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Dettaglio seduta n.114 del 28/04/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Norme generali sui trasporti

Comunicazione dell'Assessore Bajardi sul Piano regionale dei trasporti


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prima di iniziare l'esame delle leggi all'ordine del giorno dò la parola al Vice Presidente della Giunta regionale Bajardi per una comunicazione.



BAJARDI Sante, Assessore ai trasporti ed alla viabilità

I Consiglieri sono al corrente che nei mesi scorsi si è avviata la fase di elaborazione del Piano regionale dei trasporti. La Giunta informa il Consiglio che intende organizzare per i giorni 17 e 18 giugno la prima fase della presentazione del Piano regionale dei trasporti, con la quale ci proponiamo di presentare lo stato di avanzamento delle ricerche e, in una seconda fase, considerando i risultati di tale consultazione con gli interlocutori pubblici, di organizzare per l'inizio dell'autunno un Convegno nel corso del quale sarà presentato il Piano regionale dei trasporti che poi sarà sottoposto all'esame definitivo del Consiglio.
Questa fase piuttosto lunga di approccio al Piano regionale attribuisce alla II Commissione un ruolo importante per la preparazione e lo svolgimento della prima Conferenza. La II Commissione è investita ufficialmente da parte della Giunta della fase di partecipazione, oltrechè di affiancamento alle iniziative della Giunta stessa.
Ci è parso giusto dare tale informazione anzitempo, in modo che le forze politiche assumano le proprie decisioni in relazione a questa proposta.



PRESIDENTE

Mi compiaccio di questo modo di informare il Consiglio che in molti casi può essere un tramite corretto per comunicare a tutte le forze politiche in modo ufficiale intenzioni, volontà, appuntamenti, che possono poi trovare i loro sbocchi in iter legislativi.
Vi sono richieste di parola? Non ve ne sono. Passiamo al punto successivo dell'ordine del giorno.


Argomento: Caccia

Esame disegno di legge n. 107: "Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973, n. 21, recante 'Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte'"


PRESIDENTE

Il punto quinto all'ordine del giorno reca: Esame disegno di legge n.
107: "Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 13 agosto 1973 n. 21, recante 'Norme per l'esercizio della caccia nella Regione Piemonte '".
Propongo di dare per letta la relazione, visto che tutti l'hanno ricevuta per tempo: verrà comunque pubblicata negli atti del Consiglio.
Possiamo iniziare il dibattito dando subito la parola all'Assessore Moretti che deve fare alcune comunicazioni.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Non entro nel merito dell'aspetto politico, ma desidero dare alcune informazioni ai colleghi del Consiglio su alcune decisioni prese dalla Giunta in seguito alla presentazione degli emendamenti. Vi sono emendamenti proposti dalla Giunta ed altri proposti dal Consigliere Calsolaro.



OBERTO Gianni

Prima di parlare degli emendamenti sarebbe opportuno parlare della legge.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Si tratta di trovare una terminologia in merito alle modifiche della legge.
Per quanto riguarda l'art. 1 sarei del parere di elencare tutte le modifiche, comprese quelle presentate dai Consiglieri.
Vorrei sapere se devo annunciare le proposte di modifica presentate dai Consiglieri oppure se le devo annunciare in sede di discussione degli articoli.



PRESIDENTE

Dò subito la parola a chi la chiede.
Abbiamo dato per letta la relazione della Commissione.
La discussione è aperta a tutti i Consiglieri.
L'Assessore mi ha chiesto di fare alcune comunicazioni che interessano la discussione che sta per aprirsi.
Gli emendamenti verranno illustrati al momento dell'esame degli articoli.



MENOZZI Stanislao

Anche in questa occasione sarebbe opportuno seguire la prassi tradizionale della discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

Non sollevo obiezioni, che pure potrebbero essere sollevate, in ordine alla procedura che si è introdotta, se, come penso e come mi auguro, questa anomalia è suggerita da un sentimento dell'assemblea di portare serenamente avanti questo controverso e dibattuto disegno di legge. Mi pare di dover osservare che la brevissima comunicazione fatta dall' Assessore Moretti lascia intendere che vi siano emendamenti presentati da Consiglieri e dalla Giunta. Faccio presente che al momento mi risultano presentati soltanto gli emendamenti del Consigliere Calsolaro, che sono altamente significativi rispetto al contenuto della legge stessa. Desidero sapere se questa iniziativa personale del Consigliere Calsolaro riflette la posizione della Giunta o, se si vuole, formulo in termini diversi la domanda: quali sono le proposte modificative che la Giunta regionale intende sottoporci? Ho formulato degli emendamenti per iscritto ma non li presenterò per non sentirmi dire che li presento all'ultimo momento. E' chiaro che ogni Consigliere ha su questo argomento i propri punti di vista e le proprie opinioni, tuttavia mi sembrerebbe corretto, prima di imbarcarci in una discussione che sarà largamente condizionata dal testo che in definitiva verrà presentato da parte dell'esecutivo, che si dica se la Giunta intende modificare il disegno di legge e in che termini intende modificarlo e che ci si metta in condizione di leggere esattamente quali sono le proposizioni modificate. Queste sono le mie richieste che potrei formulare addirittura come mozione d' ordine per un corretto avvio della discussione.



PRESIDENTE

Nella sostanza lei ha ragione.
Oltre agli emendamenti del Consigliere Calsolaro vi sono quelli del Consigliere Marchini che farò distribuire a tutti. Anche la Giunta ha da presentare alcuni emendamenti, tuttavia questi ultimi si potranno esaminare anche in sede di dibattito. Ora, considerando svolta la relazione della Commissione, si avvia il dibattito. La Giunta, se lo desidera, pu manifestare la sua volontà politica come contributo alla discussione. Se un Assessore mi chiede di parlare all'inizio della discussione e manifesta una volontà politica, svolge un intervento corretto, se invece illustra gli emendamenti, articolo per articolo, e pretende che ci sia un pronunciamento, in quel caso la procedura non è più corretta.
Chiedo all'Assessore Moretti se ha intenzione di esprimere ora questa manifestazione politica o se vuole cogliere il suggerimento del Consigliere Menozzi di esprimerla al termine del dibattito.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Desidero fare una comunicazione di carattere politico. La Giunta è disponibile ad accettare le proposte di modificazioni che hanno anche carattere politico. Mi riservo di presentare successivamente le proposte della Giunta per correttezza.
Da parte della Giunta regionale vi è disponibilità a recepire tutto quanto può essere proposto dal Consiglio, in modo particolare in merito alla caccia primaverile.



PRESIDENTE

La discussione è aperta.
E' iscritto a parlare il Consigliere Menozzi, ne ha facoltà.



MENOZZI Stanislao

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, può sembrare strano l'affermare, con i gravi, per non dire drammatici problemi che travagliano il Paese, che la "normativa" che ci accingiamo a discutere in quest'aula presenta contrapposizioni e complessità tali da doversi considerare veramente impegnativa; da ciò si evince, una volta ancora, se ce ne fosse stato bisogno, che aveva veramente ragione il più volte ricordato Giolitti quando affermava "se volete mettere in crisi un Governo, ponete il problema della caccia".
Se pensiamo poi al fatto che in quei tempi, ormai lontani, la caccia presentava dimensioni assai più modeste, oggi non sarebbe azzardato prevedere, quanto meno, la caduta della C.E.E., già in crisi per altri motivi.
Per cui, allo stato attuale delle cose, quanto meno si impone una modifica al vecchio detto "donne e motori, gioie e dolori" con "caccia e motori, niente gioie e molti dolori".
Sarebbe veramente il caso, se si degnassero di ascoltarci, di chiedere l'intercessione di S. Ubaldo e Diana, numi tutelari dei cacciatori, ammesso e non concesso che siano ancora tali, per indurre gli amanti della doppietta e, perché no?, della tripletta, a rendersi totalmente comprensivi dell'attuale situazione e, conseguentemente, benevoli nei nostri confronti se chiederemo cose a loro non totalmente gradite.
Innanzitutto, a tal proposito, ci è doveroso precisare che non nutriamo nessun preconcetto nei confronti dei cacciatori.
Precisiamo, altresì, a scanso di equivoci, che il nostro consapevole atteggiamento, con quanto verremo ad evidenziare e rivendicare, vuole collocarsi in una posizione intermedia, tra coloro che da parecchi anni a questa parte usano il linguaggio "abolizionista" di ogni e qualsiasi attività venatoria e quanti vorrebbero riconosciuta ad essa non tanto la "libertà", quanto, al limite, il libertinaggio o, comunque, l'anarchia nel relativo esercizio, senza rendersi conto che un'adeguata, per non dire rigida, regolamentazione si impone per la difesa di valori e di interessi che, superando le parti in contrasto, sono di tutta la collettività.
Ed è qui che si impone subito un'affermazione di "principio": i pubblici poteri in generale, la Regione in specie e tutti i cittadini debbono convincersi che la "caccia" non può e non deve più essere interpretata come "res nullius", che poi in effetti è sempre stata "res" dei cacciatori, bensì "res communitatis", e cioè di tutta la comunità nazionale e addirittura internazionale e, in quest'ottica, deve essere prioritariamente collocata la difesa della natura, dell'agricoltura e di altri fattori che vanno ben al di là dei seppur legittimi hobbies del singolo.
Sappiamo benissimo che tutti i politici, noi compresi, temono maledettamente l'impopolarità e che nella loro quotidiana azione vorrebbero sempre e soltanto incontrare i favori di ogni e qualsiasi elettore, vero o potenziale, ma ci sia consentito affermare che se è vero, com'è vero, che nulla si crea, nulla si distrugge e tutto invece si trasforma, oggi si impone un nuovo modo di atteggiarsi, di pronunciarsi e di comportarsi ed è quanto stiamo cercando di fare.
E' giunto il momento di manifestare il necessario coraggio civico e l'indispensabile volontà politica per concretizzare nei fatti quanto teorizziamo e dialetticamente affermiamo di volere.
Dobbiamo tangibilmente e inequivocabilmente dimostrare che crediamo in quanto andiamo verbalmente sostenendo ed allora non ci resta che conseguentemente agire; in caso contrario non meravigliamoci se veniamo per perdere totalmente quel po' di credibilità che ancora ci viene accordata.
Degna di menzione è l'iniziativa intrapresa dalla Giunta e recentemente illustrata dal Presidente Viglione e dall'Assessore Fonio, di far entrare la TV nella scuola dell'obbligo per illustrare la portata dell'ecologia e distribuire agli alunni audiovisivi, schede e testi per lo studio dei relativi problemi; ma, a cosa servirebbe tutto ciò se poi non si predisponessero, a livello regionale, nazionale e comunitario, gli strumenti operativi per il raggiungimento dei fini a cui si tende? Ebbene riteniamo che anche il controverso problema che stiamo discutendo possa e debba essere ricondotto nella più vasta e delicata tematica ecologica oltre che nella specifica visione di alcuni già citati preminenti aspetti di carattere particolare, onde vederci facilitati nel varare un provvedimento il più possibile rispondente alle odierne realtà e necessità.
Innanzitutto, nessuno deve nutrire false riserve e timori nell'affermare che ciò sarà possibile riconoscendo, in partenza, che il disegno di legge in esame, pur contenendo alcune positive innovazioni è sostanzialmente peggiorativo della legge 13/8/73, n. 21, la quale, pur presentando alcuni aspetti lacunosi, era stata nel suo complesso favorevolmente valutata e considerata, per cui era logico attendersi un ulteriore balzo innanzi e non anche uno a ritroso come, purtroppo, dobbiamo oggi spiacevolmente constatare e come constatammo all' interno del Comitato nel quale eravamo stati delegati dalla V Commissione, con il non facile compito di trovare un accordo che, come citato nella relazione del collega Rosci, non c'è stato, specialmente su due nodi fondamentali, e cioè la data di apertura dell'attività venatoria e la cosiddetta caccia primaverile.
Gli aspetti positivi li abbiamo rilevati e li rileviamo all'art. 1 ove sono state recepite diverse nostre richieste, alcune delle quali avanzate anche da altri nel corso delle varie consultazioni e più propriamente: 1)- versamenti supplementari di L. 10.000 (costo del tesserino), quante sono le Province, diverse da quella di residenza, nelle quali il cacciatore intende cacciare, e ciò non certamente per il gusto diabolico di penalizzare gli amanti della caccia, bensì per consentire alla Regione di disporre di maggiori entrare, dimostratesi insufficienti per il passato 2)- la diversa ripartizione delle somme introitate, destinando il 40 per le spese di vigilanza ed il residuo 60 % per il ripopolamento, per l'incremento delle strutture pubbliche di produzione e protezione e per il risarcimento dei danni causati dalla selvaggina alle colture agricole (punto dolens) e non invece, come richiesto dal "Comitato Interassociativo Piemontese della Caccia", con lettera del 14/3/77, indirizzata al Presidente della Giunta e a tutti gli Assessori, di finalizzare la maggior parte degli introiti ad investimenti di dette strutture pubbliche di produzione della fauna selvatica di interesse venatorio, senza fare la benché minima menzione alla "vigilanza" e, guarda caso, bontà sua, al "risarcimento" dei citati danni della selvaggina e, aggiungo, di alcuni sconsiderati cacciatori, non certamente degni di attenzione e comprensione 3)- di effettuare i riparti delle menzionate somme, non più e non solo in relazione al numero dei cacciatori tesserati in ogni singola Provincia ma, in rapporto alla "pressione venatoria" registrata nella Provincia medesima (vedasi Asti, la quale annovera mediamente la presenza di 20.000 cacciatori, dei quali solo 6.000 residenti).
Altro aspetto positivo lo rileviamo, a parte le diverse interpretazioni di carattere giuridico, nell'aver accolto la nostra richiesta, avanzata anche da alcuni Comitati Provinciali Caccia, di sottoporre le "riserve" agli stessi divieti e limitazioni, in fatto di caccia ai migratori e al carniere, di cui all'art. 6. Aspetti decisamente negativi invece li abbiamo indicati e li indichiamo nel "calendario venatorio" e nella cosiddetta "caccia primaverile", esclusa dalla precedente legge e che la "maggioranza" vorrebbe reintrodurre. Circa il calendario venatorio, osserviamo che la data di inizio del relativo esercizio, prevista nella terza domenica di settembre, grosso modo analoga a quella prevista nella legge 21, dev'essere posticipato, come minimo, al 15 di ottobre. Premesso che nella terza domenica di settembre i raccolti autunnali, uva, frutta, riso ed altri sono ancora, nella quasi totalità, pendenti, a posticipare l'apertura della caccia alla data richiesta del 15 di ottobre si conseguirebbero tre risultati: riduzione degli inevitabili danni alle produzioni in essere tutela degli interessi dei produttori e della loro incolumità fisica consolidamento della fauna e ciò anche nell'interesse dei cacciatori.
Riteniamo non sia fuori di luogo cogliere anche questa occasione per ricordare a noi stessi ed a chi ci ascolta che anche e soprattutto per l'agricoltura è giunto il momento di uscire dalle affermazioni generiche per testimoniare con i fatti l'esigenza di una sua efficace ed indilazionabile difesa. Il posticipare l'apertura della caccia segnerebbe solo la fase iniziale e non terminale di una maggiore tutela, nella fattispecie, del settore primario.
Resterebbero pur sempre da risolvere gli annosi problemi inerenti ai "diritti sulla proprietà", ancor oggi misconosciuti, prevedendo l'autorizzazione del produttore per l'accesso sul fondo; chiarire, una volta per tutte, cosa si deve intendere per "colture in atto suscettibili di danno" e riconoscimento ai produttori del risarcimento non solo dei danni arrecati dalla selvaggina ai frutti pendenti, ma, anche di quelli derivanti dall'attività venatoria in sé e per sé e, all'uopo, contemplare la costituzione di un apposito "fondo" dal quale attingere le somme necessarie, quando, nella maggioranza dei casi, non è possibile individuare i responsabili o che questi non offrono garanzie idonee per assolvere l'obbligo del risarcimento, tenendo presente la duplicità dei danni e cioè frutti e colture, specialmente quelle arboree, per non parlare della mancanza di "criteri di massima" atti a vietare ogni e qualsiasi forma di caccia, vagante o no, quando ci sono di mezzo, indipendentemente dai frutti, danni alle coltivazioni e agli impianti agricoli: tutto ci comporterebbe modificazioni all'art. 842 del Codice Civile e all'art. 30 del Testo Unico sulla caccia, Ci si era illusi che la normativa, già discussa al Senato e di prossima discussione alla Camera, assumesse le dimensioni di una legge quadro, ma temiamo che non riesca a quadrare quant' era logico attendersi ed ecco perché dobbiamo sentirci impegnati a varare un provvedimento che, seppur entro i limiti legislativi impostici rappresenti il meglio di quanto alle Regioni è consentito fare.
Per quanto poi attiene alla "caccia primaverile" sussistono mille ed un motivo per ribadire, come abbiamo fatto in Commissione prima e in Comitato poi, la nostra decisa opposizione. A tal proposito, oltre alle nostre convinzioni, ai pronunciamenti dei protezionisti, del "Fondo mondiale per la Natura" e, per buona fortuna, anche di qualche Comitato Provinciale Caccia e della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica, troviamo motivo di insistere nel dire "no!". Anche dalle discussioni, interrogazioni e pronunciamenti ufficiali della stessa Comunità Economica Europea troviamo motivi per ritenere pertinente la nostra posizione. Colleghi della maggioranza, il non accettare, quanto meno, le nostre proposte di posticipare la data di apertura della caccia e di vietare quella primaverile, verrebbe per porvi contro la logica delle cose e per peccare paurosamente di incoerenza.
Che senso avrebbe continuare a parlare, come anche voi fate, di "centralità" dei problemi dell'agricoltura, per poi ignorarla anche in alcune delle sue più elementari esigenze, per sacrificarla poi ad un hobby seppur legittimo, ma pur sempre tale? E che senso avrebbe altresì l'aver varato una normativa sui "parchi e sulle riserve naturali", ampiamente giustificata dall'esigenza di difendere l'ambiente e la natura anche preservando alcune varietà, sempre più rare, di uccelli migratori, per poi consentirne la "strage" con la caccia primaverile? : strage in quanto oltre al soggetto, il più delle volte si elimina anche il processo riproduttivo. Ecco perché come non abbiamo avuto timore e non l'abbiamo nel difendere le riserve ed i parchi naturali, e gli Assessori Rivalta e Ferraris possono riconoscerlo, non accusiamo nessuna titubanza nel chiedere nuovamente di ritardare l'apertura dell'attività venatoria e di non consentire la caccia alla "fauna selvatica", in quanto patrimonio pubblico.
Avevamo avanzato anche precise richieste sulla gestione della riserve non più rispondenti ai tempi ed il più delle volte focolai di condannabili strumentalizzazioni e speculazioni, chiedendo che la Regione si rendesse anticipatrice della loro soppressione o del passaggio a forme di autogestione; come avevamo sollevato dubbiosità su alcuni altri punti che la Giunta ha ritenuto di non poter recepire che non sviluppo, per non abusare della vostra pazienza.
Concludo, con il pronunciare che saranno presentati alcuni emendamenti in rapporto ad alcuni dei più importanti punti trattati e con l'augurarmi che la maggioranza voglia recepirli e ciò non per veder accresciuta o diminuita la nostra popolarità (perché non è popolare discutere di caccia) quanto per arrecare un servizio alla nostra Regione, al servizio della quale, indipendentemente dalle nostre ideologie, siamo stati chiamati ad operare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Avevo chiesto la parola in via preliminare per esprimere il mio parere sulla controversia nata tra l'Assessore e qualche collega dei banchi dell'opposizione. La formulazione ultima usata dall'Assessore, cioè che la Giunta è disponibile a verificare le osservazioni critiche presentate dal Consiglio, mi pare corretta e mi esime da insistere sulle argomentazioni che invece la prima formulazione avrebbe richiesto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, signori Consiglieri, il mio potrebbe forse anche apparire un discorso superfluo, dopo quanto e stato preannunciato dall'Assessore, sia pure implicitamente; a fronte di proposte di emendamento radicali presentate dal Consigliere Calsolaro ed anche nella previsione dei tempi lunghi i quali potrebbero lavorare in termini difformi dalla linea che oggi proponiamo all'intero Consiglio per mantenere ferma nello spirito e nella sostanza la legge precedente, anche se non siamo a conoscenza esatta di quella che sarà, in un domani relativamente prossimo la legge quadro a carattere nazionale. Non ci nascondiamo che questo è un punto delicato che deve essere tenuto nella debita considerazione perch conosciamo soltanto il testo della legge quadro approvato dal Senato e sappiamo che ieri la legge è stata mandata alla Commissione della Camera dei deputati per il riesame. Che cosa potrà avvenire non lo sappiamo esattamente. Ci auguriamo che non vi siano passi indietro rispetto alla linea indicata dalla Regione Piemonte che può considerarsi in questo settore come pionieristica e legittimamente inserita in un discorso a livello mitteleuropeo.
Però dobbiamo compiere il nostro dovere oggi ed è per questo che nonostante tutto, anche per aderire all'imperativo categorico dei propri convincimenti, intendo pronunciare alcune parole in merito all'argomento sostanzi al ed essenziale.
L'argomento essenziale è quello delle cacce invernali e bisognerebbe sottolineare l'aspetto temporale: invernali e primaverili. La primavera incomincia il 21 o il 23 marzo (ci sono delle discussioni al riguardo) e la caccia verrebbe ad essere esercitata in gennaio o febbraio, quindi ancora in periodo invernale. Chiedo qualche minuto di attenzione perché la volta scorsa ci siamo lasciati con questo spirito: lasciamo sedimentare gli argomenti che, trattati a caldo, qualche volta non danno effetto, come non danno effetto quasi mai gli interventi chirurgici a caldo, mentre calcolati e ponderati portano a conclusioni valide e positive. Non intendo peraltro fare un discorso generale e generico sul problema della caccia, né intendo assumere la veste del banditore di una crociata anticaccia che, in definitiva, non dà frutto; non vorrei neanche che si considerasse questa mia personale presa di posizione frutto di un'intesa a livello di Gruppo della Democrazia Cristiana, grido di allarme e di dolore, anche perché le grida di allarme e di dolore, con i tempi che corrono, mala tempora currunt, quasi non hanno la capacità di essere ascoltate e udite, neanche come motivo di un capitolo da inserirsi in uno dei tanti, forse persino troppi, libri bianchi sulla caccia che solitamente non sono letti da coloro i quali dovrebbero leggerli e per i quali in sostanza sono scritti.
La caccia è un problema grave, importante e delicato, in considerazione del fatto che negli ultimi trecento anni l'uomo ha spietatamente e sistematicamente sterminato duecento specie di uccelli e mammiferi. E non ci si arresta in questa carneficina, che non è soltanto riduzione di una specie, il che rende difficile la sua conservazione, ma e sterminio definitivo. Pensate che cosa accadrebbe se questo avvenisse anche nell'ambiente degli uomini e se si verificasse per il Paese la situazione che ci pone all'ultimo posto in Europa come Paese ospitante la fauna libera. E' quindi un discorso che vuol essere realistico e concreto, che spiega e giustifica il punto di vista nostro, il "no" che intendiamo pronunciare alla reintroduzione in Piemonte delle cacce invernali e primaverili che con la legge del 13/8/1973, n. 21, erano state eliminate.
Non si tratta di correzione, ma si tratta di ritornare a quanto è stabilito in quella legge; non è questione di modifica, ma è questione di rinnegare il punto di vista espresso in quella legge. Non difendo per onore di bandiera le legge che era stata promulgata dopo una larga consultazione e dopo un'attenta e lunga discussione, forse una delle più lunghe e attente discussioni che si siano svolte in sede di Giunta sulla relazione del proponente, Assessore Debenedetti, che aveva in quella direzione coraggiosamente operato, andando contro le pressioni esercitate, ma accogliendo le più ispirate e più corrette indicazioni che venivano anche dai settori venatori, responsabilmente convinti che nella limitazione dell'esercizio del diritto di caccia vi era qualche cosa di concreto, che ridondava a vantaggio e beneficio dei cacciatori; non è quindi una difesa della bandiera: è una convinzione di principio ed è una difesa di questo principio.
I giornali e le riviste sono a disposizione di tutti. A livello nazionale ed internazionale la legge regionale del Piemonte del 1973 era stata la prima e la più vasta che si fosse operata in difesa della fauna in Italia. Dico in Italia, perché gli altri Paesi sono sullo stesso nostro piano e noi vogliamo collocarci a livello europeo anche in questo settore.
E' necessario rispondere ad alcune inquietanti domande, perché il dialogo sia efficace. Per quali motivi seri e concreti ci si propone di tornare all'antico, cioè all'ante 1973? Quali inconvenienti reali, seri e concreti ha cagionato la legge restrittiva? Quali cattivi frutti ha dato in questi tre anni di esercizio concreto della sua attività? Chi vuole in realtà la legge permissiva che è stata proposta dalla Giunta? Signor Presidente della Giunta, nessuno insidia, e vorrei anche dire senza ombre giolittiane, nessuno invidia di questi tempi il timone del governo regionale contestato e presidiato pur esso, a quanto leggo sui giornali, e mi è amaro il ricordo e la citazione; nemmeno la questione si propone in termini politici, anche se in realtà ogni problema che abbia un contenuto socio-economico ha anche necessariamente un contenuto di natura politica, ma la propongo in termini di civiltà e di coerenza. Continuiamo a legiferare secondo una linea indicata nella prima legislatura in tema di inquinamenti ai vari livelli, di difesa e di conservazione della natura. Ci proponiamo di disciplinare adesso financo la raccolta dei funghi, la raccolta delle rane e delle lumache e, in aperto e stridente contrasto diamo via libera perché si uccida anche d'inverno, anche agli albori della primavera, una fauna stremata, in un periodo del tutto particolare, per cui la morte travolge anche speranze di vita, come ha accennato il collega che mi ha preceduto con profondità di trattazione.
Allora vogliamo dare la licenza di uccidere permanentemente l'essere vivente, l'essere speranza di vita futura. La caccia è bramosia incontentabile di sparare, se la si rapporta a questo aspetto della caccia invernale e primaverile. Altro che desiderio di contemplazione di aurore e di tramonti, come se le contemplazioni reclamassero, per poter essere realizzate, la presenza tra le mani di una doppietta o di un fucile munito di silenziatore, come se non fosse possibile andare a godere questi spettacoli senza essere muniti del fucile! In tempi in cui un Paese come la Russia (e lo indico come esempio) stabilisce il mese di assoluto silenzio venatorio, non consentendo nemmeno l'accesso ai boschi ed alle foreste per garantire la quiete degli animali in fase di riproduzione, noi, in questo angolo di terra italiana, in questo Piemonte (per inciso si potrebbe dire che in fondo in Piemonte la caccia invernale e primaverile ha un contenuto relativamente modesto come quantità di danno che potrebbe operare, ma la legge è ugualmente di estrema importanza perché vuole essere indicativa della strada che deve essere seguita), ritorneremmo all'antico, ci stacchiamo in questa materia da una visione europeistica. Pensate al regime della caccia in Francia, che da quanto mi consta è il Paese che ha il maggior numero di cacciatori.



BORANDO Carlo

No, è il secondo. Al primo posto siamo noi.



OBERTO Gianni

Peggio che andar di notte! Mentre con l'entusiasmo che può apparire del neofita si cammina per altre vie verso l'Europa, sempre di più ci si vuole sentire impegnati in un processo storico ed unitario europeo sotto il profilo socio-economico politico che non può prescindere dalla valutazione di carattere ecologico comune (dico questo perché nella relazione che accompagnava la proposta della Giunta si pone come argomento unico, il solo, quello di equiparare il trattamento che si fa ai cacciatori del Piemonte al trattamento dei cacciatori della Lombardia, del Veneto, della Liguria), noi dovremmo discendere, invece che salire, apprendere il male degli altri e trasportarlo a noi e non essere invece liberi per una situazione di responsabilità per il futuro.
Dovremmo fare questo all'indomani della presentazione della legge quadro alla Commissione Agricoltura della Camera dei deputati, del testo approvato dal Senato. Non sappiamo che cosa avverrà. Tuttavia, anche se si dovesse camminare contro corrente, ritengo che si debba percorrere questo cammino, se siamo convinti della giustezza dei nostri punti di vista. Lo avevo accennato nell'intervento passato e lo sottolineo ancora e soprattutto ora, mentre a livello europeo si sta per varare la Carta dei diritti degli animali. E' vero che queste carte, come quelle per i diritti degli uomini, troppe volte sono dimenticate; ma se si ha questa sensibilità, occorre essere conseguenti all'atteggiamento assunto nel 1973 tenerlo fermo, mantenerlo, ma soprattutto sarebbe necessario calcolare almeno in via approssimativa, quali vantaggi il divieto di esercizio della caccia inverno-primaverile ha recato non in linea generale, ma in linea particolare al Piemonte.
Parlo di una zona che conosco: il Lago di Viverone (quello che mi auguro possa essere quanto prima ricompreso in quell'unità dei parchi materia dilazionata ma certamente non dismessa) che ha avuto in questi due ultimi anni un accrescimento notevolissimo di selvaggina. Il Lago di Candia ha visto ripopolarsi nel periodo invernale-primaverile gli animali di transito. Se voi foste venuti ad Ivrea, sulla linea della Dora, nel cuore della città, a fine marzo, avreste visto frotte di gabbiani come mai si erano viste, perché le sponde sono diventate sicure dalle insidie che potevano venire dall'esterno. Conosco, per sentito dire, che nel Vercellese vi sarebbe un accrescimento di fauna dove abbiamo voluto le garzaie in maniera che vi fosse, da parte della fauna, la possibilità di riprodursi e di inserirsi. Non parlo delle altre zone che non conosco direttamente.
Questi sono aspetti positivi e concreti che vanno contro la modifica della legge. I cacciatori piemontesi dobbiamo chiamarli cacciatori o sparatori piemontesi? Forse è molto meglio il secondo appellativo che non il primo perché i cacciatori civili ripudiano questo genere di caccia e lo dicono anche apertamente. Dobbiamo metterli in condizione di parità con i cacciatori delle Regioni finitime, in maniera che questa mala caccia là consentita possa essere consentita anche da noi? Andare alla pari nel peggio, anziché nel meglio? Ebbene, dateci, diciamoci, non monologando, ma dialogando pacatamente delle risposte a questi interrogativi che per me continuano ad essere estremamente inquietanti; poi, ciascuno, con la propria coscienza venatorio naturalistica, decida. Decidiamo con il voto senza esaltarci sotto la pressione di sparuti manipoli di sedicenti cacciatori. So bene, signor Assessore Moretti (mi rivolgo a lei non perché sia il padrone della caccia ma perché ha la responsabilità in persona propria di rappresentare il punto di vista della Giunta), che le sono pervenute delle lettere di oscura minaccia. Consideri anche questo come non ultimo motivo di prova per il convincimento della non bontà della legge proposta. Quante ne ho ricevute anch'io e passate alla sede naturale, che è il cestino dei rifiuti! Si tratta di anonimi intimidatori che non hanno argomenti seri e logici da porre a sostegno delle proprie tesi e cercano nella violenza un punto d'appoggio. Non si crucci neanche per un'eventuale manciata di voti elettorali in meno in una prossima competizione: sono crusca, quei voti, e non fanno farina! E' toccato anche a me nelle ultime elezioni constatare un calo dei voti per essere rimasto fedele ai miei convincimenti in materia ecologica e di caccia.
Questo è il momento esaltante dell'attività delle femministe.
Nonostante che Diana fosse una dea, in Piemonte di donne cacciatrici non ve ne sono molte: 200 o 300 come massimo (é una statistica che propongo di fare) e penso che non si dorrebbero certamente di non poter cacciare gli uccelli in amore in periodo invernale e primaverile. Signor Assessore, lei non c'era nella passata legislatura e non può pertanto ricordare l'intervento appassionato, caldo, addirittura passionale del collega Consigliere Gerini, gran cacciatore al cospetto di Dio e degli uomini. Era là, allo scranno presidenziale. D'un tratto scende, con una falcata attraversa l'aula e si trova di un balzo là sulla montagna, senza allusioni storiche, dove solitamente siede ora il collega Rossotto. Di là si esalt nel racconto del cane che va alla posta della quaglia. Rappresentando la scena non mancava nulla, se non il fragore dello sparo della doppietta.
C'era veramente tutto e vedo ancora quella coda che si muove, attraverso la vivace espressione del collega Gerini. Avendo del tempo libero maggiore di quanto non avessi nei tempi passati (forse è il periodo della mia vita in cui ho maggior tempo libero), mi dedico qualche volta a delle letture. Mi sono imbattuto, quasi per caso, nei versi di un poeta dell'Arcadia, Antonio Rosi, il quale ha riassunto il quadro fattoci da Gerini. Sentite questi versi: "or del varcato mare appena si riposa la quaglia numerosa che accendesi d'amor, fiutando il can da lungi la segue, la raggiunge e con la zampa in aria fa cenno al cacciator". E' Gerni anticipato di due secoli da un poeta che aveva descritto nello stesso modo la scena del cane e della quaglia. Ebbene, sostituite alla quaglia uno degli altri uccelli indicati nell'art. 3 del disegno di legge n. 107 ed avrete di fronte la situazione che si ripresenterebbe se approvassimo questa disposizione.
Gli esperti mi dicono che del combattente in Piemonte non esiste nemmeno più una penna. Ho voluto verificare perché si chiama così: effettivamente nel momento degli amori questo uccello si camuffa con una specie di ghirlanda attorno al collo che si gonfia di penne di vari colori giallo, rosso, bianco, tali da costituire motivo di mimetismo naturale e combatte con incredibile virulenza.
Il passero d'Italia, definito nella relazione "specie particolarmente nociva alle coltivazioni" può essere sparato tutto l'inverno, non tenendo conto di come la natura tremendamente si vendichi.
Mao-Tse-Tung, pur senza avere scritto un' apposita norma nel suo libro dei pensieri, nel 1960, poiché gli uccelli danneggiavano gravissimamente i raccolti, credendo di eliminare l'inconveniente, dispose l'uccisione e lo sterminio di tutti questi animali. Che cosa ne è seguito? Ne è seguita una invasione di ratti, che hanno portato alla più spaventosa carestia che la Cina abbia conosciuto in questi ultimi tempi. E la Cina ha dovuto pertanto cercare nel mondo quanto le era venuto totalmente a mancare, pagando un prezzo notevole di vite umane e non soltanto di animali.
Da noi si uccidono i rapaci e aumentano le vipere. Non ce lo siamo mai chiesto perché aumentano le vipere? E non abbiamo fatto una legge di protezione per evitare questi inconvenienti? Ho detto questo per affermare che l'equilibrio biologico è un arcano misterioso, nel quale tanto meno l'uomo ci mette mano, tanto meglio é. Le vendette della natura, dirette o indirette, sono tremende. Il petrolio che minaccia i mari del Nord a Stavanger, dove si profila la più grande catastrofe ecologica di Europa, il tetraetile di piombo nel nostro mare Adriatico al largo delle Pugile, ne sono una chiara testimonianza ammonitrice. Se l'uomo che va sulla luna, ma quasi non sa guarire un banale raffreddore, riuscisse (come è auspicato in un interessante studio che Domenico Garbarino ha pubblicato in un libro edito dalla Provincia di Torino in materia di caccia) ad umiliare l'anima superba richiamandosi ai versi ispirati di Giovanni Cena, poeta della mia terra, sociologo di altissimo rilievo e forse più importante ancora come tale che non come poeta! Il problema attuale è limitato e non incide nella valutazione generale della caccia, ma finisce anche per essere un falso problema che interessa un numero ristretto di nembrottiani.
Pongo una domanda ancora: quanti sono in realtà in Piemonte i cacciatori in regola? Sono dei numeri vaganti, incerti, soggetti volta a volta ad amplificazioni o restringimenti, a seconda delle circostanze e delle convenienze che danno tuttavia luogo a un superbo pluralismo di associazioni che sono, val la pena di dirlo, trattandosi di associazioni venatorie, antagoniste le une nei confronti delle altre. Non intendo porre il dito nell'ingranaggio del complesso problema dell'industria della caccia, nata con l'uomo, e vecchia quanto l'altra più antica professione del mondo, per una ragione di difesa e di sostentamento, esercitata allora con la dava, la fionda e l'arco, ora con le armi, i mezzi e gli strumenti sempre più perfezionati e micidiali, persino con il cannocchiale ed il silenziatore, con dei cani preziosi e prestigiosi e selezionati per i quali, anzi, si chiede maggior tempo di addestramento in campagna, con una fauna che è rimasta quella che era, se non peggiorata come specie indebolita e invecchiata, sempre meno numerosa come preda, mentre l'uomo predatore aumenta costantemente all'insegna del motto "tanto se non lo uccido lo uccide un altro". Se su questo ci fermassimo un momento a meditare, ci renderemmo conto che non è problema soltanto di civiltà, ma è anche e profondamente problema di costume.
Si cercano delle giustificazioni: sport, tempo libero, contemplazione della natura, ma le fotografie non si sparano! Il carniere conta e vale molto di più che un album di fotografie. In realtà è un piacere, come tale è da considerarsi, e se dà anche delle soddisfazioni ancestrali è chiaro che poi si trasforma in passione. E sia. Ma le cacce invernali ora riproposte mi sanno tanto di passioni senili spregiudicate, che non si arrestano di fronte ad animali che trasmigrano, che volano, che passano diretti ad altri lidi, verso la gioia di nuove vite, colti in un momento di fiduciosa sosta ristoratrice che si fa trappola.
Non ascoltate soltanto me. Leggete quello che ha detto lo zoologo prof.
Parenti in proposito in una tavola rotonda promossa da un quotidiano torinese. Egli premette che parla come zoologo e non come la vecchietta passionalmente portata alla considerazione del piccolo uccellino che viene sterminato. Egli afferma categoricamente come zoologo che da un punto di vista tecnico il periodo della caccia primaverile è follia a tutti i livelli.
Ascolterò con interesse gli apporti che verranno dati da altri colleghi per quanto si è verificato, o si sta verificando, nelle zone dell'Astigiano, del Cuneese, del Novarese, dell' Alessandrino, anche se il problema, è evidente, non va visto settorialmente.
Non è un problema di bandire la caccia, grossa industria che coinvolge miliardi di lire, che coinvolge svariati e complessi interessi, dalla produzione e consumo di armi e munizioni, al vestiario, alle calzature, ai mezzi di locomozione, ai ristoratori, ai cinofili, con migliaia di persone occupate nel settore, non ultimi medici ed infermieri per curare gli impallinati, per tacere d'altro. Non si tratta nemmeno di addebitare alla caccia più colpe, o colpe esclusive, o maggiori di quelle che abbia, sotto il profilo dei danni ecologici e all'agricoltura, rimanendo chiaro che essa concorre con molteplici altri fattori, alcuni forse anche peggiori, che si verificano però sempre ad opera dell'uomo, a determinare i danni alla fauna insidiata dalla riduzione degli spazi per il cemento che avanza ovunque (in Piemonte le costruzioni di case comportano l'occupazione di spazi ancora liberi nella misura di 50 mila metri quadrati al giorno. Mi chiedo dove si vada a finire); inoltre, le autostrade, le strade provinciali, le strade regionali si moltiplicano (a questo proposito vi è un dato che può sembrare curioso ed è eloquente: attraverso una rilevazione fatta, il danese Lindanfansen nel 1957 ha stabilito che vittime della strada sono anche molti animali, lepri, ricci, rospi, piccoli mammiferi ed uccelli; di questi ultimi in Danimarca ne sono rimasti uccisi in quell'anno 194.200); poi le paludi che si prosciugano, gli inquinamenti atmosferici e industriali che si moltiplicano e aggravano la situazione, l'uso indiscriminato degli antiparassitari, dei diserbanti, l'impiego sfrenato ed incontrollato di mezzi chimici, le alterazioni ambientali che si accrescono e via dicendo tutto un coacervo di cause e di motivi che portano ai danni ecologici che denunciamo, ai quali però non si sottrae anche l'esercizio della caccia: quindi non la caccia soltanto; certo anch'essa concorre a cagionare dei danni.
Perché allora non imporsi la limitata attività venatoria invernale e primaverile? Perché non proseguire questo esperimento in attesa di poter accertare, in un arco di tempo congruo, frutti della limitazione? Che fretta c'é per precipitare delle decisioni, senza alcun plausibile motivo contro le buone ragioni che abbiamo addotto per non farlo? Il problema avrebbe una soluzione, quella dell'autodisciplina argomento che non interessa soltanto la categoria dei cacciatori: molte leggi potrebbero considerarsi superflue se i cittadini riuscissero ad autodisciplinarsi. Ma ove questo non si raggiunga, nemmeno in questo settore particolare e temporale, allora ci vuole la legge che ponga dei freni. Gli inglesi dicono che l'unica cosa che la legge non può fare è quella di mutare l'uomo in donna (forse ancora per qualche tempo, ma pu essere che i tempi modifichino anche questo).
Proviamo allora a dare con la legge un padrone alla caccia, perch cacciare liberamente vuol dire distruggere liberamente ciò che è di tutti che appartiene a tutti.
Mi riservo di intervenire su altri aspetti concreti, se si passa alla disamina dei vari articoli, non ultimo l'art. 19 sulle riserve che, così com'é formulato, è da considerare assolutamente illegittimo e non approvabile in un testo di legge. Non ho la minima esitazione a dichiarare che sono contrarissimo all'istituzione delle riserve a scopo di soddisfazione individualistica e a carattere di privilegio, concependo soltanto delle oasi di riproduzione e non delle riserve di questo genere.
Non dico in senso assoluto che si possa generalizzare il giudizio espresso da quel grande economista nostrano, Luigi Luzzati, in materia di imposte. Egli diceva che quando un'imposta era stata messa, era inutile nel senso che non era utile, sopprimerla e toglierla, tanto ormai c'era.
Con questo voglio affermare che anche una legge restrittiva sulla caccia posto che c'é, non deve essere soppressa: potrebbe sopprimersi se vi fossero le ragioni di sostegno per questa soppressione. Sono convinto che una legge non dannosa, anzi foriera di vantaggi già apprezzabili, non pu senza seri motivi, revocarsi, il che avverrebbe invece approvando così com'é stata proposta, la legge che si discute. Per questo, e pertanto ragionatamente e non sentimentalmente, esprimo il mio fermo, categorico dissenso alla legge che darebbe via libera ad un atteggiamento involutivo che non rientrerebbe in quel nuovo rapporto tra l'uomo e la natura che deve essere negli impegni di tutti, come lei, signor Presidente della Giunta opportunamente ha auspicato inaugurando martedì scorso a Torino l'Environnement 1977.
Accetto, per quanto mi riguarda, tale impegno.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, prima di dare la parola agli altri iscritti desidero dare notizia di un gravissimo fatto successo un'ora fa a Torino.
Si tratta di un nuovo gravissimo assassinio consumato nei confronti del Presidente dell'Ordine degli Avvocati, Fulvio Croce. E' stato avvicinato mentre rientrava a casa in Via Perrone ed è stato ucciso a colpi di pistola da due persone che risulterebbero un uomo e una donna. Gli hanno sparato contro alcuni colpi di pistola e sono quindi fuggiti su un'auto.
La mia proposta è che al termine della seduta i Capigruppo e la Giunta si riuniscano rapidamente per esaminare la portata del fatto in previsione di ciò che potrebbe succedere in occasione dell'appuntamento del primo maggio, caratterizzato da una grande affluenza dei lavoratori che da sempre, anche nei mo menti più difficili, hanno manifestato la loro partecipazione alla festa del lavoro e in considerazione del fatto che la nostra città sta diventando il centro di assassinii feroci, premeditati compiuti e portati a termine a colpo sicuro; questa situazione esige una presa di coscienza e misure relative. Non anticipo discussioni ed analisi il mio è un invito, in questo caso, a condensare gli interventi che ancora ci sono sulla legge della caccia, al fide di avere tempo sufficiente per esaminare, anche sulla base di nuove informazioni e notizie che il Commissario del Governo ci darà, le misure, le iniziative e gli atti da intraprendere.
E' iscritta a parlare la signora Castagnone Vaccarino. Ne ha facoltà.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

L'intervento del collega Oberto è stato talmente esaustivo e vitale che c'è un certo imbarazzo nel prendere la parola dopo di lui. Tuttavia credo che per quanto abbia affrontato la materia con ricchezza di argomenti, ci sia ancora qualche piccolo dato che non è stato toccato. Aderendo a tutto quanto egli ha detto intendo puntualizzare pochissime cose. Devo accennare al fatto che, da parte di molti colleghi di altre Regioni, mi è stata chiesta la legge sulla caccia, attualmente in vigore, con lettere che la dichiarano come la migliore fra quelle votate dalle varie Regioni d'Italia e sottolineando che non si capisce il motivo per il quale vogliamo mutarla in senso peggiorativo dal momento che è stata varata c ha avuto il plauso delle varie associazioni a favore della natura. Ma ci sono alcuni dati dei quali nessuno sinora ha parlato. Il Presidente della Giunta aveva accennato nella precedente seduta all'esistenza di 200.000 fucili in Piemonte e 100.000 fucili all'incirca provenienti da altre Regioni.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Sono 130.000 in Piemonte e 70/80 mila gli altri.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Riduco ben volentieri il numero e mi rallegro che siano di meno comunque 200.000 fucili all'incirca girano per il Piemonte a caccia di animali e non di persone, per uno sport che sembra essere diventato il prediletto. Sono un numero effettivamente spaventoso, soprattutto se si considera che hanno libera possibilità di percorrere tutto il territorio piemontese, che con altrettanto diritto dovrebbe essere percorso da tutti gli altri residenti del Piemonte senza il timore di essere ammazzati feriti e comunque senza lo spavento continuo degli scoppi a destra ed a manca che non si sa bene se i cacciatori indirizzino verso la loro giusta preda, oppure nei confronti dei pacifici cittadini che se ne vanno a passeggio.
La Regione Piemonte si è fatta promotrice, con il favore del nostro Gruppo, dell'istituzione di riserve e parchi naturali e non vorrei che quelle zone dovessero diventare, invece, una strana forma di prigione, per cui non sono gli animali che si rifugiano nei parchi naturali, ma gli uomini che non vogliono essere uccisi. A questo punto avremmo una specie di zoo-safari nel quale gli uomini che non amano il fucile vanno ad incontrarsi per non correre dei rischi. Facciamo attenzione quindi, perch abbiamo creduto di fare delle riserve per la fauna e invece rischiamo, di farle per gli uomini.
La seconda ragione è una delle tante che vengono indicate anche da parte delle famiglie dei cacciatori. Desidero rilevare questo fatto come donna Consigliere che non tira mai fuori la bandiera del femminismo, perch ritiene di essere rappresentante dr tutti coloro che l' hanno eletta uomini e donne, e non certo soltanto donne. I cacciatori hanno l' abitudine di curare e pulire soltanto il proprio fucile, e le loro mogli non sono interessate e felici nel pulire scarpe e maglioni. Capisco che è sempre ridicolo parlare di queste cose, molto ridicolo soprattutto quando gli uomini vanno a divertirsi e le donne lavorano, perché i mariti si possano divertire; è una cosa che fa ridere tutti, vero, gentili colleghi? Lo sappiamo benissimo.
Discorrendo in Commissione e nei corridoi, come sempre succede, ci si scambia spesso idee politiche. Le colleghe si sono sempre dimostrate non favorevoli ad un mutamento della legge sulla caccia. In questo caso le invito a dimostrare la loro libertà e la loro indipendenza, quale che sia il parere del Gruppo al quale esse appartengono.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Debenedetti, ne ha facoltà.



DEBENEDETTI Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare di dover osservare che l'atmosfera che regna in questa aula non è sicuramente tale da poter avvalorare quel detto di Giolitti, già ricordato più volte, che l'argomento della caccia possa mettere in crisi un Governo! ! Del resto la notizia che ci ha comunicato testè il Presidente. ci deve dare le dimensioni dei valori che devono essere tenuti presenti in questo drammatico momento.
Ma abbiamo anche il dovere per altro di affrontare la legislazione sulla caccia ed io vorrei subito anticipare qual è la posizione del Gruppo che rappresento. Non è certamente per voler strumentalizzare alcuni aspetti del problema, o perché la precedente legge è stata a suo tempo un travaglio personale mio o perché l'argomento della caccia si presterebbe facilmente a delle posizioni demagogiche che, come dicevo allora e ripeto oggi, non hanno alcun senso; mi pare però che sarebbe stato opportuno, prima di presentare questo disegno di legge, considerare adeguatamente alcune cose fondamentali. Mi riallaccio a quanto è stato detto molto egregiamente dall'avv. Oberto che sento il dovere di ringraziare a titolo personale per gli apprezzamenti avuti nei riguardi della fatica che abbiamo allora fatto.
Ci siamo dimenticati che la legge n. 21 quando è stata varata aveva per dichiarazione espressa una funzione di sperimentazione, per altro coraggiosa, avendo innovato decisamente in alcuni settori importanti e delicati, ma che era in funzione di attesa della legge quadro che definisse meglio la competenza e le attribuzioni della Regione.
Perché dico questo? Perché al di là di alcuni aspetti che possono essere definiti tecnici e marginali di modifica e di integrazione, ci sono dei problemi di fondo che vanno risolti o che potremo risolvere non adesso ma al momento dell'entrata in vigore della legge quadro. Mi riferisco alla figura dei Comitati Provinciali della caccia, argomento che ho già avuto occasione di trattare in Consiglio regionale e nella conferenza regionale sulla caccia: in quell'occasione avevo fatto una precisa proposta per la loro abolizione, proposta che è stata poi accettata da tutte le forze politiche. Il Comitato caccia non risponde politicamente del proprio operato, ed ha però dei compiti delicati: concessione, revoca e ampliamenti di riserve oltre all'amministrazione di centinaia di milioni dei proventi dei tesserini e dei contributi regionali per organizzare la vigilanza e il ripopolamento. Personalmente ho fatto delle amare esperienze perché spesso mi capitava di constatare la non corrispondenza della normativa e delle direttive regionali nell'operato dei Comitati caccia. Anche in ossequio a quanto dice la legge quadro passata in Commissione parlamentare, secondo cui le Regioni esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia mediante delega alle Province e alle Comunità montane, questa poteva essere un'occasione per innovare la legislazione vigente in materia e per riattribuire queste competenze ad organi elettivi che rispondono politicamente del loro operato. Non vorrei citare esempi di anomalie grossolane di alcuni Comitati caccia che andavano decisamente in contrasto con la direttiva regionale: desidero tuttavia ricordare il caso di un Comitato caccia che aveva "organizzato" in Liguria una vendita di tesserini regionali per la caccia nel Piemonte e al tempo stesso invocava la responsabilità della Regione . per l'afflusso nella nostra Regione dei cacciatori liguri. Perché facevano questo? Ovviamente perché erano allettati dagli incassi per la vendita dei tesserini. La memoria mi tradisce e non mi soccorre al punto di ricordare quando ciò è avvenuto.
Ecco: questo era già un tema estremamente importante e delicato per una revisione e ristrutturazione dell'esercizio venatorio in Piemonte. E ce ne sono altri; c'é per esempio la regolamentazione della caccia nella zona delle Alpi. La legge quadro, guarda caso, afferma espressamente che deve essere oggetto di una regolamentazione autonoma, mentre con la normativa che ci viene proposta si fanno delle grosse confusioni tra la zona faunistica delle Alpi con la zona di caccia in pianura; e lo vedremo all'art. 5.
Per quale ragione si è voluta questa nuova legge? Evidentemente per introdurre la caccia primaverile: era questa sostanzialmente la grossa innovazione. Su questo argomento non voglio tornare a ripetere quanto è già stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto: credo che la netta opposizione dell'opinione pubblica e della stampa abbiano messo la Giunta in condizioni di riflettere, di rimeditare questa iniziativa. Allora mi chiedo: se questa innovazione viene meno, vale la pena portare avanti oggi, alla vigilia dell'emanazione della legge quadro, una legge di modifica così come è stata proposta? Signor Presidente, lei che è un collega in professione, sicuramente afferra meglio di altri questo concetto: le leggi regionali per la maggior parte sono norme di contenuto meramente amministrativo, mentre poche contengono "norme di comportamento".
La legge sulla caccia contiene norme di comportamento, per cui le modifiche si devono apportare solo se esistono delle ragioni valide, ragioni che possono giustificare la modifica e l'aggiornamento, altrimenti si corre il rischio che, ad ogni cambio di Assessore, venga mutata una normativa, con grave disorientamento per i cittadini, per lo sfizio di sbizzarrirsi in una determinata materia. Ripeto, siamo nell'ambito di norme di comportamento per cui, a mio avviso, occorre molta prudenza. Queste cose le dico perch ci credo e non sicuramente per strumentalizzazioni politiche. Ebbi occasione di dire all'amico Bontempi, quando si parlava del nuovo modo di governare: "Dubito che ci sia un nuovo modo di governare; quello di cui sono certo è che in questo Consiglio regionale c'é un nuovo modo di fare l'opposizione o tante volte magari di non fare opposizione".
A questo punto vorrei invitare i Consiglieri a riflettere su alcuni aspetti di fondo prima di entrare nei dettagli.
Il Consigliere Oberto ha ricordato: "Si dice che certe scelte si debbono fare perché le fanno le altre Regioni". Questo discorso lo sentivo fare quattro anni fa, quando, ancor prima di varare la legge sulla caccia con un provvedimento di carattere straordinario, la Regione, appena avuti i poteri, aveva ritardato l'apertura della caccia; allora sembrava che quest'atto dovesse scardinare tutta la logica della regolamentazione dell'esercizio venatorio: poi, invece, abbiamo avuto la soddisfazione di constatare che su quel criterio le altre Regioni si sono allineate alle nostre scelte. Non solo: noi per primi avevamo vietato l'uccellagione avevamo proibito l'uso dei richiami vivi ed abbiamo poi avuto la soddisfazione di constatare che anche a livello nazionale questi principi stavano andando avanti,stavano prendendo corpo e sono stati poi recepiti nella legge quadro. Perciò non dobbiamo sic et simpliciter adeguare la nostra legislazione a quella delle altre, ma dobbiamo valutare le proposte migliori e se sono migliori quelle delle altre Regioni, in quel caso, e solo in quel caso, possiamo adeguarci volentieri.
Signori Consiglieri, il nostro Gruppo ritiene che si possa tranquillamente rinviare l'approvazione di questa legge, con una riflessione ulteriore, per verificare se i tempi ci consentono di studiare una legge più organica che affronti i temi che ho brevemente accennato e che meriterebbero di essere più ampiamente illustrati: attraverso opportune modifiche la Regione potrebbe avere direttamente la possibilità di incidere sulla politica venatoria. Credo che la proposta del nostro Gruppo sia responsabile ed è dettata anche dalla constatazione che questo disegno di legge, al di là del problema della caccia primaverile, sta sollevando com'é naturale, serie opposizioni e tende a riaccendere certe dispute e polemiche nel mondo venatorio che potevano ritenersi ormai superate.
Sia pure molto brevemente vorrei fare alcune considerazioni sui singoli articoli: l'art. 1 inizia con un'affermazione di carattere generale, presa dal testo unico della legge nazionale in vigore e riportata nella legge n.
21; continua affermando il principio che tutti i titolari di licenza di caccia possono essere ammessi a praticare l'esercizio venatorio a parità di diritti e di doveri; poi fa in sostanza una discriminazione tra cittadini residenti nella Regione Piemonte e quelli residenti in altre Regioni. Posso comprendere l'egoismo del cacciatore piemontese che si vede leso nel suo interesse se un cacciatore di un'altra Regione, lombardo o genovese, viene a caccia nel territorio del Piemonte (a parte il fenomeno della reciprocità). Siamo veramente certi che facciamo cosa giusta?



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Nessuno di noi va in Liguria!



DEBENEDETTI Mario

In Lombardia però vanno molti piemontesi proprio perché il Piemonte ha una legge più restrittiva! Se tutte le Regioni adottassero questo criterio porteremmo i cacciatori delle regioni faunisticamente più povere a sterminare qualsiasi specie di animali. E' giusto il criterio che la nostra Regione sta adottando sull'esempio della Regione Emilia- Romagna? E' giusta questa differenziazione tra cittadini? Il fenomeno della pressione venatoria si può controllare attraverso una normativa severa. In Provincia di Alessandria prima dell' entrata in vigore della legge regionale, in un anno si sono registrate 60 mila presenze; con l'entrata in vigore della legge regionale le presenze sono scese a 40/41 mila circa: questo sta a significare che con un tipo di normativa, senza discriminazione fra cittadini, si può contenere il fenomeno della pressione venatoria. Se le Regioni adottano criteri di differenziazione tra il cittadino appartenente ad una Regione rispetto a quello appartenente all'altra, verrebbe meno quella che è l'autentica funzione dell'istituto regionale! Allora, dal momento che il trattamento non è uguale per tutti, si tolga quanto meno il primo capoverso dove si dice che tutti i titolari di licenza di caccia possono essere ammessi a praticare l'esercizio venatorio a parità di diritti e doveri. Inoltre è stato modificato il rapporto nel riparto degli introiti; nella legge n. 21 si diceva che almeno il 50 % deve essere destinato alla sorveglianza: ora il 40 % è destinato alla vigilanza ed il 60 % al ripopolamento. Caro Moretti, non ho ancora capito la necessità impellente di modificare una legge regionale per correggerla in questi termini! ... A parte il fatto che personalmente ho sempre detto e ripetuto che in questo settore assume primaria importanza l'organizzazione della vigilanza e della sorveglianza, perché l' abuso dei cacciatori è proverbiale. Quindi la vigilanza e la sorveglianza devono essere potenziate al massimo.
Al Consigliere Menozzi dovrei precisare che è stata proprio la legge regionale n. 21 a introdurre per prima il principio del risarcimento dei danni alle culture.
All'art. 2 si introduce la modifica delle date dr apertura della caccia. Nella dizione della vecchia legge si diceva: "la prima domenica dopo il 10 settembre". E' bene che ricordi ai colleghi il motivo per il quale si è ricorsi a questa dizione. Esistono cacciatori che praticano la caccia alla migratoria: sono quegli stessi che hanno fatto pressione per far riaprire l'esercizio venatorio nei mesi invernali-primaverili. La caccia alla migratoria secondo la legge statale poteva essere praticata anche a fine estate, perché l'apertura generale della caccia avveniva l'ultima domenica di agosto. Avendo posticipato l'apertura generale della caccia con la legge n. 21, secondo gli andamenti stagionali difformi da un anno all'altro, in alcuni anni era ancora possibile verso la metà di settembre cacciare quelle specie di migratori. Ciò, secondo la nuova normativa proposta, non sarebbe oggi più possibile.
Ieri ho ricevuto un telegramma dell'Arcicaccia, che dice: "Il Comitato direttivo Arcicaccia, interpretando la volontà dei cacciatori, auspica modifica legge-caccia contenente apertura migratoria ultima domenica di agosto da appostamento temporaneo e selvaggina stanziale seconda domenica settembre escludendo mese marzo migratorio".
Posticipando la data di apertura generale, abolendo le cacce primaverili e invernali, se il cacciatore piemontese poteva avere pochi giorni a disposizione per cacciare qualche tortora (mi sembrava una soluzione bilanciata che andava incontro anche alle esigenze del mondo agricolo) ora non sarebbe più possibile. Ecco perché dicevo di essere prudenti nelle modifiche, perché con questo tipo di normativa si vanno a rifomentare certe polemiche che fortunatamente, a mio avviso, erano ormai sopite.
Il mondo dei cacciatori è particolarmente vivace e non sarà mai soddisfatto di qualsiasi tipo di norma che la Regione possa con tutta la sua buona volontà e con tutta la sua capacità proporre; ma non dobbiamo essere condizionati da certi tipi di critica. Caro Moretti, ho avuto l'onore delle cronache sui giornali, attacchi a non finire da parte di certi settori del mondo venatorio, ma i cacciatori vanno presi per quel che sono e non dobbiamo lasciarci condizionare oltre misura dalle loro rivendicazioni corporative. L'Assessore Moretti avrà certamente sperimentato che ogni associazione venatoria porta avanti la propria istanza.
Riflettiamo quindi sulla data di riapertura della caccia perch coinvolge, come dimostra il telegramma dell'Arci-caccia, il problema della caccia alla migratoria e l'apertura della caccia differenziata per la migratoria in agosto e per la stanziale magari in ottobre. Al secondo comma si dice "la caccia al cinghiale e consentita nella prima domenica di ottobre". Non riesco a capire perché si sia anticipata la data rispetto a quella indicata nel testo unico. In merito alla caccia al cinghiale, con la legge n. 21, non avevamo dettato alcuna norma, perché ritenevamo accettabile la norma del testo unico. L'Assessore mi spiegherà la ragione di questo anticipo.
All'art. 4 si dice poi: "è vietato uccidere e catturare qualsiasi specie di selvaggina prima di mezz'ora del sorgere del sole e dopo mezz'ora dal tramonto come definiti dall'Osservatorio di Brera". A mio avviso ci sono due ordini di problemi. Ricapitoliamo: la legge statale consentiva la caccia da un'ora prima del sorgere del sole a un'ora dopo il tramonto.
Perché con la legge n. 21 abbiamo ritenuto di ridurre questo orario giornaliero? Non certamente solo per sottrarre un'ora di caccia al cacciatore, ma per impedire la cosiddetta "caccia all'aspetto" che veniva praticata al buio, prima dell'alba, e che provocava un vero sterminio della stanziale. Che questa caccia possa essere considerata uno sport sfido chiunque a dimostrarlo! La ragione per la quale si era adottato il criterio di far riferimento al sorgere del sole era fondamentalmente questa, ma era anche una ragione di ordine pubblico perché quando è buio non è opportuno lasciar circolare i cacciatori e consentir loro di sparare: in questo momento non ho dati precisi, ma sappiamo tutti quanti incidenti avvenivano per la caccia praticata al buio. Vorrei quindi sapere il motivo del ripristino della caccia all'aspetto che era stata abolita con la legge n.
21.
Nella legge si dice: "mezz'ora prima del sorgere del sole come definiti dall'Osservatorio di Brera". Il cacciatore in questo caso deve circolare con i dati giornalieri (sappiamo tutti che l'alba si sposta di giorno in giorno e nel giro di un mese si ottiene una ragionevole differenziazione da un giorno all'altro) e bisogna allora stabilire preventivamente la mezz'ora prima del sorgere del sole, fatto obiettivo riscontrabile se i cacciatori circolano con i dati dell'Osservatorio di Brera. E' saggio e pratico tutto questo? Ricordo che come avvocato mi era capitato di difendere dei cacciatori contravvenuti per violazione del Testo Unico per aver anticipato l'esercizio della caccia; si discuteva in aula come determinare l'ora prima del sorgere del sole; il magistrato è stato costretto a prendere un calendario, verificare l'ora e poi, con diatribe a non finire tra guardiacaccia e cacciatori, rimanere in uno stato di incertezza assoluta perché è estremamente difficile la determinazione obiettiva con un parametro del genere. Ecco la ragione per cui con la legge n. 21 e d'accordo con le associazioni venatorie, avevamo ritenuto più pratico determinare con precisione l'orario.
Art. 5. Dice: "dalla data di apertura della stagione venatoria fino alla seconda domenica di ottobre su tutto il territorio della Regione Piemonte e dalla seconda domenica di febbraio fino all'ultima domenica di marzo sul territorio non compreso nella zona faunistica delle Alpi, la caccia può essere esercitata due giorni non consecutivi la settimana a scelta del cacciatore fra il martedì, giovedì, sabato e domenica". La determinazione dei giorni consecutivi per l'esercizio venatorio è stata materia di notevole riflessione. Da parte delle associazioni venatorie si era fatta presente l'esigenza di consentire sia il sabato che la domenica perché troppi lavoratori possono esercitare la caccia solo in quei giorni e non hanno assolutamente la possibilità di esercitarla in giorni infrasettimanali. Vogliamo veramente ottenere questo? Vogliamo far sì che al martedì ed al giovedì a caccia vadano solo i commercianti ed i liberi professionisti mentre chi lavora in fabbrica non possa beneficiare di due giorni? Che senso ha? Capisco che nella zona faunistica delle Alpi sia giusto e doveroso mettere il divieto di due giorni consecutivi, ma non lo capisco nelle zone di pianura.
Art. 6. Al secondo comma si dice: "storni fino un massimo di 20 ed esemplari di altre specie fino ad un massimo di dieci". Non capisco se si intende un massimo di dieci complessivo tra tutte le specie o se si intende un massimo di dieci per ogni singola specie, diversa dallo storno. Vorrei ricordare inoltre all'Assessore che il problema degli storni e dei passeri si risolve, secondo me, nel modo migliore e nel modo più razionale, facendo riferimento all'art. 24 del Testo Unico. Ecco perché non avevamo proposto una nuova normativa! Effettivamente in certe zone si può verificare un fenomeno di concentrazione eccessiva di storni e di passeri che danneggiano le colture agricole. Ma l'art. 24 del Testo Unico dà la facoltà al Presidente del Comitato caccia di intervenire caso per caso e cioè, se in una determinata zona si verifica il fenomeno di eccessiva concentrazione di storni, il Comitato caccia può autorizzare l'abbattimento straordinario anche nella stagione non venatoria, quindi anche in periodo di chiusura di caccia. Questo è evidentemente un meccanismo che garantisce nel modo migliore la protezione delle colture agricole. Quindi non riesco a capire la ragione di modificare la normativa preesistente.
Art. 7. Dice: "l'addestramento e l'allenamento dei cani da ferma e da seguito è consentito nei 30 giorni precedenti all'apertura generale della caccia al martedì, giovedì, sabato e domenica". Avevamo innovato in questa materia, rispetto alla legge dello Stato, introducendo l'autorizzazione all'addestramento dei cani segugi solo per l'ultima settimana, e c'era una ragione: abbiamo voluto trovare una forma di compromesso per soddisfare alcune esigenze di cacciatori che praticano la caccia con segugio e avevamo limitato all'ultima settimana il periodo di addestramento, per impedire gravi danni sia alla selvaggina sia alle colture agricole. Vorrei chiedere perché si ritiene di ampliare il limite di addestramento che era previsto dalla legge n. 21.
Art. 20. E' stato ripreso nella nostra legge da un' articolo quasi sconosciuto e mai applicato del Testo Unico della caccia ed attraverso il quale abbiamo potuto posticipare la data di apertura della caccia, proibire la caccia a determinate specie di animali ancor prima dell'entrata in vigore della legge n. 21. Ora si vuole modificare il tutto nel senso di consentire alla Regione, con interventi di carattere amministrativo, di autorizzare "la cattura di selvaggina" nelle zone di "rifugio" venatorio.
Si viene ad alterare così tutta la logica della normativa nel suo complesso; in base alla legislazione statale, ci sono le casi e le zone di ripopolamento e cattura; avevamo realizzato in aggiunta le zone di rifugio con provvedimento amministrativo, con la finalità di costituire un rifugio per la selvaggina dove è vietato sia l'esercizio della caccia sia la cattura. Per il ripopolamento c'è la norma dell'art. 52 che prevede, con determinate forme e garanzie anche per il proprietario dei terreni l'istituzione di zone di ripopolamento e cattura da parte delle Amministrazioni provinciali. C'é tutta una formalità che giustamente il legislatore ha previsto per la tutela degli interessi dei proprietari dei fondi. Introdurre la possibilità di catturare, in queste zone, la selvaggina, é, secondo me, un errore logico oltre che pratico che sconvolge tutto l'organigramma. Ho detto in apertura che la posizione del mio Gruppo non vuole essere di polemica, ma vuole avere un significato costruttivo.
Abbiamo fatto alcune osservazioni che ci avvalorano nella proposta che avevo enunciato all'inizio. Invito la maggioranza a soprassedere alla votazione di questa legge. Avremo presto la possibilità di rimeditare tutta la materia in modo più organico, più approfondito, più incisivo dopo l'emanazione della legge quadro. Non ci sono motivi di particolare urgenza per varare una normativa che, a nostro avviso come è già stato detto da altre parti, anziché migliorare, finisce per peggiorare la situazione precedente.


Argomento: Varie

Sul brutale assassinio del Presidente dell'Ordine degli avvocati, Fulvio Croce


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, ho ancora sei iscritti a parlare, ma desidererei dare questa comunicazione rispetto al fatto che è successo oggi, perché non ravviso l'opportunità di attendere la fine della discussione. I Gruppi se sono d'accordo sulla comunicazione potranno fare proposte.
Il nuovo sanguinoso episodio di terrorismo politico verificatosi oggi a Torino con il brutale assassinio del Presidente dell'Ordine degli avvocati Fulvio Croce, è l'ultimo tragico anello di una serie di attentati che hanno colpito la nostra città. Trenta attentati ed aggressioni sono avvenuti nell'ultimo mese in Torino e Piemonte, dall'uccisione del Brigadiere Ciotta agli attentati con bombe incendiarie a sedi di partiti, associazioni all'aggressione del Consigliere comunale Dante Notaristefano per giungere all'ultimo fatto avvenuto oggi. Tutto ciò indica che Torino sta divenendo un nuovo epicentro di quella nuova particolare forma di terrorismo estremamente grave e preoccupante anche per la particolare odiosità e vigliaccheria che la contraddistingue. Essa si rivolge contro cittadini che altra colpa non hanno che quella di rivestire cariche pubbliche o di svolgere determinate funzioni. Di fronte a tale gravissima situazione, il Consiglio e la Giunta regionale propongono per domani venerdì 29 aprile alle ore 12 un incontro della Presidenza del Comitato d'intesa delle autonomie locali con gli organi dello Stato preposti alla tutela dell'ordine pubblico, Prefetto, Questore e Magistratura per esaminare la grave situazione dell'ordine pubblico nella città di Torino e concordare insieme le misure che si reputeranno necessarie. Dopo di che accetto suggerimenti e proposte per l'andamento dei lavori.
Per la legge sulla caccia ha chiesto di parlare il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, dopo quanto lei ha detto, ritengo di chiedere ai colleghi del Consiglio di sospendere l'esame di questo provvedimento. In un momento in cui si sta sparando agli uomini, con le qualifiche e le qualità che questi hanno, per voler colpire le istituzioni, non ritengo opportuno occuparci ulteriormente di sparatorie ad animali. Il momento merita un approfondimento e un dibattito politico, affinché domani alle ore 12 si possa affrontare il tema nella contestualità di tutti gli organi e dei poteri decisionali.
Il mio può sembrare un discorso di corporazione, perché è stato colpito il Presidente dell'Ordine in cui esercito. Il collegamento che il Presidente ha fatto sugli ultimi tre avvenimenti, di Notaristefano, del caposquadra Fiat, del Presidente dell'Ordine degli avvocati, del Brigadiere Ciotta in precedenza, dà il quadro e la mappa del terrore che si vuole creare nel Paese. Indipendentemente dai legami personali che molti di noi in questa sala hanno con la persona e sui quali non si può minimamente, dal momento che esercitiamo funzioni pubbliche, indulgere a qualche cosa di più sentimentale, ritengo che proseguire con ulteriori dibattiti su questa legge è ridicolizzare la legge stessa, ma specialmente è non dare a questo avvenimento quell'importanza che la dichiarazione fatta sta dando e che merita tutto il consenso delle forze politiche.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, la proposta formulata dal collega Rossotto ci trova pienamente consenzienti, però di fronte al gravissimo episodio di oggi dobbiamo anche meditare alcune cose. E' vero quanto ha detto il Presidente del Consiglio regionale che la nostra città per lunghi mesi e stata fuori dalla strategia eversiva, oggi invece ne è investita in pieno.
Dal 1976 ad oggi sono avvenuti 71 omicidi, 140 tentati omicidi e tra il 1976 ed il 1977 si sono verificati 8 sequestri di persona, 800 rapine tra proprie ed improprie, rileviamo cioè che la comunità regionale piemontese oggi è al centro di episodi eversivi.
Che cosa dobbiamo fare di fronte a questa situazione? Più volte abbiamo usato termini di condanna in riunioni importanti delle istituzioni piemontesi a Palazzo Madama, eppure rileviamo che questa strategia non accenna a finire, anzi ne esce rinvigorita.
Allora dobbiamo uscire in prima persona, non dobbiamo avere nessun timore, dobbiamo essere il punto di riferimento della comunità regionale piemontese, dobbiamo cioè condannare senza mezzi termini, senza alcun dubbio dire che sono assassini e come tali vanno giudicati. Possiamo fare riferimento esclusivamente al momento della guerra di Liberazione allorch avevamo conosciuto episodi di analoga ferocia.
Detto questo, dobbiamo anche rilevare che coloro i quali oggi hanno commesso questo terribile fatto, questo inqualificabile episodio sono probabilmente gli stessi che l'altro giorno hanno attentato alla vita del Consigliere comunale Dante Notaristefano. Vi è quindi un filo conduttore che tende, nel momento in cui si va incontro ad un giudizio che verificherà gravissime responsabilità verso la società democratica, ad indirizzare la tensione e la strategia in quella direzione. Sono perfettamente consenziente con la proposta del Presidente Sanlorenzo e del Consigliere Rossotto, ma dobbiamo porre l'accento e l'attenzione che la strategia della tensione tende anche ad impedire che le istituzioni funzionino. Dobbiamo dare una risposta unitaria; il governo regionale è disponibile compiutamente a questo ulteriore passo perché l'unità veda la difesa di tutti i valori democratici, ma dobbiamo anche prendere coscienza che la strategia tende a non fare funzionare le istituzioni, a creare uno stato perenne di tensione ed impedire che la società civile proceda.
La strategia è partita nei lontani anni '68/'69 dal Veneto, si è spostata poi nella Lombardia, nel Lazio ed in altre Regioni; oggi è presente massicciamente nella nostra comunità.
Il governo regionale dichiara di assumere ogni responsabilità al riguardo, di esserne il punto di riferimento, intende quindi proporre alle forze politiche che non si sospenda ogni attività ed ogni azione, in modo che le istituzioni, il Consiglio regionale e la Giunta regionale, in ogni momento, diano una risposta operativa che tenga conto dei reali bisogni della società di fronte a questa tensione che vuole impedirne il funzionamento, dia invece una risposta di segno contrario, di efficienza di rigore, di ulteriore prosecuzione dell'azione.



PRESIDENTE

Ci sono altre dichiarazioni? La parola al Consigliere Oberto.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, tra le carte degli appunti che mi ero preparato per l'intervento che ho testé svolto collocherò questo foglio che mi è stato passato mentre stavo parlando, dal collega ed amico Rossotto: "Hanno assassinato l'avv. Fulvio Croce sulle scale di casa sua".
I colleghi avranno notato un momento di imbarazzo e di sosta nella mia esposizione; il mio primo impulso è stato quello di sedermi e di dire "un fatto grosso è avvenuto, estremamente importante rispetto a quello che è l'argomento che stiamo trattando e discutendo"; poi ho rapidamente mandato giù questa impressione ed ho continuato ad esprimere quelli che erano i miei pensieri ed i miei concetti. Sono d'accordo con quanto è stato detto dal Presidente del Consiglio e dal Presidente della Giunta. Oggi è facile consentire su questa linea, meno facile era due o tre anni addietro, quando in pochi si denunciava un pericolo latente, affermando che sarebbe esploso e ci sarebbero sfuggite di mano quelle che erano le possibilità di arresto se veramente fossero state messe in attuazione determinate linee che il Consiglio regionale del Piemonte ha costantemente manifestato. La violenza da qualunque parte venga è da condannare sempre. Ma non dobbiamo accontentarci di queste espressioni, non servono a nulla, sono sterili.
Siamo stanchi anche di ripetere le parole di condanna e di esecrazione che accompagnano la partecipazione al dolore, alla sofferenza ed alla pena di coloro che ne sono toccati. Purtroppo siamo impotenti a camminare su una strada che elimini questi rischi, questi pericoli, queste realtà. Fulvio Croce, mio coetaneo, mio conterraneo, Sindaco per molti anni di Castelnuovo Nigra, cittadino integro, amministratore pulitissimo, è stato un avvocato di una modicità e di un'onestà senza confronti, un uomo radicato alle sue concezioni ideologiche, l'uomo più pacifico di questo mondo anche se, mi si consenta questa parentesi che non vuol significare assolutamente irriverenza, andava anche lui in giro con la doppietta essendo un cacciatore appassionato, ma un cacciatore degno/ con la "C" maiuscola.
Nessuno più di me forse in quest'aula può sentire, per i molteplici rapporti di comunanza anche territoriale che abbiamo avuto, lo strazio che accompagna in questo momento l'anziana signora e i familiari. Non per dissociarmi dalle proposte fatte, ma mi chiedo: se Fulvio Croce fosse qui amerebbe che dessimo in un certo senso ragione a coloro che vanno contro le istituzioni, accettando in questo momento l'ipotesi di una sospensione dei lavori e quindi una riduzione dell'esercizio dell'attività dell'istituzione? Non sarebbe piuttosto dell'opinione di continuare, come sanno fare i grandi artisti, che se ricevono la notizia della morte di un congiunto mentre stanno lavorando, si voltano e dicono: "si va innanzi e si lavora ancora".? E' una considerazione che propongo alla vostra attenzione.
Noi rinvieremmo un'altra volta la legge, riprenderemmo il discorso giovedì venturo o fra 15 giorni, salvo che vi siano determinazioni diverse da parte della Giunta che rendano inutile il discorso, ma, questa sera, di fronte all'atto di violenza compiuto, non diciamo soltanto una parola di cordoglio, ma mettiamo l'istituzione in condizione di non potere funzionare. Giudichi la Giunta. La mia proposta è che si riuniscano i Capigruppo, che pacatamente esaminino la situazione e che il Consiglio si adegui alle determinazioni successive sul proseguimento dei lavori o sull'interruzione della seduta.



PRESIDENTE

Se questa proposta fosse accolta potremmo immediatamente procedere secondo il metodo suggerito.
La parola al Consigliere Cardinali che l'aveva chiesta.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, intervengo non certo per formalizzarmi sulle proposte o per aggiungere l'esecrazione mia e a nome del mio Gruppo per un avvenimento tragico che colpisce una persona che non avevo la fortuna, il piacere e l'onore di conoscere. Credo che la proposta avanzata dal Consigliere Rossotto risponda ad una considerazione di altro genere che non sia quella di dare o meno una risposta all'avvenimento così come si è verificato; si tratta di prendere atto in maniera energica, oltre che addolorata e impegnata, di un avvenimento per il quale si esprime l'esecrazione attraverso la sospensione della nostra seduta, è un atto che faremmo in considerazione delle persone che sono colpite. Ma credo che si debba sottolineare proprio ciò che il collega Oberto ha già evidenziato, e cioè il nostro stato d'impotenza che non nasce dal fatto che siamo in una situazione che non ha eguali nel settore dell'ordine pubblico, bensì nasce dal fatto che in circostanze come queste non sappiamo incanalare in un fine pratico e coerente l'emozione che ci prende e il desiderio che tutto ci finisca. La riunione, di cui ha anticipato notizia il Presidente Sanlorenzo, ha certamente il significato che la Regione Piemonte, che raggruppa tutta la rappresentanza della popolazione piemontese, si fa portatrice di un'iniziativa tesa ad incidere nel settore a cui in realtà compete realizzare la risoluzione di questi problemi. Credo che realmente contribuiamo a risolvere il problema non soltanto dando agli organi preposti all'ordine pubblico l'incitamento e la solidarietà, ma soprattutto dimostrando che c'è un apporto unitario delle forze politiche. Ci troviamo di fronte ad una serie di fatti che potrebbero richiamare certe trame contro lo Stato e contro le istituzioni lette da ragazzi nei libri gialli di Edgar Wallace. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui la compostezza è il primo requisito che ci dobbiamo imporre e che deve spingerci a dare il nostro appoggio incondizionato a quei settori che già conducono la loro azione ma che dobbiamo valorizzare attraverso la fiducia completa e l'appoggio che possiamo dare come istituzione.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parola il Consigliere Rossotto.



ROSSOTTO Carlo Felice

Signor Presidente, ritengo necessario ritornare sulla mia proposta in rapporto a quanto ha detto l'amico e collega avv. Oberto. Per essere stato nello studio dell'avv. Croce, dal 1953 al 1961, per aver imparato da lui ad affrontare la vita, penso che indubbiamente egli direbbe adesso che dobbiamo fare il nostro dovere. Di fronte al fatto avvenuto che si ricollega ad un processo imminente, ritenevo, invece di dibattere la legge sulla caccia, che fosse opportuno dibattere questo episodio. Ho sentito l'avv. Oberto dire giustamente che si poteva evitare la morte dell'avv.
Croce, come la morte di Ciotta e di tanti altri, se nei tempi passati si fosse fatto qualche cosa di diverso. Sarebbe forse opportuno che incominciassimo a dirci con chiarezza che cosa si doveva fare nel passato si tratterà di riconoscere le responsabilità di tutti, anche le mie responsabilità,estreme, totali, complete. Nei tempi passati, l'abbiamo ricordato stamattina commemorando Gramsci, abbiamo avuto momenti bui per l'Italia e per l'Europa.
Il mio invito non era di uscire tutti e di andare via, ma di dibattere in termini politici il tema, quindi di sospendere l'esame di un disegno di legge, estremamente importante, ma in questo momento è estremamente importante affrontare in termini politici un tema più drammatico che si ricollega ad un uomo che nell' esercizio delle sue funzioni massime, per non essere venuto meno al suo dovere, ha indicato dei colleghi a difendere degli imputati. Considerando questo, credo che oggi, rispettando la memoria dell'avv. Croce, sia molto più pregnante dibattere questi problemi per arrivare domani preparati a dare un ausilio e un appoggio a coloro che hanno responsabilità dirette nella gestione dell'ordine pubblico e perch si sappiano dire cose concrete al fine di far capire a qualcuno che la morte dei singoli non può arrestare un processo che coinvolge tutti, perch la democrazia è qualcosa che può colpire i singoli, ma vive soltanto per la volontà di tutti.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il richiamo a quelle che avrebbero potuto essere le intenzioni e le volontà dell'avv. Croce, cioè di fare il nostro dovere, ritengo sia giusto nel senso che certamente il nostro dovere come istituzione in questo momento è quello di lavorare, di stare ancora riuniti, di discutere.
Ritengo però che in questo grave momento in cui lo sgomento coglie molti di noi, a livello personale come amici, come colleghi, dell'avv. Croce, ma coglie tutti come responsabili della cosa pubblica e come cittadini democratici, il nostro dovere è quello soprattutto di dare all'opinione pubblica l'immagine reale delle istituzioni. Concordo pienamente con quanto ha detto il Presidente Viglione non solo sull'impegno che ha assunto a nome del governo regionale, ma sull'invito che ha rivolto a tutte le forze politiche del Consiglio per assumere in pieno le responsabilità, al fine di operare in clima di unità di fronte a questo momento che colpisce il Paese ma che sta colpendo in maniera particolare la città di Torino. Credo che debba anche essere accolta la richiesta di sospensione dell'avv. Oberto, ma senza rinunziare a quanto si potrà dire nel prosieguo del dibattito.
Giustamente dice il Consigliere Cardinali che le istituzioni sono gli oggetti principali dell'attacco in quanto interpreti di un processo di trasformazione profondo della società e dell'economia. Ebbene, occorre affermare con forza, con grande spirito di dignità e con molta serenità che le istituzioni di fronte a questi fatti non reagiscono come a fatti di routine, come a fatti cui purtroppo siamo abituati, ma come a fatti gravi che vanno stigmatizzati e condannati, fatti che devono avere la risposta pronta in termini di impegno sui compiti d'istituto. Rappresentiamo la gente, siamo stati eletti nelle istituzioni e la gente chiede soprattutto alle istituzioni di cogliere la gravità di questo momento. La risposta sta nella forza della democrazia e nel modo con cui la sappiamo far concretamente operare.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parlare il Consigliere Bellomo.



BELLOMO Emilio

A nome del Gruppo socialista desidero dire che l'orientamento preso dal Consiglio davanti alla proposta del Presidente mi pare chiaro.
Non era stonata la proposta fatta dal collega Oberto, e cioè che si risponde unitariamente anche lavorando sul piano istituzionale. E' anche questa una forma per contrastare l'escalation che ci sta sorprendendo.
Prepariamoci ad andare domani all'incontro con gli altri preposti alla tutela dell'ordine pubblico e portiamo una decisione definitiva. Il collega Cardinali ha messo il dito sulla piaga dicendo che è amaro constatare la nostra impotenza davanti al moltiplicarsi di questi atti delittuosi e criminosi e mi pare di aver capito che nel fondo della sua osservazione ci sia la domanda: "Cosa facciamo? Cosa dobbiamo opporre? In che maniera dobbiamo schierarci? Dobbiamo sottometterci a questa forma di violenza che ha trovato il suo epicentro a Torino e che ci spaventa e che ci sorprende?". Andiamo pure in questa direzione, andiamo a rappresentare come dice giustamente Bontempi, la volontà pacifista, tranquilla delle popolazioni piemontesi e andiamo a dire con tutte le iniziative che la Giunta e che ognuno di noi può trovare, può immaginare, può inventare in questo momento, che siamo veramente stufi di trovarci qui a commemorare ogni settimana un morto che cade sulle piazze e nelle strade di Torino.



PRESIDENTE

Anche questo mi pare saggio. Vi sono altre richieste di parola? Il Consigliere Marchini ha facoltà di parlare.



MARCHINI Sergio

Avvertiamo tutti la necessità di prendere una posizione in armonia con quelle prese precedentemente, ma in qualche forma diversa. Come intervenire non sappiamo, per lo meno non ci identifichiamo tutti proprio perché ognuno di noi cerca di atteggiarsi in un comportamento che evidentemente non viene né da scuola di partito né da esperienze precedenti.
Non si può rilevare che non si tratta soltanto di attacco alle istituzioni (l'attacco alle istituzioni bene o male è un fatto politico che ha dietro di sé tutta una serie di motivazioni discutibili o non discutibili, opinabili o non opinabili), ma si tratta di un attacco ad una professione come la nostra (e lo diciamo non per spirito di partigianeria ma per cercare di scavare nella realtà umana) e a ciò che si trova dietro la professione. Mi torna alla mente una frase di un collega che non è più e che ha scritto più o meno così: "Quando un uomo si è alzato a difesa di un altro uomo, con la forza della ragione e la chiarezza della parola, è nate l'avvocato". Uccidere il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati non è solo un fatto politico, ma è un rifiuto del consorzio umano da parte di questa umanità derelitta.
Ognuno di noi nella vita si troverà ad aver bisogno di un medico, di un avvocato, di un sacerdote, di un amico. Il sacerdote non potrà fare forse molto (non so, perché non ho sufficiente fede), il medico il più delle volte non fa che il certificato di morte" l'avvocato non può che dare fiducia e speranza su qualche cosa che poi forse non si realizzerà; ma quando gli uomini rifiutano e non rispondono a questa naturale esigenza di collegamento con altri uomini, vuol dire che la collettività è arrivata ad un punto dove non esiste più nulla, Spinoza direbbe che siamo tornati allo stato di homo homini lupus.
La legge sulla caccia è importantissima, la nostra attività quotidiana è importantissima, però dobbiamo per un momento fermarci e dire "siamo qui per fare politica anzitutto, dobbiamo sentirci impegnati tutti come individui, come politici, a ricostruire una società, a ricostruire dei valori, a ricostruire noi stessi". In questo senso il richiamo di Rossotto deve essere accolto, al di là della preoccupazione dell'avv. Oberto che mi trova assolutamente consenziente. Probabilmente l'avv. Croce direbbe che il nostro lavoro è di promuovere leggi, di continuare a fare la legge, però in questo momento, proprio sull'esperienza, abbiamo una funzione diversa, non diciamo superiore perché nessuno di noi può dire quale sia più importante ma certamente diversa: dobbiamo riflettere sull'umanità di questo nostro Paese che non riconosce più i vincoli minimi nati nella storia prima ancora che esistessero strutture sociali evolute, prima ancora che ci fossero regole e tensioni sociali.
La predisposizione di ognuno di noi di assistere il nostro prossimo con la mente, con la conoscenza, con gli affetti, è la solidarietà umana, è il modo di vivere umano, è il gregge umano che vive di queste regole. Se queste regole vengono meno, vuol dire che il nostro lavoro deve ripartire da molto lontano. Un momento di riflessione su questo argomento va fatto che duri cinque minuti o un'ora o due giorni, non ha importanza.



PRESIDENTE

La parola alla Signora Castagnone Vaccarino.



CASTAGNONE VACCARINO Aurelia

Chiedo la parola per unire il cordoglio del Gruppo repubblicano a quello di tutti gli altri Gruppi.
Nel momento in cui vengono colpiti la Magistratura, i collegi difensivi, quindi gli avvocati e la classe politica, questo significa che vi è un disegno che non ha bisogno di più ampie indicazioni. Il nostro primo dovere non è tanto di proseguire in questo momento l'esame dell' una o dell'altra legge, ma è di chiederci come si salvano le istituzioni e perché le istituzioni sono colpite in questo momento.
Noi,che siamo anche custodi delle istituzioni,siamo chiamati a questo primo compito.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre dichiarazioni proporrei di non considerare chiusa la seduta consiliare, ma di convocare immediatamente i Capigruppo per una breve riunione inerente alla proposta avanzata e di tornare in aula per informare i Consiglieri dell'esito della riunione e delle decisioni che saranno prese in quella sede.



(La seduta, sospesa alle ore 18.00 riprende alle ore 18,30)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, vi è stato un rapido scambio di opinioni al termine del quale si è convenuto sull'opportunità dell'incontro con le varie parti dello Stato chiamate alla difesa dell'ordine democratico e repubblicano. Ho proposto che l'incontro si tenga domani alle ore 12 concorderemo comunque ora e sede.
Lo scopo è di verificare ciò che si potrà e dovrà fare, ciò che tutti dovranno fare per prevenire, reprimere, individuare ed arrestare i responsabili delle provocazioni, degli assassini, degli eccidi che stanno contras segnando questa fase della vita politica italiana, ma in modo particolare per individuare le misure da prendere circa l'escalation che in generale conosce la nostra Regione, ma in modo più specifico la città di Torino anche in relazione agli appuntamenti prossimi del primo e del 3 maggio contrassegnati da eventi che potrebbero in qualche misura essere presi a pretesto o ad occasione di ancora più gravi provocazioni e fatti. Questa è stata la decisione per quanto concerne la prosecuzione dei nostri lavori.
La decisione è stata altresì di convocare il Consiglio giovedì venturo per continuare la discussione, votare la legge e prendere in esame gli altri punti dell'ordine del giorno.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,35)



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