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Dettaglio seduta n.93 del 01/10/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Università

Dibattito sulla situazione universitaria in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo il dibattito sulla situazione universitaria in Piemonte, di cui al punto 4) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Bosio.
BOSIO Signor Presidente, non si sfugge alla sensazione, dopo la relazione dell'Assessore sullo stato generale dell'Università in Piemonte, che il tema che abbiamo di fronte, per quanto apparentemente parziale, per essere affrontato compiutamente richiederebbe altre condizioni e tempi a disposizione diversi.
Sapendo che le scelte cui siamo di fronte sono in discussione in Commissione, è consentito stringere sommariamente le valutazioni e richiamarle proprio per estremi dati.
Ho letto la documentazione fornitaci dall'Assessore sullo stato dell'Università, degli studi universitari e delle strutture relative; la documentazione, abbastanza precisa, dà un quadro della situazione pesante e negativo. Quello che mi stupisce è che non se ne traggono né giudizi, n proposte, né valutazioni, né progetti, né volontà. Si fotografa semplicemente la situazione, lasciando che altri decidano e valutino.
La questione dello studio universitario, dell'educazione e del sistema educativo complessivo del nostro Paese e della nostra regione è decisiva per molti settori. Lo vediamo quando parliamo di crisi dell'economia e della produzione in Piemonte ed in Italia, quando parliamo dei livelli di qualità della società e di organizzazione sociale oltre che produttiva.
Dovremmo ricominciare a prendere atto che i difetti più evidenti dello sviluppo, così come lo abbiamo conosciuto e voluto, sono abbastanza disastrosi, almeno rispetto ad alcuni punti dell'organizzazione di una società civile e complessa. Uno di questi - non solo per il nostro Paese per quanto il nostro Paese, e la nostra regione ne soffrano moltissimo - è la crisi complessiva dell'educazione, del sistema educativo, dai livelli più bassi a quelli più alti dell'Università. Qualcuno parla perfino di una sorta di analfabetismo sviluppatosi assieme allo sviluppo; è una situazione non direttamente riferita alle questioni universitarie, ma al livello qualitativo culturale, educativo e scolare della società nel suo complesso.
L'Università - è il bilancio che ci ha presentato l'Assessore a voce e per iscritto-rispecchia questo dato al più alto livello educativo; in Piemonte ha caratteristiche che altri Consiglieri hanno già sottolineato ma che andrebbero considerate seriamente.
Il rapporto tra gli iscritti all'Università e i laureati è impressionante! Non è riferibile all'Università in sé, al sistema educativo universitario, ma ad un complesso di questioni che hanno come epicentro la struttura educativa. Quando parlavamo del lavoro usavamo una parola nuova che adesso mi sfugge - per indicare la "mortalità" di coloro che il lavoro lo perdono o non lo trovano più; qui parlerei di mortalità degli studi verso la laurea.
Riguardo i posti letto la documentazione è indiscutibilmente utile; non cito la Lombardia che ha la popolazione universitaria più elevata, almeno nel nord Italia, ma una regione come l'Emilia Romagna che, a fronte di una popolazione di circa 77 mila studenti universitari, ha circa 2700 posti letto. Il Piemonte, con una popolazione universitaria superiore a quella dell'Emilia Romagna, dispone di 400 posti letto. Non voglio dire che i posti letto siano decisivi ai fini del sistema educativo, ma nell'esaminare criticamente il funzionamento di una struttura, questi sono dati che rivelano improvvisamente i reali e rilevanti problemi dei meccanismi con i quali ed entro i quali avviene la formazione del processo educativo al più alto livello.
Occorrono risposte di grande capacità di pensiero, di progettazione, di immaginazione, e per non lasciare il tutto all'immaginazione, capacità di costruzione concreta di risposte ai problemi.
Il rinnovamento del sistema educativo passa sicuramente anche attraverso una serie di conquiste; l'autonomia universitaria è un pezzo importante della riconquista di un'idea, di un sistema e di un percorso educativo di un certo tipo.
Su questo punto, però, bisogna intendersi: l'autonomia deve essere riferita prevalentemente al merito degli atti, degli studi, delle scelte delle specializzazioni, della definizione dei corsi, dei contenuti nonch ovviamente, delle strutture. Il rivendicare una specie di isolazionismo decisionale in merito ad una serie di questioni da parte del sistema universitario e dei Rettorati è una concezione sbagliata e avvilente dell'autonomia reale che dovrebbe essere sancita per le Università e per gli studi universitari.
Sia oggi che in futuro, nel concreto di altri atti che saremo chiamati a valutare, a noi compete cogliere il bisogno di riuscire a realizzare in Piemonte, per la sua natura e caratteristica, una rione, un decentramento reale, razionale e non campanilistico di poli diversi delle Università.
Mi rendo conto - ne parlo tranquillamente perché riguarda anche l'area da cui provengo - che per molti aspetti il personale politico è quello che è, anche nelle province che da tempo rivendicano una sede universitaria. Si presta quindi molto il fianco all'ipotesi del rischio reale di pensare alle nuove Università del nuovo centro tripolare Novara Vercelli Alessandria più come ad un fatto di campanile che non come ad un tentativo di esprimere una nuova organizzazione universitaria piemontese.
Il personale politico che sinora si è occupato prevalentemente di Università - e della nuova Università ad Alessandria-Novara-Vercelli - non ha tenuto seriamente in considerazione di mirare ad un processo di crescita del sistema educativo ai più alti livelli piemontesi. Così come noi tutti non riusciamo mai a distogliere la nostra concezione dell'Università come pura risposta alla produzione: il che va benissimo poiché è un pezzo decisivo della nostra società, ma con questa concezione abbiamo già rotto quel concetto di autonomia che abbiamo detto di voler assegnare alle Università, partendo in primo luogo dalla valutazione e dalla concezione che l'educazione, la conoscenza e la professionalità sono valori di un'organizzazione sociale e non di un prodotto industriale.
Da questo punto di vista so che esistono alcuni problemi ed alcune richieste pressanti, in particolare da parte dei Rettorati di Torino, per bloccare l'idea che si costituisca un'altra Università in Piemonte. Al di là del mio giudizio sul personale politico - che ci riguarda tutti considero queste le richieste campanilistiche e provincialistiche di chi tra l'altro, da decenni non ha saputo risolvere i propri problemi - così come viene indicato dai dati che ci sono stati forniti. Se ci fosse una verifica, questa andrebbe fatta anche con Rettori e Rettorati, per valutare la loro stessa incapacità. Occorre cominciare a ragionare in modo che chi ha le "mani in pasta" nelle decisioni sappia assumersi la propria parte di responsabilità, e non la scarichi sempre ad altri, rivendicando continuamente qualche pezzo di potere in un gioco che non ha niente di diverso dalle piccolezze politiche provinciali di Alessandria. Novara e Vercelli.
In questo senso, credo che sarebbe un errore se la Regione arretrasse dalla scelta di individuare un nuovo centro tripolare universitario in Piemonte adducendo scuse banali di rispetto dell'autonomia universitaria.
Il Consigliere Ferrara ha sollevato giuste questioni sull'Università di Torino, sul Politecnico e così via. Niente impedisce che una corretta capacità di proporsi degli obiettivi possa portare per Torino ad individuare nuove sedie localizzazioni più adatte e più consone ad un rinnovato concetto dell'educazione di alto livello, purché si afferrasi il principio, fra le diverse autonomie, di una comune volontà di programmare spazi, sedi e scelte universitarie piemontesi.
E' all'interno di questo quadro che occorre trovare soluzioni coerenti diversamente, problemi anche giustissimi come quello del Politecnico rischiano di aver involontariamente il sapore di problemi giusti che stanno dentro giochi e obiettivi diversi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montabone.
MONTABONE Grazie, Presidente. Non entrerò nel merito della situazione universitaria In generale, come peraltro hanno già fatto altri colleghi questo dibattito, così come concordato nella riunione di Capigruppo, mi dà l'occasione di fare alcune considerazioni sulla problematica degli ISEF.
Parlerò degli ISEF in generale e non esclusivamente di quello piemontese che comunque sarà consequenziale alla riforma attesa da tempo.
Non si tratta di una Facoltà in scienze dello sport, come qualcuno l'ha chiamata, ma di una Facoltà in scienze dell'educazione fisica, motoria e dello sport, attorno alla quale travagliate vicissitudini non hanno ancora trovato soluzione. Non entro nel merito dell'intera vicenda, ricordo semplicemente che qualche tempo fa gli insegnanti in educazione fisica si reclutavano attraverso una graduatoria di livello provinciale, alla quale si poteva accedere soltanto con un titolo di scuola media superiore.
Attualmente sembra che finalmente il Governo abbia deciso di emanare una legge per far sì che la tanto vituperata educazione fisica possa assurgere al ruolo di Facoltà.
In questi anni, in materia, ci sono state forti contrapposizioni all'interno del mondo dello sport, del CONI e degli enti di promozione sportiva.
Oggi siamo forse al traguardo; traguardo di livello nazionale all'interno del quale si sarebbe già fatta una suddivisione geografica riguardante soltanto tre città d'Italia: si sarebbero dovute istituire infatti, delle Facoltà di educazione fisica e di scienze dell'educazione fisica, motoria e dello sport a Napoli. Roma e Milano.
Ebbene, posso dire al collega Ferrara che, prima ancora che egli presentasse la propria interrogazione, l'Ufficio di Presidenza mi aveva incaricato di andare a Roma per verificare le varie opportunità per far sì che Torino non perdesse questa occasione.
Al collega Ferrara dico anche che la sua interrogazione, giusta e doverosa, ha però allarmato gli studenti di educazione fisica che stavano per iscriversi all'ISEF di Torino. E' evidente che, alla vigilia del 1992 quando certamente titoli di studio come questo conteranno più di altri, con l'ISEF di Milano che passerebbe a Facoltà, gli studenti del Piemonte hanno tratto le loro conclusioni. Di fronte allo spazio che ha avuto sui giornali la problematica dell'ISEF sollevata con la sua interrogazione, molti di questi studenti sono andati, infatti, a iscriversi a Milano.
Credo che in questo momento noi, come Consiglieri regionali, abbiamo il dovere di sottolineare come si sia recuperata la situazione al fine di dare tranquillità a quegli studenti che volessero oggi iscriversi all'ISEF di Torino.
Mi premeva dire queste cose, perché molto spesso la "cattura"della notizia comporta dei danni alla soluzione di un problema.
Mi sono permesso di fare questo breve intervento anche per avere l'occasione di presentare un ordine del giorno già depositato agli atti della Presidenza il quale - tralasciando la storica panoramica della vita dell'ISEF - sottolinea le iniziative intraprese dalla Giunta, dal Consiglio regionale, dalla Provincia, dal Comune di Torino e dal Rettore dell'Università di Torino e dà forza alla Giunta affinché cadano posizioni che non intravedono per l'ISEF di Torino la possibilità di passaggio a Facoltà.
Poiché è stato depositato tempo fa, tralascio la lettura del documento firmato dal sottoscritto e dai colleghi Picchioni e Cavallera.
Disponibile ad apportarvi delle variazioni, mi aspetto che alla fine del dibattito sulla situazione universitaria piemontese si possa approvare in modo unitario questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Credo che l'Assessore abbia presentato, come è già stato rilevato da più parti, un quadro sufficientemente chiaro della situazione universitaria piemontese, facendo riferimento alla transizione demografica che conosce la nostra regione, alle sue sempre più scarse risorse umane, alla realtà complessa del nostro Piemonte e al rallentamento dello sviluppo complessivo.
Forse, anche in questo caso, l'Università diventa quasi un'epitome di una situazione di crisi e di decadimento complessivo della nostra regione.
La cultura, la ricerca e lo studio superiore conoscono in questa situazione quasi una metafisica cassa integrazione.
La lettura che abbiamo fatto è certamente allarmante: aumentano le immatricolazioni, cadono i servizi, cade anche il contributo dello Stato riferito al diritto dello studio universitario: tutti fatti sentiti stamane dalla lettura della puntuale relazione dell'Assessore.
Il problema, accennato dai Consiglieri Rossa, Bosio e molti altri, ci pone di fronte ad un punto nodale: il riequilibrio del sistema universitario in Piemonte. Riequilibrio che non può essere certamente semplificato da una politica campanilistica né dall'utopia o velleità di avere un'Università sull'uscio di casa. Il decentramento deve essere razionale e la razionalità esiste se ha un supporto di autorevolezza accademica pari alle Università che si sono finora espresse. Il decentramento ha una sua razionalità che dipende non tanto dalla rivendicazione campanilistica di questo o quell'istituto, ma dall'autorevolezza accademica che vuole assicurare agli studenti del domani, un possibile, probabile itinerario formativo degno di tale nome.
Il discorso da fare a Torino non è tanto quello della geminazione di qualche sede staccata, di qualche Università foranea, quanto di un problema che si pone in termini molto espliciti. Torino - come ha detto il collega Ferrara stamane - deve avere la capacità di creare nella propria area con propri mezzi, strutture e capacità programmatorie, un grande polo di sviluppo culturale e universitario capace, non solo per la levatura dei suoi insegnanti e docenti ma per la sofisticatezza delle sue attrezzature di attirare la popolazione di tutto il Piemonte. Le sedi universitarie e l'edilizia universitaria devono entrare in campo in una visione sistemica oppure Torino dovrà sottomettersi a quella diaspora di sedi tuttora in atto.
Non possiamo credere che il discorso su Torino possa essere campanilisticamente difeso dalle carenze di ordine di verso che hanno portato alla crisi attuale. Quando stamattina è stato ricordato il problema del Politecnico e qualcuno ha voluto proporre il problema dell'Italgas per la sede delle Facoltà umanistiche, quando si vede che un'orrenda struttura sta sorgendo accanto alla più bella reggia del '600 del Piemonte, che è la Facoltà di Architettura, quando alcune nobili idee, come quella del Politecnico al di là della cinta ferroviaria, vengono meschinamente contrabbandate con mezzucci da dozzina, noi poniamo il discorso su come questa città possa ancora competere, non solamente con le altre città europee, ma anche con altre città italiane.
Il discorso diventa estremamente complesso perché questo è il ripetersi di una situazione schizofrenica di Torino per cui da una parte si piange per una situazione di decadimento e, dall'altra, si denuncia l'inanità dei propri sforzi.
Su questo tema abbiamo sentito la diligente risposta dell'Assessore crediamo però che la Regione debba avere, se non capacità programmatoria almeno capacità d'individuare alcune linee d'azione e metterle a confronto con altri enti pubblici, con altri soggetti istituzionali.
Noi non siamo occupanti abusivi di spazi che non ci competono riteniamo di avere tutte le carte in regola, anche perché la competenza urbanistica dipende da noi, così come le competenze della programmazione.
Un discorso razionale e programmatorio si deve fare anche su queste cose.
Non può essere solamente delegato a qualche addetto ai lavori (con tutta la buona volontà e la capacità accademica indiscussa ai signori Cagnardi e Gregotti) il problema di bonificare una parte della nostra città, di squinternare finalmente un centro storico troppo intasato, di dare degli standard plausibili, competitivi, europei e moderni nei confronti della città di domani, del 2000, non di una città ripiegata eternamente su se stessa a piangere le proprie velleità e le proprie emissioni.
Credo chela Regione abbia i titoli necessari non solamente per presentare le fotografie di quello che non siamo, o di quello che saremo ma di fare tutto il possibile affinché il discorso universitario possa avere degli interscambi di conoscenza, di decisione e di programmazione con tutti i soggetti del problema.
L'ha detto anche il collega Bosio; il problema dell'Università rientra nella crisi complessiva del sistema educativo. Il valore dell'autonomia è certamente un fatto fondamentale, è certo che possiamo recuperare, anche tramite l'Università, i valori delle libere Università di una volta. I contenuti didattici possono avere anche valenza e sensibilità locale e un locale vissuto storico e culturale; l'organizzazione di tali contenuti pu avere una sua pregnanza e gli itinerari formativi possono essere finalizzati a questo. Ma ciò che rappresenta il cuore della forma; lo si può tutelare solamente attraverso un'organizzazione che sia meno insufficiente. Non vale la pena fare tre o quattro succursali a Torino Novara e Vercelli se poi a Torino non esiste il pool della ricerca, dello studio e dell'innovazione tecnologica.
Credo che la Regione debba fare un discorso maggiore, non solo per recuperare spazio e funzione che le sono propri, quali risultato di un discorso urbanistico astratto; spero che l'Assessore possa effettivamente rivendicare presso la Commissione competente un discorso programmatorio che non può esulare dalle prospettive future dell'Università.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Potrei riprendere in pieno le osservazioni del collega che mi ha preceduto, perché negli anni trascorsi prima presso l'Amministrazione Provinciale di Novara ed ora in Regione ho notato che i risultati del decentramento universitario sono di serie b). Di serie b) e non deludenti solo perché molto spesso a livello di docenti, ed anche di allievi,, c'è il tentativo onesto ed obiettivo di cercare di recuperare. Di fatto però le sedi staccate, l'Università tripolare, e la volontà politica ampiamente richiesta di "accontentare tutti per non scontentare nessuno", in definitiva porta la formazione universitaria, nel quadro della preparazione e dell'organizzazione complessiva, un gradino al di sotto rispetto a quelle di grosse Facoltà meglio qualificate ed accentrate, site nei capoluoghi.
Da questa situazione derivano vantaggi e svantaggi: maggiore facilità di accoglienza e attenzione verso gli studenti provenienti dalle zone lontane dalla città, facilità a livello di comunicazione accorciamento dei tempi. In definitiva, però, ci sono grossi problemi organizzativi soprattutto quando le Facoltà distribuite sul territorio devono comunque accentrarsi su Torino per determinati punti specifici, per esempio il sostenimento degli esami. Questo crea grossi problemi non solo agli studenti, ma in generale anche alla qualità dell'insegnamento. Questo aspetto, nella relazione dell'Assessore apprezzabile per molti versi ma prettamente notarile e quindi senza spunti, è stato soltanto sfiorato.
C'è poi il discorso dell'innovazione universitaria. Non v'è dubbio che anche in campo universitario siamo alla vigilia di profonde modificazioni e di fronte a profonde trasformazioni non si può continuare a ritenere che moltiplicare e decentrare i corsi universitari, semplicemente decentrandoli, sia positivo.
Penso invece che sarebbe opportuno, con idee e progetti adeguati portare nelle singole sedi universitarie, rispetto a quelle del capoluogo più qualificazione e specializzazione per avere non un'Università dove si Insegna quasi tutto o una plurifacoltà, ma una Facoltà sola particolarmente reputata. Questo secondo me è uno spunto che merita interesse.
Lo stato di fatto attuale è che Torino diventa sì un punto d'attrazione, ma non per tutto il Piemonte: per la Provincia di Novara il polo attrattivo è Milano e non Torino. Questo perché, oggettivamente, le Università lombarde sono più facili da raggiungere: inoltre, esiste una tradizione storica di maggiore attrazione non soltanto da Milano, ma anche da Pavia.
E' vero che ci sono in gioco secoli di storia, ma alcune Facoltà di Pavia sono sicuramente tra le più qualificate d'Italia. Può darsi che tra 30 anni la Facoltà Agraria di Vercelli possa essere la più qualificata d'Italia - ho fatto questo esempio soltanto perché Vercelli è un polo agricolo -. Questo però non vuol dire che una Facoltà decentrata a Vercelli debba essere, considerata di serie b), occorrono caratteristiche di preparazione tecnica e disponibilità di mezzi adeguate, attualmente inesistenti.
In questo contesto si introduce la realtà di Torino, secondo me molto critica soprattutto per i non residenti in Torino, ma che a Torino debbono trovare una base di appoggio logistica: In effetti, se alla sera non si può ritornare a casa e si deve vivere a Torino, sorgono problemi logistici enormi, legati anche al fatto che alcune zone del Piemonte non sono facilmente raggiungibili con mezzi pubblici in orari serali, e questo crea, secondo me, la necessità di un immediato intervento non più dilazionabile.
Nella relazione - pregevole quanto notarile - dell'Assessore vi è la richiesta di Facoltà decentrate, ma c'è da arrossire sul fatto che, ad esempio, dopo 10 anni di decentramento universitario, si sia ancora a chiedere l'istituzione di un ufficio contabile-amministrativo e un ufficio di segreteria-studenti a Novara.
Come è possibile gestire un'Università, come è possibile gestire - come abbiamo letto a pag. 5 della relazione - le centinaia di studenti che gravitano su Novara se non esiste neanche una segreteria? E' una situazione senza sbocco, che deve essere cambiata radicalmente; diversamente non si può pretendere dignità di studi e, di conseguenza, preparazione e pratica concreta degli insegnanti.
E' vero che un laureando in medicina e chirurgia andrà all'Ospedale Maggiore di Novara a fare pratica: però è altrettanto vero - ed assurdo che per sostenere un esame oppure avere dei documenti al di fuori della semplice ed ordinaria amministrazione, deve comunque recarsi a Torino.
Queste sono delle obiettive assurdità. E inutile ripetersi oltre: sono ampiamente condivisibile prece-denti osservazioni dei colleghi sulla necessità di portare a livelli più alti l'Università piemontese.
Concluderei con il discorso sull'ISEF, particolarmente importante, e che, una volta tanto, ci dà la possibilità di giocare in prima battuta anziché sempre in seconda, rispetto alla trasformazione dell'ISEF in Facoltà universitaria, portandoci a livelli d'avanguardia.
A Torino ci sono Facoltà di notevole valore a livello nazionale citiamo per esempio il Politecnico, la Facoltà di Ingegneria, ecc.: non è possibile pretendere che ogni Facoltà sia all'avanguardia, ma in alcuni settori dobbiamo muoverci di più.
Non si deve poi dimenticare - e ho concluso - che anche al di fuori delle sedi universitarie ci sarebbero forse degli spazi - per tradizione culturale o per strutture già esistenti - per avere non tanto delle Facoltà quanto seminari, istituti di Facoltà particolarmente curati e seguiti che potrebbero trovare, anche localmente, un loro sviluppo e un loro ruolo.
..Non posso dimenticare l'importanza del settore tessile, con tutte le conseguenze dal punto di vista tecnico, economico e di approfondimento produttivo nella zona di Biella, nonché l'attività floricola nella zona del Lago Maggiore.
Realtà ben precise: strutture, a volte addirittura Enti non dico secolari ma quasi, che è un peccato non utilizzare come supporto a livello universitario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il collega ingegnere Fulcheri avrà apprezzato e sicuramente considerato in termini premianti la descrizione che alcuni colleghi hanno fatto del suo lavoro, che è soprattutto una fotografia.
A me pare che un'informazione puntuale; ragionata, organica debba essere l'elemento con il quale un Assessore deve avviare il confronto con il Consiglio, raccoglierne le osservazioni e gli stimoli e poi, come giustamente ha detto la collega Segre, in fase più avanzata immaginare quale può essere l'individuazione di linee politiche rispetto agli impegni che l'Assessore chiede di assumere nell'immediato. L'approccio dell'Assessore è quindi pienamente condivisibile dal nostro Gruppo: una serena, obiettiva, realistica fotografia dell'esistente, l'assunzione di impegni a tempi stretti, la disponibilità e l'apertura senza pregiudiziali e senza posizioni precostituite al Consiglio sulle diverse opzioni, il tempo per riflettere su quanto oggi si dirà è quindi per delineare la linea politica sulla quale muoverci.
Da questo punto di vista, devo dire che, al di là di ripetizioni escatologiche, dal dibattito non sono emersi grossi contributi, e alcune novità - ad esempio quella posta dal Consigliere Picchioni - richiedono l'assunzione delle responsabilità conseguenti.
Nel documento dell'Assessore viene riaffermato il principio dell'autonomia universitaria. Che cosa vuol dire autonomia universitaria? Autonomia universitaria non significa autarchia, ma semplicemente riconoscere all'Università il ruolo, all'interno di una società e di un sistema, di interpretare e di rispondere autonomamente alle esigenze di questa realtà e di questo sistema. Questa è l'obiezione che pongo quando si vogliono fare confronti con altre regioni, dove, forse, le Università rispondono ad un'esigenza diversa, quella di produrre laureati; in Piemonte il problema non è tanto produrre laureati quanto produrre cultura, ricerche e laureati finalizzati ad un sistema o progetto politico coerente da ipotizzare seriamente. E' in questo senso che l'Università deve essere autonoma. La società civile e politica deve porre domande e dare impulsi all'autorità accademica - che poi li elabora; non può essere carente nella proposta e nell'individuazione degli obiettivi politici e di sistema pretendendo poi di sostituirsi all'autorità accademica nelle decisioni rispetto a questioni che non sa porre. La Regione deve indi-viduare un progetto di realtà sulla quale scommettere, al di là di una generazione, e poi lasciare all'Università la responsabilità di rispondere alle proposte fatte da noi, istituzionalmente, e dalla realtà nel suo complesso. In questo, incominciando dai grandi gruppi industriali che, rispetto alle esigenze del futuro, devono spiegarci il significato di determinati investimenti al sud.
Questo, a mio modo di vedere, è il senso moderno dell'autonomia.
Le antiche Università - libere, le chiamava Picchioni - sono nate in aree culturalmente avanzate che sentivano esigenza di dibattito, di approfondimento e di sviluppo della ricchezza culturale di cui erano depositarie come società e della redistribuzione e dell'arricchimento dei giovani, ma non solo, finalizzata al sistema, alla stessa Università e alla realtà di cui era espressione.
L'Università non è una scuola ma, in prima istanza, un luogo di ricerca che deve rispondere alle esigenze della società civile: non è una scuola per allievi Fiat situata magari in corso Sommeiller. Riaffermare l'autonomia dell'Università non significa rinunciare a porle obiettivi secondo noi indispensabili per rispondere alle esigenze della società. Su questo punto occorre lucidità e modernità di ragionamento.
Ho sentito più volte ripetere in aula il termine "riequilibrio". La caduta del muro di Berlino, la fine del partito comunista significano anche la fine - cari amici - della politica alla Robin Hood, con cui la Regione doveva togliere ai ricchi per dare ai poveri; scoprendo poi, come illustra la vignetta televisiva, che di fatto in questo modo si finisce per togliere ai poveri e dare ai ricchi.
La politica del riequilibrio territoriale nel Piemonte non ha favorito lo sviluppo, ma il potenziamento dell'esistente, della politica alla Robin Hood! La cultura in cui ci muoviamo - cui si richiamava il Consigliere Tapparo - è la cultura dell'integrazione e della sistematicità; dovremmo invece costruire un sistema organicamente e unitariamente proiettato verso un determinato obiettivo e non verso interessi di club. Quando si viene a dire che bisogna migliorare i trasporti tra determinate aree per evitare che queste siano si vicine a Torino ma separate tra loro, sostanzialmente si vuole costruire un qualcosa di diverso e di separato. E' questa la concezione di una società moderna "sovra" e "multi" nazionale? E' questa la cultura che ci porta a credere di essere punto di riferimento non soltanto dei giovani del nostro Paese, ma dei giovani di tutto il mondo? La nostra Regione, infatti, è l'unica depositaria - in Italia - della cultura nel senso di libera Università, di cultura scientifica come cultura del sistema, della società: la cultura del nostro Politecnico è nata dall'Arsenale militare di Torino. Ed essendo depositari di questa ricchezza culturale abbiamo l'obbligo - come diceva il collega socialdemocratico - di sviluppare questa nostra specificità all'interno di opzioni più generalizzate, mettendoci a disposizione del sistema nazionale ed internazionale e non chiudendoci in linee ferroviarie che fan si che sia più facile andare ad Alessandria che venire a Torino! Qualcuno ha detto che bisogna cambiare allenatore. A mio parere, nel cercarne un altro dobbiamo verificare che sia in grado di giocare in trasferta. Non viene mai ricordato che le risorse assegnate al Piemonte a favore della politica universitaria sono un quinto - ad esempio - di quelle assegnate alla Lombardia. Il "riequilibrio" sta in questo. Vorremmo essere a pari livello di altre Regioni; in seguito, al nostro interno, con le risorse assegnate delineeremo un progetto di società sul quale chiederemo all'Università, nella sua autonomia, di operare e muoversi.
I dati sui posti-letto e il negativo tasso di scolarizzazione universitaria cosa stanno ad indicare? Che i migliori e i privilegiati se ne vanno! E allora, amici della sinistra, di cosa dobbiamo preoccuparci: di quelli che vanno a Milano? O, forse, di quelli che non riescono ad andarci? Chiediamo alla Giunta di porre come problema centrale della Regione un giusto riequilibrio sul piano delle risorse destinate alla politica universitaria.
Anni fa sostenevo che prima di ipotizzare di scorporare sul territorio l'istituto universitario occorre un'Università all'altezza delle sue funzioni.
Se ad un'area come quella piemontese viene assegnato un quinto delle risorse assegnate alla Lombardia la qualità sarà conseguente.
Questo è l'obiettivo, dopodiché ognuno di noi richiamerà gli eventuali elementi di insufficienza dell'attuale sistema, ma il vero problema sta nella mancanza di risorse, e quindi nell'impossibilità di affrontare adeguatamente determinate questioni.
Vengo ai temi che più mi stanno a cuore. Il collega Rossa ha rilevato l'esigenza di duplicare l'ente per il diritto allo studio. Caro Consigliere Rossa, su questo punto - diciamocelo chiaro e forte - i liberali non sono d'accordo. Personalmente, rispetto all'Università, condivido il pensiero del collega Ferrara, e lascio alla maggioranza il gioco del castello dell'Università: li mettiamo qui.., li mettiamo là.
Non si può giocare sulla pelle degli studenti! Qualunque studente piemontese, sia che provenga dall'alta valle di Susa o dalla bassa Larga o dalla Val Sesia, ha diritto a pari sostegno e pari opzione da parte dell'istituzione di altri studenti dell'area torinese, e a non essere ghettizzato.
In più occasioni, fuori da quest'aula, ho detto al collega Rossa che è su tali punti che ci si dimostra di sinistra o meno. Cosa significa.
"essere di sinistra"? Significa lavorare per eliminare le disuguaglianze ma nell'attuale società le disuguaglianze non si eliminano "dando", ma "togliendo". Io non posso dare niente per consentire a qualcuno di essere uguale ad un altro, ma posso eliminare limiti e vincoli che impediscono l'uguaglianza.
Quindi, di un eventuale unico ente, finalizzato ad una politica universitaria integrata, di sistema, che poi si articoli in seconde Università e in poli periferici, non m'importa nulla.
In un tal caso, collega Rossa, ti rendi complice di un'operazione di certo non di sinistra, ma conservatrice in termini politici e "mammista" e paternalistica in termini umani. Accarezzare il cane per il verso del pelo è facile: le pulci, però, restano dove sono. Convincere i nostri ragazzi che la competizione della vita sia sull'angolo di casa significa in primo luogo illuderli e, in secondo luogo, toglier loro il piacere della vita: della vita! Noi del Gruppo liberale riteniamo che bisogna stimolare gli studenti a misurarsi dove la competizione della vita è più esaltante e difficile: noi viviamo per questo, per competere, misurarci e conoscere.
Chi sta su questo fronte "è di sinistra", chi ritiene invece di doversi tenere al di qua della competizione forte e del confronto alto è un conservatore che permette che la competizione ad alto livello avvenga unicamente per pochi privilegiati.
A mio modo di vedere, essere di sinistra significa adoperarsi per far sì che al giovani sia resa possibile la competizione al più alto livello. E questo non è problema politico, ma un qualcosa ché è dentro di noi a prescindere dalla politica.
Chiedo scusa, ma son uomo di montagna: il ritrovamento nel ghiacciaio della Val Senales di un uomo vissuto millenni fa ci commuove e ci fa riflettere. Guarda caso, un romanziere aveva già scritto su un fatto del genere: quando Hemingway si chiede cosa ci faccia un felino sul Kilimanjiaro si pone lo stesso problema dell'uomo del nostro tempo che si domanda cosa ci facesse un uomo dell'Età del bronzo a 3200 metri di altezza. Area rispetto alla quale non sono giustificate motivazioni di ordine pratico, non vi sono, infatti, né miniere - c'è solo ghiaccio - n possibilità di caccia, visto che camosci a 3200 mt., in questa stagione non ce ne sono. La motivazione potrebbe essere quella ipotizzata da un corrispondente di RAI 2 in una conferenza: "E se anche lui avesse avuto voglia di infinito?".
Chissà, forse è stata proprio la voglia di infinito a portare quell'uomo dell'età del bronzo a morire nel posto più incredibile, così come il felino sul Kilimanjiaro.
Dobbiamo disegnare spazi ampi per i nostri giovani, non ingannarli spacciando per mondo il cortile di casa. Leopardi aveva paura dell'infinito, ma lo desiderava.
Pongo ora una questione al collega Picchioni. Io condivido totalmente quanto dice il collega, ma gli chiederei di essere coerente quando denuncia i limiti della querelle nata a Torino sulla localizzazione del contenitore del Politecnico, denunciando implicitamente la logica torinese del "facciamo tutto lì": un giorno o l'altro, se va avanti così, i LLoyd's di Londra o Ia Mitsubishi per potersi insediare a Torino sulla spina dovranno fare una convenzione con l'Istituto Autonomo Case Popolari! Questa e la cultura della classe dirigente torinese! Ha ragione il Consigliere Picchioni: non ci interessa tanto sapere se il Politecnico debba andare "lì" oppure "là", ma se uscendo dal periodo di emergenza, in cui si ragiona in termini di prefabbricati universitari, ci porremo radicalmente e globalmente il problema della collocazione della cittadella della ricerca scientifica legata al Politecnico.
Questa mia visione dei fatti, Consigliere Picchioni, è sicuramente anche la tua. Come conciliare tale visione con la scelta sull'area metropolitana con cui accettiamo il congestionamento di Torino e l'impoverimento dell'area esterna? I disegni elettorali politici coincidono con il disegno sociologico.
Nel momento in cui si accetta la logica delle lobby politiche torinesi che puntano a governare il proprio ruolo, ad aumentare il fatturato delle aziende municipalizzate (la razionalizzazione dei trasporti significa questo), che rifiutano di ragionare per area vasta, per approccio sistemico, diviene difficile dire al Comune di Torino che intendiamo intervenire in alcune sue scelte di politica urbanistica troppo legate al sistema-Piemonte e al sistema-Torino ampiamente inteso! Sono favorevole all'ipotesi del collega Pecchioni, ma se la Regione vuole ritornare al periodo, che politicamente non condividevo ma in cui aveva autorevolezza rispetto alle proprie maggioranze e se intende svolgere un proprio ruolo, deve darsi un proprio disegno ed imporlo e confrontarlo con gli altri soggetti istituzionali.
A livello nazionale sosteniamo di essere finalmente in condizione di chiudere il contenzioso "Comune di Torino-Provincia: di Torino-Regione Piemonte", ma se si lascia il Piemonte libero di disegnare un sistema istituzionale del tutto nuovo che faccia del Piemonte un sistema organico ed integrato, noi non soltanto riconosciamo l'esistenza di palizzate e recinzioni, ma addirittura le rafforziamo, coprendole con un reticolato.
Aveva ragione il collega Bosio nel dire che il problema-Università non può essere denucleato come problema specifico rispetto ad un progetto generale per il Piemonte.
So che la Giunta sta lavorando attorno a questo tema: la nostra forza politica è disponibile, ma - e lo dico soprattutto al collega Rossa - i liberali vi lasceranno giocare con il castello dell'Università, ma non sulla pelle degli studenti.
Un servizio di sostegno agli studenti, affinché essi siano facilitati ad accedere alle strutture universitarie, deve essere uguale ed indifferenziato in tutta la regione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Leo.
LEO Sarò breve poiché le argomentazioni degli ultimi interventi sono state chiarissime. In particolare, per il Gruppo della DC, sono intervenuti ad altissimo livello l'on. Picchioni e Il Consigliere Peano: non credo opportuno ripetere considerazioni già fatte, che condivido totalmente.
Voglio solo evidenziare, come Presidente della Commissione, (oltre che condividere e apprezzare moltissimo quanto detto dal nostro Capogruppo) il pregio delle comunicazioni dell'Assessore. L'Assessore ha fatto una puntuale descrizione delle varie situazioni; è stato delineato uno scenario completo ed esauriente dell'attuale situazione, anche per quanto riguarda l'evoluzione del diploma universitario, ancora da defînire nei contenuti a livello ministeriale, ma già ipotizzato come punto forte nel decentramento.
Non vi è stata alcuna rinuncia ad un ruolo attivo della Regione per fornire al Piemonte un'occasione di rilancio della formazione universitaria e nessuna forma di sudditanza all'Università; ma un'attenta e vigile collaborazione. Occorre inoltre riconoscere i meriti dell'Assessore Fulcheri, dei suoi funzionari e di tutta la Giunta.
Occorre collaborazione con gli Atenei; che piaccia o meno, essi vengono individuati, sia dalla legge n. 245/90 sia dalla legge sull'autonomia universitaria, come gli unici enti atti a proporre soluzioni ed avanzare richieste.
Si tratta di un limite posto a livello nazionale che non deve farci rinunciare ai nostri ruoli, ma indurci a porre problematiche di pari livello.
Nella seduta odierna e nei prossimi giorni dovremo discutere della reale forza delle Regioni e della Conferenza di Venezia. Credo che il ruolo delle Regioni vada fortemente rilanciato; ritengo che le autorevoli figure che compongono il Consiglio, dal Presidente della Giunta Brizio all'on.
Pecchioni, dalla Presidente del Consiglio a tanti altri colleghi, possano giocare una funzione importante nel rilanciare il ruolo delle Regioni nel loro complesso. E' questo il discorso da farsi a livello nazionale! Relativamente al decentramento l'intento della Giunta, confermato dal documento programmatico, è di perseguire un sistema integrato di servizi universitari che consolidino le sedi già esistenti ed attivino nuove potenzialità, compatibilmente con le caratteristiche delle varie aree della regione. Il piano predisposto è qualitativamente di livello elevato, com'è nella migliore tradizione del Piemonte.
In conclusione della comunicazione viene riaffermato il ruolo di coordinamento della Regione: tutte le riflessioni che abbiamo ascoltato ne sono un augurio.
Personalmente cerco sempre di essere concreto, vorrei quindi evidenziare due dati che si illustrano da soli: uno è quello relativo ai posti-letto, spaventoso, con il quale è assurdo ipotizzare un'Università degna di questo nome: 404 posti letto per 78 mila studenti! Altro dato preoccupante è quello dei finanziamenti; vorrei far notare che finanziamenti sono fermi dal 1987. Inoltre, è stato evidenziato dal collega Marchini che 114 miliardi assegnati al Piemonte sono una cifra bassa rispetto a quella di altre Regioni.
Vorrei ricordare fanno in cui - ero allora Assessore del Comune di Torino -, in conseguenza a tagli generali sulla spesa pubblica il livello di contributo al diritto allo studio, venne abbattuto del 40%, come se si potessero cancellare mense, posti-letto, ecc.
E' necessario un impegno fortissimo volto ad approvare celermente la legge sul diritto allo studio. Non vi sono soluzioni dogmatiche: occorre approvare in fretta il disegno dell'Assessore Fulcheri, da troppo tempo giacente in Commissione, e con il sostegno convinto del Consiglio regionale e della Giunta, del Presidente della Giunta e di tutte le forze politiche.
Questo anche con l'appoggio a livello nazionale dei deputati piemontesi - i fondi sono fondamentali -, come nella battaglia per l'ISEF che il Consigliere Montabone ha giustamente ricordato.
Come Consiglieri regionali non possiamo esimerci dal fare tutto quanto è possibile.
In questo è indispensabile quella fiducia nel ruolo dell'Università che i colleghi dei vari partiti, anche dei partiti laici- Ferrara, Macchini ecc. - hanno ribadito. La consapevolezza del ruolo dell'Università è necessaria, ma solo con rapporto di tutte le forze politiche, locali e nazionali, assumendo le conseguenti decisioni, si potranno ottenere i risultati sperati.
Non aggiungo altro poiché non amo - e credo in questo modo di dare un minuscolo contributo ai lavori del Consiglio - le disquisizioni e, ripeto interventi ad altissimo livello sono già stati condotti.
La Commissione che presiedo - non per merito del Presidente ma dei colleghi - ha iniziato a porre con forza problemi per i quali non possiamo limitarci a dichiarazioni pur importantissime, come quelle di oggi, ma dobbiamo agire di conseguenza. Innanzitutto, occorre l'approvazione efficiente e rapida del d.d.l. che propone unente per il diritto allo studio autorevole, presieduto da persone autorevoli e sostenuto autorevolmente e non sotto considerato o lottizzato.
Ultimo accenno. Parliamo di Europa '92: l'Università di Torino è stata la prima a lanciare il Progetto "Erasmus", ma è anche la più inadeguata per strutture: bisogna decidere se si vuole stare in Europa a questi livelli o meno.
So di incontrare la sensibilità del Presidente Brizio e dell'Assessore Fulcheri, ma tali sensibilità devono essere corroborate dallo sforzo sincero e deciso delle forze private, delle forze economiche e di tutte le forze politiche del Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.
RIVALTA Ritengo l'argomento uno dei più importanti - e non fra mille argomenti su cui la Regione Piemonte e le Regioni ingenerale devono misurarsi se vogliono essere davvero organi capaci di governare una comunità.
Questa dell'Università e della formazione scolastica in generale penso sia una leva fondamentale per un ente che aspira da tanto tempo, purtroppo invano, a diventare un organo di governo.
Quindici giorni fa, ho ascoltato la relazione dell'Assessore Fulcheri con molta attenzione e con molto interesse, riconoscendogli puntualità di lettura della situazione materiale e funzionale, che da troppo tempo non veniva messa in evidenza. Sono emersi dei mali che non costituiscono una novità, che percorrono la vita del nostro sistema formativo scolastico e universitario ormai da decenni, sottolineando responsabilità politiche inequivocabili dei Governi di questo Paese e delle strutture di potere dominanti, che hanno inciso sulle scelte nel nostro Paese.
Sono andati aumentando gli iscritti, e non per una politica governativa, ma per una domanda di riscatto sociale che le nostre popolazioni hanno duramente rivendicato ed imposto al nostro Paese. Vi sembrerà un po' duro il mio parlare, in una società dove si è più inclini a cogliere gli elementi edonistici che non quelli di condizione strutturale del vivere della società. Ma credo che quanto sto dicendo sia vero e non sia un'esasperazione dialettica che tento in qualche modo di introdurre.
Sono aumentati gli iscritti per una domanda sociale e non per una politica viceversa, contro una rivendicazione sociale che chiedeva maggiori servizi universitari questi sono diminuiti, e vengono sistematicamente tagliati i finanziamenti, disconoscendo che il processo di formazione dei giovani in generale, e quello della loro capacità di inserimento nella società e nella produzione, è fondamentale per l'avvenire di una comunità. Ho voluto fare queste riflessioni perché sopporto male le discussioni evanescenti, che non vanno al nodo delle questioni, che non individuano mai alcuna responsabilità, e in questo senso non colgono mai alcuna ragione politica del muoversi all'interno degli argomenti che trattiamo.
Ho ascoltato con molto interesse l'intervento esortativo del Consigliere Leo, ma se non si vanno ad individuare i nodi responsabili di questa situazione, il nostro diventa un Parlamento vano e non un soggetto di iniziativa politica.
Sulla pelle degli studenti si è giocato da troppo tempo ed anche noi qui, non possiamo continuare a giocarci.
La relazione dell'Assessore Fulcheri, puntuale nell'informazione, non dà alcun indirizzo di politica universitaria e formativa in generale, n alcun indirizzo programmatorio vero, fondato non solo su una contabilità di numeri statistici, ma su una prospettiva di sviluppo dell'Università.
Colgo positivamente il fatto che sia stato detto che si tratta unicamente di informazione, e confido che questa sia realmente la discussione preliminare per poter giungere, sulla base anche dei contributi pervenuti, alla definizione di una politica della Regione nel campo della formazione, ed in particolare per il settore della politica universitaria.
Intervengo in questo senso, cercando di porre in evidenza ragionamenti che possono essere utili all'Assessore, alla Giunta e al Consiglio nel definire un primo orientamento.
Si è discusso in modo molto acceso, contraddittorio - il contraddittorio fa parte della dialettica politica - ma anche confuso del problema del decentramento e della concentrazione.
Spendo subito una parola a favore del decentramento, favore che non deriva dalla positività delle esperienze fin qui fatte, dai molti limiti ritengo sbagliati i decentramenti attuati perché non si sono tradotti nell'istituzione di nuove Università, ma in corsi dipendenti dal Politecnico, dall'Università di Torino: alcuni non raggiungeranno nemmeno nei prossimi anni l'autonomia di Facoltà.
E dalla prima legislatura che discutiamo su queste questioni, però sono anche gli unici interventi significativi che si possono cogliere nella nostra regione a favore della partecipazione all'Università dei giovani che non abitano a Torino. Parto da questo elemento fondamentale di risposta sociale per dire che certamente è tutto da migliorare e da qualificare, ma rimane un punto fermo - il fatto che, in un modo che io ritengo sbagliato alcuni corsi universitari hanno posto radici in zone periferiche.
Non sono propenso a pensare alla dequalificazione universitaria, ho troppo in mente le mie sensazioni di quando, nell'adolescenza, non avevo la certezza di poter accedere all'Università. Erano tempi diversi dagli attuali, la distribuzione del reddito era molto più squilibrata di oggi e la mia aspirazione di accedere all'Università era così grande che vedevo l'Università come il tempio della scienza.
Tutto ciò mi è rimasto dentro come un punto fondamentale, per cui penso sempre all'Università come ad un qualcosa di qualificato un po' miticamente.
Aggiungo che i quarant'anni trascorsi da quando ho cominciato l'Università ad oggi hanno in qualche modo mutato anche la ragione d'essere dell'Università. Negli anni '50 l'Università produceva un numero limitato di laureati, numero ristretto ai dirigenti delle attività produttive e della società, e aveva carattere molto elitario. Il livello di formazione più aderente all'attività produttiva e alla vita della società di allora era quello del diploma di scuola secondaria superiore, e già questo rappresentava un livello alto nel rapporto tra produzione e vita sociale.
Più In generale, il livello di formazione era quello delle scuole medie inferiori o dei corsi biennali che seguivano le scuole medie inferiori quindi vi era un rapporto di dominio di un'elite sul resto della società tale rapporto reggeva sull'equilibrio che tra formazione e produzione in quel momento si era storicamente stabilito.
Oggi quell'equilibrio non regge più e il livello di formazione generale, di massa richiesto nella società è lo stesso di quello richiesto dal mondo produttivo: dal diploma alla laurea, dalla preparazione della scuola media superiore a quella universitaria. Prima, invece, il livello richiesto andava dalla scuola media inferiore a quella superiore, e non tutti accedevano a quest'ultimo livello.
Mi sembra sbagliato, di fronte a questa nuova caratterizzazione della preparazione universitaria nel rapporto tra la vita della società e lavata della produzione, pensare che per il corso di laurea si debba accentrare l'attenzione sui processi di concentrazione nei grandi centri, nella grande università. Credo sia diventato necessario - e-lo diciamo almeno da vent'anni in questa regione - decentrare la formazione universitaria, e che quanto avvenuto finora rappresenti solo l'inizio di una politica di decentramento. Questo, ribadisco, non significa pensare a una dequalificazione universitaria.
Ci sono molti modi per qualificare l'attività universitaria che non vengono perseguiti: le responsabilità sono attribuibili agli indirizzi governativi ed ai soggetti che operano nell'Università.
In particolare, mi chiedo come possa essere qualificata la formazione universitaria se il rapporto tra docenti e allievi è quello che viene stabilito nelle nostre Università, ovvero un rapporto squalificato persino rispetto a quello delle scuole medie secondarie, un rapporto di massa fatto nei cinema o nelle grandi aule congestionate e affollate, un rapporto di apprendimento libresco.
Penso che i corsi universitari, per qualificarsi ed essere al livello della ricerca e della formazione scientifica, abbiano bisogno di un rapporto diretto col docente. Non credo a quanto detto da alcuni docenti rispetto al fatto che si possa insegnare per televisione a grandi masse di allievi. Credo che la formazione scientifica sia una formazione che richieda la trasmissione del mestiere del fare scienza, del fare ricerca e che questa trasmissione di mestiere in qualche misura richiami la trasmissione di mestiere artigianale, che comporta il contatto diretto e personale, quindi l'esperienza di ricerca e di formazione condivisa con il docente.
Sotto questo profilo, ritengo che un'Università decentrata con non molti allievi (qualche migliaio) possa diventare il luogo più favorevole alla formazione qualificata in un rapporto a diretto contatto con Il docente. Mi sembra importante tenere conto di questo per far leva su un processo che leghi il decentramento e la qualificazione. Nel nostro Paese e in generale a livello internazionale, si possono trovare esempi in questo senso: ci sono piccole Università di grande valore scientifico e culturale centri in qualche modo "faro" di cultura per aree molto vaste. E stata citata Pavia nel campo della medicina ed altre materie, che è un piccolo centro luogo di sedi universitarie in alcuni indirizzi di grande significato e valore. Anche Ancona, che molti di noi in genere ricordano per essere una bella cittadina sull'Adriatico, è luogo di un'Università con alcune facoltà di grande valore. In tali facoltà vi sono docenti, per esempio, nel settore dell'economia come anche da noi, ma questi ultimi hanno rapporti non solo nazionali, ma internazionali che hanno costruito attraverso la loro ricerca, assumendo i problemi di Ancona; delle Marche dell'Umbria e delle regioni del Mediterraneo.
Fois ha lavorato nel campo dell'economia sui problemi di questa regione, economia diffusa che caratterizza il centro Italia, e la direttrice adriatica. Mi sembra che un discorso su decentramento e concentrazione sia fasullo, il problema è come sostenere e qualificare il decentramento.
C'è un'equazione semplice da mettere in atto: la concentrazione genera congestione e incapacità di gestione, e l'Università di Torino e il Politecnico hanno grandi difficoltà di gestione. Questo vale per la città e sapete cosa penso del Piano Regolatore di Torino in studio - ma anche per l'Università; occorre quindi un collegamento tra decentramento e "ragione sociale" per evitare incapacità di gestione e per rispondere a problemi sociali.
La qualificazione è un'altra questione, che non necessariamente si contrappone al decentramento. Sono favorevole al fatto che fa Regione porti avanti con grande forza una politica affinché il sistema universitario a Novara, Vercelli e Alessandria possa reggersi su proprie gambe e su indirizzi autonomi che non siano la ripetizione o l'articolazione di quelli dell'Università di Torino.
Penso che l'Università di Novara, Alessandria e Vercelli dovrebbe essere data in concessione, in appalto ad un gruppo di docenti che dispongano di strutture e finanziamenti sufficienti, sulla base di un preciso progetto politico-culturale di ricerca e di formazione didattica.
Dobbiamo riuscire a far vivere le Università in questo senso, non con docenti magari anche bravi ma che viaggiano, e che il viaggio lo assumono come un passaggio obbligato per poter avere la cattedra altrove, ma docenti che sulla base di un progetto sostenuto con finanziamenti continuano a rimanere in Università decentrate per anni, così come Fois sta ad Ancona: su questo piano dobbiamo confrontarci con la struttura dei docenti.
Il problema del decentramento è proprio dell'Università e del Politecnico di Torino, ma non perché non si vuole far venire a Torino gli studenti di Novara, Vercelli o di altrove, ma perché Torino. Università e Politecnico hanno raggiunto livelli e soglie di congestione e di disfunzione che non possono essere recuperate mantenendo le attuali dimensioni.
Considero sbagliato il raddoppio del Politecnico oltre ferrovia, se per raddoppio s'intende quello degli studenti come qualche tempo fa era stato annunciato. Si diceva: "dobbiamo raddoppiarci, dobbiamo passare da 10 mila a 20 mila studenti". Se l'espansione delle strutture in loco è necessaria per rendere efficiente la funzione dell'attuale Politecnico di otto-dieci mila studenti, in questo caso l'espansione ha una sua ragione, ma se questa mira a raddoppiare gli studenti è sbagliata: creando un elefante ingestibile, Torino ha l'esigenza di un nuovo Politecnico.
Dal punto di vista didattico, un nuovo Politecnico deve essere capace di una dialettica formativa e disciplinare con la vecchia struttura: non solo il mercato deve confrontarsi, ma anche la cultura.
Lo stesso discorso vale per l'Università che, con 40 mila studenti, è ingestibile da decenni. Prendendo atto di questa situazione, la Regione deve porsi come obiettivo politico la realizzazione dell'Università decentrata a est del Piemonte, con tre poli di riferimento. Pur con difficoltà si possono realizzare Università articolate e porsi l'obiettivo contemporaneo e non alternativo del raddoppio del Politecnico a Torino.
Un'Università può essere decentrata e autonoma e ciascun elemento autonomo può costituire un punto importante di un sistema soltanto se si utilizzano i mezzi di comunicazione possibili. Certo, vanno migliorati i mezzi su ferrovia, i mezzi stradali, ma un'Università, per sua natura dovrebbe essere il luogo dove si realizza l'avanguardia tecnologica della comunicazione a distanza nelle sue varie forme. La didattica, la formazione, l'accesso alle biblioteche, le comunicazioni di piccoli gruppi dovrebbero realizzarsi sulla base dell'introduzione di un sistema telematico e informatico di comunicazione a distanza.
Dobbiamo muoverci in questo senso, introducendo elementi di forte innovazione, seguendo una politica importante che leghi l'Università alle strutture di produzione presenti nella nostra Regione, eventualmente acquisendo nuovo know-how da trasferire. Esiste anche il problema dei finanziamenti, e battersi per ottenerli implica delle scelte. La Regione tuttavia non deve mettere la testa sotto la sabbia quando si fanno scelte di finanziamento sbagliate - e ce ne sono tante.
Abbiamo discusso delle politiche viarie e stradali in maniera piuttosto accesa, qualche tempo fa, con l'Assessore Panella. La difficoltà delle strade rappresenta un problema abbastanza rilevante, perché bisogna consentire ai giovani di partecipare ad una formazione culturale di buon livello il più possibile vicino a casa, senza togliere alcuna libertà di scelta. Non si può rinunciare a specializzazioni particolari soltanto perché sono lontane da casa.
La Regione, consapevole del fatto che mancano i finanziamenti per l'Università, dovrebbe prendere decisioni concrete e dire al Governo non solo che ha bisogno di più finanziamenti, ma che per ottenere questi rinuncerebbe ad altri.
Se davvero tutti crediamo che la formazione scolastica e universitaria sia lo scheletro portante del futuro di una comunità sotto il profilo civile, sociale e produttivo, sfido la Giunta regionale a muoversi, da oggi in avanti, definendo un programma politico, seguendo una linea che selezioni anche la spesa, che dica anche al Governo quali sono le spese prioritarie da fare. Se abbiamo davvero a cuore i giovani e il futuro della comunità piemontese, incominciamo a scegliere.
Non avrei costruito il secondo stadio di Torino perché ce n'era uno che poteva essere migliorato: il collega Chiezzi aveva presentato un progetto secondo cui si sarebbero spesi 30 miliardi, invece ne abbiamo spesi 400.
Credo che questi soldi sarebbero stati spesi meglio per l'Università e per risolvere una serie di problemi, soprattutto per colmare quel vuoto di finanziamento che l'Assessore Fulcheri ci ha fatto presente nella sua relazione.



PRESIDENTE

Gli interventi sono conclusi. Vorrei dire una cosa di carattere procedurale. Bisognerà per i prossimi dibattiti sapere - lo dico soprattutto per i Capigruppo - quali interventi rappresentano la sintesi dell'intero Gruppo, in modo da consentire interventi superiori ai dieci minuti regolamentari, senza imbarazzo per il resto dei Consiglieri: così facendo, il Presidente può annunciarlo in anticipo.
E' una questione di rispetto per tutto il Consiglio e per chi presiede che non va a creare tensioni rispetto al Consigliere che sta parlando e che continua a parlare, senza curarsi di quello che viene detto dalla Presidenza.
La parola all'Assessore Fulcheri per la replica.
FULCHERI, Assessore all'istruzione Ringrazio anzitutto 115 Consiglieri regionali intervenuti sulla mia comunicazione sulla situazione universitaria e che tale voleva essere: una semplice comunicazione. I qualificati interventi che sono venuti mi portano a confermare quanto mi aspettavo dal Consiglio regionale.
Premetto che sono partito dalla discussione avvenuta in Consiglio regionale nel 1987: ho letto i vari interventi, analizzato le situazioni di allora e proprio per questo motivo ho deciso di presentare una mia comunicazione. Quello che è strano è che sento parlare di 404 posti-letto come se fosse un problema di adesso: c'era anche allora. I posti letto disponibili a Torino per 60.000 studenti erano 404 già nel 1987 e lo stesso dicasi per la situazione degli iscritti e le altre problematiche. La presentazione di questi dati ha offerto la possibilità di fare una riflessione in merito, ed era esattamente quello che mi aspettavo dal Consiglio. Questo è il primo degli argomenti. Ripeto; non bisogna meravigliarsi del fatto che ci sono 404 posti letto, ecc., perché sono passati 4-5 anni e la situazione è rimasta tale e quale, e sicuramente non per colpa mia o del mio Assessorato.
La mia intenzione era proprio quella di porre i Consiglieri di fronte all'esame della situazione con tutti i dati principali, sui quali bisogna meditare.
Da questi dati si evince che la popolazione residente totale del Piemonte e Valle d'Aosta rappresenta 1'8,1 % di quella nazionale e che i giovani da 20 a 24 anni sono il 7% della media nazionale. Gli iscritti in corso della Regione sono il 6,7%, sempre dai 20 ai 24 anni (cioè meno 0,3%), e quelli negli atenei della Regione, cioè quelli che non vanno fuori, sono il 5,8% (cioè meno dell'1,2%).
Ciò significa che il nostro sistema universitario non risponde alle necessità come in altre regioni, pur rimanendo nella media nazionale.
Questa è la prima riflessione che ho voluto fare anche ai Rettori dell'Università e ai Presidi di Facoltà. Quando ho esposto questi dati e le situazioni delle altre regioni - in modo precipuo dell'Emilia Romagna - ho posto alla loro attenzione la cartina del CUN, dove si rileva che rimane come zona bianca gran parte del Piemonte, la Valle d'Aosta e le province di Imperia e di Savona; il problema dello sviluppo universitario nel Piemonte sud-occidentale esisteva nel 1987.
Per me va benissimo aver privilegiato Vercelli, Novara e Alessandria ma va corretto il fatto di non aver detto neanche una parola sul Piemonte sud-occidentale. Infatti, nel discorso programmatico di presentazione della Giunta del 25 luglio dell'anno scorso, si era detto di voler privilegiare anche il Piemonte sud-occidentale. Questo concetto era stato introdotto su iniziativa mia e del collega Garino, ma non perché venissimo dalla provincia di Cuneo, ma perché ritenevamo giusto avere un decentramento universitario in questa parte della Regione.
Ai Presidi ho fatto notare non 'soltanto le situazioni delle regioni indicate dalla cartina, ma anche quanto avviene in alcune città della Francia, che non sono affatto di categoria B: Nizza, Marsiglia, Aix en Provence, Chambery, Saint-Etienne, Lione, Ginevra e Lausanne; altrettanto poteva avvenire per le nostre Università autonome. Mi è stato risposto che la legge 7/8/1990, n. 245 dice che "le Università predispongono e trasmettono al Ministero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, almeno un anno prima della scadenza del piano, propri programmi di sviluppo riferiti al triennio successivo" e che non si fa più alcuna menzione né della Regione né degli Enti locali.
Dagli stessi Rettori dell'Università mi è stato detto che era all'esame e infatti siamo andati a Roma per una verifica - un disegno di legge approvato poi dal Senato della Repubblica nella seduta antimeridiana del 7 febbraio 1991 - presentato dal Ministro dell'Università e della Ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro del Bilancio, del Tesoro e della Funzione Pubblica; che parla di autonomia dell'Università e degli Enti di ricerca, dove si specificano, oltre alle funzioni dell'Università, l'autonomia statutaria, l'autonomia regolamentare l'autonomia didattica, l'autonomia della ricerca, l'autonomia organizzativa e tanti altri articoli. In questi articoli non si parla assolutamente di regioni, ad eccezione della dicitura "salvo le possibilità di intesa, con gli Enti locali, ecc.".
I Rettori mi hanno quindi detto che più che parlare di poli di decentramento autonomo è necessario parlare di decentramento di servizi universitari (cosa che trovate nella penultima pagina della mia comunicazione).
Non sono entrato nel merito della discussione, anche perché ho proposto nella prossima riunione della IV Commissione un'audizione con i due Rettori del Politecnico e dell'Università proprio per sentire quello che pensano.
Ritengo che la IV Commissione sia la sede più idonea per discutere a fondo questi problemi, una volta pervenute dal Consiglio regionale linee guida individuate nei 15 interventi svolti.
Sono perfettamente d'accordo su tutto, ma devo dirvi apertamente che c'è diversità di strategia tra il Politecnico e l'Università, anche perch il Politecnico ha soltanto tre facoltà mentre l'Università ne ha 10 oltre quelle decentrate. Si parla addirittura di un Politecnico che dovrebbe cambiare nome e non essere più il Politecnico di Torino, ma - verificher se questo è vero - il Politecnico del Piemonte e della Valle d'Aosta.
Queste cose sono indicative di un certo movimento di opinione rispetto all'autonomia dell'Università e al modo con cui si concepiscono i rapporti tra Università ed Enti locali, in primo luogo la Regione. Non ho cercato di abdicare ai compiti e alle prerogative della Regione nel Piano di sviluppo sono partito con l'intenzione di fare una comunicazione che desse possibilità di espressione, tanto meno voglio smentire i dati risalenti al 1987: per carità, si sono smentiti fatti risalenti a date anteriori o susseguenti ma non è certamente mio compito o mio desiderio farlo.
Bisogna però prendere atto che le cose sono un po' cambiate e che non tutto va bene per Vercelli, Novara ed Alessandria: diciamocelo francamente.
Quando si dice che ci sono 11 miliardi dallo Stato per Vercelli, mentre ne erano stati promessi 16, è a causa della politica restrittiva del Governo.
La Facoltà di Farmacia mi ha inviato una lettera per conoscenza nella quale fa presente che se il giorno l.mo ottobre la sede di Novara non sarà a posto, chiuderà i corsi. Tutti questi fatti devono essere chiariti, ma non sono questi elementi che possono far dire che "L'autonomia di Vercelli Novara e Alessandria, dal punto di vista del polo della terza Università essendoci a Torino l'Università e il Politecnico...": questo esulava dalle mie competenze.
Capisco che la relazione possa essere stata trovata grigia, senza grinta, ma mi chiedo quale compattezza, quale chiarezza e quale grinta hanno permesso in tanti anni di avere sempre e comunque solo 404 posti letto, senza alcuna protesta. Ci sono 12.000 studenti piemontesi che si recano in Università situate al di fuori del Piemonte contro i 5.000 che viceversa vengono a studiare in Piemonte.
Dei 12.000 studenti piemontesi che studiano altrove 7.000 vanno in Lombardia; Vercelli e Novara dovrebbero avere ampie possibilità di attrarre studenti. Ecco l'importanza del discorso del diritto allo studio universitario. Questo discorso non vuole però mettere in concorrenza Alessandria, Vercelli, Novara, Mondovì, Cuneo e Torino, ma evidentemente deve essere governato da un Ente regionale che dà a tutti pari opportunità di ottenere sussidi, contributi e provvidenze che la legge garantisce.
Tutto questo è concatenato, non è che io sia cosi sprovveduto da pensare di fare una relazione solo perché è d'obbligo farla. Respingo l'accusa di essere stato in grado di fare una relazione unicamente farcita di statistiche; si tratta di interpretarne i dati: ritengo che l'intelligenza dei Consiglieri regionali sia tale da poter capire quanto le cifre possono rappresentare e la possibilità di darci suggerimenti.
Suggerimenti che devono essere portati avanti in Commissione; questo dibattito, che segue quello del 1987, non esaurisce le necessità della Regione Piemonte come istituzione, territorio e popolazione nei confronti dei problemi universitari.
Per quanto riguarda l'ISEF sono perfettamente d'accordo con il collega Montabone e con gli altri Consiglieri Intervenuti. Rispetto a questi problemi avevo sollecitato il Presidente della Giunta Brizio, in data 19 luglio, ad inviare una lettera al Ministro Ruberti dal seguente contenuto: "Ho appreso che nel piano di sviluppo triennale per gli anni 1991/93 da lei recentemente presentato al Consiglio universitario nazionale per il previsto parere, si prevede di prendere in esame, in collaborazione con le competenti autorità accademiche e con gli enti interessati, le particolari situazioni degli Atenei di Bari, Bologna, Padova e Torino (Università) risulterebbe pertanto escluso il Politecnico di Torino".
Successivamente, in data 9 settembre ancora al Ministro Ruberti è stato scritto quanto segue: "Il piano di sviluppo triennale dell'Università 1991 93 presentato in questi giorni al Parlamento non ha accolto la richiesta di un secondo corso di laurea in Architettura da decentrare nel bacino del Piemonte sud-occidentale, come indicato con assoluta priorità dal Comitato regionale di coordinamento con le seguenti motivazioni: 'bacino totalmente carente di qualsiasi offerta didattica universitaria e che in rapporto al predetto corso presenta una domanda di dimensioni tali da garantirne il successo '".
La terza lettera che mi sono permesso di raccomandare al Presidente Brizio porta la data del 10 settembre, e recita: "Signor Ministro, come senz'altro a sua conoscenza, fin dal 1959 opera, in Torino un affermato Istituto per l'Educazione Fisica e Sportiva che, unico in Italia, vanta corsi di preparazione per insegnanti, di attività ginniche dell'infan-zia e della terza età; al momento la popolazione studentesca è pari a 1.200 unità Da notizie ufficiose, ma di fonte attendibile, sono stato informato che nel progetto di riforma, che prevede la trasformazione in facoltà universitaria di tali istituti, la sede di Torino non verrebbe considerata tra quelle da attivare come sede di corso di laurea al pari di altre; quali Milano, Roma e Napoli. Ritengo ingiustificato.., ecc." Tutto ciò per dirvi che stiamo seguendo le problematiche relative al decentramento al diritto allo studio universitario con la massima attenzione e cura.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La discussione è pertanto conclusa.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marchiai; ne ha facoltà.
MARCHINI Desidero far rilevare l'opportunità, espressa dalla nostra forza politica - ma mi pare sia stata fatta propria anche dalla maggioranza - di rimettere alla Commissione un'ipotesi di raccordo fra i due documenti presentati.



PRESIDENTE

Il Consigliere Marchini ha anticipato quanto intendevo dire io stessa.
Il dibattito è stato di ampio e vero confronto: passare alla votazione di documenti contrapposti non corrisponderebbe né allo spirito del dibattito né al tono della replica di poc'anzi dell'Assessore.
Ritengo anch'io che un ulteriore confronto in Commissione potrebbe essere utile.
Se l'Assessore ed il Consiglio sono d'accordo procediamo oltre ed rinviamo i documenti alla Commissione.
La parola al Consigliere Leo.
LEO Come Presidente della Commissione sono soddisfatto della decisione assunta; mi permetto però di sollecitare le varie forze politiche ad essere presenti in Commissione; non ritengo sia il caso, infatti, di rimandare l'argomento in Commissione per poi ritrovarci in tre "pellegrini" a discuterne.



PRESIDENTE

I documenti sono inviati in Commissione proprio nel rispetto dello spirito del dibattito svolto in aula nonché della disponibilità dell'Assessore.


Argomento: Consorzi artigianali

Dibattito su questione Federconsorzi (rinvio)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Riba; ne ha facoltà.
RIBA Vorrei porre una questione di ordine procedurale. Con quella di oggi è la terza volta che viene iscritto all'o.d.g. dei lavori del Consiglio regionale il dibattito sulla Federconsorzi; viste le attese createsi ed il fatto che, in ogni caso, si tratta di un argomento di una certa rilevanza ritengo si debba assumere una decisione: o si svolge il dibattito oggi iniziandolo a quest'ora del pomeriggio, oppure lo si rinvia alla prossima seduta come primo punto all'o.d.g. Personalmente, ritengo accoglibile questa seconda ipotesi: sia il Consiglio a decidere al fine di sapere in che tempi si potrà affrontare l'argomento.



PRESIDENTE

Ritengo che avviare immediatamente un dibattito di tale portata sia oltremodo faticoso, soprattutto dopo quello altrettanto ampio ed impegnativo sull'Università.
Riterrei pertanto più utile per il Consiglio accedere alla seconda ipotesi, rinviando il dibattito sulla Federconsorzi alla prossima seduta subito dopo l'esame delle interrogazioni e interpellanze. La Giunta concorda.


Argomento: Produzione e trasformazione dei prodotti

Esame progetto di legge n. 159: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 13 maggio 1990, n. 39 e successive modificazioni ed integrazioni - Repressioni delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e dei commercio dei prodotti vitivinicoli"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 159 di cui al punto 5) all'o.d.g.
E' relatore il Consigliere Penasso.
PENASSO, relatore "Ad oltre tre annidi distanza dall'approvazione della L.R. 9 aprile 1987 n. 23 che modificava ed integrava la LR. 13 maggio 1980 n. 39 dal titolo: 'Repressione delle frodi: sistema di rilevazione e controllo della produzione e del commercio dei prodotti vinicoli ', la Giunta regionale ha riscontrato la necessità di rivedere e rielaborare in alcune parti il testo di legge.
Tale necessità è derivata sia dal mutare delle condizioni del settore sia dagli anni di esperienza maturati nel campo specifico a contatto con gli operatori.
Anche la legge 8 giugno 1990, n. 142 ha introdotto nell'ordinamento delle autonomie locali alcune variazioni che vengono prese in doverosa considerazione nelle modifiche della LR. 39/80.
L'art. 2 della sopraccitata legge nazionale (142/90) prevede che le autonomie locali siano ordinate in comuni e province, modificando la dizione in precedenza utilizzata di 'Amministrazioni provinciali e comunali '; in forza di ciò il disegno di legge in allegato trasforma tale dizione adeguandosi alla nuova normativa. Sempre la legge 142/90 agli artt. 3 e 15 individua sia i rapporti tra Regioni e Province che la concorrenza della provincia nella stesura dei compiti di programmazione; tali esigenze dettate dai due articoli citati vengono prese in considerazione e introdotte nella modifica del secondo articolo della LR 39/80.
La necessità, di dare più snellezza ed incisivi-tà all'operato dei Servizi Antisofisticazioni Vinicole delle Province ha fatto sì che si inserisse un'ulteriore integrazione all'art. 2 della LR. 39/80 prevedendo che su direttiva dell'ufficio di coordinamento della Regione i vari servizi possano agire anche al di fuori del territorio provinciale.
Il ruolo sempre più determinante della Comunità Economica Europea e i suoi regolamenti hanno fatto si che si adeguasse la normativa regionale alla, termino- logia e agli adempimenti dettati dalla C.E.E., incorporando nel testo di modifica i riferimenti legislativi dettati dalla Comunità.
Le uve e il vino Moscato d'Asti D.O.C. sono perla nostra Regione oltre che sinonimo di garanzia e di serietà produttiva, anche una decisiva voce attiva nel bilancio economico degli operatori del settore.
Ecco quindi la necessità di tutelare in modo particolare i produttori della materia prima 'Moscato Bianco' equiparando la documentazione necessaria per l'ottenimento della ricevuta frazionabile per la rivendicazione della D.O.C. alla documentazione dell'Anagrafe Vitivinicola anche sotto il profilo sanzionatorio.
La modifica dell'art. 3 bis relativo alle sanzioni è dovuta alla ricerca di un criterio di equità nella fase sanzionatoria, proporzionando la sanzione alla superficie investita a vigneto.
La LR 9 aprile 1987, n. 25 dal titolo: 'Organizzazione della vigilanza nel settore igienico-sanitario e veterinario per specifiche indagini in materia di igiene e sanità pubblica, veterinaria, nonché di igiene e di sicurezza del lavoro ', prevede tra l'altro la costituzione di un Comitato di coordinamento degli organi di vigilanza per la disciplina delle attività del settore.
L'attivazione di tale Comitato da parte del competente Assessorato regionale alla Sanità ha reso nei fatti inutile il Comitato di coordinamento previsto dall'art. 3 ter della LR 39/80 di conseguenza se ne propone l'abrogazione.
L'art. 3 bis è stato integrato in modo tale che coloro i quali sono tenuti all'iscrizione all'Anagrafe Vitivinicola debbano esibire per accedere ai contributi gestiti dalla Regione un attestato di avvenuta iscrizione rilasciato dai Servizi Antisofìsticazioni Vinicole delle Province.
Per le attività amministrate dall'Assessorato Agricoltura della Regione l'assolvimento a tali obblighi è accertato d'ufficio in modo da non sovraccaricare il produttore con nuove procedure burocratico amministrative.
Le somme derivanti dal pagamento delle sanzioni amministrative verranno introitate su apposito capitolo che servirà per poter dotare i Servizi Antisofisticazioni Vinicole delle Province di strumenti sempre più efficaci per la lotta alle frodi e alle sofisticazioni Infine nell'integrare l'art. 4 della LR 39/80 si è tenuto conto dei dettato del D.L. 18 giugno 1986, più noto come decreto-metanolo, che prevede che siano stilati dei programmi omogenei di intervento per una più efficace lotta alle frodi e alle sofisticazioni. Il raggiungimento dei fini e degli obiettivi prefissati da tali programmi da parte dei Servizi Antisofisticazioni Vinicole delle Province sarà la condizione necessaria per accedere ai contributi erogati dalla Regione.
La. Commissione consiliare competente ha approvato a maggioranza il testo del provvedimento, apportandovi alcune correzioni di ordine meramente formale.
Verificata l'urgenza, dell'applicazione della nuova legge, si invita il Consiglio ad una sollecita approvazione."



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale.
La parola al Consigliere Riba.
RIBA Si tratta di una legge che non modifica la sostanza - se non per le integrazioni rese necessarie dal trascorrere del tempo - della legge del 1980, impegno serio in questo settore da parte della Regione Piemonte.
Integrazioni e modifiche si riferiscono essenzialmente all'acquisizione di quanto previsto dalla legge n. 142, dal decreto legge sulle questioni del metanolo e dal regolamento CEE in materia di frodi e sofisticazioni.
Assai utile è la possibilità, prevista a favore dei Comitati di Controllo Antisofisticazione delle diverse province, di poter operare anche fuori provincia - nell'ambito della regione - così come il coordinamento regionale di tutta l'attività. Faccio quindi esplicita richiesta che, senza ritoccare punti del testo di legge, vi sia l'impegno formale ad una relazione o un rendiconto annuale della Giunta sull'attività svolta. Non mi riferisco tanto a termini di attività burocratica - dei quali siamo tutti al corrente: chi ha interesse può facilmente venirne a conoscenza - quanto ai risultati in termini politici di riduzione e localizzazione del fenomeno e rispetto ad eventuali elementi a favore dell'affermazione delle nostre produzioni di qualità.
Nelle zone di produzione del vino è noto che, a fronte di produzioni ad esempio - di 50 mila quintali d'uva, si possono trovare in circolazione produzioni garantite all'origine di 70,80 e, in alcuni casi, anche il doppio di quintali. Un tale fenomeno preoccupa perché sottende e fa da copertura ad altri elementi minori che si inseriscono nella situazione fino alle adulterazioni, sofisticazioni e avvelenamenti o anche soltanto a semplici frodi commerciali o nella denuncia delle produzioni.
In riferimento al passato ci sono i catasti e molti altri strumenti di questo tipo: attualmente è stato fatto un certo lavoro, ma una relazione annuale che riferisca al Consiglio sull'andamento progressivo o regressivo del fenomeno di sofisticazione potrebbe essere un fatto politico del quale ci potremmo giovare per un dibattito consequenziale alla legge della quale oggi discutiamo brevemente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Credo Che la legge n. 39 abbia contribuito al miglioramento della produzione vitivinicola della nostra regione.
I fatti relativi al metanolo, i successivi controlli, le azioni di modifica dei disciplinari, l'affinamento dell'intervento regionale per le produzioni importanti come il moscato, ci dicono che la legge n. 39 è stata ed è uno strumento valido di cui il Piemonte - unica regione in Italia - si è dotato all'unanimità di approvazione.
Il collega Riba richiede una relazione annuale: io non so, visto ad esempio il prolungarsi della possibilità di discutere di Federconsorzi, se nell'ambito dei lavori del Consiglio sia ipotizzabile una relazione di quanto la legge abbia inciso sul miglioramento complessivo della nostra produzione vitivinicola e di quanto si sia agito attraverso gli strumenti che la legge mette a disposizione per aiutare il mondo vitivinicolo a crescere sul piano della qualità.
Ritengo giusto che la Giunta, quindi l'Assessorato, si dica disponibile e si impegni a rendere disponibili i Consiglieri che lo desiderano (in questo caso tutti i Consiglieri); approvo quindi una relazione annuale che dimostri ciò che si è fatto, i fenomeni che emergono, gli aspetti positivi e negativi che l'applicazione della legge n. 39 evidenzia nel mondo vitivinicolo piemontese. Se poi un confronto sulla relazione deve essere fatto, lo proporrei in Commissione, per essere corretti ed operativi.
Questi obiettivi, a mio parere, possono essere raggiunti: la discussione in Consiglio mi sembra più complessa, per cui prenderei l'impegno in questa direzione: affidare ai Consiglieri il compito della relazione sulla quale confrontarsi eventualmente in Commissione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'art. 7 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 38 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Esame proposta di deliberazione n. 204: "Limiti di riferimento per gli adeguamenti previsti dal D.M. 12/7/90 in materia di inquinamento atmosferico"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 204 di cui al punto 6) dell'o.d.g.
La parola all'Assessore Garino per l'illustrazione.
GARINO, Assessore all'ambiente La dizione definitiva del Decreto ministeriale passata in Commissione non è la dizione definitiva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Essa dice: "Al quinto capoverso occorre togliere 'Criteri per la raccolta dei dati inerenti la qualità dell'aria' e inserire invece 'Criteri per l'elaborazione dei piani regionali per il risanamento e la tutela della qualità dell'aria'.
Sempre al medesimo capoverso, dopo le parole '.., i criteri per l'elaborazione dei piani ', togliere le parole 'di cui all'art. 4, comma 1 lett. a)'". E'un puro errore materiale fatto in Commissione che deve essere corretto.
La deliberazione riguarda i limiti di riferimento per gli adeguamenti previsti dal Decreto ministeriale del 12.7.90 in materia di inquinamento atmosferico. La proposta, passata anche in Commissione, è che i limiti massimi consentiti nella regione Piemonte siano i valori minimi di emissione fissati negli allegati 1, 2 e 3 del Decreto ministeriale del 12 luglio, quindi i più restrittivi.
Rimane un problema da affrontare in futuro: la Regione Piemonte dovrà entro 18 mesi dalla data del 31 maggio 1991 (data di pubblicazione del Decreto ministeriale), predisporre i piani di risanamento per la tutela atmosferica, che preferirei chiamare piani di miglioramento progressivo della qualità dell'aria.
Si pongono alcuni problemi soprattutto per il reperimento dei dati, non tanto di quelli in possesso dell'Assessorato derivanti da denunce e domande di autorizzazione, quanto di una serie di dati di cui l'Assessorato non pu disporre, trattandosi di denunce non fatte. L'Assessorato si dovrà attivare per desumerli dai dati ISTAT che, anche se non nominativi, sono certamente i più attendibili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Voglio chiedere una conferma all'Assessore poiché non ero presente in Commissione quando ha illustrato la deliberazione. Chiedo solo se, con "minimi", si intende il livello più restrittivo, perché dalla formulazione della deliberazione non è chiarissimo.
GARINO, Assessore all'ambiente La deliberazione recita: "Delibera di fissare quali limiti massimi di riferimento per gli adeguamenti e le emissioni degli impianti esistenti i valori minimi di emissione fissati negli allegati 1, 2 e 3". La nostra intenzione era di proporre limiti ancora più restrittivi, così com'era stato fatto nel passato, dopodiché, su ricorso da parte di privati, il TAR aveva annullato la delibera.
L'intenzione era quella di fissare limiti il più possibile restrittivi secondo quelli previsti dal Decreto ministeriale; nel momento In cui si aprirà per la Regione la possibilità di un'integrazione a livelli ancora più restrittivi, sarei d'accordo nel provvedervi, oggi non ci è consentito.
BRESSO Prendo atto della spiegazione dell'Assessore, ma volevo sollevare una questione non tanto relativa al comportamento assunto con questa delibera che, allo stato attuale è probabilmente l'unico possibile, ma quella relativa ai tempi di applicazione del Decreto.
Come l'Assessore e i Consiglieri ricorderanno, il Decreto n. 203 risale al 1988; il Ministero ha tardato molto a emanare le linee-guida, ma è anche vero che con l'Assessore a lei precedente abbiamo in varie occasioni sollecitato la Regione ad assumere con urgenza le iniziative di studio per essere in grado di elaborare i piani.
So bene che l'elaborazione di un piano di risanamento, sia esso dell'aria, dell'acqua o del suolo, scientificamente parlando è un'operazione complessa, in quanto non è neanche ben chiaro in cosa consistano i piani e la documentazione statistica in merito è carente, ma l'impressione è che in realtà si continui a rinviare la messa a punto di un sistema coerente e sufficientemente diffuso di rilevazione della qualità dell'ambiente, nel caso specifico dell'atmosfera. Rinviando continuamente l'impostazione di una documentazione statistica sull'ambiente si perviene unicamente al risultato di pessime relazioni nazionali sullo stato dell'ambiente, nonché di relazioni ISTAT, consistenti di accozzaglie di dati a caso.
Se non altro, la Regione Piemonte potrebbe dotarsi di un "ufficietto" di statistica che cominci a ragionare sul modo con cui predisporre strutture di rilevazione e di elaborazione di dati di base sull'ambiente.
Diversamente, ogni volta che una legge prevede tali rilevazioni, da una parte si sostengono costi immani per inventare ogni volta "l'acqua calda" e, dall'altra, si affidano le consulenze a società che si recano in Regione a chiedere dati che non esistono: praticamente non si dispone mai di un'informazione di base.
Si sono persi tre anni abbondanti senza che di fatto sia stato predisposto nulla al fine di avere quella documentazione di base che permetterebbe di elaborare piani adeguati.
E' lodevole che quanto meno si scelgano i limiti minimi e non quelli massimi previsti; capisco che non si possa andare al di sotto di quelli fissati dalle linee-guida senza aver predisposto un piano, ma pur apprezzando tale scelta ci asterremo per il ritardo di tre anni del reale avvio della predisposizione di un piano, che non può tradursi unicamente nel piangere sul fatto che, come al solito, mancavano i dati.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Sarò brevissimo. Esprimo innanzitutto la mia perplessità non soltanto per il ritardo di tre anni su una questione di per sé di grande importanza ma anche perché nel frattempo i problemi attinenti al contenuto della proposta, l'inquinamento ambientale, si sono sicuramente aggravati.
Vorrei far notare che su questa proposta la discussione in Commissione come quella in quest'aula, è stata rapidissima, e al di là dell'impegno dei funzionari preposti, in realtà, non abbiamo alcun dato reale di riferimento per capire a che punto sia lo stato delle cose. Il recepimento dei dati ministeriali è un modo per avere un qualcosa, ma ciò non toglie nulla al fatto che nel breve dibattito in Commissione è emerso che per alcune panico lari lavorazioni i dati ministeriali sono particolarmente "larghi". Cito solo come titolo, la questione delle emissioni di nero fumo, senza addentrarmi nei particolari: i parametri ministeriali sono estremamente ampi e non risolutivi di questioni ambientali che, pur rientrando nei limiti previsti, possono permanere come situazioni gravi.
Ho sentito che l'Assessore si è assunto l'impegno di riaffrontare la questione: nella delibera tale impegno non compare in alcuna forma. Si assumono i limiti del Decreto ministeriale, ma non c'è alcun impegno di rivedere perlomeno alcuni parametri eccessivamente permissivi e non sufficienti a garantire un adeguato controllo ambientale, o almeno alcuni aspetti dell'inquinamento ambientale.
Mi asterrò sulla delibera che a mio giudizio è il male minore da accogliere per avere qualche dato di riferimento cui appellarsi.
Resta il fatto che sul piano regionale tutta questa materia va rivista urgentemente; mi pare di capire che in questo senso ci siano competenze e volontà.
La situazione è gravissima. Cito uno degli ultimi casi: la questione della Servizi Industriali, da una parte, e dell'Acna, dall'altra, rispetto alle quali una riflessione sui parametri contenuti in questa legge andrebbe fatta.
Termino dicendo che non sono in grado, e come me neanche l'Assessore di dire quante sono le aziende che in questo momento hanno fornito le informazioni dovute.
Ho un articolo, vecchio però di un anno, che dice che su 76.000 aziende in Piemonte solo 13.500 avevano fornito qualche informazione: probabilmente oggi saranno di più, ma la situazione mi pare sia estremamente grave.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.
MIGLIO Voglio fare una breve dichiarazione sulla nostra presa di posizione. La prima considerazione che penso sia giusto fare è che con questa deliberazione, che andremo probabilmente ad approvare come Consiglio regionale, siamo limitati rispetto alle possibilità di incidere sul problema dell'inquinamento atmosferico in modo da garantire limiti reali.
Siamo costretti, cioè, a lavorare all'interno della maglia ristretta che ci viene concessa da dispositivi legislativi a livello nazionale.
Posso accettare, come ho fatto in sede di Commissione, la scelta compiuta dalla Giunta di adottare come valori massimi i minimi stabiliti a livello nazionale. In sede di discussione, seppur svolta brevemente, è anche emerso il bisogno di andare al, di là di questo vincolo e di studiare forme per dare alla Regione la possibilità di dettare limiti diversi relativi alle emissioni in atmosfera.
Ritengo non sia possibile definire tali limiti in termini assolutistici; sarebbe più giusto verificarli di volta involta rispetto a determinate scelte localizzative e rispetto a quanto già effettivamente esiste in zone territoriali specifiche, quindi rispetto a sinergie che possono crearsi fra emissioni in atmosfera da impianti diversi.
Bisognerebbe analizzare caso per caso con una sorta di valutazione di impatto ambientale gli effetti sull'atmosfera, sulle acque e sugli altri elementi naturali e, sulla base di queste deduzioni, scegliere i parametri massimi ammissibili di rilascio nell'atmosfera di sostanze inquinanti.
La proposta fatta in sede di Commissione era di introdurre, recuperando le nuove disposizioni, la possibilità di redarre dei piani, possibilità accolta con piacere da parte nostra in questa deliberazione: Riteniamo che questo possa essere un primo momento attraverso il quale scendere nel dettaglio per fare una seria verifica della realtà attuale su scala regionale.
Detto questo, assumiamo anche noi una posizione analoga a quella di coloro che ci hanno preceduto e ci asterremo proprio per i limiti insiti nella deliberazione, con la quale non è dato lo spazio necessario per poter realmente incidere sulla tutela dell'atmosfera.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino per la replica.
GARINO, Assessore all'ambiente Mi dichiaro totalmente d'accordo con quanto detto dal collega Miglio: il vero problema starà nella localizzazione delle zone prima e nei piani di risanamento per zone poi, che potranno e dovranno essere predisposti.
Non nascondo le difficoltà che avremo nel riferimento ai vari dati: purtroppo devo dire che il Consigliere Marino ha ragione. Infatti, la situazione citata dal collega in riferimento ad alcuni mesi fa, non è di molto mutata; non ho dati precisi, ma su un'aspettativa di 76.000 denunce o domande d'autorizzazione (ovvero auto-denunce) ne abbiamo ricevute 15.000 poco di più di quanto il collega ha riportato.
Di qui la preoccupazione di non ricevere, come Assessorato, sufficienti dati attraverso questo canale e la conseguente esigenza di rivolgerci a chi questi dati può fornirceli, sapendo che esiste un vincolo di segretezza per cui alcuni dovranno essere richiesti in modo quantitativo e per zone, e non caso per caso. Questo non è un grave problema, perché dalla quantità riferita a singole e determinate zone potremo conoscere l'impatto ambientale determinato dalle varie emissioni e passare alle zonizzazioni.
Anche per quanto riguarda l'altro aspetto sollevato, estremamente importante, abbiamo pochi dati: cosa abbiamo fatto per attrezzarci? Non dimentichiamoci che la deliberazione è stata preceduta da uri piano triennale, nel quale sono state privilegiate due direttrici programmatiche: una è la direttrice del disinquinamento atmosferico, per la quale abbiamo ottenuto i fondi - che siamo in attesa di ricevere - per Il monitoraggio di tutta l'area metropolitana torinese, il quale ci permetterà di conoscere a fondo la situazione in tempo reale: l'altra è la direttrice programmatica sul sistema informativo nazionale sull'ambiente (SINA) (che per noi è SIRA: sistema informativo regionale sull'ambiente) che ci permetterà, con gli stessi standard di altre regioni, di utilizzare i dati DISIA, elaborarli e renderli disponibili in qualsiasi momento.
Esiste il terzo problema del potenziamento dell'organico del servizio rilevato opportunamente dalla collega Bresso. Anche se proprio in questa settimana siamo riusciti a ottenere una persona in più (da 4 siamo passati a 5) l'organico non è ancora sufficiente: la Giunta ha deciso di espletare concorsi specifici con professionalità piuttosto elevate proprio per questo servizio.
Da ultimo, sul problema dei limiti di riferimento, ribadisco che quelli a cui ci atteniamo sono i più restrittivi: in alcuni casi, tali limiti seppur minimi - sono stati ritenuti ulteriormente riducibili.
Al fine di avviare un'azione di pressione nei confronti del Ministero e del Governo, è in atto un coordinamento regionale al quale partecipa per il mio Assessorato la dott.ssa Contardi, responsabile di servizio, per formulare proposte operative affinché i limiti vengano rivisti alla luce di esperienze e analisi di tipo scientifico che le Regioni in questo momento sono in grado di fare.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la proposta di deliberazione, con la correzione enunciata dall'Assessore, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 22 voti favorevoli e 12 astensioni.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il punto 10) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Istituto Universitario di Studi Europei (art. 4 del relativo Statuto). Consiglio Direttivo. Nomina di 1 rappresentante.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Toti Musumeci.


Argomento: Nomine

- Monumento alla Memoria Alpina nel Comune di Condove (art. 2, LR n. 43/90). Comitato promotore. Nomina di 2 rappresentanti.


PRESIDENTE

E stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Benedetti Tullio e Picco Giovanni.


Argomento: Nomine

- Commissione Tecnico-Consultiva in materia di Cave e torbiere (art: 6, LR n. 69/78 mod. con LR n. 6/80). Nomina di 6 esperti supplenti: 1 in geologia, 1 in tecnica mineraria, 1 in sistemazione idraulica e forestale 1 in pianificazione territoriale, 1 in ecologia e tutela ambientale, 1 in materia giuridica.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Quirico Giovanni Battista (esperto giuridico), Rabajoli Edoardo (esperto in sistemazione idraulica e forestale), Buffa Di Perrero Carlo (esperto in pianificazione territoriale), Mancini Renato (esperto in tecnica mineraria), Sciandra Angelo (esperto in geologia), Moschini Marco (esperto in ecologia e tutela ambientale). Gli ultimi due designati ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Consiglio Generale del sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po (art. 6 LR n. 28/90). Nomina di 5 membri di cui 2 espressi dalla minoranza.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Arlandini Angelo, Martini Marcello, Stanchi Piermassimo, Affatato Luigi Ariotti Anna Maria. Gli ultimi due designati ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Texilia S.p.A. (LR n. 47/84 mod. con LR n. 11/88). Consiglio di Amministrazione. Integrazione di 2 rappresentanti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Cadeddu Sara, Panza Emanuele.


Argomento: Immigrazione - Emigrazione

Esame proposta di deliberazione n. 285: "L.R. 1/87 - art. 3 - Programma per l'anno 1991. Gestione LR n. 1/87 'Interventi regionali in materia di movimenti migratori' e sue successive modificazioni"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 7) all'o.d.g.: "Esame proposta di deliberazione n.
285".
La parola al Consigliere Calligaro.
CALLIGARO Già in Commissione abbiamo richiesto un'applicazione rigorosa della legge regionale 1/87 vista l'obiettiva limitatezza delle risorse rispetto alle onerose, per non dire innumerevoli, finalità che ci si prefigge: favorire il rientro e l'idonea sistemazione degli emigrati che rientrano definitivamente in Piemonte: favorire la formazione e la riqualificazione professionale dei lavoratori emigrati rimpatriati e dei loro familiari favorire il reinserimento degli emigrati mediante agevolazioni per l'acquisizione, nel territorio regionale, di idoneo alloggio .favorire il reinserimento degli emigrati rimpatriati nelle attività produttive: agevolare l'inserimento dei figli degli emigrati nell'ordinamento scolastico nazionale anche attraverso la frequenza scolastica di corsi universitari e post-universitari nonché il superamento delle difficoltà linguistiche organizzare nel territorio regionale soggiorni culturali e viaggi studio per i figli degli emigrati ed iniziative di turismo sociale e di interscambio assumere, incoraggiare e sviluppare iniziative ed attività culturali a favore degli emigrati curare la diffusione tra le Comunità degli emigrati di pubblicazioni e materiale audiovisivo e radiofonico effettuare studi, indagini e ricerche relativi al fenomeno migratorio sostenere l'attività delle Associazioni degli enti e degli immigrati dalle altre Regioni in Piemonte. Sono iniziative assolutamente lodevoli, ma le risorse possibili sono irrisorie. Per questo motivo chiediamo che le stesse non vengano disperse in mille rivoli, ma siano mirate ai casi di effettivo bisogno, quelli riguardanti soprattutto coloro che rientrano definitivamente in Piemonte.
La raccomandazione è quindi di non disperdere risorse, alimentando un turismo facile quanto immotivato che fra l'altro la legge non prevede, ma anzi, esclude; chiediamo che si rispetti letteralmente il dettato di legge: è questa la condizione essenziale per spendere efficacemente le poche risorse previste dal programma per l'anno 1991.
L'ultima osservazione riguarda la legge in sé, in vigore da 4 anni; è tempo di una verifica complessiva, di un bilancio della sua applicazione.
Si tratta di individuare i pregi per rafforzarli, i difetti per correggerli e si avverte la necessità di apportare modifiche e, soprattutto, di stabilire precise priorità. Il programma non può essere onnivalente dati 1700 milioni di lire previsti per l'anno 1991.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera; ne ha facoltà.
ZACCHERA Esprimo la più profonda delusione per la proposta di deliberazione che viene oggi portata in votazione. Se fosse stata ripresa la nostra proposta di legge depositata molti mesi fa e tuttora all'esame della III Commissione, il motivo sarebbe molto semplice. Ritengo assurdo, demagogico e puramente di effetto-immagine stanziare 700 milioni per questa normativa e pretendere, con una tale somma, di dare un minimo di contenuto pratico e concreto a quanto s'intende fare. Il collega Calligaro ci ha riportato un elenco i cui punti arrivano sino alla lettera m): di cose da fare ce ne sono parecchie. C'è dentro di tutto, ma senza alcuna priorità, per cui il ritorno delle salme degli emigrati è ritenuto di pari importanza - "a pari merito" - al sostegno delle attività e delle associazioni degli emigrati, e così via. Alla base vi sono due motivazioni; innanzitutto i soldi per finanziare la legge sono decisamente pochi. L'Assessore Cerchio - credo che la materia sia di sua competenza - dovrebbe chiedere a se stesso se sia più importante stanziare decine di milioni (come abbiamo sentito oggi) percorsi professionali volti a far sì che aspiranti attori e attrici seguano interessantissime e valide iniziative culturali oppure finanziare in modo un po' più decente una normativa secondo me estremamente importante.
All'interno della Regione vengono spesi molti più soldi per assistere immigrati extracomunitari, quindi di provenienza da tutto il mondo, che non per assistere emigrati piemontesi che per motivi gravi, a volte anche drammatici, sono costretti a rientrare in Italia e nella loro regione di appartenenza. Quindi la legge, secondo noi, andrebbe riscritta completamente. A tal fine ho presentato con il mio Capogruppo, avv.
Majorino, una proposta di legge che cambia completamente la normativa rendendola più snella e indicandone le priorità; mi sembra che anche i colleghi della Lega Nord ne abbiano presentata una, non so se prima o dopo la nostra. Non possiamo, in attesa che vengano discusse queste proposte di legge, continuare a dare sovvenzioni minime, che rendono del tutto inattuabile una legge come la n..1/87.
Settecento milioni a favore di emigrati piemontesi di ritorno che arrivano nella nostra Regione sono pochi; ricordo che in Commissione si disse che già a metà febbraio i fondi erano esauriti, accogliendo unicamente le domande attendibili, provenienti da persone in stato di bisogno, eliminando ogni possibile strumentalizzazione.
Propongo che il bilancio della proposta di deliberazione venga aumentato in modo drastico - le possibilità per recuperare qualche centinaio di milioni, se non dei miliardi, ci sono, e se volete ve le indichiamo - oppure la Giunta ci riproponga il documento, debitamente aumentato negli stanziamenti: Diversamente, non mi sento di votare una normativa giusta e impeccabile, ma non appoggiata da un'adeguata e decente copertura finanziaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Sinceramente è difficile esprimere pareri. Voterò contro questa deliberazione e cerco di spiegarne i motivi.
Ritengo difficile approvare una deliberazione nella cui premessa non è ben chiara la gestione degli anni precedenti e di quanto previsto dalla legge regionale n. 1/87. Mi domando, ad esempio, quanti siano stati i rientri e se 700 milioni, nella previsione di un trend analogo, siano sufficienti: quanti siano stati i cittadini emigrati di origine piemontese che hanno fruito dei benefici della legge n. 1/87, In quanto in stato di bisogno: quanto proporzionalmente sia stata la spesa per attività di tipo diverso, ad esempio il sostegno alle attività delle associazioni degli emigrati, alle attività di ricerca sui fenomeni migratori, alle pubblicazioni e materiale audiovisivo, ecc. Voglio capire, insomma, quali priorità ci si è date e come sono stati spesi i soldi impegnati precedentemente.
Faccio notare che la legge dice che sono i Comuni a dover gestire le erogazioni economiche: a pag. 6) si afferma che si è ritenuto di mantenere il riferimento già In atto al Comuni "non sembrando ancora sufficientemente definito e organizzato in modo uniforme su tutto il territorio regionale il rapporto fra Comune e UU.SS.SS.LL. in materia socio-assistenziale". In realtà questa Regione ha recepito la legge 142, Assessore Cerchio: alla luce di questa legge dovrebbe esserci un chiarimento in tal senso, e quindi ritengo che questa parte vada quanto meno modificata.
Stanti queste considerazioni sulla mancanza di chiarezza non mi limiterò ad astenermi, ma voterò contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.
SARTORIS Ci asterremo su questa deliberazione per i motivi già evidenziati in Commissione. A nostro parere, il fatto di non dare un indirizzo preciso a questi 700 milioni, sicuramente insufficienti, può creare grossi problemi alle persone che dovrebbero fruire di questo beneficio.
Infatti, malgrado vi sia un'informazione precisa e puntuale, queste persone vengono scoraggiate o per lo meno si prospettano molte difficoltà per il loro ritorno nel nostro Paese. Questo, da un certo punto di vista ci sembra giusto, anche se molte volte eccessivo e disincentivante.
Crediamo che alcune comunità vengano opportunamente informate, mentre altre no.
E tanto per non andare lontano, prendiamo in esame il problema degli albanesi o dei marocchini: questi non sono sufficientemente informati, e all'arrivo in Italia non trovano lavoro, ma molte difficoltà.
Questi soldi dovrebbero servire per facilitare il ritorno di argentini e peruviani di origini piemontesi, i quali vengono invece messi di fronte ad una realtà difficile e cruda, che li disamora e li disaffeziona dal tornare a casa dei loro genitori o dei loro nonni.
Crediamo che questi 700 milioni dovrebbero essere utilizzati per dare la possibilità a queste persone non di mettersi in guardia perché non ritornino, ma perché ritornando trovino delle associazioni che li indirizzino nella ricerca di un lavoro e in particolare di quelli che non è affatto vero, come viene spesso detto, che soltanto extra-comunitari sono in grado di fare.
Ci sono lavori, anche temporanei, che persone informate e disponibili sarebbero in grado di svolgere.
Bisogna informare i cittadini di origine piemontese che risiedono all'estero che in Piemonte esistono alcuni posti di lavoro, anche solo temporanei, che non danno più adito agli esodi di una volta quando si partiva all'avventura; adesso ci sono possibilità reali e concrete.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Come da indicazione che ho ricevuto dal mio Capogruppo preannuncio l'astensione del Gruppo Lega Nord sulla deliberazione in oggetto per le stesse motivazioni espresse dal Consigliere Sartoris.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore ai movimenti migratori Migratori Cercherò di non parlare troppo, anche se in realtà sono un po' deluso, per sfortuna o per fortuna a seconda delle circostanze o delle latitudini in cui ciascuno è collocato. Ed è di latitudine che si deve parlare, soprattutto di fronte a problemi di emigrazione e quindi di soggetti che, a tutte le latitudini del mondo a cominciare dal Piemonte attraverso forme di emigrazione prima individuali poi collettive e, nel periodo post-bellico, politiche e sociali, hanno vissuto momenti di estrema difficoltà. Il nostro Paese è passato, nel corso degli anni, da tipica terra di emigrazione a terra di immigrazione.
La deliberazione In esame è attuativa di una legge (bella o brutta che sia, ma dura lex sed lex), che necessita di criteri d'applicazione.
L'approvazione della L.R. 1/87, all'unanimità del Consiglio, seguì il lavoro intenso e lo sforzo corale di tutti i Gruppi e, in particolare, di alcuni Consiglieri che, all'indomani di una verifica della situazione migratoria nel mondo, determinarono la nascita della legge. Come relatore (non ricoprivo allora il ruolo di Assessore) riportai la voce unitaria delle forze politiche della maggioranza e dell'opposizione (ricordo il gran lavoro svolto insieme al collega Guasso ed altri quali Bianca Vetrino e Giancarlo Tapparo). Fu la prima legge-quadro in materia da parte di una Regione, a fronte di un totale vuoto normativo; tale legge fu poi di esempio e di stimolo per molte altre Regioni che negli anni successivi si sono spesso richiamate alla L.R. 1/87 della Regione Piemonte. Nel 1987 venne iscritto a bilancio un primo finanziamento più che altro simbolico di 200 milioni, al fine di affrontare contestualmente, can una certa intuizione In tempi non sospetti, problemi di emigrazione e di immigrazione; in seguito le due questioni vennero affrontate separatamente tanto che oggi noi abbiamo due leggi, la n. 1/87 riferita unicamente a problemi inerenti nostre comunità all'estero, e quella più recente, la n.
63/89, inerente l'emergente presenza in Piemonte di stranieri extra comunitari:1700 milioni messi quest'anno a disposizione dal bilancio si rivolgono esclusivamente ai problemi inerenti il fenomeno accentuatosi via via negli ultimi anni della cosiddetta emigrazione di ritorno soprattutto da Paesi dell'America Latina (Argentina, Brasile e Venezuela); Paesi che versano in gravi difficoltà anche sul piano della situazione sociale ed economica (ricordo, ad esempio, la forte inflazione).
I fondi messi a disposizione non sono molti. Bisogna però tener conto che altre Regioni d'Italia, In particolare quelle a statuto speciale, dalla maggior autonomia legislativa, finanziaria ed organizzativa, da tempo hanno predisposto strumenti legislativi che hanno storicamente introdotto attenzione a questi problemi: negli anni, anche se a scalare, sono riuscite ad ottenere a bilancio fondi maggiori.
Per quanto riguarda la Regione Piemonte è solo dal 1987 che viene affrontato di fatto questo problema, ovvero da quando la legge, dal bene augurale n. 1, è finalmente decollata.
Le osservazioni mosse da alcuni colleghi, in particolare mi riferisco al collega Calligaro, sono al centro della preoccupazione e dell'attenzione della Giunta, e in specifico di questo Assessorato.
Occorre approvare il programma attuativo 1991 per utilizzare i 700 milioni in un'ampia pluralità di programmi e sfaccettature d'interventi.
Sostanzialmente, è stato ripreso il programma di attuazione dell'anno precedente - 1990 - con modifiche ed aggiunte in linea con suggerimenti posti dagli stessi Consiglieri. Vi sono stati miglioramenti sulla base dell'esperienza e della gestione della legge; particolare rilevanza è stata data ai requisiti necessari per ottenere il rimborso delle spese di viaggio; e non si tratta, proprio perché rigidamente impostato, di turismo facile.
La rigorosità introdotta nel programma attuativo fa sì che chi rientra In Italia - ad esempio con biglietto A/R non abbia diritto al rimborso degli anni precedenti, della metà del prezzo del biglietto, ma solo di un quarto del valore dello stesso.
Inoltre, da parte dei Comuni viene richiesta una documentazione opportunamente esaustiva, affinché siano precisati e documentati i requisiti dei soggetti richiedenti, che devono essere inseriti nella deliberazione della Giunta municipale. Tale deliberazione viene così ad assumere il valore di atto in base al quale vengono attuati i conteggi da parte della Regione. In conseguenza di suggerimenti pervenuti a più voci viene dato particolare spazio ai progetti culturali previsti dall'art. 16 della legge. Vengono quindi regolamentati sia soggetti giovani sia soggetti anziani.
I viaggi vengono organizzati in collaborazione con le Associazioni degli emigrati piemontesi e con gli Enti locali al fine di poter offrire ai soggetti prescelti una visione maggiormente globale del Piemonte e non solo turistica o restrittiva.
Una specificazione ulteriore viene fatta per quanto concerne l'applicazione dell'art. 22 della legge, sui contributi da erogare alle Associazioni. So di essere noiosamente tediante nel sollevare queste osservazioni, che mi premuro di far rilevare soprattutto nei confronti degli ultimi interventi che mi paiono recitati più sul fatto che " 'va nen bin, a sun mach 700 milion' per dila an piemonteis perché parloma anche di i piemontese." Credo si debba riconoscere alla Giunta e all'Assessorato la particolare attenzione prestata alle modificazioni in ordine al programma '90, proprio perché in perfetta linea con i suggerimenti pervenuti dal Consiglio.
Si vuole, infine - punto altrettanto importante - regolamentare la parte di erogazione del contributo in modo garantista per l'ente, anche alla luce dell'introduzione dell'art. 316/bis del codice penale. Pur ampliandone il raggio di applicazione, visto che le problematiche legate all'emigrazione dintorno ne allargano il campo d'azione, s'intende giungere ad un programma più rigoroso per ciò che concerne la documentazione da prodursi, alfine di evitare inutile perdita di tempo sul requisito della cittadinanza, che deve essere posseduta dal soggetto richiedente i contributi.
La L.R. n. 1/87 prevede a bilancio 700 milioni; la legge n. 63 sugli immigrati extracomunitari - con tutta la relativa problematica-ne prevede 450; arriviamo quindi ad 1 miliardo e 150 milioni, a fronte dei 200 milioni previsti quattro anni fa per entrambe le realtà. Pur di fronte a carenza di strumenti finanziari vi sono comunque delle possibilità di intervento.
Voglio ancora rispondere ad un quesito posto dal collega Maggiorotti: sono circa 800 gli interventi relativi a soggetti rientrati in Italia nei confronti dei quali è stata applicata la legge, e particolare attenzione è stata prestata - soprattutto in quest'ultimo anno - ai soggetti che rientrando hanno utilizzato lo specifico articolo di legge d'incentivazione alla ripresa di attività produttive artigianali.
E da precisare che tutti questi interventi non sono comprensivi di una serie di altri fondi di cui si occupano altri colleghi: ad esempio, il collega Carletto in base a questa legge-quadro ed alla L.R. n. 1/87, sta distribuendo in questi giorni buoni-casa a cittadini piemontesi (i pochi fortunati, anzi più probabilmente sfortunati perché sono nelle condizioni di poterli ottenere): agli emigrati che rientrano in Piemonte nella graduatoria dei buoni-casa vengono conferiti ben 5 punti.
Faccio ancora un esempio emblematico: esistono Assessorati (dalla cultura all'istruzione, dall'edilizia alla sanità, alla stessa Presidenza) con capitoli di bilancio e fondi a disposizione paralleli al 700 milioni.
L'impostazione della legge ha inteso prevedere una certa orizzontalità d'applicazione, essendo l'emigrazione un problema che non riguarda soltanto l'Assessorato all'emigrazione, ma che orizzontalmente tocca quello dell'edilizia, della casa, della sanità, dell'assistenza, della cultura dell'istruzione e della formazione professionale.
L'impegno è stato non indifferente, considerando anche che si tratta di un programma attuativo di una legge a suo tempo approvata.
I due emendamenti presentati mi paiono in linea con la specificazione richiesta dai colleghi Chiezzi e Maggiorotti del termine "valore" con le parole "prezzo nell'atto della compravendita" per ciò che riguarda quanto disposto a pag. 26.
La Giunta regionale accoglie i due emendamenti. Chiederei l'approvazione dell'immediata esecutività della deliberazione, per non rischiare di non poter utilizzare il previsto fondo di 700 milioni.



PRESIDENTE

Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi: a pag. 26, seconda riga sostituire la parola "valore" con le parole "prezzo nell'atto di compravendita"; a pag. 26, punto 2) seconda riga sostituire la parola "valore" con le parole "prezzo nel documento di compravendita".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato con 30 voti favorevoli e 2 astensioni.
Pongo in votazione la deliberazione così emendata, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 23 voti favorevoli, 8 contrari e 5 astensione.
Iscrizione nuovi argomenti all'o.d.g.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Volevo soltanto rammentare che questa mattina ci si era impegnati ad inserire all'o.d.g. la proposta di ordine del giorno presentata da me e da altri Consiglieri sulla questione della revisione del nomenclatore tariffario delle protesi.
Proporrei di inserirla all'o.d.g. ed eventualmente discuterla. Mi sembrerebbe un atto politico significativo - anche rispetto agli impegni presi questa mattina - assumerla come parte dell'o.d.g. di oggi.



PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la proposta di ordine del giorno.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata con 41 voti favorevoli.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Esame documento sul ruolo delle Regioni


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del punto 9) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola la collega Sartoris. Ne ha facoltà.
SARTORIS All'andare a rappresentare la Regione Piemonte con quella specie di obbrobrio che avete avuto il coraggio di tirare fuori ci sembra troppo poco votare no: se potessimo, voteremmo no da qui al giorno del convegno.
Relativamente alla elettorale, tirar fuori certi sbarramenti e cercare in ogni modo di risolvere le questioni con ricette di bassa cucina significa voler rallentare il corso della storia. Se invece di essere del Movimento Piemont appartenessi ad un Partito tipo il suo, Assessore Gallarini, riderei molto poco. Evidentemente, lei frequenta poco gli ambienti romani, da dove arriva voce che si vuol sbarazzare il campo dai partiti piccoli perché l'area degli elettori disposti a votare un Partito e diventata talmente ristretta che occorre dividersi il campo. Se appartenessi ad un Partito piccolo comincerei a preoccuparmi.
Il documento, che voleva essere l'espressione e l'immagine della Regione Piemonte, è la negazione completa e assoluta di tutte quelle nuove istanze provenienti dalla gente, cui noi, con le nostre modeste forze cerchiamo di portare avanti; è la dimostrazione che avete paura, che non volete le province nuove, tant'è vero che quella di Verbania l'abbiamo persa per strada. Sappiamo tutti che l'iter è molto lungo: deve passare alla Camera, al Senato, avere la firma del Presidente della Repubblica, per cui i tempi sono quelli che sono. Sappiamo tutti che per Biella e Verbania sarà ben difficile che ci sia uno sbocco.
Se volete andare a Venezia, se volete dire che questa è l'immagine che la Giunta della Regione Piemonte dà di questo Consiglio, noi non possiamo sicuramente pensare di darvi mandato e di votare un documento che crediamo voglia dire che non avete capito niente di quello che vi sta succedendo.
Nonostante illustri persone dei vostri Partiti vi mettano in guardia continuate a non capire niente. Diversamente non si sarebbe prodotto un documento del genere, che è un insulto per le nuove istanze emergenti, è un cercare di mettere ripari e steccati, un creare sbarramenti elettorali. La strada da percorrere, comunque, è sicuramente un'altra. Noi non solo voteremo contro, ma saremo presenti a Venezia - con mezzi propri - perch abbiamo saputo che a questa Conferenza dobbiamo provvedere come Gruppi a partecipare, perché è logico che sia così.
Io non ho niente in contrario, però nel momento in cui era stato chiesto se alcuni Consiglieri potevano partecipare ci è stato risposto di no e che avremmo potuto partecipare solo a spese dei Gruppi di appartenenza. Questa è una scelta, perché questi non sono "alcuni tipi" di viaggi; ma sono cose istituzionali. Un conto è andare ad un Congresso istituzionale, un altro è andare ad altri tipi di Congressi Noi non abbiamo mai sollevato questi problemi; è certo comunque che su questo è stata fatta una scelta in base a certi criteri piuttosto che ad altri.
Noi voteremo contro e cercheremo di essere presenti a Venezia per far sentire la voce di alcuni strati della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Non entro nel merito perché credo che il Vicepresidente del Consiglio abbia avuto una svista tecnica, prima che politica. Non è pensabile che alle ore 18.35, dopo aver discusso 8 ore sulle Università piemontesi, su una questione di così grande rilevanza come quella dell'autonomie delle Regioni ci si proponga di votare un documento senza che il Consiglio abbia mai discusso sull'argomento.



PRESIDENTE

Dobbiamo chiarire questo concetto perché ritengo di non aver avuto alcuna svista. Il documento, annunciato alla riunione dei Capigruppo avrebbe dovuto rappresentare soltanto una bozza di riflessione per coloro che intendevano partecipare al Convegno di Venezia. Poiché sono stati presentati altri documenti, vedi quello del PCI-PDS ed altri, sulle risultanze del Convegno di Venezia si sarebbe aperta una discussione in modo da verificare le condizioni del Consiglio stesso. Non c'è stata quindi, alcuna svista.
MARINO Facendo votare questo documento, si afferma la posizione del Consiglio regionale del Piemonte. Se si tratta di un contributo di discussione per chi andrà a Venezia è un conto,ma se il documento viene proposto al voto del Consiglio risulta come posizione ufficiale del Consiglio regionale del Piemonte. Chiederei di ritirare la votazione su questo argomento; in ogni caso, ovviamente, non vi parteciperò.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini; ne ha facoltà.
MARCHINI Il mio intervento non attiene alla materia del dibattito, ma si rifarà ad una considerazione della collega Sartoris, sulla quale credo necessario fare chiarezza. Nel rendere nota l'assenza di una delegazione del Consiglio regionale piemontese, la Presidenza ha chiarito che, di conseguenza, chi sarà interessato dovrà farsi carico delle relative spese.
Stabilire che i Gruppi debbano farsi carico di rimborsi ai Consiglieri significa creare un precedente sul quale ogni Capogruppo deve riflettere assumendosi le conseguenti responsabilità, visto che sono i Presidenti dei Gruppi a firmare i bilanci. Ritengo si tratti di questione sulla quale la Presidenza debba riflettere. Mi sembra un precedente di una qualche pericolosità.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.
CHIEZZI Ritengo anch'io difficile ottenere unanimità di consensi sul tema della riforma delle Regioni nell'ambito della più generale riforma dello Stato e stante l'attuale grado di definizione delle proposte politiche sulla riforma, a mio avviso sarebbe anche nocivo. Penso quindi sia un errore insistere nel mettere in votazione un documento tendente più ad unanimismo di facciata che volto ad affrontare i problemi al livello cui si pongono.
Il documento è generico per un verso e contiene scelte sulle quali occorrerebbe discutere, per altri Ritengo sbagliato richiedere al Consiglio di pronunciarsi in questi termini su un tema ampio e difficile da affrontare, in cui le sfaccettature delle posizioni attraversano orizzontalmente le forze politiche e sulle quali il confronto dovrebbe essere pieno, a tutto campo.
A questo punto non so chi possa ancora insistere affinché il Consiglio regionale voti un documento-mandato per chi si recherà a Venezia vincolandone le opinioni: a mio parere è un atto sbagliato. Chi si riconosce nel documento potrebbe illustrare le proprie risoluzioni in Consiglio; quest'ultimo prenderà atto delle differenti posizioni che verranno rappresentate a Venezia; riterrei un errore mettere in votazione il documento.
Personalmente, se il documento verrà messo in votazione mi asterrò.



PRESIDENTE

Mi si informa che sul documento, preannunciato nella riunione dei Capigruppo, ci si era impegnati a verificare eventuali diverse posizioni in una riunione di Capigruppo prima dell'inizio della seduta, che non si è tenuta. Se il Consiglio è d'accordo, proporrei 5 minuti di sospensione affinché misi dica come proseguirei il documento non è formalizzato: non c'è una firma! La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI E chiaro che un documento del genere non riuscirà a trovare consenso unanime. E' un documento il cui equilibrio sta proprio nella ricerca di un minimo comune denominatore, ricerca nella quale tutti i Gruppi, credo possano trovare un accordo, una convergenza.
Non so se sia ortodosso, ma proporrei che domani in sede di Conferenza dei Capigruppo si riesaminasse il documento; d'altra parte, mi pare che così fosse anche nelle intenzioni della signora Presidente, al fine di verificare eventuali correttivi da apportare. Certo, l'adozione di un documento da parte dei Capigruppo è po' anomala, in ogni caso si tratta di un documento che ha perlomeno il suggello di quei partiti che intendono dare il loro consenso.
Credo che la decisione migliore, visto che questa sera non è possibile entrare nel merito del contenuto del documento, potrebbe essere quella di rinviare l'esame del documento alla Conferenza dei Capigruppo di domani mattina, e rilevare eventuali convergenze in quella sede.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Ricordo, essendo stata presente al momento degli accordi presi al riguardo, che ci si era espressi sull'opportunità che i diversi Gruppi esprimessero attraverso propri documenti le loro posizioni; il documento finale, possibilmente, avrebbe dovuto essere d'integrazione.
Ci siamo sforzati di presentare un documento articolato che riprendesse molte delle argomentazioni dei Verdi, su un tema che a loro e a noi sta particolarmente a cuore. Nella bozza di documento a nostre mani, pero, non ritrovo molte delle proposte espresse nel nostro documento, che quindi non ritengo possa essere né votato né fatto oggetto, stasera, di alcuna discussione.
Ritengo che domani mattina, alla Conferenza dei Capigruppo, si possa aprire un'impegnativa discussione sull'argomento; non so quanti Capigruppo intenderanno farsi carico del fatto che si tratta del documento del Consiglio regionale del Piemonte. I Capigruppo che lo riterranno firmeranno il documento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Dal punto di vista formale il documento è stato presentato; sarebbe però opportuno - come mi pare abbiano sottolineato i colleghi - un ampio dibattito per poter verificare le varie posizioni: dal punto di vista formale, non ci sono alternative. Capisco l'importanza dell'appuntamento di Venezia, dove dovremmo portare comunque una nostra posizione, difficile da trovarsi visto che dovremmo rinviare la discussione.
Il collega Picchioni ha proposto di valutare domani, in sede di Capigruppo, se siamo in grado di risolvere il problema: non sarà facile.
In ogni caso, nel momento in cui il documento viene presentato si tratta di un atto politico; non so bene chi l'abbia presentato alla Presidenza, ma si tratta di un atto politico posto alla valutazione del Consiglio. La proposta, a mio avviso, può autorizzare motu proprio il Presidente o i Presidenti ad esprimersi a Venezia sulla base del documento presentato al dibattito del Consiglio regionale; nulla dovrebbe impedire da una parte, il rispetto di regole formali e, dall'altra, di far rilevare qualora non riuscissimo a trovare delle convergenze nella Conferenza dei Capigruppo di domani, che la Regione Piemonte ha aperto con questo documento un grosso dibattito che verrà concluso dopo il Convegno di Venezia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Dire a Venezia che in questo Consiglio si è aperto un dibattito non mi pare una notizia molto rilevante per il Convegno, comunque va benissimo.
Dico però - ed è evidente dalle considerazioni finora emerse - che non è possibile che né la Giunta né la Presidenza del Consiglio vadano a Venezia a dire che questo documento è Il pensiero politico della Regione Piemonte su queste problematiche.
Domani, forse, se ne parlerà nella riunione dei Capigruppo; non occorre essere degli indovini per ipotizzare che sul documento non ci sarà unanimismo dei Capigruppo e che non sarà possibile portare a Venezia un documento unanime della Regione Piemonte.
Nella migliore delle ipotesi si potrà parlare di documento approvato da una certa provenienza politica dei Capigruppo e della Regione Piemonte, ma penso che non sia un argomento di rilievo da portare a Venezia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Temo che ci si sia addentrati in una questione molto delicata; ritengo che il Convegno di Venezia non voglia significare un confronto tra Regioni ma uno scambio di idee: è mia preoccupazione far sì che ciascuno di noi, di qualsiasi forza politica, possa andare a Venezia libero di esprimersi come crede. Questo significa stilare il documento soltanto se si conviene all'unanimità su un certo messaggio, al di fuori e al di sopra del quale ognuno può recuperare propria autonomia e capacità di proposta.
Il senso dello Stato ci dice che un documento del Consiglio, sia pure votato a maggioranza; vincola anche coloro che dissentono; diversamente non si capirebbe il senso di un documento espressione del Consiglio regionale In passato un collega presente oggi in aula sostenne che nel momento in cui un documento ha l'approvazione del Consiglio, pur non condividendone il contenuto, diviene proprio di ogni Consigliere.
In sede di Capigruppo abbiamo avviato la questione con un po' di leggerezza: ci è sembrato opportuno consentire al nostro Presidente, o a chi riterrà, di svolgere il ruolo di rappresentanza della posizione della Regione, intendendola come una questione acquisita di normale, assunta e consolidata valutazione da parte di tutti e certamente non di compressione delle diverse posizioni.
A documento ha avuto un iter travagliato; non esprimo giudizi in merito, in quanto di contenuto assai distante da ciò che penso: senza aggiungervi una sola virgola, se c'è disponibilità da parte dei Gruppi, io sottoscrivo.
Dobbiamo sforzarci di arrivare nella prossima riunione dei Capigruppo ad un documento unanime - contando sull'intelligenza di alcuni colleghi unanimità non significa escludere quanto non ci vede d'accordo: questo argomento può essere affidato all'illustrazione del nostro Presidente.
Congelare istituzionalmente in un documento le voci non consenzienti del Consiglio regionale mi sembra improprio; si arriverebbe al fatto curioso per cui a Venezia un Consigliere piemontese dovrebbe iniziare il proprio intervento di illustrazione del documento affermando di avervi votato contro. Ai partecipanti del Convegno non credo che questo possa riguardare tutt'al più potrebbe interessare cosa pensano i socialisti, i liberali o Piemont su un determinato argomento: del loro comportamento in quest'aula non importa assolutamente a nessuno! Il nostro Consigliere, qualora dissenta, dovrebbe demolire il documento della Regione Piemonte premettendo e giustificando il proprio disaccordo e, dopo averne prese le dovute distanze, svolgere finalmente il proprio intervento.
Il processo verso il quale ci siamo avviati mi sembra davvero curioso.
E' necessario il tentativo suggerito dal Consigliere Picchioni; analizziamo la questione a livello di Capigruppo, garantendo ognuno la propria ampia disponibilità, rinunciando ad alcune delle considerazioni che vorremmo fare e accettandone altre che magari non ci piacciono.
Verifichiamo la possibilità di rendere presente il Consiglio regionale in termini istituzionali; per essere presenti in termini istituzionali però, occorre che il Presidente rappresenti la totalità del Consiglio regionale; diversamente non si tratterebbe di espressione istituzionale, ma di maggioranza.
Quest'ultima, oltretutto, paradossalmente obbligherebbe i dissenzienti ad esprimersi a Venezia in tal senso.
Mi sembra un percorso al limite del paradosso: la Conferenza dei Capigruppo deve essere la sede nella quale sciogliere questi nodi; se non si riesce ad arrivare ad un documento che ci veda concordi per larga parte rinunciamoci: diventerebbe fortemente contraddittorio, al limite del paradosso e, a Venezia, al limite del ridicolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI E evidente che difetti di procedura stanno provocando dei problemi.
Personalmente, avevo inteso la questione - posta da me, ma non solo - in termini diversi, che vorrei spiegare anche come verifica con i colleghi.
Sollecitato un pronunciamento del Consiglio in vista del Convegno di Venezia, alla prova dei fatti si è arrivati ad una soluzione dimostratasi poco praticabile, essendo mancata una fase istruttoria.
Infatti, escludendo la fase di dibattito in Consiglio, sarebbe stata necessaria una fase istruttoria di confronto fra i Gruppi consiliari per eventuali aggiustamenti; l'impostazione avrebbe anche potuto essere non unanime ma, perlomeno, sarebbe stata verificata in modo concreto. Questa fase è mancata anche per difetto nostro oltreché della Presidenza del Consiglio; siamo quindi costretti a prendere atto che siamo a un punto morto: mi pare improprio votare alcunché: un voto senza dibattito non mi sembra praticabile, visto che non c'è unanimità sul documento.
La Conferenza dei Capigruppo di domani potrebbe, in ipotesi, portare alla stesura di un testo unanime? Sinceramente, colleghi, ho molto dubbi si rischierebbe di produrre un testo talmente minimale da essere insignificante.
Parliamone pure alla Conferenza dei Capigruppo di domani - di certo non mi ritrarrò da questa verifica, da questo confronto; sinceramente, per sono scettico sulla possibilità di arrivare ad un testo unanime. L'unica soluzione è che ognuno si esprima al Convegno di Venezia come meglio ritiene; non vedo altre vie per rappresentare la realtà per quella che è senza inventarne di inesistenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Relativamente al documento, vorrei fare il tentativo di spezzare il discorso in due tronconi. Sulle premesse (lamentazioni dei problemi che gravano sulla nostra come su altre Regioni), penso che si sia tutti d'accordo; sulla seconda parte del documento ritengo invece che ne questa sera ne domani alla Conferenza dei Capigruppo si potrà trovare una qualsiasi "quadra". Leggendo il documento- si colgono parecchi ammiccamenti: si dà per assodato che certi disegni di legge (segnatamente quello di Labriola) debbano passare, e che il progetto di riforma Istituzionale è ancora assai distante dal quello che, ad esempio, il mio Gruppo sta portando avanti.
Fatte queste premesse, ritengo che non sia possibile che un documento del genere, come giustamente ha rilevato il Consigliere Marchini, possa rappresentare l'intera istituzione. Se si intendono stilare documenti contenenti proposte di riforma istituzionale ogni Gruppo predisponga il proprio e lo presenti.
Chiarisco da subito, in modo definitivo, che neghiamo tassativamente la nostra adesione a qualsiasi documento di questo tipo e che non siamo assolutamente d'accordo sul fatto che rappresenti l'intero Consiglio regionale. Se la Giunta e la maggioranza intendono arrivare ad un documento qualsiasi lo facciano, ma non lo rappresentino a nome dell'intero Consiglio.



PRESIDENTE

Appare evidente l'impossibilità, per questa sera, di procedere alla votazione del documento. Domani, nella riunione dei Capigruppo verificheremo come affrontare il problema.


Argomento: Fondi sanitari

Ordine del giorno n. 270 sul nomenclatore tariffario


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 270 sul nomenclatore tariffario, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto il D.M. 30 luglio 1991 avente per titolo 'Approvazione del nomenclatore tariffario delle protesi dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche-psichiche o sensoriali dipendenti da qualunque causa ai sensi della legge 29 dicembre 1990 n. 407 che di fatto limita l'erogazione di ausili protesici ai soggetti invalidi e annulla la fornitura di presidi e prodotti, i finiti in favore di persone colpite da gravi patologie: interprete delle segnalazioni di grave disagio che provengono dalle persone direttamente colpite e dalle loro organizzazioni considerato che in Piemonte, ormai da anni, ai soggetti invalidi erano forniti ausili e presidi protesici, non compresi nel nomenclatore tariffario, ma, essenziali per garantire loro il raggiungimento dei più alto grado possibile di autonomia considerato altresì che i cittadini affetti da gravi patologie potevano acquisire a carico del Servizio Sanitario Nazionale i prodotti, la strumentazione ed il materiale d'uso, atti a garantire la loro sopravvivenza nelle condizioni socialmente, psicologicamente e tecnicamente migliori: infatti attraverso la fornitura di tali ausili alle persone affette da forme tumorali, ai nefropatici gravi, ai talassemici ai portatori di doppie storpie, per citare patologie più rilevanti, era stata fino ad oggi garantita la permanenza presso il proprio domicilio in condizioni di vita sicuramente più accettabili e meno dolorose rispetto alle lunghe degenze ospedaliere e con costi, a carico della Sanità decisamente inferiori protesta per tale gravissimo atto perché, con l'applicazione del Decreto Ministeriale citato, tali categorie di cittadini vengono private delle prestazioni per loro indispensabili, in particolare: alle persone definite 'invalide' le UU.SS.SS.LL. non autorizzano più la fornitura dei presidi protesici che non siano previsti dal nuovo nomenclatore, con particolare riferimento agli ausili per il controllo dell'incontinenza, per la prevenzione e cura dei decubiti, per la mobilità tali ausili rappresentano per le persone gravemente disabili l'unica possibi-lità di acquisire un più elevato grado di autonomia e di conseguenza condizioni di vita più accettabili; anzi, per alcune di esse costituiscono l'unico strumento di totale autonomia i soggetti affetti da gravi patologie che potrebbero essere assistiti o vivere con una certa autonomia presso il proprio nucleo familiare, sono costretti ad accollarsi la spesa per l'acquisto di prodotti ed ausili indispensabili alla loro sopravvivenza o a chiedere il ricovero in ospedale, con tutte le conseguenze che ciò comporta: liste di attesa sovraffollamento dei posti letto, disagio e difficoltà nel rimanere ricoverati per lunghi periodi, maggiori costi a carico dei S.S.N.
ribadisce che non è attraverso tali decisioni, e cioè il taglio delle prestazioni, peraltro nei confronti delle persone più in difficoltà e gravemente ammalate, che si abbattono i costi della gestione della Sanità.
A prescindere dalle prioritarie considerazioni di carattere civile e morale, è dimostrato che garantire ausili, cure e prestazioni alla persona al fine di renderla il più autonoma possibile e permettere a chi è colpito da una grave patologia di restare presso il proprio domicilio, evitando i ricoveri ospedalieri, riduce drasticamente la spesa sanitaria.
Chiede di conseguenza che l'Assessore regionale alla Sanità attivi immediatamente tutte le iniziative possibili per sbloccare la situazione di grave disagio che si è determinata dal 16/9/ 1991, giorno di applicazione del D.M.
In particolare, chiede che la Giunta regionale intervenga presso il Governo affinché il D.M. 30/7/1991 sia modificato in modo tale da assicurare la fornitura di protesi ed ausili che, in quanto di prescrizione medica, nell'ambito di specifici piani di prevenzione, cura e riabilitazione, sono da considerarsi indispensabili e quindi non opzionali od accessoriali; ed in ogni caso assuma proprie decisioni atte a garantire le prestazioni sospese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno n. 271 relativo ad atti terroristici in Alpe Veglia


PRESIDENTE

Propongo infine di iscrivere all'o.d.g. l'ordine del giorno n. 271 presentato dai Consiglieri Miglio, Zacchera, Rivalta, Nerviani, Chiezzi ed altri.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è iscritto all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.
Pongo pertanto in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte appresa la notizia dell'attentato dinamitardo diretto contro la famiglia Ciceri, promotrice e fondatrice dell'Associazione degli Amici dell'Alpe Veglia, e degli atti vandalici al patrimonio dell'Ente Parco indignato di fronte a quanto accaduto esprime la sua solidarietà alla Presidente dell'Associazione ed agli ambientalisti fatti oggetto di minacce ed intimidazioni a causa dell'attività svolta per la promozione del parco condanna il ricorso a tali in qualificabili forme di azione che evidenziavo spregio per le forme democratiche di dibattito e di confronto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.05)



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