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Dettaglio seduta n.120 del 26/05/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO


Argomento: Calamità naturali

Dibattito sulla comunicazione della Giunta regionale in ordine ai danni provocati dalla recente alluvione in Piemonte


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, secondo le intese dovremmo ultimare la discussione sulla relazione del Vice Presidente della Giunta relativa ai danni provocati dalla recente alluvione. Il primo Consigliere iscritto a parlare è l'avv. Oberto, a cui do la parola.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non perché sia di prammatica o per consuetudine, ma per obbedire ad un moto dell'animo, il primo pensiero parlando dei fatti alluvionali, va alle vittime particolarmente numerose rispetto a quelle di altre alluvioni. Poi il pensiero corre a coloro i quali stavano guardando questa primavera che si era da poco pronunciata, ai frutti che avrebbero potuto trarre dai loro campi e che li hanno invece visti improvvisamente travolti.
Le alluvioni sono dei fatti ricorrenti, è stato detto dal Presidente della Giunta ed è stato ripetuto dal Vice Presidente Bajardi. Non è però un fatto che privilegi soltanto il nostro Paese: sappiamo di alluvioni spaventose negli Stati Uniti, di alluvioni gravissime che avvengono nelle repubbliche sovietiche e abbiamo l'esperienza dell'Olanda dove si è all'avanguardia per la difesa del territorio anche nei confronti delle concause, dei fatti naturali che, oltre il prevedibile, aggravano la situazione e che avvengono indipendentemente dalla volontà dell' uomo. E' certo però che non dobbiamo adagiarci in questa constatazione. Ricordo un articolo pubblicato da un quotidiano torinese anni fa, e ripreso da diversi settimanali, quando l'unità di misura era ancora il milione rispetto al miliardo di oggi, che riportava un titolo audace e in sé contraddittorio così titolava quell'articolo: "Meglio spendere cento milioni per prevenire che cinquanta per riparare". Quel titolo non mi sembra assurdo, anche se un poco strano nell'enunciazione, ma è programmatico anche oggi se vogliamo contribuire a costruire qualche cosa.
Che cosa dobbiamo fare? Non entrerò nella parte particolareggiata della relazione del Vice Presidente Bajardi, resterò invece al carattere generale e vorrei esprimere l'auspicio che oggi si scriva dentro ciascuno di noi qualche cosa di definitivo che non ci faccia più tornare a monte, qualche cosa che sia radicato nel convincimento: quando in casa ci piove la prima cosa da fare è quella di riparare il tetto. In un certo senso condivido l'impostazione dell'intervento breve, ma icastico del Presidente della Giunta che ha portato innanzi il problema della forestazione, il problema del riproporre soprattutto alla montagna la possibilità di radicare, di ancorare, attraverso una nuova forma di forestazione, la maniera per trattenere la tragedia dell'alluvione. Esattissimo. Però, Signori Consiglieri, che cosa significa forestare di nuovo? Abbattere si fa in fretta, anche senza la capacità finnica nel buttare giù in un momento una foresta, però per ricostruire quella foresta, per ricollocare in montagna gli alberi ci vogliono decine di anni: un mezzo secolo non è sufficiente per riparare l'opera devastatrice di coloro che hanno dissennatamente distrutto per un complesso di circostanze. I montanari possono aver ceduto alla lusinga di coloro che offrivano denaro sonante per l'acquisto degli alberi, ma oggi è necessario, è doveroso ricostruire, personalmente condivido la politica della forestazione, ma dobbiamo collocarci di fronte a tempi lunghi indispensabili e necessari perché quel riparo trovi nella concretezza delle cose possibilità di realizzazione.
Abbiamo oggi due momenti particolari da affrontare, il primo è quello sottolineato nella relazione di intervenire per riparare le strutture andate distrutte, per integrare i danni subiti da Enti locali, Comuni Province, indennizzare gli agricoltori, ricostruire i ponti crollati; ma sbaglieremmo se ci limitassimo a questa opera che già di per sé è di altissimo impegno. Per poter far fronte alla situazione di emergenza occorrono 80 miliardi, realizzato tutto questo avremo riparato i danni, ma non avremo creato nulla di definitivo e di decisivo per il futuro.
Che cosa dobbiamo e possiamo fare? Dalla relazione del Vice Presidente Bajardi ho avvertito una visione realistica del dato contenutistico: che cosa possiamo dare? La legge 382 arriverà, certamente. Ma quando e come arriverà? Che cosa scaricherà addosso alle Regioni in questo campo? Scaricando delle competenze, quali strumenti darà perché si possa effettivamente intervenire? Qualunque sia la sorte della 382, la Regione deve sentire la vocazione a diventare il centro di coordinamento di tutta l'operatività contingente per ripristinare le strutture, per indennizzare i danni, soprattutto per impostare la politica del futuro. Nessuno pu esaltarsi in un momento come questo; tutti dobbiamo umiliarci, renderci conto delle scarse possibilità che abbiamo.
Era stata fatta una certa valutazione dalla Provincia di Torino attraverso le rilevazioni aerofotogrammetriche dei fiumi. La base, il fondamento, torna ad essere inesorabilmente il fiume; la montagna accrescerà di alberi entro cinquant'anni, ma la sistemazione dei fiumi si può fare subito, là dove la necessità di intervento è particolarmente urgente, se la sistemazione fluviale avviene in tempi brevi, un'eventuale caduta paurosa di acqua troverebbe gli alvei capaci di raccoglierla. Ma le rilevazioni debbono essere rifatte.
Il Consigliere Petrini ha ricordato quanto la Regione aveva messo in cantiere e che certamente non è ignoto all'Assessore Bajardi. Vorrei sollecitarlo a prendere come punto di partenza il tanto o il poco che si era riusciti a mettere insieme per continuare quella operazione. Occorre accertare quali sono i punti critici della Regione, stabilire prioritariamente dove si deve intervenire, prendere contatto rapido preciso, con il Magistrato del Po. In passato abbiamo cozzato molte volte contro questa realtà; abbiamo assistito ad interventi che hanno impedito il verificarsi di inconvenienti verso la foce, nel corso medio terminale del Po, ma dobbiamo con rincrescimento dire che, partendo dal Monviso donde nasce questa piccola sorgente che poi diventa il regale corso del Po, poco è stato fatto, soprattutto per i fiumi e i torrenti che in esso confluiscono. E' indispensabile che questo discorso sia sviluppato in modo particolare con il Magistrato del Po senza lasciar passare molto tempo. Mi duole fare questa osservazione in assenza dell'Assessore Fonio. Secondo il mio parere, dovrebbe svolgersi un lavoro di sintonia tra l'Assessorato ai lavori pubblici e l'Assessorato all'assetto idrogeologico perché le due cose camminano insieme. E' lontano da me il proposito di muovere delle critiche perché non sarei in condizione di muoverle fondatamente; il mio è il desiderio di dare un apporto positivo e concreto. Non si risolveranno questi problemi se non vi saranno delle valutazioni omogenee, concordi e correlate quanto più possibile. Quando avremo rinforzato i ponti, poco avremo fatto se a monte non si sarà impedito il verificarsi delle cause per cui i ponti ricostruiti vengono travolti. I miliardi verrebbero buttati in acqua, sommersi, travolti dall'alluvione senza una possibilità di soluzione, scatenando soltanto tanta rabbia.
Ho ritenuto di dare il mio apporto anche per scaricare la mia coscienza di certe responsabilità che debbono essere singolarmente assunte. Vorrei inoltre aggiungere che l'intervento congiunto dei due Assessorati non pu prescindere da una consultazione preventiva con l'Assessorato all'agricoltura.
Occorre intervenire tempestivamente non soltanto sul piano operativo ma anche sul piano informativo. Nella Val Chiusella si sono sentite voci le più distorte e le più contrastanti, su interventi fatti o da fare, su aspetti positivi e aspetti negativi, che hanno aumentato lo spirito di disagio delle popolazioni. Quarant'anni fa, quando fu costruita la diga di Mazzé, venne considerata come uno degli apporti più grandi per l'irrigazione dell'alta agricoltura; adesso ad ogni alluvione ricorrente la diga finisce per determinare contrasti anche vivaci e violenti sulla chiusura e non chiusura delle paratoie, sul rigurgito dell'acqua l'esattezza e la tempestività delle informazioni fanno parte del complesso del problema, al fine di evitare le alluvioni di parole che molte volte sono non meno nocive e perniciose delle alluvioni effettivamente accadute.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Signor Presidente, siamo ad occuparci della più grave tragedia che il Pinerolese abbia sopportato in questi ultimi tempi. Avevamo segnalato questi problemi già nei mesi passati, quando avevamo fatto notare che le sponde e gli argini di alcuni torrenti erano in pericolo. Avevamo anche detto che se non si provvedeva subito qualcosa di grave sarebbe capitato.
Purtroppo è capitato. Esprimiamo la commozione ed il cordoglio per le vittime: 7 morti, tra cui un Sindaco morto nell'adempimento del proprio dovere.
Entro subito nel merito dei problemi. Ritengo che il coordinamento degli interventi sia importante ed urgente. Devo dare atto all'Assessore Bajardi della concretezza della sua relazione. Mentre è da sottolineare l'impegno e l'abnegazione dei pubblici amministratori, dei tecnici e della popolazione in generale, devo osservare che non concordo con la perfezione degli interventi che ha lasciato intendere l'Assessore. Non c'è l'accordo perfetto sul coordinamento, non per colpa delle persone, ma perché la macchina burocratica non gira a pieno ritmo. Dovremmo ammetterlo. Come sempre capita, in queste occasioni, a causa dell'urgenza, si accavallano iniziative, si verificano interferenze, scollegamenti, sovrapposizioni mancanza di tempestività e alla fine anche spreco di energie.
Invito la Giunta a prestare la massima attenzione al coordinamento, più importante dello stanziamento del miliardo in più o del miliardo in meno.
Ritengo che la Provincia possa fare molto sul piano operativo poich dispone di mezzi meccanici e di tecnici di alto livello che possono operare per il ripristino di strade, per il collegamento di borgate ancora isolate.
Questa mattina l'Assessore Bajardi ha nominato una sola volta il Comprensorio. Ritengo che il punto di collegamento sia il Comprensorio, e mi è parso di capire che le forze politiche siano d'accordo di ritenere il Comprensorio non come centro di azione operativa, di determinazione e di decisione, ma come centro di collegamento e registratore di tutte le necessità.
I problemi specifici urgenti sono già stati citati; il primo è quello riguardante il collegamento dei Comuni alla destra del torrente Pellice poiché i pendolari, studenti e operai, e le attività economiche sono isolati completamente dal restante territorio. Per collegare questi Comuni c'è la ferrovia come mezzo immediato, con l'istituzione, per esempio, di un treno navetta tra una sponda e l'altra. Ma questa soluzione non è stata prospettata. Il ponte di Lusernetta si sta montando; il ponte sulla statale è in corso di ripristino da parte dell'ANAS, la passerella sul ponte di Bibiana o il ripristino del ponte sono importanti, ma ci sono altri Comuni praticamente isolati e la Provincia potrebbe svolgere un ruolo importante ci sono ponti minori come quello di S. Germano, il ponte di Usseaux, che isolano importanti frazioni.
Vengo ad un altro capitolo passato in sordina questa mattina: le opere irrigue. Nei prossimi dieci giorni dovranno essere irrigate nel Pinerolese circa 20 mila giornate di terreno. Tutte le opere di presa per l'irrigazione del canale di Abbadia, di Osasco, di Campiglione, di Bricherasio, di Cavour, interessanti tutta la pianura pinerolese, sono state distrutte. E' un intervento di competenza dell'Assessorato all' agricoltura e invito la Giunta a registrarlo e a coordinarlo con gli altri interventi. Veniamo poi al capitolo degli argini non così urgente da essere affrontato nelle prossime ore, ma certamente nei prossimi giorni.
L'Assessore ha citato le sponde di IV e V categoria che sono di competenza regionale, ma, a mio avviso, sono molto più importanti quelle di III categoria, che hanno dato origine a questi disastri e che devono essere riparate con la massima urgenza; la Regione può intervenire con le opportune pressioni presso il Magistrato del Po.
Sottolineo ancora che il Comprensorio di Pinerolo, come unione di forze politiche, amministrative, tecniche locali può fare molto. Quindi invito l'Assessore a dare un appoggio, anche se sarà soltanto morale, a questo organismo che ha già iniziato a lavorare con la maggiore buona volontà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Nel 1964, di fronte alla tremenda alluvione che colpì quasi tutto il territorio piemontese, in sede di Comitato regionale per la programmazione economica, evidenziai l'esigenza di prendere in serio esame l'eventuale costituzione di un corpo specializzato dell'esercito per il pronto intervento, visto che allora come oggi, non è chiamato ad incombenze, per buona fortuna, di natura bellica. La proposta poteva avere un sapore fantapolitico, ma non venne trascurata, tanto che la "Gazzetta del Popolo" uscì con una pubblicazione riportando tra l'altro le puntualizzazioni che il sottoscritto aveva avanzato in tal senso. La stessa proposta vengo oggi a rispolverare ed invito la Regione Piemonte a rendersi anticipatrice per discutere la problematica a livello ministeriale di concerto con le autorità militari. Se si vuole organizzare il coordinamento non solo come fatto da affrontarsi dopo che l'evento si è verificato, ma come servizio che scatta immediatamente, si deve incominciare ad esaminare l'opportunità di creare un corpo specializzato dotato di uomini pronti e capaci ad agire e dotati di strumenti adeguati.
Per quanto attiene ai danni all'agricoltura è risaputo che la competenza dell'intervento è del Ministero agricoltura e foreste, per i danni alle strutture, infrastrutture, colture e produzioni, a mezzo del Fondo nazionale di solidarietà di cui alla legge 25.5.1970, n. 364. Mi spiace che l'Assessore sia impegnato altrove a trattare un altro delicato problema, ma pongo ugualmente una domanda alla Giunta per conoscere se le proposte di delimitazione delle zone colpite sono già state avanzate al Ministero e, se ancora non sono state avanzate, a che punto sono; è chiaro che nella misura in cui quelle proposte vengono celermente avanzate è sperabile che con altrettanta celerità il Ministero le recepisca e provveda all'emanazione dei relativi decreti in merito. La Regione dovrebbe inoltre mantenere stretti contatti con il citato Ministero per evitare, come si è verificato in passato, che gli interessati debbano attendere mesi e mesi prima di conoscere i decreti in questione.
Stante poi le dimensioni modeste del Fondo di solidarietà sarebbe il caso di chiedere che, a latere di quel fondo, ne venisse costituito un altro per gli interventi speciali riguardanti gli eventi calamitosi la cui straordinarietà non può essere confusa con le altre calamità che manifestandosi annualmente, assumono carattere di ordinarietà. Questo non solo per poter disporre degli interventi finanziari necessari, ma anche per poter avere la possibilità di muoversi con maggiore selettività ed organicità. Tale fondo speciale, a latere, dovrebbe riguardare i danni alle strutture, alle infrastrutture, agli impianti, mentre quello esistente dovrebbe esse, re destinato solo all'indennizzo dei danni alle produzioni e alle colture.
Da mesi si va evidenziando l'esigenza di modificare la legge sul Fondo nazionale di solidarietà. Questa dolorosa circostanza ci offre l'occasione per rimettere l'accento sul problema nella speranza che il Parlamento e anche la Regione possano concretizzare qualcosa di maggiormente funzionale e positivo.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Non in veste di protagonista, ma certamente perché presente a questa vicenda, ritengo di interpretare le domande che vengono dagli interessati e cercherò di limitare il mio intervento all'essenziale.
Intervengo sulle considerazioni fatte dal Consigliere Oberto il quale ha detto che ci vogliono 50 anni per risolvere certi problemi. Forse anche su questo usiamo un ottimismo illuminista, circa la possibilità che l'uomo riesca a dominare certi fenomeni. Tutte le nostre valli portano i sedimenti millenari anche di epoche che andiamo dimenticando: per esempio, il '700 è stato caratterizzato da opere gigantesche di ristrutturazione e di controllo del territorio, certamente più importanti di quelle che si fanno oggi. Soltanto in Valle di Susa il torrente, protagonista delle vicende di cui stiamo trattando, è stato deviato da una valle all'altra con le carriole o con le gerle. Questo sta ad indicare come tutta la materia abbia bisogno di una riflessione approfondita e particolareggiata. In questo senso va apprezzata la relazione dell'Assessore Bajardi perché egli si è reso conto che l'analisi non va più fatta per grossi schemi, come ad esempio il ripristino degli alvei dei torrenti. Che cosa vuol dire il ripristino degli alvei? Andare a pulire l'alveo, quindi a sconnetterlo? Pertanto si deve inventare uno studio analitico e preciso. A mio avviso, si tratta di prendere atto che l'ambiente montano sta cambiando perché se ne è andato il suo custode. Teniamo presente che l'ambiente montano ci sta cadendo addosso perché è squilibrato dall'uomo con le sue opere di sfruttamento della natura fatte nei secoli passati; adesso che l'assetto idrogeologico crolla per mancanza del custode, o noi teniamo in piedi questo tipo di equilibrio artificioso oppure dobbiamo aiutare la natura a ripristinare il suo equilibrio, non più legato all'economia montana ma alla natura in senso stretto. Possiamo al massimo accelerare questo fenomeno di ripristino delle situazioni originarie del territorio montano, certamente con la forestazione, con il ripristino degli alvei, tutte cose positive che richiedono però una vigilanza e una verifica quotidiana sulla congruità e sull'opportunità delle scelte.
Questo è l'aspetto generale dei problema. Tuttavia in questo momento dovrebbero starci più a cuore un problema di carattere istituzionale e una serie di risposte che dobbiamo dare a tempi stretti alle popolazioni interessate. E' un po' la situazione di certi funerali in cui arrivano tutti gli amici per portare la bara, anche se il giorno prima avevano litigato con il morto. Abbiamo sentito dei plausi generali, e io li confermo, anche se sono avvenuti degli episodi che tratteremo quando parleremo dell' ordine pubblico, per carità di patria. Tuttavia lo scollamento della nostra collettività e soprattutto la necessità che la Regione finalmente venga riconosciuta nel ruolo prevalente di tutta la problematica va affrontata e queste circostanze pongono al Consiglio regionale, come sede legiferante, un problema particolare: come si colloca la Regione in questa situazione? Non mi sembra molto corretto, per esempio che la Provincia decida di assumere una certa spesa, informi i Comuni con telefonate, quando sappiamo che non dispone di fondi: va a fare questo discorso in ambienti a cui deve dei soldi da anni. Mi pare una cosa poco seria e sarà una delle domande che porrò all'Assessore Bajardi: in che misura possiamo assicurare che la Regione garantirà l'impegno assunto dalla Provincia di Torino di pagare i mezzi privati? Questi, quando hanno saputo che pagherà la Provincia, si sono fermati ed hanno chiesto l'impegno del Comune. Altrettanto non mi pare serio che un Ministro venga in visita ai Comuni alluvionati e dichiari apertamente che chi dovrà occuparsi di questo problema è il suo referendario, il suo vassallo locale.
Il problema che dovremo porci come Consiglio regionale è come deve muoversi, o, meglio, come deve crescere l'Ente Regione in una situazione di questo genere. Si debbono distinguere i diversi momenti, come abbiamo fatto per il Friuli, l'immediato, il problema dell' emergenza ed il problema finale; il problema finale è politico e il problema immediato è problema di gestione.
Da parte democristiana è stato indicato il Comprensorio come la sede in cui si devono collocare questi tipi di intervento: mi pare un discorso tipicamente demagogico per voler privilegiare un Comprensorio, guarda caso di marca D.C. - PCI. Questo non è serio: o si indica il Comprensorio di Pinerolo e allora tutti quanti ci rendiamo conto che ci riferiamo ad una realtà particolare anche sul piano geografico in cui la realtà del problema è quasi coincidente con la realtà dell'istituzione, ma se questo discorso lo trasferiamo nella Valle di Susa e diciamo che del coordinamento deve occuparsi il Comprensorio di Torino, la cosa non mi pare seria.
Apprezzo quanto ha detto il collega democristiano nella misura in cui il Comprensorio di Pinerolo può essere il momento ottimale per il coordinamento degli interventi; laddove invece la realtà è completamente diversa, l'opera che dovrebbe fare l'Assessorato o la Regione in senso più ampio, mi pare sia quella di invitare i Comuni e gli altri Enti esistenti nel territorio a costituirsi in un Comitato di gestione con la presenza attuale, immediata e costante della Regione. Se così non facciamo rischiamo di vedere ripetuti certi errori e soprattutto di non cogliere l'occasione in termini un po' mercantilistici di far crescere l'istituzione regionale agli occhi dell'opinione pubblica. Certamente sono state fatte più telefonate al successore dell'on. Botta in Provincia che non all'Assessore Bajardi. Sono convinto che le cose sono andate così. E' bene che si sappia che queste cose dipendono dall'Assessore Bajardi, o chi per esso, che deve essere presente nei Comitati, e non dall' Assessore ai lavori pubblici della Provincia di Torino. E' una realtà qualche volta non simpatica, ma bisogna dirlo, altrimenti le perdite di tempo, gli scollamenti, i momenti di poca razionalità della vicenda si identificano nel non riconoscere a livello regionale la funzione delle priorità. Invito l'Assessore a fare opera in questo senso.
Data l'eccezionalità della vicenda, la quale nella misura in cui si interviene su un problema pone anche la necessità di un'analisi delle cause del problema, la Giunta dovrebbe farsi assistere dalle Commissioni competenti. Non posso capire come la Commissione territorio potrà pronunciarsi sull'opportunità di un certo tipo di suggerimento se non ha potuto verificare a caldo le giustificazioni di qualche proposta che ci verrà presentata nel futuro. La Giunta e le Commissioni dovrebbero vivere fino in fondo questa vicenda per passare con maggior cognizione di causa al momento finale della programmazione dei lavori infrastrutturali a cui alludeva l'Assessore nella relazione svolta stamani.
Non appena sarà uscito il decreto del Governo, non appena sarà ben chiaro quali saranno le risorse disponibili e quali i margini di operatività, la Regione dovrebbe fare una "guida" da mandare ai Comuni in modo che gli Enti locali che vogliamo responsabilizzare sappiano esattamente che tipo di intervento possono avviare. Non intendo un avviso con linguaggio burocratico, caro Assessore Astengo, ma un documento facile da leggere, perché, ad esempio, viene letto anche dal Comune di Moncenisio con 36 abitanti, i cui cittadini bene o male sanno l'italiano, ma vogliono sapere le cose. Nelle nostre vallate questo tipo di dramma porta delle conseguenze che si devono valutare anche sul piano umano. Quando parliamo del Polesine o di altri fenomeni similari, in genere ci riferiamo ad una realtà agricola evoluta, se non sul piano imprenditoriale, quanto meno sul piano associativo; quando invece certi drammi avvengono nelle nostre povere vallate e incidono sui fatti agricoli, ci troviamo di fronte alla frammentazione di piccolissime iniziative che non si possono neanche chiamare di carattere di coltivatore diretto, tuttavia questa vicenda ha inciso profondamente nell'economia e nella ragion d'essere di certe collocazioni di persone sul territorio montano. Alle aspettative che vengono da questi cittadini meno fortunati di noi, dobbiamo essere in grado di dare una risposta, qualunque essa sia. Non sto a fare la richiesta che vengano date 50 mila lire per conigli o cose di questo genere, ma qualunque tipo di risposta venga data, essa sia in termini brevi, chiari e precisi in modo che i nostri amministratori locali possano, forse per la prima volta dare ai propri concittadini una risposta precisa, rapida e per quanto possibile positiva. Se la Regione riuscisse a fare questo forse accrescerebbe agli occhi dell'opinione pubblica quella credibilità che in questi giorni è già riuscita ad acquisire con una serie di interventi immediati dei quali dobbiamo dare atto alla Giunta.
Sono nato in montagna e avrei ovviamente parecchie cose da aggiungere vorrei soltanto dire una piccola cosa: se andate nella Val Cenischia estranea a questo discorso, vedrete che dopo cinquanta anni è venuta giù una valanga lunga più di 2 chilometri, in un territorio dove sono state fatte, 20 anni fa, opere di ripristino geologico, da miniatori, nel senso che si è ricucito il terreno con dei legnetti, e quindi la valanga che da 50 anni non si staccava, ha provocato ingenti danni. Questo per dire che abbiamo a che fare con una realtà in Piemonte molto complessa e per molte volte fatale.
Cerchiamo di fare il nostro dovere, di rispondere alle esigenze della collettività. Raccomando che il Consiglio regionale, attraverso le Commissioni competenti, sia valorizzato purché le risposte della Giunta arrivino tempestive e chiare e per quanto possibile positive.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Martini, ne ha facoltà.



MARTINI Mario

Mi sento in dovere di fare alcune considerazioni anche per coprire un livello territoriale: questa mattina e stato messo in evidenza che le due Province colpite dall'alluvione sono quella di Torino e quella di Cuneo per la parte che confina con la provincia di Torino. C'é poi una parte della Langa che, pur essendo stata meno colpita dalle piogge torrenziali trascina da anni una problematica di frane e slittamenti che si è aggravata.
Prendo atto della relazione dell'Assessore che mi pare esauriente e accettabile nell'impostazione. Ho tuttavia alcune osservazioni da fare concernenti il pericolo insito nella relazione dell'Assessore, pur così precisa: non facciamo eccessivamente affidamento sul decreto governativo.
Mi auguro che i 77 miliardi individuati vengano completamente recepiti.
Posso dire che abbiamo fatto una valutazione che corrisponde esattamente alla realtà: non l'abbiamo gonfiata, ma non l'abbiamo neanche diminuita.
Però, l'esperienza del passato in situazioni analoghe non ci fa credere alla sua accettazione, poiché conosciamo la situazione finanziaria nazionale. Vedo che per pochi miliardi non si raggiungono gli accordi, che pur stanno per essere conclusi anche a livello sindacale; non farei quindi un eccessivo affidamento, anche se le forze politiche devono impegnarsi per fare la dovuta pressione a Roma per motivi di carattere politico di riflesso ad un eventuale diniego da parte del governo centrale, a certe nostre aspettative. Verrebbe in tutti la tentazione di dire ancora una volta che la Regione ha cercato di intervenire con le sue disponibilità, ma che non può far fronte ad una problematica di questo genere, che il Governo ha disatteso le nostre aspettative e gli amministratori locali, andando a cercare il colpevole, si troverebbero esattamente coinvolti nella stessa logica in cui si sono trovati nel passato. In questi giorni c'é stata una presa di posizione da parte della Regione per farsi riconoscere non come interlocutore privilegiato, ma quanto meno come Ente a cui bisogna far capo per avere, almeno a livello informativo, una situazione, la più precisa possibile, da parte di tutti gli Enti che operano nel territorio: c'é stata una convocazione di Sindaci, ci sono stati sopralluoghi, però non abbiamo dato la sensazione che la Regione si è fatta carico politicamente di considerarsi e di farsi considerare come il coordinatore autentico riconosciuto, assumendosi anche delle responsabilità, non sue proprie nei confronti degli amministratori locali. I nostri amministratori locali sono venuti qui, hanno preso atto, poi sono ritornati ai loro paesi e si sono trovati con le mani vuote perché nessuno stanziamento è stato immediatamente fatto per nessun Comune e questo è un errore.
I Comuni che devono essere immediatamente aiutati non sono molti.
Naturalmente le richieste saranno molte, ma una decina di Comuni ben individuati metterebbe in condizione i Sindaci di portare in periferia la convinzione che qualche cosa è cambiato e che Torino è più vicina di Roma.
Invece questa sensazione non c'é. Mi riferisco a quanto è stato detto nella discussione del Consiglio provinciale di Torino, mi riferisco alle parole del Sindaco del Comune di Bagnolo che si è fatto promotore di un incontro a livello locale. Leggo solo l'ultima frase "é necessario che la Prefettura il Genio Civile o la Provincia o la Regione si decidano, e presto, a fare qualcosa".
Questa mattina sul giornale c'é lo stanziamento di 100 milioni da parte del Ministero dell'Interno tramite il Prefetto di Cuneo. Cosa validissima.
Mi auguro che questi fondi vengano quanto meno coordinati in un'azione di intervento che deve far capo alla Regione.
Perché è necessario dire queste cose? Perché dobbiamo renderci conto che anche se è un grosso avvenimento e una grossa sciagura, non è paragonabile a quella del Friuli, tuttavia facciamo attenzione che nel Friuli, come in Lombardia per Seveso, c'é stato qualche cosa che non ha funzionato e che, almeno a livello di pubblicistica, ha dato la sensazione che la Regione non sempre abbia saputo sostituirsi allo Stato affrontando tempestivamente i problemi. Fatta questa considerazione, ne vorrei aggiungere altre due brevissime. Una è relativa alle Province. Non ritengo si parlasse a nome della Democrazia Cristiana quando si diceva di fare assegnazione sui Comprensori, il che vuol dire fare assegnazione sulla volontà dei nostri Sindaci. Lo stesso Sindaco morto per essersi trovato sul posto è quasi un simbolo di questa volontà, ma di una volontà impotente che caratterizza tutti gli amministratori locali. Abbiamo una struttura che deve essere utilizzata: la struttura delle Province che specialmente a livello tecnico hanno una grossa capacità di intervento operativo e di progettazione. I progetti saranno indispensabili. Tutti noi abbiamo l'esperienza del passato in fatto di alluvioni che hanno distrutto opere che appartenevano all' ANAS o alle Ferrovie dello Stato; le opere hanno tardato tre-quattro anni ad essere nuovamente ripristinate per carenza di fondo a livello di progettazione: le Province hanno uffici preparati e predisposti a questo, in qualche caso addirittura inattivi, ed invece è necessario attivarli al massimo. Non so se è sufficiente avvalersi solo del loro apporto a livello tecnico. La Regione tenga presente che ha soprattutto il compito politico di farsi centro di coordinamento e di farsi riconoscere tale da tutti gli Enti che operano, assumendosene davanti alla popolazione la responsabilità politica in modo che chi viene alla Regione sa che non ha più bisogno di rivolgersi altrove perché, comunque, la Regione si farà portavoce delle esigenze anche nei confronti degli Enti che operano a lato della Regione.
In ultimo, porto un esempio pratico: a Bagnolo Piemonte c'é stato un incontro di amministratori che si è chiuso in maniera accettabile, perch sotto la scorza di scetticismo c'è la grande dignità della nostra gente non abituata a piangere ma a rimboccarsi immediatamente le maniche. Dobbiamo tuttavia dare la sensazione che c'é qualche cosa al di sopra e al di là del rimboccarsi le maniche. Bagnolo è un Comune che si fa carico di una strada franata che porta alle cave di pietra dove lavorano 400 operai, si fa carico di un ponte franato sul torrente Pellice che costringe circa 1000 pendolari a fare una deviazione di 25 chilometri per raggiungere Pinerolo.
Mi rendo conto che il problema del collegamento verso Pinerolo richiede per la soluzione un po' di tempo, ma se noi riuscissimo quanto meno a mettere il Comune in condizione di spendere 10/20 milioni per garantire il transito agli operai faremmo un'opera di solidarietà nei confronti dell'amministrazione che si impegna a tutti i livelli. Nello stesso tempo daremmo la sensazione che là dove il problema è immediatamente risolvibile non ci poniamo come burocrati più preoccupati del modo in cui vengono spesi i soldi che non invece dell'obiettivo da raggiungere e permetteremmo al Comune nella sua autonomia controllata a posteriori di risolvere un problema, cioè l'Amministrazione comunale sarebbe in condizione di dire che per quanto riguarda il resto c'è una volontà generalizzata a livello comunale, di Comprensorio, di Provincia, di Regione, per risolvere il problema ma i tempi tecnici richiedono che si abbia tutti assieme pazienza per 3/4 mesi. Ho voluto esemplificare questo fatto, che nella provincia di Cuneo forse è il più drammatico, per avanzare un suggerimento di collaborazione. Si tenga presente che la Regione quest'anno non ha impegnato nemmeno una lira per le strade provinciali e, visto che il bilancio non è definitivo, bisognerà trovare la maniera di rimpinguare il capitolo del bilancio dell'anno scorso, per cui, senza pregiudicare la politica di programmazione che dovrà avviarsi con il secondo semestre dell'anno in corso, potremo riuscire dignitosamente a dimostrare alle popolazioni che la Regione non è Roma, ma è vicina agli Enti locali e alla popolazione colpita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Devo dare atto della completezza della relazione dell'Assessore Bajardi: da essa possiamo trarre delle indicazioni del modo con cui la Regione comincia a collocarsi di fronte a questo fenomeno. Ritengo che si sia iniziato correttamente, la relazione contiene una disamina compiuta, a pochissimi giorni dagli avvenimenti, delle cause che molto spesso sono determinanti nel rendere più gravi le sciagure, degli interventi da compiere e delle disponibilità di risorse che possiamo utilizzare. La Regione non può sovvenire all'immane compito, nemmeno agli interventi immediati, è necessario un intervento statale. Anch'io non riporrei fiducia traumaturgica nel decreto, ma se non sarà un decreto, potranno essere stanziamenti aggiuntivi sulle leggi esistenti. Dobbiamo renderci conto che non è possibile affrontare la copertura dei danni causati dal maltempo solo con le forze regionali, provinciali o comunali.
Forse in Piemonte non siamo mai stati colpiti così duramente, almeno negli ultimi anni e questa occasione ci induce a riflettere sulle strutture delle istituzioni pubbliche non sufficientemente armate per un'opera che vada nel profondo della prevenzione. L'accenno fatto dal Vice Presidente circa la dotazione di un servizio geologico regionale mi pare molto importante. Possiamo dire che il rapporto tra l'uomo e l'ambiente è cambiato profondamente per una serie di fattori non tutti negativi, ci sono fenomeni progressivi in senso storico, ma accanto ci sono fenomeni di abuso, di non cura, degenerativi, fatti di spopolamento. Si può concordare sul mutamento di fondo del rapporto uomo-ambiente. E' necessario che l'istituzione, nel momento in cui si pone come centro di tutela dell'interesse generale, delle condizioni di sussistenza, delle condizioni abitative e di vita delle popolazioni, si ponga il problema con uno sguardo più lungo nel tempo e con attrezzature tecniche specifiche.
La relazione emana una volontà non velleitaria ma una volontà espressa in comportamenti, in atti politici con i quali la Regione intende collocarsi di fronte a questa emergenza. C'é il problema del coordinamento.
La Regione si conquisterà il ruolo e la funzione del coordinamento in due maniere: prima di tutto con le idee chiare su ciò che si deve fare, idee che deriveranno dal rapporto con le istituzioni minori. In questo senso il Comprensorio si colloca non come entità generalizzata, come diceva il Consigliere Martini, ma come luogo istituzionale che corrisponde ad una porzione geografica. Il Pinerolese, per esempio, può rappresentare una sintesi efficace del coordinamento a livello decisionale per stabilire le priorità, l'invio di certi materiali piuttosto di altri, per evitare anche sovrapposizioni e sprechi. Il Comprensorio, quindi, ma soprattutto le Comunità montane ed i Comuni. La Comunità montana Val Pellice è riuscita attraverso un lavoro di coordinamento con i Comuni, a rispondere alle esigenze senza dover ricorrere a particolari problemi di mobilitazione; con il volontariato, molto spontaneo, è riuscita a sanare una serie di situazioni che dovevano essere sanate subito e non più tardi. Comunità montane quindi, soprattutto perché le zone colpite coincidono molto con quelle delle Comunità montane.
Come Regione conquisteremo il ruolo di coordinamento attraverso un lavoro paziente di collegamento con gli altri organi, mettendo le istituzioni decentrate, le Comunità montane, i Comprensori, i Comuni, nelle condizioni di avere un rapporto facile , soprattutto avendo uno sguardo d'assieme sulle esigenze dividendole in tempi di breve e di lungo periodo e, con questa visione unitaria, riuscendo ad incanalare ad "unum" le risorse che sono poche. Il decreto non c'è ancora. La Regione dovrà determinare un suo comportamento anche in funzione dell'atteggiamento statale: vale a dire che se l'intervento statale non fosse nei termini previsti auspicati oppure non ci fosse del tutto allora l'emergenza suonerebbe per le stesse risorse regionali. Il giorno stesso in cui sono accaduti i fatti la Regione, nella persona del Vice Presidente Bajardi, in contatto con la Provincia, con il Presidente del Comprensorio, con le Comunità montane, ha avviato un discorso di coordinamento; questo discorso va continuato. Diverrà più forte ancora e più incisivo, se le forze politiche (a cominciare da oggi) sapranno e vorranno dare piena legittimazione al ruolo della Giunta nel coordinamento. Come rappresentanti di partiti politici possiamo svolgere un'azione molto importante.
Nella popolazione c'é fiducia perché si ha anche la coscienza che oggi il tessuto democratico è in grado di affrontare, sia pure con difficoltà anche una situazione di emergenza. Molto si gioca qui per quello che saprà fare la Regione. Colgo l'invito di Marchini di fare in modo che il Consiglio sia costantemente informato delle iniziative della Giunta. Il sostegno delle forze politiche deve essere pronto nei riguardi della Giunta per i contatti che avrà con gli altri organi.
Altra cosa fu il Friuli, altre erano le dimensioni, però l'azione compiuta là dalla Regione Piemonte è stata definita esemplare ed oggi pu fornirci insegnamenti di merito e di metodo e può darci l'ausilio di quelle strutture che hanno operato nel Friuli, che possono profittevolmente essere usate soprattutto nel ramo geologico. Rinnovo il mio profondo apprezzamento in maniera non formale (e non per collocazione di parte) alla relazione; la considero un buon inizio di coordinamento. Tocca alla Giunta di fare la sua parte e noi, forze politiche, dobbiamo essere messe in condizione di dare il maggior sostegno possibile per portare a termine attraverso i canali democratici questa opera che si prospetta non facile e soprattutto non breve.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO



PRESIDENTE

L'Assessore Astengo mi fa presente l'opportunità di esaminare il progetto di deliberazione all'ordine del giorno che soddisfa a un adempimento di legge che sta per scadere e le normative potrebbero essere in gran parte vanificate in quanto si verificherebbe una liceità di procedere in senso difforme. Desidero raccomandare ai Consiglieri che ancora debbono intervenire, di tener presente questa esigenza, dato che l'intenzione è di andare avanti fino all'esaurimento dei punti all'ordine del giorno.
La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, mi faccio carico della brevità del tempo, d'altra parte le cose che devo dire sono molto sintetiche. Dò atto all'Assessore Bajardi di avere presentato in merito al grave problema dell'alluvione una relazione seria, stringata, grave nelle cifre e questa gravità ce la troveremo purtroppo davanti nel momento in cui andremo a valutare la possibilità di reperire risorse per altre finalità ormai imminenti, legate al Piano di sviluppo, ma che evidentemente richiedono,di fronte alla calamità, un intervento immediato. Sono d'accordo, e lo sottolineo con poche parole, sul fatto che la Regione debba essere l'Ente coordinatore di tutti gli interventi. La sovrapposizione degli interventi e la loro disparità non potrebbe che provocare dispersione e ritardi o comunque scompensi anche nella distribuzione delle risorse.
Nella relazione dell'Assessore Bajardi c'é un altro elemento che mi preme di sottolineare: l'elemento previsionale. Non possiamo considerare calamità di questo genere come un fenomeno che capita per caso o che giunge imprevedibilmente come le cavallette trentennali in Cina o le grandi inondazioni. Soprattutto per il Piemonte, dove i corsi d'acqua sono di partenza e in cui non abbiamo da subire carenze o inconsistenze provenienti da altre parti, il discorso deve essere portato in questa direzione. Alcuni elementi che l'Assessore Bajardi ha posto nella relazione lasciano intendere come si possa fare una valutazione sull'uso del suolo dal punto di vista agricolo e forestale. Chiedo espressamente che la Giunta nell'immediato, avvii un discorso di questo genere e cioè che la Regione si faccia carico di rispolverare la questione presso il Magistrato del Po e presso gli Enti che hanno eseguito studi di questo genere per arrivare ad un'ipotesi di assetto idrogeologico non definitivo, ma certamente tale da rendere sempre meno possibili le calamità verificatesi. Questo non significa aprire un discorso nuovo, significa andare a ricercare tutto ci che è ricercabile, andare a mettere le mani sugli studi fatti, coordinarli aggiornarli e soprattutto quantificarli nella spesa. Quando avremo dati precisi in termini di quantità e di qualità potremo fare uscire il discorso dell'assetto idrogeologico dal limbo delle enunciazioni di carattere teorico per avviarlo in termini possibili e nei limiti delle risorse disponibili. D'altra parte il ripetersi negli anni di questi avvenimenti, è di pochi anni fa la disastrosa alluvione del Biellese, ci fa ritenere che ciò che dobbiamo spendere per gli interventi immediati, ciò che rappresenta la spesa obiettiva per sopperire di volta in volta a questo tipo di problemi, rappresenta, se capitalizzato, la prospettiva di poter utilizzare un monte di miliardi che se non è sufficiente per risolvere per intero il problema, è però sufficiente per avviarlo su canali di graduale realizzazione.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Ringraziamo la Giunta per le notizie che ha tentato di aggiornare, dico che ha tentato perché al momento stanno ancora verificandosi dei fatti per cui è difficile fare il punto definitivo.
Approviamo l'indirizzo di fare della Regio, ne il punto centrale dal quale partono tutti gli interventi al fine di non disperderli in vari rivoli. Speriamo di poter essere aggiornati di volta in volta di ciò che avverrà.
Dobbiamo tuttavia fare una domanda alla Giunta: perché il Presidente nel suo intervento si è dimostrato scandalizzato per la non previsionalità da parte dello Stato e di tutti gli altri Enti in questo ultimo scorcio direi addirittura negli ultimi 50 anni, per la struttura del Piemonte? Questo mi sembra alquanto in contraddizione con quanto fatto dalla Giunta che, per il 1977, non ha rifinanziato in bilancio i piani di intervento idrogeologico e forestale.
Vorrei che certe volte si facesse meno demagogia e ci si richiamasse alla realtà e a ciò che noi stessi abbiamo fatto.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Sarò breve, anche perché il dibattito avvenuto finora ha messo in evidenza una sostanziale identità di vedute sulle funzioni che deve svolgere il Consiglio regionale e perché concordiamo tutti sull'affermazione del Consigliere Oberto che se è vero che siamo sempre nelle mani di Dio non dobbiamo essere contagiati da una sorta di fatalismo orientale, perché l'uomo, con la sua capacità e la sua inventiva, è in grado di vedere e provvedere. Quindi non aggiungo nulla a quanto è stato detto.
Invece, come Consigliere vercellese, aduso a queste tragedie, ne abbiamo avuta una nel mese di novembre scorso, una nel '65, una nel '68 una nel '69, dopo aver sentito le cifre che ha dichiarato l'Assessore Bajardi, vorrei porre alcune domande: sui 6 miliardi e mezzo dei danni della Provincia di Vercelli, 4,5 sono riferiti ai danni sul lato del Po nel tratto del territorio vercellese; resterebbe un miliardo e mezzo di danni.
Questa recentissima alluvione non ha provocato grandi danni, si parla di un dissesto stradale, di qualche frana o smottamento per 180/200 milioni, ma abbiamo ancora un miliardo abbondante di danni cagionati dall'alluvione del mese di novembre del 1976. La Provincia di Vercelli si è fatta parte diligente nel trasmettere alla Regione l'entità dei danni, avvenuti soprattutto nel Biellese. Fino a questo momento i danni non sono stati riparati, per cui si è verificato il fatto che il primo intervento è andato a rendere la toppa peggio del buco, come dicono i veneti; questo modo di intervenire comporta soltanto dispendio di sostanze e delusione nelle attese della gente. Siamo ben disposti a riconoscere la priorità alle altre zone piemontesi dove la piaga è aperta e lancinante più che nel Vercellese ma desideriamo raccomandare alla Giunta di tenere presente le esperienze che abbiamo maturato al fine di evitare la delusione della gente.
Siamo tutti d'accordo di considerare l'Ente Regione come perno sul quale devono ruotare tutti gli interventi. Perlomeno speriamo che si evitino le cose che sono avvenute nel Biellese nel 1968. Vorremmo che non succedessero più, perché non sarebbero capite e la serietà e la concretezza della nostra attività politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Fortunatamente nella nostra Provincia, al di là di alcuni danni provocati dalle abbondanti piogge, non ci sono stati altri danni se non qualche straripamento di torrenti che, provocando danni alle sponde finiscono con provocare danni all'agricoltura.
Ci sono degli interventi che possono essere inquadrati nelle opere irrigue per le quali pare possa intervenire la Regione attraverso l'Assessorato all'agricoltura. Disciplinando i corsi d'acqua irrigua si possono coordinare i lavori di protezione delle sponde. Le acque del Lago Maggiore vengono regimate attraverso le paratoie della diga e per timore di buttare troppo acqua a valle, di riempire il Ticino e quindi di mandare troppa acqua nel Po e provocare danni nel Polesine si lascia andare l'acqua con molta calma e si assiste al fatto del metro e venti, del metro e trenta di livello d'acqua che invade cantine e provoca danni negli abitati che si trovano sulla sponda. Il giusto equilibrio anche in quella direzione dovrebbe essere trovato. Quindi ritengo utile spendere una parola anche in questo senso.



PRESIDENTE

La parola al Vice Presidente della Giunta regionale, Bajardi, per la replica.



BAJARDI Sante, Vice Presidente della Giunta regionale

Non risponderò ad alcune osservazioni fatte, ho preso degli appunti e vedrò di risolvere la questione. Vorrei solo riassumere la risposta su alcuni punti. Sono d'accordo che non dobbiamo farci eccessive illusioni sulle leggi, ma operare per averle; non ottenere una legge speciale su questo vuol dire paralizzare la nostra Regione. Oggi presenteremo al Commissario del Governo l'aggiornamento delle informazioni e seguiremo costantemente la situazione.
L'ipotesi avanzata era quella della decisione del Consiglio dei Ministri del 3/6; ci sarà quindi un lasso di tempo per aggiornare le parti carenti non solo per l'evoluzione dei fatti, ma anche per carenza di informazione. L'impegno parallelo è quello dell'utilizzo delle altre leggi la 364 per i danni agricoli. Il secondo problema è quello dell'utilizzo rapido e pieno delle nostre risorse e delle strutture della Giunta nel complesso. Lo strumento più efficace che abbiamo avuto è quello dei Geni Civili. Verificherò perché non è stata risolta la questione a Bagnolo. Ho dato disposizioni il giorno successivo che i Capi dei Geni Civili, sulla base della valutazione delle situazioni, fossero immediatamente autorizzati senza preoccuparsi della copertura, perché in ogni caso il Consiglio avrebbe preso le misure per garantire questo. D'altro canto, riprendendo l'osservazione fatta dal Consigliere Marchini, la Regione ha credibilità.
Non c'é nessuno che obietti in questo senso. Tutte le situazioni che avevano caratteristiche di somma urgenza, di pericolo, i casi in cui si fosse dovuta garantire la riapertura delle comunicazioni, potevano essere autorizzate senza i limiti dei dieci milioni. Controllerò se ci fossero stati ritardi nelle informazioni.
Condivido la valutazione del Consigliere Bontempi in relazione al ruolo della Regione. Credo che nessuno metta in dubbio questo, però più delle affermazioni contano i fatti. Poca gente telefona in Assessorato, perché si sa che telefonando ai Capi dei Geni Civili si riesce a risolvere il problema. L'importante è che la gente si rivolga nell'ambito di un corretto rapporto istituzionale senza mettere in moto meccanismi di altro genere.
Dobbiamo incoraggiare un'azione di coordinamento che non scoraggi l'iniziativa periferica, anzi la incoraggi perché nessuna struttura centralizzata sarà in grado di sopperire alla fantasia delle iniziative dell'autonomia dei cittadini, delle organizzazioni sociali.
Ho avuto occasione di incontrare Sindaci che facevano i vigili urbani nelle strade per tutelare il transito e mi sono reso conto che senza questa struttura capillare noi saremmo inutili e rischieremmo di essere velleitari. Dobbiamo valorizzare questa struttura capillare senza la quale non si può parlare di coordinamento, Le Province in questo ambito sono la struttura tecnica più efficiente, anche se, in certi casi, hanno difficoltà di credito per la difficile situazione finanziaria.
Giorni fa, discutendo sulla struttura di un ponte, mi rendevo conto che il tecnico locale della Provincia, in accordo con la popolazione ricordandosi il modo con cui trent'anni prima il ponte era stato costruito riusciva ad individuare i modi e le forme d'intervento in modo tale che qualsiasi grande specialista proveniente dall'esterno non sarebbe stato in grado di determinare: questa struttura capillare deve essere utilizzata perché sintetizza un patrimonio storico che si è accumulato.
Altro punto importante è il lavoro paziente di raccordo con le altre istituzioni.
Il Magistrato del Po, di recente nomina, era presente sabato mattina e la sua presenza è stata decisiva per trasformare alcuni impegni di qualche decina di milioni, promessi il giorno prima, in due miliardi di pronto intervento.
Sono d'accordo con chi ha sottolineato la necessità di utilizzare gli studi già compiuti. In questi giorni abbiamo compiuto una sperimentazione abbastanza interessante. Sollecitati dall'esigenza di avere geologi a disposizione, abbiamo individuato fisicamente quelli esistenti in Piemonte abbiamo mobilitato la struttura del Politecnico che opera in questa direzione e siamo riusciti ad individuare i campi di intervento del passato per ogni singolo geologo, in modo che gli stessi siano già a conoscenza dei luoghi.
A Torrero, nel luogo della frana più grande di questi giorni, si sono recati gli esperti che conoscevano quella situazione. Può apparire paradossale che molti studi fatti dal CNR, nel corso degli anni passati siano restati schede archiviate correttamente negli uffici ma non siano mai arrivati agli Enti territoriali che hanno competenza di intervenire in questo ambito. Una delle prime preoccupazioni è stata quella di operare con questi specialisti. Informeremo il Consiglio e le Commissioni competenti in modo di poter dare ampi ragguagli sulle misure che andremo a prendere.
Grazie.



PRESIDENTE

Il dibattito è concluso.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Cooperazione

Dibattito sul problema del latte


PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Bianchi.
Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, avremmo bisogno di qualche momento di sospensione per stendere un ordine del giorno che rifletta l'esito complessivo dei contatti che abbiamo raggiunto fuori dal Consiglio. Però ritengo necessario che il Consiglio registri con un dibattito stringato i termini della questione, non dandoli per conclusi fuori dell'aula, ma recependoli con l'approvazione di un ordine del giorno.



PRESIDENTE

Un dibattito si apre quando qualcuno lo introduce.
Ritengo opportuno sospendere brevemente la seduta per prendere le decisioni del caso.



(La seduta, sospeso alle ore 17, riprende alle ore 17,45)



PRESIDENTE

La discussione riprende. L' Assessore Ferraris ha chiesto di parlare per introdurre brevemente il dibattito.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

L'esistenza e l'utilità di un dibattito generale, su richiesta avanzata da un gruppo di Consiglieri che si rifanno alla Coldiretti, ed al Gruppo della Democrazia Cristiana, era stata sollecitata dallo stesso Assessore rispondendo alle interrogazioni dei Consiglieri Franzi - Chiabrando Menozzi - Lombardi e Besate-Raschio. Nel fare la cronistoria del modo con il quale in Piemonte si è giunti alla definizione del prezzo del latte e poi al mancato rispetto del prezzo pattuito, avevo ritenuto necessario un dibattito in quanto di per sè, indipendentemente dalle conclusioni che mi auguro concrete e positive, avrebbe rappresentato una presa di coscienza generale del Consiglio per la gravità della situazione che si è andata a determinare ed avrebbe significato un atto di solidarietà nei confronti dei produttori zootecnici. Questo dibattito infine rappresenta un atto di denuncia nei confronti di coloro che hanno a suo tempo liberamente sottoscritto quell'accordo, che poi non hanno rispettato e che non intendono rispettarlo. Le vicende sono note e non ripeto né le cose dette nella risposta agli interroganti né quelle dette nell'assemblea. I patti sottoscritti non vengono rispettati per conseguenza di quel meccanismo perverso rappresentato dai montanti compensativi: il latte della Baviera e della Francia arriva in Italia al prezzo di 197/200 lire al litro. Se andiamo a considerare bene i fatti, probabilmente non è vero che in quei Paesi si produce a costi più bassi, è vero che, in funzione di quel meccanismo, gli italiani pagano 53 lire per ogni litro di latte.
Credo che non esista mercato con pesanti vincoli e difficoltà di circolazione come il nostro (per esempio, il vino con i vari diritti e le varie imposte); per quanto riguarda invece il settore lattiero-caseario esiste la libera circolazione, che viene pagata dai Paesi ad economia più debole.
Sarebbe stucchevole ricordare la storia degli atti compiuti concordemente con le organizzazioni che avevano sottoscritto, quell'accordo con l'Assessore all'agricoltura, le riunioni, le diffide, le lettere, gli incontri separati. Tuttavia, nonostante tutti gli interventi, non è stato possibile fino a questo momento risolvere il problema. Da una parte ci si deve rendere conto delle reali difficoltà per alcuni piccoli e medi industriali, praticamente per coloro che hanno difficoltà a rifornirsi di latte dall'estero (per gli altri era soltanto questione di lucrare di meno). Di qui un'azione di pressione nei confronti del Parlamento che si è mosso in una logica complessiva, tenendo conto che non era solo attraverso la svalutazione della lira, che sembra la rivendicazione delle rivendicazioni, che si riusciva a risolvere il male alle radici. Con telegramma dell'Assessore all'agricoltura e del Presidente della Giunta si è chiesto l'intervento del Governo in relazione alla svalutazione della lira verde. Si è ottenuta una svalutazione del 7 per cento che avrebbe dovuto ridurre di 14 lire al litro l'acquisto del latte dall'estero. Si è chiesto l'adeguamento dell'IVA che veniva fatta pagare soltanto in ragione dell'i per cento; è stata portata al 6 per cento. Non si è ottenuto per qualcosa di più ampio e di più decisivo nel quadro della rinegoziazione della politica agricola comunitaria, soprattutto in relazione al piano agricolo alimentare ed al piano per lo sviluppo della zootecnia che fa parte del provvedimento del Consiglio dei Ministri approvato a metà di gennaio e che sta per entrare nella fase di discussione in sede di Commissione agricoltura.
Non più tardi di ieri sera i Presidenti della Giunta e del Consiglio e gli Assessori competenti sono stati chiamati in quella sede per portare i loro suggerimenti e le loro critiche. E' chiaro che se permane questa situazione sarà impossibile affrontare il problema del rilancio della zootecnia, i problemi del piano agricolo alimentare e gli stessi problemi per la soluzione della crisi in cui versa il Paese, se è vero che tutte le forze politiche hanno sottoscritto la mozione che accompagnò il Ministro Marcora quando si recò a Bruxelles alla trattativa sui prezzi.
Nel quadro della revisione della politica comunitaria si chiedono misure di salvaguardia e di contingentamento di determinate produzioni, in correlazione all'obiettivo della politica che si intende portare avanti per far uscire il Paese dalla crisi, politica che si pone obiettivi di autarchia ma anche obiettivi da raggiungere in determinati settori e nel complesso un adeguato grado di auto-approvvigionamento. Questi sono i concetti scritti in un documento firmato da tutte le forze politiche dell'arco costituzionale sulle quali continua e si sviluppa il dibattito.
Il Ministro e il Governo sono impegnati a portare avanti il discorso per quanto concerne la ridefinizione della politica comunitaria, discorso che deve essere fatto in questo momento, in cui si discute dell'allargamento della stessa CEE ai Paesi dell'area mediterranea.
Questa è l'azione che la Giunta ha portato avanti in appoggio alle iniziative di tutte le forze dell'arco parlamentare.
Sul piano regionale, la Giunta e le organizzazioni professionali si sono rese conto, nel corso delle trattative per la revisione semestrale del prezzo e per la contrattazione del prezzo di quest'anno, che qualcosa diversifica il Piemonte dalle altre Regioni o da alcune, come la Lombardia l'Emilia e il Veneto. Gli industriali rimproverano alla zootecnia regionale la frammentazione la quale porta a maggiori costi di raccolta. Voi sapete che in Piemonte non si è mai riusciti a strappare il prezzo della Lombardia e dell'Emilia, siamo sempre stati più o meno al livello del prezzo del Veneto. C'è però qualcosa di simile, anzi di peggiore, nei trasformatori lattiero - caseari. In Piemonte non c'è grande struttura cooperativistica come in Lombardia, in Emilia e nel Veneto, dove il 35/40 per cento del latte passa attraverso la struttura cooperativa; in Piemonte soltanto il dieci per cento. Nel settore dell'industria però siamo quasi alla pari. Non ci sono vere industrie di trasformazione che abbiano compiuto un lavoro imprenditoriale per la trasformazione dei prodotti. Ci sono piuttosto gruppi composti da commercianti del latte che trasformano anche il prodotto, ma la loro azione è fondamentalmente basata sul lucro, sulla differenza dei prezzi da una Regione all'altra e quindi sulla differenza del prezzo del prodotto che viene dall'estero.
Approvo quanto ha detto il collega Franzi all'assemblea poco fa, ma egli deve sapere che su questo terreno si stava lavorando in due direzioni abbiamo incominciato con il Latte Verbano per farne una struttura che riceve soltanto latte piemontese, possibilmente soltanto latte di soci; il discorso sta proseguendo per tutte le altre cooperative esistenti. Rimane il grosso problema della Centrale del latte. Sappiamo come è nata, come si è sviluppata, che il 20 per cento dei capitale pubblico è del Comune di Torino, che è una s.p.a. e che vi è una situazione diversa rispetto a quella del monopolio, quando vigeva la "zona bianca". Nei prossimi giorni ci saranno altri incontri con le organizzazioni di categoria per esaminare l'ipotesi di ristrutturazione, che emerge da uno studio elaborato dall'Esap e per giungere all'elaborazione di un vero e proprio piano-latte, per valutare un'eventuale partecipazione dell'Esap, il quale, a suo tempo dovrà cedere la propria parte a cooperative o associazioni di produttori che si dovranno costituire in base alla legge 306, legge che copre due grossi problemi, cioè la contrattazione del latte alla stalla partendo dai costi di produzione e l'istituzione di associazioni di produttori con reale potere di contrattazione e di controllo attraverso strutture, centri di raccolta del latte. Bonificata la situazione della Centrale del latte, si dovrebbe, con l'accordo delle organizzazioni di categoria e le cooperative esistenti, costituire un'attività imprenditoriale nel settore della trasformazione del latte. La situazione è più grave nelle zone dove è carente questa attività: il prezzo ha tenuto e tiene in alcune parti della Lombardia, soprattutto dove si produce il grana; il prezzo tiene soprattutto in Emilia, dove c'é un prodotto di alta qualità.
La Giunta e l'Assessore all'agricoltura hanno proceduto alle diffide chiedendo all'Ufficio legale della Regione di dare tutti i sussidi necessari per procedere direttamente nei confronti degli inadempienti. Gli incontri con le organizzazioni di categoria si sono temporaneamente fermati in attesa di questo dibattito. Auspico che riprendano a partire da domani su queste tre linee di attività: invito al Parlamento perché faccia la sua parte, azione legale nei confronti dei singoli inadempienti, ricerca di soluzioni solide che servano per il futuro.
Su queste linee siamo impegnati e siamo qui per raccogliere il contributo di tutte le parti, di tutti i componenti del Consiglio, in modo da risolvere in concreto la questione avendo la chiara consapevolezza che ne vanno di mezzo i redditi dei produttori zootecnici e soprattutto gli investimenti che la Regione nell'insieme ha fatto attraverso le leggi varate sia dalla precedente Giunta che dalla presente, leggi che nel settore zootecnico avevano provocato, fruendo di condizioni nuove di mercato, un rilancio concreto e promettente della zootecnia e della produzione lattifera. Stiamo per varare un Piano di sviluppo che prevede come una delle scelte fondamentali, la zootecnia, la stessa cosa sta avvenendo a livello nazionale. E' chiaro che le scelte regionali, gli investimenti fatti ieri, quelli che ci disponiamo a fare con il Piano di sviluppo per il settore della zootecnia, quelli previsti a livello nazionale nel piano agricolo alimentare, potranno attuarsi soltanto se si daranno concrete garanzie di reddito e soprattutto certezza che i patti sottoscritti vengano rispettati.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Lombardi. Ne ha facoltà.



LOMBARDI Emilio

L'odierno dibattito voluto dalla Democrazia Cristiana tocca il problema del latte che negli ultimi mesi si è venuto sempre più aggravando diventando drammatico per migliaia di allevatori della nostra Regione.
Tutto questo dopo che la legge statale dell'8 luglio 1975 aveva fatto nascere la speranza di avere finalmente lo strumento necessario per difendere il prezzo del latte, uno dei prodotti più importanti della nostra agricoltura. Vale la pena di ricordare che alla legge 306 si è giunti dopo decenni di tentativi e di lotte da parte dei produttori e delle loro Organizzazioni sindacali per rovesciare una situazione che vedeva, specie in alcune aree della Regione, migliaia di allevatori deboli, divisi e indifesi di fronte a pochi acquirenti forti ed organizzati. Attraverso queste lotte furono raggiunti, è vero, alcuni risultati positivi: nascita di cooperative, contratti collettivi, ma non tali da poter considera, re risolto, se non in lieve misura, il problema.
La legge 306 obbligando tutti i produttori e gli industriali italiani del latte a svolgere una trattativa ed a fissare un prezzo a livello regionale, pareva avesse veramente offerto ai produttori la possibilità di tutelare i loro interessi trattando da pari a pari con gli industriali del settore. E' vero che un approfondito esame della 306 evidenzia almeno due limiti, da identificarsi il primo nell'impossibilità che una legge disancorata da un sistema globale possa modificare una realtà economica cosa che si verifica quando l'Assessore, in mancanza di un accordo tra le parti, fissa d'autorità il prezzo, ed il secondo nei fatto che la legge non tiene sufficientemente conto del nostro inserimento in un mercato comunitario ove i prodotti abbiano libero transito e dove soprattutto la legislazione nel settore agricolo per quanto riguarda i prezzi è vincolante per i Paesi membri. Ritengo però di poter sostenere che la 306 è saltata nella nostra Regione non per i motivi suaccennati, ma per motivazioni diverse che tenterò velocemente di spiegare. Sta di fatto che l'accordo raggiunto attraverso un contratto liberamente sottoscritto dai rappresentanti degli allevatori e degli industriali con la firma garante dell'Assessore all'agricoltura, stabiliva il prezzo del latte per il primo semestre 1977 in lire 236,80 al litro. Sottolineo che tale prezzo era inferiore a quello concordato in quasi tutte le altre Regioni, in alcuni casi anche di 20 lire al litro. Questo perché ci rendiamo tutti conto del senso di responsabilità dimostrato dai nostri allevatori, tanto più da sottolineare se consideriamo che si giunse al contratto dopo che molti industriali correvano per le nostre campagne ad offrire ai loro possibili fornitori premi consistenti oltre l'imminente prezzo da concordare a livello regionale.
Dal mio discorso si potrebbe dedurre la volontà di incolpare gli industriali e solo loro di quanto sta succedendo. Penso che tutti, compresi gli allevatori, riconosciamo l'importanza determinante che ha l'industria lattiero - casearia per l'economia anche agricola della nostra Regione e del nostro Paese. Ci rendiamo conto delle difficoltà e delle esigenze per tenere il passo con l'industria casearia degli altri Paesi e riconosciamo il diritto di sentirsi tutelati. Quello che contestiamo e condanniamo è invece un certo modo di approfittare della propria forza contrattuale e delle contingenti situazioni favorevoli per trarre il massimo utile dimenticando le tristi conseguenze di questo modo di operare. Il prezzo concordato di lire 236,80 al litro è stato pagato regolarmente per i mesi di gennaio e febbraio. Nel frattempo si incominciarono a sentire voci che minacciavano la riduzione del prezzo concordato fino a che il latte nel mese di marzo è stato pagato 200 lire al litro. La motivazione addotta è che sta entrando nel Paese latte proveniente dagli altri Paesi della Comunità a circa 200 lire al litro, per cui gli industriali sostengono che non possono pagare il prezzo pattuito.
Mi sembra, a questo punto, di dover sottolineare alcuni aspetti della situazione: 1) il contratto liberamente sottoscritto è vincolante per entrambe le parti. In base al prezzo concordato a suo tempo, furono aumentati il prezzo del latte alimentare e dei formaggi, prezzi che tuttora, specie per il latte alimentare il cui prezzo al consumo è fissato dal CCP, non ha tenuto conto di quanto è avvenuto alla produzione.
2) Il prezzo pattuito è stato pagato, benché superiore, in tutte le altre Regioni, salvo alcune frange nel Veneto.
3) Effettivamente il latte comunitario sta entrando nel nostro Paese a circa 200 lire il litro.
I primi due aspetti della situazione mi sembra possono farci affermare che tra le cause della crisi sono individuabili responsabilità degli industriali e nello stesso tempo della maggioranza che governa la nostra Regione. Gli industriali, approfittando di un momento favorevole, hanno senza scrupoli rotto un contratto liberamente sottoscritto. La maggioranza attraverso l'Assessore, ha dimostrato scarso interesse ed insufficiente impegno nell'affrontare il problema. Alcuni Consiglieri DC, appena sorto il problema, presentarono un'interrogazione alla quale l'Assessore ha risposto in ritardo senza proporre soluzioni possibili e concordando solo sull'esigenza di svolgere un dibattito in Consiglio, dibattito che affrontiamo oggi per essere stato richiesto dal Gruppo D.C. e non dalla Giunta. Tutto questo mentre il Consiglio perdeva tempo per una anomala procedura nella discussione ed approvazione della legge sulla caccia che per di più non tiene in debito conto le esigenze dei produttori agricoli.



(Interruzioni e proteste dai banchi della maggioranza)



LOMBARDI Emilio

Mi sia permesso a questo punto di far notare, concordando con il collega Marchini, che in questo Consiglio si discute troppo spesso su quanto vuole la maggioranza e quasi mai su quanto chiedono le minoranze.



PRESIDENTE

Questo non glielo consento, Consigliere, perché tutto ciò che si discute qui dentro è concordato. Il dibattito è stato certa, mente richiesto dal Gruppo della D.C., ma è stato immediatamente concesso dal Presidente del Consiglio prima ancora che fosse formalizzato con le firme questo vuol dire semplicemente un rigoroso rispetto delle norme che regolano il funzionamento dell'assemblea e dei diritti delle minoranze.



LOMBARDI Emilio

La stessa affermazione da me fatta è stata fatta nel Consiglio scorso dal collega Marchini. Non è stata contestata, evidentemente la platea suscita delle riserve che senza platea non sussistono.



PRESIDENTE

La platea suscita altri tipi di interventi. Prosegua pure.



LOMBARDI Emilio

Ci sono proposte di legge riguardanti l'agricoltura che giacciono dall'inizio della legislatura in Commissione e che attendono il disegno di legge da parte della Giunta per poter fare qualche passo in avanti.
Il fatto che i produttori piemontesi siano stati i primi ed i più colpiti dalla decisione degli industriali avrebbe dovuto spingere la maggioranza, così attenta a far sapere di essere la prima a risolvere altri problemi, anche inerenti all'agricoltura, ad affrontare con più impegno considerazione e severità il problema.
Fatta però un'analisi della situazione ed alcune considerazioni di carattere generale, ritengo di dover terminare il mio intervento con alcune proposte operative che saranno seguite da altre proposte dei colleghi e cerco di farle tenendo conto di quanto è stato già suggerito ufficialmente od ufficiosamente per risolvere i problemi.
Non ritengo possano essere prese in considerazione proposte tendenti ad affrontare il problema attraverso contingentamenti della quantità di latte proveniente dagli altri Paesi della Comunità. Riconosciamo tutti l'esigenza di riconsiderare la politica agricola comunitaria, ma la trattativa ammesso che gli altri Paesi ce la concedano, pone problemi di tempo tali da non poter essere considerata, se non a livello demagogico, valida e tempestiva per risolvere l'urgente problema del latte. Se così è e se, come tutti riconosciamo, l'Italia deve restare nel Mercato Comune Europeo, tanto vale prendere atto delle regole che lo governano e che, visto il prezzo del latte pagato ai nostri produttori superiore al prezzo di intervento, non ci consentono di invocare alcuna clausola di salvaguardia. Nemmeno ritengo sia una proposta valida quella già circolata di richiedere maggiori controlli alle frontiere sul latte importato. I controlli possono e devono essere fatti per i prodotti che entrano e per i prodotti che escono; tanto vale che si applichino le stesse regole ritenute e concordate come eque, sia quando ci avvantaggiano che quando ci danneggiano, e questo non solo per amore di giustizia, ma perché l'Europa la vogliamo non solo quando ci fa comodo. Allora noi vediamo nella svalutazione della lira verde l'unico provvedimento valido per risolvere il problema alla radice e per rendere giustizia agli allevatori italiani. Essi, nonostante tutte le accuse di scarsa produttività e di mancata concorrenzialità, vogliono solo ottenere per il loro latte le stesse lire che percepiscono gli allevatori francesi tedeschi, olandesi che producono in condizioni naturali più favorevoli e che attraverso i montanti compensativi aggiunti al prezzo pagato dagli industriali, incassano una cifra vicina alle 236,80 lire stabilite dal prezzo pattuito nella nostra Regione. In questo momento, mentre tutto ci che serve alla produzione del latte aumenta di prezzo giorno per giorno gli allevatori piemontesi hanno avuto una riduzione degli incassi del 20 per cento, il che vuol dire che non solo non percepiscono salario, ma che pagano per poter lavorare.
So che questa decisione non spetta all' Amministrazione regionale, so che crea dei problemi, ma se altri non sanno proporre provvedimenti più validi e risolutivi, ritengo che le forze politiche presenti in Consiglio abbiano il dovere di operare perché questa proposta diventi realtà. Solo così è possibile evitare lo smantellamento degli allevamenti, la conseguente sempre maggiore importazione dagli altri Paesi, il conseguente crescente scompenso della bilancia commerciale, la svalutazione definitiva proprio quella svalutazione che oggi qualcuno crede di evitare non svalutando la lira verde.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Gastaldi. Ne ha facoltà.



GASTALDI Enrico

Signor Presidente, signori Consiglieri, il dibattito di oggi dà modo al nostro Gruppo di fare alcune considerazioni. E' vero che il latte richiama di più l'attenzione perché è un prodotto deperibile che richiede la rapida vendita e ricorda tutti i giorni il problema del prezzo al produttore, per non bisogna dimenticare che il problema non è del solo latte, ma anche della carne, perché pure la carne subisce la distorsione del mercato provocata dai montanti compensativi. Bisognerebbe quindi parlare di problema di prezzi dei prodotti zootecnici, latte e carne e cercare di risolvere il problema in modo unito.
La legge 306 ripresa dalla legge regionale è entrata in vigore nel 1976 quando era già in atto la corsa alla svalutazione della lira e quindi quando era logico prevedere l'aumento rapido dei montanti compensativi che avrebbero annullato, per motivi di leggi di mercato, qualsiasi accordo tra produttori ed industriali. Erano queste le nostre osservazioni quando si era discussa in Consiglio la legge. L'Assessore ci aveva risposto che l'osservazione era giusta, che addirittura la legge 306 era stata impugnata dalla CEE, che sarebbe stato meglio poter disporre di una legge che riguardasse carne e latte e che la Regione si era trovata vincolata alla legge statale per non correre il rischio di vedersela rifiutare e perdere così un mezzo utile per i produttori zootecnici. E' inutile ora rimpiangere quanto allora non è stato possibile fare, anzi occorre escogitare dei rimedi perché l'inconveniente attuale non abbia a ripetersi nel futuro.
Delle iniziative già prese dallo Stato, di quelle proposte, alcune non sono sufficienti ed hanno il carattere di provvisorietà; altre paiono utopistiche e di esito non solo incerto e lontano nel tempo, ma addirittura non logicamente proponibili. E' insufficiente e provvisoria la limitata svalutazione della lira verde che è già ora non adeguata alla svalutazione reale e che sarà in poco tempo superata dalla corsa alla svalutazione che aumenterà i montanti compensativi. La richiesta o la pretesa di una rapida svalutazione della lira verde è utopistica sia per la realtà della burocrazia della CEE, sia per gli interessi dei nostri partners europei che hanno interessi contrari ed è pericolosa per la spinta inflazionistica che provocherà immancabilmente. E' insufficiente l'aumento dell'Iva al 6 per cento su tutto il latte importato. I controlli igienici fatti ai prodotti lattiero-caseari anche in modo pignolo a tutti i valichi di frontiera hanno un solo significato: ostruzionismo non certamente produttivo. Il ricorso alla Magistratura per far rispettare un accordo del cui valore legale si può dubitare è pieno di incognite sia nel tempo sia nel risultato. L'invito al produttore di non accettare che il latte sia pagato dall'industriale a valore inferiore di quello del contratto, creerebbe dei grossi problemi economici per la conservazione e la trasformazione del prodotto non venduto ai piccoli produttori.
Analoghi sono i risultati ottenibili con i provvedimenti sul prezzo al consumatore.
Quali allora i rimedi? Dal coro di lodi al Ministro per l'agricoltura per i risultati ottenuti a Bruxelles in aprile, solo un'organizzazione si staccava perché li giudicava incentivi all'inflazione e soprattutto non definitivi e di solo carattere assistenziale. E giustamente, perché i rimedi alla cronica insufficienza dell'agricoltura italiana devono essere altri, occorrono mezzi pratici ed a tempi brevi per ottenere quanto i francesi hanno ottenuto contro il nostro vino e occorrono rimedi a tempi meno brevi. Si rientra nel solito discorso della cooperazione e della politica delle strutture che si continua a ripetere senza realizzazioni pratiche.
E' opportuno favorire la cooperazione, non come quella del Latte Verbano o di altre organizzazioni, ma del tipo di quelle della zona padana che con la trasformazione del latte in grana sono riuscite a pagare 400 lire il latte, occorre una cooperazione che riesca a togliere il più possibile il prodotto zootecnico all'industria ed al commercio dei privati.
Occorre una politica delle strutture che investa i vari problemi di attrezzature per la produzione, di automatismo nella stalla, di elettrificazione, i problemi delle stalle sociali, di risanamento e di vendita diretta ora resa impossibile da discussioni, competenze e interpretazioni delle leggi da parte dei Ministeri dell'agricoltura, delle finanze e del commercio, problemi di marchio e di tipicità dei prodotti caseari per impedire che gli altri Stati producano formaggi italiani e ce li mandino con il prezzo ridotto dai montanti compensativi; problemi soprattutto di ricerca scientifica e sperimentale.
Per la nostra Regione è questo un argomento di attualità, dato che si sta discutendo della legge dell'Istituto Zooprofilattico nel cui ambito deve agire il centro per la produzione animale e per la razza bovina, il centro tori che non deve essere impostato in modo politico, ma in modo rigorosamente scientifico. Tale centro dovrà studiare la convenienza e le modalità di fecondazione mista con produzione di ibridi di razze da latte e razze da carne che potrebbero integrare i redditi della stalla da latte.
In conclusione per risolvere il problema zootecnico non sono sufficienti le soluzioni del momento, che naturalmente vanno tentate come del resto sta tentando in modo per noi sufficientemente convinto l'Assessore, ma occorre prospettare anche soluzioni che risolvano in modo permanente il problema e che consistano nella modificazione delle strutture zootecniche e produttive attuali e soprattutto consista nella ricerca e nella sperimentazione scientifica per il miglioramento dei modi e dei mezzi per la produzione agricola. Tutto ciò si potrà ottenere a lungo termine con la rapida attuazione ed applicazione delle direttive Cee, con la promulgazione delle leggi sull'Istituto Zooprofilattico e sull'Esap: tre leggi fondamentali per l'agricoltura piemontese. A breve termine è opportuno mandare avanti la richiesta della riduzione della quantità importata da ottenersi con leggi già esistenti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Innanzitutto mi dichiaro dispiaciuto che alcuni minuti fa non fossero presenti anche i signori industriali che, preciso, non tutti suscitano ostilità e contrarietà nel nostro animo, soprattutto quando la parola "industriale" la si può pronunciare con la I maiuscola, ma non reputo sia il caso dei signori che sto chiamando in causa: mi riferisco ai Biraghi, ai rappresentanti della s.p.a. Centrale del latte di Torino e a qualcun altro.
Costoro non solo non meritano di essere dal Consiglio considerati industriali, cioè il meglio dell'imprenditoria italiana, ma addirittura (senza timori di nessuna specie, e pur non dispongo dell'incolumità) affermo che non meritano nemmeno di essere considerati semplicemente uomini. Non vorrei suscitare sorpresa e meraviglia. La nostra Regione, tra i tanti motivi di orgoglio, può annoverare quello secondo cui un cittadino una volta preso un impegno, anche solo verbale, è abituato a compiere ogni sacrificio per non venir meno all'impegno assunto. Ebbene, questi signori sono venuti meno agli impegni assunti liberamente e anche sottoscritti. Non intendo riportare tutta la delicata problematica a valle perché rimangono a monte i grossi problemi discussi al Piccolo Regio e qui ripetuti. Le difficoltà dei produttori sono causa del comportamento di un gruppo di persone le quali, avvalendosi non solo del potere, ma dello strapotere economico, sono venuti meno ai loro precisi doveri. Mi auguro che la stampa se ne faccia eco. C'è un'aggravante: la loro azione non è frutto di un sogno della notte, bensì è frutto di premeditazione. Il 5 gennaio hanno accettato di sottoscrivere 1 impegno, hanno aspettato che i Comitati provinciali aggiornassero il prezzo del latte al consumo e poi hanno assunto l'atteggiamento che hanno assunto; anziché liquidare il prezzo concordato hanno dato degli acconti facendo pendere la minaccia di non ritirare neanche il prodotto. Sarei ingrato e fazioso se non riconoscessi che altri operatori, ben più piccoli, rispettano tuttora gli impegni che si sono assunti. La mia provincia non è certamente una zona bianca, produce un'insignificante quantità di latte e lo conferisce ad una piccola centrale. Tale centrale ha impianti obsoleti che fanno acqua da tutte le parti, ha un carico di personale sproporzionato e colloca al consumo una modesta quantità di prodotto giornaliero; ebbene, con i ritocchi del prezzo al consumo, conseguenza di quell'accordo, quella centrale ha ridotto di gran lunga il suo disavanzo e in Asti si applica un prezzo al consumo inferiore rispetto a tutte le restanti Province. Alcuni piccoli industriali delle Province di Vercelli e Novara e qualcuno anche di Torino continuano a pagare regolarmente il prezzo a suo tempo concordato. Penso che questi siano fatti che contribuiscono ad aggravare la responsabilità dei signori che invece hanno compiuto e stanno tuttora compiendo atti che qui ed altrove deprechiamo.
Sotto questo aspetto vorrei che la Regione assumesse un atteggiamento più energico, ponendo gli industriali di fronte alle loro responsabilità per far loro comprendere che stanno giocando pesantemente e che la corda che hanno già tirato oltre misura si potrebbe anche strappare da un momento all'altro. Forse l'Assessore pensava che con una politica pseudointerclassista, o comunque con un certo savoir faire e signorilità si potessero indurre al ragionamento. Nei vari incontri che abbiamo avuto in Regione ho sempre sostenuto che si doveva, no stringere maggiormente i tempi perché concedendo tempo e spago a certi industriali questi avrebbero raggiunto innanzitutto lo scopo che volevano già raggiungere a giugno quando si sarebbe dovuto ridiscutere l'eventuale revisione del prezzo, e cioè porsi in una posizione di favore non solo per non accettare il discorso della revisione, ma per minacciare di andare al di sotto delle 236,80 lire il litro: infatti stanno parlando di 190 lire. La Giunta deve assumere un atteggiamento più deciso, e in tal senso si è espresso anche il collega Lombardi, non tanto perché i produttori non siano capaci di farlo quanto per dare loro una testimonianza di solidarietà e di dichiarata disponibilità nel caso in cui si renda necessario un ricorso al Tar ed eventualmente alla Magistratura ordinaria. E' risaputo che gli esercizi decorsi degli industriali si sono chiusi con dei notevoli attivi, mentre i produttori conferivano il prodotto sotto costo. I produttori non si sono nemmeno sognati di esigere un solo centesimo di partecipazione degli utili che gli industriali avevano potuto incamerare. Reputo quanto mai logico e doveroso far sentire concordemente la nostra voce perché gli industriali in questione abbiano a rispettare quel patto concordato. Nell'assumere un atteggiamento solidale verremmo anche per dimostrare coerenza nella quotidiana denuncia di fatti gravi che contribuiscono ad acuire la grave crisi in essere e la smagliatura del costume e della morale del nostro Paese.
Gli industriali devono capire che hanno scelto una strada pericolosa anarcoide e qualunquistica, condannabile perché il riassetto del tessuto socio-economico lo possiamo attuare solo e quando ci sia una volontà convergente da parte di tutti e soprattutto da parte di chi si trova nelle migliori condizioni di partenza.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Besate. Ne ha facoltà.



BESATE Piero

In una situazione come l'attuale credo estremamente utile individuare i punti nodali dell'immediato e quelli che si prospettano a più lungo termine. Senza avere questi due termini si rischia di valutare in modo sbagliato gli interventi in un settore che nel corso di tanti anni ha patito molte vicissitudini e che i cittadini italiani conoscono, anche quelli lontani dall'agricoltura, poiché sanno che venivano erogati premi per l'abbattimento dei capi di bestiame, che la bilancia dei pagamenti era squilibrata enormemente soprattutto dalle importazioni di prodotti agricoli e segnatamente dall'importazione dei prodotti zootecnici, tra i quali il latte e la carne. Questo ci dice che a monte della situazione, lontano, ma non troppo, nel tempo, c'é stata una politica di disinteresse governativo verso la posizione dell'Italia nella CEE, tale da lasciare che la nostra agricoltura, la zootecnia e la produzione andassero allo sbaraglio. Gran parte delle nostre produzioni agricole si trovano oggi handicappate nell' ambito della Comunità Europea.
Non posso condividere accenti, considerazioni e giudizi dei colleghi che mi hanno preceduto, soprattutto quando si parla della mancata sensibilità del Consiglio regionale. Sempre, cari colleghi, c'é qualcuno che prende l'iniziativa per discutere qualche argomento in Consiglio regionale d'accordo con i Gruppi, con l'Ufficio di Presidenza, con la Giunta. Se ogni Gruppo dovesse menare vanto ogni volta che ha proposto la discussione di un argomento verso una categoria, sminuirebbe la dignità ed il valore di un'assemblea di questo livello. Siamo molto fiduciosi nell'intelligenza dei cittadini piemontesi e non piemontesi nell'intelligenza dell'uomo. Il problema è contemporaneamente semplice e drammatico. E' semplice perché ci troviamo di fronte ad un accordo firmato anche dagli industriali, i quali certamente non dormivano; siccome avranno fatto bene i loro calcoli sui costi della materia prima, della trasformazione della lavorazione, del prezzo di vendita sul mercato dobbiamo presumere che vi avranno trovato i margini di un tornaconto, tanto è vero che qualche industriale, anche in Piemonte, si ricorda di rispettare quell'accordo, che nelle altre Regioni in generale è stato rispettato tanto è vero che quel prezzo è stato pagato per due mesi e poi sono intervenuti posizioni e atteggiamenti diversi. Tanti agricoltori sono venuti da me con lettere ciclostilate degli industriali ai singoli agricoltori. A leggerle c'era da mettersi le mani nei capelli per la rabbia. L'industriale diceva: "Come lei saprà, in questi momenti c'é una grande importazione di latte e di prodotti lattiero-caseari dall'estero a prezzi minori di quelli che ci sono in Italia". Come se a importare latte e prodotti lattiero-caseari fossero gli agricoltori e non gli industriali stessi. Noi comprendiamo che un imprenditore cerchi di avere il massimo profitto nella sua attività economica, certamente non fa l'industriale per beneficenza o per filantropia rischiando i propri capitali, ma ciò che respingiamo sotto il profilo morale è che gli accordi firmati non vengano rispettati. Credo che la Giunta abbia fatto bene ad operare come ha operato, non so se con signorilità, ma certamente con correttezza verso la categoria degli imprenditori che si sta comportando male dal punto di vista dell'osservanza del contratto firmato e successivamente e pretestuosamente disdetto, creando una situazione grave sotto il profilo economico. Non credo che una situazione di tal genere, di esasperazione, sia un buon servizio reso agli agricoltori, non solo, ma anche all'insieme dell'equilibrio sociale , dei rapporti dei cittadini che lavorano ed operano per dare una spinta all'economia per cercare di ristabilire un clima più sereno nei rapporti tra le forze sociali nelle varie comunità locali.
Dopo aver dato atto della sensibilità del Consiglio nell'affrontare rapidamente questo tema, dopo aver dato atto alla Giunta di avere tentato ogni via possibile sul piano dei rapporti normali, corretti e civili credo che moralmente e politicamente sia anche necessario che la Regione intraprenda un'azione legale presso la Magistratura. Noi auspichiamo che la ragione sia dalla parte dei produttori zootecnici. Penso che gli industriali non debbano avere un illecito arricchimento. Credo che su questo punto occorra essere, non solo moralmente, ma anche politicamente e legalmente, molto fermi, energici, perché ne va di mezzo una questione economica generale che riguarda i consumatori e l'economia ed anche un insieme di rapporti che riguardano l'intera comunità piemontese. Noi chiediamo che non ci si limiti a questi interventi immediati. Riteniamo che l'azione intrapresa dalla Regione per la promozione, lo sviluppo ed il potenziamento della cooperazione e delle strutture sia portata ulteriormente avanti per far sì che l'insieme della gracile struttura, come ha detto l'Assessore rilevando l'enorme sperequazione esistente tra il Piemonte, l'Emilia e la Lombardia, possa coordinare l'azione delle cooperative. La cooperazione è una struttura con finalità non di lucro, ma di difesa degli interessi dei soci. Non possiamo dire che in Piemonte ci sia una grande tradizione cooperativistica nel settore del latte e in tutto il settore agricolo, vitivinicolo, zootecnico e cerealicolo. Purtroppo abbiamo una meccanizzazione individualistica esasperata e antieconomica laddove una meccanizzazione cooperativistica ed associata porterebbe grandi benefici. Siamo convinti che a fronte di questi avvenimenti ci sia una maturazione che potrà consentire un passaggio rapido, un salto di qualità nello sviluppo della cooperazione e dell'associazionismo. La legge 306 fissa il termine di due anni entro i quali la Regione deve intervenire per la contrattazione del prezzo del latte; poi devono essere le Associazioni dei produttori a contrattare e quanto più forti e più unitarie saranno queste associazioni tanto più adeguata ed equilibrata sarà la risultanza della contrattazione, e non soltanto in rapporto alla fissazione del prezzo. Come si può trovare un accordo tra le controparti che soddisfi il produttore e nello stesso tempo anche la controparte? Ho detto che ci sono questioni di carattere immediato, che possono essere paragonate all'aspirina che allevia momentaneamente il dolore ma non lo fa passare, il male rimane perché è di fondo, è nell'organismo, è nella politica agraria nazionale, è nella politica unitaria. I montanti compensativi sono una delle cause che influiscono soprattutto in questo settore, grazie a tale perverso meccanismo i produttori zootecnici degli altri Paesi possono riversare il latte ed i prodotti lattiero-caseari in Italia a prezzo inferiore del loro reale costo di produzione. Poi ai fanno anche altri interventi illegali dal punto di vista delle leggi comunitarie. Sono stato recentemente con il collega Bertorello in un grosso centro; abbiamo bevuto latte proveniente dall' Olanda e dalla Danimarca, latte in polvere che viene esportato sottocosto a centinaia di migliaia di tonnellate, perché i produttori danesi e olandesi ricevono dalla CEE dei contributi che si formano con i prelievi che noi paghiamo quando importiamo prodotti dai Paesi terzi. I produttori che hanno un capo di bestiame per ogni abitante 105 milioni di capi su 110 milioni di abitanti, si lamentano perché non possono sviluppare una zootecnia da latte grazie all'intervento della CEE in Olanda, Danimarca, Francia e Germania. Ma là possono difendersi, possono anche mettere un dazio all'entrata dei prodotti; in Italia non possiamo e non dobbiamo, perché la Comunità Europea, perché l'Europa unitaria non va smantellata, ma va ricondotta al Trattato di Roma, va corretta.
Recentemente, alla Camera dei Deputati, i sei Partiti dell'arco costituzionale hanno trovato un accordo sulla politica agraria nazionale e sulla politica per andare verso la Comunità Economica Europea. Noi in sede regionale riconfermiamo quell'accordo che abbiamo assunto con i colleghi socialisti, con gli amici democratici cristiani, con i colleghi repubblicani, socialdemocratici e liberali, lo riconfermiamo ripetendo le cose dette in relazione alla mozione approvata unanimemente alla Camera e chiediamo al Governo di intervenire energicamente, con l'appoggio delle Regioni, di tutte le forze politiche democratiche, delle forze sociali che operano nel campo dell'economia e della produzione, al fine di modificare immediatamente il sistema comunitario dei montanti compensativi monetari fino alla sua totale abolizione, in modo da permettere alla produzione italiana di non soffrire dell'illecita concorrenza che stravolge i rapporti economici tra i vari Paesi.
Chiediamo che vengano presi immediatamente questi provvedimenti e altri ancora, sui quali non mi dilungo. Nel caso in cui tale misura si rivelasse troppo difficile e di lungo periodo per cui la medicina arriverebbe a malato ormai morto, in rapporto alle ripercussioni che si avrebbero sull'intesa economica nazionale e che si ritorcerebbero anche sui produttori di latte, chiediamo di esaminare gli effetti di un eventuale provvedimento di svalutazione della lira verde, che però, in questo caso non spetta solo all'Italia, ma dovrebbe essere accettato anche dagli altri Paesi. Per i provvedimenti di competenza della Regione proponiamo di intervenire presso il Governo nazionale al fine di andare ad una vera politica di revisione dei negoziati comunitari in fatto di agricoltura, ad un vero incentivo alla trasformazione dei prodotti, all'ammodernamento delle strutture agricole, al miglioramento genetico delle razze, al miglioramento delle strutture di raccolta, trasformazione e commercializzazione delle strutture cooperative e associative, insomma, ad una politica tale da assicurare ai produttori, agli industriali e ai consumatori risultati positivi.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Franzi, vorrei ricordare che vi sono ancora cinque iscritti a parlare, pertanto raccomando la massima concisione.
La parola al Consigliere Franzi.



FRANZI Piero

Cercherò di essere conciso non senza fare una considerazione di carattere umano in modo particolare nei confronti del Presidente della Giunta e dell'Assessore Ferraris. Nessuno più di me può capire il loro stato d'animo, perché tre anni fa, quando ci trovavamo nella stessa situazione economica, io ero seduto sulla sedia dove adesso è seduto Ferraris (forse mi trovavo in una condizione di salute migliore dell'attuale). Ricordo che in quel dibattito l'amico Ferrara usò una terminologia pesante e piuttosto dura, sia nei confronti dell' Assessore sia nei confronti della Giunta, addebitando loro incapacità ad assumere iniziative, a promuovere qualcosa di nuovo, ad avere dell'inventiva. Se volessi ritorcere la situazione di allora e se volessi riprendere la dialettica di allora, dovrei anch'io usare lo stesso linguaggio. Però non è questo il nostro modo di fare opposizione. Lo abbiamo detto tante volte. La nostra è un'opposizione costruttiva: noi intendiamo fare proposte su ci che deve fare la Giunta. Si è parlato della politica della Comunità che deve essere rinegoziata, si devono abolire i montanti compensativi: è tutto un discorso che trova la sua logica proprio in una mozione proposta dall'on. Bortolani della D.C. e approvata in sede parlamentare. Nel documento si propone una modifica del sistema degli importi compensativi monetari al fine di difendere i prodotti agricoli italiani dalle distorsioni della concorrenza, nel contesto della politica rivolta a contenere l'aumento del costo della vita. Si dice ancora di apportare al regolamento modifiche per affermare i principi sulla fissazione del programma di quote produttive. Tutto questo ci trova perfettamente d'accordo, come d'altra parte si legge anche in un documento non di parte democristiana. Non dobbiamo scordare l'isolamento politico che si determinerebbe qualora non si accettasse la logica del Trattato di Roma. In quel documento non si propone affatto di uscire dalla Comunità. Non siamo tendenti all'autarchia né al protezionismo, vogliamo esportare i nostri prodotti agricoli e proprio per questo motivo non vogliamo impedire che gli altri Paesi importino in Italia. La logica del Mercato Comune è una logica di mercato aperto. Le distorsioni in cui dobbiamo dibatterci sono la conseguenza della svalutazione della nostra moneta e questo fatto non è certo da addebitare alla politica comunitaria, è un fatto nostro interno dovuto alla scarsa produttività nei vari settori siano industriali, siano commerciali. Il settore agricolo è stato dimenticato dalla politica di governo. L'agricoltura avrebbe la possibilità di migliorare, sempre che non ci siano delle condizioni distorcenti che trovano la loro origine in altri settori produttivi.
Nell'incontro al Teatro Regio ho fatto delle proposte e ho dato delle indicazioni sulle quali prego la Giunta di porre la sua attenzione. Mi auguro che anche il P.C.I. sia d'accordo sulla necessità della svalutazione della lira verde, anche se il collega Besate ha appena sfiorato l'argomento ponendolo come condizione subordinata alla modifica dei montanti compensativi. Questo problema è stato sollecitato in sede parlamentare ma sicuramente tarderà a venire. Il 7 % approvato un mese fa si è ridotto ad oggi al 4/5%, praticamente in un mese la lira ha perso dai 2 ai 3 punti.
Questo significa che nel giro di due mesi noi avremmo assorbito completamente quella che è stata la svalutazione apportata in occasione della fissazione dei prezzi per l'annata agraria '77/'78. Se non portiamo la svalutazione su livelli reali saremo certamente in condizione ancora più grave fra un mese. Al di là di queste iniziative che si devono assumere in sede parlamentare, sulle quali penso che tutti i Partiti concordino, ci sono altri aspetti che penso possono essere risolti dalla Giunta. Li leggo molto velocemente con riserva di far pervenire un documento esplicativo e di esaminarli e approfondirli in sede di Commissione.
Ritengo che si possa arrivare sollecitamente alla votazione dell'ordine del giorno per dare la possibilità agli interessati che sono in tribuna di poter ritornare alle aziende non dico con lo spirito sollevato, quanto meno con la certezza che il Consiglio regionale è con loro, li sostiene, fa proprie le loro apprensioni.
Le iniziative che propongo sono queste: sostenere le cooperative che hanno strutture di produzione zootecnica: Latte Verbano, Cooperativa di Casale, di Novara, di Carmagnola di Leinì e le torinesi esaminare la possibilità immediata di attivare i centri di polverizzazione del latte di Cameri e di Carmagnoia . Sono centri costruiti con i contributi del Feoga favorire lo stoccaggio di latte sterile da vendere successivamente in epoca più conveniente intervenire presso gli Enti pubblici, ospedali, ricoveri, asili perché acquistino soltanto latte di produzione italiana, meglio ancora latte di produzione delle cooperative. La concorrenza dell'industria indubbiamente è pesante. Posso anche capire che gli ospedali per le difficoltà di bilancio siano tendenzialmente favorevoli a ricercare fornitori con prezzi più convenienti, però teniamo presente che sono strumenti pubblici e che in questo momento tutta la struttura pubblica regionale deve sostenere la produzione zootecnica vietare alle cooperative e a tutti gli Enti pubblici che operano nel settore del latte di importare latte dall'estero. Risulta che la stessa cooperativa Latte Verbano importava tempo fa mille quintali di latte. Oggi pare che ne importi solo 200. Comunque è un sistema che non deve essere accettato esaminare la possibilità di un intervento legale non solo nella direzione in cui ha detto il collega Menozzi, ma anche ai sensi dell' art.515 del Codice Penale perché viene messo in commercio del prodotto etichettato come italiano che invece è prodotto ed importato dalla Germania e dalla Francia, per cui si commette una truffa esaminare la possibilità tramite il Comitato Provinciale Prezzi di porre la denominazione d'origine del latte, indicando se si tratta di latte italiano o di latte straniero.
Per ultimo, realizzare un grosso sforzo di volontà politica per mettere sulla retta via la Centrale del latte di Torino, grosso bubbone aperto da anni. So che la Giunta se ne sta occupando, però, a due anni dalla nuova amministrazione, il problema è tuttora aperto. Dobbiamo collocare le Centrali del latte nella giusta dimensione come strumenti operativi al servizio delle popolazioni e non permettere che facciano le stesse operazioni speculative degli industriali. Non interessa che la Centrale del latte di Torino sia gestita per l'80% da privati. Se è il caso questi privati si estromettono, lo si faccia con gli Enti pubblici, il Comune di Torino cui compete la maggiore responsabilità, o la Regione o l'Esap. Il patrimonio di quella società è di 6 miliardi e a bilancio ne figurano appena 2 e mezzo per cui c'é uno scarto di 3 miliardi e mezzo con i quali ai sensi dell'ultima legge fiscale, si potrebbe benissimo fare una rivalutazione per coprire eventuali perdite. La Centrale del latte, a parte la partecipazione del Comune di Torino, è un organismo che deve operare in termini pubblici. Si potrebbe affidare all'Esap l'incarico di costruire un nuovo centro di lavorazione del latte e con la realizzazione della liquidazione del patrimonio dell'attuale Centrale del latte quasi sicuramente si potrebbero coprire i costi della nuova costruzione.
Ho voluto dare queste indicazioni, che svilupperemo con una successiva memoria, per dimostrare che siamo disponibili al confronto con la Giunta che intendiamo proporre delle iniziative che avremmo voluto sentir fare dal Presidente o dall'Assessore. Riteniamo che il convocare gli industriali e le organizzazioni agricole per discutere sia troppo poco.
Rivolgiamo ancora una volta la preghiera al Presidente e all'Assessore all'agricoltura perché assumano un atteggiamento molto più energico nei confronti degli industriali, richiamando il loro senso del dovere.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Dopo la lunga e dotta discussione, mi pare che si debba incominciare a raccogliere le proposte venute da tutte le parti. Emerge un dato: i lavoratori agricoli che vogliamo difendere in realtà sono abbandonati. Le parole sono gran belle cose, però poi dimostriamo una certa impotenza nel promuovere iniziative. Ci lamentiamo che la campagna è abbandonata, che la gente va in città a lavorare nelle fabbriche, ma che cosa diamo agli agricoltori? Discutiamo sulle 20 lire al litro di latte che perdono di valore giorno per giorno. E' chiaro che la gente abbandona l'agricoltura che non gli conviene stare in campagna a lavorare perché ha stipendi bassi,non ha né la tredicesima, né la quattordicesima mensilità, non ha la liquidazione; al massimo, come in questi giorni, il maltempo gli rovina quel poco che faticosamente ha coltivato. Di fronte a queste cose tutti i Partiti devono sentirsi in dovere di tutelare tali interessi.
Non è nemmeno giusto che le industrie male attrezzate, qui parliamo delle industrie male attrezzate del Piemonte, possano sfruttare situazioni del genere. Abbiamo delle industrie in altre zone italiane che pagano il latte più caro e riescono ad essere concorrenziali, questo vuol dire che le industrie locali, specialmente le piccole, sono male attrezzate, ma non è neanche giusto che chi lavora e produce ne paghi le conseguenze.
Faccio delle brevissime proposte: intanto che si raccolgono tutte le osservazioni espresse oggi, la Commissione competente le vaglierà, sia quelle a tempi immediati, sia quelle a lungo respiro. Per l'immediato si deve fare pressione sugli organi dello Stato e sul Parlamento perch intervengano per perseguire coloro che non mantengono i patti. Gli altri provvedimenti a lungo respiro devono essere tali da permettere ai produttori di permanere sulla loro terra, altrimenti dovremo un giorno pagare i contadini perché lavorino la terra: la Fiat non è ancora capace di stampare le bistecche!



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Signor Presidente, il problema è importante e la serie degli interventi è stata numerosa ed esauriente, almeno per alcune cose, mentre per altri versi è stata contraddittoria e superficiale. Rinuncio a sviluppare un discorso sul tema specifico di questa sera, desidero soltanto dare la mia personale solidarietà al Consiglio regionale facendo voti perché si renda alfiere della difesa del contingente, nel caso specifico il prezzo del latte, invocando però che la Presidenza della Giunta o l'Assessore all'agricoltura dedichino una seduta del Consiglio a dibattere i problemi agricoli che non si riferiscono solo alla produzione del latte. E' un problema interdipendente collegato a molti altri,per il quale ci vuole tempo, serietà e rigore nel discutere. I montanti compensativi e la svalutazione della lira verde sono problemi così importanti e delicati che hanno bisogno di essere approfonditi affinché anche i non addetti ai lavori, cioè i non esperti, possano capire.
La responsabilità del legislatore è quella di prendere delle decisioni per l'impiego migliore del pubblico denaro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Dopo l'intervento che mi ha preceduto, caratterizzato dal consueto buon senso, dote che dovrebbe essere tipica dei politici, in particolare dei politici piemontesi, mi pare che un contributo serio debba essere quello di evidenziare quanto obiettivamente sia accettabile in questo dibattito. In primo luogo mi pare che tutti consentiamo sul fatto che il patrimonio zootecnico, in particolare delle Province di Torino e di Cuneo, pilastri dell'agricoltura piemontese, sia in difficoltà al punto di essere messa in forse la sua sopravvivenza. Viene in luce una volta tanto la furberia italiana: mi chiedo se questa benedetta legge 306 sia una legge. Quando andavamo a scuola ci insegnavano che ciò che distingue una legge da una norma di educazione o dalle norme di cavalleria è la sanzione o quanto meno la capacità di realizzare il bene tutelato dalla norma. Il problema che si pone alla Giunta non è tanto di assistere gli allevatori ed i coltivatori nella loro causa, bensì è di richiedere in quella causa o in una causa promossa ad hoc che venga chiarito il problema se questa legge 306 ponga un vincolo, un blocco, un prezzo d'ufficio a quanto oggetto della determinazione regionale. Questo tipo di problema in sede giuridica probabilmente solleverà un problema d'ordine costituzionale che rinvierà nel tempo la soluzione. Siccome quanto noi andiamo ad assumere è un orientamento più che una decisione, perché sarebbe una decisione politica nella misura in cui crea delle conseguenze politiche (fin quando si riduce a una serie di appelli per interposta persona, cioè di rinvio ad altre fonti decisionali, bisogna considerare i tempi di attuazione), l'unico discorso che più ha senso è quello fatto dal Consigliere Borando. Si deve fare una considerazione estremamente semplice: sono d'accordo che la lira verde penalizza i nostri agricoltori, sono d'accordo che i contingenti sono sovradimensionati rispetto ad una corretta politica comunitaria, tuttavia facendo qualche conto, constatiamo che nonostante tutti i vantaggi offerti all'agricoltore europeo, se confrontiamo i prezzi con la realtà sociale ed economica degli altri Paesi, scopriamo che nel loro ambito il prezzo è la metà, se letto con il loro occhio. Consideriamo che il reddito medio di un tedesco è doppio di quello italiano. Viene fuori che il nostro ritardo tecnologico è spaventoso, i problemi non vanno affrontati in termini letterali, ma vanno affrontati in termini reali. Mi pare che il problema di fondo sia quello di ristrutturare il settore.
Noi possiamo fare delle raccomandazioni, esprimere dei voti, delle preoccupazioni, delle solidarietà, ma mi pare che il problema sia di politica internazionale e non soltanto di politica economica. Non so che cosa significhi esattamente la svalutazione della lira verde e non sono in grado di giudicare quale tipo di processo vada ad indurre nei confronti dell'economia in generale, quali tipi di ripercussioni comporti. Mi pare che il meccanismo dei montanti compensativi nel mondo agricolo giochi anche a favore di certi nostri produttori. Le forze politiche responsabili presenti in questa sede dovrebbero presentare degli ordini del giorno in cui si fanno delle richieste, ma avrebbero anche il dovere di dimostrare a chi ascolta, oltre a chi deve dare il suo parere, tutte le conseguenze dirette ed indirette di quanto si va a richiedere.
Siccome non mi è dato di approfondire questo argomento per carenza di informazioni, debbo dare il mio ampio consenso a quella parte del documento che richiede da parte della Giunta regionale un più attento, un più serio un più ponderato atto perché questo "di più serio" dovrebbe essere confrontato con il "di meno", cosa che non sono in grado di fare. Non ero presente al colloquio con il collega Ferraris, perciò non sono in grado di dire se ha tirato i capelli agli industriali o meno. La mia raccomandazione è che si faccia quanto più possibile a livello regionale.
L'Assessore si trova probabilmente in una situazione di impotenza che viene da una situazione di ordine normativo di cui responsabile è il Parlamento e la gestione del Mercato Comune Europeo. Si è poi scoperto che gli industriali qualche volta coincidono con gli allevatori: quando conviene fanno il loro interesse come industriali e non guardano il vicino che ha il latte che va a male in cantina, questa è la solidarietà.
L'economia ha delle regole ben precise che vanno rispettate. Certamente abbiamo il dovere primario di tutelare le nostre strutture agricole, di tutelare i concittadini piemontesi che opera, no in condizioni così difficili per l'agricoltura. Non ho dato un parere specifico sui diversi suggerimenti espressi, mi sono solo limitato a dire il mio parere sul risultato di un'azione giudiziaria. Non si illudano gli agricoltori,perch una richiesta di pagamento dell'arretrato porterà certamente ad un problema di natura costituzionale; si tratterà di vedere se questa legge viola la libertà di trattative o meno.



FRANZI Piero

E' un contratto privato.



MARCHINI Sergio

E' un contratto che è stato disdettato. I contratti, per me, sono degli accordi. Mi pare che nella legge c'é scritto che viene determinato dalla Regione, quindi non è un contratto. Non ho proposto delle soluzioni perch non sono in grado di farlo. Se è un contratto determinato dalla Giunta nascerà un problema costituzionale, se è un contratto di diritto privato si dovrà vedere se quella circolare mandata in giro debba essere considerata una risoluzione di contratto. Ma se non è una risoluzione di contratto siamo in una situazione di blocco di un contratto voluto dalla legge e allora sul problema dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale, In questo caso non arriveremo a risultati immediati.
Le forze politiche che hanno voluto farsi portatrici di questa iniziativa, vogliono la paternità di questo dibattito ma non si sono proposte delle iniziative di carattere immediato. Sottoscrivo l'ordine del giorno della D.C. con le riserve fatte sulla svalutazione della lira verde poiché non sono in grado di valutare le conseguenze indotte per la stessa agricoltura. Mi pare comunque carente il suggerimento di carattere operativo, immediato, prima che il latte vada a male.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Signor Presidente, colleghi, il mio intervento sarti telegrafico: parole ne abbiamo dette tante, che il problema sia drammatico lo abbiamo capito tutti. Il rilancio della zootecnia e dell'agricoltura che avevano agevolato la Regione, lo Stato, la CEE con contributi e finanziamenti, in questi anni, si è praticamente bloccato. Le stalle stanno per chiudere nonostante tutti i denari spesi dagli Enti pubblici. Quindi il danno degli allevatori, dei consumatori e dell'intera economia è incalcolabile: questo dimostra anche che gli interventi sulle strutture, purtroppo, non sono determinanti, non servono a questo scopo. Abbiamo fatto enormi investimenti e rischiamo che vadano nel nulla, che non producano niente in quanto i prezzi non pagano le spese.
Il Consigliere Franzi ed altri hanno fatto una lunga elencazione di proposte operative. Vengo all'essenziale. Qualcuno ha parlato di contingentamenti, di limitare le importazioni. Mi pare che questa sia una strada molto lunga che comporta la modifica degli accordi comunitari, è una soluzione non realizzabile a media scadenza, quindi se ne riparlerà quando rinegozieremo le norme comunitarie. La soluzione delle soluzioni, per prendere dall'Assessore la battuta, è quella di eliminare l'iniqua e artificiosa differenza dei prezzi, cioè i montanti compensativi. La svalutazione è solo un atto di giustizia perché se la nostra lira vale di meno per la svalutazione strisciante che si verifica giorno dopo giorno e che non è ufficialmente riconosciuta, è giusto rimediarvi. Sappiamo che il Ministro non può chiedere ulteriori svalutazioni, pare sia in difficoltà perché non avrebbe l'appoggio di tutte le forze politiche. Mi pare che oggi qui su questo problema ci sia un ampio consenso. Spero di non sbagliarmi.
Vogliamo cioè sapere che cosa ne pensano il Consiglio regionale e la Giunta regionale prima e tutte le forze politiche presenti poi: credo che il voto che potrà partire di qua sarà un supporto notevole ed importante per il governo.
L'accordo delle forze politiche citato da Besate a livello nazionale mi pare che avvalori la nostra causa e che aiuti questa proposta e la sostenga. Si insiste anche perché i nostri prodotti siano difesi dalla concorrenza. Questa frase parla chiaramente ed impone dei provvedimenti tipo quello della svalutazione: Besate ha detto chiaramente che bisogna arrivare fino all'abolizione dei montanti compensativi. L'Assessore Ferraris, nella riunione del Piccolo Regio, ha detto che la Giunta regionale e lui stesso avevano in passato richiesto la svalutazione. Il Consigliere Benzi, per il suo partito, si è dichiarato d'accordo. C'è qualche riserva da parte del collega liberale Marchini. Mi pare però che un ampio arco delle forze politiche presenti siano d'accordo. Non comprendo la posizione del PRI che ha detto no a tutto: no all'intervento legale, no alla svalutazione. Forse non ho seguito bene il discorso del collega Gastaldi. Ritengo che l'azione legale, da promuovere nei modi che riterremo opportuni in accordo con le organizzazioni agricole, la svalutazione della lira verde e tutti gli interventi operativi immediati qui esposti come quello sulla cooperazione, hanno un potenziale di assorbimento notevole che dobbiamo utilizzare.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rossotto. Ne ha facoltà.



ROSSOTTO Carlo Felice

L'intervento del collega Chiabrando impone da parte mia una chiara presa di posizione in ordine alla richiesta di svalutazione della lira verde. Se si ritiene questo l'unico mezzo per portare immediatamente qualche beneficio, significa riaprire il discorso dell'abbandono del mondo dei campi e del ritorno alle fabbriche, rendendo inutile tutto il dibattito in corso sulla scala mobile e tutti i discorsi che abbiamo cercato di fare con serietà e responsabilità. Se vogliamo risolvere il problema delle conseguenze per il mancato intervento sulle strutture, non dobbiamo parlare in questi termini: svalutazione della lira è nient'altro che un ulteriore intervento a pannicello caldo che non risolve il problema, ma aggrava la situazione.
Non so se esiste la grande convergenza di cui parlava il collega Chiabrando: se tali si vogliono considerare le posizioni, voglio subito precisare che su questo punto sono assoluta, mente divergente: la soluzione per uscire da questo problema non è quella di insistere nella svalutazione della lira verde. Da anni trasciniamo questi problemi che sono stati portati avanti indipendentemente dai mutamenti e dalle situazioni che possono essere intervenuti: significano interventi sulle strutture significano ricontrattare a livello di Mercato Comune. Qui però ci sono responsabilità su quelle cose che abbiamo detto tante volte, quando non si facevano esattamente i contratti, quando è stata portata avanti una politica tutta a favore dell'industrializzazione. Allora si pensava di risolvere i problemi in quel modo. Siamo al nodo finale, e, a questo punto di fronte alla drammatica situazione dell'agente dei cambi me ne faccio carico per dire che è ancora un palliativo il voler risolvere i problemi con la svalutazione della lira verde, perché si potranno avere 4/5 mesi di sussistenza ma, quando si avranno ripercussioni negative nel mondo del lavoro, nell'industria, in tutti gli altri settori perché la scala mobile ripartirà dalla situazione dei conti economici con l'estero, le conseguenze, a quel momento, saranno ben chiare e ben drammatiche.
In riferimento al documento della D.C., se si vuole puntare sulla svalutazione della lira verde, dissento completamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Analogamente al collega Marchini sono rammaricato di dover ammettere che ho in materia una scarsa informazione, quindi il mio intervento non porterebbe nessun contributo ai cospicui interventi di oggi. Rinuncio pertanto ad intervenire in merito, non senza avere però prima detto che come Gruppo socialista teniamo fermamente l'occhio alla posizione unitaria che hanno preso i partiti a Roma. Mi trovo quindi allineato su quella posizione, così come ovviamente mi trovo allineato sulle osservazioni espresse dall'Assessore all'agricoltura a nome della Giunta e dal collega Besate. Verifichiamo, incontriamoci, facciamo tutto quello che vogliamo perché alle nostre spalle ci sono dei contadini che difendono il loro lavoro e la loro fatica. Sono figlio di contadini e me ne rendo conto.
Avevamo certamente bisogno di un dibattito così fatto e diamo atto alla D.C. per averlo suscitato; forse avremo bisogno di ulteriori chiarimenti sull'argomento nella più ampia concezione che la politica agricola è la politica dei consumatori, quindi di tutti gli italiani.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Il pensiero del Gruppo e mio personale è espresso nell'ordine del giorno, ma l'andamento del dibattito mi impone un brevissimo chiarimento.
Né il Gruppo, né io, né il Partito che rappresento hanno piacere di proporre delle svalutazioni che adeguino la lira verde al suo reale valore per recuperare una situazione come l'attuale. Avendo noi il dovere in questo momento di rappresentare gli interessi generali, ma anche di sottolineare la specificità degli interessi regionali messi in una situazione drammatica, dobbiamo constatare che mentre tutto il Paese, tutte le categorie, poco o tanto, recuperano gli effetti dell'inflazione, qualche volta addirittura con effetti moltiplicativi, qui vi è un'unica categoria che vede stravolto il senso dell'inflazione e ne subisce effetti addirittura opposti e deflattivi e questa categoria è anche strutturalmente collocata nella posizione meno atta a recuperare gli effetti dell'inflazione e ha minori capacità di resistenza.
Non proponiamo con sicurezza scientifica un'unica soluzione al governo.
Segnaliamo la drammaticità di una situazione che richiede la correzione assoluta del meccanismo dei montanti compensativi senza di che si distruggerà uno strumento di produzione che nel nostro Paese non avrà soluzioni alternative.
Questo abbiamo voluto dire con l'ordine del giorno presentato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ritengo anch'io di dover intervenire brevemente, prima di tutto per una precisazione, ed in secondo luogo per contribuire a dare alla fase che ci attende, in cui dovremo assumere una posizione a livello di Consiglio, uno sbocco positivo. La precisazione che desidero rendere è relativa all'intervento del Consigliere Chiabrando che, forse a causa dello stile telegrafico (gli rendiamo merito per il tempo risparmiato), ha un po' peccato in completezza di analisi e in serietà di esposizione. Egli ha accomunato con una disinvoltura fuori del comune tutti i Gruppi che si sono espressi in una posizione unica da lui esplicitata telegraficamente con molta icasticità e chiarezza. Penso che non abbia reso un servizio all'oggettivo. Il Capogruppo della D.C. ha invece contribuito a definire più problematicamente e meno icasticamente la svalutazione della lira verde. Di fronte ad una misura di questo tipo non possiamo essere così sicuri e senza dubbi. Anche i contingentamenti hanno effetto a me, dio e lungo termine. Credo che questa misura abbia degli effetti quanto mai aleatori e quindi non possa essere una risposta seria. Da parte nostra deve essere fatto un esame critico sui rischi che verrebbero alla stessa categoria. Non parliamo poi dei rischi generali sul piano economico per una scelta di politica economica che va in senso contrario rispetto a quella che stiamo faticosamente compiendo. Ritengo pertanto che nello sbocco che daremo a questa discussione dovremo tener conto della problematicità anche di questa misura che può apparire ad un primo esame come panacea di tutti i mali, ma che invece sicuramente non lo é, e non lo è neanche nelle coscienze di coloro che l'hanno proposta, per cui credo che l'ordine del giorno con cui concluderemo i lavori debba tener conto della varietà delle posizioni, che ha concorso peraltro ad individuare una serie di misure e di provvedimenti di carattere strutturale e di carattere regionale, che tengono anche conto della posizione assunta dai Partiti democratici a livello nazionale. In questo senso penso che si possa avere uno sbocco unitario, che non voglia però far prendere delle posizioni di principio con rischi di demagogia, ma con scarsa considerazione degli effetti sul piano più generale e anche sul piano degli interessi della categoria che con questo dibattito abbiamo cercato di individuare e che nel documento finale dovremo cercare di tutelare.



PRESIDENTE

Ho qui davanti un documento presentato da un Gruppo. Il dibattito è stato ampio e merita una riflessione di alcuni minuti per arrivare possibilmente ad un'intesa comune. Sospendo la seduta per dieci minuti per puntualizzare le posizioni.



(La seduta, sospesa alle ore 20 riprende alle ore 20,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende. L'ordine del giorno conclusivo potrebbe suonare così: "Il Consiglio regionale considerata la gravissima situazione in cui si trovano gli allevatori produttori di latte del Piemonte, emersa nei suoi termini insostenibili in una grande assemblea tenuta oggi stesso in concomitanza col Consiglio stigmatizza duramente il comportamento degli industriali del latte che hanno violato gli accordi liberamente assunti e garantiti dalla Giunta regionale constata che le gravi distorsioni in materia di prezzi del latte e di altri prodotti agricoli , consentita dal regime dei montanti compensativi CEE, devono essere eliminate senza indugio.
1) Impegna il Governo ad intraprendere immediatamente le iniziative necessarie per dare attuazione alla mozione recentemente approvata dalla Camera dei Deputati in materia di politica agricola nazionale e comunitaria 2) Chiede che il Governo ed il Parlamento immediatamente adottino misure volte all'eliminazione degli effetti perversi dei montanti compensativi, che favoriscono l'ingresso in Italia di ingenti partite del prodotto a pressi inferiori agli stessi costi d'origine, ricorrendo alla svalutazione della lira verde, nonché all'adozione di misure temporanee di salvaguardia capaci di contenere le importazioni di latte, di semi-lavorati e di prodotti caseari: 3) Dà mandato alla Giunta di rappresentare d'urgenza al Governo e al Parlamento la condizione in cui i produttori si trovano, chiedendo che vengano, in ogni caso, assunte decisioni capaci di rimediare immediatamente allo squilibrio esistente che sta distruggendo un settore produttivo essenziale alla vita e all'economia del Paese 4) Conferisce ancora mandato alla Giunta di concorrere alla promozione di un'energica azione legale volta ad ottenere l'adempimento del contratto che ha fissato il prezzo del latte 5) Impegna infine la Giunta ad assumere tutte le altre misure tecniche ed operative atte a sostenere il prezzo del latte , a difendere il prodotto nazionale destinato al consumo diretto, ad esercitare un rigoroso controllo igienico-sanitario, nell'interesse congiunto dei produttori e dei consumatori" Metto in votazione il testo dell'ordine del giorno per alzata di mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Dibattito sulle tabelle parametriche regionali ex articoli 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 da assumere nelle deliberazioni consiliari per la determinazione dei contributi relativi agli oneri di urbanizzazione


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, c'é la questione sollevata dall'Assessore Astengo.
Le ragioni per le quali ha sollecitato di esaminare l'ultimo punto all'ordine del giorno di oggi le conoscete, e mi esimo pertanto dal riproporle.
Do senz'altro la parola all'Assessore.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, signori Consiglieri, penso che non possiamo sottrarci all'obbligo di prendere in esame la deliberazione di Giunta, già esami, nata dalla II Commissione, riguardante le tabelle parametriche che per effetto della legge 10 sul regime dei suoli, le Regioni sono tenute a deliberare entro 120 giorni dalla data dell'entrata in vigore della legge stessa. Questa data scade precisamente fra due giorni. Le ragioni generali di queste tabelle parametriche sono sufficientemente note: la legge 10 ha introdotto alcune innovazioni sostanziali nel quadro giuridico dei rapporti con i proprietari del suolo ai fini dell'edificazione, ha conferito alle amministrazioni locali, ai Comuni, il compito di esercitare il diritto di concedere o non concedere l'edificazione in funzione però di documenti certi, di piani regolatori e di programmi di attuazione. Perché ci sia omogeneità di indirizzo nell'applicazione degli oneri di urbanizzazione e dell'incidenza di essi ai fini della determinazione dei contributi, il legislatore nazionale ha dettato all'art. 5 alcuni criteri dr base, perch queste tabelle parametriche tenessero conto della differenziazione per classe dei Comuni, in rapporto all'ampiezza demografica, alla destinazione d'uso ai tipi di intervento ed alle caratteristiche degli standards urbanistici nazionali o introdotti con legge regionale.
Di fronte a questo adempimento ritengo che debba essere data una certa attenzione perché la mancata definizione di questi parametri comporterebbe dei risultati abbastanza perniciosi, in quanto i Comuni con il centoventesimo giorno, ove non fossero approvate le tabelle parametriche sarebbero autorizzati a predisporre con singole deliberazioni qualche cosa di sostitutivo, avviando quindi un processo di estrema differenziazione secondo il quale verrebbero rilasciate le concessioni a tutte le domande attualmente ferme, in attesa precisamente di questa data, creando disparità di trattamento e situazioni confuse.
Il testo della deliberazione è stato esaminato dalla II Commissione ed è sotto gli occhi dei Consiglieri. Si tratta di esaminare correttivi che la Giunta propone e di approvare il documento, almeno per la parte che riguarda le tabelle parametriche. Questo testo si compone di due parti, una relativa all'adempimento delle tabelle parametriche, e l'altra relativa alla regolamentazione sulle aliquote, dei costi di costruzione, cioè quella parte dell'art. 3 della legge 10 per la quale non esiste l'esonero previsto all'art. 6 per l'edilizia convenzionata.
Questa ultima parte ha una minore urgenza, perché la sua efficacia parte dal 1 agosto e, data l'esiguità di tempo a disposizione, potrebbe anche essere, se richiesto, traslata purché approvata in tempo utile.
Invece la parte relativa alle tabelle parametriche segue un ragionamento che è stato messo a punto nel documento distribuito ai Consiglieri e contiene gli orientamenti delle Regioni per l'attuazione, della legge 10.
E' stato un lavoro di interpretazione piuttosto intenso anche perché la legge è complessa e non facile da gestire.
Per la valutazione degli oneri di urbanizzazione su cui applicare poi l'incidenza in relazione alle tabelle parametriche, dovrebbe valere di massima la stima analitica del costo reale delle opere. Perché questo avvenga occorre avere una base di stima e per poter avviare il processo di questa base sono state predisposte, da parte del Genio Civile, alcune schede che hanno un valore esemplificativo con la descrizione tecnica delle opere e con un certo computo che viene effettuato nei valori indicati sulla base del prezziario del Comune di Torino, che potrà essere di volta in volta aggiornato secondo i prezzi correnti nella zona; nell'ipotesi in cui non esista un prezziario, nella tabella n. 1 è data una chiave di adeguamento medio globale per una prima approssimazione dell'adeguamento dei prezzi. Naturalmente l'attuazione di una stima analitica comporta un lavoro piuttosto lungo e ci ripromettiamo di dare via via corso alla predisposizione delle schede di base. Comunque, il metodo principale è quello della stima analitica. Vi sono alcune opere però per le quali è difficile predisporre la stima analitica: si tratta, per esempio, di piccole operazioni di completamento, di espansione, di ampliamento. Occorre allora riferirsi a qualche cosa di prestimato, attraverso il metodo della stima globale sintetica. A questo scopo è stata formulata come esempio (ed è detto chiaramente che è un metodo che si propone) una tabella relativa ad un insediamento teorico di 5 mila abitanti che comprende tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, completo e globale, per il quale sono state le incidenze per metro cubo residenziale delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Questi valori sono da assumere in termini assoluti, anzi è un modello per un'operazione che dovrà essere poi compiuta dai Comuni, o da gruppi di Comuni, perché spetta a loro. A questo proposito abbiamo sollecitato l'intervento delle Comunità montane e dei Comitati comprensoriali perch forniscano opera di assistenza. L'Assessorato fornirà il massimo di assistenza per poter mettere a punto le effettive tabelle. Le variazioni rispetto a questo valore globale, che è stimato analiticamente o è stimato sinteticamente ma con l'adeguamento alle situazioni delle zone, è il valore 1 che appare nelle tabelle parametriche a, b, c, d, che riflettono i quattro parametri indicati dall'art. 5, cioè ampiezza e dinamica demografica; tabelle A, A1, A2, con un abbattimento, una riduzione/ per i Comuni più piccoli, con un'indicazione media per i Comuni medi e un aumento per i Comuni più ampi. Per la dinamica demografica c'è un abbattimento per i Comuni che hanno avuto un decremento o sono in una situazione di stesi ed un aumento nei Comuni che hanno avuto incremento demografico.
Esiste ancora la tabella n. 5, in cui c'é una differenziazione per classi, per destinazioni e per tipi di intervento. Classi di destinazione d'uso residenziali nell'ambito del tessuto edilizio nel centro storico fuori del centro storico, per interventi di completamento, di espansione tipi di interventi di edilizia libera o di edilizia nell'ambito della legge 167. Per ciascuna di queste classi sono indicate le variazioni rispetto al parametro 1. I criteri sono questi: laddove esistono operazioni di ricupero nel centro storico o nella parte di espansione o di completamento c'é un abbattimento del valore 1 e l'abbattimento è ancora ulteriormente accentuato su aree di intervento pubblico naturalmente per altre destinazioni d'uso, che non sono residenziali come è previsto dalla legge comprese anche le destinazioni a carattere produttivo, sono individuati altri criteri.
Infine c'è la tabella Cl relativa ai Comuni dotati solo di perimetrazione. La legge 10 infatti fa riferimento agli strumenti urbanistici vigenti che hanno il PRG o il PdF approvato o, in assenza di esso, alle perimetrazioni. Infine abbiamo la tabella D relativa agli standards urbanistici, con la premessa che i Comuni più piccoli hanno standards minori rispetto agli altri.
Detto questo passerei ad illustrare le proposte di emendamento della Giunta. Nella prima pagina c'é un errore di battitura, alla quarta riga "differenziate" è da leggere "differenziato".
Alla pagina 4 tabella A, si propone questa variazione: anziché prendere come classe quella di 2 mila abitanti, come classe inferiore, è da indicarsi la classe di 3 mila abitanti perché nel Piemonte i Comuni che sono al di sotto di questo valore sono 101.3, sui complessivi 1209, che fruirebbero di questo abbattimento dello 0,70. Da 3 mila a 10 mila è 0,80.
Al parametro A2 in funzione dell'andamento demografico c'é un errore di stampa al punto 2) "stazionarietà";l'indice 1 è maggiore di 0,10 e minore di 0,15. Nella tabella B vi sono due proposte di modifica, la prima è quella di semplificare le classi altimetriche, l'altimetria è in funzione del costo del trasporto dei materiali. Si tratta di considerare solo una maggiorazione del 10 % per i Comuni al di sopra di 900 metri di altitudine sul mare. Nel testo è indicata l'altezza media sul livello del mare.
Propongo che sia l'altezza del Capoluogo, perché almeno è un dato certo che, tra l'altro, non penalizza i Comuni nel cui territorio ricadono anche le cime dei monti.
Per la tabella C sono proposte queste modificazioni: al punto ? - Aree di espansione è soppressa la classe "al di sotto di 0,5 mc/mq". Sopprimendo questa ne restano solo tre con l'indice territoriale minore di uno o l'indice territoriale compreso fra 1 e 1,5 e maggiore di 1,5. Quindi sono da sopprimere la riga vicina a "indice territoriale" e la prima parte della diseguaglianza fra "indice territoriale minore di 5 e maggiore o uguale a 1".
Nel punto "destinazioni rurali" è sfuggito alla dattilografa "interventi che non rientrano negli esoneri". Negli insediamenti turistici oltre a "interventi in tessuto edilizio esistente" si propone di aggiungere "comprese le ristrutturazioni" e per questi riportare a 1 il valore sia delle opere di urbanizzazione primaria che il valore delle opere di urbanizzazione secondaria. Per gli insediamenti commerciali direzionali alla linea "interventi in tessuti edilizi esistenti" aggiungere "comprese le ristrutturazioni", parametro sarebbe da portare a 1,2. Pagina 7 tabella Cl: si propone di sopprimere l'ultima colonna "Comuni senza perimetrazione", perché la legge non lo prevede. Oggi il numero dei Comuni senza perimetrazione si sta riducendo e quindi possiamo tranquillamente sopprimerlo, così come viene anche soppressa la nota relativa.
Nella tabella D, anziché Comuni con popolazione 2 mila si legga con 3 mila abitanti, prendendo questo livello come separatore dei Comuni piccoli da quelli invece medio alti. Nel punto 2 ci sono alcune piccole modifiche.
Il principio generale è quello della stima reale dei costi delle opere di urbanizzazione. Nel punto 2 alla terza riga va aggiunto "valutato secondo la stima analitica". Nella pag. 8 vi sono due correzioni, una è sfuggita alla battitura: al punto 5 alla fine del primo comma, nella parentesi vedi tabella n. 4.
Nel punto 7 anziché "entro 30 giorni", si ritiene che tale periodo sia troppo esiguo e si propongono 60 giorni.
Queste sono le variazioni relative alla parte degli oneri di urbanizzazione. Ritengo che la discussione possa fermarsi a questo punto.
La ratio di tutto questo è di mettere i Comuni in grado di poter realizzare le opere di urbanizzazione, avere degli introiti differenziati a seconda delle condizioni e delle dinamiche. Questi parametri si moltiplicano tra di loro e quindi ci sono degli abbattimenti molto forti. Dove esistono le due colonne di opere primarie e secondarie, se il parametro è riferito alle stime analitiche, si assume ciascuno di essi, se si basa su di una stima sintetica può essere fatta la media fra i due valori. I Comuni hanno un ulteriore campo discrezionale di collocarsi dentro a questi valori.
Dove non esistono possibilità di stima analitica e bisogna ricorrere a stima sintetica c'è un'indicazione ulteriore, cioè la possibilità di ridurre sino ad un terzo il valore per le opere di urbanizzazione primaria e fino a metà per le opere di urbanizzazione secondaria nei casi di piccole operazioni d'intervento edilizio. La differenza deriva dal fatto che le opere di urbanizzazione primaria per i completamenti o piccole trasformazioni hanno un minore peso di quello delle urbanizzazioni secondarie. Ed ora alcune considerazioni generali. Abbiamo 1209 Comuni e ci saranno 1209 deliberazioni. Riteniamo che debba essere fatta un'azione promozionale perché le Comunità montane possano agire in modo consortile con un'unica deliberazione, perché i Comitati comprensoriali possano predisporre delle deliberazioni tipo per raggruppamenti di Comuni aventi caratteristiche demografiche ed economiche omogenee. Tutti gli sforzi saranno compiuti da parte dei funzionari dell'Assessorato al fine di illustrare questo meccanismo e agevolare la formazione presso i Comitati comprensoriali delle deliberazioni quadro, fornendo anche esemplificazioni numeriche.
E' la prima applicazione di una legge complessa che non può di colpo risolvere tutti i problemi e dare la certezza di avere individuato con questa parametrazione le reali differenziazioni che esistono, pur essendoci un margine di discrezionalità. La deliberazione è tale da permettere la possibilità di aggiornamenti, via via che questi si dimostreranno utili comunque entro l'anno a partire dal momento della sua validità. Data l'attesa dei Comuni, la deliberazione dovrebbe avere carattere di immediata esecutività. Con questa normativa i Comuni dovrebbero poter essere in grado di introitare cifre piuttosto considerevoli, dell'ordine di 200/300 miliardi, anche tenendo conto di una dinamica di costruzioni più ridotta degli anni di massima espansione. C'é la possibilità di costituire con questi introiti un fondo vincolato presso le Tesorerie Comunali, e .di poter così gestire i piani ed attuare le opere.
Naturalmente i problemi non sono conclusi. Si aprono grossi temi come quelli della necessità di un fondo di rotazione e di mettere i Comuni in grado di avviare delle opere con una certa successione tecnica. Tutti questi problemi porteranno a rimeditare sulla legge 28 e soprattutto diventeranno materia di meditazione e di atti sia legislativi che amministrativi per l'attuazione dei programmi di attuazione. Tutto questo disegno da solo non avrebbe un sufficiente significato perché comporterebbe piccoli gettiti rispetto alle singole opere che verranno costruite legate assieme dai programmi di attuazione che potranno garantire la razionalità dello sviluppo degli abitati ed anche la razionalità dell'impegno delle spese. Si configura un disegno che potrebbe avviare una specie di bilancio dell'azienda città: la città si costruisce, ha degli introiti, una parte dei quali è fornita dagli stessi operatori, l'altra parte è fornita dai contributi e da altri afflussi. E' possibile determinare le entrate e le relative uscite di questa azienda. Un processo dunque di razionalizzazione e di programmazione della spesa pubblica.
In questo quadro e soprattutto per la necessità di fare in modo che i Comuni possano iniziare a predisporre ed a studiare le proprie deliberazioni, raccomando al Consiglio l' approvazione della deliberazione quanto meno per la prima parte relativa alle incombenze più urgenti.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Ricordo, come ha già detto l'Assessore, che è stata preoccupazione di tutti i Gruppi, ed anche del nostro, quella di accedere a questa discussione nei limitati tempi di predisposizione della deliberazione, per garantire la corretta attuazione della legge n. 10, non per noi stessi, ma per un dovere istituzionale nei confronti delle comunità locali.
Questa legge cala su di una realtà che in parte ci è nota, in parte ci è sconosciuta; quindi l'adesione alla predisposizione di strumenti ha il significato di un impegno ad approfondire la conoscenza di questa realtà per far sì che successivamente possano essere apportati al provvedimento quei correttivi e quelle modificazioni che ne consentano una giusta applicazione.
Comunque in questo modo si pone in essere un processo di razionalizzazione nella gestione urbanistica che deve essere attentamente seguito. Tutte le forze politiche sono impegnate a livello regionale come a livello locale ad affinarne i termini per far sì che il beneficio complessivo in termini patrimoniali e in termini qualitativi che pu derivare sia adeguato alla realtà che deve essere gestita.
Possiamo dare atto all'Assessore di avere preso in considerazione le proposte che sono state formulate in II Commissione e che; mi pare trovassero consensi nelle forze politiche che si sono disposte alla discussione. Rimarrebbero da definire alcune questioni che l'Assessore in parte ha enunciato: l'opportunità di affrontare contestualmente all'approvazione degli oneri relativi alle quote di urbanizzazione primaria e secondaria anche i criteri per la determinazione delle aliquote di costruzione di cui all'art. 6 della legge 10.
Riteniamo sia opportuno stralciare questo provvedimento per un ulteriore approfondimento, in modo da acconsentire di affrontare l'incidenza sul prodotto e quindi sull'operatività. Se l'Assessore, come è sembrato, è ben disposto, noi insisteremmo su questa richiesta.
A pagina 8 rimane un'ultima questione che riguarda gli interventi caratterizzati da modesta entità o frammentarietà o completamenti di zone in tutto od in parte dotate di opere di urbanizzazione. Si prevede uno scomputo dal contributo forfettario pari ad un terzo o a due terzi per quanto attiene alle opere di urbanizzazione primaria e di metà per quanto riguarda le opere di urbanizzazione secondarie. Data l'immotivata giustificazione per una differenziazione tra le opere di urbanizzazione primaria e le opere di urbanizzazione secondarie, proporremmo di equiparare questo scomputo e quindi di ritenere possibile per entrambe lo scomputo fino ad un terzo delle stime sommarie indicate nella deliberazione.
Con questi correttivi e con quelli già indicati dali'Assessore siamo disponibili a votare favorevolmente la deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, desidero raccomandare al Presidente della Giunta di fornire all'Assessore Astengo una dattilografa decente che non combini troppe sciocchezze: qui si stravolge la legge mettendo in imbarazzo l'Assessore stesso.
La questione che ha preoccupato la II Commissione era quella di vedere in pratica che cosa capita in Piemonte per non immobilizzare l'industria delle costruzioni in un momento così difficile. La preoccupazione è che con queste nuove norme si contribuisca a dare un altro colpo all'edilizia.
L'Assessore Astengo ha accolto la maggior parte delle richieste fatte in II Commissione. Mi associo al collega Picco su quanto ha detto. Accettiamo di rimandare la seconda parte ad un esame più approfondito e accettiamo le proposte avanzate da Astengo per la prima parte.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Astengo.



ASTENGO Giovanni, Assessore all'urbanistica

In accoglimento alla proposta del Consigliere Picco, rileggo la formula dell'art. 3 a pag. 8, ultime tre righe: "Per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria un contributo forfettario non inferiore ad un terzo del valore stimato in modo sintetico per le zone di espansione come risulta dall'allegato 3".



PRESIDENTE

Vi dò lettura della deliberazione con le correzioni suggerite dall'Assessore e con le aggiunte ora lette: "Il Consiglio regionale visti gli artt. 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 preso atto di quanto esposto nella premessa narrativa della deliberazione della Giunta regionale del 23 maggio 1977, n. 1-8428 integrata con deliberazione del 24 maggio 1977, n. 120-8548, come risulta dall'allegato n. O alla presente deliberazione delibera di approvare I. I criteri generali per la valutazione dei costi di base relativi al costo delle spese di urbanizzazione, e gli allegati numero 0, 1, 2, 3, e 4 che li esplicitano II. Le tabelle parametriche A, B, C e D, relative alla determinazione dei contributi per le opere di urbanizzazione III. Le norme generali per l'applicazione delle tabelle parametriche.
Considerata inoltre l'esigenza di provvedere ad un continuo aggiornamento dei dati di base e dei criteri che sono stati assunti per la determinazione dei parametri e delle aliquote, particolarmente necessaria nella fase di prima attuazione il Consiglio regionale delibera 1) di dar mandato alla Giunta di proseguire nella predisposizione delle schede campione che formano l'allegato n. 2, unitamente alla definizione dello standard tecnico delle infrastrutture, differenziate per classi di Comuni e per classi di intervento, in modo da fornire alle Amministrazioni locali ed agli operatori nel campo edilizio uno strumento di lavoro aggiornato e completo; pertanto, periodicamente e con deliberazione della Giunta, le schede, unitamente alla definizione dello standard tecnico di cui sopra, verranno integrate ed aggiornate 2) di impegnare la Giunta regionale a predisporre, e presentare al Consiglio regionale per l'approvazione, entro un anno, proposte di revisione e di aggiornamento della presente deliberazione.
La presente deliberazione, data l'imminente scadenza dei 120 giorni fissati dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, è dichiarata immediatamente esecutiva, ai sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio 1953, n. 62".
Chi approva è pregato di alzare la mano.
a deliberazione è approvata con 38 voti favorevoli.
La prossima seduta è convocata per il 2 giugno.
La seduta è tolta .



(La seduta ha termine alle ore 21,30)



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