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Dettaglio seduta n.117 del 18/05/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
I Consiglieri hanno ricevuto i processi verbali delle adunanze consiliari del 5 maggio; se non vi sono obiezioni li consideriamo approvati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione presentata dai Consiglieri Rossi, Raschio, Fabbris, Bono interrogazione presentata dal Consigliere Franzi, interrogazione presentata dal Consigliere Bellomo ed interrogazione del Consigliere Benzi inerenti alla situazione occupazionale della Montefibre


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo: "Interrogazioni e interpellanze". Sono state presentate quattro interrogazioni: la prima dei Consiglieri Rossi, Raschio Fabbris, Bono; la seconda urgente del Consigliere Franzi; la terza, pure urgente, del Consigliere Bellomo; la quarta del Consigliere Benzi, tutte inerenti alla situazione occupazionale della Montefibre.
Risponde l'Assessore Alasia.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, gli ultimi sviluppi della Montedison e della Montefibre in particolare avrebbero comunque indotto la Giunta a relazionare tempestivamente.
I Consiglieri ricorderanno quante volte abbiamo portato in discussione il problema della Montedison in Consiglio e fuori negli incontri con i Comuni, con le Province, con i sindacati; l'abbiamo portato non solo perch siamo stati sollecitati (anche stamani abbiamo ricevuto una delegazione di Lanzo e Rivarolo) dai sindacati e dai Sindaci a svolgere un'azione di coordinamento delle varie iniziative che si sviluppano ai vari livelli, ma anche perché come Regione ci siamo sempre resi conto del peso di questa attività in Piemonte. La natura del gruppo è sostanzialmente pubblica e all'interno di esso vi sono circa 200 mila piccoli azionisti; tuttavia malgrado tale natura, questo gruppo è di fatto sfuggito finora ad un serio controllo e ad una programmazione pubblica; si hanno quindi tutte le ragioni per legittimare le nostre reiterate richieste al Governo. Fin dal dicembre del 1976, unitamente ai Sindaci di Verbania, di Vercelli, Ivrea e di Chatillon avevamo posto questo problema al Governo; unitamente ai sindacati e ai Sindaci delle zone interessate lo abbiamo riproposto il 7 marzo, durante il convegno che la Regione ha promosso per le grandi vertenze. Debbo rilevare il perdurante silenzio governativo di fronte alla richiesta avanzata da parte nostra e da parte delle organizzazioni sindacali in termini non localistici. Siamo pronti a prendere atto ancora una volta che la Montedison i a tatto saltare gli accordi del dicembre '75 e del gennaio '76 per le attività sostitutive e siamo disposti a discutere altri progetti, mobilità compresa, come è stato precisato ancora nei giorni scorsi curante la manifestazione di Rivarolo.
Da tutte le parti, da anni, si riconosce l'esigenza di controllo delle politiche Montedison, ma poi non se ne fa nulla: di queste intenzioni di controllo - consentitemelo - è lastricata la strada che porta sino ad oggi se e vero come è vero che già nell'aprile del 1975 l'allora Ministro del Bilancio, oggi Presidente del Consiglio, on. Giulio Andreotti, affermava nella competente Commissione della Camera quanto segue: "E' dovere del Parlamento e del Governo interessarsi alle vicende di questo gruppo, anche a prescindere dalla presenza azionaria pubblica che esiste e che ha un suo preciso significato". Quale significato e quale ruolo pubblico e sociale si sia dato alla politica della Montedison non saprei dire. Si sa che si sono fagocitati miliardi; si sa che si sono comprati giornali e vendute banche si sa che si vendono patatine e sr svolgono altre attività; si sa che si e passati da un'ipotesi all'altra, da un allarme all'altro Per esempio abbiamo il dovere e il diritto di discutere a proposito della controversa questione dell'evasione del blocco dei prezzi. Il rapporto dell'esperto prof. Filippi, incaricato dal Ministero dell'Industria, evidenziava quanto segue, e cito testualmente la relazione Filippi: "In seguito alla legge citata (si fa riferimento al Decreto Legge n. 425 per la disciplina dei prezzi dei prodotti delle società chimiche) le grandi aziende chimiche hanno depositato presso il C.I.P. dei listini predisposti sul momento, non in base a prezzi medi effettivamente praticati, ma in base a prezzi assolutamente irreali..."E continua il prof. Filippi: "Dopo l'entrata in vigore della legge senza presentare alcuna domanda di variazione, le grandi industrie chimiche hanno continuato ad aumentare considerevolmente i prezzi... una prima valutazione della portata del fenomeno emerge chiaramente dalle fatture Montedison...".
La sconcertante vicenda si commenta da sé. E dal momento in cui si parla di una legge dello Stato, dal momento in cui si parla di un gruppo dove è fortemente presente il capitale pubblico, appare più che mai fondata e legittima (e niente affatto propagandistica) la richiesta da noi più volte avanzata, e ripetuta ancora nel dicembre 1976 assieme ai Comuni interessati, di avere sull'intera vicenda, sui programmi, sulle prospettive e sulla natura stessa del gruppo un discorso aperto.
Diamo in questa sede le risposte e i chiarimenti che ci sono stati richiesti dalle quattro interrogazioni presentate da Gruppi diversi.
Ma se non si vuole cadere in un'ottica riduttiva, localistica campanilistica ed aziendalistica, dobbiamo fare un esame complessivo.
Nei giorni scorsi - dopo che non è stato possibile l'incontro che chiediamo da tempo - ho preso contatti con i dirigenti dello stabilimento Valle Susa per avere informazioni e assicurazioni più precise, almeno per quest'ambito. Le informazioni avute non sono niente affatto tranquillizzanti; non solo per Rivarolo la cui gravità dei provvedimenti è nota, ma anche per Lanzo e per Collegno, dove si ostenta un certo ottimismo, che però, dopo le esperienze fatte, non mi sento di condividere perché non sono precisi i tempi, non sono precisi i partners, per i quali si fanno più ipotesi; e le stesse operazioni che si prospettano non coprirebbero l'attuale organico. Infatti a Collegno ci sono attualmente 380 dipendenti fra filatura e tessitura. Sarebbe in corso una trattativa con un gruppo del settore, della quale però non si saprà nulla prima della metà di giugno. Nel frattempo per Collegno sono in corso altre trattative le quali prevederebbero la separazione delle due attività (filatura e tessitura) ciò con ovvi riflessi sul livello dei lavoratori occupati. Per Lanzo sarebbe stato individuato un nuovo partner. Sarebbe prevista un attività di ritorcitura e, dei lavoratori attualmente in forza, ne verrebbero occupati 200: 100 entro settembre e 100 entro la fine del '77 o per l'inizio del '78. Si sostiene che, data l'età della maestranza e dato l'esodo già in corso, il problema non sarebbe drammatico; sta di fatto che ognuna di queste operazioni comporterebbe un restringimento della base occupazionale.
A Rivarolo, infine, degli attuali 960 occupati se ne impiegherebbero 330 in iniziative tessili e 140 in nuove tintorie; metà della maestranza verrebbe espulsa e il fatto è aggravato dalla situazione degli impiegati.
Non sono valse le nostre reiterate richieste presso la direzione in merito alle lettere di sospensione, le quali sono già arrivate o stanno arrivando.
Non sono valse le pressanti richieste del Sindaco di Rivarolo che, mentre era in corso la discussione, è intervenuto per una sospensione almeno momentanea del provvedimento, in attesa di verificare gli impegni assunti a Roma. L'azienda ha risposto che tirava diritto per la sua strada.
La situazione si Ivrea e ancora peggiore: si parla di un'eccedenza di 400 unità senza che sia stata abbozzata un'ipotesi occupazionale.
A Pallanza la società intenderebbe praticare una riduzione di 850 unità: 350 di queste sarebbero avviate subito in altre attività non ancora precisate. Questo "subito" dichiarato non è stato suffragato da alcuna concreta indicazione, e siccome ho avuto modo di seguire in questa zona vicende analoghe di mobilità, dimostratesi poi impossibili, a maggior ragione questo "subito" non è tranquillizzante.
Altre 500 unità dovrebbero essere espulse nel giro di due anni, anche mediante pre-pensionamento.
A Vercelli, infide, entro due anni si dovrebbe avere una riduzione di 600 unità sulle 2.100 oggi presenti. Intanto la Montefibre ha mandato 300 lettere di licenziamento agli operai della ex-tessitura; intanto per le assunzioni alla I.T.V., Industria Tessile Vercellese, la Montefibre usa nella lettera il condizionale.
Infine per Chatillon si sa che c'é l'intenzione di chiudere totalmente l'azienda. Ho già ricordato al Consiglio le iniziative che abbiamo intrapreso con la Regione Valdostana per problema della Chatillon.
Signori Consiglieri, avevo il dovere di fornire le informazioni dettagliate richieste dagli interroganti. Voi capite che non vi è una base seria di valutazione, né di ragionamento, né di contrattazione perché i vari "si dice" e i "si spera" non hanno mai tranquillizzato nessuno Nella situazione Montedison abbiamo doppiamente il dovere di diffidare, di dichiarare il nostro profondo dissenso e di esigere che si faccia un discorso serio.
Il Ministro Donat Cattin ha informato nei giorni scorsi il Presidente della Provincia di Torino che, avendo la Montedison denunciato tutti gli accordi sulla ristrutturazione, sono stati sospesi i finanziamenti a tasso agevolato. E' una cosa ovvia. Ed è il minimo che si poteva fare, dal momento che quei finanziamenti erano stati decisi a fronte di accordi e sulla base di programmi di ristrutturazione e di attività sostitutiva. Devo infine ancora una volta precisare che nella nostra reiterata richiesta di una verifica in sede politica governativa, non c'é nessuna chiusura localistica e campanilistica, nessuna pregiudiziale difesa dell'esistente.
Siamo andati a sostenere gli insediamenti al sud nella Regione Campania, domani avremo un incontro con la Fiat, l'Indesit, l'Olivetti difenderemo il diritto al lavoro. Ma abbiamo il diritto e il dovere di sapere cosa capita anche nella nostra area. Per questo siamo andati a sostenere la richiesta di verifica assieme e congiuntamente alle altre Regioni interessate. Abbiamo assunto un atteggiamento duttile e aperto rispetto alle proposte che nel tempo sono venute per le cosiddette attività sostitutive. Quel che noi, come Regione, chiediamo è molto semplice e lineare: chiediamo che si dia effettivamente mano ad un programma nazionale, che si garantiscano le forme di controllo e chiediamo di non essere considerati degli spettatori passivi di decisioni che vengono prese ai vertici.
Infine, per la situazione Montefibre che ci investe particolarmente sosteniamo che nessuna operazione di scorporo debba essere fatta. Lo sosteniamo sia sulla base di valutazioni tecnico-produttive, essendo ovviamente il settore collegato alla chimica, e sia sulla base di considerazioni economiche, affinché non si dia luogo in sede pubblica ad altri carrozzoni, nei quali, in base alla prassi invalsa, si privatizzano i profitti e si socializzano le perdite accollandole alla collettività. Se il settore chimica della Montedison tiene, come si afferma e come lascerebbe intendere l'accordo di ieri tra Montedison e S.I.R. (Società Italiana Resine), questo settore può e deve essere un punto trainante per una politica delle fibre. Risulta che tale orientamento sarebbe presente, in una parte almeno del Governo (consentitemi di usare questo termine, perch anche qui è difficile capire la posizione dei vari Ministri). Siamo contenti che almeno una parte del Governo sostenga questa soluzione e chiediamo un preciso pronunciamento del Governo, nella sua interezza e nella sua collegialità.
Per concludere, signori Consiglieri, abbiamo seguito le situazioni nelle loro particolarità, ma insistiamo sulla necessità di avere in sede politica una verifica di insieme, che significa esaminare a fondo il programma produttivo-industriale, le forme gestionali e l'assetto istituzionale del gruppo. Siamo contrari allo scorporo delle fibre chiediamo il ritiro dei provvedimenti di licenziamento e di sospensione nei confronti dei lavoratori. Infine, ci dichiariamo pronti a fare la parte che ci compete e chiediamo che la verifica generale sia aperta alle altre Regioni, ai Comuni, ai Sindacati per le ovvie dimensioni super regionali del gruppo.



PRESIDENTE

Hanno chiesto la parola parecchi Consiglieri firmatari dell'interrogazione. Incominciamo con il Consigliere Rossi. Ha facoltà di parlare.



ROSSI Luciano

Tenendo conto che siamo in sede di interrogazione e che bisogna limitare l'intervento, tenendo conto della gravità della questione in base all'illustrazione dell'Assessore Alasia, credo che dobbiamo superare molte delle considerazioni che ci eravamo proposti per assumere atteggiamenti che impegnino le istituzioni, in primo luogo il Consiglio regionale, il Governo e i Ministri competenti.
Dall'esposizione del collega Assessore Alasia, tra svecchiamenti e licenziamenti del complesso, in Piemonte ammontano a circa 2 500 i lavoratori che devono essere messi in cassa integrazione. Diventa difficile capire una politica produttiva quando si spezzetta in questo modo la produzione con problemi di omogeneità, da inquadrarsi in un contesto di programmazione, di sviluppo economico del Paese. La gravità della situazione, dal punto di vista occupazionale, è data dalle cifre che abbiamo voluto ricordare e la gravità dal punto di vista della politica economica è data dagli obiettivi. Il gruppo si è proposto con la politica del carciofo di smobilitare e quindi di non assolvere alla funzione sociale che spetta ad ogni gruppo economico, in modo particolare quando lo Stato, e quindi la collettività, interviene. Non è per svelare un segreto d'ufficio ma vorrei fare una considerazione: quando abbiamo avuto l'incontro con il gruppo Montedison, e emersa una questione, secondo la quale per tenere in piedi il gruppo, per ristrutturarlo, per svilupparlo (lo abbiamo letto anche nella comunicazione stessa), era necessario che lo Stato intervenisse con altri 400 miliardi (ad un certo momento interviene Babbo Natale! ). E' la chiara dimostrazione che manca una politica generale di controllo nei confronti di questi gruppi, manca un controllo sistematico della ricchezza messa a disposizione di forze che continuano la vecchia politica senza garantire riconversioni e sviluppi in determinate azioni. E' certo che questo controllo non compete solo alle istituzioni, ma compete anche alle forze dei lavoratori Fa piacere leggere sui giornali che i lavoratori non chiedono solo una manciata di soldi, bensì chiedono una politica che garantisca i livelli di occupazione, elimini l'assistenza e apra delle prospettive a medio o a lungo termine. Stando così le cose, sono del parere di chiedere urgentemente al Governo un incontro, di andare ad una presa di posizione politica ufficiale da parte della nostra assemblea per approfondire la tematica ed i problemi che l'Assessore ha illustrato diligentemente. Quindi, un incontro serio, che possa garantire il rientro delle sospensioni, che permetta di andare con l'opportuna serenità alla discussione e non con i coltelli piantati sotto il tavolo, caratteristica tipica della Montedison che usa sempre il ricatto. Come forze politiche non possiamo subire il ricatto, chiediamo spiegazioni dei soldi dati alla Montedison, chiediamo come sono stati utilizzati, chiediamo insomma che si metta sotto controllo politico, oltre che economico, questo gruppo che nel nostro Paese ha "menato il can per l'aia" ed ha lucrato centinaia di miliardi di risorse nazionali.
Come Gruppo comunista chiediamo con urgenza l'incontro con il Governo impegnando, se e opportuno, come iniziativa del Consiglio regionale , i parlamentar) del Piemonte. La nostra risposta più completa potrà pertanto avvenire nel momento in cui con il Governo si valuteranno le questioni nell'insieme e più specificamente la politica per lo sviluppo del settore chimico, e quindi la situazione della Montefibre che non può essere disgiunta dal settore chimico, ribadendo il principio secondo cui ogni risorsa dello Stato deve essere finalizzata ad una politica produttiva oltre che alla salvaguardia dell'occupazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bellomo



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, vorrei dare atto all'Assessore, alla Giunta ed al Consiglio regionale di non essere mai stati renitenti sul problema scottante e angoscioso della Montedison e della Montefibre: molte volte in quest'aula è echeggiato, o per iniziativa dei Consiglieri che interrogano o per iniziativa dell'Assessore, dicevo, il problema della Montedison è echeggiato in Consiglio, è stato affrontato, analizzato in tutti i suoi multiformi aspetti per cui credo di dover dire che la Regione Piemonte è nella sua giusta trincea di lotta in difesa dell'economia, in difesa del posto di lavoro degli operai che lavorano presso questo gruppo; e un grosso nodo economico, del quale non vediamo una conclusione concreta e razionale nodo economico attorno al quale dobbiamo fare quadrato.
Ho chiesto la parola soltanto per dire alcune cose in riferimento alla situazione di Vercelli, la mia zona, e per ripetere rapidissimamente che nel giro di pochi mesi 600 lavoratori saranno licenziati, per dire che sul destino dell'ex Chatillon esiste un angoscioso interrogativo sul quale nessuno e in grado di fare un pronostico ragionato e radicato nella logica per dire che e vero che nei giorni scorsi 350 lavoratori della I.T.V. hanno ricevuto la lettera di licenziamento nella quale è indicato un condizionale che lascia perplessi e che fa temere il peggio, avendo scoperto dirigenti del colosso milanese, azienda tessile che non ha nulla a che vedere con le aziende della chimica, per cui è da considerarsi un'azienda sostitutiva ma essendo considerata tale, le assunzioni ripartiranno da zero e forse non per tutti i lavoratori. Ieri a Vercelli si e tenuta l'ennesima riunione del Comitato permanente della Montefibre, al cui vertice sta il Sindaco della città, con la presenza dei Sindacati, delle forze politiche, delle associazioni. Si prospetta l'ipotesi di tenere a Vercelli un convegno organizzato dai Sindacati per fare il punto della situazione per chiarire le posizioni dei lavoratori e delle aziende locali che stanno a fianco dei lavoratori per chiarire la posizione della Montedison e, per quanto riguarda Vercelli, della Montefibre.
Di questi incontri, dal 1974, cioè dalla prima violazione del patto Sindacati-Montedison, se ne sono tenuti almeno una dozzina: servono a rinfocolare le speranze tra i dipendenti della Montefibre, speranze che però, sono destinate nel volgere di 48 ore a diventare delusioni perch l'interlocutore non è mai stato ai patti. Si faccia pure l'incontro con il Governo, ma lo si faccia con i lavoratori, con le istituzioni, con gli Enti locali per rafforzare il fronte, per vedere se siamo capaci di fatto ad impostare un discorso programmatico, per definire la funzione del complesso, e per stabilire infine che non si devono più dare denari sotto forma di assistenza. Conosco dei lavoratori che sono in cassa integrazione da due anni e mezzo: è cosa veramente mortificante. Vedere un uomo nella piena capacità produttiva davanti alla fabbrica che non gli apre più i cancelli e che continua regolarmente al 27 del mese a mandargli a casa questa sorta di salario penoso, è una cosa che deve finire.
Puntiamo le nostre forze sull'ipotesi di riavvio del discorso programmatico che eviti i licenziamenti quasi clandestini dei lavoratori dislocati nei vari punti del Piemonte e cerchiamo di impostare un'azione difensiva che sia nel contempo anche offensiva contro chi in sostanza ha la responsabilità di aver tollerato, concesso, permesso una situazione di grande ambiguità.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Benzi. Ne ha facoltà.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, siamo di fronte a un caso veramente drammatico. Il collega Alasia non solo da oggi porta avanti queste situazioni: purtroppo emerge un dato di fatto, che le Regioni hanno pochi, o nessun potere nella parte industriale. Ricordo che come Regione tre anni fa, avevamo impostato un piano per la Montefibre di Pallanza che riguardava 4.000 operai. Abbiamo avuto delle promesse e ci eravamo impegnati a fondo, purtroppo, però, i patti non sono stati mantenuti: si capisce che è gente abituata a mentire per cui è inutile la nostra buona fede, è inutile andare a trattare; la dimostrazione ci è stata data questa mattina con la dichiarazione dell'Assessore Alasia e da ciò che leggiamo sui giornali. E' estremamente preoccupante pensare a 2.500 lavoratori che sono costretti a lasciare il posto di lavoro in un momento di crisi in cui e difficile reinserirsi in un'attività, in un momento in cui vi sono migliaia e migliaia di giovani alla ricerca di un lavoro. Non sono dell'opinione che la gente venga licenziata: è meglio proporre all'azienda la cassa integrazione per tutti, piuttosto che il licenziamento, perché il giovane o l'operaio che lascia l'azienda non riuscirà più ad essere riassunto. Questo è il punto sul quale dobbiamo insistere, per aiutare i lavoratori.
Sarebbe opportuno fare un censimento delle aziende esistenti nelle zone per conoscere, da parte degli industriali, le disponibilità ad assumere gli operai della Montedison e della Montefibre: a quel punto potremo aiutare 20/30 aziende finanziariamente, dal momento che il solo colloquio con la Montedison ci lascia molto perplessi. A questo punto varrebbe la pena di allargare il discorso alle zone del Canavese, delle quali conosciamo benissimo la situazione. Vi sono aziende solide, floride; ebbene aiutiamole queste aziende, diamo loro aiuti, tramite il Governo o tramite le varie casse esistenti in Italia, al fine di poter assorbire le maestranze che altrimenti rischierebbero il licenziamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

La ringrazio, signor Presidente, che mi consente di parlare a nome del Gruppo in assenza del Consigliere Franzi che aveva proposto una sua interrogazione: ritengo tuttavia che in fondo non si commette una vera e propria scorrettezza, perché la relazione dell'Assessore Alasia è sì in risposta alle interrogazioni, ma rientra anche nel quadro di comunicazioni che egli fa solitamente in momenti particolarmente difficili.
Vorrei a questo proposito pregare l'Assessore di volere informare dello sviluppo della situazione quei Consiglieri regionali che per la loro residenza (siamo Consiglieri regionali del Piemonte, certamente, ma ciascuno da noi ha una vicinanza particolare) sono particolarmente vicini a questi problemi.
Tanti anni addietro, come Presidente della Provincia di Torino, mi recai con la collega Vietti in quel di Rivarolo Canavese, per parlare alle maestranze. Non avrei mal immaginato che sarebbe passato un lasso di tempo così lungo senza che la situazione trovasse una sua soluzione precisa concreta, in maniera da dare ciò che in definitiva chiedono i dipendenti: pane, sicurezza del posto di lavoro ed un minimo di partecipazione alla gestione di questa grossa entità, di questa grossa realtà industriale la quale, con i tempi che corrono, non può assolutamente venir meno agli impegni, molte volte solennemente presi, certamente tradendo anche la disponibilità degli organi istituzionali, delle Province in un primo tempo delle Regioni in un secondo tempo e delle Regioni ancora in questo momento.
Vorrei ribadire il punto di vista, che mi pare largamente condiviso, perch è stato enunciato da quanti hanno parlato prima di me: è un grave problema regionale che si aggiunge ad una situazione già grave nei mondo del lavoro ma è anche un grosso problema a livello nazionale. La Regione nella trattativa deve avere sempre davanti l'esigenza della necessità di una decisione a carattere nazionale che vincoli il Governo. Il Gruppo della Democrazia Cristiana è particolarmente aderente all'iniziativa che si vuol prendere per sollecitare un'altra volta l'intervento del Governo in maniera che, fermate con tutte le forze le situazioni di disoccupazione o di minaccia di licenziamenti, si ponga anche mano a quella che può essere una sterzata che il Governo potrebbe dare Ci sono dei finanziamenti ancora in corso: e giusto chiedere garanzie.
Le nostre informazioni solitamente sono quelle che vengono trattate dalla stampa, 24 ore prima di quella diretta e responsabile. Abbiamo letto questa mattina sui giornali delle ipotesi, secondo me da tenere in considerazione e da valorizzare, di un accordo con la SIR. Sento dire dall'Assessore che di questo non sappiamo ancora nulla, non abbiamo nessuna notizia dei contenuti, delle prospettive. Ebbene, è necessario approfondire rapidamente e caldeggiare questa situazione perché penso che possa essere una delle maniere per poter risolvere questo grosso e delicato problema.
Quindi non dobbiamo avere una visione semplicemente regionalistica; è una questione che interessa molto Vercelli, la città di Ivrea, Rivarolo Canavese, Lanzo, e altre parti. Per Mergozzo avevamo corso e bruciato i tempi, qualche volta andando alle strette norme di disposizione legislativa. La Giunta che avevo la responsabilità di presiedere più di una volta ha chiesto a se stessa "non straripiamo?". Eppure sentiva l'esigenza di portare in porto l'argomento; lo abbiamo portato, ma per trovarci ancora una volta al punto di partenza. Per carità, non dico che dobbiamo rinunciare, non dobbiamo però limitarci alla denuncia; non dico che siamo degli incapaci ad agire, ma indubbiamente dobbiamo riconoscere i limiti della nostra possibilità di azione, la situazione di impotenza; questa impotenza deve stimolare ancora di più la nostra azione nei confronti del Governo, perché l'intervento sia pronto, rapido, decisivo e perché si metta la controparte in condizione di rispondere alle esigenze più che giustificate dei lavoratori di questi stabilimenti, ma anche di tutto il tessuto socio-economico della Regione Piemonte che non può essere gravemente deteriorato da una situazione che permane nel tempo nelle condizioni in cui è stata ancora denunciata questa mattina. Il Gruppo della Democrazia Cristiana pur considerando l'aspetto regionalistico, allarga la visione alla portata di carattere nazionale e generale del problema e chiede che il Governo intervenga, chiede che l'Assessore e la Giunta l'organo esecutivo, tenendo informati i Consiglieri maggiormente interessati a questo problema, sollecitino un incontro a livello governativo, possibilmente con la partecipazione delle forze sindacali o delle rappresentanze dei lavoratori. Vorrei, signor Presidente, signori Consiglieri, non avere più motivo di tornare un'altra volta su questo argomento così importante e in fondo così sconfortante e dilacerante all'interno.



PRESIDENTE

Tutti i Consiglieri interroganti hanno risposto alla questione che in questa sede possiamo considerare chiusa. Suggerirei una breve riunione dei Capigruppo al fide di esaminare la conclusione operativa e politica del dibattito con un documento, con una presa di posizione ufficiale e anche per esaminare il prosieguo dei lavori che comprendono, come voi sapete, la discussione della legge sulla caccia.
Colgo l'occasione per ringraziare i lavoratori della Montedison per la loro presenza che è stata severa, attenta e rispettosa delle norme del nostro Consiglio regionale. Prego di sfollare con prudenza perché la capienza della tribuna è molto più limitata di quanto non sia la somma dei lavoratori e degli studenti presenti. Prego inoltre di togliere i cartelli.
Colgo l'occasione per rilevare che il Consiglio e ben lieto della partecipazione dei cittadini al dibattito, e per avvertire che non si deve portare cartelli di nessun tipo anche se quello di oggi rappresenta il Consiglio di fabbrica dei lavoratori della Montedison. Ringrazio tutti e sospendo la seduta per la riunione dei Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 10,50, riprende alle ore 11,15)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BELLOMO



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, comunico che alcuni colleghi sono momentaneamente assenti perché costituiscono la delegazione del Consiglio all'incontro con l'Ambasciatore americano in visita a Torino.
L'intesa dei Capigruppo si materializza su due decisioni: la prima unanime si riferisce all'ordine del giorno di cui ora vi dò lettura e che rappresenta la conclusione del breve dibattito di stamane sui comportamenti della Montefibre e le iniziative della Regione; la seconda decisione è quella di riprendere, immediatamente dopo l'approvazione di questo documento, la discussione della legge sulla caccia dal punto in cui l'abbiamo lasciata nella precedente seduta. Ricordo che la nostra seduta finirà verso le ore 13,30, poiché nel pomeriggio l'aula dovrà essere lasciata libera. Resta sottinteso che se non riusciremo a votare tutta la legge sulla caccia, riprenderemo l'argomento domani mattina in primissima istanza.
Dò lettura del documento sulla vicenda Montedison: "Il Consiglio regionale del Piemonte esprime piena solidarietà e sostegno ai lavoratori della Montefibre-Vallesusa in lotta per la difesa dell'occupazione e della produzione.
La Regione Piemonte dà il proprio incondizionato appoggio alla lotta diretta e coordinata dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e all'azione che intraprendono i Comuni e le Province a sostegno della lotta stessa.
Non è ammissibile che ancora una volta gli interessi ed i destini di migliaia di lavoratori e di intere zone e Comuni vengano unilateralmente decisi al di fuori di un controllo del Parlamento, del Governo, delle pubbliche istituzioni e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori con le quali sono stati a suo tempo stipulati precisi accordi sindacali che ora vengono disattesi.
Il Consiglio regionale del Piemonte chiede un urgente intervento governativo affinché nell'immediato vengano sospesi i provvedimenti unilateralmente decisi dalla Montedison - Montefibre Vallesusa che di fatto rappresentano l'anticamera dei licenziamenti e consistenti smobilitazioni produttive.
La Regione Piemonte, mentre esprime la propria opposizione ad ogni scorporo del settore fibre tenendo conto delle esigenze tecnico-produttive e di sana gestione, sottolinea l'esigenza di un serio e sistematico esame della complessiva situazione del gruppo senza che vengano, nei fatti precostituite situazioni che sarebbero di gravità eccezionale.
La Regione Piemonte chiede al Governo di indire tempestivamente una riunione nazionale dove le varie Regioni e le istituzioni pubbliche locali interessate siano messe in grado di valutare un quadro di proposte per un'organica soluzione dei problemi aperti per la politica industriale e produttiva, per la gestione e per la stessa natura del gruppo".
Metto in votazione il documento per alzata di mano.
Il documento è approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti in aula.


Argomento: Caccia

Proseguimento esame disegno di legge n. 107: "Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973, n. 21, recante 'Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte'"


PRESIDENTE

Passiamo ora ad affrontare la legge sulla caccia. Dò la parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il primo tempo della discussone sul disegno di legge presentato dalla Giunta per modificare l'attuale legge sulla caccia ha evidenziato un problema di natura politico legislativa di carattere generale, e cioè che, se è bene che le leggi regionali vengano sottoposte ad una costante verifica - anche al fine di evitare la loro mummificazione come e accaduto per tanta parte della nostra legislazione nazionale - è però indispensabile procedere, nell'opera di aggiornamento, ad un'attenta valutazione critica di quelle parti della legge che hanno provocato, o nella loro interpretazione o nella loro attuazione, il verificarsi delle condizioni che ne rendono opportune le modifiche.
Mi sembra di aver rilevato - anche dagli interventi che sin qui sono stati svolti - che, invece, le modificazioni proposte con il disegno di legge non corrispondono a quei criteri che dovrebbero presiedere all'iniziativa legislativa Criteri che nella relazione vengono definiti in blocco - e direi benevolmente - "tecnici", ma che tali non sono, almeno i più importanti, come appare evidente dalle reazioni non propriamente tecniche che hanno suscitato. Così, per esempio, mi sembra difficile considerare "strettamente tecnici" il problema della riapertura delle cacce primaverili o quello della indiscriminata caccia al cinghiale.
Sono peraltro convinto che la legge sulla caccia attualmente in vigore approvata a larghissima maggioranza nella scorsa legislatura, si ponga all'avanguardia fra tutte le legislazioni regionali, come quella che meglio tutela la fauna selvatica. Ed avendo a quel tempo sostenuto una tesi più radicale, credo di aver contribuito - anche non votandola e con il consenso sia pure timidamente espresso da alcuni colleghi - all'approvazione di una legge sostanzialmente buona.
Non ho motivo di nascondere il fatto che il Gruppo socialista ha al suo interno una posizione differenziata sul problema della caccia. Già nella passata legislatura i Consiglieri socialisti avevano votato in modo difforme sulla legge, avendo il Gruppo riconosciuto in questa materia l'oggettiva prevalenza dei convincimenti personali - basati per gli uni su ragioni di carattere educativo o morale o naturalistico, e per gli altri su ragioni diverse e a loro modo fondate - nei confronti delle ipotesi di regolamentazione che restano pur sempre subordinate alla questione di principio fondamentale. Non sono d'altra parte in gioco equilibri politici essendo del tutto evidente la natura particolare della materia, anche se esistono dei principi di carattere generale che, qualunque sia la soluzione che si intende adottare, devono essere salvaguardati, avendo indubbio carattere politico, come la tutela dell'ambiente e delle forme di vita animale che in esso si svolgono, la difesa delle colture agricole, la sicurezza dei cittadini. E così, in regime di caccia, le questioni del rapporto tra cacciatore e territorio, della partecipazione dei cacciatori alla gestione del territorio e della revisione dell'istituto riservistico in funzione antispeculativa.
Il Consigliere Rosci, relatore della V Commissione, dà correttamente atto delle dichiarazioni di principio di alcuni membri della Commissione fatte a titolo personale, sull'attività venatoria in se stessa. Avendo fatto riferimento ai principi generali, credo non sia inutile ricordare che la legge nazionale impropriamente detta "sulla caccia", attualmente all'esame della Camera, e già approvata dal Senato, ribalta completamente lo spirito e la finalità della vecchia legge del 1939, nel senso che mentre questo disciplinava essenzialmente l'esercizio della caccia, rifacendosi all'antico principio romanistico della "res nullius", ed in questo modo introduceva tutta la normativa, la legge in itinere fissa all'art. 1 il concetto opposto che "la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indispensabile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale". Con un'ulteriore limitazione data dall'adeguamento della legislazione nazionale alle norme comunitarie o alle convenzioni internazionali in materia di protezione della natura, della fauna selvatica e infine di esercizio della caccia.
Viene istituito un comitato tecnico nazionale al quale sono conferiti compiti di studi e ricerche per la valutazione della consistenza della fauna stanziale e migratoria sul territorio nazionale; per la protezione e la tutela della fauna selvatica; per la tutela delle produzioni agricole per la regolamentazione dell'uso in agricoltura di sostanze chimiche che possono compromettere la consistenza della fauna selvatica e alterare gli ambienti naturali; per la valorizzazione degli ambienti naturali.
L'indirizzo appare molto chiaro, e va certamente in una direzione di tipo protezionistico, anche se permangono gravi contraddizioni che tuttavia potranno essere meglio approfondite ed opportunamente corrette quando si provvederà all'approvazione della legge regionale di attuazione. Mi sembra che il disegno di legge della Giunta ponga sostanzialmente il problema della caccia alla migratoria, oltre a quello - peraltro imperfettamente svolto - della caccia al cinghiale. Gli emendamenti che ho presentato riguardano appunto questi due aspetti del disegno di legge.
Sulla prima questione il dibattito ha dimostrato la generale avversione alla reintroduzione delle cosiddette cacce primaverili, che pare giustificarsi in forza di questi argomenti: l'opportunità di un coordinamento con le legislazioni delle regioni finitime e le richieste dei cacciatori. Ora, l'opportunità di un coordinamento (e in questo caso si tratta veramente di un'argomentazione tecnica) si ha quando, come all'art.
1 del disegno di legge, si stabilisce che le giornate di caccia effettuate in altre regioni sono considerate compiute nel territorio della Regione Piemonte o che il cacciatore residente in altre Regioni può esercitare la caccia in Piemonte soltanto a far tempo dalla data di apertura generale della caccia nella Regione o nella Provincia di appartenenza, ma non quando si affronta il merito della materia - cioè il consentire o meno un certo tipo di esercizio venatorio - per il quale non esiste un problema di coordinamento tecnico, ma di opportunità, da valutarsi in relazione agli obiettivi della politica ambientale.
Questo tipo di caccia è generalmente vietato nelle legislazioni dei Paesi europei proprio sulla base di considerazioni di politica ambientale e della qualificazione di "res communis omnium" della fauna migratoria. Se c'è un problema di coordinamento (ripeto: nel merito della questione) la soluzione non può che essere, se mai, opposta rispetto a quella prevista dall'art. 3 del disegno di legge. Nello stesso tempo anche il necessario collegamento con la legislazione della nostra Regione porta ad analoghe conclusioni: in caso contrario si realizzerebbe l'assurdo per cui, per esempio, mentre da una parte si proteggono gli aironi dell'isolone di Oldenico, dall'altra verrebbe consentito il loro legale abbattimento.
Non può essere argomento convincente quello che si richiama alle istanze dei cacciatori: intanto perché le cacce primaverili non appartengono neppure alla tradizione venatoria della nostra Regione - se non per ristrette aree marginali - e poi perché provengono, com'é noto, da una piccola minoranza di cacciatori, il cui comportamento antibiologico ed antisportivo (ammesso che si possa parlare di sport) non ha alcuna giustificazione, proprio tenendo conto delle condizioni in cui si trova la selvaggina in fase di migrazione.
La presunta disparità di trattamento fra i cacciatori della nostra Regione e quelli delle altre Regioni che si verrebbe a creare con il divieto (o meglio con la conferma del divieto) non è motivo di preoccupazione alcuna, perché si tratta di un provvedimento giusto che ci auguriamo venga seguito dalle altre Regioni e che certamente sarà introdotto nell'apposita direttiva comunitaria in fase di elaborazione.
Per quanto riguarda, infine, la seconda questione, quella della caccia al cinghiale, poiché viene correttamente giustificata con la necessità di proteggere le colture agricole, altrettanto correttamente deve essere regolata a mezzo degli strumenti messi a disposizione dalla legislazione rendendo quindi obbligatori pareri e piani di abbattimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Se si facesse una graduatoria mondiale fra tutti i Paesi, rapportando il numero dei cacciatori esistenti e la superficie cacciabile in ogni Paese, ci accorgeremmo che l'Italia è al primo posto con un grosso distacco dalla Francia, che è al secondo (ecco perché mi ero permesso di intervenire quando parlava il Consigliere Oberto), il distacco è maggiore nei confronti di altri Paesi quali la Spagna, l'Inghilterra, la Germania, l'Austria, il Belgio e via via fino al Canada, U.S.A. e paesi africani che hanno immensi territori e quindi rispetto ad essi pochi cacciatori. Per dare un'idea più vicina alla realtà diciamo subito che tra l'Italia e la Francia che sono rispettivamente al primo e al secondo posto corrono queste distanze: che in Italia vi sono circa 1.800.000 cacciatori contro i 1.200.000 della Francia per contro la Francia ha una superficie cacciabile pari a due volte e mezza l'Italia; è facile arguire che vi è un rapporto di 3 a 1, cioè ogni 3 cacciatori italiani ve n'é uno francese, in altre parole in Italia dovrebbero esservi da 500 a 700.000 cacciatori. Se così fosse oggi non saremmo qui a discutere di queste cose o comunque a discuterne in questo modo, cioè a regolare i tesserini, l'apertura e la chiusura delle giornate di caccia, il numero dei capi da abbattere, ecc, ecc. Ne deriva quindi che in una simile situazione è per tutti arduo predisporre una qualsiasi disciplina e regolamentare delle norme che vadano bene per tutti. Non ho citato i Paesi dell'est europeo, poiché la caccia in tali Paesi è regolamentata in modo del tutto diverso, essendo il territorio un'unica immensa riserva dove a caccia ci vanno in pochi, perché costa e non perch a quei cittadini non piaccia.
In Jugoslavia, Ungheria e Cecoslovacchia il cacciatore locale dispone di un determinato numero di capi (da 15 a 20) per tutta la stagione venatoria; i cacciatori occidentali pagano in dollari il diritto (tesserino), più ogni capo da abbattere (il numero non è limitato: 100 150, 200). La selvaggina viene lasciata sul posto oppure la si porta via pagando sempre in dollari per ogni capo. Ma veniamo alla nostra legge e precisamente all'art. 19 che prevede anche per le riserve le limitazioni previste per la zona libera, Credo di dover consigliare alla Giunta di prendere in esame prima di tutto l'aspetto giuridico del provvedimento, poi l'aspetto pratico.
Si deve innanzitutto tener presente che il potere legislativo della Regione deriva dalla Costituzione: tale potere trova però un limite nella norma secondo la quale le leggi regionali debbono attenersi ai principi fondamentali della legge statale. I "principi" saranno dettati dalla legge quadro in corso di approvazione e nel frattempo vanno ricercati nel Testo Unico vigente.
Le Regioni, insomma, possono anche oggi legiferare in materia di caccia senza però travalicare i "principi" fondamentali delle leggi statali. Non e sempre facile stabilire se una data norma costituisca un "principio"; ora ci si domanda in particolare se la Regione, ponendo il limite del numero dei capi nelle riserve, contravvenga a un "principio fondamentale". Mi sembra vi siano buone ragioni per dire di sì. Tutto l'ordinamento riservistico si basa sul principio dell'autonomia di gestione della riserva. La legge pone molti obblighi al concessionario, ma lo lascia libero di gestire la sua "azienda faunistica" in modo razionale e non con uno schema definito fin nei particolari. Il riservista insomma deve mantenere la riserva in efficienza, ma può intensificare l'allevamento naturale ed artificiale al punto da consentire più numerosi abbattimenti senza venir meno all'obbligo dell'efficienza. Nel vigente Testo Unico (art.
12 bis) vi è una norma che esclude esplicitamente per le riserve la limitazione dei capi, Queste ed altre intuibili ragioni mi fanno ritenere che la norma regionale che limiterebbe il numero dei capi da abbattere per ogni giornata di caccia in riserva travalichi un principio fondamentale e sia quindi illegittima; però devo anche dire che in pratica le cose si sono sin qui svolte in modo confuso e contraddittorio. In Emilia Romagna, in Toscana, nel Veneto è stato fatto qualche cosa del genere, con l'impegno di sostituire le riserve che venissero a mancare con altre riserve pubbliche.
Il risultato lo lascio immaginare! Nel Lazio, invece, lo scorso anno il Consiglio regionale approv un'apposita legge per limitare il numero dei capi e per vietare nelle stesse zone la caccia alla migratoria, ma la legge venne respinta dal Commissario del Governo.
Oltre a queste ragioni di ordine giuridico, faccio rilevare motivi di merito e d'ordine pratico. Le restrizioni sono di effetto controproducente per le ripercussioni che in realtà possono avere: impediscono i programmi di allevamento; non favoriscono l'irradiamento di selvaggina in terreno libero (in conseguenza appunto di mancanza di allevamenti e di caccia attiva in riserva); favoriscono l'incremento di esportazione di valuta all'estero per acquisti di selvaggina e per organizzazioni di caccia in Paesi esteri; contrastano con gli interessi di numerose sezioni cacciatori aggregate talvolta a riserve di caccia; inducono, infine, a rinunce di concessioni di riserve con conseguenti irreparabili danni al patrimonio faunistico esistente nelle stesse. Il frutto è proprio questo. Non intendo imporre la mia convinzione, tuttavia sono convinto, per la pratica che mi deriva, per vivere in campagna, per fare l'agricoltore, insomma per avere contatto con il mondo della caccia, che così come siamo organizzati nel nostro Paese, nel momento in cui si prendesse un provvedimento di questo genere, verrebbe a cessare completamente e totalmente l'interesse a tenere in piedi le riserve private (le riserve sono quasi tutte di carattere privato). Il risultato quale sarà? Non avremo più selvaggina né nella zona libera né nelle riserve. Il risultato non potrà che essere questo: un impoverimento generale della popolazione faunistica, in definitiva un risultato contrario rispetto a quello che vorremmo ottenere. Ci sono poi problemi di ordine pratico, ci sono delle autentiche organizzazioni anche di lavoro, ci sono delle aziende. Tanto per rendere ai non addetti ai lavori un'idea di cosa possa costituire una riserva ben condotta, ben organizzata e ben gestita, farò un esempio che può valere sia per la provincia di Cuneo che per la provincia di Novara, cioè per tutto il territorio regionale. Considerate una riserva di caccia della superficie di circa 1.000 ettari; una riserva di questo genere è obbligata, a termini di imposizione dei Comitati provinciali della caccia (poi parleremo anche di questo, perché non condivido quanto diceva l'amico Debenedetti la settimana scorsa), è tenuta a fare un'immissione di due capi per ogni ettaro (su mille ettari c'e un'immissione obbligatoria di 2000 capi), deve tenere una giacenza di 300 capi per ogni ettaro e deve fare un'immissione obbligatoria di 130 lepri, per un totale quindi di 2.400/2.500 capi da immettere per ogni inizio di stagione venatoria. A questo si aggiunga la riproduzione naturale; quindi, una riserva di 1.000 ettari dovrebbe avere una popolazione faunistica che oscilla tra i 4.000/4.500 capi. Le statistiche sono subito fatte, sono conteggi che si fanno per ogni giornata venatoria esercitata: se ne abbattono dal 30 al 35% nell'ambito della riserva, quindi circa 1.300; di queste se ne irradiano circa il 40% nei territori confinanti, nei corridoi, nelle zone limitrofe, quindi rientrano sempre nell'area della libera caccia. Questo è il discorso: lo spirito della concessione è che la riserva di caccia ha il compito di allevare e di irradiare la selvaggina Sottolineo questo concetto perché è importantissimo. Si tenga inoltre conto che una riserva di 1.000 ettari deve almeno avere tre guardiacaccia, deve avere almeno uno o due addetti all'allevamento. Pertanto ogni riserva di 1.000 ettari occupa da 4 a 5 persone, con un onere di salari e spese che va dar 28 ai 30 milioni annui.
Si aggiungano gli affitti dei terreni, le indennità, i danni, i mangimi, le incubatrici, l'energia elettrica, le attrezzature varie, per un ammontare di altri 15 o 16 milioni; raggiungiamo la spesa di 45 milioni. Occorre gente appassionata che voglia spendere in questo modo i suoi soldi.
Vogliamo sostituire costoro con un impegno di carattere pubblico? Vogliamo impegnare Comuni, Province, Regioni e Comprensori a fare queste cose? Il compito degli Enti deve essere di vigilanza affinché lo spirito della legge e della concessione venga effettivamente rispettato.
Signori Consiglieri, dicendo queste cose non mi schiero dalla parte delle riserve né ho particolari pregiudizi contro di esse. La realtà è un'altra: ci sono delle riserve che svolgono decentemente la loro funzione e rispondono allo spirito per il quale sono state costituite, altre invece questo compito non lo svolgono. Qui sta il punto. Si tratta di mettere in piedi un'organizzazione di carattere pratico, in virtù della quale la Regione, anche attraverso le sue branchie di carattere provinciale e periferico, possa controllare l'azione delle riserve. I censimenti alla fine della stagione venatoria devono essere censimenti reali, seri rigorosi tali da rispondere alla realtà.
Ecco perché non concordo perfettamente con quanto diceva l'amico Debenedetti la settimana scorsa. Non conosco le intenzioni dell'Assessore alla caccia e della Giunta regionale. Se non vogliamo chiamarli "Comitati Provinciali Caccia" chiamiamoli con un altro nome, l'importante è che ci sia un organismo periferico che svolga le funzioni che ho citato. Si dice che il Comitato provinciale caccia non è un organo politico; deve essere un organo composto da esperti di elezione politica o in rappresentanza delle categorie. Peraltro non è assolutamente vero che non è un organo politico perché di norma il Presidente del Comitato provinciale caccia è il Presidente della Provincia (se poi verrà delegata un'altra persona n politica né esperta, in quel caso non ci sarà quella serietà che si deve invocare). Dobbiamo chiarire gli aspetti positivi e gli aspetti negativi dell'esistenza delle riserve. Vivo in una provincia dove esiste una polemica continua tra alcuni paesi dove i coltivatori diretti dell'uno ragionano in un modo e i coltivatori diretti dell'altro ragionano in un altro. Mi rivolgo ai colleghi, coltivatori diretti, che fanno parte del mio Gruppo per dire loro che come Consigliere regionale là eletto, e in parte eletto anche dai coltivatori diretti, ricevo dal loro collega Remigio Bermond, direttore della Coldiretti di Novara, una lettera di questo tipo e non è l'unica: "La presente per informarla e per richiedere il suo autorevole intervento presso la Presidenza della Giunta regionale e presso l'Assessorato alla caccia, che il titolare della riserva di caccia S.
Michele di Cameri ha ricorso alla Regione contro la deliberazione del Comitato Caccia di Novara (n. 89 del 6/12/1976) con la quale veniva respinta la domanda di rinnovo della concessione. La deliberazione del Comitato Caccia ha suscitato una violenta reazione da parte dei proprietari terrieri ed in particolare dei produttori agricoli, quasi tutti coltivatori diretti, in quanto rendendosi la zona libera da ogni vincolo l'esercizio venatorio sarà fonte di gravi danni per i raccolti agricoli".
Chiedo alla Giunta regionale, in particolare all'Assessore Moretti, di tener conto delle considerazioni che faccio. In effetti è un privilegio perché si tratta di una concessione che lo Stato o il potere pubblico dà però bisogna far sì che questo privilegio dia una contropartita, che non deve essere però una contropartita a titolo personale in favore di chi gestisce la riserva, bensì deve avere una funzione sociale rispettando i canoni previsti. Ritengo che non si debba alterare la situazione attuale almeno per quanto riguarda il problema delle riserve, al fine di rispondere alle aspettative di coloro che si interessano di caccia.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Non aggiungerò molto a quanto hanno detto i colleghi su questo problema che, mi dicono gli esperti, crea anche crisi ministeriali. Questi argomenti vanno comunque affrontati con un minimo di serenità. Sono tra i fondatori di un'associazione di tipo naturalistico, però devo dire che nei confronti dei cacciatori ho molte simpatie, intendo i veri cacciatori. Chi vive in mezzo alla natura e non si limita a leggerla soltanto sui libri di testo, e conosce i cacciatori delle aree che considero privilegiate (sono nato in una di quelle aree), i cacciatori di montagna, può capire questi problemi.
Il cacciatore del camoscio non ha niente a che fare con il bracconiere e secondo me, è un elemento che contribuisce al mantenimento di un certo tipo di equilibrio (sarà forse un equilibrio artificiale, ma è pur sempre un equilibrio). Quindi, andiamoci molto cauti a rompere gli equilibri anche se artificiali. Quando vediamo i cacciatori di montagna che, da generazioni magari in tre uccidono un camoscio all'anno, se lo dividono e fanno la bresaola di camoscio (detta "mozetta" e questo, per esempio, è anche un fatto di cultura), di fronte a questi individui che troviamo andando in montagna con i nostri zaini leggerissimi e gli alimenti ipernutritivi, di fronte a questi signori, che, con il pane di segala e il lardo nello zainetto fatto di tela, vanno a cacciare, ci rendiamo conto che effettivamente la caccia non è soltanto un fatto snobistico di violenza alla natura come qualcuno vuol far credere. E' più facile parlare di un problema con qualcuno che ha idee diverse dalle nostre che parlare con qualcuno che non ha idee. Molte volte coloro che si preoccupano dei problemi della natura sono nei suoi confronti indifferenti, quindi difficilmente recuperabili. La maggior parte dei cacciatori e gente che vive nella natura, ama la natura, quindi è disponibile a un tipo di discorso che riesca a compenetrare le diverse esigenze. Non sono da condividere sul piano culturale, oltre che politico, certi attentati e certe polemiche di stampa che ci richiamano a ciò che pensano di noi i paesi ariani perché uccidiamo gli uccellini di passaggio: i paesi ariani penso che abbiano fatto di peggio. Detto questo ribadisco che non vado a caccia e che ritengo sia meglio andare a caccia con l'obiettivo fotografico che non con il fucile, tuttavia i cittadini che ritengono la caccia uno sport e un modo di rispettare e vivere la natura, hanno diritto di fare sentire la loro voce, per cui è con questo tono di serenità che ci si pu avvicinare a esaminare la legge presentata.
Mi sono limitato a presentare degli emenda menti che vanno a criticare la "reformatio imperii" di una legge della Regione Piemonte che era stata considerata quanto di più avanzato e moderno ci fosse in Italia. Siccome da parte della Giunta non c'è stata una sufficiente giustificazione della riforma della legge, ho ritenuto di dover limitare il mio apporto appunto nel formulare tre o quattro emendamenti che ripropongono semplicemente lo status quo della legge. Nella misura in cui la Giunta farà opera in questo senso, e mi pare lo stia facendo, troverà il nostro voto favorevole.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Desidero aggiungere qualcosa relativamente alle riserve: a me le riserve di privilegio non vanno, meglio abolirle e sopprimerle sostituendole con degli altri accorgimenti che debbono essere portati avanti con grosse responsabilità. Qualcuno di loro ricorda che cosa ha significato la riserva del Lago di Ceresole, gestita, per un certo periodo di tempo, dal Parco del Gran Paradiso, con una ricchezza di pescagione notevolissima, con un andare incontro alle popolazioni locali; ad un certo momento questo non è stato più possibile e la gestione è diventata pubblica o semi-pubblica e, nel giro di due anni, la riserva è praticamente distrutta. Quindi, sono antiriservista nei confronti della riserva di privilegio, sono invece favorevole alla riserva quando è momento di riproduzione e di ripopolamento inteso nel termine più alto dell'espressione. Però vorrei chiedere all'Assessore: "Come mai vi è stata questa trasformazione?". Leggo il testo dell'art. 19 proposto dalla Giunta: "Le riserve di caccia poste nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi sono soggette alle limitazioni di cui alla presente legge, con esclusione della limitazione del numero di capi di selvaggina stanziale protetta da abbattere", frase che è stata soppressa nel testo che ci viene presentato. Chiedo perché non sia possibile ristabilire questo momento, quale era stato visto dall'Assessore e presentato dalla Giunta che correggerebbe immediatamente, pro tempore, fino a che non sia risolta la fondamentale questione delle riserve, quell'atto di iniquità e di illegalità, forse anche di anticostituzionalità, che potrebbe far cadere tutta la legge sull'art. 19.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Desidero fare una richiesta. Non sono un anti-caccia come il collega Calsolaro. Sono invece un cacciatore; il collega Calsolaro approverebbe per sua esplicita ammissione, solamente la caccia alle zebre, ma non è possibile porre queste limitazioni, quindi bisogna discutere in termini più ampi. Sono un Consigliere cacciatore che ragiona e che si appresta a votare le modifiche alla legge con una certa consapevolezza e non solamente con lo spirito di sparare ad ogni costo (sparerei particolarmente ai tori se dovessi fare la contrapposizione con il collega Calsolaro). Vengo al nocciolo della questione: se, dopo la replica dell'Assessore, passiamo alla votazione degli emendamenti proposti, sarebbe opportuno che avessimo il testo degli emendamenti stessi.



PRESIDENTE

Gli emendamenti sono stati distribuiti ai Capigruppo, ma possiamo farne delle copie e distribuirli subito.
La parola all'Assessore Moretti per la replica



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Gli emendamenti sono stati distribuiti dalla Presidenza del Consiglio.
Non ho responsabilità in queste cose.
Signor Presidente, colleghi, è ferma convinzione della Giunta che la complessa problematica della caccia non possa essere risolta se non con l'adozione di una legge organica, che tenga anche conto delle interdipendenze del relativo settore con quelli inerenti all'agricoltura all'ecologia, all'assetto del territorio e al tempo libero.
Una legge regionale organica che in aderenza alla realtà socio economica ed ambientale sia ispirata ai principi intesi a realizzare un'inversione di tendenza dello sfruttamento delle riserve del patrimonio faunistico. In questa ottica dovrà essere rivisto innanzitutto l'istituto riservistico che nella sua forma attuale, spesso a carattere speculativo non risponde più alle nuove esigenze. Si dovrà quindi tener presente l'opportunità di organizzare zone faunistiche anche interdette all'esercizio venatorio, d'intesa con gli Enti locali, le associazioni venatorie e le associazioni agricole. Inoltre si dovrà rivedere, con criteri tecnici più appropriati, la delimitazione della zona faunistica delle Alpi.
C è stata una riunione nell'ambito dell'Assessorato per quanto riguarda la delimitazione delle zone faunistiche di cui occorre rivedere anche i confini. E' stata nominata una commissione tecnica che opererà in questo senso per riprendere il discorso non appena sarà approvata la legge quadro a livello nazionale. La zona faunistica delle Alpi dovrà comprendere solo quei territori che costituiscono l'habitat della fauna montana. E' evidente la necessità che tale legge concretizzi una normativa che dovrà essere coordinata con quella delle altre Regioni, soprattutto quelle limitrofe specie per quanto riguarda alcuni aspetti, quali per esempio il calendario venatorio. In attesa di questa normativa, la cui adozione sembra imminente da parte della Camera, cioè di una legge quadro sulla base della quale la legge regionale deve essere formulata, si ritiene di non disattendere le numerose proposte sollecitate da vari ambienti, agricoli, venatori e naturalistici, in ordine ad alcune modifiche ed integrazioni all'attuale legge regionale sulla caccia.
Signori Consiglieri, nel ripresentare con varianti, le modifiche alla legge regionale sulla, caccia, si impone qualche considerazione carattere più generale. Al di là dei semplici riferimenti tecnici che pur sono necessari e come tali si faranno, tali considerazioni generali si impongono perché dopo il dibattito, dopo tanto discutere, il che, dietro alla battaglia degli emendamenti, ha evidenziato anche diversità di posizioni sostanziali, non si può far finta di nulla, non si può procedere nella tranquillità dei dettagli tecnici come nulla fosse avvenuto Che cosa dunque è avvenuto che merita un chiarimento di principio? E' avvenuto che in maniere diverse, a volte indirette, ma a volte più chiare, sono emerse forti resistenze e valutazioni negative nei confronti della caccia come fenomeno umano. E' su questo punto che occorre fare chiarezza, perché se da un lato sono noti gli argomenti, anche seri, di quei filoni culturali che da tempo ne propugnano l'abolizione, dall'altro lato si deve tener conto con prudente realismo di un'altra serie rii remi che giocano altrettanto seriamente in senso inverso. Ciò che ci vuole, in sostanza, e una maggiore equanimità e concretezza nel giustificare il fenomeno, sgombrando il terreno da ogni pretestuosa impressione, specie di coloro che credono ingiustamente che la difesa della caccia sia solo una difesa corporativa e clientelare dei cacciatori.
In primo luogo c'è da osservare, con sensibilità realistica che è dovere di ogni politico, che la caccia è una realtà di massa, si badi, e non di minoranza popolare. Una realtà difficilmente cancellabile con il colpo di spugna di un provvedimento normativo: quindi credo ci e su questo occorra molta riflessione.
La pratica sportiva ha definito e tram andato un patrimonio di tensione che sarebbe dannoso reprimere tutto ad un tratto e che sarebbe illusorio pensare di poter destinare facilmente ad altre forme repressive quand'anche si accedesse a un giudizio politico di limitazione nei confronti del fenomeno, ciò non potrebbe accadere che attraverso una serie di ridirne progressivamente restrittive che lascino un congruo tempo ad una generale conversione coinvolgente l'uso del tempo libero e le propensioni culturali dei cacciatori.
Del resto un'adeguata cautela temporale nella limitazione del fenomeno sarebbe richiesta anche sotto il profilo dei tempi tecnici di riconversione richiesti dai settori produttivi, in gran parte artigianali, legati all'attività venatoria.
Oltre alle indicate considerazioni che si muovono su un terreno prevalentemente difensivo, c'é però da tener presente che a tutt'oggi la caccia esercita una funzione positiva nei confronti dell'ambiente biologico e soprattutto nei confronti dell'agricoltura.
E' pur vero che si conoscono da tempo le lamentele degli agricoltori che si dichiarano lesi dall'attività venatoria, ma in proposito c'é da opporre fermamente che ben più grave sarebbero i danni per le colture nel caso in cui la caccia non intervenisse a contenere l'espansione di numerose specie ad elevatissimo coefficiente di dannosità.
Su quest'ultimo terreno occorre essere chiari: la caccia esercita indirettamente una funzione di equilibrio, di cautela nei confronti dell'ambiente nel cui ambito l'agricoltura trarrà in primo luogo beneficio ed è appunto in considerazione di ciò che l'accettazione della caccia e della sua regolamentazione non possa oggi venir disconosciuta da parte di qualsiasi posizione politica responsabile. Questa difesa che possiamo oggi fare sia nei confronti della caccia, sia nei nostri confronti per l'atteggiamento che assumiamo dinanzi ad essa è del resto una difesa doverosa, specie se si tiene conto che la Regione Piemonte non ha dato spazio né ad eccessi né ad arbitrii nell'ambito dell'attività venatoria, n eccessi né arbitrii vengono consentiti con le modifiche che a suo tempo sono state presentate dalla Giunta e che oggi la Giunta è disposta a rivedere proprio per venire incontro a doverose esigenze di contemperamento tra i vari interessi. Nel corso del dibattito consiliare si è sviluppato un ampio, approfondito apporto di contributi che si sono particolarmente focalizzati sulla caccia al cinghiale, sulla caccia primaverile alla migratoria, sul calendario venatorio, sul divieto di caccia nei terreni in attualità di coltivazione, sulle riserve di caccia.
Dal dibattito sui punti indicati sono emersi elementi e valutazioni che possono ritenersi utili ai fini di alcune riformulazioni tecniche e di merito del testo normativo. In particolare si possono recepire le seguenti valutazioni. Vorrei dare alcune informazioni per rispetto al dibattito che liberamente deve fare le proprie scelte. Mi sono attenuto scrupolosamente a non discutere il problema in Commissione perché la Giunta era propensa ad affrontare questo dibattito con una certa libertà. In particolare si possono recepire le seguenti valutazioni, e cioè che la caccia al cinghiale non può venire esercitata indiscriminatamente, bensì in subordine da un lato allo specifico piano di abbattimento disposto dai Comitati provinciali caccia e dall'altro dalle esigenze di tutela delle colture agricole: quindi sono due le ragioni a cui il collega Calsolaro ha fatto riferimento nel suo intervento. Vi è l'esigenza di uniformità ad altre nazioni europee, nonch l'opportunità di aderire a specifiche raccomandazioni già emerse in sede comunitaria che suggeriscono attualmente in tema di caccia primaverile di tenere in maggior considerazione interessi di tipo professionistico anzich di tipo venatorio.
Al fine di una maggiore chiarezza della disposizione e al fide di una minor conflittualità interpretativa, è preferibile che l'individuazione del giorno venatorio venga effettuata in base ad ora certa, facendo riferimento ad una fonte ufficiale, cioè l'Osservatorio di Brera. Per agevolare il cacciatore e per evitare eventuali contestazioni allegheremo ai tesserini venatori un prospetto che indica l'ora esatta del sorgere e del tramonto del sole relativamente al periodo di caccia, questo per evitare che il cacciatore possa non essere informato. Considerando che la maggior parte delle categorie dei lavoratori non ha sufficiente flessibilità nella determinazione del proprio tempo libero, il requisito della non consecutività nei giorni venatori creerebbe un'ingiustificata discriminazione tra le diverse categorie, con particolare pregiudizio per i lavoratori subordinati, quindi vi è anche una proposta da parte della Giunta della non consecutività dei giorni venatori. Una rigorosa esigenza di tutela degli interessi agricoli suggerisce di vietare la caccia sui terreni gravati da frutti pendenti: questa e una proposta che riprenderò.
In materia di riserva di caccia, è opportuno precisare che l'adempimento di alcune finalità delle riserve, incrementi, irradiamento e sosta della selvaggina, va sanzionato attraverso una revoca necessaria della concessione.
La Giunta ritiene di accettare alcune proposte; per contro la Giunta non ritiene di accettare altre osservazioni emerse dal dibattito che riguardano i seguenti punti: disparità di trattamento tra cacciatore residente in Piemonte e cacciatore proveniente da altre Regioni, a prescindere dalla considerazione che anche altre Regioni, ad esempio la Toscana, hanno adottato un'analoga limitazione. La stessa appare opportuna al fine di impedire eccessive pressioni venatorie che sarebbero pregiudizievoli per la salvaguardia del patrimonio faunistico e delle colture agricole. Tale limitazione vuole inoltre sopperire all'impossibilità constatata negli anni scorsi di addivenire ad un coordinamento delle aperture della caccia nelle diverse Regioni.
Utilizzazione delle somme introitate dalla Regione per il rilascio dei tesserini. L'indicazione "40%" , mentre consente di destinare alle spese di vigilanza anche altre somme maggiori, consente peraltro di intervenire per il risarcimento dei danni all'agricoltura in misura adeguata, tenendo conto che numerose zone di divieto costituite dalla Regione hanno determinato un aumento delle richieste di risarcimento. E' di questi giorni un incontro con i coltivatori diretti della provincia di Asti che hanno fatto presente il divieto per quanto riguarda la caccia controllata. Siccome non conosciamo esattamente il danno per il 1977, se fissiamo le percentuali, ci possiamo trovare nell'impossibilità di soddisfare alcune richieste: ecco perché sosteniamo la tesi che deve rimanere così com'è stato presentato al Consiglio regionale.
Apertura della caccia al 15 ottobre. L'emendamento proposto al riguardo non è accoglibile in quanto si ridurrebbe ulteriormente il periodo consentito per la caccia impedendo praticamente l'esercizio venatorio nelle zone faunistiche delle Alpi, a causa delle condizioni meteorologiche.
Inoltre va tenuto presente che tale ritardo comporterebbe un'eccessiva pressione venatoria conseguente al prevedibile afflusso dei cacciatori foranei quando vi è la necessità di tutela delle colture agricole; occorre rilevare che già l'art. 13 della legge regionale n. 21 impedisce di cacciare nelle zone in attualità di coltivandone, disposizione che con l'emendamento, se sarà accettato, viene ulteriormente rafforzato e precisato.
Il carniere per quanto riguarda gli storni. Il Consigliere Debenedetti aveva fatto tutta una lunga osservazione in merito. Devo far presente che il Testo Unico prevede la cattura degli storni qualora causino danni alle colture. Tuttavia tale norma non appare idonea alle finalità previste, infatti lo storno nel periodo della caccia si muove in forma gregaria comprendendo a volte migliaia di capi, localizzandosi sui vigneti per cui non sempre i Comitati provinciali caccia ravvisano gli estremi dell'applicazione della norma citata.
Addestramento cani. Mi spiace che non ci sia il Consigliere Debenedetti. La modifica apportata è da ricondurre soprattutto all'opportunità di mantenere nella giusta valutazione una delle forme di caccia più classiche. Infatti se i cani debbono essere allenati occorrerebbe un periodo di allenamento lungo, ma se si incomincia presto è facile che i cani non allenati danneggino sia le colture erte la selvaggina. D'altra parte la norma prevede procedure tali da impedire danni alle colture e alla selvaggina.
Cattura della selvaggina nelle zone agricole di cui all'integrativo dell'art. 20.
E' indispensabile, ai fini della tutela, tutelare le colture agricole per l'eccessiva presenza di selvaggina. Qualora l'articolo in questione non fosse così integrato, verrebbero vanificati i provvedimenti di istituzione del divieto diretto a tutelare le colture agricole dell'esercizio venatorio poiché il progressivo incremento della selvaggina determinerebbe danni tali da dover revocare gli stessi provvedimenti.
E' dunque con piena coscienza che mi accingo ad accettare l'attuale versione degli emendamenti alla legge, piena coscienza che deriva dalla convinzione che tali emendamenti scaturiscono da un lato da valori di concretezza e dall'altro lato da una versione complessiva nell'approccio al problema: valori di realismo e globalità su cui confido si possa concordare da più parti, una volta superati comprensibili schieramenti emotivi e che la delicatezza del problema solleva, ma che richiede nel contempo di superare le stesse divergenze. Per quanto riguarda le proposte degli emendamenti sono del parere di verificarle non appena entriamo nell'articolato perché ci sono emendamenti, come ho già indicato nel mio intervento, che la Giunta approverà e vi sono degli emendamenti che la Giunta non approverà.
Per quanto riguarda le riserve di caccia la Giunta ha presentato un emendamento in sostituzione dell'art. 19.
Credo di aver soddisfatto quanti hanno posto il problema della caccia.
Se vi sono altre proposte sono a disposizione.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa.
Passiamo ad affrontare l'articolato: Il primo emendamento è stato presentato dai Consiglieri Lombardi e Picco e così recita: "Il comma 11 dell'art. 1 della legge regionale 13/8/1973 n. 21 viene così modificato: 'Il 40% delle somme introitate dall'Amministrazione regionale viene destinato alle spese di vigilanza il 30% al ripopolamento del patrimonio faunistico della Regione, all'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione e il restante 30% per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole tenendo in particolare considerazione la pressione venatoria registrata in ciascuna provincia '".
La parola al Consigliere Lombardi.



LOMBARDI Emilio

L'emendamento, che non è stato proposto da Lombardi e Picco, ma da Lombardi e Franzi, tende a precisare la percentuale delle somme introitate che debbono andare al risarcimento dei danni. L'esperienza diretta conferma che i danni richiesti dai produttori agricoli vengono risarciti in minima parte.
In provincia di Cuneo, su 300 milioni incassati dal Comitato provinciale caccia, solo 6 milioni, cioè il 2%, sono andati al risarcimento danni e richieste di danno di 500/600 mila lire, specialmente nelle zone montane, derivanti da danni provocati da cinghiali sono state liquidate con 20 /30 mila lire. Quindi il nostro intendimento era quello di garantire almeno il 30% al risarcimento dei danni. Da quanto ho sentito dire dall'Assessore c'è però la disponibilità di aumentare questa percentuale pecche si teme che eventualmente ci siano richieste superiori al 30%, per cui ho pronto un emendamento sostitutivo di quello presentato che garantirebbe questa possibilità. La dizione dell'emendamento invece di quella proposta sarebbe: "Il 40% delle somme introitate dall'Amministrazione regionale viene destinato alle spese di vigilanza; del restante 60%, almeno il 50% viene destinato al risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole tenendo in particolare considerazione la pressione venatoria registrata in ciascuna provincia; la somma residua viene destinata al ripopolamento del patrimonio faunistico della Regione, all'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione". Quindi le perplessità dell'Assessore verrebbero superate da questa nuova dizione.
L'Assessore era preoccupato della dizione del nostro emendamento perch riteneva che, così come era formulato, avrebbe posto dei limiti all'eventuale risarcimento dei danni nella misura del 30% del totale. Ora con la parola "almeno", è chiaro che possiamo oltrepassare questo limite per cui la preoccupazione prospettata dall'Assessore, viene superata e l'emendamento potrebbe essere accolto: rispetto alla vecchia dizione c'é il termine "almeno" in più.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

A nome della Giunta dichiaro che non siamo d'accordo, quindi riproponiamo l'art. 1.



PRESIDENTE

Fra un attimo verrà distribuita la copia del secondo emendamento proposto dal Consigliere Lombardi, in modo che ogni Consigliere l'avrà sotto gli occhi.
Chiede la parola il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Visto che dopo l'illustrazione dell'emendamento Lombardi ci sono stati altri interventi, sfuggendomi in questo momento la norma regolamentare chiedo se mi è consentito intervenire sull'emendamento medesimo, pur non avendolo sottoscritto.
Durante i lavori del Comitatino che era stato nominato dalla V Commissione, il problema era stato oggetto di un lungo dibattito Ora mi chiedo: perché fissare in termini esatti e precisi il 30%, cioè il 50% del 60%? Nei casi in cui il risarcimento richieda somme superiori, cosa facciamo? Proprio in conseguenza di ciò che e stato precisato, penso Assessore Moretti, che l'aver aggiunto quell' "almeno" faccia salve le sue preoccupazioni (dal momento che è già stato anticipato il "no", mi consenta di dirle che non riesco a capirne il motivo). Anche alla luce di quanto sta avvenendo nella mia e nelle altre province, il risarcimento ha tuttora il sapore della beffa, perché di fronte a danni di decine e decine di migliaia di lire, dopo un anno e mezzo e forse più, il produttore si vede indennizzato con il 10% del danno reale. Per cui mi sorprende il no dell'Assessore al nuovo emendamento Lombardi.



PRESIDENTE

Mettiamo in votazione per alzata di mano il secondo emendamento.
L'emendamento è respinto con 16 voti favorevoli, 25 contrari e 5 astenuti.
L'emendamento modificativo 3, firmato dai Consiglieri Menozzi, Vietti Lombardi e Soldano, dice: "Al secondo rigo, dopo le parole 'Regione Piemonte' sostituire 'dalla terza domenica di settembre' con 'dal 15 di ottobre'".
C'é qualcuno che vuole dare spiegazioni? Il Consigliere Menozzi, ha facoltà di parlare.



MENOZZI Stanislao

E' implicito fare riferimento alla data di apertura della caccia. Con il nostro emendamento chiediamo di posticiparla al 15 di ottobre. Le motivazioni sono state ampiamente illustrate nel corso del nostro intervento. Cogliamo soltanto le osservazioni che a tale proposito ci ha fornito l'Assessore Moretti che sostiene, addirittura, in contraddittorio con quanto chiediamo, che la caccia non costituisce danno ma, sotto certi aspetti, addirittura un vantaggio per l'agricoltura e richiama la data del calendario venatorio dicendo che accettare quanto è stato proposto, oltre che a restringere il periodo dell'attività venatoria, verrebbe a determinare una consistenza tale di selvaggina che risulterebbe dannosa per l'agricoltura. Non riteniamo che il posticipare la data di apertura della caccia possa aumentare la selvaggina al punto tale da suscitare le preoccupazioni evidenziate, perché se facciamo un discorso puramente faunistico chiediamo proprio di posticipare la data di apertura per ridurre il danno alle colture e ai frutti pendenti, ma anche per consentire il consolidamento di un patrimonio che ha subito, come tutti noi sappiamo determinate débâcles. Insistiamo pertanto nel sostenere la validità dell' emendamento, anche perché non c'è stata nessuna proposta alternativa tendente a conciliare un problema tanto grave con i pericoli che l'anticipo dell'apertura dell'attività venatoria verrebbe ad arrecare all'agricoltura.
Prendo atto in una non sufficiente buona volontà perché il rifiuto e stato veramente drastico, quando invece ci aspettavamo dall'Assessore una proposta alternativa, proposta che avrebbe potuto essere quella di cercare di superare le difficoltà del calendario di apertura e di incominciare a fare il discorso intorno a certi tipi di migratori e precisamente storni passero italico e altri che notoriamente arrecano notevoli danni alle produzioni; quanto meno di consentire l'apertura al 19 settembre o alla fine di settembre o alla prima domenica di ottobre per questi tipi di uccelli migratori, poi, eventualmente, rivedere la caccia alla selvaggina stanziale.
Purtroppo non c'è stata nessuna proposta in tal senso, e noi rimaniamo fermi sul nostro emendamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Calsolaro. Ne ha facoltà.



CALSOLARO Corrado

Dall'intervento che ho svolto nel corso della discussione generale risulta evidente che, essendo la data del 15 ottobre più restrittiva rispetto a quella della terza domenica di settembre, voterò a favore dell'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Vi è un emendamento successivo che dice: "Dopo il primo comma inserire: 'L'esercizio della caccia è comunque vietato nei terreni dai quali non sono ancora stati asportati i frutti pendenti, ecc.'". Vorrei sapere se questo viene accolto o meno. Non ho alcuna difficoltà a dire che aprire la caccia il 15 di ottobre è troppo tardi. Vogliamo fate dei formalismi?



PRESIDENTE

La parola all'assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Accoglieremo quell'emendamento.Nel mio intervento ho fatto presente le difficoltà per quanto riguarda l'apertura della caccia al 15 ottobre.
Un passo in avanti è stato fatto, perché l'apertura era fissata alla seconda settimana settembre, ora siamo arrivati alla terza settimana di settembre quindi la Giunta ritiene di non approvare la proposta di rinviare l'apertura al 15 ottobre.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, mi fanno osservare che tutti gli emendamenti di cui stiamo parlando si riferiscono sempre all'art. 1 della legge, questo significa che non dovremmo più votare per appello nominale fino all'esaurimento di tutti gli emendamenti dell' art. 1, quindi proseguiamo con la votazione sugli emendamenti e poi voteremo l'art. 1 per appello nominale.
Metto in votazione per alzata di mano l'emendamento modificativo.
L'emendamento è respinto con 16 voti favorevoli, 28 contrari e 4 astenuti.
Passiamo all' emendamento aggiuntivo all'art. 3 che recita: "Dopo il primo comma inserire il seguente altro comma: 'L'esercizio della caccia è comunque vietato nei terreni dai quali non sono stati ancora asportati i frutti pendenti. L'inosservanza del divieto, anche se non sono state apposte le tabelle di cui all'art. 30 del T.U. 5/6/1939 n. 1016, è punita con le sanzioni previste dalla presente legge e con il ritiro del tesserino di cui alla legge regionale 13/8/1973 n. 21 per l'intera annata venatoria'".
L'emendamento è stato presentato dai Consiglieri Lombardi, Menozzi e Vietti.
La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Questo emendamento viene accettato dalla Giunta ed è spostato in sostituzione dell'art. 13. Il Testo Unico già lo prevedeva, noi lo vogliamo riaffermare.



PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Dopo l'avvenuto accoglimento, colgo l'occasione per precisare al collega e amico Borando che non era assolutamente riconducibile a quanto si stava discutendo prima: con questo emendamento ci si richiama all'art. 30 del Testo Unico, da anni contemplato e riconosciuto tale, la cui efficacia purtroppo, si e dimostrata pressoché nulla. Confidiamo che gli organi di vigilanza che non ci sono ancora, o che ci sono in forma inadeguata possano essere immessi. Di innovativo c'è un fatto: che l'art. 30 prevedeva le targhe e le indicazioni; alcuni cacciatori capovolgendo quelle targhe se ne servivano contro quei coltivatori che volevano difendere i loro buoni diritti: almeno ora si viene a ritenere teoricamente valida l'efficacia anche senza quella targa.



PRESIDENTE

Dopo la dichiarazione della Giunta, l'emendamento verrà messo in votazione all'art. 13. Passiamo all'emendamento integrativo all'art. 3: "Di seguito alla parola 'ottobre' comma secondo - sono aggiunte le parole nei limiti dei piani da prevedersi con successivo provvedimento'", presentato dal Consigliere Marchini, a cui dò la parola.



MARCHINI Sergio

Cercavo di chiarire se per caso ero colpevole di imprecisione, nella confusione che sta venendo fuori, poiché riconosco che così formulato l'emendamento fa rinvio ad una norma successiva, il che comporta qualche problema. Mi pare, però, che l'Assessore nella sua introduzione avesse suggerito una formulazione diversa per quanto attiene l'abbattimento del cinghiale; è una formula, certamente più felice che non quella da me suggerita.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

C'è una proposta di emendamento del Consigliere Calsolaro, per quanto riguarda la caccia al cinghiale. Credo che possa essere ripresa da lei, se è d'accordo di sostenere lo stesso emendamento.



MARCHINI Sergio

Mi associo alla proposta di Calsolaro.



PRESIDENTE

L'emendamento del Consigliere Marchini è ritirato.
Passiamo all'emendamento presentato dal Consigliere Calsolaro: "Emendamento - sostitutivo all'art. 3, secondo comma: 'La caccia al cinghiale è consentita, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia applicata alla caccia e dell'Ispettorato provinciale de il 'agricoltura territorialmente competente, secondo piani di abbattimento disposti dai Comitati provinciali della caccia ed a persone nominativamente indicate, ai soli fini della tutela delle colture agricole'".
La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Vorrei dire che l'eventuale approvazione di questo emendamento implica l'abrogazione di una norma relativa alla caccia al cinghiale che è contenuta dopo, e che dice: "La caccia al cinghiale è consentita su tutto il territorio della Regione dalla prima domenica di ottobre".



PRESIDENTE

Passiamo a votare questo emendamento. Chi è d'accordo è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 44 voti favorevoli e 3 astenuti.
Passiamo agli emendamenti soppressivi all'art. 3. Il primo è presentato dal Consigliere Marchini e dice: "E' soppresso integralmente il terzo comma". Il secondo è del Gruppo della D.C.: "E' soppresso il quarto comma" così come propone l'emendamento presentato dal Consigliere Calsolaro.
Quindi unifichiamo le tre proposte di emendamento e poiché la Giunta si dichiara d'accordo, passiamo alla votazione per alzata di mano.
Gli emendamenti sono approvati con 44 voti favorevoli e 3 astensioni.
Passiamo agli emendamenti al primo comma dell'art. 4 presentati dal Consigliere Marchini: "Sostituire alle parole 'di mezz'ora dal sorgere del sole' la sola parola 'del'" e "Sostituire alle parole 'mezz'ora dal tramonto' le parole 'il tramonto'".
Il Consigliere Marchini ritira gli emendamenti all'art. 4.
C'è ora un emendamento modificativo proposto dalla Giunta: "Nel primo comma dell'articolo sostitutivo dell'art. 5 della legge regionale 13/8/1973 n. 21 sono soppresse le parole 'e dalla seconda domenica di febbraio fino all'ultima domenica di marzo sul territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi... non consecutivi...'". Inoltre la Giunta propone al secondo comma del predetto articolo, di sopprimere le parole "di cui nessuno consecutivo ad altri".
Metto in votazione gli emendamenti all'art. 5 per alzata di mano.
Gli emendamenti sono approvati con 38 voti favorevoli e 3 astensioni.
All'art. 6 della legge regionale 13/8/1973 n. 21, vi è un emendamento modificativo proposto dalla Giunta: "Nel primo comma dell'articolo sostitutivo dell'art. 6 della legge regionale 13/8/1973 n. 21, sono soppresse le parole 'e non più di un cinghiale, salva, per quest'ultima specie, la possibilità da parte dei Comitati provinciali della caccia di disporre, previo parere favorevole del Laboratorio di Zoologia applicata alla caccia, appositi piani di abbattimento da pubblicarsi, a norma del successivo articolo 22, unitamente al calendario venatorio".
La Giunta propone anche un emendamento soppressivo allo stesso articolo: "Il terzo comma dell'articolo sostitutivo dell'art. 6 della legge regionale 13/8/1973, n. 21, è soppresso".
Chi è d'accordo su questi emendamenti è pregato di alzare la mano.
Gli emendamenti sono accolti con 39 voti favorevoli e 4 astensioni.
Passiamo all'emendamento sostitutivo all'art. 7, primo comma, seconda riga, presentato dal Consigliere Marchini: "Alle parole 'nei trenta giorni precedenti' si sostituiscono le parole nei dieci giorni precedenti'".
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

La ragione è quella di non andare a compromettere per così lungo periodo di tempo sia la tranquillità della selvaggina e soprattutto per non riprodurre tutta quella serie di problemi che l'allenamento del cane comporta.
Sul fatto dell'allenamento del cane, inteso come fatto fisiologico e non come addestramento, ci sarebbe parecchio da discutere (parlo nell'interesse del cane, non del cacciatore); meno un cane è allenato meno si stanca, contrariamente a quanto credono i colleghi.
Un cane allenato si stanca e muore di infarto, invece un cane poco allenato non corre dei rischi. Questa è una legge a favore degli animali quindi è opportuno non far correre troppi rischi ai cani. Una persona non allenata se si mette a correre, non corre nessun rischio, perché si stanca una persona allenata accumula una serie di tossine e di acido lattico che in fase di recupero sono assai pericolose. La stessa cosa avviene per il cane. Quindi se è per il cane che vi preoccupate, fatelo allenare solo per dieci giorni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore alla caccia, Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

La Giunta respinge l'emendamento.



PRESIDENTE

Mettiamo in votazione l'emendamento per alzata di mano.
L'emendamento è respinto con 3 voti favorevoli, 22 contrari e 16 astenuti.
Vi è ancora un emendamento sostitutivo proposto dalla Giunta: "L'art.
13 è sostituito dal seguente: 'Ai sensi dell'art. 30 del T.U. 5/6/1939, n.
1016 e successive modificazioni, è vietata a chiunque la caccia vagante nei terreni in attualità di coltivazione, o dai quali comunque non siano ancora stati asportati i frutti pendenti Si intende per frutto pendente il prodotto commestibile non separato dall'albero anche di non alto fusto. Il contravventore è soggetto all'immediato ritiro del tesserino, salve le sanzioni previste dal T.U. 5/6/1939, n 1016 e successive modificazioni e salva la sanzione pecuniaria in via amministrativa'" La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

La Giunta ritira l'emendamento perché ha accettato, per quanto riguarda i frutti pendenti, la dizione dell'emendamento presentato dai colleghi Lombardi, Menozzi e Vietti.



PRESIDENTE

E' presentato dalla Giunta regionale il seguente emendamento sostitutivo: "L'art. 19 della legge regionale 13/8/1973 n. 21 è sostituito dal seguente: 'Le riserve di caccia, poste nel territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, sono soggette alle limitazioni di cui alla presente legge, con esclusione della limitazione del numero dei capi di selvaggina stanziale protetta da abbattere.
I Comitati provinciali della caccia possono revocare le concessioni di riserva quando i concessionari non osservino le disposizioni di legge o quelle del decreto di concessione.
I Comitati provinciali della caccia devono revocare le concessioni quando le riserve non incrementino la produzione della selvaggina o non ne favoriscano l'irradiamento nei terreni circostanti o non agevolino la sosta delle specie migratorie'".
La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

L'art. 19 si riferisce ai Comitati caccia. Proprio per non trovarci di fronte ad un mancato accoglimento da parte del Commissario del Governo, la Giunta propone questo emendamento.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Menozzi. Ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Fatte salve eventuali osservazioni di carattere politico, ritenevamo come in un primo tempo era stato accolto dalla Giunta ed invocato da più parti, anche dagli stessi cacciatori, che la limitazione del carniere valesse anche all'interno delle riserve.
Non voglio escludere, collega Borando, gesti altruistici da parte dei titolari delle riserve che rappresentano comunque pur sempre un'eccezione di fronte all'esperienza maturata. Nella normalità dei casi, invece, certi fatti deprecabili, di natura speculativa, avvengono perché all'interno delle riserve non si pongono certe limitazioni. In questo spirito chiediamo che il trattamento in fatto di carniere sia uguale ali interno come all'esterno, anche perché l'attività venatoria non è più uno sport per pochi iniziati, ormai assume le dimensioni di massa (vado adagio a chiamarlo sport popolare, perché non sono ancora convinto che la caccia sia uno sport, soprattutto quando viene fatta in determinati modi). E' indubbio che porre limitazioni agli uni e consentire di cacciare senza condizionamenti agli altri è una discriminazione che non mi sento di accettare anche perché sta a dimostrare che abbiamo le mani legate di fronte ad un istituto che, senza acrimonia alcuna, ha fatto il suo tempo e non è più rispondente ai tempi di oggi. Se ci fossero dei titolari di riserve tanto altruistici, come è stato qui evidenziato, sarei per proporre un emendamento tendente a concedere a costoro un attestato di benemerenza come difensori dell'ecologia e della natura. Ma non mi risulta sia così!



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Sono d'accordo su questa impostazione, però da un punto di vista giuridico potevamo trovarci di fronte alle obiezioni del Commissario di Governo: abbiamo pertanto formulato questa proposta di emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bono.



BONO Sereno

Siamo certamente d'accordo sul piano politico, ma, se ponessimo il limite dei capi all'interno delle riserve, ci faremmo respingere la legge sul piano della legittimità. Sono del parere che le riserve vadano superate, al riguardo la penso diversamente dal collega Borando.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Borando.



BORANDO Carlo

Accetto ciò che ha detto l'amico Menozzi e la risposta negativa dell'Assessore Moretti, ma non condivido il parere del Consigliere Bono cioè sono ancora profondamente convinto che, allo stato attuale delle cose vi sia una discriminazione (esiste chi viaggia sulla 2000 e chi invece viaggia sulla 500: è già una discriminazione). Non indulgiamo troppo su queste cose. Sono convinto che, allo stato attuale delle cose, quella limitazione porterebbe fatalmente come conseguenza la liquidazione delle riserve. In mancanza di una valida sostituzione di organizzazioni venatorie, sono sicuro che ci sarebbe un depauperamento tale della selvaggina da non consentire più la caccia. Ci sono poi anche delle ragioni economiche. Inserirei una condizione per la limitazione dell'acquisto di selvaggina all'estero e per la massima riproduzione nel nostro Paese Porrei una limitazione per l'abbattimento della lepre, al massimo al 15 di dicembre, periodo in cui incomincia la riproduzione. Mi risulta che si compra della selvaggina in Jugoslavia, però il 50% delle coppie fornite non sono costituite da un maschio e una femmina; spesso sono costituite da due maschi o da due femmine.



PRESIDENTE

Metto in votazione l'emendamento per alzata di mano.
L'emendamento è accolto con 33 voti favorevoli, 2 contrari e 6 astenuti.
Chiede la parola il Consigliere Bono. Ne ha facoltà.



BONO Sereno

Mi risulta che vi sono ancora altri emendamenti da votare, e precisamente quelli che si riferiscono all'art. 6 della legge n. 23.



PRESIDENTE

La parola al Capogruppo D.C., Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, stante l'ora tarda e considerato che è spiacevole esprimere un voto in ordine a opinioni se un emendamento sia stato votato o meno, e poiché dobbiamo proseguire domani mattina, propongo di sospendere la seduta, di fare il punto della situazione con calma, di esaminare con chiarezza gli emendamenti votati e di riprendere regolarmente domani mattina.



PRESIDENTE

Concordo su quanto lei suggerisce. Mi dicono però che per completare il complesso degli emendamenti all'art. 1, dobbiamo ancora votarne uno precisamente quello presentato dai Consiglieri Lombardi, Menozzi e Vietti che prima abbiamo spostato all'art. 13.
La parola al Consigliere Paganelli.



PAGANELLI Ettore

Desidero fare una dichiarazione di voto su questo emendamento. Il mio voto sarà di astensione poiché ritengo che la proposizione, così com' fatta, introduca elementi di incertezza, oltre alle possibilità di interpretazione arbitraria da parte di coloro che devono punire con sanzioni i cacciatori entrati in un terreno dove esistono dei frutti pendenti. I cacciatori dovranno entrare in un terreno, scrutare con una lente bene a fuoco se ci sono dei frutti pendenti, dopo di che si avventureranno in quel terreno. Mi sembra che un emendamento, così formulato, non faccia onore a un'assemblea.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore alla caccia, Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

E' stato già approvato all'unanimità. Era la proposta avanzata dal Gruppo della Democrazia Cristiana ed è stata accettata.



PRESIDENTE

Mettiamo in votazione l'emendamento per alzata di mano.
L'emendamento è accolto con 34 voti favorevoli e 7 astenuti.
Mi fanno osservare che non è possibile sospendere la seduta con la votazione in corso: occorre votare complessivamente l'art. 1 che metto senz'altro in votazione, così come risulta dagli emendamenti approvati.
Chiede la parola il Consigliere Paganelli. Ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Mi domando perché non si può sospendere la seduta mentre si stanno votando gli emendamenti: a questo punto, per motivare il rinvio bisognerebbe votare un emendamento in cui si precisa che si sospendono i lavori.
Credo che la sospensione sia quanto mai necessaria per un'azione di coordinamento e per essere certi che l'articolo sarà votato nella sua interezza.



PRESIDENTE

Chiede di parlare l'Assessore Moretti. Ne ha facoltà.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Sono del parere di votare ancora l'art. 1, dal momento che abbiamo votato già tutti gli emendamenti Gli uffici raccoglieranno tutti gli elementi per la formulazione definitiva dell'art. 1. Non c'è nulla di preoccupante.



PRESIDENTE

La parola ancora all'avvocato Bianchi.



BIANCHI Adriano

Vorrei corrispondere molto volentieri alla richiesta dell'Assessore, ma ritengo che, stante la confusione, l'incertezza e l'opinabilità che si sono introdotte su questa materia, sia opportuno, nel pomeriggio, rivedere il testo dell'articolo da votare e riportarlo in aula domani mattina, in modo che sia data a tutti la possibilità di rileggerlo e che tutti possano verificare la presenza di eventuali incongruenze, contraddizioni contrasti.



PRESIDENTE

Chiede la parola Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Ritengo di dovermi collocare in questo dibattito per cercare di riannodare le fila del discorso che è andato avanti con qualche difficoltà considerate le diversità di opinione. Certamente la votazione dell'articolo presuppone una conoscenza del suo aspetto completo ; pur avendo votato tutti gli emendamenti, non possiamo votare un articolo non sistemato nella sua completezza.
Colgo anche la preoccupazione della Giunta e la faccio mia. D'altra parte gli altri articoli hanno un peso piuttosto rilevante. Ritengo di accogliere l'invito dei Consigliere Bianchi e di riprendere la votazione domani mattina. In questo senso corrispondiamo anche all'esigenza fatta presente di votare l'articolo conoscendolo nella sua completezza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Concordo con quanto ha detto il collega Bontempi. Ritengo che per gli altri articoli si procederà con più speditezza, il grosso problema era sul primo articolo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Accetto la proposta anche per una ragione tecnica.



PRESIDENTE

Consideriamo per ora chiusa la discussione. Domani mattina ogni Consigliere avrà il testo definitivo dell'art. 1.
Il Consiglio riprenderà i lavori alle ore 9,30. La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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