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Dettaglio seduta n.121 del 02/06/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL RESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Se non vi sono osservazioni, i verbali delle sedute del 26 maggio sono approvati.
Comunico che le tabelle allegate alla deliberazione urbanistica approvata l'altro giorno, verranno sostituite in mattinata dalla Giunta per alcuni errori materiali.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Lombardi, Paganelli, Soldano e Martini ed interrogazione dei Consiglieri Graglia Artico e Dadone: "Situazione occupazionale alla Cartiera di Ormea"


PRESIDENTE

Passiamo alle interrogazioni ed interpellanze.
Sono state presentate due interrogazioni, la prima dai Consiglieri Lombardi, Paganelli, Soldano, Martini, la seconda dai Consiglieri Graglia e Dadone sul medesimo argomento, cioè la situazione occupazionale alla Cartiera di Ormea.
La parola all'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

La situazione della Cartiera di Ormea è nota alla Regione in quanto da tempo è stata interessata dalle organizzazioni sindacali alla sua problematica; i primi contatti risalgono al 1974; si sono ripetuti nel 1975 ed ancora ultimamente.
Già in quegli incontri, determinati peraltro da situazioni contingenti sia pur gravi, come la cassa integrazione, congiunture negative e crisi di settore, emergeva il problema di fondo legato all'assetto proprietario che sta diventando via via più grave e richiede una definitiva e sicura soluzione pena la scomparsa o quantomeno il drastico ridimensionamento dell'unità produttiva. Il settore cartario attraversa da tempo una crisi dovuta a complessi motivi che hanno messo a dura prova aziende di ben più grandi dimensioni e richiede quindi un notevolissimo impegno imprenditoriale e manageriale. All'inizio di quest'anno il problema è stato portato alla ribalta da parte delle organizzazioni sindacali preoccupate del futuro dell'azienda, e dall'Amministratore delegato che denunciava una difficile situazione di mercato, causata anche dall'accresciuta concorrenza estera. A seguito del colloquio avvenuto il 26/1/1977, l'Assessorato insieme con le Amministrazioni comunali e provinciali, interpellate le organizzazioni sindacali, compiva una serie di sondaggi e interventi presso alcuni tra i principali clienti della Cartiera (Monopolio di Stato Pirelli, Ceat) nel tentativo di assicurare un maggior flusso di ordinazioni, ottenendo qualche apprezzabile risultato in ordine all'acquisizione di qualche commessa.
Tutto ciò, pur alleggerendo la tensione nell'equilibrio produzione vendite, non sciolse i punti nodali della questione affrontati in una riunione del 18/5/1976 con le organizzazioni sindacali, il Consiglio di fabbrica, il Sindaco di Ormea, il Presidente dell'Amministrazione provinciale di Cuneo. In quell'occasione si ribadiva la validità tecnologica dell'azienda, la solida situazione patrimoniale, la necessità di ristrutturazione e diversificazione per allineare l'azienda su produzioni sostitutive della carta per isolamento (fin plastico) e soprattutto, l'urgenza di convocare i responsabili aziendali perch chiarissero concretamente le prospettive future e le iniziative che intendevano assumere anche in relazione all'assetto proprietario.
Si giungeva così all'incontro di giovedì 26, al quale ha partecipato anche il nostro Presidente, l'Amministratore delegato, un membro del Consiglio di Amministrazione ed alcuni dirigenti. L'Amministratore delegato ha confermato preliminarmente che non ci sarà alcuna riduzione dei livelli occupazionali ed ha ribadito che qualunque eventuale futuro provvedimento non verrà attuato unilateralmente, ma verrà prima discusso con sindacati ed istituzioni. Ha tuttavia fatto rilevare che l'azienda è fortemente squilibrata, sostanzialmente per due fattori, il personale, giudicato eccessivo e sovrabbondante, e il costo degli interessi bancari; ha dichiarato che la Cartiera di Ormea ha una perdita annua di circa un miliardo. Illustrando le iniziative intraprese in questi ultimi due anni l'Amministratore delegato ha riferito dei contatti assunti con diversi gruppi potenzialmente interessati ad acquisire il pacchetto azionario (Burgo, Saffa, Cartiere Rossi). Si dice che un potenziale acquirente vorrebbe rilevare l'azienda "pulita" (brutto termine quando si parla di uomini). In secondo luogo ci è stato riferito che sarebbe stata inoltrata una richiesta alla GEPI.
Al proposito abbiamo espresso la nostra riserva non ritenendo in questo caso che si debba far ricorso alla GEPI.
Sul fronte finanziario il proprietario ha sottoscritto un prestito obbligazionario di circa 2 miliardi e 600 milioni. In merito alla diversificazione produttiva (fin plastico), l'azienda ha avviato studi e ricerche arenatisi per gli eccessivi investimenti che tale produzione avrebbe richiesto e per una situazione di mercato ancora interlocutoria.
L'Amministratore delegato chiedeva infine l'intervento urgente della Regione su Istituti bancari affinché soprassedessero alle recenti iniziative di "stretta creditizia" assunte nei confronti dell'azienda (sono istituti che hanno chiesto il rientro e la revoca di affidamenti fruiti ed hanno intimato i pagamenti), sugli istituti previdenziali e assistenziali per l'ottenimento di rateizzazioni e dilazioni nel pagamento dei contributi; sugli istituti abilitati al credito agevolato per un rapido espletamento dell'istruttoria della pratica di finanziamento agevolato; sui clienti per un aumento delle forniture.
Su questi punti abbiamo assunto l'impegno di intervenire a sostegno dell'azienda. Gli interventi sulle banche, sugli istituti previdenziali e sui fornitori sono finalizzati a risolvere esigenze immediate, ma non significano certamente la soluzione finale che riteniamo debba invece essere ricercata nell'ingresso di un nuovo gruppo capace di garantire il rilancio dell'unità produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali.
Siamo ben consci di ciò che rappresenta la Cartiera per Ormea, per l'intera Valle Tanaro e più in generale per il Comprensorio di Mondovì.
Dopo la prima fase urgente che abbiamo già avviato con banche ed istituti previdenziali, intendiamo contattare i gruppi potenzialmente interessati ad acquisire l'azienda nella sua interezza e globalità.
Tutto questo in stretto collegamento e coordinamento con il Comune di Ormea, la Provincia di Cuneo ed il Comprensorio di Mondovì. Inoltre raccogliendo l'invito rivolto dal Consiglio di fabbrica e dalle organizzazioni sindacali, già sono stati investiti del problema i Ministri dell'industria e del lavoro. Credo che la garanzia data alle organizzazioni sindacali per iscritto di non dar luogo ad atti unilaterali sia un fatto importante, ma assolutamente non risolutore. Di qui l'esigenza di far presto e di far bene, quindi di realizzare attorno a questa questione un impegno unitario anche nei confronti del Governo.
Poiché nell'interrogazione dei Consiglieri Graglia e Dadone opportunamente si richiamano altre difficoltà presenti in zona e si fa riferimento esplicitamente alla Lepetit controllata dalla Dow Chemical debbo dire che intendiamo interessare il Ministero affinché questa azienda non ci serbi improvvise sorprese. E' il problema che già altre volte ho sollevato qui relativamente al comportamento delle multinazionali e alle garanzie che lo Stato italiano deve esigere.
In questi giorni alcuni quotidiani hanno riportato titoli e contenuti che pongono comunque all'attenzione dei pubblici poteri la situazione Lepetit ad esempio: "Annata record di utili", "Mistero sugli acquisti Lepetit". C'é l'accusa della Magistratura di Brindisi di aver esportato illegalmente 20 miliardi. L'esercizio si sarebbe chiuso con 10 miliardi e mezzo di utili contro i 4 e mezzo del 1975. Le vendite sarebbero cresciute in un solo anno del 30%; il dividendo per le azioni ordinarie è passato da 240 lire a 620; quello delle azioni privilegiate da 320 a 700 lire. Ma nel gruppo si è effettuato un certo esodo di lavoratori; nei giornali di giovedì si esprimono preoccupazioni per cospicue operazioni di acquisto di titoli effettuati dalla Lepetit, operazioni che non sarebbero avvenute tutte in Borsa, ma in parte fuori del mercato.
Non voglio in questo momento esprimere giudizi di merito che del resto non mi sono richiesti nell'interrogazione, ma dal momento in cui il problema è opportunamente richiamato nell'interrogazione voglio assicurare gli interroganti che già abbiamo posto la questione nelle debite sedi.
Questa mattina abbiamo inviato un fonogramma al Ministro Donat Cattin esprimendo la nostra opinione poiché non vogliamo trovarci davanti a sorprese, come è capitato per tante aziende di proprietà di multinazionali.



PRESIDENTE

La parola alla professoressa Soldano.



SOLDANO Albertina

La nostra interrogazione è da mettere in correlazione con i gravi motivi di preoccupazione derivanti dalla situazione occupazionale in una delle zone più depresse del Piemonte, come opportunamente ha fatto rilevare l'Assessore Alasia. Anzi, la Val Tanaro, in sintesi, si identifica con la Cartiera di Ormea. Pertanto, quando noi abbiamo ritenuto di puntualizzare la gravità di questo problema, tenevamo, in effetti, presente la situazione precaria di tutta la vallata. La situazione dei 400 dipendenti che temono di perdere il posto di lavoro, a parte il danno che ne deriverebbe ai singoli, significa un danno socio-economico gravissimo per tutta la vallata e, forse, un ulteriore passo verso quella morte lenta di tutta la plaga che fu già tenuta presente durante la prima legislatura di questo Consiglio regionale, quando si varò l'iniziativa per le aree industriali attrezzate.
La situazione della Val Tanaro, ai fini occupazionali, è l'ago della bilancia che ha determinato la scelta nei confronti del Comprensorio di Mondovì, per un'area industriale attrezzata. Abbiamo partecipato all'assemblea aperta del 26 maggio scorso, testè ricordata dall'Assessore: assemblea molto impegnata, durante la quale abbiamo avuto modo di renderci conto dello stato di gravissima preoccupazione, anche a livello personale delle forze politiche ivi rappresentate e, in primo luogo dell'Amministrazione comunale. A conclusione dei lavori dell'assemblea, è rimasto in noi un profondo senso d'incertezza, poiché non si è potuta conoscere in termini esatti la situazione. La risposta dell'Assessore alla nostra interrogazione è stata ora ampia, esauriente, fondamentalmente onesta; però è chiaro che la preoccupazione per il domani continua a persistere. In realtà, sappiamo che, in generale, le attrezzature e gli impianti potrebbero essere considerati tuttora validi; ma rimane il grosso dubbio sul reale costo del lavoro, nonché sui costi di produzione che forse non sono competitivi, in sostanza su quel "surplus" di manodopera che è essenziale motivo di preoccupazione, a parte tutte le altre considerazioni di ordine socio-economico che il problema pone alla nostra attenzione.
Ringrazio, anche a nome dei colleghi che hanno firmato l'interrogazione, l'Assessore per la risposta adeguata. Riteniamo, per che sia doveroso continuare ad insistere con un'azione diretta da parte della Giunta regionale. In seguito a telefonate ricevute ieri sera da parte dell'Amministrazione comunale e da rappresentanti delle forze sindacali, ho appreso che continua il rapporto tra la Giunta comunale di Ormea e i Ministri del lavoro e dell'industria; anzi, il Sindaco dovrebbe recarsi, a brevissimo termine, al Ministero del lavoro ed avere un incontro diretto con la Segreteria del Ministro Anselmi.
In sintesi, esistono aspetti tecnici che indubbiamente vanno affrontati con la dovuta serietà; ma esistono anche aspetti politici che devono chiaramente essere affrontati, in modo che l'impegno di tutti possa approdare a proposte concrete per risolvere una situazione decisamente drammatica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Anna Graglia.



GRAGLIA Anna

La risposta fornita dall'Assessore ha messo in evidenza l'impegno con il quale la Regione si sta muovendo per seguire le vicende della Cartiera di Ormea e del complesso dell'occupazione nella Valle Tanar. Ci troviamo di fronte a un problema che investe l'intera comunità e un'intera vallata perché il Comune di Ormea è strettamente connesso alla vita di questa entità produttiva.
Consideriamo che il Comprensorio monregalese ha subito in questi anni traumatici attacchi ai livelli occupazionali nell'industria, in particolare nella zona di Mondovì, e anche nella Valle Tanaro, dalla lontana mobilitazione della Lepetit, che aveva già ridotto di metà gli occupati alla chiusura e al trasferimento di aziende, all'episodio della Richard anch'essa collegata a un complesso multinazionale. E' chiaro quindi che la vicenda della Cartiera di Ormea è vissuta drammaticamente dai lavoratori e dal complesso della popolazione.
Crediamo che l'impegno debba essere svolto unitariamente, come unitario è l'impegno che si è testimoniato all'interno dell'assemblea della fabbrica. Ci troviamo di fronte ad un'impresa che non è obsoleta, anzi è in grado di produrre in forma competitiva a livello europeo, produce materiale particolare, carta fine e finissima, e quindi un'azienda altamente specializzata. Industrie di quel tipo nel nostro Paese ce ne sono soltanto tre, esiste quindi una possibilità di sviluppo, pur considerando le difficoltà del settore cartario. Ciò che più preoccupa è il tipo di sviluppo che si può dare: non basta soltanto fare riferimento alle commesse, ciò che manca oggi alla Cartiera è un reale piano produttivo quindi una prospettiva di produzione. L'aspetto più macroscopico è rappresentato dalla mancanza di uno staff proprietario che dia garanzia: la proprietà della Cartiera è la Piaggio e risulta che tutti i dirigenti dell'azienda, oggi in pensione, dirigono l'azienda quali consulenti esterni; quindi manca lo staff dirigenziale al servizio dell'azienda e manca lo staff proprietario perché inesistente.
Quindi il tipo di iniziative che Governo e Regione dovranno intraprendere devono essere convergenti e tali da riuscire insieme a trovare lo sbocco in merito all'aspetto proprietario e dirigenziale che ci pare la questione più grave e preoccupante. Di fronte a questa situazione credo che l'Assessore abbia fatto bene a dire che gli interventi della GEPI debbano essere collocati al sud. Se non si troveranno altre soluzioni si dovrà vedere in quale modo potranno intervenire le partecipazioni statali o iniziative analoghe, per far sì che la fabbrica non chiuda e per riuscire a realizzare, per la prima volta, un intervento con successo in quella zona.



PRESIDENTE

Le interrogazioni sono discusse.
Non siamo ancora pronti a discutere tutto quanto è iscritto all'ordine del giorno, pertanto riterrei di dare inizio alla discussione sulla legge dei trasporti.
Chiede ancora la parola il Consigliere Cerchio. Ne ha facoltà.



CERCHIO Giuseppe

Chiedo all'Assessore ai trasporti se è possibile collocare nella discussione anche la risposta all'interrogazione urgente che ho presentato in relazione ai disguidi non indifferenti che ieri sera si sono creati al casello aperto di Trofarello.



PRESIDENTE

Penso che l'Assessore possa rispondere anche a questo.


Argomento: Norme generali sui trasporti - Viabilità

Esame disegno di legge n. 97: "Legge generale regionale sui trasporti e sulla viabilità"


PRESIDENTE

Il punto quarto all'ordine del giorno reca: "Esame disegno di legge n.
97 'Legge generale regionale sui trasporti e sulla viabilita' " Il relatore designato dalla II Commissione è la signora Anna Graglia Artico, a cui dò la parola.



GRAGLIA Anna, relatore

Con il disegno di legge n. 97 ci si propone l'adozione di un provvedimento di legge generale a livello regionale sui trasporti e sulla viabilità. E' indispensabile innanzitutto aver chiara consapevolezza che quello dei trasporti e della viabilità è un settore economico fondamentale non solo perché eroga un servizio indispensabile alle esigenze di mobilità delle persone e delle cose, ma anche perché è uno dei più rilevanti strumenti di politica economica data la sua determinante incidenza sul tipo di sviluppo.
Nel nostro Paese, il sistema dei trasporti (terrestre, aereo marittimo, portuale) è contraddistinto da un basso livello di produttività ed efficienza, a cui peraltro fanno riscontro costi molto elevati che hanno effetti negativi sulla collettività, sulle famiglie e sull'economia. E' infatti sulla collettività che si riversa lo stato di crescente e pesante passività di quasi tutte le aziende di trasporto i cui oneri gravano sulle finanze dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali.
La relazione generale sulla situazione economica del 1975 colloca i trasporti al secondo posto dei consumi finali delle famiglie con una spesa di 7568 miliardi (pari al 9,96% dei consumi) preceduti soltanto dalle spese per l'alimentazione.
Tale cifra, pur rilevante, non riflette per intero l'incidenza effettiva del trasporto sui bilanci delle famiglie, perché è riferita ai soli movimenti di persone e non comprende il trasporto delle merci che è parte del prezzo finale di quasi tutti gli altri consumi e che supera i 5000 miliardi per i soli trasporti ferroviari e stradali.
Altro dato di rilievo da considerare riguarda la suddivisione della spesa delle famiglie sempre in materia di trasporti, solo il 16% è stato assorbito dall'utilizzazione dei servizi pubblici, mentre ben l'84% è stato assorbito dall'acquisto e dall'esercizio di mezzi privati.
Constatato che la forte maggioranza degli spostamenti delle persone viene effettuata con mezzi privati e la parte prevalente delle merci viene trasportata su strada, in entrambi i casi in proporzioni nettamente superiori a quelle degli altri paesi europei, dobbiamo valutare quali ripercussioni ciò determini sull'intera economia del Paese, avendo presente che questi due mezzi di trasporto presentano i più elevati costi unitari ed i più alti consumi energetici.
Dall'analisi dei dati del Controllo Nazionale Trasporti risulta che nel 1971 la conta di spesa complessiva per i trasporti era, esclusi quelli marittimi, di 16.000 miliardi, pari cioè ad un indice percentuale d'incremento, rispetto al 1966 quando la spesa era di 7924,61 miliardi, di 118 punti, 25 dei quali d'aumento sul 1970.
Contemporaneamente il reddito nazionale lordo è salito da 38.498 miliardi nel 1966 a 63.127 miliardi nel 1971, con un aumento pari al 64%.
In sostanza il costo dei trasporti è aumentato nel periodo considerato come da 100 a 213, il reddito nazionale lordo è passato come da 100 a 165, con una differenza di 48 punti, quasi il doppio dell'aumento del reddito. Se a tale costo si aggiungono le spese relative ai trasporti marittimi e alle infrastrutture portuali, che approssimativamente possono considerarsi pari al 14,6% del costo generale dei trasporti e corrispondenti in cifra assoluta a 2467 miliardi, si ha una spesa complessiva di 19.371,78 miliardi, che rappresenta il 30,6% del reddito nazionale lordo del 1971.
Per gli anni successivi non si registrano modificazioni nella tendenza analizzata. Le ipotesi portavano a valutare per il 1974 un ulteriore divario fra gli indici di sviluppo del costo dei trasporti e del reddito nazionale lordo come da 100 a 326 per i trasporti e come da 100 a 253 per il reddito nazionale con una differenza di 73 punti percentuali. Il costo dei trasporti aumenta quindi ad un ritmo di gran lunga superiore a quello del reddito nazionale. La spesa complessiva in cifra assoluta nel 1974 in base a questa ipotesi risultava di 29.812,66 miliardi. Ma oggi che siamo in possesso del Conto Nazionale dei trasporti per l'anno 1974, abbiano visto che la spesa finale ammonta a 31.093 miliardi, quindi con un aggravio di altri 2.000 miliardi rispetto alle ipotesi fatte, avendo presente che è escluso da questo computo il trasporto marittimo che è stimabile attorno al 14%. Nell'arco del '74 la spesa dei trasporti ha raggiunto complessivamente la quota di 35 mila miliardi e si ipotizza che oggi essa sia attorno ai 45 mila miliardi annui.
E' chiaro che in misura notevole sul costo dei trasporti ha inciso il considerevole aumento del prezzo della benzina.
Una parte importante del reddito nazionale (circa il 30%), oltre 30 mila miliardi di lire (oggi dobbiamo dire oltre 40 mila miliardi), viene impiegato per i trasporti, ma a ciò corrisponde un risultato per diversi aspetti negativo. Infatti il servizio prodotto è gravemente carente per qualità, quantità, per diffusione e distribuzione territoriale, non contribuisce adeguatamente allo sviluppo economico e sociale del Paese ed al riequilibrio del suo assetto territoriale, con particolare riferimento al divario nord-sud, città-campagna come è stato ampiamente ed approfonditamente rilevato alla conferenza nazionale delle Regioni sui trasporti. E' mancata una considerazione globale delle infrastrutture, dei mezzi e dei servizi per il trasporto e le vie di comunicazione, strade autostrade, ferrovie, porti e così le linee ferroviarie, quelle automobilistiche, aeree, marittime sono state considerate separatamente spesso anzi in concorrenza fra loro.
L'assenza di un quadro economico nazionale e la mancata predisposizione di piani nazionali poliennali integrati dei trasporti, con lo scopo di perseguire la massima finalizzazione degli investimenti agli obiettivi di efficienza dei servizi e di sviluppo e riequilibrio dell'economia e del territorio, è un dato che non possiamo non rilevare.
La frammentazione delle competenze, artificialmente ripartite fra Stato, Regioni, Enti locali, e per quanto riguarda lo Stato suddivise fra numerosi ministeri ed apparati centrali e periferici (otto ministeri hanno competenza in materia; 4 con funzioni principali: trasporti, marina mercantile, LL.PP., tesoro; 4 con funzioni secondarie: interni, finanze industria e difesa), la disarticolazione delle competenze stesse, ha inevitabilmente prodotto un disordine amministrativo, determinando il moltiplicarsi degli apparati, delle procedure, degli interventi e quindi con notevoli sperperi nelle spese, improduttività negli investimenti ritardi nelle realizzazioni.
In una situazione di crisi economica quale quella in cui si dibatte il nostro Paese cambiare il modello di sviluppo, rilanciando seriamente il trasporto pubblico, affidando all'automobile un ruolo corretto, è ormai un'esigenza sociale primaria.
Infatti la riorganizzazione del trasporto pubblico può diventare un aspetto fondamentale di quella nuova politica economica, capace di dare una risposta positiva ai bisogni delle masse popolari, dei lavoratori, dei ceti medi produttivi, avviando una graduale trasformazione e riconversione di parte dell'apparato produttivo esistente con la reale possibilità di istituire su questa base nuove fonti di occupazione, con la creazione di nuovi impianti industriali, in particolare nel Mezzogiorno, e l'ammodernamento tecnologico di quelli esistenti per produrre quei mezzi di trasporto pubblico di cui il Paese ha urgente bisogno.
Una riorganizzazione del trasporto pubblico che, oltre a considerarlo un fondamentale servizio sociale, lo qualifichi quale componente essenziale del processo produttivo con un ruolo importante nell'ambito dell'organizzazione del territorio, per la riqualificazione delle cinture industriali, per rendere più fruibili i beni di carattere sociale e culturale tipici delle città a tutto il territorio, per il decongestionamento delle aree conurbate. E a questo proposito è bene ricordare che proprio alla Conferenza europea sui trasporti, il rappresentante della Confederazione svizzera faceva rilevare come nel loro paese, grazie ad una rete di trasporti che ha permesso un collegamento stretto fra i paesi della campagna e della montagna e le città, vi è stato un equilibrato sviluppo territoriale che ha prodotto un risultato economico di non congestionamento dei grandi centri abitati, ha permesso perciò uno sviluppo diffuso nell'ambito dell'intero territorio. Credo che questi elementi che sono stati rilevati da altri partecipanti alla Conferenza europea, devono essere valutati attentamente a livello piemontese ed italiano.
Questi obiettivi già largamente presenti nei documenti del Piano regionale di sviluppo hanno trovato una espressione unanime nel dibattito svoltosi nel Consiglio regionale e il conseguente impegno di tutte le forze politiche democratiche a costruire insieme ed unitariamente le proposte operative, è questa la migliore risposta che si poteva dare di fronte ai bisogni emergenti.
Il Piemonte, che addensa al suo interno le contraddizioni più rilevanti di questo tipo di sviluppo, deve svolgere un ruolo qualificante per il conseguimento di obiettivi di riequilibrio territoriale, riqualificazione della periferia, equilibrato sviluppo fra città e campagna, tra industria e agricoltura, di riordino, di efficienza, di salvaguardia dei valori ambientali, di più spinto rendimento di tutti i servizi, di innalzamento della qualità della vita, problema quanto mai di drammatica attualità in questi mesi.
Un sistema integrato di trasporti pubblici in Piemonte deve avere come asse portante la rete ferroviaria, alla quale si attestino sia il servizio urbano che quello interurbano, attribuendo a quest'ultimo la funzione di collegare più capillarmente il territorio; in questo quadro è necessario anche definire, per le aree a bassa densità di popolazione, livelli minimi di servizio per assicurare i collegamenti indispensabili e per favorire il mantenimento delle popolazioni, soprattutto quelle dei centri agricoli.
Questi obiettivi che erano già indicati nei primi documenti del Piano regionale di sviluppo devono poi trovare concreta indicazione nel Piano regionale dei trasporti.
Il Piano regionale dei trasporti conterrà al suo interno l'indicazione delle politiche complessive (concernenti infrastrutture fisse, materiale mobile, gestioni) da perseguire sulla rete aeroportuale, su quella ferroviaria e su quella viaria tra loro relazionate alla scala regionale e creando le condizioni per un'elaborazione secondo criteri omogenei delle politiche comprensoriali, come affermato nel documento IRES ed Assessorato regionale ai trasporti e contenente il programma di lavoro per l'elaborazione del piano stesso.
Vale la pena ancora di ricordare che gli oggetti delle ricerche riguardano: sistema aeroportuale regionale sistema ferroviario regionale sistema delle comunicazioni e dei trasporti viari principali della Regione assetto delle comunicazioni in Valle di Susa trasporto merci controllo dei costi di produzione del servizio di trasporto collettivo su gomma metodologia per la formazione dei piani comprensoriali di trasporto.
Ed è in base alla predisposizione di questo lavoro che avremo a metà giugno il Convegno regionale sui trasporti indetto dalla Regione.
Tutte le considerazioni finora esposte fanno emergere chiaramente la necessità di una legge quadro nazionale capace di indirizzare le Regioni verso una soluzione omogenea dei problemi, certo differenti a livello locale, ma sostanzialmente riferibili tutti alla fondamentale questione di un uso corretto del territorio.
In questi giorni le Regioni hanno predisposto un primo documento a proposito del "Quadro di riferimento per il piano generale dei trasporti" elaborato dal Comitato dei ministri per i trasporti. Si tratta del documento di avvio per la formazione del piano nazionale dei trasporti previsto dalla legge 377 del 14 agosto 1974, che vincolava il governo a presentare entro il 31/12/1976 (data ormai superata) un disegno organico di piano nazionale entro cui collocare i piani di settore (F.S., Aeroporti etc.).
In esso le Regioni fanno presente che l'elaborazione del piano generale dei trasporti può rappresentare un atto di grande rilevanza ai fini dell'avvio di una politica dei trasporti a condizione che essa sia rapportata all'attuale sistemazione del Paese ed abbia come obiettivi il superamento degli squilibri territoriali, concorra all'allargamento della base produttiva e allo sviluppo dell'economia per il superamento della crisi.
Per raggiungere questi obiettivi occorrono alcune condizioni di base che possiamo così riassumere: processo di unificazione in un unico ministero di tutte le competenze in materia di trasporti: porti, ferrovie, trasporto su gomma, viabilità ecc far corrispondere al Comitato dei Ministri uno strumento tecnico per l'elaborazione del piano nel quale siano presenti le Regioni partecipazione decisionale delle Regioni negli interventi sulla gestione ed attuazione dei programmi dei diversi soggetti dello Stato operanti a livello territoriale in materia di trasporti e definizione di rapporti conseguenti con le strutture decentrate delle Aziende dello Stato individuazione precisa dei criteri per l'accertamento della rilevanza nazionale delle scelte regionali, e, reciprocamente, della rilevanza sul territorio regionale delle scelte nazionali definizione dei rapporti fra piani regionali dei trasporti e piani nazionali di settore onde evitare che questi vengano a collocarsi sul territorio in modo contrastante con la programmazione regionale conoscenza e - valutazione presa dei contenuti della programmazione funzionale avviata dalle singole aziende ed operatori dei vari comparti (FS., ANAS, Autostrade, porti, ecc.).
Già nella prima fase, è ancora precisato, si dovrà tendere alla compressione della quota di reddito nazionale utilizzata finora nel settore e parallelamente alla razionalizzazione dei costi di gestione, garantendo un migliore e più efficiente servizio attraverso: la massimizzazione del livello di utilizzazione delle infrastrutture esistenti lo sviluppo della potenzialità del traffico del sistema infrastrutturale esistente mediante l'ammodernamento degli impianti ed il più ampio ricorso alla tecnologia ed alla organizzazione, diffondendo e bilanciando i flussi l'eliminazione della concorrenzialità fra i vari modi di trasporto sostituita da principi d'integrazione.
A tempi brevi deve essere istituito il Fondo nazionale dei trasporti che preveda finanziamenti sia per investimenti sia a parziale copertura dei disavanzi delle aziende di trasporto, per scongiurare il pericolo, ormai incombente, di una paralisi del settore con conseguenze economiche e politiche che potrebbero assumere aspetti gravissimi.
A tutto ciò si aggiunga che i contenuti dei decreti di attuazione della legge 382 risultavano gravemente riduttivi rispetto alle proposte della Commissione Giannini ed addirittura in alcuni casi limitano le stesse competenze regionali previste dai decreti del 1972, come è stato rilevato nel dibattito che all'uopo questo Consiglio regionale ha svolto e come hanno fatto emergere le indicazioni di tutte le regioni italiane.
Su questo disegno di legge si è svolto nel corso di questi mesi un dibattito approfondito e proficuo sia a livello della comunità regionale sia nell'ambito della stessa II Commissione.
Il dibattito in Commissione ha visto l'appoggio positivo delle varie forze politiche per la migliore definizione e anche per la precisazione del testo di legge.
Il disegno di legge nel testo definitivo che sottoponiamo all'approvazione del Consiglio quindi una espressione unitaria ed unanime della Commissione.
Per vedere in breve come è articolato il disegno di legge osserviamo sommariamente diversi titoli. Titolo I - Una proposta di legge contenente una normativa-legge generale, in materia complessa e contemporaneamente eccessivamente frammentata come quella dei trasporti e della viabilità deve necessariamente riferirsi ad alcune finalità da porre sia nell'ambito del settore (unitarietà di indirizzo e quindi efficace azione di coordinamento, integrazione funzionale tra i vari comparti etc.) sia in relazione all'intero sistema socio-economico regionale e nazionale, a cui il sottosistema delle comunicazioni e trasporti partecipa.
Osserviamo solamente che i principi richiamati appartengono ad approfondimenti in parte già compiuti, in parte da affrontare, ma senz'altro di particolare attualità: il ruolo, cioè, che un ordinato settore delle comunicazioni e trasporti può svolgere nel riordino del sistema economico complessivo e nella equilibrata distribuzione delle attività nel territorio.
Si ribadisce qui quanto già precedentemente detto: il perseguimento delle finalità poste insieme al raggiungimento di livelli di offerta tesi a soddisfare le domande di mobilità in modo socialmente ed economicamente accettabile, comporta una decisa azione riformatrice. L'istituto regionale costituisce certamente un elemento di forza. Nell'articolato si è precisato il principio del controllo da parte dei poteri pubblici sull'erogazione del servizio di trasporto effettuato dalle aziende nonché sulla formazione dei costi di produzione.
Titolo II - Si giunge alla definizione dei compiti della Regione (art.
5) degli strumenti propri d'intervento: Comitato regionale di Coordinamento dei Trasporti e Piano regionale con i relativi contenuti (art. 6 - 8).
Già in questa parte della legge emerge l'indirizzo di favorire e sollecitare energicamente quel processo di decentramento amministrativo previsto dallo Statuto regionale e consentito dalla facoltà di concedere delega di funzioni agli Enti locali minori lasciando così all'istituto prevalenti compiti di direzione, programmazione e controllo.
In ordine al Comitato di coordinamento dei trasporti (art. 6) ci preme sottolineare semplicemente la necessità di un suo potenziamento ed adeguamento alle funzioni di Piano della Regione, oltreché di coordinamento delle politiche dei diversi Enti ed operatori interessati al settore.
All'uopo si è ritenuto di proporre alcune modifiche alla legge regionale n.
41/74 e successiva integrazione, introducendo tra i suoi compiti quello di partecipare attivamente all'impostazione delle linee di Piano regionale ed introducendo, tra i suoi membri, i rappresentanti dei Comitati comprensoriali, dell'Università, del Ministero trasporti, dell'Automobile Club Piemontese, dell'ANCI, dell'UNCEM, della CONFAPI, oltre all'Unione Industriale, AIGASA gestori aeroportuali e i gestori dell'autotrasporto merci.
In questa sede può stabilirsi, oltre che un rapporto costruttivo tra i vari Enti operatori e Regione, la collaborazione diretta con i Comitati comprensoriali per la formazione e la definizione dei singoli piani comprensoriali dei trasporti e viabilità.
Il piano regionale dei trasporti e della viabilità è uno strumento snello, contenente soprattutto criteri ed indirizzi rivolti verso i momenti decentrati della pianificazione e dell'attuazione delle politiche di trasporto nella Regione.
Oltre questo contiene già alcuni riferimenti sull'uso della rete e dei servizi di trasporto, attuali o previsti: i riferimenti sono fondati soprattutto sulle scale e sugli interessi che maggiormente spettano alla Regione: comunicazioni tra Piemonte e resto del territorio nazionale ed europeo, comunicazioni regionali ed intercomprensoriali, impianti e servizi di interesse sovracomprensoriali etc.
Inoltre sembra necessario affidare a questo strumento il compito del coordinamento finanziario (statale, regionale, Enti locali e operatori privati) per la materia in oggetto. Il tutto, certamente, in chiara armonia con la legge per le procedure della programmazione.
Titolo III - Nella definizione delle funzioni spettanti al Comitato comprensoriale si è avviata accurata considerazione della legge regionale n. 41 che ne prevede l'istituzione.
In questo senso si è sottolineato, mediante il punto b), la responsabilità dei Comitati comprensoriali nel processo di programmazione regionale: questi partecipano alla formazione dello stesso piano regionale sia con la loro presenza nel Comitato di coordinamento, sia con l'elaborazione dello strumento di programmazione alla scala comprensoriale cioè il piano dei trasporti comprensoriali.
Analoga considerazione vale per l'aggiunta di cui ai punti f) e g) (unità territoriali di gestione e politica tariffaria), punti che trovano una completa definizione nella fase di elaborazione del piano comprensoriale.
Il piano comprensoriale riguarda sia gli interventi sulle infrastrutture fisse, sui mezzi mobili e presenta una stretta correlazione con programma unitario ed integrato d'esercizio per quanto attiene ai servizi.
Esso deve contenere proposte di interventi riguardanti le infrastrutture e i servizi in settori come quello stradale o ferroviario la cui gestione compete ad Enti sovraregionali, in questo caso dello Stato.
Occorre ribadire sin da qui la necessità di trovare un corretto coordinamento tra formazione ed ipotesi contenute nel piano dei trasporti comprensoriale e formazione del piano territoriale di sviluppo. Tale rapporto va ricercato soprattutto in ordine all'assetto ed all'uso della rete di comunicazioni (stradali e ferroviarie) e in ordine alla predisposizione di strumenti di verifica e di controllo degli effetti di queste nei confronti degli obiettivi di assetto territoriale dell'area in esame.
L'identificazione di una funzione di pianificazione e coordinamento distinta dal momento della gestione sembra indispensabile sotto l'aspetto metodologico, appare opportuno dal punto di vista operativo perché si riesca a stabilire una funzione di controllo nell'attuazione del piano che ne assicuri la corretta realizzazione; tale funzione di controllo deve essere garantita dall'organizzazione della partecipazione alla elaborazione da parte degli Enti attuatori.
E' quest'ultimo un punto saliente della programmazione regionale: la partecipazione diretta alla formazione degli indirizzi ed alla elaborazione del piano da parte degli Enti locali chiamati poi ad attuarne i contenuti associandosi, costituisce condizione fondamentale e garanzia di corretta ed ottimale utilizzazione di quanto sarà loro attribuito in termini di risorse finanziarie. Da qui discendono i compiti dei Comitati comprensoriali previsti nella proposta di legge. Sono prevalenti compiti di programmazione e ciò andrà sempre ribadito, ma vengono delineate altresì responsabilità promozionali e di coordinamento (d'altra parte già previste dalla legge regionale n. 41 del 1975). Nello specifico, ciò si traduce nella formazione dei programmi unitari e integrati d'esercizio del trasporto, e, dove sussistono le condizioni, promuove la pubblicizzazione delle aziende e la costituzione dei consorzi secondo l'unità territoriale di gestione.
Altra facoltà, direttamente correlata con il compito di redigere il bilancio consolidato degli Enti locali del Comprensorio, viene affidata nel definire la ripartizione dei contributi regionali d'esercizio e di investimento tra le autorità di gestione interessate. A ciò si aggiunge l'azione di verifica dello stato di attuazione dei piani pluriennali di investimento dei Consorzi e delle aziende secondo le ipotesi finanziarie contenute nel piano comprensoriale.
Concludendo su questo punto, sembra corretto ipotizzare un rapporto tra momento programmatorio e momento amministrativo-gestionale mediante una funzione di verifica finanziaria dell'attuazione del programma previsto dal piano stesso.
Per quanto attiene all'offerta di autoservizio di trasporto collettivo il programma unitario d'esercizio dovrà contenere le aggregazioni di linee concorrenti verso punti significativi (stazioni, depositi, centri di servizi, poli industriali, etc.).
Si tratta qui di compiere un passo avanti verso una concezione del servizio di trasporto pubblico, per unità operative, facilmente adattabili alle esigenze di mobilità sul territorio, superando l'attuale impostazione del servizio per singola linea. Su questi aggregati andranno svolte previsioni finanziarie a fronte dell'intensità dell'offerta e delle condizioni operative in cui ci si trova: bacini montani, di pianura urbani, etc. Solo così si può instaurare un controllo economico nella gestione, ed arrivare alla definizione di alcuni indicatori significativi della produttività del servizio stesso.
Titolo IV - Nell'attuale cornice legislativa statale la Regione pu delegare proprie funzioni amministrative agli Enti locali (Comuni e Province) singoli od associati.
Anche questa azione si configura come strettamente collegata allo sviluppo del decentramento istituzionale e l'organizzazione di una più ampia partecipazione. Si tratta a questo punto di impostare un corretto collegamento tra l'azione sopra detta, la fase di intervento programmatorio e di Piano esercitata dalla Regione tramite i Comitati comprensoriali ed il momento di esercizio amministrativo dei poteri delegati agli Enti locali.
Ci sembra legittimo stabilire due terreni di possibili interazioni tra questi momenti.
Il primo riguarda la formazione dei consorzi, destinatari di delega di funzioni amministrative da parte della Regione. L'indirizzo adottato dalla Commissione prevede, sulla base dell'attuale legislazione in materia di formazione di Consorzi (consorzi facoltativi), l'aggregazione di Enti locali secondo dimensione territoriale innanzitutto raccordata con la dimensione di piano (area comprensoriale) ed inoltre idonea non solo alla gestione amministrativa dei poteri delegati, ma anche valida all'organizzazione ottimale per l'erogazione del servizio. Allo scopo si prevede la possibilità per lo stesso consorzio di costituire l'azienda speciale per la gestione diretta dei servizi.
Specifica inoltre la necessità di assumere, a carico della Regione, le spese strumentali, cioè del funzionamento delle strutture per l'avvio e l'esercizio delle funzioni delegate. Per quanto attiene alla concessione di nuovi servizi comprensoriali, si è attuato il criterio della concessione secondo unità territoriali, superando la concessione di linea per linea.
Titolo V - Il Titolo V della legge stabilisce le procedure per la formazione dei vari strumenti di programmazione (piano regionale dei trasporti e viabilità, piano comprensoriale, programma unitario ed integrato di esercizio e piani finanziari pluriennali), basandosi per quanto possibile sulla legge 4.6.1971, n 41 (art. 4 - 5 - 6 - 7 - 8).
L'art. 19 stabilisce i compiti dell'Ente Regione e ribadisce il contenuto di documento programmatico preliminare che deve assumere il piano regionale in attesa di una sua completa esplicitazione operativa che avverrà solo tramite l'elaborazione dei piani comprensoriali.
La Regione, in altre parole, deve formulare scelte, criteri ed indirizzi per la formazione dei piani comprensoriali, promovendone anche la formazione, in modo tale da garantire un corretto rapporto tra le scelte iniziali regionali ed eventuali proposte alternative comprensoriali. Tale rapporto potrà poi essere proficuamente sviluppato solo se i Comprensori diverranno dei validi poli di partecipazione rispetto agli indirizzi regionali, di modo che il piano dei trasporti definitivo, tramite questo processo, possa diventare una coerente integrazione dei piani comprensoriali.
L'art. 20 infatti individua il rapporto procedurale che si deve stabilire tra Regioni e Comprensori, e tra questi e gli Enti locali, i Consorzi, gli operatori pubblici e privati del settore e le forze sociali in modo da garantire una concreta partecipazione delle collettività locali alla programmazione regionale, secondo le procedure generali della programmazione regionale.
In sostanza i Comprensori vengono intesi come uno strumento politico che consente alla Regione di verificare i bisogni espressi dalle collettività locali e di dar loro una risposta congruente e strettamente coordinata con le funzioni di indirizzo e di direzione dei processi pianificatori dello sviluppo delle comunicazioni e dei trasporti e di una adeguata offerta di servizio alta mobilità locale, messi in atto con il piano regionale.
Con l'art. 21 si individuano i momenti di passaggio e di raccordo tra la fase di formazione ed elaborazione del piano dei trasporti e viabilità e quella di concreta attuazione e gestione.
Tale correlazione tra il momento programmatorio, individuato nella Regione e nei Comitati comprensoriali e qualificato democraticamente da ampi processi di consultazione e di partecipazione, ed il momento amministrativo-gestionale individuato negli Enti locali associati e nelle aziende, viene stabilita tramite i programmi unitari ed integrati di esercizio ed i relativi programmi pluriennali finanziari. In questa maniera il Comitato comprensoriale avrà gli strumenti da un lato per verificare la compatibilità finanziaria fra i vari programmi e dall'altro per esercitare il controllo sulle gestioni delle aziende affinché essa sia coerente con le previsioni del piano comprensoriale.
L'art. 22 in particolare individua tale fase di controllo nel meccanismo di erogazione dei contributi regionali di esercizio e di investimenti.
In riferimento ai meccanismi finanziari di erogazione della spesa, nel settore si è convenuto di mantenere in questa- legge il carattere di normativa generale, lasciando ad apposite leggi la specificazione dei meccanismi stessi, nonché l'introduzione delle nuove procedure conseguenti sia all'avvio della pianificazione del settore, sia all'attuazione della delega. In tale fase possono venir fatti rientrare anche eventuali aggiornamenti del piano comprensoriale e dei programmi unitari ed integrati di esercizio.
Si è introdotta la costituzione di un fondo regionale per i:trasporti.
Ciò trova conferma in un analogo provvedimento a livello nazionale (decreto Stammati - costituzione fondo nazionale).
Gli artt. 24 - 25 - 26 trattano le norme transitorie.
L'art. 25 avvia la riorganizzazione dei servizi di trasporto pubblico secondo le unità territoriali di gestione. Infatti il Comitato comprensoriale è tenuto, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, a proporre la delimitazione dell'area di operatività dell'Autorità di gestione, a cui la Regione concederà la delega delle funzioni amministrative e nelle quali sarà altresì possibile effettuare la gestione del servizio secondo criteri di funzionalità ed economicità.
Tali aggregazioni costituiranno la base territoriale per la formazione dell'Autorità.
L'art. 26 prevede che in assenza del Piano comprensoriale, il Comitato di Comprensorio raccoglierà annualmente, secondo le unità territoriali di gestione, i programmi d'esercizio e relativi elementi finanziari proposti dalle aziende esercenti o dall'Autorità di cui all'articolo 13, nel caso sia già costituita.
A questo punto, con le opportune indicazioni volte all'impiego migliore dei vettori ed al coordinamento dei servizi, il Comitato di Comprensorio invia alla Giunta regionale tali programmi con le ipotesi finanziarie onde consentire la ripartizione della spesa regionale per singolo Comprensorio.
Le modalità di erogazione dei contributi saranno definite dalle apposite leggi di spesa, in cui si dovranno prevedere due casi: in presenza delle Autorità di gestione, i contributi saranno destinati alle stesse sulla base dei programmi unitari ed integrati d'esercizio, e tenendo conto di quanto indicato dai Comitati di Comprensorio.
In attesa della costituzione di dette Autorità, l'erogazione avverrà nei confronti delle aziende esercenti sulla base di bilanci preventivi e relazioni sullo stato di attuazione dei programmi di spesa o di bilancio consuntivi.
Questo è l'insieme dei titoli del disegno di legge che viene proposto all'approvazione del Consiglio. Il disegno di legge è di estrema importanza per il grande rilievo che assume nell'ambito della situazione economica attuale e come momento particolare di avvio del discorso di delega che la Regione sempre più deve portare avanti nei confronti dei Comitati comprensoriali come momento che dovrà coordinarsi con la legge sulle procedure della programmazione e con la legge urbanistica e quindi i piani territoriali che la comunità nel complesso dovrà darsi.
Il disegno di legge ha avuto il voto unanime della II Commissione.



PRESIDENTE

Alcuni Consiglieri si sono gia iscritti per la discussione generale.
La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'ampiezza e la profondità del dibattito che ha caratterizzato l'esame da parte della I e della II Commissione consiliare del disegno di legge generale sui trasporti lasciano poco spazio a considerazioni nuove o originali.
Scopo, pertanto, del mio intervento è di svolgere alcune puntualizzazioni sul tema generale dei trasporti, sui criteri adottati per affrontarne i problemi e sull'opportunità che la materia trovi al più presto una sistemazione organica ai vari livelli - legislativo amministrativo e gestionale - a cui occorre operare.
La relazione illustrativa inquadra l'aspetto dell'importanza economico sociale di un sistema di trasporti valido ed efficiente nel nostro Paese e nella nostra Regione.
Argomentazioni di tutto rispetto, che hanno il pregio di definire un punto fondamentale della politica italiana dei trasporti: in presenza cioè, di una sempre maggior crescita della valutazione-indice della spesa per trasporti della famiglia media italiana, non solo non si è conseguito un aumento, di pari livello, del reddito complessivo, ma, ciò che a mio avviso più conta, non si è riusciti a conferire al sistema del trasporto collettivo quelle caratteristiche di funzionalità che il cittadino ha il diritto di richiedere.
Il fenomeno ha un suo riscontro nelle cifre.
Esaminando alcuni dati statistici riguardanti i veicoli effettivamente circolanti, la loro percorrenza media annuale ed il numero delle persone dagli stessi trasportate e prendendo in considerazione gli anni 1974 e 1975, è possibile pervenire alle seguenti conclusioni.
Per le autovetture, nel 1975 si registra, rispetto al 1974, un incremento del rapporto veicoli/chilometro pari al 7,44%.
Nello stesso periodo, l'incremento del medesimo valore riferito agli autobus extra urbani, urbani da noleggio e privati, risulta essere pari al 6,59%.
Non vi è uno stacco notevole tra i valori assoluti di queste due percentuali.
Ma se si considera invece l'elemento viaggiatori/chilometro (cioè le persone trasportate per la percorrenza media calcolata), la situazione è diversa. Infatti, contro un incremento del 3,32% riguardante le utenze degli autobus (1975 rispetto al 1974), l'aumento percentuale di viaggiatori/chilometro per le autovetture, calcolato nel 1975 e sempre rispetto al 1974, diviene dell'8,05%. Quindi lo scostamento è sensibile: un 5% circa in più a favore dell'utenza privata, tipica delle autovetture, le quali, da sole, hanno realizzato l'80% di tutti i viaggiatori/chilometro del 1975, mentre gli automezzi pubblici (autobus extra urbani ed urbani) hanno realizzato solo il 9% circa dei viaggiatori/chilometro.
Anche l'analisi dei dati di mobilità rilevati, mediante indagini per campioni, nelle principali aree metropolitane, estensibili alle intere regioni corrispondenti, pone in evidenza, per quanto attiene agli spostamenti aventi caratteristiche iterative nel giorno (ad esempio gli spostamenti casa e posto di lavoro), l'esistente squilibrio tra l'utilizzazione del sistema di trasporto pubblico e quello privato.
In generale nelle aree urbane e regionali si è in presenza di una domanda di spostamento che si ripartisce tra il sistema di trasporto pubblico e quello privato in rapporti che risultano mediamente, a livello nazionale, i seguenti: circa il 17% del flusso di traffico (stimato in viaggiatori/giorno) utilizza il sistema di trasporto ferroviario; circa il 59% si serve del mezzo privato; mentre il rimanente 24% è assegnabile alle autolinee.
Forse è questo lo spunto centrale, che ha dato l'avvio a nuove impostazioni, alla ricerca di soluzioni diverse o, meglio, diversamente organizzate, per dare un volto moderno al trasporto pubblico.
Di qui, senz'altro, l'esigenza primaria di inserire ogni iniziativa nel settore in un quadro programmatico, predeterminato secondo le rispettive sfere di competenza, oggi identificabili nella dimensione nazionale - ove con l'assenso delle Regioni ha avuto via libera il processo di formazione del piano dei trasporti -, regionale, comprensoriale e comunale.
Un'esigenza di razionalità, pertanto, che deve conseguire l'obiettivo di chiarire, di definire in un modo accettabile ed uniforme gli svariati meccanismi di gestione del pubblico trasporto, facendo luce in tal modo su uno degli aspetti più clamorosi dei deficit degli Enti locali. E qui vorrei aprire una breve parentesi. La relazione costi e benefici é, infatti essenziale se si vuole rimanere in un'ottica di credibilità e di valutazione onesta nel determinare le scelte che condizioneranno, negli anni prossimi, l'assetto e lo sviluppo successivo del sistema dei trasporti.
L'attuale organizzazione del trasporto pubblico, che è basata essenzialmente sull'uso del mezzo gommato, attraversa un momento di crisi.
Ciò è dovuto non già ad una diminuzione della domanda di trasporto, che al contrario si presenta in graduale espansione sia a livello urbano che extraurbano, bensì agli elevati costi gestionali delle aziende pubbliche e private operanti nel settore. Al momento attuale, a causa dei disavanzi di esercizio che si mostrano elevati, sia per l'aumento degli oneri di personale in una produttività decrescente, sia per i costi unitari di trasporto da mettere in relazione ai consumi di carburante e di manutenzione dei mezzi, il trasporto su strada sta divenendo un onere insostenibile per le Amministrazioni locali e regionali. Far luce sulla struttura di un sistema rivelatosi largamente deficitario diventa pertanto anche per le Amministrazioni regionali - un'esigenza imprescindibile. Al tempo stesso si manifesta l'opportunità di sancire e fissare il principio secondo cui il sistema del trasporto ha carattere di servizio sociale sottoponendolo pertanto al controllo dell'Ente pubblico, che è il garante del suo effettivo indirizzo verso scopi di pubblica utilità.
La Regione Piemonte definisce, dunque, oggi con una legge quadro questo modo di concepire il pubblico trasporto; una legge di principi, come è stato detto, di intenti senz'altro lodevoli cui dovranno far seguito provvedimenti a carattere esecutivo tali da non vanificare le buone intenzioni dei promotori. Ma c'é un aspetto che, in questo contesto, mi preme sottolineare. Di fatto, il Consiglio regionale intende oggi, con l'approvazione di questo atto, dare dei contenuti che vanno al di là del testo di legge. In realtà, attraverso questo riconoscimento, questa razionalizzazione, il trasporto pubblico viene a porsi in posizione privilegiata rispetto a quello privato. Stabilitane l'immediata funzionalità al conseguimento degli obiettivi basilari di cui all'art. 1 (accessibilità delle persone alle occasioni di studio e lavoro, mobilità delle cose nel sistema produttivo e distributivo, sviluppo della ricerca tecnologica), non si può che riconoscerne la fondamentale importanza in un quadro di sviluppo più generale. Vorrei dire di più: la stessa attività legislativa del Consiglio regionale in materia di trasporti (19 leggi nel corso della prima Legislatura e 8 nella seconda Legislatura) è stata implicitamente finalizzata a questa prospettiva, nonostante dovesse per lo più rispondere ad esigenze di carattere contingente. A questo punto concordi su tale posizione, dobbiamo renderci conto delle responsabilità che ne conseguono. Il meccanismo che si va ad innescare - e di conseguenza la capacità della Regione a farlo funzionare - o si rivelerà all'altezza delle reali esigenze dell'utente o finirà per riproporre, come già in passato, un modello di sviluppo di trasporto accentuatamente privatistico.
E' troppo parlare di pubblico trasporto a "dimensione umana"? Credo di no, anche se il disegno può sembrare un po' remoto, rispetto all'attuale fase legislativa. Senza fare della demagogia o sfruttare facili emozioni sono convinto che pochi fattori hanno contribuito all'alienazione sociale ed all'inquietudine dei nostri tempi come la presenza di un sistema di trasporti largamente carente che trasforma, ad esempio, il fatto della pendolarità in un problema quotidiano di disagio fisico e morale. Il trasporto urbano o locale rappresenta l'insostituibile cinghia di trasmissione tra la casa ed il posto di lavoro e costituisce al contempo uno strumento essenziale per realizzare una moderna politica degli insediamenti. Logico pertanto che le Amministrazioni regionali debbano impegnarsi a fondo, ove non sia possibile assicurare un posto di lavoro vicino all'abitazione, a mitigare in ogni modo il sacrificio dei lavoratori pendolari che hanno finora pagato il costo più alto delle deficienze del sistema. La nostra responsabilità odierna non è dunque da limitarsi, se veramente abbiamo questa prospettiva umana, ed in essa crediamo, alla razionalizzazione di un sistema bisognoso di riassetto; ma di assicurare che le basi sulle quali intendiamo fondarlo siano realmente nuove.
Dobbiamo, in altre parole, renderci garanti, non solo dell'assetto medesimo, ma del modo con cui si realizzerà: non è solo questione di forma ma di credibilità politica.
Detto questo, desidererei ancora osservare come, a monte del nostro provvedimento regionale, altri compiti competano agli organi di legislazione centrali. Essi derivano non soltanto dalla riconosciuta esigenza che anche a livello nazionale la politica dei trasporti sia definita in un quadro programmatorio, come sta avvenendo, ma anche dalla necessita di "far tornare" il conto delle competenze. Nel primo caso dico subito che una prima scelta di grande importanza è quella della responsabilità politica relativa al settore dei trasporti; e quindi alle competenze dei Ministeri. Di questo problema già da tempo ci si sta occupando, con dovizia di studi e di esami, per lo più coincidenti sull'esigenza di riunire in un unico Ministero le competenze dei trasporti.
Fatto il primo passo, di natura organizzativa, il quadro è vasto: mi limiterò ad un rilievo. Il servire elevate concentrazioni di spostamenti mediante l'uso alternativo di sistemi di trasporto pubblico aventi caratteristiche diverse, su gomma e di tipo ferroviario, spesso in concorrenza tra loro sulle medesime relazioni anziché mediante un sistema di trasporto articolato e opportunamente integrato, rappresenta, come è chiaro, un gravissimo errore. L'organizzazione unica del Ministero dei trasporti e la visione globale di tutto il sistema integrativo diventano pertanto i due momenti preliminari di una politica dei trasporti a livello governativo. Ad essi sarà giocoforza agganciare i singoli provvedimenti operativi, come la convalida permanente economica degli investimenti; il progressivo ed organico aumento ed adeguamento tariffario; la valutazione effettiva delle esigenze di integrazione tra ferrovia, strada e trasporto aereo, temi di preminente interesse per quanti vogliano contribuire ad eliminare questo pericoloso fardello di circa 3.000 miliardi che gravano sulla vita del Paese.
Altrettanto importante è il discorso delle competenze. Se è vero infatti, che la maggioranza delle competenze in materia di trasporti pubblici locali già appartiene alle Regioni dal 1° aprile 1972, ci nonostante alcune incongruenze, in particolare sotto il profilo finanziario, sono rimaste. A questo punto si inserisce il discorso sulla 382 e sulle risultanze del Convegno di Milano per quanto riguarda il settore trasporti. Il DPR. n. 5 del 14.1.1972 ha avuto una sua funzione durante questi primi 5 anni di legislatura, mettendo in mostra vantaggi e svantaggi, ma soprattutto costituendo un utile banco di prova per l'attività regionale data la relativa ampiezza delle funzioni trasferite.
E' chiaro che a questo punto - anche per un'esigenza di chiarezza - è opportuno "fare dei progressi", completando la sfera delle competenze regionali, anche con l'utilizzo della delega laddove lo si ritenga opportuno. Precisati gli ambiti operativi di Stato e Regioni, è chiaro che si saranno create le premesse per provvedere al dettato di cui alla lettera a) dell'art. 5 del disegno di legge n. 97. La redazione dei piani di trasporto nazionali e regionali troveranno conforto dalla chiarezza delle posizioni reciproche e l'armonizzazione del piano regionale agli indirizzi di politica nazionale risulterà meno complessa, se nessuna delle due parti avrà remore o istanze rivendicative da riproporre. La Regione Piemonte si appresta, dunque, a legiferare in questo contesto; c'è da dire che l'odierno provvedimento si presenta in forma assai articolata predisponendo soluzioni di una certa complessità, soprattutto nella fase di passaggio tra l'esercizio di competenze di carattere amministrativo a quelle prettamente gestionali.
E' senz'altro corretto precisare i ruoli, conferendo attribuzioni specifiche in campo programmatorio ai Comitati comprensoriali, cui spetta la redazione dei piani territoriali dei trasporti e della viabilità, con il duplice riferimento del corrispondente Piano regionale e della partecipazione di base, sollecitata attraverso le formule collaudate. Per gestire il programmato, tuttavia, la legge prevede la costituzione di Consorzi facoltativi tra Comuni, Province e Comunità montane interessate qualora i servizi siano riferiti a un'omogenea unità territoriale di gestione. Sottolineo questo aspetto in un momento di particolare delicatezza, data l'esistenza di una specifica questione nel Biellese.
L'autorità di questo secondo livello non può essere che un consorzio degli Enti locali (Comuni e Province) interessati; ma questo consorzio non pu essere obbligatorio. Su questo punte c'è stata una discussione di anni, che poi è stata chiusa dalla reiezione avvenuta dalla Presidenza del Consiglio l'anno scorso, di una legge di trasporti locali fatta dalla Regione Lombardia che stabiliva il consorzio obbligatorio. Questa decisione della Presidenza del Consiglio è in linea con un'inderogabile scelta politica di rispetto per le autonomie locali. Tra la Regione e il Comune assume pertanto una propria identità un terzo organismo - competente in via amministrativa: l'Autorità di gestione a livello interurbano, che, nel caso del Consorzio, è la stessa Assemblea consortile. L'Autorità di gestione che la legge identifica nell'Assemblea consortile - sarà dunque destinataria delle deleghe regionali per lo svolgimento delle funzioni amministrative di competenza regionale. E proprio a questo punto il discorso deve divenire chiaro, senza equivoci ad evitare situazioni negative del passato ed anche del presente. Il Consorzio degli Enti locali oltre alla titolarità delle deleghe - legittima sotto il profilo giuridico di indirizzo politico - affiderà l'esercizio dei trasporti interurbani e suburbani che interessano la rispettiva unità territoriale ad un'azienda speciale. La legge prevede che l'azienda stessa sia pubblica o privata rispondente, in questo secondo caso, a specifici requisiti. Quali garanzie dobbiamo offrire e a nostra volta richiedere perché il complesso, ma articolato meccanismo realizzi l'obiettivo di un trasporto collettivo funzionale ed efficiente? A mio avviso le esperienze del passato ci hanno insegnato che esiste un solo modo per prevenire "a monte" le disarticolazioni di un servizio oneroso e scadente per l'utente (ricordo la spinosa questione della pubblicizzazione dell'A.T.A. di Biella): la definizione di una chiara linea programmatica, un piano dei trasporti pubblici, strutturato nelle varie fasi, che costituisca l'unico ma vincolante punto di riferimento di tutte le scelte che si porranno in atto.
Diamo atto allora alla Giunta regionale di aver predisposto questo disegno di legge sui trasporti, ma non dimentichiamo che ha preso un impegno, nel corso di incontri con la II Commissione e con le organizzazioni sindacali, di presentare la prima fase (e a questo proposito, stanti le ricorrenti prese di posizione pubblicamente assunte ai vari livelli e riportate con rilievo dagli organi di informazione, mi sembra necessaria e corretta una più esauriente puntualizzazione della procedura seguita per la positiva definizione dell'importante pratica portata avanti con una impostazione carente sotto molteplici aspetti, senza cioè un rigoroso controllo preventivo da parte degli Enti pubblici che si sono assunti gli oneri relativi al rilevamento dell'azienda e conseguentemente con non sufficiente chiarezza nei riguardi degli altri pubblici amministratori e delle comunità interessati alla nuova gestione del trasporto pubblico) del piano regionale integrato dei trasporti entro il giugno 1977. E' un piano che costituisce di fatto il contenuto del "quadro" che ci apprestiamo a definire, senza il quale le norme del disegno di legge n. 97 rischierebbero di restare a livello di pura enunciazione. Il Piano deve anche essere il momento in cui le scelte regionali in materia di trasporto trovano il loro coordinamento perché l'indicazione nel Comprensorio della dimensione ottimale del servizio di pubblico trasporto non significa la creazione di isole, ma l'identificazione di un'unità territoriale ottimale, su cui impostare programmi integrati (ecco il richiamo che più volte la legge fa a programmi integrati, sotto il coordinamento del Comitato comprensoriale). Per tali motivi, e per una serie di considerazioni di carattere generale, accogliamo con una certa sorpresa la notizia della deliberazione della Giunta regionale del 15/2/1977 n. 33-6897 sul piano regionale dei trasporti. Non si può fare a meno di criticare un certo modo di agire della Giunta regionale che manca di promuovere una discussione preliminare in Consiglio regionale o in sede di Commissione competente di iniziative di tale portata, che necessitano quanto meno di verifica da parte dell'organo legislativo. Nella fattispecie esiste anche una convenzione che impegna la Regione: il Consiglio deve discuterne gli estremi nel momento in cui si discute una legge quadro per i trasporti, anche perché l'esborso di quasi 100 milioni per un incarico che non produrrà - a quanto è dato di capire - il piano per intero, ma solo una parte, induce di certo alla riflessione. Accogliamo comunque la notizia della conferenza prevista per il 17 e 18 giugno, per discutere la prima fase del piano regionale dei trasporti come un'occasione, anche se successiva, per valutare questa importante operazione, che farà da premessa alla fase finale vera e propria, che la Giunta ha annunciato per l'autunno.
Desidero ad ogni modo chiedere alla Giunta di tener debito conto del rilievo se non altro in funzione di ricondurre il tema della pianificazione regionale ad una valutazione di fondo: l'IRES esiste ancora ed ha una sua funzione, oppure per ogni atto di programmazione dovremo assistere ad ulteriori affidamenti di incarichi esterni? Chiusa la digressione - peraltro necessaria sotto il profilo della corretta impostazione politica - vengo all'ultimo punto, che vorrei illustrare, sul tema dell'organizzazione dei trasporti in Piemonte: la necessità di responsabilizzare l'Ente locale sulla corretta gestione del trasporto pubblico. E' un'aspetto, se vogliamo, che è nuovo solo per i Comuni di più ridotte dimensioni, o comunque per quelli che non hanno esperienze di aziende urbane, tipo le Municipalizzate. L'art. 15 propone una serie di compiti per l'Autorità di gestione tali da renderla di fatto responsabile del servizio, pur con l'ovvio richiamo alle varie fasi programmatiche. E' bene sottolineare che dall'esatta osservanza di tali compiti dipende "a valle" la solidità di tutta la costruzione: sarà difficile precostituire alibi per cattivo funzionamento, sarà invece necessario che alla volontà politica si accompagni un'attività di gestione impostata su criteri di serietà amministrativa e finanziaria. Siamo di fronte ad una legge di principi, lo ripeto, che attende - la Giunta è impegnata al riguardo - gli adempimenti esecutivi, che ne completeranno il senso e la portata. Tuttavia sarà bene ricordare, pur nel giudizio complessivamente favorevole del mio Gruppo, che il disegno di legge n. 97 porta la dicitura "Legge generale sui trasporti e la viabilità": e questo secondo aspetto è senz'altro "sorvolato" nel testo, che ne fa unicamente salvo il riferimento ai rispettivi momenti programmatici e istituisce un Comitato regionale con mansioni consultive. Esistevano ed esistono numerosi aspetti, sul tema della viabilità regionale, che, per quanto ripresi dal piano regionale, possono trovare enunciazione nel contesto di una legge quadro.
A titolo di esempio, cito il tema della viabilità provinciale, che con la nascita dei Comprensori può assumere aspetti diversi, sotto il profilo ad esempio, della manutenzione. Cito il problema della viabilità montana cui occorre dare una soluzione strutturale che esuli dall'intervento occasionale in sede di programmi annuali. Cito il problema della grande viabilità, della viabilità autostradale; delle loro interconnessioni con la viabilità comunale. Nel contesto-chiave del piano regionale tutto questo dovrà trovare sistemazione: a livello di enunciazione, tuttavia, la legge avrebbe potuto forse già delineare un metodo standard di impostazione, così come minuziosamente fatto per i trasporti. C'é in ciò, forse, un tacito riconoscimento della validità strutturale della legge 28/75, nonostante le successive modifiche, peraltro necessarie, di cui finora è stato oggetto. A livello di auspicio e di invito, tuttavia, vorrei sollecitare la Giunta regionale a definire al più presto il quadro della viabilità regionale tanto nella sua consistenza, quanto nella sua struttura organizzativa.
Spero che non siano motivi aprioristici ad aver prolungato i tempi della già avviata indagine sui "punti di traffico" impostata nel corso della prima Legislatura. In ogni caso non sarebbe male conoscerne lo stato di realizzazione. Per parte mia voglio ribadire che l'indagine era diretta a supporto di un chiarimento di determinate caratteristiche di traffico e quindi assai funzionale ad un discorso che avesse come base il sistema di trasporto pubblico. Direi, in sede di conclusione, che in questa mancanza di equilibrio tra i due momenti, trasporto e viabilità, sta la maggior manchevolezza del disegno di legge n. 97, che non ne inficia la struttura portante basata sui trasporti, ma ne denota un'opportunità non trascurabile di completamento. Nel voto positivo del mio Gruppo è da vedersi anche questo rilievo critico, ma fondamentalmente costruttivo, per il quale attendiamo il conforto di una risposta della Giunta che rassicuri non solo noi, ma la collettività delle cui esigenze cerchiamo ogni giorni di farci portavoce.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto. Ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho che da aggiungere l'adesione personale a quanto è stato detto testé dal collega Consigliere Petrini per la valutazione anche di carattere sociale che questa legge ha.
Non dico che sia preminente questo aspetto, ma indubbiamente ha grossa rilevanza; l'aveva nel momento in cui l'Assessore ha presentato questo disegno di legge ed è stata accentuato nel dibattito che si è svolto alla II Commissione, dibattito che per la verità ha visto l'apporto minuzioso e particolareggiato di tutti i Gruppi e in aula non si possono che ripetere quelle considerazioni: ma in Consiglio si deve avere l'aspetto del generale preminente su quello particolare. Dico questo rilevando che non mi trover in contraddizione quando puntualizzerò il mio intervento, che mi auguro breve e lo auguro soprattutto a loro che hanno la pazienza di ascoltare, su un aspetto che può sembrare particolare.
Mi riferisco al problema della viabilità nella Valle di Susa. E' un problema che interessa una valle abbastanza lunga, di un certo rilievo provata sia sotto il profilo idrogeologico sia sotto il profilo della disoccupazione, che si è moltiplicata nel tempo e che continua ad essere motivo di tormento e di preoccupazione: è una valle che ha una certa prospettiva di rinascita soprattutto se potrà essere incrementato uno degli aspetti che viene costantemente a diminuire: quello dei turismo. La possibilità di questo sfruttamento, vorrei dire sommessamente anche di "speculazione" turistica, non va a vantaggio delle popolazioni ma va a vantaggio di gruppi, e pertanto non porta un grande benessere alla Valle di Susa, benessere al quale dobbiamo invece tendere per rispondere alle competenze proprie del Consiglio regionale. Dopo il varo positivo di questa legge, poiché ritengo che sarà approvata con larga adesione dal Consiglio dobbiamo considerare la collocazione del Piemonte, difficile perché confina da un lato con la Regione Valle d'Aosta, e dall'altro, come unità territoriale, con la Svizzera e la Francia; ha con la Lombardia interessi notevoli, ma soprattutto rapporti con la Liguria per l'aspetto portuale al quale la Regione Piemonte è estremamente interessata: aspetto che non si può considerare isolatamente come porto di Genova, porto di Savona, porto d'Imperia, porto di La Spezia, bensì come sistema portuale legato allo sviluppo del Piemonte, con esigenze di sbocco del territorio piemontese che ha una caratteristica, anche critica, di isolamento. In questa legge di principi, venuta avanti faticosamente ma responsabilmente con l'apporto di tutti, dettando delle norme di carattere di indirizzo che presuppongono poi una realizzazione concreta, dobbiamo mettere l'accento su una situazione più generale. Non possiamo soltanto pensare a quello che sarà il piano regionale della viabilità, intendo della viabilità in termini complessi quindi della viabilità su gomma, a mezzo ferrovia e aerea. Dobbiamo collocarci nella visione del Piemonte non isolato ma inglobato nella realtà nazionale ed internazionale con l'estero. Il Consiglio regionale deve sottolineare questo aspetto.
Nella relazione letta dalla signora Graglia e nell'indicazione della II Commissione si evidenzia in modo del tutto particolare l'aspetto delle comunicazioni in Val di Susa; ma deve spiegare la sua importanza l'aspetto di comunicazione che travalica il piccolo ambito della Valle di Susa per diventare piemontese, per diventare nazionale, per diventare internazionale. Non dimentichiamo che operiamo nella direzione di quella che è stata definita, in vari incontri e convegni a carattere internazionale, la E - 13, che parte da Brest, passa a Lione, Modane Torino, Milano, Trieste. Siamo di fronte ad una realtà concreta che ha nome: Traforo del Frejus. Ripeto ciò che forse ho detto in altri interventi: è un grosso peccato che vi siano state delle interferenze che hanno impedito la realizzazione tempestiva di questo Traforo autostradale che affianca il Traforo ferroviario. Le previsioni erano che in questo scorcio del '77/'78 il Traforo fosse una realtà con la previsione di un traffico che andava nell'ordine di grandezza di 900 veicoli/ora, nell'uno e nell'altro senso. Vivo nella mia terra canavesana, vedo cos'è il traffico lo vedo con gli occhi e non soltanto statisticamente. Molte volte le statistiche dicono e non dicono che cos'è lo sviluppo delle comunicazioni dei TIR sull'autostrada per i due trafori del Monte Bianco e del S.
Bernardo. Le comunicazioni rapide non batteranno certamente la ferrovia perché, contrariamente a quanto era stato detto da esperti, la ferrovia continua ad avere il traffico delle merci che dal posto del carico vanno al punto dello scarico rapidamente; hanno quindi un avvenire che bisogna tener presente per quella che sarà la soluzione del problema cella comunicazione e della viabilità in Valle Susa. Non abbiamo del tempo da perdere. Nella relazione svolta dal Consigliere Rossotto al documento del Piano di sviluppo, era stato esplicitamente detto, e nel mio intervento avevo ripreso quell'argomento, che il sistema ferroviario nella Valle Susa deve avere la prevalenza sul sistema di viabilità e di accesso al Traforo del Frejus e deve operarsi in modo che prima si realizzi l'assetto ferroviario e poi si realizzi l'altro assetto. Mi permetto di richiamare rispettosamente l'attenzione della Giunta, dell'Assessore e dei colleghi Consiglieri i quali dovranno su questo argomento prendere rapidamente delle determinazioni, delle decisioni, anche alla luce di quelli che saranno gli apporti che verranno dal convegno previsto per il 17/18/19 di giugno, dopo una consultazione fatta - mi si consenta - pacatamente, responsabilmente senza il tumulto di coloro che, non conoscendo i problemi, molte volte sviano le soluzioni reali. Certo, innanzitutto vi è la necessità preminente di un assetto idrogeologico. Nessuno si sognerebbe di impostare un problema di autostrada o anche soltanto di superstrada, senza tenere conto delle esigenze dell'assetto idrogeologico e della necessaria valutazione del depauperamento dei terreni a conduzione agricola. In Valle di Susa si opera per realizzare il Traforo attraverso una convenzione internazionale Italia Francia del 1972 e si sta lavorando sotto il monte; da una e dall'altra parte ci sono stati degli avanzamenti che sembrano confermare quelle che erano state le prospettive: cioè si cammina al ritmo che era stato previsto. La previsione della conclusione slitta all' '80 o all' '81; e, lo dico senza impertinenza, ricordo quando ci si rimproverava di certi limiti.
Adesso si è arrivati al punto del contatto con la realtà: questi slittamenti sono fatali, vanno al di là di quella che è la volontà dell'uomo sulle circostanze. Perché questo possa eventualmente verificarsi è necessario che le ferrovie camminino al passo delle esigenze. L'Assessore Bajardi ci ha riferito che si è previsto un appalto per una tratta di sistemazione della ferrovia, con il termine di 1500 giornate lavorative per l'adempimento dei lavori! Signori Consiglieri, ci rendiamo conto di che cosa vogliono dire 1500 giornate lavorative? Cinque anni, come minimo! Che durante questo periodo di tempo si può fare concretamente? E noi siamo in grado, come Consiglio regionale, di puntare il dito contro la realtà premente del Traforo del Frejus per impedire che si dia accesso a questo traforo con delle strade con delle autostrade, con quello che si riterrà di porre in cantiere? Siamo in condizione di potere mantenere quella linea che era stata già indicata nella relazione Rossotto ma è stata indicata, fino a, questo momento, anche da quella che è l'espressione della volontà della Giunta, da quella che potrà essere una soluzione voluta da taluni Enti locali e nei confronti della quale la Regione deve esporre ed assumere la propria responsabilità? La Giunta e i colleghi sanno che questa convenzione del 1975 impone degli obblighi alla parte italiana e alla parte francese per l'assetto viabile di accesso al Traforo; da parte francese, anche prima dell'inizio del Traforo erano state compiute opere stradali che aiutavano e favorivano l'accesso al Traforo stesso. Da parte italiana siamo fermi ed inerti. Mi consta che la società italiana del Traforo autostradale del Frejus ha sospeso qualunque iniziativa per risolvere il problema della strada o dell'autostrada dichiarando nella relazione al bilancio (penso sia a conoscenza dell'Assessore probabilmente anche tramite comunicazioni dirette) che, per affrontare questo problema, desidera conoscere il pensiero della Giunta regionale. Poniamo un poco di attenzione e di ponderazione su due fatti: il ritardo della sistemazione autostradale Aosta-Ivrea-Torino ha voluto significare per due anni e mezzo un intaso del traffico dopo che si sono verificate le aperture dei due trafori; la ferrovia Cuneo-Nizza, della quale si parla dal termine della guerra del 1945 e per la quale sono stati dati affidamenti di completamento, è ancora allo stato di speranza; stato di speranza che non trova una realizzazione concreta. Che cosa vogliamo fare di fronte a questa convenzione? Essa, che autorizza la creazione e la costruzione del Traforo del Frejus, impegna anche alla soluzione delle strade di accesso. In linea teorica l'autostrada non solo si può fare, ma dovrebbe essere fatta in relazione all'impegno della convenzione a carattere internazionale. Chiaro è che al "deve" ci si può sottrarre quando si propongano delle soluzioni che abbiano la stessa validità o quelle che sono state accennate superficialmente o che saranno approfondite nel corso dei dibattiti ulteriori per una sistemazione della Valle di Susa. Espongo un mio punto di vista e non so se il collega valsusino presente consente su questa impostazione. Nel piano regionale che non può prescindere dal piano nazionale e dal piano internazionale, dovrebbe verificarsi una sistemazione delle due strade di accesso attuali Torino-Rivoli-Susa, sono due tronconi che devono essere potenziati, allargati, migliorati, con una spesa che non saprei in questo momento valutare, che porterebbero rapidamente il traffico di persone e di merci, parallelamente alla linea ferroviaria che deve essere riattata, trasformata, modificata, con dei tempi lunghi di 1500 giornate di lavoro, soltanto per una tratta: cosa mortificante e squalificante in questi tempi. Mi viene in mente, sentendo questi discorsi una piccola tranvia che legava Ivrea con Santhià e passava nel cuore della città. Davanti alla vaporiera passava un omino piccolo che suonava una trombetta per avvertire la gente che stava per arrivare quella che era definita la "caffettiera". Oggi abbiamo superato quei tempi e ci troviamo legati da questi 1500 giorni Signor Assessore, se il Traforo fosse aperto nel 1980-81, la soglia ultima potrebbe essere quella dell' '81, dove transiterebbero dall'un senso e dall'altro quei novecento veicoli all'ora? Su quali strade, supposto per un momento che si risolva il problema delle due strade Torino-Susa. E Susa-Oulx? Quella strada è tutta a tornanti stretta, impraticabile già adesso per il traffico locale, e diventerebbe assolutamente non percorribile quando ci fosse l'apporto del traffico che deriva dal Traforo del Frejus. Come la sistemeranno? Quando porremo mano nel piano regionale e nel piano nazionale? E non è finita, perché arrivati ad un certo punto vi è una ulteriore divaricazione l'una che va a sinistra l'altra che va a destra verso Bardonecchia, e questo tratto deve essere evidentemente perfezionato e completato se non vogliamo chiudere ed intasare tutto.
Colleghi Consiglieri, il mio ha voluto essere essenzialmente un momento di richiamo per meditare su cose che non si possono lasciar slittare insensibilmente senza trovarci poi di fronte a delle condizioni insuperabili. Bisognerà che il piano regionale quando verrà, e deve esser presto, trovi la maniera di risolvere la situazione alternativamente, non soltanto in maniera formale bensì in maniera sostanziale attraverso valutazioni complete, fissando tempi di esecuzioni, le due strade, la superstrada, l'assetto idrogeologico, la strada nuova da Susa innanzi tutto questo dovrà calare profondamente nella realtà, altrimenti questa legge, che ha dei contenuti certamente assai positivi e che costituisce un elemento portante del piano di sviluppo regionale, resterà una bella pagina scritta senza che in concreto si siano messe le circostanze, le condizioni operative in modo tale da poter risolvere i problemi.
Il mio intervento si limita a questo aspetto particolare, che per diventa importante per la Regione a livello comprensoriale, a livello regionale e a livello internazionale perché implica soluzioni di problemi che vanno visti e valutati a di là dell'ottica strettamente regionale per diventare un'ottica a respiro internazionale. Grazie.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Il mio intervento incomincia dove finisce quello del collega Oberto e in una certa misura è ripetitivo. La E 13, in una modernissima elaborazione, non è soltanto una autostrada che va a Trieste, ma è un'autostrada che va nei Paesi arabi in via di sviluppo, quindi è l'unica via italiana che apre il traffico all'Europa del nord-ovest e all'Italia in genere verso questo enorme mondo che ci sta davanti. Il mio intervento non vuole essere campanilistico, vuole essere peraltro di recupero del concetto elaborato dal Consigliere Oberto in termini puntuali. La legge che ci è proposta trova la mia adesione proprio perché mi sembra un supporto, uno strumento di analisi e di collocazione dei diversi argomenti che andremo ad affrontare successivamente, corretto e soprattutto elaborato in termini di compatibilità.
Come forza di opposizione però devo rimproverare a questa maggioranza che era all'opposizione nella vecchia maggioranza di non andare a fondo di alcuni nodi dell'economia piemontese e torinese in particolare: l'aeroporto di Caselle. Un giorno o l'altro bisognerà pur parlare del sabotaggio della compagnia di bandiera a Caselle e dovremo vedere se questo sabotaggio è per la città di nascita del direttore della compagnia di bandiera o è a causa di collusione con interessi monopolistici operanti nell'area torinese. Un giorno o l'altro bisognerà scrivere questa storia. Non si capisce perché la compagnia di bandiera utilizzi oltre il lecito le convenzioni internazionali e non autorizzi gli scali merci, per esempio, di compagnie inglesi. Se non si riesce a capire perché l'economia piemontese e torinese in particolare non sia diversificata e non cerchiamo anche di capire chi sono i responsabili e se adesso la maggioranza continua a non fare questo discorso, ho l'impressione che andiamo un po' nell'equivoco. Il Presidente si agita. Signor Presidente, i settori commerciali interessati, che per non vengono sentiti da questa maggioranza, dicono testualmente che le compagnie di bandiera estera chiedono gli scali commerciali a Caselle e si trovano impediti da un certo tipo di convenzioni internazionali utilizzati in un certo modo dalla compagnia di bandiera, per cui i nostri operatori commerciali su Torino, area privilegiata dal commercio internazionale, si trovano a dover spostare il traffico a Milano. Questa è una realtà detta in termini molto semplici come consuetudine di noi avvocati cosiddetti prevalentemente civilisti che dobbiamo in quattro pagine farci stare tutte le questioni di ordine giuridico mentre la questione sostanziale non pu tenere più di una paginetta. Il problema di Caselle si colloca in questa ottica.
Mi pare che l'avv. Oberto abbia posto questo problema e che abbia detto: "andiamo ad esaminare il piano dei trasporti con un'ottica che non sia provincialistica". Nell'affrontare il problema dei trasporti in Piemonte, nella sua dimensione sovraregionale e sovranazionale, dobbiamo far sì che non si cada in tre errori di tipo logico: il non accettare la funzione decisionale che compete alla Regione, con quello però che gli compete di conseguenza; non farsi condizionare da provincialismi soprattutto non farsi condizionare da spirito revanscista.
Nell'affrontare il problema specifico trattato lungamente dall'avv.
Oberto del collegamento dell'area metropolitana torinese con le economie del nord attraverso il Frejus, non ci faremo condizionare né da provincialismo né da spirito revanscista, la soluzione tecnica che l'Assessorato darà a questo problema sarà certamente ottimale e ci troverà probabilmente tutti d'accordo. Però insisto nel pregare e nel confidare nell'intelligenza dell'Assessore, considerando che l'apporto che potrà dare ognuno di noi a questo problema è estremamente limitato, perché la soluzione tecnica che verrà data passa da presupposti che non sono alla nostra portata né come partiti né come persone. L'Assessorato ha gli strumenti per elaborare anche le soluzioni tecniche. E' una grossa responsabilità quella che l'Assessore ha nei confronti del Consiglio regionale. In questa misura mi pare corretta l'impostazione dell'Assessorato laddove dice che non possiamo perdere l'occasione della problematica nata intorno al Frejus per ottenere quanto meno che si compia questo raddoppio ferroviario, un secolo e mezzo dopo Cavour. Teniamo per presente l'ottica con cui Cavour aveva fatto questo traforo: non l'aveva fatto per portare le auto Fiat all'estero, ma si era reso conto che questa era la via piemontese all'Europa. Il Fiejus da una parte e la Crimea dall'altra sono stati i capolavori dell'Italia dell'800. Non dimentichiamolo. E' corretta l'impostazione dell'Assessorato in questi termini e altrettanto corretta è l'impostazione di non coltivare alcuna soluzione in via prioritaria nell'ordine dello strumento tecnico per risolvere il problema viabile: superstrada, autostrada e recupero della viabilità ordinaria. Mi pare invece di avvertire nelle diverse affermazioni dell'Assessore una sua non completa acquisizione del problema dal punto di vista commerciale: qui si parla dei trasporti, ma non si parla del commercio. Teniamo presente che il traforo del Frejus non porta soltanto degli autocarri stagni con dentro prigionieri, ma porta del commercio. Ci sono delle regole economiche che fanno sì (e questo sarà più forte purtroppo o fortunatamente, della nostra volontà politica) che dentro questi camion ci sia una realtà economica commerciale, la quale farà giustizia degli errori che noi andremo a fare. Si tratta di vedere se questi errori saranno pagati dalla Regione Piemonte o verranno pagati dagli appesantimenti o dalle diseconomie sul piano nazionale. Questo significa in altri termini accettare quello che di questa realtà ci capiterà di dover subire o di dover sfruttare, a seconda del punto di vista con cui vediamo questo tipo di realtà, sgombri appunto da spirito revanscista e provincialista. In altri termini il Frejus, il collegamento della E-13 con il sistema autostradale dell'est europeo e dei Paesi arabi, il potenziamento della Cuneo-Nizza, se verrà fatto, creano per il Piemonte una ipotesi, una occasione (non diciamo realtà) di diversificazione, di potenziamento del terziario, cose dette sempre nei piani di sviluppo che però prevedono necessariamente che l'Assessorato renda conto che intorno a Torino nascerà una realtà commerciale, conseguenza di tutti questi fatti.
Se dobbiamo dare credito alle interviste che l'Assessore ha concesso ci viene detto, per esempio, che l'autoporto viene realizzato a Bardonecchia. Penso che qualcuno abbia equivocato: a Bardonecchia si pu fare la dogana, non si può fare l'autoporto. Non ho certamente portato un contributo, ho soltanto richiamato all'Assessore alcuni errori mentali che possiamo essere portati a compiere nel valutare questa problematica.
L'Assessore ci ha anticipato che preciserà la sua posizione in sede di conferenza il 17/18/19 giugno; in quella sede dovrà assumere un ruolo perentorio di decisore che la Regione ha in questo. E' intollerabile che una iniziativa intrastrutturale nata in Valle Susa (non si capisce bene da quanti padri e da quante madri) getti il terrorismo nelle categorie interessate nell'area metropolitana torinese (significa due mila posti di lavoro); a questa gente non deve essere concesso di dire che hanno in mano la convenzione con il Ministero: dobbiamo dire che questo non è vero oppure, se è vero, dobbiamo aprire un confronto con le autorità ministeriali. La Regione ha soprattutto il dovere di difendere il proprio ruolo e l'Assessore, a prescindere da quello che concluderà, se saprà rilanciare il ruolo della Regione in questa difficile problematica certamente ci troverà d'accordo, salvo richiamarlo su questi banchi o in altra sede sui contenuti delle scelte che ne dovranno conseguire.
L'Assessorato, che Bajardi presiede, è l'unico in grado di conoscere ed approfondire questo argomento. I Gruppi politici, le forze economiche e sociali potranno portare un tipo di apporto che però sarà di carattere estremamente velleitario nella misura in cui l'Assessore non metta a disposizione, diciamocelo molto chiaramente, i suoi studi, le sue ricerche e la sua personale capacità per andare in fondo a questo nodo che condiziona la Regione nel suo sviluppo.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, potremmo andare avanti nella discussione, per sarebbe possibile, nella prossima mezz'ora, svolgere altre due questioni: un'informazione sui danni dell'alluvione da parte dell'Assessore Bajardi e il punto sesto all'ordine del giorno per il quale c'é una certa urgenza. In questo caso la discussione sui trasporti, la conclusione e la votazione della legge stessa, sarebbero riprese giovedì. Non vi sono obiezioni alla procedura proposta, proseguiamo pertanto i nostri lavori.


Argomento: Albi professionali - Calamità naturali

Comunicazioni del Vicepresidente della Giunta regionale Bajardi sugli impegni della Regione verso le zone danneggiate dal maltempo


PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta Bajardi per un'informazione sui danni del maltempo.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Sarò molto breve nel fornire le ultime cifre sulla base degli aggiornamenti che i vari uffici statali e regionali hanno effettuato. La cifra complessiva denunciata l'altra volta di 76 miliardi è diventata oggi di 93 miliardi. Le cifre complessive per provincia sono: 6,60 per la Provincia di Alessandria; 8,3 di Asti; 17,8 di Cuneo; 4,7 di Novara; 33,8 di Torino; 10,6 di Vercelli ; alcune sono in aumento, altre in riduzione.
Le cifre dell'agricoltura sono restate pressoché identiche con qualche piccola variazione in relazione ad alcuni Comuni che, preoccupati della difficoltà di fornire i dati, hanno fatto dichiarazioni di danni indefiniti, ma la parola "indefiniti" può voler dire nulla e può voler dire molto. In questo momento stiamo ragionando con i suddetti Comuni.
L'articolazione delle cifre è la seguente: 45 miliardi di competenza regionale; 34 miliardi di competenza del Magistrato del Po; 2,4 di competenza del Provveditorato alle opere pubbliche statali; 11,2 dell'ANAS.
Abbiamo ricevuto la comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri che oggi alle ore 17,30 a Palazzo Chigi è convocata una riunione di tutti i Gruppi parlamentari. Io parteciperò a nome della Giunta e il Consigliere Martini a nome del Consiglio per discutere, alla luce delle cifre e delle indicazioni di ordine generale emerse dalla discussione, sui principi da sostenere nella formulazione del decreto legge: il ruolo della Regione, il principio della delega in modo da non essere costretti a legiferare di nuovo. Si tratta di richiedere l'attribuzione alla Regione di opere di competenza statale e del Magistrato del Po perché potrà verificarsi una situazione paradossale per cui le opere di competenza regionale non saranno svolte tramite gli uffici regionali, lo Stato eseguirà le opere con personale regionale non sottoposto però a un nostro controllo. Cercheremo nel corso della discussione di chiarire queste situazioni in modo che il Consiglio dei Ministri possa domani decidere nella sua autonomia e nei modi che riterrà opportuno.
Dai giornali avete appreso che la Giunta di martedì ha assunto alcuni orientamenti in ordine ad un'azione più pressante sul piano organizzativo per il Comprensorio di Pinerolo, che è il più omogeneamente colpito decentrando sul posto alcuni funzionari del Genio civile e di altri Assessorati per un'azione di coordinamento con la Provincia e le Comunità montane, in modo che vi sia un rapporto organico anche con il comitato costituito dal Comprensorio, non solo nella fase futura ma anche per la fase di pronto intervento. Abbiamo erogato delle somme direttamente alle Comunità montane per opere pubbliche minori (non per opere assistenziali) che possono essere gestite in economia avvalendosi di personale locale.
Considerando che tutte le imprese nel Pinerolese sono bloccate, si è costretti a portare le imprese da lontano per eseguire le opere con tutti gli oneri che questo comporta.
Vi è poi un'azione di ordine più generale che come supporto non può che avere l'approvazione del decreto legge in modo da metterci in condizione di uscire dalla fase del pronto intervento per il quale viene confermato un investimento di circa 10 miliardi fra tutti i livelli: Regione, Provincia Magistrato del Po, Stato, ANAS.
Abbiamo preso contatto con i vari livelli universitari, CNR, Facoltà di geologia al Politecnico e l'Istituto piante da legno per avere la massima collaborazione e per affrontare alcune questioni che hanno attinenza anche alla tematica dell'agricoltura. Abbiamo affidato il compito di fornire uno schema di impostazione di queste opere ad un gruppo di funzionari.
Riferiremo in II Commissione, prima di procedere ad una fase organizzativa di livello diverso dal pronto intervento, il quale ha già visto la soluzione dei problemi più grossi nel Pinerolese come, ad esempio, per l'attraversamento del Pellice nella direttrice Cavour adottando misure straordinarie, che, superate le prime resistenze burocratiche, hanno permesso da alcuni giorni il transito di tutte le direttrici di traffico risolvendo in tempi più brevi problemi che potevano essere proiettati se non fossimo stati assistiti da un clima mediocre, ma che, in ogni caso, ha permesso l'assunzione di alcune misure.
Al termine della seduta sarà consegnato ad ogni Consigliere lo specchio riepilogativo dei dati. I dati dei Comuni e delle opere sono in corso di riproduzione e li consegneremo a livello ministeriale a titolo di documentazione. Vedremo nei prossimi giorni quali approdi avrà questa iniziativa.



PRESIDENTE

Non vi sono richieste di parola, passiamo al punto successivo.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione) - Presidi privati di diagnosi e cura

Esame disegno di legge n. 199: "Proroga delle norme provvisorie di salvaguardia all'istituzione di nuovi istituti privati di diagnosi e cura"


PRESIDENTE

Passiamo al punto sesto all'o.d.g.: "Esame disegno di legge n. 199: 'Proroga delle norme provvisorie di salvaguardia all'istituzione di nuovi istituti privati di diagnosi e cura' ".
Relatore e il Consigliere Ferrero, ha facoltà di parlare



FERRERO Giovanni, relatore

La legge si commenta da sé. Sarei addirittura tentato a rinunciare alla relazione. Si tratta di un articolo unico che recita testualmente: "Le norme di salvaguardia all'istituzione di nuovi istituti privati di diagnosi e cura di cui alla legge regionale n. 38 sono prorogate di un anno". Si tratta quindi di una legge che mantiene il regime di blocco nei confronti delle domande che, a questo punto, non possono essere recepite. La ragione della discussione di questa legge in data odierna è che si tratta di garantire, per non rendere vana una volontà politica, che venga approvata prima che decada la legge oggi in vigore, pena la definizione di un regime ambiguo e contraddittorio di cui la comunità regionale non avrebbe che da lamentarsi.
In Commissione abbiamo discusso questa materia e la decisione dei Gruppi è stata che attraverso le prese di posizione in aula consiliare si sarebbero meglio chiarite e individuate le volontà dei Gruppi di appartenenza. Non ho altro da aggiungere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vietti.



VIETTI Anna Maria

La legge 7 luglio 1976 n. 38 stabilisce norme provvisorie di salvaguardia per l'istituzione di nuovi istituti privati li diagnosi e cura, in attesa della Programmazione ospedaliera.
Salvo casi eccezionali la Giunta, in base a tale legge, non concede l'autorizzazione per nuove iniziative a scopo terapeutico ed a scopi di analisi diagnostiche nonché di esami radiologici.
Con il disegno di legge in discussione si richiede una proroga di queste norme provvisorie di salvaguardia per un altro anno.
Di fronte alla prima legge n. 38 avevamo espresso voto favorevole perché ritenevamo imminente la presentazione del piano ospedaliero. Infatti l'Assessore Enrietti nella sua relazione al Consiglio, in data 19/2/1976 dichiarava testualmente: "Noi ci proponiamo di definire in tempi brevissimi, nel giro di due o tre mesi, un piano socio-sanitario, se non in termini globali, almeno un piano ospedaliero a larghe maglie che ci consenta di fare interventi sia nel settore delle attrezzature sia in quello dell'edilizia ospedaliera in modo programmato" . Questa dichiarazione del febbraio '76 aveva fatto sì che il nostro voto fosse favorevole, in attesa degli adempimenti promessi.
Ora dobbiamo rilevare - come già è avvenuto in occasione della deliberazione relativa al riparto di 35 miliardi per l'edilizia ospedaliera che il piano ospedaliero non è stato ancora presentato.
Evidenziamo poi, come d'altro lato tutti coloro che si interessano dei problemi sanitari sanno, che negli ospedali e negli Enti pubblici si registrano notevoli ritardi soprattutto per le analisi diagnostiche e per gli esami radiologici: talvolta ci vogliono mesi per avere un esito di elettroencefalogramma e notevoli ritardi si verificano per le analisi del sangue.
Siamo tutti concordi dell'esigenza di intervenire in modo preventivo dobbiamo allora convenire che un'analisi diagnostica tempestiva è un mezzo per attuare la prevenzione, e soprattutto un mezzo per garantire un intervento precoce per la tutela della salute del cittadino.
Rileviamo inoltre che quando si tratta di autorizzare modesti laboratori di analisi diagnostica, che abbiano i requisiti tecnici, si possa addirittura considerare un atto dovuto da parte della Regione perch strettamente legato a quella che è la libera attività professionale.
Siamo anche stupiti che, ad un anno dall'approvazione della legge n. 38 del luglio 1976, non sia ancora operante l'ultimo comma che recita: "Per le domande presentate in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge, la Giunta, sentita la Commissione competente, valute le medesime in modo contestuale".
Da alcuni mesi la V Commissione ha espresso parere favorevole contestuale all'autorizzazione dei presidi che avevano i requisiti tecnici la cui domanda era stata presentata prima dell'entrata in vigore della legge n. 38/76 ed a tutt'oggi quest'ultimo comma della legge non è operante perché la Giunta non ha ancora concesso le autorizzazioni.
Ci rendiamo anche conto che in questo settore ci possano essere degli interventi speculativi e certamente non siamo a difesa di interessi di sorta; ci rendiamo anche conto che queste iniziative private possono essere elemento di turbativa per una corretta programmazione, ma riteniamo che non tanto l'autorizzazione di nuove istituzioni di diagnosi e cura possa essere in contrasto con la programmazione, quanto semmai la loro convenzione, oggi da parte delle mutue ed in seguito da parte della Regione.
L'autorizzazione a funzionare è una cosa ben diversa dalla convenzione che permette al cittadino di adire a queste istituzioni non pagando direttamente il servizio: il nesso con la programmazione è rappresentato dalla convenzione che riteniamo debba essere selezionata e, una volta stipulata, debba prevedere controlli perché non si manifestino episodi speculativi.
Pertanto esprimiamo la nostra astensione perché riteniamo che il disegno di legge in discussione non sia sufficientemente motivato.
Il nostro voto di astensione ha anche il significato di sollecitare la presentazione del piano ospedaliero e di richiesta di intervento della Giunta per la valorizzazione delle strutture pubbliche.
Il disegno di legge in discussione ha esclusivamente significato negativo poiché impedisce ai privati di istituire servizi che possono colmare le carenze degli Enti pubblici. Riteniamo che le autorizzazioni debbano essere concesse e che le convenzioni debbano essere stipulate soltanto dove le strutture esistenti sono insufficienti. Per questo motivo sollecitando la presentazione del piano ospedaliero che permetta la valorizzazione delle strutture pubbliche, riteniamo di non poter esprimere voto favorevole, ma di doverci astenere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Sarebbe una cosa molto semplice definire un atteggiamento di fronte alla proposta di proroga, tralasciando tutti i discorsi sulle motivazioni che stanno dietro a questa proroga che denuncia carenze che preoccupano.
Prima di poter assumere un atteggiamento nei confronti dell'unico articolo del disegno di legge, la Giunta deve darci delle spiegazioni obiettive sui motivi per i quali non si è attuato ciò che pure era stato concordato e definito nella proposta di legge lo scorso anno e arrivato a conclusione in V Commissione. Il quadro di certezze è sempre quello che garantisce nei confronti dei cittadini il rispetto e pretende la reciprocità di rispetto tra cittadini ed istituzioni. In realtà pur avendo concordato, pur avendo stabilito di definire le pratiche che erano state avviate con parere favorevole dei Medici provinciali e quindi definite con tutte le norme e con tutte le regole, questo non è successo.
O la Giunta ci dà una risposta tranquillizzante in merito all'iter di queste procedure, e allora il nostro atteggiamento avrà un significato oppure diciamo chiaramente che voteremo contro questa proposta, non perch ci associamo all'anarchia, ma proprio per protestare contro l'incapacità di conferire quel quadro di certezza che è alla base per una convivenza indispensabile nei rapporti con i cittadini.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

E' comprensibilissimo che la Giunta abbia presentato questo disegno di legge nella situazione attuale, ma è un disegno di legge tipicamente tappabuchi perché non si è provveduto a fare quanto si doveva fare. E' una tecnica che tutti i giorni viene rimproverata al governo nazionale e viene ritenuto un tipico modo di agire di una parte politica del Paese. Purtroppo vediamo che questo tipico modo di agire si ripete a livello regionale piemontese, dove la maggioranza, se non erriamo, è diversa da quella nazionale, o quanto meno è diverso il Governo.
Mentre riconosciamo che questa è l'unica via per evitare eventuali manovre di carattere speculativo, dobbiamo ripetere quel che abbiamo detto non solo una volta, ma in tutti gli interventi sulla sanità, che la mancanza del piano ospedaliero e la mancanza del piano sanitario stanno diventando di una gravità estrema per la Regione Piemonte, e pertanto dobbiamo dichiarare la nostra astensione alla votazione di questa norma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

E' difficile essere originali su questo argomento, ma una cosa è certa che l'iniziativa privata del settore in passato ha coperto un'assenza delle attrezzature pubbliche. In questo periodo non abbiamo fatto niente in favore delle attrezzature pubbliche per far sì che non esistesse più l'interesse e l'incentivo al privato ad operare in questo settore: quindi siamo noi dalla parte del torto. Detto questo, mi pare che debba essere riproposto in termini precisi, corretti e tali da non permettere ulteriori moratorie, l'interrogativo fatto dal collega Cardinali. In parecchie Regioni questo argomento è andato avanti a livello di magistratura. Mi pare estremamente opinabile sostenere che questa attività non è esercitabile a livello di professione perché non si può vietare per legge l'esercizio della medesima. In questa sede tutti abbiamo detto che si deve fermare una realtà per poterla gestire in termini più corretti, però non si è fatto nulla, né in un senso né nell'altro. E' estremamente urgente, è un problema che va risolto prima dell'aperitivo, conoscere che fine ha fatto il pacchetto di pratiche compiute al momento dell'introduzione della legge per le quali la Giunta come atto dovuto era tenuta a rilasciare l'autorizzazione. Non c'é nessuna discrezionalità in questo: c'era la valutazione dei presupposti di legge che era stata verificata dall'autorità competente. A questo punto aspettiamo dalla Giunta una risposta precisa.
Diciamo anche che non ci accontenteremo di termini generici, tipo " speculazione ". Il termine "speculazione" nell'antica Grecia aveva un significato positivo, adesso è diventato negativo. Diciamo che la speculazione significa andare a utilizzare quei settori dell'economia, e nella specie di un'economia di tipo particolare, che sono lasciati al protagonista di una certa situazione. Se speculazione era la scelta da parte di un privato di esercitare una certa attività, diremo allora che in regime di libera concorrenza, nell'ambito della valutazione tecnica fatta dall'organo preposto, quanto stiamo realizzando adesso è una speculazione di tipo monopolista e uno sfruttamento. Non c'è solo la speculazione probabilmente creiamo anche l'occasione per lo sfruttamento. Non accetteremo quindi dalla Giunta una giustificazione alla sua omissione con termini come "speculazione", perché posso riproporre voci di altro tipo quelle secondo cui i laboratori esistenti non solo lavorano in regime di monopolio, ma di sfruttamento in situazioni di assoluto squilibrio e di assoluta incertezza, situazioni che abbiamo ingenerato con quella benedetta legge, dove noi, come opposizione, come al solito, abbiamo avuto la dabbenaggine di andare ad accettare un emendamento abbastanza equivoco, la cui volontà però era chiara ed espressa. Si diceva: "queste pratiche vengono esaminate e vengono portate a compimento", anzi, si era detto, per accelerare i tempi "queste pratiche vengono esaminate non con lo stillicidio, ma vengono esaminate globalmente e quindi si verifica anche un minimo di compatibilità con il disegno programmatorio". La motivazione era questa.
Concludo preannunciando un voto di astensione. Peraltro raccomando alla Giunta che venga data una risposta, essendo la questione molto delicata poiché mette la nostra istituzione in una luce estremamente sospetta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Potremmo, o forse dovremmo, ripetere anche dalla nostra parte la critica per le considerazioni che abbiamo sentito giustamente evidenziare da altri colleghi. Concordiamo del tutto, per esempio, sulla denuncia della situazione nella quale, per le inadempienze lamentate, è stata messa, in carenza dell'intervento pubblico, pure l'iniziativa privata. Ma volendo dare un giudizio esclusivamente politico in ordine a questo disegno di legge possiamo tranquillamente trascurare le pur necessarie considerazioni di merito per attestarci invece a quella che è una considerazione di mero principio: questo disegno di legge mette a nudo una sostanziale inadempienza della Giunta. E' un'inadempienza che non può essere compresa o accettata e di fronte a questa chiara omissione noi della Destra Nazionale non possiamo neppure semplicemente esprimere un voto di astensione, ma riteniamo più logico, più coerente e più giusto dare voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrero.



FERRERO Giovanni

Credo si possa intervenire su livelli diversi al riguardo della legge di cui ho svolto la relazione. Non vorrei affrontare il problema generale posto da alcuni interventi, il problema cioè del ruolo del disegno di pianificazione regionale in materia sanitaria, del livello di definizione e di quanto la maggioranza abbia fatto.
Credo che questo tipo di discussione dovrebbe essere generale, dovrebbe partire anche dalla situazione nazionale in questo settore (non per scaricare le responsabilità), dalle leggi nazionali, per arrivare alla situazione locale e in questa valutare gli atti di tipo legislativo e amministrativo che la Giunta ha o non ha presentato.
Vorrei soltanto fare una considerazione: un piano, se vuole essere atto operativo, come tutti auspicano, deve contenere al suo interno dei criteri di autorevolezza, deve individuare gli strumenti attuativi e di governo dell'attività interessata che siano in grado di portare la comunità regionale al conseguimento degli obiettivi che il piano indica. Quindi nella materia specifica il problema decisivo di pianificazione consiste nella determinazione, attraverso una volontà che non è un complesso di atti tecnici, ma è una volontà politica, di uno strumento di governo nei processi oggi frazionati e differenziati che esistono in materia sanitaria.
Dal momento della presentazione da parte della Giunta della definizione dei criteri generali di riordino e dell'individuazione degli elementi di governo al momento della discussione in Consiglio e in Commissione (sono sempre tempi leciti perché riguardano il confronto tra posizioni politiche) è trascorso più di un anno e oggi si è arrivati alla fase attuale che lascia intravedere una soluzione possibile, anche sostanzialmente convergente.
Quindi uno degli atti decisivi della programmazione, cioè l'individuazione degli organi di governo e la definizione degli strumenti operativi non è tardato per mancanza di indicazioni, ma è tardato per la complessità della discussione che su questo argomento è stata avviata anche con la presentazione di altri progetti di legge. Ho voluto fare questo ragionamento perché non vorrei che dietro un discorso apparentemente rigoroso e fermo di protesta e di denuncia nei confronti della maggioranza si nascondesse in verità la convinzione che un processo programmatorio, un piano ospedaliero sia un insieme di tabelle, di numeri e di atti amministrativi. Sono convinto che un insieme di atti amministrativi di per sé lascerebbe troppo alla spontaneità dell'attuale situazione, e non potrebbe essere considerato invece un meccanismo pianificatorio.
Per quanto riguarda la questione specifica, non sono convinto che si possa in modo lecito stabilire un nesso tra questa legge di blocco e il piano generale. Credo che il piano generale è anche costituito dall'affermarsi di alcune volontà politiche. Il riferimento al piano pu essere fatto riallacciandolo alla discussione che si è avviata, e che dovrà essere conclusa, sul Piano regionale di sviluppo, che può essere riferita al riparto dell'edilizia ospedaliera riguardante quei 35 miliardi, ed anche alla legge sulle deleghe che si sta affrontando e discutendo.
Sono elementi attuativi di un discorso di piano regionale. Si può dire allora che in merito al discorso di piano manca una valutazione dei fabbisogni a livello regionale: se questo è il punto, sostengo che non esiste collegamento tra questa legge e un discorso di valutazione dei fabbisogni. Sfiderei chiunque a definire un criterio obiettivo sulla base del quale definire il fabbisogno di esami, di analisi o di attività terapeutiche nella comunità regionale. Vorrei sapere qual è il riferimento accettabile dal punto di vista scientifico, sulla base del quale stabilire il numero di transaminasi, di esami del sangue e di radiografie di cui la comunità ha bisogno. Per intanto la situazione del Piemonte dimostra che, a seconda della zona, il fabbisogno varia da 5 a 1 e non è che l'intasamento dei servizi (al di là di alcuni casi di servizio eccellente o di servizio estremamente degradato) veda una differenza così grande nella richiesta da parte dei cittadini. Questa è una discussione che a suo tempo aveva già portato ad alcune considerazioni in merito ai posti letto per 1.000 abitanti e la convinzione che questo dato sia indicatore dello standard dei servizi.
E' stata una posizione arbitraria assunta nel 1954 da uno studioso di New York in una pregevole pubblicazione che tutti hanno citato. Sono andato a esaminare quella documentazione bibliografica, ma nella pubblicazione non è spiegato come si è arrivati a quei dati.
Sulle analisi di laboratorio si devono fare altre considerazioni. Per intanto non esiste un bisogno in quanto tale e esiste un meccanismo in una larga misura moltiplicativo tra la pubblicizzazione che si fa di certe strutture, la loro funzionalità, la loro presenza, il rapporto che queste strutture hanno con l'organizzazione sanitaria e quindi l'atteggiamento dei singoli sanitari nel prescrivere gli esami e la disponibilità concreta in grado di soddisfarli. Non esiste un punto di partenza oggettivo e certo, ma esiste un processo assai complesso in cui la definizione di nuove strutture induce sempre nuovi bisogni che possono essere corretti, positivi, ma che non sono indipendenti da questo.
Da parte del mio partito si valuta che i principi generali espressi sulla liceità di operare debbono essere calati in quella che è l'attuale e odierna situazione e che quindi vengono valutati non in riferimento a una situazione astratta che non si verifica, che non è data, ma in una situazione in cui l'attività dei singoli operatori medici è per sua natura non soggetta alla programmazione e ha un margine di discrezione molto ampia in cui una parte consistente delle strutture non rientrano nella programmazione; vi sono dei meccanismi che operano per indurre la richiesta e la pressione sulle strutture diagnostiche, meccanismi che si appalesano anche nel fatto che a differenza degli anni passati in cui incideva fortemente il settore farmacologico, oggi è il settore delle diagnosi quello del quale l'aumento dei costi è più rapido a livello nazionale e a livello locale.
Non mi pare del tutto legittimo il riferimento e il richiamo generale della pianificazione socio-sanitaria. Si tratta di fare un richiamo specifico al consumo, alla stima di questo consumo, agli esami, alle diagnosi e agli strumenti specifici che operano in questo settore valutando la diffusione o il contenimento di questo fabbisogno. Su questo può anche esservi un limite. Nessuno qui ha indicato quali sono i criteri sulla base dei quali si determini questo.
La V Commissione, in applicazione dell'ultimo comma della legge a cui si riferiva Cardinali, aveva assunto una posizione unitaria; cito a memoria la risposta che era articolata in due commi. Il primo sosteneva che la Commissione, dopo un esame contestuale delle domande avanzate ai Medici provinciali prima che entrasse in vigore la legge, dava, per quanto di sua competenza, un parere favorevole. La formulazione era stata adottata a seguito di una discussione complessa in cui avevamo avuto difficoltà a definire in quale misura fosse un atto tecnico di approvazione a posteriori e quindi in qualche misura abbastanza difficile da compiersi da una Commissione del Consiglio regionale che ha competenza politica ma non tecnica, ed in quale misura fossero presenti degli elementi politici di valutazione. Comunque non avevamo sciolto il problema di quale fosse l'aspetto politico e quale l'aspetto tecnico nella valutazione: avevamo scritto che per quanto di competenza della Commissione si dava un parere contestualmente favorevole. Si fissava un secondo comma in cui esplicitamente si diceva che le autorizzazioni non potevano in nessun caso costituire un precedente o un titolo per accedere al finanziamento pubblico. Quindi si apriva un problema che lì era affrontato soltanto in due righe, intorno agli strumenti di verifica, controllo e vigilanza per evitare il verificarsi di abusi per cui alcuni laboratori lavorano avendo magari altri laboratori come capofila o prestanome o come elementi di smistamento convenzionato degli esami, oppure altri laboratori o strutture che operano anche in assenza di regolamentazione e di autorizzazione sotto l'ombrello e la copertura di altre strutture.
Questo problema non lo abbiamo affrontato né potevamo affrontarlo né ho alcun dato concreto relativo, certo è un problema di principio. Come Commissione avevamo però posto in modo unitario un principio non dissimile da quanto dicevo prima, e cioè che non ritenevamo opportuno in questa fase che si addivenisse ad un convenzionamento tra le nuove strutture private e le strutture mutualistiche o altre strutture pubbliche e che l'autorizzazione andasse intesa come limitata ad autorizzazione ad operare e non autorizzazione ad avere sovvenzioni e contributi del denaro pubblico.
Avevamo già dato un giudizio che non sapevamo fino a che punto estendere. Peraltro devo confessare che avrei alcune difficoltà a ricostruire la materia legislativa su questo problema specifico non del tutto lineare e univoco, ma, per quanto era la nostra volontà politica, mi sembra non si debba addivenire a ulteriori convenzionamenti o rapporti.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, dobbiamo esprimere con franchezza e con rigore la linea che la Giunta intende perseguire in questa materia, che, peraltro già in precedenti occasioni è stata evidenziata.
Devo innanzitutto respingere l'ipotesi di una carenza della Giunta rispetto al problema generale della sanità. Non voglio ripetere quanto ha detto il Consigliere Ferrero perché dovremmo citare una serie di strumenti che il Consiglio già ha approvato e una serie di altri strumenti che sono da lungo tempo davanti alla Commissione e che con ogni probabilità, dopo la riunione dei Presidenti dei Gruppi di martedì potranno essere risolti in una seduta programmata per il 30 giugno, se non vado errato. Ci troviamo in presenza di una legge del Parlamento che fissa un iter al 1/7/1977, iter che dovrebbe essere percorso per la riforma sanitaria nel suo complesso, ma che oggi pare fermato da un disegno di legge che è al Parlamento e da una serie di altre iniziative di carattere governativo che farebbero slittare tutta la problematica della riforma sanitaria in tempi non ancora definiti.
Non riesce quindi facile, signori Consiglieri, oltre gli strumenti che già ci siamo dati, oltre quelli che giacciono di fronte alla Commissione consiliare, fornire strumenti che potrebbero dare l'impressione di risolvere il problema (cosa che, in realtà, non avverrebbe perch mancherebbe il punto di riferimento al quadro nazionale). Debbo ancora ricordare che oggi la Regione Piemonte ha un credito per il problema ospedaliero di una somma che si avvicina ai 150 miliardi, credito che prosegue con una corsa inarrestabile poiché lo scoperto mensile si avvicina ai 7 miliardi. Se dovesse continuare cosi, alla fine dell'anno toccherebbe oltre i 200 miliardi circa e sarebbe un onere insopportabile per tutta la collettività e per la Regione stessa. In questo quadro va valutata la situazione di oggi, che non riguarda soltanto la Regione, le sue possibilità economiche, il suo intervento, ma riguarda la parte generale della riforma sanitaria a cui si attribuisce spesso un costo che supera i 7/8 mila miliardi. La Regione, avendo un solo limitato obiettivo, tuttavia si sente parte dell'intero sistema e noi quindi ci sentiamo parte di un rigoroso sistema che porta a non disperdere comunque qualsiasi energia del denaro pubblico che deve essere indirizzata per questo problema. Come voi sapete, uno dei problemi che sempre vengono evidenziati allorché si pone mano a ipotesi di riforma sanitaria è quello della non sopportabilità del costo della riforma stessa. Se non si provvede, si creano delle situazioni anomale che vengono avanti nel nostro Paese proprio perché non si affronta il tema nella sua globalità e nel suo complesso.
Se è vero che siamo chiamati all'autorizzazione che può sfociare in convenzioni, che non riguardano la Regione, ma riguardano ancora il sistema mutualistico agonizzante, e ricadono quindi sull'intero Paese, nello stesso tempo non possiamo sentirci estranei a questo processo, perché non siamo una parte separata dello Stato, ma siamo e vogliamo essere dentro di esso ed essere un elemento portante dello stesso sistema statale.
Un'inchiesta condotta di cui si è data notizia stamani, ci fornisce alcuni dati e alcune cifre che vorrei far meditare ai Consiglieri. Pare che i gabinetti di analisi privati, secondo l'inchiesta di cui ha dato largo spazio il giornale radio delle 8, porti a una valutazione del 1976 di 100 milioni di analisi svolte dai gabinetti privati, con un costo di 800 miliardi. E' chiaro che il sistema non sopporta la riforma sanitaria quando la situazione è anomala, quando non la si tiene più: evidentemente non si razionalizza niente, Consigliere Marchini, la speculazione è un fatto privato e non è possibile trovare un solo gabinetto di analisi che non abbia una convenzione mutualistica, al di fuori, è chiaro, dei gabinetti dei singoli medici che possono fare le analisi nel loro studio ed ai quali non diremo certamente di non esercitare la loro professione. Qui parliamo di strutture societarie non facendo riferimento al professionista il quale esercita legittimamente la sua professione.
Ciò comporterà un aggancio con le mutue. Ci sono coloro che hanno presentato la domanda prima della legge, altri dopo. Diamo le concessioni.
Le mutue le sopporteranno? Sono le mutue? E' lo Stato? Siamo noi? Nel momento in cui vogliamo essere una parte che coincide con il tutto ci rendiamo conto che nella misura in cui ulteriormente privilegiamo questo settore del costo di 800 miliardi, tale costo diventa 1.000/1.500 miliardi per cui l'assistenza non è più privilegiata nelle strutture pubbliche, ma nelle strutture private.
Voglio anche rispondere alla corretta opinione che la dott.ssa Vietti ha portato dicendo che diamo un'autorizzazione e questo non significa ancora convenzionare. Dott.ssa Vietti, lei sa perfettamente che il decreto del Presidente o la deliberazione della Giunta non sono assoggettabili ad alcun vincolo, non possiamo certo dire che questo non comporterà mai qualsiasi convenzione, né il decreto né la Giunta possono arrogarsi una limitazione in una concessione amministrativa che può trovare tutto il suo svolgimento. Ha detto bene il Consigliere Ferrero che queste strutture sono di appoggio ad altre. Potrei già riferire ciò che è avvenuto in questi mesi di studio e di preparazione. Lei sa benissimo che il gabinetto privato non troverà mai chi andrà a dare le 40/50 mila lire per le analisi, ma ci sarà la spinta mutualistica al convenzionamento e non potremo, quindi, in alcun modo incidere.
Nel momento in cui, fra qualche mese o fra un anno, sarà trasferito tutto questo alla Regione, verrà trasferito tutto. Lei sa di quale portata è il problema sorto con le case di cura private. Nel momento in cui andremo a riaffrontare il piano di convenzionamento con le case di cura private lei sa quale sarà la problematica che insorgerà rispetto a tutto quanto esiste, rispetto ai lavoratori che hanno il diritto ai livelli occupazionali, per cui se questo settore è stato privilegiato, rimarrà anzi si rafforzerà. Non possiamo certo dire ai lavoratori delle case di cura private, che sono centinaia e centinaia di persone, che i livelli occupazionali vanno a perdersi solo perché ad un certo momento abbiamo cambiato opinione, non abbiamo più privilegiato l'interesse dell'istituzione pubblica e abbiamo dato invece spazio a quella privata.
Lei conosce la problematica sorta o che sta sorgendo intorno alle case di cura private e sa quali sono state le operazioni di questi mesi laddove la Regione, tendendo a privilegiare la linea verso l'istituzione pubblica, ha abbandonato in parte il campo nel settore privato: ne sono sorte conseguenze gravissime rispetto ai livelli occupazionali.
Di fronte a questo quadro, decidiamo responsabilmente, ciascuno per la propria parte, ciascuno per la propria responsabilità. Vogliamo privilegiare l'istituzione pubblica? Allora, avete tutto il diritto e la disponibilità a dichiarare che la Giunta promuova in quella direzione una serie di iniziative; noi d'altronde garantiamo che saranno promosse. Nel momento in cui gli 800 miliardi dei gabinetti privati non verranno più spesi annualmente è certo che questi potranno servire al rafforzamento della struttura pubblica che viene peraltro abbandonata se noi invece perseguiamo quella privata. Voi sapete che è sufficiente affittare un alloggio, metterci dentro qualsiasi tipo di apparecchiature e il gabinetto funziona, ma voi sapete i danni che provocano queste apparecchiature, i danni che provocano gli apparecchi radiologici che sono senza alcuna difesa. Abbiamo valutato i rischi e nell'inchiesta di stamani questi problemi sono pure valutati.



CARDINALI Giulio

Non si tratta di andare a dilatare, si tratta di fare riferimento alle 20/30 domande.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Voglio dire soltanto questo: "a ciascuno le proprie responsabilità" e la Giunta assume le proprie, senza andare verso problematiche speculative ma perseguendo la linea che ha dichiarato di perseguire sin dal momento del suo insediamento. L'esame che la Giunta farà, dopo l'iter delle domande troverà uno sbocco nella prossima settimana. La problematica che è di fronte a noi è di gravità eccezionale - voglio ripeterlo perché non si dica che non lo abbiamo evidenziato -. Alla fine dell'anno avremo uno scoperto di 200 miliardi che non saremo in grado di sostenere. A questo punto bisogna che le parti siano chiare: quella della Regione, la quale certamente è solo destinataria del problema e quella del Governo. Penso che la Giunta rispetto a queste problematiche saprà assumersi le proprie responsabilità.



PRESIDENTE

La discussione generale è conclusa; possiamo passare alla votazione? Chiede ancora la parola il Consigliere Vietti. Ne ha facoltà.



VIETTI Anna Maria

Avevamo dichiarato l'astensione ma, sentite le dichiarazioni del Consigliere Ferrero ed, in modo particolare, le dichiarazioni del Presidente, daremo voto contrario.
Non è stato assunto alcun impegno di rendere operante l'ultimo comma della legge 38/76 che prevedeva che le domande, presentate prima dell'entrata in vigore della legge, e sulle quali la Commissione avesse dato parere favorevole contestuale, sarebbero state esaminate.
Ritengo che la decisione della Commissione fosse diversa da quanto ha affermato il Consigliere Ferrero: non avevamo espresso la non opportunità della convenzione, avevamo affermato che il parere favorevole contestuale non era un precedente per la convenzione. Abbiamo espresso né parere favorevole né parere contrario alle convenzioni.
Soprattutto ritengo non pertinente il riferimento al disegno di legge n. 104 ed alla proposta di legge n. 154, poiché in questi progetti si prevede che i piani delle unità locali dei servizi siano in armonia con il piano regionale, pertanto la prossima approvazione dei progetti di legge n.
104 e n. 154 non presuppone la giustificazione per la carenza del piano regionale.
Soprattutto ritengo che il riferimento al piano ospedaliero regionale fosse chiaramente stabilito nella legge 7/7/1976 n. 38 che ha come fine di non pregiudicare la programmazione ospedaliera. Pertanto i riferimenti ai progetti di legge n. 104 e n. 154 e il mancato impegno a rendere operante quanto previsto dalla legge n. 38 modificano il nostro atteggiamento.
Ribadiamo ancora che la nostra posizione colloca su piani diversi l'autorizzazione e la convenzione.
Si è parlato di vecchie convenzioni, non si tratta di questo: si tratta dell'autorizzazione ad istituire nuovi servizi che possono anche non essere convenzionati.
Pertanto, come ho già affermato, il nostro atteggiamento è mutato ed esprimiamo voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Confermo il voto di astensione che avevo anticipato. In merito alle comunicazioni del Presidente della Giunta e all'intervento come forza politica del Consigliere Ferrero, non possiamo che confermare il nostro atteggiamento dell'anno scorso. Non possiamo non prendere atto che certe situazioni si muovono anche in dipendenza di realtà che andiamo a provocare e a favorire. Umoristicamente ho pensato che, dopo l'intervento di Ferrero forse avrei dovuto proporre un emendamento integrativo così definito: "E' fatto divieto per la durata della presente legge ai signori medici di subordinare le diagnosi al risultato degli esami dei gabinetti di analisi".
Mi sembra che la logica sia questa.
Tengo però a precisare che la comunicazione del Presidente mi soddisfa nella misura in cui assume l'impegno di chiudere il problema dell'ultima parte della legge di cui stiamo trattando. Ricordo al Presidente che la ragione per la quale io e i colleghi dell'opposizione avevamo chiesto quell'emendamento era di ordine molto più semplice del sistema della riforma sanitaria in genere. Era un elemento di diritto; teniamo presente che per avere il parere favorevole del Medico provinciale, al momento dell'approvazione della legge, i privati avevano dovuto sostenere delle spese. Da un punto di vista legislativo ci era sembrato, svolgendo il nostro lavoro di legislatori, che fosse iniquo andare a colpire un tipo di realtà che la legge precedente rendeva obbligatoria. In effetti la legge precedente obbligava il privato a realizzare certe strutture e queste strutture sono state realizzate prima che facessimo la legge. Ci era sembrato equo e giusto dire: "queste domande hanno comportato un costo vengano esaminate dalla Giunta con un criterio di contestualità; quindi la Giunta decida". Non voglio obbligare la Giunta a esprimersi in termini positivi o in termini negativi, ripeto semplicemente che c'é un'esigenza fondamentale che impone alla Giunta di pronunciarsi. Non impegno il Presidente sul tipo di pronuncia che andrà a fare perché non mi interessa ma la sua risposta mi è ampiamente sufficiente. Quindi il voto di astensione è quello che andrò ad esprimere.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'unico articolo, di cui ora vi dò lettura: Articolo unico - "Le norme di salvaguardia all'istituzione di nuovi istituti privati di diagnosi e cura di cui alla legge regionale 1976/38 sono prorogate di 1 anno".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 23 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri Il disegno di legge non è approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Ricordo che il calendario dei lavori del Consiglio prevede una seduta per il giorno 9 giugno per ultimare la discussione sulla legge dei trasporti.
Comunico inoltre che in mattinata il giornalista Indro Montanelli è stato fatto segno ad alcune rivoltellate che lo hanno raggiunto alle gambe ed è ora ricoverato all'ospedale. Contemporaneamente sono stati compiuti tre attentati, uno dei quali riuscito, alla sede dell'ATM di Torino. Sono fatti che dimostrano l'attuale situazione di tensione e rendono ancora più attuali le sedute che oggi pomeriggio si terranno in questa sede e in tutto il Piemonte sui temi dell'ordine pubblico e democratico. Non ho altre comunicazioni.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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