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Dettaglio seduta n.95 del 08/10/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Beltrami, Bortolin, Buzio, Croso Farassino, Peano, Squillario.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

b) Commissione speciale di indagine conoscitiva sulla riconversione e la compatibilità ecologica dell'industria piemontese


PRESIDENTE

Comunico - soprattutto alla Giunta - che si è riunita ed è stata insediata la Commissione speciale di indagine conoscitiva sulla riconversione e la compatibilità ecologica dell'industria piemontese.
E' stato eletto Presidente il Consigliere Marchini e Vicepresidenti i Consiglieri Bresso e Segre.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Dibattito su questione Federconsorzi (seguito) e relativi ordini del giorno


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito sulla Federconsorzi.
La parola al relatore, Consigliere Ferrara.
FERRARA, relatore "Occorre dare atto al Ministro Goria che il processo di chiarimento da lui innescato ha segnato una evidente e decisiva rottura coi passato. Di Federconsorzi e della relativa situazione finanzia-ria si discute ciclicamente da decenni, senza che con ciò nulla di concreto venisse fatto.
Alcuni aspetti vanno però sottolineati. La relazione dell'Assessore evidenzia le cifre del deficit della Federconsorzi risultanti dall'avvio della procedura di concordato.
A parte alcune discrasie rispetto alla, relazione Goria del 12.6.91 alla XIII Commissione Parlamentare (Agricoltura), il che quantificava il deficit in 5400 miliardi (sia pur arrotondati), l'Assessore fa confluire in un'unica voce (crediti chirografari), quella parte di debiti, che il Ministro evidenziava in modo separato nella misura di 4200 miliardi di esposizione bancaria, e 1000 miliardi verso altri creditori.
E' questo un punto qualificante, sono evidenti l'entità e le forme assolutamente ingiustificabili dell'esposizione del sistema creditizio.
Gli effetti perversi dei legami impropri tra mondo politico e sistema bancario si sono fatti sentire. Si tratta di un disastro che viene da lontano e che ha assunto connotazioni travalicanti la semplice sfera dell'associazionismo privato. Al punto che all'osservatore straniero riesce impossibile capire non solo che la Federconsorzi è ente privato, ma addirittura dando per scontato il contrario, si chiede come possa essere in crisi! (quesito esplicitamente posto dai banchieri giapponesi implicati nei prestiti).
La Federconsorzi è un ente 'privato' che fattura 4000 miliardi ed ha un capitale sociale di meno di 5 milioni! Il Ministero nella sua relazione dice di non sapere di chi sia la colpa, e se vi sia colpa di qualcuno. Da un lato egli risponde che sarebbe impossibile pensare che possa andare bene un'organizzazione che è legata ad un settore in profonda crisi.
Dall'altro lato vi sono coloro che sostengono che la bassa capitalizzazione è un male tipico di tutta la cooperazione.
Il fatto è che l'intervento pubblico nella cooperazione si giustifica col fine di offrire delle strutture comuni a soci che poi se ne avvantaggino. Nella cooperazione cioè, scopo dell'Ente comune non è il profitto (stare sul mercato in proprio); bensì, pareggiando icona agevolare i soci, che sanno di essere tali e sono tenuti sul mercato dall'abbattimento di alcuni costi ad opera dell'Ente comune.
Nel caso di Federconsorzi, né i soci sapevano nel maggior numero dei casi di essere tali (lo stesso Assessore mette in evidenza il meccanismo con cui gli imprenditori vengono associati: la quota di '100' lire); né se ne avvantaggiavano, essendosi per decenni i Consorzi limitati a fornire mezzi tecnici ai prezzi di un normale commerciante, e a tutti (associati e non) come un normale commerciante; né infine la FEDIT o i singoli CAP conseguivano (come sappiamo, e non da ora) l'obiettivo del pareggio nonostante le diverse fame di sovvenzione pubblica Infatti non si può dire che queste siano mancate, per il solo fatto che non sono stati erogati nelle stesse forme previste per la normale cooperazione. Pertanto non è condivisibile l'affermazione del Ministro, nel documento allegato dall'Assessore, laddove sminuisce il valore e l'entità delle agevolazioni pubbliche in materia di IVA e ammassi.
Del resto in passato non sono mancate le denunce di una gestione non economica dei Consorzi agrari. Quando l'Assessore spiega la composizione dei Consigli Direttivi dei CAP, omette di dire che da alcuni anni in un sempre maggiore numero di CAP è venuta meno la minoranza, per il disimpegno motivato di alcune organizzazioni professionali agricole. A Torino, per esempio, ciò è accaduto cinque anni fa Non si può quindi negare che quei criteri di gestione secondo regole di mercato, che ora tutti rivendicano qualcuno le avesse chieste tempo prima.
Oggi il dibattito tende a separare il giudizio su Federconsorzi, da quello sui Consorzi agrari In realtà i due versanti sono strettamente connessi Non solo perché gran parte del deficit della Federconsorzi è in gran parte prodotto dal deficit dei singoli CAP, ma anche perché la sostanziale incapacità di offrire un servizio reale alle imprese agricole è il frutto di una incapacità combinata su entrambi i versanti di scegliere dei campi di intervento.
E' ormai evidente che il superamento dell'attuale situazione deve passare attraverso la estromissione dell'organismo centrale da qualsiasi forma di gestione, per riservarsi il ruolo di coordinamento, dalla funzione di intermediazione a quella di raccordo fra i fornitori, attraverso il meccanismo delle convenzioni, alleanze, partecipazioni, che lascino la gestione nelle mani degli operatori a monte dei settore primario.
Ciò che non si può pensare è di contrabbandare per segnalare di concreto cambiamento il conquistato pluralismo degli orientamenti politici nella rinnovata sede decisionale: su queste basi non si fonda mai la correttezza delle scelte economiche.
Sul versante dei CAP, può ritenersi giusta l'affermazione di un potenziale ruolo di sostegno ad un'agricoltura strutturalmente parcellizzata Ma di qui a dire che la sopravvivenza del settore primario in Italia è stato in parte legato alla esistenza dei Consorzi ne passa ancora.
Se così fosse, per converso, confermerebbe la loro grossa responsabilità nella innegabile crisi attuale dell'agricoltura.
La realtà purtroppo è che non hanno avuto demeriti né meriti particolari, trattandosi di una rete che - come già, detto - essendosi limitata a fornire mezzi tecnici, in realtà ha svolto compiti sui quali il mercato ha generato autonomamente un'adeguata presenza di un settore commerciale più che sufficiente. Il solo grande demerito è, dunque, di non essere di fatto esistita, come ruolo trainante dell'agricoltura, se non fosse per l'attuale pesante eredità debitoria.
E' sul versante della trasformazione e della collocazione della produzione agricola che occorreva intervenire per compensare l'incapacità strutturale e culturale - di gran parte dell'imprenditoria, agricola. Ma i CAP e la FEDIT non sono mai entrati nella, filiera agroalimentare, è forse proprio in questa direzione che occorre una svolta, al di là dei condivisibili ragionamenti sulla ristrutturazione, o eventuale chiusura dei Consorzi decotti.
Si tratta di un ragionamento che il PRI ha già proposto ed affermato in altri settori dell'intervento pubblico regionale. La situazione, che le tabelle predisposte dall'Assessore evidenziano circa i CAP del Piemonte ricorda molto da vicino l'esempio della Promark. In quel caso abbiamo avuto il coraggio di chiudere e ridisegnare l'intervento regionale.
In questo caso, pur tenendo conto del ruolo diverso della Regione occorre procedere nella stessa direzione e con lo stesso rigore.
In Piemonte la situazione è particolarmente grave. Già il Piano Pellizzoni (dir, gen. FEDIT) prevedeva, prima del Commissariamento dei 17 maggio, l'abolizione del CAP di Torino ed il suo accorpamento con Asti ed Alessandria Oggi sono posti in liquidazione coatta, e qualunque posizione della Regione non può significare un arretramento rispetto a queste decisioni.
In questo ambito un serio processo di ristrutturazione non può non passare attraverso l'abolizione della legislazione speciale, sia pur con i tempi ragionevolmente necessari ed il coinvolgimento di tutte le istanze professionali ed associative del mondo agricolo".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli; ne ha facoltà.
MONTICELLI Presidente, farò un breve intervento cercando di fare un ragionamento utile non tanto per quanto riguarda il passato della Federconsorzi, ma il futuro - non della Federconsorzi, sia chiaro, alla quale non auguro nessun futuro, ma solo che sia arrivata la parola fine - di un intervento pubblico nel campo della commercializzazione e dello sviluppo tecnico dell'agricoltura andato a finire come tutti sappiamo.
Vorrei riprendere la formula usata dal collega Riba, paragone un po' ardito. Aveva usato il paragone fra, Federconsorzi e Partito comunista dell'Unione Sovietica a proposito di un certo dibattito sul socialismo reale, presente non solo all'estero, ma anche in Italia.
Non voglio assolutamente addentrarmi su questioni che confinano o sconfinano - non si capisce bene - con l'analisi storica. Il Consigliere Rita aveva fatto un'affermazione molto netta e precisa, dicendo che la Federconsorzi non è riformabile. Io ritengo si debba partire da questo concetto e per questo motivo mi auguro sia stata detta la parola fine alla Federconsorzi e soprattutto ad un certo tipo di intervento pubblico - o para-pubblico - nell'agricoltura.
Credo che la Federconsorzi non sia riformabile e che quel tipo di intervento non sia più riproponibile per il futuro, anche sotto altro nome e vesti, perché non è riformabile e riproponibile per il futuro la politica, la strategia d'intervento nell'agricoltura che stava dietro le attività, la politica che Federconsorzi ha fatto in tutti questi anni.
Per essere breve, possiamo definire la politica che ha fatto la Federconsorzi in questi anni - e non a caso, ma perché era perfettamente inquadrata in una politica dei governi sui problemi dell'agricoltura - come una politica che è servita a coprire (incentivandola con un atteggiamento quasi di omertà) la debolezza strutturale dell'agricoltura italiana in cambio di potere politico.
Si copriva, attraverso quella politica di cui la Federconsorzi era un pilastro fondamentale, una situazione di debolezza strutturale e storica dell'agricoltura italiana che il fascismo aveva lasciato completamente in eredità alla Repubblica italiana; senza affrontarla alla radice, ma incentivandola nella sua perpetuazione negli anni, in cambio di consenso e potere politico; stamattina è stato detto - giustamente - in cambio del sistema di potere della Democrazia Cristiana.
E una debolezza strutturale nota a tutti (è particolarmente evidente in Piemonte), dovuta alla polverizzazione della proprietà e della conduzione dei fondi agricoli. E' in questo, più ancora che in un'immediatezza di utile e di potere politico, la saldatura realizzata in questi anni fra realtà della Federconsorzi e realtà assimilate e collegate alla Federconsorzi, la Coldiretti, quel sistema di funzionamento dell'intervento pubblico e para-pubblico nelle campagne. La saldatura fra tutto questo è la strategia politica della DC; in sostanza, ribadire, coprire, persino incentivare la debolezza strutturale dell'agricoltura italiana.
Caso tipico - è stato ricordato anche questo stamani - è la politica della meccanizzazione nelle campagne, servita, oltre che a vendere tanti trattori e ad indebitare sia la Federconsorzi sia tanti contadini italiani anche a disincentivare il movimento per la cooperazione, favorendo la perpetuazione di una polverizzazione della conduzione delle campagne che è uno degli elementi fondamentali della debolezza strutturale dell'agricoltura italiana. Il tutto condito con elementi anche mitici e forti in certi momenti e in una certa cultura del nostro Paese; il mito della piccola proprietà della Coldiretti, con tutto quello che è stato costruito, anche in termini culturali a questo proposito.
Dobbiamo partire dal presupposto che questa politica non è più riproponibile sotto nessuna forma per il futuro.
L' agricoltura italiana non lo era già in passato, non lo è adesso e lo sarà sempre meno in futuro; non può essere considerata - è stato detto giustamente dal collega Marchini - come un sistema autarchico l'agricoltura italiana ha a che fare con uno scenario sempre più complesso nel rapporto fra industria e agricoltura, a livello europeo e mondiale, e quella politica di copertura della debolezza strutturale dell'agricoltura italiana non è più proponibile.
Credo che occorra partire dal presupposto che l'agricoltura italiana con questi nuovi scenari, si deve misurare senza rete. Non è più possibile alcuna forma di "stampella", di assistenza, di politica assistenziale all'agricoltura italiana. Certamente sono necessari interventi pubblici, ma devono essere nettamente, rigorosamente finalizzati ad affrontare i nodi strutturali della debolezza dell'agricoltura italiana, non a perpetuarli non a difendere una debolezza, ma a cambiarla e superarla. E interventi per modifiche strutturali nel sistema agricolo italiano significano tutt'altra cosa da quella che è stata la politica agricola dei governi democristiani in tutti questi anni e da quella che è stata la Federconsorzi in questi anni. Per questo noi riteniamo che si debba arrivare in tempi il più possibile brevi - e in questo senso stamani c'è stata una proposta del Consigliere Riba di un impegno alla III Commissione per un'istruttoria un'analisi, un approfondimento di questi problemi - a studiare anche in campo regionale delle ipotesi per il futuro, partendo dal presupposto che questo futuro non si può portare dietro le strutture dell'attuale Federconsorzi; né chi l'ha diretta in questi anni, né il lascito della politica democristiana nelle campagne in tutti questi anni. Deve essere un futuro radicalmente nuovo, in cui l'agricoltura - ripeto - si deve misurare senza rete con questi nuovi scenari, che sono scenari europei e mondiali e non da piccolo paese, da Coldiretti, da sistema di potere democristiano; un futuro nuovo per affrontare davvero i nodi dell'agricoltura italiana. A questo scopo ritengo si debba lavorare con grande fantasia e con grande sforzo di concretezza nello studio delle proposte, le quali devono far voltare pagina all'agricoltura. E nella pagina nuova dell'agricoltura italiana, secondo me, la parola Federconsorzi (o assimilati) non ci deve più essere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Certamente la vicenda Federconsorzi è stata un fallimento annunciato da tanti segnali ed avvenimenti nell'ambito di questo difficile settore dell'economia italiana. Tale fallimento non ci ha sorpreso più di tanto perché rappresentava un organismo che aveva avuto un certo tipo di ruolo e aveva già fatto il suo tempo.
Organismi di queste dimensioni, che gestiscono una così grande quota di capitali, quindi organismi che hanno un forte ruolo nell'organizzazione del consenso, non hanno funzionato nemmeno dal punto di vista pratico dell'organizzazione dell'economia italiana, anzi hanno avuto - questa è la nostra idea - un ruolo nefasto, come la Federconsorzi in particolare.
Potrei prevedere che forse una simile fine la faranno anche altre istituzioni di questo genere, penso all'AIMA in questo momento, e se un simile colpo dovesse capitare anche all'AIMA sarebbe un vero disastro.
Tali organismi non funzionano per tanti motivi, ma soprattutto non funzionano dal punto di vista strutturale perché vogliono costituire un "polmone" in grado di fare poi rispettare al sistema politico italiano le direttive CEE in materia di agricoltura. Bisognerebbe aprire in merito un capitolo, ma mi sembra non sia questo l'argomento di oggi, che è limitato al dibattito sulla vicenda Federconsorzi e non a qualcosa di più ampio sul funzionamento del sistema agricolo italiano (sistema dei prezzi, sostegno al mercato italiano, ecc.).
Credo che lo spunto della vicenda Federconsorzi porti alla necessità di mettere la parola "fine" e far cessare la vecchia strategia nei confronti della politica agricola italiana, strategia che ha voluto causare un grande sperpero di denaro pubblico. Anch'io, per cercare di documentarmi il più possibile sulla vicenda, ho letto il dibattito avvenuto in Senato alla presenza del Ministro Goria. Alcune cose mi hanno colpito e mi hanno portato a pensare che questa vicenda debba essere chiusa al più presto.
Alla domanda di un senatore che chiedeva al Ministro Goria perché si è reagito così tardi alla vicenda Federconsorzi, il Ministro rispondeva che il "tardi" va valutato, nel senso che quello che può apparire un ritardo per alcuni non può essere considerato tale da altri e che il bilancio, fino al 1989 compreso, appariva ad una valutazione, ancor oggi non contestata in bonus, tenendo conto dei veri valori compresi.
Questa valutazione oggettiva del ritardo, ovviamente mi fa mal pensare.
Il Ministro dell'Agricoltura pensava che il bilancio fino al 1989 potesse essere ancora considerato in bonus, ma la valutazione di quest'anno comprende (come ha riportato anche l'Assessore questa mattina) i 5000 miliardi di lire di passivo accanto - è vero, come ha fatto notare - a un attivo di 412 i miliardi, che comunque è un attivo che comprende anche diverse voci difficilmente esigibili.
La preoccupazione, leggendo tutto quello che si è letto in questi mesi sulla vicenda Federconsorzi e anche leggendo il resoconto stenografico del Senato, è che tutto ciò non basti per mettere la parola fine a questa vicenda. Leggendo l'esposizione del Ministro Goria e degli altri Senatori si capisce come esista la volontà concreta di portare avanti la situazione che ha determinato tale disastroso fallimento. Infatti, verso la fine del dibattito, il Presidente Goria disse: "credo sia importante per l'agricoltura italiana", ma allora bisognerebbe vedere quali risultati si sono ottenuti da questa gestione che ha preservato la capacità dell'intera rete dei Consorzi Agrari di assegnare, sul territorio, una presenza diffusa agli agricoltori soprattutto delle zone più disagiate. Il Presidente Goria continuò dicendo che I Consorzi, laddove sono in grado, debbono continuare a funzionare - e non mi sembra il caso di quelli piemontesi.
I risultati della gestione Federconsorzi sul sistema agricolo italiano si vedono dai fatti: gli agricoltori Italiani sono pieni di problemi, in Piemonte in particolare. Quindi, ritengo sia un capitolo da chiudere il meglio possibile, ma sia necessario ripensare ad una gestione completamente diversa dell'agricoltura italiana più di quanto non abbiano fatto i Consorzi Agrari in questi anni.
Oltre tutto anche dal punto di vista che più interessa noi Verdi, i Consorzi Agrari e la Federconsorzi hanno sempre spinto alla meccanizzazione del settore agricolo, impiegando imponenti forze finanziarie che avrebbero potuto essere utilizzate per migliorare il sistema agricolo, perché le macchine agricole erano da vendere In certi modi, seguendo interessi sia di tipo industriale sia di tipo agricolo. Per non parlare poi in particolare della questione ambientale, nel senso che la gestione dell'agricoltura italiana è stata, non solo dal punto di vista delle macchine impiegate, ma di tutti i mezzi utilizzati, un grosso contributo all'impoverimento e alla devastazione ambientale.
Pensiamo che, anche in questo caso, la struttura Federconsorzi abbia avuto un ruolo importante e significativo nel far perdere il referendum contro l'uso dei pesticidi in agricoltura. Quindi, non possiamo fare altro che partecipare a questo dibattito in quanto la Regione non ha particolare competenza su questo campo specifico. Ha grandissime competenze sull'agricoltura regionale, infatti è uno dei maggiori campi d'intervento dopo il settore sanitario.
Cogliamo, quindi, l'occasione per riprendere in mano seriamente la questione e concordo con l'ordine del giorno, che sta circolando in aula in questo momento, che demanda di fatto alla Commissione competente, la III l'esame approfondito della situazione agricola in modo che siano prese iniziative e risoluzioni idonee per far riemergere i Consorzi piemontesi e più in generale, l'agricoltura piemontese da questa situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Non volevamo intervenire, ma dopo l'intervento di questa mattina del Consigliere Rossa, mi pare opportuno puntualizzare una serie di cose.
Questo dibattito, sollecitato casualmente dal Capogruppo del Partito socialista, non è altro che una richiesta di spazio da parte di quest'ultimo all'interno di Federconsorzi. Questo mi pare sia emerso in tutta la sua chiarezza.
Credo, quindi, che il problema Federconsorzi non debba essere affrontato in funzione di chi la gestisce o meno; il problema della Federconsorzi - e non racconto la sua storia in quanto la conosciamo tutti è quello di vedere cosa si può fare da qui in avanti per risolverlo dimenticando questa bramosia di lottizzazione.
E chiaro che si tratta di una questione istituzionale per il Partito Socialista, ma viste le forze presenti in Consiglio e il clima creatosi tra i cittadini e le istituzioni, mi pare necessario arrivare alla gestione possibilmente senza lottizzazione delle strutture. E' vero che la Coldiretti ha gestito fino ad oggi la Federconsorzi - e molto probabilmente la gestirà ancora nei prossimi anni - ma noi dobbiamo accusare chi non ha fatto nulla, perché non basta gestire delle strutture. Bisogna attuare una politica agricola che, in Italia, non è più stata fatta dagli ultimi 20 anni a questa parte.
Dobbiamo porci nuovamente questo problema: che cosa vogliamo fare dell'agricoltura. Stiamo ridiscutendo a distanza di mesi, dopo quel Consiglio aperto sull'agricoltura, sullo stato della povera agricoltura piemontese. Ribadisco la parola piemontese perché è vero che la Federconsorzi è nazionale e la crisi è comunque nazionale, ma è anche vero che la crisi particolare della Federconsorzi è nelle regioni del nord.
Dobbiamo nuovamente ribadire - l'avevamo già detto a suo tempo - che in Italia esistono due agricolture. Una è di serie A, tutelata dalla CEE, che anche lo Stato italiano continua a tutelare, che è quella meridionale degli agrumi, del pomodoro, dell'olio di oliva. Poi esiste la nostra agricoltura che è penalizzata perché in diretto contrasto con le grandi agricolture mittel-europee.
Dobbiamo prendere atto di questo e iniziare a fare una politica di tutela della nostra agricoltura: Federconsorzi e i Consorzi Agrari devono essere di supporto a tale politica. Come Regione possiamo anche discuterne ma la questione Federconsorzi non è di nostra competenza; di nostra competenza sono invece altre cose molto più importanti.
Pensiamo all'ESAP. Siamo nuovamente a discutere dell'ESAP, Assessore mi risulta addirittura che all'interno della maggioranza non ci sia una linea chiara di che cosa si vuol fare di questo Ente: lo vogliamo mantenere, lo vogliamo potenziare o lo vogliamo eliminare? Non siamo per noi, dai banchi dell'opposizione, a dover dare delle indicazioni; deve essere la Giunta ad arrivare con idee possibilmente chiare su cosa si vuol fare dell'agricoltura piemontese.
L'ESAP può essere lo strumento, come può non esserlo; questo però deve deciderlo la Giunta. Quindi dibattiamo pure di Federconsorzi, pero oggi dopo questo dibattito, non abbiamo di nuovo capito quale sarà il futuro che la Giunta regionale vuole dare alla nostra agricoltura.
Non esiste un piano preciso; ci sono solo dei piani approssimativi. E' su questo che vorremmo avere delle risposte. Dobbiamo riaffrontare - e lo faremo sicuramente in Commissione - il problema dello sviluppo agricolo del Piemonte; una volta tanto, però, affrontiamolo seriamente e soprattutto - e qui mi rivolgo al Partito socialista - evitiamo le bramosie di lottizzazione che hanno ridotto lo Stato italiano nelle condizioni in cui si trova.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Picchioni; ne ha facoltà.
PICCHIONI Dalle parole dette in quest'aula, ma anche dalle considerazioni fatte in più dibattiti in tutto il Paese, mi pare che il crack della Federconsorzi abbia rappresentato un vero terremoto con il quale si è chiusa un'epoca. Si è certamente chiusa un'epoca difficile in cui l'agricoltura ha perso competitività e produttività e si è trovata ancora una volta, per delle tare storiche, ad essere la Cenerentola del nostro Paese.
Da questo dibattito mi è anche parso che più del malato ci si interessasse del dottore e questo dottore, fuor di metafora e fuor di ogni allegoria, può essere la Democrazia Cristiana oppure quei personaggi che vicini alla Democrazia Cristiana, sono quasi accusati di cercare un allunaggio, il più morbido possibile, su quello che sarà il prossimo futuro della Federconsorzi.
Liquidare quello che del passato non va bene, cercando però soluzioni indolori per salvaguardare in un modo o nell'altro quelli che sono stati i protagonisti positivi o negativi (secondo il proprio punto di vista) della politica dell'agricoltura in Italia nel passato: tutto questo potrà essere vero. Potrà essere vero anche quanto ha detto prima il collega Monticelli che forse con la fine della Federconsorzi crolla il mito del piccolo agricoltore, crolla il mito del coltivatore diretto, crolla Al mito di una agricoltura assistita.
Questo discorso, però, investe completamente tutto il sistema produttivo del Paese. Vorrei aggiungere - e questo non è per una copertura più o meno strumentale - che oggi ci scandalizziamo per quei 1000-1500 miliardi che sono un po' lo sfrido negativo di bilancio tra crediti e passività della Federconsorzi, mentre nel passato, su debiti molto più cospicui come quelli dell'ENI, dell'IRI e delle Partecipazioni Statali, non c è stata una uguale presa di posizione.
Al di là della malattia dell'agricoltura Italiana, si vogliono soprattutto vedere le strumentalizzazioni che questa agricoltura ha coinvolto. Il discorso è complesso perché coinvolge l'agricoltura di questo mezzo secolo.
Caro Rossa, non sono un esperto ma ricordo (e forse lo ricorderai anche tu), essendo anch'io un langarolo da parte di madre, che negli anni '50-'60 si parlava del piano Mansholt. Secondo il piano Mansholt si dava qualcosa al contadino affinché abbandonasse la terra in modo da avviare il Paese ad una industrializzazione intensiva: in pratica si offrivano delle facilitazioni per spopolare la campagna. Dico questo non per dire che quel piano è fallito, ma per dire che gli sbandamenti della storia, ancora una volta, sono incredibili e pertanto quello che una volta passava come la chiave del successo per la ristrutturazione del nostro Paese in misura neo industrlale oggi viene invece evocato come uno dei grandi momenti fallimentari della politica agricola europea.
Non voglio ricordare queste cose, ma quando si rapporta il piccolo al grande, il domestico all'universale, bisogna anche ricordare quali sono state le filosofie non solo nazionali ma anche comunitarie nell'ambito dell'agricoltura.
Non so se si arriverà ad una riforma della Federconsorzi nei termini in cui vogliono i partiti di sinistra. Ho anche letto certe critiche da parte del Partito comunista e del Partito socialista sul pericolo che si favorisca il riciclaggio di vecchi personaggi, quelli che hanno portato la Federconsorzi al tracollo, e sul pericolo che esistano delle procedure che non favoriscono l'assoluta trasparenza; insomma, tanti pericoli per cui si pensa che il cadavere appena sepolto possa essere riesumato sotto altra sembianza ma con la stessa sostanza.
Do atto all'Assessore di aver fatto un check-up puntuale e preciso e anche di aver invitato il Consiglio regionale a fare delle proposte. Non ne ho sentite: sono stati fatti solo vaghi accenni all'ESAP. Certamente l'ESAP deve essere abolita o messa a regime: personalmente non so quale sia la giusta soluzione, dobbiamo pero studiare cosa si vuol fare di questo ente strumentale. Anche qui il problema generale risponde alla filosofia della deregulation: cosa vogliamo fame? Noi siamo eternamente legati ad uno strabismo politico, per cui quando ci conviene una cosa la dobbiamo fare, quando non ci conviene la dobbiamo dimenticare. Pero da questo Consiglio deve venire fuori una linea politica univoca per quanto concerne gli enti strumentali. Ci sono stati degli errori nella gestione della Federconsorzi: non so se ci sono state delle malversazioni, collega Chiezzi, non lo so. Ho letto tutti gli atti parlamentari, le voci e le critiche sorte al riguardo - al di là del catastrofismo dell'amico Zacchera - e tutte le polemiche da parte dei vari partiti politici.
MAJORINO Sono realtà oggettive.
PICCHIONI Ti hanno ricordato poco fa cosa è stata la gestione agricola del fascismo: ripeto: mi pare che per il momento nessuno abbia imputato errori di gestione o malversazioni. Certo, c'è un grande sospetto e un grande cono d'ombra, perché quando la gestione è fatta in modo preponderante da una parte politica il discorso diventa subito moralistico, strumentale, cioè si nasconde il fatto dietro il teorema oppure si mette il teorema davanti al fatto e poi, pur di valutare il fatto, si ricorre sempre al teorema, perch il teorema ci appaga; queste cose sono ineluttabili nella polemica politica.
Si è parlato di una struttura appesantita, di una burocrazia ipertrofica, di interesse assistenziale e di interesse clientelare, ma ancora una volta vorrei ribadire - non per polemica politica - che non si è colpito tanto l'assistenzialismo in generale quanto l'assistenzialismo di colore democristiano. Questo potrebbe portarci a riflessioni molto meno ristrette di quanto riguarda l'agricoltura.
Il Consigliere Bresso ha parlato di socialismo reale. Se per un minimo di polemica dovessimo mai parlare del socialismo reale, se ci dovessimo soffermare sui finanziamenti all'Est; sulle partite invisibili delle tangenti, cosa dovremmo mai dire? Sono questioni che esulano dal nostro discorso, ma non da quella considerazione generale per cui in Italia lo sfruttamento ideologico dell'agricoltura è sempre avvenuto. E' avvenuto con il fascismo, con il bracciantato agricolo, forse anche con noi. Non vi è stato momento storico in cui lo sfruttamento ideologico non si sia verificato. C'è sempre stato; c'è anche in questo momento.
Il discorso ci pone dunque tutti assieme a quel discorso del partito "pigliatutto" di cui Gramsci è stato un grande vate e per cui il partito principe, la saldatura fra intellettuali e lavoratori si è sempre verificata con una teorizzazione intelli-gente e suggestiva che ha portato tutti i partiti a far sì che lo Stato venisse occupato e lottizzato. Ciò è accaduto anche per la questione dell'informazione di cui si è parlato stamani.
Abbiamo una tara storica culturale ideologica, per cui i partiti dopo la monocrazia fascista hanno creduto che lo Stato fosse una parte di loro stessi.
Togliatti ha fatto una definizione suggestiva: "I partiti sono la democrazia che si organizza". In questa organizzazione c'è tutto: il male ed il bene, il lecito e l'illecito, la prevaricazione o la domanda di parola che tutti i partiti devono avere. Quando la collega Bresso ha parlato di scampoli di socialismo reale nella Coldiretti, non si è accorta che l'analogia fra il socialismo reale e la Coldiretti è una cosa sola: il fallimento. Stiamo attenti a queste divagazioni correnti. Credo che Pajetta sia stato uomo grandissimo nella storia del nostro Parlamento: ma non credo sia stato un esempio di serenità ed obiettività nella polemica. L'Assessore ci ha ammoniti ad essere prudenti in materia di cifre perché si parla sempre di 5 mila miliardi, 8 mila o cifre simili; naturalmente sempre di numeri tondi, mai spezzati o decimali, perché danno più l'idea. Ci ha anche detto della sua disponibilità a dare tutte le informazioni dovute. Noi siamo assolutamente contrari a Commissioni d'indagine o d'inchiesta perch esulano dalle competenze istituzionali e perché il nostro Assessorato non ha specifiche responsabilità dirette o indirette.
L'Assessore ha anche detto che la Giunta si impegna a dare tutte le informazioni nella sede istituzionale competente, come la III Commissione con l'obiettivo di fondo di recuperare, per l'agricoltura piemontese, tutto ciò che di positivo esiste, tutto ciò che è costruttivo.
La denuncia da tempo sollecitata da parte delle diverse forze del Consiglio non ha portato ad alcuna proposta se non quella di rivedere con la doverosa sollecitudine - come ha ricordato il Consigliere Rabellino cosa si intende fare dell'ESAP e se esso può rispondere in misura congrua e pertinente alla crisi strutturale dell'agricoltura piemontese.
Ringrazio quindi l'Assessore perla sua puntuale risposta e per aver aggiornato in una specie di monitoraggio i passaggi successivi alla stesura della sua relazione con il discorso che stamani ha pronunciato.



STAGLIANO' IGOR



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola l'Assessore Lombardi; ne ha facoltà.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Nel mio intervento mi sono limitato a parlare di Federconsorzi. Alcuni colleghi, invece, hanno allargato l'oggetto della discussione; c'è chi ha parlato dell'ESAP e chi dell'agricoltura nel suo complesso.
Per non essere accusato di non affrontare questi argomenti, vorrei brevemente svolgere alcune considerazioni su questi aspetti che non erano all'ordine del giorno.
E stata richiamata la crisi dell'agricoltura italiana e piemontese.
Credo che coloro che si occupano di agricoltura sappiano che è in crisi in tutta la CEE e che negli anni '80, fino al 1990, negli USA sono fallite alcune centinaia di migliaia di aziende agricole.
La settimana scorsa 200 mila coltivatori francesi (la Francia ha una popolazione pari a quella italiana, ma una superficie ed una situazione naturale e strutturale dell'agricoltura almeno doppia sul piano dei vantaggi) hanno sfilato a Parigi per protestare contro la politica agricola del Governo, così come tre mesi prima tutti i coltivatori europei, compresi quelli italiani, hanno manifestato a Bruxelles contro la situazione di crisi in cui si trovano l'agricoltura italiana, tedesca, inglese, olandese spagnola e francese.
Se vogliamo essere corretti ed obiettivi dobbiamo parlare di crisi dell'agricoltura dei Paesi più avanzati, e la crisi è facilmente spiegabile, basta volerla capire. Nel momento in cui si aprono discorsi con i Paesi in via di sviluppo, che hanno la produzione agricola a costi inferiori almeno della metà rispetto ai Paesi sviluppati, si aprono i mercati, e se questo avviene senza rete e governo, tutta l'agricoltura dei Paesi sviluppati dovrà chiudere. Infatti, una mucca in Argentina o in Brasile (l'Argentina ha un patrimonio di 30 milioni di bovini superiori alla popolazione, il Brasile di 100 milioni di capi) costa un decimo di quello che costa in Europa.
Quindi, se si aprono i mercati senza barriere, l'Italia, la Francia l'Inghilterra, la Germania e forse anche gli USA non avranno più zootecnia.
E' una situazione che esiste in tutti i Paesi sviluppati, sono problemi di dimensioni enormi e la discussione che c'è al GAT verte proprio su questi aspetti: come aprire ai Paesi in via di sviluppo i mercati dei Paesi avanzati, senza veder chiudere l'attività agricola in larga parte del territorio non solo europeo, ma di tutto il mondo occidentale.
La seconda considerazione che intendo fare è che l'agricoltura italiana non è più assistita delle altre agricolture. Gli Stati Uniti d'America spendono per la loro agricoltura molto di più di quello che si spende per ettaro in Italia; questo è un altro aspetto che deve essere considerato, se si vuole ragionare di agricoltura.
E' vero che gli U.S.A, spendono nella direzione di ridurre la produzione, pero spendono. E spendono perché riducendo la produzione fanno sì che le loro aziende agricole possano stare sul mercato.
In Europa, l'agricoltura italiana è quella meno assistita: per ettaro o per lira di valore prodotto, si spende meno in Italia che non in Olanda o in Francia.
Facciamo quindi chiarezza e diciamo che l'agricoltura è un problema mondiale per quel che riguarda i Paesi sviluppati, che l'agricoltura è aiutata, assistita negli U.S.A., come negli altri Paesi della CEE: così abbiamo il quadro nel quale sviluppiamo i nostri ragionamenti per affrontare i problemi che concernono l'agricoltura italiana.
L'agricoltura italiana deve tenere conto - e qualche collega continua a dimenticarlo, come ad esempio il collega Zacchera ed altri che sono intervenuti - del fatto che fa parte della CEE e che il 1993 esiste ormai da decenni. Le stesse regole, che vigono per la produzione italiana, ormai da anni vigono anche per l'agricoltura tedesca, francese e olandese, non è possibile attuare una politica agricola che non tenga conto delle indicazioni della CEE.
Spesso le indicazioni e le decisioni comunitarie non sono le più adatte alle esigenze dell'agricoltura italiana, le contestiamo anche, sapendo per che se vogliamo stare in Europa dobbiamo applicare, nel nostro Paese e nella nostra regione, le indicazioni fondamentali per le iniziative di politica agraria.
Valga a questo fine il fatto che nessuna delle leggi, per quel che concerne l'agricoltura, può entrare in vigore senza il visto della CEE, la quale spesso rinvia le leggi, sia piemontesi che di altre Regioni, perch non conformi all'indirizzo di politica comunitaria. Quando si dice: "Facciamo una politica completamente diversa", ci si dimentica che questo stando in Europa, non è possibile; noi dobbiamo applicare bene, con efficienza e razionalità, le indicazioni della politica agricola comunitaria. In tal senso prego i colleghi di andare a verificare qual è stata la Regione che nel 1991 ha ottenuto più finanziamenti perché meglio ha applicato i regolamenti comunitari: è la Regione Piemonte, che ha avuto le assegnazioni maggiori fra tutte le Regioni italiane perché ha applicato qualche volta contestandole, le decisioni e le indicazioni di politica agricola comunitaria. Quindi noi operiamo in agricoltura, chiunque di noi abbia le responsabilità in questo quadro, con queste limitazioni, e dovendo tenere ben conto di questa realtà.
Se così è, il problema non è quello della Federconsorzi Se qualcuno ritiene che la Federconsorzi sia la causa della crisi dell'agricoltura italiana è largamente fuori dalla realtà della nostra agricoltura. Siamo in una situazione difficile rispetto ai riferimenti europei di cui parlavo prima, in cui il fatto negativo della Federconsorzi contribuisce certamente a non migliorare la situazione complessiva.
Qual è il problema che abbiamo? Non è certo quello di recuperare la Federconsorzi come strumento, così come l'abbiamo conosciuta in questi decenni.
Certo, sono stati fatti degli errori nella Federconsorzi; non è pensabile che una struttura economica ben gestita arrivi ad avere questa situazione e quindi qualcuno qualche errore l'ha fatto, ma l'ha fatto nel contesto di cui parlavo prima. Comunque, la Federconsorzi ha svolto un ruolo positivo in questi anni, l'avete detto voi e l'ha detto il collega Riba quando ha parlato del fatto che quest'anno si è dovuto svendere a 2.000 lire in meno il grano perché non cera la Federconsorzi, dando dimostrazione dell'utilità di quest'ultima. Infatti, quest'anno in cui la Federconsorzi non c'era, i prodotti agricoli hanno ricevuto 2.000 lire in meno al quintale; questi soldi sono stati destinati naturalmente ad altri momenti di intermediazione, che comunque ci sono e ci saranno e che nel nostro sistema nessuno di noi può pensare che non esisteranno.
RIBA Non c'era la Federconsorzi, ma non c'erano le cooperative.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Le cooperative c'erano, ma io sto alla realtà. Certo, c'è anche un fondo di verità in quello che tu dici, perché probabilmente se non ci fosse stata la Federconsorzi sarebbero cresciute altre organizzazioni che avrebbero affrontatola situazione. Ma la Federconsorzi c'era. Noi prendiamo atto di questa realtà e diciamo che la Federconsorzi serviva.
La collega Bresso, facendo riferimento agli anni '63, ha detto: "Andiamo veramente indietro se seguiamo questa direzione". Ma allora quante cose potremmo dire sulla proposta di politica agricola che facevano altri partiti, anche all'interno del nostro Paese, proponendo modelli che addirittura, laddove hanno trionfato, non riescono a sfamare la popolazione e vedono code lunghissime per rifornirsi di beni essenziali, cosa che non si verifica da noi? Risalire a quegli anni penso sia veramente fare riferimento a cose ormai superate.
C'è un aspetto che voglio sottolineare. Quando la collega ha accennato al fatto che su 6.700 lire al quintale 2.000 lire erano destinate allo stoccaggio e alla conservazione, in fondo non ha detto una cosa estranea alla realtà odierna. In effetti, oggi per la conservazione del prodotto spesso spendiamo di più in rapporto anche alla percentuale di allora.
Per quanto riguarda l'AIMA, qualcuno la confonde con la Federconsorzi.
La Federconsorzi è un'organizzazione privata con alcuni riconoscimenti pubblici, mentre l'AIMA è Stato, e se fallisce l'AIMA fallisce lo Stato.
Quindi non facciamo queste confusioni. Resta tuttavia il fatto che l'AIMA paga di più per la conservazione del litro di alcol derivante dalla distillazione di prodotti agricoli rispetto al costo della materia prima. A volte, infatti, la conservazione del prodotto agricolo, il suo trasporto e la sua organizzazione costano di più del valore della materia prima. Ci d'altra parte, lo notiamo su molte produzioni: ad esempio, il produttore ricava 600 lire dalle mele, mentre in negozio queste costano 2.500-3.000 lire, il che vuol dire che la materia prima costa meno dei momenti di passaggio di trasformazione e di commercializzazione.
A me sembra che se vogliamo operare in maniera utile, tenendo conto di questo quadro complessivo, dobbiamo cercare di recuperare le esperienze, le professionalità e anche le strutture della Federconsorzi, non per una riedizione del suo vecchio schema, ma per utilizzare tutte queste risorse in una nuova organizzazione che personalmente, ma anche come Giunta vediamo a dimensione regionale. Se ci sono delle opportunità per organizzare la Federconsorzi in maniera diversa rispetto al passato dobbiamo coglierle, perché servono al miglioramento dell'agricoltura e alla valorizzazione del nostro prodotto. Non è vero che non esiste una politica in questa direzione, la Regione Piemonte ha sposato attraverso i suoi strumenti di legge - richiamo la legge n. 40 - la politica della qualificazione della produzione e del miglioramento della presenza del mondo agricolo nel momento della trasformazione e valorizzazione del prodotto con la partecipazione dei produttori. La partecipazione dei produttori è mancata nell'organizzazione della Federconsorzi, ma è mancata anche in altri momenti, in quanto è andata in crisi la Federconsorzi grande strumento con una grande storia. Ma abbiamo delle cooperative in Piemonte con non poche centinaia di soci che non avevano una grande partecipazione e oggi si trovano in stato di fallimento senza che i soci ne sapessero niente.
quindi, ciascuno di noi deve fare riferimento alle proprie aree di assistenzialismo e di non efficienza esistente. Queste aree di influenza esistono non solo per una parte delle forze presenti in Consiglio, ma ciascuno ha le proprie quote derivanti dal consenso democratico.
Dobbiamo cercare di recuperare questi spazi di efficienza esistenti nell'attuale organizzazione della Federconsorzi, e in questa direzione ringrazio i colleghi intervenuti, anche se non sono venuti grossi contributi per trovare una soluzione.
Mi sembra che la Commissione sia la sede giusta nella quale l'Assessore e la Giunta possano informare i colleghi affinché questi possano dare il massimo del contributo in modo da rafforzare il momento della trasformazione.
Inoltre viviamo in una Regione che paga il prezzo di essere monoculturale - la cultura dell'industria - così come lo paga l'agricoltura e l'agroindustria piemontese, ma se troviamo il modo per rafforzare tale presenza credo che il dibattito odierno sulla Federconsorzi sia stato utile per il miglioramento della difficile situazione agricola.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa. Sono pervenuti due ordini del giorno già distribuiti al Consiglieri. L'ordine del giorno n. 276 a firma dei Consiglieri Riba, Segre, Cavallera, Rossa, Maggiorotti, Chiezzi, Goglio e Ferrara, e l'ordine del giorno n. 277 a firma dei Consiglieri Majorino e Zacchera.
Era stato presentato anche un ordine del giorno il 16/7/1991 a firma Riba, Monticelli ed altri che viene ritirato. Era stata presentata anche un'interpellanza, la n. 657 a firma Chiezzi.
La parola al Consigliere Majorino per l'illustrazione dell'ordine del giorno n. 277.
MAJORINO Presidente, colleghi Consiglieri condividiamo i passaggi e le conclusioni dell'ordine del giorno, che porta come firmatari diversi colleghi sia della maggioranza sia dell'opposizione.
Nel nostro ordine del giorno c'è una considerazione e una conclusione aggiuntiva che riguarda la richiesta di una comunicazione della Giunta o in Consiglio o, quanto meno, in Commissione sulla situazione attuale dell'ESAP, visto che l'ESAP è un ente strumentale della Regione e visto che anche con riferimento all'ESAP c'è una situazione che, con un eufemismo può essere definita drammatica. Non è catastrofismo definire come situazione drammatica quella dell'ESAP, ma è solo una conseguenza della lettura e una presa d'atto di quanto esposto dal Commissario straordinario dell'ESAP in una sua nota inviata alla Giunta in data 10/1/1991. Sono diverse cartelle e si possono scegliere fior da fiore da questa relazione oggettiva - perché il Commissario straordinario è sicuramente persona super partes, un alto funzionario della Regione Piemonte - alcune considerazioni ed alcuni elementi oggettivi esposti. Si tratta di considerazioni che riferiscono, per quanto riguarda l'ESAP, di una situazione definita, con un altro eufemismo, abnorme.
Accenna inoltre all'acquisizione di complessi industriali mai attivati a nuove funzioni o attivati e subito chiusi; accenna alla partecipazione dell'ESAP in società cooperative in posizione di dominanza assoluta senza disporre delle capacità e delle professionalità finanziarie e manageriali necessarie. Si riferisce all'accertamento da lui fatto in base alla documentazione ineccepibile relativa alla concessione di garanzie fidejussorie da parte dell'ESAP ad enti, società e cooperative di produttori senza una ragionevole valutazione dei rischi connessi.
Accenna inoltre a passività a cui si deve far fronte con una certa urgenza proprio con riferimento a queste fidejussioni prestate con estrema disinvoltura.
In questa relazione si parla ancora di modalità operative proprie dell'ente che pur in un contesto di comprensibile fiducia e buona fede possono considerarsi insufficienti se non irregolari. Quindi, pare che la parola irregolare sia ancora una volta un eufemismo, ma evidentemente il Commissario straordinario non poteva scendere a più incisive considerazioni, modalità operative irregolari sotto il profilo del diritto amministrativo e contabile e penso si possa aggiungere - senza catastrofismo - anche sotto il profilo del Codice Penale. Queste sono le espressioni, le valutazioni e le considerazioni oggettive del Commissario straordinario scelte fior da fiore, in quanto le cartelle sono numerose.
Mi pare ci siano tutti i presupposti per richiedere una comunicazione anche se - qui apro una parentesi personale - nel lontano 1982 ero stato unico firmatario di una proposta di legge di istituzione di una Commissione d'inchiesta relativamente all'ente di sviluppo agricolo ESAP. L'occasione all'epoca, era stata colta in quanto era diventato di dominio pubblico che i caseifici di Vigone e Crescentino avevano avuto inopinatamente un accumulo di debiti per oltre un miliardo; notizie di stampa e anche assessorili dicevano "Non sappiamo dove finisce la buonafede e dove comincia la mala gestio".
Del Caseificio di Vigone e di quello di Crescentino (o forse di uno solo) se ne parla anche in questa relazione, accennando al passivo esistente. A parte quest'ultima considerazione, mi pare che, con quanto ho detto adesso sintetizzando a flashes la relazione del Commissario straordinario, ci siano tutti i presupposti per una comunicazione. Si potrebbe prevedere addirittura una Commissione d'inchiesta, ma so che questo richiede un lavoro ed un impegno notevole dei Consiglieri, per cui vi si potrà eventualmente arrivare in un secondo tempo, a seconda del contenuto della comunicazione e in base alle riflessioni che emergeranno dal dibattito in Consiglio regionale o In Commissione in ordine alla situazione ESAP.
Riteniamo comunque doverosa la comunicazione da parte della Giunta e segnatamente del suo Assessore all'agricoltura.



PRESIDENTE

Il Consigliere Majorino ha illustrato l'ordine del giorno presentato dal suo Gruppo; ha ora la parola Consigliere Riba per l'illustrazione dell'ordine del giorno n. 276.
RIBA Devo fare una considerazione. Abbiamo rinunciato alla votazione dell'ordine del giorno già presentato non perché consideriamo superati i contenuti, anzi sono rafforzati dall'acquisizione di altri elementi di conoscenza, ma perché la discussione di oggi si è posta come avvio di un dibattito che sarà ripreso in Commissione e si concluderà in aula intorno al 15 febbraio.
Abbiamo accettato di indicare questa data, anche se appare molto lontana, perché l'Assessore ci ha informato su scadenze a livello ministeriale previste per la fine di gennaio, a seguito delle quali avremo elementi più completi. In questo senso rinuncerei, credo anche il collega ad illustrare l'ordine del giorno, perché esso si pone in modo logico sulla base della proposta di continuare l'attività di ricerca, indagine informazione ed acquisizione di conoscenze.
Desidero inoltre fare la dichiarazione di voto sull'ordine del giorno dei colleghi Majorino e Zacchera. La questione dell'ESAP, sulla quale come esigenza di dibattito, di chiarimento e di approfondimento siamo assolutamente d'accordo, si pone come elemento diverso rispetto a quello di oggi. Ci tengo a dirlo perché altrimenti poniamo questioni che hanno tutta la dignità per essere oggetto di separati dibattiti in un'unica operazione quasi che essa dovesse diventare un affrettato riassunto di ciò che è in corso; c'è invece bisogno dello spazio necessario per affrontare il problema dell'ESAP così come per la Federconsorzi.
Aggiungo che questo sì, da parte, mia, è oggetto di richiamo alla Giunta; da molto tempo abbiamo presentato come Gruppo PDS una proposta di riorganizzazione dell'Ente di sviluppo, che tiene conto di tutte le sue disfunzioni, viste dal nostro punto di vista, e riteniamo che la proposta di legge dovrebbe essere posta in discussione presso la competente Commissione (la III Commissione o la I e la III congiuntamente).
Mi risulta tra l'altro che presso la I Commissione sia stata posta all'o.d.g. la proposta di legge della Giunta e non quella del Gruppo PDS.
Al di là del fatto che immagino si tratti di un errore o di un elemento di fretta che non ha consentito di espletare un iter razionale, mi sembrerebbe assolutamente inverosimile che la nostra proposta di legge presentata per prima, fosse discussa solo in un secondo tempo. La Giunta ovviamente ha la sua necessità di proporre un proprio documento, ma poteva anche ragionare sul nostro.
Ritengo che quando si è già in presenza di un documento, questo non debba necessariamente essere rincalzato con una proposta sostitutiva, ma che le due proposte possano quanto meno essere messe in discussione contemporaneamente (urgentemente a questo punto) nelle stesse Commissioni.
Credo si tratti di un'impostazione sommaria che potrà essere corretta; a quel punto nella sede appropriata si potrà discutere dell'ESAP, di tutti gli elementi che la caratterizzano da tempo, della disfunzione e di quant'altro su cui invece convengo.
Su questo ordine del giorno quindi ci asteniamo, ma l'astensione ha il significato di volerlo riportare in una sede di apposita discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Le mie considerazioni saranno abbastanza simili. E' ovvio che voteremo il documento che abbiamo sottoscritto come Gruppi che rappresentano la quasi totalità del Consiglio e quindi siamo d'accordo nel rimandare il problema alla III Commissione, al termine di questo interessante ed approfondito dibattito, che ha consentito di conoscere le posizioni di tutte le parti politiche.
Per quanto riguarda il documento presentato dai colleghi Majorino e Zacchera riteniamo che questa non sia la sede giusta per approvare un documento di questo tipo, peraltro al termine di un dibattito che ha soprattutto messo all'attenzione dei colleghi il problema della Federconsorzi. Probabilmente avremo occasione di discutere dell'ESAP quando nelle varie Commissioni, non so se la I o la III, verranno esaminate le proposte di legge in materia; ad ogni modo i colleghi, soprattutto i Capigruppo, possono chiedere nella Conferenza dei Capigruppo di calendarizzare eventualmente l'esame di questa materia, nel momento in cui si raggiungesse un'intesa in tal senso.
Ritengo che, anche per dare ordine ai nostri lavori, si debba soprattutto adottare una risoluzione in ordine allo specifico problema della Feder-consorzi, così come è correttamente contenuto nell'ordine del giorno che abbiamo sottoscritto.



PRESIDENTE

In relazione agli argomenti che sono stati portati, a me non risulta che ci siano altri iscritti a parlare; chiederei al Consigliere Majorino prima di procedere alla messa ai voti dell'ordine del giorno presentato dal Consigliere Riba ed altri, se ritiene, alla luce di quanto ho detto, di soprassedere per il momento alla messa in votazione dell'ordine del giorno presentato dal suo Gruppo.
La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Eccepisco. Noi chiediamo soltanto che in III Commissione si parli anche dell'ESAP; oltretutto anche la Giunta regionale recentemente aveva detto che si sarebbe parlato di questo.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

ZACCHERA



PRESIDENTE

Sì, ci sono dei disegni di legge, però la Commissione di inchiesta sull'ESAP che noi vorremmo chiedere si può fare indipendentemente da questo.
Eh, Consigliere Cavallera, a qualcuno può anche "scocciare" di andare a vedere come mai all'interno dell'ESAP sono successe determinate cose, e non mi stupisco che altre parti politiche di questo Consiglio, pur essendo all'opposizione, non vogliano parlare oltre misura dell'ESAP, perch c'erano di mezzo anche loro! Noi invece chiediamo che si vada a fondo anche sulla questione ESAP e si vadano a verificare le responsabilità e il perch sono avvenute determinate cose.
La crisi della Federconsorzi è scoppiata come un bubbone e nessuno l'ha potuto smentire; questo bubbone si è trascinato per anni ed anni. L'ESAP alla stessa maniera di Federconsorzi, per lo stesso motivo, sostanzialmente per le stesse vicissitudini, si sta trascinando di anno in anno; riteniamo che non ci sia niente di male che il Consiglio regionale vada a votare un impegno morale della Giunta, al fine di parlare a fondo in Commissione di queste cose, in termini di rifacimento dell'ESAP.
Siamo molto preoccupati di questa nuova idea di rifondare l'ESAP perché secondo noi l'ESAP, almeno così come è congegnata, oggi ha finito i suoi tempi esattamente come la Federconsorzi, e riteniamo che invece vada fatta estrema chiarezza in merito. Mi sembra che non ci sia nulla di insultante né di negativo. Il Consiglio regionale, sottolineando l'importanza del problema, chiede che si continui a parlarne, anche perch è un argomento interessante e utile per tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.
MARCHINI Mi asterrò su entrambi i documenti. In particolare, su quello firmato dai colleghi di maggioranza, mi sembra curioso che la III Commissione possa pervenire all'indicazione delle scelte politiche di intervento che competono alla Regione. Sono competenze della Giunta, non della Commissione.
Discutere e decidere le proprie scelte di indirizzo ed intervento compete invece al Consiglio.



PRESIDENTE

Procediamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 276 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte a conclusione dei dibattito sulla 'crisi della Federconsorzi' preso atto delle informazioni fornite dall'Assessore all'agricoltura e del dibattito svoltosi sull'argomento stabilito che spettano alla Regione funzioni di impegno e di iniziativa, sia di ordine tecnico che politico per la costruzione di un nuovo sistema di sostegno all'agricoltura, fondato su criteri di libera cooperazione e associazione di imprese considerato che ciò richiede un lavoro di indagine, consultazione e confronto di proposte decide di affidare alla III Commissione consiliare il compito di procedere al suddetto lavoro impegnando la Giunta a garantire i necessari strumenti operativi, con l'impegno a pervenire, entro il 31 dicembre p, v, alla piena conoscenza della, situazione del Piemonte, dei relativi riflessi sulle aziende agricole e sul comparto agro-industriale ed alla indicazione delle conseguenti scelte politiche e di intervento che competono alla Regione di discutere, sulla base dei materiali e delle proposte fornite dalla III Commissione ed entro il 15.2.92, la situazione del comparto agro industriale dei Piemonte e di decidere le proprie conseguenti scelte di indirizzo e di intervento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli e 3 astensioni.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 277 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte a chiusura del dibattito sulla crisi della Federconsorzi aperto dalla relazione dell'Assessore all'Agricoltura stabilito che spettano alla Regione funzioni di impegno ed iniziativa sia in ordine tecnico che politico per la costruzione di un nuovo sistema di sostegno all'agricoltura fondato sui criteri di libera cooperazione ed associazione di imprese considerato che la Regione Piemonte ha già operato nel passato in questa prospettiva anche tramite propri organismi e significatamente con l'Ente di Sviluppo per l'Agricoltura Piemontese (ESAP) ritenuto che su questo specifico problema vada approfondita la posizione della Regione preso atto della relazione (gennaio 1991) del Commissario Straordinario dell'ESAP che sottolinea la drammatica situazione dell'Ente (conseguente fra l'altro all'acquisizione di complessi industriali mai attivati o attivati e subito chiusi; alla partecipazione in società operative in posizione di dominanza assoluta ma senza disporre delle capacità e professionalità finanziarie e manageriali indispensabili; la concessione di garanzie fidejussorie ad Enti, Società o cooperative di produttori senza una ragionevole valutazione dei rischi connessi) ritenuto utile e doveroso un approfondimento della vicenda e delle prospettive del caso Federconsorzi in un ambito di più ampia verifica della situazione agricola piemontese impegna la Giunta ad una preliminare ed approfondita comunicazione sull'andamento dell'ESAP eventualmente in sede di III Commissione consiliare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 19 contrari e 13 astensioni.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione finanziaria settore sanità


PRESIDENTE

Passiamo ora alle comunicazioni della Giunta regionale sulla situazione finanziaria settore sanità di cui al punto 5) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Come è noto, la spesa sanitaria è sempre stata sottostimata ed è una modalità che ha sempre messo in difficoltà le Regioni e tutto il sistema dell'erogazione dei servizi. Infatti, arrivati a fine luglio inizi agosto sono sempre incominciate nelle UU.SS.SS.LL. e nelle Regioni le fibrillazioni per l'insicurezza di poter arrivare al 31 dicembre dell'anno in corso, per l'erogazione della prestazione, con la copertura finanziaria.
Fino all'anno scorso c'è sempre stato l'intervento dello Stato con il pagamento a piè di lista; poi, con il Decreto Legge n. 262 è stata caricata una parte di copertura degli anni '89 e '90 sui bilanci regionali. E' stato l'inizio di inversione di rapporto fra Stato e Regione.
A questo è stata introdotta la legge n. 111 che ha conferito alle Regioni maggiore responsabilità, che riteniamo giusta - andrà poi unita la possibilità economica - e corretta. Tale responsabilità avrà una maggiore consistenza nel disegno di legge n. 2375, in discussione al Senato, che ha già 13 articoli approvati e la cui fine non è ancora certa perché dovrà tornare alla Camera. Alla Camera c'è già una sicurezza di modifica di quanto arriverà dal Senato, quindi pronunciarsi oggi sulla fine di questa vicenda, a quattro anni dall'inizio della presentazione del primo Disegno di legge di riforma che risale all'ottobre 1987, sarebbe arduo.
Ci troviamo oggi in una situazione peggiore rispetto agli anni passati perché la situazione economico-finanziaria del Paese è peggiorata ed abbiamo la necessità di operare restrizioni in vista dell'ingresso in Europa (su questo non mi dilungo perché non sono compiti della sanità).
C'è stata un'intesa con lo Stato, stabilita alla fine del 1990 per il mese di luglio 1991, secondo la quale si sarebbe dovuto procedere ad un riparto provvisorio e ad una verifica fra Stato e Regioni, al fine di determinare la cifra necessaria per l'anno 1991. In buona fede, le Regioni erano d'accordo su questo rapporto di correttezza istituzionale. Al momento alla determinazione e verifica del fondo necessario per il 199 l, però le Regioni lo ritenevano già sottostimato alla fine del 1990 e, nei preventivi del 1991, venivano indicate delle cifre che, per quanto riguarda il Piemonte, erano persino superiori di 30-40 miliardi a quelle che siamo riusciti a determinare ora: avendo avuto quella previsione e avendo tenuto un comportamento per quanto possibile di contenimento delle spese, abbiamo determinato il fabbisogno piemontese in 6.724 miliardi, di cui 6.058 sono stati garantiti dallo Stato, con una carenza di 675 miliardi, e vi dirò la loro composizione.
Questi 675 miliardi sono dovuti per la maggior parte all'attuazione e al rispetto di normative, direttive, contratti e convenzioni non determinati direttamente dalle Regioni, le quali applicano semplicemente tali misure pattuite e decise su altri tavoli.
I 675 miliardi mancanti sono determinati da: 278 miliardi per il personale; 313 miliardi per i beni e servizi (poi dirò di più in merito a questi); 37 miliardi perla spesa farmaceutica: 22 miliardi per l'ospedaliera convenzionata; 24 miliardi per la specialistica ambulatoriale intera-esterna, medicina generale e quella che va sotto il nome di altra assistenza.
Come è noto, le Regioni non hanno la possibilità di intervenire sul prontuario, ma sono soltanto dei ricettori ed applicatori di norme di contratto elaborate in altra sede, anzi, quello che non si riesce a "strappare" in sede nazionale viene a volte rimandato alla sede regionale con un'impostazione contrattuale di possibilità: poi ci troviamo di fronte a questo rinvio da parte dello Stato alle Regioni con possibilità, ci troviamo lo Stato che sei mesi dopo ci dice, come per gli incentivi: "Gli incentivi a costo zero".
Un capitolo particolare è quello relativo ai beni e servizi Sotto l'indicazione di beni e servizi va tutta una serie di voci - scusate se le specifico, ma forse servono a capire meglio le voci di bilancio che sono sempre generiche e qualche volta incomprensibili in quasi tutti i bilanci pubblici e privati-: le manutenzioni ordinarie del patrimonio, le utenze (telefono, ecc.), lo smaltimento dei rifiuti speciali, la sicurezza degli operatori nei confronti delle malattie infettive (epatite, ecc.), il materiale usato all'interno dell'ospedale (e tanto per fare dei riferimenti di costi più eclatanti, il materiale perle cardiochirurgie, i trapianti, le endoprotesi per cuore e ortopedia, cioè tutto il materiale che viene usato nel sistema sanitario).
Per questa voce la Finanziaria '91 aveva affermato che era ammesso solo un aumento dell'11% rispetto alla spesa del 1989, mentre la spesa reale dei beni e servizi, dal 1989 al 1991, è aumentata del 38%. In questa voce ci possono essere dei margini di recupero, però teniamo presente che generalmente i costi aumentano di più rispetto ai tassi inflattivi previsti.
Nei beni e servizi ricade una serie di attività nuove che non erano in funzione nel 1989, che quindi erano zero nel 1989, e hanno invece il costo totale nel 1991 (ipotesi di ospedali che hanno aperto servizi, che hanno avviato servizi di dialisi o altro).
Esiste il rispetto di un'indicazione generale, data anche da parte del Ministero, per alcune attività di tipo più alberghiero che non medico, nel senso di farle passare dal settore gestione diretta al settore appalti quindi le spese che prima erano previste nel settore pagamento del personale, ora ricadono su quello relativo a beni e servizi (lavanderie mense, cucina, ecc.) e in quest'ultima voce ricade anche tutto il settore alimentare peri degenti, oltre che il settore mense.
E evidente che c'è stato un aumento, che tutto sommato è in media con gli aumenti degli altri settori che compongono la spesa sanitaria. Questo aumento è del 38%, dal 1989 al 1991. Per il personale, dal 1989 al 1991 l'aumento è stato del 42% (tenendo conto che ci sono degli ampliamenti di personale); nella farmaceutica è stato del 39%: nell'altra assistenza del 57%; nella ospedaliera convenzionata del 35%; nella convenzionata estera del 31%.
Lo Stato, al tavolo delle trattative per il riconoscimento della spesa maggiore del 1991, che sul piano di tutto il Paese è di 10.800 miliardi di cui fanno parte i nostri 675, ha detto che riconosceva al massimo una quota di 3.600-4.000 miliardi, tenendo conto che una parte di contenimento della spesa non è stata effettuata dalle Regioni per la mancanza del decreto previsto dalla Finanziaria per l'inizio di gennaio, emanato poi ad agosto in sostanza, ci sono 8 mesi di non contenimento della spesa, che lo Stato riconosce per un 400500 miliardi a suo carico.
Lo Stato riconosce tutto questo, ma non riconosce nessuna modifica possibile al tasso previsto dell'11% di aumento dei beni e servizi. Cosa vuol dire ciò per la Regione Piemonte, tradotto in semplici parole? Vuol dire che su 675 miliardi lo Stato ci trasferisce grosso modo un terzo. Sono conti naturalmente con un margine di incertezza; non possono essere precisi al momento attuale, non essendo neanche a consuntivo, quindi non essendoci ancora una norma chiarissima quantificata in termini esatti. A carico dello Stato possono essere dai 220-250 miliardi, a carico del bilancio regionale dovrebbero essere, in questo caso, dai 400 ai 450 miliardi. Il che - e questo non è più settore di mia competenza, ma avendo fatto i conti vi dico solo le cifre - vorrebbe dire per la Regione Piemonte, per far fronte a 400 miliardi di spesa, dover assumere un mutuo decennale con rata di ammortamento per 10 anni di 70-75 miliardi all'anno calcolato su 400, se sono 450 miliardi sono di più; però l'ordine di grandezza dovrebbe essere questo. Le Regioni non accettano il comportamento che lo Stato ha tenuto finora in quanto non dà garanzie per il futuro, cosa tutto sommato più importante nel momento difficile che stiamo vivendo per i tre mesi finali del 1991. Per cui a Venezia venerdì scorso si è deciso di non partecipare più agli incontri Stato-Regione, sede istituzionale dove questi problemi dovrebbero essere risolti.
Nella Finanziaria sono già elencate anche alcune ipotesi d'intervento per i prossimi anni; alcune hanno una loro validità d'impostazione come quella dell'utilizzo del 75% dei posti letto che non vuol dire chiudere posti letto, ma vuol dire chiudere posti letti vuoti che costano. Questo è importante e, a mio avviso, anche l'opinione pubblica dovrebbe cogliere questo aspetto senza pensare che l'intervento pubblico sia dannoso.
La Regione Piemonte con fatica ha assunto alcune determinazioni in sede di approvazione di Piano socio-sanitario 1990/1992 e ricordo solo il problema delle ostetricie. Si tratta di norme per la razionalizzazione e il migliore uso delle risorse che non posso che condividere, tenendo conto che l'applicazione di questo ragionamento va fatta con una certa elasticità laddove il tasso di sottoutilizzo è dovuto al rifacimento di una parte del reparto; in definitiva deve essere una norma non rigida applicata con buon senso.
Di fronte a questa situazione la Giunta regionale ha già assunto una deliberazione che ha come oggetto la stima della spesa sanitaria di parte corrente a destinazione indistinta per l'anno 19,91. E' una deliberazione di stima e non una deliberazione di assunzione a carico del bilancio regionale della parte mancante.
L'abbiamo assunta principalmente perché la sanità diventasse un problema di tutti; infatti, in questi anni, i problemi, avendo una propria fonte di finanziamento indipendente dal fondo globale regionale, spesso erano esaminati in termini troppo generali. C'era infatti il vantaggio di un finanziamento autonomo, ma ora che viene conglobata la responsabilità di conduzione e di copertura finanziaria di tutta la Giunta, è parso opportuno sottoporre il documento che la Giunta ha discusso a lungo e ha approvato.
Nel documento stesso si ricordano anche alcune prese di posizione della Procura Generale della Corte dei Conti e della Corte Costituzionale relativa al diritto dei cittadini di essere assistiti. Cosa facciamo adesso? Intanto, come Regione Piemonte, non credo opportuno assumere decisioni che vadano a rompere il fronte regionale visto che si cerca, per quanto è possibile, di muoversi con fronte unico nei confronti dello Stato.
Non abbiamo ancora dato alcuna indicazione alle UU.SS.SS.LL. di sospendere alcun servizio assistenziale o modalità di assistenza. Abbiamo il problema che il contingente è più urgente di alcuni contenuti della cosiddetta "altra assistenza" relativa a chi ha subito determinati interventi o a chi è paratetraplegico - abbiamo avuto martedì scorso un incontro proprio su questo problema -. Stiamo ragionando con le associazioni interessate per esaminare le tipologie e le modalità d'intervento che evitino le conseguenze di questa ingiusta decisione.
Pare che ci sia anche da parte del Ministero la volontà di modificare qualcosa; però le volontà di modificare a livello nazionale hanno una strada ed un iter molto più lungo del nostro.
Le eventuali misure di copertura, qualora l'intervento dello Stato dovesse vederci in gravi difficoltà, è un problema che, in prima istanza compete alla Giunta come ipotesi d'indicazione, e naturalmente saranno argomenti di dibattito e di discussione in Consiglio, organo che dovrà assumere le decisioni relative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Innanzitutto vorrei dall'Assessore una specificazione della spesa che ha a che fare con il personale per quanto riguarda le diverse voci già indicate nella deliberazione del 2 agosto. Cioè vorrei sapere, per quanto riguarda i 50 mila dipendenti del settore sanitario, qual è la quota che va a finire per straordinario, missioni, indennità di reperibilità e tutte le voci complessive di spesa.
Le altre due cose riguardano proprio le cifre di cui stiamo discutendo e quindi ritengo opportuno chiarire la questione prima dell'inizio del dibattito.
Sempre nella deliberazione del 2 agosto, nella previsione del 1991 per le altre entrate sotto la voce T1 (credo sia tranche I, non so esattamente cosa significhi), è indicata un'entrata di previsione per il 1991 di 45 miliardi rispetto ai 192 della spesa del 1990. Mi sembra molto sottostimata rispetto all'entrata del 1990, per cui volevo capire se c'erano delle motivazioni specifiche, oppure se si tratta di una indicazione fatta dagli uffici.
Mi riferisco alla tabella sui fattori produttivi, dove sono indicati la spesa 1990, la previsione 1991, l'incremento, la variazione totale e la percentuale. La penultima riga dice: altre entrate T1: per il 1990 dà 192 miliardi, per il 1991 dà 45 miliardi: ci sono all'incirca 150 miliardi di differenza. Le "altre entrate" credo siano le altre entrate dell'USSL.
L'altra cosa che volevo chiedere all'Assessore è proprio in merito alla voce "Beni e Servizi" di cui lui ha parlato. Ci ha detto che dei 675 miliardi che dovrebbero arrivare, 313 sono per i beni e servizi, mentre in quella famosa tabella era indicato un incremento di 254 miliardi rispetto al 1990, quindi con il 19% di incremento percentuale.
MACCARI, Assessore alla sanità Preciso che il 19% non era sul 1989, per quell'anno la percentuale era del 38%.
CUCCO D'accordo, ma a me non interessa la percentuale, ma il totale.
Ciò significa che ci sono delle spese per beni e servizi che non sono state ancora liquidate e che devono ancora entrare in bilancio rispetto ai 254 miliardi oppure dobbiamo ritenere che il Ministero riconosce anche meno delle spese per beni e servizi rispetto al 1990, tenendo conto che sono 313 i miliardi necessari per la voce beni e servizi? MACCARI, Assessore alla sanità Sì, ci riconosce meno del 1990, perché l'aumento del 1990 rispetto al 1989 era già stato superiore all'11%.
CUCCO Va bene: aspetto allora la precisazione sui 45 miliardi.
MACCARI, Assessore alla sanità In merito alle spese del personale, queste sono state calcolate in base ai 52.500 milioni, che è il parametro dettato dal Ministero come spesa media, tenendo conto di tutti i livelli che esistono all'interno dell'USSL.
Non abbiamo una cifra disaggregata, che può risultare invece alla singola USSL: possiamo però farla calcolare dal CSI.
CUCCO Se è possibile averla, la chiedo: sarebbe necessario.
MACCARI, Assessore alla sanità La cifra più eclatante da verificare è quella degli straordinari, cifra che aggregata può non dire molto, ma analizzandola in maniera disaggregata si potrebbe, secondo la capacità di direzione del plesso, giudicarne o meno la validità. Questo purtroppo rientra, a mio avviso, in quelle cose dove ci potrebbe essere una percentuale di risparmio, qualche volta anche non indifferente.
Sui 45 miliardi, devo chiedere aiuto al dott. Vivinetto, perché il titolo del bilancio non so quale sia. Le entrate proprie al titolo 2 di 191 miliardi si riferivano solo al 1990 e questa voce non esiste per il 1991 le altre entrate di 192 miliardi del titolo 1 sono divise nel 1991 fra (nella seconda colonna) previsione 1991 (150 + 45); quindi lo schemino andava fatto in un modo un po' diverso. Le voci non corrispondono, perch ci sono entrate che non ci sono più.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

L'Assessore ha concluso: do la parola per il primo intervento al Consigliere Calligaro.
CALLIGARO Signor Presidente, chiedo qualche minuto in più perché si tratta di una questione di non poco conto: 675 miliardi accollati al 70% alla Regione Piemonte possono significare e non solo perla Regione Piemonte - l'affossamento dell'istituto regionale.
La logica che presiede le politiche governative lascia perlomeno inalterato il carattere che lo Stato italiano è venuto storicamente assumendo, il carattere di uno Stato accentratore, burocratico autoritario, parassitario. E così agisce lo Stato nel rapporto con le Regioni, con il sistema autonomistico e con i cittadini.
Il Governo poi - lo ha ricordato anche l'Assessore Maccari - e inaffidabile e sleale, prende impegni e non li mantiene: altro che diverso rapporto con le Regioni! Il Governo ormai sottostima sistematicamente la spesa sanitaria: 4.960 miliardi nel 1986, 6.800 nel 1987, 8.930 nel 1988 7.900 nel 1989, 15.000 nel 1990. 10.800 nel 1991.
La legge finanziaria in discussione prevede tra l'altro per l'anno 1992 meno degli 87.000 miliardi che si spenderanno quest'anno: non solo non c'è l'incremento del tasso di inflazione, ma prevede una spesa inferiore a ci che spenderemo nel corso del 1991. La novità più corposa è che la copertura da parte dello Stato del disavanzo 1991, che potrebbe avvenire quest'anno o negli anni successivi, non avrà più luogo: lo Stato garantisce un ripiano parziale solo del 30% sull'ammontare complessivo del disavanzo di 10.800 miliardi.
Per il Piemonte i conti li ha riferiti l'Assessore: il disavanzo è di 675 miliardi, il 70% a carico della Regione Piemonte è di 473 miliardi di lire. La Regione dovrà inevitabilmente accendere un mutuo, i cui oneri si calcolano in 70-75 miliardi all'anno per 10 anni. Questa entità è pari a ciò che si introita con gli aumenti della benzina, del metano, del bollo e delle tasse di registro automobilistiche. I ratei del mutuo sono pari all'entità degli introiti dovuti alla parziale capacità impositiva della Regione, anzi resta ancora un disavanzo sanitario da ripianare di circa 14 miliardi per l'anno 1990.
Mi pare più che logico che le Regioni considerino l'atteggiamento dell'esecutivo, del Governo nazionale, irresponsabile. Si aggiunge, a questo, una Legge Finanziaria tappabuchi, inefficace e, per le misure .previste per la sanità, odiosa, poiché va all'assalto del malato, rincara la tassa sul malati, sulle sventure umane. Al tempo stesso è generosissima con gli evasori, per i quali è previsto il condono: sarà sufficiente aumentare le tasse pagate del 25% per tutti gli anni per i quali si chiede il condono per "gabbare" legalmente il fisco o lo Stato.
Chi ha eluso e frodato il fisco se la caverà a buon mercato! E' inutile che vi dica che il condono avrà effetti distruttivi sulla coscienza e sul senso di responsabilità della comunità nazionale: chi evade è premiato attende l'immancabile condono, paga una miseria, evade su quella parte del reddito illecitamente non dichiarata, paga con anni di ritardo e non paga neppure l'interesse legale! Di questo passo tutti i cittadini che potranno, vorranno godere del premio previsto dal condono, vorranno essere soggetti beneficiari del premio all'evasore istituito con il condono.
Il Governo, dopo avere deciso la dinamica della spesa sanitaria, l livelli retributivi, gli incen-tivi, le convenzioni con i privati e il prontuario farmaceutico, scarica sulle Regioni la maggiore spesa, la differenza tra spesa volutamente sottostimata e quella effettiva facilmente stimabile. Il Governo scarica la maggior spesa sanitaria perch vuole smantellare la sanità pubblica: questo è il vero obiettivo che si propone. Non basta assegnare alle Regioni una parziale capacità impositiva: in linea di principio questa è inaccettabile se non è chiaro che non dev'essere aggiuntiva, addizionale.
Il contribuente onesto e fedele ha già un fardello insopportabile sulle proprie spalle. Il problema vero è che bisogna realizzare la riforma fiscale e ripartire equamente gli introiti, oppure garantire una parziale capacità impositiva alle Regioni, ma sostitutiva della parziale capacità impositiva dello Stato. Mi pare quindi ampiamente giustificato lo sciopero generale proclamato da CGIL. CISL e UIL per il 22 ottobre.
Non voglio sottrarmi al discorso più difficile della quantità e qualità della spesa sanitaria. Fino a qualche anno fa si poteva dire che per la sanità spendevamo meno di altri paesi, ma soprattutto spendevamo male. Oggi bisogna incominciare a dire che spendiamo quasi come gli altri paesi, che la spesa subisce, di anno in anno, vere e proprie impennate e corre il rischio di non essere più controllabile e governabile.
Allora, mentre si rivendica con grande vigore una stima seria della spesa sanitaria al Governo, bisogna proporsi un discorso di grande rigore bisogna spendere meglio, spendere bene, con criteri di efficienza ed efficacia; bisogna predisporre piani di rientro senza tagliare i servizi anzi migliorandoli aumentando la loro efficienza e l'efficacia delle prestazioni.
Faccio qualche esempio. Prepariamo adeguatamente il capitale umano (professionalità e organici) che è essenziale per un ottimale funzionamento del servizio sanitario? oppure mancano gli infermieri professionali. Quanto costa la carenza di infermieri professionali al Piemonte? Se chiediamo un aumento dell'assegno di studio per gli allievi infermieri, l'Assessore risponde che non ci sono soldi. Ma quanto costa la carenza di infermieri professionali, in termini di scarsa efficienza dei servizi ed efficacia delle prestazioni sanitarie? Occorre rivedere gli orari dei servizi strumentazioni diagnostiche sofisticate e costose che funzionano poche ore al giorno: possono e debbono essere utilizzate in modo ottimale. Le convenzioni con i privati devono essere controllate, nel senso che il privato deve possedere i requisiti e deve essere controllato. Mi pare che i convenzionamenti siano troppo facili oggi: ricordo che quando scoppiò lo scandalo che coinvolse i laboratori di analisi cliniche private e l'ex USSL n. 1-23, registrammo un'impennata della produttività dei servizi pubblici.
Con lo stesso personale e le stesse apparecchiature, gli esami aumentarono mediamente del 2025%; dimenticato lo scandalo, la produttività dei laboratori pubblici ridiscese.
Non ho nulla di pregiudiziale contro i privati; dico semplicemente che la sanità pubblica deve funzionare al meglio. Ampio spazio resterà comunque ai privati. Ma non vorrei che ci adattassimo ad una situazione paradossale per cui le strutture pubbliche, pagate con risorse pubbliche, non funzionano al punto da essere costretti a pagare, una seconda volta, le strutture private affinché sopperiscano alle carenze del servizio pubblico.
Per quanto riguarda la spesa farmaceutica, mi chiedo se sia possibile che il nostro Paese abbia una farmacopea di oltre 10 mila farmaci, mentre quella tedesca - ad esempio - ne ha 4 mila E' possibile che i nostri 10 mila farmaci diventino 20 mila confezioni? E' evidente che vanno bloccate le esose pretese di profitto delle società farmaceutiche, altrimenti nessuno potrà impedire le impennate della spesa farmaceutica.
Voglio ricordare che laddove si è tentato un controllo sanitario sulla prescrizione dei farmaci, automaticamente si è avuta una riduzione del 1520% della spesa farmaceutica. Perché, allora, non estendiamo il controllo sanitario sulla prescrizione dei farmaci? Capisco che bisogna mutare anche il meccanismo della spesa corrente, perché se il riparto si basa sulla spesa storica più il tasso di inflazione, chi risparmia riceve meno risorse l'anno successivo; è un meccanismo perverso in base al quale nessuno attuerà misure di risparmio per la spesa farmaceutica o per altre voci di spesa.
In Piemonte spendiamo 1100 miliardi all'anno per i farmaci. Se attuassimo solo un parziale controllo sanitario, sé risparmiassimo solo il 10%, si tratterebbe di oltre 100 miliardi di lire.
Gli investimenti, poi, vengono effettuati cinque o sei anni dopo: quando arriveranno i finanziamenti previsti dalla Legge Finanziaria dell''88 per le residenze sanitarie assistenziali? Siamo alla fine del primo triennio, il famoso stralcio, il Piano triennale di 10 mila miliardi e non abbiamo speso una lira, anzi gli studi di fattibilità delle RSA dovranno essere valutati da un nucleo ministeriale, dopodiché - se approvati - si procederà al progetto esecutivo che verrà vagliato dal CIPE e, solo se approvato, finanziato. Delle risorse della Legge Finanziaria '88, potremo disporre, se tutto andrà bene, nel 1996/97, con 8-9 anni di ritardo.
Il problema è di procedere con molto rigore anche alla razionalizzazione dei servizi ed alla loro qualificazione: ad esempio della rete ospedaliera, puntando a ridurre ulteriormente i giorni di degenza ospedaliera, a ridurre la degenza media, a ridurre i posti letto ospedalieri sottoutilizzati o inutilizzati. Bisogna dare autonomia funzionale e gestionale agli ospedali, evitando inutili e dannosi scorpori e la creazione di nuovi enti da lottizzare; bisogna introdurre la contabilità per centri di costo, introdurre parametri di efficienza dei servizi e di efficacia delle prestazioni; bisogna dare garanzia sulle risorse finanziarie destinate alle Regioni. In caso contrarlo, come si fa a predisporre un programma sanitario? Attuando una sola di queste proposte, troveremmo le risorse finanziarie per aumentare l'assegno di studio agli allievi infermieri. Ha ragione l'Assessore: la nostra proposta specifica richiede almeno 20 miliardi aggiuntivi agli 11 che spendiamo adesso. Ma - ripeto - una sola di queste proposte, se attuata, potrebbe garantire le protesi, gli ausilii tecnici essenziali per la sopravvivenza e per un'accettabile qualità della vita dei disabili.
Il nuovo nomenclatore tariffario ha determinato un taglio di circa 3 miliardi di lire per i presidi sanitari. Potremmo però recuperare tale cifra attuando risparmi rilevanti e in seguito trovare anche le risorse perla ospedalizzazione a domicilio. In tal modo, l'Assessore non potrebbe più rispondere negativamente ad ogni nostra richiesta dicendo che "non c'è una lira": eppure spendiamo quasi 7.000 miliardi di lire per la sanità! E forse saremo costretti a rastrellare altri 470 miliardi di lire per sanare il solo disavanzo dell'anno 1991.
E' possibile che non si trovino poche decine di miliardi per fare cose essenziali, mancando le quali i servizi sono sottoutilizzati e il livello di efficienza molto basso? La strada maestra da percorrere è quella che noi indichiamo: una rigorosa qualificazione della spesa sanitaria, senza far pagare inutili e odiose tasse sulla malattia e senza minacciare di passare all'assistenza indiretta. Bisogna stimare in modo serio la spesa sanitaria; bisogna spendere meglio qualificando la spesa; bisogna dare alle Regioni più responsabilità, più competenze e più funzioni, ma anche più autonomia e le risorse necessarie.
Penso che le Regioni non facciano un atto positivo decidendo di non partecipare agli incontri con il Governo. Non vorrei che il Governo scaricasse sulle nostre spalle la quota del disavanzo che ammonta ad oltre 400 miliardi di lire.
Ritengo che le Regioni debbano avere autorità e autorevolezza per imporre al Governo una stima seria della spesa sanitaria e, al tempo stesso, la volontà di individuare misure concrete di risparmio per spendere meglio, permettere sotto controllo la spesa sanitaria: spesa sanitaria sotto controllo, Assessore, soprattutto in quelle Regioni che, complici delle politiche clientelari del Governo, spendono senza limiti e che di conseguenza non vogliono governare la spesa sanitaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Non sto a riprendere quanto detto dal collega precedentemente perch sarebbe troppo facile ripetere le stesse cose e, soprattutto come forza di opposizione, dire che i rapporti tra Governo e Regione, in questo momento dal punto di vista della sanità sono ingovernabili (mi è venuto in mente l'aggettivo "allucinanti", che forse è più adatto). Una volta tanto quindi, da questo punto di vista non posso che essere d'accordo con l'Assessore sul fatto che "si gioca con il baro" e che se non viene mantenuto quanto promesso, alla fine non può essere la Regione a rimetterci, almeno non dovrebbe essere così. Su questo, dunque sostanzialmente siamo tutti d'accordo, tutti lo sappiamo e ce lo ripetiamo che lo Stato non c'è - come sempre - e quindi è inutile ripetersi.
Vorrei invece affrontare un altro aspetto del problema, più specifico.
Se analizziamo il problema dal punto di vista del totale della sommatoria dei miliardi, ci viene il mal di cuore poiché le sommatorie algebriche sono impressionanti, cioè 675 miliardi senza copertura. Se però affrontiamo il problema dal punto di vista percentuale, abbiamo un dimensionamento che forse è più comprensibile da parte di chi vuole approfondire questi problemi. In definitiva, la scopertura è il 10%. E' una scopertura grave ma può apparire in parte un po' meno drammatica. In effetti, tale scopertura diventa il 6% se teniamo conto del ripiano delle differenziazioni che lo Stato prima o poi attuerà. Restano 450 miliardi che su 6.734 miliardi di preventivo rappresentano il 6-7%.
Abbiamo due alternative per riempire il secchio d'acqua: o mettiamo altra acqua, o tappiamo i buchi della spesa. Mettere altra acqua: non penso sarà obiettivamente proponibile un ulteriore aumento delle imposizioni fiscali regionali per arrivare teoricamente alla copertura di questo deficit. Non penso sia neanche del tutto proponibile, se non solo parzialmente, l'ipotesi del mutuo di 450 miliardi, perché ciò comporterebbe 70-75 miliardi di interessi passivi in più all'anno, che fanno venturo diventerebbero 150 perché chiaramente ci sarà un ulteriore disavanzo portandoci veramente a una situazione ingovernabile dal punto di vista dell'introito.
Allora l'altra strada è obbligata, ed è il taglio del 6% della spesa sanitaria. E' molto facile dirlo, difficilissimo attuarlo, però penso che in questo senso, non si stia facendo un serio tentativo.
Senza polemiche inutili, a questo punto pongo all'Assessore una serie di constatazioni su cose che si potrebbero fare, ma solo se esiste effettivamente la volontà di farle. Risparmiare il 6% della spesa regionale sanitaria vuol dire tagliare, come in un'azienda, il 6% dei costi di gestione; e allora utilizziamo i servizi che abbiamo già! La legge regionale 17/7/1986, n. 28, istituisce il servizio ispettivo sanitario e finanziario sulla gestione delle UU.SS.SS.LL. Mi sembra che obiettivamente bisognerebbe fare una distinzione tra USSL e USSL.
all'interno delle 67 presenti nella nostra regione, perché sicuramente ci sono situazioni differenti. Chiedo che cosa fa l'Assessorato, attraverso questo servizio ispettivo sanitario, per accertare quale sia effettivamente la "resa" all'interno delle UU.SS.SS.LL. e di quali fondi dispongano.
Perché? Perché noi, in sede di bilancio preventivo avevamo proposto di condizionare il pagamento delle prestazioni alle UU.SS.SS.LL. al raggiungimento di determinati parametri di efficienza; se determinati parametri di efficienza specifici, non aleatori, non vengono raggiunti alle UU.SS.SS.LL. non deve essere pagato il 100% dello stanziamento previsto. Questa è l'unica maniera per ottenere un rendimento dalla nostra spesa, altrimenti la situazione è del tutto ingovernabile.
Non è il caso di ripetersi sulle scelte clientelari, sulle nomine ecc., resta il fatto che si fanno sprechi inutili. Lo sapete, colleghi, che mediamente un ricovero di una settimana presuppone uno spreco di circa L.
1.600.000 per il semplice fatto che i ricoverati il venerdì non vengono visitati fino al martedì successivo? Personalmente, 3 anni fa, ho subito un piccolo intervento che mi ha comportato un giorno di degenza in clinica privata. Sono stato operato dallo stesso sanitario che operava nella struttura pubblica, ma in quest'ultima erano previsti sei giorni di degenza; questo è un esempio tipico.
Se non si arriva a un coordinamento tecnico per cui una quantità di ricoveri inutili non sono tagliati, non si attuerà mai un risparmio.
Sugli sprechi abbiamo esempi di casi giornalieri. Non più tardi dell'altro giorno, una persona ricoverata per una frattura a una vertebra e conseguentemente ingessata, non è stata aiutata nel corso di 20 giorni di degenza, a fare riabilitazione, né è potuta uscire perché sola a casa. E' quindi rimasta in ospedale per fare riabilitazione. Perché una settimana prima nessuno ha cominciato a fargli fare riabilitazione? Quella struttura è costata una settimana in più di degenza del tutto inutile, con una persona che chiedeva soltanto di poter uscire alla svelta dall'ospedale! Ma queste cose non vengono mai fatte! Capite ora che quando parlavo di amministratore straordinario mi riferivo al fatto che i managers dovrebbero servire proprio a questo, cioè a razionalizzare la spesa.
Ci sono esempi estremamente interessanti, come la durata delle degenze e la gestione stessa delle cose. Ho voluto personalmente provare a fare un'analisi del sangue con la mia USSL. Sono partito il 13 di marzo all'USSL n. 55, stando zitto, dando soltanto il mio nome alla sportellista che ovviamente non mi conosceva: ho avuto in mano l'esito alla fine di maggio: 2 mesi e 10 giorni per avere l'esito di un'analisi del sangue. In un laboratorio privato che ha dei rapporti ben stretti, visto il personale che ci opera, con l'USSL. in 24 ore, pagando L. 325.000, si ottengono gli esisti delle analisi. Perché ciò non è possibile anche con l'USSL? Si tratta semplicemente di una questione di organizzazione, ma andremmo troppo nei dettagli; io, da organizzatore aziendale, ho assistito all'assurdità di una lunga coda davanti a uno sportello, con a fianco un altro in cui l'impiegata non faceva assolutamente nulla, ma non si poteva andare allo sportello a fianco per prenotare l'analisi del sangue, e avanti così.
Non vorrei tediare il Consiglio regionale, però voglio dire che se dobbiamo risparmiare il 6% della spesa sanitaria, non il 60%, forse neanche il 6%, ma una parte di queste spese si può risparmiare se si ha volontà politica di farlo. Abbiamo presentato una proposta di legge di spesa sanitaria dicendo: "Diamo un contributo alle famiglie che mantengono nel proprio seno anziani non autosufficienti ultrasettantenni"; spesa presumibile: 5 miliardi. Perché non portare avanti queste iniziative che si propongono concretamente? Quanto costa il ricovero e l'intasamento all'interno di strutture ospedaliere di persone anziane? Per che la Regione non si attiva con cose semplici e non demagogiche per ottenere risultati concreti, senza contare gli effetti positivi dal punto di vista familiare e sociale? Non possiamo soltanto prendercela con lo Stato, perché noi, come Regione, siamo veramente inappuntabili? No, non lo siamo.
La mia non è una polemica nei confronti all'Assessore, ma nei confronti di tutti i colleghi e anche nei miei. Non abbiamo ancora assolutamente "raschiato il barile" del rapporto sull'efficienza dei servizi: efficienza uguale risparmio, risparmio uguale diminuzione del gap tra entrate e uscite.
Per ottenere tutto ciò abbiamo bisogno di un'altra politica con lo Stato, perché è inconcepibile che dopo aver risparmiato si venga danneggiati l'anno dopo. E' una cosa abominevole, non trovo altro termine.
Anziché ottenere degli incentivi per spendere meglio, succede esattamente il contrario. Quindi, non possiamo che affidarci al Presidente e all'Assessore affinché si attuino non solo rapporti Regioni-Stato, ma rapporti tra Regioni e Regioni, e Stato. Infatti, ci sono Regioni italiane in cui la spesa sanitaria non è controllata e non è giusto che paghino tutte. Quindi, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, ma cercare anche di responsabilizzare le Regioni che non lo fanno, pretendendo, a livello governativo, di essere trattati In maniera diversa. Altrimenti i ricorsi a tutte le facoltà amministrative, di controllo e di Corte dei Conti sono inutili. Queste sono le cose che tutti i Partiti devono denunciare apertamente. Non è' giusto che chi spreca abbastanza - anche se non in modo esasperato - sia messo sullo stesso piano di chi spreca moltissimo.
Ricordiamoci che se in questa struttura non vengono realizzati i servizi e non si attuano idee concrete - che ci sono - per risparmiare affidando la gestione della sanità non più al politici, ma al tecnici questa situazione drammatica peggiorerà sempre di più.
Aspetto delle risposte dall'Assessore anche per quanto riguarda l'ispezione perché, in base ad un vecchio proverbio, "l'occhio del padrone ingrassa il cavallo". In questo senso vuol dire che un controllo sulle UU.SS.SS.LL. serve a farle funzionare meglio; UU.SS.SS.LL. non controllate significa appiattimento della spesa sanitaria e diminuzione dei servizi.
Sono parole facili, ma anche nel concreto ho cercato di dimostrare Il danno per i cittadini e per le finanze regionali.
Vorrei ancora a questo riguardo portare un esempio conclusivo: 5 minuti fa è arrivato sui nostri tavoli un bellissimo libro intitolato "Piemonte e alcolismo: la crescita umana attraverso il lavoro dei CAD". Sono 264 pagine di carta patinata non riciclata. Forse per le persone operanti nel recupero degli alcolisti è un'iniziativa utile, ma è un esempio di come si può, in parte, cominciare a risparmiare tagliando anche cose magari interessanti ma solo per gli addetti al lavori. Anche nel piccolo è uno sciupio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Innanzitutto una battuta al collega Zacchera: credo che abbia proprio fatto l'esempio sbagliato perché quella pubblicazione è veramente utile. E' una valutazione sull'utilizzo degli strumenti della Regione, non per difendere la Regione, ma semplicemente per valutare il valore delle cose che la Regione fa, che è diverso dal difendere la Regione.
Non vorrei rendere ancora più ozioso un dibattito che lo è già di per sé, perché in realtà non avrà alcun sbocco e non ne potrebbe avere, in quanto si tratta di questioni per la maggior parte risolvibili in sede nazionale dove le Regioni hanno pochissimo potere. E una constatazione di fatto e ho smesso di ascoltare i continui richiami alla forza delle Regioni e ad una posizione dura, specifica e precisa; non ci credo più, perch tutti gli esempi che abbiamo di fronte sono la dimostrazione del fallimento di ogni politica di questo tipo, in quanto mancano i meccanismi.
Volevo innanzitutto scusarmi con l'Assessore per le domande sulle cifre perché mi rendo conto che sarebbero da formulare in Commissione e non in aula consiliare. Queste cifre però sono la dimostrazione del fatto che per analizzarle bene, bisogna conoscere più nel profondo da dove arrivano e per conoscere da dove arrivano è necessario che la struttura dell'Assessorato funzioni. Mi riferisco ad una frase della deliberazione del 2 agosto scorso, che ho letto con molta attenzione, che dice: "la Regione Piemonte è chiamata ad un'azione di maggiore rigore nel controllo della spesa sanitaria attivando i necessari elementi e programmazione degli interventi e di contenimento della spesa stessa". E si finisce con quest'altra frase: "ma ciò comporta un'idonea ed adeguata disponibilità di risorse strutturali ed umane regionali opportunamente organizzate". Ogni discorso in quest'aula non può prescindere dalla richiesta all'Assessore di conoscere il piano di organizzazione attuato per cambiare la struttura regionale e per far in modo che questa svolga le competenze conferitegli dalla legge. I discorsi sul controllo della spesa farmaceutica e della spesa per il personale li conosciamo tutti: è inutile ricercare un maggior funzionamento del servizio ispettivo, se poi manca il personale o se quello esistente non è sufficientemente preparato.
Quindi, come norma di buon discorso fra noi e voi, non prendiamoci in giro con i discorsi generali su quello che si dovrebbe fare. Andiamo a battere i pugni e anche i piedi sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni quando la Regione non può attuare i controlli richiesti perché non ha il personale necessario. Non parlo di volontà politiche di fare o non fare; è un altro discorso sul quale non intervengo.
Per quanto mi riguarda penso che la Regione non abbia alcuna intenzione di controllare alcuni settori, ma rimane il fatto che se non ci si struttura in questa direzione, non avremo mai un controllo effettivo della spesa sanitaria.
Concludo con una semplice annotazione: il bilancio preparato dall'Assessore sforerà nuovamente il tetto, in quanto con una deliberazione del 26 agosto scorso si è aumentato il numero delle case di cura private convenzionate con la Regione, inserendo nell'elenco anche Villa Iris di Pianezza. E' una questione molto delicata che ha a che fare con quello che sta succedendo con l'R.S.A, e con il fatto che i finanziamenti non arrivano.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Non ha nulla a che fare con la residenza sanitaria assistenziale; sono 104 posti messi a disposizione solo del sistema ospedaliero torinese per utilizzare meglio i posti letto negli ospedali torinesi per malati acuti.
Non so se i Consiglieri Calligaro e Zacchera hanno rilevato che ci si ferma in ospedale dai sessanta ai novanta giorni. Questo avviene però per mancanza di posti di lunga degenza, non di RSA. Anche una persona di 30 anni può fermarsi in ortopedia 90 giorni.
Questo serve invece per scaricare l'ospedale del posto per malati acuti e fare 9 interventi per 90 giorni e invece di avere il letto occupato in ospedale che mi costa 500 mila lire al giorno, quello mi costa 140 mila lire giornalmente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Volevo concludere il mio intervento con una considerazione. Se quello che lei ha detto è vero si faccia una scommessa: si metta un funzionario che segua l'applicazione di questo convenzionamento per verificare se veramente il risparmio c'è. Scommetto sul fatto che in realtà non ci sarà alcun risparmio, perché sono convinto che un sistema adottato in questo modo non produca alcun effettivo risparmio.
Purtroppo non abbiamo nemmeno degli indicatori che possano dire se veramente questo risparmio è stato ottenuto o meno, perché le spese ospedaliere nessuno le conosce.
Ripeto lamia domanda basilare, a mio avviso addirittura pregiudiziale a qualsiasi altro dibattito in quest'aula per continuare a discutere di una questione che non potremo assolutamente affrontare. Quando l'Assessore e la Giunta ci presenteranno un programma di riorganizzazione, risistemazione e riqualificazione della nostra struttura, per far sì che si possano esercitare le competenze di controllo che tutti chiamano a gran voce?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI La relazione dell'Assessore Maccari, così come tante altre che in questo periodo ci stanno perseguitando sui problemi dello "stato di salute" della spesa sanitaria, è deludente perché in realtà si pone esclusivamente da un punto di vista di produttività, di efficienza, ma non di efficacia.
La sanità in Italia è in pratica governata non tanto dal Ministro della Sanità, che peraltro fa il possibile per smantellare ciò che di positivo è stato costruito, quanto dai Ministri del Bilancio e del Tesoro, che pongono seri limiti allo sviluppo di quei servizi sanitari conosciuti efficaci ed efficienti. Tutto ciò che si fa e si dice in queste sedi, in altre si trasforma in parole che sembrano convincere i cittadini che tutto sommato la colpa è loro (sono spreconi), il malato deve pagare, deve essere punito.
Il discorso così impostato è fondamentalmente bacato, perché in realtà la gente non ci casca; la gente che è malata, la gente che soffre conosce personalmente, per esperienza nel suo rapporto con questo servizio sanitario, quanto questo servizio funzioni o quanto soprattutto non funzioni, e quindi conosce e saprebbe individuare i rivoli di sprechi rispetto ai quali chi volesse seriamente rendere più efficiente il sistema potrebbe efficacemente intervenire.
Quello che però mi premeva sottolineare all'inizio del mio discorso era soprattutto questo: come e possibile non fare un discorso di efficacia quando si affronta un intervento sui problemi della difesa della salute nella nostra Regione? Detto questo è chiaro che non posso non concordare con chi osserva che molti guasti a livello locale sono conseguenti al fatto che le decisioni di spesa sono determinate a livello nazionale.
Possiamo quindi reiterare le osservazioni già fatte e dire che è a livello centrale che si determinano i contenuti, le procedure rispetto ai contratti del personale delle sanità, sia dipendente sia convenzionato; è a livello centrale che si determina il nomenclatore dei farmaci; è a livello centrale (come abbiamo visto la settimana scorsa avendone discusso) che si determina il nomenclatore tariffario delle protesi e degli ausili tecnici così come si determina a livello centrale la natura delle prestazioni concedibili in regime di convenzione esterna, degenziale o meno; è a livello centrale che si determinano le regole del gioco per governare la sanità; è a livello centrale che si determinano le modalità di finanziamento del servizio sanitario nazionale in relazione alle entrate e alle assegnazioni delle Regioni; è a livello centrale che non si fa ciò che conta, cioè una seria programmazione, tant'è che aspettiamo il Piano Sanitario Nazionale ormai da 12 anni.
Le osservazioni dell'Assessore si riferiscono in particolare al sottodimensionamento ormai cronico nell'assegnazione dei fondi di parte corrente. E' noto che secondo i Ministeri della Sanità e del Bilancio la stima del disavanzo di gestione si gelerebbe su poco meno di 4.000 miliardi; la stima del disavanzo denunciata dalle Regioni si avvicina invece ai 10.000 miliardi.
E' da notare che alla fine del 1990 il Governo, a seguito di previsioni di risparmio ipotizzate con l'applicazione della manovra finanziaria 1990 prevedeva una chiusura in pareggio dell'esercizio 1991, previsione che a luglio è stata corretta con l'indicazione di questo deficit di poco meno di 4.000 miliardi.
Il Governo infatti prevedeva un contenimento della spesa intorno ai 6.300 miliardi a seguito della manovra finanziaria, contenimento che in realtà non si è verificato se non in minima parte per diversi motivi: la rigidità della spesa per il personale dipendente l'incompatibilità del costo di alcuni servizi, anche se per esempio su alcune utenze (come vengono definite all'interno del discorso beni e servizi l'uso del telefono e dell'energia) si potrebbe fare un lungo discorso di risparmio e di sprechi la variazione a rialzo del prezzo dei farmaci le difficoltà a prevedere il trend della spesa inconvenzionata esterna: la perdurante scarsa produttività di poliambulatori specialisti pubblici la difficile comprimibilità sociale di alcune spese (e cito per esempio la questione delle protesi già accennata prima).
L'ISES (Istituto di Studi di Economia Sanitaria) elenca questi vincoli come fattori realmente incidenti nel determinare il mancato risparmio e indica in 3.400 miliardi il possibile effetto della manovra governativa.
Tuttavia, sempre questo istituto, nel confrontare la stima della spesa corrente e le risorse finanziarie disponibili, si limita (si fa per dire) ad indicare un deficit di 5. 500 miliardi al netto degli effetti della manovra governativa.
C'è un balletto di cifre. Vorrei quindi capire i dati dell'ISES riferiti al Piemonte; ad esempio, per ciò che concerne l'assistenza farmaceutica cita una spesa di 1.291 miliardi che, al netto della manovra sarebbero 1.000 miliardi e 163 milioni. Per quanto riguarda la previsione 1991, si indica una previsione di 1.097 miliardi, mentre per quanto riguarda l'acquisto di beni e servizi, sempre per il 1991, la stima tendenziale dell'ISES è di 1.514 miliardi: per quanto riguarda la previsione della Regione siamo a 1.590 miliardi.
Cioè, tendenzialmente l'ISES dà una valutazione sottostimata rispetto a quella della Regione sulle spese che vanno coperte, cioè del probabile incremento e quindi del deficit di cui occorrerebbe tenere conto e sul quale occorrerebbe intervenire. Non vorrei che questo divario, questa differenza non derivasse se non da una soprastima fatta dalla Regione sovrastima che - e voglio essere pettegolo - potrebbe essere ciò che serve per coprire la cattiva amministrazione. Su questo vorrei un maggior chiarimento.
Per entrare nel merito delle cose di casa nostra, sembrerebbe, da ci che ha detto l'Assessore, che si è fatto di tutto per contenere la spesa e che, quindi, le responsabilità sarebbero da ricercarsi fuori del bilancio regionale. E' vero: quest'anno il gioco dei veti incrociati o ritardi nella programmazione ha impedito l'attivazione di alcuni istituti contrattuali quali quelli che dovevano servire ad attivare l'assistenza domiciliare integrata. Inoltre l'approvazione dei protocolli d'intesa con le Organizzazioni Sindacali di alcuni istituti per il contratto della sanità è avvenuta in ritardo, così come si sono avuti dei ritardi nel definire la circolare promessa ai disabili la scorsa settimana per far fronte alla spesa non più coperta dallo Stato in materia di ausili e protesi. Questo fa sì che i disabili siano stati costretti, anche questa settimana, a comprare di tasca loro parte di quelle forniture. Questa situazione deriva dal fatto che non si interviene sollecitamente.
Per quanto concerne la spesa farmaceutica - ed entro nel merito - c'è un aumento del 14%, inferiore al 21% dell'incremento '89/'90. E' un dato positivo che occorre riconoscere come merito non solo dell'Assessorato quanto (se di merito si deve parlare) dell'incidenza del ticket che sicuramente ha indotto i cittadini a chiedere al medico di base di prescrivere i farmaci di minor costo. Probabilmente c'è stata una diminuzione nella prescrizione da parte dei medici di base o forse un maggior controllo da parte delle UU.SS.SS.LL. sulle prescrizioni dei medici stessi. Allora, se è possibile diminuire la spesa per quest'anno, mi domando perché non si sia intervenuto e risparmiato efficacemente anche negli anni passati.
Per quanto riguarda la spesa esterna convenzionata siamo di fronte ad una vera catastrofe: c'è un incremento, nel periodo '90/'91, del 33 rispetto ad un incremento di -1%, nell''89/'90. Catastrofe che a mio parere va giustificata perché dimostra che l'attenzione avuta negli anni passati rispetto ad una limitazione del ricorso dei cittadini a queste attività specialistiche, delle UU.SS.SS.LL., dei prescrittori e degli autorizzatori è diminuita. Ci domandiamo allora a cosa sia servita quella Commissione di Indagine che doveva far sì che questa parte di spesa venisse contenuta.
La vera voragine e i mancati controlli conseguenti sono da addebitarsi alla parte concernente il settore "Beni e servizi"; è qui che deve scavare magari con un'indagine a campione, il sotto-dimensionato servizio "Gestione risorse strumentali e finanziarie" dell'Assessorato che mi risulta abbia 12 dipendenti rispetto ai 50 previsti in organico.
Vorrei che questa cifra venisse confermata dall'Assessore perché in questo caso - come diceva anche il Consigliere Cucco - si tratterebbe solo di belle parole e belle intenzioni; quelle di arrivare al contenimento della spesa laddove si può contenere: negli acquisti degli alimenti, negli appalti delle lastre radiografiche, ecc.
E' in questo campo che occorre - esercitando un controllo sulla legittimità di certe procedure - intervenire.
Chiedo quindi all'Assessore di rispondere alla serie di obiezioni che ho posto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo: ne ha facoltà.
TAPPARO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, credo che a nessuno sfugga la rilevante importanza per le prospettive, l'immagine ed il ruolo che vogliamo attribuire alla Regione.
La discussione che stiamo facendo e che viene costretta ad essere rapida, perché siamo ormai al termine della seduta, meriterebbe una grande attenzione su alcuni aspetti tecnici ed un passaggio in Commissione per essere approfondita.
Alcune questioni che volevo portare all'attenzione sono già state affrontate; sono gli aumenti che si stanno programmando e che la Giunta ha deliberato (benzina, metano, ecc.), che servono esclusivamente a pagare la prima rata di un mutuo acceso per tamponare la falla che l'Assessore ha illustrato. Per 10 anni, quindi, ci trascineremo un aumento che serve semplicemente a tamponare la falla di una spesa corrente.
Se vogliamo - per dirla come Pavese - scendere nel "gorgo muti" dobbiamo seguire questa strada. Avremo però le proteste della comunità legate agli aumenti che non vanno ad attivare qualcosa o a razionalizzare o migliorare un servizio, ma semplicemente a tamponare una falla.
Voglio pormi in una dimensione puramente aziendale; supponendo di parlare di un'altra azienda, non quella sanitaria. La cosa che risalta è che, se depuriamo l'incremento di quasi il 40% in tre anni del tasso di inflazione annuale e di alcune punte (ad esempio i contratti), resta una spesa in termini reali aumentata - non in termini monetari, ma fisici - di quasi il 20%.
Dovrebbe esserci - Assessore - una colonna che spieghi cosa c'è stato in più fisicamente, visto che non si tratta di qualcosa eroso dall'inflazione, in termini di convenzione, di medicinali, di beni e servizi. Solo in questo modo potremo dare un giudizio politico della gestione; diversamente non siamo in grado di capire.
Posso fare un esempio: se la FIAT in tre anni ha un aumento dei costi di quasi il 20%, significa che ha prodotto più automobili oppure, se ha prodotto la stessa quantità, che c'è stato un incremento pauroso del costo unitario di produzione che costringerebbe Romiti a fuggire di notte! Le motivazioni consistono nel fatto che alcune spese sono indotte da una politica nazionale: i contrat-ti, gli incentivi al personale, le convenzioni, il prontuario farmaceutico che sfugge al Governo. E' una buona motivazione per dire che è necessario regionalizzare la spesa sanitaria ed avere una fiscalità che serve a rapportarci con questo aspetto. Ci sono alcune spese, però, che non sono indotte semplicemente da una politica nazionale, ma sono nostre.
Vorrei capire, riguardo alla voce "Ospedaliera convenzionata", in cosa consiste la voce "Farmaceutica" o la voce "Beni". Abbiamo una struttura di edifici della sanità fatiscente che richiede costi aggiuntivi per tenere insieme i pezzi; questa può essere una spiegazione reale.
Sarebbe utile per noi, che non siamo specialisti del settore, avere una colonna per capire in termini reali e non monetari cosa è successo perch se non è successo nulla, se non ci sono state manutenzioni aggiuntive in termini fisici, vuol dire che qualcosa è stato mangiato all'interno.
Posso capire che ancora non abbiamo un controllo di gestione tale per conoscere i costi analiticamente per settore, per reparto, per centro di costo, ecc.; questo è un limite estremamente grave.
L'altra cosa paradossale di cui dobbiamo tenere conto, analizzando il bilancio di uri azienda (naturalmente questa è un'azienda diversa dalla FIAT), è che la spesa per gli investimenti è pari ad un cinquantesimo forse di più, non ho fatto il conto - delle spese correnti. Ciò è drammatico, poiché è soprattutto l'investimento che permette l'innovazione.
Ci sono quindi alcuni elementi paradossali, per fortuna non ci sono più quelli delle leghe, ma evidentemente si vuol fare il gioco per le leghe e favorire da parte dell'opinione pubblica non un voto, magari motivato, su una proposta alternativa che non c'è, ma un voto di protesta che dinanzi a questa situazione si materializza con un rifiuto.
Dobbiamo cercare - e sono d'accordo con l'Assessore - di tenere unito il fronte delle Regioni nel rapporto con lo Stato. Soprattutto occorre fare forti pressioni sulla vicenda dello scasso della sanità pubblica, poich attorno ci sono degli interessi privati (come la storia che conduce il Ministro Carli ed altri), gli stessi grandi interessi che; ingrassatisi negli anni '80 con i contributi pubblici, hanno permesso di comprare le cose dismesse dal pubblico negli anni '90; Infatti sappiamo che molte aziende, che hanno comprato anche giornali e hanno beneficiato di interventi pubblici, oggi sono sovracapitalizzate e possono comprare quello che dismette il pubblico. Anche qui abbiamo interessi che aspettano.
Chiedo anche che in Commissione si possa capire in termini reali, non in termini monetari, che cosa è successo, in quanto noi non siamo specialisti del settore, ma affrontiamo aziendalmente questi conti.
Se in questi 3 anni abbiamo fatto il nostro dovere, ovvero tenere sotto controllo la spesa per le parti di nostra competenza - e non ho dubbi che abbiamo tentato di farlo -, o se qualcosa ci è sfuggito, lo possiamo controllare attraverso questo tipo di analisi e in questo senso capisco Presidente, che vi sia urgenza. Evidenzio pero che in questo passaggio ci va di mezzo la nostra immagine e la nostra prospettiva. Non stiamo discutendo di "bruscolini"; si tratta di un'operazione di incremento delle tasse regionali per tamponare solo questo tipo di spesa corrente: è un auto goal clamoroso che non tutti sono d'accordo di segnare; se lo segni chi vuole nella propria porta.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Tapparo e ringrazio anche gli altri rappresentanti di Gruppo che in questo momento, pur consapevoli dell'estrema importanza della questione posta, non intervengono.
Ritengo che sull'insieme delle questioni poste ci dovranno essere senz'altro a tempi brevi, delle sedi ulteriori di approfondimento e di confronto.
La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Ho solo alcune cose da chiarire. Mi pare che in merito ai problemi di rapporti Stato-Regione vi sia una visione abbastanza condivisa in generale forse manca ancora - e credo sia bene approfondirlo in Commissione - la chiarezza delle competenze e delle possibilità della Regione ad intervenire.
Sono molto lieto del fatto che il Consiglio mi dia sempre solidarietà sulla necessità di poter lavorare meglio, sull'aumento degli organici e sulla possibilità di avere un servizio ispettivo più consistente in grado di controllare meglio la spesa; al di là della solidarietà, però, non trovo mai atti concreti, in quanto le normative (quelle del Consiglio e quelle che vengono dal di fuori) si scontrano con tutti questi bisogni.
Il problema è dunque generale, ma se alle cose facilmente consensuate si riuscissero a far seguire atti concreti, si attuerebbe una modalità diversa di comportamento senz'altro più vicina all'Europa.
Probabilmente una cosa che i Consiglieri non sanno, non seguendo direttamente i problemi della sanità nell'iter normale quotidiano, è che in ogni USSL esiste un Collegio dei Revisori dei conti che certifica la spesa.
Tale Collegio è istituito grazie anche al contributo di questo Consiglio: non sono marziani che scendono da altri pianeti.
Al Collegio contribuiscono il Consiglio regionale e il Ministero del Tesoro, con alcune forme di rappresentanza che devono in prima istanza controllare; è un controllo molto importante, tant'è vero che nella riforma ai Revisori dei conti viene dato maggiore spazio. E' ovvio che vi deve essere il controllo regionale a campione, però questo va fatto sulla quotidianità; al controllo regionale la legge dà solo una possibilità di controllo di legittimità e non di merito, anche perché i controlli di merito sono sempre estremamente pericolosi e il Piemonte, con le testimonianze degli anni '80 nelle avventure della sanità, ne ha dato ampia dimostrazione.
E' fuori dubbio che un sistema di controlli, deve essere attuato. Per controllare, in linea di massima, bisogna disporre di persone che abbiano la capacità di controllare, o per lo meno che siano al livello di quelli che devono controllare. E' chiaro che però tali persone non possono essere dei ragazzini appena laureati che intraprendono la via dell'impiego pubblico, il quale molto spesso viene scelto come ripiego in carenza di altre occupazioni nel mondo lavorativo.
Occorre arrivare a una situazione diversa, che non può essere realizzata con la normativa che regola i contratti di lavoro, ma con una normativa di consulenza, che la legislazione regionale ha messo in difficoltà in quest'ultimo periodo. L'aumento della spesa credo vada visto in termini assoluti, però all'interno dei termini assoluti bisogna attuare delle verifiche. Un sistema produttivo di automobili, che può sostituire persone con robot, è difficilmente paragonabile a un sistema diverso, dove l'elemento centrale è la persona, nell'erogazione dei servizi, perch come loro sanno - là sanità è per il 95% o dovuta alla capacità professionale e all'organizzazione del lavoro della persona e per il 5 dovuta alla disponibilità di apparecchiature; apparecchiature di cui le sale operatorie dispongono, ma che molto spesso rimangono inutilizzate come ricordava qualcuno in un intervento, e non sempre per la carenza di personale, ma sovente per la difficoltà di organizzare il lavoro.
Molto spesso la sanità è organizzata secondo le necessità di chi vi opera e l'ammalato risulta essere un optional. Una delle riforme principali è il governo del personale all'interno della sanità, il governo dell'organizzazione del lavoro, altrimenti i costi sono destinati ad aumentare senza avere le prestazioni necessarie.
Credo che uno degli obiettivi che debba porsi la riforma della riforma sia quello di dividere nettamente la Regione, che eroga le risorse, dalle UU.SS.SS.LL.-aziende, che erogano i servizi. Forse questo ragionamento non potrà piacervi, ma visto che oggi tutti ci richiamiamo con ampie parole all'azienda, all'aziendalismo, ai conti, ecc., le aziende sanità devono essere con risorse a rischio e non con risorse garantite come hanno avuto finora.
Solo con risorse a rischio, che non vuol dire far mancare i servizi (non vorrei che si facessero di queste parole delle interpretazioni ideologiche da usare o da mettere in bocca all'Assessore perché poi l'Assessore non fa interpretazioni ideologiche del rischio), si possono usare meglio le risorse disponibili. Questo concetto vale per tutto il sistema produttivo, infatti abbiamo visto che là dove le aziende non erano a rischio sono fallite in tutto il mondo, mentre nel mondo occidentale sono in difficoltà le aziende pubbliche condotte con sistemi non a rischio.
Lo stesso sistema pubblico produttivo Italiano è destinato a diventare a rischio, nel senso che non avrà tutti i fondi di dotazione garantiti, ed anche alcuni settori dell'impresa privata - lo vedete nelle normative CEE che riprendono alcune decisioni governative - avranno una mancanza di sovvenzione, di quella sovvenzione che prima le poneva a copertura dal rischio.
Credo che solo con questa divisione si possa governare meglio. E' fuori dubbio che la sanità, all'interno dell'organizzazione regionale costituisce e deve essere un momento di meditazione che potremmo fare in Commissione un'organizzazione atipica rispetto alla Regione: non si può continuare a considerare l'Assessorato alla sanità alla stregua di qualsiasi altro Assessorato, e non si possono cambiare i dirigenti, o altro personale di determinato livello, che viaggiano da un Assessorato all'altro e che diventano dei tecnici, solo perché indossano la maglietta della sanità pubblica e dell'assistenza farmaceutica, ma provengono dal settore cultura o da altri.
Il dirigere un settore o un servizio nella sanità regionale dovrebbe essere il punto di arrivo della migliore dirigenza del sistema sanitario regionale.
Oggi non è così, perché la rigidità della normativa non lo permette e purtroppo ne subiamo le conseguenze. Quando le regole non vanno è compito dei politici ai diversi livelli cambiarle. Forse è questo l'aspetto fondamentale troppo sovente dimenticato.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Per impegni istituzionali fuori sede non ho seguito tutto il dibattito ma credo di dover intervenire anche e soprattutto in relazione agli ultimi interventi che ho potuto sentire e che pongono in evidenza la gravità delle modalità stabilite dalla legge per la copertura del deficit, che comunque ci sarà.
Ci sarà un disavanzo, anche se è nostro intento e nostro obiettivo contenerlo nel minimo possibile; credo che un indirizzo in questo senso sia già stato dato, e viene costantemente riconfermato agli amministratori straordinari delle UU.SS.SS.LL. , con l'impegno a mantenere i servizi.
Il Consigliere Tapparo poneva in evidenza il forte incremento della spesa e ci rendiamo conto che sta aumentando più del tasso d'inflazione, ma sono scattati dei contratti nazionali, c'è l'aumento dei prezzi dei medicinali, c'è da considerare anche taluni aumenti dei servizi, perché il nostro Piano socio-sanitario ha previsto anche aumenti dei servizi e in diverse UU.SS.SS.LL. sono stati attuati.
Quindi, va considerato anche questo aspetto importante; d'altra parte è un tasso d'incremento che si accompagna a quello delle altre Regioni, ma noi dobbiamo vedere i nostri problemi e analizzarli a fondo, perché in futuro il discorso della solidarietà delle Regioni certamente si appannerà di fronte all'esame delle, singole posizioni e di fronte a realtà molto diverse, di costi capitali presenti.
Al momento dobbiamo tenere presente che i servizi vanno garantiti e non credo che possiamo prendere altre decisioni se non quelle di continuare a garantirli. Tenete conto che la posizione nel confronti del Governo è stata, da parte della Conferenza dei Presidenti, sempre durissima sulla questione della sanità. Abbiamo accettato la regionalizzazione a due condizioni: che ci venissero dati tutti gli elementi per controllarla e che venisse regionalizzato completamente il servizio; così non avviene.
Il dialogo con il Governo è difficile e l'atteggiamento di non partecipare alla Conferenza Stato-Regioni è giusto, ampiamente motivato e preparato come protesta forte soprattutto sulla sanità.
E' difficilissimo anche il rapporto col Parlamento, perché i pochi accordi che si ottengono con il Governo vengono fatti saltare tutti dal Parlamento e nessuno in chiave di sostegno alla posizione regionale. Molto spesso anzi in chiave diversa. E andata avanti ad esempio una proposta dell'intervento dei Comuni nella gestione che appanna i risultati ottenuti c'è un ritorno alla competenza comunale, per cui la legge di riforma che uscirà - se uscirà- apre punti interrogativi notevoli e forti. Coprire con un mutuo pluriennale un deficit di bilancio, e coprirlo ponendo una tassazione, è una cosa aberrante, però non abbiamo altre alternative. Non possiamo tirarci fuori, perché vorrebbe dire non dare i servizi necessari rifiutarci di dare i servizi e chiudere determinati servizi. E un compito aspro e difficile; credo però che non potremo sottrarci perché questo compito ce l'avranno - chi più chi meno - tutte le Regioni italiane, e quindi sarà la via d'uscita.
Debbo dire che la questione non è completamente chiusa, perché tra 13 mila e 600 miliardi dati dal Ministero del Tesoro e 110 mila e 800 stimati adesso non bisogna esagerare che saranno più di 10 mila e 800 - c'era nell'ultima riunione una disponibilità del Ministro del Bilancio ad andare a vedere le situazioni Regione per Regione.
E' una situazione che ha certamente aspetti di correttezza, ha la debolezza di tentare di rompere il fronte delle Regioni, elemento da tenere conto.
Su questo terreno il discorso è ancora aperto; quello che voglio dire con forza è che la posizione delle Regioni è stata sempre, sulla questione sanitaria, di estrema durezza, tanto che come ho già detto più che abbandonare la Conferenza Stato-Regioni con questa motivazione, credo non ci sia una posizione che possa apparire di maggior contrarietà, di maggiore determinazione, tenendo conto che abbiamo anche perso il ricorso al Consiglio di Stato per quanto riguarda la possibilità di scarico di una quota sulle Regioni anche a posteriori com'è avvenuto per il 1990.
Quindi, siamo effettivamente in una situazione di oggettiva grave difficoltà e abbiamo, da un lato, il dovere di garantire i servizi in una situazione legislativa nazionale che è quella che è; abbiamo, dall'altro lato, il dovere di protestare energicamente e con tutti i mezzi. L'unico mezzo con il quale non possiamo protestare è la soppressione di servizi essenziali.
Per quello che riguarda il controllo di gestione - e chiudo effettivamente è un problema che si apre. Con le assunzioni fatte tramite concorso qualche risorsa umana nuova che abbia competenza c'è; credo che potrà essere utilizzata anche come adeguato supporto dell'Assessorato alla Sanità per quei compiti di controllo che si faranno via via più pressanti.
Se il servizio sarà veramente regionalizzato, se sarà a rischio per gli Enti e la Regione, dovremo analizzare a fondo il problema, perch evidentemente non possiamo paralizzare il nostro bilancio più di quanto non lo sia già.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Come già previsto, pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 86 inerente l'istituzione del Parco naturale della Collina di Superga.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 10) all'o.d.g.: "Nomine".
In merito do lettura del documento riguardante due deliberazioni.
Vista la delibera n 184 - C.R. 7756 "Ente di gestione delle aree protette della fascia fluviale del Po Alessandrino e del Torrente Orba" assunta in data 21/5/91 e stante le intervenute dimissioni del nominato signor Guaschino Secondo, in tempi antecedenti alla trasmissione dell'atto al Commissario di Governo, si propone un atto di ritiro della stessa deliberazione.
Vista la delibera n. 260 - C.R. 13970 "Consiglio Generale del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po" ed evidenziatosi successivamente alla votazione un mero errore materiale nella trascrizione dei nominativi inseriti nella lista di votazione (Martini Marcello in luogo di Arrotini Corradino), si propone atto di ritiro della stessa deliberazione.
Si distribuiscano le schede perle seguenti nomine


Argomento: Nomine

- Ente di Gestione delle aree protette della fascia fluviale del Po Alessandrino e del Torrente Orba (art 5, LR n. 28/90). Nomina di 3 esperti con esperienza in materia zoologica, botanica ed idrobiologica.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede.
Proclamo eletti i signori Anselmi Francesco (esperto in materia zoologica), Marletta Francesca (esperto in materia idrobiologica), Sekawin Michele (esperto in materia botanica).
Quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/ 85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Consiglio Generale del sistema delle Aree protette della fascia fluviale del Po (art. 6, L.R n. 28/90). Nomina di 5 membri di cui 2 espressi dalla minoranza.


PRESIDENTE

E stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Arlandini Angelo, Arrotini Corradino, Affatato Luigi, Ariotti Anna Maria Stanchi Pier Massimo. Gli ultimi due designati ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- AIAV S.p.A. Area Industriale Attrezzata del Vercellese. Consiglio di Amministrazione. (art. 14 dello Statuto). Nomina di 1 rappresentante.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletta la signora Gasparro Carla


Argomento: Nomine

- AIAV S.p.A. Area Industriale Attrezzata del Vercellese. Collegio sindacale. (art. 26 dello Statuto). Nomina del Presidente.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Savasta Fiore Lionello.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Esame progetto di legge n. 141: "Modifica dei comma 9 dell'art. 5 della L.R. 7 giugno 1989, n. 34"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il progetto di legge n. 141, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Zanoletti, che ha pertanto la parola.
ZANOLETTI, relatore Illustre Presidente, signori Consiglieri, la modificazione normativa proposta dalla Giunta regionale intende meglio e più precisamente disciplinare i requisiti per il personale dipendente dall'Ente in caso di concorso per l'accesso alle qualifiche funzionali fino alla VI compresa.
Il testo, del quale si propone la sostituzione, prevede infatti che ai concorsi anzidetti possano partecipare, nel caso di riserva di posti, i dipendenti dell'Ente inquadrati nella qualifica immediatamente inferiore in possesso, oltre che del titolo di studio immediatamente inferiore a quello richiesto per il posto messo a concorso, anche di una "anzianità di almeno tre anni e con medesima professionalità o di cinque se di professionalità diversa".
L'applicazione di tale ultima disposizione ha provocato, nell'attuale fase organizzativa dell'Ente, non pochi dubbi interpretativi sia in relazione al fatto che non viene specificato se le anzianità da considerarsi debbono essere di ruolo o non, sia per la oggettiva difficoltà di stabilire se, rispetto al bando di concorso, la professionalità del dipendente deve essere la "medesima" oppure "diversa" e se, per conseguenza, l'anzianità posseduta deve essere di tre o di cinque anni.
In tale situazione la Giunta ha ritenuto più congruo; in relazione ai contenuti contrattuali, definire i requisiti d'accesso dall'interno sulla base di un dato oggettivo quale quello dell'anzianità di ruolo posseduta dal candidato interno, considerando utile, in via alterativa e fermo restando il possesso dei requisiti relativi alla qualifica di inquadramento ed al titolo di studio già previsti dalla norma che si intende sostituire o una anzianità di ruolo di tre anni nella qualifica immediatamente precedente a quella messa a concorso o una anzianità complessiva di ruolo di cinque anni maturata anche in qualifiche diverse da quella imme diatamente precedente.
In tal modo, oltre a definire con maggior chiarezza i requisiti d'accesso, la modificazione proposta consente la partecipazione a concorsi pubblici (almeno fino alla VII qualifica compresa) di personale interno in possesso di una già significativa esperienza professionale maturata in posizione di ruolo presso l'Ente.
Giova, del resto, osservare come tale nonna, proprio per la sua maggiore chiarezza, sia già presente nell'ordinamento di altre Regioni trovandosi, ad esempio, contenuta nella legge della Regione Molise n. 24 1988 di recepimento dell'accordo nazionale di lavoro 1985/ 1987.
La I Commissione consiliare ha esaminato il disegno di legge, di cui si tratta, e lo ha approvato all'unanimità, apportando al testo presentato dalla Giunta alcune modificazioni di carattere formale per adeguarlo alle disposizioni ministeriali in materia di formulazione tecnica degli atti legislativi.
In considerazione di quanto sopra esposto se ne raccomanda l'approvazione unanime anche da parte di questa Assemblea.



PRESIDENTE

Non essendovi richieste di parola passiamo all'esame dell'unico articolo: ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 1 è approvato.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 263: "Programma di edilizia pubblica sovvenzionata integrativo al biennio 88/89, approvato con DCR 67-14836 in data 19/12/1990; concessione di una proroga a favore del Comune di Torino per l'acquisto di fabbricati per sfrattati"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame proposta di deliberazione n. 263.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi: ne ha facoltà.
CHIEZZI La ringrazio, Presidente. La discussione si è già svolta in Commissione, quindi faccio una dichiarazione di voto.
Non parteciperò alla votazione per il seguente motivo: ci troviamo di fronte ad una deliberazione che prende atto dell'incapacità del Comune di Torino di utilizzare gli stanziamenti che la Regione Piemonte gli aveva concesso, sottraendoli alle altre Province. Tale decisione era stata assunta in seguito alla gravità del problema degli sfratti nella città di Torino, gravità che aveva giustificato un privilegio nei finanziamenti.
L'incapacità della Giunta comunale di Torino di spendere questi soldi ha provocato, da parte della Giunta regionale, la proposta della deliberazione in esame.
L'Assessore ha assicurato che i soldi saranno spesi; meno male che prima o poi il Comune di Torino riuscirà a spenderli! Rimane il fatto che le dichiarazioni che leggiamo spesso sui giornali, in base alle quali la Giunta comunale di Torino e la Giunta regionale si starebbero attrezzando per affrontare in modo migliore il problema della casa, sono contraddette dalla deliberazione con la quale si concede al Comune di Torino un ulteriore periodo di sei mesi per spendere questi soldi.
E' un esempio di mal governo e per questo motivo non partecipo alla votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Parteciperemo alla votazione di questa deliberazione, stante le finalità, con una valutazione critica sui ritardi che porta con sé, nel senso che questi finanziamenti non sono stati spesi tempestivamente.
Sollecitiamo quindi la Giunta, in riferimento a tutti i finanziamenti erogati ed a quelli che si stanno per erogare, a svolgere un'attenta e puntuale azione, affinché gli stessi vengano utilizzati tempestivamente E' vero che non siamo più in presenza di situazioni di inflazione come quelle che gravavano su tutta la spesa, in particolare su quella pubblica nel 1980/81, intorno al 20%, ma l'inflazione è ancora alta e se la spesa non è tempestiva rappresenta un elemento di spreco nell'utilizzo delle risorse nazionali.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso: Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 27 voti favorevoli e 2 astensioni (1 Consigliere non partecipa alla votazione)


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 281: "DGR. n. 93-8035 -Programma di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata integrativo al biennio 88/89 approvato con DCR 67-14836 in data 19/12/90. Localizzazione dei fondi residui per un importo di L. 8.000 milioni"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame proposta di deliberazione n. 281 in materia di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, di cui al punto 9) dell'o.d.g.
La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'edilizia residenziale Non intendo illustrare la deliberazione poiché ho già avuto modo di farlo in Commissione. Devo pero dare una risposta al collega Rivalta che in Commissione - e io in quella sede non fui in grado di rispondere - pose una questione in ordine alla modalità di realizzazione dei parcheggi riferita anche alla fruibilità degli spazi verdi, e quindi alle modalità con cui questi parcheggi vengono realizzati. Abbiamo verificato i progetti che prevedono che il parcheggio sia realizzato in una parte un po' a declivio; si tratta di parcheggi interrati per cui la preoccupazione, anche della Giunta, che fosse sottratto territorio allo spazio verde è sollevata.
Il progetto previsto lo garantisce, quindi la mia risposta è positiva.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.
RIVALTA Molto brevemente per esprimere la mia perplessità ed il mio atteggiamento critico verso la politica aperta dalla legge Tognoli, quella della costruzione dei parcheggi, che rischia di creare più danni che benefici. L'apertura non pianificata dei parcheggi, una localizzazione che coglie cioè alcune possibilità di intervento e non pianifica questo discorso in relazione alla viabilità, rischia infatti di mettere ulteriormente in crisi le viabilità stradali, proprio perché concentra in alcuni punti i movimenti e le soste.
Richiamo questo fatto per porre l'esigenza che sulla questione dei parcheggi, che pur sono necessari, non si proceda ciecamente, ma si facciano studi che connettano le politiche di viabilità con la realizzazione dei parcheggi stessi, cosa che non sta accadendo. E' stato ad esempio, costruito un parcheggio in via Palazzo di Città, via che ritengo debba diventare pedonale in un corretto utilizzo della mobilità nel centro storico di Torino. Quei parcheggi avrebbero dovuto essere fatti in posizione non lontana, ma in un'area un po' più accessibile.
Il mio atteggiamento critico si riferisce anche ai casi di quartieri In corso di costruzione, con interventi che tendono a rimediare ad una deficienza di programmazione avvenuta nel passato con la realizzazione di nuovi parcheggi.
I:Assessore Carletto ha detto che è un progetto che fornisce qualche garanzia; io non l'ho esaminato, ma ho un atteggiamento critico perché si tratta ancora di azioni di tamponamento che vanno a collocarsi in un'area variata come utilizzo ed indicazione di Piano regolatore perla costruzione di un quartiere dove c'era una destinazione ad area verde. E' l'area prossima al Parco della Pellerina che avrebbe, secondo il mio parere e la stessa indicazione di Piano regolatore, dovuto costituire una zona di ampliamento del Parco; è un'area delimitata da vie di grande traffico (la continuazione di corso Regina Margherita, via Pianezza, la continuazione di corso Telesio che finisce in corso Sansovino), quindi soggetta fortemente a rumori.
Mi sembra davvero sbagliato che nel '91, cogliendo tutte le esperienze del passato ed essendo sollecitati a considerare i problemi ambientali, si continuino a costruire quartieri in questo modo. In Commissione ho detto che probabilmente in questa zona sarà necessario costruire barriere antirumore. Alcuni colleghi sono andati in questi giorni sul luogo e credo si siano sorpresi per la bassa qualità edilizia ed architettonica delle costruzioni. C'è un quartiere, proprio all'angolo tra via Pianezza e via Sansovino, che ha tutte le caratteristiche formali delle costruzioni edilizie di qualche decennio fa, del socialismo reale - non se ne abbia a male il Consigliere Marchiasi se uso questa dizione -. Tali edifici stanno realizzando un paesaggio urbano angosciante.
Sembra quindi ci sia un processo di investimento, di cui approviamo solo amministrativamente la disponibilità finanziaria, che non va nel merito della qualità urbanistica e di edilizia architettonica e ciò mi preoccupa.
Per tutte le ragioni critiche che ho espresso, che valgono come sollecitazione per il futuro, per cercare di incidere sulla qualità delle soluzioni ed interventi che vengono fatti, voteremo contro la deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Anche con questa deliberazione risulta con chiarezza come la città di Torino e l'Istituto Autonomo Case Popolari non siano in grado di spendere neppure il denaro di cui dispongono per costruire delle case. A fronte dell'emergenza esistente, queste due deliberazioni (la precedente e questa) segnalano a tutti noi un paradosso. Il problema della casa è urgente, per la Regione Piemonte è costretta a inventare delle deliberazioni, come la precedente, che concedono più tempo per spendere quei soldi che dovevano servire a risolvere gli urgenti problemi della casa. E ancora, con questa deliberazione, dato che l'Istituto Autonomo Case Popolari e il Comune di Torino non sanno spendere i soldi, la Regione decide di utilizzare 5,6 miliardi non per costituire alloggi, ma per andare a completare un intervento sperimentale che era stato finanziato dal Ministero dei Lavori Pubblici per costruire i box.
Voterò contro questa deliberazione e segnalo - non sarà ripreso da nessun organo di stampa, perché gli organi di stampa fanno solo le interviste per chiedere a persone competenti come immaginano il futuro di Torino - il fatto che di fronte al problema della casa non vengono spesi i pochi soldi di cui dispone l'Ente pubblico.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 20 voti favorevoli e 12 contrari.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame progetto di legge n. 163: "Terza sottoscrizione di nuove azioni della SO.CO.TRAS. S.p.A.."


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 163, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Il relatore, Consigliere Rossa.
ROSSA, relatore "Illustre Presidente, signori Consiglieri con il disegno di legge che viene presentato al Consiglio la Giunta propone il concorso - perla quota di pertinenza dell'Amministrazione regionale - alla sottoscrizione dell'aumento di capitale della SO. CO.TRAS.
S.p.A., approvato da quella Assemblea straordinaria il 3 giugno u.s., con il quale il capitale stesso è stato portato da L. 5.175.000.000 a L.
7.762.500. 000.
Nel merito, l'aumento di capitale risulta essenzialmente finalizzato a consentire alla Società la sottoscrizione - per una quota pari a quella di pertinenza regionale - dell'aumento di capitale della S.I.T.O. S.p.A..
Società in cui si realizzano significativi momenti di collaborazione tra questa Amministrazione e la SO.CO.TRAS, stessa, in funzione della gestione dell'Interporto di Torino-Orbassano.
La partecipazione della Regione alla Società - per una quota minoritaria dell'ordine del 6,65% - consente, tra l'altro all'Amministrazione di esprimere una rappresentanza in quel Consiglio di Amministrazione, presenza estremamente opportuna attesi i rapporti tra la S.IT.O. S.p.A., e la SO.CO.TRAS. S.p.A., di cui quest'ultima è azionista per una quota eguale a quella della Regione (44%).
Per quanto concerne l'onere finanziario, pari a L. 172.500.000, si propone l'utilizzo diparte della minor spesa - rispetto alle previsioni di bilancio - stanziata per la sottoscrizione di azioni Promark e disponibile sui fondi globali, di cui al capitolo 12.600.
Il disegno di legge, di cui si tratta, è stato esaminato dalla I Commissione consiliare che lo ha approvato a maggioranza, apportando al testo alcune modificazioni di carattere esclusivamente formale.
Per quanto sopra esposto e, in particolare, in considerazione dell'opportunità di confermare la presenza della Regione nella SO.CO.TRAS.
S.p.A., mantenendovi l'attuale quota di partecipazione, se ne raccomanda l'approvazione anche da parte di questa Assemblea".



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Majorino: ne ha facoltà.
MAJORINO Colgo l'occasione di questo disegno di legge per rilevare e sottolineare che, dall'inizio della V legislatura, è la venticinquesima volta che viene violato l'art. 18 della legge del 1985, di cui non ricordo il numero.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Guarda che la legge sulle nomine parla delle Assemblee solo per chiarezza, l'Assemblea di rinnovo cariche non c'entra niente.
L'approvazione del bilancio è un aumento di capitale, non c'entra niente.
MAJORINO A me risulta che in questa occasione sia stato anche approvato il bilancio, perché datato 3 giugno 1991. Non saranno 25 le violazioni di legge, però è certo che, dal giugno-luglio 1990 ad oggi, ci sono state numerose assemblee delle società, nelle quali la Regione è partecipe in maggioranza o in minoranza e che indubbiamente, sia nel corso del 1990 che del 1991, sono stati approvati i bilanci. Può anche darsi che per quanto riguarda la SO.CO.TRAS, non vi sia stata un'assemblea vera e propria di approvazione dei bilanci, ma è certo che non si è mai provveduto all'adempimento previsto dall'art. 18 contenuto nella legge sulle nomine laddove si dice che "nei 10 giorni precedenti la data per Ia quale è convocata l'Assemblea degli azionisti per l'approvazione del bilancio, il Presidente della Giunta riferisce alla Commissione consiliare competente sull'andamento della gestione sociale e sulla sua conformità agli atti programmatici di indirizzo della Regione"; questo non si è mai verificato.
Quando ho sollevato questo problema in I Commissione, mi è stato detto che le convocazioni in genere avvengono all'ultimo momento e che non è possibile oggettivamente rispettare il termine dei 10 giorni. Verificando meglio le cose, dal Codice Civile risulta che la Gazzetta Ufficiale pubblica almeno 15 giorni prima la notizia delle convocazioni delle assemblee; quindi, almeno 15 giorni prima della convocazione dell'assemblea per l'approvazione del bilancio, la Regione Piemonte - azionista - viene convocata.
Questa norma esiste in una legge che venne, fra l'altro, votata all'unanimità; era una legge di cui nel 1985 erano relatori il Consigliere Bontempi e il Consigliere Vetrino. Ho cercato fra le pieghe della relazione di presentazione del disegno di legge e fra le pieghe della relazione che entrambi i Consiglieri citati fecero in Consiglio, al fine di capire la ragione per la quale questa norma è stata posta e, soprattutto, di vedere come venne spiegata la collocazione della norma stessa. Sul punto si sorvola, ma si sorvola in quanto il perché è di intuitiva evidenza.
Quando si inseriva nell'ambito della legge sulle nomine anche questa precisa disposizione di legge circa il riferire su quello che è lo stato di salute delle società alla Commissione consiliare competente, si commentava da sé il perché della normativa, come si commentavano da sé i fini e moventi della normativa stessa. Quindi, anche in questa occasione, devo contestare un'inadempienza e vorrei dire che non è un problema di poco conto che si sia previsto di riferire alla Commissione competente, nel caso di specie la I, sull'andamento della gestione sociale e sulla sua conformità agli atti programmatici della Regione, in modo che la Commissione stessa possa fornire la propria opinione.
Quindi, sotto questo profilo, devo rilevare questa cronica inadempienza, sia pur limitata alle assemblee di approvazione del bilancio.
Se poi questa buona norma, caduta quasi in dissuetudine, venisse applicata anche per le assemblee straordinarie sarebbe tanto di guadagnato. Sentiremo come e perché non è mai stata applicata.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale E' la seconda volta che il Consigliere Majorino fa questa osservazione e mi pareva di avere già risposto la volta precedente. Devo riconoscere che questa norma ci era completamente sfuggita; ricordate che nelle dichiarazioni programmatiche abbiamo più volte fatto riferimento a norme che vengono non applicate.
Quando il Consigliere Majorino ha sollevato il problema mi sono impegnato a cercare una soluzione perché una legge o si abroga - e noi faremo una proposta di modifica della legge sulle nomine, ma dipenderà dal Consiglio valutarlo o meno - o la si applica. Quindi, siamo impegnati a cercare di applicare questa norma.
Voglio avvisare il collega Majorino che in questi giorni è partita una circolare a tutte le società con l'invito a mandarci in tempo utile la relazione di bilancio, perché la pubblicazione 15 giorni prima è riferita alla convocazione della assemblea. Legalmente c'è il deposito che dovrebbe avvenire presso la cancelleria del Tribunale, ma certo non possiamo andare a prendere là le relazioni consiliari di bilancio.
Quindi, è partita una circolare in questo senso per tutte le assemblee successive al suo rilievo Adesso ci sarà quella della Finpiemonte, della quale ho già dato disposizione per rinvio del bilancio in Commissione, la quale se sarà il caso farà le sue osservazioni. Quindi, stiamo operando per applicare questa normativa anche se di difficile applicazione e dispersiva.
Perlo specifico caso, trattasi di modifica statutaria e quindi non rientra nel disposto della legge. Prendiamo atto anche della raccomandazione del collega Majorino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA La mia richiesta di chiarimenti sarà di carattere prettamente tecnico.
Chi ha steso la relazione non ha avuto il pregio della chiarezza; se qualcuno l'ha letta avrà capito meglio. Io ho cercato di interpretarla, ma mi sembra ci sia una contraddizione di termini Vi leggo il secondo e il terzo paragrafo e qualcuno mi chiarisca cosa significa: "Nel merito l'aumento di capitale risulta essenzialmente finalizzato a consentire alla società, la sottoscrizione per una quota pari a quella di pertinenza regionale dell'aumento di capitale della SITO S.p.A.".
Cosa significa "per una quota pari all'aumento di pertinenza regionale", se è la società che attua l'aumento di capitale? Noi diamo la nostra quota pari alla nostra quota di capitale, perché sembrerebbe che noi abbiamo la stessa quota nella SITO che è la SO.CO.TRAS.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore al commercio E' così.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Quindi, nella SITO le quote SO.CO.TRAS, e Regione sono uguali. Allora vi è un altro punto che forse è sbagliato: la partecipazione della Regione alla società, che è una quota minoritaria dell'ordine del 6,65%, consente all'Amministrazione di esprimere un rappresentante in quel Consiglio di Amministrazione. In questo caso per Amministrazione si intende quella regionale? VETRINO, Assessore al commercio No; è il Consiglio di Amministrazione della SO.CO.TRAS.
ZACCHERA Siamo noi che abbiamo un rappresentante all'interno della SO.CO.TRAS, o è la SO.CO.TRAS, che ha un rappresentante all'interno del Consiglio d'Amministrazione della SITO? La partecipazione della Regione alla società consente alla Regione di esprimere una rappresentanza in quel Consiglio d'Amministrazione, cioè noi abbiamo un rappresentante all'interno della SO.CO.TRAS.
L'ultima domanda è di carattere tecnico, non vuole essere una domanda cattiva. Con questo sistema però la Regione per partecipare alla SITO paga due volte, paga una volta come Regione e una volta come azionista.
Domanda: alla fine la Regione quanti rappresentanti ha all'interno della SITO, perché (continuando a pagare quote anche ad altri) noi paghiamo di più, ma alla fine abbiamo una presenza minoritaria.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Regionale La partecipazione attraverso la SO.CO.TRAS, fu decisa a suo tempo - parlo di 10 anni fa - quando fu avviata la partecipazione SO.CO.TRAS, ed è una partecipazione indiretta della Regione. Non ricordo il numero dei Consiglieri, ma abbiamo nella SO.CO.TRAS, il 6,65% ed è indiretta nella SITO. Cioè abbiamo una partecipazione diretta della SIPO e una attraverso la SO.CO.TRAS., perché quest'ultima, essendo la società di gestione, ci fu richiesta, da parte del suoi soci, per dimostrare l'impegno della Regione, una partecipazione diretta alla SO.CO.TRAS, che diventa indiretta nella SITO. Si tratta di una partecipazione che è andata sempre diminuendo, ma aveva il significato di volontà della Regione di partecipare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Intervengo solo per dichiarazione di voto, ma credo che le ultime cose dette mi risparmino del tempo. E' molto chiaro che il meccanismo è un po' complesso, talmente complesso che suscita dubbi. Non ho alcuna difficoltà ad ammettere che è stato un meccanismo inventato all'epoca delle Giunte di sinistra delle Regione Piemonte. C'è questo dato di realtà che non pu essere disconosciuto e al riguardo ho notato la discrezione del Presidente.
Ciò nonostante il meccanismo continua a restare confuso. Condividiamo l'obiettivo, indicato anche nella relazione, di garantire anche per questa via una presenza maggioritaria della Regione dentro la SITO, perché c'è anche la presenza di Finpiemonte - quindi l'insieme della presenza pubblica è maggioritaria -, ma per questo sistema di partecipazioni un po' incrociate e non molto chiare, il nostro Gruppo si asterrà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le perplessità poste da alcuni colleghi sulle questioni formali e societarie sottendono in sostanza alla difficoltà a capire una cosa che io ho difficoltà a capire, ma che segnalo come un elemento non positivo, e cioè che la Regione, dopo 10 anni, sia ancora socio non irrilevante della società di promozione dell'operazione SITO e debba ancora stare all'interno della società di gestione SITO.
Questo cosa significa? L'operazione strategica avviata 11 anni or sono tendeva a far sì che la Regione avviasse un'azione di promozione rispetto ai settori - dobbiamo dirlo - della cosiddetta società civile poco attenta all'esigenza di dotare Torino di un'area di trattamento merci integrata su gomma-rotaia; questo nell'aspettativa e nella certezza che, a tempo congruo, la funzione di promozione regionale si sarebbe esaurita e ci sarebbe stata l'uscita della Regione da una vicenda, rispetto alla quale i privati avrebbero dovuto assumere sempre maggiore rilevanza e responsabilità. Invece il fatto che si ripetano, come nei cartoni animati questi aumenti di capitale in fotocopia senza pero cambiare i rapporti interni, è una questione che io, da liberale, considero non positiva.
A mio parere lo sforzo di ordine politico e culturale dovrebbe essere quello di trasformare gradualmente SITO nella società del sistema degli interessi presenti sul territorio che hanno bisogno di questo tipo di struttura di intermediazione territoriale e che quindi se ne fanno carico l'assumono e, in una qualche misura, la gestiscono. Ho quindi l'impressione senza polemica - che l'operazione SITO si sia un po' congelata e che sostanzialmente si siano consolidati degli interessi a mantenere come permanente una società che era stata pensata come società promozionale.
Non ha alcun senso che la Regione stia in una infrastruttura come socio rilevante com'è in SITO, così come non si capisce perché la Regione debba continuare a fare, secondo me, il carabiniere (perché di questo si tratta) il paciere all'interno di SO.CO.TRAS, perché la partecipazione della Regione a SO.CO.TRAS. è nata con la funzione di paciere all'interno dei soci.
Quindi sollecito la Giunta a riavviare questa operazione nella logica secondo la quale era stata pensata, immaginando che sempre di più i segmenti produttivi della società torinese interessati ad utilizzare questa invenzione positiva della Regione Piemonte se ne facciano carico, liberando la Regione non tanto dalla presenza finanziarla - perché nessuno si sogna di recuperare i soldi - ma per segnare il percorso della Regione.
La Regione, quando inventa delle iniziative di carattere promozionale una volta compiuto il percorso in un arco di tempo accettabile, deve uscire dall'ope-razione; i soggetti - lo dico da liberale - interessati in termini economici ed istituzionali (in particolare la Città di Torino l'Associazione Commercianti e gli imprenditori) si facciano carico di far proprio un servizio che noi abbiamo inventato per loro.
Questa era stata la filosofia in cui si sono pensati SITO e cose di questo genere; il congelamento di questa società evidentemente significa la non completa acquisizione, da parte del sistema Torino, delle potenzialità dell'iniziativa.
Con questo non c'è evidentemente polemica, anzi è un'occasione di apprezzamento nei confronti degli amministratori di SITO e di SO.CO.TRAS.
mi pare però che il nostro Assessorato alle Partecipazioni dovrebbe in una qualche misura immaginare che, a certa data e a certo tempo, è bene che questa operazione di partecipazione della Regione, in termini proporzionali, torni ad essere leggibile con una conseguente operazione di alleggerimento della presenza della Regione nelle società stesse, a favore di soggetti privati interessati a svolgere queste funzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA La discussione si è allargata e ha posto alcune domande, mettendo anche in evidenza l'esigenza di una revisione dei nostri rapporti, così come richiamato dall'intervento del collega Marchini.
La prima Commissione ha discusso la proposta di aumento di capitale ed ha accettato i suggerimenti e le indicazioni della Giunta: lo ha fatto esprimendo un voto di maggioranza ed esprimendo anche la fiducia in una scelta che riteniamo possa andare nella direzione di favorire uno sviluppo in un settore molto importante quale quello dell'Interporto e delle sue prospettive.
E' stato posto il problema di una più attenta, analisi della situazione: noi non ce lo siamo posto, però è chiaro che nel momento in cui, anche senza aver letto la relazione, raccomando l'approvazione della deliberazione, non posso esimermi dal manifestare l'attenzione che è necessario esprimere a seguito dell'osservazione fatta da un collega e per di più da un collega della maggioranza.
E stato detto, da parte di un collega della maggioranza e da uno dell'opposizione, che in fondo c'è confusione, pur riconoscendo alla Presidente l'onestà intellettuale della data di nascita della SO.CO.TRAS.
o meglio, è stata riconosciuta da entrambe le parti una certa complicazione. A questo punto, nel momento in cui dico "andiamo all'approvazione", ritengo che il problema vada affrontato.
Io non sono assolutamente per favorire i carrozzoni, né mi soffermo più di tanto a vedere quale tipo di rappresentanza ha la Regione all'interno di SITO o di SO.CO.TRAS. Mi interessa invece il tipo di rapporto che abbiamo come promotori dell'iniziativa di intervento diretta a favorire, sia attraverso la mano pubblica che quella privata, lo sviluppo di un settore e di un punto intermodale molto importante per il Piemonte e per il resto del nostro Paese in Europa.
Chiederei anch'io alla Giunta che questo problema venga ridefinito nei termini giusti, da una parte in base a quella che è una nostra prospettiva di presenza, ma nello stesso tempo facendo sì che tale presenza non sia appesantita da una serie di passaggi complicati come quelli riconosciuti e per i quali si è detto che bisogna cercare di trovare delle soluzioni che rendano più agevole il percorso.
Queste sono le ragioni per cui ho ritenuto di prendere la parola come relatore.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parole, passiamo all'esame del,relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 19 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'ari, 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 19 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'ari, 2 è approvato.
Si proceda alla votazione dell'intero testo della legge per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 19 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Parchi e riserve

Progetto di legge n. 86: "Istituzione Parco Naturale della Collina di Superga", e votazione ordine del giorno n. 278


PRESIDENTE

Passiamo infine al progetto di legge n. 86 relativo all'istituzione Parco Naturale della Collina di Superga.
Il relatore Consigliere Penasso.
PENASSO, relatore "Con il presente disegno di legge si propone l'istituzione del Parco Naturale della Collina di Superga, 46 ma area protetta nella nostra regione. Quest'area è stata oggetto di reinserimento nel Piano regionale delle aree protette con deliberazione del Consiglio regionale n. 1281-4544 del 21 marzo 1990. Per effetto della norma di cui all'ari 3, comma 5, della legge regionale 22 marzo 1990, n. 12, i vincoli e le limitazioni aventi valore ed effetto di salvaguardia temporanea si applicano per un periodo di 18 mesi dalla data di entrata in vigore del Piano e pertanto la relativa legge istitutiva, per garantire una continuità della tutela ambientale deve essere approvata dal Consiglio regionale entro il prossimo mese di dicembre; sono quindi state rispettate, da parte della Giunta e del Consiglio regionale, le scadenze poste dalla legge-cornice. L'area oggetto del provvedimento è costituita da un territorio di grande interesse per l'area metropolitana torinese essendo situata sulla Collina di Torino, e ricomprendendo al suo interno il complesso storico-monumentale della Basilica di Superga Oltre il 70% del territorio che si propone di istituire a Parco è già soggetto al vincolo sulle bellezze naturali di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497.
Le caratteristiche e le peculiarità storiche, ambientali e culturali dell'area sono ben messe in evidenza nella relazione che accompagnava il disegno di legge predisposto dalla. Giunta regionale ad essa si rinvia per la descrizione di dettaglio.
Per le caratteristiche ambientali e naturali e per il tipo di distribuzione della proprietà, le finalità principali dell'istituzione del Parco sono da ricondurre alla conservazione ambientale ed alla tutela del paesaggio e dei beni di interesse storico-ambientale, all'organizzazione del territorio a scopi di fruizione e ricreativi ed alla valorizzazione delle attività agricole e forestali così come previsto all'articolo 3 del presente disegno di legge.
Per quanto concerne la gestione, nel rispetto dei principio generale di contenere il numero degli Enti digestione e richiamandosi alla legge regionale 22 marzo 1990, n. 12, che prevede come unica, forma giuridica la gestione da parte di Enti strumentali della Regione Piemonte, all'articolo 4 si stabilisce l'affidamento di tale compito all'esistente Ente che svolge queste funzioni per la Riserva naturale speciale del Bosco del Vaj modificandone la denominazione in "Ente di gestione delle aree protette della Collina Torinese". E' peraltro prevista l'integrazione del Consiglio Direttivo con i rappresentanti interessati al territorio dell'istituendo Parco naturale.
Lo strumento previsto dal disegno di legge per regolamentare l'uso dei suolo è il Piano di area, stralciò del Piano Territoriale, mentre si demandano ad un apposito Piano naturalistico le norme di gestione della flora, della fauna e di tutti gli altri aspetti naturali presenti nel Parco.
Per quanto concerne le spese di impianto, si può considerare che le stesse siano praticamente nulle in quanto, come detto, l'Ente di gestione che dovrà svolgere i compiti di direzione e di amministrazione del territorio protetto è già esistente e pertanto si tratta semplicemente di integrare il Consiglio Direttivo con i rappresentanti dei nuovi Comuni interessati territorialmente.
Soltanto per quanto attiene il personale sono previsti i costi aggiuntivi in quanto l'articolo 7 del disegno di legge integra l'attuale pianta organica dell'Ente preesistente con tre nuovi guardiaparco e la copertura, i finanziaria per tale previsione è assicurata dal capitolo 7910 della spesa del bilancio regionale per l'anno 1991.
In fase iniziale anche la gestione dovrebbe gravare in misura ridotta sul bilancio regionale potendosi comunque utilizzare gli stanziamenti di cui al capitolo 7950 del bilancio regionale, capitolo attualmente destinato a coprire gli oneri gestionali della Riserva naturale speciale del Bosco del Vaj. E' peraltro evidente che l'attivazione della gestione e dei relativi piani di intervento comporterà un ulteriore stanziamento, oggi non quantificabile, a cui si dovrà e potrà far fronte con Le risorse libere del bilancio nell'ambito del Programma Parchi naturali ed aree protette.
La II Commissione ha attentamente esaminato il disegno di Legge sottoponendolo a consultazione degli Enti locali e delle forze economiche sociali e culturali interessate raccogliendo osservazioni e proposte sia sull'estensione dell'area protetta sia sulla formulazione dell'articolato di legge.
Inoltre, in adempimento al dettato dell'art. 109 del Regolamento consiliare, la II Commissione ha esaminato la petizione popolare relativa alla richiesta di ampliamento dell'area protetta nel territorio del Comune di San Mauro Torinese; pur comprendendone le motivazioni dettate dalla necessità di un completamento della perimetrazione e della valorizzazione della Collina torinese non ha ritenuto opportuno, nella fase attuale accogliere le richieste avanzate dal Comitato promotore che era stato ascoltato durante le consultazioni sul disegno di legge promosse dalla II Commissione, rimandando ad un successivo momento una determinazione definitiva in merito, dopo un approfondimento delle problematiche emerse a seguito di dette proposte. La Commissione ha deciso peraltro, di intesa con la Giunta regionale, un ampliamento dei confini dell'area protetta nel territorio comunale di Torino e Pino torinese.
La II Commissione ha approvato a larga maggioranza il testo oggi sottoposto all'esame dell'aula e ne raccomanda una sollecita e unanime approvazione".



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marino; ne ha facoltà.
MARINO Sarò breve anche se l'argomento richiederebbe un tempo più ampio di quello concesso.
Il nuovo Ente che gestirà il Parco Naturale della Collina di Superga accorpato alla Riserva Naturale del Bosco del Vaj, prenderà il nome secondo la proposta dell'Assessore - di "Ente di gestione delle aree protette della Collina torinese", nome estremamente suggestivo in quanto crea il titolo di una grande questione ambientale, quella dei destini dell'area collinare torinese, prevalentemente boschiva ed In stato di abbandono, che si estende da Moncalieri a Casalborgone, per un'area di circa 10 mila ettari Il Parco Naturale della Collina di Superga proposto dall'Assessore era di circa 550 ettari ed è stato allargato, in seguito all'accoglimento di una parte delle proposte degli ambientalisti, a circa 700 ettari (il 40% in più). La Riserva Naturale del Bosco del Vaj è di circa 70 ettari.
Attualmente le forze che dovrebbero proteggere l'area sono: un direttore (quello del Vaj), un guardiaparco e un capoguardia e la legge dovrebbe permettere l'assunzione di altri tre guardiaparchi. In totale l'Ente di gestione delle aree protette della Collina torinese gestisce quindi un'area di circa 750 ettari, quindi qualcosa fra il 5 ed il 10 dell'area collinare torinese che prima o poi dovremmo porci il problema di costituire in modo organico a Parco.
Faccio solo queste brevi osservazioni, non essendoci il tempo per discutere sull'insieme delle questioni che riguardano l'area collinare torinese, per dire qual è la dimensione del - problema e di quanto stiamo votando oggi. Non ignoro né trascuro, l'importanza di iniziare; ricordo però che nel 1977 il Piano regionale dei Parchi della Regione Piemonte prevedeva una proposta di area a parco nella zona di cui stiamo parlando che era il doppio di quella che con questa legge andremo ad istituire.
La nascita dell'Ente digestione delle aree protette della Collina torinese è un auspicio ed augurio da parte nostra, anche se il lavoro è ancora da fare.
Il dibattito, su alcuni punti, è molto acceso; per esempio nel Consiglio comunale di San Mauro e fra la popolazione il dibattito è stato acceso, in particolare riguardo la proposta degli ambientalisti di istituire anche una zona di salvaguardia nella parte della collina adiacente all'abitato di San Mauro. Questa zona di salvaguardia, per quanto se ne sia discusso a lungo, prima in incontri con l'Assessore e poi seppure più brevemente - in Commissione, non è stata accolta nella proposta di Parco, ma credo sia una delle questioni non solo simboliche, ma anche concrete sulle quali nei prossimi mesi ed anni tutti dovremo portare alla nostra attenzione.
E' noto a tutti come, al di là di agricoltori più o meno esistenti, in quella zona ci siano progetti per inserire, per esempio, nuove costruzioni edilizie, quando il Piano regolatore del Comune di San Mauro verrà rinnovato.
Personalmente, voterò a favore di questa proposta di Parco perché è un auspicio. Ho l'impressione che la prudenza In questi casi sia comprensibile ma, stante il livello attuale di degrado del territorio attorno alla città di Torino, sia sempre meno accettabile.
I tempi del degrado e tutto quello che dovremmo discutere e non discutiamo (mi riferisco all'area metropolitana ed al Piano regolatore di Torino) metteranno sempre più in primo piano, nei prossimi mesi ed anni, i destini di tutta l'area che sta a ridosso del Comune di Torino.
Cito la questione relativa alla presentazione di una petizione popolare con 3.000 firme per l'istituzione di un Parco regionale, che affronti di petto la questione della zona fra Stura e Po, così come la questione sulla quale credo si debba riprendere a discutere - perché nessuna di queste discussioni è nuova, anzi sono tutte discussioni e problemi vecchi quella della cosiddetta asta fluviale del Parco del Sangone. In passato era una zona bellissima, oggi è completamente disastrata, costituita da un insieme di orti e discariche abusive in cui si trova di tutto, dal motorini ai pacchi di siringhe che probabilmente qualcuno ha raccolto e buttato sulle sponde del Sangone, a enormi cumuli di cartoni e carta che sfiorano per due o tre metri i fili dell'alta tensione.
E' una di quelle poche aree rimaste attorno alla città di Torino che dovremmo preoccuparci di proteggere. So che l'Assessore non è torinese, ma credo che nemmeno da parte sua sia teorizzabile badare prevalentemente alle proprie zone. Questa, che sta dentro ed attorno alla città di Torino, è una zona sulla quale la prudenza non è più accettabile.
Con grande fatica e disponibilità da parte di tutti, anche dell'Assessore, è stato quindi esteso un ordine del giorno che è un modo per mantenere aperto l'auspicio che un'area protetta della Collina torinese, prima o poi, sorga davvero.
Mi rendo conto che le discussioni di oggi erano tutte interessanti, ma non posso non constatare che di una questione simbolicamente rilevante come questa siamo costretti, ancora una volta, a discutere alle ore 20.



PRESIDENTE

Volevo dire al Consigliere Marino che abbiamo iscritto, su richiesta dell'Assessore Nerviani, la legge prenotata, la quale non era neanche all'o.d.g.
Riservatamente mi ero già impegnata con la collega Bresso di fare in modo, per quanto riguarda le prossime normative in materia, di porle in maniera da consentire più spazio e più tempo a chi vuole intervenire, in quanto è già capitato una volta o due che alcune proposte di questo tipo vengano discusse come ultime, non riuscendo a parlare come si vorrebbe. Si tratta di argomenti rilevanti; oggettivamente Superga non è una piccola questione, ma anche altre questioni dello stesso tipo hanno il loro peso.
La parola al Consigliere Miglio.
MIGLIO Sul testo del disegno di legge noi apprezziamo lo sforzo fatto dalla Giunta, in particolare dall'Assessore, che ci porta finalmente ad istituire il Parco della Collina di Superga in tempo utile rispetto ai limiti temporali, al di là dei quali decadrebbero le salvaguardie.
Non possiamo ovviamente apprezzare la scelta di ridurre i confini e di non accogliere pienamente le proposte avanzate dalle associazioni ambientaliste e dal Comitato Tecnico Scientifico, pur riconoscendo comunque che in Commissione c'è stato un fertile dibattito aperto, che ci ha permesso di confrontarci ampiamente su questioni interessanti e di modificare i confini rispetto alle ipotesi iniziali.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno, sostanzialmente In esso viene ripreso quanto discusso in sede di Commissione, ovvero l'ipotesi di mettere in cantiere la possibilità di ritornare sul discorso del Parco della Collina di Superga, per verificare la disponibilità delle Amministrazioni delle comunità locali ad ampliarne i confini ed addivenire a quello che per noi è il reale e più significativo progetto di un'estensione su tutto il territorio della collina stessa.
Con questo ordine del giorno si recupera tale impegno e lo si affianca ad altri punti essenziali, come quello di chiedere alla Giunta e agli Assessori interessati, in primo luogo l'Assessore Nerviani per quanto attiene al servizio beni ambientali e, in secondo luogo, all'Assessore Carletto per quanto riguarda la verifica degli strumenti urbanistici generali e particolareggiati, di prendere in maggiore considerazione questo territorio, onde evitare che nel periodo occorrente per predisporre gli strumenti necessari ad allargare gli attuali confini del Parco non vengano realizzati quegli interventi che andrebbero a snaturare i valori attualmente esistenti, ampiamente documentati e rilevati.
L'ultima questione che proponiamo con questo ordine del giorno è quella di avviare i lavori per la stesura di un piano paesistico ai sensi di una legge nazionale, la n. 431, meglio conosciuta come legge Galasso. Riteniamo che sia questo un nodo fondamentale per passare e per dimostrare che è fattibile passare da una logica meramente vincolistica in senso passivo ad una che invece metta al centro lo strumento della pianificazione, dando un ruolo particolare alla programmazione con un coinvolgimento ed una propositività che non sia solo meramente conservativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA La vicenda del Parco della Collina torinese portata oggi in aula per l'approvazione della legge istitutiva, o almeno per una sua parte, dopo che il Parco è stato con lungo travaglio inserito nel Piano regionale nel 1984 85, mostra quanta faticosa sia l'azione che devono svolgere tutti coloro ai quali stanno a cuore i problemi ambientali per affermare una politica di tutela. Questa fatica è tanto più evidente se si pensa che, nel caso in esame, si tratta di un'area collinare di grande valore paesistico e morfologico, oltre che naturalistico, adiacente a un'area metropolitana dove vivono quasi 2 milioni di abitanti, quindi in un'area dove sono presenti forti attese di tutela della collina.
Se fossimo davvero coerenti con i principi di tutela ambientale, che molto spesso e forse troppo facilmente andiamo esprimendo, questo intervento di tutela non solo sarebbe dovuto avvenire molto tempo prima, ma avvenendo oggi non dovrebbe limitarsi ad un'area ristretta come quella indicata nel disegno di legge, area che peraltro per una parte consistente è di proprietà pubblica, dalla Regione alla Provincia, al Comune di Torino stesso.
Dovremmo porci l'obiettivo di tutelare, con le finalità vere e proprie del Parco, l'intera collina torinese, da Moncalieri a San Mauro e oltre fino al Bosco del Vaj, accogliendone la continuità morfologica e paesaggistica.
Sono evidentemente rallegrato dal fatto che questa sera votiamo tale legge; nel contempo sento un senso di impotenza personale, e credo sia lo stesso senso che avvertono tutti coloro che svolgono una politica per la tutela dell'ambiente e dei parchi. Sarei quasi tentato, votando anche contro me stesso, di esprimere col voto un atteggiamento critico proprio per queste ragioni, ma non lo faccio.
Colgo il significato e l'importanza che comunque questa sera il Consiglio regionale, approvando questa legge, dà ad un processo che nell'intenzione, è stato presente da lungo tempo, direi vent'anni e più, e che ha visto il Comune di Torino andare più avanti di noi. Penso, per esempio, a quand'era Sindaco Picco, il quale in tal senso ha pubblicamente presentato una proposta nei primi anni '70, e penso a quanto hanno fatto i Consiglieri Chiezzi e Radicioni con la proposta presentata in Consiglio comunale sul Piano del Parco della Collina di Torino, per lo meno da San Mauro a Moncalieri nella zona alta.
Colgo il fatto che questo travaglio, iniziato ben 6 anni fa, oggi si conclude con un primo atto formale, che considero come avvio di una politica di espansione che non dovrebbe tardare molto nel tempo.
Si tenga presente che sulla collina di Torino si sono riaperte le concessioni edilizie (sono molteplici le gru insediate per l'edificazione).
Analoga cosa si verificherà nei Comuni al di fuori di Torino, stando alle spinte cui sono soggetti con la legge n. 56 (di cui parleremo la settimana prossima) attraverso l'introduzione del regime delle varianti. La politica di espansione edilizia si attuerà soprattutto nei Comuni con una popolazione al di sotto dei 10.000 abitanti per i quali non è richiesto neppure un Piano pluriennale di attuazione. Credo che questi Comuni siano già in attesa, per cui, pur con un atteggiamento come quello introdotto dalla legge n. 56, già oggi si sente che questa spinta non è solo latente ma si sta ormai concretizzando.
Spero che questo avvio abbia come conseguenza un'attenzione maggiore per la salvaguardia dell'intera collina torinese, la quale rappresenta un bene inestimabile che, una volta distrutto, non avremo più, né noi né le generazioni future. Credo che la collina torinese sia una di quelle risorse ambientali da conservare per noi e per i posteri, quindi voto il provvedimento con tanto rammarico per la ristrettezza dell'area, ma anche con la speranza che questo sia un impegno per svolgere, con maggiore celerità rispetto al passato, una politica di più ampia tutela della collina torinese e di espansione di quest'area parco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Ritengo che il provvedimento che istituisce il Parco di Superga sia insufficiente rispetto alle necessità di tutela della collina torinese, ci nonostante anch'io voterò a favore. La ragione è che, malgrado si tratti di un provvedimento non all'altezza dei compiti, è un provvedimento in controtendenza rispetto alle tendenze attuate dalle politiche urbanistiche di tanti Comuni, a cominciare da quello di Torino. Assegno un valore a questo atto, considerandolo come atto di una istituzione che, seppure in modo insufficiente, dà un segno diverso rispetto alla politica da attuare sulla collina.
La città di Torino sta facendo tutt'altro, perché con la variante n. 31 ter ha riaperto la possibilità di avviare speculazioni in collina (le gru citate prima dal compagno Rivalta). In collina si ricominciano dunque ad attivare interventi di speculazione edilizia e in tanti Comuni della collina torinese le Amministrazioni comunali si formano o si disfano in funzione alle scelte che i Piani regolatori fanno sul proprio territorio collinare.
Per questi motivi dò voto favorevole a tale atto, auspicando che la Regione Piemonte inizi da questo per avviare non solo una propria politica di estensione della tutela, ma per avviare - compito che le è proprio - una politica di pianificazione territoriale, che fornisca la cornice ai Comuni per la propria politica urbanistica.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 12 è approvato.
Si proceda alla votazione dell'intero testo di legge per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'intero testo di legge è approvato.
Procediamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 278 sull'argomento presentato dai Consiglieri Miglio, Marino, Rivalta, Cavallera, Spagnuolo Chiezzi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto della volontà di non estendere, da subito, i! territorio dell'istituito Parco Naturale della Collina di Superga a tutta la zona che va da Moncalieri a Casalborgone (come suggerito dal Comitato Tecnico Scienti fico) in considerazione della necessità di procedere gradualmente nel coinvolgimento delle comunità ed amministrazioni locali interessate nella prospettiva di un allargamento degli attuali confini, sostenibile sulla base del particolare valore di tale paesaggio sotto il profilo vegetativo e geomorfologico e della predisposizione dello stesso ad essere luogo di ricerca: scientifico didattica nonché di svago per la, popolazione della conurbazione torinese impegna la Giunta ad avviare un piano paesistico ai sensi della L. n. 431 / 85 e della L. m 1497/39 che includa il territorio sopraccitato al fine di tradurre i vincoli passivi attualmente vigenti in strumento programmatorio ad esercitare un puntuale controllo sulle attività insediative in tale territorio al fine di salvaguardare i beni culturali ed ambientali a rendere conto alla Commissione consiliare competente, ad un anno di distanza dalla istituzione dei Parco Naturale della Collina di Superga dei risultati ottenuti e delle possibilità di proporre una modifica in estensione degli attuali confini." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 29 voti favorevoli.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.00)



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