ricordato in molti. E' una strada non ancora battuta, è una strada di cui incominciamo ad intravvedere le linee concrete.
Certo su questo cammino dobbiamo attenderci gli ostacoli della realtà perciò speriamo che il dialogo, la mobilitazione e l'aggregazione di forze i cambiamenti nel reale siano elementi capaci di far camminare il Piano.
Mentre ringrazio tutti gli intervenuti per i contributi che hanno dato ritengo utile ricordare, al di là delle espressioni di voto, che comunque compiamo un atto che qualifica molto positivamente il Consiglio, le Commissioni consiliari e naturalmente la Giunta che ha proposto il Piano ed in genere anche la comunità piemontese che ad esso ha dato un contributo notevole di idee ed osservazioni. Mi limiterò a svolgere alcune brevi considerazioni sul dibattito di oggi. Si sono trattate le dichiarazioni di voto ma, in fondo, si è continuato il dibattito, ed era giusto che fosse cosi. Ieri ho fatto un invito in particolar modo al Gruppo della D.C. e mi dispiace che non sia stato accolto. D'altra parte le argomentazioni portate erano non solo "abili", erano anche chiare. E mi rivolgo particolarmente al Consigliere Bianchi per dire che non si può sottacere che tale proposta di Piano è stata dichiarata perfettibile.
Ieri nel mio intervento ho cercato di collocare nell'adeguata posizione un atto che ha il rilievo politico di avviare un processo di conquista di fatti grandi ed elementi concreti nel governo democratico dell'economia.
Però è una proposta e la proposta contiene delle scelte, il punto è questo.
Mi spiace se in riferimento al collega Alberton, al quale riconosciamo sempre intelligenza, capacità e impegno, sono stati fatti dei riferimenti personali. La contraddizione vera non era tanto nell'intervento di Alberton rispetto agli interventi degli altri suoi colleghi, quanto nella contraddizione della linea che la D.C. ha scelto, poiché, invece di dare l'assenso o il dissenso sulle linee che sono state indicate, ha portato elementi di dissenso sulle cose che non c'erano. Mi pare invece che gli interventi dell'Assessore Rivalta, dell'Assessore Simonelli, altri interventi su argomenti più settoriali, fatti presenti dal mio Gruppo l'intervento del collega Bellomo, abbiano posto tutti in evidenza elementi di scelta, di indicazione. Stamattina, per esempio, nel discorso dell'Assessore Rivalta ci sono state indicazioni e arricchimenti delle linee territoriali. Questi sono gli elementi contenuti. Non sono sufficienti? Probabilmente non sono sufficienti nel senso che tutti vorremmo che il Piano fosse più completo. Questo modello di scelta è lo specchio di quello che oggi noi siamo, di quello che è in grado di fare la struttura pubblica, l'Ente Regione nella programmazione. Non importa allora puntare tanto sulle cose che non ci sono, invece importa, questo chiedevo in fondo, dare l'assenso dissentire sulle cose esistenti; esprimersi su alcune indicazioni, sia pure di carattere forse ancora troppo generale rispetto a quello che sarebbe auspicabile, sulla spesa pubblica, sulla spesa degli interventi in campo sanitario, su certe linee territoriali contenute nel piano. Era questo il richiamo e l'invito che ho fatto al Gruppo della D.C.. La risposta del collega Bianchi è stata indubbiamente molto abile e anche questa, come sempre, ci induce a delle riflessioni.
Però, ancora una volta non è emerso il vero senso del dibattito che non era, ripeto, come ha sostenuto Bianchi, "Chi difendeva il Piano parlava d'altro" "Chi invece lo attaccava parlava del Piano". Noi abbiamo anche parlato del Piano, questa proposta contiene degli elementi di scelta che andranno affinati, perfezionati: ma contiene le scelte, e per queste e su queste va giudicato.
In questo senso, chi compie l'operazione di voto positivo sul Piano e chi come me aderisce profondamente, con molta convinzione, ad esso compie un'operazione coerente con se stesso e con le sue convinzioni, e lo fa coerentemente nella misura in cui si propone subito di partire da questa tappa di piano-processo per arrivare a delle specificazioni ulteriori, più precise, nei campi nei quali queste indicazioni e verifiche non ci sono. In particolare su certi settori la definizione delle scelte è maggiore che in altri, il che ci fa dire, con la modestia da tutti riconosciuta, che, allo stato delle cose, questo atto si doveva compiere, e questo atto potrà essere uno strumento utile e operativo per quella che sarà la guida dell'azione di governo.
Desidero fare un'ultima osservazione di carattere generale in risposta alle considerazioni fatte sulla storia, sulla ricchezza, sul patrimonio del Piano che andiamo ad approvare per riaffermare in tutta tranquillità l'elemento di continuità. Ho posto nel mio intervento l'interrogativo al Gruppo della D.C. sul perché non ci fosse un atteggiamento diverso. Ebbene mi sia data l'occasione di richiamare i contributi che sono stati dati nel passato dalle forze democratiche del Piemonte, ma anche dai lavori intensi di Commissione. Al di là della posizione di voto negativo che la D.C. ha assunto e che continuo a non comprendere, anche per le dichiarazioni che ha fatto Bianchi, ritengo che questo lavoro di costruzione fatto insieme possa proseguire per gli atti successivi, poiché il Piano non verticistico, non burocratico, non dirigistico non può non camminare che nel confronto, in un rapporto costruttivo delle forze politiche. La legislatura precedente quindi anche la stessa maggioranza che l'ha governata, ha dato un contributo serio per arrivare a questo risultato. Se dobbiamo porre delle condizioni di avanzamento anche nei rapporti politici, sono necessarie sempre coerenza e correttezza le quali nascono anche dall'esame non aprioristico e non settario di ciò che la storia ha rappresentato nel male l'abbiamo detto e l'abbiamo ripetuto anche per i tentativi abortiti della programmazione, ma anche nel bene per lo sforzo che insieme, come forze politiche e democratiche, alcune più delle altre, hanno messo per arrivare a fine luglio '77 ad un appuntamento concreto della programmazione.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, la discussione sulle dichiarazioni di voto è conclusa. L'Assessore Simonelli ha chiesto la parola per chiarire due questioni poste in precedenza.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e programmazione

I Consiglieri Castagnone Vaccarino e Cardinali hanno chiesto una risposta precisa: se nella deliberazione si propone l'approvazione del Piano regionale di sviluppo e del programma pluriennale di attività e di spesa o anche dello schema del bilancio pluriennale. Quest'ultimo non fa parte integrante della deliberazione, anche se costituisce uno degli elementi su cui abbiamo svolto la discussione, non verrà perciò messo in votazione. Nel prossimo autunno verrà redatta una versione definitiva del bilancio pluriennale che dovrà ovviamente contenere il saldo tra entrate e spese, per i singoli esercizi e per l'intero periodo che va fino al 1980.



PRESIDENTE

Terminate le dichiarazioni di voto, dò lettura dello schema di deliberazione: "Il Consiglio regionale Visti gli artt. 4, secondo comma, 16, lett. c), 39, secondo comma, 73 74, 75 dello Statuto regionale visto l'art. 1 della legge 19/6/1976 n. 335, ed in particolare il terzo comma visto il titolo II, e gli artt. 11, 17 e seguenti del titolo III, e gli artt. 26 e 27 del titolo IV della legge regionale approvata dal Consiglio il 15/7/1977, attualmente in attesa di visto del Governo, su 'Le procedure della programmazione' esaminata la proposta di Piano regionale di sviluppo 1976/80 presentata dalla Giunta regionale al Consiglio regionale del Piemonte nel mese di giugno 1976 considerate le risultanze del dibattito consiliare tenutosi su tale documento nei giorni 10 e 17 febbraio 1977 esaminati i documenti definitivi di cui alle lettere a) e b) dell'art.
26 della citata legge approvata dal Consiglio regionale il 15/7/1977 predisposti dalla Giunta regionale, ed in particolare la relazione socio economica e di indirizzi, l programma pluriennale di attività e di spesa e l'allegato schema di bilancio pluriennale per il periodo 1977/80 considerate le osservazioni presentate nel corso delle consultazioni tenutesi sui vari documenti ai sensi dell'art. 9 e dell'art. 75, primo comma, dello Statuto regionale discussa la relazione del Presidente della Commissione programmazione e bilancio a seguito degli esami di cui all'art. 22 dello Statuto regionale preso, infine, atto dell'impegno della Giunta regionale a presentare al Consiglio regionale al più presto, sulla base di quanto previsto dal disegno di legge sulla contabilità regionale attualmente in discussione presso il Consiglio, il bilancio pluriennale 1978/80 unitamente al bilancio di previsione 1978, per l'attuazione operativa degli indirizzi del Piano regionale di sviluppo e dei programmi e progetti del programma pluriennale di attività e di spesa, rispettando le priorità individuate nel corso del dibattito già nella preparazione e presentazione della legge di variazione del bilancio 1977 tutto quanto sopra esaminato, visto e considerato, il Consiglio regionale della Regione Piemonte: delibera di approvare: a) - il Piano regionale di sviluppo b) - il programma pluriennale di attività e di spesa per il periodo 1977/80; che, allegati alla presente deliberazione, ne fanno parte integrante.
Di impegnare la Giunta regionale a presentare al più presto la legge di variazione del bilancio preventivo 1977, e il bilancio pluriennale 1978/80 unitamente al bilancio preventivo 1978, nel rispetto dei tempi di attuazione e delle priorità previste per l'avvio dei programmi e dei progetti del programma pluriennale di attività e di spesa, con specifica attuazione delle priorità definite per gli interventi nei settori dell'agricoltura, della formazione professionale, per la realizzazione di aree industriali attrezzate, per il progetto autobus, per la riorganizzazione amministrativa e la dotazione strumentale dell'Ente Regione, e in generale per la gestione e l'assetto del territorio, e nella previsione di quanto disposto dai decreti attuativi della legge 22/7/75 n.
382.
Di impegnare la Giunta regionale ad effettuare al più presto, e contemporaneamente alla formazione dei bilanci sopra elencati, la necessaria revisione degli interventi non programmati da ricondurre in adeguati programmi di settore e progetti; la definizione esatta degli interventi del programma pluriennale di attività e di spesa da intraprendere nel periodo di durata del bilancio pluriennale in base ai disegni di legge regionali e statali già presentati ed a quelli ancora da presentare; la valutazione degli effetti di promozione e di stimolo degli interventi della Regione sostitutivi di quelli dello Stato, anche per la definizione di un quadro più corretto dei rapporti finanziari Stato Regione; un'analisi dell'andamento dei fondi settoriali di finanziamento dello Stato alle Regioni con definizione dei vincoli al loro utilizzo l'avvio dei meccanismi procedurali di cui all'art. 2 della legge 19/6/76 n.
335, con inizio di taluni procedimenti amministrativi anche anteriormente agli stanziamenti relativi di bilancio. Il tutto nel quadro della necessaria revisione delle leggi regionali di spesa vigenti, e di una approfondita indagine sull'andamento e sulle cause della formazione dei residui, da presentarsi al Consiglio regionale.
Di impegnare la Giunta regionale a proseguire la specifica azione, da tempo, già intrapresa, sia per l 'incremento delle entrate tributarie ed extratributarie della Regione, sia per la definizione, in seno alla Commissione di cui all'art. 13 della legge 16/5/70 n. 281, e presso il Governo, di un comune quadro di riferimento economico e finanziario a medio termine, cui collegare le previsioni del Piano regionale di sviluppo, del programma pluriennale di attività e di spesa e del bilancio pluriennale approfondendo l'attività di promozione del necessario coordinamento con le programmazioni delle singole Regioni, ed in particolare con quelle delle Regioni Meridionali. Di impegnare la Giunta a dare rapida attuazione alle previsioni di formazione delle strutture dei, Comprensori, ed all'analisi e alla riorganizzazione della programmazione finanziaria locale, con particolare riferimento alla formazione dei bilanci consolidati di Comprensorio, secondo le previsioni di cui all'art. 75, terzo comma, dello Statuto regionale, all'art. 5 della legge regionale 4/6/1975 n. 41 e degli articoli 20, 21 e 24 della legge regionale 17/7/1977 n. 43 e all'articolo 9 bis del decreto legge 17/1/1977 n. 2, e sua conversione in legge 17/3/1977 n. 62.
Di impegnare la Giunta regionale ad approfondire la definizione delle linee di assetto territoriale regionale, in relazione alle indicazioni contenute nella relazione socio-economica e di indirizzi: privilegiando tra le aree esterne al polo torinese, l'asse esterno ad est della Regione in cui esistono già risorse locali da utilizzare più razionalmente e la zona esterna a sud del Comprensorio di Torino, dove un ruolo di riequilibrio particolare può essere esercitato dall'agricoltura e da settori industriali ad essa collegati; e preferendo, tra le aree interne al polo medesimo, quelle situate nella fascia più esterna del Comprensorio di Torino, avendo cura di perseguire il potenziamento delle economie di fondo valle; localizzando il complesso degli interventi, da un lato, sulla base degli obiettivi di riorganizzazione produttiva, e, dall'altro, secondo la definizione delle condizioni qualitative minime da garantire all'economia ed alla società regionale".
Signori Consiglieri, il Consigliere Carazzoni richiedeva di procedere alla votazione della deliberazione per appello nominale. Non ho difficoltà a procedere in tal senso. Poiché devono richiedere tale procedura almeno tre Consiglieri, si associano i Consiglieri Curci e Rossotto.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 60 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 23 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri La deliberazione è approvata.
I Consiglieri consentiranno, dopo questo atto che la Regione Piemonte ha compiuto, che rivolga prima di tutto un ringraziamento alla comunità regionale, alle centinaia e migliaia di cittadini piemontesi che hanno partecipato.
La Dottoressa Castagnone Vaccarino ha rilevato che si è discusso seriamente; mi permetto di aggiungere che si è trattato del dibattito più rilevante della seconda legislatura. Vi hanno partecipato 33 oratori, in due giorni di serrata discussione che ha concluso, per lo meno nell'ultima fase, un ciclo di dibattiti che durava da due anni nella nostra Regione hanno partecipato i nove Gruppi dell'assemblea senza limitazione di tempo e senza nemmeno un ordine precostituito. Mi permetto di aggiungere questa seconda considerazione oggettiva, e cioè che il Piano regionale viene adottato dopo l'approvazione dei decreti attuativi della legge 382. Questo richiamo all'assemblea e a tutta la comunità regionale ha il senso di ricordare a noi stessi tutte le incombenze che deriveranno, tutte le necessarie misure che dovranno essere intraprese nel prossimo futuro.
Infine ricordo come questo atto metta su basi nuove il rapporto della Regione Piemonte con il Governo e con lo Stato nella discussione che si è già iniziata e che continuerà nei prossimi mesi per quanto riguarda il bilancio dello Stato per il 1978, giacché è evidente che la Regione Piemonte potrà presentarsi a questo dialogo con la forza, le priorità, le indicazioni che scaturiranno dal Piano che oggi abbiamo approvato. Voglio ricordare ancora a tutti quanti, ma soprattutto alle forze politiche e sociali fuori di questa assemblea, che con l'approvazione di questa legge e con l'attuazione della legge 382 incomincia una fase costituente.
Per superare le difficoltà saranno necessari impegno, decisioni e iniziative del Consiglio e delle forze politiche e sociali. Sappiamo tutti quanto sia difficile nel nostro Paese fare delle buone leggi, ma credo che a nessuno sfugga quanto sia difficile applicarle e come ci sia un rapporto direttamente proporzionale fra la bontà delle leggi e la difficoltà di applicazione. Saranno necessari e opportuni convegni nella nostra Regione per mettere a punto tutte le conseguenze che deriveranno dal Piano e dall'attuazione della legge n. 382. Intendo comunque comunicare ai Consiglieri, e tramite questa tribuna a tutti i Consigli comunali del Piemonte, che abbiamo predisposto la stampa e l'elaborazione della legge n.
382, delle conseguenze che deriveranno da essa in Piemonte, per mettere a disposizione, per i primi di settembre, a tutti gli Amministratori comunali, alle forze politiche e sociali gli strumenti conoscitivi necessari per affrontare ciò che la legge n. 382 impone alla Regione e al Paese. Formulo un augurio alle forze politiche presenti, alla nostra comunità piemontese perché vi sia una capacità complessiva, una intelligenza politica per affrontare e superare tutte le difficoltà che questa legge nella sua fase attuativa proporrà.
E' stato detto da un giornale "ce la faremo" a realizzare questa legge.
Credo che ce la faremo se saremo tutti quanti impegnati ad attuare ciò che 48 ore fa il Presidente della Repubblica ha firmato, cioè l'inizio di un'autentica trasformazione dello Stato nel senso indicato dalla Costituzione repubblicana.
Signori Consiglieri, c'è la tendenza a rinviare i nostri lavori a domani mattina per svolgere i punti successivi all'ordine del giorno, brevi ma rilevanti, che però possono avere conseguenze di diverso segno se non li adempissimo. Rinvio i lavori a domani mattina se c'è l'impegno di portare a termine gli altri punti all'ordine del giorno. Vedo che l'impegno c'è quindi domani mattina si inizieranno i lavori alle ore 9,30 con il dibattito sul disegno di legge n. 117.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,30)



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