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Dettaglio seduta n.124 del 23/06/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbale precedente seduta


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Se non vi sono osservazioni i verbali della precedente seduta del 16 giugno sono considerati approvati.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Alberton, Martini, Bianchi Lombardi, Picco e Petrini: "Tempi entro i quali la Giunta intende presentare il disegno di legge per la formazione e le procedure di gestione del bilancio regionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Paganelli, Alberton Martini, Bianchi, Lombardi, Picco, Petrini: "Tempi entro i quali la Giunta intende presentare il disegno di legge per la formazione e le procedure di gestione del bilancio regionale".
Risponde l'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e alla programmazione

Mi fa piacere che i Consiglieri del Gruppo della Democrazia Cristiana abbiano sollevato questo problema, che pone all'attenzione del Consiglio la necessità di un provvedimento legislativo di grande significato come la legge di attuazione della riforma della contabilità regionale. Posso assicurare che il disegno di legge è quasi pronto e sarà portato all'approvazione della Giunta entro il corrente mese e presentato al Consiglio subito dopo. Probabilmente i compiti della I Commissione non consentiranno di affrontare l'esame della normativa, assai lunga e complessa, entro la sessione, tuttavia, essendo già disponibile il documento, può essere avviata la procedura, in modo da giungere ad una sollecita approvazione a settembre e consentire il rifacimento del bilancio per il 1977 e soprattutto l'impostazione dei nuovi bilanci, il bilancio pluriennale, il bilancio di cassa e il bilancio annuale a partire dal 1 gennaio 1978. Nella riunione che si è tenuta ieri sera a Roma presso il Ministero del bilancio, le Regioni sono state informate sul modo di affrontare nel 1978 in termini operativi la nuova predisposizione dei bilanci.
Desidero anche sottolineare che questa legge sta nascendo dalla collaborazione dei funzionari dell'Assessorato al bilancio, alle finanze ed alla programmazione. E' stato costituito un gruppo di 10/15 persone che sta lavorando da tre mesi. Abbiamo ritenuto di fare nascere questo disegno di legge all'interno delle strutture, con il coordinamento del prof. Gaboardi e con la partecipazione di quei funzionari che saranno poi chiamati ad applicare la normativa della legge, perché la complessità dei meccanismi legislativi e i cambiamenti profondi che le norme comportano nei rapporto tra le leggi di spesa e il bilancio, mutamenti sostanziali rispetto ai meccanismi di finanziamento delle leggi regionali, richiedeva che questo lavoro non venisse calato dall'alto sulle strutture della Regione, ma, sin dalla fase di formazione delle norme, fosse elaborato dalle stesse strutture che poi dovranno applicarle. In realtà, si pensava di portare in aula la legge già in maggio o in giugno.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Prendiamo atto delle dichiarazioni dell'Assessore, non possiamo, per non sottolineare quanto già l'interrogazione evidenziava, cioè il ritardo con cui la Giunta presenterà al Consiglio regionale questo importante disegno di legge. Le Regioni Lazio e Toscana hanno già approvato la legge e molte altre Regioni l'hanno già in discussione. Lamentiamo il ritardo innanzitutto sotto il profilo politico nei confronti di una Giunta che è sempre attenta e pronta ad evidenziare ritardi nei confronti del governo nazionale, ma anche sotto il profilo strettamente funzionale, perché questa legge di contabilità regionale deve dare l'avvio al processo di riordino finanziario, tanto è vero che nei documenti presentati per il Piano di sviluppo , la Giunta ricorda che si presenta uno schema di bilancio pluriennale non potendosi parlare di bilancio pluriennale perché manca la legge di contabilità regionale. Per questa legge si verificherà quanto si sta verificando per tutta una serie di altre leggi che vengono tenute in gestazione dalla Giunta regionale per lungo periodo. Questo disegno di legge ha un ritardo di parecchi mesi e quando verrà in aula si richiederà alle forze politiche l'esame e l'approvazione con rapidità assoluta, come sta capitando per altre leggi. Mi domando come sarà possibile approfondire adeguatamente questo argomento prima del dibattito in Consiglio.
Prendiamo atto dell'impegno dell'Assessore, ma per i motivi elencati non possiamo dirci soddisfatti del modo con cui la Giunta ha proceduto su questa materia.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Passiamo alle "Comunicazioni del Presidente". Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Astengo, Oberto e Moretti.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione disegni di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti disegni di legge : n. 218: "Interventi per la tabellazione, la conservazione, la valorizzazione e l'acquisizione delle aree incluse nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali", presentato dalla Giunta regionale in data 21 giugno 1977 n. 219: "Autorizzazione all'acquisto di un immobile da destinare a sede di uffici regionali", presentato dalla Giunta regionale in data 22 giugno 1977.


Argomento:

b) Presentazione disegni di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

E' stato apposto il visto da parte del Commissario di Governo: alla legge regionale del 19.5.1977: "Modificazioni alle leggi regionali 13.10.1972 n. 10 e 10 novembre 1972 n. 12".


Argomento: Trattamento economico dei Consiglieri

d) Pubblicazione sul trattamento previdenziale ed i rimborsi spese dei Consiglieri regionali


PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza ha deliberato di procedere alla pubblicazione di un opuscolo che conterrà tutte le norme riguardanti il trattamento previdenziale ed i rimborsi spese dei Consiglieri regionali.
Le comunicazioni del Presidente sono così concluse.


Argomento: Economato e Servizi di tesoreria

Interrogazione del Consigliere Calsolaro: "Atteggiamento della Giunta sulle trattative che porterebbero la Montedison a cedere all'Istituto Bancario San Paolo il pacchetto di controllo del Banco Lariano" (rinvio)


PRESIDENTE

Si potrebbe ora svolgere l'interrogazione del Consigliere Calsolaro: "Atteggiamento della Giunta sulle trattative che porterebbero la Montedison a cedere all'Istituto Bancario San Paolo il pacchetto di controllo del Banco Lariano". La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Il giudizio dei socialisti su questa operazione è espresso nell'interrogazione e in un articolo che ho predisposto per il Gruppo socialista da pubblicare su "Notizie". Siccome, però, tra poco inizia il dibattito sul credito, credo che la Giunta possa esprimere il proprio giudizio nella replica dopo il dibattito generale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Simonelli.



SIMONELLI Claudio, Assessore al bilancio e alla programmazione

Ritengo opportuno che questo argomento venga inserito nel dibattito generale sulla politica del credito che si terrà questa mattina, per non spezzettare un discorso così generale.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Difesa idrogeologica

Comunicazioni dell'Assessore Enrietti sull'inquinamento da tetracloruro di carbonio del fiume Scrivia


PRESIDENTE

Dò la parola all'Assessore Enrietti per una comunicazione.



ENRIETTI Ezio, Assessore alla sanità

La mia comunicazione è in relazione ai fatti successi nel Comune di Novi, a Isola del Cantone, dove si è rovesciata una cisterna piena di tetracloruro di carbonio. Gli acquedotti di Novi, Arquata Scrivia, Tortona sono tuttora chiusi, ma l'approvvigionamento idrico è assicurato attraverso autobotti e taniche militari. In Prefettura è stato costituito un Comitato di coordinamento a tale scopo; per quanto riguarda l'aspetto sanitario partecipa il Medico Provinciale di Alessandria.
Il Laboratorio provinciale di Alessandria ha prelevato campioni ed effettuato analisi sia nel fiume che negli acquedotti, ad Arquata Scrivia Nel fiume ha trovato solo 1-2 mg, di tetracloruro di carbonio a cinque metri di profondità (a valle) e nulla nell'acquedotto. Le analisi sono state effettuate il 21 sera e il 22 mattina.
Alle ore 11,30 in Prefettura ci sarà una nuova riunione per decidere se riaprire o meno gli acquedotti. Alla riunione dovrebbe partecipare anche un esperto dell'Assessorato all'ecologia della Regione. La situazione è sotto controllo per gli aspetti sanitari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Raschio.



RASCHIO Luciano

Ritengo che di queste comunicazioni si debba dare una buona diffusione perché purtroppo da più parti in modo irresponsabile si è diffusa una situazione di allarmismo per una non giusta e doverosa informazione su di un problema di probabile inquinamento. Vi sono dei paesi in subbuglio per queste notizie, tant'é che pare di essere in presenza di una nuova Seveso come disastro ecologico.



PRESIDENTE

Non vi sono altre osservazioni in proposito.


Argomento: Piani pluriennali

Interrogazione dei Consiglieri Picco, Alberton, Martini e Paganelli: "Motivazioni che hanno indotto il Presidente della Giunta a riproporre in un articolo comparso su 'Costa Rossa' come valido l'obiettivo dei 134 mila posti di lavoro come risultanza del Piano di sviluppo regionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Picco, Alberton, Martini e Paganelli: "Motivazioni che hanno indotto il Presidente della Giunta a riproporre in un articolo comparso su 'Costa Rossa' come valido l'obiettivo dei 134 mila posti di lavoro come risultanza del Piano di sviluppo regionale". Risponde il Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, nelle sedute del 17 e 18 febbraio ebbi ad intervenire durante il dibattito sul Piano di sviluppo. Qualche giorno dopo venne richiesto il mio intervento dalla rivista "Costa Rossa" pubblicata nella provincia di Cuneo e venne trasmesso l'intervento così come è risultato dai verbali della seduta. La redazione di "Costa Rossa" fece alcuni aggiustamenti per esigenze di pubblicazione e precisò che quanto contenuto nell'articolo erano le dichiarazioni pronunciate dal Presidente della Giunta. Se dopo la seduta si è dato luogo ad un processo diverso relativamente al Piano, se dopo la seduta si è vista la situazione in un'ottica diversa, nulla tocca quel discorso che resta agli atti del Consiglio regionale. Quanto è stato detto rispetto ai famosi 134 mila posti è stato detto ieri e oggi può trovare nella sintesi delle forze politiche delle componenti che possono essere o migliorative o modificative. Mi dolgo di non aver avuto grande ascolto in quel momento, talché l'argomento venne ripreso come motivo di articolo in "Costa Rossa".
Questo intervento avrebbe dovuto essere indicato come discorso pronunciato il 18 febbraio, cosa che il Direttore non fece; si sarebbe così evitato l'equivoco dell'interrogazione per cui sembrava che, dopo un lungo dibattito avvenuto in quest'aula, si fossero fatte delle riaffermazioni che potevano anche non aver trovato rispondenza unanime. Mi dolgo che il Direttore non abbia indicato: "discorso pronunciato da..."; evidentemente non ne ha ritenuto l'importanza e quindi queste affermazioni sono state presentate in forma di articolo e non di intervento fatto in quest'aula.



PRESIDENTE

La parola ad uno degli interroganti, Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

L'obiettivo della nostra interrogazione era di dissipare ogni possibile equivoco circa prospettive diverse nel momento in cui si va a ridiscutere il Piano di sviluppo. Prendiamo atto delle dichiarazioni del Presidente anche se dalle sue affermazioni sembra che egli voglia ancora riconfermare certi contenuti della precedente proposta. Se essa è da ritenersi definitivamente superata, come d'altra parte apparirebbe dalle relazioni che hanno accompagnato gli ultimi documenti del Piano di sviluppo, noi crediamo che il discorso si possa, nel Piano di sviluppo stesso prospettare in formule nuove. Ancora una volta sottolineiamo come anche questo possa far parte di quelle differenze che esistono fra il dire e il fare. I pensieri cambiano troppo celermente e purtroppo stampare le riviste è un processo troppo lungo che supera l'evoluzione del pensiero.



PRESIDENTE

Chiede ancora la parola il Presidente della Giunta. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nell'articolo si dice che il problema è aperto e va meditato fra tutte le forze politiche. Voglio ancora riaffermare una volta che noi non ci poniamo mai come detentori della verità, noi vogliamo sempre e costantemente confrontare questa verità con tutte le forze politiche e come abbiamo dimostrato, ci siamo trovati costantemente su questa linea: moltissimi provvedimenti sono venuti in quest'aula con un'indicazione e ne sono usciti con l'apporto di tutte le forze presenti. Non ci vogliamo dolere di questo, anzi ce ne rallegriamo, perché significa che la dialettica del parlamento regionale funziona, semmai dobbiamo dolerci dei momenti in cui non l'abbiamo fatto. Ci riproponiamo di farlo di più per l'avvenire. Quindi, sotto questo aspetto, assicuro il Consigliere Alberton.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali

Interrogazione del Consigliere Cerchio: "Iniziative della Giunta per venire incontro alle popolazioni colpite dagli straripamenti della Dora Baltea"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio: "Iniziative della Giunta per venire incontro alle popolazioni colpite dagli straripamenti della Dora Baltea". Risponde l'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla tutela dell'ambiente

Prima di rispondere all'interrogazione del Consigliere Cerchio chiedo al Presidente di introdurre brevemente alcune notizie a proposito dell'autocisterna rovesciatasi a Novi, questione che ho appena finito di esaminare.
Sono stati inviati subito sul posto i mezzi mobili e sono iniziate le ricerche. A pochi metri dal punto dove si è rovesciata la cisterna, è stata rinvenuta la percentuale dell'1,6 di tetracloruro di carbonio (il pericolo incomincia ad essere sul 6/7). Il risultato della ricerca è strano, forse il tetracloruro si è volatilizzato, per intanto la percentuale sui fondali più profondi, dove si stanno esperendo le ricerche è di una dimensione tale che non sembra preoccupare.
La preoccupazione del Prefetto invece era di stabilire qual è l'autorità che, sulla base delle ricerche effettuate, desse le garanzie ai sindaci per poter riaprire i pozzi. Sarà opportuno attendere ancora qualche ora per approfondire meglio le ricerche sui fondali più profondi. I tecnici dell'Università sono chiamati ad esaminare gli ultimi prelievi: forse dopo la riunione delle 11,30 potremo essere in condizione di dare una risposta.
Rispondo al collega Cerchio in merito ai danni provocati dalla piena della Dora Baltea. Sappiamo che allo stato attuale non esistono leggi regionali che consentano di intervenire in modo diretto per riparare danni provocati all' agricoltura da eventi calamitosi naturali o da eccezionali avversità atmosferiche, tali non potendosi intendere le leggi regionali n.
24 del 1973 e n. 1 del 1974 che sostanzialmente prevedono solo anticipazioni sulle provvidenze a favore delle popolazioni colpite, che possono essere concesse attingendo i fondi al "Fondo di solidarietà nazionale" istituito con legge 25 maggio 1970 n. 364 e gestito dal Ministero all'agricoltura e foreste. Parlo anche a nome dell'Assessore Ferraris, dato che l'interrogazione, più che in rapporto alle sistemazioni idrogeologiche, è in rapporto alla conseguenza dei danni provocati all'agricoltura. In base a tale legge le agevolazioni possono essere concesse agli interessati sotto forma di prestiti agevolati, per la provvista di capitali di esercizio, e di prestiti maggiormente agevolati con restituzione solo del 60% del capitale avuto in prestito, per i danni alle colture intensive.
La stessa legge prevede la concessione di contributi in conto capitale nella misura del 60/80% delle spese necessarie al ripristino di strutture agricole.
Per la concessione dei contributi è necessario che il Ministro agricoltura e foreste emani un decreto declaratorio nel primo caso, e/o un decreto di delimitazione del territorio colpito dall'evento, nel secondo e nel terzo caso.
L'emanazione dei decreti avviene a seguito dello svolgimento dell'istruttoria condotta dall' Ispettorato provinciale dell'agricoltura il quale ha il compito di raccogliere le notizie, i dati e le segnalazioni per poter valutare l'entità degli interventi. Non appena emanato il decreto ministeriale scatta la procedura per la presentazione delle domande, cui seguiranno gli accertamenti dettagliati per giudicare se la richiesta è giustificata o meno.
In tutti i casi nei quali il giudizio non è positivo si procede poi alla concessione dei contributi così come previsto dalla legge n. 364 citata.
Allo stato attuale gli Ispettorati provinciali dell'agricoltura di Asti, Torino e Vercelli hanno concluso l'indagine conoscitiva dei danni di propria competenza e hanno già trasmesso i risultati all'Assessorato all'agricoltura, il quale ha provveduto ad inoltrare al Ministero la relazione conclusiva dalla quale risultano accertati danni alle strutture agricole per le seguenti somme: in provincia di Asti L. 1.380.000.000 in provincia di Torino: eventi del 24 / e del 7/5 L. 872.000.000 eventi del 18/21 maggio L. 7.770.000.000 in provincia di Vercelli: eventi del 1/2/3 maggio L. 1.052.000.000 _________________ L.11.074.000.000 Riguardo specificatamente i Comuni di Borgomasino, Caravino, Levane Mazzé, Parella, S. Maurizio Canavese, Strambino, Vestigné e Vische sono stati accertati danni per L. 398 milioni ed è stata chiesta sia la declaratoria del carattere di eccezionalità, sia la delimitazione del territorio che ha subito la calamità.
Parallelamente, come è già stato annunciato dalla stampa,o il Governo il 10 giugno u.s. ha approvato un disegno di legge speciale a favore delle popolazioni piemontesi colpite dall'alluvione del maggio scorso.
Detto disegno di legge prevede uno stanziamento globale di 73 miliardi e 500 milioni di cui 48 miliardi e 500 milioni da imputare nel bilancio dello Stato del 1977 e 25 miliardi in quello del 1978.
Di queste somme alla Regione verrebbero assegnati 5 miliardi nel 1977 e 11 miliardi nel 1978, mentre ai Comuni e alle Province sarebbe destinata la somma di 5 miliardi, tramite il Ministero degli interni. Per indennizzare e riparare i danni all'agricoltura, la legge stanzia la somma di 12 miliardi da destinare al Fondo di solidarietà nazionale di cui alla citata legge n.
364.
In definitiva, per quanto riguarda le sovvenzioni per i danni all'agricoltura si dovrà passare attraverso la legge n. 364.
Infine, allo scopo di puntualizzare la situazione idraulica della Dora Baltea e chiarire lo stato degli interventi, è già stata convocata una riunione per il 1%' luglio p.v. alle ore 17, alla quale parteciperanno oltre all'Assessore Ferraris e al sottoscritto, anche i rappresentanti dei Comuni interessati, dell'Esap , dell'Amministrazione dei Canali Cavour, dei Comprensorio di Ivrea e delle organizzazioni di categoria. Penso che anche il Consigliere Cerchio sia stato informato di questa riunione. Faremo in quella sede il punto in ordine ai problemi della zona indicata nell'interrogazione.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per l'esauriente risposta e mi dichiaro soddisfatto.



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono esaurite.


Argomento: Economato e Servizi di tesoreria

Dibattito sulla politica del credito in Piemonte ed il ruolo degli Enti di diritto pubblico


PRESIDENTE

Possiamo passare al punto quarto iscritto all'ordine del giorno per una duplice richiesta, una avanzata dal Gruppo comunista il 19 maggio ed una avanzata il 10 giugno dal Gruppo socialista, inerenti alla politica del credito in Piemonte ed al ruolo degli Enti di diritto pubblico a livello regionale e suppongo anche a livello nazionale. Introduce il dibattito il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, il motivo per il quale il Gruppo comunista ha chiesto di svolgere questo dibattito si riconnette ad una esigenza di carattere generale e ad una di carattere specifico. Il motivo di carattere generale è rappresentato dall'opportunità che, nel momento in cui a livello nazionale e a livello locale le forze politiche discutono delle sorti e delle linee politiche degli istituti di credito, la Regione e le forze politiche presenti in Consiglio si misurino attraverso un confronto sui nodi relativi alla politica creditizia. Tutti abbiamo voluto che la Regione non fosse solo Ente di amministrazione e di programmazione, ma fosse anche Ente di rappresentanza generale per quanto riguarda gli interessi della popolazione piemontese.
I nodi della politica creditizia li ritroviamo noi come amministrazione, li ritrovano i Comuni, li ritrova soprattutto la comunità piemontese.
Se le forze politiche intendono adeguarsi alle nuove esigenze del Paese, credo che un dibattito di questo genere sia ampiamente legittimo. Ma vi è anche un altro motivo specifico, perché ci apprestiamo ad avviare questo dibattito mentre stiamo avviando il processo di programmazione economica della Regione Piemonte. Di fronte a questo avvio, che sappiamo complesso e difficile, che viene da lontano e che deve fare ancora molti passi per arrivare a regime e per determinare un reale cambiamento della struttura e del modo di essere delle istituzioni, credo che non possa assolutamente essere trascurata la necessità di una considerazione attenta anche del problema del credito come elemento fondamentale di tutta la struttura produttiva piemontese. La programmazione economica regionale ha già messo in moto alcuni strumenti come la Finanziaria, la Tesoreria regionale strettamente interconnesse con la politica creditizia.
Nell'affrontare tale problema, così come si prospetta oggi nelle sue implicazioni, occorre innanzitutto partire da una considerazione complessiva del ruolo della formazione del risparmio e del credito nel processo di programmazione regionale per cercare di definire una linea coerente di impostazione del rapporto complesso che esiste tra Enti locali ed istituti di credito.
Vi è l'esigenza di una iniziativa puntuale di moralizzazione e di riforma dei modelli aziendali e del funzionamento interno delle banche modelli troppo spesso viziati da anni di condizione privatistica ed esclusivamente clientelare. Ed infine la formazione di quadri politico tecnici in grado di rappresentare alcune delle funzioni-chiave del sistema creditizio ampiamente proposte dalle forze progressive e dalle forze popolari. Riferendoci al contributo che la Regione con i suoi indirizzi programmatici dà alla costruzione della nuova politica economica, non credo che questo possa essere un momento di vasto confronto con le forze politiche e democratiche per affrontare il tema delle banche al di fuori di ogni settorialismo. Mi pare di dover sottolineare questo concetto. C'è un rischio che ha in qualche misura giustificato e legittimato una concezione che non è affatto caduta, di considerare un settore di grande importanza e di grande rilievo come dominio riservato e di avere rimarcato in maniera eccessiva questo carattere. E' una concezione che può condurre da un lato ad un discorso meno corretto e dall'altro al pericolo di forti e pesanti discriminazioni verso una parte rilevante del Paese, quella, per esempio rappresentata dal mio Partito.
L'ottica giusta per affrontare il discorso mi pare sia l'esame del sistema creditizio e della politica economica regionale in maniera non settoriale e l'esame del problema scottante e all'onor delle cronache di tutti i giorni circa il meccanismo delle nomine.
Se dovessimo fare una fotografia seppur sommaria e sintetica del sistema bancario piemontese, potremmo dire che oltre una serie di piccoli e medi istituti locali la cui importanza però, sia su base provinciale sia su base comprensoriale, non può assolutamente essere sottovalutata, il sistema bancario piemontese si fonda su tre realtà locali come sede, ma nazionali come dimensione ed importanza che determinano da sole la gran parte della politica creditizia della Regione: l'Istituto Bancario San Paolo di Torino la Cassa di Risparmio e la Banca Popolare di Novara. Vi sono poi altri istituti che sono a diffusione interregionale o addirittura nazionale: la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano, il Banco di Roma; vi sono poi istituti di diritto pubblico, come il Banco Nazionale del Lavoro, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, il Monte dei Paschi e le principali banche private quali la Banca Nazionale dell'Agricoltura. A Novara c'é una presenza notevole del mercato del credito che affluisce sulla Cassa di Risparmio delle Province Lombarde. In questo panorama non può essere ignorato che le tre Banche piemontesi, con sede locale ma di interesse nazionale, mantengano una posizione di assoluta preminenza: la Banca Popolare di Novara è una delle più grandi banche popolari d'Europa; la Cassa di Risparmio di Torino è la seconda Cassa di Risparmio italiana dopo la Cassa di Risparmio delle Province Lombarde (più di 2500 miliardi di movimento complessivo), l'Istituto Bancario San Paolo supera i 7000 miliardi di raccolta complessiva, tra aziende di credito, cartelle obbligazioni fondiarie, opere pubbliche e figura tra le prime sette banche a livello nazionale, rappresentando più del 3,50% del mercato nazionale, il 4,37 % dell'intero movimento valutario per il commercio estero, il 13,5 del totale nazionale del mutuo fondiamo ed edilizio e addirittura il 14,07 del totale nazionale per mutui in opere pubbliche.
Ho ricordato queste cifre prendendo come esempio l'Istituto San Paolo per rendere l'idea delle dimensioni, del peso e quindi della funzione che ha sul mercato piemontese, e più in generale sul mercato nazionale. Se poi consideriamo il problema sotto il punto di vista del numero degli addetti il San Paolo ha oltre 7 mila dipendenti e 3 mila la Cassa di Risparmio di Torino. Quindi, al di là del settore credito, queste imprese hanno un grande rilievo sul piano aziendale.
Il sistema bancario piemontese va anche considerato in relazione al rapporto tra le banche ordinarie e gli istituti speciali, e qualche considerazione va fatta in relazione alla Finanziaria che ha compiti che possono essere correlati a questo tipo di rapporto, soprattutto un'attenzione particolare deve essere rivolta ai settori del credito a medio termine alla piccola e media industria, pensiamo al Mediocredito Piemontese che è una sezione appunto regionale del Mediocredito nazionale in base alla legge n. 445, ed al credito agrario.
Penso che il dibattito di oggi possa contribuire a dare il segno di un cambiamento profondo in questi Istituti in relazione alla gestione totalmente discrezionale fatta dai gruppi dirigenti del passato. Nel momento in cui si avvia come atto politico del Consiglio, su proposta della Giunta e per volontà della comunità regionale, l'azione di programmazione credo che questi strumenti possano essere ricondotti ad una funzione importante, anche se non facile, se non vogliamo arrivare ad un'azione di programmazione intesa semplicemente come azione compiuta dalle istituzioni profondamente staccata dalla realtà del potere economico e finanziario.
Penso che una diversa politica delle grandi banche ed una connessione e saldatura con la programmazione regionale possano modificare sia il medio credito alla piccola e media industria, sia il credito agrario. Giova ricordare che per quanto riguarda il credito dell'industria vi sono in Piemonte delle potenzialità di sviluppo di notevole interesse, in particolare per quanto riguarda il settore delle piccole e medie imprese si tratta di favorire al massimo lo sviluppo di quelle unità produttive singole od associate che sono inserite in settori innovativi e con delle prospettive ampie di mercato, sia a livello nazionale che a livello internazionale. Occorre quindi che la politica del credito verso l'industria non si fondi più solo sul livello di garanzie reali che le aziende sono in grado di produrre o di dare, ma tenda a creare una selettività reale basata sulla situazione e soprattutto sulle prospettive produttive delle diverse imprese. E' un po' l'attacco che abbiamo dato con la modificazione della legge dell'artigianato; è un'esigenza ampiamente maturata tra le forze politiche di superamento della concezione cosiddetta garantista contadina della società e dell'economia per arrivare invece, in un processo molto più dinamico, a far intervenire il credito e quindi i fondi finanziari per indirizzi con accentuata dinamicità e quindi con potenzialità di trasformazione e di cambiamento. In questa prospettiva si colloca il ruolo della Finanziaria regionale, la cui importanza è stata molte volte sottolineata. E' uno strumento che parte da lontano, parte dalla necessità e dalla consapevolezza di consentirci di intervenire in modo nuovo nel campo del governo dell'economia. In questa prospettiva basterà accennare che il ruolo della Finanziaria è necessariamente incentrato su un' azione che porti ad accrescere il ruolo delle istituzioni sulla politica industriale, facendo della Finanziaria non già uno strumento che preveda di surrogare il ruolo e le funzioni proprie del sistema creditizio, ma una struttura nuova anche come agilità, come capacità di intervento, quindi di promozione e di coordinamento del rapporto fra lo sviluppo e la qualificazione produttiva e la politica creditizia.
Guardando il panorama complessivo, nuova azione delle grandi banche collegamento con la programmazione economica, ruolo del credito all'industria, ruolo della Finanziaria, ci sembra che se lavoriamo per realizzare questo, se poniamo le volontà politiche in maniera decisamente diretta al servizio di tali obiettivi, questa premessa ci permetterebbe di costruire un'integrazione indispensabile (che tutti auspichiamo) tra il programma di sviluppo regionale e la pianificazione pluriennale dei flussi del credito, superando il rischio di una vertenza strisciante tra Regione e banche, puntando, invece, a coinvolgere le banche quali soggetti attivi della programmazione. Il rapporto tra programmazione e credito non pu essere quello tra un soggetto politico attivo, la Regione, ed uno strumento tecnico o una controparte in qualche misura passiva, come la banca.
Occorre conquistare la banca ad una vocazione pubblica attiva restaurando anche il carattere pubblicistico che è sancito dalla nostra legislazione, quando non addirittura dagli statuti, ma quasi sempre stravolto da una pratica, da una prassi, che ne ha profondamente cambiato connotati e modo di agire.
Questo tema si riconnette come anello di collegamento con gli Enti locali, tema che vorrei introdurre ora. Nell'ambito dei programmi e dei progetti proposti dal Piano regionale occorre precisare le potenzialità di sviluppo di un rapporto positivo fra l'azione programmatoria delle istituzioni ed il sistema creditizio, in modo particolare le opere pubbliche e gli interventi per l'agricoltura, stimolare l'indirizzo di risorse da parte del sistema creditizio verso gli obiettivi che la Regione che la comunità regionale, che il Piemonte si è posto democraticamente tenendo conto del fatto che nella nostra Regione operano appunto alcuni Istituti bancari che hanno anche buone disponibilità in questi settori.
Certamente questa non è una indicazione di tipo esclusivo e tanto meno penso si possa avviare un rapporto di questo tipo in maniera meccanica o schematica: occorrerà tener conto di altri fattori, per esempio il quadro di politica economica generale, le priorità esistenti a livello di politica economica regionale, il nodo del Mezzogiorno e nello stesso tempo si renderà necessario stabilire un rapporto costruttivo, sistematico con le banche in modo che anche da queste ultime possano venire contributi concreti nella definizione delle scelte di politica economica regionale.
In realtà, quando ho parlato di soggetti attivi, non era solamente per chiedere un'attività subalterna alle scelte delle istituzioni, ma era per marcare la priorità del momento politico e quindi la decisione democratico politica; però occorre ribadire che se questo progetto va avanti e quindi se si conquista il terreno necessario per far avanzare i processi a livello di maturazione delle coscienze, il sistema creditizio può svolgere una funzione non subalterna, ma anche, grazie alla pratica degli apparati tecnici che sappiamo in larga parte validi, di contributo per indicare le scelte e gli interventi da compiere per avviare la nuova dinamica dell'azione programmatoria negli interventi degli Enti, delle istituzioni e dei privati. Per noi uno dei problemi centrali è quello degli Enti locali in particolar modo i Comuni, i quali, stretti da difficoltà finanziarie anche quotidiane, hanno spesso mantenuto con le banche un rapporto oscillante tra il rivendicazionismo e la subalternanza. Credo che su questo terreno non ci possa essere una sola risposta. Anche qui siamo lungi da prevedere semplificazioni o semplicismi; ci rendiamo conto della complessità del problema, però, con alcune riflessioni, indichiamo delle linee che ci sembrano utili per cambiare questo rapporto non fecondo e non produttivo: innanzitutto l'auspicata riforma della finanza locale. In questo senso mi sembra che gli accordi programmatici abbiano segnato un passo rilevante.
La riforma della finanza locale, da lungo tempo auspicata e chiesta può indubbiamente liberare delle potenzialità nuove consistenti nell'intervento della banca ordinaria e degli istituti speciali nella politica degli investimenti e dei servizi resi possibili, da una situazione meno drammatica della finanza e decisi dall'Ente democratico. Tra l'altro questo avvio avrebbe un positivo effetto di interazione rispetto agli istituti di credito, perché una nuova responsabilità, del tutto dignitosa anzi, molto positiva, arriverebbe in capo ad essi la responsabilità di selezionare/l'erogazione dei flussi; anch'essi quindi verrebbero a far parte di quel largo processo di costruzione graduale e processuale della programmazione decentrata, ponendosi anche qui un rapporto non meccanico non subalterno, ma contribuendo ad entrare nella logica di scelte decise e controllate in sede democratica con una finalizzazione e una concentrazione di tutte le leve e quindi della leva finanziaria con il suo grande rilievo.
Questo compito non può essere in gran parte svolto dalle banche perché è imperante l'attuale logica che regola il funzionamento e le scelte di politica creditizia in maniera diversa; in altre parole, per convertire le banche alle nuove dimensioni e per renderle adeguate alle nuove esigenze proposte dal ruolo di governo nell'economia, penso che occorra porci come termine di riferimento almeno tre elementi di trasformazione, tre elementi tendenziali di mutamento: riforma del funzionamento interno degli istituti in tema di responsabilità, di qualificazione del personale, di struttura degli organici; avvio di una discussione sul tema degli statuti e penso che il dibattito possa ancora una volta costituire un contributo utile per arrivare ad una loro profonda modificazione. Infine, anche se in ordine non logico, ma cronologico, si deve porre il problema della nomina degli amministratori, superando il vecchio monopolio di potere senza cadere nella semplice ridistribuzione o rilottizzazione, e anche senza incorrere in facili schematismi.
La struttura operativa ed amministrativa mi pare che, e lo dimostra l'esperienza in tutti i settori della pubblica amministrazione, non è assolutamente neutrale nei confronti delle scelte della politica creditizia, sia quelle operate dagli Enti locali e dal Parlamento, sia di quelle interne adottate dai Consigli di Amministrazione.
Come funzionano le banche? Quali rapporti agiscono tra funzioni interne e trattamento del personale? Quale livello intercorre tra una produttività aziendale e una qualificazione tecnica? Sono solo alcuni importanti problemi tra loro profondamente connessi che devono essere affrontati e nella misura in cui si dà una certa risposta od un'altra, si marca l'ottica politica e la direzione in cui ci si muove.
Emerge così l'esigenza di individuare una linea di gestione delle imprese bancarie, tema fondamentale del discorso e motivo che ha mosso questo dibattito. Occorre quindi migliorare la gestione delle imprese bancarie ai fini politici corretti della programmazione del nuovo sviluppo economico, combattendo soprattutto l'impostazione tradizionale, secondo la quale la gestione interna delle aziende di credito è fatto riservato e come tale possibile, in alcuni casi di più, in alcuni casi di meno, a venir piegata alle pressioni o corporative o di clientela. Quindi la struttura operativa e la riforma degli statuti sono condizioni politiche perché si possa conquistare la banca ad una nuova funzionalità di tipo economico e di tipo sociale. Gli istituti in realtà che cosa sono se non la stratificazione storica di tutta una serie di eventi, di condizionamenti di tipo settoriale, di tipo corporativo? Se ci rendiamo conto della loro operatività vediamo che essi in genere sottovalutano in modo inammissibile il ruolo di alcuni soggetti che invece sono primari a vantaggio di altri la cui funzione è oltretutto messa in discussione dallo stesso rinnovamento legislativo. Farò un esempio cosiddetto di scuola: il peso che viene dato alle Camere di Commercio a scapito degli Enti locali in certi statuti, non ultimo quello del San Paolo. Nessun Consigliere di Amministrazione è di nomina regionale, mentre ben cinque Consiglieri su dieci sono nominati dalle varie Camere di Commercio; e questo mentre la legge n. 382, il testo su cui ci si accorderà, che la Commissione ha proposto e che dovrà essere la base dell'accordo, conferisce giustamente alle Regioni una competenza sull'ordinamento delle stesse, o per lo meno dei ruoli che prima erano in blocco attribuiti alle Camere di Commercio e che invece oggi vengono divisi secondo modalità funzionali. La riforma degli statuti esige un ampio accordo politico, esige quindi prima ancora di poter arrivare all'accordo una notevole sensibilità politica; secondo noi su questo punto possiamo indicare un banco di prova non secondario, forse uno dei principali, per la verifica di una volontà effettiva di affrontare i problemi al di fuori dei limiti, del passato o comunque di una visione settorialistica particolaristica o anche del potere.
L'ultimo problema di grande peso politico, e anch'esso connesso a quello della riforma delle banche, è il problema delle nomine nei Consigli di Amministrazione. Mi sembra che i criteri stabiliti dal Governo in armonia con le Commissioni parlamentari competenti siano stati in realtà un grosso passo in avanti e forse dovremmo considerarli più vincolanti di quanto in alcuni casi qui in Piemonte si sia fatto. Detto questo, il momento più delicato è indubbiamente quello in cui si potrà misurare la volontà effettiva di introdurre elementi di cambiamento e di rinnovamento: sarà la fase dell' attuazione effettiva. Su questo punto penso che non occorra insistere molto e a lungo, occorre chiarezza per ribadire le condizioni che il Partito che rappresento ha espresso e continua ad esprimere a livello nazionale e che è anche all'attenzione di questo dibattito, senza cadere in facili schematismi o demagogismi. Occorre per dire con molta forza che è l'elemento chiave di credibilità sul piano politico dello stesso sistema bancario, nel paese.
Cosa vuol dire per noi il rifiuto della lottizzazione? Vuol dire la correzione dell'attuale assetto che è sostanzialmente monopolizzato dalla Democrazia Cristiana. E' la storia che ha portato questa situazione di potere, e si deve arrivare non solo al semplice riequilibrio interno tra le forze politiche (e sarebbe già un passo in avanti non indifferente), ma ad un ragionamento più complesso che faccia interagire parametri diversi ponderati, quali quello della professionalità, della competenza politico tecnica, dei programmi che sottendono certe candidature o del grado di rappresentatività dei designati; il tutto al di fuori di semplicismi o di ingenuità, ben sapendo che la banca è un'azienda, ma è,un'azienda del tutto sui generis, e che un banchiere alla direzione di certi istituti di credito, nel momento in cui opera, fa della politica anche quando afferma di volersi limitare ad una pura gestione tecnico-aziendalistica. Quindi l'uomo che dobbiamo indicare alla conduzione degli istituti di credito non va valutato solo sotto il profilo tecnico, ma anche sotto il profilo della sensibilità politica e della capacità di raccordo con le condizioni esterne al settore, sia quelle di tipo economico generale, sia quelle di tipo sociale ed istituzionale. Mi pare particolarmente utile stabilire questo collegamento fra un nuovo modo di governare le banche e di nominare chi le governa e la funzione che possono svolgere le forze politiche, ed anche noi come forze politiche del Consiglio regionale. La prima esigenza è di proporre l'utilizzo di una struttura che ci siamo dati e che ritengo molto importante, anche se non esente da limiti (e su questi limiti vorrei tornare brevemente): la Commissione nomine, a cui i Gruppi politici, sia pure con le lentezze, gli attriti, le difficoltà anche di tipo culturale nel porsi in un'ottica nuova, hanno dato vita qui in Regione; è una Commissione già prevista dallo Statuto, entrata in funzione recentemente ed è uno strumento che garantisce, attraverso la libera dialettica democratica, l'avvicinamento a criteri di competenza politico-tecnica, di professionalità, di rappresentatività.
Forse abbiamo sottovalutato il peso di questa Commissione. Dopo un primo momento di grande spinta, anche ideale, siamo rientrati tutti nel dare peso, ruolo, anche presenza a questa Commissione. Se si riprende con molto coraggio, da parte di tutte le forze politiche, il discorso del funzionamento su basi rinnovate di uno strumento che è del tutto nuovo ebbene, innestiamo dei momenti di paragone, di esempio, alcuni casi sufficientemente esemplari per additare anche alle forze politiche esterne che si ritrovano poi sul banco delle trattative per le candidature delle banche, un modello di comportamento perfettibile, ma quanto mai auspicabile. Sotto questo profilo, il nostro ruolo è di confrontarci su una serie di problemi che vanno compresi nella tematica generale del credito con l'impegno a rivitalizzare con nuova forza e con riflessioni di tipo più avanzato e più al passo con le esigenze che forse molti di noi sentono dentro e che non riescono a esplicitare quando agiscono come politici della Commissione nomine, cioè di additare la Commissione nomine come possibile esempio perché strumenti del genere possono stabilire un livello di confronto, di decisione e di controllo nel sistema creditizio.
Un'ultima cosa va detta; appartiene alla chiusa della relazione, ma appartiene anche al significato che la nostra posizione in questa materia e cioè se il terreno del credito, banche e grandi istituti, perde le caratteristiche di dominio riservato, non possiamo non tener conto che qualche leggerissimo passo in avanti si tende a fare, certo è molto poco rispetto a ciò che in realtà dovrebbe essere fatto. Il nostro Partito per le responsabilità politiche e amministrative che gli sono derivate dal voto popolare di due anni fa e poi di un anno fa e, in genere, tutti i partiti rappresentativi, ma noi parliamo ovviamente per il nostro Partito, non possono continuare ad essere esclusi dal discorso degli incarichi nelle amministrazioni degli istituti di credito ad ogni livello. Non si può tener conto di una realtà politica come quella da noi rappresentata per la forza per la rappresentatività sociale e - permettetemi - anche per la qualità del discorso sul merito, che non è il solo discorso possibile, e per il contributo serio. Questa rappresentatività, questa forza, questa grossa realtà politica e sociale rappresentata dal nostro Partito, deve trovare da parte delle altre forze politiche non solo il terreno del confronto di carattere generale, ma deve anche trovare, attraverso queste proposte, il modo per arrivare ad una presenza di tutti realmente pluralistica nel ruolo di governo del sistema del credito.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Il nostro dibattito si colloca in un momento di grande interesse per il credito e le sue istituzioni, un interesse accentuato dalla comune consapevolezza che i problemi di natura finanziaria - siano essi strutturali o congiunturali - sono a monte dei problemi di natura industriale, agricola, commerciale e tutti li condizionano.
Al raggiungimento di questa consapevolezza, il P.S.I. ha dato, fin dagli anni '60, un contributo originale di studi, di idee e di esperienze che intendiamo, anche in questa sede, rivendicare come un servizio reso al Paese e alla classe lavoratrice, anche quando altri Partiti mostravano di ritenere i problemi del credito o come pure elemento di ingegneria finanziaria destinato a pochi iniziati, o come puro strumento di potere.
Gli avvenimenti di questi anni, la partecipazione socialista al governo del Paese, il primo grande tentativo di farne uno Stato moderno attraverso il metodo della programmazione, hanno posto dinanzi agli occhi di tutti l'importanza determinante della finanza per il governo dell'economia.
La storia del fallimento della programmazione è anche la storia del tentativo socialista fallito, ma non per questo non giusto nelle sue impostazioni, che vengono ora riprese, di affermare che la politica del credito non può essere in contrasto con la politica delle riforme.
Quando Ministri socialisti sedevano al Governo e preparavano le riforme, la politica delle grandi centrali finanziarie e bancarie procedeva in direzione opposta, seguendo logiche di gestione puramente interne senza alcun riferimento e spesso contro la politica generale del Parlamento e del Governo. Questo insegnamento è ben presente in noi ora e deve essere presente per quei Partiti della sinistra che, movendosi nell'ordine di idee di partecipare al governo del Paese, si illudessero di farlo senza avere il potere di dirigerne gli strumenti finanziari.
Anche in questo senso l'esperienza di centro-sinistra - che il Partito Socialista Italiano considera parte integrante della sua storia e senza la quale non sarebbero state possibili situazioni più avanzate - ci è di profondo insegnamento.
L'importanza di questo dibattito deriva peraltro anche da un'altra considerazione: via via che maturano esperienze di gestione e di intervento dell'istituto regionale nell'economia del suo territorio, ci si rende conto che uno scollamento completo, come quello di fatto esistente, tra l'ordinamento delle competenze regionali e il sistema creditizio, pone la Regione in una situazione difficile rispetto ad Enti, come le banche, che pur traendo nel territorio della stessa regione la linfa per la propria esistenza, sono di fatto e di diritto completamente autonomi nella scelta delle proprie politiche aziendali.
Né si può rispondere a questa osservazione, come spesso ci risponde la Banca d'Italia, che la natura del credito impone che la sua gestione sia unitaria e nazionale: si tratta, a nostro parere, di un'affermazione dogmatica, che non può non rilevarsi illusoria di fronte all'impatto che l'iniziativa regionale da un lato, le pressioni che su questa iniziativa eserciteranno le forze economiche locali dall'altro, avranno anche sull'ordinamento creditizio.
D'altra parte, noi tutti sappiamo che in molti ordinamenti politici nazionali organizzati sulla base di larghe autonomie regionali (ci riferiamo in particolare agli Stati Uniti d'America e alla Germania Occidentale) i corpi politici locali hanno una propria sfera di intervento e di controllo in campo creditizio.
Il terzo elemento di profondo interesse che accompagna questo dibattito è la constatazione che esso avviene in un momento nel quale il sistema bancario italiano è percorso da una profonda crisi strutturale. La stessa Banca centrale si interroga sul suo rapporto istituzionale con lo Stato con il Parlamento e con il Governo. Si formulano proposte di fusione dell'Ufficio Italiano dei Cambi; gli Istituti tradizionalmente considerati sezioni staccate del Ministero del tesoro, quali la Cassa Depositi e Prestiti, si pongono il problema della loro essenza istituzionale.
Sotto la spinta di Comuni, Province e Regioni e di altri organismi elettivi locali, si cercano nuovi modi di finanziamento autonomo degli organismi stessi: ci si interroga sulla necessità di un secondo circuito finanziario destinato ad alimentare in modo regolare (e non episodico e occasionale, come adesso) tutto il grande sistema pubblico territoriale, ci si chiede a quale istituto nazionale debba essere collegato questo circuito.
E' in crisi l'immagine dei grandi settori della struttura bancaria anche di quelli che, come le Casse di Risparmio e le Casse Rurali apparivano addormentati sotto la coltre del potere democristiano. E' in crisi il sistema delle banche popolari, che ricerca una sua caratteristica propria ed autonoma e al quale il mondo cooperativistico chiede trasformazioni che comporterebbero probabilmente la fine di questi istituti come Enti autonomi di credito.
I rapporti delle grandi istituzioni di medio credito (Imi, Icipu Mediobanca) tra di loro e con il loro potere politico sono divenuti problematici e incerti: i pareri di conformità non sono più ritenuti sufficienti a giustificare impieghi massicci di denaro pubblico.
Ma la stessa autonomia di questi istituti è in dubbio, dal momento in cui le deliberazioni di impiego dei rispettivi Consigli di Amministrazione possono essere rese nulle dal diverso e contrario atteggiamento delle banche di sportello che sono arbitre di fornire agli istituti stessi la finanza necessaria a rendere esecutive le decisioni prese dai medesimi.
Anche il fronte delle modificazioni strutturali è in pieno movimento dopo decenni, nei quali il nostro Paese era nelle posizioni di coda nei processi di fusione delle aziende bancarie, i recenti avvenimenti nelle banche di proprietà Sindona hanno innestato un moto di accelerazione dei processi stessi anche nel nostro Paese.
Abbiamo assistito nel recente passato, e assistiamo con sempre maggiore frequenza nel presente, a passaggi di proprietà di banche private, che non sono destinate certamente ad affievolirsi: è di questi giorni infatti la notizia che il principale gruppo chimico italiano si appresta a cedere alcune sue partecipazioni bancarie di primaria importanza.
E' nel quadro che ho schematicamente sopraindicato che deve essere esaminata la situazione del credito in Piemonte; in una Regione nella quale esiste accanto ad un'importante concentrazione industriale, una presenza finanziaria di crescente importanza nazionale ed internazionale: la grande holding privata della famiglia Agnelli - l'Istituto Finanziario Industriale ed un insieme di centri finanziari privati, minori per importanza internazionale, ma di grande rilievo a livello nazionale, quali il gruppo Sai, il gruppo Toro e il gruppo Reale.
La presenza di questi centri finanziari privati ha senza dubbio contato nell'economia piemontese, seppure in modo non clamoroso, come è nello stile delle grandi famiglie cui essi fanno capo: la loro presenza ha certamente condizionato anche il sistema bancario, che si è mosso, spesso nella loro scia, sempre nella loro logica.
Non è un caso che il gruppo Fiat non abbia mai sentito il bisogno di possedere banche proprie (a parte alcune eccezioni di non rilevante importanza): molti di noi ricordano ancora i tempi nei quali la gente riteneva che il San Paolo fosse di proprietà della Fiat (così come molti ritengono tuttora che il Banco di Roma sia di proprietà del Vaticano).
E bisogna dire che in realtà in questi casi non ha molta importanza la proprietà delle azioni: quello che conta è il modo di essere di istituti giuridicamente pubblici, in realtà indirizzati ad una logica privatistica.
Il caso "Istituto Bancario San Paolo-Banco Lariano-Montedison" è in questo senso emblematico.
A noi pare che esso sia il segno più evidente delle aberrazioni cui pu condurre la mancanza di qualsiasi organizzazione dei flussi finanziari, la concorrenza sfrenata fra le banche, un errato concetto di che cosa debba intendersi per redditività bancaria. Ancora più incomprensibile è una operazione di questo genere se si riflette in merito all'uso - in Piemonte e fuori - non soltanto dei capitali, ma anche delle differenze di reddito per la banca, derivanti dall'operazione agevolata che essa dovrebbe fare se fossero impiegati ad aiutare ad esempio la piccola e media industria e gli esportatori. Di fronte ad operazioni di questo genere, diventano ridicole le affermazioni dell' Associazione Bancaria Italiana sulla presunta impossibilità di diminuire il costo del denaro, ma diventa anche ridicolo parlare di diversa politica delle banche pubbliche e delle banche private. Si pone in questo caso la domanda di fondo: cosa voglia dire per una banca essere di proprietà pubblica.
A questa logica si è ispirato per molto tempo l'intero sistema bancario piemontese, sia quello pubblico, sia quello privato, con una eccezione: il sistema delle Casse di Risparmio, il cui modo di essere non è stato per molti anni né pubblico, né privato: è stato, più semplicemente democristiano.
Se esaminiamo infatti la mappa del potere nelle Casse di Risparmio piemontesi negli anni '60, e per la verità anche negli anni '70, è fin troppo facile riscontrare come la presenza di partiti diversi dalla Democrazia Cristiana sia quasi sempre insignificante. Su 11 Casse di Risparmio esistenti in Piemonte, 11 sono presiedute da democristiani democristiana è la maggioranza assoluta dei Consiglieri e dei Sindaci delle Casse di Risparmio piemontesi.
Tutti gli organismi collaterali al sistema delle Casse di Risparmio dai crediti fondiari ai crediti agrari, ai crediti edilizi, sono saldamente nelle mani della Democrazia Cristiana.
Le elezioni locali del 1975 e le elezioni politiche del 1976 hanno provocato uno scossone violento a questo stato di cose: la Democrazia Cristiana per la prima volta dal dopoguerra ha pensato di veder diminuire il suo potere finanziario.
Dai Consigli comunali e provinciali sono arrivate nelle banche pubbliche sempre più numerose le designazioni socialiste e comuniste. Il Partito Comunista Italiano, che aveva mantenuto sempre una presenza nell'Istituto Bancario San Paolo di Torino, l'ha vista triplicata; esso siede ora anche nel Consiglio della Cassa di Risparmio di Torino ed ha assunto la Vice Presidenza del Mediocredito Regionale del Piemonte.
Ma quello che più conta, i dirigenti del sistema bancario pubblico che hanno sempre considerato la Democrazia Cristiana come il partito di quelli che rimangono sempre al potere, di fronte a tutti gli altri che passano - hanno cominciato a pensare che altri partiti, oltre alla Democrazia Cristiana, possono detenere il potere: sono nate, anche per queste ragioni, le figure dei "tecnici graditi" dal Partito Comunista Italiano.
Su questo punto desideriamo essere molto precisi: abbiamo un profondo rispetto per i tecnici bancari e riteniamo che la loro funzione sia indispensabile e che il loro compito debba essere valorizzato e premiato: il livello del management bancario è condizione essenziale per il raggiungimento di obiettivi seri, non soltanto per il sistema bancario, ma proprio per l'importanza che questo sistema ha per tutto il mondo economico.
Ma ciò detto e riaffermato, desideriamo anche confermare che il ruolo dei dirigenti bancari non deve essere confuso - nelle banche pubbliche con quello dei Consiglieri di Amministrazione. Le decisioni del Consiglio di Amministrazione sono politiche e questa loro natura deve essere riaffermata.
Nei Consigli di Amministrazione, i Consiglieri debbono rappresentare organismi politici che li hanno per ciò designati, siano essi il Governo del Paese, la Regione, le Province, i Comuni; spetta ai tecnici bancari suffragare le loro proposte al Consiglio di Amministrazione con argomentazioni tecniche; spetta al potere politico designare nei Consigli di Amministrazione persone che siano in grado di valutare le proposte tecniche che ad essi sono fatte.
Per queste ragioni siamo favorevoli ad uno stretto controllo pubblico delle designazioni a livello di Presidenza, a livello di Consiglio di Amministrazione ed a livello di Collegio Sindacale.
Questo controllo sarà di fonte parlamentare per le cariche nazionali sarà di fonte regionale per le cariche di designazione regionale e locale.
Deve spettare al Parlamento nazionale e ai Consigli regionali di stabilire i criteri per le rispettive funzioni, criteri ai quali debbono attenersi gli esecutivi nazionale e regionali, con obbligo di riferirne agli stessi organismi parlamentari e regionali per i controlli di merito; siamo anche favorevoli a che questi controlli - come avviene per il Congresso degli USA nei confronti del governo nordamericano - sospendano la nomina in attesa della loro effettuazione, cosicché abbiano una reale possibilità di valere.
Desideriamo anche affermare il principio che non siamo sfavorevoli, in linea di massima, al fatto che le capacità dei dirigenti bancari possano essere utilizzate dal potere pubblico a livello di Consiglio di Amministrazione o di Presidenza del medesimo; ma siamo fermamente contrari a che dirigenti bancari vengano inseriti nei Consigli di Amministrazione e nelle Presidenze degli stessi istituti bancari nei quali hanno prestato fino al giorno prima la loro opera di dipendenti, seppure di alto livello.
E ciò per due ordini di ragioni che ci sembrano inoppugnabili: 1) che se ciò non fosse, la cosiddetta lottizzazione del potere bancario, che adesso fortunatamente è ferma a livello degli organismi deliberanti e di controllo, non solo non verrebbe abolita, ma, al contrario, verrebbe allargata agli organismi esecutivi delle banche cosicché noi assisteremmo al fatto aberrante di avere in ciascun istituto bancario un Direttore Generale vicino al Partito X, e conseguentemente un Vice Direttore vicino al Partito Y, e così via 2) in secondo luogo perché bisogna evitare in ogni modo che, ad esempio, Direttori Generali di una banca vedano inserite nel Consiglio di Amministrazione della loro banca persone che fino al giorno prima erano loro subordinate.
Siamo convinti che il discorso sulle nomine bancarie, che ha avuto anche troppa enfasi nei giornali nazionali e locali, può essere ragionevolmente ricondotto - sulla base di norme elementari - alla sua giusta dimensione. L'importante è che queste norme valgano per tutti, senza eccezioni.
Ed a questo punto bisogna chiedersi quali sono le ragioni istituzionali per le quali i partiti hanno il diritto-dovere di essere presenti nel sistema bancario pubblico: queste ragioni, a parere del Gruppo socialista debbono collocarsi nella constatazione che il sistema bancario si colloca talmente a monte di ogni processo produttivo e commerciale da condizionarne non soltanto lo svolgimento, ma la stessa sua possibilità di esistenza. E' necessario quindi che il potere politico - assegnato nel nostro Paese ai partiti - abbia il potere di direzione e di controllo diretto nel sistema bancario.
E' quindi - anche da questo punto di vista - mistificante e priva di ogni senso la vieta polemica fra i tecnici e i politici, nella quale purtroppo dobbiamo constatare essere caduto anche il Partito Comunista Italiano: se sono politiche le funzioni dei Consigli di Amministrazione bancari, politici debbono essere membri del Consiglio di Amministrazione stesso; la "neutralità" in questo campo è pura fantasia.
Ma approfondendo ancora indagini in questo senso, dobbiamo porci un altro problema: quale debba essere la funzione - nei Consigli di Amministrazione bancari - dei rappresentanti dei partiti che si pongono istituzionalmente il problema di modificare la società attuale.
Noi pensiamo che la presenza nel sistema bancario di questi partiti si giustifica soltanto se essi pongono - con la necessaria gradualità - il problema della modificazione del sistema del credito e dei suoi istituti.
In questa direzione i rappresentanti del Partito Socialista Italiano ritengono di aver fatto la loro parte - nei limiti della loro consistenza numerica - con la consapevolezza della delicatezza del sistema del credito che non consente improvvisazioni e salti in avanti, ma anche con la preoccupazione di seguire sempre una linea di riforma.
Il discorso sulle nomine bancarie ci ha portato ad un'analisi più approfondita dei grandi temi della riforma del sistema. A questi temi il Partito Socialista Italiano ha dedicato, e dedica, attraverso il suo Ufficio Nazionale del Credito, studi approfonditi che si avvalgono della collaborazione di analisti ed operatori, il cui livello è fuori discussione nel nostro Paese.
Gli studi che abbiamo condotto si sono già espressi in proposte di leggi organiche, e desidero ricordare a questo riguardo quella sulla riforma delle Casse di Risparmio, alla quale ne seguirà una analoga sulla riforma delle banche popolari e delle casse rurali.
Il tema di fondo della nostra azione - che è insieme tecnica e politica deriva dalla convinzione, che è valida anche per il nostro Piemonte della duplice necessità di specializzare il sistema del credito, perch riteniamo che, soprattutto in previsione dell'arrivo in Italia, in relazione alle norme della CEE, di banche altamente sofisticate (come ad esempio, quelle inglesi e tedesche), il nostro sistema bancario non possa che essere altamente specializzato; in questo senso il Piemonte, terra di frontiera, sarà forse anche zona di sperimentazione.
In questo quadro si colloca la proposta che abbiamo avanzato recentemente al Ministro del tesoro, di creare un doppio circuito finanziario, vale a dire un duplice strumento di finanziamento: uno per le imprese, l'altro per la struttura pubblica territoriale locale.
La nostra proposta parte dalla considerazione che il rapporto banca industria non ha nulla a che vedere con il rapporto banca-Ente locale essendo diverse nei due casi le valutazioni della clientela e del rischio.
Partiamo anche nella nostra proposta dalla considerazione che deve cessare il rapporto del singolo Comune con il singolo istituto di credito rapporto che spesso ha natura pietistico- clientelare.
La Regione in quanto tale deve assumersi, nei confronti del sistema bancario funzionante nel suo territorio, la rappresentanza globale degli interessi degli Enti locali in essa operanti; tratterà così con ben altra autorevolezza con il sistema bancario e dovrà per contro assumersi la responsabilità - attraverso la sua più alta manifestazione che è il Consiglio regionale - di distribuire le risorse finanziarie in tutto il suo territorio e a tutti gli Enti che in essa operano, in un rapporto dialettico con ciascuno di essi.
Riteniamo che soltanto in questo modo possa darsi valore alla programmazione regionale, memori, come abbiamo già detto, dei danni irreparabili che derivarono a suo tempo alla programmazione nazionale dalla mancata collaborazione del sistema finanziario italiano.
Riteniamo anche che soltanto in questo modo possa assumere un aspetto realistico la formazione delle società finanziarie regionali, altrimenti destinate, come sta purtroppo avvenendo in molte parti del nostro Paese, a vivere una vita stantia e senza prospettive.
Signor Presidente, signori Consiglieri, le affermazioni che ho avuto l'occasione di fare a nome del Partito Socialista Italiano, secondo l'indirizzo e in collaborazione con l'Ufficio Nazionale del Credito del Partito presieduto da Nerio Nasi, sono il contributo che riteniamo di poter dare all'elaborazione, che supponiamo comune all'intero Consiglio regionale, di una linea di politica creditizia in Piemonte.
Questa linea si basa su dati di fatto e su proposte concrete; come tutte le linee essa cammina con le gambe degli uomini delegati dal potere pubblico ad attuarla.
Gli uomini che andremo ad individuare come i più idonei a ricoprire incarichi di responsabilità nel sistema bancario piemontese, dovranno, a nostro parere, avere tutte queste caratteristiche: non robot della tecnica bancaria, apparentemente neutrali; ma persone che dalle loro esperienze non necessariamente bancarie abbiano tratto un livello di maturazione culturale, politica e morale, che li faccia degni di amministrare un settore vitale per la nostra economia.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il problema del credito riveste un carattere di estremo interesse e di tempestività nell'attuale momento di elaborazione e di avvio di una politica di piano da parte dell'Ente -Regione. Parlo del problema del credito e non di politica del credito, perché credo che il problema del credito è parte di un discorso politico più generale, sia in rapporto a problemi di politica economica sia, con la politica in senso preciso: quelle che sono le scelte che dal dibattito di idee vengono effettuate dagli uomini che vogliono dare sbocchi diversi alla società che li ha espressi.
Nelle brevi osservazioni che questa mattina mi accingo ad effettuare vorrei rimanere nei termini più oggettivi possibili, anche se ovviamente in questa oggettivazione ci saranno riferimenti concreti ad avvenimenti contingenti che pongono l'accento su un precipuo interesse da parte delle istituzioni regionali ad una diversa impostazione del problema del credito.
Prima di tutto è opportuno ricordare l'importanza del rapporto tra risparmio piemontese e realtà nazionale, la misura di quanto viene prodotto e raccolto in Piemonte è messo a disposizione del contesto del Paese. Non si può parlare in termini concreti e precisi di politica di sviluppo del Piemonte in rapporto ad uno sviluppo prioritario del Mezzogiorno o di altre zone depresse d'Italia se non si pongono con estrema chiarezza i mezzi, le possibilità e le destinazioni che in questo campo operano.
Molte decisioni che vengono assunte nel settore del credito passano completamente al di sopra del nostro controllo politico. L'operazione test compiuta dall'Istituto Bancario San Paolo, di cui non voglio occuparmi n in termini positivi, né in termini negativi, ma soltanto per ricordare l'avvenimento in se stesso, non è stata oggetto di esame da parte nostra ed è avvenuta mentre continuiamo a dibattere i problemi di un diverso sviluppo del Piemonte. Vogliamo rivalutare i ruoli che possono svolgere certi tipi di aziende che devono investire le loro attività nel resto del Paese e mentre noi discutiamo altri decidono, senza interpellarci.
L'operazione dell'acquisizione, da parte dell'Istituto San Paolo, del Banco Lariano in effetti rappresenta una uscita di 400 miliardi raccolti nel Piemonte dal quadro economico regionale e ciò come conseguenza di decisioni che sono passate completamente al di sopra della classe politica responsabile dello sviluppo del Piemonte ed è stata effettuata in funzione del salvataggio o ripianamento, nel caos dell'industria chimica, di tutti gli errori che la Montedison ha compiuto. La funzione dei Consiglieri regionali e del Consiglio regionale ne è soltanto quella di scrivere documenti in cui si preconizza un diverso tipo di rapporto tra nord e sud tra mobilità di forze di lavoro da un settore a un altro, di individuazione di rami secchi e di correre alle singole manifestazioni aziendali dove vengono giudicate sommariamente le conseguenze negative di errate politiche economiche attuate dalle aziende, con il consenso e con l'omissione di interventi pubblici o per l'eccessivo potere degli Enti economici para pubblici, pubblici o privatizzati, pubblicizzati come la Montedison. Mentre stiamo discutendo della politica di Piano, del bilancio e delle disponibilità di cassa (all'incirca sono tre miliardi o forse poco più), il sapere che, per decisioni indubbiamente avvenute fra le forze politiche a livello nazionale, perché non penso che la decisione di assumere il Lariano sia partita soltanto dal Consiglio di Amministrazione del San Paolo, si è intervenuti al salvataggio con 400 miliardi (170 per l'acquisizione e 230 quale prestito), esige la necessità di dare a questo tipo di dibattito un taglio che superi i caratteri un po' generici di moralizzazione, di efficientismo o di rapporto corretto fra la classe politica e una diversa gestione del potere. Ogni centro decisionale che abbia importanza, come quello del credito, rappresenta di per sé un centro di potere, quindi non credo che si possa pensare ad un diverso tipo di politica che non faccia conto col potere che il sistema bancario nel sistema del credito rappresenta.
E' potere di per se stesso, è potere per le logiche che esistono. Se non vogliamo trasformare la nostra società, l'economia, le libere istituzioni, le scelte pratiche e le scelte che hanno come riferimento la libertà di mercato, è ovvio ed è chiaro che un potere economico esiste quale struttura indipendente del potere politico. Il problema è in che maniera si possa democratizzare, si possano rendere partecipi alla gestione di questo potere le realtà specifiche che operano con le loro responsabilità.
Il termine non è tanto di limitare o annullare la lottizzazione, quanto quali garanzie nella gestione di un certo potere in termini democratici e corretti è possibile ottenere. Se distorsioni sono avvenute nell'ambito di questa trattazione, è questo il momento di valutarle e di riflettervi sopra. Il collega Bontempi, a nome del Partito comunista, invitava ad un raffronto chiaro e corretto per poter evidenziare in termini sereni quelle che devono essere le funzioni di un Ente regionale che ha grosse responsabilità in campo economico, che ha e vuole assumere funzioni di promozione e non tanto di gestione dei singoli interventi.
La necessità e la volontà di contribuire a tutti i livelli in cui si può essere presenti, come liberali democratici, eredi delle tradizioni del passato, determina la volontà di far sì che queste tradizioni abbiano la loro piena validità e piena funzionalità con la perdita di quegli elementi che il tempo ha logorato e resi anacronistici.
Ricollegandomi a questi concetti specie sulla necessità di una diversa gestione di un potere ora accentrato e gestito esclusivamente da una forza politica o da un gruppo di forze politiche, egemonizzate da una sola, credo di aver meditato e di non dover rinnegare quello che ho compiuto nell'uscire da un partito che, per le conseguenze e i risultati elettorali partecipava in subalternanza ad altri ad un certo tipo di gestione. Credo che questo valga anche per molti altri partiti che sono qui presenti. Il discorso di oggi invece è quello di impostare una gestione del potere più ampia quale quella che il Paese richiede nelle sue libere manifestazioni.
Questo è rispetto del pluralismo e delle regole che impone il rispetto dell'economia di mercato che la Costituzione repubblicana pone alla base del patto politico che l'ha realizzato.
In questi termini penso che si possa sdrammatizzare un'impostazione di moralizzazione, di denuncia del cattivo uso del potere quale diretta conseguenza della realtà politica che sta avanzando nella nostra Regione grazie anche agli scontri e ai confronti che quotidianamente avvengono, con estrema fatica, fra amici, fra avversari, in termini estremamente positivi e quale premessa di un rilancio non soltanto della vita economica del Paese, ma anche delle sue libere istituzioni.
E' essenziale da parte nostra, anche per recuperare il lungo dibattito a volte acceso, che si è svolto negli anni passati durante la prima legislatura e proseguito in questo scorcio della seconda, riaffermare il rapporto che la Regione deve avere con le grandi aziende bancarie che operano nel tessuto regionale.
Il riferimento che più volte si è fatto alla legge n. 382, alla necessità di modifiche, ai rapporti diversi con le Camere di Commercio che hanno capacità di esprimere loro rappresentanti negli istituti bancari, è un problema che deve essere recuperato e posto, in questa sede, in maniera completamente diversa. In un discorso di autonomia e di rapporto corretto tra il potere centrale e le Regioni, si pone anche questo problema.
Indubbiamente il potere centrale ha infiniti elementi di controllo e di imposizioni di scelte politiche: noi nessuno, salvo quello contrattuale che sorge dalle limitate risorse della nostra Tesoreria.
Il nodo non è tanto sul discorso della legge n. 382, ma è di chiedere alle forze politiche che sono chiamate ad esprimere gli uomini che devono dirigere la politica degli istituti di credito, che affrontino il problema degli statuti degli stessi Enti.
Il punto della discussione che dobbiamo affrontare questa mattina è che gli uomini che devono essere espressi dalle libere istituzioni e dalle forze politiche si impegnino ad una corretta modifica degli statuti bancari nel senso di consentire, al posto o tramite le Camere di Commercio, una diretta partecipazione della Regione, Ente di cui si è più volte riconosciuta l'importanza innovativa nell'amministrazione decentrata del Paese, anche in riferimento alle zone dove gli istituti bancari operano.
Questa dilatazione, questo rapporto tra un Ente che ha rapporti gerarchici con il potere centrale e la realtà periferica deve coinvolgere ad esaltare gli Enti che hanno un rapporto diretto con il cittadino. Credo che questo possa essere uno di quei punti che dovremmo fare emergere unitariamente dal dibattito,con l'impegno di tutte le forze presenti in Consiglio affinch gli uomini che verranno indicati a dirigere gli istituti bancari, si impegnino perché per la loro decisione (e questo mi pare che sia un altro rispetto di quel pluralismo, di quella indipendenza e di quella libertà di cui più volte abbiamo parlato) determinino l'adeguamento alla nuova realtà regionale, dopo otto anni dalla sua nascita, dei loro statuti. Credo che questo nuovo rapporto si potrebbe attuare in concreto indipendentemente da tutte le sollecitazioni, le mozioni, le pressioni e i dibattiti che si possono fare in ordine ad una diversa valutazione del rapporto Camere di Commercio-Regioni e che discenderebbe dalla legge n. 382.
Gli uomini che entreranno nei Consigli di Amministrazione dicano chiaramente se sono disponibili alle modifiche degli statuti dei singoli Enti, nel senso di dare rappresentanza alle Regioni in sostituzione delle Camere di Commercio, così come nella Cassa di Risparmio di Torino e nell'Istituto Bancario di Torino vengono rispettati il Comune e la Provincia di Torino.
Il secondo problema importante sorge dalle proposte avanzate dal Partito comunista e che potrebbe ridursi ad una contrapposizione tra politici e tecnici, contrapposizione che accomuna in termini di bene il tecnico e in termini di espressione di tutte le scorie di un modo errato di gestire Enti e istituti bancari, il politico.
Il problema di fondo per una più corretta conduzione del sistema bancario non è contrapporre i politici ai tecnici: questo significherebbe un'altra accusa ingiustificata all'incapacità della classe politica (termine che mi piace poco: preferirei dire uomini che fanno politica) a compiere scelte e ad attuare indirizzi che, nel settore bancario, sono anche strettamente politici e non solo tecnici! In ciò sento di dissentire dalla soluzione avanzata dal Partito comunista perché mi pare troppo manicheo dividere tra bene e male e tra tecnici e politici. Vorrei sottolineare tutti i pericoli di questo tipo di soluzione che premia i tecnici e che rivedrebbe poi nei vertici di scelta politica gli stessi uomini. Non mi pare che da tutta la lunga discussione che in Italia si è fatta sulle giungle retributive e sulle pensioni d'oro il settore bancario rappresenti la parte che più ha pagato o ha dimostrato sensibilità sociale anticorporativa quale componente essenziale di una società che vuole evolversi in senso democratico e progressivo.
Nessuna polemica con coloro che hanno avuto di più, ma è indubbio che anche sotto questo aspetto si potrebbe innestare un processo circa la creazione e la tutela di una casta che ha già raggiunto come retribuzione le sedici mensilità, che gode di alto pensioni, scandalizzando non soltanto i poveri possessori delle minime pensioni sociali, ma anche nei confronti degli uomini politici incapaci, che possono rimanere colpiti nel sentire parlare di liquidazioni sui 200/250 milioni. Occorre invece un discorso che attraverso le forze politiche garantisca con uomini validi un chiaro coordinamento fra istituzione pubblica e istituzione bancaria. Solo in questa maniera hanno senso i discorsi di programmazione a livello comprensoriale, di bilanci consolidati, ha senso chiamare gli Enti locali nel rispetto delle loro autonomie; ad essere partecipi di una politica di indirizzi economici programmati dell'Ente pubblico perché tutto ciò pu trovare, nell'istituto bancario, non l'ostacolo che rende difficili queste operazioni, ma invece l'Ente che può facilitarle.
Quando abbiamo varato la Finpiemonte, c'é stato l'impegno di tutte le forze politiche perché la logica non fosse partitica, settoriale corporativa e clientelare; c'é stato l'impegno perché la Finanziaria regionale avesse funzioni tecnico-politiche, ciò che è avvenuto con la scelta del Direttore.
Credo che i punti accennati indichino la strada per arrivare al momento strettamente gestionale di efficienza e non di corruzione e clientelismo rappresentino l'impegno delle forze politiche di rispettare le strutture, i tecnici che sono nelle strutture, di colpirli quando sbagliano, ma non obbligarli a fare certe scelte che non hanno fondamento tecnico, ma solo politico. Non credo che la soluzione, leggermente ingenua, lanciata dal Partito comunista sia quella buona. Nel dire: "togliamoci dalle logiche strettamente partitiche, senza guardare qual è la tessera che uno ha in tasca" : il mondo politico, per nostra fortuna, può esprimere uomini più validi di quelli incapaci espressi nei tempi passati, e ciò senza ricorrere alla ricerca del puro tecnico.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni. Ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la richiesta del Gruppo comunista di aprire un dibattito sulla "Politica del credito in Piemonte" muove il nostro Gruppo a contrapporre una domanda pregiudiziale, una domanda che resta valida anche dopo le argomentazioni che abbiamo sentito svolgere questa mattina dal collega Bontempi e che abbiamo ascoltato attentamente.
E' possibile parlare di una politica del credito riferendosi soltanto al Piemonte? In altre parole, ha qualche senso ipotizzare l'esistenza in questo settore di indirizzi bancari che siano diversi da Regione a Regione per cui accanto a quella piemontese dovrebbero, per ipotesi, sussistere politiche creditizie della Lombardia, del Veneto o della Basilicata? A questi interrogativi, certo non esiziali agli effetti di una corretta impostazione del problema, riteniamo di dovere dare una risposta negativa ricordando a noi stessi e ricordando all'assemblea che la politica del credito in Italia è determinata da un organismo nazionale, quale il Comitato interministeriale del credito e del risparmio di cui fanno parte i Ministri finanziari e di diritto il Governatore della Banca d'Italia; e che, per l'appunto, è questo l'organo tecnico cui spettano gli orientamenti di carattere generale che poi troviamo riflessi nella dirigenza dei diversi istituti bancari, siano essi privati o pubblici, anzi diremmo più pubblici in questo caso. Allora non esiste, non può esistere, non deve esistere una politica del credito in Piemonte diversa da quella del resto d'Italia praticata da banche operanti sul territorio piemontese. D'altra parte a sostegno di questa tesi noi potremmo anche citare l'opinione di un esperto che è politicamente molto lontano dalla nostra parte, quella del dott.
Nerio Nesi. Intervistato dal periodico di sinistra "Nuova Società" nel settembre 1973, alla specifica domanda rivolta a conoscere quale logica guidasse gli amministratori della banche piemontesi, Nesi rispondeva (e citiamo solo un passo della sua lunga risposta) che il Piemonte non si differenzia in questo senso delle altre Regioni.
Non contestiamo che vi siano aspetti particolari, aspetti caratterizzanti della politica creditizia piemontese; ad esempio, il rapporto bancario impieghi e depositi che in Piemonte si aggira attorno al 50% : di ogni 100 lire depositate in banca ne vengono reinvestite 50.
Questo ci induce a chiedere che cosa si faccia delle altre 50, restano cioè al sicuro dai rischi nelle casse bancarie, oppure, data anche la struttura economica piemontese in cui operano grossissime imprese che possono ricorrere al mercato del credito internazionale per finanziarsi e, accanto a queste, piccole imprese che non rappresentano invece sbocchi appetibili di finanziamento, le banche preferiscono investire in regioni che sono più redditizie o addirittura nelle regioni meridionali secondo le direttive programmatiche? Ma questi sono aspetti particolari che tuttavia non ci pare possano e debbano infirmare la validità della premessa dalla quale siamo partiti per costruire questo ragionamento. Se di politica di credito si vuole parlare, il dibattito deve ampliarsi in valutazioni più generali, non essendovi un indirizzo del settore che sia o possa essere solo di specificazione regionale.
Da questa angolazione al nostro Gruppo preme introdurre soltanto qualche osservazione di larga massima in ordine alla grave crisi che travaglia il Paese e che fatalmente viene a riflettersi sul sistema del credito, la cui radicale riforma è ormai avvertita come una esigenza urgente ed indifferibile.
Vogliamo osservare che in Italia, in particolare per il ruolo pressoch unico del sistema bancario come centro nevralgico finanziario, il peso degli interventi di politica economica adottati dalle autorità monetarie è stato totalmente indirizzato appunto sul sistema bancario e da questo è stato totalmente subito.
Sotto questa prospettiva e predominando nella politica economica del Governo gli indirizzi tendenti a tenere presenti gli interessi dei grossi gruppi industriali, pubblici e privati, limitata di fatto la possibilità degli istituti bancari di erogare il credito, ne è derivata una generica e soprattutto una colpevole sottovalutazione di quelle che sono le esigenze dalle imprese medio-piccole. Siamo largamente d'accordo con talune osservazioni fatte dal collega Bontempi, anche se introdotte da una angolazione ovviamente diversa dalla nostra. In altre parole, la non selettiva restrizione creditizia che è stata posta in atto per arginare l'inflazione, da un lato non ha avuto questa capacità riduttiva, mentre dall'altro lato ha diminuito la possibilità di ricorrere al credito da parte delle piccole e medie imprese e delle imprenditorie artigianali. N per inciso, sono servite ad attenuare questa sperequazione di politica creditizia, le numerose leggi e leggine che hanno portato avanti le tesi di crediti speciali o agevolati in quanto notevolmente contrastanti l'una con l'altra, oltre che quasi sempre di difficile interpretazione.
Tenendo presente queste considerazioni, per calarci nella realtà della nostra Regione, il ruolo degli Enti pubblici, la cui definizione è stata appunto sollecitata dalla richiesta di dibattito del Gruppo comunista viene ad essere subito individuato. Non può essere altro che quello di intervenire anche con il credito a favore di ben focalizzati settori produttivi che siano bisognosi di particolare aiuto.
Anche in questo concordiamo con delle valutazioni che abbiamo sentito fare, e cioè che dovrebbe essere compito preciso e specifico della Finpiemonte, la quale, appunto, saprà dimostrare la sua validità se riuscirà imparzialmente e soprattutto tempestivamente ad intervenire con crediti agevolati proprio nei confronti di quelle fasce economiche che si trovano in maggiori difficoltà; ma che soprattutto hanno innanzi a sé più ampie prospettive di sviluppo e di affermazione.
Tornando ad affermazioni di più ampia portata, dobbiamo rilevare come sia opportuno convincerci in modo definitivo che le risorse finanziarie già ben magre per il Paese, devono essere indirizzate oculatamente soltanto verso sbocchi produttivi di alto rendimento, non già quindi verso una generalizzata restrizione creditizia che, come già abbiamo avuto modo di osservare, colpisce in gran parte i nuclei di alta redditività, ma, al contrario, una ragionata e ponderata politica del credito atta ad estendere una politica monetaria selettiva che favorisca e che venga ad incentivare la graduale riconversione verso settori di produzione capaci di produrre redditi e non passività.
La politica economica monetaria perseguita in Italia negli anni 74-75 76, invece, non soltanto non ha fermato l'inflazione, come dicevamo; ma ha provocato una grave recessione con conseguente aumento della disoccupazione. Questo significa evidentemente che al corpo ammalato, al corpo febbricitante dell'economia italiana, sono stati applicati dei rimedi sbagliati. Sempre per restare al tema del rapporto tra politica del credito ed Enti pubblici, noi osserviamo che, considerata la struttura di rigida divisione di compiti, non si sarebbe dovuto permettere che le banche soccorressero gli Enti locali, poiché all'uopo avrebbe dovuto istituzionalmente provvedere la Cassa Depositi e Prestiti la quale avrebbe potuto fare questo, senza dubbio, con il ricorso alla valorizzazione del risparmio postale che avrebbe potuto ben essere aumentato ed incrementato se ad esso si fossero applicati tassi adeguati, così come si è fatto nel settore bancario. La concessione di crediti agli Enti pubblici e agli Enti locali che è stata adottata a ritmo costante negli ultimi anni dalle aziende di credito nella certezza, un poco semplicistica, che "tanto lo Stato non può fallire", è venuta invece a gonfiare i conti economici di utili che restano solo sulla carta, considerata l'incapacità di questi Enti di avere delle gestioni sane, e quindi di essere in grado di potere restituire i capitali presi a prestito dalle banche.
Avremmo potuto anche capire, certo non giustificare, concessioni di credito agli Enti locali e agli Enti pubblici, se esse fossero state poi richieste per finanziare degli investimenti produttivi, ma invece si fanno e lo avvertiamo tutti, sempre più numerose le richieste di prestiti bancari da parte di Comuni, di Province e di Regioni per ovviare a semplici voci di spese correnti, come per esempio il pagamento degli stipendi al personale dipendente. Così si va veramente verso il disastro finanziario e questo è uno degli aspetti che va tenuto presente per un organico riordino di tutta la politica del credito, in Piemonte come nel resto d'Italia; riordino che non deve prevedere controlli di tipo dirigistico, ma controlli innestati nel quadro di una programmazione elaborata in modo da tenere presente le anomalie da eliminarsi , le necessità da affrontarsi, i bisogni di aziende produttive, gli sprechi di pseudo investimenti, le scelte megalomani di amministratori o corrotti o incompetenti.
Avendo precisato, sia pure per grandi linee, la valutazione della nostra parte politica su quelle che riteniamo essere le più vistose disfunzioni dell'attuale politica del credito, noi non possiamo concludere questo intervento senza aggiungervi talune altre osservazioni d'ordine più squisitamente politico a commento dell'iniziativa assunta dal Gruppo comunista, iniziativa sul cui merito non ci permettiamo di discutere, ma che certamente sarebbe stata forse in modo più costruttivo accolta da questa assemblea, sicuramente da parte nostra, se fosse stato avviato il dibattito non attraverso una esposizione, pur dettagliata e analitica, ma fatta in modo orale quale quella che qui ci è stata presentata; ma se ci fosse stato modo di conoscere preventivamente una relazione scritta, perch questo ci avrebbe messo sicuramente nella condizione di approfondire meglio taluni aspetti di questo intervento, che parzialmente portiamo avanti anche a braccio, sì da dare una risposta o da tentare di dare una risposta dalla nostra parte politica ai numerosi problemi portati sul tappeto da quanto detto dal collega Bontempi.
Più che a una relazione scritta, che non era disponibile, ci siamo dovuti rifare, per cercare anche interpretazioni in termini politici di questa iniziativa, al testo della lettera che il collega Bontempi ha indirizzato alla Presidenza del Consiglio per chiedere appunto la fissazione del dibattito all'ordine del giorno dei nostri lavori.
Se ci rifacciamo al testo scritto di questa richiesta, noi non possiamo fare a meno di rilevare che, volutamente generica nella sua formulazione ufficiale, lascia vedere di essere per altro chiaramente finalizzata solo a propiziare un più massiccio inserimento di rappresentanti comunisti negli organi amministrativi degli istituti di credito di diritto pubblico del Piemonte. D'altra parte è stato detto in modo sufficientemente chiaro ed esplicito proprio nell'intervento del Capogruppo comunista. Sotto questo aspetto la mossa del Consigliere Bontempi, ci sentiamo di definirla così, è del tutto speciosa e strumentale nei tempi, in quanto non si propone di suscitare un pronunciamento che sarebbe opportuno e doveroso, soprattutto moralmente qualificante, contro la lottizzazione delle banche piemontesi ma, al contrario, si propone solo di ampliare questa lottizzazione, che viene ad essere accettata in via pregiudiziale, a maggiore vantaggio del Partito comunista italiano. E' chiaro allora quale debba essere necessariamente il giudizio da darsi quanto alle finalità politiche (ma faremo forse meglio a definirle pratiche, se non addirittura prosaiche) che il Gruppo comunista si è proposto con questo dibattito.



RASCHIO Luciano

E' una tua interpretazione ad usum delphini, è una tua opinione del tutto personale: non sono le parole di Bontempi.



CARAZZONI Nino

Consigliere Raschio, è abbondantemente confermata proprio dal tipo di intervento che il collega Bontempi ha fatto questa mattina. Certo che esprimiamo delle valutazioni personali; sarebbe veramente interessante se oltre ad esprimere le nostre idee, esponessimo anche le idee del Gruppo comunista. Tornando al testo della lettera di richiesta, deve essere precisato con estrema pignoleria che cosa si intenda per quel requisito di competenza che dovrebbe essere posseduto dai candidati a ricoprire le varie poltrone disponibili negli istituti di credito.
Se ci si volesse riferire ad una competenza tecnica, indipendente da qualsiasi condizionamento politico o partitico, potremmo anche essere d'accordo, se è vero come è vero che la nostra parte è favorevole a demandare alla sola Banca d'Italia la nomina almeno dei Presidenti e dei Vice Presidenti nei diversi Istituti di credito; ma se invece, come dice il collega Bontempi, proprio nella sua già ricordata lettera, si aggiunge alla competenza anche "l'esperienza di pubblico amministratore", o addirittura la si pone quale chiarimento al concetto di competenza, allora crediamo di dovere stare un poco attenti, perché il discorso cambia e perché accettando questo tipo di impostazione, non vi è chi non veda come i Consigli di amministrazione degli Enti bancari verrebbero monopolizzati da uomini di partito, travestiti da esperti per il solo fatto di potere vantare, in un'Italia dove ormai gli organi elettivi non si contano più tanto hanno proliferato, una qualche esperienza di pubblico amministratore. Da notare poi che la sinistra, e anche questo è emerso nel dibattito, non è del tutto concorde e unanime sul concetto di competenza: tant'è che il già citato Nerio Nesi, Vice Presidente della Cassa di Risparmio di Torino ed esperto del settore del credito del Partito socialista italiano, è convinto fermamente che ai vertici bancari un pizzico di qualità politica non debba guastare. E' sicuramente Cicero che parla pro domo sua, ma anche questa è una osservazione da tenere presente.
Infine un'ultima considerazione. E' davvero stupefacente che il Consigliere Bontempi abbia a parlare di discriminazioni a danno del Partito comunista italiano, quando è proprio il Partito comunista italiano a concorrere pesantemente in questo settore a conculcare i diritti di altre forze politiche, non parliamo solo dei diritti della nostra parte politica come ha fatto nelle nomine degli amministratori della Finpiemonte. Nella logica del Capogruppo comunista, pluralismo è libertà riconosciuta agli altri di fare, di dire, di essere tutto ciò che torna utile al Partito comunista. E allora le discriminazioni si hanno solo quando è il Partito comunista italiano a non essere ancora sufficientemente introdotto ai vertici del potere bancario. E' anche questa un'annotazione, più di costume che d'altro, che noi sentiamo di dovere ribattere nei confronti di chi qui ha parlato di moralizzazione, ha parlato di lotta alle lottizzazioni, ha parlato di discriminazione, ricordando che molto spesso, soprattutto da quei banchi, si può a parole predicare bene, ma nei fatti razzolare molto male.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ogni volta che facciamo dei dibattiti di carattere generale, col giro dell'emiciclo, mi pongo anche la domanda se essi siano produttivi in relazione all'impegno e al tempo che richiedono.
Ritengo però che questo dibattito sia stato utile, anche se, ancora una volta, ci suggerisce l'esigenza di meditare sui modi più opportuni per organizzare il confronto delle posizioni e delle idee. Legittima è certamente la richiesta formulata dal Partito comunista italiano sotto il profilo formale e legittima lo è pure sotto il profilo sostanziale, così come è legittimo e doveroso l'interesse della Regione per i problemi del credito e per la valutazione della loro incidenza politica ed economica nell'ambito regionale.
Abbiamo più volte ripetuto che la Regione, assemblea legislativa e organo politico, ha, al di là delle competenze, una rappresentatività politica e generale che l'abilita, sempreché questa abilitazione venga utilizzata in giusta misura, ad affrontare ogni argomento al fine di trarne le indicazioni che siano utili per l'esercizio delle sue specifiche funzioni e competenze.
Una discussione su di un argomento così delicato e complesso, nel quale si rischia di evadere o di essere troppo al di sotto dell'importanza dei temi da trattare, proposta in via incidentale, poteva incontrare un limite iniziale. Suggerita forse in un momento non totalmente indifferente alle sollecitazioni polemiche, può apparire oggi non esauriente rispetto all' importanza del tema.
Ho avvertito peraltro tutto lo sforzo, compiuto dal proponente Consigliere Bontempi, per tener conto anche di esigenze, prospettive e ragioni generali per collocarle su di una piattaforma politica, che offre quindi occasione per un confronto ed una valutazione che non scenda a polemiche particolari.
La Regione, dunque, quale modo di essere dello Stato, partecipa, specie per la via della programmazione nazionale, cui concorre come soggetto nelle sue fasi, alla definizione delle linee e delle esigenze della politica del credito: una delle vie più importanti e decisive, in questo momento, per garantire la realizzazione di ogni programma e di ogni linea politica che comporti la distribuzione, l'allocazione e l'utilizzazione delle risorse. Credo però che in questa fase, nella quale la Regione ha acquisito - suppongo - una sensibile maturità come istituzione, alla vigilia dell'applicazione preannunciata della legge 382, nessuno possa - e mi pare che non sia avvenuto come si poteva temere - reclamare competenze facoltà decisionali, o anche indirettamente l'adozione di strumenti che comportino, in sostanza, il rischio della frammentazione della politica monetaria, in cui si riassume uno dei compiti unificanti, di direzione e coordinamento squisitamente riservati allo Stato, e strumento e via significativa identificata oltre tutto al fine dell'unità europea.
Ma tutto questo non significa distacco, o rinuncia, ad una vigile azione per proporre, secondo le responsabilità dell'istituzione, un efficace controllo e per dare ai problemi concreti e vitali della costituzione dei Consigli di amministrazione e della formulazione delle linee di politica di gestione degli istituti un valido indirizzo.
Vi sono dunque questioni diverse e distinte: quella della definizione e gestione della politica del credito, della selezione e della destinazione delle risorse che deve restare allo Stato.
Questo dibattito credo lo debba richiedere al di là di ogni valutazione contingente, di ogni interesse politico momentaneo e a seconda della collocazione attuale delle singole forze politiche. Quando diciamo Stato diciamo anche Regione, in quanto momento che partecipa alla formazione della volontà generale dello Stato, ma non intendiamo la Regione come momento istituzionale specifico.
Vi è poi la questione della designazione e della scelta degli amministratori e della partecipazione attraverso la loro funzione alla gestione degli istituti. Ma prima di trattare brevemente questo argomento devo fare un inciso. Mi pare che questo dibattito, sulla funzione del credito e delle banche, sul rapporto tra le banche e le istituzioni politiche , sulla necessità di stabilire un collegamento tra la politica di programmazione e la politica del credito, temi tutti che hanno una loro validità purché siano esattamente collocati , attribuisca una certa enfatizzazione al ruolo delle banche come strumento di raccolta e di formazione delle risorse. La banca, in un corretto, pluralistico, vivace sistema economico, non è tutto. La banca è sede di raccolta del risparmio e di erogazione del credito: non è momento di assunzione del rischio nell'iniziativa economica, soprattutto non deve avvenire che, per la facilità, l'eccessiva disponibilità ed arrendevolezza del sistema creditizio, vengano avallate o coperte velleità politiche prive di un'obiettiva validità e di verifica nel reale.
La questione della liquidità bancaria. Si avverte che il Paese è in crisi, le iniziative languono, i costi sono elevati e, posto che le banche sono piene di soldi, tutto sarebbe, per alcuni, facile: si riversino questi fiumi di denaro in determinate direzioni e tutto si risolverà.
Ora, noi siamo tra quanti reclamano ogni tempestivo sforzo per il contenimento e la riduzione dei tassi, al fine di facilitare la condizione delle imprese, ma non a costo di scontare scadenze, a breve o a medio termine, capaci di far saltare i momentanei benefici. Gli alpinisti sanno che non ci vuole assolutamente alcool quando si va in salita; chi è sotto sforzo prolungato non sopporta droghe e questo credo valga anche per l'economia.
L'accumulazione del reddito sembra dunque che si realizzi soltanto più in due settori, quello delle famiglie e quello bancario. Credo che accennando a questa situazione valga la pena di sottolineare che occorre ricreare le condizioni anche attraverso la politica del credito, perché le sedi più autentiche di formazione del reddito vengano rimesse in condizione di poter operare efficacemente ristabilendo condizioni di normalità. La banca, ripeto, non è tutto, ma può moltissimo, in un sistema economico corretto nel quale il capitale azionario, il capitale di rischio non lo si debba attingere alle banche, passando per una fase di economia allegra fino a sboccare in una economia rigidamente diretta e controllata o collettivizzata.
E' importante quindi stabilire i criteri di scelta del personale politico - chiamiamolo così in senso corretto - perché di personale politico si tratta quando attende ad una funzione di vasta portata pubblica, sia che ripeta la sua designazione dalle istituzioni, sia dalle forze sociali o da momenti di aggregazione delle formazioni sociali.
Noi ribadiamo intanto, a questo riguardo, che non ci parrebbe giusto ed opportuno, in questa fase, radicalizzare i criteri di scelta concentrando tutto il momento istituzionale, stabilendo, cioè, che essendo le banche importanti, gli Amministratori devono essere scelti esclusivamente dagli Enti locali, dalla Regione e dallo Stato.
Vi sono certamente statuti da correggere; ciò che il tempo sedimenta qualche volta deve essere corretto, ma prima bisogna anche guardar bene di non disperdere patrimoni di sapienza e di equilibrio che si sono costituiti nel tempo. Aggiorniamo e correggiamo secondo nuove esigenze, consapevoli che le modificazioni avvenute in questi anni nel sistema della nostra economia e della nostra democrazia, richiedono ogni giorno nuovi modi di affrontare i problemi.
A proposito di nuovo modo di governare, qui ripreso, cominciamo ad essere insofferenti: lo abbiamo accettato, quasi come una penitenza ed un invito all'autocritica che si deve fare ogni tanto, e che fa bene a tutti ma il discorso del "nuovo modo" ripetuto quasi con intonazione moralistica ci convince poco: ci convincono di più i nuovi modi che vengono proposti ed articolati in motivazioni tecniche, scientifiche, politiche sufficientemente concrete.
Quando il Consigliere Calsolaro, con ironia, per dare un colpo ad una parte ed uno all'altra, ha ricordato che vi sono gli Enti di diritto pubblico, gli Enti di diritto privato e poi le Casse di Risparmio che non sono né l'una né l'altra cosa, perché sono democristiane, non si è accorto che, se si valuta l'arco di attività di molti anni, ha espresso anche un apprezzamento, facendo coincidere, non dal punto di vista formale, ma dal punto di vista sostanziale, una certa gestione con il senso dello Stato e della pubblica amministrazione. Crediamo, infatti, che se dovessimo fare un'inchiesta sui rapporti tra le Casse, gli Enti locali, gli ospedali e tutti i momenti d'interesse pubblico e volessimo valutare la funzione svolta e il supporto rappresentato e considerassimo ancora il costante ed efficace rapporto con i risparmiatori (perché c'é una rappresentatività, un modo di votare e di esprimere consenso che è costituito anche dalla loro fiducia) potremmo concludere che si tratta di un ruolo e di un periodo che deve essere rispettato e non può essere facilmente liquidato con delle battute.
Scelta per il personale dunque, non soltanto per via istituzionale e pubblica, ma di un modo articolato di rappresentare l'interesse pubblico sì che questo criterio sia riconoscibile e credibile dall'opinione pubblica.
Mi sembra che sia stata superata la falsa alternativa per una scelta tra personale politico e non, quasi sottintendendo o scegliamo incompetenti designati dai partiti, oppure scegliamo i competenti, inizialmente non politicizzati.
Ritengo che la scelta sia la più adatta e propria quando si trovi una persona culturalmente qualificata in senso specifico, che abbia competenza e sensibilità politica elevata, capace di rappresentare nel modo più corretto e nobile il mondo politico, non il mondo strettamente partitico.
Lo sforzo da fare è, infatti, quello di evitare che le rappresentanze siano giustificabili soltanto ai fini degli equilibri interni (lo dico per il mio e per gli altri partiti).
Una rappresentanza autenticamente politica, che esprima culturalmente e validamente le esigenze generali, questo è da ricercare ed è sommamente legittimo.
D'altra parte il discorso dei tecnici può essere equivoco: perché, o sono tecnici puri, che finiscono spesso per essere troppo facili strumenti di politici spregiudicati, perché, ripetendo le proprie nomine comunque da sedi politiche, finiscono per non avere neppure l'autonomia che ha l'uomo politicamente sensibilizzato di fronte ai mandati, e così diventano esecutori acritici delle linee politiche, oppure si tratta di tecnici considerati tali perché non sono altrimenti impegnati culturalmente.
Ricordo poi che nell'elaborazione delle norme sulla incompatibilità, da valere all'interno del mio partito, alcuni anni fa, avevamo stabilito, ed io lo avevo caldeggiato, una incompatibilità per chi provenendo da un ruolo interno all'Ente, come il medico che va in pensione, ed è stato parte integrante di una struttura ospedaliera, aspirasse ad essere nominato presidente, oppure per il direttore di un istituto bancario che volesse diventare membro del consiglio di amministrazione, portandosi dietro tutte le deformazioni professionali, la rappresentanza di interessi concreti, i legami con persone con le quali aveva collaborato, così deformando completamente il ruolo dell'amministrazione. Oltretutto un sistema di questo genere, in prospettiva, farebbe sì che già prima dall'interno avendo in mano in concreto il potere tecnico, si verrebbe sollecitati ad usarlo al fine di precostituire le condizioni della propria ascesa.
Ci pare dunque chiaro: il dibattito, il confronto nelle Commissioni o in altre sedi deve costituire garanzia a che le forze politiche si facciano carico di designare uomini adatti, capaci, politicamente rappresentativi e riconoscibili come tali da parte dell'opinione pubblica, senza ricorrere a meschine lottizzazioni e senza esclusioni che non siano la conseguenza della situazione.
Il Consigliere Bontempi nel suo intervento ha detto che tre sono i punti sui quali la nostra riflessione si può concentrare.
La riforma dell'organizzazione interna delle banche. Indubbiamente anche recentemente sono stati sottolineati in discorsi e dibattiti i costi delle gestioni bancarie: chi voglia essere politicamente responsabile credo che non possa far finta di nulla; riconosciuto che ogni lavoratore, ogni appartenente ad una struttura debba poter trovare nell'ambito in cui opera le maggiori soddisfazioni, anche economiche e finanziarie, è indubbio che un'analisi critica, delle situazioni di privilegio, che hanno per copertura l'attuale florida situazione delle banche, non può passare sotto interessato silenzio.
Egualmente la politicizzazione deteriore, che si vuol combattere al livello di formazione dei Consigli di Amministrazione, non deve trasferirsi al livello delle strutture tecniche ed operative interne alle istituzioni: ciò non vuol dire che ognuno dei lavoratori, dirigenti e dipendenti di queste istituzioni, non possa avere una sua esplicita ed impegnata milizia politica, ma vuol dire che l'appartenenza politica non deve essere strumentalizzata come mezzo di aggregazione specifica e di influenza sulla vita interna degli istituti.
E' stato fatto recentemente anche un discorso, motivo di scandalo sulle evasioni fiscali che il sistema bancario realizzerebbe per migliaia di miliardi, disponendo così di ingenti mezzi per discusse e discutibili operazioni.
In materia bancaria andrei però adagio prima di toccare rudemente certi meccanismi perché, se nell'attuale situazione del nostro Paese noi, per intempestività o faciloneria quali "apprendisti stregoni" mettessimo in seria crisi anche il sistema bancario, il crollo della nostra economia diverrebbe irreversibile.
Un'altra riflessione riguarda gli statuti.
Tutto è discutibile, e siamo aperti ad esaminare e ad affrontare qualsiasi questione, ma non riteniamo che per il fatto stesso che questi statuti sono frutto di elaborazioni successive e di sedimentazioni storiche, debbano considerarsi superabili con una formula di semplice razionalizzazione che trasferisce esclusivamente alle istituzioni politiche la fonte delle nomine.
Ciò non toglie che vi sono modifiche da realizzare perché abbiamo banche di rilievo non solo regionale, ma nazionale, collocate in graduatorie europee che ripetono le proprie nomine da Enti locali, Comuni e Province.
Credo quindi che la Regione, come momento dello Stato, come Assemblea legislativa in cui si realizza la sintesi della realtà regionale, non pu non reclamare, almeno in prospettiva, la competenza ad effettuare nomine significative in alcuni istituti bancari, naturalmente procedendo poi secondo i criteri che abbiamo accennato: la professionalità, la competenza politica e tecnica.
Schiettezza e chiarezza dunque, nell'affrontare questi temi, perch crediamo che il corretto funzionamento delle istituzioni del Paese, e fra queste delle banche, sia alla base di una efficiente democrazia.
Quanto al discorso della Regione e al fatto che essa si avvia alla politica di programmazione, e si appresta a discutere gli strumenti e le linee e quindi a ricercare i mezzi per sostenerla, noi riteniamo che se la Regione farà scelte valide, efficaci, concrete, realistiche, in cui la comunità regionale si riconosca, il sostegno da parte del sistema bancario non dovrà essere garantito, quasi per via di forzature, attraverso presenze politiche, ma sarà garantito naturalmente per la stessa funzionalità fisiologica del sistema, che non cerca altro che di sostenere investimenti che siano validi per l'intera comunità, la sua economia e il suo sviluppo.
Non è però da dubitare che, per questi effetti, una adeguata sensibilizzazione delle istituzioni bancarie e un loro raccordo con l'Ente Regione sia un fatto politico inevitabile: facciamo soltanto in modo che attraverso la disponibilità del credito non si ricerchi la facile copertura di impostazioni velleitarie o demagogiche, la legittimazione di iniziative prive di validità.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è opportuno fare il punto della situazione. Vi sono ancora richieste di parola sull'argomento da parte della dottoressa Castagnone Vaccarino, del Consigliere Marchini e, per le conclusioni, del Presidente della Giunta Viglione. Possiamo concludere il dibattito in mattinata verso le ore 13,30. Questo ci permetterà di esaminare abbastanza rapidamente altre questioni.
La parola alla dottoressa Consigliere Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nel momento in cui nel nostro Paese l'accumulazione del capitale è diventata una specie di utopia irraggiungibile soprattutto da parte delle imprese pubbliche e di molte imprese private, e i debiti degli Enti autonomi e degli Enti pubblici rappresentano un forte carico per tutta la comunità nazionale, noi repubblicani abbiamo l'impressione che una delle ragioni di grande interesse nei confronti delle banche, sia dovuta al fatto che queste rappresentano uno dei pochi punti della nostra economia che denuncia dei profitti costantemente crescenti.
Come repubblicani siamo assai scettici sulla realtà di questi profitti perché le banche hanno l'abitudine di porre all'attivo crediti che in realtà sono inesigibili proprio per la situazione dell'impresa pubblica dell'impresa privata, degli Enti autonomi e degli Enti pubblici. Vorrei incominciare a ridimensionare sotto questo aspetto il problema dicendo che noi non crediamo alle cifre di profitto che le banche in questo momento ci danno. Inoltre noi repubblicani riteniamo che la politica del credito debba essere una politica che si fa cadere a pioggia dal livello nazionale sui livelli locali. Noi riteniamo che non sia possibile una politica del credito divisa fra le 15 Regioni a Statuto ordinario più quelle a Statuto speciale (non credo che questo l'abbia detto nessuno questa mattina), per quanto quelle a Statuto speciale tendano già - e si é visto quanto è stato fatto di negativo soprattutto in Sicilia - a fare una politica del credito in regime di una certa autonomia consentita dallo Stato.
Per quanto riguarda il terzo problema che è quello delle nomine (forse la ragione vera del dibattito perché scusate - ma sono un po' scettica che la ragione del dibattito sia la politica del credito) e della questione sorta se queste nomine debbano essere tecniche o politiche non possiamo dire altro che una politica del credito in quanto politica, non può che discendere dall'azione politica generale del Paese e che le nomine debbono essere anche di carattere politico, di quel tipo di carattere politico che comprende approfondite cognizioni tecniche e capacità tecniche. Non vorremmo che la cattiva direzione di una banca avesse la conseguenza che ha avuto una cattiva conduzione, per esempio, nel settore dell'impresa pubblica, con tutti gli abusi che conosciamo; e nel settore anche degli Enti autonomi, con tutti gli abusi che conosciamo, e degli Enti pubblici in generale. Se la struttura creditizia italiana si è ancora salvata, e crediamo che si sia salvata meno di quanto appaia, è forse dovuto al fatto che esiste ancora una certa capacità tecnica nella conduzione e che il nostro tipo di legislazione impedisce la facile disinvoltura della banca cosiddetta "d'affari". Questa è forse una delle condizioni che ha permesso al nostro sistema creditizio di salvarsi ancora di fronte alla debacle economica nazionale.
Non credo che abbiamo altro da dire, ma vorremmo che, nel caso in cui i partiti abbiano da fare ancora tanti litigi sulle nomine degli amministratori delle banche, questa decisione fosse affidata alla Banca d'Italia, perché a questo punto dobbiamo dichiarare: o i partiti sono capaci di fare il loro mestiere, oppure lo facciano i tecnici.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Sarò anch'io estremamente breve per rispetto della regola dialettica.
Evidentemente ci spetta il compito di portare un contributo e di valutare la fondatezza di certe enunciazioni contenute nelle relazioni dei proponenti comunisti e socialisti. Dal punto di vista generale va detto qualche cosa in modo abbastanza preciso al collega Calsolaro, il quale in primo luogo viene a rimproverare al sistema bancario di non aver seguito la politica di centro sinistra. Se il sistema bancario non ha seguito Gioia Tauro, facciamo i complimenti al sistema bancario che ha saputo fare da filtro alle velleità politiche di questi personaggi del sottobosco politico (anche se sono tipi arborei molto alti). Se il sistema bancario è riuscito a fare da filtro alle velleità del centro sinistra, diciamo che va difeso per quello che é. Tuttavia noi pensiamo che, al contrario, il sistema bancario non abbia fatto a sufficienza. In merito all'accusa implicita del Consigliere Calsolaro secondo cui le banche sarebbero qualche cosa di estraneo e al di fuori del processo sociale, mi pare che si debbano evidenziare alcune cifre pubblicate sul notiziario della Regione Piemonte (non abbiamo bisogno di andare all'ufficio studi del compagno o del collega, per saperlo); leggiamo, per esempio, che gli impegni delle banche nel settore produttivo sono passati dal 75% al 50% per passare al 30% o al 50% sugli impegni che potremmo chiamare di carattere sociale essendo destinati a imprese, a lavori pubblici e ad attività che competono agli Enti locali. In altri termini, la partecipazione del settore bancario all'attività di gestione dei servizi e dell'attività pubblica implica l'utilizzazione del 50% delle risorse bancarie in crescendo, mentre è diminuito l'apporto delle risorse bancarie nel settore produttivo che è sceso del 35%. Questa involuzione per noi liberali non è che una delle cause dell'attuale situazione di stagnazione. Il fenomeno è ancora più significativo se consideriamo che negli stessi tempi c'é stato il crollo del mercato obbligazionario e di rischio, la crisi del libretto postale e praticamente le banche sono diventate le monopolizzatrici del risparmio privato che è ancora una delle poche cose che funzionano in Italia. Detto questo a difesa del sistema bancario italiano, detto ancora che il sistema bancario italiano è una delle poche componenti ancora efficienti nel nostro Paese, andrei molto cauto a frazionare a livello regionale la politica del credito. Oltretutto questo discorso istituzionalmente non è proponibile.
Soprattutto riterrei necessario evitare che le disarmonie che solitamente i politici portano in questi discorsi mettessero in crisi anche questa struttura.
Il mio non vuole essere un discorso qualunquistico. Ho sgombrato il terreno dai problemi di carattere generale, per venire a rispondere a Bontempi in merito alla collocazione della Regione nella politica di programmazione nei con fronti delle banche. Da parte nostra c'é un grossissimo impegno a livello di programmazione che, a mio avviso significa creare quegli spazi di reddito e di produttività che sono l'occasione di presenza del mondo bancario nella nostra Regione. Il problema, più che ribaltarlo al di fuori di questa sede, deve essere riferito a noi stessi: il nostro quadro di programmazione individua delle situazioni di certezze economiche e di redditività tali da interessare il sistema bancario? Questo è il problema che prima di tutto dobbiamo porci.
Il secondo argomento molto serio e molto importante che ha portato il Consigliere Bontempi e che viene sottovalutato, riguarda il funzionamento delle nostre leggi indipendentemente da quella variabile, che nella specie però non è una variabile ma è una costante fissa, rappresentata dalla garanzia. Giustamente il Consigliere Bianchi diceva che le banche da qualunque forza, politica o tecnica, siano gestite, devono prima di tutto riconoscere che hanno dietro di sé una serie di decisori che non sono rappresentati, cioè i risparmiatori. La banca direi che risponde in termini ancestrali a questo tipo di sollecitazione. Il concetto di garanzia all'operazione richiesta dalla banca è la natura stessa della banca: la banca vive nel tempo e nella misura in cui le sue garanzie sono maggiori del rischio che assume: mentre la compagnia di assicurazione gioca sulle probabilità, il sistema bancario gioca sulla garanzia. A questo punto lo sforzo da parte dell'Amministrazione regionale, cioè di noi stessi dovrebbe essere quello di capire che cosa significa la garanzia in quei tipi di intervento che non possono avere la garanzia in testa al beneficiario. In altri termini le nostre iniziative a favore degli artigiani e delle piccole imprese non hanno alcuna ragion d'essere se non riusciamo a sovvenire loro anche nella misura in cui garantiamo queste iniziative con opportune fideiussioni.
Ricordo a questo proposito che i liberali hanno presentato al Parlamento una proposta di legge dove la soluzione di questo problema pu essere individuata nel senso che l'Ente pubblico, nella specie la Regione oltre a contribuire, possa anche garantire l'operazione. Teniamo presente che la banca non darà mai soldi senza garanzia, a meno che non svolga più la sua funzione, in tal caso sarebbe fuori dalla logica. Individuato che il sistema bancario nelle sue decisioni deve essere collocato a livello nazionale, alle dipendenze del Ministero del tesoro e della sua articolazione della Banca d'Italia, e quindi le competenze regionali saranno da maturare nel tempo e visto come la Regione non possa non preoccuparsi dei problemi del credito, ma debba soprattutto verificarli in termini tecnici (questo a mio avviso vuol dire non soltanto usare il professore libero docente presso l'Università), dobbiamo chiederci la ragione di questo dibattito. Non vorrei che la ragione del dibattito fosse quella che è stata considerata l'appendice del dibattito stesso, cioè i criteri di nomina dei rappresentanti negli istituti bancari.
Qui il discorso si fa ancora più delicato e qualche collega lo ha già accennato. Se le forze politiche ritengono che questi problemi possano essere risolti a livello politico, la possibilità massima di intervento da parte nostra è quella di mandare nelle banche, come diceva giustamente il Consigliere Bianchi, dei rappresentanti politici della collettività e non dei rappresentanti dei partiti. Vorrei sapere quanto c'é veramente di serio dietro tutto questo discorso e quanto c'é soltanto di strumentale e di occasionale in questa appendice al discorso che stiamo facendo. Parliamo di rappresentanza politica e poi andiamo a vedere come distribuiamo i posti negli ospedali. Siamo sicuri di dare rappresentanza politica o di dare rappresentanza di partito? Guardiamo come sono stati distribuiti i posti nella Finpiemonte e allora i partiti laici, e in particolare il mio, hanno avuto la giusta rappresentanza politica della polis, della collettività che essi rappresentano? No di certo. Non mi lamento e non credo a questo criterio; quindi dico: sono rappresentato nella misura in cui mi fido dei vostri rappresentanti.
Se facciamo delle nomine politiche nel senso buono del termine risolveremo il problema, però non accetto a questo punto che, soprattutto da certe forze politiche grossolanamente compromesse in questo discorso alludo al Partito socialista, si continui a utilizzare il termine di professionalità solo nei confronti della Democrazia Cristiana, che sarebbe il partito del potere (mentre il Partito socialista non è mai stato il Partito del potere!). Vorrei dire agli amici socialisti "andiamo pure a nominare i tecnici in termini politici, nel senso buono del termine utilizzando la professionalità". Le componenti della professionalità sono due: una di ordine tecnico e l'altra è costituita da una fascia di modi d'essere del personaggio che si chiama professionista; in grandi linee finisce di essere la deontologia, cioè il rispetto di certe norme. Vorrei chiedere agli amici socialisti se sono veramente convinti che, per esempio nell'integrazione del Comitato esecutivo della Cassa di Risparmio il criterio di professionalità in senso di tecnica sia stato rispettato e se soprattutto la scalata alla Presidenza del San Paolo da parte del Vice Presidente di un Istituto concorrente risponda ai criteri professionali in senso di deontologia professionale. In questa misura, anziché lanciare agli uni e agli altri accuse sul presente e sul passato, ritengo che si debba riflettere fondamentalmente e secondo me la riflessione fondamentale deve essere questa: per quello che riguarda le nostre competenze a livello di programmazione garantiamo un quadro di produttività nel quale il sistema bancario si possa inserire nell'assolvimento delle proprie funzioni facciamo delle leggi e cerchiamo con un po' di fantasia di far sì che queste leggi siano attuabili concretamente. E' inutile che diamo dei contributi al 50% se il destinatario non dispone dell'altro 50 garantiamolo con l'istituto della fideiussione della Regione Piemonte o con una accorta e corretta utilizzazione della Finpiemonte. Il discorso è molto vasto. Probabilmente andava trattato in termini più approfonditi e più scientifici di quelli da me usati. Mi è sembrato soprattutto doveroso puntualizzare e intervenire nel colloquio aperto dal Consigliere Bontempi perché queste mi paiono le ragioni vere della logica del dibattito dialettico che, a questo punto, diventa dialogico, perché è un fatto anche istituzionale. Cerchiamo di intervenire su quanto i colleghi hanno evidenziato e verifichiamo, per quanto di nostra competenza, la possibilità di fare patrimonio delle considerazioni e delle preoccupazioni che sono venute soprattutto dall'intervento del Consigliere Bontempi.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta desidera replicare. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, il dibattito sui problemi del credito, sulle nomine degli amministratori bancari e sui criteri che ad esse devono presiedere cade in un momento particolarmente difficile per il nostro Paese.
Lo stato di crisi economica ma anche civile e politica che sta attraversando è ben lungi dall'essere superato: anzi ogni giorno abbiamo ulteriori notizie di episodi di disordine e violenza, di fenomeni di corruzione e malcostume.
In questo quadro generale si colloca anche la questione bancaria di cui ogni giorno ci giungono notizie (non sto a ricordarvi né l'Immobiliare, n Sindona), caratterizzata da ritardi non più protraibili nella designazione degli amministratori per importanti istituti di credito.
Lo stesso Governatore della Banca d'Italia ed il Ministro Stammati hanno rilevato la gravità del fatto ed accennato all'eventualità di nominare Commissari straordinari in diversi istituti, cosa che puntualmente è mai avvenuta. Infatti si tratta di episodi che contribuiscono a minare l'efficienza e la credibilità di enti che per contro hanno bisogno di riscuotere la massima fiducia dei cittadini.
E' noto come metodi clientelari abbiano inquinato anche il sistema bancario. Ciò ha diffuso un indubbio malessere tanto tra i dipendenti quanto presso i cittadini e gli operatori. La lotta al parassitismo ed agli sprechi, l'impegno per una fase di rigore che concreta la ripresa produttiva ed un adeguato soddisfacimento dei consumi collettivi, impongono scelte oculate degli amministratori bancari, in rapporto all'importante ruolo che essi vengono ad esercitare. Quando noi parliamo di programma in campo regionale e nazionale, dobbiamo tener presente che se non vi è il sistema creditizio non c'é niente. Anche di questo solo brevemente vorrei accennare. Di recente, sulla stampa d'informazione e su quella specializzata, si è a lungo dibattuto dell'autonomia delle funzioni bancarie, sul mantenimento di una sfera di effettiva indipendenza nell'ambito della quale operare. Se portiamo alle estreme conseguenze questo discorso, ne deriva che una ipotesi di programma o di piano di sviluppo, sia esso nazionale che regionale, viene immediatamente a cadere.
Si tratta di una rivendicazione legittima, che è anche garanzia di efficienza e serietà, nelle decisioni tecniche.
Tuttavia, poiché le scelte politiche orientano ed influenzano anche questo delicato settore della nostra economia dobbiamo ritenere che anche chi ha responsabilità direttive in questo campo debba ispirarsi a criteri di profonda responsabilità e correttezza verso le pubbliche istituzioni rispettando la preminenza quindi del ruolo e dell'indirizzo della pubblica istituzione, sia esso Governo, sia esso Amministrazione regionale o Ente locale.
Le scelte politiche in questo settore devono certo essere verificate attraverso una consultazione permanente con tecnici qualificati (di questo anche la dott. Castagnone Vaccarino ha parlato), ma non sono di per s demandabili agli stessi. Non è che abbiamo delegato i tecnici alle scelte nel campo del sistema bancario e del credito.
Il sistema bancario ha rappresentato finora uno dei pilastri portanti del sistema di potere delle classi dirigenti e in genere dei partiti di governo. Inoltre sono tutt'altro che rari i passaggi dalle presidenze e direzioni degli istituti di credito a quelle delle grandi holding finanziarie di Stato o anche private; come si è visto anche recentemente.
Pertanto al massimo livello si sono formate, se non una "razza padrona" del sistema bancario, però ampie connivenze che trovano sostegni nel mondo politico ed in quello imprenditoriale. C'é un intreccio, chiaro.
Deve essere quindi combattuto con decisione il tentativo di sottrarsi ad obblighi generali quando i rapporti di forza del Paese risultano notevolmente modificati.
Infatti oggi non si può parlare, neanche per il credito di illusione programmatoria, dopo le esperienze contraddittorie degli anni '60. Il credito è parte integrante della programmazione democratica e senza una efficace selezione delle scarse risorse disponibili, ivi compresi i flussi finanziari, gli squilibri ed i ritardi storici del nostro Paese non saranno mai superati. Se si dà il credito agli speculatori, quelli che comprano il mais o il grano per rivenderlo all'indomani, evidentemente non si produce nessuna ricchezza per il Paese, si producono soltanto dei flussi puramente di speculazione. Questo è avvenuto e sta avvenendo in misura abbastanza massiccia.
Le difficoltà delle imprese incapaci di autofinanziarsi convenientemente, l'indebitamento massiccio e crescente degli Enti locali territoriali e degli Enti pubblici in genere, la depressione permanente del settore agricolo che sconta un trasferimento cospicuo di risorse degli agricoltori-risparmiatori verso altri settori più dinamici e produttivi l'alto tasso di inflazione, il vincolo della bilancia dei pagamenti richiedono un impegno molto qualificato del sistema finanziario, che rischierebbe in caso contrario di essere travolto dalla recessione generale della stessa economia.
Molte sono le proposte che si possono avanzare al riguardo, dalla eliminazione della cosiddetta doppia intermediazione, all'agevolazione dei rami più dinamici dell'industria; dalla separazione del credito destinata al settore pubblico da quello erogato ai privati, alla selezione del medesimo.
Il rafforzamento del potere proprio del capitale finanziario a cui abbiamo assistito nel decennio appena trascorso, è culminato nel periodo di maggiore depressione, in cui le capacità di approvvigionarsi di denaro fresco per altre vie sono divenute alquanto aleatorie; soprattutto in un Paese in cui la depressione cronica della Borsa ha sterilizzato un'importante fonte alternativa.
Se tale potere esiste, esso però è meno valido di quanto non risulterebbe nel caso in cui a fronte di una forte domanda di beni e di capitali, stesse una forte necessità di accumulazione imprenditoriale.
Quando le aziende di ogni tipo e dimensione si indebitano perché non riescono a tenere il passo con le potenzialità di espansione, il potere degli istituti di credito è ben maggiore di quando essi debbono erogare denaro ad aziende sottocapitalizzate.
Tanto più che il pesante vincolo di portafoglio e il forte tasso di inflazione impongono tassi elevati, che sarebbero appena remunerativi se le banche non recuperassero con i tassi passivi alquanto modesti praticati a sfavore dei depositi di minore consistenza, appartenenti alle categorie sociali più deboli e indifese. Oggi il sistema bancario non si regge certo con i tassi del 18% che acquisisce, ma con quelli che paga ai piccoli operatori, ai piccoli risparmiatori del milione, dei due milioni che non sanno come investire il loro capitale, che sono numerosissimi e compongono una quantità di depositi imponenti.
Tutte le categorie piccole e indifese, poniamo per esempio i pensionati che sono fra quelli che possono fare quei piccoli depositi però non possono contrattare nulla a livello di tasso, per tale via hanno trasferito circa 7.000 miliardi dalle loro tasche a quelle di imprese, Enti pubblici e speculatori che si sono indebitati con le banche nell'ultimo triennio.
L'esistenza di tali situazioni è un motivo in più per richiedere un'oculata e rigorosa scelta degli amministratori bancari.
I criteri di onestà e competenza che sono stati avanzati e di cui tutti hanno sostanzialmente parlato ci sembrano adeguati; purché chiaramente definiti e purché non provochino ingiustificate discriminazioni. E' questo il lato maggiormente da valutare.
Occorre, cioè, valutare specificatamente le attitudini personali senza privilegiare l'appartenenza all' una od all'altra categoria professionale poiché autonomia di giudizio e visione generale dei problemi si possono acquisire per vie diverse.
Importante è soprattutto l'uso della carica che non deve portare a prevaricazioni di parte né a pratiche clientelari. Non vogliamo tacere tutta la storia del Banco di Roma, dell'Immobiliare di Sindona, delle banche private, della vicenda che accompagnò la Cassa di Risparmio di Livorno che si chiuse con le nomine contestate l'altro giorno, che vide una serie di operazioni che la portarono quasi al fallimento e di tante, tante altre banche di cui si potrebbe fare cenno, ma non è questo il momento.
Inevitabile per contro è il prevalere di un orientamento rispetto ad altri, in rapporto alle posizioni professate ed agli obiettivi generali perseguiti.
L'unità di metodi e di indirizzi di gestione del sistema bancario è indispensabile sia per affermare l'obiettivo della programmazione sia per sostenere la realizzazione di un efficace indirizzo di politica economica.
Se non vi sarà questo tutti i dibattiti possono lasciare il tempo che trovano.
La ricomposizione in una linea unitaria delle tendenze e degli orientamenti che si manifestano nel sistema creditizio, a tutto vantaggio dell'economia nazionale, dovrebbe risultare tanto più efficace quanto più la scelta degli amministratori sia stata corretta e responsabile. E' in questo intendimento che riteniamo opportuno avviare il dibattito su un tema così attuale.
In questa materia la Regione, infatti, anche in assenza di competenze specifiche ha tuttavia un interesse notevole per i continui contatti e per il ruolo che questi Enti possono avere per una loro politica più aderente ai bisogni sociali della nostra comunità. Questa è l'opinione, l'indirizzo e il contributo che la Giunta regionale intende portare in questo dibattito.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Desidero solo precisare che l'intervento della Giunta non è conclusivo.
E' un intervento che si è collocato nel dibattito. Per quanto riguarda il mio Gruppo, noi ci rifacciamo sostanzialmente al dibattito e all'intervento del nostro Capogruppo perché ovviamente se ci fosse un'espressione di voto sulla semplicistica conclusione del Presidente della Giunta, per il taglio per l'insufficiente valutazione che in questa relazione vi è, noi dovremmo votare contro.



PRESIDENTE

Non sono emersi né documenti né conclusioni formali da questo dibattito che è stato, invece, un confronto di opinioni su un tema di grande interesse, anche in relazione alle prospettive di accordi nazionali e in prossimità del dibattito sul Piano regionale di sviluppo. Il punto è stato quindi svolto.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno relativo alle visite mediche specialistiche cui è sottoposto il personale femminile prima dell'assunzione in alcune fabbriche del Novarese e del Vercellese


PRESIDENTE

Ho ricevuto una proposta di ordine del giorno particolarmente rilevante, a firma dei Capigruppo Bontempi, Castagnone Vaccarino, Bianchi Calsolaro, Rossotto e Marchini: "Il Consiglio regionale del Piemonte venuto a conoscenza del fatto che in alcune fabbriche di Grignasco (NO) e di Valduggia (VC) in occasione delle visite mediche per l'assunzione del personale femminile si sottopongono le donne a test di gravidanza ritiene che tale indagine medica violi i diritti costituzionali al lavoro e all'uguaglianza dei cittadini esprime la propria solidarietà con le lavoratrici interessate invita il Ministro del lavoro, il Ministro di grazia e giustizia, la Commissione lavoro della Camera, che sta discutendo le diverse proposte sulla parità, e la Commissione Affari costituzionali del Senato a voler esaminare urgentemente i fatti e ad assumere le decisioni necessarie ed opportune per garantire ad ogni cittadino il rispetto della propria personalità e il riconoscimento del proprio diritto al lavoro".
Vi sono richieste di parola su quest'ordine del giorno? Chiede di parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Dichiaro di votare a favore a titolo personale compiacendomi in modo particolare di questa iniziativa che viene anche a sottolineare il comportamento tenuto dal titolare dell'azienda, che è persona certo politicamente molto lontana dalle posizioni di destra.



PRESIDENTE

Vi sono altre dichiarazioni di voto? Non ve ne sono. Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno sulla vertenza del gruppo Fiat


PRESIDENTE

Ho ricevuto un altro ordine del giorno a firma dei Consiglieri Bontempi, Alberton, Calsolaro, Marchini, Castagnone Vaccarino, Rossotto: "Il Consiglio regionale, mentre constata con soddisfazione che su taluni punti significativi la vertenza e trattativa nel gruppo FIAT ha compiuto passi innanzi, auspica che la vertenza stessa venga globalmente e tempestivamente risolta onde poter, nella normalità del rapporto, procedere prontamente all'attuazione degli impegni più qualificanti, più volte auspicati, quali gli investimenti al Sud. Nell'ambito di questa valutazione il Consiglio regionale chiede che la Direzione FIAT riesamini le posizioni di dipendenti licenziati in relazione alle tensioni collegate con la vertenza, auspicando che tutte le parti contribuiscano al migliore ristabilimento dei rapporti all'interno dell'azienda e ad una serena e responsabile attività lavorativa".
Caldeggio anch'io quest'ordine del giorno perché dà una formale conclusione al dibattito e al confronto di posizioni avvenuto ieri al Teatro Nuovo fra le forze politiche democratiche antifasciste presenti nei Consigli comunale, provinciale e regionale, i sindacati e i consigli di fabbrica. Non vi sono richieste di parola. Metto in votazione l'ordine del giorno.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Università

Esame deliberazione Giunta regionale relativa a "Convenzione quadro tra Regione Piemonte e Politecnico di Torino"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto quinto all'ordine del giorno: "Esame deliberazione Giunta regionale relativa a 'Convenzione quadro tra Regione Piemonte e Politecnico di Torino' ".
La parola al Consigliere Alberton.



ALBERTON Ezio

L'argomento è di rilevante importanza anche se viene discusso sul finire della seduta. Da parte nostra esprimiamo parere favorevole a questa deliberazione di convenzione tra Regione e Politecnico. Ci preme sottolineare comunque alcuni aspetti che già avevamo fatto presente nel momento dello studio di questa deliberazione, che investono più in generale il problema delle ricerche della Regione. Nelle osservazioni che avevamo presentato abbiamo detto che siamo favorevoli a un coordinamento delle ricerche che la Regione intende fare e in particolare siamo favorevoli a un coordinamento di quelle ricerche che la Regione intendesse affidare a un istituto così qualificato come il Politecnico di Torino. Abbiamo per richiesto che questo coordinamento venisse effettuato da qualche organismo che vedesse presenti il Consiglio regionale nella sua veste istituzionale e, nel caso specifico di ricerche promosse dagli Enti locali, da un organismo che vedesse presenti anche questi Enti locali. Avevamo fatto riferimento, nella nostra osservazione, alla legge istitutiva dell'IRES che prevede all'art. 16 la creazione del Comitato di studi sulla programmazione regionale che tra l'altro aveva il compito di esprimere giudizi di valutazione sulle ricerche che la Regione intendesse eventualmente affidare ad altri Istituti esterni all'IRES stesso.
Questo organismo, pur previsto dalla legge, tuttora non è funzionante.
Non vogliamo difenderne a priori l'assoluta idoneità a svolgere il ruolo che la legge gli affida, però richiamiamo l'attenzione del Consiglio e della Giunta sulla necessità che, se non questo, un altro organismo debba farsi carico di questo coordinamento. Più in generale chiediamo che la Giunta accetti di discutere in Consiglio annualmente il piano complessivo delle ricerche, siano state affidate all'IRES, siano esse affidate ad altri istituti specializzati, siano esse affidate a consulenze singole o di gruppi, nel caso di ricerche significative, al fine di farle obiettivamente diventare patrimonio dell'intera comunità regionale e in questo senso garantire il coordinamento con le esigenze degli altri istituti pubblici e degli altri Enti locali presenti nella Regione.
Sarà sicuramente necessario riprendere questo argomento nella legge delle procedure della programmazione. C'è la sottolineatura dell'esigenza di mettere in funzione un organismo di questo tipo. Se non è valido quello previsto dalla legge dell'IRES se ne faccia un altro, ma non possiamo andare avanti in assenza di un organismo di questo genere, perché non crediamo sia possibile ridurre una materia di tale rilevante importanza nell'esclusiva gestione della Giunta. Abbiamo sentito fare proposte diverse, quali quella di caricare di questa responsabilità la I Commissione programmazione e bilancio della Regione ma crediamo che comunque anch'essa non sarebbe sufficiente perché finirebbe per essere esclusivamente rappresentativa dell'istituto regionale.
Noi desidereremmo avere da parte della Giunta garanzie della disponibilità a studiare quest'aspetto, della disponibilità a riconoscere l'importanza sia del coordinamento sia della discussione preventiva, ad inizio di anno, in sede di bilancio del piano di studio e di ricerche complessive della Regione, dichiarando la nostra disponibilità alla collaborazione per poter poi avviare la ricerca nella sede più idonea e nella composizione per svolgere questi ruoli.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l'Assessore Fiorini. Ne ha facoltà.



FIORINI Fausto, Assessore all'istruzione

Concordo con il Consigliere Alberton nel ritenere questo argomento di estrema importanza: ad esso forse avremmo dovuto dedicare maggiore spazio.
Lo abbiamo relegato alla fine di una mattinata, ma dato che implica problemi più generali, non è escluso che si possa riprendere. Per il momento vorrei semplicemente rispondere alle osservazioni del Consigliere Alberton. Mi sono occupato di questo argomento e da parte mia non c'era nessuna difficoltà a delegare a questo organismo il compito di coordinamento, ma l'organismo non esisteva e non ho potuto fare a meno di riscontrare la necessità di andare avanti subito.
Ho accolto invece, mi pare giustamente, la richiesta che fossero i Comuni stessi a dire se, nell'ambito di questo coordinamento, accettavano o, meno la funzione di coordinamento della Regione e del Politecnico.
Abbiamo lasciato loro la libertà di accettare o no questo coordinamento. Mi pare che è quanto si poteva fare. Per ciò che riguarda la costituzione di un organismo tale che non abbia competenza soltanto su queste questioni, ma abbia una competenza più ampia per ciò che riguarda tutto il problema della ricerca, credo che la Giunta sia disponibile ad un discorso su questo argomento. Non avrei altro da aggiungere.



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? Non ve ne sono.
Vi dò lettura della deliberazione: "Il Consiglio regionale riconosciuta l'opportunità di rendere meno occasionale e più agevolmente realizzabile il rapporto fra il Politecnico di Torino e la Regione Piemonte viste le modalità, le forme e gli adempimenti che risultano dalla convenzione quadro allegata alla presente preso atto delle proposte della Giunta regionale in merito e ritenutele meritevoli di approvazione delibera di approvare l'istituendo rapporto di collaborazione, deliberato dalla Giunta regionale, tra il Politecnico di Torino e la Regione Piemonte autorizzando la Giunta stessa ad assumere ogni conseguente determinazione al riguardo di approvare l'allegata convenzione quadro tra la Regione Piemonte ed il Politecnico di Torino con le modalità, adempimenti e forme nella stessa previste.
La presente deliberazione sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Metto in votazione la deliberazione per alzata di mano.
La delibera è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Edilizia scolastica

Legge 5/8/1975, n. 412. Programma triennale di edilizia scolastica 1975-'76 '77 approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 53 dell'8/1/1976. Ulteriori variazioni


PRESIDENTE

Si potrebbe votare rapidamente il programma triennale di edilizia scolastica, dato che la Commissione lo ha licenziato con parere unanime. Vi sono dichiarazioni, osservazioni, richieste di parola in merito? Non ve ne sono.
Il progetto di delibera recita: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione della Giunta regionale n. 26-7777 all'uopo predisposta in data 12 aprile 1977 delibera di far proprie le conclusioni ivi predisposte e pertanto a) vengono recepite le proposte di modificazione del primo programma triennale di interventi ai sensi della legge 5/8/1975 n. 412, nella forma riportata nei prospetti allegati b) tali proposte sono presentate formalmente al Ministero della pubblica istruzione per il perfezionamento dell'intesa.
Data l'urgenza dei conseguenti provvedimenti, la presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art.. 49 della legge 10/2/1953 n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano. La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Nomine

Sostituzione signor Egidio Sulotto, Presidente Consorzio regionale fra gli I.A.C.P


PRESIDENTE

Il punto sesto reca: "Sostituzione signor Egidio Sulotto, Presidente Consorzio regionale fra gli I.A.C.P.". Il nome proposto è quello di Carlo Costanzo.



ALBERTON Ezio

Si possono chiedere le motivazioni delle dimissioni del signor Egidio Sulotto?



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Il motivo per cui l'on. Sulotto si dimette dalla Presidenza del Consiglio di Amministrazione del Consorzio è relativo agli impegni che lo assorbono a livello di Vice Presidenza dell'I.A.C.P. di Torino, che gli rendono difficile reggere, come ha retto in questi mesi, entrambe le cariche.



PRESIDENTE

Si proceda alla distribuzione delle schede ed alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: Presenti e votanti: n. 34 ha ottenuto voti: Carlo Costanzo: n. 23 schede bianche: n. 11 Il signor Carlo Costanzo sostituisce pertanto Egidio Sulotto nel Consorzio regionale fra gli I.A.C.P.


Argomento: Nomine

Proposta di deliberazione della Giunta regionale relativa alla "Nomina dei rappresentanti della Regione nelle Commissioni Provinciali per i beni culturali ed ambientali previste dall'art. 2 della legge 29/6/1939 modificata dall'art. 31 del D.P.R. 3/12/1975, n. 805"


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, potremmo ancora votare per alzata di mano la proposta di deliberazione della Giunta regionale relativa alla: "Nomina dei rappresentanti della Regione nelle Commissioni Provinciali per i beni culturali ed ambientali previste dall'art. 2 della legge 29/6/1939 modificata dall'art. 31 del D.P.R. 3/12/1975, n. 805", che recita: "Il Consiglio regionale visto l'art. 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 modificato dall'art.
31 del D.P.R. 3/12/1975, n. 805 viste le proposte della Giunta in merito: delibera di designare al Ministero per i beni culturali ed ambientali i sottoelencati funzionari, della carriera direttiva degli Assessorati del dipartimento organizzazione e gestione del territorio, a far parte delle Commissioni provinciali per la tutela delle bellezze naturali: per la Commissione provinciale di Torino l'arch. Cristina SERTORIO LOMBARDI, comandata presso l'Assessorato alla pianificazione del territorio e parchi naturali per la Commissione provinciale di Novara l'arch. Paolo TREVISANI Istruttore presso l' Assessorato alla pianificazione del territorio e parchi naturali per la Commissione provinciale di Vercelli l'arch. Pier Augusto DONNA BIANCO, comandato presso l'Assessorato alla pianificazione del territorio e parchi naturali per la Commissione provinciale di Alessandria l'arch. Mario SANPIETRO, Istruttore presso l'Assessorato alla pianificazione e gestione urbanistica per la Commissione provinciale di Asti l'arch. Anna Maria BAIRATI Istruttore presso l'Assessorato alla pianificazione e gestioni' urbanistica per la Commissione provinciale di Cuneo l'arch. Rosella SCAPINO Istruttore presso l'Assessorato alla pianificazione e gestione urbanistica.
La presente deliberazione è dichiarata immediatamente esecutiva, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953 n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 65 dello Statuto".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti in aula.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,30)



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