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Dettaglio seduta n.92 del 01/10/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Interrogazione n. 738 dei Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio inerente addizionale imposta sul gas metano


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. ?38, cui risponde l'Assessore Gallarini.
GALLARINI, Assessore al bilancio Confermo che quanto riportato dai giornali in merito alla proposta di incremento, per il 1992, delle addizionali sul gas metano corrisponde ai contenuti del disegno di legge all'esame del Consiglio; disegno di legge che la Giunta ha approvato nel corso del mese di luglio, che verrà presentato prossimamente in I Commissione e successivamente in Consiglio.
Anticipando un discorso che dovrà essere ripreso in occasione dell'approvazione del citato disegno di legge, si precisa che è stato quantificato l'onere medio aggiuntivo per nucleo familiare standard derivante dall'applicazione dell'addizionale sul consumo di gas metano.
Sono in corso di quantificazione, da parte degli uffici dell'Assessorato, gli oneri relativi alle altre addizionali di difficile determinazione non conoscendo, in termini attendibili, con riferimento al nucleo familiare standard, né il consumo medio di benzina né il numero delle transazioni soggette a tassa di trascrizione per quanto riguarda il PRA.
Per quanto riguarda il gas metano, l'onere aggiuntivo medio è pari a L.
60.000 annue per nucleo standard ed è basato sui seguenti dati: a) consumo medio annuo metri cubi 2.000 circa: (ovviamente è un dato medio che potrà subire delle oscillazioni fino ad un massimo ed un minimo ma per quanto riguarda questo dato medio l'incidenza, in base alla cifra contenuta nel disegno di legge, è di L. 60.000 annue per nucleo familiare) b) incremento dell'addizionale di L. 30.000 al metro cubo.
Sono state effettuate - e sono tuttora in corso - indagini per verificare la percorribilità di altre vie che potrebbero consentire di ottenere lo stesso gettito ma con incrementi dell'addizionale minori o nulli.
A che cosa si riferisce questo? Immagino che i Consiglieri siano a conoscenza del fatto che la Regione Emilia Romagna alcuni mesi fa, con una propria circolare, ha inteso interpretare la legge sull'addizionale del gas metano nel senso dell'estensione al gas per uso industriale. Da alcuni mesi si sta consolidando presso le Regioni questa stessa interpretazione.
Se così fosse, per quanto ci riguarda, dato 100 l'introito, 33 è relativo al consumo di gas domestico e 66 è relativo al consumo di gas industriale (quindi addirittura 12/3): in base a questo dato, l'introito che ne deriverebbe per la Regione Piemonte, pur mantenendo le 10 lire al metro cubo (base minima applicata nel corso del '91), sarebbe di circa trenta miliardi.
Tale eventualità sembra abbastanza attendibile: in questo senso si stanno valutando le possibilità e le opportunità di estendere l'addizionale sul gas metano anche a quello di uso industriale, come già praticato da altre Regioni.
Pochi giorni fa, quando abbiamo steso questa risposta, solo la Regione Emilia Romagna aveva fornito questa interpretazione, ma si sono aggiunte anche le Regioni Lazio, Abruzzo e Umbria.
Fermo restando la manovra economica che si intende percorrere, la calibratura del gettito necessario a sostenerla sarà studiata e decisa in I Commissione, e quindi dal Consiglio regionale prossimamente.
Il disegno di legge della Giunta è quindi aperto nella sua articolazione, pure se non modificabile nel valore assoluto dell'obiettivo che persegue, costituendo quest'ultimo un tassello fondamentale dell'intera manovra economica dell'Ente, fermi restando quei pilastri a supporto della manovra economica enunciata e approvata in sede di assestamento.
E ovvio che esiste la possibilità di calibrare in modo diverso, e penso che la Giunta sia disponibile affinché questa calibratura avvenga sia in Commissione che in Consiglio, recependo il contributo di tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale. L'eliminazione dal bilancio 1992 delle spese non indispensabili è un impegno di carattere generale che verrà rispettato, indipendentemente dalle addizionali, facendo parte del problema più generale costituito dal contenimento della spesa e del deficit pubblico.
Si ritiene di precisare altresì che: non è possibile graduare l'addizionale (valga a dimostrazione l'esperienza dell'anno scorso a proposito della tassa automobilistica; si potrebbero ipotizzare meccanismi di recupero sotto forma di contributi a favore dei nuclei familiari appartenenti alle fasce meno abbienti) il risanamento della finanza regionale è parte di un impegno già assunto e perseguito; valga, a sostegno di questa affermazione, quanto disposto in sede di assestamento al bilancio '91 e piano di rientro pluriennale relativo non sono comparabili il maggior gettito delle addizionali, che in ogni caso sostituisce trasferimenti correnti, ed il taglio sulle spese non indispensabili, che sono in ogni caso di importi notevolmente più bassi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Devo rilevare con soddisfazione che, essendo l'argomento piuttosto importante, l'Assessore Gallarini è stato in grado di rispondere con una certa sollecitudine. Rilevo, peraltro, che comunque l'argomento sarebbe stato discusso a breve termine in I Commissione.
Devo tuttavia dichiararmi insoddisfatto su due punti che nella relazione dell'Assessore non sono stati analizzati. Il primo è relativo alle riduzioni di spesa che noi avevamo invocato come sostitutive delle applicazioni della legge n. 158 del 1990; il secondo punto è relativo alle sollecitazioni di diverse Comunità montane affinché vengano graduati, anzi annullati, i provvedimenti per le aree montane, già sottoposte a pressioni economiche non indifferenti.
Concordo sul calcolo effettuato dagli uffici circa l'incremento aggiuntivo medio di L. 60.000 annue, ma nelle zone di montagna, dove i consumi per uso di riscaldamento sono decisamente più alti, la tassa aggiuntiva sarà decisamente più alta. A questa nostra precisa indicazione non è stata data risposta, così come non è stata data risposta alla richiesta di proporre, in alternativa, riduzioni di spesa o comunque risparmi.
Ricordo inoltre che, pochi giorni fa, in occasione della Festa dell'Amicizia, ho assistito ad un'intervista fatta al Presidente della Giunta Brizio, in cui lo stesso sottolineava la necessità di avere dei ritorni sulle imposte pagate dalla popolazione piemontese, in particolare un'aliquota dell'IVA. A questa richiesta, che stranamente da qualche tempo sta diventando comune a tutti i Presidenti delle Giunte regionali italiane devo opporre la dichiarazione dell'Assessore Gallarini, il quale sostiene che, come sempre, assisteremo ad una riduzione di trasferimenti, cosa che va esattamente in senso opposto a quanto richiesto a grande voce dal Presidente Brizio.
Se questi sono i dati di fatto, quindi la non volontà o perlomeno l'incapacità di predisporre una manovra di riduzione delle spese correnti la non volontà di tenere conto di diverse realtà economiche e sodali della nostra regione, l'impossibilità di ottenere maggiori trasferimenti da parte dello Stato, in particolare per quanto riguarda le imposte dirette pagate dalla popolazione piemontese, sono certo che su questa proposta di legge il nostro Gruppo manterrà un rigidissimo comportamento ostruzionistico. Come già dichiarato l'anno passato in occasione dell'applicazione della legge n.
158, non riteniamo che questa sia la strada giusta, anche se comprendiamo le necessità della Giunta di dover far fronte ad una situazione economicamente difficile.
Preannuncio sin d'ora, oltre a dichiarare la mia insoddisfazione per la risposta avuta, una rigidissima opposizione a qualsiasi provvedimento legislativo della Regione Piemonte che faccia proprie le indicazioni della legge n. 158.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.
GALLARINI, Assessore al bilancio Due precisazioni utili, prima di chiudere l'argomento.
Per le Comunità montane riteniamo che la strada debba essere diversa.
Ci siamo impegnati nel corso dell'assestamento al bilancio 1991, e ci impegneremo in fase di bilancio 1992, a rifinanziare alcune leggi sulle Comunità montane in modo da consentire di integrare il contributo regionale in quella direzione.
La strada percorsa dalla Regione Lombardia, quella della creazione di aree climatiche per differenziare le addizionali sul gas metano, ad esempio, è stata respinta dal Commissario di Governo. Non riteniamo quindi, che ci si debba avventurare su strade che sappiamo essere illegittime e che appesantirebbero i provvedimenti, impedendoci di arrivare nei tempi dovuti all'approvazione degli stessi.
Per quanto riguarda il ridimensionamento della spesa, ho già detto (forse in modo non sufficientemente marcato ed incisivo) che siamo impegnati in questa direzione; nel bilancio di previsione 1992 ci sarà la riduzione della spesa nei vari settori che illustreremo in sede di bilancio.
Per quanto riguarda la riduzione dei trasferimenti, se si pensa esclusivamente alla questione sanitaria - su cui questa mattina l'Assessore Maccari dovrà intervenire - su 10.000 miliardi di minore erogazione da parte dello Stato alle Regioni, esiste un'ipotesi di 3.000 miliardi a carico dello Stato e di quasi 7.000 miliardi a carico delle Regioni. Questo significa che su 675 miliardi di sfondamento totale, 400/450 saranno a carico della Regione Piemonte: mi sembra la dimostrazione evidente della minore erogazione.
Prossimamente, in I Commissione ed in Consiglio discuteremo delle addizionali e, ovviamente, ogni forza politica adotterà l'atteggiamento che riterrà più opportuno.
E' comunque un tassello della manovra complessiva che comprende il bilancio di previsione del 1992, le addizionali, le nuove tariffe relativamente ai porti lacuali, (che finora non sono mai stati regolamentati, ma che stiamo regolamentando con un disegno di legge), la razionalizzazione e la ristrutturazione del patrimonio, attraverso le quali pensiamo di comprimere la spesa e di fare pulizia all'interno del patrimonio, anche con l'introduzione di un controllo di gestione. Questo tassello, dal punto di vista politico, farà parte della manovra economica che valuteremo in occasione dell'approvazione del bilancio 1992.
Esistono già dei punti di partenza ed indirizzi in modo che dal primo gennaio 1992 possa iniziare sperimentalmente il controllo di gestione della spesa.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Richiesta di incontro con l'associazione dei para-tetraplegici


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Maggiorotti; ne ha facoltà.
MAGGIOROTTI L'associazione dei para-tetraplegici ha chiesto un incontro con i Capigruppo e la Giunta; volevo sapere se è possibile calendarizzarlo questa mattina.



PRESIDENTE

Mi riservo di parlarne con il Presidente della Giunta regionale, non appena libero, e con gli Assessori competenti.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interpellanza n. 725 dei Consiglieri Bresso, Rivalta e Monticelli inerente l'attività smaltimento rifiuti nel Comune di Torrazza Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 725 presentata dai Consiglieri Bresso Rivalta e Monticelli.
Al riguardo desidero informare che - come ho già anticipato al Consigliere Bresso - su richiesta del Sindaco del Comune di Torrazza, è stato fissato un incontro.
La parola al Consigliere Bresso per l'illustrazione.
BRESSO Vorrei brevemente illustrare l'interpellanza relativa alla discarica di Torrazza Piemonte, per la quale è stato richiesto un potenziamento che ne raddoppierebbe la portata rispetto all'utilizzo passato e attuale.
Trattandosi di una questione complessa, era nostro intento discuterne prima della Conferenza regionale, in modo che tutti gli elementi tecnici e politici fossero disponibili; è quindi comprensibile che l'Assessore non possa ancora pronunciarsi su taluni aspetti per la necessità di espletare la relativa procedura. L'interpellanza delinea innanzitutto il quadro della questione ambientale nel Comune di Torrazza. Com'è noto, un'autorizzazione per un progetto del genere deve tener conto delle condizioni ambientali dell'area prescelta e del carico globale che l'area già sopporta nel momento in cui se ne autorizza uno nuovo; carico ambientale che, pur con tutte le limitazioni più tecnicamente avanzate, resta comunque quando si autorizza un'attività di questo tipo.
Rileviamo: che nell'area esistono numerose cave per l'estrazione di materiale da costruzione; che recentemente è stata concessa l'autorizzazione per un'estensione di 500.000 mq, dell'area di cava; che è stata chiesta l'autorizzazione per un'ulteriore attività di cava, per la quale, oltretutto, si prevede un ulteriore ampliamento. Attenzione: attività di cava che, per il crearsi di cavità, molto spesso sono il preludio ad attività di discarica.
Nella stessa area vi sono inoltre cinque fornaci che estraggono in loco e che rappresentano un ulteriore aggravamento. Vi è poi l'attuale discarica di Torrazza - i Consiglieri della scorsa legislatura ricorderanno le battaglie in questo stesso Consiglio sulla vicenda - di cui, quello in discussione, è un ulteriore ampliamento.
Negli ultimi tempi sono sorti problemi analoghi a quelli già ben noti al Consiglio per la discarica di rifiuti industriali: malesseri, odori e puzze non solo sgradevoli ma apparentemente anche nocivi, tant'è vero che alcuni cittadini sono stati ricoverati all'ospedale locale.
Ci sono stati anche problemi di impatto dovuti al trasporto dei rifiuti all'attuale discarica. Il Comune non soltanto è attraversato da molte centinaia di camion al giorno, ma questo continuo passaggio ha ripetutamente provocato la rottura delle tubature dell'acquedotto comportando costi e disagi per la popolazione.
Questo è il quadro ambientale ed economico nel quale si inserisce la nuova richiesta di autorizzazione.
Chiediamo all'Assessore di chiarire se si sta sviluppando una strategia per cui chi ha accettato determinate condizioni, facendosi responsabilmente carico dei problemi che una discarica di rifiuti pone, in particolare per i rifiuti industriali, verrà per sempre condannato ad andare avanti all'infinito attraverso un disposto congiunto di attività di cava e di riempimento delle conseguenti cavità; oppure, se nella strategia dell'Assessorato non si ritiene opportuno prevedere le dimensioni massime che può raggiungere un'attività di questo tipo in modo che, avvenuta la copertura, il risanamento e la bonifica dell'area, i cittadini piemontesi siano in grado di verificare che se il tutto è fatto correttamente l'elemento dell'impatto ambientale può risultare relativamente contenuto.
Perché ciò avvenga, si deve sapere che la durata di un'attività di questo tipo è limitata nel tempo; si sa quindi quando finirà e quando potrà iniziare l'opera di bonifica. Ma se la situazione è tale per cui fattività avrà diritto di continuare per sempre, tutti i progetti che prevedono successivamente un risanamento ed una bonifica sono fasulli, dato che la questione si riproporrà in continuazione.
Chiediamo, quindi, se esiste una strategia che definisce a priori la dimensione massima accettabile e, rispetto all'attuale discarica di Torrazza, qual è ritenuta essere questa dimensione.
Chiediamo inoltre di valutare e affrontare - globalmente l'impatto ambientale di tutte queste attività, in modo che se ne tenga conto anche da questo punto di vista, e di verificare se i recenti problemi relativi ad odori e malesseri non siano conseguenti ad abusi rispetto alle autorizzazioni. Ultima, non irrilevante questione.
La richiesta per la discarica di Torrazza è di tipo 2B. Ci risulta che recentemente, anche a seguito della Conferenza regionale sulla questione l'Assessorato non ha concesso autorizzazioni a discariche di tipo 2B, per le quali sarebbero già state raggiunte dimensioni sufficienti. Com'è ovvio non è possibile che chiunque ne faccia richiesta ottenga l'autorizzazione ad attivare una discarica di un certo tipo.
Le autorizzazioni dovrebbero essere concesse nei limiti di una pianificazione quantitativa e localizzativa, pianificazione che peraltro non esiste. Il piano è stato bocciato e forse è nelle intenzioni dell'Assessore. Comunque, esiste il piano di emergenza.
Se quanto ci risulta corrisponde al vero, indipendentemente dalla compatibilità ambientale o meno della discarica, si può presumere che non dovranno più essere rilasciate autorizzazioni, oppure ci sono trattamenti differenziati a seconda dell'area? Se la notizia non corrisponde a verità ci interessa capire a che punto siamo circa i procedimenti autorizzativi.
Se l'Assessore oggi non dispone dei dati, ce li potrà fornire nell'incontro che avverrà con l'Amministrazione comunale.
Tutte le settimane ci troviamo di fronte a problemi determinati dalle richieste di autorizzazione per discariche divario tipo e alla conseguente opposizione da parte delle popolazioni locali; un quadro della situazione rispetto a quanto è già stato autorizzato e quanto si deve autorizzare ancora potrebbe permettere di capire meglio la situazione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



PRESIDENTE

GARINO, Assessore all'ambiente



PRESIDENTE

Ho preso buona nota delle osservazioni formulate dai Consiglieri interroganti, osservazioni che riprendono ed integrano i rilievi già evidenziati dall'Assessore all'ambiente del Comune di Torrazza Piemonte nel corso del precedente incontro presso questa sede consiliare.
Mi viene richiesta e sollecitata una risposta urgente. Al proposito debbo però precisare che la pratica in oggetto non è ancora stata istruita dai funzionari dell'Assessorato e pertanto non dispongo di alcun dato oggettivo che mi permetta di esprimere dei giudizi che non siano meramente soggettivi.
Mi pare altresì opportuno ricordare ai Consiglieri interroganti che la legge 441 dispone che l'istruttoria tecnica degli impianti di smaltimento dei rifiuti sia svolta dall'apposita Conferenza a cui partecipano tutti gli Enti locali direttamente ed indirettamente interessati dall'eventuale realizzazione dell'impianto.
La Conferenza per l'istruttoria del progetto in questione è stata convocata per il 17 ottobre; pertanto prima di quella data non è possibile da parte mia esprimere un parere, il quale non sarebbe suffragato, al momento, da sufficienti elementi valutativi e pregiudiziali nei confronti delle risultanze della stessa Conferenza, che devono emergere da un dibattito coinvolgente tutti i partecipanti e sentite le ragioni di tutti.
Nel caso in esame poi occorre tenere presente che, trattandosi di un impianto per lo smaltimento di rifiuti potenzialmente tossico-nocivi, la Conferenza sostituisce il tavolo di concertazione previsto per le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale. Infatti le procedure previste per la compatibilità ambientale dei progetti di smaltimento definitivo di prodotti tossici e nocivi sono normate da quanto disposto dal DPCM 377/88 ed art. 8 della legge 475/88. Quest'ultimo articolo prevede nello specifico che il Ministero valuti la compatibilità ambientale dei progetti nei tempi e nei modi previsti dall'art. 3 bis della legge 441/87.
La Regione è pertanto chiamata ad esprimere il proprio parere sulla compatibilità del progetto ai sensi dell'art. 6 della legge 349/86 richiamata dal DPCM 377.
Il progetto, depositato all'ufficio regionale di deposito progetti (istituito con DGR del 26/6/89), è a disposizione del pubblico per la consultazione per il periodo di 30 giorni fissati dal DPCM 377/88. Il parere di compatibilità ambientale formulato dal Ministro dell'Ambiente, di concerto con il Ministro dei Beni Culturali Ambientali, sentita la Regione interessata, tiene conto anche delle osservazioni pervenute a seguito del deposito del progetto.
Sulla base di un attento esame di quanto emerso in tale Conferenza, la Giunta regionale esprimerà il proprio parere ex art. 6 legge 349/86; si ribadisce comunque che l'autorità a cui spetta esprimere il giudizio definitivo di compatibilità ambientale è quella ministeriale.
Come avevo già avuto modo di dire nel corso del precedente incontro con gli amministratori del Comune di Torrazza, sono disponibile in linea di principio ad effettuare un sopralluogo personale nella zona compatibilmente con gli altri inevitabili impegni legati al lavoro dell'Assessorato, anche al fine di poter meglio analizzare la complessiva situazione ambientale del territorio.
Devo dare anche alcune risposte alle domande che mi sono state poste nell'illustrazione dell'interpellanza. Sarò molto breve.
Sono d'accordo sul fatto che una valutazione di impatto ambientale anche se il nostro rimane un parere e la pronuncia sarà del Ministero, deve riguardare l'impatto ambientale già esistente sul territorio. Sono anche d'accordo sul fatto che non si può continuare a pensare all'infinito a porzioni di territorio che dovrebbero comunque per molti anni ricevere cave da una parte e discariche dall'altra.
Mi pare buona la soluzione che la collega Bresso ha citato, soluzione che nel passato non è mai stata presa in considerazione, ma che potrebbe essere inserita in un eventuale parere, in questo caso della Regione, o in un'eventuale autorizzazione, laddove fosse positiva. Tale soluzione comporterebbe dei limiti di tempo e di dimensioni entro i quali nel territorio è possibile ancora pensare ad impianti, ma non oltre questo. Mi risulta che ciò non sia mai stato fatto nel passato e penso che ora sarebbe molto opportuno.
Devo fare una precisazione per quanto riguarda le discariche 2B. Non so a quale domanda denegata si riferisce la collega. Il problema è stato visto dall'Assessorato, dal sottoscritto e dal Comitato tecnico. Nel passato alcune società proponevano domande di autorizzazione per discariche 2B (e non 2C) per la semplice ragione che tali discariche non necessitavano di valutazione di impatto ambientale, il che per la società significava un risparmio di denaro. C'era tuttavia, almeno da parte mia, il forte timore che in alcune discariche 2B andassero a finire dei rifiuti tossico-nocivi che sarebbero dovuti andare in 2C, realizzando un guadagno a favore della società e non certo dell'ambiente.
Ho posto il problema al Comitato tecnico, Il quale si è espresso secondo quello che speravo, e cioè che questa Regione non è più intenzionata a dare delle autorizzazioni di discariche 2B, le quali devono essere riconvertite in discariche 2C e quindi sottoposte alla valutazione di impatto ambientale. Le uniche discariche 2B che questo Assessorato è disposto a valutare, ed eventualmente autorizzare, dovrebbero essere discariche di monouso (per esempio, terre di fonderia); se questo avviene non ci sono pericoli e, dal punto di vista ambientale, sarà possibile altrimenti sono intenzionato a non autorizzare alcuna discarica 2B che possa danneggiare l'ambiente e prestarsi alle operazioni che dicevo prima.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Ringrazio l'Assessore per le precisazioni molto interessanti, che potranno costituire oggetto di dibattito nell'incontro che avremo con i rappresentanti del Comune.
Mi sembra anche di grande interesse la disponibilità a definire, in termini di programmazione degli interventi, la questione dei tempi e delle dimensioni, che non fa parte dell'attuale procedura autorizzativa ma che potrebbe costituire, anche per le popolazioni interessate, un'informazione di grande importanza al fine di conoscere l'impatto complessivo e di valutare gli impatti globali. Nel caso contrario, non si può conoscere quale sarà l'inserimento che nel tempo si andrà a produrre, quindi la valutazione dì impatto ambientale non può essere fatta bene.
Credo che questa sia un'acquisizione che tutti dobbiamo prendere in considerazione, non solo In riferimento al Comune di Torrazza, ma anche in riferimento ad altre realtà.
In ordine alla questione delle discariche 213 non più autorizzabili se non per monouso, prendo buona nota dell'impegno dell'Assessore e faremo le necessarie verifiche nell'incontro con gli amministratori. Questo potrebbe significare la verifica che, così com'è stata presentata, questa discarica comunque non potrebbe essere autorizzata.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 584 dei Consiglieri Marengo e Calligaro inerente l'annuncio di cessata attività dell'azienda meccanica FIRSAT di Moncalieri


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza n. 584 presentata dai Consiglieri Marengo e Calligaro.
La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore al lavoro Come i Consiglieri interroganti sanno, la FIRSAT di Moncalieri è un'azienda operante nel comparto della produzione di cerchioni per auto. Il sottoscritto, insieme alle parti sociali, ha seguito questo problema drammatico. L'azienda ha avuto delle commesse da parte di aziende prime fornitrici della FIAT.
Nel maggio scorso la società, localizzata in un'area territoriale che vive momenti di grande difficoltà sul piano occupazionale e produttivo l'area a sud di Torino che comprende Moncalieri e dintorni), ha deliberato la cessazione dell'attività per il 31 luglio 1991 e, conseguentemente, ha inviato ai 78 dipendenti l'avviso per la risoluzione del rapporto di lavoro per tale data.
L'Assessorato ha incontrato più volte l'azienda, le 00. SS, e il Consiglio di fabbrica per verificare la situazione e le prospettive aziendali, al fine di esplorare, anche fuori dal suoi canali istituzionali tutte le strade e le vie possibili per trovare soluzione ai problemi occupazionali. In alcuni casi siamo riusciti a trovare delle soluzioni attraverso l'assorbimento delle eccedenze in altre aziende.
La Regione ha avviato anche iniziative nei confronti di un'azienda operante nel settore e posizionata fra le prime a livello europeo fornitrice primaria della FIAT, per verificare l'interesse e la disponibilità all'eventuale acquisizione della FIRSAT.
Questo non ha portato, pur avendo operato intensamente per alcuni mesi alla soluzione auspicata. D'altra parte, la situazione di mercato, che registra una flessione consistente dei volumi e che non prevede sostanziali trend orientati al rialzo, almeno in questo periodo, non facilita la ricerca di una positiva conclusione della vicenda.
La Regione Piemonte ha perseguito nel mese di luglio dei tentativi per avviare un confronto fra le parti interessate, confronto non facile per una serie di rapporti, vista anche la scadenza del 31 luglio, ultima data per trovare una soluzione che evitasse il licenziamento dei lavoratori.
In data 19 luglio abbiamo richiesto al Ministero del Lavoro un incontro che si è realizzato alla fine del mese.
La Regione, anche in questo inizio di settembre, ha proseguito la ricerca difficile di un imprenditore disposto ad un rilievo parziale o totale della FIRSAT e ha proseguito gli spazi per assicurare comunque una copertura salariale e una prospettiva al lavoratori, facendoli rientrare nell'ambito della nuova legge n. 223 del 23/7/91 sulla Cassa integrazione e mobilità secondo le indicazioni emerse nell'incontro tenutosi al Ministero del Lavoro proprio a fine luglio.
Le trattative successive avevano portato ad un accordo di massima in sede regionale, che richiedeva alcuni perfezionamenti in sede tecnica. A tal fine sono stati attivati dalle parli interessate alcuni incontri presso la sede dell'Unione Industriale, in cui si è palesato un mutamento di posizione dell'azienda, probabilmente attribuibile a diverse opinioni esistenti tra la direzione aziendale e la finanziaria di controllo.
Non trovando ancora una soluzione, la Regione ha richiesto in settembre un nuovo incontro in sede ministeriale per ricondurre i comportamenti ad omogeneità, innanzitutto con le proposte di massima accettate nel primo incontro ministeriale e successivamente in sede regionale.
Tale incontro si è svolto il 24 settembre presso il Ministero del Lavoro e, dopo un attento esame della situazione giuridica, si è pervenuti ad individuare la possibilità di usufruire dell'istituto della "mobilità" previsto dalla citata recente legge n. 223, attraverso il seguente percorso: 1) disoccupazione speciale dalla data (8 maggio 1991) dell'intimazione dei licenziamenti 2) richiesta di crisi di settore e suo accoglimento 3) attivazione dei meccanismi della "mobilità" in base alla nuova legge.
Al termine dell'incontro, le parti interessate si sono dichiarate soddisfatte in ordine alle trattative concluse su queste vertenze in sede di Ministero, ma non soddisfatte per l'ulteriore presidio che si viene a determinare in negativo nell'area di Moncalieri, già a rischio. Hanno quindi convenuto di provvedere a liquidare entro il 20 ottobre 1991 tutte le spettanze dei lavoratori ed avviare le procedure per la richiesta di crisi di settore.
E' chiaro che il caso FIRSAT è emblematico di una situazione che si sta determinando in questa stagione soprattutto nel Piemonte, regione a forte vocazione industriale e industrializzata, che vede tra l'altro la presenza della stragrande maggioranza dei gruppi industriali italiani in una situazione di difficoltà congiunturale e di debolezza strutturale, con momenti di caduta negativa soprattutto nel comparto dell'auto e più in generale nel comparto metalmeccanico. E necessario tenere anche conto che circa il 42% (forse anche più) dell'occupazione in Piemonte si riferisce a questo settore. Purtroppo, con quello dell'auto, altri comparti sono a rischio in Piemonte e a livello nazionale; si tratta di settori trainanti quali l'informatica, la chimica e il tessile.
Ieri si è tenuto un incontro a cui hanno partecipato i Consiglieri interroganti. Mi auguro che in una sinergia di attenzione, in un percorso difficile e in salita, si possano attivare degli interventi e far emergere il caso del Piemonte, che non è unico a livello nazionale. Nella fattispecie della FIRSAT, l'accordo sottoscritto il 24 settembre può essere un momento di attenzione soprattutto per risolvere i problemi inerenti 178 lavoratori.



FOCO ANDREA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.
MARENGO Prendo atto delle informazioni che l'Assessore ha fornito sulla vicenda della FIRSAT. E' stato raggiunto un accordo tra le parti sociali, quindi rispetto alla situazione precedente, si potrà realizzare un minimo di respiro.
Sulla base di quanto ha detto in ultimo l'Assessore Cerchio, ritengo che la crisi non riguardi una singola azienda e che, considerata la fase che attraversiamo e le difficoltà esistenti non solo nel settore metalmeccanico, dovremmo poter affrontare il problema complessivamente e non caso per caso, anche se è opportuno che la Regione faccia degli interventi concreti sulle singole aziende e che questi diano dei risultati come abbiamo visto nello specifico della vicenda FIRSAT.
Il Consiglio non ha bisogno di correre dietro ai singoli casi, ma deve avere una visione generale e predisporre interventi specifici anche di fronte alle nuove leggi Mi riferisco in particolare alla legge 223 rispetto alla quale la Regione dovrà prevedere normative di intervento nuove rispetto al mercato del lavoro.
CERCHIO, Assessore al lavoro O dovrà aggiornare le vecchie.
MARENGO Certo, comunque la legge 223 impone la revisione delle normative di intervento e di governo del mercato del lavoro.
Sarebbe interessante ed utile avviare in sede di III Commissione regionale una riflessione approfondita sulle questioni più generali riguardanti l'economia, la produzione piemontese e soprattutto il rapporto tra questi temi, le vecchie normative e quelle nuove che si dovranno definire. In questo modo, nella sede deputata per questo, riusciremmo a stabilire le modalità di intervento e i versanti sui quali intervenire, in modo che i singoli casi siano ricondotti ad un quadro di riferimento di carattere generale.


Argomento: Formazione professionale - Orientamento professionale

Interrogazione n. 499 dei Consiglieri Montabone, Picchioni, Cavallera, Leo e Ferraris inerente le difficoltà dei terzomondiali a Torino per l'inserimento nei corsi di formazione professionale


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interrogazione n. 499.
La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale In ordine alla prima questione sollevata dagli interroganti, ritengo utile informare che l'Assessorato alla formazione professionale della Regione, a partire dall'anno formativo 1989-1990, ha attivato una serie di corsi di formazione atti a qualificare cittadini extracomunitari, in regola ovviamente con le vigenti norme sul soggiorno e sull'immigrazione.
In tale anno specificatamente è stato avviato presso il Centro di formazione professionale di Vercelli un corso nel settore meccanico agricolo rivolto a 20 cittadini terzomondiali; nel successivo anno 19901991 sono stati avviati 14 corsi (per un totale di 7.500 ore) per 185 allievi (passando da 20 a 185); per fanno successivo 1991-1992 sono previsti 24 corsi per un totale di 9.060 ore e 396 allievi. E' una progressione che va verso la dimensione della domanda.
Dalla comparazione di questi dati, si può notare come la Regione abbia cercato, pur tra tante difficoltà, di dare soluzione a questo primo quesito. I corsi sono stati rivisitati nei contenuti e nelle ore; si è cercato di contenere la durata complessiva in modo da renderli più accessibili ai partecipanti. A ciò si deve aggiungere il contributo erogato agli allievi, pari a L. 2.000 per ogni ora di frequenza effettiva.
Occorre ancora precisare che la divulgazione di tali iniziative avviene, oltre che a cura dei Centri di formazione, anche attraverso gli Uffici stranieri degli Enti locali (nella fattispecie quello di Torino), le Organizzazioni Sindacali e le associazioni che si occupano specificatamente di cittadini immigrati. E inoltre in fase di predisposizione da parte del CILO di Torino una guida rivolta agli extracomunitari comprensiva delle iniziative formative promosse dalla Regione; la guida è tradotta in quattro lingue.
I posti a disposizione nei corsi hanno finora consentito di rispondere alle iscrizioni pervenute. In ordine alla seconda questione, ricordo la legge regionale 31/90. Mi auguro che con questa legge non si siano semplicemente affidate, per piacevole delega del Presidente della Giunta le competenze al sottoscritto, ma che nel prossimo anno si preveda una copertura di bilancio adeguata alla dimensione del problema, essendo simbolica la copertura attuale. Questa legge, che peraltro - come voi sapete - è stata approvata nell'ultima seduta della passata legislatura, si riferisce agli interventi regionali per la cooperazione, la pace e lo sviluppo ed individua negli ambiti di intervento, all'art. 2, lettera c) la formazione professionale e la promozione sociale di cittadini di Paesi in via di sviluppo in altri Paesi e In Italia.
Peraltro la legge nazionale n. 49/87, "Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo", all'art. 2, comma IV, prevede che le attività di formazione possono essere attuate anche utilizzando le strutture pubbliche delle Regioni, delle Province autonome e dei Comuni.
Domani, 2 ottobre (rispondo oggi, ma in realtà la risposta era in calendario da qualche settimana) si realizzerà a Roma un incontro con il Sottosegretario Borruso per affrontare questa tematica, che è prevista nella legge nazionale ma non ha mai avuto una ricaduta concreta; pertanto domani affronteremo in termini strutturali questa fattispecie. La legge nazionale, all'art. 22, prevede che gli Enti pubblici possano collocare in aspettativa, per un periodo non superiore all'incarico, il personale dipendente autorizzato all'espletamento di compiti di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo; al personale posto in aspettativa per i su richiamati motivi competono ovviamente gli assegni previsti all'art. 21 della legge 49/87. E però evidente che le aspettative retribuite possono essere connesse soltanto nel caso in cui i progetti di cooperazione internazionale rientrino nell'ambito delle linee programmate e individuate dalla Regione.
Resta infine ferma la possibilità di fruire dell'aspettativa non retribuita per il personale che fosse chiamato come volontario o come cooperante in progetti predisposti da organizzazioni non governative.
Poiché la Regione Piemonte a seguito della legge regionale 31/90 deve predisporre le linee programmatiche per dare corso all'eventuale comando di dipendenti o ad altri interventi di carattere analogo, deve approvare questo progetto. Il programma annuale non sarà approvato fin quando la Commissione prevista dalla legge regionale 31/90 non sarà operante. Il Consiglio regionale, organo legislativo assembleare, ha provveduto a nominare alcune sue componenti; Intanto i Consiglieri regionali. Si è in attesa ancora di alcune segnalazioni da parte delle associazioni per poter completare la Commissione, affinché questa possa esaminare il programma di cooperazione individuato dalla Regione e quindi dar anche corso ai suggerimenti, peraltro estremamente interessanti, proposti dai Consiglieri interroganti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Ringrazio l'Assessore Cerchio per la risposta estremamente esauriente che ha voluto dare, soprattutto per quanto concerne la seconda parte: con questa prospettiva la cooperazione può avere delle possibilità in più nel suo espletamento. Chiedo cortesemente all'Assessore di farmi avere copia scritta della risposta per potermi addentrare in un'analisi più meditata di quanto ha detto. Per quanto concerne Invece la prima domanda, vorrei soddisfare una piccola curiosità: lo sbocco di questi corsi a che cosa tende? I contenuti di queste ore di formazione professionale sono generici oppure finalizzati ad alcuni mestieri? Quante sono le ore complessive che un corso dovrebbe comprendere? Lo scopo di queste domande è di avere un minimo di orientamento.
Un'ultima domanda sulla mortalità o perdizione scolastica: al di là dell'incentivo delle 2.000 lire/ora, la frequenza dei corsi da parte dei terzomondiali è finalizzata ad un inserimento nella vita civile e professionale, oppure è solamente un modo per sbarcare il lunario?



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale Non ho sottomano nel dettaglio i dati richiesti dal collega Picchioni.
Posso però dire che il primo esperimento era stato finalizzato al settore meccanico-agrario ed interessava 20 cittadini. Si trattava di un corso organizzato da un Centro di formazione professionale di Vercelli ed era finalizzato ad attività agricole soprattutto legate alla raccolta stagionale di frutta, secondo una consuetudine che vede questi soggetti indirizzati in particolare verso tale settore.
Negli anni successivi (90/91 e 91/92) questi corsi sono stati differenziati anche su aspetti legati alla formazione meccanica e tecnica quindi sono state create condizioni di pluralità soprattutto là dove c'è una domanda di professionalità.
Per quanto riguarda il tasso di successo e di partecipazione, devo dire che questo è molto più basso di quello che tradizionalmente si determina nei corsi di formazione professionale consolidati nel nostro Paese.
Mediamente abbiamo un tasso di successo significativo in uscita dai corsi di formazione professionale, oltre 1'80-82% con punte che sfiorano il 90 ma in questo caso è di gran lunga inferiore, non supera il 50-60%.
L'abbandono è notevole, ma è anche immaginabile e comprensibile.
Su questo specifico problema, avrò cura di dare al collega un'indicazione che non ho a mano, ma che si sintetizza In queste battute e che farò pervenire anche sui singoli corsi.


Argomento: Spettacoli: teatro, musica, cinema, danza

Interpellanza n. 649 dei Consiglieri Cucco, Picchioni, Leo e Farassino inerente la crisi dell'attività privata di prosa in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 649, cui rispondono gli Assessori Cerchio e Fulcheri.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale Nell'ottica di una positiva sintesi operativa, ho ritenuto opportuno permettere al collega Fulcheri di entrare nel merito di questo tema, anche perché in una precedente seduta del Consiglio, in ordine ad un altro problema, lo stesso collega aveva assunto l'impegno di rispondere per tasselli successivi attraverso questa interpellanza.
Per quanto riguarda la competenza dell'Assessorato alla formazione professionale, in riferimento all'interpellanza dei colleghi sulla crisi dell'attività di prosa in Piemonte, soprattutto in relazione al contenuto delle circolari m. 17 e 18 del Ministero del Turismo e dello Spettacolo che punirebbero in particolare nuove esperienze nel settore del teatro di prosa, ovvero la ricchezza di espressioni teatrali a favore altresì di una autentica crescita professionale, giustificata e sorretta da un rilevante numero di spettatori, l'Assessorato alla formazione professionale interviene e interverrà contro il congelamento delle sovvenzioni statali e non, con tutte le sollecitazioni e le pressioni possibili, a sostegno di un ristretto numero di compagnie, niente affatto idoneo a favorire la necessaria molteplicità delle esperienze culturali del teatro di prosa nel suo complesso.
Ovviamente per lo Stato e per la Regione Piemonte non può prevalere la mera quantità sulla qualità dello spettacolo, ancorché - per quanto riguarda almeno le espressioni più moderne di teatro sperimentale e d'avanguardia - vi sono interpretazioni libere sul concetto di qualità e non solo di quantità.
A fronte della qualità, infatti, non sarà mai sufficiente una lettura ed un controllo suffragati da sensibilità e cultura da parte di chi non pu praticare dei favoritismi, bensì deve accertare autentici valori teatrali e professionali, destinati al rinnovamento, alla diffusione e al successo.
In tale convinzione il settore della Formazione professionale nell'ambito delle attività formative finanziate dal Fondo Sociale Europeo (per la prima volta indirizzate anche su questo versante) nel periodo 1990/91, ha approvato alcuni progetti ed è in procinto di approvarne altri anche di un certo spessore, dando un contributo di sinergia con quello che già direttamente l'Assessorato alla cultura sta facendo.
I progetti approvati riguardano, il primo, la riqualificazione e l'aggiornamento professionale dei quadri della Cooperativa Laboratorio Teatro di Settimo, che interessa 6 persone e prevede 200 ore di formazione ad un costo di L. 135 milioni; il secondo è un corso riservato ai giovani disoccupati da specializzare nelle nuove tecnologie applicate allo spettacolo, promosso dal CRUT (Centro Regionale Universitario Teatro).
Gli allievi, che stanno iniziando in questi giorni il corso, saranno 20 e la durata dello stesso sarà di 500 ore, per un costo complessivo di circa L. 80 milioni.
Mi riferisco ancora ad una iniziativa attivata nei mesi scorsi in collaborazione con Il Comune di Rivoli, il CILO di Rivoli e il Teatro Stabile di Torino. Si tratta di corsi per operatori teatrali rivolti a giovani disoccupati (10 persone); è il grosso progetto al quale faceva riferimento il Consigliere Picchioni nella scorsa seduta quando si discussero questi problemi. Tale progetto vedrà coinvolti la Regione Piemonte e il Comune di Torino per corsi biennali rivolti a 25 attori.
Sono queste le iniziative che stiamo intraprendendo; ve ne sono altre che sono in fase di avvio nei confronti di uno spaccato del mondo culturale dello spettacolo e dell'arte a Torino, anche se l'Assessorato alla Formazione professionale è in grande difficoltà a rispondere alle tante domande pervenute in questi anni, le quali però non hanno mai indirizzato interventi atti ad approfondire questo aspetto. Benché i costi siano rilevanti, questi interventi possono ulteriormente contribuire allo sviluppo di nuove iniziative.
Inoltre, vi è tutto il pacchetto che in qualche modo "aggancia" il laboratorio teatrale che in alcuni Comuni sta nascendo; mi riferisco a Comune di Torino, Chieri ed altri, che stanno facendo decollare occasioni di stimolo nei confronti delle scuole che diventano poi patrimonio di attenzione al mondo dello spettacolo, della cultura, dell'animazione e quindi, del teatro, per creare condizioni non solo di sollecitazione, ma anche di interesse e quindi di prosecuzione di questi aspetti.
Sul piano della formazione professionale bisogna accettare alcune regole, pur sapendo che stiamo operando in un campo non rigidamente fisso come altri, relative alle modalità di controllo degli enti beneficiari, per giustificare interventi seri, non occasionali ed episodici.
Vorrei continuare, anche perché su questo campo ho degli interessi particolari verso i quali come Assessorato alla formazione professionale ci stiamo indirizzando; comunque termino qui il mio intervento, considerandolo sufficiente come risposta all'interpellanza.
Cedo quindi la parola all'Assessore Fulcheri, che interverrà sulla parte spettante al suo Assessorato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore alla promozione culturale Premesso che: le decisioni assunte dal Ministero Turismo e Spettacolo in ordine alle sovvenzioni da destinare alle compagnie teatrali piemontesi, che hanno fortemente penalizzato due delle principali strutture attive nella nostra Regione ,Assemblea Teatro e il Gruppo della Rocca, sul piano finanziario ma non meno su quello del riconoscimento formale, privandoli rispettivamente della qualifica di Centro Stabile di Ricerca e di Teatro Stabile Privato hanno visto un diretto coinvolgimento dell'Amministrazione regionale, che si è immediatamente attivata nei confronti del Ministero esprimendo vivo dissenso e richiedendo una revisione dei criteri e delle determinazioni adottate è stato richiesto uno specifico incontro con il competente Ministero per esaminare congiuntamente i problemi relativi alle su richiamate strutture teatrali e, più in generale, per valutare le prospettive future del settore, alla luce anche di quanto emerso nelle recenti circolari emanate in materia di interventi a favore delle attività teatrali di prosa per la stagione 1991-92 si precisa che le linee di programma su cui si intende articolare l'intervento regionale sono le seguenti: riconferma del sostegno finanziario ai soggetti penalizzati dal tagli delle contribuzioni ministeriali, sia con la riproposta di un contributo ordinario della stessa entità di quello assegnato nella precedente stagione teatrale, sia con interventi aggiuntivi, sotto forma di contributi straordinari e di finanziamenti di specifici progetti (per quanto concerne ad esempio il Gruppo della Rocca, il finanziamento straordinario è finalizzato alla realizzazione del progetto "Lo spettacolo dello spettacolo", articolato in una serie di serate dedicate ai diversi linguaggi e forme espressive, dal teatro alla danza, al cinema, alla musica lirica) con riferimento all'attuazione del D.M. 29/11/1990 relativo agli Statuti omologhi dei Teatri Stabili ad iniziativa pubblica, secondo cui la Regione è chiamata necessariamente a far parte di soci fondatori dell'Ente con un conseguente maggiore coinvolgimento anche sul piano finanziario assunzione da parte dell'Amministrazione regionale di un preciso impegno indirizzato a promuovere interventi a favore degli altri soggetti operanti nel settore con continuità e professionalità, in modo da consentire, per questi ultimi, un incremento contributivo proporzionale a quello effettuato nei confronti del Teatro Stabile secondo quanto previsto dal nuovo d.d.l. di revisione della L.R.
30/5/1980 n. 68 "Norme per la promozione dei teatro di prosa", approvato dalla Giunta regionale il 2/9/1991, applicazione di una articolata serie di criteri di valutazione sull'attività svolta dalle istituzioni teatrali piemontesi, ai fini della definizione delle proposte contributive annuali.
Si ricorda a tale proposito come i criteri finora applicati per la determinazione dei contributi regionali hanno comunque tenuto conto di tutta una serie di dati relativi all'espletamento delle attività di programmazione e di distribuzione, alla realizzazione di iniziative collaterali, alla gestione delle strutture teatrali, al personale impegnato stabilmente, ecc. Al fine di conoscere in modo più esaustivo il quadro complessivo delle attività realizzate e dei fondi impegnati, alle Compagnie è stato altresì richiesto: di documentare l'utilizzo dei contributi regionali, di dichiarare se vi sia stato l'ottenimento anche di altri finanziamenti da parte di Enti pubblici o di sponsors, di presentare copia del proprio bilancio fiscale ovvero del Modello 760, nonché della liberatoria ENPALS, attestante il numero delle giornate lavorative effettuate dal personale ed il regolare versamento dei contributi intensificazione e consolidamento delle attività di decentramento delle iniziative di spettacolo su tutto il territorio regionale. A tale proposito si ricorda come già a partire dallo scorso mese di marzo si sia costituito, sotto l'egida dell'Assessorato alla cultura della Regione Piemonte, un Coordinamento delle attività di teatro ragazzi e giovani, cui hanno aderito i Centri Teatro dell'Angolo e Assemblea Teatro e le Compagnie Stilema, Granbadò, Dottor Bostik e Il Bagatto. Il Coordinamento, nato come libera associazione di strutture attive nel settore da anni e con riconosciuta professionalità, si pone come obiettivo una omogenea e razionale diffusione delle iniziative di teatro ragazzi sul territorio piemontese, facendo leva sulla valorizzazione delle singole potenzialità e peculiarità artistiche di ciascuna azienda, al fine di realizzare una reale sinergia promozionale ed organizzativa. In questa prospettiva, nei mesi scorsi sono stati attivati rapporti con le diverse Province piemontesi, per un loro fattivo coinvolgimento nella realizzazione del progetto. Si ricorda ancora come nel già citato d.d.l. sia prevista la possibilità per la Regione di stipulare apposite convenzioni con gli Enti stabili pubblici e privati per l'attuazione di un sistema distributivo regionale delle attività teatrali. Si ricorda infine come l'Amministrazione regionale si sia attivata per indire una specifica riunione con il Comune di Torino dove hanno sede e dove svolgono la propria attività la maggior parte delle Compagnie teatrali a carattere professionale, al fine di discutere e di coordinare le rispettive linee di intervento. La riunione avrà luogo entro il corrente mese di ottobre.
Proprio questa mattina, il Presidente della IV Commissione, Leo, mi ha invitato ad una riunione che avverrà presso il mio Assessorato il 17 ottobre, con l'Assessore al Comune di Torino, Marzano, per parlare di questa situazione.
Ho presenziato, insieme ai funzionari dell'Assessorato, al Festival del Teatro "Ragazzi e Giovani" di Lione e stiamo trattando in questo senso una convenzione con la Regione Rhone-Alpes che investe non soltanto il Teatro "Ragazzi e Giovani", ma tutto quanto riguarda il teatro, la musica, la danza e la cinematografia.
La stessa cosa è stata fatta al Festival di Edimburgo, dove proprio il Laboratorio Teatro Settimo di Torino ha vinto il premio della sezione FRINGE.
In una conferenza stampa che ho avuto il piacere di tenere all'Accademia di Medicina, messa a disposizione dell'Istituto Italiano di Cultura di Edimburgo e a cui erano presenti 150 personalità della Scozia e dell'Inghilterra interessate ai problemi teatrali, si è evidenziato quanto l'Italia e soprattutto il Piemonte possono fare in questo senso. Si intravede così la possibilità di una convenzione con l'Organizzazione del Festival di Edimburgo, per quanto riguarda le compagnie teatrali piemontesi. E' questa l'azione che stiamo svolgendo.
Per il Teatro della Rocca abbiamo dato un contributo ordinario di 175 milioni, a cui abbiamo aggiunto 25 milioni di contributo straordinario e 50 milioni per il progetto "Lo spettacolo dello spettacolo", arrivando ad una somma complessiva di 250 milioni. Questo fatto l'ho messo in evidenza durante la conferenza stampa relativa al programma 1991-92 del Teatro della Rocca, avvenuta la settimana scorsa al Teatro Adua.
Questo è quanto l'Assessorato regionale alla cultura e allo spettacolo mette attualmente in campo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Ringrazio gli Assessori che hanno voluto rispondere in modo non formale all'interpellanza che ho sottoscritto insieme ai Consiglieri Leo, Picchioni e Farassino su questa materia.
L'interpellanza risale al 28 giugno, ma le questioni sono molto antecedenti a questa data, così come lo sono le stesse circolari ministeriali ed il riparto dei fondi.
Per quanto mi riguarda, sono molto soddisfatto della risposta degli Assessori (del resto di questa materia ne parliamo spesso in Commissione) che hanno dimostrato di agire non con la velocità che avrei auspicato, ma comunque con un intervento, in particolar modo per quanto concerne gli interventi straordinari, per cercare di salvare il "malfatto" che c'è stato da parte del Ministero.
Vorrei sottolineare due questioni: il riparto dei fondi nazionali alle Compagnie teatrali non può essere discusso sempre a fatti avvenuti. Se rincorriamo il Ministero per le scelte che ha già fatto, rincorreremo sempre e solo cose sulle quali non possiamo assolutamente incidere. Ecco perché, Assessore, ritengo giusta e importante l'iniziativa di protesta da lei assunta con la richiesta di un incontro per discutere.
Se nella conferenza Stato-Regioni la Regione Piemonte si facesse promotrice di un'iniziativa per una discussione preventiva dei criteri in questo settore, ma anche in tutto il settore delle iniziative culturali dei criteri del Ministero per l'assegnazione dei fondi, anche le politiche regionali (così come quelle comunali e provinciali) potrebbero modellarsi sulle scelte che il Governo intende fare. Nella fase preventiva possiamo ancora intervenire: a cose fatte è pressoché impossibile farlo.
La seconda questione che voglio sottolineare è la giusta attenzione che l'Assessore pone agli accordi e alle possibilità che arrivano dall'estero.
L'accordo con il Festival di Edimburgo è molto importante per l'altissima qualificazione del Festival stesso a livello mondiale ed in particolare europeo. Personalmente ritengo sia una direzione da praticare maggiormente all'interno degli strumenti che già ci sono, magari inventandone nuovi.
Ricordo che a partire dal 1993 ci sarà la libera circolazione delle forze del lavoro, gli accordi di Schengen sono proprio in questa direzione.
Cosa succederà ad un Paese come il nostro, sempre così "provincialotto" dove tutto quello che arriva dall'estero ha sempre il carattere di novità di interesse e grande attenzione, quando in realtà molte delle nostre produzioni sono, non allo stesso livello, ma probabilmente ad un livello superiore? Non sto chiedendo una politica autarchica di sovvenzionamento particolare per la produzione piemontese: si tratta però di capire che dal 1993 la situazione cambierà drasticamente e completamente, scavalcando eventuali patti, interessi e joint-venture che si possono avviare in questo settore.
Ringrazio l'Assessore Cerchio per la risposta data, ben delimitata dalle sue competenze, e vorrei sollecitare la sua attenzione non per i soliti ronzini del teatro piemontese (che sono sempre i vecchi che mungono dalla stessa mucca), ma per cercare altre situazioni e novità.
Quelli che lei ha fatto, Assessore, sono sempre i soliti nomi del Teatro piemontese che ormai non possono dare più niente. Gli interventi di questo tipo è bene distribuirli fra le forze più vive presenti in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Ringrazio gli Assessori Cerchio e Fulcheri. L'Assessore Cerchio ha dato un nuovo respiro a tutta la vita grama del teatro, degli operatori culturali, di coloro che aspirano ad essere attori o comunque operatori nel campo dello spettacolo. Credo che la Regione abbia fatto un'opera meritoria perché ormai l'evoluzione della nostra popolazione giovanile In tema di gusti e di cultura è accentuata. Credo che l'istituzione pubblica non possa non ascoltare queste esigenze, tant'è vero che ci sono centinaia di richieste per accedere alla scuola di Ronconi; nei prossimi giorni ci saranno le selezioni per averne accesso. La linea che Ronconi persegue è assolutamente meritoria e ci vede consenzienti. Per quanto concerne la risposta dell'Assessore Fulcheri, lo ringrazio per avere portato all'approvazione dell'assemblea lo Statuto del Teatro Stabile di Torino.
Non so se questo ringraziamento è stato corredato anche dai ringraziamenti dei reggitori del Teatro cittadino; mi piacerebbe saperlo perché non vorrei si ripetesse la solita disattenzione che si ha nei confronti degli atti non tanto dovuti, quanto compiuti.
Non conosco, invece, la legge sul Teatro; il Consigliere Leo me la farà pervenire, ma vorrei puntualizzare alcune cose. Siamo soci fondatori del Teatro Stabile, pertanto dobbiamo stare molto attenti, anche se molte sono le note della tastiera, a finanziare non dico Compagnie o formazioni concorrenziali, ma istituzioni culturali e teatrali che non abbiano una funzione specifica.
Che significato ha ad esempio il Teatro della Rocca a Torino? Si tratta di un teatro nomade, una specie di Carro di Tespi nato in Toscana, dove ha vissuto più o meno le sue grandi stagioni, e che ora vive a Torino. Non voglio con questo penalizzare il Teatro della Rocca o l'Assemblea Teatro però vorrei suggerire all'Assessore, fermo restando il nostro compito principale di soci fondatori del Teatro Stabile, la possibilità di far gemmare nella realtà piemontese altre attività a favore di gruppi altrettanto benemeriti come quello di Settimo, che abbiano cioè una funzione più specifica, più originale, più ritagliata anche dal punto di vista geografico di quella che può avere il Teatro della Rocca. Non conosco l'Assemblea Teatro, per cui non posso dirne assolutamente nulla. Visto che le nostre finanze sono micragnose, bisognerebbe differenziare queste attività.
Secondo punto: il festival di Racconigi. E' stato organizzato da noi? Con quale supervisione artistica, quella dell'Assessorato oppure del Teatro Stabile? Scarsa è stata, però, la rispondenza e la ricaduta d'immagine: bisognerebbe precisare questo elemento.
Terzo punto, forse il più importante, suggerito dal Consigliere Cucco: con il DPR 616 noi non abbiamo alcuna delega su queste cose. Non so se nel contenzioso Stato-Regione si possa calendarizzare anche questo discorso.
Purtroppo mi pare - non so se la nuova legge sulla prosa lo preveda - che la Regione non abbia alcuna voce nel capitolo della ripartizione del fondo ministeriale. Sono le corporazioni dello spettacolo che gestiscono i fondi naturalmente con una circolarità abbastanza complice: "lo aiuto te, tu aiuti me" e così via: il tutto con un onnipresente Moloc, l'AGIS, che è il "mentore" del Ministero stesso.
Il Consigliere Cucco ha ragione quando sostiene che la Regione deve avere voce in capitolo.
Praticamente, noi surroghiamo le Compagnie di giro e le diverse istituzioni culturali quando queste vengono penalizzate; se ci fosse una presenza istituzionalizzata, si riuscirebbe forse a prevenire o a prevedere certi sbandamenti della Commissione ministeriale e dell'AGIS per essa.
Ringrazio sia l'Assessore Fulcheri sia l'Assessore Cerchio per le risposte di tutto livello e gradimento.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore alla promozione culturale Per quanto riguarda il coordinamento delle varie Compagnie, in Assessorato abbiamo istituzionalizzato, anche con l'intervento delle Amministrazioni provinciali, degli incontri con le Compagnie stesse, in modo da coordinare e mettere d'accordo anche organismi che di coordinamento non avevano mai sentito parlare.
Per quanto riguarda il Ministero, in occasione dell'incontro a Roma con i parlamentari piemontesi e liguri, in relazione alla situazione del Teatro Regio e del Teatro Carlo Felice - situazione risolta in quanto il Governo ha approvato i contributi sia per il Carlo Felice di Genova sia per il Teatro Regio di Torino secondo quanto proposto -, si è parlato anche dei criteri di ripartizione del fondo per quanto riguardava le Compagnie teatrali. Abbiamo fatto presente che non ritenevamo che la Regione potesse essere un soggetto così passivo ed estraneo; ci è stato risposto che ci avrebbero convocati, ma non so fino a che punto quelle promesse verranno mantenute.
Inoltre, sono stato colpito dai tagli di capitoli di bilancio del Ministero del Turismo e dello spettacolo. Per quanto riguarda lo spettacolo, ad esempio, un capitolo di bilancio da 50 miliardi è stato ridotto a 11 miliardi: il che dà da pensare al significato futuro di certi tagli in quel campo.
Sono questi i motivi per cui, nell'avanzare proposte per il bilancio preventivo per il 1992 al collega Gallarini, ho presentato le varie necessità, evidenziando che, oltre alle cifre dello scorso anno, bisognava tener conto di 700 milioni in più per il Teatro Stabile e di 200 milioni da elargire alle Compagnie private.
Assicuro che terrò conto dei suggerimenti che provengono non soltanto dall'aula, ma anche e soprattutto dalla Commissione.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Valutazione impatto ambientale - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 588 dei Consiglieri Segre, Miglio e Staglianò inerente l'insediamento industriale previsto in località Sunpian in Valsessera


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 588 dei Consiglieri Segre, Miglio e Staglianò.
La parola all'Assessore Cerchio perla risposta.
CERCHIO, Assessore all'industria Il Consorzio dell'area industriale attrezzata di Borgosesia, costituito con DPGR del 21/4/78, ha presentato in data 27/7/79 l'istanza di contributo regionale per la realizzazione dell'area industriale attrezzata, ai sensi della L.R. n. 21 del 1975. Il Consorzio, su conforme parere espresso dal Comitato comprensoriale, con delibera del 15/9/78 ha approvato l'articolazione dell'AIA (area industriale attrezzata) in due nuclei insediativi rispettivamente a Prai e a Varallo Sesia.
La Giunta regionale, con deliberazione del 7/7/81 - dieci anni fa riconosce ammissibile ai sensi della legge n. 21 l'area industriale attrezzata di Prai e nel contempo autorizza il Comune alla formulazione di un PIP.
Le procedure di elaborazione e di approvazione degli strumenti urbanistici e generali esecutivi com'è noto richiedono e hanno, anche in questo caso, richiesto un notevole impegno di tempo, ma infine con delibera della Giunta regionale dell'11/4/89 è stato approvato il PRG e con delibera del Consiglio comunale del 31/1/90 e del 26/2/90 adottato e approvato l'attuale PIP.
Onde consentire l'avvio dell'intervento, la Giunta regionale con propria deliberazione in data 29/12/89 ha impegnato la somma di lire 300 milioni ai sensi della legge citata 21/75, a titolo di contributo sulle spese necessarie per l'acquisizione di aree, e con successiva deliberazione in data 28/12/90 è stata stanziata un'ulteriore quota di lire 360 mIlioni ai sensi della L.R. 9/80 onde consentire la prosecuzione dell'intervento quest'ultima quota sarà oggetto di restituzione all'Amministrazione regionale, ai sensi dell'art. 10 della citata legge 9/80.
In conclusione, vorrei sottolineare il fatto che è l'Ente locale direttamente interessato a proporre gli insediamenti nel luogo ritenuto più opportuno e tale decisione viene ratificata con gli appositi strumenti urbanistici, nell'iter di formulazione dei quali ogni soggetto interessato ha la facoltà di esprimere le proprie valutazioni di merito, favorevoli o meno. Parlo a nome dei vari colleghi che hanno inviato note di integrazione: la collega Vetrino considera la comunicazione dell'Assessore Cerchio perfettamente aderente alla propria valutazione, l'Assessore Nerviani afferma che non si hanno notizie particolari relative al problema dell'area industriale e fa presente che le indicazioni relative a nuove aree industriali sono effettuate nell'ambito delle competenze proprie dell'Ente comunale, in particolare sulla base delle indicazioni degli strumenti urbanistici in vigore.
Relativamente allo studio di impatto ambientale, il collega Nerviani rammenta che, sulla base del DPCM 377/88, sono sottoposti a procedure di compatibilità ambientale per quanto attiene agli insediamenti industriali i seguenti impianti: raffinerie, centrali termiche, centrali nucleari impianti destinati a trattamento residui radioattivi, acciaierie integrate impianti per l'estrazione di amianto, impianti chimici integrati, impianti per l'eliminazione di rifiuti tossici e nocivi. Al momento attuale - dice il collega - non risulta pervenuta alcuna istanza per la pronuncia di compatibilità ambientale per l'area interessata, oggetto dell'interrogazione.
Il collega Lombardi interviene su questo piano assicurando ogni spazio agli aspetti agricoli. A seguito della sintesi di questa pluralità di osservazioni, spiace dover constatare che a conclusione di iter procedurali così complessi, che ho sintetizzato per grandi titoli e indici, come sono quelli relativi all'approvazione degli strumenti urbanistici, emergano proposte alternative, quando in realtà obiettivamente le stesse si sarebbero potute collocare più utilmente in tempi anteriori, inserendosi così in modo costruttivo all'interno del processo decisionale in atto. E' chiaro che i colleghi interroganti l'hanno fatto secondo le loro valutazioni, in base alle conoscenze che avevano.



PRESIDENTE

Interviene il Consigliere Segre.
SEGRE Ringrazio l'Assessore Cerchio perla risposta data, nonché la task-force di Assessori che ha contribuito a dare tale risposta.
Facendo questa interrogazione mi sono resa conto che eravamo oltre il tempo limite per intervenire su questa situazione. L'ho presentata ugualmente perché sul luogo è stato costituito, anche questo in tempi non idonei a proporre soluzioni alternative; un Comitato per la tutela della località di cui stiamo parlando, il quale nel giro di poco tempo ha raccolto 600 firme nei Comuni dell'area interessata per chiedere quanto è riportato nell'interrogazione.
Pur rendendomi conto che la situazione si rivela in qualche modo conclusa, ritengo che potrebbe essere interessante considerare alcune tra le cose richieste dal Comitato per la tutela della località interessata. In particolare ritengo utile, in relazione al grosso problema esistente sia in provincia di Torino sia In altre zone ex-industriali del Piemonte, il fatto di verificare sempre, prima di individuare una nuova area industriale attrezzata, se esiste una collocazione alternativa per esempio in stabilimenti in disuso.
Nel Biellese questa è una cosa abbastanza comune perché tutto il ciclo del tessile è cambiato; infatti, chi aveva segnalato questo caso, aveva segnalato anche un luogo in cui sarebbe stato possibile, se non fosse già stato innescato tutto il procedimento amministrativo e urbanistico per la realizzazione dell'area, inserire l'area industriale attrezzata, cioè i capannoni dismessi di alcuni stabilimenti situati li vicino: gli ex stabilimenti Bozzalla e Trabaldo di Crevacuore e altri due a Prai. Ci avrebbe avuto il risultato di usufruire di questi capannoni, che altrimenti diventerebbero aree dismesse, delegando agli strumenti urbanistici la ricerca della destinazione d'uso, per evitare di realizzare un'area industriale attrezzata in un angolo del Biellese che può ancora essere destinato ad usi agricoli.
Mi ritengo soddisfatta per quanto l'Assessore ha detto e spero in altri momenti di essere tempestivamente sollecitata a fare interrogazioni in modo da poter intervenire proficuamente su tutto l'iter.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 767 del Consigliere Tapparo e n. 769 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerenti la situazione alla Wamar di Torino


PRESIDENTE

Vengono ora esaminate contestualmente le interpellanze nn. 767 e 769 cui risponde l'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore al lavoro La recente e giustificata interpellanza del Consigliere Tapparo presentata il 13 settembre, e quella successiva dei colleghi Chiezzi e Maggiorotti del 17 settembre; alle quali ero già pronto a rispondere la scorsa settimana, sono particolarmente emblematiche della vicenda della Wamar di Torino.
Ambedue le interpellanze hanno già trovato una prima risposta in un intervento dell'Assessorato, con la convocazione delle Organizzazioni Sindacali e dei Capigruppo consiliari in Regione; tale incontro è avvenuto il 19 settembre ed è stato seguito dalla presentazione e relativa approvazione di un ordine del giorno nella seduta del Consiglio regionale della scorsa settimana.
Il comportamento della proprietà Wamar può essere considerato- e lo dico pubblicamente - gravissimo ed illegittimo, anche se è conseguente alla costruzione di un nuovo stabilimento al sud, in Provincia di Salerno, con finanziamenti, per quanto è dato sapere, In conto capitale da parte dello Stato. Come sappiamo, infatti, il Comune di Buccino, su cui insiste un piccolo presidio di attività, è in zona terremotata e quindi gode di determinati interventi. Sono contributi e finanziamenti che offrono un posto di lavoro a una decina di persone e - se mi si passa il termine - lo tolgono nel contempo a 114 dipendenti che erano in carico alla Wamar di Torino, privandoli del salario di alcuni mesi e di tutte le assicurazioni sociali, compresa la cassa integrazione pregressa di 18 mesi.
Un siffatto comportamento della Wamar non è a favore di una giusta ed adeguata industrializzazione del Sud, in quanto una fabbrica viene chiusa al nord soltanto per offrire 10 posti di lavoro al sud. Inoltre, consentire il ripetersi di simili comportamenti aggiunge un'ulteriore evidente causa al rischio di deindustrializzazione del Piemonte, contro il quale non solo l'Assessorato, ma l'intero Consiglio regionale non può non reagire.
Assieme alle OO.SS. è stato convocato per ieri pomeriggio il liquidatore della Wamar, che non si è presentato. Abbiamo convocato un incontro, secondo quanto concordato con le OO.SS, il 18 settembre, con il Presidente provinciale dell'INPS per tutta la partita complicata e complessa che non si può risolvere In termini solo di ufficio, quindi domani pomeriggio vi è questo incontro specifico.
Non essendosi presentato il liquidatore, secondo la necessità di capire questi passaggi delicati, invieremo, come da mandato dell'ordine del giorno approvato nella passata seduta, richiesta di confronto al Ministero del Lavoro e dell'Industria, per capire come questi finanziamenti siano stati ottenuti In termini d'investimento e anche di legittimità.
Tali convocazioni e l'incontro al Ministero rispondono all'immediata esigenza di sbloccare, a favore dei 114 dipendenti, l'ottenimento della cassa integrazione ed altri diritti. Inoltre, il Ministero dell'Industria dovrà chiarire a quale titolo e a quale fine sociale viene finalizzata un'attività artigianale di 10 lavoratori grazie al possesso quasi gratuito e al trasferimento di un marchio di grande prestigio industriale.
Sicuramente il comportamento della Wamar rappresenta un fatto grave contro il quale la Regione e l'Assessorato non potranno esimersi dal fare quanto è loro consentito per evitare il ripetersi di situazioni così drammatiche.
Con le OO.SS, si è anche inteso di rendere noto all'opinione pubblica questo fatto emblematico di particolare gravità.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il caso della Wamar è un aspetto emblematico di come il Piemonte, che vive una fase di difficoltà sul piano industriale, si vede rubare pezzi di apparato industriale attraverso politiche che non hanno un fondamento di correttezza.
Non si vuole qui contestare la politica per il Mezzogiorno, bensì una modalità che permette di fare semplici operazioni di trasferimento di pezzi di attività produttive.
Non entro nel merito di un altro elemento che trapela dalla risposta dell'Assessore e che è anche presente nella mia interrogazione, cioè che attraverso forme di finanziamento a fondo perduto, molto facili nel Mezzogiorno, si determinano processi che non danno benefici al Mezzogiorno stesso, ma azioni speculative.
Se è vero che si chiude uno stabilimento al nord per utilizzare un marchio con un'operazione al sud che tende a frantumare un'attività produttiva in tante forme particolari - perché sappiamo che c'è un marchio Wamar stampigliato con produzione e sede di Torino che si è trovato nei supermercati italiani -, bisogna denunciare questo aspetto. Collega e Assessore al governo della Regione Piemonte, il Governo nazionale e il Parlamento non sono dei marziani, sono molto vicini a noi, alcuni sono anche compagni di partito: occorre far capire che una simile politica industriale per il Mezzogiorno distrugge pezzi di apparato produttivo.
Voglio sottolineare un aspetto: non possiamo nemmeno stare in silenzio vedendo questo elemento di trasferimento al Mezzogiorno rispetto ai fenomeni FIAT. Assessore, deve rendersi conto che la costruzione dei due nuovi stabilimenti FIAT a Melfi non sono solo nuove attività produttive, ma implicano lo spostamento di pezzi di apparato di indotto esistenti nel Piemonte; alcune industrie dell'indotto auto hanno avuto chiare indicazioni in questo senso da parte della FIAT.
La Regione Valle d'Aosta per fortuna è piccolina, quindi non potrà trasferire metà dell'apparato industriale del Piemonte, ma ci sono notevoli benefici alle aziende che s'installano e ben vengano aziende ed imprenditorialità nuove. Ma questa politica è scorretta quando mira a rubare un'attività che si svolge a 20 km, al di là del proprio confine.
Credo che anche rispetto alla Regione Rhone-Alpes, il fenomeno Wamar dovrebbe sollecitare questa Assemblea e il Governo a capire che non si pu stare completamente zitti riguardo alle iniziative di politica industriale di una Regione accanto, in quanto a mio parere tali iniziative presentano aspetti e sospetti in relazione alle normative CEE. Evidentemente si pu dare alle imprese un certo aiuto, ma superando la soglia che la CEE pone si va al di là dei meccanismi di competitività tra le imprese e le aree industriali.
La mia sollecitazione, Assessore - e lo dico anche agli altri membri del Governo e al Presidente che dovrebbe essere la sintesi di questo - è relativa al fatto che il campanello d'allarme doveva suonare molto tempo prima, e il caso Wamar è un caso emblematico. Rischiamo di correre dietro solo alle casse integrazioni che sono in ritardo o ai prepensionamenti che non arrivano, e vediamo portarci via giorno per giorno pezzi importanti, in modo ingiustificato, di apparato industriale.
Quindi, cerchiamo di fare una politica che permetta di bloccare i buoi quando sono ancora dentro la stalla; ne sono già scappati alcuni, ma evitiamo che ne scappino altri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, dalla risposta dell'Assessore si capisce chiaramente che ci troviamo di fronte, a Torino e in Piemonte, ad uno dei tanti episodi di assalto alle casse dello stato riempite dai contribuenti, e svuotate da cosiddetti imprenditori senza scrupoli, che fanno confluire nelle loro tasche fiumi di denaro utilizzandolo, a ben vedere, contro la gente del nord e contro la gente del sud.
Questi signori imprenditori hanno incassato i soldi di tutti e messo sulla strada 114 persone al nord; a fronte di queste hanno assunto solo 10 dipendenti al sud. Tutto questo è stato reso possibile con un grimaldello costituito da un marchio, la Wamar. Ricordo all'Assessore che analoga operazione venne fatta qualche anno fa servendosi come grimaldello del marchio Venchi Unica. Assistemmo, anche in quel caso, ad una vicenda incredibile di assalto alle casse dello Stato, di dilapidazione dei finanziamenti avuti e di scomparsa degli stessi responsabili.
La Wamar è un altro di questi episodi. Assessore, non è certo un episodio nuovo nel panorama italiano. Pensiamo alla dissennata politica delle Partecipazioni Statali che ha ingoiato migliaia e migliaia di miliardi in tutti questi anni, senza produrre nulla di rilevante in termini di decollo dell'industrializzazione nel Mezzogiorno. Di questi assalti Assessore, ne abbiamo avuti tanti: possibile che continuino? Possibile che esistano ancora queste scorribande di finanzieri e imprenditori, i quali continuano ad avere accesso ai Ministeri e con procedure non di sorpresa (l'impossessamento di un marchio di prestigio) riescono ad incassare dallo Stato denari poi mal utilizzati o addirittura utilizzati illegittimamente? Mi sembra improponibile, Assessore, che questa vicenda venga presentata come un fatto inaspettato: "Oh, guarda un po', ci troviamo di fronte a questa, strana, incredibile vicenda". E' una delle tante centinaia e centinaia di vicende che abbiamo già visto e conosciuto nel nostro Paese: è possibile trovare un rimedio? Penso di sì.
Quale strada intraprendere? La prima strada da intraprendere è quella della ricerca delle responsabilità politiche di questa vicenda, della Wamar e di tutte le altre "Wamar" che in questi anni ci sono state in Italia. Chi sono i responsabili? Dare finanziamenti pubblici a chi non li merita o a chi li usa in modo illegittimo e distorto, è un frutto del destino? Penso che questo vada fatto, Assessore, anche se, ahimè, individuare le responsabilità politiche significa mettere le mani nelle politiche che i Ministeri dell'Industria, del Lavoro e delle Partecipazioni Statali hanno avuto in tutti questi anni e anche su questa vicenda. Bisogna risalire alla personalità politica che ha avallato questo finanziamento, verificare all'interno dell'apparato dello Stato con quali procedure amministrative e pareri tecnici è stato dato questo avallo e interessare, se del caso, la Magistratura per fare pulizia.
Mi sembra che questa sia una delle tante vicende sulle quali chiedersi: "Vogliamo o non vogliamo fare pulizia?" Invito pertanto l'Assessore, con celerità, a percorrere questa strada ed a discutere non in termini astratti, ma in termini cogenti di responsabilità precise (politiche e tecniche), per iniziare a voltare pagina in questo settore nel quale, come si è visto, chi ci perde è sempre la gente, sia essa del nord che del sud.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Sono in congedo i Consiglieri Croso, Dameri e Farassino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Comunico che l'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Università

Dibattito sulla situazione universitaria in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo ora con il dibattito sull'Università, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Invito i Consiglieri che intendono intervenire sull'argomento a limitare i propri interventi nei 10 minuti previsti dal Regolamento, in modo da concludere il dibattito entro la mattina.
Nel pomeriggio proseguiremo nell'esame dei punti iscritti all'o.d.g. e avvieremo il dibattito sulla Federconsorzi.
E' iscritto a parlare il Consigliere Foco; ne ha facoltà.
FOCO Ritengo che il Consiglio regionale abbia fatto molto bene a non relegare il dibattito sul sistema universitario piemontese agli ultimi minuti serali, ma a collocarlo come punto centrale di questa seduta del Consiglio.
Abbiamo tutti la consapevolezza che non si tratta di un discorso marginale e settoriale tra addetti ai lavori. L'Università e la formazione professionale sono settori strettamente collegati allo sviluppo della nostra Regione e centrali per un discorso complessivo di riequilibrio territoriale della nostra Regione, ma anche per verificare concretamente come questa Regione intende collegarsi all'Europa.
Ringrazio anche l'Assessore Fulcheri perché con la sua relazione ha dato modo al Consiglio regionale di potersi esprimere.
Si tratta di una relazione che fornisce una fotografia aggiornata del sistema universitario piemontese, ma è profondamente carente per quanto riguarda il ruolo che la Regione intende svolgere: non basta fotografare una realtà per governarla. Troppe volte discutiamo di singoli comparti e dialoghiamo con il solo Assessore, che è lasciato solo ed ha difficoltà ad esprimere un indirizzo. Non si capisce cosa voglia fare la Giunta in questo comparto, quali ipotesi e quali proposte di sviluppo dell'Università presenta in Consiglio nel rispetto degli ordini del giorno votati all'unanimità negli anni passati, proprio per dare forza alle scelte della Regione.
Questa mancanza di un'indicazione precisa è una grave carenza, perch se le cose sono andate avanti, e certamente il decentramento è avvenuto, si è trattato di una "gemmazione", ma esclusivamente delle facoltà. Le realtà locali sono impegnate in un consistente sforzo finanziario, tra l'altro andando al di là delle competenze e del ruolo che compete loro, però non emerge un disegno complessivo, un sistema organico per quanto riguarda tutta la Regione, quindi un sistema universitario integrato ed organico per quanto riguarda il decentramento dell'Università e non delle singole facoltà.
Questo non é un elemento marginale, per cui quando affrontiamo il discorso Università dobbiamo anche pensare a tutta una serie di strutture e di interventi complessivi da parte della Regione, come per esempio il trasporto su gomma e rotaia che non viene preso In considerazione. Un sistema integrato universitario piemontese ha sicuramente bisogno, per nascere e crescere, e ivi modo particolare quella che viene chiamata la seconda o la terza Università su più poli, di un ridisegno del sistema dei trasporti, in modo particolare di quello su rotaia. Questo, infatti, non può essere un discorso a margine o che si muove per suo conto o che sarà affrontato successivamente: noi riusciremo a mandare avanti questo processo se è integrato il progetto complessivo, perché uno studente da Alessandria o Novara o Vercelli impiegherà meno tempo a raggiungere o Torino o Genova o Milano o Pavia anziché le altre città del nuovo polo universitario, dove per andare, da una città all'altra si impiega più tempo che ad arrivare a Roma.
Un altro aspetto che mi pare di cogliere dalla fotografia che ha fatto l'Assessore è l'eccessiva visione di delega all'Università. Ritengo ci sia un fraintendimento da parte dell'Assessore del discorso dell'autonomia universitaria. Autonomia universitaria non significa che si lascia all'Università di fare quello che vuole, anzi se c'è una cosa che va cornetta nel nostro Paese e non solo nella nostra Regione è che le Università esistenti e quelle nuove, escluse quelle, ovviamente, di cui si celebrano i 1.000 o gli 800 anni, sono sempre nate su scelte di una Università madre.
Adesso abbiamo inventato la nuova parola "gemmazione", ma le "gemmazioni" o i decentramenti e i distaccamenti delle sedi sono state la storia del sistema universitario del nostro Paese. Non c'è mai stato un vero piano di programmazione universitaria. Ma autonomia non può voler dire che si lascia libera l'Università, nel nostro caso le Università piemontesi, di dirigere lo sviluppo delle altre possibili Università.
Dobbiamo trovare delle sedi nelle quali poter discutere e confrontare con gli altri le nostre proposte, se le abbiamo.
Torno a ripetere, ricordando i precedenti ordini del giorno di questo Consiglio, che sono stati espressi indirizzi precisi di movimento e possiamo quindi interloquire tra pari, ognuno con la propria autonomia di giudizio. Non possiamo far sì che il Consiglio regionale non esprima le sue proposte, anzi è compito del Consiglio regionale programmare lo sviluppo complessivo della Regione nei vari comparti, compreso quello universitario.
Abbiamo un riferimento legislativo, la legge n. 590 del 1982, che dava per la prima volta avvio alla programmazione universitaria e metteva il Piemonte al primo posto tra le Regioni dove doveva sorgere un'altra sede universitaria. Ritengo che si stia perdendo quella priorità che ci veniva riconosciuta nazionalmente, proprio perché non si è svolto il ruolo che a noi competeva.
Lo Stato vuole lasciare alle Regioni e agli Enti locali l'aspetto dell'assistenza, ovvero la fornitura dei bidelli e dei vari servizi, ma noi non possiamo permettere che il nostro ruolo sia ridotto solo ed esclusivamente a questo. E invece sono indicative a questo proposito le conclusioni che l'Assessore trae nella sua relazione dove si limita ad indicare solo interventi di diritto allo studio.
Per un rilancio del ruolo della Regione e del sistema integrato regionale abbiamo presentato un ordine del giorno, che ci riserviamo successivamente di illustrare meglio. Su questi problemi intendo chiedere anche alle altre forze politiche presenti in Consiglio di pronunciarsi e di portare al nostro dibattito ulteriori indicazioni e stimoli, visto che non ci vengono dalla Giunta.
Termino il mio intervento dicendo che le conclusioni dell'Assessore mi paiono riduttive. Per noi, che tra l'altro abbiamo presentato una nostra proposta di legge sul diritto allo studio, non è possibile accettare come unica possibilità di intervento, quasi una forza maieutica che risolve tutto, un unico Ente regionale di diritto allo studio. Non può essere considerato questo l'unico modo in cui la Regione esprime il suo ruolo e la sua funzione per l'Università.
La Regione non può rinunciare al suo ruolo di Ente programmatore e di qualificato interlocutore politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goglio.
GOGLIO Presidente, mi compiaccio che finalmente si parli di scuola, di istruzione e soprattutto di Università. Fin dalle prime battute del mio mandato di Consigliere regionale ho proposto questi temi all'Assemblea e più volte ho sollecitato; nelle sedi più disparate, la discussione di questi argomenti che ritengo fondamentali per qualsiasi ipotesi programmatica di sviluppo della nostra Regione.
L'attuazione della riforma universitaria pone alcuni punti fermi, sui quali vale la pena di riflettere: il potenziamento delle facoltà ingegneristiche, la cosiddetta laurea corta, il master di specializzazione post-laurea. Pur sapendo che le competenze regionali in questa materia sono alquanto limitate, mi permetto di ricordare che la Regione, in tutte le sue componenti pubbliche e private, può indicare le scelte più sintonizzate con le vocazioni del territorio.
Al riguardo mi sembra doveroso sottolineare che, su questo scenario l'esercizio della conflittualità tra maggioranza e opposizioni, di qualsiasi tipo, produrrebbe soltanto danni alla collettività, mentre la coesione di tutte le forze e di tutte le energie darebbe risultati non trascurabili. Mi va bene discutere ad oltranza sugli obiettivi, ma alla fine uniamo le forze per non lasciarci sopraffare dagli eventi programmati in altre sedi.
Non mi stancherò mai di ripetere che su alcune scelte vitali non ci vuole molto ad individuare i punti di convergenza, basta volerlo. Così come non mi stancherò mai di ripetere che il Piemonte ha perso alcune buone occasioni e rischia di continuare a perderle a causa del suo scarso peso politico.
Semplificando e senza voler fare del banale regionalismo, constato ogni giorno - e voi ne siete altrettanto consapevoli - che Napoli o Cosenza, a Roma contano più di Torino.
Dico queste cose perché, anche di recente, abbiamo dovuto prendere atto delle difficoltà di mantenere a Torino l'Istituto Superiore di Educazione Fisica, l'ISEF, e non è detto che la questione sia definitivamente risolta.
Esprimo soddisfazione per l'immediato intervento dell'Assessorato della Giunta regionale e di altre istituzioni che si sono mosse con rapidità per evitare che questo Istituto traslochi a Milano. La riforma prevede molte cose e non sempre tiene conto delle realtà locali; questo è un caso che richiede una mobilitazione per far sì che certe direttive rientrino in un quadro più realistico.
Le riforme sono necessarie soprattutto per il riordino dell'istruzione ciò non toglie che ci siano spazi da salvaguardare in quanto utili necessari e ancorati a necessità di contingenti di cui un esempio è proprio l'ISEF.
Non mi pare superfluo richiamarmi alla necessità di difendere la collocazione a Torino di questo Istituto, seppure In forma diversa.
Veniamo al temi specifici. Ormai tutti siamo convinti che le specificità del nostro territorio richiederanno sempre più una forte concentrazione di tecnici specializzati. Il mercato industriale per essere competitivo dovrà puntare con crescente insistenza su personale qualificato nell'ambito dell'ingegneristica, dell'economia e dell'informatica, e il mercato occupazionale intermedio dovrà essere garantito da figure professionali altrettanto qualificate.
Non dimentichiamo che tra un paio d'anni dovremo misurarci con il mercato europeo, libero , da barriere, aperto alla circolazione delle merci e dei talenti; non dimentichiamo che condizioni di maggior favore, già in atto al di là delle Alpi, oltre ad attirare l'imprenditoria potranno suggestionare sia i giovani specializzanti sia i tecnici specializzati.
Sono queste le preoccupazioni legittime che ho visto espresse anche nella bozza orientativa del piano regionale di sviluppo elaborato dalla Giunta. La situazione comunque potrebbe richiedere l'importazione di cervelli già a medio termine. Se questo è lo scenario, pare legittimo domandarsi se vale la pena di sprecare ancora tempo su come e dove raddoppiare o ubicare il futuro Politecnico.
Diciamo chiaramente che se le condizioni sono state verificate fino infondo, se davvero non vi sono ostacoli all'edificazione di nuovi corpi di fabbricato, si provveda a raddoppiare l'attuale Politecnico; se invece queste condizioni sono suscettibili di modifiche, si pongano in atto soluzioni alternative peraltro indicate in sede di discussione urbanistica.
Ciò che conta è la funzionalità a breve termine di questa struttura l'unica in grado di garantire la domanda del mercato piemontese.
Mi pare anche necessario soffermarmi sull'ultimo punto inerente le specializzazioni: sono convinto che la Regione e quanti altri hanno a cuore le sorti del Piemonte debbano far convergere tutte le iniziative affinch Torino diventi un polo di eccellenza a livello nazionale ed europeo delle specializzazioni e professionalità legate alla vocazione industriale del nostro territorio. Altrimenti, sarà un'altra battuta negativa che dovremo scrivere sul diario delle occasioni perdute.



STAGLIANO' IGOR



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.
CHIEZZI La ringrazio, Presidente. La relazione dell'Assessore è poca cosa; non la ritengo capace di compiere le scelte che la Regione dovrebbe fare nel campo dell'Università. E' un'incredibile accettazione dello stato di fatto dell'Università: fotografa, è vero, la situazione esistente, ma non va al di là della fotografia.
Assessore, eravamo arrivati ad un punto diverso; nel 1987 si era svolto un dibattito (io ho potuto solo leggerlo sui libri) di tutt'altro tono e tensione. Perché, invece, questo smorzamento? Una relazione congruente con le finalità uscite dal dibattito del 1987 avrebbe dovuto porre il problema di quanti passi erano stati fatti dalla Regione, dall'Università, dagli Enti locali e dalle Associazioni private in direzione della realizzazione del secondo polo universitario in Piemonte.
Quello era il tema a partire dal quale occorreva lavorare nel 1987: era un terna di grande rilievo e ritengo lo sia ancora oggi.
Parliamo della Regione Piemonte nell'Europa e siamo di fronte ad una crisi occupazionale ed industriale. Vogliamo impostare per la nostra comunità uno sviluppo che la renda competitiva con altre regioni italiane non solo, ma che faccia avere alla Regione Piemonte un posto degno in Europa? Penso che il programma di rafforzare quantitativamente e qualitativamente le strutture universitarie di formazione e di ricerca sia uno dei momenti strategici dello sviluppo regionale, leva più potente di tante altre che vengono agitate.
Non costruiamo i grattacieli come strutture edilizie, ma come livelli della cultura! Eleviamo la formazione dei nostri giovani, prepariamoli ad un futuro produttivo ed eleviamo la ricerca scientifica che sappiamo avere nell'Università uno dei suoi cardini! Per fare questo la Regione Piemonte dovrebbe avere un programma politico teso nella direzione del rafforzamento di un altro polo universitario legato anche ad un riequilibrio regionale giustamente individuato nel Piemonte orientale. Questa zona, che rischia di non avere più un'identità propria e di essere assorbita dal capoluogo piemontese o lombardo, è invece una realtà che ha una propria identità, una pregevole collocazione geografica, individuata come uno dei poli di riequilibrio regionale e dei nuovi poli qualificati di sviluppo dell'Università.
Realizzare la seconda Università non è cosa facile; per gemmazione è forse più difficile che per decisa volontà di uno Stato, ma la strada prescelta è questa.
Su questa strada, dall'87 ad oggi, quali considerazioni e quali lavori sono stati svolti? Cosa dice oggi la Regione? Dalla relazione pare che tutto questo non sia più di interesse regionale. Allora, se non lo è, non si ometta il cambiamento di rotta e viceversa, se la seconda Università rimane uno degli impegni della Regione Piemonte, si dica quale ruolo essa debba svolgere, quali problemi si propone di affrontare e risolvere insieme agli altri Atenei.
Dalla relazione dell'Assessore Alberto emergevano numerose difficoltà e problemi, ma si intravedeva l'intenzione di voler sbloccare questa situazione fornendo il proprio contributo, non per competenza amministrativa, ma per dovere politico. La situazione dell'Università rimane un po' schizofrenica. A Torino la situazione universitaria è gestita male, c'è un'insufficienza di strutture didattiche, di supporto al diritto allo studio. Siamo la regione più indietro in Italia in questo settore.
Abbiamo un posto letto ogni 193 studenti: la Lombardia ha un posto letto ogni 36 e la Liguria ogni 52. Abbiamo strutture didattiche non degne di una Regione che intende primeggiare, insieme ad altre, nel panorama della cultura europea.
Basta visitare le Università torinesi per vedere come sono state conciate in tutti questi anni. Sono uno degli esempi di peggiore progettazione edilizia ed urbanistica! Andate in corso Massimo d'Azeglio a vedere tutte le facoltà che si sono sviluppate con i prefabbricati nei cortili; sono uno scempio edilizio urbanistico ed un'indecenza per chi ci deve lavorare. Andate a vedere alla Facoltà di Architettura cosa stanno facendo e come lavorano: visitate il Politecnico e scoprirete che le lezioni si tengono nelle cantine. E poi si propone di gemmare! Ma cosa gemmiamo? Gemmiamo per fare dei piccoli fiori qua e là sul territorio? Per dare i contentini di campanile a ogni piccola città con piccole gemmazioni, concorsi speciali e attività varie? Non stiamo lavorando per una verifica seria, di qualità di tutto quanto è stato sinora realizzato. Se ci fosse qualità (come io penso ci sia) dovremmo far leva sui momenti didattici di innovazione, sulle strutture per far fare il salto di massa critica sia studentesca sia di qualità organizzativa al Piemonte orientale.
Mi sembra che la disposizione della "squadra" di Giunta sia per fare uno zero a zero tra lo Stato e gli Atenei, per giocare una partita di contenimento. Ritengo, invece, debba essere una partita vincente, se gli elementi di qualità ed innovazione nel Piemonte orientale sono stati introdotti. E la Regione che deve essere capace di sollecitare una visione generale nell'interesse pubblico e sappiamo che di questo c'è bisogno perché gli Atenei, le Università e il Politecnico hanno le loro logiche, i loro obiettivi ed i loro interessi.
Penso che l'istituzione regionale debba aiutare questi interessi a trasferirsi ad un livello più generale: quello di far uscire la Regione Piemonte dalla situazione in cui si trova. Manca questa spinta. Assessore che non so se sia stata inespressa perché non ci si crede più, oppure perché ci si crede ma non troppo. Sono entrambe situazioni dalle quali ritengo si debba assolutamente uscire.
A nome di Rifondazione comunista continuo a sostenere la linea dell'87 andrei fin più in là, nel senso che all'ottenimento della seconda Università nel Piemonte orientale, bisognerebbe aggiungere un polo qualificato anche nel sud del Piemonte. L'area del cuneese, la "provincia granda", viste le rivendicazioni di altre aree, potrebbe svegliarsi un 'giorno o l'altro e chiedere di essere costituita da più di una provincia sia per territorio sia per proprie peculiarità e zone di sviluppo. Questa parte del Piemonte sud negli ultimi anni è stata una delle pochissime zone che ha retto lo sviluppo economico e che in termini occupazionali ha registrato indici positivi, come in alcune zone, penso a Fossano e Savigliano. Anche questi aspetti meriterebbero attenzione.
Tutto questo non l'ho visto, Assessore. Forse ho poca vista, ma mi tocca parlarne per correttezza di rapporti.
Mi riservo di leggere con attenzione l'ordine del giorno proposto dai colleghi del PCI-PDS con il quale si richiede una spinta in avanti ed una ripresa dell'impegno della Regione Piemonte per la seconda Università.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo; ne ha facoltà.
TAPPARO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ritengo importante il contributo dato dall'Assessore mediante la sua relazione, anche se lo solleciterei ad essere più pungente e più capace di esprimere proposte sulle quali impegnare l'Assemblea. Si tratta di un tema e di una partita decisive per le prospettive del Piemonte e dobbiamo avere capacità e credibilità di proposte fattibili e convincenti. Ritengo che l'elemento guida debba essere la ricerca di un prodotto formativo adeguato e valido non invischiandosi in meccanismi municipalistici da rispettare salvaguardando la garanzia della qualità che ha delle sue leggi per poter essere espressa - e, nel polo torinese, prestando attenzione a certe politiche per cui, in riferimento al nodo della sede del Politecnico prevalgono logiche più sensibili alla costruzione che non al prodotto formativo.
Dobbiamo essere credibili, anche se le buone argomentazioni non sempre sono decisive rispetto al Governo centrale e al Parlamento. L'abbiamo visto in molti settori: pur avanzando ottime ragioni in senso contrario, sono stati smantellati interi settori produttivi e penalizzate intere aree.
Occorre avere la capacità di far pesare le nostre ragioni.
Rincorriamo sempre il meccanismo del rapporto popolazione totale del Paese-popolazione del Piemonte, il rapporto prodotto interno del Piemonte prodotto nazionale, ed esiste una famosa fascia che abbraccia tutti i fenomeni economici, sociali e culturali che si svolgono nella nostra Regione, che va dal 7 all'11%: In materia universitaria questa fascia non è minimamente rispettata nelle varie articolazioni del finanziamento universitario, persino nel numero di personale addetto ai servizi.
Nel documento elaborato dal Consiglio Universitario Nazionale è stata inserita una cartografîa che ho tratteggiato per avere una visione prospettica. Ho notato situazioni paradossali. Tratteggiando per province con sedi universitarie, la nostra Regione è quella che ha maggiori zone "bianche", e paradossalmente il bianco tende a crescere, in termini relativi, anche scorporando la presenza dei Politecnici, che in aree a forte industrializzazione dovrebbero cambiare il rapporto rispetto all'impianto universitario.
Questo è il segno di una profonda disomogeneità a livello nazionale nella distribuzione delle Università, e il riequilibrio di cui si parla pomposamente in tutti i documenti degli anni'80, con gli atti che si stanno compiendo, non riesce minimamente ad aver luogo.
Non a caso anche il Consiglio Universitario Nazionale rileva che in alcune zone della fascia adriatica si è superato ogni segno: partendo da Venezia e andando sino all'estremo sud d'Italia nella fascia adriatica, non c'è quasi provincia che non abbia un'Università.
Siamo a punti paradossali: l'Università di Torino non è considerata mega Università, ed è stata inserita o perlomeno orientata insieme ad altre. Con chi siamo messi? Con Regioni che hanno molte Università, basti pensare a Bologna, a Bari e a Padova, mentre noi abbiamo un processo di gemmazione ancora ai primi passi. Per qualche strana ragione storica rispetto alla capacità di atteggiarci, su questo problema, siamo veramente gli ultimi della graduatoria; ma quando una squadra è ultima in classifica bisogna cambiare allenatore.
Continuiamo ad essere gli ultimi in tutte le forme di ridistribuzione.
Porto ad esempio la Wamar, classico furto di un pezzo di apparato industriale trasferito nel Mezzogiorno.
Fra i giovani della nostra Regione - è un processo banale - c'è una propensione crescente a non dedicarsi a lavori marginali, innescando tra l'altro uno scorretto processo di valutazione sul ruolo dell'occupazione d'immigrazione; ma se questo processo non ha sbocco in termini universitari, si rischia di chiudere i nostri giovani in una fascia di limitata capacità di esprimersi nel mondo del lavoro, e nel contempo di importare capitale umano di formazione universitaria e post-universitaria dalle altre parti d'Italia sino a ora, dall'Europa da domani.
E' questo un altro elemento di squilibrio drammatico, Assessore, sul quale dobbiamo intentare una battaglia di vita o di morte, perché è in gioco 1a nostra prospettiva futura di lunghissimo termine. Va qui giocata la partita dello sviluppo del Piemonte, che credo abbia delle componenti decisive nel suo capitale umano, nella sua esperienza imprenditoriale nella sua memoria storica di professionalità nel mondo del lavoro.
Occorre avere una visione sistemica anche in questa Università a più poli con la gemmazione, cioè dobbiamo evitare che il municipalismo vinca e attraverso questo timore del municipalismo, stare attenti a non compiere atti coraggiosi (lo accennava il collega Chiezzi in precedenza) rispetto a una zona dell'Italia. Non parlerei, dunque, solo del Cuneese, ma anche delle Province di Savona e di Imperia, le quali rappresentano una zona bianca nel tratteggio che ho tentato di fare nella cartografia del C.U.N.
che credo necessiti e meriti delle risposte. Ad esempio, nella fascia adriatica non c'è quasi soluzione di continuità, salvo una provincia, da Venezia sino ad arrivare a Brindisi, nell'estremo sud dell'Italia.
Dobbiamo stare attenti anche - questa è una parte della relazione Assessore, che non è emersa con chiarezza - al nodo del diploma universitario e delle trasformazioni delle scuole dirette a fini speciali perché è probabilmente uno degli elementi forti sui quali costruire questa visione sistemica nella nostra Regione.
Concludo sulla questione del diritto allo studio. Se l'autonomia universitaria esasperata trascina Il diritto allo studio in modo passivo dobbiamo considerare che il diritto allo studio è una leva di politica formativa per il nostro capitale umano che governa la Regione, governa il governo regionale, governa l'indicazione dell'assemblea elettiva. Occorre saper fare orientamento attraverso il diritto allo studio. Si tratta di una partita delicata, ma in qualche misura possibile.
Se invece tutto si ripete in modo meccanico, dobbiamo tener conto di uno squilibrio tra domanda e offerta di laureati nella nostra Regione e di un forte squilibrio all'interno dei laureati rispetto alle esigenze dell'apparato economico. Questo concetto non deve essere esasperato: non possiamo infatti sottrarre l'autonomia, la soggettività dei singoli giovani al fatto di potersi indirizzare. Tuttavia, non siamo neanche una società estremamente ricca in cui fare una grande "infornata" di archeologi e avere carenza di ingegneri meccanici: dobbiamo in qualche modo riequilibrare questo processo, e quali sono i nostri strumenti? Sono la leva dell'orientamento, che ha però poche cartucce se l'autonomia dell'Università trascina il diritto allo studio, e la leva del diritto allo studio, sulla quale dovremo in qualche modo tentare di misurarci coraggiosamente.
Attualmente stiamo lavorando su una nuova riconfigurazione del diritto allo studio sul piano legislativo e credo che non dovremmo perdere di vista questa funzione: il diritto allo studio è una piccola leva che ha in mano la Regione per governare i processi di investimento sul nostro capitale umano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Inizio con una piccola nota personale. Se avessi dovuto affrontare questo dibattito la scorsa settimana, forse sarei stata meglio disposta: dovendolo affrontare oggi, mi sento particolarmente frustrata e arrabbiata.
Ieri dovevo fare un appello di esami alla mia Facoltà (Economia e Commercio): come docente di quella Facoltà, credo di avere il dovere di fare gli esami, ma anche il diritto di sapere dove farli. In tutta la Facoltà non c'era un luogo disponibile dove radunare gli studenti per fare l'appello, non dico gli esami che è una cosa di dimensione più impegnativa perché richiede perlomeno un'aula, ma non c'era nemmeno un locale dove fare l'elenco degli studenti che durante la settimana avrebbero dovuto sostenere l'esame. Gli esami si sosterranno questa settimana, ma non è ancora chiaro se ci saranno le aule. E' per questo che mi sento particolarmente motivata nell'intervenire oggi.
Non voglio soffermarmi sulla Facoltà di Economia e Commercio; ricordo solo come da vent'anni si parli del suo trasferimento nella famosa Manica dei Poveri Vecchi, all'uopo trasformata. La Facoltà, al momento, giace ancora coi suoi miseri resti in piazza Arbarello e l'ipotesi del trasferimento non basterebbe perché già gli istituti starebbero fuori e l'area prevista, i Poveri Vecchi, sarebbe insufficiente.
Questa è una piccola premessa a mo' di sfogo per inserirmi meglio sul documento preparato dall'Assessore, un documento che, come altri colleghi hanno richiamato, sembra una buona fotografia della situazione universitaria in Piemonte. I dati riportati, però, si riferiscono all'anno accademico 1988/89, mentre sappiamo benissimo che la situazione universitaria è in grande movimento e che in due anni alcune cose - lo dico con cognizione di causa - sono cambiate.
Sono d'accordo con chi dice che alla buona fotografia del documento non sempre si accompagna un'altrettanta buona analisi problematica della situazione universitaria in Piemonte. Sarebbe doveroso mettere a fuoco i problemi, soprattutto gli squilibri nel mondo universitario: sono tanti, ma possono essere divisi in tre gruppi: squilibri sul territorio, squilibri tra i settori e squilibri nelle dimensioni.
Gli squilibri sul territorio riguardano la dislocazione territoriale delle risorse universitarie. A livello nazionale, dal dopoguerra ad oggi il numero di sedi universitarie è quasi raddoppiato: da 154 sedi all'inizio degli anni '50 si passa alle 365 sedi attuali. Le nuove sedi sono sorte però - e questa non è una divagazione perché il problema riguarda anche il Piemonte di oggi - spesso senza una pianificazione o una verifica puntuale sia delle esigenze che delle opportunità. Di conseguenza si sonò creati grossi squilibri territoriali per quanto riguarda la localizzazione delle Università, compreso il Piemonte che è una delle poche Regioni o forse l'unica ad avere per il momento un unico polo universitario.
Esiste poi lo squilibrio tra i settori, che riguarda invece la distribuzione delle risorse universitarie tra le diverse aree disciplinari non sempre corrispondente alle esigenze del Paese e, nel nostro caso, delle Regioni. Un esempio viene anche dalla relazione dell'Assessore, in ci i emerge come alcune gemmazioni - come ormai in gergo si chiamano i poli che vengono creati al di fuori di quello principale, che è Torino - abbiano una scarsissima rispondenza di ruolo e di frequenza. Basta guardare i dati riportati da alcune Facoltà che hanno trovato sede presso la gemmazione di Alessandria, ad esempio Chimica Industriale che nell'88/89 aveva 8 studenti e dopo 2 anni 19. Bisognerebbe chiedersi se questa mancanza di programmazione porta a localizzare una sede universitaria, o comunque una disciplina, in una sede in cui non ce n'è bisogno.
Lo squilibrio delle dimensioni è legato alla coesistenza di mega Atenei con macro Atenei. Questa a livello nazionale è senz'altro una disfunzione uno squilibrio che esiste accanto a grandissime Università. Abbiamo assistito in questi ultimi anni alla creazione - non è gemmazione - di vere e proprie strutture universitarie piccolissime che poi non sono in grado di funzionare.
Ma veniamo al Piemonte. Uno dei dati che emerge più chiaramente dalla relazione dell'Assessore, situazione contraddittoria peraltro anche nota, è il forte squilibrio tra studenti in entrata e studenti in uscita. Gli studenti in arrivo sono sull'ordine dei 4 mila, gli studenti in uscita 12 mila. Questi ultimi per la maggior parte si trasferiscono in Lombardia come emerge anche dalla relazione; sono soprattutto studenti di Facoltà anche significative dal Politecnico a Economia e Commercio, che vanno fondamentalmente a Milano, mentre per quanto riguarda la Facoltà di Medicina l'esodo è verso Pavia.
Questo ci deve far riflettere sull'esigenza di togliere al Piemonte il ruolo di avere un'unica Università polarizzata in un centro, com'è stato fino adesso a Torino, e quindi vedere quali sono le localizzazioni alternative o suppletive individuabili.
Credo che l'Università del Piemonte orientale sia già una realtà diversa da altre situazioni, per esempio quella di Novara, dove negli anni passati, grazie agli interventi dei consorzi locali creati per far nascere e mandare avanti queste Università, alcune Facoltà sono diventate realtà abbastanza consolidate. Dico abbastanza in quanto non sono ancora delle realtà universitarie vere e proprie: sono delle gemmazioni, nel senso che esistono dei locali in cui i docenti incontrano gli studenti e tengono le loro lezioni. Però non c'è nient'altro e ciò non si può chiamare Università: non c'è una biblioteca, un laboratorio, e talvolta non ci sono neanche le sedi amministrative, e gli studenti, per iscriversi agli esami devono venire a Torino. Gli studenti non hanno possibilità di dialogo con il docente, che normalmente risiede a Torino e viaggia quei giorni alla settimana in cui tiene le sue lezioni a Novara.
Questo per dire che è stato effettuato un decentramento universitario ma bisogna fare dei passi in più e soprattutto fare un'analisi della domanda a cui far corrispondere un'offerta coerente.
Un altro problema dà analizzare, che sembra piccolo, ma invece è importante per il ruolo che vogliamo dare all'Università piemontese non solo di Torino. è quello della possibilità di frequenza dell'Università data agli studenti stranieri per mezzo dei vari programmi quale "Erasmus "e molti altri. Nella relazione è citato solo quello, ma ormai ne funzionano molti altri, per esempio il progetto "Tempus" che è di relazione con gli studenti dei Paesi dell'Est europeo.
Se si vuole dare un ruolo internazionale anche all'Università di Torino, non si possono relegare questi studenti a vivere In condizioni superdisagiate quando vengono a Torino, mentre quando andiamo noi all'estero godiamo di solito di situazioni residenziali buone.
Qui mi collego all'ultimo punto che volevo toccare, quello delle residenze universitarie. Anche per quanto riguarda le residenze universitarie, il Piemonte occupa uno degli ultimi posti in classifica.
In una recentissima pubblicazione sul collegi universitari in tutta Italia si sono fatti utili paragoni tra la situazione delle diverse città sedi di Atenei: si vede come a Torino, contando tutto, ci sia un posto letto ogni 56 studenti, cosa che certamente incentiva l'emigrazione di questi verso altre sedi.
E' vero che non tutta la competenza universitaria è della Regione questo si dice anche nella relazione; alcune competenze sono esclusivamente dell'Università, però penso che il problema universitario vada affrontato anche dalla Regione con una grinta diversa, prendendo atto dello stato di fatto e delle volontà universitarie di decentramento e di gemmazione soprattutto quando si vedono evidenti squilibri nella frequenza di certe Università piuttosto che altre.
Ritengo che la relazione dell'Assessore dovrebbe essere, in una seconda fase, completata da una problematica più generale che comprenda molti altri argomenti, oltre a quelli già trattati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA Mi pare che la relazione dell'Assessore Fulcheri sia molto importante perché fa un punto se non altro quantitativo del sistema universitario piemontese. Occorre anche avere un quadro preciso della situazione per poter fare delle scelte. Vorrei rapidamente dire tre cose. Una è relativa all'ISEF, che è parte di questa relazione e sul cui problema ho presentato un'interrogazione. Tale interrogazione ha smosso tutta una serie di ordini del giorno in Regione e fuori dalla Regione e ha messo in evidenza un argomento importante. Infatti, dalle notizie in mio possesso pareva che le scelte fatte a livello ministeriale prevedessero soltanto tre insediamenti della nuova Facoltà di scienze sportive e in questa suddivisione era molto probabile l'esclusione della città di Torino. La preoccupazione sollevata in tutte le istituzioni, non soltanto quella regionale ma anche in Comune.
Provincia, ecc., ha raggiunto un risultato, perché da quanto mi consta l'ISEF di Torino (erede del primo Istituto di Educazione Fisica sorto in Italia) non subirà l'ulteriore umiliazione di essere declassato, e mi pare ci sia la possibilità di vederlo creato come Facoltà universitaria.
L'unica cosa che ritengo si debba fare, signor Assessore, è vigilare: molte volte abbiamo avuto delle assicurazioni che poi nei palazzi romani non si sa bene perché, venivano sottratte e si restava senza una posizione precisa.
Secondo problema: l'Università di Torino. Io ho una posizione un pochino anomala, così come l'ha sempre avuta il Partito Repubblicano.
Infatti, nella stessa relazione si parla di due astensioni rispetto ad un progetto, ed erano due astensioni repubblicane. Il Partito Repubblicano ha sempre avuto alcune perplessità a valutare soltanto in termini fisici o municipalistici il discorso dell'Università, dicendo "Bisogna distribuire l'Università, darne un pochino a tutti quanti".
Ci conforta il parere del Consiglio Universitario Nazionale, il quale valutando la proposta degli Enti locali e della Regione, si è espresso negativamente rispetto alla proposta di parcellizzazione, ritenendo, come me, che con una parcellizzazione del genere, un'Università divisa in 3-4-5 poli, sia di fatto un'Università che perde forza, un'Università quasi di serie B, visto che siamo in un periodo in cui si fanno Stati di serie A, B C.
Non mi pare fondamentale per un'Università avere la sede dietro l'angolo; l'Università non è un asilo nido dove la mamma deve portare il bambino presto, ma è un posto dove si apprendono situazioni di grande livello culturale e scientifico. Chi può va a studiare in America, in giro per il mondo; non tutti possono, quindi è giusto che ci sia un sistema universitario competitivo non per la vicinanza al posto di abitazione, ma per la qualità dell'insegnamento.
L'elemento fondamentale che determina la scelta di una o di dieci Università dovrebbe quindi essere la qualità. E la qualità, in un mondo universitario dove grandi sono gli investimenti, dove l'approfondimento scientifico comporta grosse spese, non la si raggiunge parcellizzando soltanto, ma creando situazioni ottimali affinché gli investimenti siano finalizzati e concentrati.
In questo senso la nostra opinione era sempre stata ed è ancora che questo processo di distribuzione nella Regione possa e debba andare avanti realmente per tutta una serie di situazioni che possono essere compatibili con questo sistema decentrato: le soluzioni pero non devono avvenire soltanto in una scelta meramente municipalistica. Guardando - ma non lo diciamo da adesso, l'abbiamo detto da sempre - le scelte delle facoltà sorge anche a noi un sospetto.
Con buona pace per l'amico Rossa - non è polemica, questa, ma è perch parlo di Alessandria - devo dire che il fatto di creare ad Alessandria una sede della Facoltà di Scienze Politiche, crea disoccupati a Torino, ma secondo me crea disoccupati anche ad Alessandria. Questo tentativo di distribuzione sul territorio di sedi periferiche dovrebbe essere in qualche misura anche orientativo delle scelte del territorio; mi pare che le vocazioni di Alessandria, ma la stessa cosa vale per Novara, per Vercelli e per qualunque altro posto, siano diverse dalla Facoltà di Scienze Politiche, che non è una vocazione ma è quasi un parcheggiare all'Università per avere un titolo di studio. In questo senso abbiamo qualche perplessità rispetto a questa terza Università.
Ci sono le strutture. Certamente le strutture sono molto carenti e bisogna fare un grosso sforzo (questa è una posizione assolutamente personale). Molte volte quando ci sono le occasioni per fare gli sforzi questa Regione, questa città non sono in grado di farli.
Ho letto qualche giorno fa che Milano ha imposto il numero chiuso nel primo Politecnico e che sta creando il secondo alla Bovisa, zona industriale recuperata. La scelta di questa Regione, della quale bisogna prendere atto, è quella che il Politecnico debba restare concentrato; mi chiedo se questa sia veramente una scelta di grande respiro, che affronta il problema delle strutture e delle sedi universitarie, oppure se non sia una scelta dettata da logiche di partito, logiche del bisticcio, logiche di altra natura che certamente non sono di sviluppo e di crescita del nostro sistema universitario.
Ho ancora un minuto e voglio aggiungere qualcosa - visto che è un punto importante della relazione dell'Assessore - sul diritto allo studio in merito al problema dei posti letto. E abbastanza curioso che una Università molto accentrata come quella di Torino si trovi all'ultimo posto come numero di posti letto: in teoria dovrebbe essere il contrario. Una sede universitaria come quella torinese, che esprime un Politecnico di alto livello qualitativo e scientifico; Università unica in una regione dovrebbe essere al primo posto nell'offrire servizi importanti e qualificati.
In Commissione stiamo affrontando l'esame di una legge sul diritto allo studio che tra poche settimane verrà in discussione in aula. E' una legge a mio parere buona. Assessore, una legge che il Partito Repubblicano difende con forza perché riteniamo che affronti seriamente il problema dell'offerta di servizi reali agli studenti universitari. Ci auguriamo che l'iter di questa legge sul diritto allo studio possa essere rapido e possa dare una qualche soluzione che non collochi ancora una volta il Piemonte all'ultimo posto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Ringrazio innanzitutto l'Assessore per la sua relazione e per il lavoro svolto con i funzionari. E una relazione molto dettagliata, che ha fotografato la situazione universitaria a livello piemontese (non credo che l'Assessore potesse andare oltre). Il dibattito consiliare potrà dare alcune indicazioni; vedremo nei mesi prossimi quali saranno e se potranno nascere soluzioni diverse. Certo la situazione universitaria in Piemonte presenta grandi difficoltà.
E una realtà condivisa da molti, sia da coloro che abitano a Torino sia soprattutto da coloro che dall'esterno raggiungono Torino per frequentare le sedi universitarie: vi sono seri problemi per i trasporti, per i servizi, per le mense universitarie e non ultimo quello di trovare alloggio. Se pensiamo che Torino oggi dispone di 470 posti letto come diritto allo studio universitario su un fronte di 70.000 studenti, dobbiamo constatare che siamo davvero all'ultimo posto tra le città italiane e quindi qualcosa dovrà essere fatto, ma è comunque l'Italia nel suo complesso che deve rivedere la sua situazione.
Nei giorni scorsi leggevo che in Italia si laureano 3.000 ingegneri all'anno, mentre in Germania se ne laureano 40.000; c'è quindi un divario immenso fra il nostro ed altri Paesi in Europa. Forse è perché noi non riusciamo mai a pensare in grande e allora ecco che sono nate tante gemmazioni negli ultimi anni, sedi che si stanno decentrando, seppure ancora con difficoltà.
Se si attua un decentramento, bisogna dare la possibilità a chi frequenta quelle facoltà di avere a disposizione tutti i servizi necessari (laboratori, biblioteche), altrimenti sono Facoltà incomplete che creano dei problemi. Tali difficoltà sono manifestate dagli studenti ad Alessandria, a Novara e a Vercelli; mi auguro che a Mondovì le soluzioni siano migliori.
Se si continua a parlare di gemmazione universitaria credo non si debba soltanto parlare del Piemonte occidentale, ma anche del Piemonte suda Quest'area della Regione, proprio a causa della grande distanza da Torino e delle difficoltà per raggiungerla da parte di chi abita in montagna e nelle vallate, ha bisogno di trovare, attraverso una gemmazione, delle sedi nelle Province del sud. In Commissione si è aperto un dibattito sul diritto universitario; eravamo tutti compatti sulla proposta della Giunta regionale, che prevedeva un unico Ente regionale. Successivamente ne è nata una seconda dal Gruppo PDS, che proponeva invece delle aziende speciali divise sul territorio, ripartite là dove esistono già sedi decentrate. E' una proposta che può anche essere presa in considerazione, buona se vogliamo, ma in questo momento c'è una fase di stasi perché anche all'interno della maggioranza pare si voglia prendere in considerazione la proposta della Giunta.
Dobbiamo essere uniti con l'Assessore sulla proposta dell'ente universitario unico, almeno nella fase iniziale; facciamolo partire, non possiamo fare oggi il processo alle intenzioni future. Oggi dobbiamo farlo partire così; se poi nascerà un secondo polo universitario o se le sedi decentrate saranno in grado di vivere per conto proprio o in qualche modo riusciranno a trovare con i Comuni dove sono localizzate e le Province un maggior rapporto, ecco che allora si potrà rivedere.
Fra qualche giorno avremo in Commissione un incontro con i Rettori dell'Università e del Politecnico; questo ci consentirà di ampliare il dibattito, di avere delle indicazioni e di capire se si continua a pensare a un polo unico torinese o se invece c'è la disponibilità a costruirne altri. Oggi l'orientamento generale è per un secondo polo e dobbiamo quindi pensare in grande.
Il Consigliere Tapparo si è chiesto stamane a mo' di provocazione chi è l'allenatore. Non potrebbe in questa fase importante di dibattito essere la Regione il nuovo allenatore dell'Università per dare le indicazioni precise e giuste? Gemmazioni sì, un secondo polo sì, vedremo più avanti le aziende speciali, però sarebbe importante che Torino pensasse in grande. Vivo direttamente questa esperienza perché ho dei figli che devono trasferirsi dalla provincia a Torino per frequentare l Università, affrontando quotidianamente difficoltà e disagi.
In relazione alle scelte degli ultimi mesi, ho l'impressione che si vogliano mantenere a Torino le sedi universitarie attuali. Si parla di raddoppio del Politecnico, costruendo il nuovo adiacente all'attuale (4 5.000 studenti in più), ma questa soluzione non farà altro che aumentare il disagio per gli studenti che frequenteranno i corsi.
Perché la Regione non può pensare in grande? Abbiamo l'esempio di stupende città estere nelle quali le Università, nate negli ultimi vent'anni, sono in grado di fornire tutti i servizi agli studenti che le frequentano. Mi domando quindi perché anche la nostra città non possa pensare di realizzare questo progetto in una zona vicino a Torino. Abbiamo splendide residenze sabaude, perché non pensare quindi ad una città universitaria nuova fuori Torino? Saranno forse necessari venti o trent'anni per realizzare questo progetto, ma non importa; se si decide di investire delle risorse per il Politecnico potremmo già decidere in funzione di una nuova città universitaria che dia nei prossimi anni la giusta risposta ai nostri tanti studenti. Sono 70.000 gli studenti che frequentano l'Università di Torino ma nei prossimi anni saranno molti di più e come città non riusciremo a dare le giuste risposte alle loro richieste di studio e soprattutto di servizio, in quanto il livello formativo (che resta comunque il lato essenziale), affinché sia vincente, deve essere affiancato dai servizi necessari.
Mi rivolgo soprattutto ai torinesi. Non ricordo il dibattito del 1987 se non per averlo letto, ma perché i torinesi non possono pensare a una grande città universitaria esterna, per tutti gli studenti che desiderano frequentare i corsi universitari?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Desidero innanzitutto ringraziare l'Assessore Fulcheri per averci offerto con la sua relazione un quadro preciso e puntuale della situazione università ria in Piemonte e per essere stato il promotore di una riflessione intorno allo stato dell'arte, come potremmo definire dell'Università. Penso proprio che ce ne fosse bisogno e ritengo che questa Giunta, questa maggioranza, questo Consiglio nel suo insieme, abbiano pienamente titolo per fare il punto della situazione, per seguire le cose per traguardarle nella prospettiva, abbiano il titolo per avere avvertito pienamente l'importanza dello sviluppo e del decentramento universitario in questa regione.
Credo sia giusto rivendicare questo merito al Consiglio regionale e a chi naturalmente ha interpretato l'indicazione politica emersa dall'Assemblea.
Al riguardo ricordo il contributo del collega Alberton, che ha lavorato in questa direzione; credo quindi che abbia fatto molto bene l'Assessore Fulcheri a dire che questo è il quadro, lasciando anche aperte delle prospettive. E' corretta la proposta di lasciare aperta la prospettiva però la conclusione emerge dal fatto che l'Università nella nostra regione presenta delle difficoltà.
La necessità che si vada al raddoppio del Politecnico, la mancanza di strutture che consentano agli studenti di realizzare il diritto allo studio e le condizioni di "fanalino di coda" - come veniva rilevato anche negli interventi che mi hanno preceduto - fanno registrare tale situazione in maniera negativa rispetto al resto delle Università italiane sotto diversi punti di vista.
Innanzitutto vi è il deficit dal punto di vista della produzione rispetto alla domanda della società e naturalmente anche alcuni elementi importanti; per esempio, riferendoci all'ISEF - recentemente oggetto di preoccupazioni anche da parte nostra - si corre il rischio, se non si provvede con strutture adeguate, di vedere trasferita in altra sede l'istituzione della laurea in scienze dello sport.
Viene evidenziata una serie di problemi e nello stesso tempo emerge la conclusione di concentrare, o continuare a rafforzare, l'impegno unitario che c'è stato e che ha portato all'istituzione della seconda Università della quale dobbiamo essere fieri. Sono in dissenso con il collega Ferrara quando dice che bisogna concentrare; siamo d'accordo che l'Università non è l'asilo nido, però siamo altrettanto dell'avviso che non si possono immaginare le cose così lontane, perché si rischia di perderle di vista.
Sono d'accordo sul fatto che ci sono persone fortunate che hanno studiato nei college americani, ma sono poche; molte di più sono quelle non fortunate, che si trovano di fronte a grandi difficoltà nel frequentare gli studi, incontrando problemi di apprendimento, di immagine, ma anche di equilibrio nei rapporti. Pertanto, la seconda Università - per la quale abbiamo lottato per molto tempo e stiamo portando a termine dopo un grosso sforzo - mi sembra risponda alla domanda di ulteriore sviluppo e di preparazione del Piemonte rispetto alle sfide future.
Naturalmente riteniamo che si possa, conoscendo i ritmi della nostra vita quotidiana, pensare ad una visione di "città regione" nella quale sia possibile distribuire una serie di punti e di responsabilità. Signori dico questo e penso di trovare il consenso di molti altri colleghi che hanno vissuto in zone o vivono in zone lontane dall'Università l'Università è una cosa importante; avere a portata di mano i cervelli e i talenti per un convegno, è ben diverso dall'averli molto lontani. Avere la possibilità di telefonare, ad esempio, ad un professore di Università esperto in materie informatiche affinché partecipi ad un convegno è molto diverso dal non averlo o dall'averlo lontano.
Vi è uno scambio di informazioni che concorre a realizzare un livello più elevato: in definitiva abbiamo sempre considerato l'Università come uno dei centri della sapienza fondamentalmente determinante nel promuovere lo sviluppo, nel precederlo, nell'accompagnarlo, nel seguirlo e nel sostenerlo.
Non sono totalmente contrario sul concentrare le Università, ma il rischio che si corre è che tutto il resto si riduca ad una specie di periferia di secondo piano.
Una situazione di questo tipo non serve né alla serie A, né alla serie B, ma poiché qui non ci possono essere distinzioni di serie, dobbiamo giocare bene in serie A Il Consigliere Tapparo ha detto di cambiare l'allenatore, e tutto sommato mi pare necessario, in quanto questa squadra ha giocato bene.



(Voci dall'aula)



PRESIDENTE

ROSSA



PRESIDENTE

Ha vinto una sola volta, nel 1860, quando, con il concorso anche di altre forze, è riuscita a determinare la grande unificazione del Paese. Da quel momento, che fu quasi una vittoria romantica, non ha più saputo svolgere il ruolo richiamato da Cavour quando disse che fatta l'Italia era necessario fare degli italiani in grado di lavorare dentro quello spirito così è ancora adesso.
Credo che se noi avessimo un po' di questo spirito forse potremmo migliorare senza bisogno di cambiare l'allenatore.
Si tratterà di vedere come vogliono indicare la squadra anche i tifosi: se i tifosi riterranno che la squadra va cambiata valuteremo anche questa indicazione, ma tutto sommato finora la squadra ha giocato bene.
Ho avuto dei grossi timori, caro Calligaro, perché per te la squadra aveva già vinto, mentre per noi alessandrini, e per tanti altri, non aveva ancora vinto ed io ho trepidato più dite nel confronto. Tuttavia devo riconoscere che questa squadra ha vinto, e non era facile arrivare alla seconda Università; parliamoci chiaro: sono trent'anni che se ne parla, ma per trent'anni non si sa per quali motivi la squadra abbia incontrato sempre tante difficoltà. E' una squadra che non giocava secondo l'intesa raggiunta in questi ultimi tempi, ma nonostante ciò ha consentito ugualmente buoni risultati anche a livello nazionale. Se mi ricordo bene anche il Ministro Ruberti era piuttosto incredulo e parlava di localismi.
Abbiamo fatto capire che noi non siamo dei "leghisti da quattro soldi" siamo gente che ritiene che la valorizzazione delle zone corrisponda al concorso che queste dovranno dare per modernizzare quel Piemonte che deve andare, insieme all'Italia, in Europa.
Riteniamo che ci siano questi valori, e io dico di continuare così.
Certo, dovremmo approfondire di più il discorso - Assessore - e collegarlo al Piano di sviluppo; nello spirito delle grandi cose che si ripetono ogni cento anni si può fare qualcosa di più.
Il Piemonte deve superare certi rispettosi atteggiamenti che sono parte dell'educazione civile e di un certo tipo di sviluppo realizzato in Piemonte e che ha bloccato la possibilità di espandere la cultura. Per capire che abbiamo diritto a qualcosa in più, occorre verificare se le colpe sono da attribuire a noi o ad altri; se sono colpe di altri, cercate di districare le questioni.
Voglio mettere in evidenza questi aspetti - essendo alessandrino quindi tra coloro che hanno lottato per far capire le ragioni del rapporto nuovo che deve esserci tra il Piemonte sud e Torino - affinché si possa dire che sono stati fatti significativi passi in avanti.
Se la Regione assumerà il disegno progettato con la consapevolezza del procedere senza fermarsi, guardando l'obiettivo più generale, possiamo dire di essere sulla strada che darà risposte positive alle domande.
Si è parlato di azienda speciale per il diritto allo studio, di un ente unico così com'è proposto nella legge e - lo ricordava anche il collega Peano - occorre valutare l'opportunità se, proprio nel quadro delle due Università (la seconda delle quali non è ancora libera e autonoma), non sia il caso di andare verso due enti che sovrintendano il diritto allo studio.
C'è da valutare se non sia il caso di lanciare un messaggio alla parte che perviene faticosamente alla seconda Università, insieme alle aree ad essa vicine, un messaggio di autonomia che è quello del riconoscimento di questo ruolo.
E un problema che noi socialisti abbiamo posto; non ne facciamo un dramma per le sue conclusioni e diciamo che c'è da valutare l'opportunità di rispondere, a tutti gli effetti, alla domanda di autonomia che, anche nell'Università, trova una delle leve del nostro sviluppo.



PRESIDENTE

Il dibattito sull'Università viene sospeso e riprenderà nella seduta del pomeriggio.
Comunico che la Commissione Nomine si riunisce immediatamente nella sala A.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.45)



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