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Dettaglio seduta n.127 del 14/07/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, mi riservo di fare alcune comunicazioni al termine delle interrogazioni, quando il Consiglio sarà al completo. I processi verbali delle precedenti sedute del 30 giugno, se non vi sono osservazioni sono approvati.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione dei Consiglieri Martini, Lombardi e Soldano in merito alla "Gestione dei centri diurni di vacanza da parte della Comunità montana delle Valli Gesso, Vermenagna e Pesio"


PRESIDENTE

Il punto secondo all'ordine del giorno reca: 'Interpellanze ed interrogazioni'. La prima interrogazione è stata presentata dai Consiglieri Martini, Lombardi e Soldano e concerne la 'gestione dei centri diurni di vacanza da parte della Comunità montana delle Valli Gesso, Verrnenagna e Pesio'.
Risponde l'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza

In relazione all'interrogazione n. 303 dei Consiglieri Martini Lombardi e Soldano riguardante le disposizioni impartite dalla Comunità montana Valli Gesso, Vermenagna e Pesio per la gestione dei centri di vacanza diurni per minori si precisa quanto segue: questo Assessorato non era in possesso del documento allegato all'interrogazione relativo alla regolamentazione adottata dalla Comunità montana constatato che tale regolamentazione, relativamente alle pratiche religiose, si discosta dal punto 2 delle 'Istruzioni per la gestione dei centri di vacanza per minori ubicati in Piemonte' adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 1° marzo 1977, si è provveduto tempestivamente ad invitare la Comunità stessa ad uniformare il proprio regolamento con le 'istruzioni' di cui sopra per quanto riguarda il secondo punto evidenziato dagli interroganti è ovvio che, pur nel rispetto dell'autonomia degli Enti gestori dei servizi (che devono comunque uniformare la loro attività alle direttive regionali) la decisione circa l'erogazione dei contributi regionali spetta unicamente alla Regione.
Anche su questo argomento è stata richiamata la Comunità montana.



PRESIDENTE

Risponde il Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Mi dichiaro soddisfatto. Prego soltanto l'Assessore di farmi avere una copia scritta della risposta.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione dei Consiglieri Martini, Vietti e Soldano sulla "distribuzione ad un convegno dei due volumi della Regione Piemonte concernenti le Istituzioni Pubbliche di assistenza e beneficenza presenti sul territorio"


PRESIDENTE

C'é un'altra interrogazione dei Consiglieri Martini, Vietti e Soldano i quali avuta notizia che in occasione di un convegno organizzato dal Partito comunista italiano presso la sede dell'Unione Culturale di Torino sabato 9 luglio u.s., sono stati distribuiti due volumi della Regione Piemonte concernenti le Istituzioni Pubbliche di assistenza e beneficenza presenti sul territorio e rilevato che tali volumi, a tutt'oggi, non sono stati consegnati né alla V Commissione né ai Gruppi consiliari, interrogano il Presidente della Giunta e l'Assessore competente per sapere se ritengono tale comportamento corretto e rispondente al prestigio dell'istituto regionale.
Risponde l'Assessore Vecchione.



VECCHIONE Mario, Assessore all'assistenza.

I volumi che saranno distribuiti stamattina in Consiglio, di cui 100 copie erano uscite dall'Ufficio stampa la sera del venerdì, sono destinati prevalentemente ed esclusivamente agli Amministratori comunali del Piemonte. I volumi sono molto ampi e riguardano un censimento e una lettura in chiave disaggregata per Comprensorio e per unità locali di servizi delle istituzioni e delle funzioni che queste svolgono. Praticamente si completa il censimento, a titolo di indirizzario, già avviato nella precedente legislatura.
Questi documenti sono stati consegnati per una ragione pratica di opportunità, dato che sono stati distribuiti ai Comprensori e alle Comunità montane. Stamattina le copie disponibili che l'Ufficio stampa farà uscire saranno distribuire ai Consiglieri regionali. Tutto il lavoro successivo opera di funzionari dell'Assessorato, sarà oggetto del progetto I.P.A.B.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martini.



MARTINI Mario

Non posso dichiararmi altrettanto soddisfatto. Questa interrogazione non è da interpretare in chiave polemica nei confronti della Giunta, vuole piuttosto evidenziare che c'é un momento istituzionale che non può essere assolutamente scavalcato per nessun motivo. La distribuzione dei volumi è stata fatta in una riunione rispettabile, ma che comunque è una riunione di parte, e questo ritengo sia un'aggravante. Riteniamo di avere anche il compito di richiamare la Giunta, quando è necessario, perché non faccia confusione tra il momento istituzionale e il momento partitico rispettabilissimo e importantissimo, ma comunque secondario, come in questo caso.



PRESIDENTE

L'interrogazione è svolta.


Argomento: Fiere, mostre e mercati

Interrogazione del Consigliere Benzi sul Samia


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Benzi, riguardante il Samia.
L'Assessore Marchesotti è pronto per la risposta? Ha facoltà di parlare.



MARCHESOTTI Domenico, Assessore al commercio, fiere e mercati

D'accordo con l'interrogante, Consigliere Benzi, si era ritenuto di rimandare la risposta all'interrogazione fino a quando la Giunta non avesse avuto elementi di novità che rendessero la stessa soddisfacente. Con il passare del tempo purtroppo non è avvenuta la chiarificazione prevista, pur tuttavia riteniamo doveroso rispondere.
In seguito alle decisioni del Consiglio di amministrazione del 27.4 u.s., il Samia è diventato Promark-Società per azioni, Società regionale di promozione fieristico-commerciale. La sua denominazione è cambiata dal 27.1.1976. La società dispiega la sua attività promozionale in vari settori, piccolo e medio industriale, artigianale e agricolo , abbandonando quindi la monocultura della moda. Infatti l'art. 5 dello Statuto della Società recita: 'la Società ha per oggetto la promozione e la gestione di iniziative commerciali per sostenere ed incrementare le attività economiche in particolare del Piemonte, favorendo lo sviluppo ed il coordinamento di tali iniziative relativamente ai settori produttivi industriale, agricolo artigianale e a quello commerciale, sia a livello nazionale che a livello internazionale'.
In particolare - prosegue lo Statuto - 'la Società ha per oggetto lo sviluppo e il coordinamento di attività propagandistiche nel mercato dell'abbigliamento, della moda e della cosmesi nell'ambito dell'industria dell'artigianato e del commercio del mercato nazionale ed internazionale'.
La Società potrà, tra l'altro, allestire mostre e saloni, gestendole in esercizio diretto, svolgere pubblicità, anche per l'edizione di riviste, di stampe di settore, assumendo in proprio, se del caso, l'esercizio tipografico, acquistare e vendere qualsiasi prodotto, svolgendo eventualmente attività di intermediazione commerciale in genere. Ovviamente la Società si occuperà anche di abbigliamento tessile e moda, dato che questo resta un settore produttivo di rilievo dell'economia regionale.
In relazione alla mostra annuale che dovrebbe essere organizzata dalla Promark, si attende che il Ministro dell'industria conceda l'autorizzazione richiesta. Gli industriali tessili e dell'abbigliamento si sono fatti promotori di un'azione di sollecito presso il Ministro, ma pare che questi non abbia risposto ancora nulla. Anche la Giunta regionale , l'8 e il 30 giugno, ha inviato telegrammi di sollecito senza ottenere risposta. Per conoscenza del collega Benzi leggo il testo del telegramma: 'Data urgente definizione, localizzazione salone Samia settembre scrivente richiede stante carattere manifestazione iniziativa codesto Ministero volta a riunire parti interessate e concordare soluzioni'.
Per quanto riguarda la linea politica di impostazione della promozione fieristico-commerciale, la Giunta non l'ha cambiata rispetto a quanto comunicato nel dibattito consiliare del mese di marzo; tuttavia l'intenzione della Giunta non è di stare semplicemente alla finestra a guardare. Penso si possa ipotizzare sin d'ora una manifestazione a Torino non in alternativa a quella di Milano, una manifestazione cioè che valorizzi la linea dell'abbigliamento torinese e piemontese e che integri nel suo carattere promozionale, altre linee di design in diversi settori produttivi piemontesi, una mostra insomma di un certo livello. E' chiaro che questa è un'ipotesi appena abbozzata di cui non si è ancora discusso e sulla quale aspettiamo e sollecitiamo i contributi critici delle categorie socio-produttive e delle forze politiche. Concludendo, non so se la risposta sia soddisfacente, certo non è soddisfacente neppure per noi l'attuale stato di indeterminatezza; occorre che insieme, con le forze politiche presenti in Consiglio, ci si faccia carico per un'azione di pressione affinché questo problema si concluda in modo positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore Marchesotti per la risposta che non è stata tarda poiché ogni settimana si chiacchierava fra di noi per verificare lo stato delle cose e si era concordata una risposta a tempi lunghi, in attesa che il Signor Ministro si decidesse a dare una sua conferma. La mostra del Samia a marzo non è avvenuta, né a Torino né a Milano. Praticamente la grande Milano che voleva mangiare tutto in realtà non ha fatto nulla, come non abbiamo fatto nulla noi. Riconosco che la Giunta sta cercando di mantenere l'impegno che aveva assunto. E' giusto che le forze politiche si esprimano e si adoperino perché rimanga a Torino questa mostra mercato dell'abbigliamento o una mostra simile, però dobbiamo muoverci subito a settembre.
Mentre ringrazio l'Assessore Marchesotti per ciò che ha fatto e per aver seguito da vicino la questione, prego il Presidente della Giunta di intervenire direttamente perché Torino mantenga questa sua particolare attività, o con la vecchia o con la nuova mostra.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Norme generali sui trasporti - Trasporti su gomma

Interrogazione dei Consiglieri Fabbris e Petrini relativa al "Disservizio delle ferrovie che collegano Biella con Santhià e Novara"


PRESIDENTE

Abbiamo la disponibilità della Giunta a rispondere ad un'interrogazione, non iscritta all'ordine del giorno, presentata dai Consiglieri Carmen Fabbris e Luigi Petrini. Il Vice Presidente della Giunta è in grado di rispondere subito. Ne ha facoltà.



BAJARDI Sante, Assessore ai trasporti

Con riferimento all'interrogazione dei Consiglieri Fabbris e Petrini riguardante, da un lato, alcuni episodi accaduti sulla linea ferroviaria Torino-Biella e, dall'altro lato, il problema più generale dell'assetto delle linee del Biellese, si fa presente quanto segue: l'incendio della vettura del rapido Biella- Torino in data 23.6.77 è avvenuto presso Livorno Ferraris sulla linea Torino-Milano su una automotrice Aln 772, per motivi che un'inchiesta del Compartimento accerterà e appena possibile comunicherà a questo Assessorato.
Indipendentemente dalle cause tecniche specifiche, l'incidente, su una vettura di tipo vecchio rispetto alle più moderne Aln 668, ha posto in luce ancora una volta le carenze relative al materiale rotabile impiegato dalle Ferrovie.
A questo proposito la Giunta regionale ha operato perché tali carenze venissero rimosse, e ciò è emerso nel corso del dibattito sulla proposta di piano poliennale delle Ferrovie dello Stato; in particolare in tale occasione è stata data particolare rilevanza al problema del materiale rotabile, soprattutto di quello per i pendolari.
Per quanto riguarda il problema più generale dell'assetto della ferrovia del Biellese, va ricordato il grave stato di arretratezza e di degrado in cui le Ferrovie dello Stato hanno lasciato tali linee dopo averle acquistate dai privati. Contro tale stato di abbandono la Giunta regionale ha operato, sia appoggiando, con qualche successo, diverse richieste di miglioramento e potenziamento dei servizi, sia richiedendo un ammodernamento delle infrastrutture della linea per consentire velocità più elevate.
Infine va ricordato che sia il problema del materiale rotabile che quello degli ammodernamenti delle linee di interesse regionale formano oggetto di elaborazione di un punto specifico del capitolo 'Il sistema ferroviario regionale' del piano regionale dei trasporti.
Tale lavoro consentirà proprio di avere precisi e concreti elementi per poter valutare, su tutte le linee della Regione, gli interventi necessari a raggiungere un determinato livello di servizio (velocità, frequenza sicurezza, etc.) e per poter quindi procedere a richieste puntuali e prioritariamente corrette.
In questo quadro debbono inserirsi le richieste di provvedimenti urgenti che gli interroganti giustamente richiedono e che la Giunta regionale non potrà non sollecitare presso il Compartimento delle Ferrovie dello Stato.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Sono soddisfatto o, meglio, sono pago di quanto ha detto l'Assessore Bajardi, non certo per lo stato di cose che hanno generato l'interrogazione. Ho la sensazione che purtroppo questo stato di cose non muterà con facilità (come ha anche detto l'Assessore), in quanto da anni le Ferrovie dello Stato sono completamente sorde a tutti gli appelli della comunità, della stampa biellese e della stampa quotidiana piemontese.
Biella è collegata con Santhià da 27 Km, di ferrovia, e con Novara da 51 Km, di ferrovia. Sono 7.000 al giorno gli utenti, quindi più di 2 milioni e mezzo di passeggeri all'anno, che usufruiscono di questi servizi (definirli tali, - credo - è superfluo ed esagerato). Infatti ci troviamo di fronte a continue proteste di viaggiatori e soprattutto di pendolari che lamentano lo stato dei mezzi utilizzati.
L'incendio o la rottura dei mezzi stessi con le gravi conseguenze segnalate dalla interrogazione urgente, sono le ovvie conseguenze dell'utilizzo di materiale usurato.
Si lamenta inoltre: la presenza di fantomatici 'rapidi' con supplemento che portano la velocità dei convogli a 50 Km, orari (nel 1977) e che giungono con notevoli ritardi in rapporto agli orari ferroviari, ma soprattutto in rapporto alle coincidenze con le linee nazionali il sistema di non sicurezza e quindi di pericolosità tuttora esistente nei tratti delle linee; mi riferisco ai passaggi a livello non custoditi e non automatizzati, alla mancanza di segnalazioni luminose, ecc.
Come ricordava l'Assessore occorrerebbe un intervento per l'armamento ferroviario della linea nel quadro del potenziamento e dell'ammodernamento delle linee ferroviarie in questione, una conseguente buona manutenzione delle linee stesse con un sistema di sicurezza che sia adeguato ai tempi e conseguentemente l'impiego di mezzi non usurati che insieme all'armamento consentirebbero certamente una velocità dei convogli adeguata ai tempi.
Signor Assessore, richiediamo pertanto un suo pronto, deciso, e, se necessario, duro intervento nei confronti delle Ferrovie dello Stato perch prendano finalmente in considerazione questa richiesta, ripetuta da anni ma che non ha avuto nessun ascolto con provvedimenti concreti.
Questo stato di cose ha spinto la collega Fabbris e il sottoscritto ad evidenziare il grave problema non solo per i fatti che si sono verificati e che potevano essere forieri di gravissimi incidenti bensì per una giusta difesa degli interessi dell'utenza della comunità biellese, e soprattutto perché tutti abbiamo votato una legge in cui la Regione riconosce al sistema dei trasporti il carattere di servizio sociale che deve assicurare il conseguimento di obiettivi basilari quali l'accessibilità delle persone alle occasioni di lavoro e di studio, che nella fattispecie esiste precariamente e solamente in parte, la mobilità delle cose al servizio del sistema produttivo; nel caso delle linee biellesi, la mobilità delle merci dell'industria passa per il 90% al sistema su gomma, data la carenza del sistema ferroviario con le conseguenze relative.
Ricordo che nel mio ultimo intervento sui trasporti avevo affermato che, senza fare della demagogia o sfruttare facili emozioni, pochi fattori hanno contribuito all'alienazione sociale ed all'inquietudine dei nostri tempi come la presenza di un sistema di trasporti largamente carente, che trasforma, ad esempio, il fenomeno della pendolarità in un quotidiano disagio fisico e morale.
Questo è il disegno o la fotografia dell' utenza biellese. Sta a noi soprattutto all'Assessore che porta l'onore e l'onere di dirigere l'Assessorato ai trasporti, far sì che un trasporto pubblico a dimensione umana non sia remoto per la gente della comunità biellese e per la stessa gente piemontese. Grazie.



PRESIDENTE

Con ciò abbiamo esaurito la serie delle interrogazioni.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

a) Attentato al Consigliere provinciale Maurizio Puddu


PRESIDENTE

Passiamo alle comunicazioni del Presidente, le quali cominciano ovviamente con una notizia, certo non lieta, che dobbiamo qui commentare.
Come i Consiglieri sanno, un altro grave, vile attentato alla vita di un esponente democristiano, il Consigliere provinciale Maurizio Puddu, è stato commesso ieri. I delinquenti che si sono resi colpevoli del nuovo atto di terrorismo politico hanno attentato non solo ad un cittadino, ma ad un esponente di un grande partito, è pertanto un attentato alla democrazia ed al sistema costituzionale fondato sui partiti. Non è la prima volta che ci succede, è una linea di attacco alle istituzioni democratiche che si realizza: quando si attenta alla vita di un magistrato si attenta alla magistratura, quando si attenta alla vita di un giornalista si attenta alla stampa, e quando si attenta alla vita - perché di questo si tratta, anche se si spara alle gambe - di un esponente politico si attenta al sistema costituzionale fondato sui partiti.
Ieri la gravità del fatto è stata espressa a Roma da una delegazione ampiamente rappresentativa di tutte le autonomie locali del Piemonte al Presidente della Camera Ingrao ed al Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, Murmura, con i quali la delegazione delle autonomie locali del Piemonte si è incontrata al mattino ed al pomeriggio.
In questo senso la delegazione ha ulteriormente rappresentato l'impegno delle autonomie locali e della popolazione del Piemonte nella difesa dell'ordine democratico e repubblicano che così a lungo in questa nostra assemblea è stato difeso non solo a parole, ma soprattutto con le iniziative che sono state portate avanti: evidentemente non sono ancora sufficienti per stroncare la spirale del terrorismo politico, anche se le nostre iniziative, le attuali e quelle prese in precedenza, hanno avuto l'apprezzamento più vivo dei Presidenti della Camera e della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Nel comunicato ufficiale della Camera è detto infatti che il Presidente Ingrao, dopo aver rilevato ancora una volta l'importanza di un più stretto rapporto tra le diverse assemblee elettive del Paese, ha sottolineato il significato dell' iniziativa piemontese come momento di avvio di una generale mobilitazione democratica e popolare ad impegno dell'azione dello Stato nella difesa dell'ordine repubblicano. Ha ribadito quindi, rifacendosi al suo intervento a conclusione del convegno unitario tenutosi a Milano nel maggio scorso, il ruolo decisivo che a questo fide possono assumere i Comuni e le circoscrizioni insieme con i Consigli di fabbrica e alle forze della cultura. Le proposte che la delegazione unitaria ha avanzato saranno trasmesse a tutte le Commissioni del Parlamento e del Senato. Alla Commissione senatoriale abbiamo richiesto delucidazioni sull'iter e sui tempi di attuazione di quella parte del programma di governo che attiene alla difesa dell'ordine democratico e repubblicano. Richiediamo non solo assicurazioni formali, ma un impegno a consultare la stessa delegazione, o un'altra rappresentativa delle autonomie locali, sui punti che avessero attinenza con le proposte, i suggerimenti avanzati nei documenti e nelle manifestazioni che si sono tenute soprattutto il 2 giugno.
Su questa prima comunicazione c'è qualche richiesta di parola? Il Consigliere Beltrami, ne ha facoltà.



BELTRAMI Vittorio

Signor Presidente, Signori Consiglieri, una parola di gratitudine a lei, al Consiglio regionale, alle forze politiche del Piemonte per la solidarietà che viene rivolta a Maurizio Puddu e per lui alla Democrazia Cristiana del Piemonte.
Quante volte in quest'aula, per fatti che ci toccavano da vicino, che investivano il Paese nel suo assieme, sono risuonate parole di esecrazione di condanna, di solidarietà! Oggi è la volta di Puddu che qui, in questa sede, quale Consigliere della Provincia, ha pur speso una sua parola di testimonianza, ha fatto le sue scelte, ha svolto il mandato ricevuto dalla popolazione. E ogni volta puntualmente, qui, più solennemente a Palazzo Madama insorgeva un messaggio, un monito, un richiamo, al quale si raccordavano altri messaggi altri moniti, altri richiami dalle Regioni d'Italia, dal Parlamento della Repubblica. E ogni volta, ancora, l'acuta fantasia del politico, l'intima convinzione dell'uomo di Governo ai diversi livelli, coglieva sensazioni stati d'animo, la ribellione morale.
Cosa è ancora possibile dire, inventare stamani, se non il senso della desolazione, non dello sgomento, ma della civile protesta contro una spirale delittuosa che, con calcolata freddezza - oggi - salva la vita degli aggrediti, mirando più a fondo, direi anche fisicamente, più in basso per fiaccare la resistenza, per incriminarne lo spirito, per provocare il vuoto, la nevrosi, il senso dell'impossibilità della difesa per parare colpi improvvisi, della percezione dell'ineluttabilità del crollo, del panico Puddu è un buono, Signor Presidente, è un mite, non è neppure un politico spregiudicato, crede ed ha vissuto la sua testimonianza a fondo.
E' l'espressione del cittadino (lui certo maggiormente responsabilizzato) che 'vive' pulitamente la sua esperienza democratica, è la facciata..., ma è anche l'anima di questa società che cresce e modella ogni giorno il suo futuro sui supporti certi delle intime convinzioni.
Ma è giusto quanto è accaduto? E' pensabile che debba accadere ancora per molto tempo? A chi può toccare domani? Perché non lo diciamo a noi stessi e agli altri che questi interrogativi la gente, l'uomo della strada se li pone? Che un uomo commetta delitto per interesse, per passione, per vendetta o per altre mille ragioni spregevoli, è fatto grave. Ma che commetta delitto, uccida, rechi danno alle persone o alle cose di un altro solo perché costui non la pensa come lui sul piano politico o religioso, mi sembra più che aberrante. Il guaio è che paga sempre per primo chi è innocente, chi non ha fatto la filosofia del no all'ergastolo, chi non ha fatto il giurista sui provvedimenti d'urgenza, chi non ha magari miliardi da tutelare dietro la bandiera di un comodo estremismo.
Vorrei richiamarmi all'intervento del nostro Capogruppo (oggi impossibilitato, almeno per le prime ore, a presenziare alla seduta del Consiglio regionale) pronunciato nella solenne seduta di Palazzo Madama. La rabbia crescente nelle persone pacifiche e nei miti è causata anzitutto dalla constatazione dell'enorme divario esistente tra le obiettive condizioni di disagio e di sofferenza, presenti nella nostra società e il ricorso sistematico e programmato alla violenza, strumento unico di lotta che rifiuta la complessità dei problemi, l'interdipendenza dei comportamenti, la proporzione dei mezzi da usare rispetto ai fini da raggiungere, le esperienze acquisite e gli ammonimenti, le elezioni anche recenti e presenti nella storia contemporanea con i sacrifici, le umiliazioni, il dolore di tanti popoli oppressi e spesso ridotti ad essere miseri. E Bianchi continuava richiamandosi alla comune convinzione, al comune credo nei valori della libertà, libertà che, ripetiamo, ancora non è un bene commerciale, che può essere riposto in cassaforte per essere riscoperto nei momenti di maggiore tensione, o quando punge vaghezza di desiderio, ma è l'intima essenza, il motivo di vita, la giustificazione della presenza di molti democratici cristiani nel moto resistenziale.
Signor Presidente, Signori Consiglieri, oggi il cammino della Democrazia Cristiana è costellato da aggressioni, provocazioni, attentati alle sedi, alle persone. Ier l'altro, ai confini del Piemonte, hanno colpito il Segretario regionale della Democrazia Cristiana della Liguria e il religioso che a Milano segue il movimento di Comunione e Liberazione, e qui nel Piemonte, più recentemente, la violenza porta i nomi di Notaristefano, della Bergoglio ed oggi è la volta di Puddu.
Questo ci sprona a resistere, stimola a riprendere, a riscoprire quei filoni di genuina purezza che hanno promosso la presenza dei cattolici nella Resistenza, ci fa superare qualche tristezza che non può mancare nella trentennale gestione in prima persona del governo della cosa pubblica.
Questo ci rende compostamente sereni nel richiedere al Governo e al Parlamento non leggi eccezionali, ma coraggiose iniziative di carattere eccezionale, per ridare fiducia, respiro, la certezza che chi gestisce la giustizia abbia a trovarsi, per civile costruzione del nostro ordinamento ad essere depositario e interprete vero del diritto, non condizionato, non deviante, ma riconducibile a fonti di certezza.
Ci sospinge in ultimo ad essere vigilanti, a chiamare a raccolta i giovani che ancora credono nella forza della 'democrazia', ad essere noi stessi, forti, e certamente vogliamo esserlo con loro per superare queste desolanti giornate di perversione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sento il dovere di intervenire per esprimere solidarietà non solo nei confronti di Puddu che sabato mattina ancora partecipava ai lavori della I Commissione in sede di Comprensorio, ma anche nei confronti degli esponenti del Partito della Democrazia Cristiana che, come ricordava il collega Beltrami, costituiscono in questi giorni, dall'attentato al Segretario regionale ligure alle aggressioni che hanno colpito esponenti di Comunione e Liberazione, un obiettivo ulteriore della strategia che ha prima colpito le forze dell'ordine, poi i magistrati, poi gli avvocati e oggi sta concentrando su questo partito la speranza che saltino i nervi e che non si compia il discorso di confronto, che non vuol dire rinuncia alle proprie idee, per poter far progredire il Paese verso quegli obiettivi che tutti riconosciamo che si devono raggiungere e si vogliono raggiungere. Se oggi si colpisce con una strategia che quasi mai raggiunge le vette, ma si rivolge verso i militanti impegnati seriamente che sono del secondo, del terzo scaglione delle forze politiche, che onorano la vita politica con l'affermazione della loro dignità, se questo è un tentativo per indurre che il confronto sia reso meno serio colpendo la forza che si richiama e si racchiude sotto il nome di Democrazia Cristiana portatrice di istanze che vanno osservate attentamente valutate, confrontate, contraddette, se il tentativo è di ridurre il confronto ad un dialogo in sordina, ebbene, da democratico d tutta la mia solidarietà perché ciò non avvenga e auspico che ancora di più si rafforzi in questo partito l'esigenza di essere quello che deve essere perché le nostre istituzioni rimangano in vita. Sappiano costoro che colpendo esponenti della Democrazia Cristiana, colpiscono tutti noi, perch siamo tutti come loro.
A livello di Governo e a livello delle Amministrazioni regionali e comunali si è cercato di costruire insieme, nella chiarezza delle posizioni ideologiche e nella chiarezza anche del raggiungimento dei risultati ottenuti: ecco l'aspetto umano e l'aspetto politico. Credo che ciò che abbiamo detto in forma ufficiale lo possiamo anche dire in tono molto più drammaticamente sofferto, ma anche molto più sereno, e cioè che chi pensa di voler colpire soltanto una forza politica, che può e deve avere la forza e l'orgoglio di essere se stessa nonostante l'avversità dei gesti criminosi, sappia che la solidarietà di essere insieme a loro, sulla stessa posizione, ci pone umanamente nella convinzione e nell'assoluta certezza di quei principi democratici che si sono attuati con le lotte per la liberazione e ci vede uomini vicino a loro con gli stessi drammi e le stesse loro preoccupazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Naturalmente mi associo alle espressioni che sono state rese nell'introduzione del Presidente e negli interventi che mi hanno preceduto.
Purtroppo questo fatto rappresenta un ulteriore passo di una strategia, di una serie di atti che hanno colpito duramente il Paese, il Piemonte e in questi ultimi tempi in particolare il Partito della Democrazia Cristiana.
Non penso metta in conto sviluppare particolari o lunghe analisi: sono le analisi che abbiamo fatto anche negli ultimi tempi e che vedono il dipanarsi sempre più chiaro di una strategia diretta da un'organizzazione terroristica ed eversiva, un modo diverso rispetto al passato di tentare di destabilizzare la situazione e soprattutto la Repubblica democratica, una strategia che tenta di diffondere lo sgomento e la paura in mezzo ai cittadini, largamente nel Paese, in particolare attaccando esponenti politici e, in questo momento, attaccando esponenti politici di un grande partito come quello della Democrazia Cristiana, per creare delle condizioni per un profondo disgregamento delle stesse ragioni di convivenza democratica.
Vorrei fare un richiamo particolare alla persona di Puddu che conosco da tempo: Puddu è stato eletto Consigliere provinciale nel Collegio di Pinerolo, è stato con me Consigliere nella Comunità montana Val Chisone abbiamo avuto più occasioni di confronto politico Come sempre, quando un atto criminale colpisce un rappresentante politico, sia pure di altra parte, ma che comunque ha fatto una lunga strada assieme a noi l'impressione è anche maggiore e l'esecrazione ed il cordoglio sono anche più personalizzati.
Dopo aver ricordato che purtroppo le analisi sono quelle su cui abbiamo insistito per molto tempo, dopo aver ricordato che questa specificazione degli attentati, degli atti criminali verso rappresentanti della Democrazia Cristiana dimostrano che nel momento in cui le forze politiche compiono un grosso sforzo comune sui temi della difesa della Repubblica, della difesa della democrazia, della risposta alla crisi, nel momento in cui le forze politiche hanno compiuto un grosso sforzo per arrivare ad un accordo o comunque a delle intese che non potranno non propagare effetti positivi nel Paese, il tentativo di queste organizzazioni terroristiche si è particolarmente inasprito per creare sgomento, paura ed incertezza in mezzo alle stesse forze politiche.
Come si risponde a questo? Ritengo che, otre le affermazioni di solidarietà, di esecrazione e di condanna che sono profondamente sincere si può dare alla gente una risposta anche rassicurante non lasciando passare questo disegno e quindi rafforzando di più ancora i momenti di confronto sui grandi temi della difesa della democrazia, della difesa della Repubblica, della possibilità di intesa unitaria.
E' rassicurante la risposta verso questa paura, verso questo sgomento nella misura in cui le forze politiche non si fanno prendere dallo sgomento, dalla paura, anche dalla diffidenza, ma cercano invece di portare su un terreno concreto la loro azione unitaria. Credo che questo debba essere il modo con cui rispondere a questi fatti e, con molta sincerità ritengo di dovere estendere i sensi della solidarietà, a nome del Gruppo comunista, alla persona del Consigliere Puddu e al Partito della Democrazia Cristiana.
Certamente ci rendiamo conto che ci sono altri elementi: non pu mancare un richiamo ai compiti, alle funzioni dell'apparato dello Stato nella prevenzione, anche nella repressione di questi fatti, ma tutto questo sarà maggiormente possibile se la profonda convinzione nei cittadini nell'opinione pubblica, negli iscritti della Democrazia Cristiana sarà rafforzata dall'intendere che si va avanti, non si torna indietro, non si va sconfitti a quell'approccio unitario sui grandi temi di fondo che oggi è più che mai necessario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, a nome del Gruppo socialista vorrei esprimere al Consigliere provinciale Puddu, che ho avuto possibilità di conoscere (concordo con la definizione umana che ne ha fatto il collega Beltrami) e al Gruppo democratico cristiano l'espressione di vicinanza, di solidarietà per questo ennesimo tentativo di delitto. Non starò a ripetere l'analisi del perché e da quali radici partono queste azioni che sono, come diceva Bontempi, degli autentici e concreti attentati contro la democrazia.
Sappiamo che ci sono delle forze che vengono definite 'minoranze infime' e che tuttavia sono battagliere, creano condizioni gravissime nello Stato e anche nella coscienza dei cittadini proprio in questa vigilia romana dove tra mille luci e mille ombre le forze politiche e democratiche cercano di ricomporre una condizione che consenta al Paese di affrontare tutte le sue problematiche. Non stiamo a ripetere queste analisi, ripetiamo invece e sottolineiamo con amarezza che ogni volta che si riunisce questo Consiglio regionale c'é da commentare un delitto o un mancato delitto: questa è l'amarezza al fondo della nostra coscienza e davanti a questa constatazione deve crescere il nostro impegno. Giacché si dice che la democrazia è vincente sulla violenza, che la democrazia ha e deve avere il primato rinnoviamo in questa circostanza il nostro impegno di rafforzare questa democrazia, di isolare queste forze eversive e di garantire la tranquillità e l'operosità al popolo italiano che ne ha bisogno proprio in questa circostanza particolare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, il collega Beltrami ha detto una cosa molto vera. In questa circostanza è difficile trovare delle parole adatte perché ne abbiamo sempre spese, perché il ripetersi diventa quasi stucchevole. Certo che si rimane sgomenti soprattutto quando problemi come questi investono persone che si conoscono e si è in grado di apprezzare. In queste situazioni c'é un motivo di perplessità che scaturisce in noi, così come credo scaturisca in ogni cittadino: la tecnica con cui avvengono questi fatti presuppone la freddezza di esecutori, ma indubbiamente dietro questi esecutori, che possono essere reperiti in qualsiasi circostanza, in qualsiasi ambiente, probabilmente dietro compenso, non può non individuarsi la tecnica di chi guida questa strategia, di chi sceglie di volta in volta i bersagli: giornalisti, avvocati, capitani di industria, adesso uomini politici, e in modo particolare e prevalente della Democrazia Cristiana.
Credo che il problema sia sempre riconducibile a quello generale e fondamentale dell'ordine pubblico e della capacità degli strumenti addetti al rispetto dell'ordine pubblico di individuare e centrare questi gruppi di individuare e colpire le centrali di partenza di questi avvenimenti. Lo sforzo che dobbiamo compiere è quello di portare l'attenzione sulla necessità che le forze dell'ordine agiscano senza la timidità che molte volte abbiamo loro imposto per ragioni non sempre nobili e non sempre valide. Devono agire perché sono convinto che sono in grado di agire, che in gran parte hanno individuato nomi e cognomi e devono essere in grado di arrivare a dare corpo a questi nomi e cognomi. Quindi nell'esprimere la solidarietà ai colleghi della Democrazia Cristiana e associarmi a tutte le espressioni già dette dai colleghi degli altri Gruppi, credo che il problema di fondo sia proprio un problema di ordine pubblico, di capacità e soprattutto di liberazione di ogni timidità e impaccio delle forze addette all'ordine pubblico perché siano in condizioni di colpire alle fonti gli esecutori di questi atti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, ci associamo a nome del Movimento Sociale Italiano- Destra Nazionale alle condanne che sono state pronunciate da parte di tutti gli altri Gruppi politici.
Anche la nostra è una condanna che esprimiamo con sdegno e con fermezza. Con lo stesso sdegno, con la stessa fermezza con la quale, un anno e mezzo fa, ci trovammo soli, o quasi soli, a denunciare un altro grave atto criminale, il brutale assassinio di un Consigliere provinciale missino di Milano. Noi pensavamo a questo povero e caro amico assassinato in un agguato tesogli sotto casa, proprio come ieri, in un agguato dalle analoghe caratteristiche, è stato ferito il rappresentante della Democrazia Cristiana, e pensavamo se saremmo arrivati a tanto nel caso in cui, fin da quel momento, fossero state pronunciate con eguale fermezza, con eguale impegno e con eguale decisione le condanne che abbiamo sentito adesso pronunciare; se cioè una eguale, operante solidarietà fosse stata dimostrata sin dal momento in cui quell'ondata di violenza che oggi si è scatenata contro la Democrazia Cristiana, si era scatenata contro la nostra parte politica.
Colleghi Consiglieri, questa è la domanda amara ed insieme inquietante che ci ponevamo ascoltando gli altri interventi e che crediamo debba essere presente nelle coscienze e nelle sensibilità di ciascun componente di questa assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il primo discorso che va fatto è di solidarietà nei confronti del collega Puddu e del Partito della Democrazia Cristiana.
Non sarebbe neanche di buon gusto cercare qui di essere originali e quindi si rischia di diventare monotoni a ripetere cose che abbiamo detto purtroppo in troppe occasioni. Peraltro dovremmo verificare un momento se dalle forze politiche qui rappresentate provengono atteggiamenti e comportamenti coerenti alle volontà che vengono espresse. Fatti di questo genere rivelano chiaramente dei problemi di ordine politico e caratteriale di disaffezione, di disadattamento, quale che sia il motivo politico di questi attentati, ognuno può vederlo a modo suo. Certamente però la storia ci insegna a vedere sempre un rapporto abbastanza armonico ed equilibrato tra le cause e gli effetti.
Non ritengo sufficiente spiegare una serie di atti terroristici di questo genere con quanto sta avvenendo sulla scena politica e con l'avvicinamento nell'indicazione di programmi da parte dei partiti che hanno collaborato alla stesura della carta costituzionale. Evidentemente da parte di qualcuno c'è il convincimento che dietro questo discorso ci sia un contenuto politico di più ampia portata. Questo per cercare di dare una spiegazione e una dimensione logica a questi avvenimenti. Sul piano dei protagonisti, dei personaggi che vengono reclutati per questa operazione che certamente non sono pochi, non sono ignoranti, non sono impreparati sono anzi capaci e organizzati, dobbiamo ripetere il discorso che abbiamo già fatto altre volte. Non è un caso che in Italia esista un humus soprattutto fra i giovani, costituito dalle migliaia e migliaia di disadattati politici che possono essere prezzolati o convinti o affascinati da un'idea politica depravata come quella che arma loro la mano. Bisogna pure fare qualcosa e allora andiamo a vedere se stiamo facendo qualcosa.
Qualcosa, a mio avviso, va fatto in primo luogo nella scuola, perché c'è da pensare che questa generazione di assassini a sangue freddo nasca da certi discorsi di contestazione a livello di scuola, laddove dietro questa contestazione non c'era un fatto culturale e costruttivo come è avvenuto in altri Paesi europei, ma c'era invece la pura e semplice negazione di valori della tradizione e di un certo tipo di società. Questo è il prezzo che paghiamo. 'Fermarsi per un momento di riflessione' è il titolo generico della stampa di oggi sul dibattito alla Camera. C'è anche scritto 'fare l'opposizione è una ruota'.
Mi chiedo se non sia responsabilità delle nostre forze politiche assumere atteggiamenti di questo tipo. Se vogliamo rendere credibile al Paese la nostra democrazia, cioè un tipo di governo della cosa pubblica in cui tutte le opinioni hanno valore e peso in qualunque collocazione siano evidentemente non è possibile trattare in questo modo quella che qui chiamiamo 'opposizione' e che noi potremmo definire 'i partiti che votano contro un certo governo'. Non intendo dire che le persone che hanno sparato al Consigliere Puddu provengano da determinate forze politiche, ma certamente sono più vicine a forze politiche non allineate con quelle costituzionali. Se la lotta politica continuerà ad essere la lotta dei fatti compiuti e delle decisioni diverse, non daremo al cittadino l'impressione che la vita politica sia discussione, verifica, momento dietro momento, di quanto stiamo facendo e soprattutto verifica con chi non è d'accordo, siano essi quattro radicali o demoproletari. Stiamo molto attenti. A mio avviso la società liberale in Italia ha rischiato grosso con posizioni di presunzione da parte di certi partiti quando si è usato il termine 'irreversibilità' di certe formule politiche. Non corriamo nuovamente il rischio di fare credere che l'accordo sul programma del governo Andreotti sia diventato un nuovo regime. Soprattutto smettiamola con questi atteggiamenti di albagia nei confronti dei piccoli partiti delle espressioni dei minori, dei diversi, dei disadattati che sono le forze politiche che hanno dovuto parlare alla Camera nell'assenza totale dei partiti che qui rappresentiamo. E' un fatto marginale ma che indica chiaramente come le nostre forze politiche, di fronte a fatti gravi facciano professione di impegno, di volontà ecc, e poi, in definitiva quando escono fuori nel paese fanno questa opera di presunzione, che è di noi tutti, nel dire 'noi siamo i bravi, i puri, i perfetti perché, guarda caso, abbiamo scritto la Costituzione'. La Costituzione l'abbiamo fatta, ma non siamo riusciti ad attuarla, se l'avessimo attuata nei suoi contenuti probabilmente non avremmo lasciato spazio a questi fenomeni.
Questo atto di reprimenda vale soprattutto per noi. L'invito ai colleghi è che i partiti presenti in quest'aula possano dare il loro contributo affinché i cittadini riconoscano nelle sedi che la Costituzione riconosce, cioè i pubblici dibattiti, l'occasione dove possano venire fuori le differenze, le discussioni, le verifiche anche delle ipotesi politiche più aberranti, anziché arrivare alle conseguenze che vediamo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

Desidero ringraziare tutti i colleghi ed i loro Gruppi che sono intervenuti per testimoniare la solidarietà personale e politica alla persona e al partito al quale ella appartiene. Credo e spero di interpretare il pensiero e lo stato d'animo dell'amico Puddu e dei suoi familiari, nel porgere anche a nome loro questo ringraziamento. Ieri abbiamo potuto assistere la mamma di Puddu in questa dolorosa vicenda e nella sua reazione, dolorosa e dignitosa contemporaneamente, abbiamo ricevuto lo stimolo a molte riflessioni. Siamo obbligati a ripetere e a riproporre qui alcuni motivi di riflessione, anche dopo gli interventi che i colleghi hanno svolto. Ci interroghiamo sul perché di questi fatti.
Abbiamo sentito in questi giorni, in seguito ad avvenimenti che hanno colpito altre persone, o in relazione a quest'ultimo, motivazioni di tipo diverso: qualcuno sostiene che si voglia instaurare e introdurre un clima di violenza che stimoli una repressione dura per poter poi dipingere lo stato democratico italiano come uno Stato repressivo; qualcun altro vede in questi attentati il tentativo e il desiderio di bloccare una convergenza una solidarietà tra le forze politiche nazionali nel momento in cui cercano di farsi carico, insieme, dei problemi del Paese. Noi diamo soprattutto un'altra interpretazione: è la volontà di soffocare progressivamente la forza di un partito che cerca di essere se stesso nel momento in cui è all'opposizione in tante sedi periferiche e contemporaneamente si fa carico dei problemi del Paese, ricercando i dovuti accordi con le altre forze costituzionali per i problemi del Paese. Condividiamo gran parte dell'analisi che il collega Marchini ha fatto. In una misura o nell'altra è anche questa, e soprattutto, una serie di tentativi di spegnere le voci diverse, le voci di opposizione, anche di una forza politica che si fa vanto di essere soprattutto una forza pacifica. Chiunque potrebbe andare a visitare le nostre sedi, a rivoltare le tasche dei nostri uomini e non scoprirebbe in esse sicuramente il minimo mezzo di attacco allo Stato.
Saremmo lieti che tutti i gruppi e i gruppetti si dichiarassero disponibili a far visitare le loro sedi, perché si potesse verificare se da parte loro c'é la stessa disponibilità a lavorare democraticamente per lo Stato. Ci chiediamo tutto ciò affinché queste parole di solidarietà, affinché questi sforzi di solidarietà nazionale abbiano premesse chiare e positive. Ci chiediamo perché in questo momento siano colpite soprattutto le forze del mondo genericamente cattolico o della Democrazia Cristiana in particolare.
Perché la Democrazia Cristiana e non le altre forze che con essa hanno realizzato l'accordo e che forse più di essa hanno spinto perché questo accordo si realizzasse? Non diciamo questo con la speranza che un male più diffuso attutisca i nostri mali, ma lo diciamo per cercarne la spiegazione politica.
Con il collega Bontempi ieri pomeriggio, quando abbiamo appreso la notizia, ci confrontavamo e cercavamo di dare le spiegazioni a questo fatto. Erano quelle che egli ha espresso in questa sede. Stanotte ritornando a casa, ho avuto occasione di leggere sui giornali del mattino la polemica che si è aperta circa l'iniziativa di intellettuali italiani e francesi di firmare un manifesto contro la repressione esistente in Italia.
Nella ridda di contributi e di voci che si sono alzati nell'interpretazione di questo fatto, è con estremo dispiacere che abbiamo letto una parte dell'intervento di Zangheri, sindaco di Bologna, il quale, nel tentativo di dire che non esiste repressione in Italia, colloca tutti sullo stesso piano facendo intuire che esistono obiettive convergenze tra questi gruppi estremisti e Fanfani. Queste sono interpretazioni che non possiamo accettare e tollerare, non solo perché Fanfani è un uomo della Democrazia Cristiana, ma ancor più perché è il Presidente del Senato della Repubblica italiana e questo avvallerebbe e giustificherebbe interpretazioni che fanno vedere obiettivamente uno sforzo antidemocratico esistente non solo nelle forze democratiche, ma addirittura nelle istituzioni dello Stato.
Chiediamo che siano chiare le solidarietà. Non possiamo pretendere dalle forze politiche più che parole di conforto e di unione; il Capogruppo Valente diceva ieri al Comune, e qui abbiamo ritrovato larghi accenni, che quando viene colpita una forza politica è tutta la democrazia che viene colpita e di questo crediamo che tutte le forze politiche siano convinte.
Gli atti chiari e decisi li pretendiamo dagli organi dello Stato in fenomeni come questi. Ma perché questi organi dello Stato possano intervenire bisogna fare in modo che tutta la gente abbia la chiara sensazione che le forze politiche di questi fatti danno interpretazioni univoche.
Signor Presidente, rinnovando ancora il ringraziamento a lei che ha voluto ieri e oggi portare queste parole di condanna su fatti che hanno ancora investito una volta la nostra Regione, le vorremmo chiedere per favore di poter interrompere la seduta alle ore 12,30 per dar modo al nostro Gruppo di partecipare ad una riunione che si terrà presso la sede del nostro partito alla presenza del Vice Segretario Nazionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gastaldi.



GASTALDI Enrico

Il nostro Gruppo si associa alle parole dei colleghi nell'esecrazione di questo delitto e di tutti gli altri delitti di carattere politico e comune, si associa anche all'espressione di solidarietà alla Democrazia Cristiana e sottoscrive le analisi delle loro cause e le proposte fatte dagli altri Gruppi politici che identificano i mezzi morali politici e pratici per ovviare a tali delitti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Minucci. Ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Signor Presidente, cari colleghi, vengo anch'io qui per ribadire a nome personale, avendo avuto occasione di conoscere il Consigliere Puddu, i sentimenti di affettuosa solidarietà a lui e alla famiglia e di solidarietà politica e democratica verso il suo Partito. Se prendo la parola, dopo che già il nostro Capogruppo ha detto cose che condivido largamente, è solo per fare qualche precisazione, a causa degli accenti politici di cui è venuta costellandosi questa discussione, com'era forse giusto. Forse giusto nel senso che è bene che queste occasioni, nella misura in cui hanno un grosso significato politico, vengano colte perché ciascuno faccia delle considerazioni e tenti un'analisi di quello che accade. Proprio per questo vorrei cogliere un elemento di ambiguità e di equivoco in ciò che è stato detto da Alberton. Egli si chiede perché è stata colpita da questa violenza la Democrazia Cristiana e, con una visione un po' integralista del terrorismo, presenta la Democrazia Cristiana come unica vittima di questa situazione. Mi sembra una cosa grave perché noi, sotto questo profilo siamo molto attenti a quello che accade e abbiamo manifestato solidarietà peccato che il collega Carazzoni nella sua faziosità non se lo ricordi perfino quando fu ucciso il Consigliere provinciale di Milano che appartiene al suo partito. Si vada a rileggere i giornali di quei giorni Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Se le condanne fossero state chiare non saremmo arrivati a questo punto.



MINUCCI Adalberto

Da parte nostra sono sempre state precise e dure ogni volta che si è manifestata violenza politica, anche contro coloro che sono nemici della democrazia: la violenza è sempre nemica della democrazia, verso chiunque venga esercitata.
Nei giorni scorsi nella nostra Sezione abbiamo fatto un rapido calcolo nel giro di 12 mesi ci sono stati 1400 attentati a sedi del Partito comunista, di cui alcuni gravi; il più grave è la bomba ad alto potenziale che distrusse metà della Federazione comunista di Milano; nella stessa notte furono fatte saltare 4 sezioni del Partito comunista a Milano con feriti. Non è un vanto per noi, perché in questi episodi - lo ripeteremo sempre con ostinazione - c'é inimicizia verso la democrazia e si colpiscono tutti i partiti, che in questa fase storica rappresentano la democrazia italiana, e colpiscono la convivenza civile. Ecco perché a volte questa violenza va anche contro forze che non condividono il nostro amore per la democrazia, per la libertà, per la Costituzione repubblicana.
Devo dire all'amico Alberton che in certi accenti ha usato un integralismo che ricorda la storia degli anni '20.'21-'22. Occorre avere il senso unitario per la democrazia in questo momento, perché quelle son forze che attentano a tutta la vita democratica del Paese. La Democrazia Cristiana è una forza democratica anche quando noi la combattiamo, la critichiamo per le sue posizioni politiche. Caro Alberton, guai a noi se in questo momento, sulla base di una scorta di ricatto morale, si dicesse 'se criticate Fanfani vi schierate con le Brigate rosse' guai! Confesso di non aver letto la frase attribuita al Sindaco di Bologna, ma conosco abbastanza bene Zangheri per sapere che, se non ne hanno deformato il pensiero, non può aver detto una tale sciocchezza, per la cultura e per l'umanità che possiede. Quindi è necessario stare molto attenti perché se perdiamo i nervi, se confondiamo tutti i gatti di notte, come si dice, rischiamo di fare un cattivo servizio alla democrazia.
Visto che ci sono, molto rapidamente voglio dire che c'é in giro un clima di odio che va smontato. Credo che tutti i colleghi capiscano che un periodo storico di trent'anni non si cancella rapidamente; è una storia che è molto al di sopra di noi e dei nostri partiti. E' una storia mondiale con tutto quello che sappiamo; e allora capisco, per esempio, e sto leggendo una frase sulla Gazzetta del Popolo che mi amareggia profondamente, che il giovane figlio di Puddu dica: 'bastardi comunisti'.
Lo capisco perfettamente, ma questa frase non mi esime dal manifestargli le più affettuose solidarietà mie e del mio Partito. E' un problema di clima che, secondo me, tutti assieme dobbiamo contribuire a smontare, altrimenti faremmo il gioco di chi ha sparato a Puddu, perché non comprenderemmo qual'è il processo che è nato in Italia. Proprio perché questi momenti suscitano commozione e sdegno ma anche freddezza di analisi, consentitemi di ripetere, quasi come una cassandra forse fastidiosa perché l'ho già detto tante volte, e mi rivolgo al Consigliere Marchini, che, guardando ai fatti, ci sono due elementi nel terrorismo di oggi, uno dei quali è professionale e non politico. Ormai spesso vediamo che nei momenti più incredibili, in pieno giorno, nelle vie più affollate si muove questa gente come pesci nell'acqua, con freddezza da killer e, guarda caso, spara alle gambe e colpisce sempre giusto. Chi di voi non ha tirato al tiro a segno o chi di voi non ha fatto il militare e non ha provato a sparare con delle armi? Ma sparare sempre nel punto giusto e infilare cinque proiettili nelle gambe vuol dire avere una preparazione mentale e tecnica fuori discussione.
E costoro fanno attentati in tutta Italia; non è un gruppo di pazzi esistente solo a Torino, ma sparano a Torino, a Milano, a Genova, a Roma, a Bologna: c'é una rete, c'è un'organizzazione scientifica. Questo è un primo elemento che non può essere dimenticato. E, cari colleghi, non può essere dimenticato che questo avviene ormai da anni. Nessuno può esimersi dal leggere gli atti del processo di Catanzaro e non chiedersi perché non si va a fondo. C'é un complotto, sì, c'é un complotto, c'é una fiammella accesa serve oggi a confondere le idee, serve oggi a colpire la democrazia domani potrebbe servire come esca per una guerra civile; e qualcuno predica ormai apertamente la guerra civile. Questo è un dato che appartiene alla realtà nostra. Chi lo ignora, ignora i fatti, non possiamo nascondercelo.
C'é poi l'altro aspetto: esistono frange sociali, giovanili o no perché molti killer sono stati descritti come gente sui 35-40 anni, i giovani c'entrano quindi sempre meno, i teorici della P.38, i violenti programmatici, i violenti per politica che hanno anche ucciso, bisogna sempre distinguere e stare attenti. Per esempio, il poliziotto ucciso a Milano certamente è stato per opera loro, dei teorici della P.38, che, in ogni caso, anche quando non arrivano ad uccidere, sono una formidabile copertura all'altra tendenza, quella che ho descritto prima, cioè quella dei killer professionisti, la tendenza che in qualche modo adombra un complotto. Vanno allora distinti e combattuti aspramente questi due fenomeni, sapendo che contro la seconda frangia vi è anche un problema di battaglia morale e politica, oltre che di prevenzione e repressione da parte degli organi dello Stato. Contro la prima frangia credo che possiamo fare tutti gli appelli morali: quella non è gente che ascolta gli appelli morali né politici, è gente manovrata che agisce in un certo modo e in quel caso tutti assieme dobbiamo aiutare gli organi dello Stato a fare il loro dovere.
Se c'é un aspetto importante degli accordi programmatici tra i sei partiti è che per la prima volta essi pongono come problema essenziale quello di un rapporto di collaborazione fra le forze dell'ordine dello Stato, i cittadini e le forze democratiche; questa è la via maestra, se vogliamo aiutare le forze dell'ordine a fare rispettare la democrazia e a salvaguardare davvero i cittadini.
Detto questo, concludo con una raccomandazione che mi permetto di fare perché questa capacità di analisi continua parte sempre dal presupposto che gli attentati che oggi vengono compiuti, sono compiuti contro tutta la democrazia, contro tutto il popolo italiano e, nello stesso tempo, voglio di nuovo ripetere il mio commosso saluto e i miei commossi sensi di solidarietà alla famiglia Puddu, all'amico Puddu in primo luogo e agli amici della Democrazia Cristiana.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale.

Signori Consiglieri, già ieri ho avuto modo all'Ospedale Mauriziano di esprimere all'amico Puddu e ai suoi familiari la solidarietà della Giunta regionale e ho avuto anche occasione di esprimere la più netta condanna dell'atto criminale.
Vorrei solo aggiungere pochissime parole a quanto già hanno detto i colleghi. Sappiamo perfettamente chi sono e cosa vogliono costoro, possono anche sfuggirci i loro connotati fisici o la loro identità, ma sono gli stessi che a Torino hanno messo le bombe alla Fiat nella primavera del 1976, con conseguenze terribili non soltanto per i beni, ma per la vita degli operai, dei rappresentanti sindacali. Il tentativo criminoso mirava alla distruzione dei beni e all'uccisione degli stessi operai. Questi assassini sono gli stessi che negli atenei hanno provocato una serie di situazioni tale, per cui si è giunti a episodi luttuosi, come abbiamo assistito a Roma, a Bologna e in altri luoghi. Sono gli stessi che hanno messo le bombe nei treni per colpire inermi cittadini, sono gli stessi che vogliono in definitiva colpire non un solo partito, ma le classi popolari.
Sappiamo oggi da documenti emersi, da situazioni già sancite e descritte in molte sentenze da parte di giudici del nostro Paese, che sono gli stessi che hanno una testa, hanno degli obiettivi, hanno altresì una guida unitaria all'interno del nostro Paese. Quindi rifiutiamo l'ipotesi che spesso viene avanti di giovani perversi, di isolati fatti episodici che scaturiscono da situazioni momentanee, anche locali. Invece riteniamo di dare ragione e corpo all'opinione che vede un'organizzazione, come è stato rilevato dagli stessi onorevoli Andreotti, Moro e Cossiga che possono avere più elementi di noi, che fa parte di un disegno che può essere non soltanto nazionale, ma internazionale. Quindi costoro non possono mascherarsi, non possono neanche procedere sulla strada dell'inganno fingendosi di un colore che possa riferirsi a quello di un partito: le Brigate Rosse, abbiamo detto più volte, di rosso hanno solo il sangue che hanno fatto versare; oppure di nuclei proletari per mascherare o ingannare, rispetto alla loro provenienza, i loro obiettivi; sono gruppi eversivi che non sono contro un partito o contro un altro, perché il disegno è stato modificato molte volte. Ha ragione il Consigliere Minucci a ricordare che sono state colpite 1400 sedi del Partito comunista, centinaia del Partito socialista, sedi di altri partiti democratici, sono stati feriti militanti socialisti comunisti, democratici cristiani. La strategia non s'incentra contro un solo bersaglio, può magari avere maggiore intensità in momenti particolari come questo per far cogliere determinati obiettivi, ma non è diretta esclusivamente contro un partito con disegni che ancora non sono assolutamente chiari. Questi gruppi vogliono impedire soprattutto il progresso del nostro Paese, quindi si collocano in un'area che è altamente ben delimitata, che non è un'area di progresso, ma è un'area di conservazione. Non è neanche un problema di polizia o di magistratura.
Spesso, messianicamente, alcuni fanno riferimento al potenziamento della polizia, della magistratura, di leggi dirette a mettere la polizia e la magistratura in condizioni migliori, ma noi diciamo che non è di questo che si tratta. Se ponessimo esclusivamente il problema come fatto di polizia o di magistratura sbaglieremmo. E' un problema politico.
Che cosa possiamo fare noi? Che cosa può fare la Giunta? Che cosa possono fare le istituzioni? Possono fare quello che abbiamo ripetuto molte volte: un'azione profonda e riformatrice e mentre richiamiamo ad operare sempre di più nella direzione dell'azione riformatrice, dovremmo richiamare anche quanti hanno il dovere di procedere su quella strada. Mi riferisco specificatamente al Governo e al mantenimento dei patti concordati per dare credibilità alle istituzioni, mantenendo costantemente i principi e gli impegni a cui ci riferiamo ogni giorno. Eliminare quindi quelle sacche dare credibilità alle istituzioni in ogni loro momento: riteniamo che questa sia l'azione che possa risultare vincente sotto ogni aspetto contro l'eversione che oggi cavalca il nostro Paese.



PRESIDENTE

Possiamo considerare conclusa questa prima parte dei nostri lavori.


Argomento: Statuto - Regolamento

b) Iter della legge per la modifica dello Statuto


PRESIDENTE

Devo comunicare rapidamente che avevo scritto una lettera al Presidente del Senato Fanfani per chiedere notizie del nostro progetto che riguarda la modifica dello Statuto. Il Presidente Fanfani ha risposto molto correttamente e tempestivamente dicendo che non ha potuto spiegarsi come il disegno di legge sia potuto rimanere dal 19/1 al 30/6 nei cassetti del Governo senza che fosse trasmesso alla Presidenza del Senato. Dice il Presidente del Senato: 'Non ho mancato in proposito di far presente alla Presidenza del Consiglio la necessità che non abbiano più a verificarsi ritardi di questo genere'.
Adesso l'esame del disegno di legge è presso la Commissione Affari Costituzionali con la quale ci siamo intrattenuti ieri. Vi è una perplessità circa il contenuto della nostra legge, laddove si dice che per legge regionale dovremmo fissare la data della presentazione dei bilanci e dei consuntivi. Ci suggerirebbero invece di fare questo con modifica statutaria. Entro mercoledì siamo chiamati ad esprimere una ulteriore precisazione. Penso poi di convocare i Capigruppo alla fine di questa riunione per sentire un loro giudizio; questo giudizio sarà espresso alla Commissione. Dopo di che la legge ci sarà rinviata con l'approvazione e quindi potremmo anche ordinare i nostri lavori con le procedure nuove che erano contenute nelle proposte di modifiche statutarie.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Imposta locale sui redditi. Determinazione dell'aliquota da applicare sui redditi dell'anno 1978. Proposta


PRESIDENTE

Passo senz'altro al punto quarto dell'ordine del giorno: 'Imposta locale sui redditi. Determinazione dell'aliquota da applicare sui redditi dell'anno 1978. Proposta'. E' una deliberazione della quale relatore è il Consigliere Rossotto, a cui dò la parola.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Come ogni anno il Consiglio regionale, su proposta di deliberazione della Giunta, deve determinare l'aliquota percentuale, che la Regione ritiene di porre nei limiti dall'1% al 2%, sull'imposta ILOR. La deliberazione, in conformità con quanto già fatto negli anni precedenti, è stata esaminata dalla I Commissione che l'ha licenziata con parere favorevole, perché possa essere assunta dal Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola sull'argomento? Non ve ne sono. Vi d lettura della deliberazione: 'Il Consiglio regionale visto l'articolo 1, secondo comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281 visti gli articoli 9, 10 e 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599 viste le deliberazioni del Consiglio regionale n. 122 adottata nell'adunanza n. 248 del 26 luglio 1974, n. 145 adottata nell'adunanza n.
308 del 23 aprile 1975 e n. 92 adottata nell'adunanza n. 63 del 19 luglio 1976, con le quali l'aliquota dell'imposta locale sui redditi per gli anni 1975, 1976 e 1977 venne stabilita nella misura del 2 per cento vista la proposta della Giunta regionale in data 28/6/1977 n. 56-9150, per l'applicazione sui redditi del 1978, della stessa aliquota del 2 per cento determinata per l'anno 1977 richiamate, anche per l'anno 1978, le valutazioni che nelle deliberazioni consiliari dei precedenti anni erano state formulate in merito all'applicazione dell'aliquota del 2 per cento per gli anni 1975, 1976 e 1977, per evitare una contrazione delle entrate regionali che non risulterebbe compatibile con l'aumento degli oneri per lo svolgimento delle funzioni trasferite, quali risultano anche dal bilancio di previsione dell'anno in corso e dai provvedimenti legislativi approvati ritenuto altresì che per far fronte all'aumento di tali oneri la Regione non potrà contare, per l'anno 1978, sull'applicazione di nuovi tributi ritenuto che la proposta della Giunta regionale sia da accogliere delibera che l'aliquota dell'imposta locale sui redditi, di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, da applicare, in favore della Regione Piemonte, sui redditi dell'anno 1978, è determinata nella misura del 2 per cento'.
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Comprensori

Regolamento comprensoriale di Asti


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del Regolamento comprensoriale di Asti: anche su questo argomento è relatore il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Il regolamento del Comprensorio di Asti non è stato preso in considerazione dal Consiglio, perché vi erano delle formulazioni che avevano indotto la Commissione ad un ripensamento. Nella nuova formulazione sono stati recepiti i consigli che la Commissione aveva dato. Rimane ancora un dubbio sulla formulazione letterale del secondo comma dell'art. 21.
In ogni caso, visto il rapporto collaborativo che si è stabilito tra gli organi del Consiglio e i rappresentanti dell'Ufficio legislativo con il Commissario del Governo ed i rappresentanti della Commissione di controllo sugli atti amministrativi, se dovessero esistere delle interpretazioni più esplicative su questo comma, anche i piccoli inconvenienti, rilevati dal Commissario di Governo, potrebbero essere risolti.
Pertanto, con questa considerazione che consente di accelerare i tempi dell'entrata in vigore del Regolamento del Comprensorio di Asti, invitando ancora una volta i membri dei Comprensori a prestare un poco più di attenzione quando si tratta di termini di legittimità e non di discrezionalità, la Commissione invita il Consiglio a deliberare positivamente il regolamento del Comprensorio di Asti.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola? La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Colleghi, il Gruppo della Destra Nazionale, votandosi in una precedente seduta i Regolamenti di 14 Comprensori, si era astenuto con motivazioni di ordine giuridico- costituzionale e politico; votandosi adesso il regolamento del 15° Comprensorio, quello di Asti, è chiaro che si richiama a quelle precedenti impostazioni, per cui ci asterremo anche in questa votazione.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? Non ve ne sono. Il progetto di deliberazione è identico a quello degli altri Comprensori: 'Il Consiglio regionale vista la legge regionale n. 41 del 4 giugno 1975 e in particolare l'art. 20 che stabilisce che 'entro sessanta giorni dalla sua costituzione e a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, il Consiglio (del Comitato comprensoriale) provvede ad approvare un proprio regolamento. Il Regolamento è approvato nei successivi sessanta giorni dal Consiglio regionale' visto il Regolamento approvato in data 7/7/1977 dal Consiglio del Comitato comprensoriale di Asti con la prescritta maggioranza sentita la relazione della I Commissione permanente che ha esaminato il Regolamento ed ha espresso parere favorevole alla sua approvazione delibera di approvare ai sensi dell'art. 20 della legge regionale n. 41 del 4 giugno 1975 il Regolamento del Comitato comprensoriale di Asti nel testo allegato alla presente deliberazione'.
Lo metto in votazione per alzata di mano.
Il Regolamento è approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Organi, strumenti e procedure della programmazione

Esame disegno di legge n. 207 "Le procedure della programmazione"


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto all'ordine del giorno: Esame disegno di legge n. 207 'Le procedure della programmazione'.
Relatore su questo punto è il Presidente della I Commissione, avv.
Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

La prima cosa che debbo fare è chiedere scusa ai colleghi perché la relazione su un disegno di legge di questa importanza, per gli aspetti costituzionali che esso riveste, se si può così qualificare la regolamentazione dell'attività della Regione Piemonte nei rapporti con i Comprensori nella concreta determinazione della politica di programmazione è effettuata non con un testo scritto. Credo che la faticosa attività che la I Commissione ha e sta esprimendo, esaminando, confrontando le diverse posizioni che le forze politiche e sociali hanno ancora espresso nella giornata di ieri e la volontà della maggioranza di non escludere ogni apporto di reale miglioramento del disegno di legge, giustifica l'impedimento materiale del relatore di predisporre un testo scritto.
Il disegno di legge che andiamo ad esaminare, mi auguro ad approvare ha una notevole importanza e rappresenta uno dei traguardi fondamentali dell'attività del nostro Consiglio.
Credo che dopo l'approvazione dello Statuto e la creazione dei Comprensori questo sia un ulteriore momento degno di rilievo.
Noi stiamo per dare corpo e spirito a quella volontà politica contenuta negli articoli dello Statuto regionale che si riferiscono all'impegno di assumere come metodo e modo di lavoro e di governo quello della programmazione individuando i rapporti esatti che devono porsi tra Giunta Consiglio, Comprensori, Enti locali, Enti strumentali, soggetti privati soggetti pubblici che operano e che agiscono nella Regione Piemonte.
Credo occorra un breve e rapido excursus storico su quanto, non solo in questo ultimo periodo, si è fatto. Questo disegno di legge postula e presuppone un approfondimento culturale realizzatosi al di fuori del Consiglio regionale, causa prima del vivo dibattito che ha investito dal luglio dell'anno scorso tutta la realtà sociale e politica della Regione Piemonte. Già nei tre volumi del Piano di sviluppo presentato nel mese di luglio del 1976 dalla Giunta esistevano paragrafi che chiaramente andavano ad indicare, in termini di larghe maglie, quelle che dovevano essere le norme con cui si intendeva procedere e in ordine ad essi, già allora, nel dibattito sugli altri temi che i tre volumi proponevano, si pose attenzione e si individuarono quelli che erano i nodi politici e i nodi tecnici che dovevano essere risolti.
A partire dal mese di gennaio 1977 in sede di I Commissione, secondo la metodologia proposta dalla Giunta, per l'importanza costituzionale ed istituzionale che una legge del genere avrebbe rivestito, di presentarsi in termini di confronto aperto e sostanziale, si iniziò l'esame di una bozza già articolata e frutto e conseguenza di numerosi studi che erano stati presentati e frutto di discussioni e di dibattito nonché di apporti critici e costruttivi di tutte le forze politiche. La bozza di articolato informale, che però recava l'assenso della Giunta non formalizzato consentì la massima apertura ad apporti costruttivi, ad indagini, ad approfondimenti.
Nell'arco di due mesi con un serrato confronto che evidenziò da parte dell'opposizione, con una particolare attenzione partecipativa del Gruppo della Democrazia Cristiana, riserve e perplessità, consentì alla Commissione di dare indicazioni operative precise, e a invitare la Giunta a formalizzare l'articolato recependo, se possibile, quanto già era emerso nel corso del dibattito. Il disegno di legge che conosciamo con l'individuazione burocratica di n. 207 iniziò così il suo iter regolamentare e istituzionale attraverso un ulteriore dibattito in Commissione e le consultazioni. Debbo dire in merito che l'istituto della partecipazione e della consultazione, che nei mesi passati alcune volte aveva evidenziato sintomi di scoraggiante scarsa partecipazione, quasi che la realtà regionale non rispondesse ai nostri stimoli, ha ritrovato, nella realtà comprensoriale, operativa da poco, nuova linfa.
Nella consultazione con i Comprensori è emerso quanto vivo e produttivo sia il rapporto che si è instaurato tra istituzione regionale e gli organismi decentrati creati dalla Regione stessa.
In quella interessante consultazione sono emerse indicazioni perplessità e preoccupazioni e denunce perché la legge all'esame rispondeva troppo ad una logica di perfezionismo e di collegamento troppo stretto con quelle che possono essere procedure più rigorosamente burocratiche del campo urbanistico e che trasferite sic et simpliciter nel settore economico, potevano determinare per una materia sottoposta ai mutamenti e alle modificazioni che la realtà socio-economica impone, la necessità di ammorbidimento di termini troppo stringati e burocratici.
Questa evidenziazione di pericoli di eccessivo centralismo, che nelle espressioni e nelle dichiarazioni la Giunta sempre rifiutò, in realtà erano giustificate. Occorreva meglio precisare la volontà di mantenere il processo programmatorio come momento di unità finale nelle mani degli organi regionali, con la piena possibilità e disponibilità, a sostanziali e non formali consultazioni con le forze sociali della società civile, così come richiese la Federazione dell'Associazione Industriali che ha saputo dimostrare, come in presenza di una più aperta e corretta sua corresponsabilizzazione da parte della Regione, le sia possibile un salto di qualità positivo in termini di proposizione, di anticipazione e di comprensione di quelli che sono i problemi di un Ente politico amministrativo sì da porsi come portatrice di generali problemi e non solo settoriali o corporativi. Da tutto ciò derivò la necessità del ripensamento che la Giunta, terminate le consultazioni, richiese alla Commissione mentre nell'ambito della Commissione stessa si rendevano più proficui i confronti costruttivi che le consultazioni richiesero alla Commissione mentre nell'ambito della Commissione stessa si rendevano più proficui i confronti costruttivi che le consultazioni stesse avevano suggerito.
Io credo che non sia male ricordarci che, anche perché siamo i primi che camminano su questa strada, nessuno di noi ha la verità in tasca e che è sostanza del metodo democratico confrontare il verosimile dell'uno con il verosimile dell'altro per cercare di fare come sintesi del confronto qualcosa realmente di più vero.
La Giunta si riservò di rivedere le sue posizioni e fece pervenire in Commissione una serie di emendamenti che, accorpati e riuniti insieme a quello che era stato il disegno di legge originale, è il disegno di legge 207, nella formulazione oggi all'esame del Consiglio. Nel contempo alcuni nodi politici sia di carattere fondamentale che di carattere particolare che non erano ancora stati risolti dalla Giunta e che erano stati motivo di accese osservazioni e sollecitazioni, furono risolti, altri evidenziati e fatti propri ancora oggi dall'opposizione, specialmente dal Gruppo Democrazia Cristiana furono respinti.
Per questo motivo e per consentire di individuare meglio la propria posizione attraverso un autonomo progetto di legge, che è noto con il n.
225, il Gruppo della Democrazia Cristiana con l'accordo con la Commissione ha presentato nella giornata di lunedì e nonostante la ristrettezza dei tempi è stato anche esaminato e confrontato con il n. 207. Credo che dal dibattito consiliare emergeranno i termini di ulteriori possibilità di recepire altri miglioramenti.
A questo punto la relazione si deve concentrare in alcune sintetiche considerazioni.
Prima di tutto l'elaborazione di una legge sulle procedure oggi deve tener conto di tutti i fallimenti che in campo nazionale ci sono stati.
Basta ricordare che il disegno di legge governativo del 1968 che finì nel silenzio più assoluto. A livello nostro noi abbiamo lo Statuto regionale che ha posto chiaramente questa esigenza, cioè la volontà di una programmazione quale metodo di lavoro del Consiglio regionale, che non sia soltanto momento di amministrazione tecnico-burocratica, ma momento di partecipazione, attraverso una programmazione che parte e cresce dal basso.
Per questo abbiamo realizzato i Comprensori e della loro riconosciuta importanza ho già parlato. Essi hanno saputo esaltare il momento della crescita di una classe politica intermedia che anche in occasione della consultazione sul Piano di sviluppo ha saputo dimostrare, a chi sa osare di pensare in termini di democrazia, che c'é una crescita della volontà e della serietà di partecipazione nei limiti delle responsabilità di ciascuno.
La giornata di sabato scorso credo che abbia dato a queste aspettative una prima risposta positiva dimostrando che si devono ulteriormente accelerare i tempi per la costruzione di un Paese più democratico, non con le dichiarazioni di principio, ma con i fatti nuovi.
Infine vorrei ricordare che la politica di Piano, il Piano di sviluppo che presuppone per il nostro Statuto la legge sulle procedure sulla programmazione, deriva anche da un impegno statuale che deriva dalla legge 335 del '76 che parla, che impone, che presuppone l'esistenza, per la validità del richiesto Piano pluriennale, da un Piano di sviluppo.
Il fatto, torno a ripeterlo, che siamo la prima Regione che legifera in materia di procedure della programmazione e che affronterà fra due settimane il dibattito sul Piano di sviluppo, non ci deve dare l'illusione di essere i primi della classe.
Dobbiamo ancora una volta con quella serietà che oserei definire subalpina e che caratterizza la volontà di agire della nostra gente dimostrare quella fermezza di sapere andare incontro indubbiamente anche a degli errori, ma sicuri che ad un certo momento bisogna assumere le proprie responsabilità e uscire e andare all'esterno per una verifica nei fatti.
Questo invito ad agire ci è giunto da tutti i consultati, dai Comprensori, dagli Industriali, dalle altre forze sociali, che hanno sollecitato che la Regione si doti rapidamente del Piano di sviluppo che sia quadro di riferimento incontrovertibile per ogni azione di rilancio della nostra economia.
Caratteristica di questa legge è quella di non avere velleità di un corpus juris perfetto nell'illusione di considerare la programmazione una funzione amministrativa organizzata secondo una irrealizzabile serie di rigide scadenze. Occorre invece considerare la programmazione come metodo e quale attività di indirizzo legislativa, amministrativa e regolamentare e quindi come un processo che è essenzialmente crescita politica di tutto il sistema regionale delle autonomie.
In quest'ottica la programmazione regionale vede la partecipazione di tutti i soggetti della vita economica e sociale della Regione sottolineando il ruolo delle assemblee elettive, Comuni e Province attraverso i Comitati comprensoriali. Devo dire in ordine a questo punto che si è accolto come emendamento da parte della Giunta, su sollecitazione delle forze politiche presenti in Commissione, quanto contenuto nel documento della Federazione degli Industriali affinché la formazione del Piano non trovasse soltanto i soggetti della programmazione nel momento terminale, ma nel momento in cui la costruzione del Piano li deve trasformare in reali protagonisti anche con autonome elaborazioni, e si sentono partecipi e responsabili in termini dialettici e non semplicemente formali.
Questo è il significato con cui l'ultimo comma dell'art. 2, nella formulazione del 207, prescrive la partecipazione al processo di programmazione dei soggetti di cui al comma 2° e 3° nella fase di elaborazione delle proposte nonché nella loro approvazione per prevedere la successiva gestione attraverso programmi di attuazione. Va da sé che i comma 2°e 3° si riferiscono a quei soggetti di cui in precedenza parlavo.
Tutta la struttura di questo disegno di legge, il suo filo logico vede l'attività della Regione fondata su una prevalente funzione legislativa di indirizzo, di coordinamento degli obiettivi riducendo al minimo le sue funzioni amministrative attraverso un graduale processo di deleghe. Infine la scelta di creare procedure agili dando un grosso spazio al ruolo e all'attività del Consiglio regionale (e questo in riferimento esplicito all'art. 75 del nostro Statuto), proprio in considerazione del fatto che la programmazione non è una funzione ma un metodo che sostanzia l'attività di indirizzo politico dell'assemblea regionale è altra qualificante caratteristica.
Il lungo dibattito sul ruolo del Comprensorio e del rapporto Comprensorio, come l'organismo decentrato della Regione, con la Giunta è un altro aspetto importante.
Essere riusciti a stabilire un rapporto tra Consiglio regionale e Comprensori, salva la funzione di indirizzo che la Giunta viene ad avere articola e dà sostanza alla filosofia che pone la programmazione come metodo e come processo. Infine si è realizzata una legge agile di principi come volontà di ricondurre l'attività legislativa regionale quale espressione di contenuti propri con caratteristiche di legge e non di regolamenti. C'è un certo aspetto di programmazione dell'operatore pubblico presente nella legge, il coordinamento degli Enti locali nel rispetto della loro autonomia e nello spirito dell'art. 119 della Costituzione. Se tutto ciò non fosse ancora sufficiente, il dibattito potrà meglio esplicitarlo anche perché l'argomento è stato uno dei motivi di lunga, approfondita e seria disamina e dibattito in Commissione.
Infine emerge chiaro il rapporto tra amministrazione e finanza che si sostanzia nel legame tra programma pluriennale di attività e di spesa e bilanci annuale e pluriennale nello spirito della legge 335 del '76 superando un'antiquata organizzazione finanziaria degli Enti pubblici.
Credo che la Giunta ha ormai completato il testo di legge in materia e rendiamo grazia alla Giunta di non aver caricato la Commissione di questo ulteriore fardello nella fase odierna, perché in questo caso credo che si sarebbero superati i limiti di una concreta possibilità di un lavoro serio.
Infine il ruolo dei Comprensori attraverso i bilanci consolidati, come strumento non solo conoscitivo ma operativo e di stimolo per la riorganizzazione di tutta l'amministrazione locale hanno, tramite questa legge, una chiara funzione.
Io credo che aggiungere altre parole, parlare in termini di enfasi dire, e ripetere a titolo di vanto, che siamo i primi che fanno una legge sulle procedure sarebbe un grosso errore: noi siamo i primi e indubbiamente faremo degli errori. Il merito è non tanto essere i primi, ma aver saputo in lunghi mesi recuperare ciò che anni ed anni di dibattito tra le forze politiche che credono e che hanno intuito come la mancanza di un disegno di programmazione ha creato gravi storture o ha facilitato certe situazioni negative che l'aspetto sociale ed economico del Paese conosce, in modo da imporre in termini chiari l'assunzione di precisi atti, lasciando dopo le prime esperienze, che riprenda in concreto il dibattito sulle opportune correzioni.
Penso che il disegno di legge così come è nato in Commissione, e che a seguito delle proposte costruttive che possono ancora giungere dal dibattito può essere migliorato, sia nel suo complesso un buon testo legislativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Signor Presidente, signori Consiglieri, per poterci collocare con sufficiente aderenza nel dibattito relativo alle procedure della programmazione, dibattito che è certamente importante come ha rilevato or ora il Consigliere Rossotto, Presidente della I Commissione, anche se ritengo che questa legge sulle procedure della programmazione che stiamo per varare non sia in senso assoluto la prima legge in Italia (vi sono dei precedenti in Lombardia e in Sardegna) e per poter valutare i vari passaggi anche al fine della determinazione del voto del nostro Gruppo, credo non inutile ricordare brevemente i momenti di predisposizione e di discussione della legge in esame. Lasciamo da parte il confronto informale, al quale ha fatto riferimento Rossotto, avvenuto in Commissione sul documento-bozza sul quale pure si era sviluppato il confronto critico del nostro Gruppo e soffermiamoci solo sul disegno della legge 25 maggio 1977 n. 207 presentata dalla Giunta regionale. Sulla legge stessa il nostro Gruppo ha immediatamente espresso delle riserve di fondo e gravi preoccupazioni anche perché si era visto scarsamente recepito l'apporto che il Gruppo particolarmente con gli interventi del collega Alberton, aveva cercato di offrire nella fase informale. Si può dire che le linee fondamentali di critica osservazione sulle quali ci siamo mossi sono state essenzialmente tre ed hanno riguardato i filoni sui quali si era imperniata l'architettura del provvedimento legislativo. Il disegno di legge si muoveva innanzitutto lungo una pericolosa strada verticistica e la pianificazione regionale finiva di essere intesa come un momento di accentramento decisionale e non come modo di corretta partecipazione dei diversi livelli. In secondo luogo complementare del primo, veniva a nostro avviso snaturato il ruolo dei Comprensori e dei Comuni tanto che si poteva tranquillamente parlare di neocentralismo regionale. Per quanto attiene ai Comprensori, il primitivo testo del disegno di legge appariva in contrasto con il disposto statutario e con la legge n. 41 del 1975, istitutiva dei Comprensori, mentre per quanto riguarda i Comuni si vedeva una preoccupante limitazione della loro autonomia ed emergere un disegno, che identificava la Regione come unico livello di autonomia, restando affidato al Comune un ruolo meramente consultivo. La terza obiezione era il tentativo di affidare ai Comitati regionali di controllo la possibilità di controllo di merito in ordine alle linee di attuazione della programmazione regionale, principio che contrasta con la battaglia autonomistica tutt'altro che chiusa nel nostro Stato e dalla quale con norme ambigue non si può certo portare contributo alla nostra Regione.
A queste osservazioni di fondo se ne erano aggiunte altre complementari, come ad esempio quella di avere voluto stabilire meccanismi troppo rigidi e di non facile realizzazione sempre però esaltando il ruolo della Giunta e lasciandole ampi spazi di libertà, come la mancata considerazione di alcuni importanti soggetti di programmazione e lo scarso rilievo assegnato a quegli Enti comunemente chiamati strumentali che la nostra Regione, che da anni marcia verso la programmazione, si è data indipendentemente dalle maggioranze che la governano per raggiungere un migliore, guidato e più articolato sviluppo.
La pur rapida consultazione ha dato sostanzialmente ragione all'impostazione del Gruppo Democrazia Cristiana. Diciamo qualcosa sulle consultazioni. E' noto alla maggioranza come noi, opposizione democristiana, ci siamo collocati di fronte alle tappe forzate che si sono volute imporre al Consiglio in questo mese di luglio, tappe, e lo diciamo serenamente e non con toni polemici, che in altri tempi con altre opposizioni non sarebbero certamente passate e senza che con questo si potesse poi addebitare alle minoranze e non invece all'organo di Governo ritardi o rinvii. Noi non abbiamo chiesto rinvii, ci siamo collocati, ci collochiamo, negli importanti dibattiti in corso, con la nostra presenza con le nostre impostazioni, portatori di una rappresentanza e di una cultura con vaste radici nella realtà regionale. Abbiamo solo ammonito la maggioranza a far sì che la fretta non dovesse avere sopravvento sulla bontà e sui contenuti e provvedimenti legislativi in corso. E le considerazioni sulla fretta, sul poco tempo per discutere, per dibattere sono state la premessa di tutti gli interventi dei consultati, tanto più da meditare proprio perché provenivano da persone che non ci hanno lesinato contributi, idee, suggerimenti, e che si esprimevano su provvedimenti che le riguardavano direttamente, che riguardavano il loro modo di essere e la loro attività. Non diciamo queste cose per polemica in riferimento ad una legge che quasi quasi ci sta già dietro le spalle, ma per stabilire il principio che su ogni legge, su ogni provvedimento la fase di studio, di meditazione, di approfondimento non deve essere solo riservata alla Giunta ma deve essere equamente divisa tra tutti coloro che partecipano all'iter formativo. Dicevamo dunque che i vari Enti, le varie forze sociali consultate hanno confermato le obiezioni che avevamo avanzate. Così abbiamo sentito i rappresentanti delle organizzazioni sindacali, Cgil, Cisl, Uil dirci: 'Il complesso delle norme dà la sensazione che si vuole determinare tutto' ed ancora. 'Il ruolo di direzione e di coordinamento della Regione può solo avvenire con la partecipazione delle forze attive, dinamiche della realtà regionale'. Si parla molto di partecipazione, ma Comprensori e Comuni hanno in questa legge una posizione subalterna. I rappresentanti dei Comprensori hanno affermato: 'Dire che i Comprensori sono soggetti della programmazione può essere una pura affermazione di principio se non segue nella concreta normativa, la configurazione di un'effettiva e peculiare attività che corrisponde ai principi enunciati. Ben poca cosa è la partecipazione, se i Comprensori sono solo incaricati di raccogliere e catalogare le osservazioni che sulla proposta della Giunta regionale formulano gli Enti e le organizzazioni locali e trasmetterli alla Giunta stessa aggiungendovi il proprio parere'.
E' vero che sullo sfondo di queste consultazioni hanno pesato le indiscrezioni prima e le notizie poi che giungevano da Roma, dalla sede delle trattative per i punti programmatici dell' azione di Governo e che stabiliscono che tra Comuni e Regione vi deve essere un solo Ente intermedio. Ma penso che tutti, anche in riferimento al problema Provincia Comprensorio, si siano collocati positivamente. Diciamo che siamo senz'altro d'accordo con quanto ha dichiarato in una recente intervista l'Assessore Simonelli affermando che la riforma non deve risolversi in un passo all'indietro e che l'esperienza avviata in questi mesi peserà comunque sui nuovi organismi; sottolineiamo come proprio dell'organismo direttivo dell'Unione delle Province, assieme alle critiche: 'La Giunta regionale vuole definire compiutamente ma astrattamente un meccanismo estenuante, complesso e delicato; eppure, oggi come oggi, la Provincia non può essere semplicisticamente liquidata ignorandone la presenza nel contesto delle autonomie locali come è avvenuto nel disegno di legge' dicevamo, proprio da questa Unione delle Province è venuta la speranza di avere presto definitive indicazioni sulla quaestio del secondo livello istituzionale tra Comuni e Regione. Le organizzazioni agricole hanno lamentato il ruolo riduttivo dato alle Comunità montane, che devono essere considerate soggetto di programmazione ed hanno segnalato l'errore di considerare come piani di settore quelli di Comunità. La Federazione delle Associazioni Industriali del Piemonte, come ricordava il relatore Rossotto ha tra l'altro richiesto di dare maggiore attenzione e specificazione normativa all'autonomo apporto, alla programmazione regionale, delle varie forze sociali che operano nel territorio. A fronte di queste posizioni la Giunta ha ritenuto, e gliene diamo atto, di rivedere in gran parte le sue scelte e di presentare in I Commissione nella seduta di giovedì 7 luglio un disegno di legge così emendato rispetto alla primitiva stesura da potersi configurare nella sostanza come un vero e proprio nuovo testo. Dare atto di ciò vuol dire riconoscere alla maggioranza una sua più pronta disponibilità rispetto al passato a recepire le osservazioni altrui, a non ritenersi unica portatrice delle migliori soluzioni, ma nel tempo stesso induce a due constatazioni di ordine politico. La prima: qualcuno potrebbe chiedersi perché in questo discorso introduttivo in aula abbiamo richiamato l'iter di questa legge, le consultazioni e le ultime discussioni. Perché risulti chiaro - diciamo - nel momento in cui si giunge al voto e l'esistenza della legge può portare ad espressioni di compiacimento per la sua approvazione qual è stato l'apporto migliorativo ed anche originale ed autonomo del nostro Gruppo, al di là di quello che sarà il nostro voto. La seconda: non può non destare qualche preoccupazione il fatto che su di una legge di tanta importanza siano state le opposizioni, ed in primo luogo la nostra e le forze sociali a richiamare una maggioranza di sinistra attratta da tentazioni centralistiche all'effettiva esaltazione del Consiglio e della partecipazione al rispetto del ruolo che Comprensori ed Enti locali hanno nel dettato statutario. Il nostro Gruppo ha però ritenuto ancora insufficiente sul piano dei contenuti la proposta migliorativa della Giunta e per rendere più produttivo il confronto finale ha presentato lunedì 11 luglio un proprio progetto di legge che si snoda sull'asse portante dal piano comprensoriale, inteso non solo come strumento di mera attuazione del Piano regionale, ma come momento formativo del Piano, cioè come momento di effettiva programmazione. Il miglioramento di alcuni passaggi ed il recupero di alcuni punti che erano propri del disegno di legge 207 costituiscono altre caratteristiche della nostra proposta. Ma su questa non mi dilungo perché ne parlerà più a fondo il collega Alberton. So che a seguito dell'ultimo confronto fra i due testi (quello della Giunta ed il nostro), la Giunta si accinge ancora a presentare nuovi emendamenti. Li valuteremo a fondo, vedremo di capire se si è veramente cercato di entrare nel merito, di penetrare nella sostanza delle istanze, cosa che per alcuni punti a prima vista non ci appare. Dopo avere nella prima sede istituzionale, cioè in quella della Commissione, svolto pienamente il nostro ruolo di cosciente opposizione, ci accingiamo qui, nella sede primaria del Consiglio, a continuare il confronto perché la legge che stiamo per varare sia una buona legge, sia veramente l'intelaiatura agile e democratica della politica di programmazione regionale. Il nostro voto non è predeterminato: risponderà alla bontà della legge ed alla misura del recepimento di una nostra impostazione studiata, approfondita, verificata con larga parte della comunità regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Alberton. Ne ha facoltà.



ALBERTON Ezio

Con la presentazione della proposta di legge n. 225, i proponenti, a nome del Gruppo democristiano, hanno inteso porre all'attenzione del Consiglio regionale, articolato in un testo normativo coerente e completo le proprie proposte circa le procedure della programmazione regionale.
L'articolato, pur differenziandosi profondamente dalla proposta della Giunta in fatti essenziali, ne accoglie lo schema di fondo al fine di agevolare per tutti il confronto recependo già le parti modificate dalla Giunta stessa in accoglimento delle osservazioni critiche. Le vicende attraverso le quali si è svolto in questi due mesi la discussione intorno al disegno di legge della Giunta sono già state richiamate dal collega Paganelli. Esse sono state, quanto meno proceduralmente, singolari e ci hanno fatto ritenere necessaria per la chiarezza stessa del confronto politico la formalizzazione delle differenze attraverso lo strumento proceduralmente più corretto e cioè la presentazione di una proposta di legge. Desideriamo rimarcare un primo profilo che credo criticabile e che deve fare riflettere tutte le forze consiliari, sul fatto, che la Giunta dopo le consultazioni svolte sul testo originario, abbia poi presentato un nuovo testo ampiamente innovativo sul quale i soggetti sociali non possono più pronunciarsi nei modi di rito, oltretutto avendo essi manifestato le difficoltà dipendenti dai tempi stretti loro concessi per l'esame. Sotto un secondo profilo, il nuovo testo presentato dalla Giunta, seppure accoglie molti dei rilievi critici a suo tempo espressi, appare ancora in larga misura insoddisfacente sul piano del contenuto. Resta ferma, ed è stato ricordato, l'impostazione secondo la quale il piano di Comprensorio è uno strumento di mera attuazione del Piano regionale di sviluppo. Non solo, va altresì detto che il nuovo testo, nello sforzo di adeguarsi ad osservazioni critiche presenta e rischia di presentare delle deficienze anche rispetto al testo precedente; così non sembra accettabile, se non a pena del rischio di un inammissibile scollamento fra il Piano regionale di sviluppo e il piano di Comprensorio, che la Giunta debba limitarsi ad adottare i piani comprensoriali senza neppure formulare un giudizio circa la loro coerenza col Piano regionale.
Il contenuto ed il significato del piano del Comprensorio deve poi essere specificato anche nei suoi contenuti territoriali per chiarire discordanze ancora presenti tra questo disegno di legge e quello n. 117. E' parso quindi necessario al Gruppo regionale democristiano formalizzare in un articolato le proprie proposte nel tentativo di contribuire a ricondurre il dibattito su un piano di chiaro e metodologicamente corretto confronto.
Dobbiamo fare una premessa che vale per il nostro testo, come credo valga per il testo della Giunta. Siamo in attesa della riforma del quadro istituzionale del governo locale; oggi siamo però doverosamente costretti a muoverci con il quadro esistente, quindi le nostre proposte, come credo quelle della Giunta, devono essere giudicate in riferimento alla situazione che ci troviamo a gestire oggi e sulla quale dobbiamo lavorare. La particolare vicenda che ha condotto alla stesura di questa proposta di legge del Gruppo democristiano consente che, nella relazione introduttiva non ci si proponga tanto di illustrare tutti gli aspetti, quanto piuttosto di metterne in rilievo le differenze qualificanti rispetto al progetto della Giunta. Desideriamo quindi ripercorrere sinteticamente il nostro articolato, richiamando l'attenzione sui punti fondamentali.
Definizione della programmazione regionale. Aspetto caratterizzante di questa norma sono i commi, in virtù dei quali i piani socioeconomici territoriali di Comprensorio sono considerati parti della programmazione regionale alla stessa stregua del Piano di sviluppo. E' evidente infatti che, se è vero che i piani socio-economici territoriali di Comprensorio devono essere conformi al Piano regionale, è anche vero che si devono potere a loro volta porre vincoli all'attività stessa della Regione e degli altri soggetti interessati, configurandosi in tal modo non come mero strumento di attuazione del Piano regionale, ma piuttosto come una componente della programmazione regionale. Non crediamo che ci sia nessun rischio o vizio di municipalismo comprensoriale. Richiamiamo in tutto il nostro testo continuamente l'esistenza della conformità del piano comprensoriale con il Piano regionale. Crediamo di sollecitare con questa formulazione una maggiore responsabilità di analisi e di scelte da parte della Regione. Vogliamo cioè sostanzialmente che l'autonomia ai Comprensori, nella definizione del loro piano socio-economico-territoriale sia data con consapevolezza. Alla Regione rimane la possibilità di determinare l'ampiezza delle maglie entro le quali il Comprensorio possa muoversi, ma vogliamo che questo sia fatto con consapevolezza, sapendo dopo aver analizzato la realtà territoriale ed economica della Regione entro quali margini di spazi di autonomia possano e debbano muoversi.
Intendiamo oltretutto evitare rischi che l'approvazione o meno dei piani comprensoriali sia ricondotta a mero fatto di discrezionalità puramente politica e non programmatoria.
I soggetti della programmazione regionale. Nell'art. 2 della nostra proposta di legge si sono voluti individuare in modo specifico e puntuale i soggetti della programmazione regionale, distinguendo gli organi regionali a cui spetta l'elaborazione e l'approvazione del Piano regionale di sviluppo e dei piani di Comprensorio, i soggetti che concorrono alla formazione del Piano regionale e quelli che concorrono alla formazione dei piani di Comprensorio. Vengono richiamati esplicitamente i soggetti che si riconoscono determinanti, sia nella formazione del Piano regionale che di quello comprensoriale. Fra gli altri sottolineiamo le Comunità montane, le Province, i Distretti scolastici, le Camere di commercio.
I contenuti e i documenti del Piano regionale di sviluppo. L'elemento innovativo di maggiore rilievo rispetto al progetto della Giunta sta nel prevedere che il Piano debba stabilire anche le modalità attraverso le quali la Regione intende operare e quali compiti intenda assegnare agli Enti strumentali, agli organi periferici e quali invece intenda delegare agli Enti territoriali e ai Distretti scolastici. Conseguentemente si prevede fra i documenti del Piano un documento contenente anche queste indicazioni. La previsione normativa in questione, ci appare particolarmente significativa sia al fine di dare al Piano un contenuto di maggiore precisione operativa, sia al fine di consentire una maggiore chiarezza sull'organizzazione degli uffici regionali e nei rapporti fra la Regione e gli Enti territoriali.
All'art. 5, che è l'inizio della procedura di formazione di piano raccogliamo nel nostro documento le proposte, già contenute nell'ultimo testo del disegno di legge della Giunta, richiamate in tutte le consultazioni e già anticipate nei nostri documenti iniziali, di sollecitare tutti i soggetti ritenuti fondamentali nella formazione del Piano regionale di sviluppo a contribuire a questa formazione attraverso le enunciazioni dei loro stessi programmi in modo che la formazione del Piano regionale non si muovesse come una prima ed esclusiva enunciazione, ma fosse fondata già sulla raccolta di priorità e indicazioni di tendenza.
Circa le norme sull'approvazione del Piano di sviluppo, il testo proposto intende garantire un corretto rapporto fra la Giunta ed il Consiglio e i soggetti che concorrono alla formazione del Piano. In questo senso esso può apparire più dettagliato di quanto non siano le norme contenute nel nuovo progetto della Giunta, ma ha un valore garantistico di chiarezza nei rapporti fra i diversi soggetti interessati, al quale non sembra possibile rinunciare. Richiamiamo a questo proposito il ruolo della Commissione programmazione e bilancio, evidenziato nel testo, il ruolo della Giunta alla quale si richiede, prima che il progetto di Piano regionale di sviluppo vada in aula, la stesura definitiva della proposta del Piano medesimo, motivando le scelte da essa fatte a seguito delle consultazioni circa la selezione operata all'interno dello schema generale di proposta, in modo che la Commissione possa svolgere l'esame in sede referente sulla proposta definitiva della Giunta. Questi non sono richiami od esami puramente accademici delle vicende regionali programmatorie.
Abbiamo ritenuto indispensabile questa norma anche in relazione alla vicenda del Piano regionale di sviluppo che stiamo vivendo in questi momenti, perché non crediamo sia possibile, avendo la Giunta presentato una propria proposta che essa stessa afferma essere aperta, e aperta è anche sul piano finanziario per le contraddizioni, per la non collimazione tra progetti presentati e risorse disponibili, che la scelta definitiva non avvenga sulla base delle consultazioni prima che il testo di Piano vada in aula.
Circa l'efficacia del Piano regionale di sviluppo, abbiamo ritenuto necessario specificare il valore vincolante del Piano rispetto alla Regione e agli altri soggetti interessati, esplicitando gli Enti strumentali, gli organismi comprensoriali, gli altri soggetti nei limiti in cui la legislazione regionale o statale lo consente, vogliamo con questo rimarcare la necessità del rispetto dell'autonomia degli Enti locali per le attività proprie e questo si ricollega in particolare proprio a quanto detto in precedenza circa l'esigenza di avere nel Piano un documento relativo alle modalità con cui la Regione intende operare.
Contenuti e documenti del piano socio-economico-territoriaie di Comprensorio. Caratterizziamo la nostra proposta per il fatto di attribuire al piano di Comprensorio anche una specifica competenza in ordine all'assetto territoriale, definendone i contenuti. Nel corrispondente articolo della Giunta, dove si richiamano i contenuti e i documenti del piano socio-economico-territoriale, crediamo di intravedere una interpretazione restrittiva e limitativa dell' art. 5 della legge n. 41 istitutiva dei Comprensori, alla quale essa fa riferimento. Si ravvisa cioè, ancora una volta, il piano comprensoriale come mero strumento di attuazione delle previsioni del Piano regionale di sviluppo. Nel nostro testo vogliamo richiamare una necessità di maggior coordinamento con il disegno di legge n. 117, muovendoci secondo questi principi: l'affermazione della unicità del piano socio-economico-territoriale, l'evidente necessità di una pluralità di documenti all'interno di esso, ma l'esigenza di unicità di procedure di formazione e di approvazione del piano socio-economico territoriale. Infine, nel nostro testo assegniamo al piano socio-economico territoriale di Comprensorio la responsabilità di definire i sub Comprensori esaltando all'interno della parte programmatoria riferita al territorio gli aspetti normativi della medesima richiamando l'esigenza che il Comprensorio si sforzi di individuare, evidenziare i parametri che devono essere di guida anche dell'attività degli Enti locali, non riducendo il piano territoriale ad un puro fatto cartografico, ma esaltando invece proprio la parte di normazione complessiva delle attività.
Nella formazione del piano di Comprensorio la norma mira a garantire un corretto rapporto tra il Comprensorio, al quale spetta di formare il Piano i soggetti che a tale formazione concorrono, la Giunta regionale alla quale spetta l'adozione e il Consiglio regionale al quale spetta l'approvazione definitiva. Di particolare rilievo in questa disposizione ci pare la norma per la quale la Giunta può rifiutare l'adozione del Piano solo ove questo sia in contrasto con il Piano regionale e sempre che su tale valutazione consenta la Commissione programmazione e bilancio, a nome del Consiglio, e la norma per la quale viene riconosciuta al Comprensorio il ruolo di pronunciarsi sulle modificazioni che le osservazioni dei terzi interessati aventi diritto, dimostrino necessario al fine di salvaguardarne la legittimità ai sensi della legislazione vigente. Esplicitiamo i soggetti che è necessario consultare e coinvolgere. Crediamo che sia necessaria la procedura circa le osservazioni dei terzi interessati per garantire l'unicità del piano socio-economico-territoriale, crediamo sia necessario che sullo schema di piano proposto dal Comprensorio, come inizio del processo di formazione, si pronunci non solo la Giunta ma anche il Consiglio, proprio nella misura in cui il piano di Comprensorio è momento di formazione complessiva del Piano regionale di sviluppo.
Circa la durata del piano comprensoriale crediamo sia significativo specificare che la medesima, per gli stretti collegamenti che esso ha con il Piano regionale, debba essere coincidente con quella del Piano regionale, anche per garantire ed imporre un confronto costante e continuo tra Regione e Comprensorio. In Commissione è stata sollevata la giusta preoccupazione che questa norma non abbia effetti pericolosi su un iter di revisione continua degli strumenti urbanistici conseguenti al piano comprensoriale, ma crediamo che il confronto continuo tra Regione e Comprensorio, che nel confronto debbono sicuramente tener conto dell'esistente, possa essere comunque di sicurezza.
Effetti del piano comprensoriale. La norma intende affermare il principio che il piano di Comprensorio è vincolante dopo la sua approvazione anche per la Regione e per i suoi Enti strumentali, oltre che per tutti gli Enti soggetti che, alla stregua della normativa vigente possono essere vincolati. Come strumenti di attuazione della programmazione regionale proponiamo il piano pluriennale di attività e di spesa, i piani e i progetti di settore, il bilancio preventivo pluriennale. Si è ritenuto che tutti questi strumenti siano indispensabili per garantire una corretta attuazione della programmazione regionale intesa nella sua articolazione nel Piano regionale e nei piani di Comprensorio. Riteniamo opportuno precisare nel testo i contenuti indispensabili di questi strumenti, gli obiettivi che devono essere evidenziati, i tempi, le modalità, il rapporto costi-benefici, i riferimenti territoriali, proprio perché ci sia una guida anche alle espressioni periferiche nella evidenziazione e nella formulazione dei loro programmi. Circa la formazione ed approvazione del programma pluriennale di attività e di spesa occorre una maggiore definizione dei rapporti Giunta-Consiglio sia sulla proposta iniziale che sulla proposta definitiva del programma pluriennale e sui programmi preventivi degli Enti locali, nei casi in cui questi prevedano il finanziamento regionale, evitando cioè di raccogliere tutta la parte programmatoria degli Enti locali, che introdurrebbe degli elementi burocraticamente molto pesanti, per limitarsi invece a quelli nei quali la Regione è certamente coinvolta.
Verifica e controlli. La norma indica una serie di momenti di verifica della realizzazione, della programmazione regionale, avendo cura di garantire che il Consiglio regionale e l'intera comunità siano posti in grado di esprimere un giudizio politico sull'operato degli organi cui spetta attuare il Piano. Per agevolare il processo di programmazione viene previsto l'aggiornamento annuale della relazione sulla situazione socio economica della Regione che deve essere discussa con tutti i soggetti interessati. Noi assegniamo molta importanza a questo fatto. C'é il rischio, cioè, che si faccia una relazione sulla situazione socio-economica della Regione all'inizio della legislatura e che poi essa non sia seguita con attenzione nella sua evoluzione e crediamo che il controllo sia necessario tanto più perché molti dei fatti, che concorrono a determinare la situazione socio-economica della Regione, esulano dal controllo diretto della Regione medesima; quindi il seguire con attenzione, anche se non con elaborazioni proprie, l'andamento occupazionale, demografico della Regione garantendo la verifica con gli altri soggetti presenti, al fine di ritrovare sulle analisi il maggior spazio possibile di consenso, ci sembrano utili premesse per l'aspetto programmatorio.
Non si è ritenuto infine di prevedere una specifica competenza in materia dei Comitati regionali di controllo, ritenendo che essi, per la loro composizione e le loro funzioni, non possano svolgere un sindacato di merito che si trasformerebbe in un generale e indeterminato controllo di merito stesso sugli atti degli Enti locali. Nelle norme transitorie abbiamo esaltato il problema delle strutture degli organismi comprensoriali.
La norma ha come scopo essenziale quello di garantire che i Comprensori siano dotati, entro un termine ragionevole, che intendiamo specificare delle strutture indispensabili per procedere a svolgere quanto meno le funzioni che loro spettano in virtù di questa legge. Sull'importanza di questa disposizione è inutile soffermarsi: si pensi solo alla pianificazione dei Comprensori che si configura come un'articolazione della programmazione regionale, se è vero come è vero che le consultazioni ci hanno obiettivamente messo in evidenza come i Comprensori stiano svolgendo un lavoro molto utile. Guai se li lasciassimo nella condizione di impossibilità di avere strutture, per le quali proponiamo lo strumento legislativo proprio per evitare rischi di proliferazione indiscriminata di personale, soprattutto al di fuori delle strutture esistenti.
Abbiamo ritenuto di esplicitare il contenuto della nostra proposta di legge, non essendo stato possibile farlo in modo soddisfacente all'interno della Commissione per i tempi stretti nei quali si è dovuto lavorare in quest'ultima settimana, al fine di fornire a tutte le forze del Consiglio regionale e anche a quelle che meno hanno potuto seguire questo lavoro di confronto, la nostra impostazione.
E' stato cioè uno sforzo di definizione politicamente e giuridicamente chiaro di tutto il complesso delle procedure, al fine di far sì che partendo anche solo con il processo di programmazione, lo strumento delle procedure ci indichi l'obiettivo verso il quale dobbiamo tendere, non rassegnandoci a gestire il provvisorio, non rassegnandoci a gestire proposte iniziali, ma continuando a sforzarci per il miglioramento continuo di esse.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il Gruppo della Democrazia Cristiana aveva chiesto di sospendere i lavori alle ore 12,30. Dato che sono le 12,15 e poiché il Consigliere Bontempi ha chiesto di poter svolgere il suo intervento, che dovrebbe essere rapido, ritengo di potergli dare la parola in questo breve lasso di tempo disponibile.
Vi sono obbiezioni? Non ve ne sono. La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signori Consiglieri, prendo brevemente la parola perché era mia intenzione dare una collocazione sul metodo, sull'azione e sul lavoro compiuto per arrivare in aula all'approvazione di questa legge. I Consiglieri Paganelli e Alberton hanno rimarcato da un lato la brevità dei tempi e la rapidità con cui si sono svolte le consultazioni e le discussioni e dall'altro i cambiamenti introdotti rispetto alla primitiva stesura. Tali elementi vanno precisati per l'importanza e per il carattere istituzionale della legge, applicato tra l'altro su un terreno di movimento istituzionale di ampia e notevole sperimentazione istituzionale.
Vorrei ricordare a tutti i Consiglieri che stiamo discutendo e ci accingiamo ad approvare un atto che trova scarsi precedenti nelle esperienze regionali, non parliamo dell'esperienza nazionale, e che intende definire, in presenza di un quadro istituzionale tutt'ora in movimento anche per i recenti fatti nazionali, un approccio corretto alle procedure della programmazione.
Sotto questo profilo vorrei sottolineare come si è collocata la Giunta e quindi la maggioranza, di fronte a questo problema: ha assunto un atteggiamento molto corretto sul piano metodologico e sul piano politico.
Sul piano metodologico è stata proposta una bozza; si è avviato in Commissione un confronto non semplice e non facile, perché ci siamo resi conto che arrivare ad un punto di coagulo delle opinioni e delle posizioni in questo primo approccio, tentando di dare regolamentazione alle procedure della programmazione, non era un'opera semplicemente traducibile da impostazioni ideologiche o da ideali.
Siamo comunque arrivati ad un progetto che contiene caratteristiche positive. Vorrei ricordarlo per rispondere in parte al Consigliere Paganelli che ha ripercorso la storia della legge. Dicevo, la legge ha delle caratteristiche positive, di proporsi come uno dei modi possibili per affrontare il tema delle procedure della programmazione, dando una regolamentazione, una prescrittività, anche una certa minuziosità agli articoli di legge. Che questo fosse un approccio, al di là di certi rilievi che abbiamo accolto, secondo me positivamente, è senz'altro ammissibile e del tutto legittimo: uno dei modi possibili di proporsi è anche dimostrato dal fatto che il testo della Democrazia Cristiana ripercorre il vecchio disegno di legge in molti articoli. Non abbiamo assolutamente la pretesa di assumere atteggiamenti categorici su questo argomento. Tenendo presente il largo margine di verifica che su questo terreno dobbiamo darci, la prima proposta aveva l'effetto provocatorio di indicare una traccia possibile per affrontare i problemi. E' stato rilevato dal Consigliere Paganelli che quella proposta aveva dei difetti di verticismo, una sottovalutazione del ruolo delle autonomie, un'accentuazione dirigistica del ruolo dei controlli. Questi difetti hanno però permesso di mettere meglio in evidenza quali erano i terreni di progresso, di crescita e quindi anche di superamento di certe posizioni. Sotto questo profilo si inserisce qui anche il significato politico di ciò che è stato compiuto. A me sembra che tutti debbano riconoscere come fatto positivo, e non certo come segno di debolezza e di sconfitta, il fatto che si sia accettato il confronto.
Il confronto è avvenuto in particolar modo in Commissione e in aula da parte del Gruppo della Democrazia Cristiana. Era necessario recepire gli elementi di apporto e di crescita venuti dalle consultazioni delle varie forze sociali. Un tema istituzionale di questo genere non appartiene alla sfera dell'ideologico, appartiene invece alla sfera della verifica, del confronto reale su temi anche relativamente nuovi, sulla base di esperienze culturali, ideali, che abbiamo avviato o che ci accingiamo ad avviare.
Le modifiche, anche sostanziali, al disegno di legge n. 207 hanno risposto da un lato al criterio politico di fondo che la maggioranza e la Giunta hanno adottato come modo d'essere, cioè di non andare in modo formale al confronto, ma di recepire in realtà dalle consultazioni e dalle posizioni delle forze politiche tutti gli elementi migliorativi. Mi pare effettivamente strana l'osservazione del Consigliere Alberton il quale, sia pure in maniera marginale, lamenta che le modifiche del disegno di legge 207 non sono state presentate ad una nuova consultazione. Mi pare che il procedimento corretto sia quello di verificare in quale misura le nuove modificazioni hanno risposto alle sollecitazioni della consultazione.
Il fatto cioè che si sia presentato un disegno di legge, che le consultazioni abbiano criticamente toccato alcuni aspetti e che questi siano stati recepiti, merita una valutazione positiva. Riteniamo di avere sostanzialmente accolto i temi importanti delle consultazioni e, avendo fatto questo sforzo, siamo molto tranquilli. Certo possono esserci ancora motivi di dissenso di varia natura, ma il Consigliere Paganelli ha escluso che ci sia un predeterminato atteggiamento politico da parte del suo Gruppo. Questo mi fa piacere e spero che da questo vengano tratte le conseguenze. Però il tema importante, visto che spesso il nostro Gruppo è accusato di cercare a tutti i costi temi di accordo specie con l'altro grande Gruppo presente in Consiglio , è che a noi comunisti interessa, in realtà, il massimo approfondimento del confronto e che gli apporti, vengano essi dall'opposizione o vengano dalla consultazione, sono sempre i benvenuti.
Poiché il tempo incalza, mi riserverò eventualmente di prendere la parola in sede di dichiarazione di voto, per rispetto anche all'esigenza manifestata dal Gruppo della Democrazia Cristiana. Dopo aver sottolineato il significato politico, ci sentiamo con la coscienza molto tranquilla poiché questo testo è il frutto della comparazione con il testo della Democrazia Cristiana e poiché si è fatto tutto il possibile, in tutte le direzioni, per arrivare a recepire i temi reali del confronto, chiediamo anche alle altre forze politiche di collocarsi in questa maniera. Le differenze sono molto ridotte e, sotto molti punti di vista, sono più formali che sostanziali.
Di fronte all'urgenza di una legge che non fosse solo relativa a questo piano, ma che fosse una legge di indirizzo, se il confronto è inteso attraverso un impegno congruo da parte dei vari Gruppi, è possibile espletarlo fino in fondo. Questa legge è stata un caso esemplare, non di duttilità politica solo generica, ma un modo corretto di operare da parte di una maggioranza nei confronti delle legittime sostanziose osservazioni delle forze sociali, delle autonomie e degli altri Partiti.
In ultimo la legge che proponiamo ci trova profondamente convinti.
Al punto di approdo siamo venuti sentendo anche dal vivo delle consultazioni quali erano i temi centrali da porre all'attenzione delle norme e quali invece erano da lasciare allo svolgersi reale: questo è un modo di intendere la dialettica politica e ci rende profondamente convinti della bontà della nostra legge, bontà intesa come struttura, come corretta recezione, di una serie di aspetti venuti anche sui temi delle autonomie dei ruoli di altri Enti, delle precisazioni di coordinamento con altre leggi come la 117.
Questa convinzione non ci impedisce di presentare anche una serie di emendamenti, che, voglio dirlo chiaramente, non sono assolutamente delle concessioni di tipo politico, ma sono degli accoglimenti in senso migliorativo rispetto alla discussione sul testo che c'é stata in Commissione. Con questa convinzione riteniamo di difendere la struttura, il linguaggio della legge che si pone come quadro di riferimento per tutti gli atti programmatori che in futuro nei vari settori verranno adottati.
Non avere determinato tutto ci sembra obiettivamente un fatto positivo perché, così come è concepita la struttura, dà sufficiente chiarezza sulla determinazione dei soggetti, delle funzioni, dei ruoli reciproci e permette, all'interno di un quadro sufficientemente definito, di estrinsecare le possibilità che forse oggi, con schematismo e con prescrittività eccessiva, non potremmo prevedere.
L'esempio maggiore viene dall'intendere i rapporti Giunta-Consiglio.
Riteniamo che questa nostra legge, attraverso le modificazioni apportate dia un ruolo prioritario, potenziale al Consiglio e non chiuda le possibilità di evoluzione reale dei rapporti politici dello stesso modo di essere degli organi istituzionali.
Quando parliamo del ruolo di rappresentatività del Consiglio, dobbiamo renderci conto che questo porta delle implicazioni fino in fondo, porta ad una concezione della programmazione che vede il ruolo della Giunta come organo proponente, come organo che ha una funzione determinante sul piano del coordinamento, ma che vede il Consiglio anche potenzialmente adatto ad una titolarità di proposta che è di gran peso, questo ottiene tutta la nostra considerazione sui rapporti politici.
Lasciare questo all'evoluzione reale dei rapporti politici, più che alla prescrizione giuridica, ci sembra comunque dare maggiore apertura e maggior considerazione al lavoro del Consiglio, senza depotenziare, anzi lasciando intatte, tutte le possibilità al ruolo della Giunta, all'organo esecutivo.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, accogliendo là richiesta del Gruppo della Democrazia Cristiana concludiamo la prima fase dei nostri lavori.
Dall'elenco degli iscritti a parlare sull'argomento leggo i nomi dei Consiglieri Bellomo, Cardinali, Marchini, Carazzoni, Gastaldi, Ferrero Curci e Petrini.
I lavori riprendono oggi pomeriggio alle ore 15.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12,30)



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