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Dettaglio seduta n.115 del 05/05/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAGANELLI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il primo punto all'ordine del giorno reca "Approvazione verbali precedenti sedute". Non vi sono osservazioni pertanto i processi verbali relativi alle sedute del 28 aprile 1977 si intendono approvati.
Interrogazione dei Consiglieri Soldano, Vietti, Beltrami, Menozzi Martini, Lombardi e Bianchi: "Tempi entro i quali potranno essere assunti i provvedimenti per l'integrazione del finanziamento per il trasporto alunni"


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione dei Consiglieri Soldano, Vietti, Beltrami, Menozzi, Martini Lombardi e Bianchi "Tempi entro i quali potranno essere assunti i provvedimenti per integrazione del finanziamento per il trasporto alunni".


PRESIDENTE

Passiamo al punto secondo "Interrogazioni e interpellanze". Esaminiamo l'interrogazione dei Consiglieri Soldano, Vietti, Beltrami, Menozzi Martini, Lombardi e Bianchi "Tempi entro i quali potranno essere assunti i provvedimenti per integrazione del finanziamento per il trasporto alunni".
Risponde l'Assessore Fiorini.



FIORINI Fausto, Assessore all'assistenza scolastica

L'interrogazione presentata dai Consiglieri della D.C, ha effettivamente un fondamento, in quanto c'era stato l'impegno da parte della Giunta, al momento in cui avesse avuto le risultanze degli avanzi del bilancio dell'anno precedente, ad assumere questo provvedimento. Il provvedimento doveva avere un'espressione di carattere normativo, la legge è già stata preparata e inviata in Commissione. Richiederò la convocazione della Commissione per discutere i criteri attraverso i quali distribuire i 600 milioni. L'Assessorato in questo periodo ha svolto un'analisi dei bilanci dei Comuni, che sarà presentata in Commissione e, con un accordo si potranno decidere i criteri in base ai quali distribuire la somma.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, professoressa Soldano.



SOLDANO Albertina

Le motivazioni per cui avevamo presentato l'interrogazione caratterizzando la con la definizione "urgente", in effetti, appaiono chiaramente dalla stesura del testo stesso. Prendiamo atto di quanto ha precisato l'Assessore Fiorini a nome della Giunta e sottolineiamo ancora una volta l'urgenza di tale provvedimento.
Era nostra intenzione proporre di far passare il provvedimento attraverso la Commissione. Ora prendiamo atto che la Giunta ha finalmente deliberato in proposito. Domani avrà luogo una riunione della V Commissione; tuttavia non ne conosciamo l'ordine del giorno. Ci auguriamo comunque che il problema possa essere discusso a fondo, anche perché i criteri di ripartizione dei 600 milioni dovranno essere accuratamente vagliati. Da parte nostra, a nome del Gruppo della Democrazia Cristiana posso assicurare tutta la collaborazione possibile. Certo, avanziamo qualche riserva sull'entità globale dei 600 milioni, che forse non saranno sufficienti. In attesa, comunque, che venga perfezionata la prassi relativa al provvedimento da parte della Giunta e della Commissione, ci dichiariamo soddisfatti, se non altro parzialmente; questa espressione "parzialmente" non vuole essere preclusiva nei confronti dei risultati definitivi. Per il momento, ci sia concesso ancora una volta precisare che siamo vivamente preoccupati per la difficile situazione in cui tuttora si trovano i bilanci comunali e le stesse famiglie interessate sulle quali finirebbe per gravare un ulteriore aumento del costo dei trasporti per gli alunni della scuola dell'obbligo.



PRESIDENTE

L'interrogazione è discussa.


Argomento: Difesa idrogeologica

Interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Colombino: "lniziative da assumere direttamente presso gli uffici statali competenti e provvedimenti che la Regione intende assumere direttamente per risolvere il problema degli argini e dei drenaggi degli alvei dei torrenti Pellice e Chisone" ed interrogazione del Consigliere Chiabrando: "Necessità di interventi in regione Mottura di Villafranca Piemonte per evitare ulteriori erosioni da parte del torrente Pellice"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Chiabrando e Colombino "Iniziative da assumere direttamente presso gli uffici statali competenti e provvedimenti che la Regione intende assumere direttamente per risolvere il problema degli argini e dei drenaggi degli alvei dei torrenti Pellice e Chisone".
Risponde l'Assessore Fonio che ha facoltà di parola.



FONIO Mario, Assessore alla sistemazione idrogeologica

C'è" da sperare che anche a seguito degli ulteriori disastri causati dalle piogge di questi giorni vengano finalmente finanziate le spese di cpmpetenza dello Stato, fra le quali sono incluse quelle che si riferiscono alla presente discussione.
Ritengo preliminarmente utile precisare che i torrenti Chisone e Pellice, nei tratti interessati, sono classificati tra i corsi d'acqua di terza categoria ai sensi del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, e che pertanto le relative opere di difesa ed arginatura rientrano tuttora nella competenza dello Stato, attraverso il Magistrato per il Po.
Mi pare poi opportuno richiamare quanto discusso recentemente in Consiglio regionale sull'iniziativa che le Regioni Padane (Piemonte Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) hanno assunto nei confronti del Governo e della Commissione parlamentare per il bacino del Po. La deliberazione del Consiglio, in data 3 marzo 1977, approva, tra l'altro, il programma di massima di interventi urgenti in corsi d'acqua classificati di seconda e terza categoria, interessanti il territorio piemontese per una spesa complessiva di 19.400 milioni. Tra gli interventi urgenti previsti sono compresi anche quelli sul torrente Chisone in regione Paschetti del Comune di Garzigliana e sul torrente Pellice in regione Isola del Comune di Villafranca Piemonte, consistenti in opere di rafforzamento e completamento di difese spondali, con una prima spesa di L. 75 milioni circa. Per quanto riguarda specificamente il territorio di Garzigliana, in passato sono stati costruiti alcuni tratti di difesa sui torrenti Pellice e Chisone nei punti maggiormente sollecitati dalla corrente di piena onde evitare o contenere erosioni di sponda.
Mediante autorizzazioni al prelievo di materiali lapidei nei luoghi idraulicamente idonei, si è altresi ottenuto un parziale inalveamento e pertanto i pericoli di allagamenti sono stati ridotti.
Negli ultimi anni alcune piene eccezionali e l'indisponibilità di fondi per i necessari interventi hanno determinato il verificarsi di danni alle difese esistenti ed a tratti di sponda indifesi, con allagamenti delle campagne latistanti e, in particolare, con minaccia per le frazioni di Castellazzo. Come evidenzia poi l'interrogazione n. 263 del collega Chiabrando, negli ultimi tempi si è andata aggravando la situazione in regione Mottura di Villafranca Piemonte a causa di corrosioni in atto molto accentuate da parte del torrente Pellice. Non sono per ora interessate case di abitazione, ma sono già state erose alcune decine di giornate di terreni coltivi e sono in pericolo alcuni canali di irrigazione. Tale situazione è stata recentemente denunciata anche in un esposto degli agricoltori della frazione Mottura alla Regione. Gli uffici statali del Genio Civile hanno, in più riprese, segnalato l'urgenza degli interventi al Magistrato per il Po. L'ultima segnalazione è avvenuta il 27 aprile u.s con Biglietto Urgente di Servizio. La spesa presunta per un primo intervento in regione Mottura si aggira sui 50 milioni di lire.
Purtroppo fino a questo momento il Magistrato per il Po tace. Anche allo scopo di ottenere un intervento urgente del Magistrato, almeno per le due opere indispensabili (sul torrente Cliisone in regione Paschetti di Garzigliana e sul torrente Pellice in regione Mottura di Villafranca Piemonte) ho chiesto un incontro col Magistrato che è stato fissato per domani alle ore 11.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Ringrazio l'Assessore per la risposta.
Non capisco però a quale interrogazione l'Assessore si riferisca in quanto ne erano state presentate due, la più vecchia delle quali riguardava il torrente Pellice.



PRESIDENTE

. Ho letto l'interrogazione relativa agli argini e drenaggi degli alvei dei torrenti Pellice e Chisone. Vedo che ce n'é un'altra che riguarda la regione Mottura di Villafranca Piemonte: non so se la risposta si riferisce a tutte e due.



FONIO Mario, Assessore alla sistemazione idrogeologica

Rispondo alle interrogazioni 253 e 263 sulle questioni del torrente Chisone e del torrente Pellice in regione Mottura. Vi è inoltre l'interrogazione n. 205, precedente, che chiede una risposta scritta; per un disguido era stata inviata in Corso Bolzano ed è arrivata al mio Assessorato solo molto più tardi.Alle interrogazioni 253 e 263 ho risposto specificamente, ma ho a disposizione anche gli elementi per l'interrogazione 205 alla quale, anziché per iscritto, posso rispondere ora a voce.



PRESIDENTE

D'accordo, inseriamo l'interrogazione n. 205, che non è all'ordine del giorno, ma riguarda la stessa questione.
La parola all'Assessore Fonio.



FONIO Mario, Assessore alla sistemazione idrogeologica

E' intimamente connessa alla questione trattata prima, quindi rispondo con un'integrazione.
Preciso soltanto che gli interventi di difesa spopdale che non hanno trovato collocazione nel programma di massima delle opere idrauliche di seconda e terza categoria per 19.400 milioni, approvato in Commissione e in Consiglio con deliberazione del 3 marzo 1977, sono comunque state segnalate dal Genio Civile al Magistrato del Po con lettera del 22/11/76 prot, n.
14288 e riconfermati con note successive. Anche per questi lavori cercher di avere assicurazrone in merito dal Magistrato del Po.
Ritengo infine opportuno sottolideare, in seguito alle interrogazioni dei Consiglieri Chiabrando e Colombino e dalla risposta, anche solo provvisoria, che ho potuto dare oggi, che nella pianura piderolese, per i tratti in cui confluiscono il Pellice e il Chisone e più a valle per il tratto del Pellice fino alla confluenza con il Po, la situazione idrogeologica è alquanto precaria e vi è necessità di un intervento sistematico che dovrebbe essere effettuato con una certa urgenza. Si era pensato, nonostante le difficoltà di ordine strettamente legislativo, di avviare qualche cosa come Regione. Dipende pero dalla risposta che darà domani il Magistrato del Po.
PRESIDENTE.
La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Ringrazio per la risposta cumulativa e sottolineo che non era stata data risposta all'interrogazione del 18 novembre 1976. Comunque, il disguido è sempre ammissibile. Le ultime parole dell'Assessore sottolineano e aggiungono all'argomento quell'importanza che abbiamo evidenziato. La situazione è drammatica e la pioggia di questi giorni ha peggiorato uno stato di fatto già critico. Sottolineo in particolare (ma l'Assessore Fonio ne è al corrente) la situazione della regione Mottura dove decine di ettari di terreni coltivati spariscono giornalmente; vi è una frazione abitata che arriva a trovarsi vicino all'acqua; soprattutto la rete di irrigazione per 600 giornate di terreno rischia di essere interrotta.
Prendo nota della risposta che interpreto come interlocutoria e invito l'Assessore, se lo ritiene, a tenerci aggiornati con una nota scritta sulle eventuali decisioni che verranno prese nell'incontro di domani, in particolare per quanto riguarda la regione Mottura di Villafranca la cui situazione è veramente drammatica.
PRESIDENTE.
Sono state discusse le due interrogazioni, più quella aggiunta per accordo dalle parti.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Interrogazione del Consigliere Calsolaro "Criteri con i quali è stata organizzata la tavola rotonda sul tema 'Una politica per i beni culturali organo promotore, criteri per la scelta dei partecipanti'"


CHIABRANDO Mauro

PRESIDENTE.



CHIABRANDO Mauro

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Calsolaro "Criteri con i quali è stata organizzata la tavola rotonda sul tema 'Una politica per i beni culturali; organo promotore, criteri per la scelta dei partecipanti'".



CHIABRANDO Mauro

Risponde il Presidente della Giunta, Viglione, a cui do la parola.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, l'interrogazione del Consigliere Calsolaro pone l'accento su un problema che si e andato sviluppando in questi ultimi mesi e che viene definito nel titolo dell'interrogazione "politica per i beni culturali". Evidenziando questo importante argomento il Consigliere Calsolaro vuole sapere come la Giunta abbia partecipato ad una tavola rotonda, chiamiamola cosi, indetta dalla "Stampa" e sottolidea il fatto che vi ha partecipato non la Regione, ma la Giunta regionale, indicando la Giunta non nel termine più vasto di Regione perché si intenderebbe, come abbiamo sempre detto, il Consiglio regionale e le forze politiche presenti.
La questione e sorta dall'invito della "Stampa" con l'indicazione di alcuni oratori, di alcuni esponenti del mondo culturale e pertanto rientra nel quadro di una serie di iniziative che, diciamolo con tutta franchezza hanno dato vita nel nostro territorio ad incontri e dibattiti sui beni culturali. Quindi non c'é nulla al di fuori di questo quadro: tutto rientra in questo schema.
E'anche un contributo in vista del disegno di legge che la Giunta sta elaborando attraverso la forma della consultazione e della partecipazione.
E'difficile istituzionalizzare queste iniziative nelle sedi proprie, perch vi sono spinte dai Comprensori, da varie associazioni, dagli Enti culturali. Vi è un pluralismo che sorge negli organi della nostra società che non dobbiamo comprimere, ma certamente esaltare. L'improprietà nel dire "Regione Piemonte" invece di "Giunta regionale" può aver dato luogo all'equivoco in quanto si pensava che dovessero essere investite tutte le forze politiche, invece era solo la maggioranza, quindi la Giunta. Mi pare giusta tale precisazione da parte della Giunta.
PRESIDENTE.
La parola al Consigliere Calsolaro.



CALSOLARO Corrado

Recentemente ho ricevuto l'invito con l'intestazione "Regione Piemonte". Questa è la ragione per cui ho presentato l'interrogazione. In secondo luogo, la mia interrogazione si proponeva di conoscere l'eventuale programma della Giunta in materia di beni culturali e di rilevare la necessità di portarlo in discussione in Consiglio; questo programma continuo a leggerlo solo sui giornali. In Consiglio regionale non ne ho mai sentito parlare. Mi sembra che le informazioni su questa materia non debbano essere attinte attraverso i quotidiani poiché la "Stampa" non è l'organo ufficiale della Regione Piemonte. Sarebbe opportuno che iniziative similari venissero discusse in Consiglio regionale, che è l'organo competente ad assumere le determinazioni relative.
PRESIDENTE.
La parola ancora al Presidente della Giunta regionale.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

In questo senso diamo assicurazione al Consigliere Calsolaro e al Consiglio che, raccolta tutta la serie di iniziative attraverso le indicazioni che emergono spontaneamente dalle associazioni culturali e dal mondo civile, che non hanno ancora un raccordo con la Regione, sarà portata alla discussione in Consiglio regionale per l'elaborazione di un disegno di legge che sia idoneo a sintetizzarle.
PRESIDENTE.
L'interrogazione è discussa.


Argomento: Problemi energetici

Interrogazione del Consigliere Chiabrando "Ritardi nell'attuazione dei programmi di elettrificazione rurale, iniziative ed interventi della Regione presso l'ENEL"


VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

PRESIDENTE.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Chiabrando "Ritardi nell'attuazione dei programmi di elettrificazione rurale, iniziative ed interventi della Regione presso l'Enel".
Risponde l'Assessore Ferraris.



FERRARIS Bruno, Assessore all'agricoltura e foreste

L'interrogazione del collega Chiabrando affronta un problema grave attorno al quale da un mese si sta discutendo, poiché rappresenta uno dei tanti ostacoli che in questi due anni si sono frapposti all'esecuzione dei programmi di elettrificazione rurale. Ci sono stati dei ritardi; vi è una mole notevole di lavoro da svolgere. Siamo passati da una spesa di 500/600 milioni dell'anno 1975 a un miliardo e mezzo del 1976. I programmi dovrebbero arrivare al miliardo e 800 milioni (ma noi diciamo a due miliardi), per l'anno 1977.
I sindacati hanno un contratto nel quale si prevede che l'Enel debba effettuare delle assunzioni. L'Ente però non dispone di fondi e per risolvere il problema si è formulato un accordo ed una convenzione: la Regione anticipa le somme, anziché pagarle successivamente. Questo meccanismo ha consentito appunto di passare dai 500/600 milioni di lavori dell'anno 1975 al miliardo e mezzo del 1976. Si tratterebbe ora di andare oltre queste cifre, ma da un mese è venuta fuori di nuovo la questione dei dipendenti. Tale questione si rifà ad una precisa norma del contratto che prevede, per quanto riguarda le utenze singole, la diretta esecuzione dei lavori in economia con l'impegno del sindacato, mentre per le opere collettive l'Enel può indire gli appalti, anche se la posizione del sindacato è contraria.In questo momento il sindacato è tornato alla carica per quanto riguarda le opere singole, mentre continua a non pronunciarsi anche se vi è una posizione di principio contrastante, in merito ai lavori collettivi. La questione riguarda un ammontare di lavori per un importo di 280 milioni (non ricordo il numero delle domande).
Nel corso del mese abbiamo avuto tre incontri triangolari, con l'Enel e con il sindacato. Quest'ultimo sembra comprensivo nelle esigenze, per chiede che la Regione intervenga presso l'Enel in merito all'aumento dell'organico. E' ciò che stiamo facendo al fine di non rimanere indietro rispetto al programma dei due miliardi. In questo periodo l'Enel ha dato precedenza alle opere collettive. Abbiamo fatto pressione sul sindacato e sull'Enel. Si tenga però presente che il sindacato decide regionalmente l'Enel, invece, per quanto riguarda le assunzioni, regionalmente non pu decidere, ma deve dipendere dalla direzione nazionale. Si sono indirizzati interventi anche sulla direzione nazionale dell'Enel e prossimamente ci dovrebbe essere un nuovo incontro. Ci auguriamo, nel rispetto dell'accordo complessivo che deve aumentare ulteriormente i lavori per l'anno 1977, già notevolmente aumentati nel 1976, che vengano compresi i 280 milioni che riguardano le ditte singole. Tale ammontare è esiguo in confronto agli impegni collettivi, assume però grande importanza per le aziende singole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

La risposta è abbastanza esauriente e ringrazio l'Assessore. Non posso però dichiararmi del tutto soddisfatto per le resistenze che ancora esistono. La Regione ha stanziato miliardi e, entro tre o quattro anni, si dovrebbe ultimare il piano di elettrificazione rurale. Si tratta di un intervento straordinario che, una volta fatto, non richiede altri stanziamenti. Non capisco perché i sindacati chiedano assunzione di personale per lavori straordinari che in seguito non saranno più da fare mentre manteniamo miliardi nelle casse della Regione e mentre la gente attende le opere di elettrificazione e non ha luce sufficiente.
Sono lavori che non comportano accordi o contratti sulle assunzioni come invece si verifica per il lavoro normale di manutenzione e per il lavoro continuativo. Il discorso dell'intervento straordinario che la Regione sta facendo deve rimanere al di fuori.
Ringrazio l'Assessore per quanto ha fatto e lo prego di insistere in quella direzione.
PRESIDENTE.
L'interrogazione è discussa.
Prima di passare all'ultima interpellanza, dò la parola all'Assessore Fonio che desidera aggiungere un'appendice alla risposta precedentemente data alle tre interrogazioni del Consigliere Chiabrando.



FONIO Mario, Assessore alla sistemazione idrogeologica

E'una nota di pura correttezza.
Ho impostato la risposta preannunciando per domani l'incontro con il Magistrato del Po. Mentre discutevamo però è arrivata la notizia che il Magistrato del Po domani si incontrerà a Roma con il Ministro per discutere i finanziamenti previsti per le zone alluvionate. L'incontro pertanto è saltato e occorrerà fissarlo per la prossima settimana.
Mi è parso doveroso fare questa precisazione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Università

Interpellanza del Consigliere Chiabrando "Atteggiamento della Giunta reglonale sul trasferimento a Stupinigi delle facoltà di Agraria e Veterinaria"


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO

PRESIDENTE.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO

Resta ancora da discutere l'interpellanza del Consigliere Chiabrando "Atteggiamento della Giunta regionale sul trasferimento a Stupinigi delle facoltà di Agraria e Veterinaria". Il Consigliere Chiabrando desidera illustrare l'interpellanza, ha pertanto facoltà di parlare.



CHIABRANDO Mauro

Desidero illustrare l'interpellanza per sottolineare l'importanza del problema in essa evidenziato. Il problema e ampio e ne investe altri tre: quello del parco che sta procedendo e sul quale ci troviamo d'accordo quello del mantenimento in tale zona dell'agricoltura esistente; quello dell'insediamento dell'Università.
L'importante è che sia condotta un'azione tale da permettere che le tre importanti questioni siano risolte in modo corretto e cioé sia mantenuta l'agricoltura esistente, sia istituito il parco e sia insediata l'Università, ove è possibile.
PRESIDENTE.
Risponde l'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Rispondo seguendo l'ordine delle domande indicate nell'interpellanza la prima delle quali è relativa al pensiero dell'Amministrazione regionale rispetto al trasferimento delle facoltà di Agraria e Veterinaria. A questo punto non c'é che da richiamarsi agli atteggiamenti espressi in Consiglio sin dalla passata legislatura che sottolineavano l'esigenza di una rilocalizzazione delle facoltà di Agraria e Veterinaria, poste oggi in una situazione di non agibilità all'interno delle strutture in cui operano peraltro localizzate sotto il profilo urbanistico in aree ormai urbane e semicentrali dove assolutamente non è possibile condurre attività di sperimentazione e mantenere le stalle per l'attività didattica e di ricerca della facoltà di Veterinaria.
L'atteggiamento dell'Amministrazione regionale è certamente quello di appoggiare le iniziative che ricercano una soluzione più opportuna, più razionale, più efficiente per le facoltà stesse.
Il Consigliere Chiabrando ricorderà che nella passata legislatura eravamo stati iniziatori di alcune proposte alternative, due delle quali erano più vicine agli interessi operativi della Regione: La Mandria e Stupinigi. La facoltà di Agraria aveva respinto l'ipotesi della Mandria aveva invece accettato, pur avendo al suo interno delle posizioni critiche la prospettiva di un insediamento nel comprensorio di Stupinigi, tenuto anche conto della sua vicinanza con la città di Torino e quindi con il resto delle strutture universitarie. La seconda questione posta nell'interpellanza riguarda l'assegnazione dei 17 miliardi all'Ateneo torinese nel programma dell'edilizia universitaria prevista dalla legge n.
50. La cosa è vera ed è confermata, Io stesso faccio parte del Comitato nazionale per l'edilizia universitaria in rappresentanza delle Regioni. Il Comitato non ha discusso l'utilizzo dei 17 miliardi, ha solo operato la ripartizione nazionale e all'Università di Torino ha assegnato questa cifra. Autonomamente l'Università di Torino, nel farsi il programma di utilizzo dei 17 miliardi, ha indicato al primo posto in graduatoria la soluzione edilizia per le facoltà di Agraria e Veterinaria.
L'Università di Torino, in relazione a colloqui avuti tra Regione Università e Ordine Mauriziano, fin dalla passata legislatura, aveva già predisposto un avvio di progettazione per l'insediamento delle facoltà di Veterinaria e Agraria e una sorta di progetto di massima che interesserebbe i poderi che prospettano la Palazzina di Caccia di Stupinigi.
Pertanto, in merito alla seconda domanda posta nell'interpellanza, c'è la conferma dei 17 miliardi da un latp e dall'altro l'atteggiamento positivo dell'Università verso una soluzione per le facoltà di Agraria e Veterinaria a Stupinigi.
In merito alle domande successive che fanno riferimento all'ipotesi di costituzione di un consorzio e alla richiesta di conoscere esattamente la linea che la Giunta intende seguire e il progetto di massima che intende realizzare per l'insediamento, leggo alcuni punti di una nota della legge istitutiva del Parco di Stupinigi, strutturata in forma di articolato che dopo una prima presa d'atto da parte della Giunta, ho consegnato ai Consiglieri di amministrazione dell'Ordine del Mauriziano e dell'Università per avere i loro pareri. Entrambi i suddetti Consigli di amministrazione avevano designato tre Consiglieri per i rapporti con la Regione.
Quest'inverno si sono avuti i primi contatti e questa nota stesa dall'Assessorato tira le fila dei ragionamenti fatti. Sto attendendo i pareri per aggiornare e modificare tale nota sulla base delle osservazioni che verranno fatte, prima di portarla in Giunta come proposta di legge, e inviarla in Consiglio e quindi in Commissione per la discussione.
La bozza per la proposta del Parco regionale di Stupinigi consegue al piano regionale dei parchi che abbiamo approvato nel gennaio scorso. In questa bozza di legge si prevede la costituzione di un consorzio costituito dall'Ordine del Mauriziano, dall'Università e dalla Regione, su richiesta dell'Ordine del Mauriziano.
Leggo la nota per essere più sintetico e possibilmente più chiaro: "Il consorzio ha: il compito di promuovere e gestire ogni iniziativa necessaria ed utile alla riqualificazione e valorizzazione a fini culturali, scientifici didattici e ricreativi della reale Pafazzina di Caccia, delle sue dipendenze e dei beni storici ed artistici in essa custoditi o che si riterrà opportuno introdurre" (a questo proposito lo stesso Ordine Mauriziano ha informato che ha del materiale di archivio dislocato in locali non agibili e che potrebbe essere trasferito nella Palazzina di Caccia di Stupinigi anche al fine di arricchire ed ampliare la natura del museo esistente) "di promuovere e gestire ogni iniziativa necessaria od utile alla qualificazione delle aree boschive e delle aree non destinate attualmente ad attività agricole e zootecniche, realizzando le condizioni per una loro pubblica fruizione promuovere ogni iniziativa necessaria od utile alla qualificazione delle attività agricole esistenti, favorendo anche la costituzione di aziende agricole zootecniche direttamente gestite dai soggetti proprietari del suolo o assunte in gestione diretta del consorzio".
Qui è aperto un ventaglio di soluzioni che vanno dal mantenimento dell'attuale situazione di conduzipne dei fondi alla possibilità, peraltro sollecitata dallo stesso Ordide del Mauriziano, di modifiche del rapporto di gestione diretta da parte dell'Ordine o di possibilità che il consorzio diventi l'elemento gestore. E'cliiaro che si pone un problema prioritario e fondamentale: valutare insieme con gli attuali conduttori dei sette poderi che sarebbero interessati all'inserimento delle facoltà di Agraria e Veterinaria, la situazione per risolvere congiuntamente tutti i problemi che sono aperti mantenendo, se lo riteniamo, l'attuale conduzione dei fondi. Ho avuto occasione di incontrare i conduttori dei fondi accompagnati in Assessorato da un rappresentante della loro organizzazione sindacale. Credo che il loro atteggiamento preferito sia quello di rimanere nell'attuale rapporto. Si era però anche valutata la possibilità di una gestione diretta da parte dell'Ordine del Mauriziano per la produzione degli alimenti richiesti dagli ospedali. L'Ordine aveva addirittura svolto una valutazione delle produzioni per il mantenimento degli ospedali di Torino e della Valle di Lanzo. Si tenga conto che la conduzione agricola ha un reddito bassissimo rispetto all'entità della produzione. Gli affitti sono bloccati, poco remunerativi e certamente scompensati rispetto alla produzione. Nella bozza vengono richiamate varie possibilità: si parla di una conduzione diretta, ma a monte vi è da definire la soluzione dei rapporti con gli attuali conduttori. Nella bozza si parla inoltre di : "favorire la partecipazione e l'apporto tecnico e culturale degli organi didattici di ricerca dell'Università degli studi di Torino" (un'opera di salvaguardia dei valori ambientali e monumentali della struttura storica e culturale, della loro valorizzazione, del loro uso anche sotto il profilo museografico e culturale in generale), "operare per rendere possibile l'inse diamento entro il territorio e gli immobili inclusi nel parco delle strutture didattiche e di ricerca universitaria operante nel settore dei beni culturali, della ricerca storica dell'agricoltura, della forestazione, della veterinaria e della zoologia".
Le richieste poste dal Consigliere Chiabrando trovano un'impostazione in questo lavoro. Il possibile inserimento delle facoltà di Agraria e Veterinaria nell'area di Stupinigi pone il problema della soluzione delle strutture edilizie. Credo che si possa operare dando alla conduzione agricola attuale forme nuove di gestione, strutture edilizie nuove sia tecniche, stalle, silos, fienili, che abitative, più confacenti quindi alle esigenze attuali. Vi è inoltre il problema della dislocazione delle 130 famiglie che non hanno alcun rapporto con la conduzione agricola, che abitano a Stupinigi, hanno però rapporti di lavoro esterni. Esse sono distribuite: 26 nella Palazzina di Caccia, 40 nel castello vecchio, 30 nel canile facente parte dell'attrezzatura della Palazzina di Caccia, 20 nella struttura chiamata Mandria, 3 nel granaio, 40 nell'esedra che prospetta la Palazzina di Caccia. Sono sistemazioni precarie e non rispondono alle esigenze abitative La soluzione al problema può essere una sistemazione in loco con un'operazione di risanamento delle strutture, se risulteranno adatte all'abitazione, oppure una sistemazione nell'ambito dell'area metropolitana (vicino ci sono i quartieri di Borgaretto, Nichelino) attraverso l'edilizia sovvenzionata o l'edilizia convenzionata ed i prpgrammi pluriennali (questa politica potrebbe essere integrata per collocare opportunamente e in modo migliore gli attuali abitanti della zona). Credo di aver risposto anche alla parte finale dell'interpellanza circa la richiesta di un'adeguata soluzione dei problemi dell'Università.
La soluzione concreta, con la partecipazione della Regione nel suo complesso, dovrebbe essere data dal consorzio. Dobbiamo elaborare la legge istitutiva del parco di Stupinigi. Appena avremo le risposte degli altri partecipanti al consorzio, le tradurremo in proposta di legge e ne consegneremo il testo alla Commissione consiliare. Ripeto comunque che la soluzione concreta sarà in quel momento ricercata attraverso il consorzio attraverso un rapporto diretto con tutte le componenti sociali ed economiche che nel comprensorio operano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Come sempre le risposte dell'Assessore Rivalta sono complete ed esaurienti, quindi lo ringrazio. Egli ha accennato ad un documento che sarebbe stato divulgato. Mi sembra che tutti siano a conoscenza di certi fatti, mentre noi non lo siamo; infatti non ho mai visto quel documento anche se me ne hanno parlato in più occasioni.
PRESIDENTE.
La parola all'Assessore Rivalta.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

Il documento è stato trasmesso al Consiglio di amministrazione del Mauriziano e dell'Università. Non l'ho trasmesso a nessun altro, proprio perché era ancora nell'ambito dei colloqui fra Giunta regionale e Consiglio d'amministrazione del Mauriziano e dell'Università. Non ho nessuna remora a consegnarlo al Consigliere Chiabrando, anche se non è approvato dalla Giunta ed anche se richiederà una revisione in seguito alle proposte che verranno dagli altri due organismi prima di formalizzare la legge.
PRESIDENTE.
La parola ancora al Consigliere Chiabrando.



CHIABRANDO Mauro

Non credo molto alla gestione diretta in agricoltura, comunque questo argomento sarà oggetto di discussione e potrà essere valutato a suo tempo.
Il punto che non ho capito è però pregiudiziale: se il progetto dell'Università ha una certa configurazione e se comprende l'insediamento nelle cascine attuali di Corso Stupinigi.



RIVALTA Luigi, Assessore alla pianificazione territoriale

E' una proposta da giudicare.



CHIABRANDO Mauro

Dovremo discutere per valutare se sarà il caso di inserire l'Università nelle cascide, considerando le spese conseguenti. Non so come possa essere trasformata una stalla in una scuola, una tettoia in laboratori, quindi vi è il rischio di trasformare e modificare quell'ambiente senza dare all'Università una sede adeguata e conveniente. D'altra parte vi è la necessità di costruire in altro luogo le stalle e le case. Secondo il mio parere si dovrebbero mantenere le aziende agricole dove sono. Pren do atto comunque che non sono state prese ancora decisioni.
Invito la Giunta a tenere informati i Consiglieri sull'iter delle trattative e delle operazioni che avverranno. Ci riserviamo successivamente di dare il nostro parere, restando fermo che i terreni dovranno essere comunque coltivati, quindi devono essere dotati di stalle, case e attrezzature; bisognerà provvedere in modo adeguato o mantenendo la vecchia struttura, tesi che sostengo, oppure costruendo nuovi edifici il che costerà parecchio denaro e sarà un onere non indifferente a carico del costituendo consorzio. Grazie.



PRESIDENTE

Esaurite le interrogazioni e interpellanze, possiamo passare al punto successivo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bertorello, Besate, Oberto Tarena e Cerchio.


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

b) Sul problema dell'ordine pubblico in Piemonte


PRESIDENTE

Nella riunione che si è svolta ieri tra i Capigruppo si è raggiunta l'intesa perché l'ordine dei lavori di questa mattina comprenda la trattazione del tema inerente alla situazione dell'ordine pubblico in Piemonte e alle decisioni conseguenti che si possono prendere. Dopodiché si svolgerà l'ordine del giorno previsto con la ripresa e la conclusione dell'esame della legge sulla caccia e degli altri punti rimasti in sospeso.
Vi sono osservazioni a questo modo di procedere? Non ve ne sono. Possiamo quindi incominciare il dibattito che viene aperto con una breve relazione.
La modifica dell'ordine del giorno con l'inserimento del nuovo punto che è stato concordato al termine della riunione dei Capigruppo di ieri scaturisce in primo luogo dalla gravità che i problemi dell'ordine pubblico hanno assunto nella nostra Regione e segnatamente nella città di Torino.
L'assassinio del Presidente dell'Ordine degli avvocati, Croce, il rinvio del processo alle Brigate rosse, l'uccisione dei due carabinieri Tonino Gubbioni e Giuseppe Terminiello, sono gli ultimi anelli di una lunga, tragica, sanguinosa catena.
L'opportunità della riunione era già stata adombrata nella riunione che era stata tenuta con le autorità di Pubblica Sicurezza e la Magistratura venerdì scorso.
Ed è, infatti, tempo che gli organismi elettivi ed il massimo organo rappresentativo della comunità regionale, l'Assemblea assumano nella loro sede propria l'esame di questi fatti in un modo più approfondito di quanto non sia quello che pure abbiamo doverosamente svolto (e anche oggi faremo) quando ci è occorso di commemorare coloro che sono caduti vittime del loro dovere.
Quali sono gli elementi di fondo per un'analisi concreta della situazione che abbiamo di fronte per quanto concerne il terrorismo politico? Nella nostra Regione si possono individuare alcune caratteristiche.
Siamo prima di tutto in presenza di fenomeni che sono dissimili da quelli che caratterizzano altre città italiane. Intendo riferirmi a quelle aggressioni e provocazioni che si realizzano in genere in margine o come infiltrazione a cortei operai o studenteschi. Piccoli nuclei si staccano a volte da questi cortei e aggrediscono una volta un bar, un'altra volta una sede di associazioni economiche, un'altra volta una sede di partito un'altra volta una sede di un giornale.
Sono fatti che hanno una loro dinamica precisa, esigono l'individuazione dei responsabili, forse sempre gli stessi, comunque emergenti sempre da medesimi gruppi. Negli ultimi tempi questi fatti sono stati particolarmente numerosi: chiediamo che di fronte a questi fatti si svolga un'opera di accertamento più minuziosa, più concreta e si arrivi anche in questa direzione ad identificare i responsabili. Costoro non hanno niente a che fare con il movimento operaio e con gli studenti che vogliono davvero la riforma dell'Università o auspicano una prospettiva di occupazione.
In secondo luogo abbiamo avuto un particolare sviluppo di quella forma di terrorismo politico che è l'assassinio individuale portato avanti evidentemente da gruppi assai ristretti. Costoro sono molto ben organizzati, agiscono allo scoperto e sono stati protagonisti dell'assassinio del brigadiere Ciotta, del ferimento di un capo reparto della Fiat, della sparatoria contro l'esponente democristiano Notaristefano e dell'assassinio dell'avv. Croce. Qui siamo in presenza di fenomeni di qualità diversa dai precedenti, qui sta la gravità nuova e la caratteristica del terrorismo politico che ha investito in questo momento la nostra Regione. In effetti, nel nostro Paese, dal '69 ad oggi, non abbiamo mai avuto una concentrazione cosi rilevante di tentati o attuati assassinii in una stessa città ed in tempi cosi brevi nei confronti di esponenti della Magistratura o della Pubblica Sicurezza o di cittadini.
Poiché i delitti sono compiuti da gruppi ristretti e sono avvenuti in un arco di tempo assai limitato, la nostra richiesta esplicita (che rinnoviamo stamani in questo Consiglio regionale) è prima di tutto quella di sollecitare la conclusione delle indagini. La popolazione attende l'individuazione dei responsabili dei delitti ed il loro arresto come salto di qualità necessario nella strategia dell'intervento e nella mobilitazione di tutte le forze disponibili.
E'in questa situazione che si è arrivati alla mancata celebrazione del processo alle Brigate rosse, cioé di quel gruppo di assassini che rivendica la paternità di alcuni dei delitti avvenuti nella nostra città e che, se il processo si celebrava, avrebbe annunciato altre prossime esecuzioni.
La gravità del rinvio del processo mi pare che sia da individuarsi nei molteplici risultati che le Brigate rosse hanno conseguito in quest'occasione.
Costoro si prefiggevano di assassinare il Presidente dell'Ordine degli avvocati e l'hanno assassinato, si prefiggevano di rinviare il processo e l'hanno rinviato, si prefiggevano di portare l'attacco al cuore dello Stato e hanno provocato divisioni profonde all'interno dell'Ordine degli avvocati; si prefiggevano di seminare sfiducia fra i cittadini e l'hanno seminata. Dobbiamo avere coscienza che le cose stanno cosi. Qualunque sottovalutazione del fatto avvenuto sarebbe inaccettabile e sarebbe già colpevole.
Nello stesso tempo però se l'analisi della situazione si fermasse a questi elementi e non si allargasse e approfondisse, si arriverebbe ad un apprezzamento unilaterale da cui potrebbero derivare conclusioni qualunquistiche o rinunciatarie, esattamente l'opposto delle conclusioni a cui dobbiamo giungere.
Vorrei ricordare quindi la dinamica dei fatti che sono successi, perch questa dinamica ci dà, oltre ad un esito negativo, anche elementi di giudizio più variegato e più composito.
Si può cominciare con il dire che nella riunione del vertice che facemmo in Regione fu manifestata la volontà di celebrare il processo.
Questa volontà fu espressa dal Presidente del Tribunale, fu condivisa anche da alcuni appartenenti all'Ordine degli avvocati che erano presenti e ovviamente da tutte le forze politiche.
Tutti sanno come invece il Consiglio dell'Ordine successivamente prese una posizione assai contraddittoria con le decisioni annunciate nel vertice. Però il fatto positivo è stato che la categoria degli avvocati si è riunita nel corso della giornata più volte e l'esito finale è stata l'assunzione di responsabilità per compiere tutto il dovere che bisognava compiere affinché il processo si celebrasse. Ciò che invece è venuto a mancare è stata l'adesione dei giurati popolari, preannunciata come una difficoltà, ma che si pensava di poter superare. Invece una parte dei giudici popolari non ha accettato. Ora dobbiamo qui vedere in quest'ultimo fatto, quello che ha poi provocato materialmente il rinvio, prima di tutto il risultato di un'intimidazione derivante da una situazione generale e non possiamo risolvere questo fatto con una condanna moralistica verso chi ha avuto paura.
Bisogna rendersi conto che la paura è il frutto di intimidazioni, è già il risultato di una strategia politica che si prefigge, tra l'altro appunto di seminare paura, confusione, caos. L'abbiamo detto decine di volte nei nostri documenti. Possiamo quindi capirla questa paura. Ma certo la cosa che non possiamo accettare è di non reagire, di non assumere una responsabilità nei confronti di questa paura. Prima di tutto dobbiamo porci il problema delle iniziative capaci di dominarla con la ragione e con la volontà, rimuovendone le cause.
In secondo luogo dobbiamo affermare qui, in questo Consiglio regionale che il processo alle Brigate rosse deve svolgersi al più presto e a Torino dove ci sono cittadini, avvocati e magistrati che hanno il senso del dovere e la responsabilità, malgrado tutto, di celebrare il processo anche con le leggi superate e vecchie che ci sono. In terzo luogo dobbiamo sollecitare il Parlamento perché tutte le modifiche necessarie siano apportate alla legislazione che presiede alla Corte d'Assise e alla scelta dei giudici popolari.
L'altro elemento positivo del vertice è stato l'atteggiamento delle autorità di P.S., che, senza svelare segreti che nessuno chiedeva, senza darci informazioni che non era in quella sede che si dovevano dare, per ravvisarono l'opportunità e la necessità non solo dell'appello alla cittadinanza perché collaborasse ma di trovare forme di espressione, di collaborazione con le autorità di P.S., e dello Stato senza le quali nessuna polizia al mondo può concludere alcunché, meno che mai si pu combattere quella forma specifica di criminalità che è il terrorismo politico.
D'altra parte erano espressioni già usate da tutte le massime autorità della Magistratura nei precedenti incontri che avevamo svolto prima in Prefettura, il primissimo nell'autunno scorso, poi nell'incontro comune che facemmo nella sede del Consiglio regionale e in tutte le occasioni in cui ci siamo incontrati in queste ultime settimane a proposito di manifestazioni di particolare impegno e rilievo che suggerivano forme di collaborazione tra le varie parti dello Stato e dei partiti politici nella gestione di manifestazioni e di appuntamenti particolarmente delicati.
Non c'é solo la paura a caratterizzare questa situazione. Non mancano infatti, segni positivi di carattere completamente diverso e praticamente contemporanei dei fatti che sono successi in questi giorni. Dobbiamo apprezzarne tutto il valore. Intendo riferirmi a due fatti molto precisi: l'arresto e il processo, in tempi brevissimi, dei sette "autonomi armati" che nel Verbano avevano praticato esercitazioni militari e che sono stati individuati per il coraggioso comportamento di un cittadino il quale ha assistito ai fatti, ha testimoniato durante il processo, ha individuato e indicato precisamente ciò che questa gente faceva e quindi, sulla base di questo coraggioso comportamento (diverso da altri, su cui era prevalsa la paura, comprensibile ma non accettabile), questi individui sono stati arrestati e condannati con procedura rapidissima. Il processo si è potuto celebrare, la giustizia è potuta intervenire. E' un fatto positivo che è avvenuto in Piemonte contemporaneamente agli altri fatti.
L'altro fatto positivo è quello collegato all'assassinio dei due carabinieri che ha segnato cosi drammaticamente queste giornate. Questa volta la popolazione, invece di chiudersi dietro le inferriate, ha partecipato all'azione di individuazione dei responsabili, ha indicato con precisione alle forze di P.S., il cammino che i responsabili dell'uccisione dei carabinieri avevano percorso, ne ha reso possibile l'arresto immediato.
Se non ci fosse stata questa partecipazione diretta avremmo avuto assieme a due delitti in più, anche un mistero in più. Ed è partendo da questi elementi della situazione che dobbiamo trarre conclusioni e indicazioni di azione da offrire ai piemontesi come forze politiche della massima assemblea elettiva regionale, come parte dello Stato italiano che qui rappresentiamo.
La prima questione da cui dovevamo partire è che non possiamo sperare che il terrorismo politico si esaurisca da solo. Le dichiarazioni di strategia che sono state rese dalle Brigate rosse sono molto chiare.
Descrivono con molta precisione quanto successo, le varie fasi dell'escalation e ciò che loro intendono fare nel futuro.
Adesso siamo nella fase dell'attacco al cuore delle istituzioni dello Stato, ed annunciano altri assassinii.
Pensiamo che siano necessarie ed urgenti le misure legislative che i partiti stanno discutendo, tuttavia non saranno sufficienti qualunque esse siano. Qualunque tipo di misura legislativa si è dimostrata storicamente insufficiente a dominare ed a stroncare il terrorismo politico. Si veda tutta l'esperienza inglese, irlandese ed altre esperienze in altri Paesi.
Penso inoltre che se è sempre necessario esprimere condanne, fare documenti, appelli e indire manifestazioni e cortei, essi sono naturalmente necessari ma non sufficienti. E' indispensabile invece un altissimo grado di volontà politica unitaria, una mobilitazione delle coscienze e una vigilanza concreta che siano eccezionali come la situazione che stiamo vivendo.
Se non ci fosse stata tutta la pressione democratica che tutte le forze democratiche hanno destato nell'individuazione e nelle caratteristiche dei fatti di terrorismo politico in questi 9 anni, non sarebbero sopravvissute le istituzioni democratiche del nostro Paese. Quindi tutto ciò che fa parte dell'esperienza positiva di questi anni va conservata e utilizzata come un patrimonio di indicazioni non facilmente superabile. Penso però che oggi siano urgenti e indispensabili intese politiche nazionali sulla questione prioritaria dell'ordine democratico. Non mi esprimo sulla questione della formula di Governo (non tocca a me farlo, lo faranno i Gruppi, se lo riterranno opportuno in questa sede), ma ravviso certamente l'opportunità che si arrivi a delle intese molto precise del tipo di quelle realizzate all'indomani del sequestro De Martino dai partiti dell'arco costituzionale.
Ma dico che anche le più raffinate, urgenti, necessarie, indispensabili intese politiche a livello nazionale non saranno di per sé sufficienti a risolvere il problema che mi permetto di individuare e di sottoporre alla vostra attenzione. Il problema è il seguente: dare al singolo cittadino gli strumenti e le occasioni per dominare e vincere la paura e per rendere possibile la sua partecipazione individuale e consapevole alla lotta contro il terrorismo politico ed alla sua collaborazione che è indispensabile per tutti gli apparati dello Stato, pubblica sicurezza e Magistratura che hanno il diritto-dovere di intervenire per assicurare l'ordine democratico e repubblicano.
Questo è secondo me il problema che abbiamo davanti, di fronte al quale non penso che sia sufficiente una soluzione che si traduca in un appello in un ordine del giorno od in una manifestazione, piccola o grande che sia ma che si esaurisce in un giorno, mentre qui siamo di fronte alla necessità di un impegno che deve realizzarsi tutti i giorni.
La mia proposta è che si esamini in sede di Consiglio regionale, oggi che le forze politiche comincino a valutare in questo dibattito la necessità, l'opportunità e l'urgenza di costituire dei Comitati comunali per la difesa dell'ordine democratico e repubblicano che rappresentino quei concreti punti di riferimento prima indicati come necessari per i singoli cittadini.
Compito di questi comitati dovrebbe essere prima di tutto quello di svolgere un'azione di sensibilizzazione ideale e di vigilanza preventiva.
E' necessaria un'azione di chiarimento prima di tutto tra i cittadini sulla natura del terrorismo, sulla sua pericolosità, sulle caratteristiche, su coloro che lo muovono, sugli obiettivi che si prefigge.
Solo cosi si potrà avere l'assunzione di responsabilità nel collaborare con le forze dello Stato democratico repubblicano che e necessario rinnovare e non distruggere.
Solo cosi si vinceranno sia la paura sia le tentazioni ricorrenti alle reazioni irrazionali, alle spinte reazionarie, alla pena di morte, al ricorso alla difesa individuale con la moltiplicazione dei "vigilantes" che sono ormai più di 100.000 in Italia, un quarto di tutte le forze di pubblica sicurezza che agiscono nel nostro Paese.
I Comitati dovrebbero inoltre affrontare subito il problema di un'indagine locale sull'eversione, sul terrorismo, sulle caratteristiche della criminalità locale anche al fine di contribuire all'individuazione dei covi, dei rifugi, e più in generale dei luoghi da cui partono le azioni criminali e dei centri nei quali i provocatori allestiscono, depositano fabbricano gli strumenti che non possono e non devono far parte della lotta democratica. Lasciare il singolo cittadino di fronte alla responsabilità di svolgere un'azione individuale di questo tipo, è troppo poca cosa; vuol dire fare un appello moralistico che non serve a nulla. Intanto si è rilevato insufficiente in tutti questi 9 anni.
Infine questi Comitati dovrebbero contribuire ad assicurare la legalità delle manifestazioni politiche, sindacali e sociali del quartiere garantendo la piena agibilità per ogni forma d'espressione della vita democratica.
Analoghi compiti dovrebbero essere alla base della costituzione dei Comitati nelle fabbriche e nelle scuole e dell'eventuale articolazione dei Comitati comunali nei rioni sempre come emanazione diretta, però, delle istituzioni e cioè in questo caso dei Comuni.
Da chi dovrebbero essere costituiti questi Comitati? La chiarezza politica in questo caso è condizione per il loro sorgere ed il loro rapido insediarsi e funzionare. Dovrebbero essere costituiti dalle forze politiche democratiche e costituzionali che rifiutano esplicitamente la violenza come metodo di lotta politica e di affermazione della loro idealità. E tale rifiuto deve essere non soltanto dichiarato, ma deve risultare dalla prassi seguita dalle forze politiche in concreto nell'attuale fase storico politica del nostro Paese. La seconda discriminante è che possono far parte di questi Comitati tutte quelle forze che si riconoscono senza riserve nella Costituzione democratica ed antifascista. Dovrebbero inoltre far parte di questi Comitati i rappresentanti della comunità locale o della sua articolazione nei Comitati di quartiere, dove sono già stati eletti in applicazione della legge nazionale o dove possono sorgere su deliberazione del Consiglio comunale in quelle città dove i Comitati di quartiere non sono ancora stati eletti. Rappresentanti quindi delle forze sociali, delle categorie dell'associazionismo e del pluralismo della nostra società regionale al fine di realizzare una saldatura rappresentativa di tutte le componenti di questa nostra comunità, tale da essere sufficientemente autorevole per rappresentare un punto di riferimento per ogni singolo cittadino.
La seconda caratteristica, che più che politica è istituzionale e di gran delicatezza, è quella di separare rigorosamente il confine tra l'iniziativa, l'attività di questi Comitati e le funzioni ed i compiti delle forze della P.S., della Magistratura, delle forze dell'ordine che sono invece chiamate a svolgere i loro compiti e le loro funzioni.
Non ci può e non ci deve essere nessuna confusione. Il fatto che riaffermiamo la necessità del non confondere compiti e istituti non deve portare però ad una nefasta separazione tra comunità civile e corpi dello Stato. Questa separazione se fosse mantenuta e se non fosse superata anche con impegni e iniziative precise, sarebbe una delle cause di degenerazione dello Stato democratico e repubblicano, una delle cause del deperimento dello Stato e della sua inefficienza.
Ciò che deve realizzarsi attraverso questi Comitati è invece una piena autonoma, cosciente, consapevole, estesa collaborazione nella realizzazione dell'obiettivo comune che è l'efficace e coerente lotta contro il terrorismo politico. E poiché la situazione e grave occorre non perdere tempo e la mia proposta è che, se c'é il consenso delle forze politiche questi Comitati nascano subito e che, in ogni caso, la data del 2 giugno diventi momento impegnativo per tutti i Comuni del nostro Piemonte, che in quella sera in tutti i Consigli comunali si affronti il problema dell'ordine democratico repubblicano in difesa e per lo sviluppo della democrazia invitando a partecipare tutti i cittadini e le forze politiche e sociali, attraverso una mobilitazione senza precedenti che tralasci per un momento le celebrazioni ed affronti i problemi politici che la situazione attuale ci impone.
Queste proposte che sono state sin qui avanzate non debbono tuttavia racchiudere tutta la sostanza di ciò che il Consiglio regionale pu promuovere. Nella riunione dei Capigruppo altre proposte sono state avanzate ed io non voglio togliere a coloro che le hanno suggerite la possibilità di riproporle in quest'assemblea. Vorrei soltanto ricordare che lo stesso nostro Consiglio regionale può essere il punto di riferimento collettivo, e per ciascuno di noi Consiglieri anche individuale, per tutti i cittadini che intendono collaborare, segnalare, proporre e contribuire alla difesa dell'ordine democratico repubblicano con proposte e con suggerimenti. Non escludo che si possa dare anche una sede, un recapito, un indirizzo istituzionale a cui fare capo per esplicitare correttamente e concretamente questa collaborazione da parte di chiunque desideri portarla.
Il difensore civico è stato proposto da parecchie forze e potrebbe avere una sorta di estensione delle sue funzioni anche in questa situazione.
Né queste proposte intendono ovviamente esaurire il capitolo assai ampio di proposte legislative che possiamo e dobbiamo avanzare anche in questa sede nei confronti del Parlamento e nei confronti del Governo di misure che intervengano più in generale a sanare positivamente questo divario crescente tra necessità di riportare l'ordine democratico repubblicano e il crescente disordine antidemocratico e reazionario. Il dibattito, quindi, è chiaramente aperto su questa somma di problemi e certamente i Gruppi vi parteciperanno con tutto il contributo di cui le varie forze politiche sono portatrici.
Intendo soltanto ricordare a me stesso come il significato dell'attacco portato alla nostra Regione dalla strategia del terrorismo politico è molto chiaro.
Siamo in presenza in Piemonte di una società compatta, altamente organizzata, industrializzata, nella quale grande è la forza dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali che sono un presidio di democrazia. Esiste un pluralismo di associazioni di vario tipo e di vario genere che fanno della società regionale piemontese una delle più articolate e delle più organizzate. Abbiamo 1209 Comuni, decine di migliaia di organizzazioni di vario tipo e di vario genere che costituiscono il tessuto di una società democratica. La sfida portata a questa società è grave, perché e terroristica e assassina. La posta in gioco è quindi elevata, ma le energie a disposizione di questa stessa nostra società sono grandi ed io reputo che siano vincenti.
La gran manifestazione del 1° maggio che si è tenuta a Torino, pur nella varietà di espressioni, ha dimostrato che in un momento grave come quello che stiamo attraversando, decine e decine di migliaia di piemontesi hanno saputo dare una risposta ancora una volta efficace, tempestiva unitaria, organizzata alla strategia della tensione ed hanno espresso una gran volontà di rinnovamento del nostro Paese, come d'altra parte è successo in tutt'Italia.
Praticamente senza incidenti è passata la giornata del 1° maggio in tutto il Paese, nella quale centinaia di migliaia di uomini hanno manifestato, come in nessun altro Paese dell'Europa occidentale, una volontà di rinnovamento e di soluzione dei problemi. Sono questi i segnali che ci dicono come la partita aperta è grave, come la posta in gioco è elevata, ma come le possibilità di vincerla sono altrettanto elevate.
Voglio sperare ed augurarmi, ne sono certo, che dal dibattito che si svolgerà in questo Consiglio regionale in un momento cosi delicato e grave della vita delle istituzioni del nostro Paese, la nostra Regione sappia indicare a se stessa e contribuire, anche su scala nazionale, a dare quel contributo che ci viene richiesto e di essere all'altezza non soltanto delle nostre tradizioni, ma del compito che compete al nostro Piemonte alla nostra assemblea, in un momento cosi difficile.
Chiedo ai Consiglieri di alzarsi in piedi per ricordare e commemorare i due carabinieri e il Presidente dell'Ordine degli avvocati.



(Tutti i Consiglieri in piedi osservano un minuto di raccoglimento)



PRESIDENTE

La discussione e aperta. Ha chiesto di parlare il Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

Signor Presidente, signori Consiglieri, per prima cosa dobbiamo dare atto alla Presidenza del Consiglio e ai Capigruppo della sensibilità che hanno dimostrato nel consentire l'inserimento nei lavori di questa seduta del dibattito sull'ordine pubblico, un dibattito che ha già avuto una sua anticipazione ieri, nella riunione dei Capigruppo, che consentirà oggi alle forze politiche presenti di esprimere serenamente e responsabilmente un giudizio complessivo sulla spirale della violenza politica che pare abbia trovato a Torino il suo sanguinoso epicentro e sulle iniziative che sul piano istituzionale possiamo adottare responsabilmente, opportunamente senza nessun'intenzione di contrapporci ad altre istituzioni ed organismi esistenti; senza nessuna volontà d'invasione nelle competenze di altri, ma con l'unico intento, che pure è dovere politico e morale di ciascuno di noi, investito di pubblico mandato e quindi di pubblica responsabilità di fare la nostra parte più di ieri, meglio di ieri, in un rapporto diretto al crescere della paura, al crescere dell'incertezza, del senso d'impotenza del senso di provvisorietà e quindi del rovescio del qualunquismo dell'egoismo e delle più basse tendenze individualistiche che ci attanagliano in una morsa che minaccia di stritolare le istituzioni e l'ordinamento democratico e sociale che ci siamo dati con la guerra di liberazione.
La concentrazione dei fatti criminosi che ha sconvolto in questi ultimi tempi il Piemonte, e segnatamente la città di Torino, impone una ferma e corretta risposta politica che rifuggendo dal solito rituale dell'appello caldo, appassionato, accorato, come qualche collega ha giustamente sottolineato, si sostanzi invece di iniziative ad alto contenuto democratico e partecipativo, veda la convergente volontà dei partiti democratici e delle forze sociali impegnati tutti e parimenti alla difesa alla custodia, alla tutela dei cardini democratici sui quali gira, o dovrebbe girare, il nostro sistema costituzionale; serva a ridare fiducia e credibilità alle istituzioni attraverso l'adunata di tutti i valori morali tradizionali, etici e politici oggi più di ieri minacciati dalla follia sanguinaria e omicida per la loro stessa vanteria, che rappresenta già ormai il disegno della minoranza che intende scardinare nei suoi gangli principali lo Stato ed il suo sistema imponendo la legge della minaccia e del terrore, calpestando e irridendo talora i sentimenti più veri e pacifici della nostra gente, cercando con ogni mezzo e in ogni modo di fare breccia nella coscienza individuale e collettiva per introdurre la paura la disperazione, la rassegnazione e con queste il blocco, per non dire il crollo, della fiducia verso lo Stato e le sue strutture, lo scollamento tra i diversi corpi dello Stato, la disgregazione totale della base sulla quale è stata eretta, sia pure faticosamente e non certo in modo indolore, la piramide democratica anche se non priva di ombre e di imperfezioni, che resta la regola del gioco nel quale siamo impegnati e per la quale ognuno nella propria sfera di azione deve dare il proprio contributo.
Le vicende di queste ultime settimane, drammatiche e dolorose, dai rapimenti ai tentati omicidi, agli omicidi nella nostra città ed altrove dal mancato processo dell'altro giorno a Torino, alla fuga dei detenuti dal carcere milanese, dal sanguinoso agguato ai carabinieri di Moncalieri, ai brigatisti arrestati sulle montagne verbanesi, allo sconcertante arresto dell'avvocato napoletano nappista o presunto tale, a tutta la serie di avvenimenti delittuosi che riempiono le prime pagine dei quotidiani e che riempiono con discutibile opportunità da parte dei responsabili della radio e televisione i tre quarti del tempo destinato al notiziario ed alla cronaca socio-politica della giornata; questi fatti creano l'impressione che la realtà criminosa del nostro Paese stia sfuggendo di mano ai pubblici poteri. Altre persone più pessimiste, forse più deboli, più disarmate psicologicamente, davanti all'impressionante sviluppo dell'azione criminosa che sconvolge il Paese, altre persone giurano e stragiurano che lo Stato non c'e più, che lo Stato si è fatto travolgere, che la violenza paga e premia sul rispetto e sul senso dello Stato; altre invece ancora imprecano chiedono le maniere forti, le decisioni radicali, la pena di morte, la giustizia sommaria, l'occhio per occhio, il dente per dente; altre infide invece, si disperano, si amareggiano, si annichiliscono nella certezza dell'impotenza e dell'incapacità da parte del pubblico potere; si tormentano nella paura, hanno paura e hanno vergogna magari della propria paura, della propria aridità, hanno paura nel constatare che non hanno il necessario coraggio che dovrebbe fare di ogni uomo un monumento di se stesso, in ogni momento della sua vita privata e collettiva davanti e in ogni frangente dell'impegno civile e morale che ci fa tutti uguali davanti agli uguali doveri che ognuno deve assumere nella società cui appartiene.
E' un fatto che, al di là dell'aspetto umano, propone un'autentica riflessione a tutti noi, una profonda meditazione, rimeditazione sugli organismi, sui meccanismi posti al servizio della giustizia e dello Stato ma pone soprattutto il problema del cittadino che si trova ad un bivio atroce in un determinato momento della sua vita. Da una parte sente e prova il desiderio, la volontà, la consapevolezza, oserei dire il piacere di compiere totalmente il proprio dovere civile e morale al servizio dello Stato, per lo Stato e quindi per se stesso e per la collettività dall'altra sente il timore, la paura, il senso dell'esposizione, della non tutela, di non essere totalmente affrancato anche sul piano fisico; che questo dovere comporta nella sua logica. Questo è evidentemente un solo parziale aspetto della scottante problematica che investe l'amministrazione della giustizia nel Paese e deve essere tenuto presente in una visione più vasta, una visione che diventa la "politica" dell'ordine pubblico dell'ordine democratico e repubblicano.
Come socialisti, prima di imbarcarci in un rincrudimento delle misure di repressione o magari di nuove leggi speciali che si sa come e quando nascono, ma non si sa mai dove finiscono (questo però non significa che non si debbano adeguare le leggi esistenti alle mutate esigenze del momento e del clima), riteniamo che si deve compiere un coraggioso e doveroso autocritico esame sui modi con cui abbiamo adoperato gli strumenti già esistenti e giungere a conclusioni estremamente realistiche e spregiudicate. Sarebbe grave se ritenessimo di risanare la situazione con misure eccezionali, senza avere la certezza provata, palmare, che la mancanza di queste misure eccezionali sia la vera causa dell'esplosione della criminalità nel Paese, sia la vera causa dell'inefficienza dello Stato davanti ai problemi dell'ordine pubblico. Se propendessimo per questa versione, allora, al limite, dobbiamo dare ragione a coloro che invocano il pugno di ferro, a coloro che invocano la maniera forte, coloro che chiedono il ripristino della pena di morte, la repressione dura e inesorabile. Ma tutto fa pensare invece in modo diverso e questa certezza è suffragata da cento esempi, dichiarazioni e dimostrazioni che sociologi, politici studiosi ed esperti del sistema hanno formulato. Soprattutto perché si entrerebbe in quel caso in una spirale di misure eccezionali che nulla poi potrebbe fermare e s'incoraggerebbe di fatto quell'estremismo che punta a scompaginare il sistema giudiziario (l'avvisaglia di Torino è eloquente e significativa) Avrebbe il gioco facile se riuscisse a dimostrare che anche con le leggi, le misure eccezionali, la giustizia continua a non funzionare.
Dobbiamo quindi realisticamente domandarci se fuori dall'eventuale, e per ora non dimostrata necessità di altre misure speciali, esista una politica organica dell'ordine pubblico che non siano le misure che si prendono giorno per giorno, molte volte adottate sotto l'impeto dell'emotività del momento e nel tipico e scontato rapporto della causa con l'effetto.
La risposta a questa domanda non può essere pienamente positiva, per molti motivi che non starò ad illustrare in questa sede, presumendo che le altre forze politiche conoscano la posizione e la proposta politica complessiva del P.S.I. che in termini generali si compendia nella constatazione fondamentale che davanti ad un momento di grave emergenza qual è quello che stiamo attraversando, solo una larga solidarietà delle forze politiche democratiche potrà essere in grado di dare risposte precise e credibili all'angosciata attesa del popolo. Per questo, anche sapendo che certe ipotesi e certi accordi politici non si apriranno rispetto alla concezione che abbiamo noi socialisti, rispetto alla nostra proposta guardiamo con rinnovato interesse allo sforzo romano dei partiti democratici e delle forze democratiche impegnati alla ricerca di una condizione minima, che sappia dare corpo ad iniziative adeguate e funzionali alla bruciante realtà del nostro momento. Non saremo certamente noi socialisti a disconoscere le obiettive difficoltà che s'incontreranno su questa strada, ma non saremo nemmeno noi socialisti a disarmare davanti alle eventuali difficoltà, a non tentare tutto quanto è politicamente possibile per raggiungere nel segno dei superiori interessi dello Stato e della collettività nazionale quegli obiettivi che la situazione richiede.
Sia pure dalla nostra coscienza e dalla nostra responsabilità di rappresentanti politici, sia pure in presenza di segni di fiducia che impediscono di lasciarci trascinare nella disperazione o nel fatalismo, non possiamo fare a meno di constatare che la situazione dell'ordine pubblico alimentata peraltro direttamente o indirettamente dalla crisi di ordine economico che stringe il Paese con le sue sacche di disoccupazione e di sottoccupazione, con i suoi santuari di ribellione e di contestazione e con la mancanza di reali prospettive di rimonta e di ripresa, minaccia di precipitare nel peggio, allarmando tutte le coscienze libere democratiche.
Si può ammettere di osservare anche un momento di pazienza quando le cose non si muovono, quando non vanno né avanti né indietro, quando si assiste ad un immobilismo politico e riformatore; diventa però un reato di lesa società stare fermi quando le cose si muovono verso il peggio e minacciano di sfuggire al pubblico democratico controllo. Credo che il nostro dibattito abbia proprio questo significato: impostare la linea d'azione che il Presidente del Consiglio ha proposto ai Consiglieri e all'assemblea, linea d'azione legittima e istituzionale per dare una risposta concreta alle nostre popolazioni piemontesi, per dire in sostanza a noi stessi ed al nostro Piemonte e indirettamente a tutto il Paese, che non c'é più tempo da perdere, che la Regione Piemonte oggi come ieri, dal giorno stesso della sua costituzione, è presente.
La Regione è sempre stata presente a questi appuntamenti di grande impegno politico e di gran tensione ideale e democratica, per dire che nel suo ambito istituzionale si colloca davanti alle popolazioni piemontesi per ricercare tutti insieme, uniti sulla base della vera convinzione le forme compatibili con la sua funzione di promozione e di collegamento con le forze politiche e sociali per garantire l'ordine democratico. Non chiediamo che si facciano cose avventate per il solo gusto di essere i primi della classe, non chiediamo che si destabilizzi quello che c'é già, anche se imperfetto e perfettibile, senza avere in mano qualcosa di alternativo, ma di più stabile e di più fermo.
Chiediamo peraltro che si faccia qualche cosa e in questo quadro mi pare che si collochi l'idea che ha proposto il Presidente del Consiglio di andare nelle nostre società, a livello di Comuni, a livello di consigli di quartiere, per dare vita ad organismi ben definiti, ben delimitati nella loro competenza e quindi per dare mandato alla base, alla società stessa per un'efficace difesa, per una tutela che è soprattutto la difesa delle istituzioni davanti alle quali la società si pone come sentinella ferma irremovibile: soltanto in questa maniera possiamo fermare (e l'episodio di Savona sta a dimostrarlo) la spirale della violenza.
Credo che intorno a quest'ipotesi si debba e si possa largamente discutere: credo che i partiti debbano essere coinvolti in una fase di grande ed assoluto impegno politico e civile e guardare con una certa tranquillità verso l'avvenire, fare in modo che, come nobilmente ha ricordato il Cardinale Pellegrino nel giorno dei funerali dell'avv. Croce: a tutti, assetati di giustizia sociale, scia: aperto il regno dei cieli.
Teniamo aperto il regno dei cieli, ma che lo si raggiunga dopo una laboriosa, faticosa e produttiva giornata terrena, senza nessuna anticipazione dovuta magari al colpo in testa di una P.38.
PRESIDENTE.
La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, di fronte ai fatti che stanno drammaticamente succedendosi, ormai di ora in ora, appare desolante l'inutilità delle parole cento volte ripetute. Dobbiamo allora dire subito che, proprio per questa ragione che abbiamo premesso al nostro intervento ci accostiamo al dibattito con molta perplessità, con molta esitazione, con molta sfiducia. E' pur vero che da alcune settimane a questa parte il Piemonte, e Torino in particolare, sono venuti a trovarsi nell'occhio del ciclone, brutalmente poste innanzi a una escalation di violenza che non ha precedenti nella storia della nostra Regione. E' una constatazione che impone, o almeno in parte giustifica, la discussione che qui si vuole svolgere. Vogliamo dare atto al Presidente del Consiglio di avere affrontato questo drammatico problema con un approccio che ci è sembrato quanto meno sul piano espositivo, sul piano formale, diverso da quello usato in altre circostanze. Potremmo anche chiederci se nel Presidente del Consiglio sia presente soltanto la preoccupazione della più alta autorità della Regione o del cittadino o non anche, e piuttosto, la preoccupazione dell'uomo di partito, rappresentante di quel partito, cioè, per il quale molti sciocchi illusi avevano votato lo scorso 20 giugno, credendo che bastasse tale scelta elettorale perché fosse assicurato un nuovo e diverso tipo di ordine, partito che oggi invece si trova ad essere alla Presidenza di una Regione che, guarda caso, come Bologna, come Napoli, come Roma, come tutte le città dove i comunisti sono al potere, è proprio al centro della bufera che si è scatenata in Italia. Ma, proprio per la pacatezza di forma che il Presidente del Consiglio ha usato, non indulgeremo su quest'aspetto che potrebbe essere considerato estremamente polemico. Ciò non toglie che sia possibile, però, ripensare con amarezza ad altre precedenti e ben diverse situazioni.
Diceva, nell'ultima seduta di Consiglio quando ci venne portata la notizia drammatica dell'assassinio dell'avv. Croce, il Consigliere Oberto: "eravamo in pochi, in tempi passati, a chiedere che la violenza fosse condannata, di qualunque segno fosse". Sinceramente non ci ricordiamo se il Consigliere Oberto fosse stato tra quei pochi. "Noi" stavamo tra quei pochi, ed eravamo forse i soli. Ci ricordiamo, per esempio, che in altri dibattiti avevamo sentito dire (potremmo addirittura, se volessimo fare una ricerca, portare in aula i verbali) e di avere sentito dire dai banchi comunisti, dal Consigliere Minucci, che le Brigate rosse non esistevano o che, se esistevano, non potevano essere altro che fasciste. E' un'affermazione che faccio adesso, a mente, ma che sono pronto a documentare solo che mi si dia il tempo di andare a ripescare i verbali di quelle sedute.
Se n'è fatta di strada, da allora. Oggi ci si rende conto che proprio l'aver voluto esporre al linciaggio solo una parte politica, ha portato ad una situazione che ci investe tutti, colleghi Consiglieri, qualunque sia la parte politica che rappresentiamo. E' vero che il cittadino ha in s furore, ha in sé terrore, ha soprattutto in sé senso d'impotenza. Non sa più che cosa fare, come muoversi, come difendersi, come vivere in questo tipo di società.
Diceva il Consigliere Bellomo "si, è vero, tutto questo è avvenuto, ma non è questo il momento e l'occasione per andare a ricercare le responsabilità delle forze politiche". E' una tesi molto comoda questa perché non è possibile voler fare un dibattito sul problema dell'ordine pubblico in Italia e non andare a vedere come e perché si è potuti arrivare a questo stato di cose. L'episodio ricordato della donna che in tribunale l'altro giorno, non ha avuto il coraggio di entrare in aula e si è abbandonata ad una vera e propria crisi isterica, che cosa dimostra? Forse che quella donna deve essere esposta al nostro disprezzo, alla nostra condanna? Colleghi Consiglieri, non ci sentiamo certo di additare alla pubblica ammirazione i giurati che non hanno voluto, non hanno avuto il coraggio di adempiere fino in fondo il loro compito; ma non ci sentiamo neanche di condannarli con il nostro disprezzo. Ma cosa deve fare il cittadino, quando sa che lo Stato non riesce a difenderlo perché non riesce neppure a difendere se stesso? Ci meravigliamo che si possa uscire dalle carceri italiane con tanta facilità, addirittura dal portone centrale, com'è avvenuto a Milano per la banda Vallanzasca. Ma non è forse vero che quando, giustamente, si condanna la permissività nelle carceri italiane di fronte al verificarsi di fatti clamorosi come questo, ebbene, ci si dimentica di tutte le campagne che hanno introdotto il permissivismo nelle carceri italiane? Anche in questo Consiglio regionale abbiamo avuto qualche candido profeta dell'umanizzazione delle Nuove di Torino. E'vero, Presidente Viglione? Ci si indigna quando si vedono abbattuti come cani, senza un gesto senza una parola, senza una spiegazione, i due carabinieri di Moncalieri ma non ci si vuole fermare a pensare che sono stati abbattuti unicamente perché portavano addosso una divisa, e che per anni si è andati in giro a dire "carabiniere basco nero il tuo posto è il cimitero". Allora le condanne non erano cosi chiare, cosi dure, cosi marcate come adesso. Ecco allora che le responsabilità ci sono e vanno ricercate, tutto questo è avvenuto perché per anni si sono allentati i freni in tutti i campi, si è consentito di fare quello che doveva essere vietato, si è tollerato l'intollerabile, si è rimasti ciechi di fronte a quelle che erano le conseguenze prevedibili, largamente previste, inevitabili. Oggi lo Stato non c'è più, "ei fu", potremmo dire, visto che oggi è il 5 maggio; perch lo Stato è stato distrutto, è stato massacrato, è stato violentato umiliato nei suoi principi, abbattuto nelle sue prerogative; poi però ci sono le condanne, ci sono i sentimenti di indignazione e si viene a dire "occorre fare qualcosa". Ma non si riesce neanche a trovare, lo ha dimostrato l'inutile vertice di Villa Madama dell'altro giorno, non si riesce a trovare un minimo di accordo sulle misure che debbono essere adottate per l'ordine pubblico. Abbiamo sentito ripetere questa mattina dal collega Bellomo che non si riesce assolutamente ad approvare misure di carattere eccezionale: perché questo è il problema di fondo, il problema del fermo di polizia. E' un problema che conosciamo tutti. Anche qui noi vogliamo trarre le conseguenze politiche dal dibattito che ormai da mesi gira intorno a questa vicenda. Perché o è vero che il Governo è convinto che con l'adozione del fermo di sicurezza la situazione dell'ordine pubblico potrebbe migliorare, se non addirittura essere risolta in Italia ed allora il Governo deve andare fino in fondo, deve portare la questione in Parlamento e mettere le altre forze politiche di fronte alle loro responsabilità; oppure si rifiuta di farlo perché i comunisti ed i socialisti non vogliono l'introduzione del fermo di polizia: ma, a questo punto, il Governo ha una sola strada, si dimetta, cosi come da lungo tempo avrebbe dovuto fare il suo impotente Ministro degli interni che parla solo per annunciare disgrazie, sventure e sciagure quando si verificano, e che se ha saputo dare una prova di forza in queste settimane, l'ha data espellendo, dal corpo di guardia di P.S., gli agenti che a Roma avevano giustamente, legittimamente rifiutato l'ennesima corona floreale che il Presidente della Repubblica ha mandato all'ennesimo agente trucidato dai terroristi politici.



ALBERTON Ezio

Questo si potrebbe chiamare invito alla sedizione.



CARAZZONI Nino

No, non è invito alla sedizione, è una giustificazione della rabbia che oggi è presente negli agenti dell'ordine che sono quotidianamente esposti al linciaggio e che il suo partito, da ormai trent'anni al Governo, non ha tutelato, non ha difeso, non ha saputo in alcun modo ....
PRESIDENTE.
La richiamo al senso della misura, perché siamo al limite della tolleranza. Lei è esponente di quel partito che è di Salvatore Francia, di Loi e della maggioranza dei criminali che ha assassinato decine, anzi centinaia di italiani. Abbia il senso della moderazione o quest'assemblea glielo fa sentire in altro modo. Continui, e concluda rapidamente.



CARAZZONI Nino

Sull'altro modo ci sarebbe molto da discutere, signor Presidente.
PRESIDENTE.
Si trovano anche quei modi, Consigliere Carazzoni, se lei non si rende conto della situazione in cui si vive nella nostra assemblea in questo momento.



CARAZZONI Nino

Quanto ai nomi di comuni e volgari delinquenti che lei ha citato, non ho alcun complesso, perché li ho condannati prima di lei.



PRESIDENTE

No, prima di me, no.



CARAZZONI Nino

Li ho condannati all'interno di quest'aula, li ho condannati nella mia attività esterna, quindi sono sempre stato coerente con il principio che ho affermato prima: che la violenza, di qualunque segno fosse, andava condannata. Lei ci è arrivato forse soltanto adesso su queste posizioni.
PRESIDENTE.
Il Segretario del suo partito è un criminale, se ne renda conto Consigliere! E' un torturatore di partigiani, ma lei si rende benissimo conto di queste cose. La sua tattica intellettualoide qui dentro ...



(Interruzioni e brusii in aula)



CARAZZONI Nino

PRESIDENTE.



CARAZZONI Nino

Concluda rapidamente, fascista Carazzoni.



CARAZZONI Nino

E' veramente puerile, signor Presidente, quell'appellativo di fascista dato a chiunque non la pensi come lei...
PRESIDENTE.
Lei lo é.



CARAZZONI Nino

Quell'appellativo mi lascia del tutto indifferente, perché lo avete sempre usato in tutti i momenti, in tutte le circostanze, nei confronti di chiunque non fosse con voi d'accordo.
In ogni modo, concludo, non per la sua imposizione, ma perché credo di avere a sufficienza detto le cose che dovevano pur essere dette, che portano a concludere che se l'ora è drammatica, se il momento è veramente pericoloso, se davvero il limite di tolleranza è superato, se l'opinione pubblica italiana non può più vivere in uno Stato di questo tipo, ebbene qualcosa si può fare, ma non si può certo fare con la proposta di istituire i Comitati comunali per la difesa dell'ordine democratico e repubblicano.
Sono cose risibili. Il documento che ci è stato presentato è un documento delirante. Ma credete veramente, ma credete sul serio, che sarà possibile riportare, ripristinare la pace sociale in Italia, la civile convivenza in Italia, o quanto meno nella nostra Regione, con misure di questo tipo? Costituendo i Comitati comunali con i rappresentanti dei quartieri o delle comunità parrocchiali? Perché c'é sempre il sottile filo del compromesso storico, anche in queste piccole cose, per cui il rappresentante delle parrocchie e il rappresentante dei quartieri ...



BONTEMPI Rinaldo

Sei ridicolo nelle tue analisi.



(Il Gruppo consiliare del P.C.I. per protesta esce dell'aula)



CARAZZONI Nino

E' un'analisi. Non contesto chi la pensa diversamente, ma è un'analisi.
Dico che non si può pensare di risolvere il problema dell'ordine pubblico in questo modo: il problema dell'ordine pubblico in Italia si pu affrontare, si deve affrontare in un solo modo, ridando autorità e prestigio allo Stato, a quello Stato che è stato distrutto in questi trent'anni.
Quando lo Stato sarà ripristinato, non lo Stato poliziotto, non lo Stato carabiniere e tanto meno dittatoriale, perché non è di questo che si parla, ma lo Stato che abbia il coraggio d'essere tale e di farsi rispettare come tale, in quel momento allora sarà risolto il problema dell'ordine pubblico. Tutte le altre proposte sono soltanto palliativi risibili che ci hanno impegnati nella discussione questa mattina e che disgraziatamente ci impegneranno ancora in altre occasioni, se si vorrà continuare su questa strada, perché l'eversione continuerà; ma sono proposte che certo non serviranno a dare contributo alcuno al problema di fondo che oggi assilla davvero la comunità nazionale ed al quale ciascuno di noi si accosta dando ovviamente valutazioni diverse, valutazioni non concordanti, ma valutazioni, per quanto riguarda la parte che rappresento intimamente sofferte, convinte e sostenute.
PRESIDENTE.
La parola al Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi ero assunto l'impegno di affrontare questo dibattito dicendo le cose presunte vere, uscendo da stereotipi e da facili affermazioni. L'intervento del collega Carazzoni sconvolge leggermente l'ordine degli interventi perché molte sono le cose nuove che ha suscitato. La prima domanda drammatica che devo fare, che non è retorica, anche se è stata usata dal padre della retorica Cicerone, è questa: "cui prodest" tutto questo? L'impegno dei Capigruppo era di dare delle soluzioni in positivo assumendo ognuno le proprie responsabilità.
E'una menzogna quella detta dal collega Carazzoni e cioé che solo loro credo che alludesse al Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale condannarono. Non è vero. Devo anche dire perché ho usato la parola "menzogna". Quando il cittadino avv. Rovito fu assalito ed ebbe il cranio fracassato da una chiave inglese, per rispetto alla sua forza politica che era rappresentata in questo Consiglio, si lasciò che iniziassero i lavori poi con le parole dell'allora Presidente della Giunta quella violenza fu stigmatizzata, fu violentemente condannata, fu detto chiaramente che non si guardava ai colori di partito, ma al significato di quella violenza. Oggi l'avv. Rovito siede sui banchi del Consiglio comunale, ma in quel momento era un cittadino che manifestava le sue idee nell'ambito della scuola e subì la drammatica vicenda umana di conoscere la violenza del ferro sul suo cranio. Il fatto fu condannato, come fu condannato il caso del ragazzo milanese, poche ore prima di chiudere i lavori consiliari della prima legislatura; per mesi, mentre egli agonizzava, la famiglia ha subito le telefonate di sciacalli che ancora si divertivano sulla tragedia. Questo avveniva in clima di democrazia.
Un rapido scorcio sui fatti del passato ci fa tornare alla mente ci che avviene a Torino, a Bologna, a Napoli. Leggendo i giornali ed entrando nella comune conoscenza che il cittadino democratico italiano ha dei fatti si commenta: "Lo Stato è fallito; lo Stato non esiste; la paura sta dominando; le istituzioni democratiche sono in pericolo ed i cittadini sono presi dal panico ed hanno paura di esercitare i loro sacrosanti doveri di fronte alla dichiarazione di guerra". Il quotidiano "Repubblica" nell'intervista al capo storico delle Brigate rosse Curcio, parla di responsabilità che vanno ricercate nella classe politica. Credo che coloro che sono per informare la pubblica opinione dovrebbero fare estremamente attenzione. Il delirante documento di Curcio che doveva essere letto ieri in aula dice chiaramente che cosa si vuole colpire.
Di fronte a questo fatto, è vero che lo Stato è fallito completamente? Non esistono forse quattro giurati su otto che, nonostante tutte le intimidazioni sono disposti ad entrare nell'aula? Gli organi di stampa e d'informazione darebbero maggiore senso di democratica informazione se non usassero certi aggettivi in merito alle famose "scene isteriche". Se si sapesse che la famosa scena di isterismo di una certa persona non era nient'altro che la rabbia per non poter entrare nell'aula, non per paura personale, ma per le 50/60 telefonate ricevute, non tutte di brigatisti, ma dei soliti avvoltoi che si divertono in queste situazioni! Gli organi d'informazione potrebbero ricordare che il Paese è molto più maturo di quello che pensiamo e questo fatto chiaramente lo sta dimostrando. Il 50 dei giudici popolari era disponibile e gli altri forse si rammaricavano per non poter compiere il proprio dovere, non perché forse pagavano di persona ma perché potevano essere colpiti nei loro sentimenti. L'altro episodio negativo è il comunicato delle ore 13 dell'Ordine degli avvocati di Torino.
Ma di nuovo si ha il senso della partecipazione, il senso del confronto, il senso del coraggio che sorge perché si è in più e non si è soli; il discorso non è soltanto del singolo, ma il discorso è collettivo. A mezzanotte, è uscito un documento in cui si dice che gli avvocati torinesi assumevano le loro responsabilità di fronte ai fatti, si dichiaravano disposti ad assumere la difesa dei brigatisti per contribuire a salvare le istituzioni democratiche e non per salvare la loro faccia di uomini.
Questo è un secondo fatto positivo. Non è vero che lo Stato non esiste che non ha più il consenso dei cittadini, che il sistema democratico è troppo debole e che la gente sta chiedendo solo mezzi estremi per poter rispondere e che quindi è anche disposta a calpestare la democrazia.
Ci vogliono dei momenti di riflessione, ci vogliono dei momenti che consentano di coagulare la volontà generalizzata del Paese. Lo ricordava ieri il Presidente nella riunione dei Capigruppo: l'uomo solo ha paura di tutto e deve decidere contro tutto. Credo che queste fossero le parole del poeta cui si richiamava il Presidente; questo è il senso della democrazia questo è il senso delle responsabilità e delle decisioni dei forti che sanno decidere anche di fronte alle minacce e alle dichiarazioni deliranti su cui ci sarebbe da discutere.
Il Presidente ha accennato ai fatti di Moncalieri e del Verbano; il cittadino singolo si rende conto che avviene qualche cosa che non è nel quadro delle regole normali, avverte la polizia e permette di arrestare i brigatisti. Se questo è il quadro, vuol dire che lo Stato democratico ha ancora il consenso della stragrande maggioranza dei cittadini, ha la legittimazione ad essere Stato democratico, non è assolutamente battuto. Se ci sono stati episodi negativi, questo è il momento della discussione, è il momento della soluzione dei problemi. Vi sono coloro che vogliono la destabilizzazione. Parola orribile! Chi vuole questo? "Cui prodest"? è di nuovo la domanda. Tutte le ipotesi sono possibili. Esistono delle forze che vogliono giocare su questo? Qualsiasi Paese, dai paesi liberissimi, agli Stati Uniti d'America, ai paesi non liberi possono conoscere momenti di tensione interna, che devono essere risolti con il metodo della democrazia con errori o con colpe: questo è il discorso dell'alternanza o dell'unità di tutte le forze quando per la soluzione dei problemi occorre un consenso generalizzato.
C'è il discorso sulla riforma carceraria e su altri interventi di questi anni, molte volte colti come spinte o come necessità per dare maggiore libertà ad un Paese. Ebbene, questo è il momento della riflessione. C'é divario tra opinione pubblica e coloro che hanno la responsabilità. Gli organi di stampa, assolvendo a certe funzioni, debbono rendersi conto che certe responsabilità non possono essere tutte a carico della classe politica. E' giusto però che la classe politica incominci a dire chiaramente su che cosa è d'accordo e su che cosa non è d'accordo.
L'articolo di fondo di Scalfari sulla "Repubblica" di stamani riporta l'episodio vissuto personalmente nel cortile della Corte d'Appello di Torino, di fronte alla carica della polizia nei confronti dei 30 ragazzi che cantavano l'Internazionale e salutavano con il pugno chiuso e urlavano parole come: "Stato borghese ancora qualche mese" ed altre parole con cui sindacati e polizia erano paragonati alle SS. Ci sono due soluzioni: una è il reato d'opinione e l'altra è il richiamo. Credo che nel momento in cui quale espressione di un'idea politica, ci si fa carico anche della violenza, ci si fa padri degli assassinii che sono compiuti, il rapporto tra l'opinione pubblica e coloro che manifestano è pericoloso, il fenomeno diventa difficile da governare, si arriva forse alla lotta armata nel Paese. Allora, se queste sono le soluzioni, bisogna rendersene conto chiaramente. Eugenio Scalfari pone le due ipotesi e poi dà delle soluzioni molto ampie. Ritengo che la prima ipotesi sia quella valida, e deve essere detto chiaramente e in termini molto espliciti, perché non si può più giocare su una finta democrazia di parole, essere sempre pronti a scusare tutto. Bisogna anche assumersi certi tipi di responsabilità. Mentre il tutore dell'ordine, 300 ragazzi col mitra imbracciato, sanno mantenere con serenità e con calma l'ordine, mentre si svolgevano le udienze, mentre testimoni civili per incidenti stradali e per altri fatti, magari molto più importanti potevano entrare nella Corte d'Appello di Torino, la "Stampa" ha invece detto "il Tribunale era paralizzato in attesa del processo alle Brigate rosse". Non credo sia questo il modo corretto per aiutare ad avanzare e a far capire che il Paese è democratico, è più forte dei pochi che cercano di farlo cadere.
La proposta del Presidente va discussa profondamente, va analizzata nelle parole e negli aggettivi perché non possa rappresentare un tentativo di instaurare in modo surrettizio un nuovo sistema in contraddizione o in via di transizione e perché non si pensi che la Costituzione non va più.
No. Vogliamo difendere ed attuare la Costituzione. Quindi andiamo chiaramente a vedere, di fronte agli episodi che citavo prima, quale ne sia la causa. Forse è nel singolo, rimasto isolato, preso dalla paura.
La proposta si pone nel quadro istituzionale di una democrazia che riconosce nel decentramento non soltanto il momento operativo ed amministrativo, ma anche il momento politico del dibattito. La proposta fa espresso riferimento al Sindaco. Nella legge comunale e provinciale di tanti anni fa non è riconosciuta al Sindaco la funzione di ufficiale di Governo e quindi anche di ufficiale di pubblica sicurezza? Allora, che cosa c'é di stravolgente, se nel rispetto delle singole funzioni questo diventa un momento di dibattito, di consenso e di allargamento della fiducia? Dobbiamo dare una risposta in termini politici a ciò che avviene, non soltanto con la condanna alla violenza, perché non sarebbe sufficiente per assolvere alle nostre funzioni.
Con le condanne alla violenza degli anni passati abbiamo fatto anche opera di sensibilizzazione, ma forse non siamo andati oltre. Si dice che abbiamo soltanto parlato: credo invece che abbiamo fatto molto di più abbiamo risolto molte situazioni di tensione che esistevano od avrebbero potuto sorgere nel Paese. Di fronte agli incendi nelle fabbriche il Consiglio regionale si è fatto punto di aggregazione nell'incontro fra gli industriali e i sindacati, tra i lavoratori e gli industriali per stabilire i modi della difesa degli impianti. Gli incendi sono cessati; certo è molto più facile agire nella fabbrica e molto più difficile nella società.
La proposta del Presidente del Consiglio non è né delirante n risibile: è una proposta che crede nella democrazia e che deve essere attuata, se vogliamo il pieno rispetto delle leggi e delle determinazioni statutarie e costituzionali concernenti le istituzioni. Ma vuole anche dire fiducia nei cittadini che, quando si riuniscono, hanno il coraggio (la parola è molto forte) di vincere la paura e sono finalmente fieri di essere cittadini di un Paese democratico che consente loro la libertà di esercitare il dovere. Credo che la proposta dia il mezzo concreto, con preciso riferimento alle istituzioni, per consentire a coloro che non vogliono sentirsi soli, ma vogliono difendere con atti civili le istituzioni, di trovare il momento di raccolta e di richiamo.
PRESIDENTE.
E' iscritto a parlare il Consigliere Curci. Ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, dalle parole da lei pronunciate devo desumere due realtà di fondo che sono la base delle comunicazioni fatte: la criminalità comune e la criminalità politica dilagano e gli organi dello Stato sono insufficienti ad arrestarle. Dobbiamo anche constatare con una certa facilità che criminalità comune e criminalità politica spesso s'intrecciano e quindi si confondono. Un'analisi più approfondita su questo terreno ci consente di individuare qualcosa di più, anzitutto un terreno comune, direi quasi un terreno di coltura comune, dei due fenomeni. In sostanza, si tratta della nostra società in trasformazione e quindi in crisi che distrugge valori certi e produce più beni di consumo, ma anche più contraddizioni, più sbandati, più alienati, più disadattati che sono indotti a delinquere. In tale contesto s'inserisce il problema di chi non accetta questo tipo di società, questo sistema, di chi ritiene che questo non sia un effetto momentaneo che si possa correggere, ma sia un effetto deleterio, ormai incorreggibile che va cambiato attraverso una presa di potere e quindi un cambiamento violento degli istituti che reggono la società. Questi sono i problemi di fondo sui quali le forze politiche hanno il dovere di misurarsi e di esprimersi con la massima serietà. La nostra è una società che cambia ed i suoi valori si modificano attraverso una pubblicistica che incoraggia il lassismo ed il permissivismo, che confonde la libertà con gli aspetti negativi della libertà, ad esempio, l'amore si trasforma ormai in tutta la pubblicistica ed in tutte le rappresentazioni in un fenomeno di erotismo; il coraggio si esprime non nella fermezza e nella fierezza, ma nella violenza; la lealtà è sostituita dalla furberia.
Sono tutte indicazioni che vengono raccolte dalle nuove generazioni, che tra l'altro, dobbiamo tutti onestamente riconoscerlo, non trovano esempi molto edificanti. A questa realtà si aggiunge quella dei gruppi politici, i quali non accettano il sistema attuale e lo vogliono cambiare in modo radicale, non correggendone le distorsioni e le incompletezze ma con una presa di potere immediata e violenta. Si pone a questo punto da parte mia che rappresento in Consiglio una forza politica di nuova formazione, una prima doverosa precisazione nei confronti della legge fondamentale del nostro sistema: la Costituzione. Esprimiamo verso la Costituzione non solo lealtà e rispetto, ma adesione convinta. In questa stagione di confronti a tutti i livelli ci siamo confrontati prima con noi stessi, abbiamo scelto ed ora siamo sicuri di poter affrontare con serenità il confronto con tutti gli altri. Il nostro rispetto per la Costituzione non è solo formale, ma sostanziale: non l'accettiamo per tatticismo, ma per convinzione.
Affermiamo doverosamente che questo sistema ci ha garantito la libertà ha garantito in termini generali un obiettivo avanzamento della società e le maggiori disfunzioni del sistema risiedono proprio nella distorta e mancata applicazione della Costituzione in molte sue parti. Inoltre sottolineiamo che in molti comparti della vita pubblica e sociale la legislazione varata in uno Stato totalitario ha continuato ad essere applicata senza modificazioni in uno Stato democratico. A questo punto dobbiamo ricordare al Signor Presidente del Consiglio regionale (che nella conferenza dei Capigruppo di ieri ha tentato la teorizzazione dell'equazione violenza - fascismo) che del fascismo come movimento e come regime è in corso tutta un'ampia ricerca storiografica per individuare meglio, comprendere, definire il fenomeno. Per esempio, l'onorevole Giorgio Amendola, nell'intervista sull'antifascismo, in polemica con il senatore Lelio Basso, negava l'identificazione tra fascismo e nazismo, affermava che quando il fascismo divenne regime sostituì alla violenza squadrista la violenza di Stato, gestita con i sistemi della politica giolittiana.
Ritengo quindi, signor Presidente del Consiglio, che sul piano storico la stessa violenza squadrista non sia un dato originale, ma il risultato di un substrato, di un retroterra, di una condizione politica e sociale, che aveva negli anni precedenti dato luogo alla violenza anarchico-libertaria alla violenza interventista, alla violenza fiumana; solo cosi si pu comprendere il dato della cosiddetta violenza squadrista che si muoveva nell'ambito di altre vere, effettive e obiettive violenze che non possono essere negate nella realtà storica. E' stato detto, non ricordo da chi, che il primo violento della storia dell'umanità si chiamò Caino, ed a Caino non si potevano di certo attribuire etichettature di ordine politico.
Alessandro Magno, quando tagliava il nodo di Gordio era espressione e simbolo della violenza. Giulio Cesare quando attraversò il Rubicone era simbolo della violenza e della disubbidienza a Roma, quando Bruto lo pugnalò era anche lui in quel momento espressione della violenza; e potremmo ricordare l'Inquisizione, la Rivoluzione francese, tutti fenomeni di violenza nella storia. Dobbiamo anche dire che quando si fa appello alla lotta di classe si è sempre su posizioni di violenza.
Tutti i fenomeni di violenza quindi non sono certamente identificabili sul piano concettuale con il fenomeno della violenza squadrista che ha caratterizzato il periodo fascista.
Vorrei quindi dire al Presidente del Consiglio che è inesatta (stavo per dire falsa) l'equazione violenza uguale fascismo. E' certamente esistita storicamente la violenza fascista, diciamo che esiste oggi una violenza che si richiama più o meno correttamente al fascismo e ancora più significativamente all'esperienza nazista che condanniamo e vogliamo che venga perseguita, ma esiste anche storicamente - e non è possibile negarlo una violenza che si richiama al comunismo.
Crediamo quindi che vi siano misure urgenti che debbono essere adottate per fronteggiare una situazione assolutamente insostenibile, ma crediamo soprattutto che l'ordine pubblico risieda nell'ordine politico. In una società in cui mancano le certezze politiche e mancano soprattutto le certezze morali, è estremamente difficile ripristinare l'ordine e l'imperio della legge che di quelle certezze è la sintesi. Certamente la strada giusta, signor Presidente del Consiglio, non sta nella costituzione di Comitati di salute pubblica come ella ci ha proposto.
PRESIDENTE.
E' iscritto a parlare il Consigliere Bianchi. Ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Abbiamo apprezzato la sensibilità e tempestività con la quale il Presidente del Consiglio ha convocato la riunione dei Capigruppo per dare al prevedibile dibattito in Consiglio sugli avvenimenti che ci turbano, la risposta più seria, pertinente e costruttiva. Se quindi non potremo convenire su tutte le valutazioni o su tutte le indicazioni, noi, in un momento come questo, dobbiamo premettere che alla chiarezza delle nostre impostazioni deve essere presente la preoccupazione, comune a quanti, con fresca e recente scoperta, o per antica milizia, credono nello Stato democratico e nella Costituzione repubblicana, che occorre ricercare le più vaste, corrette e serie solidarietà per rispondere alla sfida che ci viene dagli eventi.
Avvertiamo, per quanto ci riguarda, tutto il peso e la responsabilità della situazione in cui ci troviamo. Non ci sfuggono, perché ci sentiamo dentro l'occhio del ciclone, diremo su quel margine dove la turbolenza è più elevata, le tensioni specifiche, i pericoli ed i rischi che investono questa città, che è anche la sintesi della Regione. I fenomeni hanno qui collocazione quantitativa, maggiore e più rilevante, ma qualitativamente sono estesi ed estensibili a tutto il contesto regionale.
Non una parola di più, quindi, cercherò di dire, né una di meno, di quanto possa trovare immediata corrispondenza in comportamenti concreti, in azione politica, in profonda, operante convinzione personale. La serenità cui vogliamo continuare ad essere ispirati, deve essere essa stessa espressione di forza, di decisione, di fermezza e di disponibilità ad accettare la sorte, quale possa essere, che l'assolvimento del nostro dovere ci assegna.
Nel recente dibattito a Palazzo Madama abbiamo espresso alcune, non esaurienti, valutazioni retrospettive su cause, responsabilità e percorsi della violenza e della contestazione nei confronti dello Stato democratico e sui disagi che toccano punti nevralgici della nostra società, qual è l'Università. Accolgo, quindi, l'invito del Presidente a non accentuare gli aspetti delle analisi, della ricerca di responsabilità collocate nel passato, perché il momento ci chiama ad un giudizio sul presente e ad una proiezione delle nostre azioni nel futuro. Non dimentico, però, né rifiuto quanto ho già precisato e quindi, per completezza d'informazione, faccio rinvio a quella presa di posizione che si integra con la presente.
Il ripetersi martellante di delitti, il cui carattere particolarmente odioso pare essere ricercato e voluto, cosi come è stato per l'assassinio dell'avv. Croce, è inaudito e ripugnante per tutta la tradizione del nostro Paese. Perché questo carattere particolarmente odioso? Pare voluto, forse con il disegno sottile e qualche volta operante per la sommarietà dei giudizi, cui molta gente, non sempre guidata ed informata esattamente crede, di indirizzare lo sdegno popolare, che nasce d'istinto verso gli autori, di deviarlo verso le vittime, verso la società organizzata, verso le forze politiche, nei confronti dello Stato che "permette", lo dico tra virgolette, verso quanti non sanno impedire.
Abbiamo assistito, molte volte a certi sfoghi che poi non hanno una profonda rispondenza nell'animo umano: di fronte a sciagure immani, a cose gravi, si dice: "perché il Signore permette queste cose? ", come per dire: "non siamo guardati", e si trascura di ricercare le cause che vengono dagli errori, dalle insufficienze, dai peccati, dai delitti o dalle omissioni degli uomini. Egualmente questa psicologia tenta dei salti nell'identificazione degli anelli che portano alle responsabilità.
Quanto avviene non è senza cause profonde.
Primo: i cedimenti di strutture, la vanificazione degli stessi imponenti sforzi e risultati dell'azione delle forze di polizia, dei carabinieri, che hanno assicurato tanti criminali (si diceva una volta: "hanno assicurato alla giustizia", ma una delle constatazioni disarmanti è che non si è assicurati alla giustizia, si è temporaneamente assegnati in luoghi dai quali dovrebbe muovere l'esercizio della giustizia), sforzi che vengono irrisi dalle evasioni. Si dice che per salvare un Paese, per ristabilire un equilibrio democratico, non si può far appello, e giustamente, al solo eroismo eccezionale di qualcuno: occorre la somma delle virtù, della partecipazione, dell'impegno di tutti i cittadini.
Invece ora già si vanifica e s'irride con queste situazioni allo stesso eroismo dei singoli, tanto più nobile quanto insufficientemente sostenuto dal calore di un'adesione.
Secondo: la condizione delle carceri in cui impera il governo dei più violenti: si realizzi dunque un regime ed una disciplina civile, umana cristiana, democratica delle carceri, ma dotato dei mezzi per ottenere l'osservanza delle norme anche a garanzia per i più deboli. Infatti, oggi i vecchi, tradizionali ospiti di questi luoghi, che non oso chiamare criminali di fronte ai nuovi, sono diventati povere vittime di vere e proprie sevizie morali e fisiche, basta sentire i loro racconti quando escono dalle carceri, sui soprusi che sono costretti a sopportare in virtù di una situazione che si è concorso per varie vie, azioni ed omissioni a determinare.
Uniche università, queste, in cui si fa lezione a tempo pieno e con terribile profitto; si fa lezione sulla tecnica del delitto, nella quale la criminalità comune insegna i particolari esecutivi a quella politica; si fa lezione di guerra psicologica, nella quale la criminalità politica delirante, insegna a quella comune come nobilitarsi o pseudonobilitarsi dandosi una copertura ed una veste ideologica o sociologizzante.
Delinquenza comune che cerca dignità di motivazione politica, e delinquenza cosiddetta politica che offre coperture alla criminalità comune: tutte operazioni che devono essere smascherate rapidamente. Cosi come deve cessare la vinificazione della pretesa punitiva della società e dello Stato, che vorremmo finalizzata all'emenda, al recupero del reo, norma non rinunciabile in una società civile. Viene vanificata questa pretesa, sia perché non si arriva a celebrare i processi, come nel caso sconvolgente dell'episodio torinese, sia perché le pene hanno un suono astratto: un anno, dieci anni, l'ergastolo, paiono minacce assolutamente improbabili eludibili sul piano psicologico, grida manzoniane e non severe inderogabili, terribili certezze che dovrebbero tutti far meditare alla ricerca costante dell'umanizzazione della pena, onde assicurarle non solo il carattere negativo di difesa del corpo sociale, ma quello risolutorio e pacificante della ricostruzione e rivalutazione della personalità morale del punito. Il crollo di questi meccanismi è uno degli aspetti più pericolosi che rischia di preparare situazioni, per rimediare alle quali la somma di dolori che tutti dovremo affrontare minaccia di divenire troppo pesante per essere sopportata dalla struttura democratica che poggia sulla tolleranza che pur non è mai debolezza.
Terzo: la violenza organizzata nelle sedi universitarie e da queste riportata nelle vie cittadine, tra la gente comune nella ricerca dello scontro emblematico o esemplare con le forze dell'ordine, provocate troppo a lungo, vittime di tolleranze, silenzi, compiacenze, viltà, egoismi che si sono sommati. Il programma di disarticolazione degli studi a tutti i livelli ed il tentativo di impedire ogni costruttivo dibattito, confronto o elaborazione di riforma che, non ancora enunciata, non letta, non approfondita, diviene immediato oggetto di contraddizione: "non va bene nulla va bene, nulla deve essere fatto". Lo scopo perseguito è di ottenere che tutti siano investiti dalla disperazione dell'impossibilità di fare qualcosa di serio in materie nelle quali la determinazione, la pazienza, il porre mattone sovra mattone, il passo dopo passo, sono essenziali.
Quarto: le uccisioni, quasi quotidiane, non ripeto le esemplificazioni riassunte con la sequenza dimostrativa e dialettica tanto efficace nelle parole del Presidente; lo stato di sdegno e di paura dell'opinione pubblica, tutto questo non è senza cause profonde, per il disagio derivante da una fase storica di rapide trasformazioni, di tumultuose cadute di valori, di crisi economica che ha investito sicurezze ed attese, ma che pur si svolge tuttora ad un livello di disponibilità di risorse che consentirebbero soluzioni adeguate ed accettabili. Ebbene, tutto questo disagio non è senza responsabilità; abbiamo da dire alcune cose sul tema né voglio trascurare il dovere di fornire alcune essenziali indicazioni autocritiche.
Ci avviamo verso tempi in cui, non solo come forze politiche, ma anche come singoli, dobbiamo domandarci le ragioni della nostra permanenza, del nostro impegno nell'azione politica, della nostra testimonianza nella società, i comportamenti da assumere. Ebbene, noi che siamo passati e quanti sono passati attraverso il travaglio della guerra, della Resistenza acquisendo la coscienza dei valori di fronte alle negazioni più radicali abbiamo commesso un errore che si è rivelato nei comportamenti della generazione che è venuta dopo, che non aveva dietro di sé il bagaglio di queste esperienze e la vaccinazione derivante da un ormai consolidato riferimento ad una scala di valori umani, sociali e politici. L'errore è consistito nel ritenere che lo sviluppo economico, anche nei suoi aspetti quantitativi, potesse avere un costante valore redentivo rispetto alla miseria, rispetto a condizioni secolari di povertà.
Invece non fu sempre cosi e non operò in questa stessa direzione.
L'errore è stato di non aver operato con più rigore, con più coerenza, con più forza, resistendo a tutte le tentazioni e sollecitazioni, al fine di canalizzare le risorse in misura maggiore verso impieghi atti a reggere o a correggere lo sviluppo sociale, per non mitizzare e divinizzare l'avere rispetto all'essere, il possesso rispetto alla donazione, il soddisfacimento degli egoismi personali rispetto al contesto sociale.
Oggi si denunciano le insufficienze delle strutture dello Stato e della Giustizia, ma questo, in uno Stato democratico dove ognuno partecipa al governo, o si autogoverna, non è solo il frutto di errori di dirigenti o di politici: è un errore che ha percorso, dal suo interno, tutta la società.
Il mettere in secondo piano, il non privilegiare, ad esempio l'ammodernamento delle strutture della giustizia: i magistrati spesso lamentano la povertà di strumentazione e povertà di uomini e di mezzi. Si parla di battaglie per i diritti civili: non è una battaglia per i diritti civili il reclamare, l'essere disposti a spendere, a sacrificare altre aspettative perché ci siano carceri modello, non solo nel senso che offrano bagni e biblioteche o che offrano le sale di ascolto o di dibattito o le officine di lavoro per i detenuti, ma carceri modello perché assolutamente inviolabili, sicure e tranquille, nelle quali non si mescolino fino ad integrarsi, in una scala reciproca, la criminalità comune e quella politica, o dove siano insieme i criminali minori, schiere di vinti dalla vita, con i prepotenti che intendono soverchiare lo Stato e la società.
Vi è poi un altro errore, dal quale sono poi derivati quelli specifici: l'aver ceduto troppo ad una spinta onnipermissiva che è diventata lassista teorizzata da alcune forze culturali e politiche come atteggiamento doveroso (anche se oggi fanno l'autocritica, mentre noi facciamo la nostra), che ha finito per corrodere tutto o molto.
Leggevo l'intervista di Montale, uomo distaccato, non uomo di parte sicuramente uomo lucidissimo. Con la semplicità tipica del gran poeta, che non ha bisogno di una lunga dimostrazione per giungere alla conclusione, ci ricorda queste responsabilità. La democrazia non vuol essere l'esercizio propedeutico all'anarchia, al disperdersi di tutto nell'egoismo fino al caos, fino al passaggio, secondo una successione già descritta dalla filosofia greca, democrazia-demagogia-anarchia-dittatura. Questo sbocco è inevitabile, se la democrazia viene intesa come il regime del lassismo dell'onnipermissività e non un regime ed un costume severo in cui la tolleranza non è il frutto della debolezza o di cedimento sui valori ai quali ci si richiama, ma è il prodotto di una scelta culturale. La democrazia non si regge nella volgarità dell'indifferenza, dell'egoismo dell'asocialità, nel rifiuto di una scala di valori.
Bisogna ricostituire il collegamento con le solide basi che danno poi giustificazione ai momenti di severità per sé e per gli altri.
Malgrado queste deviazioni, queste debolezze, che continuo a credere essere di crescita, vi è un quadro in cui si è scelto di vivere e in cui si vuol continuare a vivere. Ci è venuta la fresca testimonianza di Curci poc'anzi "questo Stato non è privo di validità e privo di consenso", di Rossotto che ribadiva come "la stragrande maggioranza di cittadini consentono con i valori di questa Repubblica ed il disagio e lo sdegno sta anche nel vedere insultato e non sufficientemente tutelato da tutti e da ciascuno qualcosa che è assolutamente valido".
Dunque, malgrado tutto questo quadro negativo, noi stessi, se vogliamo essere obiettivi, dobbiamo riconoscere che la condizione reale della nostra società, lo spirito che circola in essa, non motiva, non giustifica la gravità eccezionale dei delitti, dei crimini, delle congiure, dei tentativi di eversione, di rottura del patto di convivenza sociale e del patto costituzionale che regge il nostro Paese. Lo pensano anche attenti osservatori stranieri: un autorevole e non sospettabile uomo politico tedesco ebbe a dire recentemente che la società italiana deve essere ben solida, con la rivelazione di una serenità di fondo nell'animo dei cittadini, per resistere (forse in questi giorni alcuni sintomi di una paura che può diventare rapidamente dilagante possono mettere in forse questa valutazione), e che se un'ennesima parte dei fatti che succedono in Italia avvenissero in Germania, quella repubblica sarebbe già stata più volte travolta.
I cittadini provano sdegno e provano paura: lo sdegno rivela consenso riconoscimento della validità del quadro politico, della validità dei principi e delle finalità che la nostra Costituzione e la nostra convivenza civile si pongono; la paura è il segno dei sintomi di disgregazione sociale e la prova che l'insufficiente azione degli strumenti pubblici non garantisce le condizioni per esercitare le libertà essenziali.
Lo sdegno sollecita ad invocare mezzi, strumenti, azioni e giustizie sommarie, ed è questo uno dei primi comportamenti da respingere in modo attivo.
La paura sollecita a modificare una serie di comportamenti non eroici e neanche particolarmente virili, induce irrazionalmente a modificare una serie di comportamenti comuni e di ogni giorno che costituiscono la miglior difesa di una società dagli assalti di minoranze spregiudicate, dagli attacchi della criminalità e di coloro che tendono a destabilizzare un sistema politico; sicché, ad un certo punto, occorrono poi davvero coraggi eroici per coprire, per integrare l'insufficienza delle difese collettive.
Avvertiamo quindi che non ci salviamo con singole azioni di coraggio anche se ne occorrono di notevole intensità e portata ... L'impegno che sentiamo di fronte a questa situazione è innanzitutto quello che deve sempre essere avvertito da chi vuol difendere un patrimonio di valori e di principi, è quello di respingere la suggestione ed il contagio. Ricordando la Resistenza, in questi giorni, ho cercato di far intendere ai giovani cosa significasse nella sua espressione più genuina, meno marginale, più sentita e testimoniata: la Resistenza fu il rifiuto di accettare la metodologia, la logica che l'avversario, il persecutore imponeva.
La Repubblica italiana, il contesto delle forze democratiche nel nostro Paese, deve compiere innanzitutto una prima operazione essenziale che sta a monte di tutti i comportamenti: non lasciar contagiare il Paese ed il popolo dalla logica, dall'ideologia, dalla prassi della violenza e dell'eversione. A questo riguardo vorrei poter dire, credo di poter dire che le forze politiche hanno una grande responsabilità e che la D.C., che non è una struttura rigida ed isolata, ma come forza presente nella società deve operare, deve avere coscienza e credo possa testimoniare il rifiuto assoluto di accettare questa logica che assimila il perseguitato al persecutore, l'oppresso all'oppressore e gli fa smarrire le ragioni della sua azione.
E'quindi il momento di una nuova, rinnovata resistenza attiva che richiede l'animazione della coscienza collettiva, piuttosto che eroismi individuali, non l'indifferenza, né l'accettazione. Attenzione a verificare la validità di ogni nostro atto e comportamento, perché il crollo di questa Repubblica, il crollo del quadro di valori in cui crediamo diviene già definitivo e non ha più rimedio nel momento in cui si entra in una logica alternativa e diversa rispetto a quella che deve sostenere questa Repubblica democratica.
Nessuna deroga allo spirito, alla lettera ed ai contenuti del quadro costituzionale. Il Presidente ha ricordato questo proposito e ciascuno di noi deve verificare quanto possa più efficacemente contribuire all'affermazione di questa linea che accomuna con profonda sincerità ed aspirazione tutti i democratici. La più grande e la più triste delle sconfitte sarebbe quella di vederla smentita, prima ancora che per atto necessitato del Parlamento o del Governo, perché si riconosce validità vincente alle tesi di coloro che vogliono sotterrare la Repubblica. Un modo diverso, più puntuale, quindi, di operare delle istituzioni rappresentative e democratiche in cui il popolo si deve riconoscere. E' stato denunciato un distacco dalle istituzioni: forse qualche volta le modi dei nostri stessi dibattiti, il nostro approccio rispetto ai problemi, una certa solidarietà tra di noi che viene da un fatto umano importantissimo di conoscersi e capirsi senza bisogno di andare a fondo di certe analisi e di renderle esplicite, ha indotto anche atteggiamenti di distacco o qualunquistici nell'opinione pubblica.
Occorre per questo un grande recupero; un recupero nel quale sono impegnate tutte le forze politiche democratiche, ma non occorre un'idea alternativa, non sono ammissibili, neanche con la migliore delle intenzioni, in una fase delicata come questa, sedi alternative alle istituzioni, neppure per esercitare il ruolo di ricostruzione democratica né metodologie alternative rispetto a quelle tipiche della democrazia e che devono essere rafforzate, vivificate, rese attuali e riconosciute come efficaci dal Paese. Occorre ristabilire un contatto nel quale le istituzioni esercitano il loro ruolo e le forze politiche all'interno di queste si attivino per esercitare una funzione di raccordo con la gente con le forze popolari che tendono istintivamente, per paura, per sdegno per sfiducia, a distaccarsi.
La presenza, il controllo, la solidarietà del Paese, del popolo, dei cittadini che vivono e lavorano, dei giovani che studiano, di quanti vogliono trasformare il Paese, ma non affossarlo in una terribile avventura, è essenziale. Il contatto, il rapporto con le strutture dello Stato, con la polizia, con gli organi di Governo, con la Magistratura, deve essere recepito ed inteso in questo senso costruttivo. Si tratta, insieme di un sostegno morale e di un controllo democratico, che forse non è stato esercitato in modo compiuto e riconoscibile come valido.
E', quindi, un appello per una solidarietà nei confronti dello Stato.
Per noi lo Stato, collega Carazzoni, non è un'entità anteriore ed autonoma rispetto alla società. Respingiamo questa mitizzazione, quel richiamo "risolviamo i problemi dello Stato e sono risolti tutti i problemi della società". Non possiamo avere questa visione, essa è crollata storicamente e si è rivelata causa di deviazioni terribili. Questo Stato che viene dalla concezione hegeliana - sono presenti ancora cosi pesanti esperienze storiche nella nostra Europa, nel mondo oggi - questo Stato autonomo rispetto alla società ed alla persona, che ha suoi valori, che propone impone e fa rispettare. I valori dello Stato sono invece i valori presenti nella società, che la struttura giuridica realizza, difende ed assicura nella loro continuità. Questo Stato non è in sé un valore assoluto nel quale tutto si risolve e tutto si realizza. Allora, l'appello che viene da forze democratiche, da un'assemblea legislativa, rappresentativa, ed è rivolto allo Stato, alle sue forze, non è generico e soltanto verbale, ma costituisce un momento di solidarietà operante. Nessuna misura eccezionale allora, nessuna misura anticostituzionale, nessuna misura che sia non solo contra, ma praeter, e cioè al di fuori della nostra Costituzione.
All'interno di questo sistema vi è però un'infinita serie di misure che sul piano tecnico, operativo, dell'efficienza, devono essere considerate eccezionali: esercitiamo tutto il rigore per verificare la perfetta rispondenza e collocabilità di queste misure all'interno del quadro dei valori costituzionali, ma non siamo poi cosi sottili da provocare uno scoraggiamento progressivo di quanti, operatori e responsabili dei vari settori, propongono e sollecitano indicazioni e soluzioni. Coerenza quindi tra le deplorazioni che si fanno, anche qui oggi, e gli atti politici che vengono dopo. Si parla di processi di destabilizzazione guidati da servizi segreti di vari Paesi che vi sarebbero interessati. Visto che l'Italia non può né essere collocata attivamente all'ovest né essere assorbita organicamente all'est, l'unica guerra possibile sarebbe quella di destabilizzarla in modo permanente per una decina di anni, sì da renderla inutilizzabile sia per un campo che per l'altro.
Forse queste sono fantasie, forse accreditare opinioni di questo genere significa portar acqua allo sgomento, allo scoraggiamento del popolo. E' certo che sui servizi d'informazione e di sicurezza del nostro Paese deve essere detta anche una parola e cioè che una democrazia come la nostra collocata in questa posizione, ha assoluto bisogno di un efficiente servizio d'informazione e di sicurezza, non foss'altro che per difendere il Paese contro le tentazioni di venire ad occupare un vuoto. Dai servizi israeliani al KGB, alla CIA, addirittura qualcuno opina che il debolissimo Stato di Pinochet, che è al di là delle Ande, possa organizzare dei servizi segreti efficienti nel nostro Paese. Il Vicepresidente dello Stato cileno fu proprio massacrato a Roma.



BIANCHI Adriano

Non ci sono polemiche su questo discorso che faccio è un altro; non nego che agenti ...



CALSOLARO Corrado

Giunse a Roma la mano omicida, come giunse a New York.



BIANCHI Adriano

Non cerchiamo interpretazioni manichee, perché l'obiezione, mi permetta, Presidente, l'intempestività dell'obiezione, rivela che non si è capito lo spirito di ciò che stavo dicendo e si è orientati unilateralmente e quindi incapaci di capire nella sua globalità la situazione e di dare ad essa risposte valide.
Ammettevo che esiste uno spazio anche per un servizio segreto debolissimo strutturalmente, come può essere quello di Pinochet, e sostenevo la necessità che si affermi responsabilmente in un'assemblea politica che uno Stato democratico come il nostro ha assoluto bisogno di restaurare, ricostruire, su basi moralmente solide, un servizio d'informazione, di difesa della democrazia, che combatta tutte le tentazioni di destabilizzazione da qualunque parte esse vengano.
Cosi come nei confronti della Magistratura, nel momento in cui ribadiamo la necessità della sua indipendenza morale e politica, sentiamo che non deve essere lasciata o non deve reclamare di essere abbandonata in una specie di splendido isolamento che le consenta solo l'esercizio ovattato di un'attività di natura tecnica. Mentre ci inchiniamo alle vittime (é superfluo ricordare i nomi di Magistrati che sono caduti sotto i colpi di criminali), non possiamo non ricordare la necessità che anche qui si facciano delle riforme che toccano le leggi, l'organizzazione ed i comportamenti. L'autonomia dei Magistrati non significhi la creazione di un corpo, di una posizione assolutamente separata all'interno dello Stato, per cui, prima di modificarlo attraverso le vie legittime, si giunga ad applicare uno spirito contrario a questa Costituzione o bloccando i processi, o impedendo che la giustizia vada in fondo, o interpretando in modo farisaico le procedure, oppure, ed ancor peggio, con una clamorosa sfida ideologica, ammettendo parti civili in aperto, assoluto contrasto con la legislazione, andando ultra petita, al di là delle richieste delle parti, con atteggiamenti scandalosi, senza che vi siano possibilità di rimedi disciplinari.
Allora anche l'appello ai cittadini, ai quali non si chiedono eroismi eccezionali, ma si chiede solo nel nostro Paese di collaborare con le forze politiche, passando, se volete, attraverso le associazioni, persino quelle sportive, le parrocchie, è una mobilitazione. Devono ricordare i cittadini che non è una vergogna, forse era un retaggio secolare della dominazione straniera il vergognarsi di segnalare alla Polizia, ai Carabinieri od al proprio partito o alle organizzazioni democratiche, alle quali si è conferito un mandato pubblico, gli infiniti fatti con cui si viola in modo grande o piccolo la legge e che sono sotto i nostri occhi.
Mi ricordo che, finito in Svizzera, ferito, la prima cosa che mi colpì fu il comportamento dei cittadini che circondarono guardando degli internati italiani, distratti, che gettavano i pacchetti di sigarette vuoti per terra e glieli fecero raccogliere; ricordo le telefonate, che ci scandalizzarono, che rivelavano alla polizia i piccoli atti di non creanza che qualcuno commetteva; nei primi momenti ci sembrò che fosse una società oppressiva, poi ci accorgemmo che attraverso questo rigore, questa collaborazione popolare, erano invece garantite le libertà essenziali fondamentali, espressione della tolleranza di quel Paese dove c'é stato Lenin. da dove ha potuto fare propaganda per la rivoluzione sovietica. Una democrazia rigorosa forse oggi non lo è più neanche quella svizzera.
Questo appello ai cittadini tende ad organizzarli, a chiamarli a collaborare, non eroicamente, non si chiede neanche di sottoscrivere qualcosa, una volta tanto l'anonimato del bene non è riprovevole: in questa mobilitazione siamo tutti partecipi delle funzioni del Ministro dell'interno. La situazione del nostro Paese è che i carabinieri, la polizia si sentono sempre meno isolati. Sono maturate molte cose: avviene sempre cosi nelle crisi, come nelle malattie, quando già sono in opera le antitossine, quando già il Paese si sta riprendendo, avvengono i fatti più gravi. Sta riprendendo la situazione, ma siamo ancora al punto dell'isolamento dei carabinieri dai civili, i carabinieri si sentono soli il Governo si sente solo rispetto al Paese ed il Ministro dell'interno si sente solo forse all'interno del Governo. Dico qui apertamente queste cose perché certe situazioni devono assolutamente cessare: gli appelli ed i richiami che vanno verso il centro debbono essere fatti a voce alta.
La restaurazione dell'ordine democratico dovrebbe portare, quale condizione prima, all'isolamento dei criminali: l'isolamento delle coscienze, l'isolamento dei comportamenti. Sono i cittadini, invece, in questo momento, che rischiano di sentirsi isolati: l'isolamento quindi del cittadino, murato nel suo egoismo, con la libera circolazione dei criminali, con il rovesciamento delle posizioni.
Di questa situazione dobbiamo avere coscienza e dobbiamo reagire, ma per reagire a queste condizioni si è persino detto che vi è un eccesso di articolazione democratica: il Parlamento, i parlamentari che girano per le province e nei paesi la domenica, che dovrebbero farlo meno per le feste e più nelle circostanze serie e concrete (parlamentari siamo anche noi in questo senso); ci sono i Consigli comunali, di 1209 Comuni, 20/30 mila Consiglieri comunali piemontesi: un esercito tale da porre sotto controllo la situazione. I Consiglieri comunali mobilitati sono in condizione di costituire un controllo democratico piemontese di gran valore e di gran livello. Abbiamo poi i Comitati di quartiere, e i partiti, con le loro assemblee, con le loro strutture; i sindacati, con le loro organizzazioni con la loro presenza; poi ci sono i professori, gli insegnanti, gli organismi ed i Consigli scolastici, e cosi via. Ecco dunque le strutture democratiche, sono queste che vanno animate, sono queste che vanno impegnate. Né possono essere disattese, qui sta il nostro dissenso, dando l'impressione che non sanno funzionare, per saltarle, per costruire qualcosa di nuovo, di diverso, di alternativo. Questa via è anche molto rischiosa, perché l'alternativa può far sorgere anche la necessità di costituire altri tipi di comitato.
Si faranno cosi i comitati democratici che vorranno scoraggiare coloro che reclamano la pena di morte, o coloro che reclamano l'autodifesa, o controllare il ricorso ai vigilantes, oppure scongiurare all'interno delle forze dello Stato le tentazioni di costituire squadroni che, visto che lo Stato non ci riesce, fanno piazza pulita altrimenti e vendicano i compagni caduti sulle strade. Ma potrà anche esserci chi invece vorrà costituire comitati che sotto le apparenze più compatibili con la democrazia, sosterrà altre tesi alternative, e cioè che la società si debba organizzare e difendere direttamente e cosi via.
Andiamoci adagio perciò in questa direzione, nel creare delle strutture nuove. Piuttosto, vi è un impegno che riguarda tutte le forze politiche quello di una solidarietà di diverso tipo tra di loro nell'affrontare questi problemi, un impegno cioè a porre al primo posto dell'ordine del giorno di ogni momento di attività pubblica di questo Consiglio e dei Consigli comunali, dei Consigli di quartiere e di ogni specificazione democratica, l'esigenza di ripresa del contatto con l'opinione pubblica con la gente, per offrirle un punto di riferimento sicuro.
Occorre creare questa coscienza della necessità di partecipazione e corresponsabilità nei cittadini. Poi lo Stato faccia, con le sue istituzioni, Parlamento, Governo, il proprio dovere: allora s'incontreranno, convergeranno, da un lato, il consenso, la vigilanza ed il controllo popolare, per l'isolamento morale dei criminali, e, dall'altro l'attuazione della politica di repressione, di condanna, di ripulitura e la difesa dei cittadini da parte dello Stato.
Per questo occorre anche un appello non qualunquistico alla stampa, ai mass media, alla televisione, perché adottino uno stile ed un linguaggio di rappresentazione della realtà, non deformante. Leggo Montale, insospettato per intelligenza, per distacco dalla vita, per l'età; dice: "ma come mai tutto è andato a finire in questo modo, c'erano tutte le condizioni; anche a costo di ripetermi sostengo che i mass media, con la televisione in testa, hanno distrutto la morale in un modo mai visto prima. C'é stata una specie di sotterranea strage nucleare, i mass media fanno una continua apologia del reato".
E' stato detto da Rossotto poc'anzi, non è un'accusa alla classe giornalistica che è impegnata come noi sulla stessa trincea - ci sentiamo volta volta, nei due ruoli, perché parliamo attraverso di loro - ma è una constatazione: vediamo la fotografia giustapposta della vittima e del responsabile morale del delitto, senza dire che l'una è la vittima e che l'altro è l'omicida; vediamo cose che sconcertano la gente semplice, che li gettano nella disperazione, rafforzando l'impressione che non c'è più nulla che tenga. I mass media fanno una continua apologia del reato, lo presentano come facile ed attraente: quella povera donna vittima di se stessa, colpevole forse di un orrendo delitto, non so se lo sia, condannata all'ergastolo, diventa l'avvenente vedova bionda, quell'altro viene rappresentato come il bell'eroe della Lombardia e cosi via.
La stessa evasione dal carcere, nella sottile irrisione verso l'inefficienza dello Stato, diventa un atto di coraggio che premia e che è riconosciuto. Le conseguenze di queste cose sono sotto i nostri occhi proprio quando non riusciamo più a distinguere i contorni tra criminalità politica e criminalità comune.
Concludo dicendo che noi, nell'essere cauti di fronte alle proposte del Presidente, non rifiutiamo, ma anzi ricerchiamo profonde solidarietà di fondo da costituirsi con il Paese, con il popolo, con l'opinione pubblica per saldarla con lo Stato.
Il divario tra Stato e cittadini ha lunga storia: in questi trent'anni con tutti i limiti, con tutti i difetti, si sono colmati, nella partecipazione delle masse popolari alla direzione dello Stato, vuoti storici di grande dimensione.
Rendiamo oggi, rispetto ad un problema cruciale e bruciante, più concreta e viva questa partecipazione; animiamo dall'interno le istituzioni democratiche, facciamo un programma, perché questo non resti un appello generico e la gente si senta in concreto mobilitata, ma non proponiamo neanche nominalmente, soluzioni di tipo alternativo, perché sarebbe anche questo, a nostro avviso, un modo non voluto, ma implicito per riconoscere la bancarotta dello Stato e della democrazia.
PRESIDENTE.
Signori Consiglieri, data l'ora non possiamo concludere i nostri lavori in mattinata, ma possiamo riprenderli alle ore 15 puntualmente per esaurire l'ordine del giorno.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.00)



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