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Dettaglio seduta n.102 del 03/03/77 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta. I Consiglieri hanno ricevuto i verbali delle precedenti sedute. Se non vi sono osservazioni possiamo considerarli approvati.


Argomento:

Interpellanze ed interrogazioni


PRESIDENTE

Per quel che riguarda il punto secondo: "Interpellanze ed interrogazioni", poiché non sono presenti in questo momento i Consiglieri interroganti e gli Assessori che dovrebbero rispondere, passiamo al punto successivo dell'ordine del giorno.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente


PRESIDENTE

Il punto terzo all'ordine del giorno reca: "Comunicazioni del Presidente"


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri: Astengo, Bianchi, Castagnone Vaccarino, Debenedetti, Furnari e Rosci.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: Proposta di legge n. 181: "Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 24/4/1974, n. 12 'Istituzione dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte (E.S.A.P.)' in attuazione della legge 30/4/1976, n. 386" presentata dai Consiglieri Besate, Bontempi, Gastaldi, Bellomo, Rossotto e Cardinali in data 22 febbraio 1977 Proposta di legge n. 182: "Istituzione della Consulta regionale dell'emigrazione e provvedimenti a favore dei lavoratori e delle loro famiglie", presentata dal Consigliere Carazzoni in data 25 febbraio 1977 Proposta di legge n. 183: "Formazione dei piani zonali di sviluppo agricolo", presentata dai Consiglieri Bertorello, Chiabrando, Franzi Lombardi e Menozzi in data 25 febbraio 1977 Disegno di legge n. 184: "Inquadramento nel ruolo regionale del personale trasferito alla Regione Piemonte dalla ex Gioventù Italiana, in base all'art. 3 della legge 18 novembre 1975, n. 764", presentato dalla Giunta regionale in data 1 marzo 1977 Disegno di legge n. 185: "Inquadramento nel ruolo regionale del personale trasferito alla Regione Piemonte dall'Isscal - Istituto per il servizio sociale case per i lavoratori - e dall'Ises - Istituto per lo sviluppo dell'edilizia sociale - in base al D.P.R. 30/12/1972, n. 1036", presentato dalla Giunta regionale in data 1 marzo 1977 Disegno di legge n. 186: "Miglioramenti economici in attesa dell'applicazione dell'accordo contrattuale nazionale ai dipendenti regionali", presentato dalla Giunta regionale in data 1 marzo 1977.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni dell'Assessore Alasia sulle vertenze Montefibre, Singer Venchi Unica e Gruppo Egam e sull'iniziativa concordata con la Regione Valle d'Aosta, gli Enti locali interessati e le organizzazioni sindacali per lunedì 7 marzo 1977


PRESIDENTE

La parola all'Assessore Alasia per una comunicazione sulle vertenze occupazionali in atto.



ALASIA Giovanni, Assessore ai problemi del lavoro

Signori Consiglieri, la Giunta ha indetto per lunedì 7 marzo, in accordo con la Regione Valle d'Aosta, con 26 Comuni della nostra Regione con due Comuni della Valle d'Aosta, nonché con la Federazione Cgil, Cisl Uil, una riunione per fare il punto su quattro situazioni particolarmente gravi e difficili e che hanno riflessi pesanti per la nostra economia: la Montefibre, la Singer, la Venchi Unica, e l'Egam.
Riteniamo doveroso, prima di andare a questo appuntamento, sottoporre al Consiglio gli elementi essenziali di informazione e le valutazioni così come risultano alla Giunta a tutt'oggi. Su ognuna di queste quattro situazioni abbiamo sempre e tempestivamente fornito notizie in relazione all'evoluzione delle singole situazioni e agli impegni che la Giunta via via ha assunto. Questo mi consente di limitarmi ad aggiornare le questioni in relazione ai più recenti sviluppi. Con questa iniziativa non ci proponiamo nulla di spettacolare, dico solo, tanto per parlar chiaro, che nessuno ha il diritto di fingere di non capire le cose su queste questioni.
La Regione non è il Ministero dell'industria né quello del lavoro, eppure ha dispiegato un impegno notevole sollecitato da Comuni dalle diverse composizioni e da decine di consigli di fabbrica. Al nostro impegno, per si è contrapposta la latitanza degli imprenditori e una scarsa rispondenza governativa. Lo diciamo esplicitamente perché ci troviamo di fronte ad alcuni nodi politici che il Governo deve sciogliere. L'Assessore Simonelli concludendo il dibattito sul Piano di sviluppo, ricordava il nostro ruolo in materia di politica industriale.
Ebbene, al Ministro dell'industria, che contesta alla Regione il suo intervento in materia di politica industriale, rispondiamo che nessuno di noi pensa di surrogarsi al ruolo del Governo, non foss'altro che per una ragione concreta, e cioè che questi problemi hanno dimensione superegionale, quando addirittura non è supernazionale; basti pensare ai progetti delle fibre che richiedono una programmazione e un coordinamento che vanno ben al di la della scala regionale. Detto questo, chiediamo di poter esprimere i nostri orientamenti e di avere il diritto di confrontarli non vivendo per settimane e mesi in attesa di risposte a telegrammi e a ordini del giorno. La Regione ha fatto la sua parte e l'ha documentata settimana dopo settimana; chiede, dunque, al Governo di fare la sua.
Il 20 dicembre abbiamo rimesso un memoriale dettagliato con piani di attività sostitutive della Montefibre. Nessuno ha risposto. Ora leggiamo sui giornali che avremo migliaia di licenziamenti. Attendiamo, dal 5 gennaio, che compaiano i signori della conglomerata americana che ha acquistato il pacchetto di maggioranza della Venchi Unica, ma nessuno si è presentato e nessuno ha chiesto scusa se stiamo ancora aspettando (pare che ci siano stati mezzi colloqui con i Ministri e che le informazioni fornite dal Governo siano state negative, ma nessuno ce lo ha detto ufficialmente).
Datemi atto che quando si è trattato di riconoscere l'azione del Ministro per comporre la soluzione ponte della Venchi, lo abbiamo fatto senza reticenze, in quest'aula e fuori, con comunicati anche nelle fabbriche. Al Sottosegretario Carta abbiamo voluto attestare per iscritto il nostro riconoscimento per il suo impegno. Siamo dunque autorizzati a muovere le critiche quando sono giustificate, senza che si ricerchi in questo l'ombra di chissà quale disegno politico. Certo, sono situazioni con caratteri differenti per il settore merceologico a cui appartengono, per il gruppo in cui operano, per le dimensioni che hanno, per la natura pubblica o privata, per gli interessi nazionali o stranieri in esse presenti.
Dobbiamo renderci conto che ogni sforzo e ogni progetto programmatorio non può prescindere dai processi in atto; perciò portiamo a questi fatti tutta l'attenzione necessaria. Da tutte le parti si sente parlare della mobilità interaziendale e intersettoriale quale scelta necessaria per una economia da riconvertire, ma, in effetti, di mobilità se ne è avuta assai poca. C'è stato il caso della Cimat, il caso di Galliate, quello della Limone; ma nel complesso si tratta di situazioni ridottissime e, in ogni caso, persiste un rifiuto di principio alla contrattazione globale.
Dichiariamo la nostra piena disponibilità ad affrontare il problema sia in termini generali sia in termini settoriali. Questo, però, richiede un sostanziale passo innanzi.
Nella vicenda della Venchi Unica ogni osservatore obiettivo deve riconoscere che gli sforzi fin qui prodotti hanno consentito un parziale e significativo risultato che sarebbe grave deludere con rinvii e incuranza.
Infatti, con la nomina del Procuratore generale e dell'Amministratore giudiziario sono state riattivate progressivamente le linee di produzione si sono consegnati ai punti di vendita prodotti finiti per 4 miliardi, si è assicurato un regolare rifornimento delle materie prime, si è pagato l'intero salario arretrato e ora è stato predisposto un piano economico e finanziario per il 1977 che prevede un giro di affari di 50 miliardi.
Non ci mettiamo le penne del pavone e non diciamo nemmeno di avere da soli conseguito questi risultati. Ma vi ricordate il pessimismo dell'autunno? Vi ricordate la sensazione di scoramento, di impotenza che dava per scontato il fallimento? Ebbene, la Regione, che non dovrebbe avere compiti di politica industriale, che secondo alcuni non fa politica industriale, vi consegna questo risultato. Ma attenzione! Tutto questo è precario se non si va rapidamente al fondo delle questioni e al definitivo assetto produttivo dell'azienda. Al Governo chiediamo una cosa molto chiara: di mettere sul tavolo tutte le ipotesi che si sono fatte, di valutarle assieme, di scegliere e decidere tempi e modi. Alla Singer dal 30 settembre la Cassa integrazione guadagni non ha più corrisposto una lira malgrado l'accordo di proseguire il rapporto integrativo dal 1° ottobre.
Dopo accurate ricerche, degne di un poliziotto specialista, si è scoperto che la pratica si è impantanata nell'iter fra Torino e il Ministero del lavoro. Il Segretario della Cisl torinese, che non mi risulta essere un funzionario statale, ha seguito questa vicenda personalmente, ha preso il pacco, lo ha portato sul tavolo del Ministro del lavoro e lo ha fatto firmare. Il Ministro del tesoro non ha però controfirmato in quanto la pratica non sarebbe corredata dal piano di ripresa produttiva, piano che dipende dalla Gepi, cioè dal Ministero dell'industria.
Credo che la questione possa essere risolta rapidamente con un minimo di coordinamento interministeriale per l'approvazione del decreto. La seconda questione di fondo aperta alla Singer è quella dell'assetto proprietario e produttivo. La nuova ipotesi che si è affacciata in questi giorni è quella di un consorzio a tre: Candy, Merloni e Ocean. Ma le proposte del consorzio si scontrano con una richiesta della Singer eccessivamente alta. Il consorzio si dice disposto a subentrare solo quando la Gepi avrà perfezionato l'operazione con la Singer; la Singer si dichiara disposta a vendere, ma dichiara che l'offerta è troppo bassa; c'è il progetto di manutenzione che prevede un primo scaglione di 190 unità al lavoro, ma la manutenzione non si fa, perché la Gepi non ha il benestare della Singer, la quale a sua volta è accusata di non volerlo dare giocando al rialzo sul prezzo. Siamo in una situazione di scaricabarile. Non abbiamo mai parlato con faciloneria di requisizione. Quando, in altri momenti si è posto il problema, lo abbiamo sempre scartato, ma, in questa situazione (la proposta è ritornata ieri durante l'assemblea) l'abbiamo fatta nostra e l'abbiamo caldeggiata; non lo facciamo a cuor leggero perché non diamo all'istituto della requisizione nessun significato miracolistico e risolutivo, conosciamo i limiti e le difficoltà di questo provvedimento sappiamo che la requisizione interrompe il possesso e non la proprietà, ma la caldeggiamo come atto politico, affinché l'autorità possa consegnare gli impianti alla Gepi e attuare intanto la manutenzione.
Infine, vengo alla situazione dell'Egam. Avevamo caldeggiato la liquidazione dell'Ente per andare ad accorpare le sue aziende per settori affini ed omogenei. La decisione del Ministro Bisaglia, apparsa sui giornali in questi giorni, accoglie la proposta e ce ne rallegriamo; per non sono finiti gli equivoci. Non sappiamo qual è il destino della Matec non sappiamo qual è il destino del materiale rotabile, non sappiamo se c'è e com'è il progetto per gli acciai speciali. Stamani alcuni giornali titolano articoli circa il ritorno alla carica della Fiat sulla questione della Cogne.
Le vicende della Montedison e della Montefibre si commentano da sole.
Fin dal 20 dicembre, con le richieste di incontro con il Governo, abbiamo rimesso le nostre valutazioni, stabilimento per stabilimento, facendo riferimento ai piani di attività sostitutive; la conclusione è che i programmi di attività sostitutive sono continuamente slittati e ora abbiamo avuto la brusca notizia dei licenziamenti.
Questo parassitismo, privilegiato e protetto perché fruisce dell'appoggio dello Stato, deve finire ed esigiamo che per la Montedison sia elaborato un programma e un piano di controllo garantito dallo Stato e dal Governo.
Ecco le ragioni che hanno indotto la Giunta a promuovere l'incontro di lunedì, dal quale ci auguriamo di ottenere uno sbocco positivo, perché al fondo di tutto c'è l'esigenza di avviare una politica economica e industriale diversa non dominata da logiche di potere.
E' importante che la Giunta, dopo il dibattito sul Piano di sviluppo abbia avviato rapporti con le Regioni meridionali, vi è stato un incontro con la Regione Campania al quale ho partecipato insieme con il Vice Presidente Bajardi. Ricordo questo incontro perché non vorrei si dicesse che ci limitiamo a porre soltanto queste nostre quattro questioni.
La Giunta invita tutti i Consiglieri ad essere presenti in questa iniziativa e confida che sulle decisioni si determini un'ampia convergenza di intenti e di posizioni tale da contribuire alla soluzione dei problemi che ho ricordato, e nel contempo dare un contributo al superamento della crisi nella quale si dibatte il Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Ho ascoltato con rammarico quanto ha comunicato l'Assessore al lavoro Alasia e riconosco che sta facendo l'impossibile perché si risolvano grossi problemi occupazionali.
La Regione non ha i mezzi legislativi per imporre la propria volontà deve limitarsi a sedere ad un tavolo su cui si dibattono questioni piemontesi, nazionali e internazionali. Di qui il suo limite.
Le quattro aziende in discussione sono molto grandi e raggruppano una parte occupazionale numerosissima. La parte politica che rappresento è solidale con Alasia e con la Giunta per tutto quanto possono fare circa il mantenimento dell'occupazione, perché sarebbe veramente preoccupante, in un momento come l'attuale, che altri operai venissero licenziati o messi in Cassa integrazione. Sulla situazione della Montefibre, vorrei, per avanzare una piccola obiezione. Anche l'amico Alasia sa che a Vercelli c'è una azienda produttrice di cavi che darebbe lavoro a 300 operai. La proprietà ha già avuto un colloquio con il Presidente della Giunta poich vi sono difficoltà in loco per l'acquisizione dei terreni. La Regione, in un caso del genere, dovrebbe essere in grado di dare una mano alle aziende di questo tipo.
Il seguire la sorte delle quattro aziende è buona cosa, però è necessario anche lasciare un certo respiro alle aziende che potrebbero rappresentare una alternativa, come quella citata che assumerebbe un numero di operai non indifferente per una città come Vercelli.
Per quanto riguarda la Venchi Unica, bisogna riconoscere che l'azienda si trova in una strana condizione. I creditori nonostante abbiano la pelle che scotta, all'idea che l'azienda riprenda a lavorare non hanno voluto esigere i loro crediti. La speranza di riprendere a lavorare e il fatto che l'Assessore dica che 50 miliardi sono già preventivati per il '77, sono notizie consolanti, ciò vuol dire che il mercato esiste, che l'azienda ha ancora un nome di prestigio in Italia e all'estero e che la gente ha ancora fiducia. E' chiaro che se non interviene qualche meccanismo per salvare l'azienda che oggi sta per sfasciarsi, ad un certo momento crollerebbe tutto e questo sarebbe molto più grave. Non so quale organo abbia competenza, se la Regione o il Ministero, ma debbo riconoscere che la Regione ha agito in maniera veramente encomiabile. Navighiamo da anni nel mondo politico e sappiamo che gli ordini del giorno che votiamo e i telegrammi che inviamo lasciano indifferenti: è una cosa grave che dimostra come la Regione venga considerata in certi ambienti ministeriali.
Vorrei dire ancora qualcosa sull'Egam, le cui aziende, molte volte sono condotte male, non solo per motivi di dirigenza, ma anche perch vengono ignorati fatti di natura internazionale come quello degli acciai.
C'è un accordo europeo sulla produzione degli acciai: qualche azienda ne era a conoscenza e ha sistemato per tempo la propria produzione secondo le direttive europee; ma ho proprio l'impressione che l'Egam non lo abbia fatto.
Se ci fosse un'azienda solida e seria disposta a rilevare e a gestire la Cogne, ritengo che dovremmo accogliere una tale proposta che manterrebbe il lavoro a 5 mila dipendenti.
Conosco la vita aziendale e ritengo che i complessi solidi, in grado di rilevare altre aziende, assicurando produzione e occupazione, debbano essere tenuti in considerazione. Ringraziamo il cielo che ci siano! Ad ogni modo, a parte queste considerazioni, ripeto che l'azione svolta dal nostro Assessore al lavoro è encomiabile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

A conclusione delle dichiarazioni testé rese sull'attività dell'Assessorato, prendiamo atto, come ha già fatto il Consigliere Benzi con molta obiettività, delle ragioni e delle conclusioni, anche parziali di alcuni atteggiamenti assunti dall'Assessorato.
Dobbiamo però affermare ancora una volta che la ricerca di soluzioni ai problemi occupazionali è esistenziale alle responsabilità politiche della Giunta; né si può pensare a risolverli con denunce di carenze, con ribaltamenti di responsabilità, con evidenziazioni di limiti e di incongruenze.
Così come a carico di un'Amministrazione comunale, quando vi sono vertenze connesse ai compiti istituzionali dell'Amministrazione stessa competono gli interventi e l'assunzione diretta di responsabilità altrettanto sono a carico dell'Amministrazione regionale altre responsabilità, quali quelle inerenti alla Singer o ad altre aziende. Ci preme questa affermazione con riferimento all'ipotesi di requisizione.
Prendiamo atto che, a diversità di quanto si è determinato in altre circostanze, vi è una modificazione di atteggiamento della Giunta.
Indipendentemente dal colore politico che può caratterizzare l'una amministrazione o l'altra, cui compete l'istituto della requisizione questo tipo di strada e di procedura è un inutile ribaltamento di responsabilità; ribaltamento che non permette alcuna semplificazione procedurale alla soluzione della gestione Gepi. Quindi è un doveroso richiamo, in termini politici, alla Giunta a non assumere atteggiamenti che possono comunque sembrare avallo di alibi o di responsabilità politiche.
Il problema va comunque rievidenziato in tutta la sua gravità riaffermando la nostra disponibilità ad una consultazione e ad un confronto ad oltranza finché non si giunga ad una soluzione; rendendoci conto che la politica dei telegrammi e degli ordini dei giorni non giova a nessuno per il rafforzamento di credibilità delle nostre istituzioni e per la stabilità dell'ordine democratico nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Nessun Consigliere chiede di parlare? L'Assessore non ha altro da aggiungere? L'argomento è discusso.


Argomento: Interventi a favore dell'economia - normative organiche nei vari settori - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente e del Vicepresidente della Giunta regionale


PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



VIGLIONE Aldo, Presidente della Giunta regionale

Signori Consiglieri, mi rendo conto che la comunicazione così interessante dell'Assessore Alasia ha assorbito molto tempo e quindi cercherò di essere telegrafico. La mia comunicazione si riferisce all'incontro di Catanzaro.
La significativa sede di approfondimento dei problemi del Mezzogiorno nel contesto della crisi economica del Paese è stata costituita dalla IV Conferenza delle Regioni meridionali che si è svolta a Catanzaro dal 18 al 20 febbraio scorso con una larga e qualificata partecipazione di rappresentanti del Governo e del Parlamento, delle forze politiche nazionali, dei Sindacati, delle Regioni italiane, di esperti e tecnici.
La nostra Regione è stata presente ai lavori con una delegazione della quale, oltre al Presidente, facevano parte l'Assessore al lavoro Alasia, il Consigliere Minucci e alcuni funzionari, e ha portato la propria convinta adesione alle tesi di fondo del Convegno ed il proprio contributo ad una conclusione unitaria dei lavori.
Questa conclusione ha soprattutto sottolineato la necessità di affrontare con vigore e coerenza, la situazione di crisi e le gravi conseguenze inflattive e di dare soluzione contemporaneamente ai nodi della struttura economica che impediscono la ripresa, la trasformazione e l'ampliamento della base produttiva e non consentono quindi di dare risposte positive alla domanda di occupazione del Mezzogiorno.
Sia la relazione introduttiva sia i contenuti del dibattito hanno sottolineato che il perseguimento di questi obiettivi richiede una linea economica programmata a livello nazionale che affronti il problema dell'espansione della base produttiva, il risanamento della finanza pubblica e la ripresa degli investimenti in condizioni di reale competitività internazionale.
L'industrializzazione e le moderne attività di servizio ad esse connesse sono una strada decisiva per dare una risposta non assistenziale al grave peso della disoccupazione del Mezzogiorno.
Anche il documento approvato unitariamente al termine dei lavori sottolinea che il disegno di legge per la riconversione e la ristrutturazione deve rispondere in primo luogo alla necessità di organizzare una direzione unitaria dello sviluppo industriale del Paese incentrato sul Mezzogiorno, deve promuovere un intervento per sostenere i settori prescelti e per favorire nuovi processi di ristrutturazione e nuovi processi produttivi aziendali: i piani promozionali di settore per la riconversione industriale dovrebbero invece essere ancorati, secondo le indicazioni della Conferenza, ai criteri ed ai meccanismi indicati nella legge 183.
Nel corso dei lavori si è ripetutamente sottolineata la necessità di concreta attuazione degli impegni assunti verso il Mezzogiorno dalle Partecipazioni Statali e l'urgenza di presentazione del piano agricolo alimentare che deve rappresentare l'occasione per assegnare un ruolo nuovo produttivo e moderno all'agricoltura meridionale.
Come conseguenza immediata, lunedì scorso, presso la sede della Regione Emilia Romagna, si è svolto un incontro tra i Presidenti delle Giunte regionali del Piemonte, della Liguria, Carossino, della Toscana, Lagorio delle Marche, Ciaffi, della Lombardia, Golfari, dell'Emilia Romagna Cavina.
La riunione aveva lo scopo di precisare il ruolo che le Regioni intendevano assumere circa i processi di programmazione nazionale.
Si è discusso su una bozza di documento presentato dalla Regione Marche nella persona del suo Presidente Ciaffi, proposta che a grandi linee indicava i motivi che spingono il momento regionalista a richiedere una partecipazione attiva alla politica di programmazione nazionale, i modi con i quali si intende proporre al Governo la medesima e gli obiettivi che si intendono raggiungere.
I Presidenti delle Regioni hanno, sulla base della bozza presentata da Ciaffi, apportato i loro contributi miranti a puntualizzare ulteriormente la problematica.
Sulla base di tali osservazioni si è convenuto di procedere nei prossimi giorni all'elaborazione di un documento definitivo.
Nel corso dell'incontro si è trattato anche il problema derivante dalla presentazione da parte del Governo dello schema dei decreti delegati previsti dalla 382.
Il giudizio dei Presidenti, a tale proposito, è stato nettamente negativo e si è concordato di investire, nei prossimi giorni, le Amministrazioni regionali (Giunte e Consigli) in uno sforzo comune mirante a superare, con una proposta autonoma ed unitaria, le gravi deficienze previste dallo schema di decreto emanato dal Governo.
Ieri l'Università, il Politecnico e la Regione hanno definito il quadro del Centro per il trattamento dell'informazione; è stato stipulato il relativo atto che darà inizio al processo ulteriore di formazione del Centro. In quest'occasione desidero nuovamente ricordare l'opera dell'allora Presidente Oberto, dell'Assessore Simonelli e dell'Assessore Rivalta.
Stiamo anche trattando con una grossa azienda la cessione di un calcolatore a titolo gratuito, o quasi, che costituirà per i tre Enti un fattivo aiuto.
Riteniamo che la conclusione di questo iter sia un momento molto importante: ringrazio tutte le forze politiche che si sono sempre espresse unitariamente rispetto a questo problema e hanno dato un grande contributo perché si formasse il Centro per il trattamento dell'informazione.
Infine comunico che stamani ho proceduto alla nomina del Direttore della Mandria indicato dal Consiglio di amministrazione e dal Comitato tecnico politico nella persona del signor Boasso, Sindaco di Barolo e già membro del Consiglio di amministrazione della Mandria.
Lascio al Vice Presidente Bajardi il compito di informare l'assemblea in merito all'incontro preparatorio con la Giunta della Regione Campania per i problemi comuni della localizzazione industriale.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Presidente Viglione per le sue comunicazioni. La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Bajardi.



BAJARDI Sante, Vicepresidente della Giunta regionale

Nel corso dei vari incontri preparatori del Convegno di Milano sulla legge 382 erano stati presi contatti con la Regione Campania ed altre Regioni del Mezzogiorno per dare maggiore concretezza al discorso Nord- Sud tra le Regioni italiane.
In occasione del Convegno di Catanzaro, su cui ha riferito oggi il Presidente della Giunta, sono stati puntualizzati gli elementi di rapporto.
In quella occasione si è concordato con la Regione Campania di verificare i contenuti e la forma concreta per l'organizzazione di rapporti organici e continuativi tra le nostre due Regioni. In tal senso ha avuto luogo a Napoli, presso la sede della Giunta, un incontro al quale hanno preso parte per la Campania il Vice Presidente, Assessore all'urbanistica Coccella e l'Assessore all'industria ed artigianato Ciro Cirillo, per il Piemonte il sottoscritto, il collega Alasia e il Capo Gabidetto Carla Spagnuolo.
L'attenzione si è rivolta ai problemi economici ed in particolare a quelli che accomunano le due Regioni nell'ambito più generale del rapporto Nord-Sud e più specificamente a quelli di politica industriale. Sono stati esaminati gli impegni a suo tempo assunti dai grandi gruppi industriali di localizzazione al sud, ed in particolare in Campania, di settori importanti dell'apparato produttivo e si è constatato il grave ritardo con cui vengono realizzati, per la Fiat in relazione allo stabilimento di Grottaminarda per l'Olivetti in merito allo spostamento a Marcianise dell'officina di controllo numerico di San Bernardo, per la Indesit in merito all'espansione degli stabilimenti di Caserta.
Nel corso dell'incontro si è preso atto che sono in corso contatti a vari livelli con le forze sociali dai quali ci si propone di trarre maggiori elementi di informazione e di valutazione.
E' nota al Consiglio l'attuale fase delle vertenze aziendali aperte dalle organizzazioni sindacali. Ci preme oggi sottolineare gli aspetti di politica industriale contenuti in tali vertenze che riprendono gli impegni non attuati nella precedente contrattazione e li amplia in una visione più organica entrando nel merito di specifici aspetti di qualificazione dell'apparato produttivo e delle connesse strutture di ricerca.
Le due Giunte hanno comunemente rilevato l'interesse di queste piattaforme e la necessità di accentuare proprio in questo momento il lavoro comune, consapevoli della delicatezza del momento economico generale, ma anche della necessità di un ruolo attivo delle Regioni in ordine alla fase conclusiva dell'iter della proposta di Piano di sviluppo per il Piemonte e all'assunzione di alcune opzioni per quanto riguarda l'assetto territoriale, il progetto speciale dell'area metropolitana di Napoli, il progetto per lo sviluppo delle zone interne della Campania, il disegno di legge sui comprensori per la Campania.
L'incontro è stato definito un primo momento di un discorso da approfondire e completare con altri organismi e forze sociali e si prevede pertanto, un nuovo incontro a Torino per l'11 marzo per passare ad iniziative più ampie ed articolate nel corso delle quali concentrare l'attenzione sulle questioni della presenza in Piemonte e in Campania della Fiat, della Olivetti e della Indesit, senza ignorare altri aspetti di rilevante importanza quali quelli della Montedison e dell'industria di Stato. Dopo la riunione dell'11 la Giunta avrà cura di riferire con tempestività le iniziative che verranno proposte. In relazione alle vertenze aziendali, a cui ho fatto riferimento, dobbiamo informare l'avvenuto incontro del 12.2.1977 richiesto dai sindacati sulla vertenza Fiat e della consegna conseguente del testo della piattaforma. Dalla Federazione Cgil, Cisl, Uil, ci è stato trasmesso il testo della piattaforma Montedison nel quale è richiesto un impegno della Regione.
L'Assessorato al lavoro ha raccolto inoltre le piattaforme della Olivetti e della Indesit. Tutto questo materiale sarà trasmesso ai Consiglieri per opportuna informazione.
Per quanto riguarda il rapporto più generale con le organizzazioni sindacali, comunico che è ripresa la verifica generale dei rapporti nella riunione del 25.2.1977 e proseguirà 111 marzo; al termine di questo confronto la Giunta avrà cura di informare il Consiglio regionale.
Inoltre, sollecitati dagli Enti locali interessati, ossia dai Comuni di Crescentino, Avigliana, Rivalta, si sono svolti alcuni incontri informativi per l'esame di alcuni aspetti urbanistici di prevalente competenza locale che potevano avere riflessi nella politica industriale conseguente ad alcune richieste avanzate a questi Comuni da parte della Fiat. Già è stata rilevata la prevalente competenza dei Comuni su questi aspetti, la Giunta intende fornire, appena in possesso della relativa informazione e documentazione, tutto quanto è utile per una eventuale riflessione sia a livello dei Capigruppo ed eventualmente anche in Consiglio.



PRESIDENTE

Vi sono richieste di parola? Non ve ne sono. Passiamo al punto successivo all'ordine del giorno.


Argomento: Trasporti su ferro

Dibattito sul piano poliennale delle Ferrovie dello Stato


PRESIDENTE

Il punto quarto dell'ordine del giorno reca; "Dibattito sul piano poliennale delle Ferrovie dello Stato".
La discussione è introdotta dall'Assessore Bajardi.



BAJARDI Sante, Assessore ai trasporti

Ai Consiglieri sono stati distribuiti i testi di due documenti, l'uno elaborato dalla Regione Piemonte, l'altro elaborato dalle Regioni italiane.
La prima stesura della proposta di piano poliennale delle Ferrovie ci è stata presentata ufficiosamente nell'estate 1976 dal Compartimento di Torino e sulla base di quel materiale è emersa una prima stesura di osservazioni. In autunno le Regioni hanno messo assieme le rispettive proposte ed hanno elaborato una valutazione complessiva da considerarsi come quadro di riferimento per i rispettivi e ulteriori approfondimenti.
Nel mese di novembre il Ministro delle Regioni ha inviato un nuovo testo completo della proposta di piano poliennale delle Ferrovie dello Stato con aggiunte e modificazioni alla precedente stesura e contenente le prime riserve avanzate dalle Regioni.
La II Commissione lo ha esaminato e ha elaborato il documento che oggi viene proposto al Consiglio e che contiene, alle pagg. 34, 41 e 45, nuove aggiunte: a pag. 34, sciogliendo una riserva sul monte delle risorse destinate allo scalo di Orbassano; a pag. 41, in merito ai rapporti con la Liguria ed il sistema portuale; a pag. 45, circa una sottolineatura del valore degli investimenti ferroviari nel Mezzogiorno, anche ai fini della soluzione dei problemi di fondo di tutto il Paese. Il materiale che scaturirà dall'esame del Consiglio sarà trasmesso al Ministero dei Trasporti e, come ci ha dichiarato il Ministro Ruffini, verrà allegato alla proposta di piano poliennale delle Ferrovie dello Stato assieme ai documenti delle altre Regioni; il tutto sarà presentato quanto prima al Parlamento, che ci offrirà una base ulteriore per il nostro lavoro.
La fase di consultazione impegnerà una larga parte del 1977; avremo modo di tornare sull'argomento alla luce delle elaborazioni in corso per il Piano regionale dei trasporti e del quadro di riferimento per l'elaborazione del Piano nazionale. Nelle prossime settimane il parere sarà proposto alla Commissione, e, se si riterrà opportuno, anche al Consiglio.
La politica dei trasporti e delle Ferrovie dello Stato, nel corso degli anni passati, si è incentrata prevalentemente nella costruzione di autostrade da un lato e nel rilevante abbandono del sistema ferroviario dall'altro; tale politica ha dato luogo ad una situazione di grave degradazione da cui oggi è molto costoso e molto lento risollevarsi. La crisi delle ferrovie è sanzionata dal deficit, previsto per il 1977 in 1.500 miliardi, e dalle gravi carenze dei servizi. Non si tratta, per ora di invocare un impossibile pareggio del bilancio, si tratta invece di vedere da che cosa nasce un disavanzo così pesante e in continuo aggravamento, per tentare di ridurlo. A questo proposito va preso in considerazione il problema dei viaggi gratuiti, su cui la stampa più volte si è soffermata, ma è tuttavia necessario rilevare che tale problema comporta cifre limitate rispetto al deficit complessivo. Si tratta di 40/50 miliardi che sono poca cosa rispetto al totale del deficit.
Esiste il problema del livello complessivo delle tariffe e non possiamo non ignorare in questo caso il divario dei costi, che vanno dalle 35/50 lire al Km per i viaggiatori dei supertreni, all'1/1,50 per i viaggiatori pendolari con abbonamento settimanale. Questo non significa certo voler imboccare la strada dell'aumento delle tariffe e che in questo modo si possa pensare di risolvere il problema del pareggio del bilancio. Il riferimento alle tariffe significa solo che esse sono un aspetto rilevante di un problema molto più complesso ed articolato.
Altro punto nodale è quello relativo alla scarsa produttività del sistema, intesa non tanto con riferimento agli addetti, quanto con riferimento alla rete e agli impianti. Le cause reali della scarsa produttività riguardano il sistema complessivo della rete e degli impianti.
I problemi vanno dalla concentrazione del traffico su poche linee e su pochissime stazioni alle moltissime altre infrastrutture inutilizzate, allo scarso traffico merci, all'incapacità a smaltirlo, all'inadeguatezza dei controlli automatizzati del traffico, al materiale rotabile obsoleto e in ogni caso scarso. Ecco quindi la necessità di una riforma e di un piano.
Quello di cui stiamo discutendo è stato preparato nel 1974, ma fu poi allora declassato a piano di investimenti straordinari (2 mila miliardi da spendere in 5 anni), con il rinvio al dicembre 1976 della scadenza per la presentazione di un vero e proprio piano poliennale.
Perché si giunse al declassamento del Piano? Innanzitutto perché non appariva sorretto da una reale strategia di insieme, in quanto era stato elaborato, almeno nelle sue linee generali, negli anni '60. Fu declassato anche perché nel contempo si erano, più o meno chiaramente, avvertiti i limiti di un atteggiamento limitativo e conservativo delle Ferrovie dello Stato di fronte all'esperienza condotta altrove, in Europa particolarmente in materia di nuove funzioni delle Ferrovie al servizio delle aree metropolitane, delle regioni addensate, delle conurbazioni. A questo proposito voglio ricordare che a Monaco di Baviera, in occasione delle Olimpiadi, era entrato in funzione il primo sistema avanzato di rete metropolitana regionale ricavato sulle linee delle ferrovie regionali e non con reti autonome.
Nulla veniva registrato in quel piano come risposta alle esigenze dei viaggi essenziali, casa- lavoro e casa-scuola, forse perché l'argomento non era stato dibattuto con gli Enti locali, forse perché la politica dell'azienda ferroviaria tendeva ad altri ed opposti obiettivi, come il conseguimento dei vistosi successi tecnologici con elevate velocità affermazioni di prestigio su una sola dorsale principale su cui concentrare gli investimenti, una confusa sete di rivincita malamente intesa sulla vicenda delle autostrade. Alle grandi velocità di 250/300 Km all'ora per poche decina di migliaia di viaggiatori è necessario contrapporre l'aumento delle basse velocità dai 30/40 ai 50/60 Km orari per le decide di milioni di viaggiatori pendolari italiani.
Purtroppo la scelta, in quel momento, era fatta. Nel 1974 il piano ribadiva la propensione a incentrare gli investimenti su una parte limitata della rete, con la giustificazione formalmente corretta dell'accentramento su di essa di gran parte del traffico. Ma la crisi petrolifera, le difficoltà del Paese, la conoscenza di nuovi sistemi ferroviari comprensoriali stranieri, inducevano a rinviare il piano, inducevano ad un ripensamento. Si arrivò così alla fine del 1976 in mancanza di una programmazione economica a livello nazionale e del piano nazionale dei trasporti. Tuttavia le Ferrovie dello Stato, com' era del resto naturale avevano pronta una nuova edizione del piano ferroviario da sottoporre all'esame del Parlamento. E' stata una promessa del Presidente del Consiglio Andreotti ed anche un impegno derivante dalla legge del 1974 tuttavia tale impegno ha scarso valore perché, mancando il piano generale dei trasporti e il piano economico di sviluppo nazionale, vengono meno le condizioni che la legge del 1974 aveva indicato per la presentazione del piano ferroviario.
Occorre riconoscere che l'Azienda delle ferrovie doveva pure predisporre il suo programma anche in assenza del piano nazionale. "In questo modo le Ferrovie - cito le parole dell'attuale Direttore generale producono un loro documento programmatico di tipo funzionale, cioè basato sull'assunzione della domanda di trasporto come variabile indipendente". E ancora dice:"Altri Enti esterni, le Regioni, la programmazione, il bilancio lo arricchiranno di altre componenti programmatiche di tipo promozionale in termini, per esempio, di riequilibrio tra Nord e Sud, di sostegno alle zone eccentriche, di partecipazione ai problemi di mobilità delle zone congestionate".
Da questa valutazione emerge il limite dell'impostazione del piano che è stato proposto alla Regione. Affidata agli uffici dell'Azienda la programmazione funzionale, vennero forniti documenti che non potevano che essere funzionali per l'azienda stessa. La domanda di trasporto veniva assunta misurando il traffico sulle varie linee e non per origine e destinazione. Così, con la presunzione di scelte oggettive, la programmazione funzionale punta al consolidamento del solito traguardo, una super rete di 3 mila Km di grandi caratteristiche e di elevata velocità e per contrapposto, tutta la parte restante della rete viene destinata alla trascuratezza e al crescente deprezzamento. Di fatto, il piano funzionale studiato dalle Ferrovie incentra gli investimenti su un limitato numero di grandi itinerari e sembra trascurare gran parte della rete; addirittura pone l'ipotesi di abbandonare a se stessi 5.272 Km di linee, e tra questi ci sono circa 1.100 Km in Piemonte. Si ipotizza di abbandonare e di chiudere all'esercizio questi 5.272 Km, a meno che non siano le varie Regioni ad assumere le responsabilità e gli oneri. Mi richiamo alla pag. 12 del documento della Regione. Già si intravede una rete di grande velocità basata su una dorsale e su una o due trasversali, una rete di altre dorsali e trasversali condannata a trascinarsi stancamente per qualche decennio ed infine una rete già destinata alla trascuratezza e al definitivo abbandono.
A questo punto occorre una ristrutturazione sostanziale dell'Azienda ferroviaria perché sia messa in grado di procedere con nuove progettazioni e nuove costruzioni, superando l'attuale incapacità di progettazione e di utilizzo della spesa messa a disposizione da parte dello Stato. In secondo luogo, una volta chiarito che anche approvando il piano non succede niente (se si escludono gli impegni a considerare ineluttabili le superferrovie da 300 Km orari), il problema è quello di stabilire se non sia più opportuno magari assicurando il finanziamento di opere in corso o di interventi realmente urgenti nel settore delle manutenzioni e del materiale mobile avviare un ampio dibattito sul reale ruolo che le ferrovie possono svolgere nel Paese, in particolare nelle regioni addensate e nelle aree metropolitane, e non soltanto lungo alcune grandi direttrici nazionali ed internazionali, rade e prestigiose. Si tratta di una scelta difficile perché molti considerano ogni programma ferroviario, soltanto perché è ferroviario, come un segno di avanzamento politico e sociale.
Sostanzialmente il piano delle Ferrovie è un programma di costruzione di infrastrutture per circa 12 mila miliardi su 17 mila miliardi, di cui i 2/3 per infrastrutture e 1/3 per materiale mobile. Esso è così ripartito nel tempo: - la prima fase, chiamata programma integrativo, comporta una spesa di 2 mila miliardi da spendere fino al 1982 (5 anni), ai quali vanno aggiunti i 2 mila miliardi del piano integrativo straordinario che non sono stati spesi (stanziati nel 1974) la seconda fase comprende 15 mila miliardi dal 1982 al 1990, (8 anni). Confrontiamo questi dati; basta questo confronto per evidenziare la scarsa credibilità dell'impegno finanziario.
E' una spesa concentrata su una rete di 8.950 Km, chiamata oggi rete relazionale primaria. Per la rete sussidiaria restante (Km 7.150) si ha la seguente suddivisione: 2.200 Km a medio traffico; 4.950 Km di rete senza prospettiva su cui le Ferrovie escludono qualsiasi possibilità di intervento. In sostanza, i 2 miliardi fino all'82 sono la vera spesa su cui siamo chiamati ad esprimere il nostro giudizio. Dobbiamo rilevare però che essa è destinata al rifinanziamento delle opere programmate in precedenza che sono largamente indispensabili. Si resta comunque nella stessa logica del passato. In una certa misura si tratta di scelte obbligate a cui non si può rinunciare per le forti compromissioni, ma è di certo un vincolo per il futuro.
E' in questa ottica che affrontiamo l'esame degli investimenti relativi al Piemonte, cioè 96,4 miliardi del piano di investimenti straordinari non ancora utilizzati e 69,3 miliardi del programma integrativo su un totale di 2 mila miliardi (rappresentano una cifra pari al 5% della spesa complessiva). Si tratta di un complesso di opere decise nel passato, per le quali molte riserve erano state avanzate a suo tempo e che oggi bisogna finire. Nulla di nuovo, quindi, rispetto a quanto poteva essere possibile realizzare fino al 1982. Per affrontare i problemi urgenti e drammatici del sistema regionale dei trasporti bisogna, quindi, operare sui 15 mila miliardi previsti dal 1982 al 1990.
Non possiamo inoltre ignorare la nuova classificazione della rete piemontese così determinata: rete primaria per 572 Km, rete sussidiaria di medio traffico per 287 Km (in complesso sono 859 Km pari al 43% della rete regionale) e rete senza prospettiva per 1.141 Km.
Nella precedente classificazione, contenuta nei documenti delle Ferrovie dello Stato, la rete a scarso traffico era stata individuata in 803 Km, pari al 43 % dei 2 mila Km della rete ferroviaria complessiva del Piemonte.
Occorre utilizzare al massimo il patrimonio delle Ferrovie esistente riorganizzandolo e considerandone la collocazione fisica attuale diffusa in tutto il Piemonte ed evitando gli investimenti a tempi medi e lunghi nei punti ora congestionati che nel breve periodo vanno comunque considerati come stato di necessità, da cui, però, andare oltre.
Vi sono esigenze oggettive, come il quadruplicamento dell'ingresso a Torino da Chivasso, che possono sottendere due linee diametralmente opposte: quella enunciata dal Consigliere Oberto in Commissione (opinione che condivido), secondo la quale, per garantire lo sviluppo della linea occorre decongestionare il traffico Chivasso-Torino, oppure quella proposta dalle Ferrovie, che è fine a se stessa, in quanto la linea Chivasso-Torino ieri considerata funzionale, oggi viene annoverata in quella fascia dei 1.100 Km sui quali l'Azienda non intende fare investimenti.
Con questo ho voluto dimostrare che le stesse opere ritenute indispensabili e indilazionabili dalle Ferrovie e dal documento presentato dalla Giunta possono sottendere e contenere politiche generali profondamente diverse.
Le nostre priorità oggettive sono le seguenti: a) completamento del raddoppio Bussoleno-Salbertrand. Lo consideriamo un vincolo di precedenza rispetto all'apertura del traforo del Frejus. Per il suo completamento sono previsti 6 miliardi, oltre alle somme già stanziate.
E' possibile quindi andare ad una rapida soluzione di questo annoso problema che può portare il traffico dagli attuali 70/80 ai 200/240 treni al giorno intensificando il traffico internazionale di primaria importanza b) quadruplicamento della Trofarello-Lingotto e sistemazione della stazione di Torino-Lingotto per avviare subito la fase degli attestamenti incrociati e della graduale sistemazione della stazione di Porta Nuova da riservare alle lunghe distanze (rientra nell'ambito dei 2 mila miliardi del piano integrativo). Per queste opere è previsto nel piano integrativo, uno stanziamento di 29 miliardi che con i 21 miliardi del piano interventi straordinari, costituiscono una somma disponibile di 50 miliardi e possono portare al completamento o quasi, del quadruplicamento della Trofarello Lingotto e della sistemazione della stazione di Torino-Lingotto.
c) Lo scalo di Orbassano. Esso è superdimensionato rispetto alle attuali necessità dello smistamento di Torino; è calibrato su un movimento di 5 mila carri al giorno rispetto ai 1.700 di oggi. E' previsto uno stanziamento di 35 miliardi nel piano interventi straordinari al quale va aggiunto lo stanziamento di 20 miliardi del piano integrativo. Sono già appaltate opere per 17 miliardi per l'installazione di 25 binari, ossia per il movimento di 600 carri al giorno, connessi essenzialmente al movimento produzione Fiat. A causa della cronica incapacità di spesa delle Ferrovie è possibile proporre di recuperare 15/20 miliardi dei 55 in quanto le Ferrovie non ci possono dare nessuna garanzia della spesa totale entro il 1982. Tali fondi sarebbero destinati ad altre opere collocate nell'ambito regionale (si potrebbe ipotizzare la seconda direttrice alternativa alla Torino-Milano lungo la Chivasso-Casale-Biella-Santhià, oppure il rafforzamento dell'altro collegamento internazionale Arona-Novara).
d) Il nodo di Torino. Nel piano poliennale è prevista una spesa di 79 miliardi per la sistemazione di Porta Nuova e degli scali collegati. E' necessario chiarire dove avverrà il quadruplicamento della Chivasso-Torino chiarire la soluzione per il quadrivio Zappata e se tutto ciò includa la sistemazione di Porta Susa, Dora, Stura, cioè del complesso delle stazioni attualmente esistenti e che debbono essere sistemate per dare sostanza agli attestamenti incrociati di cui la Torino-Lingotto deve essere considerata un avamposto.
Secondo noi il quadruplicamento va indirizzato prioritariamente alla realizzazione degli attestamenti incrociati, rispetto alla sistemazione della stazione di Porta Nuova e del tratto Stura-Chivasso.
e) Torino-Airasca. Prima era considerata funzionale, oggi è sparita dalla classificazione. In realtà erano giudicate funzionali altre linee del Piemonte: la Vignole-Arona, la Ceva-Cairo, la Fossano-Cuneo, la Alessandria Cairo, la Santhià-Arona, la Domodossola-Borgomanero. Sul complesso di queste linee, che hanno il significato più generale di riorganizzazione del sistema dei trasporti in tutta l'area regionale, dovrà concentrarsi l'attenzione, in modo particolare su tre grandi scelte: sulla est-ovest, alternativa già ricordata sulla Chivasso-Casale-Valenza-Mortara per decongestionare i collegamenti Torino-Milano e i nodi di Torino e di Milano dando massima rapidità alla comunicazione, in particolare alle merci, quando non ha interesse la penetrazione nei due centri il discorso del sub-polo di Chivasso, in primo luogo il discorso della Ivrea-Chivasso gli smistamenti di Alessandria e Novara per i quali nel piano integrativo è prevista una cifra di 8 miliardi e lo smistamento di Beura (Domodossola).
In ultimo vogliamo sottolineare il grande capitolo del materiale mobile, carente ed obsoleto, il quale, per soddisfare le richieste di potenziamento del servizio, richiede una particolare attenzione sui convogli automotori rispetto a quelli convenzionali, dando un carattere integrativo ad una scelta delle Ferrovie, scelta che deve crescere in qualità e in quantità, il che ha connessioni con i problemi produttivi, di grande rilievo, anche per la Regione, ma più in generale per il nostro Paese.
In Italia, per il complesso del sistema dei trasporti di persone e di merci, si spende una cifra pari ad un terzo del prodotto nazionale lordo.
E' una cifra da contenere e ridurre perché insostenibile e ciò non contraddice affatto la necessità e la possibilità di migliorare il sistema complessivo dei trasporti. Di qui nasce l'importanza del piano nazionale dei trasporti che, come ha chiarito il Ministro Ruffini in un recente colloquio con gli Assessori regionali, deve nascere per ora come sommatoria di piani settoriali (ferroviario, viabilità, aviazione) e di piani regionali. Di qui ancora emerge la nostra funzione specifica da svolgere che abbiamo affrontato con l'elaborazione del piano regionale dei trasporti che appunto tocca, in modo articolato, ma organico, tutti i temi in questione (Ferrovie incluse), nel tentativo di avvicinarci appunto ad una gestione integrata ed unitaria del sistema volto contemporaneamente ad una riduzione della spesa complessiva ridistribuendola anche razionalmente su vari sistemi.
Di qui emerge anche, per quanto riguarda il piano poliennale l'assoluta necessità ed opportunità di una consultazione delle Regioni, non solo in ordine agli indirizzi generali, ma anche nel merito delle singole scelte, quale condizione affinché il piano risponda completamente alle esigenze che nascono dalle realtà territoriali e sociali del Paese.
In particolare voglio sottolineare il nostro impegno immediato per il piano integrativo di 2 mila miliardi. Nell'incontro fra le Regioni è emersa la necessità di anticiparne l'attuazione almeno al 1980, anziché al 1982, e di prospettare l'aumento di spesa di 2 mila miliardi per il 1982, dando la possibilità di intervenire non solo in termini di completamento delle opere già iniziate che non si possono concludere, ma di intervenire in quegli elementi che possono modificare profondamente l'assetto della struttura ferroviaria.
Per quanto riguarda la priorità di investimenti ci atterremo ai punti precedentemente elencati e proposti alla discussione per il decongestionamento del nodo di Torino, in funzione, però, di uno sviluppo complessivo della rete regionale, raccordandoci con le proposte di riorganizzazione del trasporto nell'area urbana di Torino, le cui indicazioni sono state presentate in questi giorni dal Comune di Torino.
Di qui appare evidente l'assoluta necessità che alla realtà di integrazione a livello nazionale e locale dei vari servizi di trasporto corrispondano anche, a livello di contabilità, un conto nazionale e dei conti regionali dei trasporti, su cui basare da un lato una valutazione reale della situazione attuale e fondare e controllare dall'altro lo sviluppo delle modificazioni in atto e di quelle da innescare.



PRESIDENTE

Ringrazio l'Assessore per la sua relazione. Si apre quindi il dibattito.
E' iscritto a parlare il Consigliere Oberto, ne ha facoltà.



OBERTO Gianni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendo la parola per un aspetto del tutto particolare al quale, però, è indispensabile premettere un cappello di carattere generale.
In un documento dell'Assessorato, altrettanto chiaro quanto chiara è stata la relazione fatta questa mattina dall'Assessore Bajardi, è scritto a pag. 19, e poi l'argomento è ripetuto con insistenza, che questi problemi vanno risolti il più rapidamente possibile. Non vorrei che entrasse in gioco, quasi come un complesso freudiano, qualche meccanismo a rovescio. Si dice che la grande dorsale appenninica ha uno sviluppo di 250/300 Km, ma non è assolutamente pensabile che si facciano ancora delle ipotesi corrette senza avere una visione concreta e realistica sul significato a tempi brevi, ma qualificati, che vadano sui 3-4-5 anni almeno, come motivi di richieste e come espressione del parere che il Consiglio regionale è chiamato a dare a questo "fantomatico" piano delle Ferrovie dello Stato.
E' necessario stabilire in che cosa consiste la rapidità, avendo una visione realistica, avendo riferimento all'aspetto finanziario all'esigenza di una ristrutturazione che può essere fatta con maggiore urgenza della nuova, completa sistemazione, agli ampliamenti richiesti e che sono stati sottolineati, e ai mezzi che coadiuvano la soluzione del problema (locomotori e vagoni), agli strumenti che consentono il rapido accesso dall'una stazione all'altra, con l'accentuazione per i problemi che si riferiscono all'ipotesi particolare della città di Torino e del suo Comprensorio, all'utilizzazione attraverso treni rapidissimi in sostituzione della comunicazione sotterranea non più attuabile, che potrebbe trovare invece rapidamente una soluzione in questo senso e in questa direzione.
Faccio parte della II Commissione e ho avuto possibilità e modo di esporre i miei punti di vista in quella sede e ringrazio il Vice Presidente per averlo voluto ricordare. Non avrei preso la parola se, nella valutazione di questo problema, non fosse incombente in quest'aula un uomo che è stato di quest'aula.
Tutti noi abbiamo letto quanto è stato scritto da un giornale torinese pochi giorni or sono, con un titolo drastico che mi ha veramente angosciato, tanto che mi sono chiesto se si trattava di un requiem nei confronti del piano delle Ferrovie dello Stato, pronunciato dall'on.
Libertini, o di un rifugio. Certo è un richiamo energico. In quell'intervista l'on. Libertini dice: "E' un progetto inaccettabile. Nasce senza speranza. Lo studio propone correttivi insufficientemente preparati dalle Ferrovie. Il Ministro lo riconosce. Mancano i soldi". Il Presidente della Commissione trasporti della Camera, con la sua capacità dialettica colora di una certa ironia tutto il lungo discorso, dice "questo è un piano orfano, che non ha padre" e sembra quasi dire a noi "diamogli almeno una madre", sia la Regione a diventare maternamente sollecita per la risoluzione e l'impostazione di questo problema! Più ancora mi ha sollecitato all'intervento un altro articolo che leggo sulla Stampa del 22 febbraio. Nell'assemblea dei ferrovieri in Valle di Susa si denuncia, da parte dei sindacati, la situazione di insicurezza della Torino-Modane. Quando vi sono momenti di crisi, diventa molto difficile la gestione del denaro: ora siete chiamati voi ad esercitarla nel passato l'abbiamo esercitata noi. Ma è proprio la gestione del denaro e la soluzione dei problemi in tempi di crisi che qualificano e danno prestigio a coloro che sono chiamati ad adempierli.
Desidero limitarmi al discorso della Torino-Modane in rapporto al traforo autostradale del Frejus che correrà parallelo al tunnel cavouriano ferroviario, dove transitano le navette. Su questo argomento bisognerà essere molto puntuali.
Qual è la capacità ricettizia del tunnel ferroviario? Quale sarà la possibilità del transito rapido e veloce dei treni merci e passeggeri nel momento in cui vi sia il raddoppio delle linee che percorrono la Valle di Susa e delle quali si richiedono la sistemazione, il potenziamento e l'allargamento? E' un problema che ha caratteristiche particolari, comprensoriali (perché riguardano il Comprensorio di Torino, le Comunità montane, la Valle di Susa), regionali, anche nazionali ed internazionali.
Quando opportunamente è stato detto nella relazione, che bisogna avere riguardo anche a queste comunicazioni che guardano al di là della frontiera, si aveva mente proprio alla Torino-Modane.
Sono situazioni da risolvere in tempi brevi, perché non incancreniscano. Il documento dei sindacati ferrovieri sull'insicurezza della Torino-Modane mette il dito sulla piaga e induce ad una rapidità di decisione.
A pagina n. 20 delle osservazioni predisposte, che saranno rielaborate alla luce degli apporti che verranno forniti oggi nel corso del dibattito l'Assessorato si esprime così: "Completamento quanto più rapido possibile del raddoppio della tratta Bussoleno-Salbertrand sulla linea di Modane con il connesso ammodernamento del vecchio binario. Si tratta di fornire il più rapidamente possibile (è la terza volta che si sottolinea questa rapidità) e dovrebbe trovare un'indicazione terminale soprattutto al traffico merci internazionali della direttrice nord-ovest con origine e destinazione in tutta Italia, una infrastruttura senza più strozzature e con maggiori capacità, allo scopo di non sbilanciare ulteriormente verso il mezzo stradale, il trasporto merci, ciò tanto più in presenza del procedere della realizzazione del traforo stradale del Frejus che, entrato in servizio potrebbe dare origine ad un traffico tale da richiedere una modificazione rilevante dell'assetto delle comunicazioni e del territorio della Valle di Susa". Occorre iniziare al più presto anche il raddoppio dell'ultimo tratto, cioè la perforazione della galleria di circa 10 Km tra Bussoleno e Meana. Si tratta di lavori lunghi e presumibilmente difficili per le caratteristiche del terreno. Le ferrovie, anziché giustapporre cifre al titolo delle opere, devono indicare se con questi nuovi finanziamenti tale opera finalmente verrà conclusa, ma aggiungerei "ed entro quale termine".
Sono d'avviso che il problema sia impostato correttamente, salvo alcune precisazioni che mi permetterei di sollecitare rispettosamente relativamente a quanto scritto a questo proposito nella relazione alla proposta del Piano regionale di sviluppo '76/80 dal collega Carlofelice Rossotto, il che dimostra che l'argomento va collocato nella visione del progetto di carattere generale perché ha un'incidenza particolare sul modo di vita della Regione Piemonte, in modo particolare del Comprensorio valsusino, in relazione ai rapporti che debbono essere stabiliti a livello internazionale.
A pagina 35 della relazione Rossotto è scritto: "Tra questi tipi di processi in corso nella Regione, pare che il più significativo sia il Traforo autostradale del Frejus. E' indispensabile preparare una serie d'interventi che consentano alla Regione di recepire al meglio i vantaggi che questa opera potrà produrre, agendo nel contempo per annullare o almeno ridurre i fenomeni negativi che con puntualità e costanza sono da più parti evidenziati".
Nella relazione non si dice quali siano questi aspetti negativi. Si possono ipotizzare e immaginare nella concretezza delle cose. Non credo che si possa dire che il traforo del Bianco e il traforo del Gran San Bernardo abbiano avuto degli aspetti gravemente negativi tali da superare gli aspetti altamente positivi che hanno stabilito dei mezzi di comunicazione rapidi e di una intensità tale che semmai possono avere il rischio e il pericolo dell'eccessiva intensità e dei connessi rischi delle strade intasate o troppo affollate.
Ma Rossotto aggiunge nella relazione: "Una corretta esaltazione del trasporto pubblico, quale elemento essenziale di un nuovo e più equilibrato assetto socio-economico, impone l'impegno della Regione a fare sì che l'apertura al traffico del sistema autostradale si realizzi solo in epoca successiva all'integrale attuazione del potenziamento della linea ferroviaria che opera in loco, di cui lentamente purtroppo proseguono i lavori".
Tutti siamo d'accordo sulla rapidità e l'acceleramento. E continua: "E' noto come un processo inverso creerebbe distorsioni a favore del trasporto su strada, difficilmente recuperabili quando entrasse in funzione a pieno regime la nuova linea ferroviaria".
E propone quindi, almeno sembra di capire attraverso quanto è stato scritto, che si tralascino i lavori del traforo autostradale del Frejus e che si faccia accelerare l'allargamento del tunnel ferroviario.
Il richiamo che ho fatto ritengo sia ancorato a quanto è scritto alle pagine 308-315 del Piano di sviluppo regionale. Ho delle grosse perplessità a mandare a livello ministeriale un parere che sia suffragato da un proposito di remora nel completamento del traforo del Frejus al momento in cui le Ferrovie, che camminano lentamente, abbiano risolto il problema ferroviario. Sarebbe sempre denaro sciupato. Bisognava fare delle scelte diverse ed essere rapidi allora, e, fatte le scelte, attuarle.
Cavour presentò in discussione alla Camera dei deputati i progetti ebbe l'approvazione della Camera, entro i tre giorni successivi il Senato Subalpino approvava, ed il 31 agosto di quell'anno si incominciavano i lavori. Dobbiamo tutti quanti rammaricarci di non aver camminato con quella rapidità con la quale sapevano camminare i nostri anziani. Oggi significa vivere o non vivere in un'economia europea, camminare verso il progresso o restare fermi. Cavour in questo momento freme nella tomba di fronte agli anni che sono stati necessari per mettere d'accordo Italia e Francia sulla convenzione e per ottenere gli accordi in fase di risoluzione.
Che cosa vogliamo, signori della Giunta? Vogliamo ripetere a livello nostro quanto abbiamo visto accadere in Valle d'Aosta, quando si sono aperti i trafori del Bianco e del Gran San Bernardo e il traffico intenso calava su Aosta, intasando completamente la via fino a Torino per la miopia di coloro che hanno avuto la responsabilità di non accettare il provvedimento della Torino-Quincidetto per consentire una speditezza di traffico? Vogliamo ripetere quell'errore anche nella Valle di Susa? Bisogna arrivare contemporaneamente alla stesura definitiva del parere di piano e alla consultazione della zona valsusina, delle due Comunità montane, degli Enti locali, per sentire il loro parere che permetta alla Regione di assumere la propria responsabilità.
Ci sono problemi di natura ecologica, di natura paesaggistica certamente, ma vi sono anche problemi di sviluppo o di arretratezza della Valle di Susa, a seconda che nel futuro Piano di sviluppo, sia inserito e chiarito che cosa si voglia fare in questa direzione. In deroga alla legge che vieta la costruzione di altre autostrade, nella convenzione occorre consentire che si possa procedere alla costruzione dell'autostrada Torino Valle di Susa-Modane. Il problema diventa estremamente delicato, lo accenno soltanto, ma va approfondito.
Possiamo oggi pensare ad una autostrada di quel genere? Dove si recepiscono i mezzi finanziari necessari? E' opportuna? Da Susa in su comunque sia, è una strada che va rifatta. Anche oggi è praticamente impossibile percorrerla, non solo la domenica, ma anche nei giorni feriali con un certo traffico di autocarri. Da Susa verso Torino vi sono delle diverse possibilità: una superstrada, la sistemazione delle due strade attualmente esistenti (non so quanto questa seconda soluzione sia possibile). Si sono fatte delle linee di circonvallazione in funzione del dirottamento e dell'accoglimento del traffico: e pensabile che si siano spesi quei soldi per lasciarli oggi assolutamente inutilizzati? Su questo punto bisognerà essere estremamente chiari e precisi. Non possiamo esserlo oggi, né, penso, lo vogliamo essere senza avere prima consultato le popolazioni del luogo, gli Enti locali, il Comprensorio per la parte che si riferisce alla Valle di Susa e le Comunità montane. Avuta questa indicazione chiarificatrice, approfondito lo studio attraverso gli accertamenti tecnici che si possono fare, mi sembra proprio che dobbiamo scrivere, anche in relazione al piano delle ferrovie, una parola che sia ferma e decisiva.
E' vero che molti sono i problemi. Sentiamo molte volte parlare di ospedali, case, scuole. Tutto verissimo, ma non si può camminare con uno zoccolo e una scarpa di raso. Bisogna accontentarsi di un paio di scarpe che siano eguali, che calzino bene i piedi e camminare insieme per le diverse strade. Fermarci in questa direzione sarebbe non soltanto restare agnostici, ma significherebbe creare una situazione di rischio e di pericolo per lo sviluppo futuro del Piemonte. E poiché molto opportunamente l'Assessore Bajardi ha fatto il richiamo, echeggiato anche per altri versi attraverso la relazione del Presidente stesso, circa i rapporti che si debbono stabilire tra Nord e Sud, diciamocelo chiaramente: questo è un problema del Nord, è un problema internazionale, è un problema che collega Piemonte e Francia, ma è anche un problema del Sud. Non cito altri, cito gente del sud. Su "Parallelo 38", rivista calabrese, a proposito del traforo autostradale del Frejus è stato scritto "è una porta d'Europa sul Mediterraneo". E' con questo respiro che ritengo debba verificarsi, debba studiarsi, debba approfondirsi e debba trovare soluzione positiva questo argomento, che ho ritenuto di sottolineare alla cortese attenzione della Giunta e dei colleghi del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini, ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Sono stato anticipato in molte cose dal collega Oberto e non mi lamento. Egli ha portato degli argomenti interessanti e soprattutto ha impostato la linea della discussione in termini tali che il mio contributo è certamente modesto.
Prima di venire a parlare di una delle scelte prioritarie indicate dalla Regione, cioè il raddoppio Bussoleno- Salbertrand-Chiomonte con tutto quello che comporta (detto tra le righe, anche se non è scritto), debbo dire che condivido in larga parte il documento steso dalla Giunta, anche se è un documento che attiene più alle Commissioni parlamentari sui trasporti che non alla nostra dimensione regionale.
Noto una carenza nel documento in quanto non si prende nessuna decisione in ordine al problema dei mille chilometri della rete piemontese,che sono destinati ad un progressivo depauperamento.
Se si utilizzassero termini usuali, credo che riusciremmo a capirci meglio. Per esempio, in tutte queste relazioni non si usa più il termine 'ramo secco'. Se non si vogliono incentivare questi mille chilometri devono essere considerati "rami secchi" con soli svantaggi e nemmeno un vantaggio di carattere economico.
La Giunta e la competente Commissione dovranno definirci come intendono intervenire su questo problema e le Ferrovie dello Stato ci dovranno dire che tipo di interpretazione intendono dare (magari usando una terminologia più comprensibile ai non addetti ai lavori). Le altre priorità possono essere condivise con le considerazioni di ordine generale indicate dall'Assessorato. Certamente le Ferrovie dello Stato hanno raggiunto un record sulla capacità, o per meglio dire sull'incapacità di spendere.
L'Assessore ha dimenticato però che quando si fa il discorso sulle tariffe esiste pur sempre un prezzo politico che deve essere valutato in ordine all'apporto in termini economici e sociali, cioè in ordine al premio che dà all'economia del Sud. Se dobbiamo pagare un prezzo politico per favorire il commercio delle arance in Germania, ha un senso, ma se quelle arance vengono regalate - secondo una notizia di questi ultimi giorni agli Assessori dei Comuni di provincia, ne ha un altro. Dico questo perch questo è anche il problema del Sud. Il Nord, o il Paese in genere, pagano al Sud un prezzo in termini economici, però il rilancio del Sud deve porsi anche realisticamente. Gli ebrei hanno inventato quegli stranissimi agrumi chiamati pompelmi che consumiamo tutti i giorni. Se ce li avessero dati una volta, avremmo detto che erano arance verdi; oggi sono pompelmi e li beviamo.
A parte questo intervento distensivo, vengo al problema del Frejus sottolineando alcune forzature che l'Assessore - devo dire con molta franchezza - ha voluto dare al problema. Questa sua franchezza gli fa onore, ma lo impegna. La franchezza e la volontà politica espresse nelle sue parole non trovano le forze politiche del Consiglio sufficientemente presenti. Lo dico con un minimo di rimprovero.
L'Assessore parla testualmente di vincolo di precedenza rispetto al traforo del Frejus. Questa è una scelta politica che va dibattuta documentata e specificata. Certamente non possiamo inserire tutto questo problema nel discorso della sicurezza della Bussoleno-Modane, perché allora sarà il caso di andare a riesaminare un lavoro fatto alcuni anni fa quando per un banale accidente erano morti tre dipendenti delle Ferrovie dello Stato. Da una roccia dove c'era un'uscita d'acqua, cadde una pietra che finì sotto la ruota del locomotore, causando il deragliamento. Cosa gravissima, luttuosa. Non facciamo dell'umorismo su questo, ma lo facciamo su quanto è avvenuto dopo: si è lavorato per ben tre anni, e si lavora tuttora, per fare un enorme scavo e per abbattere una enorme montagna che si trova dietro al punto in cui è avvenuto il crollo. Naturalmente tutto il resto del tratto, pericolosissimo, è stato lasciato com'era.



BESATE Piero

Ci sono problemi idrogeologici.



MARCHINI Sergio

D'accordo, ma se dovessero sistemare idrogeologicamente tutta la linea Modane-Torino, con un criterio simile, dovrebbero spianare la Valle di Susa (magari poi si dirà che per la sistemazione di quel tronco si sono spesi miliardi, mentre hanno sì spianato la montagna, ma la pericolosità è rimasta quella che era su tutta quanta la percorrenza).
Con quale potere la Giunta ha fatto questa scelta e soprattutto con quale potere ha fatto le altre conseguenti? Pongo un preciso interrogativo all'Assessore. Si dice che le autorità italiane abbiano chiesto a quelle francesi di essere ospitati nella dogana del Frené. I francesi, che sono gente seria (non che noi non lo siamo), hanno detto chiaramente che loro non ospitano nessuno, che non sono una scuola materna, che accettano di essere l'unica dogana principale e gli italiani si aggiustino a valle del traforo. A questo punto pare che le autorità italiane abbiano trasferito le decisioni a livello diplomatico, a livello consolare, livelli che non significano un bel nulla. Tutto questo mi fa pensare che l'Assessore abbia già delle soluzioni circa la sistemazione del traffico su gomma. Mi pare che sia una responsabilità che l'Assessore da solo, con questi atti e con queste omissioni, non possa prendersi.
Gli atti consistono nel fatto che un'autorità italiana, non so se della Regione o di altro livello, vada a trattare con le autorità francesi senza che il Consiglio regionale sia informato. Una decisione di questo livello significherebbe far perdere alla Valle di Susa alcune centinaia di posti lavoro, alcune centinaia di miliardi all'anno di traffici valutari e lo slittamento del fulcro del problema commerciale dell'area europea mediterranea o del Terzo Mondo. Il problema del Terzo Mondo interessa anche Torino. I finlandesi vengono in Italia, adoperano le loro navette in disarmo per portare i containers nei Paesi arabi, mentre le nostre navi traghetto della società che fa il tratto da Civitavecchia in Sardegna entrano in sciopero perché si pretende di riciclare questo tipo di attrezzatura (anche in questo caso viene confermata l'azione di un sindacato autonomo). Comunque insisto per avere una risposta. Si faccia un'indagine per accertare se effettivamente si sta soprassedendo alla collocazione dell'area doganale autoportuale, rischiando di beneficiare l'efficientissima scelta francese che ha già predisposto l'autostrada fino a Port Royal. L'Assessore mi risponderà che, con il raddoppio della ferrovia Orbassano-Modane, tutto il problema si sgonfia. Le ferrovie francesi sono una compagnia, non sono lo Stato ed i soci maggiori, sono soprattutto dei trasportatori su gomma (questo sta ad indicare che il trasporto su gomma ha ancora una sua vita nel tempo). Ricordiamoci che le holdings internazionali hanno deciso che il Frejus sarà un traforo commerciale (verrà penalizzato il Monte Bianco dal punto di vista commerciale). Si prevede che un milione di autocarri all'anno passeranno attraverso i due valichi e graviteranno su Torino. Tutto questo fa pensare che ci si debba muovere, realizzare, costruire, cogliere questa occasione.
Invece, si dice: no, finite tutti ad Orbassano! Caro Assessore, anche se voi riusciste a fare ad Orbassano lo scalo più bello del mondo, avreste a valle la ferrovia italiana che rimarrà quella che è, perché se raddoppiate la Bussoleno-Salabertano non raddoppiate le ferrovie italiane. Quindi il maggior traffico delle ferrovie europee arriverà a Torino assorbito dal raddoppio della ferrovia, ma il traffico su gomma troverà ad un certo punto il Frejus sbarrato e le strade con i mucchi di neve (perché i nostri valichi vengono chiusi con mucchi di neve).
Naturalmente alle autorità italiane va bene così! Premesso che studi seri dicono che questa benedetta opera del raddoppio delle ferrovie non farà altro che recuperare gli standards europei fino a Torino, rimane il problema di cogliere questa occasione per far diventare Torino e la sua area un fulcro di traffici internazionali.
O crediamo nel terziario e nella diversificazione, o non ci crediamo.
Credere nel terziario, da parte dell'Assessore, non credo sia facile perché dietro ad esso esiste un certo humus umano e politico diverso dal tipo di organizzazione che egli ha in testa. La realtà è che in Valle di Susa arriveranno milioni di autocarri. Non pongo tanto il problema dell'autostrada direi piuttosto che, dopo tutta l'opera di disinformazione che abbiamo compiuto come partiti e come Enti culturali, abbiamo creato in Valle di Susa una situazione di arretratezza culturale per cui parlare oggi di questo problema significa riaprire una discussione sui totem e soprattutto di rivalsa. L'alta Valle di Susa, la Vandea democristiana, dirà sì all'autostrada perché ritiene che l'Assessore sia contrario e la bassa Valle di Susa dirà no all'autostrada perché ritiene che la Democrazia Cristiana sia favorevole, purtroppo la questione verrà discussa in questi termini. Sono gli stessi inconvenienti del formaggio gruviera che è soprattutto un formaggio, ma ha anche i buchi.
Gli autocarri che gravitano su Torino devono essere visti con criteri di ottimismo e di imprenditorialità. Impostiamo questo discorso in modo giusto, rendiamoci conto che si deve creare un'area aeroportuale e una dogana attrezzata (che non significa il doganiere con il cane lupo) che rappresenta centinaia di posti di lavoro e soprattutto l'occasione di riportare su Torino uno spirito imprenditoriale diversificato che oggi non esiste. Gli imprenditori parleranno più con accento tedesco che napoletano ma avremo la possibilità di riqualificare anche il nostro habitat. Se Torino e scaduta e se il Samia se ne è andato è perché non esiste più un certo tipo di imprenditorialità. L'apertura del Frejus forse è una delle occasioni per riqualificare il nostro Piemonte.
Questo è più un discorso di colore che di ordine tecnico, come l'Assessore meriterebbe. Cerchiamo comunque di individuare, dietro le preoccupazioni mie e dell'avv. Oberto, le valutazioni e la volontà perch l'occasione non venga persa.
Si colga questa occasione e soprattutto non si cada nello spirito di rivalsa, di revanscismo nei confronti di quanto è avvenuto prima. Tutti conoscono gli errori sull'autoporto di Aosta, tutti sanno che cosa significano gli errori di Pollen, ma sarebbe una fuga dalle nostre responsabilità, che certamente ci verrebbe rimproverata a tempi brevi, se sulla base delle esperienze a livello europeo non realizzassimo qualche cosa di positivo nell'area di Torino.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

I due interventi che mi hanno preceduto sono stati puntuali e pragmatici nel richiamo al ruolo del trasporto ferroviario a sostegno dello sviluppo economico e mi esimono dal fare considerazioni di carattere generale su questa tematica.
Devo però rilevare che questo aspetto è stato, forse di proposito, non dico sottovalutato ma certamente ignorato nel documento dell'Assessorato il documento elaborato dalle Regioni ci induce ad alcune considerazioni di metodo che non sono irrilevanti rispetto agli aspetti generali che investono lo sviluppo economico della nostra Regione. Esso riafferma le carenze di programmazione presenti nel nostro Paese, ma indica anche una metodologia di formazione del piano nazionale dei trasporti; suggerendo che la crescita di indicazioni nazionali avvenga attraverso alla sommatoria di contributi regionali e settoriali.
Il documento delle Regioni, rivendicando il ruolo propositivo e collaborativo delle Regioni stesse, richiama al Governo il diritto di conoscere le strategie che sono a sostegno degli attuali impegni programmatici, sia in termini di riconversione industriale e sia in termini di interventi settoriali proprio per potersi inserire in questa strategia.
Il documento delle Regioni richiama il secondo grosso tema che è carente nell'indicazione di fondo delle Ferrovie dello Stato, cioè il problema del coordinamento funzionale e delle integrazioni dei sistemi di trasporto, il ruolo delle maglie portanti delle ferrovie nei confronti del traffico merci e del traffico passeggeri. Il richiamo alle strategie che sostengono gli impegni, anche quelli in corso (cioè quelli che sono il contenuto sostanziale delle proposte del piano poliennale delle ferrovie) e al discorso del coordinamento funzionale, esigono da parte nostra alcune considerazioni e mi permetto di valutare anche l'atteggiamento della Giunta nei confronti del piano stesso.
Riteniamo che i piani delle ferrovie siano certamente un singolare modo di affrontare il discorso della spesa pubblica.
Questa articolazione tra "piani ponte", "piani d'intervento straordinario" e "programmi integrativi" non offrono complessivamente un contributo di chiarezza; più che strumenti di programmazione sono strumenti di contabilità o perlomeno di resa di conto dei fondi disponibili con stanziamenti a "tranches", rapportati a varie annualità.
Questo tipo di programmazione degli operatori pubblici e privati e le modalità della spesa ci pongono in indubbio disagio. Il superamento di questa condizione di "aziendalità" da parte delle Ferrovie dello Stato passa attraverso una o due di quelle dieci condizioni individuate nel documento, dove ai punti 6 e 7 si ribadisce in termini un po' pletorici che le Regioni possono svolgere un ruolo nel rendere concreto il rapporto di connessione tra la spesa delle ferrovie e le infrastrutture del territorio si sollecita il superamento del ruolo passivo in termini di vincoli e di delimitazioni di ambiti normativi e si sollecita la nuova posizione attiva nelle decisioni che dovrebbero assumere le Regioni, anche nella direzione di una maggiore qualificazione degli interventi delle ferrovie stesse.
E' chiaro che in queste sollecitazioni dobbiamo inserirci ricercando una collocazione delle proposte che, seppur in termini correttivi, siano anticipazioni di scelte.
E' necessario che il ruolo delle Regioni superi la fase dei generali pronunciamenti e si sostanzi con una serie di proposte e con un patrimonio di progetti. Di fronte all'ineluttabile esigenza di completamento delle opere già avviate (che peraltro non sono nemmeno contestabili in termini generali), il ruolo collaborativo delle Regioni si deve concretizzare con richieste molto precise.
Abbiamo suggerito che la II Commissione consiliare e la Giunta predispongano un approfondimento conoscitivo, allo stadio in cui sono le cose, per stabilire, in termini di realizzazioni e di ulteriori proposte di spesa, quali sono i problemi emergenti.
L'impegno ad accelerare la definizione del "quadro di riferimento" compreso negli impegni della Giunta, è un'affermazione troppo generica.
Abbiamo già ricordato in Commissione che occorre dotarsi di strumenti di analisi e di accertamento e rendere conto al Consiglio regionale di come si intenda gestire questi strumenti. Abbiamo appreso che la Regione ha stanziato per il piano regionale dei trasporti un fondo piuttosto consistente e vorremmo che ci fosse dato conto di come si intendono spendere queste centinaia di milioni; anche per evitare inutili doppioni in analisi, in approfondimenti di aspetti che probabilmente sono già stati elaborati.
Venendo al merito dei problemi indicati nel documento della Giunta regionale, in termini generali gli aspetti critici evidenziati ci trovano consenzienti, per le ragioni già ricordate, in particolare dal Consigliere Oberto. Dobbiamo però affermare che le verifiche di realizzabilità sono concretizzabili nella misura in cui la Regione riesce ad evidenziare le priorità con proposte molto concrete, per l'utilizzo del quadruplicamento Trofarello-Chivasso. Si deve incominciare a scendere dalle indicazioni di carattere generale a specificazioni molto precise, indicando scadenze a partire dal 1982 in poi, con impegni triennali che consentano una verifica di programmazioni, di connessioni con la pianificazione urbanistica e di benefici conseguibili per lo sviluppo economico.
E' pur vero che vi è l'indicazione di priorità del Lingotto; a nostro avviso occorre precisare come si intende avviare, sollecitare e favorire da parte delle ferrovie la sistemazione di questo scalo. La città di Torino aveva iniziato a suo tempo lo studio di un piano particolareggiato. Sarebbe opportuno riprendere quello studio per le ancora deboli connessioni possibili con la struttura urbana della zona. Impegni precisi si impongono per l'attestamento incrociato di Stura e la sistemazione del quadrivio Zappata con un eventuale attestamento sul Corso Mediterraneo; come si intenda utilizzare lo scalo Dora per l'attestamento delle linee suburbane della Ciriè-Lanzo e della Canavesana, linee che, nel nuovo quadro di deleghe dallo Stato alla Regione, possono dalla Regione essere utilizzate e gestite.
Infatti nell'articolo 48 del progetto in applicazione dell'art. 1 della legge 382 si cita come delegatile alle Regioni l'"esercizio delle funzioni amministrative in materia di linea ferroviaria anche in gestione commissariale governativa, previo il risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato".
Aspetto tutt'altro che trascurabile in connessione sia alla necessità di recupero del patrimonio progetti, sia alle nuove competenze che verranno attribuite alla Regione.
L'utilizzazione del sistema ferroviario delle linee Torino nord (quadruplicamento ed attestamenti incrociati) diviene importante e fondamentale.
Tralasciando i temi già trattati del raddoppio della ferrovia di Modane, mi soffermo sugli interventi che si indicano come prioritari per il compartimento di Torino.
In questi anni siamo passati da un'ipotesi di "ristrutturazione" del trasporto interurbano appoggiata alla dorsale metropolitana sotterranea, ad un'altra "proposta" che ricerca nell'integrazione con il sistema ferroviario la soluzione del trasporto urbano e interurbano dell'area torinese. Il superamento delle precedenti ipotesi vorrebbe recuperare una sostanziale capacità e potenzialità di utilizzazione del patrimonio ferroviario.
Già allora si pensava con la linea 1 (a Porta Nuova ed in corrispondenza dell'attestamento della Cirié-Lanzo) ad un attestamento incrociato forse eccessivamente polarizzato.
Nelle proposte pervenute successivamente non si è indicato come si intende risolvere questa integrazione e quali investimenti sono prioritari per favorirla.
Nell'ambito della maggioranza delle forze politiche che governano gli Enti locali dell'area torinese troviamo due posizioni differenti sul ruolo che si intende affidare alla "spina dorsale" delle Ferrovie dello Stato nei confronti del sistema di trasporto metropolitano. Vi è un progetto del PSI che identifica in un "anello portante" un'alternativa di supporto allo sviluppo urbano, per "diffusione di poli" di centralità nell'area metropolitana; anello che dovrebbe in parte appoggiarsi al raddoppio della Chivasso-Trofarello.
Una seconda ipotesi è compresa nel documento del Piano Territoriale di Coordinamento dell'Assessore Rivalta, che riconferma il ruolo di spina dorsale dell'attuale direttrice nord-sud, con netta prevalenza della stessa spina a servizio interregionale e regionale, cioè ribaltando su un diffuso sistema a reticolo nell'area torinese la soluzione dei problemi di concentrazione e di articolazione funzionale dell'area metropolitana di Torino.
Il richiamo a queste contraddizioni non è del tutto casuale n superfluo in questa circostanza. L'incertezza nel delineare prospettive ed indicazioni politiche, rafforza la tesi delle Ferrovie dello Stato che continuano a muoversi come si sono mosse finora; potenziando ulteriormente le dorsali e trascurando completamente la necessaria attenzione agli attestamenti incrociati che invece rivestono nel quadro delle scelte che tutte le forze politiche paiono accettare, un ruolo del tutto determinante.
Richiamo all'attenzione questo problema affinché le scelte vengano precisate e sostanziate da concreti progetti di realizzazione.
Per quanto riguarda altri problemi, oltre a quelli del compartimento di Torino, quali i già accennati collegamenti trasversali ed il potenziamento in prospettiva dei cosiddetti rami secchi, i collegamenti portuali Piemonte e Liguria e le connessioni con altri ruoli internazionali, ritengo che esigano, da parte della Regione Piemonte, un momento di riflessione per esplicitare meglio le priorità che si intendono affrontare.
Nel documento il tutto è rinviato al Piano regionale dei trasporti.
Questo ci sta bene per principio, ma non è accettabile per le urgenti implicazioni che potrebbero consentire, a nostro avviso, un ripensamento negli atteggiamenti delle Ferrovie dello Stato sul destino del patrimonio ferroviario nella Regione Piemonte, da rivalorizzare e da riutilizzare gradualmente.
Signor Presidente e colleghi: non voglio dilungarmi ulteriormente sulle connessioni che la rivalorizzazione del patrimonio ferroviario ha nella prospettiva del riequilibrio regionale, della riconversione e della diversificazione industriale.
Mi permetto di concludere l'intervento ricordando la necessità di dotarsi di una strumentazione conoscitiva; quindi maggiore approfondimento di aspetti tuttora a noi sconosciuti e che non ci consentono di stabilire la necessaria dialettica nei confronti dell'azienda ferroviaria.
E' quindi indifferibile il tempestivo aggiornamento sullo stato progettuale ed attuativo degli interventi.
Ci auguriamo che le sollecitazioni sullo stato di predisposizione del piano regionale dei trasporti ci consentano di avere la possibilità di ulteriormente approfondire gli argomenti indicati nella discussione.


Argomento:

Sul programma dei lavori


PRESIDENTE

A questo punto, data l'ora, propongo di sospendere i lavori e di riprenderli alle ore 15. Vi è qualche obiezione? Chiede di parlare il Consigliere Paganelli, ne ha facoltà.



PAGANELLI Ettore

Sono d'accordo sulla procedura, ma vorrei fare una proposta che attiene agli argomenti iscritti all'ordine del giorno. Mi riferisco in particolare al dibattito sul Sa mia che rischia di slittare, mentre è opportuno che avvenga nella seduta di oggi, dopo la chiusura del dibattito sulle ferrovie.



PRESIDENTE

Certamente. Ma dobbiamo trovare un punto di equilibrio tra gli argomenti in discussione e le leggi che devono pure passare. Credo comunque che possiamo gestire i lavori in modo tale che le due esigenze siano contemperate.
La seduta riprende alle ore 15 in punto.



(La seduta ha termine alle ore 12,40)



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