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Dettaglio seduta n.94 del 08/10/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Interpellanza n. 633 dei Consiglieri Bortolin, Riba, Bosio, Foco e Buzio inerente l'organizzazione servizi trasporto e mensa a seguito soppressione plessi scolastici


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 633 presentata dai Consiglieri Bortolin Riba, Bosio, Foco e Buzio.
Risponde l'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore all'istruzione In relazione all'interpellanza n. 633 dei colleghi Bortolin, Riba Buzio, Bosio e Foco, relativa all'organizzazione dei servizi di trasporto e mensa a seguito della soppressione di alcuni plessi di scuola elementare si riferisce quanto appresso. A seguito di richiesta dell'Assessorato all'Istruzione del 4 luglio 1991, i Provveditori agli Studi delle sei province piemontesi hanno fornito il seguente quadro relativo alle soppressioni ed accorpamenti di plessi che possono avere riflessi sui costi dei servizi sopraindicati.
Prov. di Alessandria plessi 34 allievi 381 Prov. di Asti plessi 20 allievi 382 Prov. di Cuneo plessi 70 allievi 882 Prov. di Novara plessi 24 allievi 192 Prov. di Torino plessi 23 allievi 250 Prov. di Vercelli plessi 34 allievi 347 TOTALE plessi 205 allievi 2434 La Giunta regionale, recependo la volontà dell'assemblea, espressa in un ordine del giorno votato in aula il 6/3/91, contestualmente all'approvazione del bilancio per l'esercizio in corso, ha previsto, in sede di assestamento del bilancio steso, l'aumento di L. 500 milioni della dotazione del capitolo relativo all'assistenza scolastica.
Tale ulteriore stanziamento sarà finalizzato all'incremento dei contributi a favore dei Comuni, segnalati dai Provveditori agli Studi ove le soppressioni e gli accorpamenti si sono verificati, per sopperire alle maggiori spese per i trasporti da attivare.
Per quanto concerne i contributi per il servizio mensa questi verranno assegnati agli Enti che ne chiederanno l'erogazione dimostrando di aver approntato il servizio e specificando il numero dei giorni per i quali viene effettuato nonché il numero dei fruitori, riferito ai frequentanti la sola scuola dell'obbligo.
L'Assessorato all'Istruzione ha in corso l'invio ai Comuni, segnalati nelle note provveditoriali, di un questionario volto a determinare la percorrenza chilometrica, il numero dei mezzi, i costi ed il numero degli allievi coinvolti nei trasporti aggiuntivi da attivare.
Nel corso del mese di ottobre, quando la stima del costo dei servizi sarà stata operata, e si sarà provveduto all'impegno dei fondi a favore degli enti beneficiari, assicuro sull'argomento una puntuale informazione all'Assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bortolin.
BORTOLIN Ringrazio l'Assessore per i dati forniti. Mi consenta però di sottolineare che tali dati sono pervenuti con un po' di ritardo, non per responsabilità dell'Assessore, ma perché i lavori della nostra Assemblea si svolgono in questo modo. Alcuni provvedimenti dovrebbero essere assunti prima dell'avvio della scuola. Ci siamo trovati di fronte ad una situazione che ha allarmato non poco i Comuni: infatti i dati pervenuti confermano la soppressione di un numero consistente di plessi scolastici.
Per quanto riguarda, ad esempio, la provincia di Vercelli, i plessi soppressi corrispondono più o meno a quelli della provincia di Alessandria con una consistenza di popolazione ben diversa. Tale dato offre inoltre il quadro dei tagli effettuati e degli effetti che possono aver provocato non solo sulla popolazione e sulle famiglie che hanno bambini che frequentano la scuola dell'obbligo, ma soprattutto sugli amministratori.
Come sottolineavo siamo in ritardo perché il trasporto doveva essere organizzato fin dall'inizio dell'anno scolastico, stesso discorso per quanto riguarda le mense.
I piccoli Comuni che sono stati coinvolti sono privi di mezzi, e quindi ci troviamo, ancora una volta, di fronte ad una decisione, assunta a livello nazionale, che provoca ripercussioni a catena sia sul bilancio della Regione (vediamo l'ulteriore stanziamento, che mi pare certamente non sufficiente a coprire il bisogno effettivo), sia sui piccolissimi Comuni che già hanno un bilancio ridotto e che non sono in grado di provvedere al bisogno che evidenzia la decisione di chiudere i plessi scolastici.
Abbiamo parlato addirittura con dei Comuni che hanno aperto una sottoscrizione tra la popolazione per poter completare o avere la somma necessaria per acquistare un piccolo mezzo di trasporto, che funga da scuola-bus.
La Regione dovrebbe evidenziare al Ministero le difficoltà in cui ci troviamo e, prima che vengano assunti provvedimenti di questo tipo il Governo nazionale dovrebbe discuterne con le istituzioni e gli enti interessati, oltreché con i distretti scolastici e con le famiglie.
La IV Commissione aveva convocato i Provveditori; abbiamo quindi potuto avere un quadro allarmante della situazione. E' emerso che nulla si stava attivando, se non l'attesa del numero dei plessi scolastici da sopprimere anche se alcune province cercavano di fare qualcosa.
E' vero che l'organizzazione della scuola dell'obbligo è funzionale ai nuovi programmi didattici e che si va verso il tentativo di migliorarla, ma in questo modo siamo andati verso un peggioramento. I disagi e le difficoltà esistono, ed ancora una volta vediamo sottrarre fondi dai Comuni per far fronte ad una decisione che è piovuta sulle teste degli amministratori, delle famiglie senza la minima possibilità di verifica e di discussione.
In questo senso sollecitiamo l'Assessore, ma anche il Consiglio regionale. Non lo abbiamo fatto, ma varrebbe la pena di approvare un ordine del giorno da inviare al Governo nazionale, al Ministero competente; per ribadire la necessità di questo accordo preventivo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore all'istruzione Ringrazio il collega Bortolin per quanto ha detto. Per quanto riguarda l'ordine del giorno, mi è stato riferito che non può essere presentato da un Assessore, ma da un Capogruppo. Peraltro sono ancora in attesa dell'ordine del giorno di cui si era interessato anche il Presidente della Giunta, Brizio. Tale ordine del giorno, riveduto e corretto, dovrà essere presentato prossimamente.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 744 dei Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio inerente l'attuazione della L.R. 26/85 - Insegnamento e apprendimento della lingua regionale


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 744 relativa all'insegnamento e apprendimento della lingua regionale. Risponde l'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore all'istruzione La legge regionale 10 aprile 1990, n. 26 "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte" affronta la questione dell'insegnamento e dell'apprendimento delle lingue che costituiscono l'originale patrimonio linguistico del Piemonte sostanzialmente in due modi.
Da un lato, attraverso il dettato dell'articolo 3, l'insegnamento e l'apprendimento rientrano fra le attività che la Regione "favorisce" attraverso i contributi erogati a Comuni, Comunità Montane, Enti, Istituti ed Associazioni che ne fanno domanda secondo le modalità previste dall'art.
10 della legge che per brevità non richiamo in questa sede.
Ritengo invece utile ricordare che tra i soggetti beneficiari rientrano a pieno titolo le scuole pubbliche e private, di ogni ordine e grado alcune delle quali rientrano infatti tra gli Enti che hanno richiesto ed ottenuta contributi negli anni 1990 e 1991.
In particolare nell'anno 1990 sono state ammesse a contributo 22 iniziative aventi per oggetto corsi di formazione per ragazzi e adulti all'interno della scuola o al di fuori di essa. Dieci di queste iniziative erano promosse da Distretti scolastici o da singole scuole, una da parte di Comuni, due da parte di Comunità montane e nove da parte di Associazioni.
Nell'anno 1991 i progetti di formazione degli insegnanti e di attività con gli allievi presentati e tutti ammessi a contributo sono stati dodici cinque dei quali su istanza di Distretti scolastici, sei di scuole medie statali e una di una scuola elementare. Al di fuori della scuola sono diciotto le Associazioni, sei i Comuni che hanno richiesto ed ottenuto contributi per la realizzazione di corsi di lingua, alcuni dei quali rivolti in particolare agli insegnanti. Il 15 ottobre - come è noto scadono i termini perla presentazione delle domande ai sensi della L.R. n.
26/90 relative all'anno 1992 e ci auguriamo che la tendenza positiva, che si può evincere dall'analisi di questi dati, possa trovare ulteriori conferme in futuro.
D'altra parte, si è inteso operare anche attraverso l'azione diretta della Regione alfine di favorire lo sviluppo dell'insegnamento dell'originale patrimonio linguistico nella scuola, operando nel quadro delle competenze trasferite alle Regioni dagli artt. 42 e 49 del DPR n. 616 del 24 luglio 1977. E mi preme qui sottolineare l'importanza - e la novità del fondamento giuridico dato all'azione della Regione in campo scolastico. Da un lato le competenze relative alle "attività di promozione educativa e culturale attinenti precipuamente alla comunità regionale", ma dall'altro le funzioni relative all'assistenza scolastica ed al diritto allo studio.
Queste funzioni sono, com'è noto, normate dalla L.R. n. 49/85 e nella L.R. n. 26/90; è stato infatti previsto un suo emendamento ampliativo che include "la conoscenza dell'originale patrimonio di cultura, lingue e tradizioni dei Piemonte, con particolare attenzione per le sue espressioni locali" tra le attività che la legge sostiene.
Si è così giunti all'elaborazione di una proposta - sottoposta al parere della Commissione consultiva della L.R. n. 26/90 - di concorso nelle scuole di ogni ordine e grado sull'originale patrimonio linguistico del Piemonte. Inviato alle scuole di ogni ordine e grado del Piemonte prima della fine dello scorso anno scolastico e presentato alla stampa e all'opinione pubblica in occasione della Festa del Piemonte 1991.
Non si tratta dunque, come affermato nell'interpellanza, di un concorso letterario, ma di un concorso scolastico finalizzato - sull'esempio del Concours Cerlogne, che da molti anni si svolge in Valle d'Aosta, o dei concorsi promossi da alcune associazioni culturali anche in Piemonte - a promuovere la conoscenza e, quindi, l'insegnamento e l'apprendimento delle lingue locali. Non ne illustro per brevità i caratteri, rinviando alla lettura del bando, mentre sono lieto di annunciare che è allo studio della Commissione Consultiva una proposta integrata da sottoporre anche all'IRRSAE del Piemonte per fornire agli insegnanti interessati gli strumenti conoscitivi utili a partecipare attivamente al concorso regionale, e per stabilire rapporti organici con i concorsi scolastici già esistenti in Piemonte.
A poco più di un anno dall'entrata in vigore della legge n. 26/90 e dall'istituzione della Commissione Consultiva, giudico estremamente positivo il lavoro svolto nel campo dell'insegnamento e dell'apprendimento dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte che, rispetto al passato, ha trovato nuovo impulso e un appoggio significativo da parte della Regione.
Ritenendo di aver fornito ai Consiglieri della Lega Nord Piemont elementi utili per un più equo giudizio su quanto sta facendo l'Assessorato alla cultura in materia di tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico regionale, mi auguro anche che la materia possa essere presto inserita nell'ordine del giorno della IV Commissione Consiliare per proseguire il dialogo e il confronto già avviati nell'autunno del 1990 e nella primavera del 1991, rispetto all'applicazione della L.R. n. 26.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino per la replica.
RABELLINO In merito all'interpellanza sulla tutela delle lingue originarie, siamo parzialmente soddisfatti di quanto l'Assessore ci ha relazionato. Le perplessità, comunque, rimangono su due punti.
Il primo è relativo alla carenza che si riscontra sui corsi di formazione per i docenti, che è un problema assai rilevante.
Il secondo punto, altrettanto importante, è quello della non informazione in merito alla legge n.26. E' vero che molte scuole - anche se dal nostro punto di vista sono poche - hanno richiesto contributi per l'avvio di questi corsi, ma è altrettanto vero che moltissime scuole non sanno dell'esistenza di tale opportunità. Credo che l'Assessorato, per completare opportunamente la propria operazione sul territorio in merito a questa materia - e devo complimentarmi con l'Assessore che finalmente ha affrontato in modo serio la questione -, debba intraprendere un'azione di informazione presso le direzioni didattiche sulle opportunità che la legge dà a chi intende avviare questi corsi. In questo senso si tratterà soprattutto di formare i docenti, perché sicuramente nei prossimi anni ci sarà una richiesta superiore all'offerta e senza dimenticare che questo potrebbe rappresentare uno sbocco lavorativo per una serie di persone nel campo dell'istruzione e dell'insegnamento, dove comunque c'è una grossa crisi.
Infine faccio un appunto sul discorso dei finanziamenti e contributi ad associazioni, enti. Comuni e Comunità montane. Credo che l'Assessorato dovrebbe fare più attenzione all'elenco delle associazioni, in quanto abbiamo riscontrato, guardando appunto tale elenco, che esistono delle associazioni con lo stesso recapito che, in realtà, sono la stessa cosa con un nome diverso; in certi casi sono state sovvenzionate addirittura tre associazioni con la stessa struttura alle spalle. Credo, quindi, che occorra prestare maggiore attenzione all'elenco e anticipo che le anomalie riscontrate nell'elenco sopraccitato saranno oggetto di una nostra prossima interrogazione.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 337 del Consigliere Cavallera inerente la bonifica del terreno stabilimento Baratta sito in Alessandria


PRESIDENTE

In merito all'interpellanza n. 337 del Consigliere Cavallera ha la parola l'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Per quanto riguarda lo stato d'avanzamento della bonifica, ad oggi sono stati conclusi i lavori della prima fase consistenti essenzialmente: indagini preliminari per la valutazione del grado di inquinamento monitoraggio del terreno, dell'aria interstiziale e delle acque sperimentazione circa la consistenza, l'attitudine e le modalità di esercizio dell'impianto di strippaggio del PCE: progettazione del sistema di bonifica definitiva dell'area.
Il progetto del sistema di bonifica dell'area presentato dalla Castalia S.p.A. in data febbraio 1991, è in corso di esame da parte del Comitato Tecnico il cui parere di merito sarà comunque riferito all'esecuzione di lavori nei limiti della residua capienza dello stanziamento a suo tempo decretato dal Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile, pari a circa 930 milioni di lire.
Per quanto concerne le iniziative verso il Governo centrale, poiché le necessità di spesa per la bonifica definitiva del sito superano massicciamente le attuali disponibilità, la Regione Piemonte si è già attivata presso il Governo centrale per ottenere dal Ministero per l'Ambiente il finanziamento, in linea di massima, necessario per condurre la bonifica stessa ad un soddisfacente stato di avanzamento, se non alla completa conclusione.
Alla risposta appena fornita, di cui lascerò copia al Consigliere Cavallera, devo aggiungere che la II Commissione ha licenziato il Piano delle bonifiche in Regione Piemonte. Il problema riguarda oltre 300 siti presenti nella nostra regione, ma l'attenzione va posta in modo particolare a 14 di questi considerati prioritari, e soprattutto a quelli sui quali la Protezione Civile era già intervenuta senza che i lavori siano stati conclusi.
L'interpellanza ha per oggetto proprio uno di questi siti e credo che la Regione Piemonte debba insistere presso il Ministero dell'Ambiente affinché, se i finanziamenti arrivano - come speriamo - nel 1992, vadano finalmente a completare ciò che è stato iniziato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Ringrazio l'Assessore per la risposta. Purtroppo Il meccanismo dei nostri lavori fa si che a volte le risposte stazionino parecchio all'o.d.g., mentre il problema permane ed ogni giorno che passa si aggrava sempre più.
L'interpellanza aveva soprattutto lo scopo di richiamare l'attenzione del Consiglio e della Giunta su una situazione di grave pericolo per le falde acquifere dell'acquedotto del Comune di Alessandria. I giornali locali e le pagine locali dei quotidiani nazionali hanno posto e pongono in risalto tale pericolo, insito soprattutto nel ritardo dell'intervento di bonifica definitiva.
Per fortuna non siamo all'anno zero, vi è da tempo un impegno da parte degli Enti locali, Comune e Provincia, e in particolare della Regione, e adesso prendo atto con soddisfazione delle ulteriori iniziative della Giunta regionale.
Richiamo però ancora l'attenzione - lo dico a me stesso, a tutti i colleghi e all'Assessore che vedo impegnato in questa materia - su quanto appreso dagli organi di informazione e sulle relazioni tecniche riguardanti il problema, soprattutto per sapere se è vero che ogni giorno che passa il pericolo per le falde dell'acquedotto comunale aumenta, poiché in qualche modo è stato determinato l'avanzamento di alcune sostanze nocive verso le falde più sotterranee.
Il mio intento non era tanto quello di avere la conferma dell'impegno della Giunta per quanto fatto finora, quanto piuttosto richiamare l'attenzione sull'urgenza e sulla priorità di questo specifico intervento nell'ambito di tutti gli interventi di bonifica. Vi sono situazioni di gravissimo inquinamento che possono ancora attendere, ma in questo caso Il pericolo sta avanzando in continuazione, e immaginiamo cosa potrebbe significare per decine di migliaia di abitanti se le conseguenze dovessero interessare il concentrico del Comune di Alessandria.
Poiché si sono già verificate analoghe tristi esperienze in passato anche nella stessa provincia di Alessandria (mi riferisco all'inquinamento dell'acquedotto di Casale), cerchiamo di agire affinché non abbiano a ripetersi nuovamente questi eventi, che vogliamo consegnati alla memoria storica.
Ancora un grazie all'Assessore Garino per il complesso della sua risposta.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 412 dei Consiglieri Rabellino, Vaglio e Farassino inerente la discarica Vauda di Nole


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 412 dei Consiglieri Rabellino, Vaglio e Farassino.
Risponde l'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente La discarica sita in località Vauda nel Comune di Nole e gestita dalla ditta ISPA di Chieri era già in attività al momento dell'entrata in vigore del DPR 915/1982, che per la prima volta stabiliva una normativa sullo smaltimento dei rifiuti.
Le disposizioni transitorie e finali del citato DPR 915/82 stabilivano per i soggetti i quali all'entrata in vigore del decreto effettuavano attività di smaltimento dei rifiuti, il rilascio da parte della Regione di un'autorizzazione provvisoria, con durata limitata, eventualmente rinnovabile. La Regione, ai sensi dell'art. 31 del DPR 915/82, rilasciò nel 1983 un'autorizzazione provvisoria, che successivamente però non fu più rinnovata, né fu concesso un ulteriore ampliamento richiesto dalla ditta ISPA Eventuali successive autorizzazioni all'esercizio della discarica devono pertanto essere rilasciate o dell'Amministrazione Provinciale oppure tramite ordinanza sindacale ai sensi dell'art. 12 del DPR 915.
Quanto alla preoccupante presenza, segnalata dal Consiglieri interroganti, di fusti posti sotto sequestro dal Carabinieri, l'area della discarica non risulta essere ricompresa fra i siti da bonificare individuati nell'apposito Piano Regionale redatto dalla SNAM.
Comunque, ai sensi della normativa vigente, il soggetto autorizzato è responsabile di quanto depositato sull'area della discarica. In ogni caso specifiche iniziative per la tutela della salute degli abitanti della zona ed eventuali ordinanze di sgombero sono di competenza del Sindaco di Nole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Ci riteniamo insoddisfatti della risposta. Ho gradito particolarmente la storia della discarica, anche se ne eravamo già al corrente. Non abbiamo invece sentito nulla circa le intenzioni dell'Assessorato sul da farsi visto che, tra le altre cose, il Sindaco e la Provincia sono interessati mentre la Regione non c'entra niente.
La Procura della Repubblica sta avviando un'indagine in merito al sequestro, da parte dei Carabinieri, dei fusti all'interno dell'area quindi, non abbiamo capito se la Regione intende verificare, o attivarsi almeno nei confronti di chi è competente, la presenza dei rifiuti tossici.
E' vero che sono competenti la Provincia e il Comune, ma mi chiedo se l'Assessorato è intervenuto affinché questi si attivino. Se c'è una pressione regionale il Comune si attiverà con più sollecitudine. Questo non mi pare sia emerso dalla risposta dell'Assessore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Il problema spetta al Comune; se il Consigliere Rabellino ritiene opportuno che l'Assessorato si attivi presso il Comune per segnalare che è sua competenza intervenire e che vanno verificate queste cose, io lo faccio, ma al di là di questo non posso fare altro. Se la richiesta è questa lo faremo.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 517 dei Consiglieri Bresso e Rivalta inerente la comunicazione su "Programma emergenza smaltimento rifiuti industriati"


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 517 dei Consiglieri Bresso e Rivalta.
La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Non ritengo che la clausola della disponibilità del sito possa far privilegiare aziende che non assicurino poi il massimo di garanzie per una corretta gestione della piattaforma; tali garanzie gestionali dovrebbero essere assicurate dai criteri relativi alle richieste capacità organizzative e tecnico-scientifiche, oltre che ai numerosi controlli che saranno previsti nelle fasi di accettazione, trattamento e smaltimento finale dei rifiuti.
L'unica ragione che ha determinato l'inclusione della clausola di disponibilità del sito è stata quella di avere la certezza che poi non si sarebbero presentati intoppi burocratici e dilazioni temporali dovute alle procedure di esproprio; nell'attuale fase di emergenza eventuali ritardi connessi alla realizzazione delle previste piattaforme avrebbero gravi ripercussioni sull'intero tessuto produttivo regionale. La disponibilità preventiva del sito prescelto non impedi-sce che i progettisti, ai fini della Valutazione di Impatto Ambientale, dimostrino di avere esplorato siti alternativi, per i quali non è richiesta la disponibilità. La partecipazione degli Enti locali e delle popolazioni interessate alla scelta è garantita dalle procedure stesse della V.I.A., che prevedono il deposito del progetto a disposizione del pubblico e l'invio al Ministero di tutte le osservazioni pervenute a seguito di questo deposito.
In quanto alla possibilità che sia la Regione stessa a selezionare valutare sul piano territoriale-ambientale ed assegnare i siti degli impianti, mi pare che una simile strada sia già stata percorsa in passato (vedi il Piano dei Siti del 1983) con scarsi risultati: fra I vari siti individuati si è avuta soltanto la realizzazione della discarica Barricalla, la cui localizzazione è stata peraltro contestata dagli stessi Consiglieri interroganti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Purtroppo su questa materia si conferma da parte dell'Assessore una linea di politica dei rifiuti che rafforza la gravissima situazione già esistente, per cui ogni localizzazione viene aspramente contestata e ogni progetto viene spostato varie volte, da un sito all'altro, sulla base della disponibilità.
La questione aveva due aspetti: il primo riguardava la correttezza del richiedere, nel caso specifico, sul piano di emergenza la disponibilità preventiva del sito che non impediva che le società fossero società serie e competenti, ma poteva escludere società serie e competenti che al momento non disponevano del sito, sapendo che tale procedura avrebbe preso del tempo e che quindi la disponibilità del sito avrebbe potuto, nel frattempo essere ottenuta.
Questa era una cosa, di fatto questo favoriva chi oggi già detiene il monopolio delle attività; in sostanza rafforza il monopolio o quanto meno l'oligopolio in questo settore, quando invece l'esperienza della cattiva gestione potrebbe far desiderare l'ingresso anche di altre società con capacità operative del campo.
Quindi la scorrettezza di chiedere il sito quando questo non è disponibile fino all'approvazione della Valutazione d'Impatto Ambientale è una finta disponibilità, solo in termini proprietari, che privilegia le società di capitale rispetto a quelle di servizi e d'ingegneria più adatte ad una buona progettazione.
Vi è inoltre la questione generale dell'intervento della Regione. Sulla scelta dei siti credo non si possa continuamente avanzare una esperienza che non è stata molto felice, anche perché era stata condotta in maniera molto particolare, probabilmente adatta ai tempi, ma sostanzialmente attraverso l'individuazione di una serie di aree di cava abbandonate in cui si sarebbero potuti mettere i rifiuti. E' una procedura considerata allora assolutamente ragionevole, ma che non aveva esperito una serie di procedure partecipative che consentirebbero di arrivare a siti accettati e condivisi da parte delle popolazioni.
E' evidente che il Comune a cui, sulla base di una valutazione di impatto ambientale corretta di siti alternativi, tocca accettare la localizzazione non sarà contento e farà opposizione. Il problema quindi non è garantirsi come Regione o come Assessorato che nessuno protesti, ma è quello di garantire alle popolazioni piemontesi la correttezza nella scelta del sito.
Ogni volta sembra che non abbia senso che la Regione intervenga, perch tanto carica su di sé le proteste invece che lasciarle ai soggetti privati che devono scegliere i siti. Il problema è il modo con cui i siti vengono scelti: si cerca un proprietario che disponga di un sito e si cerca di dimostrare a posteriori che il sito è adeguato, mentre Il modo non è quello e non può essere quello.
La Regione dovrebbe assumersi la responsabilità di avviare una valutazione a tappeto dei siti possibili, e dico a tappeto nel senso di molti. L'esperienza di molte altre situazioni regionali ed internazionali è quella di valutazioni di decine e decine.di siti possibili, invitando tutti coloro che sono interessati alla questione (associazioni ambientaliste associazioni industriali. Comuni, ecc.) a indicarne un numero il più elevato possibile. A quel punto la situazione sarebbe ben diversa da quella verificatasi con il precedente piano dei siti, dove la selezione era avvenuta pervia ingegneristi-ca: una società incaricata di individuarli e di sceglierli per conto proprio.
Se ci fosse una complessa procedura per l'indicazione delle aree possibili da valutare, fatta la valutazione, si avrebbe comunque a disposizione un numero di siti incontestabili sul piano tecnico scientifico. Forse potrebbero essere contestati sulla base di altri criteri, ma se non altro si avrebbe a disposizione tutto quanto si ritiene adatto per una possibile valutazione.
Questo è il modo, a mio avviso, di fare e in questo modo non possono certo agire i privati, i quali al massimo possono dire: "Va beh, ho tre quattro opzioni possibili, le valuto". Peraltro tutti sanno che ciò non avviene, perché anche un'opzione costa. Avere un'opzione su un terreno costa perché bisogna comunque versare un anticipo per opzionare l'area quindi è ovvio che al massimo si potrà fintamente individuarne uno o due da scartare, perché magari non si ha nemmeno l'opzione o si ha un'opzione fasulla, sapendo che non lo si acquisterà.
Questo sta diventando un modo assolutamente folle di procedere che sta diffondendo voci continue in tutto il Piemonte. Da tutto il Piemonte vengono richieste di interrogazioni perché si dice che probabilmente lì qualcuno sta cercando di fare una discarica: è una procedura folle. A quel punto si smentisce oppure si scopre che effettivamente era vero, che quel sito era stato acquisito perché occorreva ai sensi del programma di emergenza; colché inizia subito la battaglia contro, dimostrando, come è facile dimostrare, che è stato selezionato per vie che non hanno nulla a che vedere con la correttezza localizzativi.
E' evidente che questo provoca gli intoppi che conosciamo e l'angoscia generalizzata di buona parte delle popolazioni piemontesi che abitano nelle aree che hanno una qualche caratteristica geologica potenzialmente adatta alla localizzazione. Se l'Assessore non vuole - come anche noi non vorremmo passare la sua vita a rispondere ad interrogazioni di protesta, in quanto malamente sono state individuate delle localizzazioni, credo che dovrebbe fare qualcosa.
Non è questa la sede (perché occorrerebbe una discussione più approfondita) per illustrare il modo con il quale, secondo noi, si potrebbe perve-nire ad un approccio corretto della localizzazione dei siti per lo smaltimento dei rifiuti in generale, e non solo per le discariche.
Certamente il modo c'è e non evita di avere qualsiasi contestazione, per evita di avere quelle a proposito di un cattivo operato, che è tutta un'altra questione.
Nel caso specifico, a nostro avviso, si configurava anche una violazione dell'eguaglianza di tutti i partecipanti alla gara per la concessione, nel caso del programma di emergenza. Si trattava quindi di una situazione particolare che non riguardava strettamente il problema generale delle localizzazioni per gli impianti di smaltimento.



FOCO ANDREA



PRESIDENTE

Il Consigliere Rivalta chiede la parola; ne ha facoltà.
RIVALTA Da tempo solleviamo, come ha ribadito adesso la collega Bresso, la questione dell'insufficiente ruolo che la Giunta e l'Assessore hanno avuto in merito al problema dei rifiuti e l'inadeguatezza rispetto a quello che invece la situazione dei rifiuti richiederebbe si facesse.
Sarò brevissimo: la risposta dell'Assessore Garino, molto succinta ma altrettanto chiara, ci consente di metterla sotto quello che, nei libri di matematica, è indicato come il risultato di una dimostrazione: come volevasi dimostrare.
La risposta dell'Assessore Garino dimostra quello che da tempo sosteniamo: il disimpegno della Giunta a svolgere il ruolo che oggi il problema dei rifiuti richiede.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO


Argomento: Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 548 dei Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò inerente l'uso della carta riciclata e raccolta differenziata della carta da macero


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interrogazione n. 548 presentata dai Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò. La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Nella seduta del 9 settembre 1991, la Giunta regionale ha approvato il regolamento di attuazione della legge regionale n. 30 del 17 aprile 1990 come sollecitato dai Consiglieri interroganti.
L'avvio della fase di sperimentazione prevede la predisposizione di uno studio di fattibilità, la cui realizzazione sarà affidata all'IPLA, che si avvarrà della collaborazione dell'Ente Nazionale Cellulosa e Carta, della Cispel Piemonte e delle associazioni ambientaliste. Tale studio di fattibilità comprenderà una indagi-ne sugli effettivi utilizzi delle carte vergini, sulle possibilità di utilizzo della carta riciclata da parte dei vari Settori della Regione, sulle problematiche del mercato della carta riciclata per usi grafici, sui costi organizzativi gestionali e di investimento dipendenti dall'uso della carta riciclata e dalla raccolta differenziata della carta da macero.
Non parlerei di inerzia della Giunta o dell'Assessorato: ho fatto in modo che il bilancio 1991 prevedesse la creazione di due nuovi appositi capitoli di spesa necessari per il finanziamento della fase sperimentale la disponibilità di tali finanziamenti non si è avuta che pochi mesi fa. I pochi funzionari del Servizio Riciclaggio (purtroppo al momento due in tutto) hanno numerose incombenze da seguire: basti pensare al lavoro di coordinamento e sviluppo dei Piani Territoriali di Raccolta Differenziata.
Per quanto riguarda infine l'utilizzo della carta riciclata per le pubblicazioni regionali, devo precisare che il periodico "Notizie" è edito congiuntamente dal Consiglio e dalla Giunta, ma la responsabilità gestionale e tecnica spetta al Consiglio. Per quanto riguarda invece le altre pubblicazioni regionali, entro la fine dell'anno saranno avviatele nuove procedure di appalto; in tale occasione la Segreteria della Presidenza terrà buon conto, nei limiti delle possibilità tecniche e degli obiettivi grafici, della possibilità di passare all'utilizzo della carta riciclata.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Segre: ne ha facoltà.
SEGRE Desidero porre una domanda aggiuntiva: cosa è necessario affinché il mensile "Notizie" venga pubblicato con carta riciclata? GARINO, Assessore all'ambiente "Notizie" - spero di non sbagliare, Presidente - è edito congiuntamente con l'apporto del Consiglio e della Giunta, ma la responsabilità gestionale e tecnica spetta al Consiglio: quindi, è il Consiglio che deve decidere.
SEGRE Non posso ritenermi soddisfatta dei tempi non solleciti dei provvedimenti, pur con i motivi che l'Assessore ha spiegato.
Di questi ritardi avevamo già parlato all'inizio della legislatura e non posso che rammaricarmi. Per esempio pensavo che per il riciclaggio della carta utilizzata al Consiglio o dalle Commissioni, la pratica fosse molto veloce. Speriamo, comunque, che le cose dette dall'Assessore Garino si possano realizzare in tempi brevi, anche se i tempi di questo Consiglio mi sembrano sempre lunghi, anche per pratiche che si risolverebbero in tempi brevissimi. Evidentemente le regole burocratiche sono più vincolanti del buon senso.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Valutazione impatto ambientale - Cave e torbiere - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 555 del Consigliere Marino inerente l'autorizzazione cava di S. Ambrogio (TO)


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 555 presentata dal Consigliere Marino inerente l'autorizzazione cava di S. Ambrogio.
La parola al Consigliere Marino.
MARINO Sono trascorsi cinque mesi dalla presentazione dell'interpellanza e nel frattempo l'unica cosa certa è che, per il momento, la Sagra di S. Michele è ancora ubicata nello stesso luogo.
Intervengo non solo per illustrare il caso specifico, ma vorrei approfittare dell'occasione per fare un breve cenno di carattere generale sulla questione delle cave, della quale in Consiglio, almeno dall'inizio della legislatura si parla pochissimo. Se se ne parla ciò avviene in modo inversamente proporzionale alla gravità della situazione cave nella Regione Piemonte, che ormai è in una situazione di aperta anarchia. Non sono a conoscenza di ogni quanto si riunisca la Commissione cave e torbiere e che cosa faccia - in questo momento stiamo rinnovando i suoi membri -. Spero comunque che in futuro svolga un ruolo più attivo e più attento di quello svolto fino ad oggi. Comunque a tutt'oggi la situazione delle cave è ormai di totale anarchia.
Ricordo in proposito l'ultimo caso, quello di Isola S. Antonio particolarmente grave. Si tratta di una cava totalmente abusiva che, da anni, asporta materiale vicino al Po. Ad un certo punto viene chiusa perch finalmente un Commissario di un Comune commissariato decide di fare quello che il sindaco avrebbe dovuto fare da anni, mentre la Regione Piemonte non svolge alcun ruolo rispetto ad una situazione di questo genere, quando invece dovrebbe svolgere un ruolo di attentissima vigilanza.
La questione della cava di S. Ambrogio è uno dei tanti casi l'interrogazione è stata presentata nel mese di maggio quando la cava è attiva dal 1984/86. Fu fermata la sua attività grazie soprattutto alle proteste avanzate dalla popolazione e ad una certa preoccupazione per gli effetti che poteva avere sul costone, sul quale peraltro è situata la Sagra di S. Michele. Non so quale sarà la risposta che ascolteremo oggi, ma i fatti hanno superato l'interrogazione, nel senso che ci troviamo di fronte all'ennesimo caso in cui purtroppo la preoccupazione reale per le questioni ambientali è sempre al secondo posto in ordine di importanza e non al primo. In attesa della risposta dell'Assessore, credo veramente che si debba cominciare fare il punto della situazione in Piemonte perché ormai è di una gravità totale. La cava di S. Ambrogio ha la particolare caratteristica di essere situata dietro la Sagra di S. Michele, ma la questione rimane pur sempre di carattere generale e attiene ad una assenza pressoché totale dell'intervento della Regione Piemonte in questo campo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore alle cave e torbiere Con deliberazione n. 230-5224 dell'8.4.1991 la Giunta regionale ha riconosciuto la compatibilità ambientale del progetto di coltivazione della cava di S. Ambrogio (TO) presentato dalla Sales Group. La suddetta deliberazione, che comunque non autorizza la coltivazione della cava, è stata adottata ex legge 431/1985 e Legge 1497/1939 a seguito di istruttoria dell'Assessorato alla Pianificazione - Settore Beni Ambientali.
L'eventuale ripresa dell'attività della cava di S. Ambrogio, pur in presenza dell'autorizzazione suddetta, resta al momento impossibile, stante la mancanza dell'avviamento della procedura prevista dalla legge regionale n. 69.
D'altra parte non è pensabile attivare inter-venti di recupero, in quanto il sito, negli ultimi anni, si è reinserito quasi completamente nell'ambiente circostante, come rilevato dalla Sovrintendenza delle Belle Arti.
Gli unici interventi che potrebbero rivelarsi necessari nel caso in cui fosse accertata la presenza di minerali asbestosi, sarebbero quelli finalizzati alla copertura, ove possibile, dei suddetti affioramenti, per limitare l'emissione in atmosfera di fibre di amianto.
Infine nel piano di reperimento di materiale di cava per la realizzazione dell'autostrada della Val Susa, la cava di S. Ambrogio resta esclusa anche alla luce delle ultime verifiche e modifiche di progetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Non ho capito il riferimento alla legge n. 69. C'è l'autorizzazione del Comune? GARINO, Assessore alle cave e torbiere Il riferimento alla legge n. 69 è inerente all'autorizzazione del Comune con il parere della Regione, ma ciò non è avvenuto.
MARINO Vuol dire che da parte del Comune non è stato richiesto il parere della Regione? GARINO, Assessore alle cave e torbiere Così risultava agli uffici alla data in cui io preparai la risposta comunque valgono le cose che successivamente ho detto nel caso venga presentata.
MARINO A me risulta che non sia così, comunque provvederò a riinformarmi.
GARINO, Assessore alle cave e torbiere Farò anch'io la stessa cosa.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 561 dei Consiglieri Majorino e Zacchera inerente la possibilità di inizio di attività in località strada Buttigliera, nel Comune di Chieri,di un impianto di riciclaggio rifiuti.


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 561 dei Consiglieri Majorino e Zacchera.
Risponde l'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Nessuna domanda risulta presentata a tutt'oggi al Settore smaltimento rifiuti in merito all'allestimento e all'esercizio di un impianto di riciclaggio rifiuti da ubicarsi in località strada Buttigliera del Comune di Chieri.
Il Comune di Chieri ha adottato il nuovo Piano regolatore generale comunale con deliberazione del Consiglio n. 88 del 20.3. 1990. Il piano mi risulta al momento essere giacente presso il competente servizio territoriale in attesa di esame. Nel citato PRGC l'area in questione risulta delimitata come area appositamente destinata per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani ed assimilabili con un'estensione di metri quadrati 110.000 localizzati in ambito agricolo libero da insediamenti umani.
L'area non è stata oggetto, in sede di Piano Regolatore, di un'apposita relazione geologico-tecnica, tuttavia nello "studio degli aspetti geologici, idrogeologici e geotecnica del territorio comunale" allegato al Piano, a firma del dott. geologo Luigi Foglino, la zona morfologica sub pianeggiante viene indicata come zona caratterizzata da "modesta, falda acquifera superficiale alimentata, dall'apporto meteorico diretto e del modesto reticolo idrografico".
La normativa del Piano Regolatore subordina la realizzazione di impianti di interramento controllato a specifiche indagini geo-idrologiche e geotecniche: tali indagini sono comunque necessarie per l'istruttoria da parte della Conferenza regionale, come per tutti i progetti di impianti di smaltimento dei rifiuti. Comunque la realizzazione di un impianto trattamento rifiuti non è subordinata al Piano Regolatore: infatti l'eventuale diversa destinazione urbanistica dei siti di collocazione degli impianti non ha rilevanza in presenza della norma dell'art. 3 bis della legge 441/1987 in base al quale l'approvazione del progetto da parte della Giunta regionale equivale a variante dello strumento urbanistico locale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Mi dichiaro soddisfatto e chiedo all'Assessore di avere copia della sua risposta.


Argomento: Orientamento professionale

Interrogazione n. 703 del Consigliere Sartorio inerente l'ipotesi di istituzione di un corso di Ragioneria a Chivasso


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 703.
La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore all'istruzione In risposta all'interrogazione della collega Sartoris, riguardante l'ipotesi di istituire un corso di Ragioneria a Chivasso, si comunica quanto segue.
Va precisato che all'Assessorato Istruzione non compete l'iniziativa di proporre istituzioni, spostamenti o accorpamenti di sede di scuole ed Istituti, ma soltanto di formulare al M.P.I. le proposte regionali sui piani presentati alla Sovrintendenza Scolastica dai singoli Provveditorati agli Studi.
Dai dati in possesso del Servizio Assistenza dell'Assessorato regionale, al quale alcuni genitori già nel giugno di quest'anno si sono rivolti per segnalare il problema, risulta che il Provveditorato agli Studi di Torino, pur essendo a conoscenza della richiesta delle famiglie, al momento, non ha ricevuto alcuna domanda dalla Provincia di Torino per l'istituzione di una sede di Istituto Tecnico per ragionieri a Chivasso.
Pertanto, la posizione del Provveditorato, il cui compito è quello di esprimere un parere, è di attesa nei confronti della Provincia.
L'Amministrazione provinciale di Torino, cui compete la programmazione delle sedi scolastiche sul territorio, per quanto attiene nello specifico caso degli Istituti Tecnici Commerciali, ha effettuato una indagine per attuare scelte compatibili con le esigenze del Comune di Chivasso e del vicino Comune di Crescentino, attuale sede dell'Istituto Tecnico.
Da tale indagine è emerso quanto segue: mancanza di locali idonei a Chivasso per ospitare eventuali aule di Istituto Tecnico presenza dell'Istituto a Crescentino che appartiene allo stesso Distretto Scolastico di Chivasso numero di utenti appena sufficiente a coprire il numero minimo richiesto per il mantenimento della sede a Crescentino breve distanza chilometrica tra Chivasso e Crescentino che gli alunni di Chivasso effettuano con circa 20 minuti di percorso con mezzi pubblici.
Le possibili soluzioni, tra le quali la più verosimile potrà essere quella dello spostamento della sede da Crescentino a Chivasso, sono al vaglio dell'Assessore Provinciale competente.
Sarà cura del Servizio Assistenza dell'Assessorato regionale tenere in evidenza il problema qualora nel piano per il prossimo anno compaia l'istituzione di una sede a Chivasso per la quale, solo allora, si potrà esprimere in modo favorevole alla sua istituzione nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.
SARTORIS Abbiamo proposto l'interrogazione all'Assessore competente sollecitati dalla notizia di una raccolta di firme e di una mobilitazione di genitori sulla questione. Ci siamo informati anche noi sapendo che, purtroppo, la Regione Piemonte non ha eccessive possibilità di influire in questo campo.
L'indagine dell'Assessorato regionale competente diceva che - per esempio l'Istituto di Ragioneria ha mediamente il 15% di iscritti in più rispetto al Liceo Scientifico. Tenendo presente che a Chivasso ci sono 22 classi di Liceo Scientifico, è pensabile una proposta di 25 classi per la Ragioneria.
Non risponde al vero che tutti gli studenti vadano a Crescentino, anzi ci risulta che i ragazzi siano dislocati fra Crescentino, Settimo, Ivrea e Torino, anche perché Crescentino non è una sede centrale, ma una succursale di Vercelli. Non è neanche un istituto, ma una dislocazione di classi quindi è sicuramente insufficiente ad assorbire il problema degli studenti di Chivasso.
Occorre inoltre tenere presente il problema delle due Province, perch Crescentino dipende dal Provveditorato e dalla Provincia di Vercelli mentre Chivasso dipende dalla Provincia di Torino.
E' quindi un problema non risolvibile limitandosi a spostare l'istituto da Crescentino a Chivasso, anche perché le 25 classi rappresentano un numero sufficiente per l'istituzione di un corso, considerando che ci hanno segnalato la presenza di locali disponibili, anche se non immediatamente.
Ci faremo quindi cura di farlo presente anche alla Provincia di Torino affinché si muova in questa direzione.
Crediamo che 25 classi siano sufficienti per sollevare un problema che riteniamo reale e concreto. Tale problema non lo si risolverà - ripeto spostando l'istituto di Crescentino, ma lasciandolo dov'è per non arrecare un disagio agli studenti e creando, invece, qualcosa di utile a Chivasso.
Si parla di 25 classi, quindi di un numero sufficiente perché - trattandosi di corsi quinquennali - sono almeno cinque o sei classi per sezione. E' quindi una questione non marginale.
Riproporremo dunque il problema alla Provincia di Torino e, pur sapendo che alcune competenze non sono regionali, ci fa piacere che l'Assessore se ne sia interessato e speriamo che il problema rimanga alla sua attenzione.


Argomento: Comunita' montane - Unita' locali dei servizi sociali ed assistenziali e dei servizi sanitari - Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 473 del Consigliere Tapparo inerente la coincidenza territoriale tra Comunità Montane e UU.SS.SS.LL.


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 473.
La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Il riordino del Servizio Sanitario Nazionale è contenuto in un disegno di legge per il quale è in corso l'iter parlamentare.
I criteri per la delimitazione delle nuove Unità Sanitarie Locali saranno previsti nel citato provvedimento ed è entro detti limiti che si collocheranno le scelte delle Regioni.
La legge regionale di riorganizzazione e di fusione delle aziende di servizi sanitari previste dalla riforma terrà naturalmente conto delle realtà esistenti sul territorio piemontese, al fine di non disperdere, sia pure a fronte di un riassetto istituzionale, le positive esperienze di riorganizzazione dei servizi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.
TAPPARO Ringrazio l'Assessore per la risposta lapidaria che non mi soddisfa perché sappiamo che attorno alla vicenda della Comunità montana della Val Pellice il dibattito in corso, inerente lo scorporo di uno dei Comuni di tale Comunità montana che potrebbe pregiudicare l'equilibrio del rapporto tra Comunità montana Val Pellice e USSL corrispondente, può aprire dei riflessi negativi rispetto a quanto affermato or ora dall'Assessore, ovvero di tener conto e non disperdere le positive esperienze che l'USSL corrispondente alla Comunità montana della Val Pellice ha saputo condurre in questi anni.
Quindi, per la brevità della risposta, ripeterò ancora l'interrogazione onde permettere all'Assessore di poter dare un'indicazione di merito attorno al dibattito in corso nella Comunità locale sullo scorporo dalla Comunità montana della Val Pellice del Comune di Bricherasio. Nella mia interrogazione era compreso anche questo aspetto, un aspetto di tutto rilievo, che certamente l'Assessore conosce perché vive in quella zona e sa anche che i giornali locali, attorno alla vicenda, hanno aperto un dibattito significativo.
Voglio approfittare dell'occasione, malgrado la brevità della risposta dell'Assessore, per sottolineare che le valutazioni nella razionalizzazione necessaria della sanità non possono prescindere da valutazioni di natura sociale, né possono semplicemente collocare le scelte in una sfera economico-aziendalistica.
La specificità dell'esperienza dell'USSL della Val Pellice ha fatto sì che in campo sociosanitario i servizi e le strutture siano di qualità ed originalità certamente avanzata. Non vorremmo che, attraverso marchingegni vari, avvengano scorpori di Comuni che motivano la ragione dell'accorpamento rendendo apparentemente oggettiva la fusione (magari dell'USSL attuale della Val Pellice con quella di Pinerolo), cancellando e rendendo periferica questa esperienza.
Ripeto all'Assessore che tornerò con un'interrogazione più specifica in modo, da offrirgli l'opportunità di entrare più direttamente nel merito del problema che avevo inteso sollevare con l'interrogazione n. 473 di parecchi mesi fa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Ricordo che non si tratta dello scorporo di un Comune dall'USSL. ma di una delimitazione di legge relativa alle Comunità montane in base alla 142 che ha conseguenze indirette su una eventuale delimitazione dell'USSL. Non si tratta dunque di uno scorporo dall'USSL perché teoricamente l'USSL potrebbe coincidere anche con una Comunità montana più piccola. Se la legge nazionale darà queste possibilità e se le norme finanziarie future reggeranno la sanità per tutto il Paese, e quindi anche le Comunità montane che coincidono con le UU.SS.SS.LL., si potrà far fronte a tutte le spese che nell'ambito della sanità sono state sostenute; questo vale per le 63 UU.SS.SS.LL.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 620 del Consigliere Zacchera inerente la scelta del Sen. Masciadri quale Amministratore straordinario USSL 54 e interrogazione n. 728 del Consigliere Zacchera inerente l'Incompatibilità di cariche Amministratore straordinario USSL 54 di Borgomanero


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare congiuntamente le interrogazioni nn. 620 e 728 presentate dal Consigliere Zacchera. Risponde l'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità La procedura di nomina del prof: Cornelio Masciadri alla carica di amministratore straordinario dell'USSL 54 è avvenuta nel pieno rispetto del D.L. 35/91: 1) con D.P.G.R. n. 2012 del 15/5/1991 è stato infatti approvato l'elenco degli aspiranti al ruolo di amministratore straordinario, poi integrato con il D.P.G.R. n. 2160 del 30/5/1991 a seguito delle decisioni del TAR per il Piemonte con alcuni nominativi che avevano presentato ricorso 2) con provvedimento n. 3/1991 del 30/5/1991 il Comitato dei garanti dell'USSL 54 ha formulato la proposta di cui al comma VIII dell'art. 1 del citato D.L., individuando 8' nominativi, fra i quali era compreso il prof.
Masciadri 3) con deliberazione n. 223-6988 del 10/6/1991 la Giunta regionale ha individuato lo stesso prof. Masciadri quale amministratore dell'USSL 54 4) con D.P.G.R. n. 2484 del 15/6/1991 si è provveduto alla nomina.
L'esposizione delle singole fasi della complessa procedura dimostra che alla data del 4 giugno era ben possibile pronosticare un'eventuale nomina del prof. Masciadri, in quanto il suo nominativo era compreso fra quelli designati dai garanti.
In merito poi all'avvenuto subentro del prof. Masciadri quale Senatore della Repubblica, si precisa che l'eventuale incompatibilità fra tale carica e la funzione di amministratore straordinario è valutabile solo dalla Giunta delle elezioni del Senato, investita del caso dallo stesso prof. Masciadri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA La risposta dell'Assessore è del tutto deludente e a volte anche elusiva rispetto alla realtà. In una delle due interrogazioni si chiedeva come mai la persona in questione, con anticipo rispetto ad ogni tempo regionale, fosse già in grado di dire non che era uno dei candidati, ma che sarebbe stato l'amministratore straordinario dell'USSL. cosa che puntualmente è avvenuta. Evidentemente le capacità pubblicizzate sui giornali dalla "maga Guendalina" sono superate dalle doti divinatorie del sen. Masciadri, a meno che tutto questo non fosse un accordo scritto, già stabilito tra le parti, con il quale di fatto, guarda caso, su otto nominativi si è fatta cadere su di lui la scelta.
Tutto ciò avrebbe dovuto portare all'attenzione della Giunta l'opportunità di valutare il motivo secondo il quale questa persona pubblicamente alcune settimane prima della nomina già diceva: "Sarò io" quando la stessa era Presidente in uri altra USSL. Nell'ottica del discorso dell'altra settimana avrebbe dovuto risultare abbastanza strano lo spostamento ad una USSL con la quale, tra l'altro, il sen. Masciadri teoricamente non aveva nulla a che fare poiché non è legata né alla sua residenza né alla parte precedente.
Circa la seconda questione, ho avvertito un modo veramente strumentale di eludere la legge. Gli amministratori straordinari non sono eleggibili nei Consigli comunali, nei Consigli provinciali, nei Consigli e Assemblee delle Regioni, nelle Province autonome di Trento e Bolzano e nel Parlamento. Allora che cosa si è fatto? Si è fatto in modo di rimandare di circa un mese l'assunzione alla carica di senatore del signor Masciadri (che peraltro è diventato senatore, sapendo già che la Giunta delle elezioni del Senato non si riunirà prima della fine della legislatura e quindi potrà continuare a fare il senatore), poiché la stessa legge dice che la carica ad amministratore straordinario è incompatibile con quella di componente di Consigli ed Assemblee delle Regioni e delle Province autonome, di Consiglieri provinciali, di Sindaco, Assessore comunale, di Presidenti e di Assessori di Comunità Montana. Scusate, ma una legge che dice che un amministratore straordinario non può essere componente di Comunità Montane, Assessore di Comuni anche di 500 abitanti, Sindaco Consigliere provinciale, Consigliere regionale non si estende anche per una logica - mi permetto di dire - di decenza anche ai componenti del Parlamento? Ma è illogico che la legge debba scrivere che anche un parlamentare non può fare l'amministratore straordinario di una USSL perch se non lo può essere il Consigliere e l'Assessore comunale o Il componente di Comunità Montana, è logico che non lo può essere neanche un parlamentare, tanto più nella stessa giurisdizione in cui è stato eletto tanto più con i precedenti avuti - e ci sono altre interrogazioni sulla stessa persona -, tanto più una persona che ha avuto un passato, dal punto di vista penale, molto discusso, al centro, in Provincia di Novara, di discussioni e di scandali pesanti e notevoli, ed oggetto d'indagini da parte della Magistratura.
Vorrei aggiungere cose ancora più gravi, ma per fare questo chiedo la convocazione di una seduta segreta. E' comunque una persona abbastanza discussa.
L'Assessore privatamente può raccogliere tutti i dati in merito, ma noi queste cose le avevamo già segnalate alla Giunta, anche con interrogazioni.
Ma come fa questa persona a dire pubblicamente che sarà lui l'amministratore straordinario? Questa persona ha detto "sarò io" e puntualmente è stato lui, puntualmente è diventato senatore e pu continuare a fare l'amministratore straordinario dell'USSL percependo anche l'indennità del Parlamento. Questo sarebbe un particolare anche interessante da approfondire per capire come è possibile che si arrivi ad una simile situazione.
Questa è la riforma della sanità, questo è il risultato del non voler intervenire coscientemente per risolvere tematiche importanti sotto tutti i punti di vista. Quindi, il sen. Masciadri rappresenta a livello della Provincia di Novara un grosso polo di interessenza che evidentemente ha profondi legami anche a livello di Giunta regionale.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o, d.g.: "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Beltrami, Cerchio, Croso, Cucco, Dameri Farassino, Vetrino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Comunico che l'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Dibattito su questione Federconsorzi


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g.: "Dibattito su questione Federconsorzi".
Pregherei i Consiglieri di entrare in aula perché non vorrei che nuovamente il Consiglio fosse pressoché vuoto. Me lo fanno notare dei rappresentanti dell'informazione e prego quindi i Consiglieri di fermarsi in aula altrimenti non possiamo dire che c'è una folta delegazione a Roma In quanto non è così ed è soltanto una folta assenza.
La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura La nascita della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari viene fatta risalire all'anno 1892 quando a Piacenza alcuni Consorzi Agrari della Pianura Padana ritennero utile, per gli agricoltori loro soci, creare una struttura cooperativa di secondo grado per realizzare con maggiore efficacia gli scopi sodali prefissati e cioè fornire di mezzi tecnici le aziende agricole ed intervenire nella commercializzazione di alcune produzioni degli associati. La dimensione di detto organismo cooperativo di II grado si estese ben presto a quasi tutta la penisola contribuendo in maniera decisiva alla trasformazione dell'agricoltura italiana attraverso la distribuzione di concimi e mangimi, sementi selezionate, macchine assistenza tecnica e creditizia e ponendosi quindi come leader dello sviluppo agricolo del paese.
Il regime fascista si impadronì della struttura trasformandola in Ente Morale, sotto il controllo e le direttive dello Stato, presente in tutte le Province (Consorzi Agrari Provinciali) con la struttura centrale (Federconsorzi) posta sotto la tutela e la vigilanza del Ministero per l'Agricoltura e Foreste.
Nel dopoguerra si volle ridare all'apparato federconsortile - era Ministro dell'Agricoltura l'on. Gullo - l'originaria funzione cooperativa con la normativa contenuta nel D.L. 7 maggio 1948 n. 1235, in virtù del quale i Consorzi Agrari Provinciali risultano cooperative agricole iscritte nell'apposito registro prefettizio e la Federazione Italiana dei Consorzi Agrari la struttura di secondo grado atta a fornire i primi supporti tecnici, organizzativi e finanziari per svolgere le mansioni previste e cioè la fornitura di beni e servizi ai produttori agricoli, associati e non, ed il ritiro di alcune produzioni dal mercato, in particolare i cereali.
La Federconsorzi ebbe quindi dal 1948 ad oggi Consigli di Amministrazione eletti dai Presidenti dei CAP., mentre i Ministeri vigilanti (Agricoltura, Tesoro e Lavoro) erano presenti nel Collegio sindacale.
Faccio notare che la nascita delle Regioni nel 1970 e le competenze importanti attribuibili a livello regionale per quanto riguarda il settore agricolo non diedero origine a modifiche e a presenza anche nel collegio sindacale di rappresentanti della Regione territorialmente competente.
Essenzialmente la Federconsorzi opero a supporto dei C.A.P., sia con accordi ad ampio livello (quali l'esclusiva dei trattori e mezzi FIAT) sia con produzioni di concimi, mangimi ed antiparassitari di propria società e direttamente controllata (S.I.A.P.A. - A.N.I.C.) ed anche nei servizi quali l'assistenza tecnica o le assicurazioni (società FATA).
La struttura federconsortile svolse anche attività per conto dello Stato (un esempio famoso è quello dell'ammasso del grano per conto dell'A.I.M.A.; tuttora da definire nonostante siano trascorsi più di vent'anni).
E' un problema aperto e che fa parte del contenzioso e delle incertezze che non consentono di avere chiara nemmeno la situazione finanziaria attuale dei consorzi agrari.
Da diversi anni e con particolare rilevanza negli ultimi esercizi finanziari si evidenziavano sintomi di crisi della FEDIT soprattutto per l'accresciuto indebitamento nei confronti del sistema bancario che produceva interessi passivi non sopportabili dagli utili della gestione. Le cause che hanno condotto al collasso la Federconsorzi sono molteplici; lo stesso dibattito parlamentare nelle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato ne fornisce un ampio ventaglio: esigenza di fornire all'agricoltura mezzi e servizi a prezzi bassi causa la crisi del settore mancanza di adeguato credito agevolato sia per la Federconsorzi che per i Consorzi Agrari mancato introito delle gestioni ammasso cereali avvenuto prima del 1963 (a cui facevo riferimento prima) struttura appesantita dalla burocrazia interna e personale non sempre adeguato all'evolversi dell'agricoltura italiana.
Il superamento della crisi federconsortile fu oggetto di analisi e proposte delle diverse organizzazioni di categoria dei produttori agricoli e dello stesso Consiglio di Amministrazione della FEDIT, che ebbero eco sulla grande stampa soprattutto per fatti di carattere finanziario (vendita della quota BNA, possibile cessione della Polenghi Lombardo, ecc.).
La situazione attuale.
La situazione attuale comunque dal 17 maggio è azzerata con lo scioglimento da parte del Ministro Goria degli organi sociali e la nomina di tre Commis-sari, ai quali, dopo le iniziali proposte di composizione onoraria ai creditori restate infruttuose è toccato chiedere al Tribunale di Roma il concordato preventivo con la cessione dei beni alle parti creditrici.
Le cifre che emergono dalla procedura di concordato sono, in estrema sintesi: passivo valutato in 5.045 miliardi di lire di cui: crediti privilegiati 293 miliardi crediti chirografari (banche e creditori) 4.752 miliardi attivo stimato in 4.121 miliardi di cui: Immobili 555 miliardi Società quotate in borsa (BNA e FATA) 457 miliardi Società non quotate (Polenghi - SIAPA) 617 miliardi magazzino e beni mobili 165 miliardi residuo saldi attivi 67 miliardi crediti verso C.A.P. 2.260 miliardi In particolare i crediti nei confronti dei Consorzi Agrari Provinciali sono stati svalutati di 1.300 miliardi rispetto alla cifra in bilancio in considerazione della loro difficile recuperabilità (il che dimostra la prudenza con la quale sono stati valutati i crediti).
Su questa ipotesi di concordato deciderà l'Assemblea dei creditori il 29 gennaio 1992. Nel frattempo è in corso un approfondito dibattito tra le forze organizzate dei produttori agricoli, i partiti ed il mondo economico per individuare il futuro assetto delle strutture ormai ex federconsortili.
Il Ministro Goria ha promosso la costituzione di una società detta SO.CON.AGRI (Società dei Consorzi Agrari) che si propone di continuare alcune azioni svolte dalla ex-Federconsorzi nei confronti dei Consorzi Agrari che restano in attività o di altre società cooperative a larga base agricola.
Attualmente, mi risulta, sono in corso incontri ed approfondimenti per definire la concreta operatività della struttura che dovrebbe continuare almeno per alcuni aspetti, l'attività della Federconsorzi.
Sono altresì allo studio in sede ministeriale ipotesi di interventi riferirò in seguito di alcune iniziative che sono sopraggiunte dal momento di questa comunicazione - con ammortizzatori sociali (cassa integrazione e prepensionamento) per i lavoratori in esubero che potrebbero interessare fino ad un quarto dell'attuale forza lavoro (1.200 dipendenti Federconsorzi, 2.200 nelle collegate ed 8.000 circa nei vari Consorzi Agrari Provinciali).
I Consorzi Agrari I Consorzi Agrari, a norma del citato D.L. 7/5/1948 n. 1235 sono cooperative a responsabilità limitata, auto-gestite dai soci che abbiano versato una quota di lire "cento" per azione (e questo spiega il bassissimo livello del capitale sociale).
Le adesioni ai CAP, sono e restano libere ed aperte a chi ne ha i requisiti e cioè proprietari, affittuari, mezzadri e chiunque esercita l'attività agricola.
I Consorzi Agrari sono amministrati da un Consiglio Direttivo composto da dodici membri, dei quali otto di maggioranza e quattro della lista o delle liste di minoranza. E' eletto a scheda segreta con sistema maggioritario in liste contrapposte. Del Consiglio fa anche parte un rappresentante eletto dall'assemblea del personale.
Il Collegio Sindacale è solo parzialmente eletto dall'assemblea dei soci, in quanto ben tre membri, come abbiamo già detto, sono di nomina governativa in rappresentanza dei Ministeri dell'Agricoltura, del Tesoro e del Lavoro.
I Consorzi Agrari, secondo le norme statutarie dettate dal D.L. di cui sopra, operano in piena autonomia e non hanno alcun legame diretto con le organizzazioni professionali agricole, anche se spesso sono i dirigenti delle stesse organizzazioni ad essere eletti nei Consigli di amministrazione dei Consorzi Agrari.
La situazione economica dei Consorzi Agrari, seppure formalmente indipendente dalla crisi della Federconsorzi, risulta però condizionata da un progressivo ed oneroso indebitamento di questi verso la FEDIT, che a sua volta si indebitava verso il sistema bancario con le conseguenze a tutti note.
In questa non felice situazione si trova la maggior parte dei Consorzi Agrari Provinciali in Italia, cosicché a tutt'oggi ben 20 CAP, sono stati messi in liquidazione coatta amministrativa e per circa altrettanti il Ministro dell'Agricoltura ha nominato Commissari governativi in sostituzione dei Consigli di amministrazione per la gestione corrente.
Sul futuro dei Consorti Agrari o sul loro superamento le diverse proposte sono, come ovvio, oggetto di dibattito tra le organizzazioni professionali, le Cooperative e le forze politiche; lo stesso Ministro On.
Goria, in una nota diffusa a luglio e che è allegata alla memoria affidata al Consiglio e di cui posso fornire eventualmente il testo, prende atto della crisi del sistema dei Consorzi e propone alcune linee per il loro rilancio con strutture snelle al servizio degli agricoltori ed il taglio di quanto non economico o funzionale.
La situazione piemontese.
La situazione dei Consorzi Agrari Provinciali in Piemonte rispecchia quanto accade nel resto della penisola, come si può evincere dalla tabella che illustrerò e che contiene alcuni dati sulla situazione giuridica ed economica dei CAP piemontesi.
In questa tabella si rileva quanto segue: Alessandria è in liquidazione coatta, aveva un fatturato di 65 miliardi e 600 milioni, 81 dipendenti, 25 agenzie e 6 filiali Asti è in liquidazione coatta, aveva un fatturato di 29 miliardi e 200 milioni, 31 dipendenti, 22 agenzie e 1 filiale Cuneo ha un Commissario Governativo, aveva un fatturato di 98 miliardi e 900 milioni, 96 dipendenti e 61 agenzie Novara ha un Commissario Governativo, aveva un fatturato di 37 miliardi, 56 dipendenti, 40 agenzie e 2 filiali: Torino è in liquidazione coatta, aveva un fatturato di 80 miliardi e 300 milioni, 101 dipendenti e 42 agenzie Vercelli ha ancora gli Organi elettivi, aveva un fatturato di 78 miliardi e 100 milioni, 82 dipendenti, 42 agenzie e 1 filiale.
Occorre rilevare che i Consorzi del Piemonte dispongono di una rete di strutture (sedi, filiali, magazzini, centri di stoccaggio, assistenza tecnica, officine, ecc.) tali da rendersi indispensabili per l'agricoltura piemontese che, frammentata e non sufficientemente dotata di strutture cooperative, ha appunto bisogno di questa organizzazione.
Si tratta ora di vedere in quale modo recuperare le strutture e le professionalità presenti nei vari Consorzi, recuperandoli ad un disegno regionale di ristrutturazione dei servizi e della fornitura di mezzi tecnici, nonché per la valorizzazione delle produzioni agricole, attività essenziali per l'economia agricola piemontese.
A questa costruzione sono chiamati ad essere protagonisti essenzialmente i produttori agricoli, attraverso le loro organizzazioni professionali e le centrali cooperative.
La Regione, se chiamata in causa, e nell'ambito delle proprie possibilità e competenze, farà ovviamente la sua parte, come d'altronde sta già facendo allorquando emergano esigenze di tutela della produzione agricola, come nel caso della campagna cereali di questa estate con il provvedimento creditizio per chi consegnava il grano o l'orzo in conto deposito presso i magazzini dei Consorzi, ma restandone l'unico e legittimo proprietario.
Per quanto concerne le novità intervenute dal momento dell'invio della comunicazione al Consiglio ad oggi c'è da dire che i Ministri dell'Agricoltura e del Lavoro hanno più volte discusso con le Organizzazioni Sindacali dei lavoratori le prospettive occupazionali conseguenti alla crisi della Federconsorzi. Al termine della discussione è stato firmato un protocollo d'intesa che dovrà valere per tutti gli accordi che si faranno in sede locale, per i singoli Consorzi Agrari provinciali per l'utilizzo degli ammortizzatori sociali nell'ambito dell'operazione di riorganizzazione del sistema consortile di primo grado. Il protocollo d'intesa tiene conto degli obiettivi che le nuove strutture perseguono, in particolare quello di garantire un adeguato servizio agli agricoltori attraverso talune linee operative. Quest'ultime sono: l'acquisizione di una rappresentatività dall'intero mondo agricolo, la definizione, tramite l'accorpamento di diversi consorzi, di una dimensione territoriale adeguata e più rispondente alle esigenze del mercato ed alla revisione dei rapporti con gli enti locali, e quindi anche con il livello regionale che come evidenziano, non ha avuto nel tempo, dalla nascita delle Regioni ad oggi nessun ruolo amministrativo all'interno dei consorzi e della Federconsorzi il coordinamento delle attività industriali (es. in campo mangimistico e sementiero), nonché la possibile acquisizione di impianti di proprietà della Federconsorzi; riassetto organizzativo teso al recupero di efficienza e redditività, sia attraverso una accentuata managerialità nella conduzione delle aziende, sia mediante il recupero della credibilità finanziaria, sia mediante dismissione del patrimonio immobiliare, non strumentale.
Specificatamente per i Consorzi Agrari in liquidazione si pone in rilievo la contestuale autorizzazione dei Consorzi medesimi all'esercizio provvisorio, con l'obiettivo di sistemare la vecchia situazione debitoria nel miglior modo possibile al fine di consentire un rilancio dell'attività consortile, seppure naturalmente in una dimensione organizzativa.
I partecipanti all'incontro, firmando il protocollo hanno convenuto: 1) I Consorzi Agrari che dovessero fare ricorso alle CIGS, salvo la necessità di ricorrere all'art. 3 della legge 223/91 congiuntamente verificata, imposteranno un programma di riorganizzazione e/o ristrutturazione, da presentare al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, sulla base delle linee dettate dal Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste per un periodo biennale: 2) La sospensione dei lavoratori in CIGS seguirà criteri di rotazione di norma quadrimestrale, ferma restando la salvaguardia di efficienza delle strutture di effettiva fungibilità delle mansioni, con l'obiettivo di garantire, quanto più possibile un minimo di 12 mesi di attività lavorativa nell'arco di due anni; il Consorzio Agrario Provinciale anticiperà il relativo trattamento di integrazione salariale.
3) Ove si registrasse la necessità di ridurre l'organico, prima di completare il programma di CIGS e prima di avviare le procedure di cui al punto successivo, si utilizzeranno i seguenti strumenti: a) blocco del turnover, salvo eccezioni verificate in sede locale: b) pensionamento anticipato di anzianità entro il 31.12.1992, in presenza di una normativa che lo consenta: c) passaggio ad amministrazioni pubbliche, ex art. 28, legge 223/1991 d) dimissioni agevolate, nelle modalità compatibili con le condizioni gestionali dell'Azienda; per coloro che siano in possesso dei requisiti per il pensionamento di anzianità, tale strumento può utilizzarsi sino al momento in cui sia disponibile la normativa per il prepensionamento di cui al precedente punto 3, sub. b) e) forme di mobilità extra aziendale nell'ambito regionale, soprattutto in direzione delle strutture localmente operanti nel settore agricolo, a cominciare dalla stessa rete consorziale, previo coinvolgimento delle Regioni, secondo le intese che verranno raggiunte dal Ministro dell'Agricoltura con le Regioni medesime.
4) A conclusione del programma di CIGS, saranno esaminati eventuali problemi di eccedenza di personale previa verifica delle possibilità di ricorso al lavoro part-time o forme similari di solidarietà.
5) Nel caso si debba procedere all'accorpamento dei Consorzi, in relazione a quanto previsto al punto B della premessa, si osservano le procedure d'informazione preventiva e di esame congiunto con le Organizzazioni Sindacali territoriali previste all'art. 47 della legge 29.12.1990 n. 428. Al personale assorbito nel nuovo Consorzio sarà riconosciuto il trattamento economico e normativo in atto al momento del passaggio d'azienda. Per un periodo biennale; in caso di nuove assunzioni si ricorrerrà al personale che i Consorzi in liquidazione hanno posto in mobilità, con priorità a quelli già operativi nell'area del nuovo Consorzio.
6) Sarà effettuato l'esame congiunto in sede locale tra la direzione consortile e le OO.SS. territoriali dei lavoratori, anche ai sensi dell'art. 5 della legge 164/ 1975 e dell'art. 1 comma 7 della legge 223/1991; nel medesimo si potranno introdurre concordemente modalità diverse di attuazione delle intese raggiunte 7) Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, unitamente al Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, sottoscrivono il presente accordo a garanzia degli impegni in esso contenuti ed in particolare il Ministero del Lavoro assicura il suo intervento presso le proprie strutture periferiche e le altre competenti strutture pubbliche per il più sollecito esame delle domande di CIGS che saranno presentate dai singoli Consorzi Agrari, e che sono in corso di Istruttoria, anche per proponga (OEP).
Vi è una novità, ovvero la nomina di un nuovo Direttore Generale.
In questi giorni, i tre Commissari hanno formalizzato la nomina del nuovo Direttore Generale, in sostituzione del dimissionario Silvio Pellizzoni. All'incarico è stato chiamato Paolo Bambara, che già nell'Organizzazione ricopriva l'incarico di Direttore amministrativo e finanziario. Bambara è giunto alla FEDIT nell'ottobre 1989, proveniente come Pellizzoni, dalla Coin. La sua nomina attuale vuole significare un proposito di continuità con la gestione precedente al commissariamento e ciò ha lo scopo di creare le condizioni di rilancio della necessaria operatività, presupposto essenziale per consentire la maggiore valorizzazione delle risorse patrimoniali e gestionali della FEDIT.
In materia di dimissioni, si è appreso che ancora il piano relativo non è stato messo a punto. Si prevede che sarà pronto verso la fine del novembre prossimo; completato cioè, il complesso lavoro d'inventario in corso. Si conta di giungere all'assemblea dei creditori, prevista per la fine di gennaio 1992, con un doppio piano che prevede, da un lato, la liquidazione di alcune attività per far fronte ai debiti, e dall'altro l'operazione di rilancio dell'attività di commercializzazione che, secondo l'ipotesi già formulata, potrebbe essere trasferita nel costituendo nuovo organismo ipotizzato dal Ministro Goria a luglio ed attualmente in fase di valutazione da parte dei Consorzi Agrari sani chiamati a parteciparvi nonché dalle forze politiche sindacali e di categoria.
L'Assemblea di Palazzo Madama ha rinviato il DDL presentato dal PDS per l'istituzione di una Commissione d'inchiesta sulla Federconsorzi.
La stessa Commissione, su proposta della maggioranza, ha invece deciso una indagine conoscitiva nella Federconsorzi, per acquisire tutti gli elementi di valutazione utili al proseguimento del dibattito sulla crisi della FEDIT, senza con ciò bloccare l'iter delle azioni governative e giudiziarie in corso.
Queste sono le informazioni e le proposte che la Giunta regionale e l'Assessore ritengono di poter fare. Mi rendo conto che le informazioni evidenziate in questa sede possono anche non essere completamente soddisfacenti perché mancano di informazioni e notizie indispensabili per la stessa proposta riorganizzativa della Federconsorzi.
Ritengo però che sia giusto essere prudenti in materia di cifre e le cifre fornite al Consiglio sono accertate; quelle che invece non sono accertate non è possibile darle senza il timore di procedere con imprudenza e non precisione.
Mi rendo conto che dovranno essere affidate al Consiglio altre informazioni affinché tutti possa-no portare il loro contributo alla soluzione di questo importante problema che non tocca solo l'agricoltura piemontese. In questa direzione la Giunta si impegna a portare a conoscenza qualora la Commissione lo ritenga opportuno e necessario - della Commissione competente tutte le novità e le maggiori informazioni che dovessero venire a disposizione dell'Assessore e della Giunta stessa.
Vi è comunque un obiettivo di fondo - e mi auguro che il dibattito in Consiglio dia un contributo per raggiungere tale obiettivo, se condiviso quello di recuperare per l'agricoltura piemontese quanto di positivo vi è sul piano dell'esperienza, della professionalità e delle strutture, sia pure con un'organizzazione nuova, diversa e più moderna.
Mi auguro, quindi, che il dibattito possa dare contributi positivi per raggiungere tale obiettivo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

Terminata la relazione dell'Assessore, dichiaro aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera. Ne ha facoltà.
ZACCHERA La ringrazio, Presidente. Ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'Assessore che può essere vagamente commentato e forse diviso in diverse parti.
Possiamo evitare oggi di ripeterci dicendo le stesse cose, ma dobbiamo puntualizzare quale ruolo debba avere la Regione specificatamente in questa vicenda, oltre che sottolineare una serie di situazioni nelle quali (proprio per non finire come è finita la Federconsorzi) è opportuno che la Regione prenda alcune misure.
Ovviamente, non mi aspettavo da lei, visto la parte cui appartiene, una lettura critica della gestione e dell'andamento della Federconsorzi: mi permetterà, allora, che lo faccia io. Dobbiamo pur ricordare che, in questa fase tempestosa, l'agricoltura italiana ha delle motivazioni interne ed esterne, ma è stata caratterizzata dalla presenza dominante della Federconsorzi, cioè di un organismo che ha fortissime caratterizzazioni politiche ed organizzative.
Dal 1949 la Federconsorzi è la lunga mano dell'agricoltura della Democrazia Cristiana e i risultati di tale gestione li abbiamo sotto gli occhi. Leggendo gli atti parlamentari viene addirittura ricordato che l'allora Senatore a vita Luigi Sturzo ebbe molti dubbi su come ci si era iniziati a muovere all'interno della Federconsorzi e per questo fu lungimirante, visti i risultati a cui si è arrivati.
La realtà è che la Federconsorzi è stata uno strumento della Democrazia Cristiana che, dagli anni 50 al nostri giorni, ha valutato il problema dell'agricoltura italiana in un modo inadeguato rispetto a quello che stava avvenendo su scala europea e mondiale. Se lei, Assessore, prima ha fatto una simpatica battuta dicendo che il fascismo elevò la Federconsorzi ad ente morale, io dico che oggi la stessa è diventata un ente amorale; se è vero che allora era più o meno coperto il deficit della bilancia agricola italiana, oggi il deficit della bilancia agro-alimentare è peggiore del deficit petrolifero! Se a questo prezzo si fosse arrivati senza avere un indebitamento delle strutture, si sarebbe potuto comprendere tale fatto. La Federconsorzi significa 100 deputati in buona parte assegnati al partito di maggioranza relativa e queste responsabilità dobbiamo - senza aprire polemiche ricordarle. Se non fosse così mi si dovrebbe spiegare perché, attraverso la Coldiretti e la Federconsorzi, la DC, nella persona dei suoi massimi leader, sia sempre presente nella gestione Federconsorzi.
Più in concreto sulla posizione regionale, introduciamo il problema con un altro sottofondo, cioè che la posizione di associazionismo un po' "drogato" in Italia è una malattia che ha preso piede. Prima o poi dovremo pur discutere - e spero non nelle condizioni della Federconsorzi - della lega delle Cooperative: altri sponsor dal punto di vista politico altra situazione che crea molti dubbi sulla sua gestione e che sarà all'ordine del giorno dell'interesse pubblico in futuro.
Questo per dire che la Federconsorzi ha creato man mano un deficit spaventoso che tutti, più o meno, conoscevano e che ad un certo punto è esploso. Deficit che, puntualmente, verrà scaricato sulle finanze pubbliche senza trovare alcun responsabile, prova ne sia - e ne abbiamo buona esperienza - lo scandalo degli ammassi tra il 1946 e il 1964, dove venne tacitato un buco di 1064 miliardi non giustificati da rendiconti o pezze di appoggio significative, tant'è vero che la Commissione parlamentare d'inchiesta dopo anni non è arrivata a nulla di preciso.
E' abbastanza facile prevedere che anche per la Federconsorzi non avremmo trovato nulla di preciso: sarebbero mancati migliaia di miliardi finiti nel modo che sappiamo.
Parlando di Federconsorzi (ho apprezzato la parte della relazione dell'Assessore quando spiega come, a pioggia, queste conseguenze verranno a livello piemontese e quali iniziative vengono proposte) c'è un altro aspetto prettamente regionale sul quale dobbiamo prendere posizioni: l'ESAP. Non è come la Federconsorzi, è relativa ad un solo settore, ma è un po' "apparentata" - come modo di intendere i problemi e di essere gestita proprio con lo scandalo di cui parliamo, cioè con la situazione Federconsorzi.
Colleghi, dobbiamo impostare un discorso serio su questo argomento perché si sta sviluppando una situazione che mi rende preoccupato. Non so quanti di voi abbiano letto la relazione del Commissario straordinario dell'ESAP, allo scadere del proprio mandato di quest'anno. Se qualcuno di voi l'ha scorsa si sarà reso conto come sia indispensabile, a tempi brevi avere in Consiglio regionale un dibattito non solo sulla Federconsorzi, ma anche sull'ESAP perché sono indicate situazioni molto gravi e preoccupanti.
Avete letto cos'ha scritto il Commissario straordinario a fine anno scorso-inizi di quest'anno? Vi leggo soltanto alcune brevi frasi in cui parla di "errori di impostazione delle politiche dell'ESAP da parte dei vecchi Consigli di amministrazione" tutti lottizzati ovviamente, "nei limiti degli interventi a favore 'delle cooperazioni del mondo agricolo". Tali errori sono: "l'acquisizione di complessi industriali mai attivati a nuove funzioni; il non disporre di capacità e professionalità finanziarie e manageriali indispensabili per un corretto o accettabile ruolo del sistema; la concessione di garanzie fidejussorie a enti o società cooperative di produttori, senza una ragionevole valutazione dei rischi connessi l'organizzazione all'interno dell'ente assolutamente incoerente non dico agli obiettivi (è testuale) di medio e lungo termine ma anche agli impegni attuali". Caso emblematico è quello della "mancanza di responsabili di servizio per il settore contabile-amministrativo. C'è la necessità di collocare in secondo piano l'esigenza di una puntuale, specifica definizione del proprio ruolo del primario settore agricolo, l'ESAP" perché questo non c'è. "E' scaturita una lunga serie di interventi che richiedevano però capacità manageriali o di diretta gestione economica di complessi aziendali che l'ESAP non aveva a disposizione né è riuscita a catalizzare intorno a sé". E' inutile continuare a elencare le varie sconfitte purtroppo registrate in proposito, bastano tutti gli esempi esistenti In proposito.
"Un'altra discrasia - ripeto testualmente, e il termine appare peraltro parecchio eufemistico - è quella conseguente alla decisione di intervenire a favore di operatori del settore con interventi di carattere fìdejussorio presso Istituti di credito e questo per lo più non in alternativa o in sostituzione ad altri enti pubblici, ma in aggiunta agli stessi. Se i primi anni le cambiali così concesse non pervenivano a scadenza, a poco a poco sono piombate sul tavolo degli amministratori e ad esse si è dovuto far fronte con onore fino all'ultima lira, tanto che i bilanci consuntivi dell'ESAP evidenziano ogni anno le ferite subite a questo titolo".
Stavo leggendo su scala regionale quello che è avvenuto alla Federconsorzi a livello nazionale. E peggio? Se è peggio, mi fermo qui.
Sento che qualcuno in aula dice che questo non c'entra. Ma come, non c'entra? C'entra eccome! C'entra per un certo modo di gestire l'agricoltura italiana, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi! Perché non abbiamo sottolineato questi risultati e non li abbiamo ripresi dopo che se ne sono andati gli agricoltori rivenuti qui qualche mese fa a fare rumore e che abbiamo accolto a braccia aperte, perché tutti demagogicamente, io in prima fila, avevamo detto che si doveva tener conto di questi problemi? La realtà è che la gestione pubblica dell'agricoltura italiana ha portato allo scasso cui abbiamo assistito sia su scala nazionale che regionale.
Chiedo che su questo discorso si faccia maggiore chiarezza.
Ricordiamoci che nel 1982 il collega Majorino aveva presentato la proposta di istituzione di una speciale Commissione d'inchiesta, ai sensi dell'art.
9 dello Statuto, concernente l'Ente Servizi Agricoli del Piemonte ESAP dopo nove anni, i "nodi", come puntualmente ha detto il Commissario straordinario, stanno venendo al pettine. Noi che cosa vogliamo fare? Vogliamo fare in decimo lo scandalo della Federconsorzi e poi dire che siamo intervenuti troppo tardi? Pongo alla vostra attenzione e al vostro senso di responsabilità queste proposte. Vorrei ottenere delle risposte, ma non come quelle dell'Assessore Maccari, le quali si sono rivelate dilatorie senza dare risposta assolutamente a niente! Questi sono problemi sui quali bisogna prendere decisioni e, malgrado non abbiamo competenza nel discorso della Federconsorzi, per quanto di competenza all'interno degli strumenti della Regione Piemonte in campo agricolo, è nostro dovere morale prendere delle decisioni operative e tagliare, disperatamente tagliare prima determinati "bubboni" pieni di pus che se continuano ad estendere la loro infezione all'interno del tessuto regionale possono portare soltanto a degli sconquassi.
Spero di essere stato chiaro e di non aver offeso nessuno.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Riba; ne ha facoltà.
RIBA Mi pare sia la prima volta che discutiamo di questa questione in Consiglio regionale. Ne discutiamo, però, in pericoloso ritardo non soltanto per ragioni di tempo, ma anche perché una grande operazione sta andando avanti "attorcigliandosi" senza che la Regione Piemonte abbia assunto un ruolo esatto, cosa che spero si possa decidere oggi. Spero quindi, che la Regione esca dalla passività e dalla semplice osservazione dell'andamento del fenomeno e si attivi in questa direzione.
E' vero - è stato detto dall'Assessore - che il primo nucleo nacque cento anni fa con la forma della cooperazione sana, secondo la ragione ispiratrice della cooperazione stessa; in realtà, pero, fu il fascismo a mettere in piedi la struttura della Federconsorzi per fame la propria cinghia di trasmissione con il sistema consortile, che a sua volta controllava gli ammassi, i servizi all'agricoltura e l'espansione dell'autarchia.
Nel 1948 la legge speciale ne ha fatto uno strumento di tipo burocratico-statalistico (questo è rimasto e oggi fallisce in quanto tale) e un forte residuo del sistema autarchico: Per 45 anni è statolo strumen-to così si deve dire, altrimenti non ci troviamo d'accordo su questioni che possono essere assiomatiche - che ha gestito il consenso per conto della D.C., operando all'interno di un chiuso sistema di protezione e di potere che si è dimostrato in tutta la sua storia non democratizzabile n controllabile dai poteri democratici e soprattutto assolutamente irriformabile.
Il fatto che oggi il Ministro Goda ne riproponga il rilancio dimostra che c'è qualcosa di endemico che, a sua volta e a suo tempo, ha portato alla costruzione di questo pezzo di socialismo reale nel senso della burocrazia statale nella società. Il Ministro Goria oggi lo riproporrebbe non per ragioni economiche - Goria sa troppo bene che dal punto di vista economico questo è uno sfascio,-ma perché gli preme la residuale azione di controllo politico sulle campagne, soprattutto adesso che è Ministro dell'agricoltura.
Se adesso si è arrivati al crollo è perché in una fase di mondializzazione dell'agricoltura una struttura di questo genere non solo non regge, ma non serve più. Tutto ciò, ovviamente, non cancella le responsabilità oggettive e personali; proprio in riferimento a questo, il PDS ha proposto una Commissione parlamentare d'inchiesta a livello nazionale per individuare le responsabilità politiche e giuridiche, a partire dalla mancanza di controlli da parte del Ministero dell'Agricoltura.
Gli ammassi degli anni 60 hanno costituito uno scandalo di regime, come oggi lo ricostituisce il fallimento della Federconsorzi, uno scandalo abilmente insabbiato come tutti gli altri. Lo scandalo della Federconsorzi colleghi, e gli altri grandi scandali di regime (terrorismo, ecc.) sono bubboni che non si fanno esplodere e che non si risanano perché servono ancora a determinate operazioni politiche.
In realtà questo monopolio molto burocratico è stato di grande impedimento alla formazione di un vero sistema di cooperazione autogestita come quello che si è sviluppato negli altri Paesi della CEE e che oggi costituisce l'intelaiatura forte di quei sistemi agricoli. Siamo in ritardo di 20 anni nella costruzione di una vera cooperazione agricola; ciò è un elemento di endemica e tragica debolezza dell'agricoltura.
Voglio considerare dal mio punto di vista, condiviso da molta pubblicistica in questo periodo, ciò che è stata la Federconsorzi. Analizzo in primo luogo la spinta alla meccanizzazione. Per i mezzi tecnici della FIAT e della Montecatini la possibilità di agire in regime di monopolio ha determinato una spinta irrazionale alla meccanizzazione, che si è sempre tradotta vendendo trattori soprattutto nei paesi calabri e lucani; dicendo: "State attenti che L'asino mangia tutti i giorni, mentre il trattore se non lavora non mangia". Di questo passo si sono meccanizzate irrazionalmente piccole aziende, costrette poi a vendere, che hanno costituito un grande elemento di abbandono delle campagne. E non v'è dubbio che anche sulla questione ambientale non ci sia stato rispetto.
Come è possibile che un grosso colosso che gestisce il monopolio della chimica e della Montecatini non si preoccupi di realizzare un sistema compatibile con un progetto di sviluppo futuro e non soltanto con un progetto tecnico-commerciale? Questo è un altro elemento che ci lascia in eredità la situazione.
Soprattutto, colleghi - e questo punto deve essere acquisito, poi ognuno avrà le sue opinioni, ma dico la mia con franchezza -, mi rendo conto che tutto questo è stato un pilastro delle gestioni oscure, della non trasparenza. Devo sapere se è vero o se non vero, ma se non è vero bisogna che lo si smentisca anche in questa sede denunciando le false accuse fatte da Organizzazioni Sindacali molto serie sul fatto che la Coldiretti abbia finanziato a ritmo di 30 miliardi all'anno se stessa e l'Unione Agricoltori. Se non è vero, questo elemento deve essere rimosso, ma se è vero deve essere acquisito nella sua drammaticità.
Lo stesso discorso vale per quanto si dice delle sedi della Coldiretti e dell'Unione Agricoltori, cioè che siano di proprietà della Federconsorzi e che dei circa 1000 dipendenti 300 sarebbero necessari, mentre gli altri girano nell'ambito di un sistema di collocazioni. Non sono cose scandalose penso che alla RAI succeda la stessa cosa e che dappertutto ci sia un surplus di personale, ma qui la situazione è diventata di nostra competenza e dobbiamo chiarire il motivo per cui vi si è pervenuti.
Cosa dicono i sostenitori dell'economia sana, delle politiche finanziarie, di un capitale sociale di 4,85 milioni per far funzionare un colosso di questo genere con 4 mila miliardi di giro d'affari, con quote di associazione a 100 lire l'una affermando che avevano tutto il diritto d'iscriversi? Siamo seri. Ma con 100 lire l'uno si può iscrivere chi vuole se non si è iscritto nessuno è perché in quella situazione interessava costituire degli organismi assolutamente serventi all'organizzazione generale, nazionale, ai tre Ministri che controllavano la situazione e all'area di potere che ne usufruiva.
Controllo da parte di Coldiretti e Unione Agricol-tori: quando si parla di queste cose ci sarebbe voluta una legge antitrust. Io, nella mia Provincia, ho visto il Direttore della Coldiretti, per lungo tempo Presidente del Consorzio Agrario, che è passato alla carica di Direttore dell'Unione Agricoltori; infine, come se non bastasse, è diventato Presidente diretto della Coldiretti, Presidente anche lui del Consorzio Agrario. Gli elementi di versazione e d'intorbidamento delle cifre che sono venute fuori In questo periodo mi preoccupano perché, in qualche maniera mentre i debiti stanno emergendo un po' per volta, la volontà era quella di occultare.
Porto ancora un esempio della mia Provincia: il comunicato del Consiglio d'Amministrazione del Consorzio Agrario parlò di 8 miliardi di debiti. Naturalmente una cifra così esigua su un giro di affari non parve credibile: ebbi notizia che parlavano di 40 miliardi e resi pubblica la nota. Fui redarguito perché dissero che facevo il catastrofista perché non si trattava di 40 miliardi, ma di 38.5. Se è in questa maniera che dobbiamo venire a conoscenza delle notizie, è chiaro che ci vuole la Commissione d'inchiesta perché c'è omertà e copertura e rischiamo quindi di fare un grande giro per ritornare alla fine a finanziare la Conagri, la Federconsorzi e quella che vuole in questo momento Goria.
Mai il Consiglio regionale dovrà aderire ad un progetto di questo genere e dirò successivamente perché questo è deleterio per il Piemonte al di là dei punti di vista.
Su questi punti dobbiamo riflettere molto. Ecco cosa mi pare ci sia nella proposta di Goria: alleggerimento del debito, verniciatura, rimessa In campo del sistema con 44 Consorzi in liquidazione contro 72. Quindi, va fatta una prima precisa considerazione: ogni operazione di rimarginatura dei danni prodotti dal fallimento del principale colosso dell'agro sistema va studiata partendo dall'eliminazione e non dalla ricostruzione in alcune forme della Federconsorzi. Quest'ultima, come osservava il Ministro ombra dell'Economia, è irriformabile come il Partito Comunista dell'Unione Sovietica solo che da qualche parte queste cose devono prendere il via.
Solo essendo d'accordo su questo principio si può passare in concreto alla fase delle iniziative, rompendo lo stato di passività imbarazzata e colpevole in cui si trovano le istituzioni, la nostra compresa.
Qual è la situazione che abbiamo di fronte? E che l'agricoltura nel suo insieme è una struttura molto delicata, malata e fragile dove ogni tipo di operazione sbagliata può risultare ulteriormente letale.
Su 10 milioni di coltivatori della CEE la metà ha superato i 55 anni e 12/3 non hanno eredi nelle aziende, quindi un altro 2/3 di aziende sparirà.
In Piemonte, con un censimento reso noto del 1991, abbiamo perso nel trentennio 1961/1991 440 mila ettari di terreno, il che vuol dire che abbiamo perso una Provincia grande come Alessandria. Se portassimo questi dati ad esempio alla situazione di Novara, sarebbe ancora peggiore.
Non abbiamo un'autosufficienza né nazionale né regionale; siamo ad una sofferta politica di delega il cui danno si ripercuote sul sistema agricolo, agroindustriale ed economico del Piemonte. Nelle nostre regioni agricole esiste un rapporto tra gli occupati in agricoltura e quelli nell'agroindustria; in Emilia Romagna e in Lombardia tale rapporto è di 0,8, ma nelle Province più agricole, Trentino e Friuli, è di 1 a 1. In Piemonte abbiamo soltanto lo 0,6, il che vuol dire-che il trattenimento di valore aggiunto, ma anche di tutta l'inventiva, di tutta la ricerca e della produzione intellettuale connettibile all'agricoltura è persa per un indice molto alto, 1/4 in meno di quello del Friuli e 1/5 in meno dell'Emilia e della Lombardia.
Abbiamo bisogno di rimettere in piedi un sistema che revisioni la politica agraria del Piemonte e riproponga un modello di utilizzazione del margine di sviluppo economico produttivo sotto il titolo dell'agroindustria e non sono i Consorzi Agrari che possono reinventare questa cosa. Tra l'altro in Piemonte ci sono 5 Consorzi in liquidazione su 6 e non credo proprio che questo possa essere il punto di partenza. Faccio presente che anche le politiche tentate e non osteggiate da parte dell'Assessore, come quella del finanziamento per l'ammasso del grano, hanno costituito un nulla di fatto.
I coltivatori hanno perso 2 mila lire sul prezzo dell'ammasso del grano pari all'8% del valore del prodotto, ciò è successo in un'annata in cui le perdite sono già notevoli, per cui in provincia di Alessandria si è passati dallo stoccaggio di un milione e 600 mila quintali a 50 mila. Quindi, gli organismi che, per definizione, dovevano usufruire dei Consorzi hanno tolto loro la fiducia e noi non li possiamo riproporre.
I Consorzi Agrari hanno agito in quel sistema di quasi monopolio rincorso da tutti coloro che seguono le linee dell'economia liberistico liberale e si direbbe essere più tragico del monopolio perché la situazione di quasi monopolio esisteva dal momento in cui aveva l'esclusiva dei trattori e delle macchine Fiat. Quindi, si trascinava dietro anche una parte della crisi della Fiat per ciò che la Fiat stessa denuncia come caduta verticale, quasi al 100%, della vendita dei trattori, i concimi della Montedison, antiparassitari, SIAPA ed altre questioni. Il regime di monopolio ha, in realtà, impedito la formazione di una sana, combattiva dinamica e basilare organizzazione dei produttori come esiste in Olanda e in Danimarca.
Ci sono modelli di successo di cooperazione di base. A Torino c'è il CAPA, che è un'organizzazione di 32 cooperative di base unite per difendersi dal Consorzio Agrario. Si tratta di produttori che, rischiando in proprio, hanno dimostrato che le cooperative sono strutture private, e tali devono essere le nostre prospettive.
A questo punto il chiarimento non può essere completato nell'ambito di una sola discussione, ma ha bisogno di un'indagine per il reperimento di tutti i dati e per la messa In comune del patrimonio di valutazione, di conoscenza e di proposta. Abbiamo proposto un ordine del giorno che lasciamo agli atti e del quale non chiediamo la votazione. Ne proporremo un altro, che speriamo sia condiviso, con il quale chiediamo che si affidi alla III Commissione il ruolo di indagine, d'inchiesta e di proposta, con l'impegno della Giunta di fornirle tutti i mezzi necessari per operare.
Quindi, ci impegniamo a riportare le conclusioni del dibattito odierno in una seduta del Consiglio regionale verso la metà di gennaio, prendendoci due-tre mesi di tempo necessari per riflettere, e in quell'occasione, sulla base di tutto ciò che abbiamo realizzato, proporre una modifica d'indirizzi della politica agraria regionale. Credo non ci possano essere obiezioni ed ostilità di principio nemmeno da parte dell'Assessore il quale deve tenere conto del fatto che vediamo azzerato un modello di intervento pluridecennale; vediamo carente la situazione piemontese e della sua struttura di "supporter"; abbiamo da affrontare il nodo dei margini di sviluppo per il Piemonte offerto dall'agro-industria e abbiamo a disposizione il nostro quadro legislativo da rivedere, riadattare e riproporre in chiave per il periodo degli anni 1990, o meglio, dopo l'era della Federconsorzi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, cari colleghi, desidero dare atto all'Assessore Lombardi della oggettività con cui ha presentato stamane nella sua relazione l'analisi della situazione nella quale si è venuta a trovare la Federconsorzi, apportando un notevole contributo di carattere storico ed economico-amministrativo. Collocherei però questa relazione sullo sfondo di una situazione politica, perché sul piano oggettivo mi sembra non ci sia molto da aggiungere alle cose che l'Assessore Lombardi ha detto.
Naturalmente è una situazione che ha bisogno di tutti quegli approfondimenti che venivano richiesti dall'intervento del collega Riba e concordo con lui sul fatto che non si tratta di prendere delle posizioni oggi, estraendo dal dibattito questa o quell'altra posizione, ma semmai di assumere degli impegni che siano appunto quelli i demandare l'indicazione che già emerge dalla relazione, o che emergerà dal dibattito, ad un lavoro di approfondimento della terza Commissione. Nel giro di tre-quattro mesi trascorso il tempo necessario per l'approfondimento delle conoscenze del quadro piemontese, potremo dare un valido apporto alla soluzione dei gravi problemi che oggi tormentano la Federconsorzi e i Consorzi agrari e che sicuramente si ripercuotono sull'agricoltura.
Mi trovo quindi perfettamente d'accordo con lui e mi auguro che tutti concordino su questa linea perché ritengo che, al di là delle valutazioni sulla situazione politica in cui si è collocata la Federconsorzi, ci sia la necessità di riorganizzare strutture al servizio dell'agricoltura.
Mi sembra fosse questa la richiesta che veniva dagli agricoltori e dai coltivatori diretti. Quando sono stati qui nel novembre scorso ci hanno richiamato ad un intervento puntuale, ad un impegno preciso che riguardava tutta la situazione dell'agricoltura.
Io non so dire esattamente se la Federconsorzi è riformabile o meno però, poiché non si tratta di un apparato politico ma di un apparato economico, se c'è la volontà politica di riformarla credo lo si possa senz'altro fare. E' necessario studiare il modo per riarticolare rilanciare e ristrutturare davvero il ruolo e la funzione dei Consorzi Agrari su quella larga base associativa che deve consentire non già il simulacro della presenza dei coltivatori, come è stato finora, bensì l'effettiva presenza e quindi l'effettiva autogestione del rapporto tra acquisto e vendita dei prodotti, sia agricoli che industriali, seguendo gli interessi delle due categorie.
Sono convinto che non solo questo sia possibile, ma che bisogna farlo.
Mi sembra di capire che tutte le associazioni professionali vicine ai problemi del- l'agricoltura auspichino che si vada verso il rinnovamento tutte ritengono essenziale questa struttura, sostenendo tuttavia la necessità di una democratizzazione e di un diverso indirizzo politico.
E dico un altro indirizzo politico perché, in qualche misura, la Federconsorzi non ha assolto alle funzioni per le quali era proposta originariamente, non solo nel 1892, anno glorioso che mi ricorda la nascita del Partito Socialista Italiano.
MARCHINI E della Federconsorzi.
ROSSA Il Partito Socialista Italiano ha invece continuato lungo una direttrice coerente e lineare, che mi sembra molto diversa da quella della Federconsorzi. Infatti, mentre la Federconsorzi è andata in fallimento, il Partito Socialista Italiano dopo 100 anni registra la sua vittoria storica politica e culturale, rappresentando l'unica alternativa, la grande speranza per la costruzione di una società giusta fondata su grandi valori che naturalmente ha in sé gli elementi che sono socialisti e liberali: il rispetto dei valori laici e cristiani.
Questa è la differenza tra la Federconsorzi e il Partito Socialista Italiano, collega Bosio; visto che stavi facendo qualche battuta, te lo dico subito: tu sei libero di prenderne atto o no, però questa è la linea che oggi abbiamo.
Riprendendo il discorso, poiché nascono entrambi nel 1892; ho voluto evidenziare che questa data mi ricorda la nascita della forza politica alla quale appartengo e di cui celebreremo il centesimo anniversario il prossimo anno, con quei risultati che ho voluto ricordare.
Diciamo che non era nemmeno nelle intenzioni del Ministro Gullo nel 1948 lasciar slittare la Federconsorzi e i Consorzi agrari su delle linee che naturalmente si sono rivelate diverse. Anche su questo caso dovremo impostare un discorso più ampio che però non è possibile, bisognerà vedere se l'avvento delle forze democratiche dopo il 25 aprile è riuscito ad essere, non soltanto politico ed istituzionale, ma anche reale, concreto ed economico. In una certa misura è stato molto politico ed istituzionale e molto meno economico, in effetti non è trascorso molto tempo che la situazione controllata prima del'45 da gruppi economici e politici di un certo segno la riprendessero nuovamente in mano.
Da questo punto di vista la maggioranza assoluta conquistata dalla democrazia cristiana nel 1948 ha dato il via alla monopolizzazione politica della Federconsorzi.
Signori, mentre mi dichiaro d'accordo sulle prospettive di rilancio sulle necessità di intervenire a livello piemontese e generale affinché i Consorzi agrari riprendano la loro attività nelle forme giuste, non posso non constatare che fino ad oggi hanno operato in un quadro politico che è stato al servizio della Democrazia Cristiana. Può piacere e non piacere tutto ciò, ma credo che a voi piaccia perché l'allora on. Paolo Bonomi capo del grande settore della coltivatori diretti, della Federconsorzi e in una certa misura dell'unione agricoltori, benché piuttosto di lato che al centro, ha rappresentato per molti anni un groviglio di interessi che erano economici e politici. Qualcuno ha detto cento deputati, erano naturalmente un bel numero di deputati che venivano alla Democrazia Cristiana. La situazione odierna ci consente di ragionare secondo una visione molto serena delle cose, sono trascorsi quasi trent'anni da quando, sull'onda degli scandali dei primi anni sessanta, Ernesto Rossi definiva il gruppo che gestiva la Federconsorzi, i "trebbiatori di miliardi". Lo diceva Ernesto Rossi che fu un uomo di cultura, un ricercatore, un uomo politico al di sopra di ogni sospetto di parte...



(Voci dall'aula)



PRESIDENTE

ROSSA



PRESIDENTE

Probabilmente non era vostro amico però era un uomo che guardava con obiettività questo processo, pur essendo critico nei confronti di un certo modo di gestire il potere, che era una commistione tra interessi di parte associazionistici e di potere, non avrei mai pensato di arrivare uri giorno a constatare che la Federconsorzi è arrivata al fallimento. Io ero molto ottimista, al di là delle funzioni politiche che esso ha assolto, invece oggi devo ricredermi, devo constatare che dietro a questi fatti si è registrata una situazione che richiede un intervento di particolare attenzione. Le vicende si sono svolte in questo modo, non c'è stata questa possibilità, è inutile parlare di apertura, i Consorzi agrari sono stati gestiti da gruppi di potere ben definiti, prendo atto dell'obiettività della configurazione elettorale, la lista di maggioranza e la lista contrapposta, ma nella realtà erano tutte liste generate, gestite e organizzate dalle parti che naturalmente controllavano tutta la situazione.
Questo è stato uno dei motivi anche di discussione, di contrasti che si determinò quando ci fu il primo incontro tra socialisti e democristiani senza però che infondo si potesse arrivare a qualche risultato. Il risultato conseguito fu quello di istituire l'AIMA per far vedere che c'è anche qualche cosa di diverso, ma nella sostanza le cose non sono cambiate.
Questa è l'evidenza dei fatti, non sono qui per imputare delle responsabilità specifiche alla Democrazia Cristiana che in qualche modo è chiamata oggi a rendere conto, ma prendo atto della realtà, prendo atto che c'è una situazione nella quale la Democrazia Cristiana ha tratto beneficio da questa grande rendita. Oggi sono crollati i muri e fortunatamente è possibile vedere al di là delle paratie che hanno bloccato il tutto.
Mi auguro che situazioni di questo tipo vengano rimosse, che vengano attuati tutti gli sforzi politici affinché si ritorni davvero a svolgere le funzioni origi-narie previste nel 1892, perché si realizzi veramente quell'associazionismo che è fondamentale per il rilancio dell'agricoltura per riequilibrare i rapporti tra produzione e domanda nel settore agro industriale. Un grande Paese come il nostro non può sottostare ad una situazione pesante come quella nella quale ci troviamo e credo che debbano essere costruite quelle strutture nello spirito e nei fatti in rapporto con l'Europa, con le cose che dobbiamo fare e lo si faccia al di fuori di quelli che sono gli interessi politici immediati di carattere elettorale lasciando alle persone quella libertà per esprimersi e partecipare con le proprie idee e i propri contributi.
Certamente non sarà facile ottenere tali risultati perché occorrono delle riforme, c'è un problema anche di cassintegrazione, di sovradimensionamento degli organici, però anche in questo caso dobbiamo attuare una politica di rilancio dell'agricoltura che comprenda anche la modernizzazione, il superamento del monopolio di ' potere che c'è stato in questo settore e il rilancio di quelle che sono le prospettive associative che sono essenziali per lo sviluppo, non solo della nostra agricoltura, ma per un impegno nuovo della nostra economia anche in campo europeo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Colleghe e colleghi, il compagno Giancarlo Pajetta nel 1963 chiedeva ripetutamente in varie sedi al collega Bonomi che fine avessero fatto i mille miliardi della Federconsorzi. Questa domanda la ripeteva in quelle prime tribune politiche trasmesse in televisione, in quell'Italia che superata la crisi del dopoguerra, stava vivendo un boom economico.
L'On. Bonomi non ha mai saputo rispondere dove fossero finiti quei 1000 miliardi e oggi, a distanza di 30 anni, ci troviamo a dover chiedere nuovamente conto di somme gigantesche che mancano dai conti della Federconsorzi. C'è un peggioramento rispetto alla situazione del 1963 Assessore. Allora - almeno - il compagno Pajetta sapeva di che cifra chiedere conto: circa 1000 miliardi. Noi, invece, non siamo neppure in grado - ecco il peggioramento dei tempi - di chiedere quale cifra manchi dai conti della Federconsorzi: le cifre che lei ha fornito nella relazione infatti, sono diverse da quelle fornite dal Ministro Goria, a giugno di quest'anno in Parlamento e varieranno ancora perché le migliaia di miliardi possono cambiare a seconda di come si fanno i conti e soprattutto di come si contano i crediti.
Il peggioramento, quindi, è avvenuto. Assessore Lombardi, grazie alla Federconsorzi, però. L'Italia è finalmente prima in Europa: un concordato preventivo di questa cifra, con 2500 creditori di cui 938 oltre 130 milioni; ci fa balzare al primo posto in Europa in questo settore.
Parti molto diverse - dalle Organizzazioni Sindacali fino all'ex Presidente della Confagricoltura, azionista di minoranza della Federconsorzi - fotografano la Federconsorzi come struttura assistenziale funzionale alla gestione, clientelare, struttura nell'arca del paraStato nella quale tra i partiti solo la DC aveva un'ingerenza diretta pesante.
La questione che mi lascia più perplesso - Assessore - sia nella sua relazione che nell'intera vicenda della Federconsorzi è relativa al problema delle responsabilità.
Il collega Rossa ha concluso dicendo che a lui non interessa capire di chi sia la responsabilità di questa situazione. Io invece penso sia proprio questo il punto importante dà conoscere: per quali responsabilità si è giunti a tale situazione.
Il Ministro Goria, il 2 giugno di quest'anno, ha dichiarato in Parlamento di non essere in grado di dire se sia colpa di qualcuno. Sarà di qualche entità soprannaturale! Al collega Rossa non interessa, io ritengo invece ci debba interessare.
ROSSA Non mi sono spiegato, non mi interessa chiedere i conti.
CHIEZZI A me, invece, l'unica cosa che interessa è chiedere dei conti e capire se non tornano - a chi devo dire grazie! La struttura della Federconsorzi è stata gestita politicamente dal "sistema di potere" della DC e questo - se volete - è un modo un po' ruvido e grossolano di parlare della presenza di questo partito nella società italiana e nelle sue strutture, come la Federconsorzi. Il sistema di potere rende però bene l'idea perché di solito, all'interno dei cosiddetti sistemi di potere, è difficile individuare delle responsabilità.
Insieme a molti colleghi qualche giorno fa sono stato a Praga, ad un convegno in cui i rappresentanti dei Paesi dell'Est hanno ripetuto in più sedi, anche nelle Commissioni, un concetto che voglio richiamare. Il problema che sollevavano più spesso, avendo vissuto in un sistema di potere, un regime a partito unico, era il nesso stretto tra il concetto di libertà e democrazia ed il concetto di responsabilità.
Penso che nei Paesi dell'Est il non poter individuare le responsabilità di quanto accadeva fosse uno dei drammi che più colpiva la gente ed il sistema politico. Parlo di "sistema di potere" perché è dal 1963 che mancano 1000 miliardi - oggi saranno 3-4 mila o chissà quanti - ed il sistema di potere (qui l'Assessore Lombardi, a Roma il Ministro Goria) non dà ancora risposte chiare.
Nella relazione che il Ministro Goria ha fatto al Parlamento, parlando di "strategia di rilancio della Federconsorzi" richiamata anche dall'Assessore, i responsabili politici di questo disastro hanno scritto: bisogna tornare allo spirito originario. Ma qual è questo spirito originario? Che sia quello dell'800 è un po' strano! E' forse quello del fascismo? E poi, chi gestiva questo spirito originario? Non è stata sempre la DC che si è impossessata di questa struttura? Vuol dire che i responsabili politici del disastro sono quelli che si propongono come capaci di cambiare questo stato di cose? Penso che la vicenda della Federconsorzi sia il problema dell'occupazione, da parte dei partiti o di istituzioni estranee alle istituzioni elettive, delle strutture dello Stato. Occupazione di istituzioni e partiti dello Stato: questa è l'origine dei mali attuali.
Le cause sono elencate nella relazione con forma da regime - Assessore Lombardi. La forma da regime rende impossibile elencarle esplicitamente, ma la loro sostanza che traspare è il clientelismo, i soldi tenuti nelle tasche sbagliate, nelle assunzioni inutili, ecc. Sono quelle cause che l'Assessore elenca con la foglia di fico, costituita dai termini che si usano, ma i concetti sono questi.
Faccio un'ultima considerazione. Assessore, perché dell'occupazione dello Stato e delle Istituzioni da parte dei partiti dobbiamo prestare maggiore attenzione. Un esempio. Ho casualmente ritrovato un numero della rivista "Piemonte rurale" che tutti noi riceviamo. Porto un esempio piccolissimo e privo di alcun interesse generale che però fa capire quale sia la situazione nel mondo dell'agricoltura, dentro la Coldiretti, come la Coldiretti si rapporti alle strutture dello Stato.
Non so se sia vero quanto dicono, che il Deputato Bruni della DC sia intervenuto dicendo che si vorrebbe far credere che la Coldiretti abbia vissuto per merito della Federconsorzi, ma l'On. Bruni l'ha detto. La Coldiretti, nel numero 1 del 15 agosto 1990 della rivista "Piemonte rurale", scrive: "Insediata la Giunta regionale: Giampaolo Brizio Presidente e Lombardi riconfermato Assessore all'agricoltura. La Coldiretti piemontese saluta con viva soddisfazione la riconferma di Emilio Lombardi suo diretto rappresentante, alla guida, dell'Assessorato all'agricoltura".
Ma come, Emilio Lombardi è il diretto rappresentante della Coldiretti? Emilio Lombardi è il diretto rappresentante dei cittadini piemontesi che l'hanno eletto! La Coldiretti, invece, considera Emilio Lombardi un proprio rappresentante. Queste sono piccole cose, ma molto indicative.
Non so se anche Emilio Lombardi si consideri rappresentante della Coldiretti, di certo no, perché sa benissimo di chi è rappresentante: degli elettori della Regione.
Perché la Coldiretti ha scritto questo? In soldoni, da un'affermazione di questo genere cosa gliene viene in tasca? E poi, per quali motivi pu fare un'affermazione di questo genere, la quale non mi sembra sia mai stata smentita su "Piemonte Rurale" da parte dell'Assessore Lombardi? L'interessato dovrebbe chiarire in quali termini è stato eletto e chi rappresenta, rifiutando un'immagine del proprio ruolo come quella fornita dalla Coldiretti! ' Quando parlavo di commistione tra partiti, istituzioni affari, e via dicendo, non ne parlavo in termini generali; ci sono degli esempi concreti e questo è uno, piccolissimo, fra i tanti. Tuttavia, in questo senso bisogna aprire le questioni, bisogna "scartocci re" questo grumo, vedere cosa vi è dentro e vedere anche, collega Rossa, le responsabilità: penso che le sinistre dovranno chiedere questo.
Le sinistre devono chiedere al sistema di potere presente nel mondo agricolo (in Piemonte abbiamo un bellissimo esempio di province bianche) una verifica di cos'è successo e devono quindi chiedere conto di queste responsabilità.
In questo ambito a lei, Assessore Lombardi, che non è il diretto rappresentante della Coldiretti, ma che probabilmente della Coldiretti ne sa qualcosa, chiederei, visto che nella sua relazione ha detto di voler aggiungere l'impegno regionale a quello della Commissione d'indagine parlamentare, una cosa piccola, che forse può fare bene considerato il suo rapporto con la Coldiretti. Si dice che molti dipendenti della Federconsorzi fossero distaccati dal punto di vista sindacale e "prestati" ad altre organizzazioni professionali, ecc. In generale non si capisce bene questa vicenda, insieme a tante altre della Federconsorzi. Forse lei Assessore, può riferire al Consiglio se tutto ciò sia vero (se persone presenti nel libro paga della Federconsorzi lavorassero invece alla Coldiretti) e chiarire al Consiglio come effettivamente sia andata la vicenda.
Il personale della Federconsorzi e dei Consorzi Agrari in che misura è stato distaccato in altri luoghi per attività sindacali o per altre attività professionali? Fornendo delle notizie in merito, lei darebbe una grossa mano a questo Consiglio nell'individuazione delle responsabilità in questo gigantesco crack che ci ha visti primi, ahimè, in Europa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goglio.
GOGLIO Ho seguito con molta attenzione la dettagliata relazione dell'Assessore all'agricoltura. Il dibattito sulla questione Federconsorzi, però, giunge un po' tardi dato che i provvedimenti presi dal Ministro Goria risalgono ormai al mese di maggio.
La pausa estiva dei lavori del Consiglio spiega il ritardo in qualche misura, ma non può servire da alibi; quindi, dobbiamo preoccuparci di contribuire a sanare la situazione di grave turbativa e preoccupazione creatasi nel mondo agricolo.
Già il provvedimento ministeriale fu di una tempestività abbastanza inusitata in questo genere di cose e per un organismo così carico di interessi sociali, politici ed economici.
Di solito se ne parla, ma provvedimenti radicali carne lo scioglimento degli organi sociali della FEDIT non fanno parte del modo di governare tipico dell'Italia.
La quasi segretezza sugli intenti e l'immediatezza del provvedimento trova una qualche giustificazione nel fatto che provvedimenti di carattere economico così rilevante vanno tenuti segreti ed usati con tempestività come l'aumento della benzina o la svalutazione di una moneta.
Il documento dell'Assessorato è esauriente anche per quel che riguarda la storia della Federazione Italiana dei Consorzi Agrari, fin dalla loro lontana origine ormai secolare.
Piuttosto mi chiedo oggi, come me lo chiesi nel mese di maggio ascoltando le dichiarazioni del Ministro Goria, perché si fosse lasciata incancrenire una situazione tanto grave dal punto di vista economico e finanziario.
Ciascuno dei motivi, indubbiamente esistenti, addotti, per il collasso della FEDIT si è protratto e aggravato per decenni; ad esempio, la gestione ammasso risale addirittura al 1963.
Non era possibile, in veste di Consigliere regionale, saperne un po' di più prima del provvedimento, anche per capire meglio il perché delle polemiche che ci furono allora fra le associazioni di categorie interessate e il Ministro dell'Agricoltura e Foreste? Comunque, mi pare che a questo punto non ci sia altro da fare che prendere atto della situazione attuale e tentare di contribuire a porvi rimedio nel senso di una riorganizzazione responsabile e di rilancio dei Consorzi Agrari.
Tale riorganizzazione è quanto si richiede dal mondo dell'agricoltura i cui addetti in Italia, quasi tutti piccoli e disuniti, difficilmente possono affrontare da soli il mercato internazionale dei prodotti agricoli.
Nella premessa delle strategie di rilancio suggerite dal Ministero dell'agricoltura, tra le cause del collasso in argomento, compare l'esubero di personale e una diffusa mancanza di professionalità, quantificante anche il divario tra fatturato per addetto attuale e, fatturato da ottenere per una gestione economica.
C'è una contraddizione che rilevo solo perché non credo che, almeno per quanto riguarda questo aspetto, il fatturato sia la cosa più importante. I prodotti distribuiti dai Consorzi e usati in agricoltura sono, come sappiamo, quasi tutti da tenere sotto controllo.
Si tratta, è bene ricordarlo, di mangimi e di concimi, ma anche di diserbanti, fitofarmaci e pesticidi il cui uso ha indubbiamente migliorato la produzione, ma ha anche creato gravi problemi di ordine ambientale ed ecologico.
E non è necessario cercare le prove per dire che l'uso di questi prodotti, sia per la distribuzione che per il controllo, sia stato diciamolo pure, abbastanza scriteriato, almeno fino a qualche tempo fa! Ecco, secondo me, qual è il settore dove è accettabile perdere qualche punto sull'economicità di gestione dei Consorzi Agrari riorganizzati.
La professionalità degli operatori addetti alla distribuzione dei .Consorzi va commisurata non alla quantità di prodotti che riescono a "smerciare", ma piuttosto ai buoni consigli che riescono a dare agli agricoltori, sulla base di una cultura diversa, ma indispensabile per ridurre, senza danni gravi per l'agricoltura, l'uso dei prodotti chimici.
Per quanto riguarda tutti gli altri punti previsti per il rilancio e la riorganizzazione dei Consorzi Agrari, sulla base della nota del Ministero penso non vi sia altro da aggiungere oltre a quanto già detto dall'Assessore nella sua relazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri il Gruppo Liberale ritiene di dover apprezzare la comunicazione dell'Assessore come contributo di conoscenza. Il Gruppo liberale ha il dubbio che questo dibattito non abbia alcun senso; perché ci sono sedi in cui tali questioni venano delibate a livello politico, giudiziario e, se è il caso, anche a livello penale.
Sono contrario ad approfondimenti, integrazioni e dibattiti in sede di Commissione in quanto la ritengo una materia del tutto estranea.
Quello che, invece, mi preoccupa è che fatto politico sono le cose che qui abbiamo sentito, perché la vicenda si chiuderà in qualche modello sostitutivo o successorio.
Quello che probabilmente dobbiamo e possiamo fare nei confronti dei decisori, quindi delle forze politiche nazionali, è rompere alcuni elementi di omertà e d'ipocrisia politica. Sono abbastanza scandalizzato dalle dichiarazioni del collega Riba e questa è una cosa curiosa, perché il Gruppo Comunista ha affidato la questione ad una faccia presentabile della cultura del Piemonte comunista. Però quando si ricordano le modifiche e le trasformazioni autarchiche e fasciste di Mussolini si devono chiamare comuniste perché giustamente in una sua intervista Bettino Craxi ha qualificato comunisti Mussolini e La Malfa. Non dimentichiamoci che La Malfa ha tenuto bordone ad un'operazione politica che vedeva come cervello un socialista, cioè De Martino, che riteneva che tutto si dovesse nazionalizzare meno...
Il fatto che il Partito Comunista, sia pure ritrasformato e ridisegnato come partito dei socialisti o della sinistra, si scandalizzi che la D.C.
abbia usato il movimento cooperativo come cinghia di trasmissione e di potere con l'elettorato, è un problema di buon gusto, perché questo è stato fatto, forse in misura minore perché non ci è riuscito bene, anche dal Partito Comunista. Che cos'è il sistema dell'organizzazione del potere e del sottopotere comunista se non funzionale ad un sistema di governo di un partito su alcuni pezzi della società con il corrispettivo in termini di risorse economiche, di carriere di persone e di elettorato? Per favore evitiamo di perdere il nostro tempo a rimproverarci spudoratamente di questioni di cui sicuramente due partiti sono maestri, e non so in che misura gli altri possano dichiarare di tenersi fuori.
Noi siamo qui a fare un ragionamento di ordine moralistico, ma si tratta di capire se le cose ascoltate siano ancora difendibili o meno, o se anche in Piemonte non si debba prendere atto che si è esaurita la funzione della cooperativa S. Matteo. E se la collega Bresso non sa cos'è la cooperativa S. Matteo vada a leggere le decine di interrogazioni presentate dal sottoscritto a questo proposito, o ad esempio sullo stato della Cuneo Polli e questo non sicuramente con l'Assessore Lombardi. Vedrà che la cultura dello sfruttamento ideologico e di potere del mondo agricolo in funzione di governo di alcuni partiti è la tradizione di questo mondo. Il vero problema è che non ci scandalizziamo del fatto che leggiamo, a margine della finanziaria, che il sistema agricolo in Italia concorre al monte fiscale per lo 0,5. E' questo il punto cari amici; vuol dire che ci troviamo davanti ad un settore che viene considerato assistendo e non assistito. Assistito è uno che ha bisogno di essere assistito, mentre assistendo è uno che si decide che dovrà essere sempre assistito.
Dobbiamo riportare un tornaconto di consensi e di tipo economico quindi, contrariamente a quanto si è detto qui - e stamattina sono state dette cose gravi anche dal collega Rossa - lo spazio dell'agricoltura non è quello che vogliamo noi, ma è lo spazio che è, è l'autarchia che decide quale spazio debba avere l'agricoltura. Invece, la realtà economica sceglie il ruolo e decide in ordine alla vocazione del territorio, alla capacità degli imprenditori e alla capacità complessiva del sistema.
In quest'aula abbiamo sentito e letto che esistono leggi per il recupero delle terre marginali, che sono quelle sulle quali bisogna investire per produrre, mentre le aree fertili vengono abbandonate a tutti i livelli.
Quando conserviamo un sistema agricolo assistendo, e quindi gli si dà licenza non di evadere, ma di eludere, vuol dire volere che rimanga fuori dal meccanismo economico internazionale. Il mondo agricolo è responsabile della crisi e delle difficoltà del sistema assistenziale di questo Paese e lo sappiamo tutti.
Il problema, a mio modo di vedere, non è sapere 30 anni dopo se il buco è di 1000 miliardi o di 1500. Questo attiene ad una fase della nostra storia che dobbiamo considerare come merito storico della D.C.; se quest'ultima nel '48 non fosse riuscita a mantenere, sullo schieramento moderato-conservatore, pezzi della società oggettivamente e politicamente interessati a votare in modo diverso, qui non celebreresti il centenario del tuo partito, caro collega Rossa. Celebreresti probabilmente il recupero dell'autonomia del nostro Paese in termini istituzionali.
Quindi, andare a leggere i fatti del '48 a posteriori mi sembra antistorico; la D.C. ha un merito storico, gli strumenti che ha usato sono sicuramente strumenti non condivisibili, ma non giustificabili e non leggibili soltanto 40 anni dopo. Si tratta di capire se rimane nella nostra testa l'illusione che questi meccanismi possono e debbono continuare.
Collega Rossa, quando tu continui ad usare certi termini e quando li usa anche il collega Chiezzi vuol dire che non si prende atto che il Mercato Comune significa, anche su questo, che a fare giustizia del clientelismo e dell'assistenzialismo non sarà l'accezione moralistica al problema, ma l'accezione liberale. Quindi, anche su questo deciderà il mercato.
Non possiamo immaginare, solo perché adesso è così, che il sistema agricolo continui a vivere di rendite che paga con i sistemi elettorali e le forze politiche che hanno la capacità di strumentalizzare queste situazioni.
Non mi scandalizzo che qualcuno considera il collega Rossa il proprio rappresentante in Regione; probabilmente anche il CAI considera me il proprio rappresentante in Regione. Ci sarà qualche libercolo che dice che il Consigliere Rossa rappresenta in Regione la Provincia di Alessandria non è così e non scandalizziamoci di questo.
Riconosciamo quello che va riconosciuto e cioè che l'Assessore Lombardi viene considerato nel mondo agricolo, in senso ampio, il più liberale di tutti, il che non vuol dire che sia liberale. Abbiamo grande fiducia nell'Assessore che con le proprie capacità saprà gestire questo momento, ma le vicende attuali ci devono far ritenere chiusa una fase. Il sistema cooperativo deve essere concepito non in funzione assistenziale, ma in funzione di razionalizzazione delle capacità e delle dimensioni. Se per cogliamo queste occasioni soltanto per ricordare Pajetta, tanto valeva pubblicare dei filmini; ricordiamo tutti quando batteva i pugni e faceva le campagne elettorali.
Temo che, invece, il gioco delle parti con cui il Gruppo Comunista rimprovera la D C, e la D.C. a buon gioco rimprovera il comunismo della cultura assistenziale e strumentale del mondo agricolo, ritarda la presa d'atto che rispetto all'agricoltura il nostro Paese deve copiare dei modelli. Stamattina ho sentito una frase che mi ha colpito: quando si fa il rapporto tra il sistema agricolo e il sistema agro-alimentare bisogna anche valutare che questo comporterebbe la presa d'atto che il nostro sistema commerciale è di distribuzione del tutto inadeguata rispetto a questi processi.
Quindi quando, per esempio, votiamo contro i supermercati, facciamo una cosa degnissima; ma ci dimentichiamo che il supermercato è sostanzialmente un modello, un elemento del moderno sistema socio-alimentare; non è soltanto il sistema della distribuzione, è un elemento del più complesso sistema agro-alimentare che in Italia è in ritardo, e quindi un giorno o l'altro questo problema si porrà. Non si può immaginare che un sistema agricolo avanzato possa servirsi dei canali di distribuzione tradizionale.
Questa è un elemento di cui dobbiamo tener conto.
Il nostro sistema economico non può più sopportare alcuni pezzi di intermediazione; se si fanno saltare alcuni pezzi di intermediazione è evidente che la fornitura all'utilizzatore finale e quindi al cittadino è diversa da quella tradizionale. Sono sicuramente passaggi che costeranno in termini di consenso, in termini di responsabilità politica, ma che dobbiamo affrontare e non possiamo evidentemente ricondurre queste questioni a cose che, mi auguro, vengano approfondite in altra sede: le responsabilità politiche, penali e contabili su questa materia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Una cosa che mi è stata sollecitata dal Consigliere Marchini su cui vorrei iniziare è proprio questa. Come il Consigliere Marchini forse sa sono di vecchia (per ragioni di età e anche perché da tempo abbandonata) cultura liberale e la mia matrice liberale, nonostante tutto, permane in fondo al cuore. Il collega Marchini ha proprio spiegato perché in questo paese la cultura liberale è in via di totale seppellimento, pur essendoci un recupero, un rilancio a livello internazionale della più vera cultura liberale. Nel nostro Paese i liberali non esistono più e stanno sparendo perché la cultura...



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Non sono mai stata iscritta al Partito Liberale, ma ho ormai abbandonato il mondo liberale da molti anni (non dico quanti perché ciò mi invecchierebbe troppo), proprio perché questo partito non ha mai fatto le battaglie liberali che invece i giovani della sinistra liberale volevano portare avanti e portavano avanti. Questo ha prodotto una continua uscita un'auto-espulsione dal Partito Liberale che lo ha dissanguato della parte migliore della sua cultura. E questo è successo proprio per i motivi che ci ha detto il Consigliere Marchini: battaglie fondamentali del mondo e della cultura, battaglie liberali, che però non sono state fatte.
Ho qui un vecchio libro del 1963 sulla Federconsorzi (quello a cui probabilmente faceva riferimento prima il collega Rossa), che riporta i risultati di un convegno organizzato da Ernesto Rossi, Manlio Rossi Doria Leopoldo Piccardi, il meglio della cultura liberal (non liberale) dell'epoca, con citazioni di Einaudi, ma a cui nessun esponente liberale aveva partecipato per le ragioni che diceva il collega Marchini: la continua paura del confronto con il mondo della sinistra che ha fatto sì che il mondo liberale sia stato succube del regime democristiano e non abbia saputo esprimere nulla di importante e di rilevante nel nostro Paese sul piano politico-culturale. In particolare non è stata fatta questa battaglia contro la Federconsorzi che dura oramai non da anni ma da decenni.
Sono andata a riprendere questo libro sulla Federconsorzi che avevo comprato tanti anni fa, ma non all'epoca e a rileggere quello che si diceva allora. Una delle cose curiose - ed è impressionante perché è l'unico caso è che le cifre riportate erano già così elevate allora da apparire ancora oggi rilevanti, pur con l'immane svalutazione (pensate dal 1963 ad oggi) che c'è stata. Nessun'altra cifra pubblica di deficit pubblici di allora è rilevante, sembra tutto piccolo piccolo eppure già allora si calcolava, pensate, che su 6.500 lire a quintale che ricevevano i contadini per l'ammasso, ci fossero ben 2.700 lire di soldi che andavano a finire nella Federconsorzi.
Leggo testualmente: "Questi sistemi ci fanno capire - parliamo del 1963 come si sia potuto caricare sul bilancio dello Stato per il solo finanziamento della macchina degli ammassi obbligatori, una spesa media di circa 2.700 lire per ogni quintale di grano passata attraverso i canali delle Federconsorzi, grano pagato in media agli agricoltori meno di 6.500 lire".
La Federconsorzi caricava la gestione degli ammassi di praticamente il 50% rispetto a ciò che prendevano gli agricoltori, attraverso i meccanismi su cui non tornerò ma che sono qui listati: forse vale la pena leggerli perché ci indicano cosa è stata la Federconsorzi e che cosa è stata la battaglia che non il mondo comunista o il mondo socialista, tutto il mondo progressista ha dato in quegli anni e da allora contro la gestione della Federconsorzi (ma non il mondo liberale).
Che cosa facevano per truffare una somma di queste dimensioni, che si contava allora già nell'ordine delle centinaia, migliaia di miliardi? Addebitavano nei conti delle gestioni statali cali che non si erano mai verificati nel grano custodito per conto dello Stato; addebitavano alle gestioni statali il costo di prepuliture che non erano state fatte speculavano (e continuano a farlo, d'altronde ecco come sono andati a finire) sulle variazioni del prezzo del grano, vendendo il grano ammassato quando il prezzo era alto per ricomprarlo quando era basso: acquistavano scorie che aggiungevano nei magazzini del grano all'ammasso; caricavano sullo Stato una parte delle spese dell'ammasso volontario del grano utilizzavano il grano dell'ammasso scegliendone le parti migliori per farle passare come grano di seme selezionato; acquistavano a basso prezzo dai magazzini dell'ammasso come grano avariato quello che era tale solo in parte o che avevano loro stessi fatto alterare per lucrare sulla differenza; addebitavano alla gestione statale viaggi di autocarri che non erano mai stati effettuati o viaggi vuoti di ritorno che venivano invece utilizzati per il trasporto di merci che il Consorzio commerciava in proprio. Una lunga lista del come avevano fatto a far pagare 2700 lire per ogni quintale quando il grano veniva pagato 6.500.
Si potrebbe pensare che qualcosa da allora sia cambiato, e invece no si è andati avanti così e si è accumulato quel debito che abbiamo sentito illustrare dall'Assessore Lombardi e che miracolosamente è contenuto in 5 mila miliardi di lire e non di più, perché certamente se andassimo a fare le rivalutazioni delle cifre la situazione era forse addirittura peggiore allora di quanto sia adesso.



PRESIDENTE

LOMBARDI, Assessore all'agricoltura



PRESIDENTE

Ci sono 5 mila miliardi di debito ma più di quattro mila di attivo.



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Sì, con alcuni attivi, di cui però buona parte non esigibili naturalmente non è il saldo, non è il deficit reale, hai ragione, mi scuso.
Cito ancora Einaudi, a beneficio del solo Consigliere Marchini, che addirittura in una relazione presentata nel marzo 1947 diceva: "E' utile agli istituti che finanziano gli ammassi e all'istituto di emissione, ma non egualmente vantaggioso per la collettività". La situazione è così rimasta.
Devo dire che da molti anni mi occupo solo marginalmente di agricoltura, a livello politico e non più a livello professionale, ma la vicenda della Federconsorzi suscita in me, oltre al rinnovo dell'indignazione, una soddisfazione: il fatto che almeno 27 anni dopo le denunce e le battaglie e dopo l'iterazione per decenni, almeno i nodi giungano al pettine e si sia obbligati a smantellare pezzi del sistema clientelare in questo Paese democristiano. Ha ragione il Presidente Cossiga: in questo Paese il socialismo reale è di marca democristiana. Non dico che non sarebbe potuto essere diversamente, ma è così, questa è la realtà, chi non ha lottato contro questa realtà sta pagando il fatto di non aver partecipato a queste battaglie.
L'unica mia soddisfazione da questa vicenda, è che gli agricoltori si sono resi conto che stanno pagando una fiducia ingiustificata concessa al gestori di questa struttura. Fiducia che certamente non possono dire di aver avuto senza che ci fosse una conoscenza, una battaglia, una diffusione di informazioni sul fatto che i dirigenti della Federconsorzi e dei consorzi agrari non meritavano questa fiducia. Quindi, non si può dire che non erano stati avvertiti, ma hanno continuato a mal riporre la fiducia e adesso i nodi vengono finalmente al pettine e molti, forse anche giustamente, dovranno pagare, alcuni forse essendo stati eccessivamente disattenti e ingenui dovranno anche pagare colpe non tutte proprie, ma almeno si arriverà allo smantellamento di questo pezzo di socialismo reale.
Credo che una discussione sulle proposte, forse in Commissione, andrà fatta perché...



PRESIDENTE

MARCHINI



PRESIDENTE

Perché non lo chiamate solamente socialismo?



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Perché questo in Italia non era socialismo, ma solo socialismo reale che è un'altra cosa.



(Voci dall'aula)



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Vogliamo chiamarlo invasione da parte di un partito dello Stato? Va bene chiamiamolo così, però con conniventi partiti liberali che non dovrebbero essere conniventi con l'invasione da parte dei partiti dello Stato. Comunque i conniventi sono stati molti partiti, anche il tuo collega Marchini.
Comunque penso che in qualche sede si dovrà discutere della nuova struttura, perché la mia impressione, dalla lettura della relazione dell'Assessore, dalle proposte dei giornali e dal Ministro Goria è che si voglia riproporre la ricostruzione di una struttura nuovamente a forte dominante della stessa parte che oggi viene messa in liquidazione, perch ha dimostrato per oltre un quarantennio di essere assolutamente letale per l'agricoltura italiana. Quindi la cosa più importante - proporrei un luogo per discutere in maniera più approfondita di tali questioni - è che emerge una soluzione in cui effettivamente si mettono in competizione strutture diverse di tipo cooperativo. Con questo non voglio dire di essere contro la cooperazione, la cooperazione in agricoltura è fondamentale: il problema è che anche nella cooperazione occorre liberare la competitività e creare condizioni per cui chi meglio è in grado di fornire servizi agli agricoltori possa dimostrare di essere una struttura migliore e ottenere più associazioni. Occorre separare quindi l'influenza politica dello Stato controllato da una parte di un partito dagli affari - e permettere che gli affari diventino davvero tali e non un prelievo indebito dalle tasche dei contribuenti. Non credo che la questione possa risolversi con questa relazione, perché quest'ultima non specifica che cosa succederà in futuro se non profilare alcune vaghe possibilità di soluzione, ma non ci sono proposte concrete per ciò che deve avvenire in Piemonte.
Quindi proporrei o un'altra discussione in Consiglio, oppure una discussione preliminare in una sede di Commissione che non vuol dire andare a ripetere questa discussione, ma verificare concretamente come risolvere la questione della Federcon sorzi, senza consentire anche agli amici del Consigliere Penasso (ve ne è un altro Consigliere della Coldiretti, inteso come proprietà)



PRESIDENTE

PENASSO



PRESIDENTE

Sempre meno.



PRESIDENTE

BRESSO



PRESIDENTE

Si libera? Anche il Consigliere Penasso verrà liberato dalla Condiretti? Magnifica notizia, siamo contenti che sia sempre meno Consigliere della Coldiretti, ciò significa una diminuzione dell'influenza della Coldiretti in questo Consiglio. Concludo dicendo che tale argomento necessita di un'ulteriore discussione, quando pero le proposte per uscire da questa situazione saranno chiare e ben configurate.



PRESIDENTE

Convoco per le ore 14,30 la Conferenza dei Capigruppo in preparazione dell'eventuale costituzione della Commissione Speciale di Indagine.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 13.45)



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