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Dettaglio seduta n.118 del 19/05/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Caccia

Prosecuzione esame disegno di legge n. 107 "Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973, n. 21 recante 'Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte'"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Ieri abbiamo sospeso i nostri lavori in sede di esame della nuova formulazione all'art. 1 del disegno di legge n. 107. In merito si è raggiunta un'intesa sul testo a mano dei Consiglieri.
L'art. 1 nella nuova stesura recita: "La legge regionale 13 agosto 1973, n. 21, recante 'Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte', è così modificata ed integrata.
L'art. 2 è sostituito dal seguente: 'Tutti i titolari di licenza di caccia possono essere ammessi a praticare l'esercizio venatorio a parità di diritti e di doveri.
Per poter esercitare la caccia nel territorio sottoposto a regime di caccia controllata occorre essere in possesso del tesserino regionale.
I tesserini, predisposti dall'Amministrazione regionale, vengono rilasciati dai Comitati Provinciali della Caccia, i quali possono avvalersi della collaborazione delle Associazioni venatorie.
Per il rilascio del tesserino, valido per la sola provincia di residenza, il cacciatore deve versare al Comitato Provinciale della Caccia competente la somma di L. 10.000. Ai fini di estendere la validità del tesserino, il cacciatore deve effettuare tanti versamenti supplementari di L. 10.000 quante sono le province, diverse da quella di residenza, in cui intenda cacciare, ferma restando l'esclusione della zona faunistica delle Alpi. Tali versamenti, su conto corrente postale intestato all'Amministrazione regionale, vanno effettuati avvalendosi dei bollettini rilasciati dai Comitati Provinciali della Caccia competenti per territorio e predisposti dalla stessa Amministrazione regionale in modo che sia identificata la provincia di pertinenza.
Il cacciatore deve allegare al tesserino in suo p ossesso le ricevute dei versamenti supplementari.
Il cacciatore non residente in Piemonte può ottenere il rilascio del tesserino, valido per una sola provincia, previo versamento della somma di L. 10.000 al Comitato Provinciale della Caccia competente, solo se in possesso di valido tesserino prescritto dalla regione o provincia di residenza.
Qualora il cacciatore non residente in Piemonte intenda estendere la validità del tesserino a province ulteriori, deve effettuare versamenti supplementari conformemente a quanto disposto dal quinto comma del presente articolo.
Il cacciatore non residente in Piemonte, in possesso del tesserino valido nella propria regione o provincia, deve esibirlo, ad ogni richiesta degli agenti, unitamente a quello valido per il Piemonte. La mancata esibizione del tesserino della provincia o regione di residenza equivale alla mancata esibizione del tesserino valido per il Piemonte. Le giornate di caccia effettuate in altre regioni sono considerate compiute nel territorio della Regione Piemonte. Il cacciatore residente in altre regioni, nelle quali la data di apertura generale della caccia sia posteriore a quella prevista per il Piemonte, può esercitare la caccia in Piemonte soltanto dalla data di apertura generale della caccia nella regione o provincia di residenza. Il cacciatore munito di tesserino personale deve annotare sullo stesso, in modo indelebile e negli spazi all'uopo riservati, il giorno di caccia prescelto, numero dei capi abbattuti e, per le specie stanziai protette, l'ora dell'abbattimento.
Le somme introitate dall'Amministrazione regionale sono utilizzate nella misura di almeno il 40%, per le spese di vigilanza; il residuo per il ripopolamento del patrimonio faunistico della Regione, per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole, tenendo in particolare considerazione la pressione venatoria registrata in ciascuna provincia. Ogni cacciatore non potrà ottenere, nell'ambito della regione più di un tesserino. Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni' ".
Questo sarebbe il testo all'esame e all'approvazione. Vi sono dichiarazioni di voto? La parola al Consigliere Rosci.



ROSCI Marco

Nell'art. 1 distribuito con gli emendamenti c'è un errore di trascrizione rispetto al testo approvato dalla Commissione. Infatti è stata omessa la frase ".per l'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione.". In realtà il testo approvato dalla Commissione è scritto in questo modo: "Le somme introitate dall' Amministrazione regionale sono utilizzate nella misura di almeno il 40% per le spese di vigilanza, il residuo per il ripopolamento del patrimonio faunistico della regione, per l'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione, nonch per il risarcimento dei danni causati, ecc.".



PRESIDENTE

I Consiglieri sono d'accordo sul testo che propone il Consigliere Rosei? Non vi sono obiezioni, quindi rimane inteso che il testo è quello letto dal Consigliere Rosei con l'aggiunta di: ".per l'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione." Vi sono altre dichiarazioni? La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo opportuno dichiarare a titolo personale che la mia intenzione era quella di votare contro l'articolo per i motivi che sono stati ampiamente evidenziati, soprattutto per la rigidità manifestata di fronte alla data di apertura, al non accolto emendamento tendente a fissare a priori una quota minima da destinare al risarcimento dei danni e l'indecisione manifestata di fronte all'istituto riservistico; motivi che avrebbero ampiamente giustificato il mio voto contrario. Considerato però l'avvenuto accoglimento dell'emendamento, che anche soltanto sotto il profilo teorico, fornisce un tantino di salvaguardia ai terreni a coltura, soprattutto a quelli aventi ancora i frutti pendenti, e nella speranza che ciò possa da un'affermazione di principio, da un valore teorico, in prosieguo assumere un aspetto veramente sostanziale, anche se la dichiarazione ufficiale non compete al sottoscritto, bensì al mio Capogruppo, non voterò contro, ma mi fermer all'astensione. Non posso non concludere nell'evidenziare che nel corso del dibattito è emerso una volta ancora quanto sia facile parlare di agricoltura e quanto sia difficile comprenderla ogni qualvolta se ne presenta l'occasione.
Non s'intendeva portare avanti il cosiddetto discorso settorialistico e corporativistico, ma si voleva far si che la norma tenesse presente non soltanto gli interessi unilaterali di chi svolge attività venatoria, ma considerasse prioritaria la tutela degli interessi dell'ambiente, della natura e dell'agricoltura, che sono preminenti sull'attività venatoria ponendo pertanto cacciatore non in posizione condizionante, bensì condizionata. Non mi pare corporativistico un discorso che, a fronti di due soggetti, l'uno legato al lavoro e cioè alla ragion d'essere della sua vita, e l'altro, seppure rispettabilissimo, legato ad un hobby, pone il primo al di sopra del secondo. La scelta avrebbe dovuto essere facile e in questo senso avevamo orientato il nostro ragionamento nel corso del dibattito e avevamo improntato i nostri emendamenti. Detto e precisato questo, ripeto che il sottoscritto si asterrà in sede di votazione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Il problema di fondo per noi era quello relativo alla riapertura delle cacce primaverili e poiché la Giunta ha accolto il nostro emendamento ritengo che il risultato raggiunto sia soddisfacente. Tutto il resto, a nostro avviso, è regolamentazione amministrativa. Del resto il Consigliere Rosci aveva già dato atto nella sua relazione della dichiarazione di principio fatta da alcuni colleghi sul problema della caccia, dichiarazione alla quale confermo la mia adesione. Mi rendo anche conto che gli interessi di natura diversa che stanno alle spalle dell'attività venatoria non consentono di ottenere di più, per cui non mi resta che prenderne atto.
Valutando quindi gli elementi positivi e quelli negativi può ritenersi prevalente il peso dell'elemento positivo che ho indicato, anche se ho personalmente aderito e votato a favore di alcuni emendamenti che non hanno avuto il consenso della maggioranza del Consiglio. Concludo ricordando che è stata citata più volte una frase di Giolitti il vecchio, diventata ingiustamente famosa. Mi pare che nessun Governo sia mai caduto per una legge sulla caccia; non è neanche caduta nessuna maggioranza regionale, n provinciale, né comunale. Del resto, se non sbaglio, lo scandalo della Banca romana nella quale pure Giolitti era implicato non era né una questione di lepri, né una questione di fagiani.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Giacché si anticipano le dichiarazioni di voto sul provvedimento mi adeguo alla prassi che abbiamo instaurato. Quanto hanno detto i colleghi intervenutr precedentemente viene da me sottoscritto. Il risultato a cui tendevano gli emendamenti che avevo presentato, alcuni dei quali poi confluiti in quelli dei colleghi, avevano due obiettivi preliminari: quello della caccia al cinghiale e quello dell'apertura della caccia primaverile.
I risultati sono stati raggiunti, quindi, quanto meno un voto non negativo deve essere formulato.
Deve essere apprezzato da parte del Consiglio il comportamento della Giunta nella situazione di specie, non solo per la disponibilità a venire incontro alle istanze dell'opposizione, ma altresì per il modo con cui la Giunta ha dato atto della fondatezza dei rilievi, non appropriandosi, come avrebbe potuto fare, di quanto era già stato un risultato pacifico in aula cioè che la caccia primaverile non sarebbe passata, ma riconoscendo al Consiglio la possibilità di iniziative e di modifiche.
Questo, da un punto di vista formale, va apprezzato. Tuttavia, da parte mia, non può essere dato un voto positivo, prima di tutto per le ragioni di ordine generale, perché non ritengo che la caccia, com'è attualmente, sia sufficientemente disciplinata, ma soprattutto per i rilievi di carattere marginale e forse formale, che, per una assemblea di tipo legislativo come la nostra, diventano di carattere prioritario. Mi riferisco in particolare alle carenze di ordine legislativo che emergono dalla lettura degli emendamenti e dal testo rifatto già sottoposto all'esame del Consiglio.
Un'assemblea legislativa non può approvare una legge con incertezze intepretative e soprattutto creare un grosso terreno di conflittualità, ad esempio laddove abbiamo detto che non si può cacciare dove esistono frutti pendenti anche in carenza dell'apposita palinatura. Come interpreteranno i magistrati questa benedetta legge? Questa grossa carenza che mette in discussione la certezza del diritto ma soprattutto la credibilità dell'assemblea come Ente legislativo mi costringe a non poter andare oltre al voto di astensione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi, crediamo anche noi di doverci adeguare alla prassi stabilita da altri intervenuti in ordine al pronunciamento di una dichiarazione di voto sull'articolo 1 di questa legge che vuole avere valore di dichiarazione globale sul complesso della stessa. Era pressoch inevitabile che in una discussione di questo tipo qualcuno volesse ricordare l'ormai nota frase di Giolitti.
Noi al riguardo dobbiamo dire che, se questo mai è accaduto, è accaduto in tempi ben lontani. Oggi neppure il Governo Andreotti cade su una legge della caccia qual è in discussione innanzi a uno dei due rami del Parlamento; d'altra parte non cadono i Governi per scandali tipo quello della Lockheed, figuriamoci su questioni di questo genere! A noi sembra, anche per dare una valutazione della discussione in termini politici, che non sia il caso di considerare questo dibattito, come forse qualcuno voleva, una crociata nei confronti della maggioranza innanzi tutto perché, pur riconoscendo la grande importanza dell'attività venatoria, pensiamo che non sia questo il terreno più indicato per muovere guerra armata nei confronti della Giunta che ha espresso questa legge.
Diamo questo giudizio al di là e al di fuori di ogni considerazione politica. Non ci interessa molto, in altre parole, trovarci allineati o dissenzienti da posizioni assunte da altri Gruppi su questo specifico argomento.
Nel merito abbiamo ricordato che avevamo dato voto contrario alla legge n. 21 del 13/8/1973 votata nel corso della prima legislatura e dobbiamo dire che non consideriamo questa legge, così come da talune parti è stato detto, più permissiva nei confronti di quella passata; ma crediamo sia semplicemente più ragionata.
Da questo punto di vista, quindi, siamo favorevoli a talune modificazioni che sono state introdotte. Rimane però sempre problema di un testo legislativo, che, a nostro avviso, è disorganico nei confronti della legge-quadro, non ancora varata e approvata soltanto da un ramo del Parlamento, in quello del Senato, il 24/2/1977.
Mettendo a confronto i due testi, quello che è stato votato dalla Commissione agricoltura del Senato e quello che ci viene oggi proposto rileviamo che sono molte ancora le disorganicità, le zone di ombra, le incongruenze e anche l'esistenza di talune parti che non esitiamo a definire pericolose, così come ci è stato fatto osservare da qualche collega, forse più di noi competente, nell'introduzione della modifica all'art. 13, che sarà sicuramente e disgraziatamente causa di conflittualità permanente - diciamo così per usare un termine alla moda tra agricoltori e cacciatori.
E' proprio questo aspetto disorganico della legge stessa che c'induce a dare voto contrario all'ad. 1, voto contrario che sarà poi anche espresso nella votazione del testo globale della legge stessa.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare la Signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Il Gruppo repubblicano, a dire il vero, non sarebbe stato favorevole ad alcun cambiamento della precedente legge sulla caccia. Abbiamo tuttavia cercato di partecipare al dibattito per vedere di migliorare il nuovo testo che fa una maggioranza in Consiglio e rischia di passare in modo assolutamente contrario a quelli che erano i nostri principi. Devo riconoscere a questo proposito che il fatto di avere fatto saltare il comma riguardante la caccia invernale e primaverile è senza dubbio un fatto positivo. E' un fatto che ritengo vada ascritto alla battaglia sulla caccia, considerata da alcuni risibile, forse un po' troppo lunga rispetto ad altre battaglie nei confronti di non meno importanti leggi varate dalla Regione, tuttavia non così indifferente da doverci ridere sopra come se questo tipo di legge non cambiasse assolutamente nulla. In base a questo principio e in base al fatto che alcuni dei cambiamenti intervenuti, e ne sottolineo uno solo per me molto importante, quello dell'apertura della caccia mezz'ora prima del sorgere del sole e della chiusura mezz'ora dopo il tramonto, li ritengo gravissimi per le loro conseguenze, il Gruppo repubblicano voterà contro l'art. 1 e contro tutta la legge.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Rosci.



ROSCI Marco

Il Gruppo consiliare comunista ritiene di favorire le modifiche proposte all'art. 1 della precedente legge di regolamentazione della caccia, innanzitutto sottolineando il carattere nettamente positivo di razionalizzazione e di chiarificazione di alcuni aspetti della precedente legge, che risultano dal nuovo testo approntato dell'articolo primo.
D'altra parte ci rendiamo conto che tutto l'iter e tutta la discussione su questa legge sono fortemente condizionati dalla mancanza della legge-quadro nazionale sulla stessa materia. E' chiaro che le posizioni del Partito comunista si sono particolarmente esplicitate nella discussione parlamentare e nell'elaborazione parlamentare della legge-quadro nazionale.
Innanzitutto è da ricordare che la nostra posizione riguardo al calendario venatorio è nettamente a favore, in sede nazionale, del principio della doppia apertura della caccia con date differenziate, che tengano conto innanzitutto delle esigenze ecologiche e di protezione dei terreni agricoli. In secondo luogo vorrei ribadire, come è stato ribadito ieri dal Consigliere Bono, che respingiamo nettamente il tentativo - direi un po' troppo trasparente - di far passare la maggioranza come colei che difende gli interessi delle riserve a carattere privatistico. Il punto essenziale è che notoriamente il Partito comunista è assolutamente favorevole a profonde modifiche del regime privatistico delle riserve, però, allo stato dei fatti e nella situazione legislativa attuale, qualsiasi tentativo di andare al di là dell'attuale regime privatistico delle riserve comporterebbe automaticamente la non accettazione del nostro testo di legge da parte delle autorità centrali preposte alla sorveglianza e al controllo sulle leggi regionali. Questa è l'unica ragione che ha impedito di inserire già nel presente testo di legge una più chiara regolamentazione di dichiarazione di superamento del regime privatistico delle riserve di caccia.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, non vogliamo, per difesa d'ufficio di una legge preesistente che era stata molto qualificante e che nella sua applicazione aveva ottenuto risultati notevoli (si parla di un ritorno in Piemonte di molte specie che erano sparite), pretendere una cosa che a questo livello non è più pretendibile, e cioè la rinuncia alla presentazione di una legge di variazione sulla legge per la caccia. Non lo chiediamo e ci rendiamo conto che il testo che votiamo oggi, con indubbi risultati per quanto si riferisce all'eliminazione della caccia primaverile, rappresenta un superamento della minaccia che vi era stata nella presentazione del primo testo. Ma occorre dire che il testo che votiamo richiama moltissimo se non il "pasticciaccio brutto della via Merulana", certo il pasticciaccio brutto di Piazza Castello, perché finiamo con il portare alcune varianti che a mio modo di vedere sono qualificanti soltanto in certi aspetti negativi; ed è proprio Per questo che riteniamo di non poter dare né voto favorevole, n voto di astensione, ma bensì voto contrario. Mi riferisco in modo particolare alla variazione proposta per l'art. 4, che rappresenta l'aspetto veramente grave di tutto il provvedimento legislativo, e alle variazioni dell'art. 20 dove appaiono evidenti le incongruenze fra la facoltà del Presidente della Giunta di intervenire per una protezione per determinate zone o per la selvaggina e la possibilità di effettuare cattura a scopo di ripopolamento. E' noto che la caccia si esercita attraverso due aspetti: l'eliminazione degli animali e anche la cattura degli animali Mi pare che nello stesso articolo l'incongruenza appaia evidente. Per tutte le ragioni che abbiamo detto voteremo contro l'art. 1 e contro l'insieme del disegno di legge di variazione.



PRESIDENTE

Non vi sono altre dichiarazioni? Vi do lettura della seconda parte dell'art.1.
L'art. 3 è sostituito dal seguente: "L'esercizio venatorio in qualsiasi forma esercitato è consentito su tutto il territorio della Regione Piemonte dalla terza domenica di settembre fino al 15 dicembre nella zona faunistica delle Alpi, e fino alla penultima domenica di dicembre nel territorio non compreso nella zona delle Alpi.
La caccia al cinghiale è consentita, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia e dell'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura territorialmente competente, secondo piani di abbattimento disposti dai Comitati Provinciali della Caccia ed a persone nominativamente indicate, ai soli fini della tutela delle colture agricole.
I Comitati Provinciali della Caccia, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia, possono anticipare le date di chiusura della stagione venatoria.
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2 salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni" L'art. 4 è sostituito dal seguente: "E' vietato uccidere o catturare qualsiasi specie di selvaggina prima di mezz'ora dal sorgere del sole e dopo mezz'ora dal tramonto, come definiti dall'osservatorio di Brera.
Tale limitazione è estesa ai casi previsti dagli articoli 24 e 25 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Il divieto di cui al presente articolo è esteso anche al territorio compreso nella zona faunistica delle Alpi.
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art. 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni".
L'art 5 e sostituito dal seguente: "Dalla data di apertura della stagione venatoria fino alla seconda domenica di ottobre su tutto il territorio della Regione Piemonte la caccia può essere esercitata due giorni la settimana, a scelta del cacciatore, tra il martedì, giovedì, sabato e domenica.
Successivamente alla seconda domenica di ottobre, fino al 15 dicembre nella zona faunistica delle Alpi e fino alla penultima domenica di dicembre nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, sono consentiti tre giorni di caccia, per ogni settimana, a scelta tra quelli indicati nel primo comma.
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'arto 2, salve le sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n 1016 e successive modificazioni" L'art. 6 e sostituito dal seguente: "Ciascun cacciatore, per ogni giornata di caccia, può abbattere non più di due capi di selvaggina stanziale protetta, di cui non più di una lepre.
Ciascun cacciatore per ogni giornata di caccia, nel periodo dalla terza domenica settembre fino alla penultima domenica di dicembre può abbattere inoltre selvaggina migratoria come segue: storni, lino a un massimo di 20 ed esemplari di altre specie, fino a un massimo di 10. Tra questi ultimi sono consentiti: palmipedi, fino a un massimo di tre; trampolieri, fino a un massimo di cinque di cui non più d! due beccacce.
Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino di cui all'art 2, salve le sanzioni previste dai T.U. 5 giugno 1939, n 1016 e successive modificazioni".
L'art. 7 sostituito dal seguente: "L'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma e da seguito è consentito, nei trenta giorni precedenti l'apertura generale della caccia al martedì, al giovedì, al sabato ed alla domenica.
Nei giorni consentiti, l'addestramento e l'allenamento sono ammessi esclusivamente nelle località preventivamente indicate dai Comitati Provinciali della Caccia su terreni boschivi o liberi da colture.
I cani debbono essere costantemente sorvegliati dal proprietario o da un suo incaricato al fine di evitare danni alla selvaggina ed alle colture agricole.
I Comitati Provinciali della Caccia possono consentire, con le modalità necessarie ad evitale danni alla selvaggina stanziale protetta, l'impiego dei cani da ferma e da seguito per le prove sul terreno, anche nelle zone di divieto di caccia.
Il contravventore è soggetto alle sanzioni previste dal T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni." L'art. 13 è sostituito dal seguente: "L'esercizio della caccia è comunque vietato nei terreni dai quali non sono stati ancora asportati i frutti pendenti. L'inosservanza del divieto anche se non sono state apposte le tabelle di cui all'art. 30 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, è punita con le sanzioni previste dalla presente legge e con il ritiro del tesserino di cui alla legge regionale 13 agosto 1973, n. 21, per l'intera annata venatoria".
L'art. 19 è sostituito dal seguente: "Le riserve di caccia, poste nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, sono soggette alle limitazioni di cui alla presente legge, con esclusione della limitazione del numero dei capi di selvaggina stanziale protetta da abbattere.
I Comitati Provinciali della Caccia possono revocare le concessioni di riserva quando i concessionari non osservino le disposizioni di legge o quelle del decreto di concessione, I Comitati Provinciali della Caccia devono revocare le concessioni quando le riserve non incrementino la produzione della selvaggina e non ne favoriscano l'irradiamento nei terreni circostanti o non agevolino la sosta delle specie migratorie".
L'art. 20 è sostituito dal seguente: "Il Presidente della Giunta regionale, su conforme deliberazione della stessa, assunta su proposta o previo parere dei Comitati Provinciali della Caccia e sentito il Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia, pu limitare o vietare l'esercizio venatorio ove ricorra la necessità di proteggere le colture agricole o la selvaggina per insufficiente consistenza faunistica, in tutto il territorio regionale o in parte di esso.
Il Presidente, su conforme deliberazione assunta dalla Giunta regionale, sentiti i Comitati Provinciali della Caccia interessati, pu vietare l'esercizio venatorio nelle località di notevole interesse panoramico, paesistico o turistico, a tutela della integrità è della quiete della zona.
Nei territori in cui, in relazione alla necessità esclusiva o concorrente di proteggere le colture agricole, è stato vietato l'esercizio venatorio sensi del primo comma, i Comitati Provinciali della Caccia sentito il Laboratorio di Zoologia Applicata alla Caccia di Bologna possono in qualsiasi tempo effettuare catture di selvaggina a scopo di ripopolamento quando essa arrechi effettivi danni alle colture medesime".
Nessuno chiede di parlare? Passiamo alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 6 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri L'art. 1 è approvato Articolo 2 - "Per le violazioni in materia di caccia soggette a sanzioni amministrative, di cui al T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modificazioni, e di cui alla legge regionale 12 agosto 1973 n. 21 modificata dalla presente legge, le somme previste sono determinate nel minimo in L. 100.000 e nel massimo in L. 300.000; E' soggetta a questa sanzione ogni altra violazione in materia di caccia non diversamente sanzionata.
La sanzione pecuniaria è determinata nel massimo in L. 1.800.000 nei seguenti casi: ferimento, uccisione o cattura di esemplare di animali protetti ai sensi degli artt. 23 e 38 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modificazioni, o ai sensi dell'art. 20 della legge regionale 13 agosto 1973, n. 21.
La sanzione pecuniaria di cui ai precedente comma è determinata nel minimo in L. 700.000 e nel massimo in L. 1.800.000 nei seguenti casi: ferimento, uccisione o cattura di stambecco, muflone, giovane camoscio dell'anno e madre che lo accompagna, daino, cervo, capriolo, aquila avvoltoio degli agnelli, gufo reale; apposizione di tabelle in violazione dell'art. 45 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni, e mantenimento abusivo delle medesime.
La menzione pecuniaria è determinata nel minimo in L. 5.000 e nel massimo in L. 15.000 nei casi di violazione agli artt. 10 e 73 del T.U. 5 giugno 1939, n. 1016 e successive modificazioni.
Il ritiro del tesserino di cui alla legge regionale 13 agosto 1973, i L. 21, modificata dalla presente legge, si intende effettuato per l'intera annata venatoria".
Non vi sono richieste di parola. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 50 hanno risposto SI 30 Consiglieri hanno risposto NO 6 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Articolo 3 - "In caso di contestata violazione, gli agenti debbono sequestrare i mezzi di caccia e la cacciagione; detto sequestro non si estende al cane; i mezzi di trasporto sono considerati mezzi di caccia quando servono direttamente a compiere atti di caccia.
Gli agenti possono altresì, a fine di sequestro, ordinare la consegna dei mezzi di caccia e cacciagione pertinenti a violazioni, detenuti su persone, o mezzi di trasporto, o in altro luogo.
Nel caso in cui, per fatto del violatore, non viene eseguito il sequestro di cui al primo comma, o non viene ottemperato all'ordine di cui al secondo comma, sono raddoppiate le somme previste a titolo di sanzione Nel caso in cui, da persona diversa dal violatore, non viene ottemperato all'ordine di cui al secondo comma, si applica la sanzione amministrativa di L. 30.000.
In caso di sequestro dei mezzi di caccia, la custodia avviene a cura del Comitato Provinciale della Caccia, che provvede alla restituzione a seguito del pagamento in misura ridotta di cui all'art. 5 della legge 24 dicembre 1975 n. 706, ovvero dopo che il violatore abbia scontato la sanzione, ovvero a seguito di accertamento di non commessa violazione.
In caso di sequestro di selvaggina, il Comitato Provinciale della Caccia provvede alla liberazione degli animali vivi in idonea località provvede alla vendita degli animali morti, e mantiene il prezzo a disposizione di colui al quale è stata contestata la violazione, per il caso in cui sia accertata la non commissione; introita la somma nelle proprie casse, sia nel caso in cui il contestatario effettui il pagamento m misura ridotta, sia nel caso in cui venga sottoposto a provvedimento di sanzione.
Unitamente all'ordinanza con cui è ingiunto 31 pagamento della somma prevista a titolo di sanzione amministrativa, il Presidente della Giunta regionale può disporre l'ulteriore sanzione amministrativa della confisca dei mezzi di caccia relativi alla violazione.
I beni confiscati sono venduti ad asta pubblica a cura del Comitato Provinciale della Caccia che ne introita il prezzo.
I prezzi introitati dal Comitato Provinciale della Caccia, a norma dei precedenti commi quinto e settimo, sono destinati alle spese di vigilanza venatoria".
Non vi sono richieste di parola. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 7 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri.
L' art. 3 e approvato Articolo 4 - "La presente legge dichiarata urgente ed entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte, ai sensi del sesto comma dell'art. 45 dello Statuto".
Non vi sono richieste di parola. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 49 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 7 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri.
L'art. 4 e approvato.
Prima di passare alla votazione dell'intero disegno di legge, qualche Consigliere desidera fare dichiarazioni di voto? La parola al Consigliere Bianchi



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, mi pare ormai un dato acquisito quello del giudizio di validità sulla precedente legge, ripetuto più volte, che risponde ad una valutazione e ad un giudizio generale. Il proposito di modificarla era indubbiamente ambizioso, tendeva ad introdurre dei motivi qualificanti, non era un problema di mera razionalizzazione di qualche particolare. Ecco l'errore, ed è su questo punto che si è accesa la controversia (non adoperiamo dei termini sproporzionati); è per questo che c'é stata un'opposizione ai caratteri particolarmente innovativi del disegno di legge nella pubblica opinione e in questo Consiglio. Capisco benissimo il voto contrario espresso dal Gruppo socialdemocratico. Noi riteniamo di esprimere un apprezzamento per il fatto che si è pervenuti a questo risultato, a seguito del confronto pubblico e civile, anche se ci sono stati alcuni momenti umoristici: questo non toglie però serietà alla trattazione di una materia che riguarda comunque interessi vastissimi e passioni anche apprezzabili. Le modificazioni e il rientro degli aspetti negativamente qualificanti della legge giustificano la nostra astensione: non è un voto favorevole, perché permangono una serie di aspetti poco chiari, oltre al giudizio iniziale sull'opportunità di impegnare il Consiglio in una lunga discussione, in una perdita di tempo, se così si può dire, mentre si è pressati da tante esigenze; è un voto non favorevole perché sussistono ancora quei motivi di dissenso che il Consigliere Menozzi in particolare ha messo in evidenza e che qualificano in senso negativo il voto di astensione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il confronto che si è sviluppato in una serie di sedute ha esposto e palesato il ventaglio delle varie posizioni e dei vari ragionamenti da compiere in ordine a questo atto che ci apprestiamo a votare. Desidero cogliere l'occasione per fare alcune considerazioni, innanzitutto in merito al discorso della validità della precedente legge. Ritengo sia un fatto formale riconoscere come buona la legge fatta nella precedente legislatura ma, nello stesso tempo, debbono essere apprezzati gli sforzi compiuti dalla Giunta per arrivare innanzitutto ad un adeguamento della legge sul piano della razionalizzazione, elemento importante, e in secondo luogo per proiettarla nel vivo del dibattito che si sta svolgendo a livello nazionale e che dovrà sfociare in una nuova legge quadro. Non dubito che la nuova legge quadro sarà un punto di ulteriore riflessione anche per la Regione Piemonte. A me sembra opportuno rilevare che lo sforzo compiuto dalla Giunta nella proposta e nel confronto ha fatto emergere la necessità di una riflessione e di un ripensamento su alcuni punti, per esempio sulla caccia primaverile. Da un lato vi erano delle ragioni, non certo di corporazione non certo di appoggio discriminato di interessi particolari, quanto invece di adeguamento alla regola invalsa in tutte le Regioni; d'altra parte le considerazioni che partivano dalla legge esistente, la quale non prevedeva la caccia primaverile, e le considerazioni emerse da una coscienza diffusa nella comunità piemontese sui pericoli ecologici che un'apertura del genere poteva portare, hanno indotto la Giunta a riconsiderare questo punto abbastanza delicato e - permettetemi di dirlo - un po' troppo strombazzato.
Il confronto, la discussione si sono allargati e hanno avuto degli elementi produttivi non solo all'interno di quest'aula.
Il rischio è che la battaglia si limiti alla difesa di principi tra abolizionisti e no: noi non solo facciamo dei passi concreti in avanti per arrivare ad una definizione sufficientemente sintetica degli interessi della comunità, ma soprattutto svolgiamo la funzione propria di corpo politico, di un corpo istituzionale che deve cercare di trovare, anche nella presenza di interessi contrapposti (che a volte ci sembrano più contrapposti di quanto non siano), una sintesi. Molto giustamente l'Assessore Moretti ha fatto una riflessione del genere nella sua introduzione di ieri. Occorre intervenire in modo che una mediazione su questi interessi, che a volte sono contrapposti e a volte sr fingono contrapposti, sia raggiunta Andiamo allora ad esaminare le varie posizioni con la maggiore ponderazione, con la maggior cautela possibile, tenendo conto delle aspettative della comunità in generale da un lato e dei Gruppi che nella comunità hanno esigenze diverse dall'altro. In questo senso la legge è un ragionevole elemento di sintesi, nel momento in cui siamo in attesa della legge-quadro. Detto questo, devo ancora sottolineare la posizione del nostro Partito a livello nazionale, posizione che non abbiamo ritenuto di forzare né a livello di Giunta, ne a livello di Consiglio perché riteniamo che la maturazione da questo lato sia un fatto importante.
La nostra posizione e per la doppia apertura. Riteniamo che la doppia apertura, a fine agosto, per la selvaggina stanziale, e a ottobre per l'altra selvaggina è una soluzione che vale a differenziare profondamente gli interventi venatori in maniera da assicurare la più ampia tutela possibile alle coltivazioni e al mondo agricolo. E' una posizione che intendiamo ribadire. Diciamo anche che rimandiamo una nostra eventuale riflessione su questa legge alla luce dei risultati che si otterranno in sede parlamentare sulla legge quadro. Il dibattito ha dimostrato la necessità di sfuggire dagli schemi e dagli stilemi tradizionali sulla caccia, portati in genere a sottovalutare il problema e a vederlo come elemento da liquidare con la famosa battuta di Giolitti. Ha certamente una anomalia in sé rispetto alla normale attività normativa e rappresenta un punto quanto mai importante sul quale lo sforzo di maturità e di superamento delle pregiudiziali che tutti abbiamo fatto è stato positivo.
Vengo alle ultime considerazioni. Vi è una parte della legge su cui nessuno si e soffermato: è la parte di regolamentazione, quanto mai importante, che induce ad una riflessione. Nell'esercizio della caccia così come in tutte le norme sull'uso del territorio, occorre da un lato porre delle norme di regolamentazione sufficientemente chiare e comprensibili, anche rigide perché il territorio e i beni di vario tipo che ad esso appartengono non vengano aggrediti, e, dall'altro, un richiamo perché le norme siano buone, le sanzioni possano essere gravi; ma è anche un problema di autodisciplina. Quindi è senz'altro positivo avere posto certe norme, soprattutto agli artt. 2 e 3, e l'aver posto il richiamo alla comunità dei cacciatori perché la salvezza, l'importanza, l'uso e il valore sociale dell'attività venatoria derivino anche dalle capacità di autoregolamentazione e di autodisciplina in modo tale che gli interessi dei cacciatori non siano in contrapposizione o in conflitto con quelli di altri cittadini della comunità, ma siano invece in armonia.



PRESIDENTE

La parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Desidererei prendere l'occasione della discussione di questa legge per fare anche alcune osservazioni di carattere metodologico risultate abbastanza chiare nella votazione di ieri. Quando si tratta di leggi che modificano parzialmente una legge, non sono cioè un rifacimento totale della legge precedente, sarebbe opportuno presentare il testo con il riferimento preciso e costante alla legge e alle sue modifiche, non perch ciascuno di noi non abbia il codice, ma perché durante la votazione, come è avvenuto ieri, non si riesce più a comprendere che cosa si stia votando fra emendamenti soppressivi, aggiuntivi e modificativi. E' un'osservazione che faccio nei confronti della Giunta, ma anche nei confronti del Consiglio e delle Commissioni che dovrebbero in questo caso supplire alle eventuali manchevolezze della Giunta.
Fatta questa osservazione, vengo alla legge sulla caccia. Si tratta di una legge innovativa, e, a questo proposito, ritengo che dobbiamo attendere la legge nazionale. Secondo il nostro parere, la legge dovrebbe proibire il commercio della selvaggina sia morta che viva, specie se piccola, perché la componente della speculazione in questo caso è troppo accentuata; dovrebbe vietare l'uso di esche avvelenate per l'eliminazione degli animali cosiddetti nocivi, perché le esche avvelenate non hanno una direzione unica; dovrebbe vietare in modo definitivo la cattura di tutti gli uccelli di taglia inferiore al tordo, eccezion fatta per quelli considerati dannosi per l'agricoltura, come lo storno, il passero e l'allodola. Ripetiamo che per noi è fondamentale il problema dell'apertura della caccia prima del sorgere del sole e della chiusura dopo il tramonto del sole. Per le ragioni già dette prima e per quelle a cui ora abbiamo accennato, riteniamo di dare voto negativo alle modifiche di legge presentate.



PRESIDENTE

Concluse le dichiarazioni da parte dei Gruppi, do la parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Devo ricordare che m Commissione c'è stato un impegno da parte della Giunta per tentare di affrontare il problema, unificando tutti gli emendamenti che avevano lo stesso riferimento La proposta non e stata accettata perché, ad eccezione di alcuni Gruppi, quasi tutti sono stati contrari ad affrontare questo problema Mi rivolgo al collega Bianchi per dire che non è colpa della Giunta, ma è stata una presa di posizione nell'ambito della Commissione.
Per quanto riguarda il discorso politico, la Giunta ha voluto portare la discussione nell'ambito del Consiglio tanto è vero che non si è sottratta al giudizio di molti colleghi per quanto riguardava l'apertura della caccia primaverile ed ha accettato le proposte In merito all'art. 19 come il collega Rosci ha precisato, si è fatta la proposta di controllare anche l'azione dei Comitati Caccia per quanto riguarda la regolamentazione al loro interno E' chiaro che i Comitati Caccia avranno delle direttive in questo senso, altrimenti si provvederà allo scioglimento delle riserve.
Aggiungo che la Giunta è impegnata a riprendere questo discorso, tant' vero che nella mia relazione facevo riferimento ad una legge organica siamo in attesa dell'approvazione della legge quadro da parte della Camera non appena sarà approvata, la Giunta s'impegnerà a rivedere tutto il problema e lo rivedrà con le Regioni confinanti.
Quindi c'é un impegno della Giunta a ritornare sul problema, tenendo in considerazione quanto i Consiglieri hanno prospettato questa mattina.



PRESIDENTE

Vi sono altre dichiarazioni? Il Consigliere Borando chiede di parlare.
Ne ha facoltà.



BORANDO Carlo

Sottolineo le dichiarazioni fatte dal mio Capogruppo e prendo atto con piacere di quelle fatte dall'Assessore. Però mi preme ribadire ancora una volta che è stato un atto di saggezza modificare la proposta dell'art. 19 che riguarda la limitazione dei capi da abbattere anche nelle riserve di caccia, e sottolineo, fino alla noia, che non è per difenderle: le riserve riescono a stare in piedi proprio perché non c'é una limitazione di questo genere, altrimenti non avrebbero interesse alcuno e cadrebbero; quindi non c'è solo il timore che la norma possa essere respinta dal Commissario di Governo, ma allo stato attuale delle cose, il senso pratico ci spingerebbe a fare questo. In qualche Regione l'hanno fatto, l'esperienza dimostra pure qualche cosa, e l'esperienza oggi dice che purtroppo molte di queste riserve sono cadute e non sono state adeguatamente sostituite. Per raggiungere gli scopi dell'allevamento razionale e dell'irradiamento della selvaggina, qualora l'istituto riservistico privato dovesse essere sciolto a mio giudizio, dovrebbe essere sostituito con istituti riservistici pubblici, tenendo conto però dell'alto costo di tali organizzazioni. Ieri ho fatto l'esempio della riserva tipo di mille ettari che, oltre agli oneri incombenti, paga ai Comitati Provinciali Caccia una somma pari a mille lire per ogni ettaro (i Comitati Provinciali Caccia, oltre a incamerare le somme dei tesserini, possono svolgere la funzione di allevamento, di irradiamento della selvaggina nelle bandite e nelle zone libere); se calcoliamo quindi che in Piemonte ci sono circa 200 mila ettari di terreno destinato alla caccia, si arriva a 200 milioni che vengono dati ai Comitati Provinciali della caccia; se poi aggiungiamo il numero della selvaggina che le riserve danno ai Comitati Provinciali Caccia, non è esagerato pensare che, in natura o in denaro, la libera caccia fruisce di una somma che oscilla tra i 600 e i 700 milioni annui.
Nel momento in cui la Regione, le Province, i Comuni, i Comprensori cioè gli Enti pubblici dovessero assumere iniziative di questo genere sostituendosi alle riserve, si tenga presente che oltre a tutte le spese per personale, e l'impegno dell'organizzazione che non è indifferente, si deve calcolare qualche mezzo miliardo o qualche miliardo da destinare a queste cose. Il mio voto sarà comunque di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Sono personalmente rammaricato di non poter dare voto positivo nel senso che quanto costituiva il centro delle discussioni che sono state sviluppate in quest'aula, particolarmente da me, ma da quasi tutti, sono state accolte dalla Giunta.
Forse la Giunta avrebbe fatto bene ad accettare il primitivo suggerimento, di aspettare cioè la presentazione di questa legge al momento della promulgazione della legge nazionale.
Mi aggancio a questo per dire che c'é una relazione pubblicata da "Notizie" che assolutamente non dà la misura di quanto è stato detto nel dibattito sulla caccia.
Signor Presidente, penso che lei avrà riletto il testo prima di licenziarlo, io l'ho letto ieri sera arrivando a casa. Effettivamente chi legge sul foglio "Notizie" il dibattito sulla caccia non ricava assolutissimamente la più lontana impressione di quali siano stati gli argomenti che sono stati qui sviluppati.
Queste cose le dico prendendo l'occasione della discussione della legge della caccia, ma anche in carattere generale. Sarebbe molto meglio non mettere i nomi in grassetto per aggiungere poi una frase anodina che non dice assolutamente nulla, che qualche volta addirittura tradisce il pensiero di quello che è stato detto nel dibattito, oppure, se si fanno queste pubblicazioni, suggerirei di richiamarsi, per esempio, alla rivista della Regione Toscana dove si tiene lo stesso metro per la maggioranza e per la minoranza e dove il pensiero non è tradito, ma è esplicitato in termini assoluti.
Mi rammarico quindi di associarmi non soltanto per disciplina, ma per coerenza logica, alla presa di posizione del nostro Gruppo nell'astensione di questa legge che avrebbe potuto, aspettando la legge nazionale probabilmente essere varata in termini diversi e con un'approvazione di carattere generale.
Signor Presidente del Consiglio, rivolgo un piccolo pensiero in modo particolare a lei: ormai di modifiche alla legislazione della Regione Piemonte ne sono avvenute parecchie. La consultazione delle leggi riesce difficile anche a noi che siamo stati costruttori di queste leggi, ma diventa difficilissima per chi debba consultare il codice attraverso tutte le modificazioni che a molte leggi sono intervenute. Quindi solleciterei la predisposizione di un rapido riordino in un fascicoletto delle varie leggi che sono state modificate e riformate.



PRESIDENTE

Non vi sono altre dichiarazioni. Ne faccio io uno conclusiva, non certamente sul contenuto della legge, ma per riscontrare una questione che mi pare positiva. L'assemblea in questo caso ha dimostrato tutta la sua potenzialità creativa e una dialettica molto vivace e molto articolata.
Riscontro che quasi nessuna delle posizioni iniziali è rimasta tale alla fine. Raccolgo la considerazione che faceva il Consigliere Marchini nell'apprezzamento delle disponibilità reciproche dei Gruppi, della maggioranza e della minoranza e dei singoli Consiglieri. E' stato possibile a tutti intervenire e dare il proprio contributo, anche in difformità dal Gruppo di appartenenza; è stato possibile elaborare alla fine un testo che mantiene il 'attualità delle posizioni senza arrivare all'unanimismo mantiene quindi tutta la potenzialità dell'assemblea: questa mi pare certamente una considerazione positiva.
Proprio perché il dibattito è stato ampio e articolato ne sono derivate osservazioni avanzate puntualmente dalla signora Castagnone Vaccarino, che suggerisce l'opportunità di mettere sempre i Consiglieri in condizione di valutare le modifiche che vengono apportate ad un testo di legge attraverso gli emendamenti. Ciò e tanto più possibile quanto più le Commissioni svolgono fino in fondo il loro lavoro e riescono a dare i testi con gli eventuali emendamenti in tempo utile perché il materiale sia esaminato dar Consiglieri.
Vi sono altre due osservazioni, fatte dal Consigliere Oberto. La prima che accolgo senz'altro, riguarda l'opportunità di una revisione del codice della Regione Piemonte. Anzi, a questo proposito, informo che l'Ufficio legislativo è impegnato in un'operazione ambiziosa, a cui tengo in modo particolare, per una possibile redazione di testi unici del complesso delle leggi che attengono ad una stessa materia, al fine di arrivare a fornire al cittadino, che è, in fondo, l'utente delle leggi, una dizione semplice e coerente, che raggruppi tutte le disposizioni che fanno capo ad una sola materia: operazione non facile, ma che intanto e già approdata ad un rilevante grado di perfezione; il lavoro in parte e già stato sottoposto ai Gruppi per quanto concerne le leggi dell'artigianato. Sarebbe importante se riuscissimo a compiere questa operazione ponendoci l'obiettivo di arrivare alla fine entro questa legislatura.
La seconda osservazione del Consigliere Oberto, che accolgo come parere, concerne la rivista "Notizie"; ne abbiamo già discusso, ne discuteremo ancora, sappiamo che è l'organo di una determinata istituzione e, in quanto tale, ci possono essere pareri diversi. La sua opinione Consigliere Oberto, è già stata fatta presente da altri, qualche Consigliere ha contrapposto a questa opinione criteri diversi, ad ogni modo l'osservazione è pertinente e precisa e credo che il Comitato di Redazione dovrà tenerne conto per far si che anche nel prossimo numero la questione della caccia sia di nuovo recuperata nei termini che lei indicava.
Non vi sono più dichiarazioni e possiamo quindi passare alla votazione dell'intero disegno di legge per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 52 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 8 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri Il disegno di legge n. 107 è approvato.
Signori Consiglieri prima di passare al punto successivo all'ordine del giorno propongo di sospendere brevemente la seduta per alcuni adempimenti.



(La seduta, sospesa alle ore 11,10 riprende alle ore 11,20)


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame proposta di legge n. 54 "Tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte"


PRESIDENTE

Il punto quinto all'ordine del giorno reca: "Esame proposta di legge n.
54: 'Tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte' ". E' relatore il Consigliere Rosci.



ROSCI Marco, relatore

Come è evidenziato dalla relazione dei Consiglieri presentatori, la proposta di legge rappresenta un primo specifico adempimento degli articoli 5 e 7 dello Statuto regionale, sulla difesa e valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità locali sul territorio della Regione.
Con tale adempimento la nostra Regione si allinea ad iniziative analoghe della Regione Veneto e della Valle d'Aosta (quest'ultima, di particolare interesse ai nostri fini, affidata alle cure del Centre d'ètudes Francoprovençales di St. Nicolas e dell'Istituto di Dialettologia della Facoltà di Lettere di Torino), e risponde anche a principi enunciati negli Statuti di gran parte delle Comunità montane del Piemonte, analiticamente elencati dai presentatori.
La proposta di legge si riferisce sia alle espressioni linguistiche e culturali delle comunità piemontesi in senso storico-geografico, con le relative connessioni con le aree lombarde e ligure, sia a quelle specifiche e minoritarie ("subalterne" rispetto all' "egemonia" e della lingua italiana e dei linguaggi piemontesi): a) delle valli alpine della provincia di Cuneo, delle valli valdesi dell'alta Valle di Susa (occitano e provenzale) b) della media e bassa Valle di Susa, della Val Cenischia, della Val Sangone, delle Valli di Lanzo, della Valle dell'Orco, della Val Soana (franco-provenzale) e) dei Comuni di Alagna Sesia, Rima San Giuseppe, Rimella in alta Valle Sesia e dei Comuni di Macugnaga e Formazza nell'alta Ossola ("walser" di radice arcaica tedesca).
Il valore socio-culturale dell'iniziativa si fonda sulla positività della rivalutazione delle tradizioni storico-locali "subalterne" (ben al di là e al di fuori di ogni mistificazione folcloristica), e della loro riappropriazione da parte delle comunità nel loro complesso, innanzitutto attraverso la produttività autonoma e autocosciente del linguaggio parlato come difesa attiva contro il livellamento egemonico della cultura consumistica di massa; il che permetterebbe anche il corretto porsi del singolo parlante e della comunità nei confronti della lingua nazionale libera da deformazioni e ibridazioni sottoculturali, come mezzo di comunicazione e comprensione collettiva e di promozione sociale attraverso le specificità dei linguaggi tecnici.
Nel caso poi delle tradizioni locali della Regione Piemonte, di fondamenti storici riccamente transnazionali (basterebbe pensare alla riconoscibilità storica di una "cultura alpina" coinvolgente entrambi i versanti), l'iniziativa, tanto più per i suoi auspicabili sviluppi quali previsti nell'art. 7, assume anche un preciso valore politico, europeistico e federativo, per cui giustamente la relazione dei presentatori si richiama a fondamentali precedenti, dalla "Dichiarazione di Chivasso" del 19 dicembre 1943, di rappresentanti della Resistenza piemontese e valdostana fino al convegno di Vernante (Cuneo) del 2 e 3 novembre 1975 ad iniziativa dell'Associazione internazionale per la difesa delle lingue e delle culture minacciate.
Inoltre, la proposta di legge potrà ottimamente inserirsi, nello specifico campo dell'etnolinguistica, nello spirito e nella struttura dell'auspicata legge quadro sui beni e sulle attività culturali.
L'art. 1 della legge fa riferimento all'adempimento degli articoli 5 e 7 dello Statuto regionale.
Gli artt. dal 2 al 7 si riferiscono alla cultura e alle espressioni linguistiche delle comunità piemontesi.
L'art. 2 prevede l'organizzazione di corsi regionali per la preparazione e il perfezionamento di operatori culturali, ovviamente già conoscitori sia della tradizione letteraria, sia delle manifestazioni linguistiche e culturali delle comunità, nell'ambito scientifico dell'educazione linguistica e della dialettologia, nonch dell'etnosociologia.
L'art. 3 indica la qualificazione dei docenti di tali corsi, attraverso il vaglio di un'apposita commissione, la cui serietà scientifica è garantita dall'apporto sia dell'Università, sia di Enti culturali regionali o locali particolarmente qualificati nella materia; l'art. 4 si riferisce invece agli operatori culturali frequentatori di corsi, per i quali la richiesta di un titolo di studio di scuola media superiore è inerente al loro successivo riferimento operativo al mondo della scuola, oltre che all'ambito delle comunità locali, L'art. 5 precisa l'organizzazione dei corsi, per i quali sarà opportuno tener presente il programma generale di educazione linguistica in corso di preparazione da parte della Regione Valle d'Aosta, mentre l'art. 6 prevede lo sbocco operativo, attraverso il rapporto con le autorità scolastiche e gli organismi democratici della scuola.
Ciò permetterà di coordinare e razionalizzare le numerose iniziative nella materia della proposta di legge, già in corso di attuazione sul territorio regionale.
L'art. 7 prevede infide l'estensione delle provvidenze di cui al decreto legge, anche al di là dello specifico ambito sociolinguistico, ad altre iniziative di riconosciuta validità culturale.
Gli artt. 8 e 9 estendono le modalità precedenti alle espressioni linguistiche e culturali della comunità occitana, franco-provenzale e "walser", con riferimento alla loro autonoma identità etno-linguistica, e attraverso l'istituzione di un'apposita commissione (suddivisa operativamente in tre sottocommissioni), parallela a quella di cui all'art.
3.
L'art. 10 contiene le disposizioni finanziarie.
La V Commissione consiliare ha proceduto, sul testo presentato da un gruppo di Consiglieri regionali, alla consultazione di associazioni culturali, fra cui quelle espressioni delle comunità etnico-linguistiche occitana, franco-provenzale e walser, e di esperti, e ha dibattuto in modo approfondito il testo, nel proprio ambito e con i presentatori della proposta di legge. Da tale dibattito e risultato presente testo definitivo che la Commissione sottopone, all'unanimità, all'approvazione del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, voglio innanzitutto ringraziare il relatore collega Rosci, per la bella relazione che ha svolto Noi stiamo vedendo in questi giorni che la Regione Piemonte si sta ingolfando, fuori di questo Consiglio, sui beni culturali e questa legge rientra veramente in questo campo.
Mi fa piacere che il relatore sia Rosci, perché gli riconosco una competenza effettiva e profonda. I piemontesi sono chiamati i "bugianen" e mi pare che questo giudizio sia appropriato anche a proposito di questa legge: dopo più di due anni dalla data di presentazione della proposta di legge, eravamo ancora nella vecchia legislatura, quattro settimane fa abbiamo interrotto la discussione .
Ricordo in merito gli interventi del collega Oberto, di Calsolaro e di qualcun altro, certo che e un fatto negativo, spezzare la discussione sulle leggi Mi fa piacere che sia stata ricordata la dichiarazione di Chivasso del dicembre del 1943 (e chi di noi ha una certa età ricorda cosa significava il dicembre del 1943, braccati come eravamo) in cui proprio questa stirpe di "bugianen" pensava alla difesa di questo nostro interesse e dei dialetti piemontesi: mentre le truppe straniere di occupazione trucidavano, martoriavano, fucilavano, deportavano, alcuni di noi pensavano alla difesa di questa nostra lingua.
Nel 1200 si conoscevano si e no 40 righe di italiano fiorentino e noi avevamo già 2000 righe nei sermoni subalpini, questo dimostra la forza del nostro dialetto Non voglio riprendere la storia, che Rosci ha già fatto della suddivisione nei vari sottodialetti delle piccole comunità con origini diverse dalle nostre.
Recrimino il ritardo del varo di questa legge Altre Regioni -l'ha citato anche Rosci - hanno fatto qualche cosa, forse più di noi Sono stati accennati i dialetti dei due versanti delle Alpi; un tempo le comunicazioni non erano fra la montagna e la pianura, ma erano fra un versante e l'altro.
Sono stati gli stati maggiori dell'esercito che per la difesa dei famosi confini hanno spartito e hanno diviso le popolazioni in due tronconi, hanno cancellato città commerciali fiorenti e ad un certo momento, quando si e verificato un grosso impedimento proprio dalla parte militare, si sono troncate le relazioni fra le popolazioni.
Nel 1800 usciva giornalmente una pubblicazione nella zona fra Oulx e Briançon, mentre fra Ulzio e Susa ne usciva una ogni tre giorni; questo dimostra la tendenza di andare nell'altro versante, anche se era francese Ora dobbiamo cercare di difendere ciò che rimane, anche perché, piano piano, le montagne si stanno spopolando per vari motivi, uno dei quali è stato sicuramente la guerra Il reclutamento delle truppe alpine era fatto per zone, perché quando un reparto entrava in guerra e finiva essere sottoposto ad azioni pericolose, un intero paese, due paesi, perdevano il 70%, l'80% dei giovani Fintanto che ha prevalso l'economia agricola, la pianura non ha avuto una grossa influenza sulla montagna perché gli scambi avvenivano fra i due versanti e la gente non scendeva al piano; quando invece l'industria incominciò a prevalere abbiamo avuto lo spopolamento della montagna. La gente trova più comodo e più facile lavorare nella fabbrica dove si hanno molte previdenze, compresa la pensione; ha lasciato le montagne dove la vita è dura e molte volte si stenta a vivere. Ora dobbiamo cercare di frenare lo spopolamento. Non è soltanto salvando i dialetti locali che si salva la montagna, occorrono previdenze d'altro tipo, vi e il vero pericolo però che se trascuriamo la montagna non solo perderemo tutta la parte a carattere conservativo di una antica civiltà alpina, ma perderemo completamente la razza alpina.
Ritengo insufficiente la somma stanziata, è stata indicata una piccola cifra di incoraggiamento, per l'anno venturo dovremo pensare a prevedere altri stanziamenti. I 50 milioni previsti si svalutano giorno per giorno e non permetteranno di intervenire con grosse azioni. Nella scuola di Mondovì ci sono maestri incaricati per questo, Mondoviì direi che è un po' la testa di ponte della nostra iniziativa presso le popolazioni.
Dobbiamo far si che veramente la civiltà piemontese sopravviva, anche con le varianti locali che esistono; è gente piemontese che dobbiamo aiutare non soltanto con una legge di 10 articoli, in cui si enunciano delle gran belle cose, ma con la parte pratica e con la parte finanziaria.
Naturalmente darò voto favorevole alla legge e ritengo che tutti i colleghi si comporteranno nello stesso modo, perché la gente di montagna si senta compresa e incoraggiata come gli altri piemontesi.



PRESIDENTE

La parola alla professoressa Soldano.



SOLDANO Albertina

L'ampio dibattito già svolto in Consiglio regionale all'atto della presentazione della proposta di legge n. 54 ha posto in evidenza le motivazioni socio-culturali per cui la proposta stessa non soltanto meritava un accurato esame in sede di Commissione, ma anche presentava indubbi aspetti di opportunità e di validità.
In questo momento, compiuto un esame approfondito in Commissione, anche sulla base dell'apporto delle consultazioni avvenute per iniziativa della Commissione stessa, è comunque più chiaro e completo il quadro storico e culturale in cui la proposta si colloca.
D'altra parte, la relazione illustrativa testé presentata al Consiglio dal collega Rosci, approvata regolarmente dalla Commissione al termine dei lavori, è esplicativa e convincente.
A nome del Gruppo della D.C., nonché a titolo personale, ritengo tuttavia opportuno svolgere alcune considerazioni. Sia nella relazione illustrativa con la quale i presentatori hanno corredato la proposta di legge, sia in quella compilata dal collega prof. Rosci a nome della V Commissione consiliare, sono stati opportunamente richiamati i principi affermati in modo specifico negli artt. 2 e 6 della Costituzione e 5 e 7 dello Statuto della Regione Piemonte.
Sulla scorta di tali principi, l'obiettivo specifico della proposta di legge, in sintesi, è la difesa, nonché la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle comunità locali comprese nell'ambito regionale. Il problema presenta almeno due aspetti: da un lato, sono considerate le espressioni linguistico-culturali riconducibili ad una base comune (cioè "piemontese", fatta eccezione per i linguaggi che si ricollegano ai ceppi ligure e lombardo); dall'altro, si pone la questione esistente anche in altre Regioni, della salvaguardia delle minoranze linguistico-culturali (lingua d'oc, franco-provenzale, walser) Il secondo aspetto, cioè quello relativo alle minoranze, in base alla Costituzione e particolarmente all'art. 6, potrebbe essere considerato di esclusiva competenza statale. Orbene, da parte nostra non si vuole interferire nell'ambito della sfera attribuita allo Stato. Per noi è essenziale il rispetto delle competenze, siano esse statali o regionali. Il problema vero, tuttavia, resta; ed è quello di salvaguardare il patrimonio linguistico e culturale, caratteristico di alcune comunità, nella riscoperta di valori e di un'identità che oggi è un'esigenza profondamente sentita a livello popolare, non soltanto per motivi culturali dei quali gradualmente si va prendendo coscienza, ma anche come reazione naturale ai processi di massificazione e strumentalizzazione in atto nell'odierna società.
Né questo intento dr tutela del nostro patrimonio naturale vuole significare esclusione preconcetta dr problemi analoghi che possano interessare altri gruppi, formati da cittadini provenienti da altre Regioni, oggi divenuti, di fatto, piemontesi. Tanto meno, poi, si vorrebbe sottovalutare l'importanza dell'apprendimento delle lingue straniere, oggi indispensabile per affrontare le esigenze imposte dallo sviluppo della vita associata. E' comunque doveroso giungere ad approvare una legge che traduca in atto quanto è affermato nel nostro Statuto, come anche negli Statuti e nelle leggi di altre Regioni, ma, in particolare, risulta negli Statuti delle Comunità montane approvati dal nostro Consiglio regionale durante la prima legislatura.
In questa sede si è già ampiamente dissertato sulle lingue parlate in Piemonte: dal piemontese alla lingua d'oc, al franco-provenzale, al walser sino ai linguaggi affini al lombardo (Novarese-Val d'Ossola) o al ligure (Valle Tanaro e Alessandrino). E tale dissertazione non ha trascurato autorevoli citazioni di documenti e testimonianze che, dalle origini dei nostri linguaggi, giungono sino ai giorni nostri. Se si tratti di lingue o dialetti, è problema aperto, che appassiona gli studiosi. A tale proposito non siamo rimasti insensibili alle dotte argomentazioni illustrate, in sede di consultazione, dai professori Gasca e Grassi, nonché da altri docenti universitari. Sarebbe comunque interessante, a nostro avviso, dimostrare se si tratti di lingue decadute a livello di dialetto, cioè divenute, per cause diverse, subalterne, oppure di dialetti che, per altre cause, tendono ad essere elevati a dignità di lingua.
I molteplici aspetti (linguistici, letterali, storici, culturali) del problema sono già stati ampiamente dibattuti in quest'aula; né sembrerebbe opportuno, in questo momento, ripresentarli all'attenzione del Consiglio.
Riteniamo tuttavia di dover ribadire che, poiché in ogni sistema formativo moderno è prassi partire dall'ambiente, fa lingua naturale, per i suoi pregi di spontaneità, immediatezza espressiva, vivacità dello stile (che talvolta può diventare pittoresco, irripetibile, quasi intraducibile) offre ai fanciulli la possibilità di passane all'apprendimento di altre lingue, anche straniere, sia perché il bilinguismo nei fanciulli è un fatto spontaneo, sia perché la ricchezza di suoni e vocaboli tipici della lingua naturale diviene strumento valido per l'apprendimento stesso.
E' pertanto opportuno che la riscoperta, anzi la valorizzazione del patrimonio linguistico-culturale del Piemonte, nell'ambito della proposta di legge in esame, possa essere affidata, in particolare, agli insegnanti molti dei quali, in verità, negli ultimi anni, hanno validamente collaborato agli studi e alle ricerche sull'argomento. Analogamente sono da ricordare le composizioni in prosa e poesia di gruppi di scolari e studenti di alcune zone del Piemonte, fra i quali i residenti sulla Alta Langa Montana, nella Valle Belbo, nell'Alta Val Grana e, non ultimi (mi sia consentito annoverarli), gli scolaretti di Prea, frazione di Roccaforte Mondovì, che oggi correntemente parlano e scrivono, oltre che in italiano anche nel loro linguaggio tipico, quello detto "del qui é", caratteristico delle Alte Valli Ellero, Corsaglia, Maudagna, e riconducibile al ceppo originale della lingua d'oc.
Aderiamo alla richiesta di valorizzazione nostro patrimonio naturale richiesta che è ormai generalizzata a livello di base popolare, come espressione di partecipazione e di democrazia autentica, nonché come ricerca della propria identità tesa a un'affermazione di libertà e di dignità personale e di gruppo. Di tale richiesta, oltre le numerose associazioni operanti in materia, che hanno efficacemente partecipato alle consultazioni, si è fatto anche interprete, nel novembre 1976, il Comitato Federale per le comunità etnico-linguistiche e per la cultura regionale in Italia; ma sono altresì da evidenziate le prese di posizione assunte, nelle sedi competenti, da Comuni e Comunità montane, in una reiterata quanto giusta riaffermazione delle autonomie locali, parallelamente, non m contrasto, con la Regione o con lo Stato.
Non si tratta di dare una risposta soltanto a pochi cultori, che pure fortunatamente esistono e lavorano, ormai da decenni, ricercando, con metodi certosini, le tracce della nostra cultura e tradizione. Ne, tanto meno, si tratta di "conservazione" di musei chiusi, in un'arida, fredda contemplazione del passato; oggi occorre piuttosto ad divenire ad una scelta di "promozione", cioè di rivalutazione e rilancio un ricco patrimonio umano e culturale, a vantaggio di tutti e, in particolare, delle giovani generazioni. Non si tratta, cioè, di operare una scelta di tipo provinciale e riduttiva; si tratta invece di attuare la riscoperta e l'arricchimento di un patrimonio comune Per tutti questi motivi, il Gruppo consiliare della D.C. esprime voto favorevole all'accoglimento della proposta di legge n 54, quale oggi risulta nel nuovo testo che viene presentato dalla V Commissione consiliare, secondo una migliore definizione giuridica e strutturale. Essa può apparire come una legge non molto importante; in verità, rivolgendosi soprattutto ai parlanti, non ne avrebbe la pretesa Anche lo stanziamento di fondi al riguardo è limitato. Tuttavia la proposta di legge costituisce la premessa per un ulteriore lavoro di studio, di ricerca, di promozione, nell'ambito delle varie articolazioni in cui si diversifica la nostra realtà regionale. In questo senso, nei limiti della competenza regionale e secondo una visione proiettata verso il futuro, rinnoviamo la nostra adesione.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Calsolaro, Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Avendo già illustrato il significato della proposta di legge n. 54 in occasione della discussione introduttiva avvenuta in Consiglio nel dicembre scorso, mi limiterò ad alcune osservazioni sul testo approvato all'unanimità dalla V Commissione.
Desidero, come presentatore, far rilevare l'impegno con il quale la Commissione ha affrontato il tema, tanto dal punto di vista legislativo che da quello politico e culturale, e ringraziare in modo particolare il relatore collega Rosci per avere colto nella sua approfondita relazione il valore autentico della proposta; la collega Soldano per il contributo di partecipazione intelligente ed attivo che ha dato al lavoro di rielaborazione e di puntualizzazione del testo; e ancora, oltre agli universitari indicati sia dal collega Rosei che dalla collega Soldano l'amico prof. Gustavo Buratti, Segretario dell'Associazione Internazionale per la difesa delle lingue e delle culture minacciate, Amministratore comunale di Biella e della sua Comunità montana, e l'amico dott. Vincenzo Pich, dei Brandé, per il prezioso contributo di consulenza e di promozione culturale, appassionato e gratuito, offerto sia nella predisposizione della proposta di legge che durante l'esame del provvedimento legislativo.
La prima parte della proposta di legge - e cioè il Titolo II, relativo al "piemontese" - è stato considerevolmente migliorato con l'individuazione, ai fini della tutela e della valorizzazione, di una lingua letteraria piemontese, secondo la dizione introdotta dal collega relatore Rosei e che riconfermiamo disattentendo l'emendamento soppressivo che viene proposto dal collega Marchini, e di varianti locali o dialettali.
In questo modo sono state accolte, in un quadro d'insieme al tempo stesso il più completo, vario ed unitario possibile, le istanze pervenute dagli operatori culturali della materia, anche di diversa espressione locale.
Alcune osservazioni vanno fatte sulla questione degli esperti. La legge si indirizza alla scuola ed ai parlanti. Non si tratta però, come è già stato rilevato, di una legge "universitaria", anche se un qualche collegamento viene realizzato attraverso la presenza di un rappresentante dell'Università nelle diverse Commissioni. In sostanza la legge non ha per oggetto la ricerca universitaria I problemi inerenti ai rapporti con l'Università sono e saranno affrontati dalla Regione con altri provvedimenti.
La legge non ha neppure un carattere che vorrei definire "turistico" (per non usare il termine di folclore che invece ha, nella sua accezione più pregnante, un valore scientifico) Non è cioè una legge destinata a soddisfare la curiosità o l'impiego del tempo libero attraverso l'erogazione di contributi per iniziative di discutibile valore educativo.
Si pone invece proprio nel quadro delineato dal relatore, e su questo indirizzo ha trovato l'unanime consenso dei colleghi della Commissione.
Per questo è indispensabile un'attenta valutazione degli Enti culturali che dovranno procedere alle designazioni. Ho citato - e se ne è discusso in Commissione - l'Associazione per la difesa delle lingue e delle culture minacciate, i Brandé, l'Istituto di Studi piemontesi, gli Amici di Piazza di Mondovì, Enti che da anni svolgono una proficua ed intensa opera di promozione culturale della materia, e che daranno sicuramente un valido apporto in fase di attuazione della legge. Si dovrà tenere conto di quanti già hanno organizzato corsi di lingua, di dialetti, di letteratura soprattutto nella scuola, delle pubblicazioni da essi curate e di ogni altro utile elemento di giudizio.
Respingiamo sin d'ora una scelta di lottizzazione partitica. Ciò è già stato fatto, per esempio, in occasione della nomina degli esperti nel Comitato tecnico della Mandria, ed ha trovato il consenso di tutte le forze politiche del Consiglio_ Mi piace citare quel caso perché - e ne do atto all'Assessore Rivalta che ne fu promotore - la Regione e uscita allora dalla vecchia logica del potere che invadeva gli stessi settori della scienza e della tecnica.
Sono convinto che ciò avverrà anche in questo caso e mi auguro che altrettanto avvenga (mi si consenta la disgressione) al momento della creazione di tutte le strutture regionali, se si vuole introdurre veramente e seriamente un nuovo modo di governare. In questo senso il richiamo preciso all'art. 3 con la richiesta dei pareri della Commissione nomine, di cui all'art. 24 dello Statuto e della V Commissione permanente in ordine all'individuazione degli esperti delle associazioni che verranno chiamate a gestire la legge, assicura il Consiglio e rende inutile l'emendamento presentato dal collega Mar chini secondo il quale il Consiglio regionale dovrebbe mettersi a ricercare, a discutere, a valutare le associazioni perdendo inutilmente del tempo Tanto più che stiamo proprio esaminando l'opportunità di liberare il Consiglio di parte del lavoro meramente amministrativo e di passarlo alle Commissioni. Da questo punto di vista la legge offre le più ampie garanzie a tutti i Gruppi presenti in Consiglio.
Il testo legislativo è stato opportunamente corretto al Titolo III, là dove veniva disciplinata - nella proposta di legge - la materia relativa alla tutela delle lingue e delle culture delle minoranze etnico linguistiche.
Nel corso del mio intervento del dicembre scorso avevo fatto riferimento alla Regione Veneto ed in particolare all'approvazione unanime da parte di quel Consiglio regionale, di una proposta di legge analoga alla nostra che conteneva nel testo "le espressioni linguistiche delle minoranze".
Una più diligente ricerca documentale ha però consentito di verificare che tale dizione era stata respinta dal Governo, e che la legge era stata poi modificata sul punto controverso con "espressioni linguistiche delle singole comunità".
Abbiamo pertanto ritenuto opportuno, al fine di evitare un'improduttiva controversia politica, giuridico-costituzionale e, per alcuni aspetti meramente nominalistica con il Governo, di accogliere - con l'unanime consenso dei colleghi membri della V Commissione - una dizione che, senza mutare la sostanza del provvedimento, consenta tuttavia il sollecito visto governativo.
La proposta di legge che viene presentata al voto del Consiglio recita cosi testualmente: "comunità locali occitana o provenzale, franco provenzale e walzer". Il problema della competenza legislativa in materia di tutela delle minoranze linguistiche - prevista dall'art 6 della Costituzione - e materia assai delicata e coinvolge questioni di diritto internazionale (sulle quali abbiamo già espresso le nostre considerazioni) e di diritto costituzionale (mi riferisco alla nostra proposta di legge).
Sembra difficile, cioè, allo stato attuale della nostra legislazione ipotizzare una competenza legislativa delle Regioni a Statuto ordinario in materia, per quanto attiene cioè al riconoscimento dello "status" di minoranza alle comunità locali etnico linguistiche.
Un riconoscimento siffatto è infatti destinato a produrre effetti in ordine e materie di indubbia competenza dello Stato, così come lo ricaviamo chiaramente dalla proposta di legge dei deputati radicali che ha per oggetto appunto, la "Tutela dei diritti dei cittadini della Repubblica di lingua diversa da quella italiana e delle minoranze linguistiche" Al riconoscimento dello "status" di minoranza conseguono, per esempio il diritto di usare la propria lingua presso gli uffici pubblici nella cui circoscrizione hanno sede i luoghi dove essa è usata abitualmente; di ottenere ogni prestazione dagli Enti sanitari pubblici nei luoghi più vicini alla residenza usando la lingua originaria; di non essere obbligato a prestazioni personali che comportino l'uso di una lingua diversa da quella della comunità di origine; di non essere impegnato in reparti o servizi militati nei quali non ci si possa valere della propria lingua l'uso della lingua della minoranza per i bandi, le ordinanze, gli avvisi al pubblico, e ancora nelle indicazioni toponomastiche, negli atti delle pubbliche amministrazioni, nelle assemblee degli Enti locali.
Rientra invece certamente nella competenza della Regione la materia identificata nella proposta di legge che non contiene riconoscimento di "status", ma l'individuazione di un'opportuna, e diremmo necessaria, azione di promozione ai fini della tutela e della valorizzazione di un patrimonio culturale che lo Statuto regionale prevede esplicitamente tra i suoi principi fondamentali, senza invadere la competenza propria del Parlamento nazionale In questo senso la proposta di legge attua, correttamente, le norme statutarie e si colloca con rigore nell'ambito delle norme costituzionali e legislative che fissano le rispettive competenze, statali e regionali.
Mi sembra questa l'occasione pali opportuna, essendone stato fatto cenno durante la seduta della Consulta europea del 28 marzo scorsoi per esprimere il nostro consenso alla posizione assunta dal Segretario generale del Movimento Federalista Europeo, prof. Mario Albertini, in merito alla richiesta avanzata da un Convegno delle minoranze etnico-linguistiche italiane, tenutosi pochi giorni prima ad Aosta, al fine di ottenere un riparto dei delegati italiani al Parlamento europeo che riservi ad esse minoranze un congruo numero di seggi fra quelli spettanti al nostro Paese.
Anche noi, come Albertini, siamo del parere che alla competizione europea debbano partecipare le grandi forze politiche nazionali, non essendo peraltro impedita, proprio per la natura democratica della consultazione, la presentazione di liste di gruppi minori, politici etnici, o di qualsivoglia altra natura. Siamo tuttavia convinti che gli interessi delle minoranze etnico-linguistiche possano trovare soddisfazione e sostegno all'interno delle forze politiche democratiche attualmente operanti nel Paese, collegate sul piano comunitario con i corrispondenti movimenti politici europei. Dipenderà ovviamente dai singoli partiti di accogliere nei propri programmi quelle istanze di autonomia che provengono anche dalle minoranze etnico-linguistiche, che troveranno in questo modo tutte le opportunità di orientamento e di scelta.
Ci sembrano altrettanto inconsistenti, inoltre, quelle manifestazioni di infantilismo nazionalistico che si esprimono, per esempio, nella contestazione della celebrazione della decima festa del Piemonte a Saluzzo considerata - secondo un volantino largamente diffuso - una sorta di "atto di deliberato colonialismo culturale".
Sono debitore, verso il movimento d'oc, e meglio verso una sua frazione nazionalisteggiante, di una rettifica. Nel corso dell'intervento di dicembre ho attribuito erroneamente a Sartre la paternità di un articolo pubblicato su "Temps modernes" dal titolo "Les organisations occitanes". Ne faccio ammenda. Effettivamente l'articolo in questione, pubblicato sulla rivista diretta da Sartre, è di Gaston Bazalgues.
La cosa in verità, non sposta i termini della questione, considerando che del soggetto destinatario dell'articolo, François Fontan, è citata questa perla politico-programmatica, tolta da "Orientation politique du nationalisme occitan", pagine 34-35, giugno 1970, e che testualmente recita: "Il partito nazionalista occitano - mi riferisco a quello 'francese' - ritiene dunque che ogni immigrazione dovrà per lunghi anni essere impedita nel nostro Paese; per gli allogeni già immigrati, qualunque essi siano (sia i Francesi, gli Ebrei, i Bretoni, ecc, che gli Italiani, i Catalani, gli Spagnoli, gli Arabi, ecc.) la scelta si dovrà fare fra tre soluzioni: 1) ritorno al loro paese d'origine 2) restare come stranieri, con lo statuto di stranieri 3) diventare cittadini occitani a condizione di adottare la lingua e il sentimento nazionale occitano.
Sui piano linguistico il nostro fine è preciso: bisognerà arrivare a che il francese non sia più usato di qualsiasi altra lingua straniera e non venga più studiato in quanto tale. Gli ambiti che si riveleranno irriducibilmente francofoni o francofili dovranno essere privati del potere, in tutte le sue forme, e repressi per quanto sarà necessario".
E' sulla base di queste affermazioni che Bazalgues si riferiva al ciarlatanismo di Fontan che non può avere altro sbocco che in un razzismo altrimenti detto fascismo.
Si tratta di impostazioni che nulla hanno a che fare con questa legge né con la democrazia, né con il socialismo.
Lascio il Consiglio regionale arbitro di giudicare. Per quanto mi riguarda non accetto da costoro lezioni né di antifascismo né di democrazia.
Questa è la rettifica che intendo fare, e che consegno al Presidente ed ai colleghi del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini, ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Anticipo un atteggiamento di estrema riserva sulla proposta di legge in esame e svilupperò questa riserva in sede di voto che preannuncio sarà di astensione.
I colleghi che andranno ad esaminare l'articolato non possono fare a meno di fare alcune considerazioni di carattere generale. Siamo veramente certi, da un punto di vista politico-sociale, che questa legge sia opportuna? Abbiamo riflettuto sufficientemente sul tipo di realtà piemontese esistente in questo momento? Sappiamo che cosa significa andare ad insegnare il piemontese in certe scuole dr Torino? E' veramente un fatto aggregante, è veramente un fatto sociale che supera le diversificazioni sociali, le stratificazioni di origine? E non mi riferisco soltanto agli immigrati Ognuno di noi, mi riferisco soprattutto a quelli nati in Piemonte, nella propria generazione, nei propri anni di vita, rispetto al momento di nascita e di crescita culturale ha avuto un momento di sradicazione; quindi pensare che la lingua, come espressione parlata o scritta di una realtà che si vive, possa essere un momento di ritorno, mi pare un discorso estremamente delicato. Anzi, le esperienze che ci sono state a questo proposito, abbastanza velleitarie e intellettualistiche, di recupero dei dialetti oppure delle lingue provenzali delle comunità citate prima, hanno dimostrato che tutto si è ridotto ad un'esercitazione, ad una ginnastica verbale, perché il più delle volte il linguaggio che si andava ad insegnare era un linguaggio che non aveva più un soggetto a cui riferirsi, cioè la realtà. Dicevo poco fa all'amico Rossotto che mi piacerebbe sapere come si traducono in piemontese gli oggetti della nostra vita corrente, il televisore, la radio Insegnare una lingua significa insegnare ad esprimere una realtà attuale , non una realtà che non esiste più. Il volere insegnare il piemontese e i dialetti la dove non esistono in quanto una realtà si è modificata, è un fatto di restaurazione. Il problema dal punto di vista scientifico è stato insufficientemente approfondito, come dimostra il fatto che si è messa, per esempio, la Val Cenischia molto vicina alla media Valle di Susa, dimenticando che la Val Cenischia ha sempre fatto parte della tradizione culturale della Moriana invece la media Valle di Susa ha sempre fatto parte della tradizione culturale e linguistica del Piemonte vero e proprio. Il collega Calsolaro ha fatto riferimento al Festival del Piemonte. Ho molte riserve sulla preparazione di questi personaggi (lo dico anche se perderemo qualche voto). Da parte di tutti si è parlato e si è recuperato quel concetto della cosiddetta civiltà alpina, che in definitiva era la somma non omogeneizzata di rapporti a sella da una parte all'altra dei versanti delle montagne. Ora ricordo che quando questi signori sono venuti in Val di Susa con spocchia ad organizzare il Festival del Piemonte, hanno "rifiutato" nel Comitato organizzatore della Festa del Piemonte in Valle di Susa i rappresentanti del Delfinato e della Moriana che erano esattamente l'attuazione in termini valsusini del problema piemontese. Ora mi pare che l'approfondimento scientifico significa questo: non ignorare per esempio che non esiste il piemontese, ma esiste tutta una varietà di linguaggi piemontesi.
Ho presentato un emendamento, un po' risibile nella sua espressione scheletrica, ma che deve far si che si debba rifiutare ogni presenza egemonica di uno dei dialetti piemontesi rispetto ad un altro dialetto, e questo va specificato, va previsto. E' arrivato sui banchi del Consiglio un esposto da parte di un gruppo che non ho piacere di conoscere, anche dal punto di vista geografico, che però in definitiva è una prova di quanto stiamo dicendo. E' una realtà così complessa, così diversificata, così delicata che da una parte propone tutta una serie di problemi di carattere sociale, la creazione di nuovi sbarramenti socio-culturali all'interno delle grandi città, in particolare della conurbazione torinese, dall'altra parte, probabilmente, uccide il piemontese. Se andate a spiegare ad un ragazzino di paese che la stufa non si chiama "pueilon" ma si chiama in un altro modo perché, guarda caso, il professore ha scelto la dizione del paese vicino, questo ragazzo viene sradicato dal suo terreno culturale esattamente come se gli si dicesse che la stufa si chiama stufa, non c'è nessuna differenza.
Mi pare che il vizio fondamentale di questa proposta di legge sia di carattere politico e sistematico. Non capisco perché con un dibattito in corso sui beni culturali non si sia ritenuto di inserire questa legge questo discorso nel discorso più ampio del recupero dei beni culturali in Piemonte. Allora mi pare di dover cogliere la verità per quella che è, e cioè quando una proposta di legge parte dai Gruppi della maggioranza, anche quando da un punto di vista culturale, politico e sistemativo e per lo meno non attuale, ecco che improvvisamente questa legge passa, anche se poi tutta la maggioranza si ritiene impegnata a livello di tribuna a dibattere dei problemi culturali piemontesi addirittura a livello europeo, non solo italiano, come sta facendo in questi giorni, ne deriva che con tutti i bei discorsi che si fanno in questo consesso sulla partecipazione di tutti i Gruppi politici alla gestione, almeno legislativa della Regione, se le spinte settoriali sono rappresentate dagli uomini della maggioranza, ed in particolare da certi Gruppi, certi progetti vanno avanti. Questo e veramente un discorso settoriale. Sia ben chiaro che non voglio essere frainteso, ritengo sia un argomento che vada affrontato e dibattuto con serenità. Certamente questo tipo di bene che si vuole tutelare, il linguaggio delle nostre genti, va difeso, tutelato, valorizzato, ma non in questo modo, perché così si fa soltanto della miopia culturale. Da un punto di vista politico, questa legge è ampiamente biasimevole, da un punto di vista scientifico ci sono a margine ancora molte critiche. Vorrei sentire il parere del professor Grassi non per iscritto, ma in quest'aula. Da un punto di vista sistematico la legge non sr colloca al momento giusto nell'impegno che la Regione ha assunto. Ritengo di dover sottolineare il fatto che i nostri progetti di legge non vanno avanti in Commissione rimangono nei cassetti, l'eccezione che si fa a noi è sempre una: "lei ha presentato questa proposta di legge, però l'Assessore sta preparando una legge-quadro, una legge generale", ragion per cui la nostra rimane ferma.
Questa volta non saranno dei ragazzi con i capelli lunghi a trovare un posto di lavoro, saranno magari dei giovanotti attempati, con la barba lunga; ma non cambia niente.
Lo spirito con cui nasce questa legge è troppo settoriale per meritare un giudizio positivo e non può trovare un voto negativo per ché, quanto meno, ha il merito di rappresentare delle istanze che ognuno di noi condivide e verifica nella sostanza.
Anticipo quindi che valuterò gli articoli uno per uno con spirito positivo per l'oggetto di cui tratta la legge .e con atteggiamento di estrema diffidenza per il momento, per il sistema e soprattutto per le chiare deficienze che caratterizzano la proposta di legge.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Carazzoni, ne ha facoltà.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, premesso il nostro sincero rispetto per tutte le opinioni che abbiamo sentito manifestare, desideriamo precisare la posizione assunta nei confronti della proposta di legge n. 54 con due brevissime considerazioni: l'una di principio e l'altra di merito.
Considerazione di principio: già nella cosiddetta fase costituente il Gruppo della Destra Nazionale si oppose agli artt. 5 e 7 dello Statuto richiamandosi alla norma della Costituzione della Repubblica italiana precisamente all'art. 6, in forza del quale è lo Stato a dover provvedere attraverso apposite norme, alla tutela delle minoranze linguistiche. Per richiamo di coerenza alla posizione in allora assunta dobbiamo ribadire oggi in questo dibattito la medesima argomentazione. Non contestiamo ovviamente, perché sarebbe sciocco il farlo, l'esistenza di minoranze linguistiche, né tanto meno contestiamo il buon diritto alla tutela delle minoranze stesse; sosteniamo, però, che provvedimenti di legge di questo tipo, anche se non in modo eclatante, tuttavia contribuiscono a sottrarre competenze proprie dello Stato, che allo Stato debbono rimanere e che non spettano quindi, ad avviso nostro, all'iniziativa legislativa delle Regioni. Questa è la posizione di principio e basterebbe di per sé sola noi crediamo -, se ci si pone nell'ottica nella quale appunto andiamo a collocarci, a giustificare il nostro punto di vista in argomento.
Vi e poi una considerazione di merito. Innanzitutto abbiamo letto e abbiamo ascoltato la relazione predisposta dal collega Rosei. Non possiamo fare a meno di rilevare che si sottolinea il valore socio-culturale dell'iniziativa come un mezzo di difesa attiva contro il livellamento egemonico della cultura consumistica di massa. Forse abbiamo male interpretato questa parte della relazione, ma ci sembra strano che proprio in questo tipo di Regione e proprio da un relatore comunista si faccia un'affermazione di questo genere che, se non andiamo errati, presuppone la difesa di una cultura d'elite . Comunque, quando si prende posizione contro la struttura consumistica di massa, crediamo di essere quanto meno legittimati anche noi, o forse soprattutto noi, a fare denunce appunto verso il tipo di società che si è andata costruendo nel corso di questi anni. Ma al di là di questa osservazione, per stare proprio al merito della legge e per essere brevissimi, così come ci eravamo impegnati a fare dobbiamo rilevare che l'articolato presuppone l'istituzione di corsi nelle scuole di ogni ordine e grado della Regione, prevede la corresponsione di compensi e di rimborsi ai docenti, ipotizza lo stanziamento di finanziamenti - si dice testualmente a "favore di ogni altra iniziativa nel campo" -. Tutto questo ci porta alla conclusione che l'avere stabilito come enunciati di principio questi compiti e l'avere poi assegnato alla legge stessa una dotazione di 50 milioni annui rappresenta soltanto un'iniziativa che non esitiamo a definire certamente velleitaria, certamente demagogica non essendo pensabile che con interventi di questo tipo si possa veramente agire ed ottenere il risultato che pure si afferma di volere raggiungere.
Molto meglio sarebbe stato disporre, proprio per la ragione che abbiamo riconosciuto in premessa, vale a dire la necessità della salvaguardia e della tutela delle minoranze linguistiche, sarebbe stato meglio disporre stanziamenti a favore di circoli e di associazioni culturali, che debbono pure esistere, se il problema é, come abbiamo sentito affermare da tanti colleghi, vivo e sentito, senza stare a parlare, così come si è fatto nella relazione del collega Rosei, di mistificazioni culturali fatte sotto l'etichetta folcloristica, poiché pensiamo che sovente sia proprio il folclore a mantenere in vita costumi e linguaggi, a mantenere vive quelle tradizioni che noi, e soprattutto noi, vogliamo tutelate e salvaguardate.
Crediamo quindi che con questo provvedimento di legge, che ci pare abbia il consenso degli altri Gruppi politici qui rappresentati, si dia vita ad un'iniziativa che non è del tutto consona allo spirito della Costituzione e che nel merito presenta le insufficienze, le carenze, le limitazioni che abbiamo denunciato e che ne fanno, nel giudizio nostro, un progetto di legge alquanto velleitario demagogico. E' quindi per queste ragioni di principio e di merito che il Gruppo della Destra Nazionale darà voto contrario alla proposta di legge n. 54.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Menozzi.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, capisco che prendere la parola di fronte ad una tematica tanto delicata e complessa e affrontare l'argomento soprattutto da parte di chi vi parla, la cui ignoranza in materia non è soltanto crassa, ma addirittura obesa, è compito non facile.
Questo lo affermo per un doveroso atto e gesto di umiltà. Qualcuno sarebbe portato a pensare "quello non capisce niente". Siamo tutti qui assieme per individuare la validità della legge, il che mi porta ad esprimere nuovamente un giudizio di merito. Non so se è presuntuosità quanto sto per dire, in esso c'è forse un briciolo di originalità, che si considera dura conquista sia per il colto che per l'inclito. L'intervento della signorina Soldano, con la pacatezza, con la consapevolezza e con la preparazione di sempre, stava per convincermi, ma, in coerenza con l'intervento che mi permisi di fare nel corso del primo dibattito, tra il serio ed il faceto più faceto che serio, ho ritenuto di cogliere questa occasione per tentare di rendere questo secondo intervento totalmente serio, o quanto meno per togliere eventuali equivoci ed errate interpretazioni sulla mia posizione.
Innanzitutto premetto che non ho inteso allora, e non intendo oggi misconoscere, a parte gli artt. 2 e 6 della Costituzione e il 5 e 7 dello Statuto regionale, il diritto alle minoranze di invocare la loro originaria parlata: mi riferisco agli occitani, ai franco-provenzali, e più in generale a tutte le parlate riconducibili alle minoranze etniche. Quando si vuole accomunare tutto portando in campo la cosiddetta parlata dialettale per valorizzare la quale, collega Rosci, si è venuta a definire consumistica la parlata italiana, allora questo mi sembra esagerato.
Capisco i nobili intendimenti, gli apprezzabili sentimenti che hanno spinto a presentare il testo legislativo che stiamo discutendo, però, stiamo al l'erta! Non penso, amico Rosci, che quell'illustre letterato, non certamente emiliano e nemmeno romagnolo, che risponde al nome di Pomba, in periodi che ormai si perdono nelle notti dei tempi, si sia sentito impegnato, invocando pure l'aiuto, se non vado errato, del Tommaseo, a far capire quanto fosse indispensabile estendere, volgarizzare e fare apprezzare la parlata italiana. Non penso che in quei tempi il Pomba volesse diventare un anticipatore della parlata consumistica. Non correvano tempi in cui l'Italia si potesse vedere nell'ottica della società consumistica. Signorina Soldano, non sono in grado di rispondere all'interessante interrogativo da lei posto se "il dialetto deve essere considerato come lingua decaduta o se il dialetto debba essere elevato a dignità di lingua". Colleghi, stiamo comunque attenti a non cadere in atteggiamenti che, non sapendoli definire diversamente, chiamo snobistici.
Durante la mia infanzia non avevo piacere di vivere in Piemonte, vivevo in una regione in cui era ed è tuttora radicato il dialetto. In quei tempi specialmente da parte di certi ceti, non c'era lo zelo emergente oggi verso il dialetto; forse proprio perché, collega Rosci, quelle masse, alle quali hai fatto riferimento, erano forzatamente costrette ad apprendere soltanto nell'ambito familiare la parlata dialettale per l'ignoranza di chi aveva la responsabilità della conduzione del Paese in quel periodo e che aveva non apprezzabili motivi per mantenere dette "masse" nell'ignoranza medesima.
Consentitemi un'esemplificazione gastronomica: erano i tempi in cui quelle masse, costrette a cibarsi pressoché di polenta, venivano definite con il dispregiativo di "polentone". Nel triangolo Ferrara - Modena Mantova negli anni dal 1870 al 1875, morirono di pellagra, tipica malattia della denutrizione, ben settantamila persone. Oggi, per buona fortuna, la nostra parlata, che dovrebbe accomunarci dalle Alpi alla Sicilia, e assai più diffusa, c'è un richiamo impellente alla parlata dialettale, come c'è il richiamo impellente a bearsi di fronte ad una bella polenta, essendo diventato chic chiederla al ristorante. Stante l'ora, concludo nell'augurare che con il voto che sarà espresso e con la legge che si verrà ad approvare si alimentino ben altri nobili appetiti, non quelli, seppur stuzzicanti, della polenta, e si tenda e finalizzazioni che vadano al di sopra di quello che ho definito snobismo, o atteggiamento di maniera Non conoscevo il primato detenuto da Mondavi, per cui sarà mia cura prenotarmi per eventuali ripetizioni, in quanto, purtroppo, non so parlare il dialetto piemontese: conosco appena l'astigiano.
Ed è proprio per le sostanziali differenziazioni esistenti tra i vari dialetti parlati nelle sei province della nostra Regione, stiamo anche attenti a non confondere il "torinese" con la parlata piemontese: se ci avvenisse dilateremmo il "neo-centralismo" che si va delineando all'orizzonte. Per cui ripeto ciò che ebbi ad osservare nell'intervento di alcuni mesi or sono: l'iniziativa oggetto di discussione sarebbe per me tanto più bella, tanto più apprezzabile se non venisse codificata istituzionalizzata a livello legislativo, semmai attraverso un impegno culturale, spontaneo e libero, di fronte al quale la Regione si sentisse impegnata ad intervenire di volta in volta ed in rapporto alle dimensioni delle iniziative concrete che, con detto impegno, vengono per essere assunte. Mi pare eccessivo voler arrivare al varo di una legge in proposito, fatto salvo, ovviamente, il discorso afferente alle minoranze etniche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Mi sembra che l'argomento sia di una serietà e di una importanza tale che non può chiudersi con delle espressioni che hanno significato di battuta polemica, anche apprezzabile, anche accettabile, ma che sostanzialmente si staccano dallo spirito che ha animato i presentatori di questa legge. L'ora del mezzogiorno è stata ricordata e sollecitata dall'intervento del collega Menozzi con il richiamo alle famose polente che, ahimé, non erano soltanto il piatto quotidiano delle popolazioni della sua terra, ma erano il piatto quotidiano anche di popolazioni canavesane se è vero come è vero che la pellagra infestò Rodano, Vallo, Caluso tanto che aveva preoccupato e costituito motivo di disamina e di studio. La sollecitazione, signor Presidente, mi viene anche dal fatto che Giovanni Arpino qualche tempo addietro sul quotidiano torinese "La Stampa" ha scritto un articolo che si addice perfettamente all'argomento di cui stiamo parlando, perché lo ha intitolato "La carne cruda del dialetto" e quindi lo si può collocare benissimo in questo momento; esso dice "sia lodata ogni occasione che consente di parlare in dialetto, o quello bruto splendidamente barbarico di radice langarola o il più sinuoso, morbido torinese che guizza tra eufemismi e franciosità autentiche o inventate. Il poter parlare in dialetto esalta e consola e dà consistenza; uno si appoggia al muro dialettale e subito si accorge che non ha bisogno di spiegarsi, gli è più che sufficiente raccontare. La carne cruda del dialetto e nutriente se non viene destinata a surrogare lingue ufficiali e bisogna amarla parche offre campi nuovi e più solidi metri di giudizio". Mi è sembrato opportuno richiamare questi concetti, che sono quelli ispiratori della legge della quale ci occupiamo. Non ripetiamo certamente a quest'ora che cosa sia il dialetto, che cosa sia la lingua principale, la lingua secondaria, la subordinata, la non subordinata; diciamo soltanto che c'é un patrimonio da salvare alle spalle del Piemonte, che si muove oggi per la difesa della cultura in termini generali, e che nell'ambito della cultura deve collocare anche questo patrimonio letterario ed artistico del passato delle parlate, degli scritti, dei sermoni che vanno indietro nei secoli alla poesia di Isler, per arrivare alla manifestazione letteraria e poetica attuale che fa parlare, attraverso i tempi, la lingua che hanno parlato gli anziani. Si, certo, l'italiano deve unificare la lingua di quanti salgono qui dalla Sardegna, dalla Sicilia, dalla Calabria, che però parlano ancora e sempre le loro lingue che si accostano al dialetto.
Signor Presidente, è stata ricordata solennemente da tutti i banchi la scomparsa di Gramsci. Ebbene, qualcuno di loro avrà ascoltato, come ho ascoltato io, la trasmissione radiofonica nella quale un compagno di prigionia di Gramsci narra che l'aveva avvicinato rivolgendogli la parola con l'accento sardo. La trasmissione icasticamente dice: "E allora Gramsci parlando in sardo, ricontinuò il discorso". Risentirsi radicare il popolo la storia, la tradizione, le vicende del passato è conservazione di patrimonio.
Condivido il punto di vista critico espresso dal collega Carazzoni che 50 milioni, per volere fare qualche cosa di concreto, sono ben pochi Avremo la possibilità però di aumentarli, dopo aver fatto una primitiva esperienza. Ma non possiamo fermarci, non dobbiamo arrestarci. Amico Marchini, tu sai quanto io apprezzo i tuoi interventi: chiedersi in questo momento se la legge sia opportuna è un interrogativo che merita pronta risposta positiva, sì, la legge è opportuna Non sono il difensore della maggioranza, di questa maggioranza, ma sono il difensore di un'idea che sento in me per una legge che è stata ritardata, è stata a bagnomaria per troppo tempo, è emersa poi perché si è insistito da parte della maggioranza e anche da parte di coloro che non facendo parte della maggioranza sentivano la validità e l'importanza di condurla innanzi.
Discutiamo se è possibile ricavare degli insegnanti che, conoscendo la lingua o il dialetto o le diverse parlate, siano in grado di rinverdire la tradizione culturale e linguistica del passato così come è scritto molto opportunamente nella relazione. Ci chiediamo se è un fatto aggregante.
Certo che è un fatto aggregante: quando sullo stesso banco della scuola vi è il sardo, vi e il siciliano, vi è il calabrese e vi è il piemontese e ciascuno mette a raffronto la terminologia di quella stufa a cui faceva riferimento il Consigliere Marchini, si evidenzia come diversamente è detta nelle diverse parlate, si stabiliscono dei raffronti e si va alla ricerca della radice che molte volte li accomuna. Certo il grosso patrimonio viene dalla civiltà alpina, ma c'é la civiltà della pianura, c'è il Novarese, c'è il Vercellese, c'é la parte bassa del Biellese, c'è tutto il Piemonte dalle Alpi al piano, che hanno la loro parlata, che hanno una ricchezza indiscutibilmente valida che merita di essere conservata nella varietà delle espressioni. Mi è parso opportuno intervenire per agganciarmi a quanto avevo già detto e per aggiungere che questa legge costituisce un punto di partenza estremamente valido, se la sapremo fare operare. Se non sapremo farla operare sarà stato del tutto inutile avere impiegato questo tempo per cercare di convincere coloro i quali, nella libertà del dialogo debbono sentire le impressioni, le espressioni, i convincimenti, le idee dei propri colleghi.



PRESIDENTE

Non vi sono altre richieste di parola, possiamo quindi passare alla votazione dell'articolato Titolo I - Articolo 1 "La Regione Piemonte si propone, con la presente legge, di dare applicazione alle norme previste dagli articoli 5, primo e secondo comma, e 7 dello Statuto ai fini della difesa dell'originale patrimonio linguistico e culturale, regionale e locale, e della sua valorizzazione".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 38 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'articolo 1 e approvato.
Titolo II - Articolo 2 "La Regione promuove l'istituzione di corsi di preparazione e di perfezionamento per l'insegnamento della lingua letteraria, dei dialetti e della cultura piemontese." E' stato presentato un emendamento soppressivo dal Consigliere Marchini: "Sono soppresse le parole 'la lingua letteraria' ".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, forse più opportunamente avrei dovuto presentare una mozione d'ordine. Abbiamo provocato sui giornali e all'interno del Consiglio un dibattito sulla caccia, che è durato mesi: si trattava in definitiva di stabilire la data di inizio della caccia. Oggi si sta discutendo un argomento delicato, convinti comunque che per le ore 13 bisogna arrivare al voto Questo discorso e breve fintantoché non se ne parla. Non e certamente un liberale a rifiutare un'occasione per ricostituire le proprie radici , questo sia ben presente per evitare strumentalizzazioni. Non si possono accettare i pressapochismi, quindi questo discorso meriterebbe un impegno a livello politico e a livello tecnico All'amico Oberto, voglio chiedere: quando su quello stesso banco ci sarà anche il ragazzo delle Vallette, quale collegamento sarà possibile stabilire ? In quel caso il patrimonio delle nostre genti, sarà anche il patrimonio delle loro tradizioni? Delle loro culture? Non sarà solo il patrimonio delle tradizioni e delle culture di una maggioranza, non saranno soltanto le parlate piemontesi, ma saranno le parlate di tutti Noi dobbiamo ricreare le radici anche a questa gente, non creare soltanto delle ombre in cui non li vediamo.
E torno al discorso del mio emendamento che, come al solito, e formalizzato male, perché non ho una sufficiente preparazione in questo. Mi pare che ci sia un tentativo di privilegiare proprio quanto diceva Menozzi perché quando si parla di lingua letteraria- al singolare, si vuole chiaramente indicare un certo piemontese o fa parlata di un certo quartiere, o la parlata di una certa provincia, come lingua piemontese Questo e un falso culturale Quindi e mortificante nei confronti del nostro discorso eliminare il concetto di lingua letteraria, perché ognuno di noi è convinto che il piemontese sia una lingua, un'espressione che non si pu identificare con il dialetto; l'uso del termine "lingua letteraria", al singolare, crea il pericolo da fare prevalere in un'operazione di egemonia la parlata di una contrada nei confronti delle altre, e questo andrebbe addirittura contro la volontà della legge, perché si distruggerebbero i valori delle altre parlate locali. Non so come si possa correggere tuttavia insisto nel mio emendamento. Qualcuno più esperto di me, nel caso in cui si intenda accogliere questo mio emendamento, dovrebbe aiutarmi a formularlo m modo più produttivo.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola? La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Non intendo suggerire una formulazione diversa perché non ho mai fatto il suggeritore.
Credo che la formulazione sia perfettamente esatta: un conto è la lingua letteraria, che risulta dai testi che vanno dal 1100 fino ad oggi altro sono le varianti locali, alle quali allude il Consigliere Marchini e che sono indicate chiaramente nelle espressioni "dialetti", varianti locali della lingua letteraria.



MARCHINI Sergio

Si chiami in aula Menozzi, venga a sentire che voi volete privilegiare un certo tipo di parlata piemontese.
Chi lo decide questo?



PRESIDENTE

Ci sono altre richieste di parola? Non ve ne sono. Metto in votazione l'emendamento soppressivo presentato dal Consigliere Marchini.
L'emendamento è respinto con 1 voto favorevole, 33 contrari e 7 astenuti.
Metto pertanto in votazione l'articolo 2, così come appare nel testo originale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 38 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "I corsi sono tenuti da docenti riconosciuti idonei da una Commissione composta dal Presidente della Giunta regionale o da un Assessore da lui delegato, che la presiede, dal Sovrintendente all'ufficio scolastico regionale, o da un suo delegato, e da cinque membri designati da Enti culturali particolarmente qualificati, di cui uno designato dall'Università degli Studi di Torino, e impegnati nella promozione della materia.
Gli esperti sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale, previo parere delle Commissioni consiliari competenti.
La Commissione di cui al primo comma del presente articolo e quella di cui al successivo articolo 9 durano in carica fino allo scioglimento del Consiglio regionale".
C 'è un emendamento presentato dal Consigliere Marchini che dice: "Emendamento integrativo : alle parole 'particolarmente qualificati' si aggiungano le parole 'indicati dal Consiglio regionale' ".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questa è la seconda linea della mia difesa. Siccome siamo tutti d'accordo (almeno su questo) che è una materia che non possiamo concludere stamattina con un voto, ma richiederà da parte nostra una riflessione continua, perché la lingua è un fenomeno vivo che non può essere abbandonato e congelato al 19 maggio del 1977, il mio emendamento dà la possibilità di ritornare sull'argomento almeno una volta ogni cinque anni quando si nominano le Commissioni per ridiscutere la legge. Quando andremo ad indicare quali saranno i gruppi particolarmente qualificati nell'ambito dei quali dovranno essere scelti gli esperti, quella sara un'occasione per rivedere, da un punto di vista culturale, la legge e per puntualizzare la scelta che oggi tutti facciamo, qualcuno magari astenendosi.



PRESIDENTE

Ci sono altre richieste di parola? La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Nell'art. 3 al secondo comma viene precisato che "gli esperti sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale"; viene per anche posta una limitazione a questo potere, nel senso che il Presidente della Giunta regionale deve sentire il parere delle due Commissioni consiliari competenti, cioè della Commissione delle nomine e della Commissione che istituzionalmente esamina il merito che, oggi, e la V Commissione. A me pare che proprio per snellire la gestione della legge sia più che sufficiente e dia ampie garanzie il fatto che ben due Commissioni consiliari esaminano la questione relativa alla nomina degli esperti. E' certo che se la linea di condotta è quella di non partecipare alle Commissioni, è evidente che poi si chiede che tutto arrivi in Consiglio.



OBERTO Gianni

Quel "particolarmente" potrebbe dare adito a discussioni, proporrei invece di dire "specificatamente qualificate". Andiamo alla specie, non al grado.



PRESIDENTE

Si, d'accordo. Per questa correzione non è necessario votare.
La parola ancora al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Per fatto personale, desidero precisare, in riferimento alla mia attività in Commissione e in riferimento agli impegni che ho, che sono l'unico rappresentante di un partito. In secondo luogo chiedo al collega Calsolaro di essere preciso quando replica. Le Commissioni esprimono il loro parere sulle designazioni delle candidature già proposte dalla Giunta.
La Commissione non può fare le sue obiezioni sui candidati che arrivano dagli Enti, perché gli Enti sono scelti dalla Giunta e non vengono più messi in discussione. In definitiva, qui si tratta di stabilire chi deciderà quali saranno gli Enti qualificati, la Giunta o il Consiglio. Chi sono gli Enti che propongono le designazioni? Quelli voluti dalla Giunta o quelli voluti dal Consiglio? La Commissione qui non c'entra



PRESIDENTE

Vi sono altre richieste di parola? Non ve ne sono.
Metto in votazione l'emendamento all'art. 3 presentato dal Consigliere Marchini.
L'emendamento è respinto con 4 voti favorevoli, 32 contrari e 5 astenuti.
Si pone quindi in votazione l'art. 3 nella stesura originaria, per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - "L'iscrizione ai corsi è gratuita ed è aperta a tutti coloro che, a giudizio della Commissione di cui all'art. 3, dimostrino dr conoscere e di parlare la lingua per cui il corso e istituito, e siano in possesso di un titolo di scuola media di secondo grado".
Non vi sono emendamenti, quindi, se non vi sono richieste di parola, si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'articolo 4 è approvato.
Articolo 5 - "La Giunta regionale e autorizzata a promuovere, d'intesa con i Provveditorati agli Studi competenti, ogni provvidenza diretta a favorire l'istituzione dei corsi, ivi compresi i compensi e i rimborsi ai docenti nonché l'iscrizione e la partecipazione ai corsi stessi".
Non vi sono richieste di parola, si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico I 'esito della votazione: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 36 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 5 è approvato.
Articolo 6 - "La Giunta regionale promuove, d'intesa con i Provveditorati agli Studi ed i Consigli di distretto scolastico competenti, su parere conforme della Commissione di cui all'art. 3, corsi di educazione linguistica e di cultura piemontese tenuti nelle scuole di ogni ordine e grado e presso centri culturali idonei e provvede al loro finanziamento"



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 6 è approvato.
Articolo 7 - "La Regione concede, su parere conforme della Commissione di cui all'art. 3 e con provvedimento della Giunta regionale, contributi per il finanziamento di ogni altra iniziativa di particolare valore culturale nella materia regolata dal presente titolo".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si e astenuto 1 Consigliere L'articolo 7 è approvato.
Titolo III - Articolo 8 "Le norme contenute nel titolo II della presente legge si applicano anche alla tutela e alla valorizzazione delle lingue, dei dialetti e delle culture delle comunità locali occitana e provenzale, franco-provenzale e walser".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 8 è approvato.
Articolo 9 - "La Commissione di cui all'art. 3 è composta, per la materia prevista nel presente titolo, oltre che dal Presidente della Giunta regionale, o da un Assessore da lui delegato, dal Sovrintendente all'ufficio scolastico regionale, o da un suo delegato, da un rappresentante dell'Università degli Studi di Torino, e da tre membri per ciascuna delle comunità locali occitana e provenzale, franco-provenzale e walser.
Gli esperti sono designati da Enti culturali particolarmente qualificati e impegnati nella promozione della materia nelle rispettive zone di competenza.
Nel caso in cui gli Enti culturali non abbiano i requisiti indicati nel precedente comma o non esistano, la designazione degli esperti viene fatta per il franco-provenzale dalle Comunità montane e per il walser dai Comuni rispettivamente interessati.
La Commissione di cui al presente articolo si suddivide in tre sottocommissioni una per ciascuna comunità etnico-linguistica.
Gli esperti partecipano alle riunioni della sottocommissione che tratta la materia della comunità che li ha designati".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere L'articolo 9 è approvato.
Titolo IV - Articolo 10 "Per gli interventi previsti nella presente legge è autorizzata la spesa annua di L. 50 milioni.
Alla copertura della spesa per l'anno 1977 si provvederà mediante una riduzione di 50 milioni dal fondo di cui al capitolo n 10180 e l'istituzione nel bilancio di previsione per l'esercizio 1977 del capitolo n. 3050, con la denominazione 'Contributi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte' e con lo stanziamento di L. 50 milioni.
Alla spesa di L. 50 milioni per ciascuno degli anni successivi si provvederà istituendo nei corrispondenti bilanci il capitolo n. 3050, con la denominazione e con lo stanziamento di cui al precedente comma.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'articolo 10 è approvato.
Passiamo alla votazione della legge nel suo complesso Ci sono dichiarazioni di voto? Non ve ne sono. Si può procedere alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione sull'intero testo di legge: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 38 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si e astenuto 1 Consigliere.
La proposta di legge n. 54 è approvata.


Argomento: Gruppi consiliari - Trattamento economico dei Consiglieri

Esame proposta di legge n. 202: "Modificazioni alle leggi regionali 13/10/1972 n. 10 e 10/11/1972 n. 12"


PRESIDENTE

Passiamo al punto settimo all'ordine del giorno: "Esame proposta di legge n 202: 'Modificazioni alle leggi regionali 13:10/1972 n. 10 e 10/11/1972 n. 12'".
La parola al relatore, Consigliere Rossotto



ROSSOTTO Carlo Felice, relatore

Come relatore devo dire che, a distanza di cinque anni dall'entrata in vigore delle leggi n. 10 e n. 12 del 1972, in relazione alla realtà economica del Paese, che tutti ben conosciamo, si è ritenuto di riconoscere gli aumenti dell'indennità nell'ordine del 50%; inoltre la nuova realtà che si è venuta a creare con le sottocommissioni ha determinato la necessità di riconoscere ai Presidenti e ai Vicepresidenti la maggiorazione delle indennità dal 55% al 60 %, oltre che l'adeguamento delle indennità ai Gruppi per le attività che stanno svolgendo.



PRESIDENTE

Ci sono altre dichiarazioni? Non ve ne sono. Passiamo all'art. 1 Articolo 1 - "Al termine del secondo comma 1 della legge regionale 13 ottobre 1972 n 10 è aggiunto il seguente testo: Vicepresidenti delle Commissioni legislative permanenti del Consiglio regionale 60%'".
Ci sono emendamenti? Non ve ne sono. Si passi alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 1 è approvato.
Articolo 2 - "La misura del rimborso spese di cui all'ad. 2 della legge regionale 13 ottobre 1972 no 10 è aumentata del 50% a far tempo dal P aprile 1977".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri L'articolo 2 è approvato.
Articolo 3 - "Al terzo comma dell'art. 3 della legge regionale 13 ottobre 1972 n. 10 le parola 'in relazione alla sua appartenenza alle Commissioni legislative permanenti del Consiglio' sono sostituite 'in relazione alle attività connesse all'esplicazione del mandato consiliare'.
Il primo periodo del quarto comma 3 della legge regionale 13 ottobre 1972 n. 10 è modificato come segue: 'L'indennità di missione è stabilita nella misura di L. 22.500 nette al giorno a far tempo dal 1° aprile 1977'.
All'ultimo comma dell'art. 3 della legge regionale 13 ottobre 1972 n.
10 le parole '15 aprile 1961, n. 291' sono sostituite dalle seguenti: 'Legge regionale 17 marzo 1977 n. 19'".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
Articolo 4 - "L'art. 3 della legge regionale 10 novembre 1972 n. 12 è sostituito dal seguente: 'Per il funzionamento dei Gruppi consiliari sono previsti, a carico del bilancio del Consiglio, contributi mensili rappresentati: a) da una quota fissa di L. 500.000 per ciascun Gruppo indipendentemente dalla sua consistenza numerica b) da una quota variabile ragguagliata a L. 150.000 per ogni Consigliere regionale iscritto al Gruppo'.
La presente variazione entra in vigore con il 10 aprile 1977".
Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 4 è approvato.
Articolo 5 - "Agli oneri derivanti dall'applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della presente legge valutati in L. 125.000.000 per l'anno 1977 si fa fronte mediante una riduzione di pari ammontare dello stanziamento di cui al capitolo n. 10180 dello stato di previsione della spesa per l'anno 1977 e mediante l'integrazione, nella rispettiva misura di L. 75.000.000 e L.
50.000.000, degli stanziamenti di cui ai capitoli 10 e 50 dello stato di previsione della spesa dello stesso anno.
Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
Non vi sono richieste di parola. Si proceda alla votazione per appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'articolo 5 è approvato.
Ora passiamo alla votazione dell'intera proposta di legge.
Vi sono dichiarazioni di voto? Non ve ne sono. Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione dell'intero disegno di legge presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
La legge è approvata.
A questo punto ritengo che possiamo concludere i nostri lavori.
Convoco rapidamente i Capigruppo solo per decidere la data della prossima seduta di Consiglio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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