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Dettaglio seduta n.1 del 21/07/75 - Legislatura n. II - Sedute dal 16 giugno 1975 al 8 giugno 1980

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Argomento:


OBERTO GIANNI


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Discorso inaugurale del Presidente provvisorio


OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, assumo la Presidenza in base ad una norma regolamentare di questa Assemblea che oggi si riunisce per la prima volta dopo la competizione elettorale. La norma del Regolamento privilegia l'anziano di età, privilegio invidiabile ma non certo invidiato, e mi pone così nella circostanza di dare avvio ai lavori di questa seconda legislatura regionale piemontese, così come mi era toccato in sorte di aprire i lavori della prima tornata di insediamento dell'Assemblea regionale.
Io non mi propongo di fare un discorso, oggi, di qui, ma mi sembra che sia non soltanto obbedire ad un aspetto e ad un suggerimento formale ma di essere veramente dentro a quelle che sono le norme della convivenza civile nel rivolgere un caldo, fervido, caloroso saluto ai colleghi Consiglieri rieletti, innanzitutto, e a quelli non eletti: il saluto cordiale del più anziano, che lo accompagna con il fervido auspicio che tutti sappiamo e possiamo compiere un buon lavoro quale il Piemonte ed i Piemontesi attendono.
C'è tanto da fare, mi permetto di dire ai nuovi Consiglieri, e di rammentare a quelli che hanno condotto i cinque anni dell'esperienza passata. C'è tanto da fare, in un tempo ovunque difficile ma particolarmente difficile in questa nostra travagliata, tormentata Regione piemontese, che ha tuttavia in sé, e anche nella espressione di questa Assemblea, la forza e la capacità di fare, per vincere, superare riemergere, portare sul cammino della prosperità la gente piemontese.
E un saluto mi consentirete di rivolgere, accompagnato da un ringraziamento, ai non rieletti, ai Consiglieri che non hanno ritenuto di ripresentare la loro candidatura, a quanti non hanno avuto favorevoli le sorti dell'urna. Li ringrazio per l'apporto generoso che hanno dato nella conduzione dell'esercizio della prima legislatura piemontese. E credo di poter dire loro direttamente - non pretendo di farlo in aula - che noi non li consideriamo degli amici e dei collaboratori perduti, ma ancora contiamo sulla loro esperienza, sul loro apporto e sul loro suggerimento nell'ambito del lavoro che insieme svolgeremo.
Colleghi Consiglieri, è certamente un grosso impegno, quello che ci attende, e ci attende tutti, quale che sia per essere la nostra collocazione. Lavoreremo per raggiungere un fine comune, il bene del Piemonte e dei piemontesi. Lo assolveremo, questo compito, per consolidare la realtà di questo istituto regionale da troppe parti ancora insidiato istituto regionale nel quale fermamente crediamo, sorto come espressione di riforma dalla Carta costituzionale derivata, quella, dalla Resistenza, che l'ha ispirata, alla quale resteremo fedeli nel ricordo, nella difesa, nella attuazione dei valori che l'hanno animata, la democrazia e la giustizia nella libertà.
Mi si consentano, signori Consiglieri, un accenno e un ricordo che mi vengono spontanei. Desidero ricordare qui, in quest'aula, e non come partecipe del Consiglio regionale ma partecipe di un'altra assemblea elettiva, uno scomparso di questi ultimissimi giorni: Valdo Fusi, patriota partigiano, impegnato uomo politico, che fervidamente ha operato per questo nostro Piemonte, repentinamente passato ad altra vita, lasciando alla nostra meditazione quel superbo documento che si intitola "Fiori rossi al Martinetto", di cui Giunta e Consiglio regionale hanno curato alcune edizioni.
Auspico, signori Consiglieri, che la nuova sede di Palazzo Lascaris sia presto disponibile, per agevolare l'attività della nostra Assemblea.
Formulo il voto che tutti e ciascuno sentiamo in profondità la esigenza in termini assoluti di una costante presenza ai lavori di Assemblea e delle Commissioni.
Il lavoro che ci attende è notevole, da riprendere e nuovo. Ben nove sono le leggi rinviate dal Governo per essere riesaminate, mentre l'adozione del piano predisposto dalla Giunta che ancora presiedo sino alla costituzione della nuova, relativo al programma di localizzazione degli interventi per l'edilizia (e quello della casa è certamente il problema dei problemi), da realizzarsi in tempi brevissimi, per soddisfare le esigenze di tanti che sono privi dell'abitazione, si impone con urgenza. Anche per questa urgenza operativa mi sono imposto di non impegnare tempo con un ampio discorso, per procedere invece rapidamente al primo adempimento che ci compete: quello della elezione dell'Ufficio di Presidenza che dovrà guidare e condurre i lavori della nostra Assemblea.
Non spetta certamente a me, da questo banco, in questa circostanza esprimere dei giudizi sui risultati elettorali e sulla loro interpretazione, ma non posso esimermi dal sottolineare che quei Paesi in cui, attraverso libere elezioni, accettate e rispettate nei risultati, si governa, sono Paesi liberi: l'Italia è un Paese libero.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Costituzione dell'Ufficio provvisorio di Presidenza


OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

A sensi del secondo comma del citato art. 2 del Regolamento, invito i Consiglieri Ferrero Giovanni, nato il 6 maggio 1949, e Bontempi Rinaldo nato il 2 gennaio 1944, che sono essi sì veramente invidiabili come privilegio, in quanto i più giovani fra noi, a prendere posto per esercitare le funzioni di segretari provvisori del Consiglio.
A questo punto invito il Consiglio regionale a prendere atto di queste comunicazioni, considerando i due giovani colleghi Segretari per questa seduta. Prego il Consiglio di voler prendere atto di questa designazione.



(Il Consiglio prende atto)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Consegna del verbale da parte dell'Ufficio centrale regionale


OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

A sensi dell'art. 15, penultimo comma, della legge 17 febbraio 1968 n.
108, è stato consegnato, da parte dell'Ufficio centrale regionale, un esemplare del verbale delle operazioni compiute dall'ufficio stesso, con i relativi allegati, e di tale consegna è stata rilasciata regolare ricevuta.
I colleghi Consiglieri che possano avere interesse alla cosa possono consultare i verbali presso la Segreteria generale del Consiglio regionale.
Da tale verbale risulta che sono stati proclamati eletti i Consiglieri regionali dei quali prego un Consigliere Segretario di voler fare l'appello, ciascuno avendo la cortesia di rispondere "presente", per la necessaria elencazione e determinazione della validità dell'Assemblea.



(Si procede all'appello nominale)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Alasia Giovanni Alberton Ezio Ariotti Anna Maria Armella Angelo Astengo Giovanni Bajardi Sante Bellomo Emilio Beltrami Vittorio Benzi Germano Berti Antonio Bertorello Domenico Besate Pietro Bianchi Adriano Bono Sereno Bontempi Rinaldo Borando Carlo Calsolaro Corrado Carazzoni Carlo Cardinali Giulio Cerchio Giuseppe Chiabrando Mauro Colombino Michele Curci Domenico Debenedetti Mario Enrietti Ezio Fabbris Dazzi Pierina Carmen Ferraris Bruno Ferrero Giovanni Fiorini Fausto Fonio Mario Franzi Pierino Furnari Baldassare Gandolfi Aldo Graglia Anna Libertini Lucio Lombardi Emilio Marchesotti Domenico Martini Mario Michele Menozzi Stanislao Minucci Adalberto Moretti Michele Oberto Gianni Paganelli Ettore Petrini Luigi Picco Giovanni Raschio Luciano Rivalta Luigi Robaldo Vitale Rosci Marco Rossi Luciano Rossotto Carlofelice Sanlorenzo Bernardo Simonelli Claudio Soldano Albertina Valetto Cornelio Vacchione Mario Vietti Anna Maria Viglione Aldo Zanone Valerio



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Sono presenti 59 Consiglieri regionali eletti. Dichiaro pertanto valida la seduta.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 14 dello Statuto della Regione Piemonte, previa eventuale surroga di Consiglieri.


OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Passando all'ordine del giorno, che reca: "Adempimenti di cui all'art.
14 dello Statuto della Regione Piemonte, previa eventuale surroga di Consiglieri", dò atto che il Consigliere regionale Graglia Anna, eletta nella lista n. 1, del Partito comunista italiano, sia nella circoscrizione di Cuneo che in quella di Torino, ha con sua lettera optato per la circoscrizione di Torino. Occorre pertanto procedere, a sensi dell'art. 16 della legge 17 febbraio 1968, n. 108,alla surrogazione del Consigliere Graglia Anna. A norma dell'articolo citato, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che alla stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto; la stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici centrali regionali.
Ora, dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cuneo risulta che all'ultimo eletto del Partito comunista italiano nella circoscrizione di Cuneo segue immediatamente il signor Dadone Pietro, al quale deve pertanto essere attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo pertanto ai voti la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Graglia Anna subentra nella circoscrizione di Cuneo, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Dadone Pietro. Il Consiglio prende atto con votazione espressa, per cortesia. Il Consiglio unanime prende atto e approva.
Propongo che la deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Graglia Anna con il signor Dadone Pietro sia dichiarata immediatamente eseguibile, a sensi dell'art. 49 della legge 10 febbraio '53 n. 62. Faccio presente che questa proposta, per avere validità, deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale.
Propongo pertanto la votazione per alzata di mano. Il Consiglio approva all'unanimità. Dichiaro pertanto la deliberazione assunta immediatamente eseguibile. Quindi, se il signor Dadone Pietro è nel palazzo, avendo avuto comunicazione con una dichiarazione inviata l'8 luglio '75 di accettazione della nomina a Consigliere, voglia prendere posto in aula.



(Entra in aula e prende posto il Consigliere Dadone)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Per quanto attiene alla convalida, l'art. 17 prevede che "al Consiglio regionale è riservata la convalida della elezione dei propri componenti secondo le norme del suo Regolamento interno", e a tale fine l'art. 13 del Regolamento provvisorio stabilisce che "l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla costituenda Giunta delle elezioni, la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti".


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Elezione dell'Ufficio di Presidenza


OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Si deve pertanto ora passare alla elezione dell'Ufficio di Presidenza a norma dell'art. 14 dello Statuto della Regione e dell'art. 3 del Regolamento provvisorio del Consiglio regionale, in quanto e per quanto applicabile.
L'art. 14 dello Statuto regionale recita: "Elezione del Consiglio di Presidenza. Il Consiglio, come suo primo atto, procede alla elezione del Consiglio di Presidenza, composto dal Presidente, da due Vice Presidenti e da due a quattro Segretari. L'Ufficio di Presidenza dev'essere composto in modo da assicurare la rappresentanza della minoranza.
L'elezione del Presidente del Consiglio ha luogo a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio. Se nessun candidato ottiene tale maggioranza si procede ad una votazione di ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti; in caso di parità è eletto il più anziano di età.
Alla elezione dei due Vicepresidenti e dei Segretari si procede con votazioni separate e ciascun Consigliere vota, a scrutinio segreto, con le modalità stabilite dal Regolamento.
I componenti dell'Ufficio di Presidenza restano in carica trenta mesi e sono rieleggibili".
Si tratta, per poter procedere poi distintamente alle operazioni di voto, il numero dei Consiglieri Segretari dell'Ufficio di Presidenza. Vi sono a questo proposito delle proposte da parte del Consiglio? Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Nella precedente riunione dei Capigruppo abbiamo convenuto che i Consiglieri Segretari possano essere quattro. Questo credo comporti una deliberazione.



BIANCHI Adriano

Desidero associarmi alla proposta fatta dal Consigliere Berti.



VIGLIONE Aldo

Anche i rappresentanti del P.S.I., a nome dei quali parlo, si dichiarano d'accordo sull'accrescimento del numero dei Consiglieri Segretari da due a quattro.



CURCI Domenico

Signor Presidente, noi siamo contrari alla proposta, perch l'ampliamento dell' Ufficio di Presidenza non contempla la partecipazione di tutte le forze politiche presenti in Consiglio, e noi ci opponiamo a questa discriminazione.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Pongo allora in votazione la proposta che sia fissato in quattro il numero dei Consiglieri Segretari che parteciperanno alla composizione dell'Ufficio di Presidenza. Chi approva questa proposta è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti: n. 60 favorevoli : n. 58 Consiglieri contrari : n. 2 Consiglieri.
La proposta è approvata, e pertanto l'Assemblea determina che siano quattro i Consiglieri Segretari dell'Ufficio di Presidenza.
Dovrei ora far distribuire le schede per la elezione del Presidente del Consiglio. Prima di procedere a questo adempimento chiedo se qualche Consigliere desidera intervenire in merito al punto all'ordine del giorno.
Chiede di parlare il Consigliere Berti. Ne ha facoltà.



BERTI Antonio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il nostro Partito propone che a presiedere questa Assemblea sia il nostro compagno Dino Sanlorenzo.
Ma consentitemi in questa, che vuol essere, anche per gli accordi che sono intercorsi, soltanto una dichiarazione di voto, rinviando al dibattito sul programma, al momento della votazione della Giunta, un più ampio intervento, di aggiungere alcune considerazioni che attengono ai giorni che hanno preceduto questa nostra prima riunione, convocata per eleggere appunto il Presidente del Consiglio e l'Ufficio di Presidenza.
Sono stati caratterizzati, credo tutti ne convengano, da avvenimenti di grande importanza politica, che confermano il significato di svolta assunto dal voto del 15 giugno. I dati elettorali sono molto chiari ed eloquenti: la grande avanzata del nostro Partito (circa 300 mila elettori in Piemonte hanno votato per la prima volta per noi, aggiungendosi ai 700 mila del 1970), e il notevole successo ottenuto dal Partito socialista hanno segnato in Piemonte un profondo mutamento del quadro politico ed un generale spostamento a sinistra.
Le ragioni di questo nostro successo vanno analizzate e valutate con serietà. Sbaglia chi attribuisce all'aumento dei nostri voti essenzialmente un carattere di protesta verso le forze che fino ad oggi hanno governato il Paese. Esiste certamente questa componente, ed è altrettanto vero che nel Paese esiste un generale e profondo malcontento per lo stato della situazione economica, politica e morale. Ma queste spinte, per quanto ampie, non avrebbero potuto tradursi in uno spostamento elettorale di così ampia portata senza una linea politica che apparisse convincente. Alla generale richiesta di profondi mutamenti nella vita pubblica, per nuovi indirizzi produttivi dell'economia, per garantire l'ordine democratico e per moralizzare la vita pubblica il nostro Partito ha certamente saputo proporre indirizzi che sono apparsi realistici e capaci di garantire positivi sbocchi politici. Siamo ora consapevoli che le nostre responsabilità sono più grandi. Alla domanda che molti si sono posti, di cosa succederà dopo i risultati elettorali, noi comunisti abbiamo risposto credo, in modo che a molti - forze politiche, sindacali, anche imprenditoriali - è apparso serio, concreto, continuatore di una linea politica che proprio i risultati elettorali hanno dimostrato essere giusta e corrispondente agli interessi generali del nostro Paese.
Qui, in Piemonte, partendo dai gravi problemi economici e sociali della regione, abbiamo proposto subito un ampio confronto con tutte le forze politiche democratiche ed antifasciste per una rapida costituzione delle Giunte comunali, provinciali e alla Regione, con l'invito a superare vecchi schemi e pregiudiziali anticomunisti che gli elettori hanno chiaramente battuto il 15 giugno.
Abbiamo pertanto accolto con il massimo interesse l'iniziativa del Partito socialista per un incontro con i rappresentanti di tutti i partiti democratici per ricercare e formulare indirizzi programmatici e nuovi modi di governare, capaci di ottenere la convergenza delle grandi forze popolari, comuniste, socialiste, cattoliche e laiche-progressiste.
Sono avvenuti, è ampiamente noto, più incontri tra i Partiti, tutti assieme e in modo bilaterale. Il nostro giudizio su questi incontri, al di là dei risultati raggiunti, è positivo. La serietà posta dai partecipanti lo sforzo, anche, compiuto in qualche caso per cercare di conciliare le opposte posizioni, il carattere pubblico degli incontri, alla presenza cioè della stampa, tanto che, credo, forse per la prima volta gli elettori hanno potuto seguire, giorno per giorno, le fasi che precedevano la formazione degli organi della Regione, tutto ciò ci consente di affermare che qualcosa, in conseguenza del voto del 15 giugno, è già cambiato.
Una delle questioni affrontate nel corso dei vari incontri è stata quella che riguarda l'ordine del giorno di questa prima riunione: elezione del Presidente del Consiglio e dell'Ufficio di Presidenza. L'intesa stabilitasi fra noi e i compagni socialisti ha portato, intanto, ad una prima proposta, cioè che il Presidente del Consiglio non fosse espressione delle stesse forze che governeranno la Giunta. In sostanza, e in modo più netto, nella misura in cui gli altri Partiti si autocollocavano in opposizione rispetto ai proponenti, abbiamo offerto alla Democrazia Cristiana ed agli altri Partiti di assumere la carica di Presidente del Consiglio, non come avallo politico alla maggioranza che si stava delineando. Con sincero rammarico abbiamo dovuto prendere atto infine dell'esito non positivo della nostra offerta.
Nel proporre oggi il nostro compagno Sanlorenzo, il quale possiede, a nostro giudizio, per quanto ha saputo dimostrare nei cinque anni trascorsi le doti necessarie - doti politiche, di iniziativa e anche di entusiasmo noi siamo sicuri che egli si porrà al servizio di tutte le forze politiche democratiche, impegnato ad operare per garantire il massimo di efficienza e funzionalità dell'Assemblea regionale. Nello stesso tempo noi dichiariamo che il nostro Partito rimane aperto, per l'Ufficio di Presidenza, anche per quanto riguarda la Giunta, a cambiamenti che possano conseguire dallo sviluppo di quella proposta politica per Giunte aperte che ha costituito l'elemento più importante del dibattito di questi giorni. Attorno a contenuti precisi, attorno a questioni fondamentali che affrontano i problemi più importanti del nostro Piemonte, che sono stati sottolineati nel corso di questi incontri ma che più ampiamente riprenderemo nel prossimo dibattito per la formazione della Giunta, noi vogliamo augurarci che sia possibile, in qualsiasi momento, procedere anche a riformulare gli organismi, la loro composizione e gli uomini che dirigono questa nostra Assemblea.
Nel concludere questo brevissimo intervento, desidero rivolgere il nostro saluto a tutti gli elettori piemontesi che hanno creduto nel nostro Partito, che hanno dato a noi responsabilità ma anche la forza di andare all'assunzione di più pesanti compiti con la coscienza che, avendo operato bene, noi pensiamo, negli anni trascorsi, attenendoci ad una linea politica che si è dimostrata giusta, noi senza trionfalismi ci poniamo al servizio della collettività e pensiamo di poter affrontare i problemi con tutto il nostro senso di responsabilità, nella ricerca continua ancora delle più ampie convergenze politiche.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Ha chiesto di parlare il Consigliere Viglione. Ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Signori Consiglieri, il Consigliere regionale del Piemonte è chiamato oggi a svolgere uno dei suoi compiti istituzionali più qualificati: l'elezione del Presidente dell'Assemblea regionale e dell'intero Ufficio di Presidenza. Tale elezione non costituisce soltanto, per noi tutti, lo svolgimento di un'importante funzione statutaria, ma ci offre soprattutto l'occasione per riconfermare, in questa circostanza, che l'autonomia politica e funzionale deve costituire una delle caratteristiche fondamentali dell'Assemblea regionale, momento prioritario di indirizzo politico generale, di dibattito e di confronto.
Abbiamo alle spalle l'esperienza della trascorsa legislatura che ha confermato, pur nelle sue fasi alterne, l'importanza fondamentale per le autonomie regionali di riconoscere al momento assembleare la pienezza delle sue funzioni istituzionali e politiche, quale garanzia per un corretto svolgimento della vita democratica regionale. Ma abbiamo alle spalle un altro momento che ha segnato una svolta significativa della vita politica e sociale per il Piemonte, ed in generale per il Paese: il voto del 15 giugno ha costituito, infatti, l'espressione chiara di una profonda volontà di rinnovamento. La notevole avanzata elettorale delle forze della sinistra italiana, nel suo complesso, dimostra che viene richiesto un diverso modo di gestione della vita politica e amministrativa, dimostra il consenso verso forme allargate e democratiche di partecipazione, di dibattito, su scelte idonee a risolvere i problemi sempre più gravi del nostro Paese.
Primo fra tutti l'aspetto economico e, collegato a questo, il problema dell'occupazione.
In questo senso non vogliamo tacere assolutamente, nel momento in cui la Regione affronta la sua seconda legislatura, che essa si apre in una fase molto critica per l'economia italiana, con un profondo attacco a tutti i settori dell'occupazione, ed in particolare a quei settori produttivi che, soprattutto in Piemonte, sono stati trainanti. Questa situazione di crisi economica richiede interventi urgenti, che tuttavia non vogliamo continuino a gravare soltanto sui lavoratori e deve trovare uniti nella ricerca di strumenti di intervento le forze politiche, le organizzazioni sindacali, tutte le forze del mondo del lavoro e le istituzioni nella pienezza delle loro funzioni e dei loro poteri.
Il voto del 15 giugno, espresso in un momento in cui la crisi economica e dell'occupazione era già ormai in pieno svolgimento, ha significato pertanto fiducia alle forze della sinistra e del Partito socialista, ha confermato un consenso elettorale e politico che noi socialisti intendiamo orientare nella difesa e valorizzazione delle istituzioni democratiche e dei suoi organi rappresentativi. Crediamo che su questo obiettivo debbano convergere tutte le forze politiche democratiche. La già richiamata gravità della situazione attuale impone infatti una nuova volontà di superamento dei vecchi schemi, una ricerca comune che, al di là di schematiche posizioni e di rigidi schieramenti, concorra alla gestione di proposte unitarie, alla elaborazione di strumenti necessari per uscire dalla crisi.
Sulla base di queste considerazioni, dettate dall'analisi del voto del 15 giugno e dalla consapevolezza della criticità del momento economico, si sono svolte, all'indomani del 15 giugno, le prese di contatto che hanno impegnato le forze politiche ed il Partito socialista in primo piano, per ricercare la convergenza di tutti i partiti democratici per una gestione quanto più possibile allargata della legislatura che ci attende e della cui importanza e delicatezza siamo pienamente consapevoli.
Proprio l'esperienza passata, lo scontro diretto con i problemi, la presa di coscienza del ruolo che la Regione ha nella vita politica del Paese e nella trasformazione dell'attuale struttura amministrativa, che risente ancora di una impostazione burocratica e centralizzata, ci hanno spinto a ricercare nuove formule di gestione degli organi della Regione Piemonte.
Nonostante le dichiarazioni pur positive, di vasto consenso, da parte delle altre forze politiche sulle priorità dei problemi da affrontare, sui metodi e sui contenuti, non si è ritenuto, da parte dei gruppi politici collocati al di fuori dello schieramento della sinistra, di accogliere una responsabilità di gestione diretta della vita della Regione. La stessa proposta di assumere direttamente la guida dell'Assemblea legislativa non ha trovato consensi da parte di altri partiti dell'area democratica, fatta eccezione per il Partito comunista e per il Partito socialista.
Il Partito socialista italiano, considerato il contesto economico e politico su richiamato, esprime tuttavia la sua disponibilità di apertura a tutte le componenti politiche democratiche qualora nel futuro si realizzino le condizioni per intervenire a livello di responsabilità diretta nella conduzione dell'Assemblea regionale piemontese. Come già in parte avvenuto nella precedente legislatura, riteniamo che i problemi più importanti e che più direttamente investono la comunità piemontese, debbano essere costantemente discussi con le popolazioni interessate, in un clima di confronto democratico ispirato al più profondo antifascismo.
Per questo, il Partito socialista ritiene che la Presidenza del Consiglio regionale debba essere assunta da chi intenda seguire fino in fondo questi principi di potenziamento della autonomia e del ruolo del Consiglio regionale, ispirando la sua azione ai criteri della più vasta partecipazione.
Individuiamo quindi, anche noi, in Dino Sanlorenzo, compagno proposto dal Gruppo comunista, il Consigliere che potrà degnamente esprimere quanto ho fin qui auspicato. Vogliamo ricordare innanzitutto la dedizione del compagno Sanlorenzo alla vita del Consiglio regionale, l'intelligente presenza nei cinque anni passati, nel corso dei quali ha costantemente ricoperto il ruolo di Vice Presidente del Consiglio regionale. In questi anni in cui la reazione fascista ha insanguinato il nostro Paese con attentati e stragi di cui anche la nostra Regione si è rivelata come territorio non tanto di azione quanto di ideazione di alcune fasi della trama eversiva non del tutto trascurabili, come dimostreranno i processi che sono in corso, il compagno Dino Sanlorenzo ha costituito un punto di riferimento per l'antifascismo, non soltanto piemontese ma a livello nazionale, promuovendo momenti di vasta sensibilizzazione, dando il suo contributo ideale e organizzativo per mobilitare sempre più vaste masse di democratici sul tema dell'antifascismo, che hanno caratterizzato una rilevante parte dell'attività del Consiglio regionale. Fra tutte ricordiamo l'iniziativa politica che ha consentito di realizzare in Piemonte, prima fra le Regioni d'Italia, l'inchiesta sulle attività di eversione fascista fase difficile e delicata, che ha visto il compagno Sanlorenzo esprimere tutta la sua creatività ed impegno politico.
Il Partito socialista è consapevole del ruolo nuovo che, anche sulla spinta del voto del 15 giugno, verrà ad assumere il Consiglio regionale come fatto di direzione politica, ed auspica che sulla candidatura del compagno Sanlorenzo possano convergere il maggior numero di consensi da parte delle forze democratiche del Consiglio regionale. Il Partito socialista intende dare il proprio contributo politico e funzionale all'Ufficio di Presidenza, esprimendo già fin d' ora la candidatura per la Vice Presidenza del Consiglio regionale del compagno Bellomo, da anni attivamente presente nella vita politica e amministrativa vercellese, con un significativo passato di militante democratico ed antifascista.
La candidatura a Presidente del compagno Sanlorenzo, cui il Partito socialista darà il suo voto favorevole, nel portare per la prima volta in Piemonte un Presidente comunista al Consiglio regionale, sarà di per sé un avvenimento il cui significato politico è ampiamente e, ci sentiamo di affermare, storicamente significativo.
La Regione Piemonte si appresta certamente ad affrontare in modo nuovo quanto più possibile rapido e risolutivo problemi imponenti. E' ferma volontà del Partito socialista essere presente in questa legislatura con un rinnovato impegno, che risponda alle giuste e pressanti aspettative dei lavoratori e dei cittadini, a cui intendiamo rivolgere tutta la nostra attenzione e il nostro impegno.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Ha chiesto di parlare il Consigliere Cardinali, ne ha facoltà.



CARDINALI Giulio

Signor Presidente, anche la mia sarà una dichiarazione di voto a nome del Gruppo del Partito socialista democratico italiano.
In questo momento in cui il Consiglio si accinge a votare il proprio Presidente (la carica massima del Consiglio stesso) il collega Berti Capogruppo del Partito comunista, ha parlato delle trattative e degli incontri che si sono effettuati prima della seduta odierna.
Io credo che si possa parlare di incontri, sul cui significato ed importanza in larga parte concordiamo con quanto ha detto il collega Berti ma non certo di trattative nel momento in cui i partiti che avevano responsabilità di governo in questo Consiglio regionale nella passata legislatura, si sono trovati di fronte ad una pregiudiziale del Partito socialista italiano che respingeva qualsiasi formulazione di maggioranza che escludesse i comunisti. I compagni socialisti nel caso che si fossero esclusi i comunisti parlavano di discriminazione, ma io non riesco a capire il significato di questa parola perché non mi sembra che in Inghilterra la vittoria dei laburisti discrimini i conservatori, o che i conservatori discriminino, vincendo, i laburisti; si trattava di una posizione politica di fronte alla quale cessava qualsiasi elasticità della trattativa stessa.
E' evidente che c'era e c'è (mi pare che l'intervento del collega Viglione lo abbia ribadito) nell'interpretazione del voto del 15 giugno da parte dei compagni socialisti, la tendenza a privilegiarne il significato più di regime che di avvicendamento democratico, essendo a mio modo di vedere improponibile, per il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, che l'avanzata di un gruppo politico significativa, da meditare e certamente da prendere in considerazione, rappresenti esclusivamente l'occasione per la costituzione di un carro su cui salgono tutti, vincitori e vinti.
Io non intendo, con queste parole, liquidare il significato profondo dell'offerta che hanno fatto i compagni comunisti alle forze non come dice Viglione della sinistra, o della sinistra estrema, per legarle ad una maggioranza di tipo nuovo. Noi dicemmo come Partito che l'elezione del 15 giugno significava soprattutto metodologia nuova, soprattutto rapporti diversi e certamente offriva enormi campi di meditazione a quelle forze politiche che erano state colpite dal voto elettorale. Ma, a nostro modo di vedere, il rapporto corretto delle istituzioni non può essere giocato sulla base di un significato, certamente profondo, ma non tale da sovvertire le caratteristiche di funzionamento dei nostri organismi democratici. E ci siamo pertanto trovati di fronte ad una proposta diciamo così paritaria per quel che riguarda i numeri del Consiglio regionale, ma certamente minoritaria per quel che concerne i numeri elettorali, il che evidentemente porta ad una grande responsabilità assunta dal P.S.I., responsabilità che con una scelta di una portata di questo genere, "storica" l'ha definita il compagno Viglione, nel momento in cui un comunista diventa per la prima volta Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, impone ai socialdemocratici il mantenimento di una prospettiva aperta di socialismo democratico, un socialismo che abbia obiettivi di rinnovamento della società, che porti alla sostanziale modifica e riforma del sistema sociale su cui si regge il nostro Paese, ma nella salvaguardia costante della democrazia e della libertà.
Noi abbiamo detto e diciamo di no alle maggioranze assembleari, no alla copertura della politica che i compagni socialisti hanno inteso portare avanti a nostro parere con una certa fretta e forse anche con una certa prosopopea nel momento in cui anche sul grava il significato di un voto e di una prospettiva che interessa direttamente anche il Partito socialista.
Dicendo no a questa proposta noi non intendiamo fare delle contrapposizioni e nel momento in cui ci sarà da esaminare un programma per costituire una Giunta, per dare un esecutivo alla Regione Piemonte, diremo anche noi no al pregiudizio, no al preconcetto, no certamente alle contrapposizioni frontali essendo il nostro compito quello di sollecitare nel Paese tutte quelle forze che tendono ad una trasformazione della società in senso socialista e democratico.
Ed a questo proposito compete al P.S.D.I. ricordare al Partito comunista che la sua avanzata è avvenuta sulla base di programmi e di promesse, sulla base di mani tese a gruppi sociali e a gruppi che detengono il settore politico ed economico in Italia, che è obiettivamente in contraddizione con le indicazioni che scaturiscono dalle posizioni sia congressuali che ideologiche, che di metodo del Partito comunista. Ebbene non intenderemmo, anche in questa occasione, vincolare il Partito comunista a questo tipo di scelte, di promesse, perché su questo banco, con questa possibilità, noi abbiamo ancora la prospettiva di mantenere aperta in Italia una dialettica che faccia avanzare il socialismo democratico.
Per quel che riguarda il Presidente del Consiglio, al di fuori del giudizio sull'uomo che abbiamo avuto occasione di stimare, di apprezzare nella precedente vita del Consiglio regionale, dobbiamo dichiarare che non lo voteremo e nel momento in cui diciamo che non lo voteremo diciamo anche che non voteremo nessun altro candidato.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La parola al Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Signor Presidente, colleghi, in questo momento inaugurale della seconda legislatura regionale, esprimeremo alcune considerazioni essenziali suggerite dal carattere e dalla finalità della seduta. Ci riserviamo di affrontare, nell'imminente dibattito per la costituzione della Giunta, i temi del Governo regionale, dei programmi e delle iniziative che la situazione politica ed economica impone, dei rapporti che è necessario rinnovare ed instaurare tra le forze politiche e le forze sociali per concorrere alla soluzione delle diverse crisi che investono le istituzioni e la società.
Diciamo subito che il nostro atteggiamento è e sarà costruttivo non tanto nel senso di troppo facili disponibilità, non nel senso della quiescenza alle vie più comode che evitano i contrasti e le prese di posizioni nette; la nostra riflessione, se volete anche amara, non si risolve né in rassegnazione, né in stanchezze e rinuncia, ma in un proposito serio di esprimere in positivo il mandato che ci hanno affidato quasi un milione di elettori piemontesi, di dare risposte concrete, di comportamenti, di atti e di sostanza politica ai giudizi severi o alle riserve, o agli incitamenti che ci vengono anche in questi giorni dalla comunità regionale.
Nella prima legislatura (lasciatemi dare un fuggevole sguardo, per procedere più oltre speditamente)la D.C., il suo Gruppo consiliare, ben consapevole delle supplenze che dovevano essere esercitate e delle incombenti crisi che maturavano, ha cercato di esprimere, di tradurre in atti la propria ispirazione di forza democratica e popolare e la costante ricerca di un vivo senso dello Stato e delle istituzioni. I momenti di pausa o di apparente contraddizione non possono far storia se superati in una tendenza, in una linea di fondo costante. Lo Statuto, il confronto con lo Stato sui decreti delegati, la legislazione su gran parte delle materie fondamentali, l'occupazione non solo dello spazio costituzionale riservato alla Regione, ma di un ben più ampio ruolo di gestione e di rappresentanza politica rispetto a tutti i problemi sociali ed umani che nella Regione sorgono ed in essa si manifestano, costituiscono una prova, un dato che resta.
Ricordo ancora i rapporti con i lavoratori, le aziende in crisi, i sindacati, le varie categorie, la difesa attraverso lo studio e la conoscenza dei fenomeni eversivi dei valori, degli istituti e dei rapporti civili che la nostra Costituzione ha consacrato.
Alla seconda legislatura ci siamo presentati e preparati col rigore di un programma dettato insieme dall'esperienza acquisita e dalla volontà di rinnovare la qualità ed il significato della nostra presenza. La sua sostanziale validità resiste al confronto nelle mutate condizioni post elettorali. Ne parleremo guardando avanti, nelle prossime sedute.
E questo non ricordo per puntigliosa sottolineatura, ma per avere presente che, per i rapporti intrattenuti, per i problemi insieme affrontati, per le risposte date, per le proposte formulate si era determinata e veniva registrata una vasta base di sostanziale accordo tra i partiti che avevano retto insieme le responsabilità del Governo regionale.
Si era andata sperimentando ed attuando una metodologia più efficace e moderna nei rapporti fra maggioranza ed opposizione sia in ogni momento ed in ogni fase di interesse costituente, sia in ispecie, negli ultimi anni nei confronti dei temi legislativi che toccano istituzione o le competenze fondamentali.
Il tema era ed è questo: come preservare e qualificare la dialettica tra le forze politiche, necessaria ad ogni sintesi valida; come difendere la necessaria distinzione di responsabilità ottenendo nello stesso tempo che a prevalere non sia la logica dello scontro, ma quella della cooperazione solidale e costruttiva? Il lavoro legislativo in Commissione ed in aula è indicativo di un primo risultato e su questa strada la D.C.
era, com'è, consapevole della necessità di utilizzare immaginazione e volontà, senza pregiudizi per trovare metodi ancor più efficaci per coinvolgere in positivo tutte le forze democratiche nell'opera di sostegno delle istituzioni e nell'impegno programmatico, nelle iniziative che la dura, per certi aspetti drammatica situazione economica e sociale propone in via di emergenza. L'errore sta nel credere che la necessaria unità comporti allineamento ed integrazione di tutti i ruoli, sta nel credere che nell'opposizione sia implicita una realtà ed un significato discriminatorio; noi non lo crediamo sia quando questo ruolo legittimamente tocchi a noi, sia quando spetti ad altri. Abbiamo operato prima ed abbiamo recentemente ed in modo più esplicito precisato, anche in termini di proposte operative, questi concetti.
Vediamo ora per un momento i risultati elettorali regionali nella loro aggregazione politica e quantitativa: la sinistra (così come si è autodefinita nella fase iniziale e di proposta alle altre forze politiche) il Partito comunista è salito, come sappiamo, a un milione 32.842 voti, il Partito socialista a 394.241 che complessivamente sommano ad un milione 427.083 voti. I quattro partiti che sostenevano la Giunta e cioè la D.C.
il P.S.I. il P.S.D.I. e il P.R.I. hanno totalizzato con i 976.817 voti alla D.C., i 394.000 del P.S.I., i 224.000 del P.S.D.I. e i 109.000 del P.R.I.
un milione 704.367 voti.
L'opposizione, così come viene definita, o autodefinita, o collocata costituita dalla D.C., dallo P.S.D.I., dal P.R.I. e dal P.L.I., somma complessivamente, aggiungendo ai voti dei tre partiti già riportati, i 252.834 voti del P.L.I., a un milione 462.960.
In questa situazione la sinistra vede, per il meccanismo elettorale assegnati 30 Consiglieri, l'opposizione, con 30.000 voti in più, 28 Consiglieri, il centro sinistra, 34. E per non mescolare, se volete, le sfortune proprie alle fortune altrui facendone la media, ricordo ancora a me stesso che la D.C. è passata dal 36,71 % al 32,08% che è però pur sempre quasi un terzo dell'elettorato e che il Partito comunista dal 25,93% sale al 33,92%; e sappiamo dove e come sono stati espressi questi voti.
Nei momenti di difficoltà è dunque importante saper riconoscere la realtà e saperne trarre le indicazioni più pertinenti e salutari.
Indichiamo quindi alcune delle direzioni verso le quali si applica la nostra indagine critica ed nostro proposito di rinnovamento: il divario crescente tra una forza politica e le forze sociali che l'hanno espressa e che sono mutate, il logoramento del potere e dei legami che consentono di tempestivamente conoscere il dissenso e soprattutto di gestire democraticamente il consenso, i comportamenti di una parte della classe politica, o supposta tale, i ritardi nell' analisi degli sviluppi sociali e culturali e nell' adeguamento delle proposte ideologiche e programmatiche agli stessi sviluppi sociali, l'insufficiente coinvolgimento dei ceti interessati in scelte anche valide in sé che si vanificano nell' assenza di una convinta e determinante partecipazione, l'esaurirsi di un dibattito politico non sempre adeguato o povero in sfere limitate senza sufficienti echi esterni, la crisi economica nazionale nel quadro della crisi internazionale ed una caduta e sostituzione di valori di riferimento, le difficoltà operative sempre crescenti di coalizioni per la cui costituzione si elaborano a fini compositivi summe programmatiche millenarie cui fanno poi riscontro paralizzanti difficoltà di operare anche nell'emergenza quotidiana, le divisioni interne riconoscibili più per le esigenze della difesa o della ripartizione del potere che per quelle vitali di un dibattito politico alla ricerca dell'arricchimento culturale reciproco e delle premesse conoscitive all'operare politico, a fare realmente politica.
Si tratta di sommarie enunciazioni che facciamo forse fuori sede, ma dietro le quali sta il travaglio, la meditazione, la ripresa di una forza politica che non troverebbe certo consolazione nell'identificare analoghi errori o manchevolezze in altre forze che non appaiano od appaiano meno penalizzate.
Non so quanto e come la lucidità delle analisi si tradurranno in azione efficace di rinnovamento e di autoriforma, sento e so, proprio ora, nel momento di crisi e di trasformazione che la D.C. attraversa, che il ruolo di questa forza pluralista popolare democratica, potenzialmente almeno chiaramente chiama a dare risposte di sintesi tra le più valide ed omogenee rispetto alla propria originale ispirazione, ai problemi della società. E questo ruolo è avvertito come necessario, importante e decisivo per le sorti dello sviluppo democratico e civile del nostro Paese, per i suoi equilibri, per il suo progresso.
Noi non possiamo quindi accettare il ruolo di una forza in via di progressiva emarginazione ed erosione, né quello di forza democratica conservatrice che accompagna il declino di ceti in via di estinzione ed offre un termine comodo di riferimento dialettico a forze emergenti.
In questa situazione si collocano gli incontri ed il dialogo tra i partiti ed i gruppi seguiti al 15 giugno ed intesi ad accertare i nuovi equilibri ed assetti, soprattutto le condizioni per affrontare tempestivamente i grandi problemi che incombono sulle istituzioni e che affliggono, nell'ambito della società nazionale, quella regionale.
Noi siamo andati a questi incontri multilaterali o bilaterali pronti ad effettuare ogni valutazione con pacato realismo, con l'attitudine a sottoporre ad eventuale revisione ogni impostazione non più sorretta dal dato politico, ma con la consapevolezza che tutti i ruoli potevano essere accettati in maggioranza o all'opposizione, salvo quelli che comportassero la mera adesione, la subordinazione a linee precostituite anche se si dicevano ed erano aperte a soluzioni tecniche, salve le modalità di attuazione.
La nostra posizione e la nostra disponibilità alla più ampia collaborazione è stata ed è offerta ed espressa in alcuni punti: 1) la gravità della situazione economica e dell'occupazione ed il carattere specifico della crisi industriale piemontese richiedono il coordinato impegno e l'azione delle forze politiche delle istituzioni delle forze sociali, lavoratori, sindacati, imprenditori, ceti produttivi per identificare, come si sta tentando di fare, gli strumenti e gli atti capaci di fare uscire dalla crisi, per identificare una linea programmata di sviluppo che assicuri la ripresa produttiva, l'ordinata riconversione industriale, la salvaguardia del lavoro e dei redditi dei lavoratori l'efficienza e la competitività delle imprese.
A questi fini ci sentiamo impegnati a definire ed a sostenere solidalmente le iniziative proprie e di coordinamento che la Regione deve condurre.
2) la fase costituente non è conclusa nelle tre direzioni verso lo Stato, dal quale si rivendicano le integrazioni di competenze organiche, i mezzi finanziari adeguati, le leggi di principio e verso gli Enti locali e le organizzazioni regionali con la realizzazione dei comprensori, degli strumenti della programmazione e così via e verso l'interno dell'istituto regionale dove si impone la riforma e gli adeguamenti degli strumenti per l'azione della Regione.
3) la costituzione e la sperimentazione di strumenti e di indirizzi per coordinare ed assicurare l'efficiente collaborazione e l'azione finalizzata di grandi enti, retti eventualmente da maggioranze di diverso segno ancorché aventi in comune una o più forze politiche.
Su questo punto si era sperimentata la nostra proposta di raccordo ed avevamo presente soprattutto il rapporto da costituirsi tra la maggioranza nella Regione Piemonte e la maggioranza nella metropoli torinese.
Un metodo di permanente confronto e verifica tra le rispettive maggioranze ed opposizioni che consentisse sia di eliminare ogni residuo dato, anche psicologico, di emarginazione e di discriminazione che per noi ripeto, non ha avuto ragione obiettiva per sussistere.
Al di là di quello che un simile atteggiamento ed indirizzo comporta e significa, l'adesione a maggioranze aperte, la costituzione di nuovi CLN costituiscono per noi o motivo di confusione e di depotenziamento delle istituzioni e dei partiti che operano in esse, o espressione obiettiva di un disegno politico, di una progressiva spinta egemonica che un partito come la D.C. non può accettare. La stessa teoria che si è più volte affacciata di un partito che, già forte, noi lo riconosciamo tale, per l'aumentato consenso ottenuto e per la sua struttura interna, sarebbe dotato di un tipo di rappresentanza e di una specificità di peso che lo renderebbe componente necessaria e non rinunciabile mai di ogni maggioranza. Ognuno può valutare quanto sia orvellianamente sintomatica ed incauta, almeno da noi non accettabile, questa teoria. Dirò, ad evitare equivoci, che questa teorizzazione che è sfuggita ad un eccesso nella ricerca dei motivi per autoconvinzione, ha forse un poco allarmato e preoccupato la cautela e la prudenza politica della stessa forza interessata.
E quindi, ai fini delle articolazioni delle forze politiche e di un disegno che voglia fare esprimere la maggiore potenzialità alle istituzioni, la decisione che sappiamo contrastata profondamente e vorremmo dire intimamente ancor più che fra le persone, ancorché autorevolmente e tenacemente sostenuta dal P.S.I., ci pare forzata, carica di rischi, capace di generare fratture da ricomporre poi faticosamente e non, come dichiarato e voluto, l'allargamento di aree per la collaborazione democratica.
Noi - e lo abbiamo detto fin dal primo giorno venendo anche fraintesi accettiamo con tutta serenità, diremmo con senso di rinnovato fervore operativo l'eventuale ruolo dell'opposizione, questo ruolo non comporta per noi una discriminazione. Noi sentiamo però che alla Regione Piemonte gli elettori non hanno inteso collocarci all'opposizione e neppure ci colloca in questo ruolo il risultato aritmetico, così come abbiamo visto poc'anzi.
In ordine alla questione della Presidenza dell'assemblea, dagli accenni fatti, dal quadro politico che è emerso ed in cui operiamo, risulta evidente che la D.C. non deve, non può accettare soluzioni che siano o che soltanto appaiano, in una contingenza come questa, come il risultato di una compromissione della necessaria autonomia e libertà di linea, di giudizio di comportamento per l'acquisizione di una posizione di potere o di prestigio; senza dire che ancor meno può essere accettata la soluzione che suoni obiettivamente, al di là delle intenzioni, accettazione o copertura reale o copertura supposta che sia di una prospettata operazione che nei rapporti di questa assemblea costituisce una forzatura non giustificata e non saggia perché non ordinata certamente, per la sua natura, alla costituzione dei tanto ricercati rapporti costruttivi e collaborativi tra le forze politiche.
Non voteremo quindi per il candidato collega Sanlorenzo che è stato proposto, mentre non mettiamo certo noi, per i rapporti personali che abbiamo intrattenuto, in discussione la sua capacità, la sua intelligenza il suo fervore e la sua attitudine personale a ricoprire il ruolo.
Affermiamo però subito che questo Presidente, o il Presidente che risulterà comunque eletto, avrà la nostra rispettosa e fervida collaborazione per la migliore funzionalità ed il lavoro più proficuo del Consiglio e delle sue articolazioni.
Chi ci ha affidato il suo consenso, gli operatori sociali ed economici che fuori di qui guardano a questo consenso per vedere se potranno derivarne iniziative atte ad avviare a soluzione gli angosciosi problemi che turbano il nostro Paese e la nostra società, possono fare affidamento sulla fermezza, sul senso di responsabilità, sulla capacità operativa della Democrazia Cristiana.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Ha chiesto di parlare il Consigliere Zanone, ne ha facoltà.



ZANONE Valerio

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Consiglio regionale torna a riunirsi dopo una prova elettorale che ha segnato un sostanziale mutamento nei rapporti di forze all'interno di questa assemblea.
L'analisi delle cause del voto del 15 giugno e le prospettive politiche che ne conseguono, troveranno la loro sede più opportuna nel dibattito sulla mozione programmatica per l'elezione della nuova Giunta che si aprirà nei prossimi giorni. In questa sede mi limito quindi a dire che il risultato elettorale del 15 giugno impone alle forze politiche che non sono state privilegiate dagli elettori (e fra esse colloco in primo luogo il Partito al quale mi onoro di appartenere) una rigorosa autocritica degli errori compiuti e quindi degli insuccessi subiti, così come questo risultato impone alle forze politiche che rientrano accresciute, in questo Consiglio regionale, un'assunzione di maggiori responsabilità.
Noi prendiamo atto, in via per il momento ufficiosa, che le forze di sinistra, il Gruppo comunista e il Gruppo socialista, pur non avendo ottenuto, nonostante il successo elettorale, la maggioranza fra i componenti del Consiglio regionale, si apprestano a tentare la costituzione di una maggioranza e di una nuova Giunta. Prendiamo anche atto che la linea perseguita dai Gruppi socialista e comunista in tale tentativo, è quella di un allargamento della maggioranza da costituirsi attraverso accordi unitari che coinvolgano tutti i partiti di carattere costituzionale. La nostra opposizione a questa strategia unitaria deriva dalla medesima concezione liberale dei rapporti che qualificano il metodo democratico nella vita delle istituzioni pubbliche; un metodo pluralista e garantista che ritiene essenziale la tutela di uno spazio di dissenso all'interno delle istituzioni pubbliche e la possibilità di alternanze effettive nelle funzioni di governo. Di fatto, la costituzione di maggioranze che fossero allargate all'intero arco dei partiti costituzionali produrrebbe viceversa il risultato non certo di reprimere la facoltà del dissenso, ma di ridurne gli spazi, di ridurre la possibilità di espressione effettiva; quindi il dissenso diverrebbe marginale e le alternative nelle funzioni di governo quasi impossibili.
Se questo vale per le funzioni di governo, restando nella stessa logica devo dire che un discorso diverso si deve fare per le funzioni di carattere parlamentare, cioè di rappresentanza generale e di controllo istituzionale come è quella dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio.
Ribadisco quindi qui che io ritengo corretta, sia per i modi in cui è avvenuta, senza tentativi personalistici e trasformisti, sia dal punto di vista della logica istituzionale, la proposta alla quale si sono riferiti i colleghi Berti e Viglione nei loro interventi di stamani, di lasciare alle forze di minoranza, o che si presume saranno di minoranza, la designazione del Presidente del Consiglio, non come una estensione surrettizia della maggioranza, ma al contrario come affidamento all'opposizione del compito di controllo istituzionale che compete al Presidente dell'assemblea secondo la norma del regolamento del Consiglio Per svolgere però questo compito il Presidente deve disporre di una maggioranza ampia e qualificata e poiché i gruppi di minoranza, nel loro insieme, non hanno convenuto sulla proposta dei Gruppi socialista e comunista, non vi è ora altra corretta soluzione se non quella che il Presidente del Consiglio sia designato dagli stessi gruppi che si apprestano a tentare la costituzione della Giunta regionale.
Il Gruppo liberale non voterà quindi nessun candidato per l'elezione del Presidente del Consiglio e seguendo la consuetudine già praticata nella prima legislatura, voterà nelle successive nomine per i candidati dei gruppi di minoranza.
Al Consigliere Sanlorenzo, al quale personalmente mi collega una ormai lunga esperienza di confrontazione, talvolta piuttosto polemica ma sempre corretta e rispettosa, sin dalle primissime fasi di preparazione dello Statuto regionale, formulo, a nome del Gruppo liberale, un augurio sincero per il compito che lo attende, nella certezza che egli saprà presiedere con imparzialità i lavori di questa assemblea tutelando, come vuole l'art. 4 del regolamento del Consiglio, i diritti del Consiglio regionale nel suo complesso e di ciascuna delle sue componenti.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La parola al Consigliere Gandolfi.



GANDOLFI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, l'iniziativa che le segreterie regionali del Partito comunista e del Partito socialista hanno sviluppato nelle scorse settimane e che è stata ricordata negli interventi dei Capigruppo del P.C.I. e del P.S.I. è di troppo rilievo politico perché in questa sede, nel momento in cui si precisano le posizioni dei gruppi in merito all'elezione del Consiglio di Presidenza, non si debba dare una risposta di pari dignità politica, che non può ovviamente non partire, come è stato per tutti gli intervenuti fino a questo momento, dal significato del voto del 15 giugno che è chiaramente un voto di protesta nei confronti delle formule di maggioranza di centro sinistra e della D.C. in particolare. Gli elementi oggettivi di una crisi profonda del Paese (economica, istituzionale, di costume) che è stata troppo a lungo ignorata si sono trasformati in un insieme di elementi soggettivi di malcontento e di sfiducia che hanno portato vasti strati del mondo cattolico, della piccola e media borghesia, del mondo intellettuale e professionale a vedere nel Partito comunista una alternativa concreta al malgoverno, al caos economico, all'insicurezza di status ed economica delle varie categorie sociali.
Il Partito repubblicano, che per anni si è battuto per fare affrontare i dati strutturali di questa crisi e per ottenere dal centro sinistra un'azione di governo seria e coerente, capace di porvi rimedio, non pu ovviamente, semplicemente per le indicazioni del voto del 15 giugno indursi a modificare strategie; siamo consapevoli, è nostra convinzione, come credo che lo sia anche del Partito comunista, che le condizioni interne ed internazionali non ci permettono di pensare a formule sostitutive del centro sinistra, il centro sinistra deve cambiare profondamente, ma rimane l'unico quadro politico capace di dare al Paese stabilità e sicurezza evitando drammatiche radicalizzazioni.
Per questo il nostro impegno si muove nel senso di ricreare condizioni di collaborazione tra cattolici e socialisti e per questo rifiutiamo la nostra adesione a soluzioni che ci sono state prospettate, che si muovono in una direzione obiettivamente antitetica (e credo che comunisti e socialisti vogliano darne atto) che è la direzione di mettere in crisi, di disgregare il quadro politico di centro sinistra partendo da iniziative politiche che si muovono dalla periferia. Ma per il Partito repubblicano per quanto riguarda la soluzione di governo della Regione, vi sono altri motivi che lo hanno indotto a rifiutare proposte politiche di allargamento di maggioranza che sono state fatte nelle scorse settimane: problemi drammatici dell'occupazione e le esigenze di rilancio produttivo che riguardano più da vicino il Piemonte e a cui si sono richiamati legittimamente, dal loro punto di vista, comunisti e socialisti nel giustificare la loro convergenza, avrebbero dovuto indurre, secondo noi, i socialisti a dar vita ad una maggioranza di centro sinistra, meno fragile numericamente dell'attuale soluzione, più forte numericamente e che quindi poteva esserlo anche politicamente proprio per effetto del risultato del 15 giugno, capace cioè di avviare un'azione più incisiva che in passato capace di trovare più consensi, maggiori agganci ad una politica di iniziativa regionale e di trovare anche, in un confronto programmatico serio con il Partito comunista, con le forze economiche e sociali, con un dialogo costruttivo con i diversi livelli istituzionali e di governo degli Enti territoriali, quella convergenza che è necessaria per dare incisività ad un'azione di ampio respiro della Regione. Comunque la soluzione che si sta varando, come tutte le soluzioni di ricambio, è da vedere come un fatto fisiologico positivo nella misura in cui induca tutte le forze politiche ad un ripensamento, nella misura in cui pone anche il Partito comunista di fronte a gravi problemi di governo più complessi e più difficili di quelli che il Partito comunista è stato abituato ad affrontare in altre Regioni.
Noi per queste ragioni, nel momento in cui dichiariamo di collocarci fuori da uno spazio politico che non ci appartiene, da una soluzione politica che non condividiamo nei presupposti e negli sbocchi, nel momento in cui non voteremo il candidato proposto dal Partito comunista e dal Partito socialista, pur formulando i migliori auguri al collega Sanlorenzo e garantendo la più ampia collaborazione per la gestione delle attività del Consiglio, daremo comunque un apporto critico e costruttivo al lavoro che gli organi regionali si avviano a dare perché riteniamo sia dovere di ogni forza politica e sociale fare in modo che in questo momento la Regione sia presente col massimo delle sue possibilità di incidenza sul fronte dei drammatici problemi che emergono; saranno i problemi che dovremo affrontare, sui quali dovremo confrontarci nei prossimi giorni in occasione del dibattito programmatico per l'elezione della Giunta, sono problemi sui quali, il Partito repubblicano, ripeto, assumerà una posizione non preconcetta, ma estremamente costruttiva di confronto con la maggioranza che si sta costituendo.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Ha chiesto di parlare il Consigliere Curci, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Signor Presidente, signori Consiglieri, confesso di avere atteso con interesse e curiosità l'intervento del rappresentante del Gruppo della D.C.
perché, malgrado la disastrosa sconfitta del 15 giugno, quel Partito rimane pur sempre, con i suoi dodici milioni di elettori, il cardine della vita politica italiana, un cardine cigolante e ormai semidivelto, ma pur sempre il sostegno delle scelte e degli indirizzi della vita politica del nostro Paese.
Ritenevamo che da parte della D.C. dopo quella clamorosa sconfitta volessero essere mantenuti gli impegni di rigida chiusura al comunismo e di rispetto del programma elettorale illustrato agli elettori e confortato appunto con il voto di dodici milioni di elettori. Questa posizione avrebbe determinato come conseguenza una dichiarazione di volontà da parte del Gruppo della D.C. che avrebbe dovuto impegnarlo, sin dalle primissime battute di questa seconda legislatura regionale, sin da oggi, su tutti i problemi, su tutte le questioni, a cominciare da quelli fondamentali della Presidenza del Consiglio regionale e della Giunta, in una lotta ad oltranza.
Abbiamo assistito, invece, all'ammaina bandiera, alla resa a discrezione concretatasi nella rinuncia da parte del Gruppo della D.C. a presentare un proprio candidato alla Presidenza dell'assemblea, resa a discrezione maldestramente celata con la formula del confronto e della collaborazione. Che cosa significa la formula del confronto e della collaborazione enunciata dal Consigliere Bianchi? A non conoscere i D.C. ci sarebbe quasi da prenderla sul serio, ma tanti anni di pratica ci inducono invece a prevedere quanto purtroppo accadrà: quando un D.C. dichiara di essere disposto, di essere pronto alla collaborazione con il Partito comunista, ciò significa che quel D.C. è pronto a sedersi ad un tavolo a trattare con i comunisti un programma di governo e con questa trovata del confronto e della collaborazione sono anni ormai che i cattolici italiani i D.C. in particolare vanno perdendo terreno nei confronti del comunismo. E la spiegazione di questo non è neppure tanto difficile, perché fin quando ci si rifugia nei confronti sulle cose, lo si fa perché si preferisce non discutere di idee e di ideologie. Fin quando visse Pio XII il mondo cattolico italiano ed internazionale fece la politica della fede rifiutandosi di seguire Pietro Nenni; fu il primo lui a lanciare quella formula che appunto sollecitava un incontro sulla politica delle cose.
Morto Pio XII la fede e gli ideali sono stati messi da parte e si è passati appunto al confronto e alla collaborazione. Dopo di che quello che è avvenuto è sotto gli occhi di tutti.
A questo punto, signori della D.C., io vi pregherei di avere un po' più di fantasia e di non tentare di mascherare le vostre rese a discrezione con delle giustificazioni che non hanno neanche il pregio dell'originalità confessate che il risultato del 15 giugno vi ha shoccati e che siete ormai annichiliti, non sapete voi stessi quel che intendete fare. Avreste avuto la possibilità di presentare un vostro candidato alle elezioni della Presidenza dell'assemblea regionale, rinunciate e questo è forse, per voi il principio della fine.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Non ho altri iscritti a parlare, dichiarerei pertanto chiusa la discussione in punto a dichiarazioni di voto per passare all'operazione di votazione del Presidente del Consiglio.
Prego provvedere alla distribuzione delle schede ed invito un Segretario Consigliere a procedere all'appello dei presenti.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Dichiaro chiusa la votazione. Provvedo io stesso, coadiuvato dai Consiglieri Segretari, allo spoglio delle schede.
La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 60 hanno ottenuto voti: Sanlorenzo 31 Curci 2 Bianchi 1 Schede Bianche 26 Proclamo eletto Presidente del Consiglio il Consigliere Sanlorenzo, che ha riportato 31 voti.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Desidero formulare anch'io personalmente gli auguri di ottimo lavoro al neo eletto Presidente dell'assemblea col quale ho avuto motivo, in questi passati cinque anni, di incontri e di scontri sempre sostanzialmente proficui, che ci hanno collocati su una posizione di dialogo realmente costruttiva.
Si deve procedere ora alla votazione per eleggere i due Vice Presidenti.
Ai sensi del quarto comma dell'art. 3 del regolamento provvisorio ciascun Consigliere può votare un solo nome; la votazione avviene con le stesse modalità della precedente.
Vi sono, a questo proposito, delle richieste di parola. Consigliere Bianchi.



BIANCHI Adriano

Propongo, per il mio gruppo, la candidatura a Vice Presidente dell'avv.
Ettore Paganelli.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Vi sono altre richieste di parola? Il Consigliere Viglione chiede di parlare, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Come ho già detto nel mio precedente intervento, noi proponiamo, quale candidato per la Vice Presidenza, il compagno Emilio Bellomo.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Per dichiarare che il nostro gruppo vota il candidato socialista compagno Bellomo.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Altre richieste di parola? Consigliere Zanone.



ZANONE Valerio

Facendo seguito a quanto dichiarato nel mio intervento voteremo il candidato proposto dalla D.C.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Il Consigliere Curci ha facoltà di parlare.



CURCI Domenico

Il Gruppo del M.S.I.-Destra Nazionale voterà scheda bianca.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Non ci sono altre dichiarazioni di voto, quindi passiamo alla votazione.
Prego distribuire le schede.
Prego un Consigliere segretario procedere all'appello nominale.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Dichiaro chiusa la votazione. Procediamo allo spoglio delle schede.
La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 60 hanno ottenuto voti: Bellomo 30 Paganelli 26 Schede bianche 3 Nulla 1 Proclamo pertanto eletti Vice Presidenti i Consiglieri Bellomo e Paganelli che hanno riportato il maggior numero di voti.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

In base alla deliberazione assunta dal Consiglio si deve ora procedere alla nomina di quattro Segretari.
Vi sono, a questo proposito, delle richieste di parola? Il Consigliere Bianchi chiede di parlare, ne ha facoltà.



BIANCHI Adriano

Propongo la candidatura a Segretario di Luigi Petrini.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La parola al Consigliere Berti.



BERTI Antonio

Noi proponiamo e voteremo quindi per la nostra compagna Fabbris per la carica di Segretario del Consiglio.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Chiede di parlare il Consigliere Viglione, ne ha facoltà.



VIGLIONE Aldo

Il Gruppo socialista voterà la compagna Fabbris designata quale Consigliere Segretario dal P.C.I.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Consigliere Rossotto, ha facoltà di parlare.



ROSSOTTO Carlo Felice

Secondo le dichiarazioni rese dal collega Zanone, confermo che il Gruppo liberale voterà per il Consigliere Zanone alla carica di Segretario.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

La parola al Consigliere Cardinali.



CARDINALI Giulio

Il Gruppo consiliare socialdemocratico propone alla nomina di Segretario il compagno Germano Benzi.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Il Consigliere Curci chiede di parlare, ne ha facoltà.



CURCI Domenico

Il Gruppo del M.S.I.-Destra Nazionale voterà scheda bianca.



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Non vi sono altre dichiarazioni, procediamo quindi alla votazione.
Prego distribuire le schede.
Mi permetto ricordare ai votanti che ciascuno può esprimere un solo voto.
Prego un Consigliere segretario di fare l'appello.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio

Procediamo allo spoglio delle schede.
La votazione ha avuto il seguente esito: presenti e votanti 60 hanno riportato voti: FABBRIS 30 PETRINI 18 BENZI 5 ZANONE 5 Schede bianche 2 Proclamo pertanto eletti Consiglieri Segretari la signora Fabbris Petrini, Zanone e Benzi.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico)



OBERTO Gianni, Presidente provvisorio.

Essendo così adempiute le operazioni alle quali dovevo presiedere e proclamando nel suo complesso i risultati della elezione dell'intero Ufficio di Presidenza, questo è pregato di venire al tavolo della Presidenza per l'insediamento e per dare luogo ai successivi adempimenti All'Ufficio di Presidenza gli auguri cordialissimi di tutta l'assemblea.



(Il Presidente Sanlorenzo raggiunge il suo seggio di Presidente, seguito dai Vice Presidenti e dai Consiglieri Segretari)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SANLORENZO


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Discorso di insediamento del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, non è soltanto per dimostrare che Augusto Monti aveva ragione quando parlava di quel tremendo pudore piemontese per cui quanto più il sentimento è alto e preoccupante in noi, tanto più gelosamente lo contiene e lo dissimula, che non abbonderò in parole di ringraziamento. Voi sapete tuttavia quanto siano sincere e rivolte ai colleghi ed ai compagni socialisti e comunisti che mi hanno designato, che mi hanno eletto, agli elettori che lo hanno reso possibile. Ringrazio anche coloro che hanno avuto parole cortesi e non hanno voluto risparmiarmi stima e apprezzamento, pur non volendo dare un voto politico positivo. E' piuttosto la consapevolezza della gravità della situazione in cui siamo chiamati tutti ad operare che non permette di indulgere alle parole superflue e nemmeno ai sentimenti pur così forti in me in questo momento.
Essa impone con le sue cifre gravi una severità e un rigore nel dire che possa almeno essere una premessa seria al fare, in un modo che sia nello stesso tempo nuovo e adeguato alla realtà che abbiamo di fronte in questo inizio della seconda legislatura regionale.
Le cifre attuali della recessione economica in una regione che è uno dei centri decisivi del Paese, l'incertezza per il posto di lavoro per centinaia di migliaia di uomini, di donne, di giovani (quel diritto che è fondamento della nostra Costituzione e senza il quale la nostra regione, il nostro Paese non hanno né presente né avvenire); ecco la principale novità negativa che non avevamo di fronte quando si aprì la prima legislatura nel 1970. Ma il nuovo che abbiamo di fronte non è fatto solo di questo dato negativo, noi tutti qui che sediamo in questo Consiglio regionale per la prima o la seconda volta, siamo il risultato del più grande spostamento elettorale e politico che si sia mai registrato nella nostra Regione e nella storia democratica del nostro Paese.
Hanno detto i rappresentanti dei gruppi delle forze politiche presenti in questa assemblea, il loro giudizio, le loro valutazioni sul voto e ne trarranno le loro autonome conclusioni nella formazione di un programma e di una Giunta. Voglio solo dire che la nostra regione, pur essendo nell'occhio del ciclone, è una regione viva, in piedi, consapevole di una preoccupazione necessaria e razionale, ma anche dominata da una grande fiducia nelle proprie forze. Sono d'accordo con il Presidente Oberto: questa mi pare sia la Regione che ha votato il 15 giugno. Una fiducia che viene dai giovani, dagli uomini che vivono del loro lavoro, dalla esperienza di decenni di lotte e di conquiste, dagli ideali antifascisti e democratici che hanno messo radici così profonde qui da noi, tali che possono anche essere qualche volta minacciati, ma certo nessuno può pensare di distruggerli perché sarebbe condannato all'isolamento ed alla sconfitta.
Una regione che vuole uscire dalla crisi senza fughe in avanti, certo, ma guardando alla gravità e severità dell'oggi con la fiducia di chi sa che deve operare per una prospettiva nuova.
Tutto ciò mi è parso così presente in tutti i partiti democratici, che non vi sono stati, in questo senso, successivamente al 15 giugno e nemmeno nelle dichiarazioni in questo Consiglio, oggi, né accenti di trionfalismi in chi ha certamente vista premiata la sua speranza di progredire, né segni di disperazione e neanche di rassegnazione (come giustamente ha detto il collega Bianchi) in chi ha visto negati parte dei consensi in cui sperava.
Hanno prevalso nel voto (e dopo il voto) la ragione e il dialogo (persino nell'elezione di questo Consiglio) e il confronto tra le forze democratiche, non la rissa o lo scontro. Si è già cominciato a lavorare nei Comuni, nelle Province, in un serrato confronto di programmi e di idee e centinaia di Comuni hanno già i loro organi eletti e si compie alla data prevista dalla legge questo primo adempimento del nostro Statuto, senza ritardi né rinvii. E' già un fare il nostro dovere, è già rispettare una legge che noi, e non altri ci siamo dati. E' già un non perdere tempo e il tempo è oggi più che mai un fattore da cui non si può prescindere nell'operare per determinare quella fiducia e quella concretezza nel rinnovamento, che ha bisogno di atti, di fatti che si compiano alla scadenza decisa e concordata dopo tutta un'epoca, nel nostro Paese, dove il rinvio era divenuto non una necessità imposta dai fatti, ma un metodo inaccettabile di governo.
Vi sono le condizioni, quindi, per essere guidati più che mai dal precetto gramsciano del pessimismo dell'intelligenza e dell'ottimismo della volontà.
Io credo fermamente che malgrado la crisi economica, le inquietudini gli interrogativi e anche certe tendenze al disimpegno che pure esistono in alcuni strati sociali, malgrado i processi di crisi di fondo che scuotono non solo il nostro Paese, o l'Europa, ma tutto intiero un sistema economico mondiale, io credo che per quanto ci compete, per quanto è nelle nostre forze presenti in questa assemblea, grande è il contributo che possiamo dare non solo al nostro Piemonte, ma all'Italia per uscire dalla crisi e in un modo nuovo, per una strada inedita sia nella storia del movimento operaio, sia nella storia delle classi dirigenti che hanno governato sinora il nostro Paese.
Di fronte ai pericoli che esistono per i crescenti squilibri e ingiustizie fra aree del mondo in sviluppo e milioni di uomini che continuano in ogni parte della terra a soffrire miseria, fame, condizioni inumane di pura sopravvivenza, di fronte ad una situazione che se non venisse affrontata, aggredita e avviata a soluzione potrebbe consegnare alla nostra epoca una storia fatta di una nuova barbarie, possiamo dare il nostro apporto a un nuovo umanesimo, a un nuovo rinascimento.
Questo è il compito che hanno di fronte tutti gli uomini di buona volontà e che abbiamo di fronte anche noi nelle nostre forze, nella nostra particolarità regionale.
Una strada nuova deve essere indicata. Ce lo chiedono coloro che vogliono e possono percorrerla. Ma ci sono le forze sufficienti che possono essere aggregate ed unite per contribuire a questa impresa come è potuto accadere positivamente in altri periodi cruciali della storia del nostro Piemonte, che hanno sempre coinciso con periodi cruciali della vita dell'Italia? Ecco il punto. Il problema è quello di riuscire a mobilitare ad organizzare, coordinare queste forze politiche e sociali e morali per consentire loro di essere protagoniste di tutta un'intiera e nuova fase della vita del nostro Paese. Ecco il primo nostro compito, non quindi assumerlo da soli o delegarlo al nostro Parlamento, o al governo, o ai governi, ma operare con la ricerca costante del consenso e con l'espansione delle istituzioni della democrazia politica e della partecipazione popolare per organizzare e mettere in moto questo processo di rinnovamento.
Non commetterò l'errore di credere che questo compito possa essere assolto solo da quelle forze politiche che sono uscite con maggiori consensi, o con maggiori convergenze sul disegno di rinnovamento generale della nostra società, ben più ampio è lo schieramento disponibile e non ancora espresso. Non bastano ad assolvere questa impresa da soli né i principali partiti espressi da questa assemblea, né la sola loro unità o convergenza parziale, che pure sono così indispensabili ed urgenti; ma nessuno nemmeno commetta l'ennesimo errore di credere che il 15 giugno sia successo solo qualche cosa di transitorio, di accidentale, solo una protesta, quasi un "errore del popolo", che andrebbe rapidamente corretto e su questa base sia indotto a trarre la conclusione che il problema è quello di pensare a una rivincita contro un'Italia che vuole cambiare mentre sarebbe necessario impedirglielo in vista di qualche "principio superiore".
Indietro non si torna. Non bisogna mai guardare ai momenti di svolta nella storia come a un'alternanza di vittorie, di sconfitte o di rivincite possibili. Anche chi non è marxista deve sapere fare l'analisi completa di una situazione concreta e cogliere i dati oggettivi dei mutamenti intercorsi; dal passato si possono sempre trarre degli insegnamenti, a condizione di coglierne gli elementi dinamici e di sviluppo.
Abbiamo sentito e letto, prima di questa campagna elettorale, che c'era chi si rammaricava di un Piemonte che non aveva più gli uomini di un passato che lo avevano reso grande. Ma la verità storica, se si vuole andare un po' più a fondo, è assai differente: se si vuole intanto fare riferimento al solo periodo precedente al Risorgimento, la verità storica è che la tradizione politica piemontese non è stata affatto democratica, ma proprio l'opposto. E' stata conservatrice e a volte reazionaria; e lo stesso blocco storico che uscì dal Risorgimento fu la risultante della combinazione di una volontà politica molto forte della destra di allora con un'incapacità di ciò che allora rappresentava la sinistra. Sono proprio questi i termini che in poco più di un secolo sono progressivamente cambiati, con un processo, certo, non lineare, ma che hanno portato al salto di qualità e al cambio dei protagonisti prima con la Resistenza e la conquista della Repubblica e della Costituzione e poi con un nuovo processo maturato negli ultimi 15 anni e di cui il voto del 15 giugno non è che un'espressione. I termini del problema di allora si sono rovesciati; di ci devono occuparsi oggi i dibattiti interni di quello che rimane il più grande Partito del nostro Paese nel presente (la D.C.) è il più notevole Partito del passato (il Partito liberale). Nello stesso tempo, quella tal tradizione che si è voluto rimpiangere e che era invece conservatrice, non impedì che quella classe dirigente esprimesse in Cavour il primo uomo politico della borghesia italiana che avesse una visione e una capacità di azione non solo nazionale ma europea. Oggi di questa capacità di visione e di azione c'è un nuovo bisogno, ma di questo si sono fatte interpreti e protagoniste le forze nuove politiche e sociali che sono espressione di questa fase storica.
E anche quello stesso passato dove l'alternanza di positività e di negatività può essere ancora indagata profittevolmente sul piano storico non ci deve impedire di ricordare che Giovanni Giolitti appare oggi, come era già apparso a Togliatti proprio qui a Torino nell'aprile del 1950, come l'uomo politico borghese che più degli altri aveva allora compreso qual'era la direzione in cui la società italiana avrebbe dovuto muoversi per uscire dalla crisi del suo tempo, mentre tanta parte della classe ancora dominante di oggi fa fatica a ricercare e a riconoscere la necessità di questa strada nuova. Oggi tocca a coloro che rappresentano ancora una parte di quegli strati sociali che furono classe dirigente, di quegli interessi che allora l'uomo politico piemontese rappresentava, essere all'altezza dei problemi dell'Italia del 1975. Per fare questo nulla sarebbe più nocivo e deleterio del trasformismo e della confusione, della rinuncia a ciò che di più autentico c'è nel patrimonio ideale e ideologico delle forze qui presenti.
Non si tratta di mettere per forza d'accordo Gramsci con Theillard de Chardin si tratta di comprendere le autonome elezioni e di fonderle con la vitalità di certi insegnamenti di Salvemini e di Gobetti. Per fare ci nessuna forza democratica può essere emarginata.
Ma il problema è, a ben vedere, ancora più nuovo. Il Piemonte di oggi non ha bisogno di isolati demiurghi che traccino la via per tutti. I grandi uomini del Piemonte di oggi sono il vasto esercito degli uomini onesti, di coloro che di tutte le parti politiche, di tutte le fedi religiose in questi anni di svolta hanno lavorato e lottato e sofferto e non si sono arresi alle ingiustizie piccole e grandi, non hanno ceduto alle lusinghe del clientelismo e della corruzione, hanno tenuto duro di fronte alla strategia della provocazione, hanno opposto la loro dignità e la loro fermezza all'assalto della diligenza dello Stato. I grandi uomini del Piemonte di oggi sono coloro che hanno trasmesso sui luoghi di lavoro e di studio, con il loro esempio prima di tutto, e con la loro parola quei valori di civiltà, di onestà, di responsabilità che oggi sono vivi e operanti malgrado che alcuni meccanismi della società in cui viviamo tendano ad offuscarli e anche a distruggerli, senza peraltro saperli sostituire con altri valori più validi.
Questa è la forza del nostro Piemonte di oggi. Questa è la sua nuova nobiltà e in questo c'è anche l'eredità migliore del passato, prodotto da una diversa classe egemone oggi di fronte al problema di aver perso da tempo l'egemonia e di vedere intaccati profondamente i cardini del suo dominio. Di questo nuovo Piemonte che viene alla ribalta come protagonista non solo sociale ma politico e culturale, tanta parte è costituita dalla classe lavoratrice. I lavoratori che una volta erano definiti coloro che non hanno e non sanno, sono passati, in meno di un secolo e dopo venti anni di fascismo, da strumenti, numeri, oggetti degli interessi, delle avventure delle classi dominanti, al ruolo di protagonisti. Da classi subalterne a classi dirigenti prima della Resistenza, poi alla conquista di una Costituzione che disegna uno Stato quale l'Italia non aveva mai conosciuto prima e che è ben lungi dall'essere compiutamente attuato anche ora. E oggi presentano la loro candidatura come corpo e parte insostituibile di una nuova classe dirigente del Paese; di questo bisogna prendere atto. Di qui bisogna partire per quelle forze che vogliono rinnovarsi e rifondarsi o anche solo semplicemente riprendere un qualsiasi contatto con la nuova realtà del Paese. Occorre che si prenda atto cioè del fatto che non vi è più progresso per la democrazia nel mondo moderno se le classi lavoratrici non si affermano con la democrazia come partecipi e protagoniste della direzione politica delle comunità nazionali e quindi dei Comuni, delle Regioni e del Paese.
Ma le classi lavoratrici non sono un concetto astratto in politica: esse si esprimono nei loro partiti, nel grado di unità che riescono a raggiungere, in epoche diverse, su questi problemi di fondo e anche nella loro capacità e fecondità della loro dialettica democratica con tutta la società, nelle grandi organizzazioni sindacali e nella politica che esse devono esprimere negli interessi generali del Paese.
In più c'è, fra le grandi novità del 15 giugno, il consenso e il contributo dato ai valori di cui le classi lavoratrici sono portatrici da parte di quegli intellettuali tradizionali e progressivi che sono stati in altri momenti i punti di riferimento del nostro Piemonte, come Augusto Monti, Antonicelli, Carlo Levi. Nomi che hanno rappresentato non solo il Piemonte, ma il Piemonte sede di quella più grande trasmigrazione che la storia industriale del nostro Paese abbia conosciuto; hanno saputo essere punti di riferimento per una fusione, una unità di ciò che il Piemonte di oggi è, crogiuolo di tutta l'Italia di tutte le sue multiformi particolarità nazionali.
Ma assieme a questi antichi punti di riferimento che hanno sempre da insegnare qualcosa, vi sono intieri nuovi strati sociali di tecnici, di uomini di cultura, di uomini del mondo della scuola che sono approdati per una loro originale esperienza alla necessità di un nuovo blocco storico proprio in questi ultimi quindici anni di maggiore rivolgimento e crisi della società nazionale. E' stato in questi ultimi anni che più prepotentemente abbiamo assistito ad una grande avanzata culturale, ad una imponente crescita della coscienza della necessità di una nuova cultura per una nuova società. Se non si hanno a mente questi nuovi dati oggettivi non si può avere nemmeno la percezione della dimensione del mutamento necessario nel modo di governare, di fare le leggi, di creare le condizioni per ottenere quella partecipazione necessaria di tutte le forze democratiche piemontesi per uscire dalla crisi. Un mutamento che non sia formale, né parziale, né gattopardesco perché è radicale la svolta necessaria nel modo di fare politico, ovunque. Anche nella nostra Regione.
Le Regioni sono nate per avviare un processo di riforma dello Stato. Questa idea-guida nei cinque anni della prima legislatura non è venuta meno tra le Regioni e nelle Regioni, ma ha dovuto scontrarsi contro la mancanza di volontà di un nuovo modo di governare a livello nazionale. Se questa situazione non cambia è in discussione non solo il sistema delle autonomie ma la prospettiva stessa del nostro Paese di poter uscire dalla crisi.
Ecco una prima linea di confronto per il nostro Consiglio. Ma non basta, il Piemonte non può d'altra parte permettersi chiusure autarchiche o economicistiche, nessun paese è in grado, da solo, di combattere la crisi e meno che mai una sola regione. Nell'isolamento nazionalistico e nell'autarchia non si risolve la crisi, ma la si aggrava. Ed ecco allora la necessità di continuare a svolgere, ma in modo nuovo, un ruolo propulsivo nell'iniziativa necessaria per ottenere una radicale svolta di politica economica e industriale di cui le Regioni debbono essere protagoniste non solo per sé stesse, ma per il Mezzogiorno, per tutto il Paese.
Il Consiglio regionale del Piemonte ha avuto un ruolo rilevante anche nel passato, per merito di tutte le forze politiche, come promotore suscitatore di iniziative e quello che ancor più conta, delle coscienze per non delegare a nessuno il compito della prevenzione della lotta contro il fascismo in tutte le sue espressioni, radici e cause in Italia e nel mondo.
Deve continuare ad essere questo punto di riferimento di una scelta ideale politica che è stata unitaria e continuerà ad esserlo. Così come nessuna visione o chiusura provinciale ci impedirà di continuare ad aiutare e sostenere coloro che si sono battuti e si battono per la libertà del loro paese in Cile, in Spagna e ovunque si lotti contro il fascismo e per la democrazia.
Quali siano i compiti dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio nel suo complesso lo dicono chiaramente il nostro Statuto, la Costituzione l'attuale regolamento. Dirò infine quindi solo di alcuni punti che dovranno essere sviluppati per elevare e dare compimento ad una nuova fase costituente, avendo ben presente come gli Statuti regionali nati, nel 1970 indicarono delle finalità per delle Regioni pensate nel 1948. Ora tutto il Consiglio dovrà operare in una realtà, quella del 1975, che è profondamente mutata anche rispetto a quella di soli cinque anni or sono. Occorre portare a nuovi e superiori punti di approdo e di collaborazione, nello spirito dello Statuto, i rapporti fra Consiglio e Giunta, nelle loro distinte funzioni e competenze, primo fra tutti il problema della reciproca conoscenza di quello che si fa, si intende fare o anche semplicemente non si può fare; presupposto della partecipazione è l'informazione, dice l'art.
8 dello Statuto, ma solo in parte modesta questo dettato è stato sinora realizzato.
Occorre procedere ad una regolamentazione che consenta di realizzare pienamente questo principio, non soltanto fra Giunta e Consiglio, tra Assessorati e Dipartimenti e Commissioni, ma fra gli organi della Regione nel loro complesso e l'intera comunità regionale e soprattutto con i nuovi organismi di gestione della scuola, con i consigli di fabbrica, con i Comitati di quartiere, con i Comuni, con la stampa, con la Radio, con la Televisione. Occorre certo attuare lo Statuto in tutte le sue parti cominciando da quelle che condizionano tutta la crescita democratica della nostra Regione. Regione aperta, al di là degli schieramenti politici che pure si formeranno, vuol dire effettiva partecipazione alla formazione delle decisioni, al controllo del modo e dei tempi dell'attuazione delle stesse. Vi è tutto uri intero Titolo IV dello Statuto sulla partecipazione popolare che attende di essere regolamentato. C'è un articolo dello Statuto che è stato particolarmente negletto e dovrà presto essere attivato, l'art.
24, che prevede una Commissione consultiva per le nomine di competenza della Regione negli enti e negli organismi a cui la Regione partecipa.
Nella passata legislatura la Commissione era stata formata, ma non fu mai convocata, bisognerà farla funzionare perché il 15 giugno gli elettori hanno votato anche contro tutti i tipi di lottizzazione del potere e se vogliamo intendere almeno una delle lezioni utili di Salvemini e se vogliamo raccogliere la consapevolezza che era in ieri nel Presidente del Consiglio Moro, quando parlava dell'arroganza del potere, allora questo insegnamento, questa decisione dobbiamo prenderla perché è la prima che sgorga dall'indicazione della maggioranza del popolo italiano. Allora dobbiamo fare in modo che a dirigere gli enti finanziati dal denaro pubblico siano chiamati uomini che per competenza ed onestà e preparazione sappiano rispondere alla domanda di controllo pubblico che viene da tutto il Paese.
Tutto ciò che ho indicato non ha niente a che fare con l'assemblearismo e con una qualsivoglia diminuzione dei poteri e delle prerogative di tutti gli organi della Regione; queste prerogative intanto si difendono con un impegno personale dei Consiglieri, nell'espletamento del loro mandato e ancora d'accordo sono con le parole del Presidente Oberto quando ha aperto questa seduta: che si sia all'altezza della gravità dei compiti e delle responsabilità che ci competono. C'è bisogno di un'assemblea che funzioni a cominciare dalle Commissioni, c'è bisogno della frequenza e della presenza dei Consiglieri alle loro sedute e c'è bisogno che il lavoro di ogni Consigliere sia facilitato, sia portato alla qualificazione e allo studio con gli strumenti che il Consiglio deve poter mettere a loro disposizione. C'è bisogno, cari colleghi, del tempo pieno di ciascuno di noi, dentro e fuori di questo Consiglio regionale, perché la nostra assemblea possa far fronte ai suoi compiti. Ma sarà l'Ufficio di Presidenza neo-eletto che presenterà al Consiglio ciò che penserà di proporre per rendere più efficiente, più produttivo e quindi più democratico il lavoro di ognuno e quello di tutti. Il rispetto rigoroso del vecchio e nuovo regolamento che l'assemblea se vuole potrà darsi, è l'impegno primo che il Presidente deve assumersi ed io l'assumerò seguendo l'esempio e anche gli insegnamenti che mi sono venuti dai Presidenti dei Consigli precedenti, dal compagno e amico fraterno Vittorelli, dal Presidente Oberto, dal Presidente Viglione.
Credo di poterlo prendere anche a nome degli altri colleghi dell'Ufficio di Presidenza questo impegno, in una direzione che favorisca con l'assoluta fedeltà ai principi del pluralismo, della libertà dialettica, del confronto, della volteriana tolleranza, del rispetto rigoroso delle opinioni di tutti, con quella unità di intenti, con quella qualità e quantità di lavoro e di fatti che si attendono i quattro milioni e mezzo di elettori che ci hanno eletti per questa seconda legislatura.



(Applausi dai banchi dei Consiglieri e dalla tribuna del pubblico)



PRESIDENTE

Credo che il Consiglio non avrà nulla da obiettare se, come primo atto invio un telegramma al Ministro dell'Industria e al Ministro del Lavoro che suoni press'a poco così "Preoccupante grave situazione lavoratori ex Emanuel FIS-MEC richiedono immediate misure. Chiediamole urgente incontro e restiamo in attesa sollecito riscontro".
Io so che questo va incontro anche al lavoro che sta facendo la Giunta ma chiedo il consenso del Consiglio a questo primo atto della Presidenza appena eletta.
Ho ricevuto il documento che l'art. 32 dello Statuto indica come indispensabile per procedere all'elezione della Giunta e del Presidente.
Come voi ricorderete l'art. 32 recita: "L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno un terzo dei Consiglieri assegnati alla Regione con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative il Presidente e l'intera lista degli Assessori".
Il documento mi pare rispondente ai criteri ed alle caratteristiche del regolamento, ma chiederei, se c'è l'opinione conforme dei Capigruppo, una breve sospensione del Consiglio per addivenire alla determinazione della data di convocazione del Consiglio regionale e quindi poter iscrivere al primo punto all'ordine del giorno, come prevede lo Statuto, l'iscrizione della elezione del Presidente della Giunta e degli Assessori.
Vi sono obiezioni? Nessuna, quindi la seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12,45 riprende alle ore 13,10)


Argomento:

Ordine del giorno della prossima seduta


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Si è riunito l'Ufficio di Presidenza con i Capigruppo per esaminare data e ordine del giorno della prossima seduta del Consiglio. Le conclusioni sono le seguenti: viene proposta la data di giovedì 24 luglio alle ore 10 e alle ore 15, come convocazione al Consiglio regionale, con i seguenti punti all'ordine del giorno: Approvazione verbali precedenti sedute.
Adempimento di cui all'art. 32 dello Statuto: elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale.
Proposta di modifica del regolamento consiliare.
Vi sono obiezioni? La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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