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Dettaglio seduta n.128 del 14/07/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Organi, strumenti e procedure della programmazione

Prosecuzione esame disegno di legge n. 207 relativo alle procedure della programmazione


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo la discussione sul punto quarto all'ordine del giorno: "Esame disegno di legge n. 207 relativo alle procedure della programmazione". Il primo iscritto a parlare è il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Questa mattina il Presidente della I Commissione, avv. Rossotto, ha rilevato come questa legge ha visto la presenza sistematica e costante delle forze sociali attraverso le consultazioni, ma anche attraverso le numerose sedute della Commissione. Purtroppo non ho potuto partecipare alla lunga ed impegnativa serie di riunioni della I Commissione e della Sottocommissione, tuttavia dalla lettura dei verbali e dalle comunicazioni dei colleghi che hanno potuto partecipare sia alla discussione del primo elaborato della Giunta, sia alla verifica dei successivi, so che vi è stato un grosso impegno e una forte tensione ideale da parte di tutti i Gruppi.
Secondo quanto ho potuto capire stamattina dalla posizione espressa dai colleghi Paganelli ed Alberton, membri della I Commissione, esistono ulteriori spazi che debbono essere ricercati nel dibattito e che non debbono essere compromessi (ogni tanto rimbalza questa parola). Il mio intervento sarà sintetico, distinguerò alcuni punti che mi auguro siano significativi della posizione del mio partito. Sono convinto che approfondendo ulteriormente il confronto in questa sede si possa benissimo raggiungere un traguardo unitario che, secondo me, è da auspicare proprio per l'importanza della legge. Vorrei illustrare rapidamente la nostra posizione sulla legge cercando di sottolineare soprattutto il suo significato politico.
La legge sulle procedure della programmazione ha le seguenti caratteristiche, politicamente rilevanti nell'attuale momento sociale ed economico della Regione: 1) è una legge "costituzionale", cioè definisce principi giuridici e norme di comportamento, fondamentali per l'attività dell'Ente, delle sue strutture, degli Enti ed aziende da esso direttamente o indirettamente dipendenti o collegati, per gli Enti locali e per tutti gli altri soggetti operanti in Regione, nel rispetto delle competenze fissate dalle leggi dello Stato. Essa è stata pertanto predisposta, non a caso, con la più ampia partecipazione di tutte le forze politiche e della comunità regionale.
2) E' una legge che, rispetto alle posizioni politiche e tecniche emerse nel dibattito sulla legge delle procedure della programmazione nazionale tenutosi in Parlamento nel 1967, sviluppa il contenuto e il significato dell'azione delle autonomie regionali e locali, in un momento in cui le difficoltà di attuazione della delega della legge 382, del 1975 pongono le competenze ed i poteri di queste autonomie al centro dell'attenzione politica nazionale.
3) E' una legge che predispone concreti strumenti di attività e di spesa per gli Enti locali, che devono essere riferimenti politici, per la costruzione di analoghi modelli e strutture sul piano nazionale, a partire dalle nuove procedure per la formazione del bilancio dello Stato, e dalla nuova veste programmatica da dare al medesimo, quale conseguenza, tra l'altro, delle esigenze oggettive di raccordo che sorgono dall'applicazione della legge 335 del 1976 sulla contabilità regionale.
4) E' una legge nella quale si definisce con precisione la competenza e l'attività di un ente istituzionale intermedio tra Regione ed Ente locale nel momento in cui in Italia si discute del problema, avendo come particolare riferimento la dimensione e il taglio istituzionale soprattutto dei Comprensori piemontesi.
In questo quadro generale i riferimenti politici specifici alla situazione piemontese, cui la legge fa capo, e che in essa ritrovano particolare rilievo, sono i seguenti: 1) l'attenzione alla necessità della pubblica amministrazione di operare in stretto collegamento con le forze economiche e sociali, e in particolare con sindacati ed imprenditori, per il concreto superamento dei momenti di crisi e delle caratteristiche di squilibrio che segnano la vita della Regione. La previsione del concorso di queste forze alla formazione del piano, ma anche il loro specifico intervento nella sua attuazione attraverso l'inserimento nei programmi regionali di programmi e progetti specifici, da esse autonomamente predisposti nel quadro degli indirizzi del piano, rappresenta una novità politica di estremo rilievo, le cui prime verifiche si hanno proprio in questi giorni, a cominciare dalla firma della convenzione tra la Regione Piemonte e l'Amministrazione comunale di Vercelli per l'area industriale di quella zona. Questo primo progetto viene a calarsi in una situazione di grande e grave depressione socio-economica della mia zona, rappresenta un obiettivo quasi a portata di mano della collettività vercellese e dovrà trarre dalle secche in cui è venuta a trovarsi la bassa zona vercellese per farla decollare verso prospettive reali di rilancio e di ripresa economica.
2) La riorganizzazione istituzionale della pubblica amministrazione regionale, che la legge prevede con riflessi non solo sulle strutture dell'Ente Regione, ma anche su quelle degli Enti locali, assume uno specifico rilievo, che la legge riprende in molti suoi articoli, e che trova una sua importante finalizzazione nell'ultimo articolo della legge stessa, laddove si fa correttamente riferimento all'importanza dell'attività che la Giunta regionale, in concomitanza con i Comitati comprensoriali, deve sviluppare presso gli Enti locali per la riorganizzazione, nell'ambito del Comprensorio, delle strutture e degli uffici, dell'utilizzazione del personale, secondo quanto previsto dalla legge n. 62 del 1977, meglio conosciuta come legge Stammati.
3) Le procedure previste dalla legge sono il necessario presupposto per la normativa regionale dei metodi e degli strumenti di contabilità che la Regione Piemonte deve varare in concomitanza con la presentazione del bilancio preventivo per il 1978 e del bilancio pluriennale 1978/80. Il quadro procedurale , in essa definito, completa inoltre, dando ampio significato alla loro azione, gli obiettivi e le competenze istituzionali degli enti strumentali che la Regione ha costituito, da sola o in partecipazione, per lo sviluppo dell'economia e della società della Regione. In particolare assumono ulteriore compiutezza rispetto a quanto già specificato nelle leggi istitutive i ruoli dell'Ires, dell'Esap, della Finpiemonte, e del Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione.
Questa struttura e procedura di formazione dei piani socio-economici territoriali di Comprensorio costituiscono un nuovo modo, meditatamente democratico di formare le decisioni di sviluppo e di spesa sul territorio della Regione, innovando profondamente rispetto ai tradizionali strumenti della pianificazione urbanistica, e ponendo realisticamente obiettivi concreti sulla base delle risorse a disposizione, laddove in passato il disegno dello sviluppo aveva troppo spesso ignorato le esigenze e le capacità reali dell'economia, della società e della stessa pubblica amministrazione.
In conclusione si tratta dunque di una legge che, per le sue caratteristiche di portata generale e, al tempo stesso, di concretezza rappresenta una tappa importante del governo regionale e, nello stesso tempo, un punto di riferimento per il confronto con tutte le forze democratiche presenti in Consiglio ed in Regione. In questo senso essa ha avuto un processo di formazione volutamente laborioso e tale da garantire nel modo più ampio, il contributo delle differenti posizioni, espressione reale di esigenze ed opinioni politiche della comunità.
In questo quadro non interessa stabilire se siamo arrivati primi o secondi al traguardo finale. E' interessante constatare che, attraverso uno sforzo collettivo culturale delle forze politiche presenti in Consiglio e fuori dal Consiglio, presentiamo una proposta di legge complessivamente organica e valida, così come non interessa stabilire se la centralità del problema del Consiglio rispetto alla Giunta nel rapporto con i Comprensori sia stata prevista prima dal Gruppo democristiano o dalla Giunta stessa interessa invece stabilire che questa Giunta si è sempre dichiarata aperta a tutti i contributi che possono e debbono venire dai banchi del Consiglio.
Credo che la fase finale del dibattito debba perseguire ulteriori obiettivi che da qualche parte possono essere suggeriti, tenendo conto che questa è una legge importante e sarebbe altrettanto importante poterla sottoscrivere da parte di tutte le forze politiche del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo tutti d'accordo nel riconoscere l'importanza dei provvedimenti che, in un modo o nell'altro, ci accingiamo ad esaminare in questo scorcio di sessione del Consiglio.
L'importanza degli argomenti e la portata che essi avranno sono tali che ci devono fare riflettere sul modo di portarli avanti e sulla loro caratteristica. Il guaio dei legislatori italiani, e anche dei legislatori regionali, è quello di sfornare leggi senza mai rendersi conto con esattezza della loro portata e del loro significato. Citerò l'esempio sulla amnistia per i reati fascisti, solo per il piacere di tornare indietro nel tempo della legge del primo e secondo governo della Repubblica: una legge che avrebbe dovuto rappresentare uno sforzo di conciliazione ma in realtà mise fuori dalle galere gente condannata a 16 anni o anche più; un Guardasigilli, interpellato perché questo era potuto avvenire, rispose "non c'eravamo resi conto della portata del nostro provvedimento di legge".
Ho richiamato questo esempio non per sollevare polemiche, ma per l'importanza che è stata sottolineata dagli interventi dei Consiglieri regionali, ma anche dalle forze sociali della nostra Regione che si rendono conto che in questi giorni possiamo mettere in moto un meccanismo che potrà o non potrà essere efficace. Stiamo per esaminare il primo passo di questa serie di provvedimenti e ci troviamo di fronte a due documenti che sono antitetici apparentemente ma non tanto, e se lo sono, lo sono per aspetti fondamentali ma non determinanti. Questa presentazione contemporanea di documenti non avviene mai a caso, ma fa parte di una abitudine, ormai invalsa in questo Consiglio regionale, di una contrattazione legislativa che, del resto, risale al momento in cui, esaminando il primo Piano di sviluppo presentato dalla Giunta, alle ipotesi di modesti contributi di consenso, si è preferito da parte di qualche Gruppo, almeno del Gruppo maggiore, la ricerca della neutralità. Si tratta di una consuetudine che non ci deve far perdere di vista il fatto che devono realizzarsi provvedimenti di legge chiari e valutati nella loro portata.
Il divario che c'é tra i due documenti è fondamentalmente uno: è il nodo che non abbiamo sciolto dal momento in cui abbiamo votato la legge 41 e abbiamo istituito i Comprensori, cioè è il ruolo obiettivo dei Comprensori. A questo punto, come Gruppo del PSDI, ci rifiutiamo di assumere degli atteggiamenti aprioristici in un senso o nell'altro cerchiamo piuttosto di far avanzare delle ipotesi e delle valutazioni che sono nostre e che hanno il merito di prescindere dalla collocazione che un Gruppo ha in certi momenti particolari o in certe fasi storiche nelle vicende regionali o nazionali. E' evidente che nel momento in cui si vot la legge 41, l'opposizione, che allora era condotta fondamentalmente dal PCI, mirava ad e stendere determinate prerogative dei Comprensori, convinta di potere in essi condurre una disputa più attenta e più efficace. La Giunta di allora evidentemente era più restrittiva. Oggi le cose sono ribaltate sotto questo punto di vista e la valorizzazione del Comprensorio ai fini della programmazione, può rappresentare una prospettiva che agisce in senso opposto. Noi socialisti democratici diciamo chiaramente che il ruolo dei Comprensori deve essere quello previsto dall'art . 5 della legge n. 41, riteniamo che il Comprensorio è un soggetto di programmazione nella misura in cui opera a latere, in collaborazione con la Regione, valuta i riflessi degli indirizzi regionali ed è in grado soprattutto di fare emergere attraverso la sua ramificazione nella realtà locale le valutazioni che emergono da questa stessa realtà. Ma noi riteniamo che il Comprensorio come soggetto di programmazione, non debba rappresentare ciò che oggi rappresentano, per esempio ai fini del Piano di sviluppo, le Comunità montane, le quali ci hanno presentato dei piani di sviluppo che abbiamo obiettivamente poi approvato, ma che rappresentano delle quantificazioni di fabbisogni o di prospettive che poco hanno a che vedere con le risorse disponibili della Regione, quindi non sono facilmente inquadrabili se non attraverso falcidie e riduzioni drastiche entro una programmazione regionale.
Veniamo quindi alle procedure così come sono state proposte. A dir la verità oggi forse non siamo in grado neanche di valutare un testo preciso avendo due testi degli emendamenti presentati dalla stessa Giunta e un testo già modificato proprio dalla stessa. Il filo conduttore però che ci porta ad esprimere la valutazione del Gruppo socialista democratico è quello che fa riferimento al momento essenziale: quello della formazione del Piano di sviluppo. Gli altri momenti, quello dell'attuazione e quello delle modifiche, sono consequenziali, momenti in cui qualsiasi procedura anche se non indovinata al cento per cento, non porta a guasti e ad alterazioni sostanziali, mentre il momento della formazione è importante e determinante. Negli indirizzi che la Regione esprime in termini di programmazione che trasmette ai Comprensori i quali li elaborano attraverso le consultazioni, li confrontano con la loro realtà e con il piano socio economico comprensoriale, che sono tenuti a portare innanzi, vi è una osmosi in andata e ritorno, d'indicazioni e prospettive che hanno, se non altro, il merito di essere inquadrate sempre in una realtà di disponibilità finanziaria perché poi il tutto dovrà essere legato ai programmi pluriennali di spesa e ai relativi bilanci.
Questa andata e ritorno nella formulazione con cui è stata presentata l'ultima stesura (del resto la conteneva anche la prima, nonostante gli emendamenti da parte della Giunta) può essere soddisfacente; interpreta se non altro le esigenze del Gruppo che rappresento. E' vero che se analizziamo con attenzione tutti i momenti di questo complicato meccanismo ci troviamo nei confronti di coloro che osservano l'albero genealogico di una casata importante: ci sono tanti pallini, tante linee che partono tante linee che arrivano e non c'é dubbio che in tutte queste linee c' qualche zio laterale che non si sa come collocare, così qualche momento non felice in questo tipo di programmazione delle procedure c'è, e certamente c'é anche qualche tempo che deve essere verificato in termini più attenti ma mi pare che fondamentalmente tutto questo è saltato. Credo che debba essere detto chiaramente da parte nostra, da parte del mio Gruppo, che questo è ciò che noi configuriamo per una corretta programmazione generale.
Non dobbiamo neanche dimenticare che tutta la nostra lotta regionale è stata condotta certamente sul piano dell'altra ottica, come se fossimo il Comprensorio che rivendica nei confronti dello Stato maggiori poteri e maggiori possibilità, dobbiamo anche riconoscere che tutta la nostra inerzia, la nostra incapacità, la nostra difficoltà ad operare sono state determinate dalla mancanza di questo quadro di indirizzi e dalla impossibilità di presentare qualche cosa che avesse semplicemente le caratteristiche di una teoria, per quanto abile per quanto generosa, ma pur sempre teoria, e quindi scarsamente inseribile nel contesto di una generale programmazione regionale. Questo, è secondo me il punto di scontro di oggi che ci vede davanti a due documenti sui quali penso possa essere fatto uno sforzo unitario perché non mi pare che ci sia materia di una contesa di fondo su argomenti di questo genere. Certo che poi nascono tutte quelle conseguenze che abbiamo già individuato, che sono correttamente indicate anche nella proposta di legge della DC, che riguardano la costruzione effettiva del Comprensorio, delle sue strutture, che non può essere più affidata al caso, perché, secondo quanto veniva detto questa mattina dovremmo dire che più che di una legge delle procedure, dovremmo fare una legge di macchine di dattilografia, trattandosi ancora di dotare i Comprensori addirittura della macchina per scrivere per poter battere i loro messaggi. Questo è l'atteggiamento corretto e obiettivo che il nostro Gruppo intende assumere nel valutare, negli aspetti che ho detto, ciò che è proposto dalla Giunta e ci trova consenzienti su ciò che è proposto dalla DC nel senso di rendere più efficiente, più snella la procedura stessa. Noi valuteremo questo con estrema attenzione, senza preconcetti, ma in questo filo conduttore che ci sembra risponda al nostro modo di pensare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gastaldi. Ne ha facoltà.



GASTALDI Enrico

L'interrogativo che il nostro Gruppo si pone esaminando la legge attuale è se il Piano di sviluppo e la programmazione richiesti all'art. 4 dello Statuto siano, nella legge stessa, sufficientemente garantiti nell'aderenza alla realtà, nel miglioramento socio-economico della Regione e del suo territorio e poi nella sua esecuzione pratica, anche in relazione alle possibilità finanziarie della Regione. Ci chiediamo ancora se il ruolo che la legge dà ai vari enti programmatori e di gestione, Consiglio regionale, Giunta regionale, Comprensorio e Comune, sia quello che il nostro Partito prefigura a tali livelli ed in che modo la legge colloca il decentramento, le autonomie degli enti decentrati e la partecipazione delle forze sociali, dei privati e come garantisca la partecipazione di essi alla stesura del Piano stesso. Dall'esame della legge possiamo dire che essa presenta e attua una organizzazione che corrisponde alle visuali del nostro Partito e garantisce la formazione e l'attuazione di un buon Piano di sviluppo.
Infatti, la definizione del Piano, del suo contenuto, delle sue finalità è precisa. Le procedure che sono state ricavate e già sperimentate, in parte, nella stesura del Piano che si sta preparando, sono meticolosamente previste, ne fa prova l'iter che secondo la legge dovrà compiere il Piano tra Giunta, organo proponente, strumenti della Giunta Ires, Esap, Enti locali, organismi sindacali, economici e forze sociali Consorzio per il trattamento automatico dell'informazione ed in ultimo la Commissione e il Consiglio che diventa in pratica il programmatore e l'estensore del Piano.
Le competenze, i compiti e i ruoli dei singoli Enti, Regione Comprensorio, Comunità montane, Comuni sono ben precisati e consoni alla nostra visuale. I limiti posti agli enti più decentrati di dipendenza del Comprensorio sono logici nel quadro della programmazione della Regione e nell'attuazione e programmazione del Comprensorio, evitano la parcellizzazione dei momenti decisionali nella programmazione e non ledono la loro necessaria autonomia; sono salvaguardati anche i diritti dei privati, naturalmente vincolati e diretti verso l'utilità della Regione nel suo complesso. Il controllo annuale del Consiglio regionale sullo stato di attuazione del programma dà una garanzia d'impegno per la sua esecuzione ed eventuale correzione anche prevista.
In conclusione la legge attuale costruisce una organizzazione secondo noi convincente per la programmazione e l'attuazione dello sviluppo socio economico della Regione e del suo assetto territoriale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci sembra di ricordare che sia del Capogruppo democristiano Bianchi l'azzeccata definizione secondo la quale questa legge viene ad avere, nei confronti della programmazione un'importanza pari a quella che ha, verso il diritto penale, il relativo codice di procedura. Siamo d'accordo: ed è proprio in forza di questa considerazione, obiettivamente riconosciuta come fondata, che ci sentiamo impegnati, per uno stimolo culturale ancor prima che per un dovere politico, ad intervenire nel dibattito, anche se - è questa precisazione che vogliamo subito fare - il nostro intervento sarà di taglio particolare diverso cioè da quello che altri, Gruppi hanno dato o daranno alle loro valutazioni; ma certo coerente con quelle impostazioni di "opposizione alternativa" che il MSI-DN ha sempre sostenuto ed interpretato, all'interno di questa assemblea. Nella circostanza, infatti, e ne spiegheremo le ragioni, non riteniamo di dover entrare nel merito specifico del disegno di legge che ci è stato presentato dalla Giunta; quanto, invece, d'investirlo attraverso un discorso più ampio, un giudizio generale che comunque sia tale da permettere una definizione chiara di quale sia la nostra posizione in argomento. Diciamo questo anche se in verità sarebbe perfino più facile discutere criticamente soltanto la normativa che è stata elaborata dalla Giunta, per arrivare ad individuare i molti punti deboli, a cominciare dal grosso rilievo e dalle qualificanti responsabilità che si attribuiscono a quei Comprensori i quali, oggi come oggi, anche a prescindere da tutte le giustificate riserve da noi più volte ripetute sulla legittimità dell'istituto, hanno un futuro alquanto confuso ed alquanto incerto se è vero, com'é vero, che l'accordo siglato tra i sei partiti della non sfiducia all'esame del Parlamento (un accordo, lo rileviamo per inciso, che nella parte riservata alle Regioni ed alle autonomie locali, riflette solo ed esclusivamente il disegno politico del PCI di espropriazione dei poteri dello Stato), ha individuato un unico "Ente intermedio" tra Regioni e Comuni, ma non ha individuato le dimensioni ottimali e le sue caratteristiche strutturali. Del resto, qualche giorno fa la "Gazzetta del Popolo" per la precisione titolava testualmente: "dopo l'accordo fra i partiti, spariscono i Comprensori, ad otto mesi dalla nascita", il che viene indirettamente a confermare, al di là di una valutazione giornalistica fors'anche superficiale, che deve considerarsi scelta azzardata e comunque discutibile quella di affidare la programmazione agli attuali organi comprensoriali , declassando invece la Provincia a struttura tecnica di servizio e di gestione. Così scegliendo, non si tiene conto del rischio che nell'odierna situazione confusa ed incerta i Comprensori sono destinati a restare di fatto congelati e, dicendo questo, noi non esprimiamo neanche tanto un parere nostro, quanto citiamo testualmente una dichiarazione rilasciata alla "Stampa" dall'Assessore provinciale comunista Ardito.
Non è che manchino in questo disegno di legge aspetti oscuri, dubbi e contradditori, tali da suscitare anche nel merito una critica largamente motivata. Però, come avevamo anticipato, non è al merito specifico che noi pensiamo di doverci attenere visto che, per ammessa definizione, questa è una "legge di principi", destinataria pertanto, da parte di una forza politica che voglia essere opposizione alternativa, di un commento, meglio di una risposta, formulata in termini "di principio". Su questo piano, noi dobbiamo dire subito, con la più ferma chiarezza possibile, che non ha senso, anzi, che è un "non senso" parlare di "procedure della programmazione" quando non ci si sia prima intesi sul significato, sulla portata, sul valore della programmazione stessa. E torniamo qui al felice esempio del collega Bianchi: cioè al codice di procedura penale che viene ad essere strutturato, diremmo condizionato, in rapporto al diritto penale vigente, ma che dovrebbe essere diversamente organizzato, qualora altre fossero le norme penali in vigore. Giudicando con lo stesso metro, noi non possiamo accettare in via pregiudiziale procedure programmatorie che siano correlate ad un modello di programmazione che é, a nostro avviso, da respingere in quanto carente e criticabile.
Ecco perché, a fronte di un disegno di legge quale quello che ci viene presentato, noi dobbiamo collocarci con un intervento di questo taglio: perché, appunto, della programmazione la nostra parte politica ha una visione completamente diversa, non conciliabile, con quella che, invece viene accettata dalle altre forze qui rappresentate. Intendiamoci: noi riconosciamo che la programmazione oggi è assolutamente necessaria per i molteplici aspetti di interdipendenza delle varie attività, lo è per il modo di evolversi delle situazioni di mercato, per l'irrompere di innovazioni tecnologiche, per i ritmi di sviluppo della società, per l'esigenza di realizzare una coincidenza e, forse più esattamente, una sintesi dinamica tra sviluppo sociale ed avanzamento civile.
Fatto questo riconoscimento, dobbiamo però rilevare che i tentativi di programmazione regionale, vuoi a carattere globale, vuoi a carattere settoriale, hanno fruttato sinora risultati non solo negativi, ma addirittura fallimentari e questo vale per i Piani di sviluppo o d'interventi della Sardegna e della Sicilia, come per i vari piani per le zone montane, per l'edilizia scolastica, per gli asili nido, previsti da leggi nazionali o, a volte, da leggi regionali, i quali tutti fanno registrare notevoli ritardi sui tempi d'attuazione oltreché considerevoli aggravi di spesa in rapporto agli stanziamenti deliberati.
Diventa allora d'obbligo chiedersi perché mai questi esperimenti di programmazione, di quel tipo di programmazione che si vuole riprodurre adesso anche qui in Piemonte, si siano risolti e continuino a risolversi in una vera e propria bancarotta. Alla domanda, noi crediamo di dover rispondere indicando quali cause del fallimento qui constatato anzitutto la mancanza di una programmazione nazionale; la mancanza di un ben definito ruolo programmatico delle Regioni; la mancanza di strutture unitarie per l'elaborazione e l'attuazione della programmazione; la mancanza, infine della partecipazione, con poteri decisionali, dei gruppi sociali alla definizione dei programmi.
Manca, dicevamo, una programmazione nazionale, il cui problema è rimasto irrisolto anche dopo il recente accordo tra i sei partiti della non sfiducia non essendo state definite né le procedure né le strutture di articolazione.
E, in carenza di una programmazione nazionale, una programmazione a livello regionale è inconcepibile, poiché questa ultima altro non può n deve essere se non un'articolazione di quella nazionale. Il voler ignorare una simile correlazione obbligata e, altresì, il consentire che ogni Regione si ponga come Ente programmatorio scollato dalla programmazione nazionale , inevitabilmente conduce alla crisi che oggi caratterizza tutti gli esperimenti programmatori; crisi dalla quale si può anche uscire, a patto però che si abbia il coraggio di attuare radicali riforme. Occorre in primis, e questo a livello nazionale, scegliere un nuovo tipo di programmazione da adottare, sia alla luce delle esperienze negative avutesi in Italia, sia alla luce delle esperienze fornite dalle scelte indicative o coercitive operate in alcune nazioni.
E s'innesta qui la proposta alternativa del MSI-DN per una programmazione impegnativa: una programmazione cioè che scaturisca dagli stessi protagonisti, che abbia nelle varie sedi tutte le verifiche democratiche necessarie e che, nella fase attuativa, contempli l'obbligatorietà d'impegno. Occorre poi individuare le strutture chiamate ad elaborare e ad attuare i programmi, questo soprattutto assegnando alle Regioni (che così potrebbero finalmente avere un senso ed un significato!) il compito di essere "momento intermedio" tra la programmazione nazionale e la programmazione periferica: e questo però farlo con legge strutturale dello Stato, che assegni alle Regioni un ruolo ben preciso e definito oltreché necessariamente unitario. Però noi siamo i primi a riconoscere che, lungo questa strada, il discorso ci porta lontano: perché, infatti risolvere la Regione in organo intermedio e di sintesi della programmazione degli Enti locali e della programmazione nazionale, significa anche modificare profondamente l'attuale struttura del governo regionale l'attuale tipo di rappresentanza, l'attuale impostazione dei bilanci l'attuale procedura di attuazione della spesa e l'attuale sistema dei controlli. Significa insomma rifondare l'istituto regionale anche superando le odierne delimitazioni storico-amministrative che non hanno più ragione di essere, per individuarne i nuovi confini a contenuto socio-economico omogeneo, e significa poi riformare l'attuale sistema delle autonomie locali, ponendo come obiettivo la programmazione di base o periferica e vale a dire la programmazione reale. Discorso lungo, dicevamo, che non svolgeremo in questa sede perché non mancheranno le occasioni di farlo successivamente.
Ci basta, per il momento, l'avere affermato, ci auguriamo con sufficiente chiarezza, come la nostra parte politica, proprio per tutte le considerazioni, che siamo andati sin qui svolgendo, abbia- del fatto programmatorio una visione che è del tutto differente e del tutto diversa da quella che oggigiorno se ne ha in questo sistema politico, e quindi contrapponga un tipo di programmazione sostanzialmente diverso da quello cui si rifanno le attuali forze politiche, che ora viene assunto come modello, come tipo anche nella nostra Regione.
Ecco allora, e concludiamo riallacciandoci a quanto avevamo detto in premessa, che si può parlare di "procedure della programmazione" com'é nel titolo del disegno di legge, solo dopo aver chiarito che cosa debba intendersi per programmazione: ed ecco perché, approfondito questo chiarimento, altra conclusione non ci rimane se non quella di affermare, ed ora in modo motivato, che proprio per il fatto di respingere questa programmazione, il MSI-DN ne deve respingere anche le relative procedure d'attuazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Petrini. Ne ha facoltà.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che questo mese di luglio 1977 resterà parecchio tempo nella memoria di ciascuno di noi. Mai era capitato, se non vado errato, di aver dovuto sostenere, a scadenze tanto ravvicinate, impegni legislativi in così rapida successione. E non si tratta di leggine, posto che vi siano leggi più o meno importanti: si è parlato e discusso, si parlerà e si discuterà, per tutto il mese, di assistenza e di urbanistica, di procedure e di Piano di sviluppo.
Lungi da me comunque, al di là della nota di costume politico veramente poco lusinghiera per una assemblea che deve lavorare con serietà e senso di responsabilità, lungi da me dicevo insistere su una serie di scadenze sulle quali la Giunta si è assunta responsabilità piena. Ma lasciatemi sottolineare il senso di amarezza e di frustrazione, anche, che coglie tutti noi Consiglieri regionali (stiamo diventando dei novelli Mennea della politica piemontese) nel ricevere uno, due giorni al massimo, prima del dibattimento in aula o in Commissione i testi nuovi o riveduti dei vari provvedimenti legislativi (come per questa legge addirittura solo stamani).
Senso di frustrazione che è anche di tutti quegli organismi di partecipazione, primi fra tutti i Comprensori, che sono coinvolti in una farragine di consultazioni a getto continuo, che ne deprime l'apporto analitico e costruttivo nei confronti di quanto viene ad essi sottoposto.
Non sfugge a questa logica il disegno di legge della Giunta regionale sulle procedure della programmazione. Lasciato giacere in Commissione, viene portato avanti ora a tamburo battente, con una riedizione a pochi giorni dall'esito , invero preoccupante, delle consultazioni, rivelatesi duramente critiche verso il progetto originario.
Tutto ciò ha giustificato, ad opera del Gruppo DC, la presentazione di un disegno di legge alternativo rispetto a quello della Giunta. Gli scopi dell'iniziativa si rifanno essenzialmente, come hanno ricordato i colleghi Alberton e Paganelli, stamani, a due concetti base che noi riteniamo essenziali per la redazione di un testo di legge che, non dimentichiamolo dovrà costituire il binario entro cui incanalare tutta l'attività programmatoria regionale per un arco di tempo assai ampio.
Innanzitutto, la previsione di un corretto rapporto tra i soggetti di programmazione operanti nella sfera regionale è da ritenersi garanzia ineliminabile per un operare democratico. Mi spiego: la presenza sul territorio piemontese di organismi di pianificazione, appositamente istituiti con vigore di legge, e mi riferisco ai Comprensori e Comunità montane, pone problemi di dialettica al nostro interno che, mutatis mutandis, costituiscono il parallelo di analoghe nostre rivendicazioni nei confronti della programmazione dello Stato.
In concreto, il primo disegno di legge della Giunta sulle procedure sembrava ignorare questa sostanziale identità, riservando ai Comitati comprensoriali nei confronti del Piano regionale di sviluppo un ruolo del tutto marginale, penalizzante, che si formalizzava in un parere, peraltro da "coordinarsi" da parte del Presidente della Giunta regionale, nelle forme ritenute più opportune.
Lo stimolo delle consultazioni e la consapevolezza di aver messo in atto un disegno che non era condivisibile dalla comunità regionale, sono all'origine del mutamento di rotta, orientato sulla scorta della proposta DC. Così oggi leggiamo che "la programmazione regionale è esercitata nell'ambito delle rispettive competenze, dal Consiglio regionale, dalla Giunta e dai Comitati comprensoriali". E più oltre "la partecipazione al processo di programmazione si attua nella fase di elaborazione delle proposte, nella loro formazione ed approvazione e nella successiva gestione attraverso programmi di attuazione".
Vorrei subito aggiungere che il testo della proposta democristiana contiene una articolazione senz'altro più soddisfacente dei rapporti Regione-Enti programmatori o Enti comunque riconoscibili come titolari di facoltà propositive nel processo di pianificazione regionale. E' appena il caso di ricordare, a questo proposito, il ruolo delle Comunità montane enti programmatori riconosciuti come tali con legge dello Stato: la loro partecipazione alla formazione del Piano regionale di sviluppo è indiscutibile in linea di principio e doverosamente conciliabile con procedure di programmazione a carattere generale.
E ancora le organizzazioni sindacali, le Camere di Commercio, le Associazioni di categoria sono uscite veramente con disorientamento dal duplice ciclo di consultazioni sulle procedure e sul Piano, che, per i tempi stretti ma non solo per quelli, ne hanno avvilito l'originale facoltà propositiva.
Le identità riscontrabili, tuttavia, tra i due progetti inducono a pensare che, anche in quest'ultima direzione, l'apporto critico, ma costruttivo (per usare una frase ormai acquisita) del Gruppo DC abbia prodotto da parte della Giunta dei ripensamenti, come ho già detto, come nel caso degli Enti strumentali della Regione. Questi ultimi (Esap, Ires Finpiemonte, Centro di calcolo), ignorati nella primitiva stesura acquistano "cittadinanza programmatoria ", nei limiti della loro operatività, nel nuovo progetto, laddove se ne precisano i compiti nell'importante fase preparatoria del documento di Piano. Anche qui il rilievo è di matrice democristiana e aggiunge all'iniziale indicazione di correttezza tra i rapporti tra i soggetti di programmazione un legittimo ampliamento della sfera dei mezzi a disposizione della Regione Piemonte per giungere alla definizione di un piano tecnicamente valido ed accettabile.
A volte però i suggerimenti, forse per compiacenza, forse per superficialità, subiscono strani destini: sono cioè figli della troppa sollecitudine e pertanto nipoti della fretta. Non voglio creare polemica fine a se stessa, ma mi par giusto notare che la correttezza e il rispetto dei rispettivi ruoli in materia di programmazione non significa rinuncia alle proprie prerogative. Perché questa osservazione? Laddove si parla di "formazione ed approvazione del piano socio-economico territoriale del Comprensorio" si affronta anche il nodo della cosiddetta "adozione" del piano da parte della Regione. Ora, è bene riconoscere agli organi regionali, nella piena osservanza dell'autonomia degli organismi periferici, un margine di discrezionalità prima di addivenire formalmente all'approvazione di ciascun piano comprensoriale. E tale margine ha la sua consistenza nella coerenza con il Piano regionale di sviluppo, o invertendo il ragionamento, nella facoltà accordata concordemente "alla Giunta regionale e alla Commissione programmazione e bilancio del Consiglio" di rifiutare l'adozione qualora "il piano approvato dal Comprensorio, sia in contrasto col Piano regionale di sviluppo" ovvero non sia stato predisposto in osservanza ai dettami previsti dalla legge stessa.
Non è il caso di essere più realisti del re, ma mi pare che il semplice buon senso - oltre al diritto - giustifichi questa impostazione. Non è possibile accettare un Comprensorio privo di autonomia e di iniziative verso la pianificazione regionale; ma è parimenti inaccettabile il disordine programmatico causato dall'assenza di un benché minimo riferimento di carattere generale. Agganciare a quest'ultimo il termine di paragone per l'approvazione o meno del piano comprensoriale significa anche collocare nell'esatto ambito il ruolo di coordinamento che la Regione deve riservarsi in ultima analisi.
Coordinamento e non controllo burocratico o accentratore: questo è anche il senso della posizione regionale nei confronti degli Enti locali Comuni e Province. E siamo al secondo concetto-base che ha ispirato la controproposta democristiana. Quanto contassero i Comuni, dopo l'approvazione del primo disegno della Giunta, non era interrogativo retorico. Presi nella morsa di scadenze ravvicinate, Comuni, Consorzi di Comuni e Comunità montane avrebbero dovuto sottoporsi a veri "tour de force" per rispettare i tempi previsti per le incombenze facenti carico in osservanza ai dettami della programmazione regionale e comprensoriale.
Ma non era, quello dei tempi, l'argomento chiave di una opposizione DC che traeva lo spunto da una costante, continua difesa dell'Ente locale e delle sue autonomie. Ben vengano i programmi pluriennali di attività e di spesa, le scelte consortili, le proiezioni d'attività e le verifiche delle medesime, quando queste consentono di ridurre i costi, di semplificare le procedure e di operare nell'ambito di un quadro di riferimento più generale e preventivamente concordato. Ma attenzione: teorizzare un controllo di merito su ogni attività inerente all'Ente locale, condizionare l'approvazione dei Comitati di Controllo su qualunque delibera degli Enti al giudizio di conformità al piano, significa andare ben oltre. Significa privare il Comune di una potestà d'iniziativa autonoma, significa ridurlo al rango di mero esecutore di schemi prefissati, significa, alla lunga svuotare quella legittimazione popolare che è il titolo fondamentale di "investitura" dei nostri Consigli comunali.
La programmazione non è un fattore meramente tecnico che pu permettersi di valicare questi punti fermi; essa ha le sue esigenze, di cui si discorreva, di coerenza e conformità, ma non possiede la facoltà di rivedere di fatto l'assetto istituzionale del nostro Paese. Nulla vieta tuttavia che le due posizioni trovino conciliazione in una forma intermedia che la DC - conscia del proprio ruolo di "partito delle autonomie" - ha realizzato con l'art. 21 della propria proposta alternativa. Una relazione annua "sullo stato di attuazione delle attività per le quali il piano annuale di attività e di spesa ha previsto il finanziamento, anche parziale, della Regione" sembra il metodo più rispondente ai principi generali su esposti.
Il "giudizio di conformità" dei Comitati comprensoriali su queste relazioni pare lo strumento più idoneo di verifica e di controllo sull'operato dei Comuni, senza che con ciò il Comprensorio stesso venga coinvolto in compiti istituzionalmente non suoi. Quest'ultimo non surrogherebbe i CORECO, che espleterebbero il loro normale controllo di legittimità e, laddove previsto, di merito; né sarebbe "cassa di risonanza" di istanze più o meno giustificate che dovessero provenire dai diversi Enti locali.
E, d'altro canto, reputo sufficiente questo giudizio di conformità. E' evidente il rischio, senz'altro da valutarsi, di un'azione dell'Ente locale volutamente non conforme al Piano regionale ed a quello comprensoriale. E' altrettanto evidente che, a livello di aiuto finanziario, ben difficilmente potranno essere accolte ulteriori richieste per realizzazioni così viziate: ma, al di là del dato negativo, resta la verifica e la denuncia di un atteggiamento dell'Ente locale deliberatamente contrastante con una volontà politica che non è esterna ad esso, ma che esso stesso ha coscientemente provveduto a determinare.
Da tutte queste considerazioni, il peso che la legge sulle procedure della programmazione andrà ad assumere su tutta l'attività della Regione Piemonte risalta con tutta la sua evidenza. Pertanto, senza approfondire altri dettagli specifici, mi pare che una valutazione conclusiva ci stia tutta. Che si sia inoltrati a questa scadenza con troppa rapidità e una certa leggerezza è, purtroppo, un fatto di tutta evidenza.
Il campanello d'allarme delle consultazioni, le nostre critiche ripeto, costruttive, hanno provocato quell'inversione che, per certi versi ci soddisfa, ma per altri ci preoccupa, soprattutto se pensiamo a quanto sarebbe successo nella realtà piemontese se l'opposizione fosse stata più blanda e meno costruttiva. Una cosa ci sembra giusto reclamare, stando così le cose.
Nell'esame futuro dei disegni di legge di carattere strutturale, primo fra tutti quello urbanistico ormai alle porte, si tenga conto che i rilievi formulati oggi e nei giorni scorsi non sono fine a se stessi ed in sé non sono mai strumentali rispetto all'atteggiamento politico finale, ma rispondenti ad un nostro modo di concepire la Regione, i Comprensori, gli Enti locali e le loro funzioni. So che la polemica porterebbe lontano, n mi va di sostenerla oltre al punto in cui, grazie ad essa, si stimola la Giunta regionale a coordinarsi, prima di coordinare.
Se oggi, e concludo, un traguardo, diciamo pure comune, si è raggiunto al di là delle differenziazioni di ciascuna parte politica (che il voto sancirà), è nell'acquisizione della consapevolezza che è pericoloso e sfugge ad una logica di buona amministrazione, che dovremmo sempre cercare d'imporci, avviare provvedimenti che possono avere conseguenze su di un assetto istituzionale, accettato e riconosciuto da tutti: la legge sulle procedure è un disegno normativo importante, ma attinente ad una sfera operativa diversa, che non deve condizionare il quadro delle autonomie territoriali.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Il Gruppo della DC ha già rilevato come molte delle indicazioni venute dalla consultazione siano state raccolte nel rimaneggiamento che la Giunta ha fatto del primitivo disegno di legge, e quindi non costituisce per noi titolo di demerito, come Bontempi ha già rilevato , che suggerimenti e indicazioni del Gruppo DC siano risultati utili per questo rimaneggiamento così come lo sono stati quelli delle forze sociali, delle organizzazioni di categoria e in generale degli enti consultati.
Particolare rilievo hanno avuto le indicazioni dei Comprensori, non solo per la loro qualità ma per la novità e per il carattere di prefigurazione che le consultazioni hanno avuto. Non sarei quindi così drastico nel formulare un giudizio negativo sul ruolo e il contenuto che questa consultazione, pur in tempi ristretti, ha contribuito a dare, anzi credo che non sempre la lunghezza dei tempi porta alla migliore definizione possibile, come si è visto in altri disegni di legge, né della volontà delle forze politiche né della materia di cui si tratta.
Ciò ribadito, per la chiarezza del dibattito non possiamo però esimerci dal suggerire a noi stessi, al Consiglio e allo stesso Gruppo DC qualche riflessione. Innanzitutto nella proposta di legge è recepito quell'ordine di riflessione, di cui lo stesso Gruppo democristiano si è fatto in quest'aula portavoce, il ruolo del Consiglio, dei Comprensori, degli Enti locali. Mi limiterò a fare un esame comparativo dei rispettivi primi articoli dei due disegni di legge; essi, secondo me, sono interpretativi di tutto il testo di legge e sono significativi della volontà politica in quanto spogli della più minuta regolamentazione. La proposta della Giunta dice: "la Regione Piemonte esercita la propria azione legislativa regolamentare ed amministrativa di indirizzo politico con il metodo della programmazione. La presente legge ne individua gli strumenti e ne definisce le relative procedure"..
Un comma del disegno di legge n. 225 recita invece : "Il Piano regionale di sviluppo predisposto dalla Regione e i piani socio-economici territoriali di Comprensorio predisposti dai singoli Comprensori costituiscono insieme il complesso della programmazione regionale". La formulazione è un po' vaga. L'interpretazione di questo testo non pu lasciare dubbi: la programmazione regionale è il complesso della carta che viene prodotta dagli organismi a cui contribuiscono altri enti; quindi si afferma una concezione estremamente limitativa non solo della programmazione ma anche dello stesso contributo degli enti che vengono in generale consultati, perché il loro contributo non modifica la volontà d'indirizzo legislativo generale della Regione, ma modifica l'insieme del complesso composto da questi materiali. Non vorremmo che si venisse a sostenere che tutta la programmazione regionale consiste nella discussione su alcuni volumi, in sostanza che non fosse un'azione politica che uniformi il complesso degli atti e non vorremmo nemmeno che si venisse a discutere di una materia ridotta a un sistema di vincoli senza alcune forza di persuasione e che si oscillasse quindi tra la dichiarazione di puro principio che rientra nelle pubblicazioni che vengono stampate nel nostro Paese ed un atteggiamento vincolistico. La terminologia: "pone vincoli all'attività" indicata nella relazione illustrativa all'art. 1 del disegno di legge della DC, viene ripresa nell'illustrazione agli art. 6 e 9 con alcune osservazioni che richiederebbero una o più matura riflessione. Si dice che gli altri enti pongono vincoli all'attività della Regione, ma la Regione non pone vincoli: in generale il ragionamento gioca sul termine del vincolo. Questo mi rafforza nell'interpretazione che ho dell'art. 1, cioè che più di volontà d'indirizzo politico si tratti di valore normativo di alcuni atti o di nessun valore. Questa oscillazione forzata nel senso cioè di togliere valore alla programmazione si ritrova in altri punti del disegno di legge n. 225.
Credo non si possa pensare che la programmazione sia risolubile in una disputa accademica tutta ripiegata sul passato perché, se così si facesse si finirebbe per condensare in essa tutte le tesi vecchie per trovare un punto d'appoggio a questa o a quella formulazione e quindi non si farebbe uno sforzo per affrontare, come si fece con la legge n. 41, il terreno sperimentale per vedere invece quali possano essere le interpretazioni più o meno sottili o più o meno capziose per valorizzare una certa tesi di principio. La concezione e il ruolo della programmazione è un argomento di tale rilevanza che vale la pena di spendere alcune considerazioni.
Quali sono i limiti della legislazione regionale? Mi pare che siano tre: le materie fissate dall'art. 117 della Costituzione, i principi legislativi statali in materia di programmazione e il rispetto della programmazione nazionale. Nella situazione attuale, l'unico vincolo alla legislazione regionale si riduce a quello delle materie di cui all'art.
117, perché gli altri dati non esistono. Questa di cui oggi discutiamo non è una legge di settore, ma è una legge di metodo voluta dallo Statuto regionale, quindi non si tratta di una delle materie contenute nell'art.
117; il fatto che oggi i vincoli della legislazione regionale si riducano a quelli delle materie contenute nell'art. 117 e nelle leggi 218 e 382, deve indurre a riflettere chi continua a ripetere con insistenza che i processi di delega sono dei processi che sminuiscono la funzione dello Stato centrale, stante il fatto che ben altri canali lo Stato centrale poteva mettere in atto per individuare e organizzare il meccanismo regionale di pianificazione.
Nei confronti delle altre autonomie locali cosa può significare la legge sulle procedure? Può significare nulla per l'assoluta impossibilità d'imporre dei comportamenti e delle direttive che abbiano un carattere di vincolo, oppure può significare assai poco, nel caso in cui vengono disciplinate le competenze delegate. Se si trattasse delle competenze delegate bisognerebbe concludere che non è questa la sede in cui affrontare a fondo la discussione perché la sede in cui vengono formati i principi a cui deve attenersi l'esercizio delle funzioni all'interno delle materie delegate, avviene con le leggi specifiche di delega all'interno di ciascun settore.
Credo che la questione non si ponga solo in questi termini e non si ponga soltanto con le oscillazioni tra carta e vincoli, perché tra questi due elementi c'è la partecipazione effettiva nella formulazione degli indirizzi e nella esecuzione dell'indirizzo politico regionale. Il processo di partecipazione e di contributo che avviene nella stesura di un atto, non può non avvenire a pena di sminuire la stessa funzione dell'ente che ha contribuito nella fase generale di attuazione. Non si pone tanto un problema di efficacia della legge quanto un problema di verificare in concreto quali aspetti possa indurre all'interno della comunità regionale.
Questo - secondo me - può verificarsi non solo attraverso meccanismi d'incentivo e di disincentivo che rischiano di essere semplicistici e la cui efficacia è ristretta alle possibilità di diretta erogazione della Regione, che sono limitate, ad esempio, rispetto alle possibilità di manovra finanziaria che ha un Comune come Torino, quanto piuttosto rendendo effettive quelle determinazioni che sono comuni con gli altri enti. Mi pare che la disponibilità di alcuni enti e di alcune associazioni private debba essere colta e su di essa si debba riflettere. In Italia, come possiamo rilevare in queste giornate, si riesce persino a non imporre i regolari canoni di convivenza civile a dei normali delinquenti: questo spiega per anche il fatto che le forze politiche rapportandosi alla programmazione non possono pensare di rinchiudere la loro funzione soltanto all'interno della possibilità coattiva che singoli atti, uno per uno, possono avere; se la strada della coazione appare sostanzialmente chiusa, al di là delle competenze illustrate nei dettagli dal disegno di legge della Giunta, credo che il ragionamento debba portarci a concludere in due modi: o alla Regione non compete di programmare se non la propria attività interna, ma allora deve essere chiaro che non si tratta di atti legislativi, ma di normali atti amministrativi (qualunque ente, con i soldi propri, come Province e Comuni, con lo strumento amministrativo idoneo, persegue e realizza i risultati che la maggioranza si è posta), e si pongono problemi per la mancanza di una definizione nazionale di alcuni principi ispiratori del diritto regionale a cui attenersi, oppure, se questa facoltà esiste e allora si devono affrontare i necessari strumenti legislativi, la cui efficacia, ovviamente, è fissata nel nostro sistema istituzionale.
Farò un'altra considerazione molto sintetica. Credo che la stessa cautela debba essere adottata quando si analizzano i diversi enti o soggetti che partecipano alla programmazione. L'allungare o l'accorciare l'elenco dei soggetti che partecipano non comporta necessariamente maggiori o minori contributi e non comporta nemmeno un arricchimento o uno svilimento dei soggetti che vengono citati. In sostanza bisogna attenersi almeno al principio che vi sono degli enti che hanno un carattere generale i Comuni innanzitutto, e che vi sono altri enti che hanno una competenza settoriale che gli è stata data da leggi dello Stato, ma che si collocano in modo diverso rispetto al Comune; mettere insieme queste competenze in modo indistinto, rischia di confondere e non di chiarire il problema che vogliamo affrontare. Questo non toglie che si tratti di valutare in quale modo il ragionamento politico deve svilupparsi, certo è che la differenza tra enti generali ed enti settoriali non può essere dimenticata soltanto con un atto di allungamento dell'elenco. Altro si potrebbe dire sui piani territoriali di coordinamento a livello comprensoriale e sulla loro collocazione rispetto alla programmazione socio-economica.
Vorrei esemplificare brevemente il problema dei Comprensori. Non vi è dubbio che in una posizione responsabile, in questa situazione politica, ma interpretando in generale il dettato costituzionale, non può che porsi il problema dell'unità e della solidità del nostro Stato repubblicano e che qualunque tipo d'iniziativa che abbia come effetto quello d'indebolire o di minare la forza e la garanzia dei diritti dei cittadini che risiedono nell'unità dello Stato repubblicano) debba essere combattuto. Si tratta di definire delle normative che non abbiano un carattere di contrapposizione e che non siano quindi interpretabili tra i diversi soggetti per innescare una sorta di guerriglia istituzionale, per arrivare ad una situazione che renda impotenti ed inoperanti le competenze di ciascuno; per garantire un processo di questo genere, bisogna riferirsi soprattutto alle idee, alle proposte che vanno e vengono fra i diversi livelli e che vengono formulate con interventi, atti, deliberazioni, leggi e con tutto quanto ciascun ente ha facoltà di esprimere. In sostanza si tratta di un rapporto politico, in una situazione di trasformazione istituzionale, all'interno di un processo che non può portare ad un irrigidimento eccessivo di normativa.
Al di fuori di questa logica politica, non si capisce il senso della discussione sulla programmazione, non si capisce perché esiste la legge 41 del 1975 per i Comprensori, il rapporto tra i Comitati comprensoriali e gli Enti locali che pur non sono soggetti nel senso stretto, anzi sono soggetti alla legge regionale, e come un processo di coordinamento e di iniziativa tra gli Enti locali abbia un suo valore, e una sua qualità politica nuova nel rinnovamento dello Stato. Pare evidente che un problema di tale complessità in cui la sperimentazione è scarsa, e anche difforme da Regione a Regione, debba dare adito a una certa libertà di proposte e di creazione di quelle che possono essere le linee ispiratrici dell'attività. Non c' dubbio che anche all'interno delle forze della maggioranza e fra i partiti possono esservi discussioni sugli elementi definitivi su cui si deve attestare questo processo. Il ragionamento deve portarci a sviluppare in concreto la capacità di programmazione del Comprensorio: questo è il primo dato concreto su cui comunque si misura qualunque tipo di assetto definitivo, al di là delle formulazioni che verranno date con la normativa nazionale.
Visto che siamo d'accordo, e entrambi i testi di legge lo dicono esplicitamente, che la programmazione regionale costituisce momento di proposta per la programmazione a livello nazionale, mi pare doveroso ricordare le conseguenze che hanno sulla programmazione regionale, in via di principio e in via di fatto, gli accordi tra i partiti e la stesura unitaria avvenuta dei decreti della legge n. 382, all'interno della Commissione Affari istituzionali: quei decreti comunitariamente decisi davano nuovo impulso e un nuovo ruolo ai Comuni e attraverso questo impulso e questo ruolo vengono dati ai Comuni forza, strumenti, competenze perché possano inserirsi da protagonisti nei processi di programmazione; questo è un terreno che se venisse abbandonato comporterebbe effetti negativi sulla programmazione regionale la logica della legge n. 382 riafferma il ruolo della Regione, già sancito dalla Costituzione, attraverso funzioni d'indirizzo e di programmazione. Si ribadisce così come la Regione debba esercitare le proprie funzioni amministrative attraverso la delega e come questo processo di affermazione sempre maggiore delle funzioni d'indirizzo e di programmazione porti il Consiglio a svolgere un ruolo idoneo, a rispondere in termini politici alle sollecitazioni che questa trasformazione istituzionale comporta; quindi il rapporto Giunta-Consiglio non è un problema che si fissa come norme interne della Regione una volta per tutte ma è un problema che si fissa in dipendenza del quadro nazionale sulla base della capacità di proporre che Consiglio, Commissioni e forze politiche avranno il terzo punto rilevante della legge n. 382 è che attraverso quell'atto legislativo si pongono i presupposti per una ampia riforma istituzionale non solo delle autonomie locali, ma dello stesso Stato centrale, sia nei suoi gangli centrali che nelle sue organizzazioni periferiche che intersecano in molti punti le competenze e le funzioni dei Comuni e delle Regioni, e la cui intersezione non controllata a frutto di questo processo pur positivo di assestamento deve in qualche modo essere risolto anche per risolvere i problemi che qui sono stati sollevati.
Se per noi è doveroso ribadire l'importanza di quell'accordo nazionale e di quel decreto, in occasione anche di questa discussione in Consiglio crediamo che vada difesa la validità e la funzione della Regione e dei Comuni, perché così facendo si difende la validità e il senso della discussione odierna e credo vada ribadita (e questo non penso possa suonare come un appello di parte) la necessità che il Governo debba adottare quel decreto mantenendone la sostanza istituzionale e il tipo di ragionamento che modifica profondamente le possibilità che il dibattito di oggi e la legge che voteremo si traducano o non si traducano in atti consensuali programmatori da parte degli altri Enti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio è un intervento a titolo personale, per un dovere di coerenza con l'atteggiamento assunto in una precedente seduta e in analogia a quanto era accaduto allora e a quanto accade anche oggi, limitandomi a una questione di metodo, senza entrare nella sostanza della discussione, tuttavia sottolineando ciò che è già stato richiamato dal Consigliere Carazzoni, riprendendo l'argomento sviluppato altra volta dal mio Capogruppo Bianchi e cioè che la procedura in definitiva è un poco l'involucro della sostanza; vorrei dire che addirittura è la garanzia della sostanza.
La ragione del metodo è questa: trovo sul mio tavolo un malloppo con 28 articoli e sul frontespizio (che non è sostanza ma è involucro, tuttavia ha la sua importanza anche il frontespizio) vedo scritto "Disegno di legge n.
207, le procedure della programmazione, testo collazionato con gli emendamenti della Giunta regionale". Non c'é una data. Mi sono annotato "consegnato in Consiglio regionale il 14/7/77, alle ore 9,45". In realtà è il plico, un altro chilo e mezzo di carta, che abitualmente si consegna al Consigliere regionale all'inizio di ogni seduta di Consiglio. Sono qui dalle 9,45, ho ascoltato, meditato e partecipato in silenzio i discorsi che si sono sviluppati in relazione ad un episodio drammatico e gravissimo che ha avuto il suo epicentro in Torino fino a che i miei colleghi di Gruppo Paganelli prima e Alberton dopo, hanno illustrato a loro volta una proposta di legge relativa alle procedure della programmazione; ho cercato di riagganciare la mia mente in questo discorso (si è parlato di Mennea, io non corro con le sue gambe, ma non corro neppure con la testa) a ciò che il Consigliere Rossotto aveva detto in una sua relazione verbale in ordine al contenuto di questi 28 articoli che costituiscono le "procedure della programmazione". Intanto una legge di questo genere, che ha avuto una larga dignità di stampa (vi è stato quell'opuscoletto con le proposte di legge mandato ai singoli Consiglieri regionali, vi è stato un estratto ad hoc larghissimamente diffuso, vi sono state delle consultazioni), arriva in aula con una illustrazione verbale, con una relazione che deve o perlomeno avrebbe dovuto tener conto delle modifiche apportate alla norma fondamentale.
Mi faccio una domanda, signor Presidente del Consiglio e la rivolgo rispettosamente ai colleghi: è nell'ordine statutario arrivare con un testo di legge che è stato esaminato dalla Commissione, che è stato motivo e oggetto di consultazione con il mondo esterno e riportarlo poi all'esame del Consiglio con gli emendamenti che sono stati fatti propri della Giunta? Mi si può dire "di questo si è parlato in Commissione". Partecipo ai lavori della II Commissione con tutto lo zelo che mi è possibile e con tutta la presenza fisica, e non soltanto fisica, ma la Commissione è qualche cosa di diverso dal Consiglio regionale; la responsabilità definitiva, il momento decisionale, la conoscenza completa, spetta al Consiglio regionale. La mia parte politica ha svolto una notevole attività in sede di Commissione al punto da dire: "Vi presentiamo dei motivi di considerazione e di meditazione i quali, non raccolti, condensiamo in una nostra proposta di legge".
Ce li troviamo qui nella seduta di questa mattina e ora si dovrebbe passare alla votazione di questo importante testo di legge. Non ci rendiamo conto dell'insegnamento dei nostri vecchi che avevano quel proverbio che dice: "la gatta per la fretta ha finito per fare i micini ciechi". Non rischiamo un'altra volta di fare i "gatti ciechi" con questa legge? Non abbiamo avuto già l'esperienza di ritorni di legge non approvate per questa furia? Consigliere Bontempi, parlo per esperienza che spesso subendo di queste pressioni che venivano allora dal Gruppo al quale lei appartiene necessitavano al Consiglio regionale determinate decisioni; ma per quell'esperienza fatta, proprio per essermi scottato in quel momento come responsabile del governo regionale, mi sento autorizzato a richiamare l'attenzione di tutto il Consiglio al senso della responsabilità. Vorrei rispettosamente collocare una domanda, signor Presidente del Consiglio: quanti miei colleghi hanno avuto, non dico disponibilità volontaria, ma il tempo di leggere questi 28 articoli? Quanti hanno avuto la possibilità di confrontare il testo nuovo con il vecchio? Quanti hanno avuto la possibilità di stabilire quali siano gli emendamenti proposti dalla Giunta posto che la relazione fatta dal Consigliere Rossotto, in modo molto più pacato del mio, è estremamente difficile da seguire? Per quanto mi riguarda ripeto ciò che ebbi occasione altra volta di dire, e cioè che non posso partecipare alla votazione di una legge che non ho potuto esaminare in tutti i dettagli e in tutto il suo complesso. Di questo, chiedo atto a verbale per lo scarico della mia responsabilità.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Vorrei ricordare al collega Oberto che la retorica antica, su cui ci siamo misurati sui banchi del Liceo e dell'Università, comprendeva diverse scuole molto stringate. Se la mia esposizione è stringatissima e anche difficile a comprendersi chiedo scusa al Consiglio.
Prima di tutto vorrei farmi carico di un errore materiale compiuto da parte dei funzionari (ognuno deve assumersi le proprie responsabilità) nella stesura avendo scritto: "emendamenti della Giunta". Vorrei a questo punto ricordare il lavoro delle Commissioni. Arrivato il testo del disegno di legge 207, si sono tenute le consultazioni, al termine delle quali la Commissione ha riflettuto; all'incirca 11 giorni fa, sono stati proposti degli emendamenti che erano frutto del dibattito e le forze politiche volevano sapere chi ne avrebbe assunto la responsabilità; in Commissione furono formulati dalla Giunta degli emendamenti che sono diventati parte integrante del disegno di legge 207. Tutti gli emendamenti che giungono in Commissione vengono recepiti nel testo della Commissione e ciò avviene durante questa legislatura come è avvenuto nella precedente, quando lei Consigliere Oberto, aveva avuto la responsabilità del Consiglio regionale e in parte del governo diretto della Regione. Credo che qui ci si voglia nascondere dietro ad un formalismo che non ha attinenza con la sostanza. E' ovvio che i Consiglieri devono essere perfettamente informati di quello che avviene, ma l'informazione avviene proprio nel dibattito della Commissione dove le forze politiche si misurano, dove le forze politiche tengono le loro differenziazioni. E' inutile dire che si è disposti tutti con sacrificio di tempo e di fatica. Devo dare atto che il Gruppo della DC non si è certo tirato indietro, tanto è vero che ha presentato il disegno di legge 225. Forse l'unico fatto abnorme è nella procedura poiché il disegno di legge 225 è stato esaminato nelle giornate di lunedì e martedì in un confronto positivo come rapporto, non come risultato. Qualsiasi disegno di legge che arriva in Consiglio, contiene degli emendamenti che possono e debbono essere assunti in Commissione a meno che ogni volta si voglia stravolgere le procedure e gli usi, e che ogni volta che un emendamento va a modificare un testo di legge, anche soltanto di una virgola, si debba riconvocare il Consiglio avvertendo di ciò che avviene.
Se la Commissione ha sbagliato, vuol dire che ha sbagliato il Presidente, ma lo si dica e andiamo allora a rivedere tutte le procedure le lunghe ore passate su questo disegno di legge, l'attenzione che si è data alle consultazioni, si sono sentite forze sociali che hanno chiesto di essere consultate, sono venute in Commissione e hanno dato un apporto qualificante, parlo della Associazione dei coltivatori diretti dell'Alleanza contadini e dell'Unione agricoltori, che hanno portato delle chiare indicazioni che sono state recepite non soltanto dalla Commissione ma la Commissione stessa se ne è fatta tramite verso l'organo di governo il quale, avendole recepite, le ha trasferite nel disegno di legge. Se poi ci si vuole accusare di aver accettato l'esame e il confronto con il disegno di legge n. 225 presentato dalla DC, lo si dica. Non mi pare che si possa di questo fare carico ad una istituzione che ha dei limiti chiari e precisi che sono quelli di consentire alle forze politiche il dialogo, il dibattito, il confronto con la realtà sociale.
Non so se è tanto drammatico il fatto che la Giunta, riflettendo sulle consultazioni, propone degli emendamenti e mi chiedo se su questo si doveva ritornare alle consultazioni. Questo problema si è anche avanzato in Commissione come ipotesi, ed è stato scartato all'unanimità perché non rientrava assolutamente nella prassi che per sette anni il Consiglio regionale ha adottato. L'ing. Ferrero ha precisato i punti di estrema vicinanza e i punti focali, nodali, politici dei due disegni di legge.
Credo che non sia valido il tentativo, ogni volta che arriva un disegno di legge lungamente discusso, dibattuto in Commissione, così come fu per il 104 e il 154 come oggi può essere per il 225 e il 207, il doversi riappellare al fatto che qualche Consigliere non è a conoscenza o ne è venuto a conoscenza soltanto nella mattinata. I giornali hanno detto che c'é stato un salto di qualità di una classe intermedia che ha dato alle consultazioni un grosso apporto. Questa faticosa e faticata attività del Consiglio regionale non è del mese di luglio, ma è dei mesi precedenti perché sulla legge sulle procedure si lavora da lunghissimo tempo; si sono recepiti apporti culturali di tutte le componenti.
Non diciamo che i tempi sono stringati, collega Petrini. Quando siamo andati con il Piano di sviluppo nei Comprensori, dove la maggioranza delle forze che li reggono non è identica a quella che regge la Giunta regionale abbiamo avuto sei relazioni scritte per ogni Commissione, più la relazione conclusiva; altri Comprensori non sono venuti alle consultazioni o hanno detto che non avevano il tempo di intervenire. Gli uomini di buona volontà hanno il senso della responsabilità delle cariche che si assumono, sanno lavorare a livello comprensoriale con la produzione positiva che abbiamo raccolto sabato 9 luglio, altri possono rimanere in una sterile denuncia di tempi lunghi; però se un mese è troppo poco, andiamo a pensare che cosa vuole dire la legislatura che è fatta di 52 mesi; se i mesi volano in questa maniera non arriveremo mai a dei punti fissi su cui ci si possa veramente misurare, in cui si possa dire a coloro che ci hanno eletti che abbiamo sbagliato perché indubbiamente quando si assumono delle responsabilità si faranno anche degli sbagli; ma se qualche cosa di giusto c'é, non rimanga nella nebulosa del sessantesimo che non si sente tutelato.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Farò un brevissimo intervento per ribadire il giudizio negativo su questa proposta già espresso in sedi diverse da quella del Consiglio, anche se bisogna dare atto che nell'ultima stesura la maggioranza ha fatto propria tutta una serie di preoccupazioni venute fuori soprattutto dai partners sociali a cui va diretto questo discorso. Ciò nonostante mi sembra che si possa rilevare come i limiti di questa proposta consistano nella compressione delle autonomie locali, Comuni, Comunità montane e Comprensori. Parlando dei Comprensori s'introduce la novità che apprendiamo in questi giorni;, secondo cui tra gli accordi di vertice ci sarebbe un recupero della funzione della provincia ed evidentemente il Partito Comunista Italiano sembra fare molta marcia indietro su quella che dovrà essere la funzione della Provincia e sulle prerogative programmatorie dei Comprensori. E' però un discorso che verrà in seguito, ora dobbiamo agire secondo gli strumenti che abbiamo. D'accordo, andiamo avanti così nella misura in cui non poniamo in essere tutta una serie di vincoli e di interdipendenze che poco hanno a che fare con un disegno programmatorio di tipo orientativo e non vincolistico quale vuole essere il taglio dell'attività programmatoria della nostra Regione.
Questa proposta va a ricostruire un centralismo burocratico, anche se così non si vuole dire, perché mi pare fuori luogo indicare in termini puramente platonici le attribuzioni e le funzioni degli Enti locali quando sappiamo che questi non hanno le strutture sufficienti a portare avanti il disegno di programmazione, soprattutto con i vincoli e le scadenze previsti dalla legge. Tutto questo naturalmente comporta una fuga delle responsabilità politiche perché è presumibile che un discorso programmatorio, così come è previsto, troverà degli intoppi soprattutto di ordine funzionale nella misura in cui alcuni enti interessati non saranno in grado di produrre il risultato a tempo debito. A questo punto sarà abbastanza facile per la Giunta dire ciò che ha detto il relatore due minuti fa: c'é anche qualcuno fuori che risponde. Non scherziamo. I Comprensori non sono autonomi: i Comprensori sono un nostro modo di essere in periferia, quindi non dobbiamo metterli in condizione di rispondere alle scadenze con strumenti, finanziamenti e risorse; potremmo quindi dare loro una responsabilità funzionale non politica: non possiamo delegare la responsabilità politica del disegno di programmazione al Comprensorio, alla Comunità montana e al Comune che non funziona. Praticamente si dice: la programmazione è fallita su tutto il territorio nazionale, probabilmente avrà delle difficoltà anche da noi, tanto vale fin d'ora crearsi degli alibi. Oltretutto la legge sulle procedure ripropone un grosso dubbio di ordine politico: qual è il tipo di attività programmatoria che si andrà a fare? Che tipo di piano socio-economico sarà? Tanto per intenderci sarà un momento di programmazione vincolante per la globalità degli interventi (che chiaramente ci troverebbe contrari) o semplicemente vincolante in certe precise decisioni come la localizzazione delle aree industriali o cose di questo genere? In questa legge sulle procedure oltretutto si vanno a commissionare tempi e interdipendenze come la durata del Piano di sviluppo (10 anni) e del piano socio-economico (3 anni); le interdipendenze non sono sufficientemente approfondite.
Non si è fatto un sufficiente approfondimento su questo discorso perch si è voluto disconoscere l'importanza che ha la procedura rispetto ai piani. In effetti sono proprio le risorse disponibili e le procedure in grado di attuare le scelte a livello politico che faranno andare avanti il Piano.
Ribadisco quindi un giudizio nettamente negativo. Si tenga anche presente che questa procedura così vincolante, direi a binario stretto contraddice la volontà espressa nel documento quando si parla di scelte. Le scelte e le priorità hanno senso nella misura in cui non siano aprioristiche, nella misura in cui la procedura lasci la possibilità nella realizzazione in termini di programma, di realtà, di ipotesi nuove e di obiettivi nuovi che vengono fuori dalla realtà che si muove. La "Stampa" di questa mattina scrive che si pone il problema del recupero di mano d'opera e di aver quanto prima immigrati in Piemonte.
Una procedura del genere come si regola di fronte ad un fenomeno di questo tipo? Se viene a mancare l'elasticità, vorrei sapere che cosa significa parlare di partecipazione, di coinvolgimento degli altri soggetti nel disegno programmatorie. Evidentemente gli altri soggetti sociali sia quelli istituzionali sia le rappresentanze delle forze produttrici possono dare un loro apporto nella misura in cui esiste un margine di decisione, ma ci troviamo soltanto con una procedura di non decisione, siamo, oserei dire, in termini di procedura civile. Questa è una legge sulle procedure esecutive, in cui si deve dire come si arriva ad un risultato, non è una legge procedurale sul processo di cognizione che deve accertare una certa situazione. Semplicemente si dice come si arriva ad un risultato, però il risultato è creato aprioristicamente a monte. Quindi finirà per scoraggiare e rendere vani quegli apporti che si chiedono a gran voce soprattutto nei confronti delle collettività locali e degli altri protagonisti della vita economica della Regione.
Andiamo quindi ad esaminare l'articolato della legge con queste riserve di massima che ho enucleato. Ci sarebbero ancora molte cose da dire sui tempi entro cui la discussione viene portata, sulle obiezioni che vengono fatte e soprattutto sulla presentazione di documenti da parte della DC. E' certamente positivo perché indica la volontà di questa forza politica di fare fino in fondo il proprio dovere, sarebbe stato però opportuno aver cercato un momento precedente per indicare tale scelta e, a quel punto, si potevano articolare i lavori della Commissione e della consultazione. I partiti di minoranza in particolare si trovano di fronte ad una realtà completamente nuova e qualche volta non hanno la possibilità di approfondire i documenti che predispongono gli amici della DC. All'ultimo momento possono risultare delle differenziazioni, anche in termini politici, che finiscono per essere soltanto più strumentali, che nascono soltanto dall'impossibilità di approfondire. L'ultimo esempio è quello della legge sull'urbanistica. Ieri gli amici democristiani hanno presentato in materia urbanistica un documento che penso estremamente positivo ed interessante. Auguriamoci che nelle sedute di martedì e mercoledì si possa concludere l'esame. Con questo non voglio entrare nella autonomia delle altre forze politiche. Sarebbe opportuno quando un Gruppo individua una linea di differenziazione rispetto ad una proposta di maggioranza coltivarla immediatamente, in modo che anche gli altri membri della Commissione possano atteggiare il loro comportamento, altrimenti rischiamo di venire in aula, come è successo a proposito delle leggi n. 104 e 154, ed essere presi in contropiede, e quindi a dover discutere soltanto la proposta della maggioranza, magari facendo un cattivo servizio ai compagni d'opposizione.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, potrei dare la parola quindi per la replica all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore alla programmazione

Signor Presidente, colleghi, il dibattito sulla legge delle procedure seppure ampio e ricco, forse non ha reso fino in fondo giustizia al lavoro intenso, compiuto negli ultimi mesi, attorno a questo disegno di legge che è uno dei più impegnativi tra quelli che il Consiglio regionale ha votato.
Come è già stato ricordato nel dibattito, intorno a questo progetto si lavora da alcuni mesi con un impegno rilevante, in particolare da parte dei membri della I Commissione, da parte della Giunta che ha predisposto due testi di legge più una mole rilevante di emendamenti che stanno per essere ufficialmente presentati, e da parte della DC che ha presentato un suo progetto articolato di legge, ma questo disegno di legge ha visto anche i rappresentanti degli altri Gruppi partecipare attivamente alla discussione.
E' una legge impegnativa perché segna il tentativo di organizzare secondo la logica del processo di piano, l'attività della Regione e di coordinare quella degli altri soggetti operanti sul territorio regionale.
Materia quindi impegnativa ma anche scottante, perché entrare nella logica della politica di piano significa uscire dalla logica della politica giorno per giorno, della politica dei piccoli passi, delle cose che avvengono quasi per caso, impone quindi una serie di rigorose misure di autodisciplina agli altri soggetti operanti. Se non si coglie questo aspetto, si rischia di trasformare in propositi dirigistici o neo centralistici, come talora è stato detto, quelle che sono semplicemente indicazioni di rigore programmatorio che vengono date a tutti i soggetti che operano nella realtà regionale. In altri termini, se parte la politica di piano, è proprio perché non vogliamo fare una politica di piano in cui l'unico soggetto sia la Regione, ma se a questa politica di piano devono partecipare con responsabilità precisa anche gli Enti locali che operano nella Regione, occorre quanto meno che ogni ente sia vincolato alle decisioni che assume, e cioè che una volta elaborati e approvati dei piani dei programmi pluriennali di spesa, degli strumenti di programmazione anche i soggetti diversi della Regione, che questi documenti hanno approvato, siano ad essi vincolati altrimenti la programmazione resta davvero una esercitazione accademica o comunque monca. Lo sforzo fatto nella predisposizione di questo disegno di legge va in questa direzione: col tentativo cioè di partire da quella che è la competenza stretta della Regione in materia di programmazione e coinvolgere nel disegno programmatorio anche gli altri soggetti, naturalmente avendo come punto di partenza l'aderenza al testo statutario e alla legislazione regionale vigente, che sono punti di riferimento irrinunciabili e non scontando le possibili innovazioni introdotte da una legge di riassetto dei poteri locali. Come diceva questa mattina il Consigliere Alberton, e mi trovo completamente d'accordo, è giocoforza in questa fase non prendere in considerazione le ipotesi diverse di riassetto dei poteri locali che si vengono definendo, perché altrimenti ci metteremmo fuori strada; dobbiamo lavorare su materiale che abbiamo davanti a noi, con le leggi oggi in vigore, nazionali e regionali. E' chiaro che nel momento in cui dovesse esserci una riforma e un riassetto dei poteri locali, adegueremmo i nostri interventi. Guai se oggi ci mettessimo a tentare d'inseguire delle ipotesi che, tra l'altro, non sono ancora definite.
Il nodo considerato essenziale in questo nostro confronto è il Comprensorio, sul quale si stanno appassionando anche a livello nazionale gli interpreti e gli esegeti delle diverse formazioni politiche. Guai se la riforma della legge comunale e provinciale prescindesse dalle esperienze originali che le Regioni hanno avviato sui temi del livello intermedio, in particolare del livello comprensoriale. Qualunque soluzione venga data non può prescindere da considerare gli elementi positivi che sono stati introdotti con il livello comprensoriale; in modo particolare - e mi spiace sottolinearlo perché questo è vanto non di questa o di quella forza politica, non di questa o di quella maggioranza, ma della generalità del Consiglio del Piemonte - di quel livello comprensoriale che è stato individuato dalla legge n. 41 della Regione Piemonte.
Il Piemonte tra tutte le Regioni è quella che più si avvicina al concetto che oggi viene accettato del Comprensorio che deve essere sufficientemente vasto per poter diventare area programma, ma non troppo vasto per non potere unire l'aspetto socio-economico all'aspetto territoriale in un contesto programmatorio omogeneo. Insieme con il Vicepresidente Bajardi, la settimana scorsa ho partecipato alla riunione della Commissione Affari costituzionali del Senato, la quale apprestandosi ad esaminare il progetto di legge annunciato dal Governo in tema del riassetto dei poteri locali, desiderava conoscere delle Regioni le esperienze in atto per quanto riguarda i Comprensori e in genere i livelli subregionali. L'interesse che queste esperienze stanno avendo da parte di chi si appresta a varare la riforma, deve convincerci ad andare lungo la direzione che il Consigliere Alberton indicava questa mattina; vedere come l'esperienza comprensoriale del Piemonte può essere utilmente valorizzata in un processo di riorganizzazione dei poteri locali e in cui sarà importante la prova che daranno le nuove realtà comprensoriali. L'ente intermedio verso il quale ci stiamo orientando sarà modellato tenendo conto di ciò che succede in questi anni; questo aumenta le nostre responsabilità e conferisce a questa legge un valore importante perché travalica le nostre competenze e diventa un fatto importante capace di ripercuotersi e di suscitare interessi lontani di qui.
Il Consigliere Oberto può avere ragione quando lamenta di aver visto il testo della legge soltanto qui. Dobbiamo però riconoscere che su questa legge la Commissione sta lavorando da mesi; credo che raramente nell'esperienza di questi sette anni di vita della Regione, sia stato dato un approfondimento così intenso attorno ad un argomento. Ritengo che la Giunta e la maggioranza abbiano fatto bene a presentarsi non con un testo definito, ma semplicemente con una bozza a maglie larghe proprio per il rilievo statutario e di carattere nazionale che ha questa legge, la quale viene a cadere mentre si sta discutendo del riassetto dei poteri locali nel momento in cui l'ente intermedio o la nuova realtà intermedia viene immaginata come momento della politica della programmazione.
Ritengo quindi che non ci sia stato né un tentativo di captatio benevolentiae né un segno di debolezza nel sollecitare il contributo critico delle forze di minoranza, contributo che ci ha consentito di migliorare in modo significativo questo testo di legge e anche di escludere, come poi dirò indicando gli emendamenti che la Giunta presenta qualche aspetto contenuto nel testo della norma che seppure motivato con un ragionamento, che a mio avviso continua ad essere valido, tuttavia avrebbe potuto in questo particolare momento e alla luce di questo dibattito essere fuorviante e consentire delle interpretazioni non opportune. Molteplici erano i nodi che questa legge era chiamata a sciogliere e il dibattito li ha indicati.
Mi pare intanto di potere dire che l'intelaiatura del disegno di legge non ha trovato sostanziale dissenso, essa è ancorata allo Statuto, ai compiti che i Comprensori hanno in base alla legge n. 41, alle novità introdotte dalla legge n. 335 sul piano dell'attività amministrativa e finanziaria della Regione. Permangono i dissensi su alcuni aspetti non secondari. Vediamo di elencarli dove si sono posti i punti di maggiore dissenso.
Uno dei nodi più importanti è quello del ruolo dei Comprensori: i piani dei Comprensori fanno parte della programmazione o sono semplicemente strumenti di attuazione della programmazione regionale? La lettura dello Statuto non dà lumi per sciogliere questo dilemma nell'uno o nell'altro modo. Abbiamo ritenuto di considerare i piani dei Comprensori come momento della programmazione regionale che si articola nel Piano regionale di sviluppo e nei piani socio-economici territoriali di Comprensorio; sui piani di Comprensorio abbiamo ritenuto di unificare le due distinte previsioni normative, quella dei piani di sviluppo prevista dalla legge n.
41 e quella dei piani territoriali di coordinamento prevista dalla legge urbanistica al fine di fare a livello comprensoriale un unico piano socio economico territoriale.
C'é stato un confronto aspro e serrato in Commissione sull'opportunità di dare conto delle modalità organizzative e del ruolo che i diversi soggetti sono chiamati ad esercitare nel quadro della politica di piano.
Proprio perché la Giunta ritiene che uno dei significati di questa legge consiste nella necessità di coinvolgere gli altri soggetti intorno alla politica di piano, abbiamo ritenuto di accogliere anche questo elemento inserendolo all'art. 3, tra i contenuti del Piano regionale di sviluppo. Ci siamo inoltre confrontati sul ruolo della Giunta e del Consiglio, in particolare della Commissione programmazione e bilancio. Sono state formulate dalla DC delle indicazioni che non credo poter condividere, come ho già avuto occasione di dire in Commissione quando su qualche punto si prevede addirittura un vincolo da parte della Commissione programmazione all'attività della Giunta. Il rispetto dei ruoli vuole che la Commissione programmazione e bilancio, esaminando i documenti di piano, faccia tutte le osservazioni che crede, ma che, alla fine, la Giunta dia la sua valutazione liberamente senza essere vincolata dal parere della Commissione; sarà libero poi il Consiglio di accettare o non, il parere espresso dalla Giunta. In qualche caso, il ruolo della Commissione programmazione e bilancio può essere evidenziato anche nella legge, e con alcuni emendamenti proposti dalla Giunta abbiamo ritenuto di introdurre nel contesto della legge un ruolo maggiore della Commissione programmazione e bilancio.
All'art. 10, è formulata meglio l'efficacia del piano in relazione ai diversi soggetti che concorrono alla sua attuazione; all'art. 12 che nel nuovo testo diventerà art. 11, sono definiti in modo nuovo i contenuti del piano socio-economico e territoriale del Comprensorio. Credo che su questo non ci sia un grosso terreno di dissenso; occorre però precisare che il Comprensorio partecipa a tutte le fasi della politica di piano, tanto alla formazione del piano regionale, quanto con una sua formale deliberazione al piano comprensoriale, ma il Comprensorio non è un soggetto distinto dalla Regione e come tale portatore di interessi diversi, dialetticamente contrapposti a quelli della Regione: il Comprensorio è Regione, seppure per la disciplina che abbiamo previsto, sia anche strumento di autogoverno delle comunità locali. Non possiamo esasperare la funzione del Comprensorio facendone quasi un altro soggetto con il quale la Regione si deve confrontare, né possiamo immaginare che il piano regionale sia semplicemente l'assemblaggio di piani comprensoriali. Il piano regionale viene prima proprio perché ad esso partecipano i Comprensori, i quali elaborano poi i piani sulla base delle indicazioni contenute nel Piano regionale di sviluppo. Se stravolgessimo questi principi, non avremmo la possibilità di fare una programmazione, ma avremmo semplicemente l'anarchia di processi circolari che continuano ad andare e a venire creando un sistema permanente di consultazioni e di rimandi nel quale nessuno alla fine decide. Dobbiamo avere presente la necessità che alla programmazione si accompagnano momenti decisionali certi e precisi.
Nei confronti degli Enti locali il discorso è per certi versi analogo.
Abbiamo introdotto una serie di emendamenti che valgono a togliere dalla legge tutti i riferimenti che potrebbero intendersi come una limitazione dell'autonomia degli Enti locali. Abbiamo chiarito all'art. 16 che i piani ed i programmi d'attuazione pluriennale degli enti territoriali hanno rilevanza quando sia richiesto il finanziamento regionale, cioè esiste una autonoma possibilità di programmazione per gli Enti locali quando dispongono di risorse proprie. Questo concetto è ripetuto all'art. 17.
Abbiamo inserito all'art. 19, l'emendamento volto ad enucleare le modalità con le quali si realizzano gli interventi programmatori in modo da dare ai soggetti che partecipano certezze sul loro ruolo, sull'ambito delle materie delegate, sull'ambito dei programmi che ad essi competono, sull'ambito dei finanziamenti che ad essi sono rivolti. Abbiamo eliminato l'ultimo comma dell'art. 23 che prevedeva il controllo di merito dei CORECO, sugli atti degli Enti locali chiedendo la verifica dei programmi. Riteniamo che questo non leda l'autonomia degli Enti locali, infatti se i Comuni si danno dei programmi pluriennali, è anche giusto che siano tenuti ad uniformare la loro attività.
Su questo argomento sono state sollevate molte obiezioni tanto da farci sembrare che il significato poteva essere inteso in modo distorto dalla realtà degli Enti locali. Abbiamo abolito l'ultimo comma dell'art. 23 venendo così incontro ad un'altra delle richieste che sono state formulate dalla minoranza democristiana. Infine nelle norme transitorie, art. 24 accogliamo la necessità di prevedere la formazione di strutture tecniche anche comprensoriali, per la formazione, la verifica, ed il controllo del piano da definire con apposita legge regionale, che non può che essere la legge sulle strutture. Abbiamo aggiunto l'opportunità di autorizzare intese per utilizzare agli stessi fini uffici e personale degli Enti locali.
Sono numerosi e qualificanti i punti sui quali il discorso si è progressivamente affinato. Dall'intervento del Consigliere Cardinali, mi è parso di cogliere un'eco quasi di nostalgica preferenza del primitivo testo che era stato presentato in Commissione.
Quale ambizione aveva il primo documento rispetto a questo? Forse l'ambizione di disciplinare in modo più rigoroso i tempi e le procedure, di affidare il processo programmatorio a scadenze prefissate, di far funzionare la macchina amministrativa regionale dei Comprensori e degli Enti locali in modo lubrificato per consentire certezze in tutte le fasi del processo programmatorio. Forse non era un errore. Dobbiamo renderci conto che non possiamo lasciar passare la legislatura intera a fare piani perché dobbiamo anche realizzarli; se non riusciamo a contenere i tempi di formazione del piano in un lasso ragionevole per potere poi procedere alla realizzazione e anche agli aggiornamenti e alle revisioni, così come la legge prevede, in realtà ci avviluppiamo in una ragnatela dalla quale non potrebbero uscire i risultati che la comunità regionale si attende. Era anche giusta una obiezione che ci è stata fatta e cioè che a tempi rigorosi fissati nella legge non corrispondevano in realtà sanzioni o comunque provvedimenti da assumere nel caso in cui i tempi non fossero rispettati e quei tempi davano forse l'impressione di vincolare in modo troppo rigido l'attività di tutti i soggetti che partecipavano alla programmazione.
Abbiamo allora acceduto alla tesi di snellire e di rendere meno rigide le procedure e i tempi richiesti con una operazione non facile per mantenere inalterata la filosofia, la struttura e l'intelaiatura del disegna di legge. La prova che l'inizio di questo disegno di legge non fosse così sbagliato l'abbiamo avuta osservando il testo della DC che in certi articoli ripropone dizioni simili a quelle contenute nel testo iniziale della Giunta; in una certa misura, un maggiore arricchimento e una maggiore articolazione delle procedure sono state recuperate nel testo presentato dalla DC che per certi versi ritorna ad alcune limitazioni che erano contenute nel testo iniziale. Certe cose o si dicono e ci si vincola noi per primi nel tenere comportamenti coerenti, oppure non si dicono e si resta affidati soltanto alla buona volontà dei soggetti che partecipano che sarà grande, ma tuttavia deve essere anche garantita dalla norma. Non crediamo quindi che rispetto al testo iniziale si sia perduto per strada nulla di essenziale: l'intelaiatura, la filosofia della legge è rimasta, si è perduto il rigore e una certa meccanicità nelle operazioni procedurali si sono attenuati certi aspetti che scaturivano dalle esigenze di disciplinare in modo compiuto tutte le fasi, si è lasciata una maggiore flessibilità al processo programmatorio.
La Giunta è d'accordo di togliere certe norme che però non credo vincolassero e stringessero l'attività degli Enti locali. Nel testo finale vi è una maggiore flessibilità, deve essere però chiaro che non sono consentiti comportamenti anomali, lassisti. Comunque, anche se non scritto nella legge, il rigore è essenziale: la politica di programmazione significa rigore delle scelte, verifica di coerenza dei programmi disciplina nell'uso delle risorse, capacità di non introdurre sbavature anomale rispetto al programma che la comunità decide di darsi. Chi pensasse di poter largamente uscire dalle linee del piano, anche di quelle che il singolo ente si è dato, si troverebbe certamente in difficoltà e creerebbe difficoltà all'intera comunità. Quindi, anche se non scritti, ci sono delle regole e dei comportamenti che scaturiscono dall'adozione di una politica di piano che si impongono, ai quali gli Enti locali e la comunità dovranno attenersi.
In conclusione, crediamo che si sia fatto lo sforzo massimo possibile per avere una buona legge. Si deve dare atto al Consiglio, in particolare alla I Commissione e al suo Presidente di avere compiuto un lavoro intenso e non solo su questo. Se fossimo in un diverso regime, credo che ai membri della I Commissione, alla chiusura di questa tornata di lavori, verrebbe consegnata o la croce dell'ordine di Stakanov o qualche altra onorificenza analoga! E' stato fatto un buon lavoro e c'è stato un confronto serio, con il Gruppo della DC che ha presentato un suo testo, ma anche con gli altri Gruppi che hanno dato un grosso contributo in Commissione. Non mi parrebbe seria un'ulteriore battuta d'arresto, un ulteriore rinvio perché la materia è stata sviscerata oltre i limiti del ragionevole. Ci vorrà un momento di meditazione per coordinare il discorso, per rivedere gli emendamenti, ma non un ulteriore rinvio perché, oltretutto c'è l'impegno di tutti i Gruppi a varare questa legge in tempi tali da consentire la discussione del Piano di sviluppo tra 10 giorni circa.
Questa legge avrà un senso se si realizzeranno i suoi contenuti e se le cose dette in Consiglio diventeranno l'attività quotidiana delle istituzioni, cioè se il processo di piano partirà con tutti gli strumenti.
Questo è il punto più difficile e lo voglio ripetere ancora.
Se la politica di piano prende l'avvio, muteranno le abitudini, il modo di fare le leggi, di organizzare il bilancio e di destinare la spesa.
Rendiamoci conto, colleghi del Consiglio, che in questi ultimi 6 mesi non è più passata una sola legge di spesa che non fosse legata a decisioni già prese. Questo è un fatto nuovo che ha incominciato a produrre i suoi effetti e che deve divenire costante. La politica di piano renderà più facile il compito alla Regione e significherà far valere norme e procedure agli Enti locali, non perché la Regione le impone, ma perché l'efficienza nella allocazione delle risorse, il coordinamento tra finanza locale e finanza regionale, i programmi da realizzare e le opere da ultimare e non da lasciare a metà, richiedono che ci sia uno sforzo congiunto. Crediamo che non ci sia da parte nostra velleità dirigistica e tant'é che abbiamo tolto tutto ciò che poteva lasciare un equivoco in questo senso: non dirigismo nel centralismo regionale, non pretesa di uniformare i comportamenti, ma necessità di autodisciplina, di autoregolazione, di verifica costante, di coerenza. Ringraziando i colleghi del Consiglio che hanno arricchito di contributi interessanti questo dibattito, la Giunta ritiene di poter tranquillamente affidare al voto finale del Consiglio la legge sulle procedure della programmazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Nell'ampia replica l'Assessore Simonelli ha riconosciuto che a questo punto dei lavori sono quanto meno necessarie alcune attività di raccordo per la valutazione degli emendamenti, delle ultime comunicazioni della Giunta e della presentazione di emendamenti che chiariscano situazioni che si sono rivelate nei due sensi ambigue, ambiguità ritenute anche in ordine alla portata di alcune delle proposte che il mio Gruppo ha fatto.
Vorrei quindi chiedere una sospensione del Consiglio per procedere ad una rapida valutazione da parte del Gruppo, per la presentazione degli emendamenti, che ulteriormente ritenessimo necessari al fine di chiarire compiutamente la nostra posizione. Non abbiamo nessuna intenzione di chiedere rinvii, nel senso politico della parola: siamo entrati nella discussione generale, siamo pronti a passare alla fase conclusiva del voto.
A questo punto, al fine di consentire, di contropresentare emendamenti, non numerosissimi, ma necessari a chiarire le posizioni, al fine di consentire ai Consiglieri che non hanno partecipato ai lavori della I Commissione, non dico di ripercorrere tutto l'iter del lavoro, ma di valutarli) compiutamente in modo non stressato, domando se non si possa rinviare la conclusione a domani mattina, o se non vi sono impedimenti, ad una mezza giornata tra lunedì a giovedì, perché si possano raggiungere dei risultati politici più convincenti per ogni Gruppo.



PRESIDENTE

Di fronte a questa richiesta, cercando anche di interpretare ciò che aveva detto il Consigliere Oberto bisognerebbe che noi ripetessimo la filosofia dei proverbi. C'è il proverbio che dice: "la gatta furiosa fa i micini ciechi", c'è anche il proverbio che dice: "chi ha tempo non aspetti tempo". C'é quello che dice: "chi va piano va sano e lontano"; ma c'é la postilla aggiunta da quel saggio cinese che dice "non arriva mai". C'é quel proverbio latino che dice "memento audere semper", ma c'è anche l'altro che dice "la prudenza non è mai troppa".
Credo che la fortuna dei proverbi in tutte le epoche e in tutte le storie sia dovuta al fatto che ad un proverbio che diceva una cosa ce n'era sempre un altro che diceva esattamente l'opposto. In una assemblea elettiva credo che sia più saggio rifarsi al primato della politica, al primato del confronto e del ragionamento. Ben venga la richiesta di sospensione momentanea del Consiglio che permetterà ai Gruppi di scambiarsi le opinioni e ai Capigruppo di verificare la seconda parte della proposta del Consigliere Bianchi di un eventuale spostamento dello svolgimento dei lavori. Questa sospensione intanto sia sufficientemente breve perché possa essere impregiudicata la prosecuzione dei lavori di questa sera; quindi aggiorniamo i lavori del Consiglio regionale entro un quarto d'ora o venti minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 17,45 riprende alle ore 18,45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, la pausa non è stata inutile, perché ha permesso consultazioni e scambi di idee tali che posso proporre una procedura che potrà incontrare l'accoglimento di tutti i Consiglieri. Si sospenderebbe la trattazione della legge , si svolgerebbero alcuni altri punti all'o.d.g.
sui quali si può ragionevolmente prevedere che non vi saranno grandi obiezioni. Domani mattina alle ore 9,30 si riprenderebbe puntualmente il nostro lavoro, procedendo all'esame della legge, degli emendamenti e quindi alle sue logiche conclusioni.
Vi sono obiezioni a questa procedura? Non ve ne sono.


Argomento: Caccia

Osservazioni del Governo alla legge regionale 19 maggio 1977 "Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973 n. 21 recante norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte". Provvedimenti conseguenti


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo dell'o.d.g.: "Osservazioni del Governo alla legge regionale 19 maggio 1977 'Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973 n. 21, recante norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte' . Provvedimenti conseguenti". La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia e pesca

La legge sulla caccia torna ancora una volta alla nostra attenzione, a seguito dell'osservazione del Governo per quanto riguarda l'art. 3.
L'interpretazione del Commissario del Governo fa riferimento alla legge 24/12/75, n. 706: la parte amministrativa spetta alla Regione, mentre la parte penale, cioè la confisca spetta allo Stato. E' già stato presentato al Presidente del Consiglio regionale il nuovo testo dell'art. 3.
La nuova formulazione dell'art. 3 è questa: "In caso di contestata violazione gli agenti debbono sequestrare i mezzi di caccia e la cacciagione; detto sequestro non si estende al cane; i mezzi di trasporto sono considerati mezzi di caccia quando servono direttamente a compiere atti di caccia.
Gli agenti possono altresì, a fine di sequestro, ordinare la consegna dei mezzi di caccia e cacciagione pertinenti a violazioni , detenuti su persone, o mezzi di trasporto, o in altro luogo.
Nel caso in cui, per fatto del violatore, non viene eseguito il sequestro di cui al primo comma, o non viene ottemperato all'ordine di cui al secondo comma, sono raddoppiate le somme previste a titolo di sanzione.
Nel caso in cui, da persona diversa dal violatore, non viene ottemperato all'ordine di cui al secondo comma, si applica la sanzione amministrativa di L. 30.000.
In caso di sequestro dei mezzi di caccia, la custodia avviene a cura del Comitato provinciale della Caccia, che provvede alla restituzione a seguito del pagamento in misura ridotta di cui all'art. 5 della legge 24 dicembre 1975 n. 706, ovvero dopo che il violatore abbia scontato la sanzione, ovvero a seguito di accertamento di non commessa violazione.
In caso di sequestro di selvaggina, il Comitato provinciale della Caccia, provvede alla liberazione degli animali vivi in idonea località provvede alla vendita degli animali morti, e mantiene il prezzo a disposizione di colui al quale è stata contestata la violazione, per il caso in cui sia accertata la non commissione; introita la somma nelle proprie casse, sia nel caso in cui il contestatario effettui il pagamento in misura ridotta, sia nel caso in cui venga sottoposto a provvedimento di sanzione.
I prezzi introitati dal Comitato provinciale della Caccia, a norma del precedente comma quinto, sono destinati alle spese di vigilanza venatoria".



PRESIDENTE

Vi sono interventi a questa proposta? La parola all'avvocato Simonelli.



SIMONELLI Claudio

Chiedo scusa se sollevo un altro problema oltre quello che è stato oggetto dell'intervento dell'Assessore Moretti. In effetti, esaminando le riforme apportate alla legge regionale sulla caccia, mi pare che uno dei punti contenuti nell'art. 3, possa essere oggetto di una rimeditazione da parte del Consiglio. E' la norma che sostituiva l'art. 13 della precedente legge regionale che stabilisce: "L'esercizio della caccia è comunque vietato nei terreni dai quali non sono stati ancora asportati i frutti pendenti. L'inosservanza dei divieto, anche se non sono state apposte le tabelle di cui all'art. 30 del testo unico 5 giugno 1939, n. 1016, è punito con le sanzioni.." Questa norma introduce un principio che mi pare sia pericoloso e anche foriero di un contenzioso che finirà per ribaltarsi sull'Ente Regione. La legge nazionale alla quale si richiamava la legge regionale vigente dice che nei terreni nei quali vi sono frutti pendenti devono essere apposte dai proprietari delle tabelle perimetrali con la scritta "Divieto di caccia.
Raccolto pendente" per le quali si paga una determinata tassa; la norma introdotta dalla legge regionale proibisce la caccia nei terreni sui quali vi sono frutti pendenti anche se non vi è stata l'apposizione delle apposite tabelle. Questo comporta due pericolose conseguenze: la prima è costituita dall'incertezza della situazione a cui si ricollegano le sanzioni. In altri termini chi decide se il raccolto è pendente o meno? Manca l'elemento di certezza per chi entra nel fondo rappresentato dalle tabelle apposte ai limiti. Come fa il cacciatore che entra nel campo a sapere se vi sono raccolti pendenti, e che cosa consegue ad una sua eventuale infrazione? Si apre una incertezza giuridica sulla natura dell'interesse che finisce di ribaltarsi anche nei confronti della Regione con una elevatissima litigiosità. E' anche probabile che questa norma venga ad urtare contro la legislazione in materia di bollo perché in pratica si vanifica l'apposizione di tabelle; infatti il proprietario, dal momento che con le tabelle o senza tabelle ottiene gli stessi effetti, non si vede perché debba mettere le tabelle e pagare la tassa.
Con questa norma si crea una situazione di totale incertezza che pu determinare conseguenze più gravi: conflitti, contrasti, cause che rischiano di ripercuotersi nei confronti della Regione. Propongo pertanto di sopprimere dall'art. 3 della legge, il comma che riguarda l'art. 13 della precedente legge. E' sufficiente questa soppressione per ripristinare il vecchio testo con la conseguenza ovvia che il Consiglio regionale voti una nuova legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Le considerazioni che ha fatto l'avvocato Simonelli sarebbero state più opportune, se proposte durante le precedenti discussioni; cioè al momento della presentazione dell'emendamento, accettato e fatto proprio dall'Assessore Moretti, a nome della Giunta. Si voleva, in tal modo, porre fine alla situazione di disagio in cui si trovano i produttori agricoli, i quali per l'equivocità dell'art. 30 del testo Unico sulla caccia, non si sentono salvaguardati dalle intromissioni di cacciatori nei campi in attualità di coltivazione. L'emendamento voleva appunto dare garanzia ai produttori agricoli che hanno terreni in attualità di coltivazione. La dizione della legge non parla di raccolti pendenti e l'articolato non dà una precisa definizione di cosa si debba intendere per "raccolto pendente" per cui non credo e penso che ci siano motivi di conflittualità successiva.
La mia parte politica è d'accordo di approvare l'art. 3 così come viene presentato, anche perché non modifica il restante testo della legge approvato. Ci siamo già confrontati in sede di Commissione e abbiamo elaborato un preciso articolato di legge, per cui non credo che oggi si possa ancora ritornare sulle decisioni già assunte dal Consiglio e già approvate dal Commissario di Governo. L'unica considerazione e l'unica eccezione sollevata riguarda solo questo argomento per cui tutti gli altri articoli risultano già approvati e sostanzialmente già legittimati dal Commissario di Governo. In merito alla legittimità, e alla questione di diritto la Giunta deve proporre, dopo l'approvazione della legge, una successiva modificazione. In base alla normativa del Testo Unico sulla caccia, tutto è lasciato alla singola iniziativa del coltivatore di querelare colui che si introduce nel fondo. Noi abbiamo invece voluto trasferire all'autorità che esercita il controllo e la sorveglianza di individuare il danno e di individuare il reato, anche senza l'intimazione di querela di parte. Mi stupisce che l'avv. Simonelli sollevi questa eccezione. Se non si provvede con una diversa normativa, si verrebbero ancora una volta a mortificare i produttori agricoli soprattutto i coltivatori diretti che sono i più deboli. I cacciatori si devono rendere conto che non si possono considerare sovrani e despoti di esercitare la caccia in qualsiasi modo, arrecando danni a terzi.
Compito del legislatore deve essere quello di salvaguardare i più deboli, ed in questo caso il più debole è il produttore agricolo. E' compito nostro dare garanzia perché i danni vengano evitati.
L'ultimo comma o il penultimo comma dell'art. 30, del Testo Unico della caccia, esclude da ogni tassa le tabelle apposte, per cui in questo caso non si farebbe più obbligo all'apposizione di tabelle, perché la legge indica il divieto assoluto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente e colleghi, la questione posta dal collega Simonelli ci induce ad intervenire, per verità, dovendo ripetere talune considerazioni anticipate dal collega Franzi. Siamo del tutto d'accordo con le impostazioni di Simonelli sulla pericolosità dell'art. 13 e proprio in sede di intervento generale sulla legge avevamo detto che l'approvazione di quell'emendamento veniva a costituire un motivo di permanente conflittualità tra agricoltori e cacciatori, di fatto, prospettando l'apertura di un contenzioso che poi si sarebbe riversato proprio sulla Regione. Però, siamo anche d'accordo con l'osservazione fatta dal collega Franzi, cioè che in questo momento siamo tenuti a prendere posizione unicamente sulle modifiche che sono state suggerite dal Commissario di Governo. Ci pare che si debba fare una questione di metodo in quanto non riteniamo sia possibile in questa sede, visto che all'ordine del giorno il problema figura come "Osservazioni del Governo alla legge regionale 19 maggio 1977. Modificazioni ed integrazioni ecc." estendere il nostro esame se non ai punti che sono stati oggetto di contestazione da parte del Commissario di Governo.
Sul merito poi dell'osservazione dobbiamo dire che ci eravamo sinceramente augurati che il Commissario di Governo non apponesse il suo visto alla legge intervenuta a disciplinare con una nuova normativa l'esercizio dell'attività venatoria in Piemonte. Altrettanto sinceramente dobbiamo però dire che non ci saremmo attesi il rinvio della legge sulla base di queste argomentazioni. Il no della Destra Nazionale era stato motivato in forza di altre considerazioni, prima tra tutte quella relativa all'incongruenza e alla contraddittorietà di questo provvedimento regionale nei confronti della legge quadro sulla caccia che un ramo del Parlamento ha già approvato e che le Camere prossimamente dovrebbero licenziare.
A questa critica di fondo riteniamo di dovere restare fedeli per cui pensiamo di non dovere attribuire una soverchia importanza a questo particolare e anche marginale rilievo che il Commissario di Governo ha ritenuto di fare. Quindi, al di là di queste valutazioni, e confermando la nostra posizione nettamente contraria al disegno di legge approvato in passato, su questo caso particolare ci asterremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Ho anch'io alcune perplessità sul fatto che in questo momento, avendo all'ordine del giorno una modifica a seguito delle osservazioni del Commissario di Governo, si possa riesaminare la legge. E' un problema giuridico che non saprei risolvere e che la saggezza del Presidente risolverà.
Devo fare però una dichiarazione. Qualora si passasse nel merito della proposta dell'Assessore Simonelli che ha parlato nella sua qualità di Consigliere, coerentemente al voto da me espresso a proposito di questo emendamento dovrei votare in difformità al voto del mio Gruppo annunciato dal collega Franzi, non perché ritengo che l'agricoltura non debba essere protetta da coloro che approfittano dell'esercizio venatorio per calpestarla, ma perché ritengo che il legislatore debba approvare leggi che diano soprattutto al cittadino la certezza del diritto. Come ho già detto l'altra volta, ritengo che questa formulazione, sulla quale ho avuto anche occasione di intrattenermi con colleghi e magistrati, non dia quella certezza del diritto che il legislatore nel momento del voto deve dare. Per queste considerazioni dovrei dare un voto diverso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Potrei ripetere l'intervento del collega Paganelli e ricordare all'assemblea che queste osservazioni erano già state fatte in sede più propria, al contrario direi che non provvedere alla pianificazione , è fare un cattivo servizio all'agricoltore, perché lo costringiamo a essere presente nei giudizi penali come parte civile per poter sostenere il suo buon diritto. E' esattamente il contrario di quanto sottolineava il Consigliere Franzi. Anche se siamo solo in materia contravvenzionale, il dolo va sempre provato. Dimostrare che c'é la volontà di entrare in un locale adibito a cultura se non c'é una evidente situazione di cultura, è una prova che deve dare il Magistrato. Non dev'essere il cacciatore a scagionarsi. Con il cartello c'é una prova prefigurata. Nell'altro caso vedremo sempre l'agricoltore costituito come parte civile nelle sedi giudiziarie per far valere le sue ragioni. Non dimentichiamo che modificando questo articolo andiamo a votare di nuovo la legge nella sua interezza.



PRESIDENTE

Vi sono due problemi distinti, uno di modifica e di accoglimento di una parte dell'osservazione che il Governo ha fatto alla legge approvata dal Consiglio regionale e in questo caso si tratterebbe soltanto di votare il nuovo testo dell'art. 3. Vi è un'altra questione di carattere giuridico e di contenuto. La questione di contenuto sfugge alla mia capacità di giudizio; non tocca a me anche se sono molto sensibile all'argomentazione giuridica del Consigliere Paganelli.
Non si può dargli torto quando dice che le leggi devono prima di tutto dare certezza al cittadino e devono essere compilate in modo tale che, una volta lette, tutti sanno con certezza che cosa ne consegue.
C'é infine un terzo ordine di problemi che non è mai stato sciolto, n dalla prassi né dal diritto e cioè che si possa per un sopravvenuto ripensamento in sede di accoglimento o di rifiuto delle osservazioni del Governo ad una legge approvata dal Consiglio regionale, modificare il testo di legge già approvato dal Consiglio e dal Governo.
La questione non è di facile soluzione. E' probabile che ci si trovi nelle condizioni che proponeva il Consigliere Simonelli e cioè che, una volta approvata la legge con la nuova formulazione dell'art. 3, si possa poi procedere alla modifica della legge.
Sono più favorevole per questa eventuale tesi che non per un'altra altrimenti corriamo il rischio di farci rinviare la legge modificata con l'art. 3 senza avere ottenuto il risultato a cui tende invece il Consigliere Simonelli.
Tutto sommato rischiamo di perdere meno tempo di quanto ne perderemmo procedendo in maniera differente. Se vi è consenso con queste argomentazioni il problema si riduce all'approvazione o meno del testo dell'art. 3 come è stato letto dall'Assessore Moretti.
Vi sono dichiarazioni di voto su questo? Non ve ne sono.
Si proceda all'appello nominale per la votazione dell'art. 3. Dopodich voteremo la legge nel suo complesso.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 45 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Si passi alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione dell'intero disegno di legge: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 5 Consiglieri si sono astenuti 13 Consiglieri.
La legge è riapprovata.
E' opportuno iscrivere all'ordine del giorno di domani la proposta del Consigliere Simonelli cosicché abbia un iter pressoché parallelo all'altro e si possa contemperare alle due esigenze espresse nel dibattito.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Nomina del rappresentante regionale in seno al Comitato centrale per la liquidazione degli Enti preposti all'assistenza sanitaria ex art. 4 della legge n. 349 del 29/6/1977


PRESIDENTE

Passiamo alla proposta di deliberazione: "Nomina del rappresentante regionale in seno al Comitato centrale per la liquidazione degli Enti preposti all'assistenza sanitaria ex art. 4 della legge n. 349 del 29/6/1977" di cui vi dò lettura: "Il secondo comma dell'art. 4 della legge 349 del 29/6/1977 statuisce la composizione del Comitato centrale per la liquidazione degli Enti a gestione autonoma preposti all'erogazione dell'assistenza sanitaria in regime mutualistico, prevedendo, tra l'altro, un rappresentante per ciascuna regione.
Poiché trattasi di comitato competente a decidere in materia di assistenza sanitaria, regolando i rapporti tra gli Enti posti in liquidazione e le Regioni, si ritiene di designare l'Assessore alla sanità pro tempore a rappresentare la Regione Piemonte in detto Comitato.
Il Consiglio regionale, pertanto visto l'art. 4 della legge 29/6/1977 n. 349 ritenuta la necessità di provvedere alla nomina del rappresentante regionale in seno al Comitato centrale per la liquidazione degli Enti a gestione autonoma preposti all'assistenza sanitaria in regime mutualistico delibera di nominare l'Assessore alla sicurezza sociale e sanità pro tempore quale rappresentante della Regione Piemonte in seno al Comitato centrale per la liquidazione degli Enti mutualistici di cui all'art. 4 della legge 349 del 29/6/1977".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 45 voti favorevoli e 2 astenuti.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Esame delibera Giunta regionale: "Concessione di garanzia fidejussoria della Regione alla Società Cooperativa La Baraggia"


PRESIDENTE

Passiamo al punto dodicesimo all'ordine del giorno: "Esame delibera Giunta regionale: 'Concessione di garanzia fidejussoria della Regione alla Società Cooperativa La Baraggia' ", di cui vi dò lettura: "Il Consiglio regionale vista la proposta della Giunta regionale in data 31/5/1977 visto l'art. 16 della legge regionale 8/9/1975 n. 51, quale risulta integrato dall'art. 6 della legge regionale 30/8/1976 n. 47 delibera di concedere fidejussione all'Istituto Bancario San Paolo di Torino, a garanzia di un mutuo agrario di L. 80.000.000 (ottantamilioni) ai sensi della legge regionale 8/9/1975 n. 51, da stipularsi da parte della Società Cooperativa 'La Baraggia - cooperativa agricola - Società a responsabilità limitata - di servizi di bonifica, accorpamento, conduzione, associata' con sede in Castelletto Cervo, per la durata di anni venti, oltre al preammortamento, con decorrenza dalla data di stipulazione del contratto di mutuo con la garanzia di fidejussione di cui sopra, la Regione si obbliga: a pagare all'Istituto mutuante, nel caso di inadempimento del debitore principale, a semplice richiesta dell'Istituto stesso, le annualità di ammortamento oltre ad interessi di preammortamento ed eventuali interessi di mora a considerare valida ed efficace la garanzia fidejussoria indipendentemente da qualsiasi altra garanzia a favore dell'Istituto mutuante in dipendenza dello stipulando mutuo agrario di cui in premessa ed anche in difetto del ricorso alla garanzia sussidiaria del F.I.G. (Fondo Interbancario di Garanzia) ad iscrivere a bilancio annualmente, per tutta la durata del mutuo una somma pari a L. 11.127.171 calcolata provvisoriamente al tasso del 15,35%, salvo variazioni da definirsi in sede di stipulazione del contratto di mutuo con ricognizione del debito globale.
Per la suddetta fidejussione la Regione rinuncia a far valere il disposto dell'art. 1957 C.C. nonché al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, di cui al secondo comma dell'art. 1944 C.C. e ad avvalersi del disposto di cui all'articolo 1939 C.C.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad intervenire per la costituzione della fidejussione nello stipulando atto di mutuo agrario di cui in premessa, e compiere tutti gli atti per rendere operante la fidejussione medesima.
Alla spesa che eventualmente risultasse a carico della Regione si farà fronte, fino alla concorrenza della somma annua di L. 11.127.171, con lo stanziamento del cap. 13260 del bilancio 1977 (impegno 1468) e con gli stanziamenti che saranno iscritti sul cap. 13260 dei bilanci 1978 e successivi.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La delibera è approvata all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Parchi e riserve

Esame del disegno di legge n. 218: "Interventi per la tabellazione, la conservazione, la valorizzazione, l'acquisizione e l'affitto delle aree incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali"


PRESIDENTE

Il punto ottavo all'ordine del giorno reca: "Esame del disegno di legge n. 218: 'Interventi per la tabellazione, la conservazione, la valorizzazione, l'acquisizione e l'affitto delle aree incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali' ".
Relatore è la dottoressa Ariotti. Ha facoltà di parlare.



ARIOTTI Anna Maria, relatore

Signor Presidente e signori Consiglieri, la II Commissione ha preso atto che l'approvazione del primo piano regionale dei parchi e delle riserve naturali da parte del Consiglio regionale avvenuto il 27 gennaio del corrente anno, comporta la necessità di intervenire sulle aree in esso incluse con opere che rivestono particolare carattere di urgenza, quale, in primo luogo, la tabellazione delle zone stesse che consenta di individuare immediatamente i territori sottoposti alle norme vincolistiche.
Tali opere permetterebbero di esercitare un'adeguata vigilanza sulle zone individuate nel piano dei parchi. Si rende quindi necessario stanziare dei fondi a bilancio che permettano simili iniziative. Questa legge prevede un finanziamento di 100 milioni per l'anno finanziario 1977 destinato a tali scopi. Inoltre questi fondi pur nella loro limitatezza potranno essere utilizzati per i primi urgenti interventi di conservazione, valorizzazione e acquisizione delle aree inserite nel piano dei parchi ed eventualmente anche per aree non incluse nel piano medesimo ma che offrano, per situazioni naturali ambientali o culturali, particolari interessi di salvaguardia.
L'urgenza di questa legge è evidenziata dal fatto che la legge regionale 4 giugno 1975 n. 43 prevede all'art. 5 che i finanziamenti per far fronte alla strutturazione e agli oneri di gestione siano stabiliti con le singole leggi regionali di istituzione dei parchi e delle riserve naturali.
Ciò significa che finché non saranno emanate tali leggi sul territorio interessato al provvedimento di salvaguardia non sarà possibile intervenire finanziariamente.
Considerata la necessità di operare preventivamente su alcune aree prima della loro istituzione mediante leggi regionali in parchi e riserve naturali, la II Commissione, all'unanimità, dà parere favorevole alla presente legge.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Desidero aggiungere a quanto è detto nella relazione che successivamente all'approvazione della II Commissione, abbiamo ravvisato l'opportunità di apportare alcuni emendamenti: all'art. 1 oltre a: "interventi di conservazione, valorizzazione e acquisizione" aggiungere "affitto". E' un caso che si è presentato in modo specifico per la Valle Pesio. La zona è di proprietà della Diocesi di Mondovì, la quale è disponibile per l'affitto sempre all'art. 1 il passaggio della cifra stanziata da 100 milioni a 600 milioni all'art. 2 si specificano i capitoli di spesa per i finanziamenti indicati nell'art. 1.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

In Commissione ci siamo espressi a favore e non c'é motivo per non esprimerci a favore anche nei confronti delle ulteriori aggiunte che vengono poste dalla Giunta. Avevamo però fatto un certo discorso globale che si deve avere il coraggio di portare fino alle estreme conseguenze riferito al bilancio 1977 che, come si sa, è di ordinaria amministrazione.
Sono d'accordo sulla proposta di emendamento relativamente all' "affitto con introduzione eventuale di pesi e servitù attive e passive" in quanto erano state avanzate richieste in questo senso.
Devo tuttavia rilevare che il passaggio da un finanziamento di 100 milioni a 600 milioni rimane sempre un fatto abnorme, perché la legge è stata esaminata in Commissione entro una certa dimensione che qui improvvisamente vediamo sestuplicata. Ripeto, sono d'accordo sulla sostanza, non altrettanto d'accordo sulla forma. Se rispettiamo la forma nei piccoli provvedimenti, con ogni probabilità avremo maggiore possibilità e capacità di giudizio sulle spese più grandi e su interventi globali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Desidero chiedere alla cortesia dell'Assessore Rivalta una maggiore precisazione in merito al problema degli affitti. Inoltre, anche se questa non è l'occasione più opportuna, ritengo doveroso ricordare il problema del parco del Ticino. Dovendo procedere alla tabellazione delle aree, su cui sono d'accordo, ho già avuto modo di fare rilevare all'Assessore, in sede ufficiosa, che il parco del Ticino ha un'area di circa 50/60 ettari, che forse per la natura del terreno, da 5 o 6 anni è stata oggetto di spianamenti, di adattamenti e di coltivazione a risaia, per cui voi capite che diventa ridicolo avere 50/60 ettari di risaia inclusi nel parco del Ticino. Probabilmente occorrerà modificare la legge e mi riserverò di fare una proposta in tal senso. Sarei grato, per il momento, se mi fossero date maggiori spiegazioni in merito all'affitto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

In ordine alle osservazioni formalmente ineccepibili del Consigliere Martini, ritengo opportuno ricordare che in sede di esame del testo che prevedeva una spesa di 100 milioni, l'Assessore aveva fatto presente che questo valeva come questione di principio per poter fare qualche cosa mentre la necessità per poter arrivare ad una corretta tabellazione doveva impegnare cifre superiori.
Informati della possibilità della Presentazione dell'emendamento in aula da 100 a 600 milioni, i funzionari della Commissione hanno esaminato la congruità nei termini formali su cui la Commissione è tenuta ad esprimersi e, dato che gli elementi sono in possesso della Commissione, si potrebbe sospendere i lavori per pochissimi minuti per poter consentire il parere della Commissione stessa sull'andamento.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, sulle questioni sorte rispetto alla problematica dell'affitto con l'introduzione di pesi, di servitù attive e passive c' stata in questi giorni una meditazione non soltanto all'interno della Giunta, ma anche da parte di alcuni operatori nel campo dei beni culturali e dei parchi. Vi sono difformi situazioni che presuppongono all'interno o ai limiti dei parchi stessi un groviglio tale di situazioni che gli avvocati ben conoscono e i geometri ancora di più e che possono ingenerare complicazioni: passaggi consentiti da una parte, ma che dall'altra non si può utilizzare e così via.
Il problema dell'affitto si pone anche in relazione ad alcune situazioni particolari dei parchi che possono determinare anche un'utilizzazione migliore nel senso proprio della parola. Si è ritenuto di portare avanti l'emendamento che ha soltanto lo scopo di rendere più agevole l'utilizzo dei parchi stessi.
In merito alla situazione finanziaria a cui si è fatto riferimento nulla è modificato: questa somma era destinata all'acquisto degli immobili si è soltanto fatto una variazione, questa somma non viene eliminata da altri capitoli con altre destinazioni, aveva propriamente già questa destinazione. Potrà servire o non servire, ma è bene prevedere perch questa previsione consente di procedere più rapidamente in questa direzione. Cento milioni sono poca cosa, si pensi soltanto alla tabellazione del parco dell'Ordine Mauriziano o di parchi di grande estensione, magari posti in condizioni difficili nei quali per raggiungere una tabellazione si devono fare ore di marcia, quindi la tabellazione non diventa soltanto l'inserimento di qualche tabella lungo una strada, diventa invece una determinazione in un'ampiezza di territorio di centinaia e migliaia di ettari.
D'altronde dal momento in cui abbiamo stabilito che la caccia deve essere eliminata nei parchi, dobbiamo dare anche certezza al cacciatore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

In via generale non si può ritenere errata la presenza anche di aree agricole nel perimetro dei parchi: le aree parco sono comprensive oltre che di aree boschive, anche di aree agricole. D'altra parte non possiamo oggi prendere in considerazione una modifica del piano regionale dei parchi possiamo invece prendere in considerazione una ridefinizione del confine al momento della legge istitutiva del singolo parco.
Vorrei aggiungere ancora una risposta al Consigliere Martini, che mi trova consenziente sulla questione del metodo. Questa legge ha una storia alle spalle che è quella dell'analoga legge presentata l'anno scorso dalla Giunta, approvata in Commissione: allora la spesa prevista era di un miliardo. In aula, dopo la relazione introduttiva, il collega Debenedetti ci aveva chiesto di sospendere l'approvazione della legge fino all'approvazione del piano regionale dei parchi.
Il piano regionale dei parchi è stato approvato a gennaio; nelle settimane scorse, abbiamo predisposto il primo provvedimento. L'Assessore Simonelli aveva individuato la possibilità di finanziamento solo per 100 milioni; in questi ultimi giorni, però, riesaminando la situazione di bilancio, ha potuto recuperare altri 500 milioni.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa.
Possiamo passare all'esame dell'art. 1: Articolo 1 - "Al fine di procedere alla prima tabellazione delle aree incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali, di cui all'articolo 2 della legge regionale 4 giugno 1975, n. 43, nonché per primi e urgenti interventi di conservazione, valorizzazione e acquisizione, anche di aree non inserite nel piano regionale, che per flora, fauna o valori ambientali e culturali presentino particolare interesse, è autorizzata, per l'anno finanziario 1977, la spesa di L. 100 milioni.
La Giunta regionale dispone, previa propria deliberazione, gli interventi di cui al comma precedente, salvo che per gli interventi di acquisizione che dovranno essere disposti con deliberazione del Consiglio regionale".
L'Assessore Rivalta ha presentato a questo articolo due emendamenti sostitutivi: al primo comma la frase "...interventi di conservazione valorizzazione e acquisizione.." viene integrata e modificata come segue: "interventi di conservazione, valorizzazione, acquisizione e affitto con introduzione eventuale di pesi e servitù attive e passive".
Pongo ai voti l'emendamento per alzata di mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Il secondo emendamento presentato dall'Assessore Rivalta propone di sostituire "la spesa di L. 100 milioni" con "la spesa di L. 600 milioni".
Si voti l'emendamento per alzata di mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti in aula.
Passiamo alla votazione dell'art. 1 come risulta dall'approvazione dei due emendamenti.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'articolo 1 è approvato.
L'articolo 2, per coerenza con l'emendamento finanziario testè approvato, viene sostituito dal seguente testo: Articolo 2 - "All'onere di cui al precedente articolo 1 si fa fronte per 100 milioni, con la maggior previsione, di pari ammontare, della dotazione del capitolo n. 110 dello stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 1977 e, per 500 milioni, mediante l'utilizzazione di una quota, di pari ammontare, dell'avanzo finanziario stabilito nel rendiconto consuntivo per l'esercizio finanziario 1975.
Nello stato di previsione della spesa per l'anno finanziario 1977, al titolo II - Sezione III - Rubrica n. 5 - Categoria IX Beni ed opere, sarà iscritto il capitolo n. 10910, con la denominazione: 'Spese per la tabellazione, la conservazione, la valorizzazione, l'acquisizione e l'affitto di aree incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali di cui all'articolo 2 della legge ragionale 4 giugno 1975, n. 43 nonché aree che per flora, fauna o valori ambientali e culturali presentino particolare interesse' e con lo stanziamento di L. 600 milioni.
Le spese per l'attuazione degli interventi di cui al precedente articolo 1 per gli anni finanziari 1978 e successivi saranno autorizzate con successive leggi regionali che ne stabiliranno il finanziamento.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione".
Non vi sono richieste di parola, si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Passiamo alla votazione dell'intero testo della legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
Il disegno di legge è approvato.


Argomento: Nomine

Nomina di un nuovo membro nel Consiglio di amministrazione del Consorzio IACP in sostituzione dell'avv. Giordana,dimissionario


PRESIDENTE

Chiede la parola l'Assessore Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

I Consiglieri della Democrazia Cristiana hanno chiesto di sostituire un membro del Consiglio di amministrazione del Consorzio dell'Istituto Autonomo delle Case Popolari nominato dal Consiglio regionale. Non è iscritto all'ordine del giorno, ma al fine di dare al più presto una struttura fissa e consolidata al Consiglio di amministrazione, chiedo venga accettata la richiesta e venga votata questa sostituzione.



PRESIDENTE

Non c'é nulla da obiettare.
Il nominativo proposto è quello di Vittorio Merlo.
Si proceda alla votazione a scrutinio segreto.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti n. 35 ha ottenuto voti: MERLO Vittorio n. 31 schede bianche n. 2 schede nulle n. 2 Propongo l'immediata esecutività della deliberazione. Chi è d'accordo alzi la mano.
E' approvata all'unanimità.
Il signor Vittorio Merlo è pertanto eletto membro nel Consiglio di amministrazione del Consorzio IACP in sostituzione dell'avv. Giordana dimissionario.
Domani mattina alle ore 9,30 inizieremo l'esame e la votazione dell'articolato della legge sulle procedure della programmazione.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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