Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.116 del 05/05/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Prosecuzione dibattito sul problema dell'ordine pubblico in Piemonte


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo il dibattito sul problema dell'ordine pubblico. La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Mi atterrò a poche considerazioni preliminari, una riguarda il problema dell'ordine pubblico, intorno al quale ci siamo già incontrati e confrontati, ahimè, in tante occasioni per cui non ritengo sia il caso di scavare ed approfondire certi temi. Non possiamo d'altra parte non rispettare l'indirizzo che il Presidente ha voluto dare a questa seduta del Consiglio. Ritengo, però, che vada immediatamente ripreso in termini politici un appunto estremamente pericoloso del Vicepresidente Bellomo, non concernente la Regione, ma il discorso politico in senso generale. In Italia, fino a un mese fa, si voleva buggerare l'opinione pubblica facendo credere che per salvare l'economia ci voleva un Governo di lunghissime intese; adesso si vuole di nuovo buggerare l'opinione pubblica facendo credere che per salvare la situazione ci vuole un Governo di larga intesa: niente di più falso, niente di più sbagliato, niente di più in malafede.
Infatti i politologi di qualsiasi scuola), esaminando la crisi economica successiva agli anni '70, hanno individuato, oltre alla crisi del nostro sistema produttivo, la seconda faccia della crisi nel sistema politico in generale. In altri termini, si è detto che ciò che ha determinato l'accentuarsi del sistema monopolistico in Italia, dei parassitismi e delle diseconomie è stata l'impossibilità di alternanza al potere, cioè la mancanza del bipartitismo.
Il bipartitismo è garanzia di efficienza di per se stesso, perché è chiaro che una classe politica, nella misura in cui rischia di essere sostituita da un'altra, cerca di produrre quanto può di meglio. Se i politologi concludevano dicendo che la garanzia dei riequilibrio dell'economia doveva passare attraverso il recupero del bipartitismo vorrei sapere come fanno i partiti che si identificano in quei politologi a venirci a raccontare che un Governo di larghissime intese democratiche è essenziale per l'economia.
Cosi per il problema dell'ordine pubblico, che richiede scelte coraggiose e molte volte impopolari: queste decisioni difficilmente verranno prese da larghissime maggioranze, che tenderanno, ahimè, come al solito a mediare, quindi a soffocare e soprattutto a sfumare molti aspetti.
L'eccezionalità del momento impone un atteggiamento di serietà a tutte le forze politiche, il che significa si ridurre le ragioni dello scontro e del confronto all'essenziale, evitare il pretestuoso, evitare la strumentalizzazione, ma non significa far parte della maggioranza: la chiarezza delle situazioni va salvaguardata. Questo tipo di rimprovero va fatto soprattutto alle forze di estrazione e di tradizione liberale o che alla componente liberale si sono rifatte con fatti storici tipo la scissione di Palazzo Barberini. In un momento come l'attuale, in cui la realtà e la storia fanno si che due grandi forze egemoniche di estrazione popolare siano portate a gestire insieme il Paese (come lo gestiranno non lo sappiamo ancora, faranno un Governo insieme, faranno un Governo di astensione, ma è chiaro che i protagonisti delle nostre scelte politiche sono queste due grandi forze popolari e certamente il P.C.I. e la D.C.
hanno in comune patrimonio e scopi, tanto che non potrebbero non far gridare allo scandalo nel caso di scelta governativa che non fosse determinata da loro ), mi pare che la funzione delle forze laiche non dovrebbe essere quella di dichiarare ineluttabile quanto sopra soltanto per ottenere una poltrona prestigiosa, ma quella di nobilitare la scelta fatta dai partiti di larga maggioranza per svolgere la loro funzione di opposizione critica e costruttiva, funzione che è data loro dalla storia.
Se non lo faranno probabilmente in Italia si perderà ancora una volta l'occasione di creare una democrazia di tipo parlamentare che, secondo me e detto tra di noi, in Italia non è mai esistita.
Detto questo, mi pare che si debba dissentire dalla serie di querimonie che si stanno facendo nel Paese, dove, checché dicano e facciano i politici, la gente lavora, opera e sa anche divertirsi e non merita le valutazioni che sono state fatte in modo asettico dal responsabile della D.C., perché ci siamo si detti che non siamo venuti qui a rimproverarci l'un l'altro , ma questo perché ognuno di noi ha fiducia nei proprio collega avversario e sa per certo che non andando a scavare nel passato ottiene che la forza politica (che non andiamo a censurare) apprezzerà il nostro atteggiamento.
Se non lo farà, ahimè! Tuttavia il non voler accentuare il dibattito politico non significa premiare la nostra logorrea con la descrizione di un Paese di fifoni, di gente chiusa in casa, che non ha coraggio, di gente disunita. Fatti come quello dei giurati del processo alle Brigate Rosse rende attuale e umanizza la situazione, il loro è stato un atteggiamento del tutto comprensibile e normale. In una situazione simile si dovevano pretendere degli eroismi, non degli atteggiamenti normali, la realtà imponeva un atteggiamento diverso da quello preso dai giurati, un atteggiamento eroico, ma non si potevano certo obbligare.
Non sto a ripetere quanto si è detto sullo stato di diritto. Non abbiamo il culto dello Stata abbiamo il culto dello Stato di diritto.
Presidente Viglione, dieci anni fa dicevamo e ripetevamo che il centro sinistra era criticabile, perché era una formula politica che non aveva il senso dello Stato, su questo, perlomeno i comunisti non si esprimevano invece la maggioranza di centro-sinistra ci irrideva e i risultati si sono visti! Stamane si sono fatte delle affermazioni gratuite, o perlomeno incomplete, sui nostri collaboratori esterni, cioè sulla stampa. Certamente non sono puntuali e condivisibili i toni e i colori usati per certi avvenimenti, però dobbiamo avere il coraggio di andare a fondo di questo discorso: mi pare che influisca maggiormente sul piano della diseducazione e dell'eversione del cittadino uno spettacolo televisivo in cui un'oca vince 28 milioni in quattro giovedì consecutivi, mentre qualche milione di diplomati e laureati se ne sta disoccupato a guardare la T.V., che non forse una descrizione tipo feuilleton delle Brigate Rosse Certamente la visione - Carosello della famiglia felice che gira intorno alla casetta tutta linda, è un prodotto dei mass media che forse hanno determinato un certo tipo di cultura, a differenza delle accentuazioni polemiche o di tono che i colleghi giornalisti svolgono perché, bene o male, devono vendere notizie e le notizie devono essere impacchettate in un certo modo diversamente vengono scambiate per bombe o simili.
A questo punto mi pare che sia dovuta una risposta alla proposta avanzata dal Presidente del Consiglio. La risposta a mio avviso va articolata in due punti: una di piena disponibilità allo scopo che persegue il nostro Presidente, cioè che la Regione assuma in proprio, a livello di Consiglio regionale, una funzione in materia. Diciamo invece un no preciso e lo dico per correttezza, diversamente da quanto fanno altre forze politiche, un no che confermeremo anche nelle sedi istituzionali proprie cioè nei Comuni, a che i quartieri diventino la dimensione e i protagonisti di un certo tipo di ipotesi portata avanti dal Presidente Sanlorenzo , e dirlo anche perché. Questa mattina il Capogruppo D.C., Bianchi, ci ha detto che si era convinto che la Svizzera fosse un Paese democratico poiché gli svizzeri rimproveravano ai nostri prigionieri di sporcare la strada. Il quartiere, se avrà una funzione, sarà finalmente quella di far partecipare i cittadini alla vita politica. Ma questo significa ridar loro un habitat cioè una sfera di interessi sulla quale possono incidere attivamente: infatti, nominato il Consiglio di quartiere, il tram sposta la fermata cambia l'orario dell'asilo. Quindi tutti i cittadini, che le forze politiche sono riusciti a mobilitare sul problema dei quartieri probabilmente verrebbero fuorviati da questo interesse verso la cosa pubblica dall'impegno, certamente più esaltante, dell'ordine pubblico al quale forse non sono preparati. Quindi il mio non è neanche un giudizio di valore, se questo sia un bene o se sia un male. Esprimo solo un giudizio sui fatti: mi pare inopportuno andare ad aprire una problematica di questo genere su una realtà nuova che sta nascendo come quella dei quartieri.
Infine pongo l'accento sul fatto che come il Consiglio regionale si è in prima persona impegnato su una grossa problematica, ad esempio quella dell'Europa, cosi debba impegnarsi in prima persona sul problema dell'ordine pubblico. Da diverse parti sono state fatte delle puntualizzazioni e delle riserve sul funzionamento di certe istituzioni ed attrezzature pubbliche: il Consiglio regionale, anziché limitarsi a dire genericamente "le carceri in Italia non funzionano", nel giro di un mese in seguito ad analisi fatte nel proprio seno, dovrebbe essere in grado di arrivare qui a dire che le carceri Nuove di Torino non funzionano per questi motivi, quindi fare un esposto al Ministero degli Interni perch provveda a trasferire il Direttore, se del caso. Il nostro dovere primo è quello di scendere dal generale al particolare e chiedere che vengano presi provvedimenti precisi. Siccome non presenzierò al prosieguo del dibattito e probabilmente di trattativa per uscire con una soluzione, prego il Presidente di considerare la mia opposizione alla sua ipotesi incentrata prevalentemente sui quartieri. Ribadisco la mia opinione: il Consiglio regionale deve mobilitarsi permanentemente su temi precisi, specifici dando infine delle risposte concrete ai cittadini e non soltanto trasferendo in altre sedi queste tematiche con tutti i problemi esposti dal collega Bianchi.
Come forza democratica premetto che qualunque sarà la soluzione che uscirà dal consesso, sia a maggioranza che all'unanimità, qualunque tipo di iniziativa si svolgerà nelle sedi che si riterrà opportuno, la mia forza politica parteciperà attivamente portando il peso delle sue tradizioni, dei suoi ideali, anche se questi non hanno come supporto un sufficiente peso elettorale. Certamente però le tradizioni liberali - lo abbiamo sentito ripetere ed è un punto che il Presi dente Sanlorenzo avrà certamente apprezzato - fanno si che non dimentichiamo di esaltare sempre i fattori positivi della nostra società, come l'esercito, l'esercito che ha incominciato la Resistenza considerandola un fatto normale, quasi come una prosecuzione della tradizione del primo Risorgimento. Quindi la nostra forza politica, ricca di questi ideali e di questi valori, parteciperà a quanto questa assemblea vorrà decidere, convinta che i suoi valori e le sue tradizioni valgano più dei voti distratti dal miracolato d'Italia e da qualche guitto maneggiato dai soldi della Montedison.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, a nome della Giunta desidero sottolineare l'importanza del dibattito odierno su un tema che oggi non coinvolge soltanto la pubblica opinione, ma grava su di essa trasformando modelli e orientamenti di comportamento della popolazione. Come diceva il Presidente Sanlorenzo stamani, la strategia del terrore e della tensione ha raggiunto i suoi scopi. Gli episodi gravissimi avvenuti negli ultimi mesi, gli assassinii politici, la morte di appartenenti alle forze dell'ordine, gli intrecci costanti tra criminalità politica e criminalità comune, hanno generato uno stato di tensione notevole, una paura, pur comprensibile, fra i cittadini come mai si è registrata nella nostra città a partire dal dopoguerra. La prova di questa situazione l'abbiamo riscontrata l'altro ieri con l'impossibilità di celebrare il processo ai brigatisti rossi per l'assenza dei giudici popolari, come forze politiche e come istituzioni riteniamo di essere sempre stati presenti nella vita politica e sociale della nostra Regione. Tuttavia, notiamo come esiste, nonostante questa costante presenza, l'aggravarsi oggettivo della situazione. Non voglio assolutamente mettermi a polemizzare con alcuni Consiglieri intervenuti stamani, ma è certo che come autonomie locali, come momento di raccordo rileviamo che la situazione determinatasi è anche il frutto di un processo proprio verso le autonomie locali. Tutto lo spazio vuoto lasciato su questo terreno, sul quale dibattiamo da lunghi anni, il fatto che la domanda crescente del Paese non possa essere soddisfatta con il modello attuale, il fatto che larghissimi spazi vuoti non vengono coperti, il fatto che un reale processo democratico all'interno del Paese non venga compiuto, sono motivi che generano lo stato di tensione e quindi si inseriscono nel nuovo modello di strategia. La strategia della tensione deriva dal mancato processo di rinnovamento del Paese, ma questa non è certo la sola causa.
Tale strategia non la si può certo motivare come fuga in avanti fatta da alcune forze che poi non hanno potuto dominare questo processo: è esattamente il contrario, sia ben chiaro.
Dobbiamo rendere consapevole la pubblica opinione che le forze politiche, le istituzioni non intendono più esprimere soltanto solidarietà e condanna - in questo non posso che dare ragione al Consigliere del MSI che dice che da un po' di tempo rinnoviamo solidarietà o condanna - ma intendono ricercare insieme concrete forme d'intervento che, nell'ambito del ruolo delle istituzioni rinnovate, consentano ai cittadini una maggiore partecipazione alla vigilanza democratica sempre più necessaria. A nome della Giunta desidero sottolineare il ruolo e l'importanza determinante di assumere decisioni unitarie: in questo campo non ricerchiamo decisioni di maggioranza perché la democrazia non è rappresentata dalla maggioranza, ma è decisione unitaria, è processo unitario, in considerazione del fatto che oggi le regole della convivenza civile sono sempre più messe in pericolo e interessano tutti i cittadini, tutte le forze politiche, tutte le forze sociali , tutta la comunità civile.
E' questo uno dei momenti in cui è indispensabile coinvolgere in attività concrete le forze politiche, è vero però che mai come oggi esiste l'importanza anche di gesti simbolici. Molte volte abbiamo speso spazio e competenza solo per compiere gesti simbolici, in cui tuttavia il cittadino riconosce non soltanto la mera solidarietà, ma la partecipazione attiva della classe politica alla vita dell'ordine democratico. La nostra Regione ha vissuto momenti di tensione, ma vi sono stati anche momenti molto significativi che la Regione, le forze politiche, Consiglio e le forze che lo esprimono hanno colti Ad esempio il nostro rapporto con le forze dell'ordine è costante ed è improntato ad un'ampia ed attiva collaborazione: ne sono testimonianza gli incontri avvenuti in più circostanze proprio con i responsabili delle forze dell'ordine. E' molto positiva la risposta democratica e l'autocontrollo dimostrato dalla Polizia e dai Carabinieri in momenti difficili, soprattutto quando sono stati direttamente e, duramente colpiti, E' molto significativo il fatto che ad un tentativo grave di eversione le forze politiche, la società civile, le forze sociali e sindacali, le forze di polizia, rispondano tutte responsabilmente, come abbiamo visto in ogni occasione. La delicatezza del momento richiede anche fermezza, ma, riteniamo, senza invocare leggi e strumenti eccezionali a cui non siamo favorevoli. Infatti, negli ultimi due o tre anni, più volte sono stati invocati questi strumenti e alcune volte anche noi socialisti li abbiamo votati, cedendo ad un impulso emotivo; si credeva di raggiungere qualche obiettivo, abbiamo fatto leggi speciali dirette a mantenere l'ordine pubblico, ma ogni giorno ormai ci sarebbe da approvare una nuova legge speciale come fosse un antidoto. Diciamo subito con chiarezza che la soluzione del problema non è una soluzione di polizia e del carcere, ma è una soluzione che si deve trovare all'interno del Paese, è una soluzione che deve vedere le forze politiche impegnate, è anche un momento di polizia, ma guai se scaricassimo tutta la responsabilità di gestire l'attuale situazione sulla polizia o sulla magistratura. A noi compete questo, il problema è squisitamente politico.
Non è necessario, pertanto, invocare leggi o strumenti eccezionali che potrebbero soltanto aggravare la situazione esistente (già abbiamo visto che in due o tre provvedimenti di modifica presentati come solutori del problema dell'ordine pubblico ci siamo trovati b.~ m bivio ancora peggiore caratterizzato da un complesso intreccio di azioni eversive). Le istituzioni, la Regione in particolare, non possono essere assenti in questo momento. La Giunta regionale, nel suo ruolo, intende operare per eliminare alcune delle cause che hanno portato la disgregazione sociale che certamente incide ed aggrava la situazione economica, morale e sociale della nostra Regione. Di fronte a noi c'é il problema dei giovani, il problema dell'Università: temi irrisolti, che, in alcuni strati sociali spingono ad una sorta di disperazione. Si è detto che i giovani disoccupati diventano tranquillamente i vecchi disoccupati, poiché non c'é soluzione di lavoro, di licenziamento, di disoccupazione, ormai il processo inizia e termina nei giovani disoccupati che continuano ad esserlo e diventano vecchi disoccupati.
Il problema dell'Università: si è chiarito la portata della riforma pur tuttavia, dopo lunghi anni, manteniamo ancora delle strutture ormai fatiscenti. Abbiamo localizzato alcune sedi per nuove Università, da decenni, e non siamo ancora riusciti a modificarle. La disoccupazione a livello intellettuale nel nostro Paese, come ha detto anche l'onorevole Tina Anselmi, tocca ormai le 700 mila unità: che cosa si dà, quale risposta si offre a questa massa di giovani che hanno di fronte soltanto la disperazione, il nulla, nessun ruolo nella società, niente? Questo diventa un problema di modificazione stessa del quadro politico e non un fatto da affrontare con misure di sicurezza o di polizia che non risolveranno mai assolutamente nulla.
Occorre lavorare, dunque, per accelerare processi di crescita della nostra società in tutte le sue forme: ecco che cosa ci riproponiamo, a maggior ragione perché vogliamo vedere correttamente risolto il problema primo e democratico, cioè l'esaltazione delle autonomie locali. Da dove nasce, come può nascere una risposta vera e autentica al problema eversivo se non attraverso la forte partecipazione, il forte raccordo all'interno delle autonomie locali ? Occorre quindi creare nuove possibilità di aggregazione sociale, nuove possibilità di sbocchi professionali e anche la nostra proposta, che è soltanto politica (non abbiamo altra competenza), va pur valutata, perché vengano portate a compimento le riforme della magistratura, della giustizia, della polizia, del sistema carcerario. A questi problemi da quanto tempo poniamo mano? Da molti anni, ma senza un utile risultato. Allora diventa indispensabile non scaricate sopra le istituzioni periferiche dello Stato o sopra lo Stato stesso tutte le responsabilità del sistema, ma occorre modificare il sistema.
A questi organismi il cittadino deve guardare come ad elementi di reale tutela personale e collettiva. Proprio ieri abbiamo assistito ad una fuga dalle proprie responsabilità, perché è mancata la coscienza di essere tutelati personalmente e collettivamente: è stata una sconfitta, ma non sono d'accordo con il Consigliere del MSI, Carazzoni, nel ritenere lo Stato ormai decotto. Carazzoni, lei può togliersi questo dalla testa. Lo Stato non è affatto decotto.



CARAZZONI Nino

Vorrei togliermelo dalla testa!



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Non è decotto, esistono molteplici forze politiche, sociali, sindacali che lo reggono ancora, esistono moltissimi spazi vuoti che dobbiamo ancora coprire, esistono situazioni estremamente difficili, pericolose, ma non si faccia illusioni (che magari lei ha coltivato per tanti anni)! Non vorrei mettermi in polemica con lei ricordando il passato che grava storicamente su di lei, non personalmente, ma come forza politica, quando esaltavate lo scontro fisico, cruento, quando procedevate ad azioni terroristiche; ancora oggi sulla stampa si legge di scuole che si lamentano di continui raid fascisti. A questa azione di riforma e di interventi per riaggregazioni economiche e sociali devono sentirsi chiamati tutti i cittadini dei più diversi strati sociali. Signori Consiglieri, noi individuiamo solo in questo la condizione indispensabile di cui ci facciamo carico, e dobbiamo farcene carico, e per cui la Giunta intende operare oggi e domani con la massima fermezza.



PRESIDENTE

E' iscritta a parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Signor Presidente, signori Consiglieri, è molto difficile in un momento come l'attuale riassumere non troppo schematicamente quello che ciascuna forza politica deve comunicare non solo al Consiglio regionale, ma anche ai cittadini piemontesi. Quindi cercherò di evitare di ripetere qual è il pensiero del PRI, qual è l'attività politica svolta in questi anni del PRI quali sono state le preoccupazioni del partito nei confronti della situazione economica che andava diventando sempre più grave, e a quali conseguenze questa avrebbe portato: sono cose che tutti conoscono. Non voglio neanche riprendere vecchie polemiche sugli errori nostri e di altri che condividevano con noi responsabilità di maggioranza, o di larghe maggioranze che non abbiamo condiviso, ed inoltre polemiche sull'attività dell'opposizione che talvolta andava al di la di ciò che sarebbe stato costruttivo per il Paese. Non voglio ripetere tutto questo perché nostro compito è di affrontare la realtà quale ci è davanti in questo momento, qui in Piemonte. Aggiungo inoltre che non accettiamo assolutamente quel tipo di storicismo che può servire come scusa per ciò che succede oggi o ogni tipo di sociologismo diventato tanto di moda presso gli intellettuali sia della sinistra, e tanto più questo dispiace perché è la parte alla quale anche noi apparteniamo, sia della nuova cultura più o meno rinnovata di destra che vorrebbe tutto giustificare e tutto scusare, quasi che responsabilità singole e collettive non esistano se non come colpe della storia. Non accettiamo questo punto di vista, che potremmo chiamare hegeliano, noi siamo una forza che, come talvolta ci è stato detto con ironia, è illuministica; non ci vergogniamo di questo, ce ne vantiamo, perché le nostre radici affondano nell'illuminismo e nel socialismo utopistico; anche di questo non ci vergogniamo, anzi ce ne vantiamo.
Vorrei soltanto dire al Consigliere del MSI che stamane è intervenuto con tanta forza, che purtroppo sono nata nel 1926, nell'anno che ha visto l'emanazione delle leggi speciali, e tutta la mia giovinezza è stata purtroppo compressa e repressa nella più assoluta illibertà : pertanto mi è spiaciuto sentirlo intervenire in un luogo dove, secondo me, non avrebbe dovuto risuonare la sua parola affondando egli le sue radici culturali proprio nelle leggi speciali del 1926.



CARAZZONI Nino

Grazie a Dio ci sto, grazie agli elettori piemontesi e non grazie a La Malfa.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Stamane è avvenuto un fatto che dobbiamo evidenziare e che riteniamo costituisca non certamente l'ultima delle ragioni di tutto un tipo di eversione che in questi mesi, e soprattutto in questi ultimi quindici giorni è andato via via accentuandosi. Il colloquio storico tra Segretario della DC, e il Segretario del PCI per concordare - e non sappiamo se sarà concordato, ma è già storico che l'incontro sia avvenuto - un programma comune. Non occorre avere molta fantasia per capire che questo incontro a molte parti del nostro Paese non può essere gradito, a molte parti che possono ammantarsi di ideologie di destra o di sinistra. La confusione tra le due ideologie, gli inquinamenti fra l'una e l'altra sono tali e tanti che ci è ormai impossibile distinguere politicamente l'una dall'altra.
Certo in quello che è avvenuto a Torino e di questo dobbiamo occuparci dobbiamo evidenziare fatti di natura ben diversa. Ci troviamo di fronte allo scatenarsi continuo di una criminalità, che chiameremo tradizionale che trova forse in questo momento, in una particolare debolezza degli organi dello Stato, una più facile possibilità di azione. Ci troviamo di fronte ad una criminalità che vuole colpire le istituzioni ed insieme con le istituzioni vuole impedire possibili incontri fra i partiti in questo paese; poi abbiamo una criminalità chiamiamola minore, ma non minore nella sua capacità di destabilizzare (bruttissimo neologismo inventato in questi ultimi tempi) le istituzioni ed è la criminalità della bombetta, che nella maggior, arte dei casi non colpisce nessuno, spaventa tutti, qualche volta ferisce e qualche volta potrebbe anche colpire. Ci troviamo quindi in presenza di un intrecciarsi di vari tipi di criminalità di cui talvolta non riusciamo a distinguere i piani differenti. Lo chiamo un intrecciarsi di collusioni fra i vari tipi di criminalità perché di fatto in questo momento, come altri oratori hanno sottolineato, il collega Bianchi ad esempio, la criminalità politica (ma non la chiamerei neppure politica direi piuttosto quella che vuole colpire al cuore lo Stato, come è stato annunciato in un delirante proclama) sta dando una patina di nobiltà alla criminalità comune, sta facendo credere al delinquente comune che in realtà la sua non è una rapina, non è un furto, non e una grassazione, ma è invece una nobile lotta di origine sociale. Che le istituzioni non siano sufficienti a combattere i vari tipi intrecciantisti di criminalità mi pare risulti evidente a tutti, ed è già stato evidenziato in questi ultimi anni dal crescere di una polizia privata, beninteso autorizzata dallo Stato quindi non antistituzionale, sia ben chiaro, ma che rimane ai margini dell'istituzionalità, perché spesso la polizia privata, che talvolta è semplicemente al servizio di talune persone, ma altre volte è costituita da corpi armati forniti di autoblindo , di mezzi estremamente moderni, di radio riceventi e trasmittenti, è tale da costituire un corpo, ma non separato dello Stato, bensì un corpo a sé che non sappiamo da chi, come e quanto sia controllato. Questo già avrebbe dovuto allarmarci, avrebbe dovuto far si che ci rendessimo conto che i corpi dello Stato preposti alla sicurezza dei cittadini, dei commerci, delle banche, degli istituti di credito, non erano più sufficienti, e che venivano sostituiti da altri, che potremmo chiamare ausiliari, il cui fine ultimo peraltro non conosciamo.
D'altro lato vi sono motivi di preoccupazione, ad esempio interpretazioni estremamente late o estremamente restrittive delle leggi vigenti da parte di alcuni magistrati. Non proponiamo certo il prevalere del potere dello Stato sulla magistratura, ma vorremmo che i magistrati ricordassero che non hanno potere legislativo, che il potere legislativo spetta alla Camera, secondo la nostra Costituzione, e questo vale sia per l'uno che per l'altro tipo di magistratura. C'è stato da parte del PRI in questi ultimi giorni, e proprio in riferimento a quanto accaduto a Torino un appello considerato illuministico e anche utopistico: si invitano i repubblicani ad offrirsi volontari nelle liste dei giurati popolari perch non si ripetesse quanto è già avvenuto, e cioè che un processo penale che lo Stato italiano aveva il dovere di fare non si potesse tenere. Non faccio considerazioni moralistiche su coloro che non hanno accettato di fare i giurati: potremmo dire con Sciascia che questo dipende dal contesto e il contesto spetta a noi politici cambiarlo prima che a chiunque altro Questo appello, però aveva il carattere non soltanto di invito per far si che il processo si celebrasse, ma aveva anche una caratteristica di provocazione nei confronti di altre forze politiche perché si muovessero, perch facessero qualche cosa; qualche cosa che stamani, nella proposta del Presidente del Consiglio mi sembra ci sia stato. Non ritengo che si tratti di costituire dei nuovi soviet, come da qualche parte è stato detto: si tratta, a mio avviso, di cercare di rafforzare il senso democratico che c' nei cittadini e permettetemi un tratto di orgoglio che di solito non uso mai: il Piemonte è sempre stato una regione con un altissimo senso dello Stato, il Piemonte ha rappresentato in trent'anni di democrazia un punto di riferimento per tutto lo Stato italiano. Vorremmo che anche in questo momento il Piemonte rappresentasse un punto di riferimento e siamo certi che lo sarà, perché, n caso contrario, veramente avremmo da temere per le istituzioni repubblicane. Ritengo quindi che la proposta avanzata dal Presidente del Consiglio, sia da vagliare attentamente, eventualmente da modificare, e vorrei invitare i colleghi della D.C. ad un ripensamento, in cui si propongano modifiche, correzioni, ma non si rifiuti aprioristicamente la proposta. E' chiaro che una tale proposta è attuabile soltanto con il concorso di tutte le forze costituzionali. Non è assolutamente pensabile che una forza come la D.C., o qualsiasi altra forza dell'arco costituzionale, possa rimanere fuori da questo disegno proprio perché non deve trasformarsi in un disegno politico particolaristico utilizzabile e strumentalizzabile soltanto da una parte politica. Riteniamo di poter fare questo appello alla D.C., concordando con essa su alcune parti della sua analisi, concordando anche su alcune parti delle proposte che sono state avanzate, ma nello stesso tempo facendo una proposta alla Presidenza del Consiglio, cioè di limitare la nascita dei comitati alla città di Torino e a quelle città che in questo momento si ritengono maggiormente in pericolo, perché non vorremmo estendere con eccessivo allarmismo a tutti i Comuni piemontesi la situazione che è particolare della città di Torino.
Vogliamo che da Torino parta un nuovo modo di essere cittadini in questa regione, un modo che rassicuri, un modo che faccia si che a poco a poco quella che è una vera polizia ai margini delle istituzioni scompaia e che invece la forza del Piemonte si fondi sulla forza dei suoi cittadini.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Cardinali. Ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, confesso che non avendo partecipato, poiché ero indisponibile, alla riunione dei Capigruppo, cui era presente in rappresentanza del Gruppo socialdemocratico il collega Benzi, stamani in treno leggevo sul giornale che avremmo discusso di questo argomento; cercavo di configurarmi le linee d'intervento che legassero coerentemente con le affermazioni già fatte da me a nome del mio partito nella riunione congiunta di Palazzo Madama. In realtà dalla relazione del Presidente del Consiglio non è scaturita una discussione sul tema specifico, ma e emersa la proposta di atteggiamenti concreti in difesa dell'ordine democratico. E' necessario fare una valutazione precisa della realtà oggettiva della situazione in Italia e in Piemonte per valutare se alle situazioni reali contrapponiamo mezzi ugualmente idonei. Credo, e l'ho ripetuto in molte occasioni, che ci troviamo di fronte ad un profondo malessere nella nostra democrazia, malessere che scaturisce da una serie di fatti che fondamentalmente sono riconducibili a uno solo: la fase di transizione da un tipo di aggregazione sociale ad un altro. Un partito come il mio, che non ha nel Paese il peso che dovrebbe avere, ma che è portatore di un'idea di difesa delle libere istituzioni e della democrazia, deve rappresentare oggettivamente un'idea-sintesi del futuro, non soltanto dell'Europa ma del mondo intero, nel momento in cui le generazioni vivono in Paesi dove la realtà sociale è prevalente rispetto alla realtà più generalizzata, più libera; idea-sintesi in cui le future generazioni si potranno riconoscere, nel momento in cui la società in cui viviamo sarà stata opportunamente riformata, puntando alla anticipazione di una visione moderna degli Stati, delle democrazie, del loro modo di articolarsi, del modo con cui il Paese, il popolo partecipa alla propria gestione, alla decisione sulle proprie sorti: quali interpreti di un'idea siffatta cerchiamo di cogliere nella realtà che abbiamo davanti gli aspetti il meno possibile emotivi.
Non è colpevole chi sottovaluta la situazione attuale. Non mi sentirei colpevole se dicessi parole diverse da quelle dette drammaticamente dai colleghi intervenuti prima di me sulla situazione reale dei Paese. Oggi in realtà non è in gioco l'ordinamento democratico, ma una realtà particolare che si inserisce nel momento di trasformazione della nostra società e che serve ad alcune forze non ancora individuate nella loro matrice, nella loro guida effettiva e oggettiva, si inserisce, dicevo, per la creazione di fatti compiuti per lavorare in proiezione di un futuro ipotetico in cui la fase di trasformazione alla quale tutte le forze politiche contribuiscono con senso responsabile, non arrivasse a sbocchi positivi, perché a quel punto tutto sarebbe possibile in Italia, qualsiasi tipo di avventura.
Ebbene, è una realtà che dobbiamo valutare come una minaccia per quello che realmente vale, perché nel momento in cui viene assassinato l'avvocato Croce - e l'assassinio dell'avvocato Croce è opera di una banda di criminali che ovviamente non possono pretendere distinzione dalla criminalità comune - e viene assassinato proprio allo scopo di impedire un processo, di ottenere un risultato che forse, attraverso mille cavilli procedurali in cui sono tanto bravi gli avvocati, si sarebbe ugualmente ottenuto, non vedo differenza alcuna dall'episodio, se sarà suffragato dai riconoscimento dei fatti, verificatosi in Piazza Arnaldo a Brescia, dove una banda di criminali ha collocato una bomba al solo scopo di richiamare l'attenzione della Polizia e cosî avere mano libera in altre zone della città per compiere una rapina premeditata: ho detto che ci troviamo nella condizione di chi ad ogni avvenimento di questo genere grida "al lupo" Alcuni successi costoro li hanno ottenuti, ma nello stesso giorno in cui veniva annunciato il rinvio del processo di Torino, ho ascoltato una notizia che, a mio modo di vedere, è dieci volte più grave, cioè la fuga di sei delinquenti dal carcere di Milano. Sono queste le , cose che veramente tolgono la fiducia ai cittadini e li rendono preoccupati e perplessi. Ma credo che rimaniamo sempre nell'ambito di una realtà di ordine pubblico alla cui soluzione possiamo contribuire con il rafforzamento del quadro politico e con una serie di iniziative che assicurino non lo Stato autoritario o forte in senso assoluto, ma assicurino il funzionamento regolare di tutti gli organi dello Stato, del Governo in primo luogo, la sua funzionalità e la sua disponibilità, almeno, a parlar chiaro agli italiani: a questo Governo credo possano essere imputate, nonostante le varie astensioni, diverse cose, ma una soprattutto, cioè l'incapacità di parlare in termini chiari agli italiani nei settori che investono la vita del Paese, da quello economico, a quello dell'ordine pubblico, e a tutti gli altri problemi che il Paese deve affrontare.
Se realmente possiamo ricondurre la diagnosi a una valutazione oggettiva dei fatti, se realmente possiamo individuare nel malessere, che non può protrarsi a lungo, le difficoltà che attraversa il Paese, in quella direzione dobbiamo incidere e come indirizzo politico della Regione Piemonte abbiamo il dovere di dare indicazioni, di avanzare proposte e di dare il senso della nostra presenza, cosi da fare e ottenere chiarezza.
Questo evidentemente è l'obiettivo che possiamo realizzare: ogni avvenimento di questo genere, come ho avuto occasione di dire soltanto sette giorni fa, è specificatamente individuabile, si tratta di delitti che hanno una loro logica, ma non tendono a realizzare obiettivi nell'immediato, non tendono a raccordarsi con un disegno particolare mosso da chicchessia. Il collega Bianchi diceva che forse è un'opera di destabilizzazione: può darsi e certamente dei risultati in questo senso l'ottiene, ma non riesco ad intravvederne il disegno, l'ipotesi che si pu realmente nascondere dietro, soprattutto in un momento come l'attuale in cui la partecipazione, il senso di responsabilità dei sindacati, delle forze politiche offrono vaste possibilità al Paese di risolvere i propri problemi e indicano strade che possono consentire di uscire dalla situazione particolare. Allora , in queste condizioni, il mio Gruppo è concorde con la posizione che rappresento: ci troviamo, dovendolo dibattere qui in Consiglio regionale e non altrove, di fronte alla proposta di costituire i comitati ramificati al quartiere con funzioni e compiti che mi ricordano i primi mesi dopo la Liberazione quando costituivamo i comitati annonari, quando costituivamo un po' di tutto per cercare di riempire i vuoti lasciati liberi dalle istituzioni reali. Secondo me, questi vuoti ora non ci sono, la necessità di riempirli in questo senso, secondo me, non esiste. Ritengo che per il mio partito la costituzione di comitati di questo genere rappresenterebbe in questo momento - faccio una dichiarazione a nome del Gruppo socialdemocratico alla Regione Piemonte - (le forze politiche sono le responsabili di iniziative di questo genere e non credo che il Consiglio regionale abbia altre possibilità se non quella di dare una indicazione e ottenere l'attenzione su questi problemi) rappresenterebbe, dicevo, secondo il mio partito la delega ad altri di un'iniziativa di carattere politico e di tutela, di difesa della democrazia, che non intendiamo delegare a nessuno e in nessun modo. Infatti ritengo che in questi comitati, a carattere permanente, si vedrebbe la rappresentanza della RC., se sarà d'accordo, dei comunisti, di qualche socialista, ma una rappresentanza limitatissima del nostro partito, che non ha ramificazioni oggettive. Possiamo invece essere perfettamente d'accordo sulle iniziative che già si stanno verificando, e cioè sulla costituzione di comitati all'interno dei Consigli comunali dove sono rappresentate le forze politiche: sono comitati con obiettivi particolari, quelli di vigilanza, di richiamo ai principi di democrazia, di sollecitazione della sensibilità dei cittadini, in tutti quei settori dove è possibile inculcare soprattutto alle nuove generazioni i criteri, i principi della democrazia.
Abbiamo avanzato le riserve che ho espresso proprio perché ritengo che la situazione non può essere vista in quel senso: se i fatti verificatisi dovessero ripetersi, il fulmine cade senza che si possa prevedere dove pu cadere e i criminali colpiranno ulteriormente, allora che cosa faremo? Quale sarà il passo successivo in questa direzione? Armeremo i comitati daremo loro la possibilità di intervenire in senso repressivo? Badate, la strada intrapresa vede in lontananza anche la prospettiva, ahimè richiamata da gente responsabile al momento dei rapimento di Guido De Martino, della rappresaglia, ad un certo punto arriviamo a parlare del problema della tutela della democrazia in termini che non possono essere accettabili in questo senso.
Detto questo, concluderò in senso responsabile, chiarendo che ho esposto l'atteggiamento del Gruppo socialdemocratico, perché non vogliamo vincolare l'atteggiamento che il nostro partito, di fronte a proposte di questo genere, potrà assumere in Piemonte, nelle singole città, nelle singole federazioni, nelle singole località.
Termino con un mio ricordo personale che risale a prima del 1960, in un'epoca in cui era Ministro dell'interno l'on. Scelba , quindi persona al di sopra di ogni sospetto. Ebbene, in una circostanza assai simile a questa, ma per finalità certamente diversa - Minucci, tutti sappiamo a che cosa ci possiamo riferire - Scelba fece passar voce a coloro che avevano combattuto nelle formazioni partigiane azzurre, e io ero tra quelli , di una specie di grande raduno a Roma in supporto al Governo che diceva di essere in difficoltà per l'ordine pubblico, per fronteggiare la situazione.
Personalmente mi guardai, bene dall'inserirmi in una situazione simile anzi, dissi al comandante partigiano che non l'avrei mai seguito, perch troppo era il rispetto che avevo delle libere istituzioni. Sono lieto di ricordare che il grande raduno si trasformò in una grande gita turistica a Roma e si concluse probabilmente, più che con tentativi di risoluzione di problemi dell'ordine pubblico, con la ricerca di ristoranti a buon mercato dove consumare il pasto dei mezzogiorno. L'esperienza ha quindi dimostrato che già si sono verificate suggestioni del genere e, come le respinsi allora , credo di essere in condizione di respingerle adesso.
Devo dire ancora una cosa, ed è il punto sul quale insisto sempre: fu proprio dopo una circostanza del genere che il quadro politico in Italia si rasserenò con l'avvio della collaborazione dei Partito socialista con i cattolici. Per quindici anni c'è stata data possibilità di trasformare il Paese, stata data possibilità di incidere in senso progressista, in senso riformatore, per quindici anni gli elettori italiani hanno dato sempre più del 60% dei voti a queste forze: abbiamo tradito le loro aspettative ed oggi i partiti non sono più neanche in grado di dire quali sono le loro proposte, ma le delegano ad altri. E' una colpa che, riguardando indietro al passato, considero come una delle grandi occasioni perdute, non so se recuperabile, forse in altro senso e in altra direzione, ma proprio per questa ragione (non tanto sul problema di creare comitati che possono in qualche modo rappresentare organismi a latere delle istituzioni, che hanno sempre una pericolosità non come organismi, ma come concetto) la loro creazione non ha una finalità, mentre il rasserenamento del quadro politico, l'impegno per tutti di trovare la strada per uscire dalla situazione economica pesante per restituire al Paese credibilità e possibilità di avanzare verso il progresso, è l'obiettivo che ci deve vincolare come forze politiche e anche come impegno dei Consiglio regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Minucci. Ne ha facoltà.



MINUCCI Adalberto

Ogni volta che ci troviamo a discutere di fatti che mettono in discussione l'ordine democratico, ci capita sempre più frequentemente, da vari anni ormai, di usare aggettivi come "torbido, oscuro" per dipingere una situazione che evidentemente ci sfugge in molti dei suoi aspetti qualche volta anche nelle sue cause di fondo. Credo che abbia ragione il Consigliere Bianchi - e in questo momento mi consenta l'amico Cardinali di dissentire da quei che diceva poco fa - nel ritenere l'Italia un Paese eccezionale per il solo fatto di aver retto a tanti avvenimenti di questo genere nell'arco di almeno un decennio. Non c'é nessun paese nella storia moderna che abbia subito una massa cosi ingente e molteplice di attentati alle istituzioni democratiche e che sia riuscito a uscirne indenne, in un certo senso. Se qualcuno di noi provasse a rileggere sulle annate dei quotidiani - a me è capitato - le cronache dei fatti cileni, che furono molto più concentrati nel tempo, si chiederebbe che cosa sia mancato in Italia, dal punto di vista della quantità e qualità degli attentati eversivi, per fare la stessa fine del Cile. Inviterei l'amico Cardinali a riflettere, proprio perché mi sembra che potrebbe essere un errore grave sottodimensionare la portata di questi fatti Basterebbe sfogliare le cronache dei giornali o le cronache giudiziarie per vedere non solo l'entità, la quantità, lo stillicidio , la soluzione di continuità tra una provocazione e l'altra, ma anche la figura e l'importanza di personaggi che vi sono stati implicati più o meno direttamente, per comprenderne la gravità. Da qui poi traggo la considerazione, che già, se non sbaglio traeva il Consigliere Bianchi, che un paese che sopporta tutto questo vuol dire che ha ben radicata nella coscienza della gente la volontà di vivere democraticamente, di difendere le restituzioni: ma questo non diminuisce il pericolo, per ché un processo di logoramento è sempre possibile, anche rapidamente, la storia ce lo insegna, per esempio, l'avvio di meccanismi di sfiducia popolare nelle istituzioni potrebbero addirittura svolgersi al di fuori della nostra coscienza e del nostro controllo, fatti che magari valutiamo come minimi o appartenenti a una cronaca marginale dell'eversione penso all'assassinio di un uomo che ho avuto l'onore di avere come amico l'avv. Croce, al modo come si è svolto, al tipo di reazioni morali sentimentali che può suscitare -, anche da fatti come questi, magari meno drammatici, dal punto di vista della cronaca nazionale, di altri che possono aver luogo, possono originare processi di demoralizzazione nella gente, o di paura, più o meno confessata, che può portare lontano.
Ho sempre considerato il dibattito politico, in modo particolare nelle assemblee elettive come la nostra, un'occasione per una crescita comune e quindi non come occasione di polemica o di chiarimenti a posteriori delle responsabilità, anche se il discorso sulle responsabilità e sulla storia dei fatti è sempre necessario; ma soprattutto ho sempre cercato di dare la prevalenza all'elemento di approfondimento comune, anche se da posizioni diverse, dell'analisi, intanto, della coscienza dei fatti, per quello che si può e se possibile poi giungere a determinazioni comuni ma l'accento lo porrei sulla conoscenza delle cose.
Credo che molti elementi di conoscenza della strategia dell'eversione possano essere messi assieme proprio per trarne un giudizio di drammaticità e di gravità e non certo per sottovalutare. Vorrei ritornare a proporvi un elemento di meditazione, che mi è già capitato di proporre in altra occasione, ma ho visto dai verbali del dibattito che la mia presa di posizione è stata talmente travisata che sento il bisogno di ritornarci.
Il primo elemento di conoscenza a cui è molto difficile prescindere è che vi è una strategia unica alla base del caleidoscopio di etichette e di colori, brigate rosse, nuclei comunisti combattenti, e chi più ne ha, più ne metta, ordini neri e ordini nuovi, avanguardie nazionali e cosi via. C' una strategia comune, mi sembra sia quasi innegabile, ma naturalmente sono pronto a fare ammenda di questa opinione se qualcuno mi porta elementi contrari. Ma è un'opinione intanto suffragata da quella, più autorevole della mia, di vari Ministri degli interni, per esempio anche dell'attuale di uomini politici responsabili, con responsabilità nazionali e con più conoscenza, da interviste, testimonianze di personaggi dei servizi segreti internazionali (spero che qualcuno dei presenti le abbia lette, su giornali autorevoli, non solo italiani).
In questo contesto ho parlato di un ruolo comune delle brigate che si definiscono rosse e dei vari ordini neri, Consigliere Carazzoni: non sono mai stato tanto semplicista da ridurre il tutto a equazioni BR uguale fascisti, anche perché la mia opinione è che i fascisti italiani, MSI in particolare - ho visto adesso che il suo Segretario è tornato a parlare in toni di guerra civile, anche facendo leva sull'esperienza del Giappone (si vede che si internazionalizza) - ho l'impressione che questo settore fascista italiano, questo gruppo che ha subito molte sconfitte oltretutto non solo elettorali, sia semplicemente un sicario in questa manovra, cioè non sia la testa; nella misura in cui c'entra fornisce dei sicari, è solo uno strumento. Questa strategia comune trova una sua origine "culturale" la metto fra virgolette, è difficile dire immediatamente operativa, per esempio in certi manuali dei servizi segreti, che sono fra l'altro oggetto di indagini giudiziarie, si insegna agli agenti che è molto utile in questo periodo storico, nel Paese da destabilizzare o in cui si tratta di ostacolare determinati processi politici (e non sempre lo scopo è il colpo di Stato), dicevo, s'insegna, per esempio, che è molto utile utilizzare insieme, mettere assieme gruppi che si presentano con il volto della destra estrema e con il volto della sinistra estrema: questa accoppiata del rosso e del nero nelle manovre eversive è molto apprezzata dagli specialisti dei servizi paralleli. Si danno disposizioni su come formulare volantini, su quali operazioni svolgere per i rapimenti, su come mettere assieme criminalità comune e criminalità politica, su come avere una strategia psicologica di massa. Leggeteli questi manuali: sono impressionanti. Gli insegnamenti li troviamo nella cronaca quotidiana: non è detto che si ritrovino perché c'e proprio chi li applica alla lettera, rami di una gerarchia precisa, ma certo li c'é l'insegnamento. E' una strategia che è stata portata avanti nei paesi dell'America latina quando è stato necessario, in paesi dell'Asia, per esempio in Indonesia, in Paesi europei ultimi la Spagna, la Grecia, l'Italia, la Francia e credo in buona misura anche la Germania, sempre di fronte a possibilità di spostamenti politici di cui qualche volta noi comunisti non avvertiamo neppure la terribile rilevanza, per esempio il passaggio, in uno Stato a bipartitismo quasi perfetto come la Germania, da una maggioranza all'altra. In quei casi i servizi segreti avevano l'ordine di prendere certe iniziative, non certo di fare un colpo di Stato, ma di impressionare l'opinione pubblica in un certo modo, di intervenire e cosi via.



BIANCHI Adriano

Si arriva alla guerriglia urbana.



MINUCCI Adalberto

Certo. Il Consigliere Bianchi ricordava poco fa questa ipotesi che secondo me, è più di un'ipotesi, tanto che uomini responsabili e cauti penso all'on. Forlani quando era Ministro degli interni - hanno rivelato questo gioco, anche se hanno dichiarato di non essere in grado di fornire tutti gli elementi di prova. Ma questo è venuto fuori da mille indizi emersi nelle indagini giudiziarie, e chi ha avuto la pazienza (nessuno mi prenda per un amatore di queste cose o per un maniaco) di leggersi gli atti giudiziari di molti processi, a cominciare da uno dei primi grandi attentati della strategia della tensione nel nesto Paese, non a caso nei momento di un trapasso politico, di uno spostamento dell'equilibrio politico, era l'anno 1960, si ricorderà che allora non si parlò di servizi segreti, ma di polizie parallele. Mi ricordo lo stupore dell'allora Questore di Torino quando scoprî che il suo Vicequestore, che era anche capo della Squadra politica, se ne era andato a Roma in missione senza che lui io sapesse, perché faceva parte di un'altra polizia, oltre che essere Vicequestore, ed a Roma aveva partecipato ad una riunione dell'altra polizia. Questo venne fuori in termini di scandalo politico, di denuncia politica, ma subito dopo ci fu l'altro grande fatto, il cosiddetto inquinamento del Sifar e il tentativo di colpo di Stato o minaccia di colpo di Stato del 1964. Arriviamo poi al 1969, quando questa strategia si unifica e viene fuori un tessuto vero e proprio, piuttosto organico, di provocazioni di interventi sempre più sistematici e cosi via. Questi avvenimenti non possono essere sconosciuti, e soprattutto non devono essere sottovalutati, perché è proprio il tempo che ci dà la misura della loro gravità. Perché uno di questi fatti può accadere, ma poi si sistemano le cose, si interviene, si taglia. Ma quando, dopo 10-15-20 anni ci ritroviamo di fronte agli stessi fenomeni, allora qui sta la gravità, Consigliere Cardinali.
A che cosa tende questa strategia e chi c'é dietro? Posso persino azzardare un'ipotesi, suffragata da molti fatti. Credo che in alcuni momenti siano stati i governi a farsi promotori di iniziative gravi di eversione in altri Paesi. Chi ha letto le cronache delle Commissioni inquirenti del Congresso americano non se ne stupirà. Vi ricorderete che cosa è stato detto: al Congresso americano certi settori politici, certi uomini politici hanno subito roventi critiche o hanno fatto l'autocritica proprio perché in certi momenti, con grandi finanziamenti, con intervento di agenti, e cosi via, hanno assunto un ruolo destabilizzante in altri Paesi. L'autocritica della classe dirigente americana per il Cile è di per se stesso un fatto agghiacciante, ma anche una prova di forza della democrazia americana, le cose dette da Carter a questo proposito durante e dopo la campagna elettorale sono anch'esse illuminanti. Allora ci si potrebbe chiedere: Miceli, che ha ricevuto un miliardo di lire dalla Cia per fare certe cose, e le ha fatte, prima di finire nel MSI, e non sarà stato il solo finanziamento ricevuto (un miliardo di lire per mettere su un'industria è abbastanza poco, ma per mettere su un'industria del delitto penso sia una cifra consistente), non sarà stato certo l'unico a ricevere dei soldi. Ho sempre paura della burocrazia in queste cose: quando si mettono insieme degli apparati, questi hanno una loro logica che va avanti anche se il finanziatore o il mandante ordina di smettere, perché devono giustificare in qualche modo la loro parcella. Dico questo per sottolineare la gravità, le connivenze, le prove fatte sparire da autorità responsabili.
Un Ministro degli interni, ormai morto, pace all'anima sua, fu accusato dal Parlamento italiano di non aver neppure detto che il suo Ministero era stato occupato nottetempo, e fu accusato addirittura dall'allora Presidente della Repubblica che non era stato neppure informato dell'occupazione notturna. Certo quel Ministro degli interni non sarà stato un golpista, ma è un esempio che indica un clima dove è difficile capire responsabilità connivenze, volontà di nascondere certe cose che potrebbero avere un'eco politica. Sono tutti fatti assai gravi. La mia impressione è che oggi vi siano delle forze, delle centrali internazionali assai poco collegate forse non collegate agli attuali governi, ma che possiedono una loro forza personale. Anche Carter ha dei nemici in America, al di là dei giudizi che si possono dare alla sua politica. Il Texas è una terra che ha sempre prodotto fenomeni di questo tipo, come le centrali: ci hanno detto che tra 50 anni riveleranno la verità su chi ha ammazzato Kennedy, non l'hanno voluto dire subito ma si sa, sembra certo, come dice la stampa internazionale a tutte lettere, che la congiura sia nata da un gruppo di potenze economiche texane e dalla cosca mafiosa di "Cosa Nostra". Quindi l'appaiamento fra centrali politiche e gruppi mafiosi è un appaiamento che si nota continuamente nelle cronache giudiziarie di questi anni. Comunque sono solo ipotesi. Stiamo attenti quando si dice, anche da parte molto onorevole, che c'é una strategia, ci sono delle grandi centrali, tutto questo è -,ero, si dovrà andare a fondo, se sarà possibile, ma l'unica cosa chiara, caro collega Carazzoni, circa gli obiettivi di questa strategia che dico unificata, naturalmente unificata nel modo come si possono unificare le cose a questo mondo, è il bersaglio di questa operazione.
Perché se andiamo a leggere nel delirio più o meno ufficiale dei comunicati di Ordine nero, di Avanguardia nazionale, della Fenice, o delle Brigate Rosse o dei Nuclei combattenti, vediamo che l'unico bersaglio è la politica unitaria del movimento operaio italiano, il compromesso storico. Ecco una cosa che aborrono tutti, da Almirante alle Brigate Rosse.



CARAZZONI Nino

O il governo di emergenza.



MINUCCI Adalberto

Si, certo. Dunque questo e il punto, è I 'obiettivo : l'inammissibilità del movimento operaio in quanto tale, del PCI in particolare, come forza di governo. Quindi almeno sotto questo profilo, c'è un'unità nei fatti oggettiva, reale. Su questo nessuno può sollevare dubbi perché questi sono i fatti.
Oggi c'é un bersaglio ancora più specifico, che tu hai voluto ricordare, Carazzoni. Ecco allora a chi serve tutto questo. Hai detto "i fatti ultimi dimostrano che i comunisti non sanno governare, che dove i comunisti governano, a Bologna, a Roma, a Napoli c'è la violenza": ecco, si vuole dimostrare questo, ecco un altro elemento preordinato, ecco, questo dimostra che c'é una strategia e che qualcuno si serve della strategia. Non è un caso che forze esterne a Bologna, largamente esterne, abbiano organizzato quello che hanno organizzato, in una città la cui civiltà e riconosciuta da tutti, non erano i bolognesi a fare i disordini. Non a caso negli stessi giorni a Napoli, con un fatto che davvero ricorda gli untori manzoniani, dei gruppi organizzati con dei camioncini, è stato scritto da tutti i giornali, andavano nelle vie, mezz'ora dopo che erano passati gli spazzini (segno di novità perché questa città è difficile spazzarla, sembra che prima non si spazzasse, non si pulisse affatto), a ributtare l'immondizia. Come si fa a dire che questo è frutto di un mascalzone isolato, di un pazzo? In questo momento la strategia della tensione aveva interesse a dimostrare che i comunisti non sanno governare, inoltre vi erano degli amplificatori della teoria in tutte le sedi.
Non si può non riflettere su queste cose. Vorrei dire, al di là delle contingenze politiche, che c'é un bersaglio di fondo, c'é un obiettivo che si vuole colpire: qualcuno l'ha definito "la lunga marcia attraverso le istituzioni", molto più terra a terra lo definirei "quel processo faticoso aspro, di identificazione delle classi popolari con lo Stato democratico".
E' un processo che viene da lontano, parte dalla Resistenza, dalla Costituzione repubblicana, è stato contraddetto in mille modi, ma hanno camminato, la classe operaia, il movimento operaio, le sue organizzazioni hanno sempre più teso a non farsi cacciare, intanto, fuori dallo Stato e a identificarsi con esso, proprio perché è uno stato democratico a cui le stesse masse popolari hanno dato un contributo fondamentale, alla cui nascita, al cui sviluppo e alla cui salvaguardia hanno dato un contributo fondamentale.
Questo è sempre stato il bersaglio. Oggi non è un caso che la strategia della tensione si inasprisca, proprio perché il lungo processo storico, che ha portato gli operai italiani, i lavoratori italiani, le masse popolari italiane , non solo comuniste, ma prima ancora cattoliche e cosi via a identificarsi in uno Stato che in passato gli era sempre stato estraneo nemico: oggi questo processo arriva a una tappa fondamentale, perché si sta discutendo, e stamani è avvenuto un fatto importante - io ricordava la collega Castagnone Vaccarino - in quali forme, in quali misure è possibile stabilire un rapporto di solidarietà tra le forze che hanno dato vita allo Stato democratico e in quali ferme, in quali misure il movimento operaio nel suo insieme, assieme alle altre forze popolari, potrà partecipare alla direzione dello Stato. Ecco il bersaglio, ecco che cosa dà l'impronta alla strategia eversiva, chi ha interesse a fomentare la situazione e cosi via.
Tutto questo trova certamente delle manifestazioni che sono rivelatrici. In un periodo duro, di guerra fredda, che ha avuto i suoi momenti più in fattori internazionali che in fattori interni, ci sono stati degli scontri aspri fra le forze dell'ordine, a nostro avviso guidate in modo antitetico rispetto ai principi della Costituzione (ma questa è l'opinione nostra) e il movimento popolare, la classe operaia, i sindacati e cosi via.
Chi non ricorda quegli anni, e poco fa si è evocato un nome da parte dei Consigliere Cardinali, ma a quei grandi scontri la classe operaia non è mai andata con le armi. Sono morti più poliziotti in pochi mesi ad opera di bande criminali della strategia eversiva che non in quindici anni di movimenti di piazza. Andate a fare i conti, è un dato impressionante. Nella politica del movimento operaio e nella generosità del popolo non esiste la concezione di lotta che diventa sanguinosa, che diventa delitto . Eppure voi sapete che le forze popolari hanno pagato duramente quei periodo cosi duro. Andate a vedere invece l'uccisione dell'avv. Croce e altri delitti del genere, compiuti da killer prezzolati o da fanatici, ma il fanatismo è un fatto fisiologico, non dura cosi a lungo, uno non può essere fanatico per 940 anni, l'uccisione di Croce è stata i'esecuzione che abbiamo letto in tanti romanzi, la ferocia del killer, di uno che ammazza senza odiare personalmente, senza nemmeno un moto dell'animo. . Chi ha conosciuto Croce si chiede chi poteva pensare di uccidere un uomo come quello, da quale movente poteva partire un delitto come quello, come si può ammazzare un uomo inerme, che non ha nessuna responsabilità, neppure girandola con tutti i sofismi di questo mondo, certo è gente rozza, incapace di sofismi, Croce può essere stato fatto passare come uno che rappresenta il cosiddetto cuore dello Stato.
Anche questi sono elementi rilevatori. Detto questo, cioè che dietro questi fenomeni e questi delitti c'é un'organizzazione, ci sono delle centrali, evidentemente una strategia, vorrei far notare un altro elemento di gravità nella situazione generale , perché, secondo me, ci sono due aspetti nella situazione generale odierna che devono allarmarci, proprio in funzione della strategia della tensione: uno è il - tinto a cui è arrivata la crisi sociale, l'ampiezza delle aree, cosiddette emarginate, di disagio sociale, di disgregazione sociale, la possibilità che gruppi anche ristretti possono innescare la provocazione in questo disagio sociale. In Italia vi sono oggi un milione e trecentomila ragazzi senza lavoro e mezzo milione di questi giovani hanno addirittura una laurea o un diploma e la cultura ha fatto loro pensare che bastava un foglio di carta per essere qualcuno in questa società.
Ma comprendiamo dove stanno le basi del pericolo e il fatto che la crisi sociale sta diventando in larga misura in tutti i Paesi occidentali una sorta di nevrosi sociale, cioè anche degli elementi di razionalità facilmente definibili (ha ragione la collega Castagnone Vaccarino, anche in termini di ideali sociologici, ecc.) e l'Italia non è il Paese privilegiato sotto questo profilo, perché, se andiamo a vedere, ci sono Paesi molto più sviluppati del nostro, a cominciare dagli Stati Uniti, dove la nevrosi sociale si manifesta in modo persino più acuto e più diffuso. Avete mai pensato che cos'é una città, soprattutto cosa sono le grandi metropoli anche in Italia, del resto? Capisco che certe cose non si sentano a Novara o nelle città dove conta molto il clima che si respira, ma nelle grandi metropoli, come New York, ogni giorno si scontrano sette rivali, qualche volta dipinte con ideali religiosi, che si ammazzano gratuitamente. Il giorno in cui è successo il fatto di Bologna, una setta cosi detta maomettana ha occupato quattro edifici pubblici a New York, ha compiuto assassinii, ha fatto cose incredibili, ha messo a soqquadro la città.
Pochi giorni fa i giornali si sono stupiti perché sempre a New York, in un solo giorno sono state uccise 14 persone. Il clima di nevrosi sociale evidentemente è un elemento della crisi attuale ed è un altro elemento di pericolo reale, molto grave a mio avviso. Anzi, penso che in Italia sia un fenomeno tutto sommato in parte assorbito, recuperato, ridotto proprio dal fatto che esiste una vita politica molto intensa e una lotta sociale molto attenta, che vi sono grandi organizzazioni che raccolgono le tensioni sociali, le disciplinano , dando loro la carica morale degli obiettivi delle finalità storiche, per cui le tensioni non si esprimono sotto forma di nevrosi, ma spesso di obiettivi coscienti. Il clima in Italia è aggravato dal fatto che l'aspetto sociale, la disgregazione sono utilizzati per precisi fini politici da certe forze, come dicevamo prima.
E' una crisi seria dello Stato, delle istituzioni, di certi corpi dello Stato, è una forza di disarticolazione, perché quando un gruppo cosi ristretto riesce a paralizzare la giustizia e a causare paura in un corpo cosi importante come quello della Magistratura, quando si può uscire da un carcere, come quello di San Vittore, con tanta facilità, quando ci troviamo di fronte a cose che sembrano assurde, per esempio i 6 della banda Vallanzasca nella stessa cella, ma come è possibile, vorrei dire "ma siete idioti? ", non ci sarà per niente un disegno, ma c'é lo sfascio di certi settori, di certi corpi dello Stato, il ritenersi ad un certo punto irresponsabili di tutto quello che avviene, tanto alla fine nessuno paga.
Questo fatto che dalle carceri italiane si possa scappare con tanta facilità è drammatico, collega Cardinali, non si può dire sia una cosa normale, è drammatico perché bisogna riattivare il cuore dello Stato. Del resto credo che lo Stato viva ovunque, in tutti gli Stati capitalistici.
Questo dramma accade perché le strutture dello Stato, non come istituzioni elettive, ma per il modo di funzionalità, non sono state adeguate a tempo al grande processo di trasformazione economico-sociale e ai nuovi compiti che lo Stato è chiamato ad assolvere, non dalla cattiveria de) comunisti, ma dalla storia, dai processi reali. In America (é un Paese che almeno sotto questo profilo piacerà a Carazzoni perché non c'è partito comunista e quei pochi che c'erano sono stati spesso messi in galera) il più grande e significativo degli americani, Henry Ford terzo, ha dato le dimissioni da Presidente della Ford. Egli, abituato a vivere in una cultura, in un mondo di capitalismo industriale per tradizione, di capitano di industria e cosi via, non si ritrova più in un mondo che sta diventando socialista. Gli Stati Uniti, secondo Henry Ford, sono lo Stato socialista cioè i p:t cessi di socializzazione, gli interventi statali, i programmi statali che ormai decidono per tutti, non gli vanno più a genio e si e dimesso; avrete letto la sua intervista che sotto questo profilo rappresenta un documento del nostro tempo.
C'è stato, e questo è un fatto a nostro avviso (ma capisco che ad altri non piacerà) assai importante, un processo di civiltà che va avanti. Il problema è di apprestarsi ad affrontare questo processo, ma se lo Stato fa finta che niente accada, allora i suoi apparati finiscono per andare verso una sorta di necrosi da incapacità di intervenire, gli apparati si logorano. Credo che abbiamo la forza, in Italia, di affrontare la crisi perché c'é si lo Stato che si consuma, si logora, non si adegua, ma c'è anche 1o Stato democratico che, come diceva prima Bianchi, non è uno schema fisso, sono le grandi masse, la società civile, la coscienza dell'unità nazionale, le assemblee elettive e tutto quello che sappiamo. Questo Stato democratico deve essere in grado di padroneggiare la crisi, deve adeguare però le sue strutture e i corpi. Questo è il vero problema, questo è il fatto grave, a mio avviso, della situazione, allorché fa capire come non deve esserci nessuna incomprensione per la gravità estrema di questi compiti, e noi ci poniamo nella possibilità di risolverli basandoci sulle grandi energie del popolo italiano. E' un fatto di temperamento e anche di consapevolezza storica, sono fra gli ottimisti, ma anche fra quelli che affermano che non è per nulla sicuro che ce la facciamo in questo immenso compito in cui non solo ci troviamo di fronte a resistenze attive consapevoli , ma anche a resistenze passive, di apparati che non vogliono o non sanno rinnovarsi di fronte ai compiti e alle funzioni nuove che oggi ci stanno di fronte. Detto questo, e concludo, scusandomi con voi se stimolato dalla discussione che ha già fornito molti elementi di analisi interessanti, sono stato troppo prolisso, credo che, giunti a questo momento, non possiamo non affrontare la situazione con qualche cosa che richiami anche i cittadini all'emergenza, alla coscienza dell'emergenza.
Sono d'accordo con la collega del PRI che diceva che si tratta di dare coraggio ai cittadini, si tratta di risvegliare i sentimenti democratici della gente: questo mi sembra il momento e credo che la proposta avanzata dal Presidente Sanlorenzo sia una risposta importante in questo momento.
Dobbiamo tener conto che c'é un'enorme massa di cittadini che non risponde direttamente e non è nei grandi partiti di massa, ma che ha il senso dell'allarme, ha il senso dell'eccezionalità quando vede che tutte le forze rappresentative insieme si fanno carico di certe situazioni, allora la gente capisce che c'é qualcosa per cui vale la pena di battersi. D'altra parte vedete che c'é una richiesta, una domanda pressante che viene non solo alle istituzioni, ma anche alle forze politiche che per fortuna sono riconosciute dalla maggioranza dei cittadini come pilastri della vita democratica. Chi di voi ha partecipato all'assemblea degli avvocati torinesi subito dopo l'uccisione di Croce si è reso conto che c'erano in aria delle domande: "Cosa fanno i partiti, cosa si dice, quali misure eccezionali prendere". Non dobbiamo deludere queste domande, perché sarebbe pericolosissimo in un momento come l'attuale. D'altra parte, vorrei sotto questo profilo rassicurare gli amici che hanno avanzato dei timori circa la portata o il significato che potrebbe assumere un'iniziativa come quella proposta dal Presidente Sanlorenzo, dicendo loro che è tutta da discutere nelle forme e nei modi. Trovo che davvero non si propone una cosa diversa dal quadro istituzionale, perché il quadro istituzionale italiano, la Costituzione italiana e chi la conosce bene, come Bianchi, sa benissimo che non è soltanto un disegno astratto di sedi, di istituzioni, è un disegno fondamentale , il Parlamento, le Regioni, i Comuni costituiscono l'ossatura che tiene in piedi l'organismo, ma le vene di questo organismo circolano in tutti gli articoli della Costituzione, soprattutto in certe parti, come la partecipazione popolare, il controllo dei cittadini, il fatto che i cittadini vivono in questo Stato democratico non soltanto il giorno in cui vanno a votare, e non soltanto attraverso le forme classiche di presenza politica, ma anche attraverso la partecipazione all'attività di controllo di intervento diretto. Ciò è tanto più essenziale, tanto più vitale, in quanto le stesse forze rappresentative della democrazia lo fissano, lo coordinano, lo indirizzano; del resto non e una novità perché in molti momenti peculiari della nostra storia di questi anni ci siamo trovati tutti insieme a dover intervenire in queste situazioni. Voglio ricordare un esempio che è stato straordinario, già ricordato dal collega Rossotto: l'esempio degli operai della Fiat, davvero non si chiedeva la tessera di partito, gli operai rinunciavano a dormire la notte per vigilare le loro officine - vi ricordate - dopo la serie di incendi gravi, e collaboravano ecco il senso dell'operazione, collaboravano con le forze dell'ordine e riuscirono a stroncare la serie di attentati. Voglio ricordare un esempio ancora più straordinario di questi anni, quello di Savona, dove tutte le forze costituzionali dettero vita, quartiere per quartiere, scuola per scuola, dopo una serie sanguinosa di attentati, con feriti, morti, nelle scuole, ovunque, dettero luogo ad un tessuto; credo, per analogia intendiamoci, che dobbiamo tener conto di questa esperienza, che riuscire a stroncare gli attentati. Vi ricordate quelle immagini straordinarie scattate di notte, gruppi di cittadini organizzati da tutti i partiti democratici che collaboravano con le pattuglie della Polizia a tenere la città al sicuro dagli attentati: non credo sia questo quel che oggi occorre, chissà, se le cose si aggravassero - cosa che non mi auguro -, se non sarà necessario domani; ma non è questo il senso cella proposta: si tratta di discutere, dato che siamo in un momento comunque grave, dato che oggi sembra sia soprattutto necessario dare coraggio alla gente, far capire che la democrazia è viva non solo perché ci sono dei delegati a Roma o altrove che discutono per fare un Governo migliore o per fare un programma ma per far capire che la democrazia è viva perché ciascuno di noi la vive e ciascuno di noi sa come rinunciare a certi pregiudizi per trovarci insieme e far intendere che la democrazia è forte perché ci troviamo insieme: questo dovrebbe essere il senso della proposta che facciamo. Guardate, se non riusciamo ad avere anche la fantasia di trovare delle forme per un certo tipo di mobilitazione, di incoraggiamento alla gente, ci potremmo trovare - e qui finisco appunto con una nota di allarme -, ci potremmo trovare anche rapidamente a non avere la forza di animare la democrazia di base. Mi ha fatto una grande impressione questo fatto, le cose che hanno detto le persone che non hanno voluto entrare nelle giurie popolari, il sentirsi privi di qualsiasi iniziativa di difesa, il sentirsi individui soli di fronte al terrorismo: vuol dire che le forze democratiche non sono riuscite ad arrivare fino a loro e a far capire che non è cosi. Anche le masse più attive di fronte a fenomeni di questo tipo, a un aggravamento di queste situazioni, possono avere dei flussi paurosi, la storia ce lo ha insegnato, è una nostra responsabilità a cui non possiamo venir meno, non possiamo assolutamente venir meno; ecco perché mi sembrerebbe molto importante indicare qualche iniziativa nella direzione proposta dal Presidente della nostra assemblea; qualche iniziativa che faccia capire che il tessuto della democrazia è ben saldo, che vi sono grandi forze consapevoli decise a difenderla fino in fondo.



PRESIDENTE

Non ho altri iscritti a parlare, ma non mi sento autorizzato a trarre delle conclusioni dal dibattito aperto. Suggerisco un momento di riflessione in una riunione dei Capigruppo per addivenire a un'ipotesi di conclusione della discussione attraverso un eventuale documento nella forma che i Capigruppo assieme decideranno. Sospenderei pertanto la seduta per qualche minuto; non vedo altra via di soluzione.
Vi sono obiezioni per questa procedura? Non ve ne sono. La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,05 riprende alle ore 19,30)



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, al termine della riunione dei Capigruppo e dei Gruppi sottopongo alla vostra attenzione il seguente ordine del giorno: "Il Consiglio regionale del Piemonte ha preso in esame la situazione dell'ordine pubblico nella Regione in seguito agli ultimi atti criminali compiuti in un periodo contrassegnato da una progressiva crescita degli atti di terrorismo politico gravi per la qualità e la quantità delle provocazioni, aggressioni e dei tentati assassinii alcuni dei quali portati a termine, come quello compiuto nei confronti del brigadiere Ciotta e quello contro il Presidente dell'Ordine degli avvocati Croce.
Il Consiglio regionale del Piemonte ha ravvisato unanimamente la necessità per tutte le espressioni dello Stato di realizzare una superiore capacità di intervento nell'individuare, arrestare e punire i responsabili degli atti che provenendo da fonti diverse finiscono di confluire soprattutto nel capoluogo della Regione, Torino, con gli episodi della criminalità comune, contribuendo ad una sempre più diffusa sensazione che sono in pericolo i fondamenti stessi della vita civile, dell'ordine democratico e repubblicano. Da tali confluenze risulta chiara e si realizza una strategia che mira apertamente alla distruzione dello Stato e delle libertà democratiche, seminando caos, sfiducia, disorientamento, paura e abdicazione dalle responsabilità individuali e collettive.
Tutti i Gruppi democratici dell'arco costituzionale del Consiglio regionale hanno constatato altresì che la stragrande maggioranza della popolazione della Regione non solo ha isolato moralmente e politicamente gli esecutori e i mandanti della strategia eversiva, non solo ha saputo in tutti questi anni reagire con le armi della democrazia a quelle del terrorismo e della provocazione e della violenza, ma oggi esige che la giustizia faccia il suo corso, che i vari corpi dello Stato forniti dei mezzi e delle solidarietà necessarie siano messi in condizione di compiere il loro dovere, e vengano adottate forme nuove di intervento e di collaborazione tra le forze dell'ordine e la Magistratura al fine di realizzare la saldatura più organica fra la comunità civile e gli organi dello Stato nella difesa dei comuni valori dell'ordine democratico, della libertà e della Costituzione.
Il Consiglio regionale del Piemonte, mentre ravvisa la necessità che ogni sforzo sia compiuto dal Parlamento e dai Governo per varare misure amministrative e legislative atte a rendere più efficace l'azione delle forze dell'ordine e della Magistratura, mentre richiede con urgenza che le riforme da tempo annunciate e mature nella coscienza della comunità nazionale riguardanti la condizione carceraria, i diritti e lo stato giuridico della Polizia, il riordinamento dei servizi di sicurezza, siano portate sollecitamente a termine e si passi dalla fase dell'enunciazione alla fase dell'attuazione richiede che siano affrontate e superate le difficoltà che si frappongono alla celebrazione a Torino nel più breve tempo possibile del processo alle Brigate Rosse a ciò, se necessario, accompagnando le eventuali modifiche della legislazione sulla Corte d'Assise e nella designazione dei giudici popolari, fermi restando i principi costituzionali che sanciscono il diritto-dovere dei cittadini alla partecipazione all'amministrazione della giustizia rileva l'urgenza di realizzare un salto di qualità nella doverosa collaborazione dei cittadini e delle loro organizzazioni con le forze dell'ordine e la Magistratura per una coordinata ed efficace lotta contro il terrorismo politico e la criminalità comune invita tutte le sedi di rappresentanza istituzionale democraticamente elette ed in particolare i Comuni, espressione primaria di autonomia e partecipazione, ad assolvere il compito di sensibilizzazione delle coscienze e delle volontà dei cittadini per impegnarli nell'azione e nelle iniziative (che sono sostanza e base della democrazia) di sostegno e di collaborazione nei confronti dello Stato e dei suoi organi, per la tempestiva individuazione, per la prevenzione e per la repressione di ogni forma di criminalità e ogni manifestazione di violenza e per assicurare altresì piena agibilità democratica di ogni sede invita tutti i Comuni del Piemonte a dedicare la giornata del 2 giugno anniversario della Repubblica, all'opportuna trattazione in sedute solenni dei problemi che si pongono in questo momento grave e delicato della vita delle istituzioni, dei problemi della vigilanza, della difesa e dello sviluppo delle libertà democratiche".
Vi sono richieste di parola? La parola al Consigliere Carazzoni



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, abbiamo ascoltato con estrema attenzione il testo dell'ordine del giorno letto all'assemblea; è un ordine del giorno che può essere votato anche dal MSI: è tale infatti la diversità tra il documento presentato stamani e il documento che viene adesso posto in votazione che veramente ci si deve chiedere se andavano dedicate cosi lunghe ore di dibattito per giungere ad una conclusione che più di cosi sfumata, più di cosi non impegnata, più di cosi solo formale crediamo difficilmente si sarebbe potuto raggiungere. Questo ci permette di introdurre una prima considerazione.
Stamani il Presidente Sanlorenzo ha presentato un documento che abbiamo nettamente respinto, ma che, al di là della valutazione che abbiamo dato aveva il pregio di essere un documento politicamente impegnato. L'avremmo respinto: avremmo votato contro senza esitazione, ma perlomeno era la definizione di una proposta sulla quale non eravamo, o potevamo non essere d'accordo; ma che comunque qualcosa diceva. Ci pare, se ci è consentita l'annotazione, che il documento uscito adesso sia ben diverso e ben lontano dall'originaria proposta.
Detto questo, vorremmo permetterci una seconda considerazione. Non sappiamo quanto utile possa essere stata agli effetti della strategia che il Partito comunista sta portando avanti l'iniziativa che il Presidente del Consiglio ha assunto e che ovviamente il Partito comunista ha difeso, se è vero, come è vero, che il vostro filone conduttore in questo momento è quello di giungere all'aggregazione di più ampi spazi politici possibili e se è vero che qualora fosse stato mantenuto fermo il documento presentato dal Presidente (sottolineo presentato dal Presidente del Consiglio) non saremmo arrivati a votazioni di tipo cosi unanimistico. Ho detto prima che questo è un documento formulato in modo tale che il MSI lo può votare tranquillamente. Ho sbagliato e mi correggo immediatamente. Ho sbagliato l'uso del verbo: che il MSI potrebbe votare tranquillamente.
Si tranquillizzi, signor Presidente, perché avrei anche potuto risolvere il problema alzandomi e dicendo: "Signor Presidente del Consiglio, lei ha sottoposto un documento tale all'assemblea per cui lo vota con molta tranquillità e con molta serenità anche il fascista Carazzoni", come lei si è permesso definirmi questa mattina, credo non avendo molto mutuato dal ben diverso stile con il quale il suo compagno di partito Ingrao sa presiedere assemblee di ben altro tipo. Ho corretto il verbo e ho detto "potrebbe", infatti non lo voteremo pur essendo d'accordo in larghissima misura sulle affermazioni espresse. Vorremmo solo fare una puntualizzazione per giustificare la nostra posizione.
Abbiamo ascoltato l'intervento del collega Minucci, non vogliamo ora discuterlo e riprenderlo nel merito, ma vogliamo ipoteticamente dare per scontata la validità di tutte le sue affermazioni. Ma se fosse vera l'analisi presentata, e cioè che estrema destra e estrema sinistra confluiscono nella costruzione di un disegno eversivo che mira a colpire lo Stato, dobbiamo tranquillamente, ma fermamente dire al Consigliere Minucci che cosi come noi non ci permettiamo di identificare il PCI nell'estrema sinistra extraparlamentare, altrettanto non gli consentiamo di identificare il MSI nell'estrema destra: per cui, ribadendo le condanne espresse agli extraparlamentari di destra, possiamo tranquillamente accettare e non abbiamo bisogno di ripetere ora altre condanne su quanto si è verificato in questi drammatici giorni a Torino e in Piemonte: potremmo condividere larga parte delle affermazioni fatte.
Non votiamo questo documento unicamente perché non soddisfa una condizione di fondo, manca cioè (ed era doveroso che invece venisse fatto anche se ci rendiamo conto che non era possibile al punto in cui le cose erano state portate dall'iniziativa forse un po' intempestiva assunta da qualcuno) una seria, approfondita e doverosa analisi storica delle cause che stanno alla base di questa situazione. Per questa incompletezza e con tutte le precisazioni fatte, il voto del MSI sarà un voto contrario.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Desidero affermare che riteniamo estremamente utile e costruttivo questo dibattito. Come sempre avviene, abbiamo detto molte parole, fatte molte valutazioni, ma il confronto su un problema della cui gravità nessuno è autorizzato a dubitare è stato altamente civile e serio. Credo che anche le conclusioni, nella ricerca puntigliosa di chiarezze e di formulazioni che evitino ogni equivoco, siano positive, non è quindi un documento senza significati; infatti una strumentazione quale quella che, secondo un'impostazione logica e rispettabile, veniva suggerita dal Presidente, nel caso avesse presentato controversie di interpretazione, difficoltà di confronto periferico, riserve sulle possibili accentuazioni che con il passare del tempo potevano assumere le nuove formazioni, avrebbe finito per arrecare molti pregiudizi all'iniziativa che è comune, che vuole ricercare affannosamente una base comune nella nostra democrazia, nella nostra Repubblica, partendo dalla quale deve essere legittimo, efficace e produttivo confrontarsi e anche combattere la battaglia politica, non mettendo in discussione valori, principi, ragioni e patti di convivenza.
Quindi, l'appello che viene rivolto alle istanze democratiche perché si mobilitino, perché realizzino quella che avrebbe sempre potuto essere e che mai è stata, cioè la partecipazione e funzione dei cittadini con lo Stato democratico, è l'iniziativa che viene rimbalzata in questo senso alle forze politiche, è un fatto di consapevolezza che non ci illudiamo sia immediatamente risolutivo, ma in questo senso si, è un passaggio ad una situazione qualitativamente diversa che consente di aggiungere qualche speranza ai motivi positivi che nell'analisi comune sono stati ritrovati di automobilitazione, di presa di coscienza, di coraggio civile che nel Paese vanno sorgendo. Per questo non credo che abbiamo perduto ore e tempo e che siamo giunti a conclusioni di poco conto nell'economia del problema che abbiamo affrontato



PRESIDENTE

La parola al Consigliere rossetto



ROSSOTTO Carlo Felice

Sento il dovere e l'obbligo, per la tempestività con cui è stato posto all'assemblea elettiva e politica il problema, in termini che la comunità regionale deve apprezzare, in termini di proposta concreta, non soltanto in termini di vaghi principi, problema che sta angosciando noi e la popolazione che ci ha mandato qui a rappresentarla, di ringraziare anche i colleghi per aver dedicato la loro giornata in una fattiva opera costruttiva con i loro interventi seri e approfonditi ad un tema che credo meriti la nostra attenzione. Ritengo che il documento che è stato presentato al termine del dibattito, raccogliendo tutte le preoccupazioni non rappresenti qualcosa di velleitario e di non compreso sul quale non si poteva operare il momento unitario di seria condanna, di costruzione dei modi concreti per rispondere alla minaccia grave, ma partendo da questa sera possa realmente trovare nel 2 giugno un momento di totale adesione: infatti la celebrazione della festa della Repubblica in termini lavorativi è il modo più degno per dire che il Piemonte, duramente colpito e convinto che potrà essere ancora colpito nei suoi uomini e nelle sue cose, non è assolutamente disponibile a cedere sulla strada della democrazia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo anch'io che vada dato un giudizio positivo alla conclusione del dibattito: un giudizio positivo che nasce dall'impegno unitario di un'azione che deve raggiungere i risultati che tutti abbiamo dichiarato di volerci prefiggere e di voler raggiungere: colmare il divario tra opinione pubblica e istituzioni, sensibilizzare la gente, andare ad iniziative di promozione dell'azione politica a difesa delle istituzioni e della democrazia. Mi sembra che interpretare cosi il documento significa interpretarlo in modo corretto dai punto di vista letterale, ma vuole soprattutto richiamare la necessità imprescindibile di momenti di tensione ideale, di tensione morale, di volontà politica che ci deve caratterizzare tutti in questo momento nel segno dell'unità; il richiamare il momento dell'unità non è riprendere uno slogan. sia pure a noi tanto caro e cosi pieno di valenze storiche, ma vuol dire saper significare a tutti con coerenza e convinzione l'unica strada che si deve percorrere per salvare e difendere la Democrati2.
Devo dire che in questo senso oggi il dibattito è stato produttivo positivo (anche se non sempre ho ravvisato in taluni la stessa tensione morale ed ideale che il momento richiedeva); occasioni come questa, che hanno una conclusione unitaria su elementi che si proiettano nel tempo nell'iniziativa delle forze democratiche, nel Paese, nel contatto con l'opinione pubblica e con la gente per dare fiducia e coraggio, sono momenti importanti di espressione della politica, ovvero del modo con cui le forze politiche esprimono le proprie responsabilità, il modo cioè con cui intendiamo il nostro dovere.
Da questo lato il documento in sé è la prova di quanto sia in noi la convinzione di ciò che abbiamo scritto e di ciò che abbiamo dichiarato di voler fare; tale prova sarà data dall'impegno che sapremo trasfondere in queste azioni E' un impegno che dovremo attuare come partiti, ma anche personalmente come Consiglieri regionali: nella comunità regionale, laddove sorgeranno iniziative, nei Comuni, nei quartieri, nelle sedi più disparate, ci dovremo trovare impegnati anche personalmente a dare il nostro contributo, recando in modo concreto il senso di un impegno a difesa delle istituzioni democratiche che ha visto oggi, qui, uniti i partiti democratici che fanno parte di questa, assemblea.
In chiusura voglio dare una breve risposta al Consigliere Carazzoni dicendo che non avevamo assolutamente dubbi sul fatto che non votasse questo documento e che cercasse qualche strumentalizzazione, anche la più ardua; ebbene, questo artificio dialettico con cui ha voluto coprire il suo voto negativo non ci preoccupa o, in sostanza, non ci sposta minimamente.
Sappiamo che lei, specie in queste occasioni, cerca una collocazione strumentale per solleticare chissà quali umori e da quale parte: creda Consigliere, non tanto per la sua persona, ma per quello che lei rappresenta, lei non ci sposta e non sposta il nostro giudizio sul documento, sull'azione che abbiamo fatto e sul dibattito che si è svolto.
Anzi.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Furnari. Ne ha facoltà.



FURNARI Baldassare

Il Gruppo socialdemocratico esprime compiacimento per il dibattito svolto e per il raggiungimento dell'accordo in questo documento, che noi senz'altro voteremo, in un momento cosi triste e delicato per il Paese e per le nostre famiglie.



PRESIDENTE

Le parola alla signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

A nome del Gruppo repubblicano dichiaro, avendo partecipato all'elaborazione del documento, di votare a favore dell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Bellomo. Ne ha facoltà.



BELLOMO Emilio

Non c'é alcun dubbio che abbiamo speso bene la giornata, contrariamente a quanto pensa qualcuno. Partendo da posizioni diverse, note e tipiche di ogni forza politica, abbiamo scandagliato tutto quanto per arrivare a trovare una posizione unitaria che rappresenta il vero contenuto del documento che voteremo senz'altro positivamente.
Credo che, politicamente parlando, abbiamo speso molto bene la nostra giornata; credo anche che abbiamo fatto quel salto di qualità che il Presidente del Consiglio, presentando stamani la sua idea, aveva auspicato con il passaggio ad un livello maggiore.
In questo momento c'é un impegno nuovo che non consiste nel solito appello accorato, appassionato, ma è un impegno di lotta politica che, per quanto ci riguarda come socialisti, cercheremo senz'altro di mantenere.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre dichiarazioni, mi permetto anch'io di aggiungere qualche parola di commento avendo introdotto la discussione. Intanto ringrazio tutti i Consiglieri, in modo particolare i Capigruppo che hanno incominciato ieri i lavori preparatori del Consiglio, con una lunga riunione durata tre ore e mezza che ha dimostrato la validità del metodo democratico consistente nel proporre idee, confrontarle, ha dimostrato che siamo in grado tutti assieme di cogliere i contributi che tutti possono portare, ed esporli correttamente nella massima assemblea, in tempi politicamente ristretti (che erano quelli immediatamente successivi ai fatti avvenuti). Era corretto, giusto, utile che l'assemblea regionale immediatamente dopo i fatti, affrontasse il tema e lo discutesse.
Questa mattina, Consigliere Carazzoni, non è stato presentato un documento: è stata presentata un'introduzione, cosi come un'introduzione è stata presentata ieri ai Capigruppo perché ci fosse uno scambio di idee.
Già ieri e poi ancora oggi è avvenuto questo scambio di idee. Non consideriamo l'assemblea regionale un bivacco di manipoli e nemmeno un luogo dove la gente viene soltanto per recitare delle parti. Lei non è venuto alla riunione dei Capigruppo ieri perché si era prefisso di recitare



CARAZZONI Nino

Ho avuto il buon gusto di non venire.



PRESIDENTE

Non è questione di buon gusto: è una questione completamente diversa.
Lei ieri non è venuto alla riunione dei Capigruppo per potersi riservare la possibilità di esibirsi nei suoi numeri questa mattina. Lei questa mattina, ha portato avanti, con la tolleranza di tutto il Consiglio regionale, la sua provocazione per un quarto d'ora senza che nessuno la interrompesse. Il primo che I 'ha interrotta è stato il Consigliere Alberton. il quale, assai opportunamente, le ha fatto rilevare che stava incitando alla sedizione. Lei ha avvertito che il Gruppo comunista ed altri Consiglieri avevano evitato la provocazione uscendo dall'aula. Ma quando un Consigliere, nella sua sensibilità, si è sentito il diritto e il dovere di redarguirla per un invito che lei faceva, invito che oltrepassava le regole e la prassi e le idealità di questo Consiglio regionale e della Costituzione repubblicana, non ho più potuto fare a meno di ricordarmi che esiste l'art. 4 del Regolamento che dà al Presidente del Consiglio il diritto e il dovere di tutelare la dignità del Consiglio e di difenderne il prestigio anche nei confronti dell'esterno, visto il livello del dibattito che si stava svolgendo e una serie di affermazioni che lei aveva fatto contrarie al vero, fra le quali anche quella che l'allora Presidente Oberto non avesse detto con sicurezza che era contro la violenza, mentre sono in grado di dirle che la sua dichiarazione precisa, letterale, inequivoca fu fatta il 26/4/1973 nella seduta solenne di Palazzo Madama in cui le sue parole furono espressione di tutta l'assemblea regionale, di tutti i Gruppi (e se lei non ha avuto tempo di informarsi non doveva avere l'avventatezza di affermare cosa non vera). Quindi, dopo due menzogne, quella riguardante l'avv. Oberto e quella riguardante il Consigliere Minucci, e l'avvertimento fattole dal Consigliere Alberton. mi sono sentito di dirle quello che pensavo di lei, e cioè che lei è un Consigliere fascista, espressione di un movimento fascista che qui dentro ci viene purtroppo perché mandato dagli elettori e ha tutti i diritti che competono all'assemblea, compresi quelli che non aveva una volta e che gli sono stati riconosciuti attraverso una corretta regola democratica.
E' ancora possibile in Italia dare del fascista ad un fascista.
Ora metto in votazione il documento che abbiamo discusso.



CARAZZONI Nino

Rinuncio a prendere la parola per fatto personale. Ritorneremo ancora in seguito sulla questione.



PRESIDENTE

La questione la de libereremo se necessario.
Passiamo alla votazione del documento per alzata di mano.
Il documento è approvato con 38 voti favorevoli e uno contrario.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.00)



< torna indietro