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Dettaglio seduta n.8 del 25/09/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 25 e 26 luglio 1990, si intendono approvati.
Sono stati distribuiti i processi verbali delle adunanze consiliari del 18 settembre 1990 (antimeridiana e pomeridiana) e verranno posti in votazione nel corso della prossima seduta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale" comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Brizio e Fiumara.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

c) Dibattito in merito all'ordine pubblico


PRESIDENTE

Ho anticipato il punto relativo alle comunicazioni del Presidente del Consiglio perché credo sia all'attenzione di tutti i Consiglieri regionali e della Giunta stessa il gravissimo problema dell'ordine pubblico e della criminalità, presente purtroppo sempre più aspra ed esasperata nel nostro Paese.
In questi giorni abbiamo assistito ad un altro tragico momento di criminalità che ha tolto la vita ad un magistrato che si batteva per affrontare le trame oscure della mafia nel nostro Paese, nel sud in particolare.
Credo che il Consiglio regionale del Piemonte, che ha una storia alle spalle di grandissima sensibilità e attenzione rispetto a questi problemi drammatici di conduzione del Paese, debba fare una riflessione ulteriore.
Oggi si terrà una riunione dei Capigruppo, convocata alle ore 14, che riguarderà una questione specifica di gestione dell'attività del Consiglio inerente le Commissioni consiliari che devono essere insediate, ma dovrà anche essere l'eventuale sede di fissazione di una seduta già prevista per mercoledì alle ore 11,30, nella quale vorrei porre come primo punto all'o.d.g. il ruolo del Consiglio regionale in ordine a questa tematica.
Tematica nella quale dobbiamo prendere una posizione, abbiamo degli interlocutori in questa Regione che vanno dalla magistratura alle forze dell'ordine ai rappresentanti dello Stato. Credo che dobbiamo continuare ad interloquire con essi, eventualmente prendere un'iniziativa su questi temi che sono di straordinaria importanza e stanno assumendo dei toni di drammaticità che devono essere affrontati responsabilmente da un organo di governo e da un livello istituzionale importante come quello delle Regioni.
Quindi rimanderei logiche di approfondimento alla riunione dei Capigruppo.
Ho solo voluto anticipare l'argomento, perché i tempi ci chiedono una sensibilità e una presenza politica su queste questioni.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione n. 26 del Consigliere Maggiorotti inerente la legge n. 13/89 - Contributi cittadini disabili per l'eliminazione delle barriere architettoniche dalla propria abitazione


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 26 presentata dal Consigliere Maggiorotti.
Risponde l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

In riferimento alle richieste avanzate dal Consigliere Maggiorotti con l'interrogazione n. 26 si precisa che in seguito all'esame delle osservazioni scritte pervenute entro il 13 luglio 1990 da parte dei Sindaci dei Comuni, in merito all'errata classificazione delle domande di contributo, si è provveduto all'aggiornamento della graduatoria provvisoria dei richiedenti le provvidenze, allegata alla deliberazione della Giunta regionale n. 84-37487 del 30 aprile 1990.
Nella seduta del 17 settembre scorso la Giunta regionale ha approvato la deliberazione n. 49-524 (attualmente in attesa del visto di esecutività da parte del Commissario di Governo) avente per oggetto: "Ripartizione fondo speciale per l'eliminazione delle barriere architettoniche anno 1989 sulla legge n. 13/89. Approvazione della graduatoria definitiva dei richiedenti i contributi. Erogazione ai Comuni delle somme spettanti".
Con detta deliberazione sono state impartite alcune istruzioni alle Amministrazioni comunali al fine di permettere la concreta erogazione delle provvidenze ai richiedenti, conformemente alla graduatoria regionale. In particolare sono precisati i tempi e le modalità che i Sindaci dovranno seguire per l'erogazione del contributo.
Si evidenzia infine che, ai sensi della legge n. 13/89, artt. 10 e 11 gli interessati presentano le richieste di contributo ai Comuni, i quali dopo averle esaminate e ritenute ammissibili, le trasmettono alla Regione: sulla base delle domande presentate la Regione stabilisce il fabbisogno complessivo.
Gli interlocutori dei richiedenti sono pertanto i Comuni ai quali compete, dopo la presentazione delle fatture dei lavori eseguiti e quietanzati, l'erogazione dei contributi.
Ad avvenuta esecutività della deliberazione della Giunta regionale relativa alla ripartizione del fondo speciale per l'eliminazione delle barriere architettoniche anno 1989, la Regione darà comunicazione ai Comuni delle disponibilità finanziarie loro attribuite ed in quella sede Si provvederà a chiedere loro di informare dettagliatamente i beneficiari circa le procedure da seguire per entrare in possesso delle somme stanziate.
Questo Assessorato provvederà inoltre ad informare attraverso l'Ufficio Stampa della Regione dell'avvenuta messa a disposizione dei fondi ai Comuni.
Questa legge ritengo segni un significativo passo avanti per rendere il cittadino disabile più autonomo nel rapporto casa/mondo esterno ed auspico che venga rifinanziata e potenziata.
Mi permetto di suggerire al Presidente della Giunta regionale di farsi interprete di una volontà, che ritengo comune a tutte le forze politiche nell'inviare una sollecitazione ai parlamentari piemontesi perché usino la massima attenzione al problema e perché in sede parlamentare si adoperino affinché la legge venga rifinanziata in modo consistente e sia così possibile intervenire nelle situazioni di difficoltà dei singoli in maniera diffusa. Indubbiamente oggi le misure sono insufficienti. In questo senso sarà possibile, di concerto con l'Assessore regionale all'assistenza, dare la massima informazione ai cittadini in difficoltà anche attraverso le associazioni che li rappresentano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Ringrazio l'Assessore Carletto per la risposta data. Sono parzialmente soddisfatto per le sue dichiarazioni; debbo ribadire l'esigenza che ci si adoperi perché questa legge venga adeguatamente finanziata. Occorre segnalare il fatto che l'informazione rispetto al diritto a queste provvidenze non è mai stata sufficientemente diffusa, soprattutto da parte dei Comuni minori che non sono probabilmente in grado di attuare quel censimento, o la conoscenza dei problemi dei disabili quale sarebbe necessaria, e quindi anche comunicare agli aventi diritto la possibilità attraverso gli uffici comunali, di potere usufruire delle provvidenze di questa legge.
Egualmente devo affermare che soprattutto i Comuni più piccoli hanno serie difficoltà nel lavoro di interpretazione di questa legge e quindi nel trasmettere ai cittadini un'esatta indicazione sulle procedure da seguire per avere diritto a queste provvidenze. E' indispensabile che la Regione attui un più approfondito lavoro di informazione ed esplicazione ai Comuni su tale questione.
Associazioni di disabili mi facevano osservare come a seguito della delibera del 30 aprile 1990, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione a metà giugno, si fosse determinata una situazione per cui in realtà i cittadini disabili informati collateralmente, non dai Comuni dell'essere o meno all'interno delle graduatorie, si domandavano il perch fossero stati eventualmente esclusi. I Comuni non erano in grado di rispondere: alcuni Comuni non sapevano addirittura della esistenza di questa legge.
Pertanto ritengo che le procedure regionali vadano affinate e soprattutto si debba determinare una costante attività di informazione che porti i Comuni o gruppi di Comuni a gestire in maniera efficace le direttive regionali. Queste direttive regionali in realtà dovrebbero chiarire ai cittadini gli eventuali criteri di esclusione. I problemi più grossi che sono sorti dalla lettura di quelle graduatorie, in effetti derivavano dal fatto che non si conosceva e non si conosce in maniera capillare la natura dei criteri di immissione o di esclusione dalla graduatoria.
In conclusione ribadisco che la risposta dell'Assessore mi soddisfa parzialmente e che tuttavia occorrerà muoversi in maniera continuativa e sempre più approfondita nell'aggiornare gli amministratori comunali su questa questione e sostenerli nella attività di informazione diretta ai cittadini aventi diritto.


Argomento: Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 18 dei Consiglieri Vaglio, Farassino e Rabellino inerente l'inquinamento atmosferico dello stabilimento O/CAVA di Ferrere d'Asti interrogazione n. 22 del Consigliere Maggiorotti relativa alla costruzione dell'altoforno della ditta O/CAVA di Ferrere d'Asti interrogazione n. 44 del Consigliere Vaglio inerente il progetto di realizzazione di impianto discontinuo presso lo stabilimento O/CAVA di Ferrere d'Asti interrogazione n. 51 dei Consiglieri Segre e Staglianò inerente il progetto di costruzione dell'impianto a ciclo discontinuo per la produzione di ghisa presso la ditta O/CAVA di Ferrere d'Asti


PRESIDENTE

L'Assessore Garino risponderà congiuntamente alle interrogazioni nn.
18, 22, 44 e 51, tutte relative alla ditta O/CAVA di Ferrere d'Asti.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

In data 18/4/1990 l'impresa O/CAVA aveva presentato domanda di autorizzazione ai sensi dell'art. 6 del DPR n. 203/88 per l'installazione di un nuovo impianto per la fusione della ghisa presso lo stesso stabilimento. Tale domanda è rimasta in attesa di istruttoria a causa dell'elevatissimo numero (circa 10.000) di domande presentate per la maggior parte nei mesi di luglio e agosto 1989 dalle aziende piemontesi per tutta la varia casistica prevista dal DPR 203/88. Per di più è esistita una perdurante situazione di incertezza legislativa dovuta al ritardo nella emanazione dei parametri di riferimento da parte dello Stato. Le "linee guida per il contenimento delle emissioni inquinanti citate nel DPR 203/88 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale soltanto il 30/7 /1990.
Successivamente in data 25/6/90 l'impresa O/CAVA presenta un chiarimento ed integrazione alla precedente domanda di autorizzazione ex art. 6 rimasta inevasa, nel quale sostiene sulla base dei calcoli esplicitati nella relazione tecnica ad esso allegata, che l'installazione del forno cubilotto comporta una riduzione della quantità di polvere emessa per tonnellata di ghisa prodotta quantificabile nel 76% all'avviamento del cubilotto e all'85% al 31/7/91, data entro cui sarà sostituito l'impianto di abbattimento, a servizio del punto di emissione n. 27 (vecchi forni fusori elettrici, che con l'utilizzo del cubilotto non saranno più usati per fondere le materie prime, ma per mantenere la ghisa allo stato fuso).
Pertanto l'installazione del nuovo forno cubilotto doveva essere intesa come parte di progetto di adeguamento (art. 12 dello stesso DPR 203/88).
In data 27/6/1990 il Sindaco di Ferrere, sede dello stabilimento in oggetto, chiede all'Assessorato all'ambiente che venga "espresso parere in merito all'impianto progettato e se effettivamente va ricondotto all'art.
12 del DPR 203/88 come dichiarato dalla ditta medesima".
A tale nota l'allora Assessore risponde che "considerando che gli interventi proposti dall'impresa in oggetto concorrono ad una globale riduzione delle emissioni in atmosfera, si ritiene corretta l'interpretazione secondo cui tali interventi si configurano come progetto di adeguamento ai sensi dell'art. 12 del DPR 203/88". In sostanza si è considerato che l'ultima domanda della O/CAVA non necessitasse di autorizzazione esplicita in quanto ricadente in una procedura di silenzio assenso ai sensi dell'art. 13 dello stesso DPR Si fa presente comunque che sulla base del suddetto art. 13 la Regione autorizza in via provvisoria la continuazione delle emissioni ed i lavori di adeguamento. Ad un successivo riesame ci si è resi conto che la domanda della O /CA V A non poteva essere ricondotta all'art. 12 in quanto l'introduzione del nuovo forno a cubilotto comportando "variazioni qualitative" delle emissioni dell'impianto è da considerarsi una modifica sostanziale dell'impianto (art, 15) e come tale necessitante di una preventiva ed esplicita autorizzazione.
E' da notare che anche la prima domanda presentata dalla O/CAVA ai sensi dell'art. 6 non era corretta in quanto si doveva considerare anche la definizione di impianto di cui all'art. 2.9 del DPR 203/88 ed il punto 2 del DPCM 21/7/ 1989, dove per impianto si definisce l'insieme delle linee produttive finalizzate ad una specifica produzione. Di fatto l'impresa O/CAVA intende continuare a produrre ghisa utilizzando per la fusione delle materie prime un cubilotto anziché i forni elettrici. Quindi a modo di vedere dell'Assessorato la domanda deve essere ricondotta all'art. 15 del più volte citato DPR 203/88. In particolare, in relazione all'interrogazione n. 18 dei Consiglieri Vaglio, Farassino e Rabellino debbo dire che secondo il DPCM n. 377 al primo articolo, l'installazione dell'impianto in oggetto non è soggetta a pronunce di compatibilità ambientale di cui l'art. 6 della legge 349/86. Sempre per i Consiglieri Vaglio, Farassino e Rabellino, con l'emanazione del DPR 203/88 la Regione Piemonte non si avvale più del cosiddetto CRIAP. In relazione all'interrogazione n. 44 del Consigliere Roberto Vaglio debbo aggiungere che da quanto è noto non esiste un impianto di depurazione ad hoc per l'abbattimento dell'anidride solforosa, anche se si può ritenere che l'abbattitore ad umido sortisca comunque degli effetti positivi: l'anidride solforosa è solubile in acqua in piccole quantità. La valutazione portata nell'interrogazione (emissione di anidride solforosa maggiore di 1.500 mg per metro cubo) ha riscontro teorico e non verificato in pratica: dalla letteratura tecnica, almeno quella in possesso dei nostri uffici, si pu stabilire l'emissione di anidride solforosa da parte di un simile cubilotto in ISO mg per metro cubo. Di fatto nel CRIAP, neppure nelle linee guida statali di cui al Decreto ministeriale del 12/7/1990, hanno mai fissato limiti di emissioni per l'anidride solforosa derivante dai cubilotti; in particolare le "linee guida" prendono in esame la necessità di abbattimento dell'anidride solforosa a livello di 500 mg a metro cubo qualora il flusso di massa superi i 5 Kg/h.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Apprezzo il fatto che l'Assessore Garino sia venuto per un attimo dalla nostra per quanto riguarda la domanda presentata dall'O/CAVA, che effettivamente è da ricondursi all'art. 15. Direi che l'allarme, se pur non rientrato del tutto, sicuramente si riduce come entità. Tengo però a ribadire che la quantità di anidride solforosa, pur non rientrando in precisi limiti da parte della nostra attuale legislazione, è sicuramente visti i valori che ho citato e che credo siano perfettamente comprovabili molto elevata. Le 1500 parti per milione non sono poi così poche, anche rilevando che l'O/ CAVA utilizzerà dei quantitativi di coke decisamente più elevati rispetto a prima, perché la parte energetica principale non è più portata dall'energia elettrica che viene a riscaldare il forno, ma proprio dalla combustione di questo coke, se pure coke metallurgico con solo lo 0,7% di zolfo. E' comunque una elevatissima quantità di carbone di coke che viene a gassificare, e quindi a produrre quegli inquinanti, a cui facevamo riferimento nella nostra interrogazione. Il fatto che l'impresa dell'ing.
Cava tenda ad adeguarsi agli standard europei non può che farci piacere perché effettivamente per la produzione della ghisa sferoidale questo tipo di impianto è sicuramente più adeguato rispetto agli impianti precedentemente usati, fermo restando che i problemi di smaltimento di scoria permangono (fra l'altro in quantità leggermente superiore rispetto a prima). Su questo aspetto nessuno ha voluto fare dei rilievi, non l'avevamo fatto neppure noi in fase di interrogazione, ma ritengo che sia essenziale far presente in questo momento, che l'O/CAVA (presente in quella zona da parecchi anni) ha impiastrato con le sue scorie praticamente tutte le vallate da Valfenera fin quasi a Cisterna. Queste scorie di scarto vengono citate nel documento presentato dall'O/CAVA come un qualche cosa che poi deve essere avviato a discarica. Vorrei segnalare che discariche per questo tipo di scoria, seppure ce ne fossero nei dintorni, non dovrebbero più esserci. Questo è l'allarme maggiore segnalato dagli amministratori locali.
Per quanto riguarda la precisazione dell'Assessore Garino su questo punto restiamo in attesa di vedere come andrà a finire, perché a quanto ci risulta l'impianto è praticamente terminato ed è praticamente entrato in funzione a metà di questo mese. I tecnici dell'industria di Dusseldorf pare abbiano già addirittura collaudato l'impianto e che lo stesso stia per entrare in produzione. Ci auguriamo che la pratica venga ripresa, secondo la prassi dell'art. 15, e in seguito possano esserci dati chiarimenti in merito alla conclusione della pratica stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Il problema, a mio parere, andrebbe affrontato tenendo conto dell'impatto ambientale negativo complessivo che questo nuovo impianto, che occuperebbe circa altri 100 dipendenti che sarebbero tra l'altro in minima parte del posto, potrà determinare nel Comune di Ferrere di 1.200 abitanti.
Comune che aveva una vocazione prevalentemente agricola e che ora, dalle attività di questa ditta, trova stravolta questa vocazione. E' da venti anni che il paese viene degradato da un punto di vista paesistico e ambientalistico e ogni più nascosto angolo è diventato una discarica abusiva di terra nera. Tra l'altro le ditte incaricate dello smaltimento di circa 130 tonnellate giornaliere di terra nera usano il massimo di loro discrezionalità. Nello smaltire c'è il rischio inoltre di percolamento tradottosi in realtà dal fatto che è stato osservato un inquinamento di pozzi privati, n problema evidentemente non va posto semplicemente in termini di formale applicazione di norme, ma occorrerebbe tener conto del deterioramento in questo senso della qualità dell'ambiente, della qualità della vita complessiva della popolazione, nel fornire appunto autorizzazioni ad un ampliamento di produzione che come si è visto e per stessa ammissione dell'Assessore è da intendersi come nuova installazione.
Bisogna dire che questa azienda ha sempre tentato di influenzare il potere locale, ad esempio nelle amministrazioni locali, dipendenti o ex dipendenti. Ultimo caso, di un Assessore, che è progettista delle strutture e direttore dei lavori per il forno a carbone di tipo cubilato.
Occorre tener conto che l'effetto prodotto da questi forni può essere paragonato, per quanto riguarda le emissioni in atmosfera, all'impatto prodotto da un parco macchine di una città di circa 30 mila abitanti soltanto per i gas.
Questo impianto si viene ad elevare a meno di 20 metri dalla casa più vicina. E' stato deviato un torrente e sopra è stata realizzata una struttura ciclopica, e tutto ciò con il placet dell'Amministrazione comunale che, pur essendo consapevole della illegittimità di alcune costruzioni, ha chiuso gli occhi sino alla data del 3 luglio 1990, giorno in cui è stata firmata una autorizzazione edilizia di costruire in sanatoria con una multa di lire 2 milioni.
I dubbi e le contestazioni dei cittadini e dei gruppi che si erano opposti e si oppongono a questa costruzione aveva intimidito l'Amministrazione che solo dopo l'autorizzazione e il parere espresso dall'Assessorato regionale evidentemente si è sentita coperta e ha autorizzato questa costruzione approvandola in sanatoria. .
Mi dichiaro quindi insoddisfatto, ritenendo che questo tipo di risposta non possa soddisfare le esigenze, le perplessità e le opposizioni fermamente espresse dai cittadini di Ferrere e di tutta la zona.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Prendo atto anche a nome della collega Segre, cofirmataria dell'interrogazione, della parziale correzione di tiro che per bocca dell'Assessore Garino viene operato all'Assessorato competente, ma ritengo che nelle risposte date non ci sia sufficiente articolazione, quanto meno in merito ad alcune delle domande che rivolgevamo all'Assessore. Prima di richiamare queste domande specifiche, su cui quindi debbo dichiarare la nostra insoddisfazione, vorrei fare osservare all'intero Consiglio - e mi meraviglio che questo aspetto sia passato del tutto inosservato ai colleghi interpellanti che mi hanno preceduto - che in questa vicenda ci sono dei comportamenti da parte degli uffici dell'Assessorato che lasciano quanto meno perplessi, odissee burocratiche da un articolo all'altro (dal 12 al 15) che hanno implicazioni ben precise, come lo stesso Assessore ha dovuto sottolineare. Cose che ci fanno dire - Assessore - che siamo in presenza di esami quanto meno superficiali da parte delle documentazioni su argomenti così importanti per la salute dei cittadini e per la salvaguardia del territorio: esami superficiali forse di funzionari distratti, che fanno firmare agli Assessori, nella fattispecie Elettra Cernetti, lettere avventate laddove appunto si passa dall'art. 15 all'art. 12 per poi, per sua bocca, ritornare all'art. 15 che implica tutta una serie di procedure decisionali che non sono state sin qui rispettate.
Ho sentito il dovere, Assessore, lei me lo consentirà, di sottolineare questi aspetti. Ero sorpreso che il collega Vaglio e il collega Maggiorotti prima non avessero colto questo aspetto perché - ritengo - sia molto grave.
Mi auguro che la sua attenzione su questi aspetti, che non sono soltanto di procedura, ma diventano sostanza, sia da qui in avanti più accorta di quanto in questa vicenda, come su altre del passato, non si possa dire.
Detto ciò (la nostra insoddisfazione in merito alla sua risposta per alcune delle domande che avevamo posto e su cui non abbiamo ricevuto cenno), facevamo notare nella interrogazione che sarebbe opportuno condurre uno studio approfondito di tutte le tematiche connesse all'impianto: le tecnologie usate, l'impatto ambientale, i riscontri occupazionali, per sottoporre tutto ciò alle osservazioni delle popolazioni interessate prima di ogni decisione di merito. E questo è un metodo di governo che su un argomento quale questo del trattamento dei rifiuti, dell'impatto ambientale, delle produzioni, è irrinunciabile, se non si vogliono ripercorrere i fallimenti che nei cinque anni passati ci lasciamo alle spalle, per quanto riguarda la definizione, ad esempio, del Piano regionale di smaltimento controllato dei rifiuti. Non si può governare un problema di questo genere con le grida manzoniane e tanto meno, appunto, con esami superficiali, lettere avventate e funzionari distratti, di cui facevo cenno prima.
Allora, noi insistiamo, Assessore. Lei non ci ha risposto, però noi insistiamo su questa richiesta, perché l'impatto ambientale di questa cava ristrutturata è del tipo di quello che ha ricordato il collega Maggiorotti che ha ripreso quanto ha scritto "Obiettivo ambiente" della Pro Natura Piemonte. Un articolo pubblicato nel luglio di quest'anno, in cui appunto si denuncia come non ci troviamo di fronte a una piccola cosa. Ci troviamo di fronte ad un appesantimento del degrado, quando ci troviamo in presenza di una prima parziale bonifica ambientale non per volontà, come ricorda Pro Natura, degli Amministratori locali che sono un po' troppo sensibili alle ragioni dell'azienda, ma per iniziativa diretta dei cittadini. Noi ci troviamo di fronte ad un'azienda che peraltro non brilla per il rispetto delle norme antinfortunistiche, se è vero come è vero che non più tardi di qualche settimana fa un operaio ci ha rimesso le penne perché è caduto in un pozzo aperto incustodito di quattro metri di profondità. E allora ci pare che su questi aspetti rilevantissimi l'Assessorato voglia riconsiderare complessivamente l'argomento, che il riavvio delle procedure autorizzative ai sensi dell'art. 15 del citato DPR favorisca questi approfondimenti e anche avvii un rapporto diverso con le popolazioni locali e magari anche con gli Amministratori locali, visto che se si escludono gli Amministratori di Ferrere ed Asti tutti gli altri 11 Comuni interessati intorno alla O/CAVA hanno, come lei sa, avviato contestazioni anche davanti al TAR per impugnare queste decisioni. Mi fermo qui Assessore, augurandomi che lei voglia considerare con attenzione questi argomenti e quindi informare il Consiglio sugli sviluppi della vicenda. Da parte nostra, come ovvio, continueremo a seguire con attenzione l'intera materia, perché ne va della salute di migliaia di cittadini e della salvaguardia del nostro territorio.



PRESIDENTE

L'Assessore mi ha dato mandato di comunicare che risponderà per iscritto ai punti che sono stati ulteriore oggetto dello sviluppo della questione.


Argomento: Ricerca scientifica (Istituti regionali di studi e ricerche)

Interpellanza n. 6 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro e Marengo inerente la difficoltà in cui si trova la scuola di ottica "G. Ratti"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 6 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro e Marengo.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, illustro questa interpellanza relativa alla situazione della scuola ottica "G. Ratti" leggendo la lettera che ho ricevuto nel giugno di quest'anno da alcune decine di studenti della scuola ottica. Gli studenti ci scrivono "il corso di studio non ci fornisce una preparazione adeguata alla futura professione, né dal punto di vista teorico, né da quello pratico. Durante questo anno scolastico abbiamo esposto le nostre considerazioni all'Assessore Nerviani che ci ha promesso una maggiore dotazione di strumenti e l'adeguamento dei laboratori.
Rimaniamo in attesa che le promesse divengano realtà." Negli anni passati gli ottici neodiplomati, per adeguare le proprie conoscenze alle esigenze della professione, frequentavano il corso biennale di specializzazione in optometria organizzato dall'Associazione professionale di categoria. La Presidenza dell'Associazione da noi interpellata ci ha fatto sapere che seri ostacoli si oppongono alla continuazione dell'iniziativa. Il corso biennale di specializzazione in optometria in Piemonte trova difficoltà di ogni genere ed i contributi regionali sono irrisori. Unica alternativa rimane quella di frequentare corsi analoghi di specializzazione fuori dal Piemonte. Essi sono adeguatamente sovvenzionati dai rispettivi enti regionali, sono dotati di strumentazioni modernissime, offrono la possibilità di frequentare gratuitamente o con rette del tutto accessibili. Parliamo dei corsi di Milano, Firenze, Bari e Roma. Per chi lavora, tuttavia, doversi spostare quotidianamente in un'altra Regione per motivi di studio rappresenta spesso un ostacolo insormontabile. Il 1992 farà cadere le frontiere in tutta l'Europa comunitaria e noi ci troveremo di fronte agli ottici optometristi degli altri Paesi, abilitati con diplomi universitari o in istituti superiori. Se la scuola di specializzazione di Torino, pur valida tecnicamente, sarà costretta a chiudere, vi pare giusto che i neodiplomati piemontesi siano destinati ad essere ottici di serie B in quanto italiani e di serie C in quanto piemontesi? La lettera è improntata a grande serietà e preoccupazione. Mi sembra che desti grande preoccupazione in chi, come gli interpellanti (e spero anche come la Giunta), ritiene che il Piemonte debba essere in grado di dare una risposta alla richiesta di specializzazione in optometria. Ho voluto leggere questa lettera perché mi sembra che renda l'idea con quanta civiltà ancora ci si rivolga alle istituzioni pubbliche per chiedere, sperando di ricevere non delle parole, ma degli interventi concreti. E' quanto spero riuscirà a dire ora l'Assessore in risposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore alla formazione professionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa lettera richiamata dal collega è nota anche all'Assessore. In realtà mi era nota in qualità di Consigliere, essendo giunta nei giorni nei quali venivamo eletti. Allo studente, del quale non ricordo il nome, l'allora Consigliere regionale Cerchio rispondeva richiamando tutta l'attenzione. Quindi a maggior ragione, diventando Assessore con delega alla formazione professionale mi è grato aggiungere aspetti di carattere tecnico a dichiarazione che già in allora, in qualità di Consigliere, avevo replicato all'interessato.
Per evitare confusioni di interpretazione, avendo attivato un approccio a questa materia all'interno della materia più generale della formazione professionale, con passaggi ed anche aspetti giuridici particolari e complessi, ritengo sia necessario distinguere fra corso di formazione professionale per ottici e scuola di specializzazione in optometria. Pi precisamente. Il corso di formazione professionale per ottici rientra nell'ambito della formazione professionale regionale, pur operando al riguardo riserve di Stato, in quanto gli ottici sono figure attinenti al settore paramedico. Inoltre lo Stato ha conformato la formazione degli ottici in corrispondenti sezioni di istituti professionali di Stato con regolare programma e curriculum formativo ministeriale a cui ci si attiene anche per la formazione professionale regionale. In conformità a tali disposti ministeriali il corso è articolato su base triennale. In Piemonte esiste un unico corso per ottici ed è gestito dalla scuola per ottici "G.
Ratti" appoggiata presso l'Istituto professionale di Stato "Plana". La gestione della scuola è affidata al Preside del medesimo Istituto "Plana" sin da quando tale corso era gestito dal disciolto consorzio provinciale per la istruzione tecnica. Viceversa il corso di specializzazione per optometristi è biennale, post formazione professionale, gestito da un'associazione privata e non prevista dal nostro ordinamento giuridico.
Pertanto non atto a conferire la qualifica di optometrista.
Secondo rilievo. Relativamente all'adeguamento della formazione degli ottici piemontesi, a quella fornita nel rapporto comparato con altre realtà regionali (non solo in Italia, ma con il resto d'Europa) bisogna soprattutto tenere conto della riserva di Stato che ho menzionato prima, ad evitare di confondere il fiorire di iniziative private, variamente riconosciute dall'ente pubblico e variamente denominate da una reale formazione professionale regionale. Richiamo a questo proposito un problema che avrà una cascata, soprattutto nelle altre regioni che hanno attivato una serie di attenzioni e finanziamenti (Lombardia in particolare), non a caso 11 richiamo di quella lettera è abbastanza esplicito. Esiste una sentenza della Corte di Cassazione, sezione penale, relativa ad un giudizio pronunciato in seconda istanza a seguito di ricorso avverso sentenza pronunciata dal Pretore di Novara. Quindi, è immagina bi le che nei prossimi tempi esista una serie di interventi di carattere giuridico, a fronte di interventi che in altre Regioni sono stati autorizzati in dissonanza con la sentenza della Corte di Cassazione, sezione penale.
Al riguardo - proprio per ovviare una serie di problemi la cui complessità si legge già in questa risposta articolata - si stanno prendendo da parte dell'Assessorato regionale, opportuni accordi con il Provveditorato agli studi e con il Comune di Torino (che avrebbe così in carico la gestione della struttura) per la trasformazione della scuola "G.
Ratti" in Istituto professionale di Stato. Trasformazione che consentirebbe l'accesso degli studenti ad ulteriori gradi di istruzione scolastica.
Inoltre il Parlamento italiano non ha ancora preso in considerazione il progetto di legge per la trasformazione dell'Istituto professionale per ottici in Istituto tecnico. Pertanto la normativa vigente non prevede alcun diploma per ottici, né ulteriori specializzazioni.
Un terzo rilievo, in risposta al quesito di dotazioni di attrezzature ulteriori all'Istituto. Relativamente all'adeguamento delle attrezzature in data 25/1/1990, a seguito di un incontro con il Preside e l'allora Assessore competente, è stata inviata alla scuola un lettera in cui veniva tra l'altro, richiesto un piano finanziario da vagliare, anche per un eventuale adeguamento delle attrezzature. Tale piano è arrivato in data 21/6/1990 (quindi successivo a questa interrogazione) corredato da un preventivo di spesa di L. 85 milioni (al netto del costo di installazione e adeguamento impianti), preventivo che stiamo valutando proprio in questi mesi, e rapportato alla possibilità di soddisfacimento del bisogno, dando anche dei criteri di priorità e considerando inoltre l'imminente passaggio.
Cioè il Ministero della Pubblica Istruzione ha indicato nel mese di settembre/ottobre, il periodo per l'inoltro delle pratiche relative. Quindi in questi giorni potremo essere in grado, appena terminata l'istruttoria (che non è solo riferita a questo caso, ma a tutto un pacchetto di carattere regionale) di poter dare risposta in ordine all'adeguamento delle attrezzature al riguardo.
Sarà mia cura integrare nelle prossime settimane gli aspetti formali appena saranno assunti, al collega interrogante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, Assessore, sono parzialmente soddisfatto della risposta. Il problema, Assessore, rientra in queste coordinate. Allo stato attuale delle cose c'è un corso di formazione professionale che non è all'altezza delle richieste che la società fa in ordine alla specializzazione in optometria. Quindi da un lato c'è un settore pubblico carente e a fianco di questo ci sono strutture private, come questo corso biennale di specializzazione, che, ai fini della qualificazione professionale, forse funzionano un po' meglio, però non danno la garanzia di un riconoscimento pubblico, da parte dello Stato. E' una situazione drammatica, alla quale occorrerebbe dare una risposta; forse la risposta (ha ragione l'Assessore Cerchio) non è solo di carattere regionale, però la Regione può fare molto per dare una sistemazione a questo settore, affinch il corso di ottici optometristi diventi un istituto tecnico o un istituto professionale, un IPSIA. Altrimenti siamo ancora nella situazione in cui il pubblico non risponde ad una esigenza, il privato risponde alle richieste ma solo parzialmente perché il titolo non è riconosciuto.
Per questo sollecito l'Assessore affinché si attivi per dare una soluzione generale al problema. Nel frattempo questi allievi e quelli che verranno dopo cosa fanno? Si tratta di intervenire con dei finanziamenti che almeno parzialmente risolvano i problemi di laboratorio, come sono stati sollevati nell'interpellanza.
Il problema del finanziamento è abbastanza ridotto, mi sembra, in quanto il Preside ha fatto una richiesta di attrezzature per 85 milioni non mi sembra una cifra così esagerata. So delle difficoltà di bilancio e delle poche risorse disponibili da parte della Regione Piemonte. Il discorso delle risorse penso che ce lo ritroveremo ad ogni seduta di Consiglio. Le risorse sono poche, come utilizzarle? Credo che dobbiamo fare un discorso molto franco: 85 milioni per consentire al corso di formazione professionale per ottici di funzionare meglio, penso che si debbano trovare, Assessore Cerchio. A questo proposito cito una deliberazione che questa Giunta ha assunto poco tempo fa. Avete impegnato la somma di 15 milioni per far fare uno studio di presentazione grafica della nuova agenda, sulle tematiche ambientali che avete nuovamente deciso di stampare per gli insegnanti della scuola media inferiore, (forse, Assessore, si ricorda che di questa agenda ne avevamo parlato già l'anno scorso; una agenda che è stata consegnata verso la fine dell'anno, ad anno scolastico già iniziato, e quindi inutilizzabile a quel fine). Tale agenda è stata distribuita gratuitamente agli insegnanti con una spesa ingente, una spesa che, a mio giudizio, non corrispondeva al livello in cui si pone il discorso ambientale oggi. E' una spesa di propaganda. Quest'anno, oltre a decidere di ripetere questa esperienza inutile, addirittura se ne aggrava la spesa di 15 milioni per cambiare la veste grafica. Se devo confrontare questi impegni di spesa con l'impegno per attrezzare un laboratorio di ottica, mi sembra che il divario sia troppo grande. Non dico che non ci debbano essere anche iniziative promozionali sull'ambiente, ma se si vuole fare qualcosa sull'ambiente si faccia qualcosa di concreto, si stanzino delle risorse a favore di leggi per interventi concreti. Penso che non ci sia alcun dubbio che di fronte alla richiesta di questi ragazzi (85 milioni per le attrezzature di laboratorio) si debba rispondere positivamente.
Chiedo all'Assessore Cerchio di rispondere positivamente a questa richiesta.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE


Argomento: Formazione professionale

Interpellanza n. 34 dei Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio inerente la grave situazione del Laboratorio enologico di Alba


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 34 presentata dai Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio. Poiché gli interpellanti non intendono illustrarla, ha facoltà di rispondere l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Laboratorio analisi Mosti e Vini è stato costituito nell'anno 1982 su iniziativa specifica dell'ENAlP e con l'intervento strutturale della Regione Piemonte.
Questo laboratorio è stato costituito soprattutto per fornire agli allievi dei corsi di formazione professionale in agricoltura un servizio essenzialmente didattico.
Detto laboratorio è stato peraltro riconosciuto dalla Regione Piemonte opportunamente finanziato negli anni scorsi, soprattutto allo scopo di orientare e di stimolare gli allievi ai corsi di ricerca di sempre nuove tecniche di produzione, per migliorare la loro professionalità e per migliorare la capacità imprenditoriale.
Fino alla fine dell'anno 1985 i programmi regionali prevedevano, fra le altre tipologie, la tipologia denominata "Corsi progetto": iniziative formative, le cui preminenti caratteristiche di studio e di progettazione dovevano porre i lavoratori agricoli in condizione di operare in ordine a particolari esigenze produttive.
I compiti di studio in settori specifici e la divulgazione della sperimentazione fatta dagli istituti di ricerca a ciò preposti giustificavano in allora e negli anni successivi la istituzione e il funzionamento del laboratorio quale sussidio didattico a disposizione degli enti gestori dei corsi agricoli. Questo soprattutto per la verifica dell'applicabilità delle nuove tecniche di coltivazione e di produzione nelle zone coinvolte dall'attività formativa.
All'interno dell'ENAIP, fin dall'origine, ha funzionato un comitato di gestione del laboratorio quale organo tecnico e di indirizzo del laboratorio stesso. Comitato che presiedeva alla organizzazione del servizio ed era composto da tutti gli Enti gestori dei corsi agricoli e dai Centri di assistenza tecnica e contabile (i famosi CATA) con competenze fra le altre, della approvazione dei bilanci preventivi e consuntivi.
Dall'anno 1985, anno in cui è scaduta la convenzione triennale opportunamente stipulata con l'ENAIP, l'attività corsuale in agricoltura è stata man mano ridotta e i "corsi progetto" sono stati cancellati come tipologia corsuale, per cui anche il laboratorio ha cessato via via la funzione, o comunque inizialmente ha diminuito la funzione di supporto didattico all'attività formativa, orientandosi gradualmente a supporto dei Centri di assistenza tecnica. Anche i finanziamenti regionali conseguentemente sono stati ridotti, perché era ridotta e si era andata ad esaurire quella funzione di progetti di attività corsuale con l'esaurirsi dei corsi stessi.
Per rispondere a una parte della interpellanza, il laboratorio esiste ha una buona attrezzatura e lo stesso laboratorio ha continuato la sua opera fino a questi ultimi mesi, ma unicamente e solamente come supporto tecnico agli agricoltori singoli e privati che si rivolgevano ai tecnici per necessità di carattere strutturale e personale. Le motivazioni che hanno portato alla sospensione dei finanziamenti da parte dell'Assessorato regionale alla formazione professionale sono pertanto la sostanziale cessazione delle finalità per cui il laboratorio era stato inizialmente istituito, cioè l'attività formativa in agricoltura.
L'interpellanza chiede anche quali potrebbero essere i soggetti, le deleghe o i titolari di nuove possibilità di intervento all'interno di questo rapporto con il laboratorio. Devo dire che le competenze in merito potrebbero essere affidate ad altri Assessorati, a partire dall'Assessorato all'agricoltura e foreste, qualora si ritenesse opportuno utilizzare questo centro come supporto tecnico all'assistenza tecnica in agricoltura.
Per salvaguardare infine il laboratorio, le attrezzature e quant'altro viene giustamente richiamato nella interpellanza, potrebbe essere affidato in convenzione alle associazioni di produttori (Asprovit, e quant'altri esistono sul territorio regionale) per fornire un utile servizio agli utenti che desiderano un supporto disinteressato per le proprie attività e per le proprie aziende vitivinicole.
Credo che questa sia una risposta articolata ai quesiti posti nell'interpellanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, lo spirito della nostra interpellanza voleva proprio essere quello delle ultime considerazioni dell'Assessore Cerchio. Noi non vogliamo entrare nel merito di chi deve gestire il laboratorio, ma vogliamo entrare nello spirito che deve informare l'azione della Regione in supporto ad un miglioramento qualitativo del lavoro dei nostri vignaioli, soprattutto dei piccoli e medi vignaioli, perché i grandi hanno laboratori per conto proprio. Trovo che questo spirito sia stato ignorato dal fatto che questo laboratorio è chiuso. Capisco che rimane la struttura, rimangono gli spettrofotometri rimarrà .l'attrezzatura corrente di laboratorio. Quello che è venuto purtroppo a mancare è il tecnico che, a quanto mi risulta, se n'è andato, è passato ad altri lidi e diventerà estremamente difficile con "quello che passa il convento" riuscire a trovare un tecnico specializzato che possa gestire un laboratorio di quel tipo.
Detto questo, come possiamo concludere il ragionamento? Lo concludiamo dicendo che, chiuso il laboratorio, perso il tecnico e quel patrimonio di professionalità, ci ritroviamo in condizioni (anche trovando nuovi finanziamenti, anche girando all'agricoltura la struttura e 11 costo) di non avere un laboratorio efficiente per un lunghissimo periodo di tempo tempo che servirebbe ai nuovi tecnici per fare quel minimo di esperienza e rilanciare la potenzialità del laboratorio: laboratorio che, nonostante non abbia più lavorato per la formazione professionale degli agricoltori, ha comunque effettuato 7.000 analisi nell'anno passato. Non sono disprezzabili, anche se la potenzialità di laboratorio potrebbe essere decisamente superiore.
In ultimo ritengo che sia estremamente allarmante il tipo di mentalità che sta passando. Martedì scorso abbiamo speso circa otto ore per discutere della qualità altrui, nella fattispecie della qualità FIAT, però non spendiamo nemmeno cinque minuti né del nostro tempo né della nostra attenzione per quanto riguarda la qualità dell'Ente Regione. Abbiamo utilizzato dei termini roboanti per parlare di qualità: in questo caso abbiamo dato una dimostrazione lampante che quando si tratta di guardare in casa nostra non vediamo la famosa trave: abbiamo dato la dimostrazione che per l'Ente Regione la qualità è un concetto che sta molto bene quando lo si deve far applicare agli altri e, quando per quattro lire dobbiamo applicarlo in casa, non si riesce a trovare nemmeno quelle quattro lire.
Il supporto per il miglioramento tecnico qualitativo della produzione dei piccoli e medi contadini verrà a mancare con la chiusura di questo laboratorio per un tempo molto lungo.
Abbiamo voluto presentare questa interpellanza perché pensavamo che da parte della Giunta si dicesse: "La questione è estremamente importante, non è uno scherzo: un laboratorio è cultura, supporto e qualità: ce lo carichiamo noi e riparte il giorno tale". Queste cose non sono venute quindi la nostra insoddisfazione è totale.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Interrogazione n. 81 del Consigliere Sartoris inerente l'Istituto "Bosso" di Bussoleno


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 81 presentata dal Consigliere Sartoris.
Risponde l'Assessore Fulcheri.



FULCHERI Giuseppe, Assessore all'istruzione

Il Consigliere Sartoris interroga l'Assessore regionale all'istruzione per conoscere quali iniziative intenda assumere per permettere la realizzazione di un unico corso di studi quinquennale presso l'Istituto "Bosso" di Bussoleno per dare soddisfazione alle giuste richieste di genitori e studenti interessati, i quali debbono attualmente frequentare parte del corso di studi (l'ultimo biennio) a Torino sopportando non pochi disagi.
La situazione dell'Istituto "Bosso" di Bussoleno è la seguente: è una sezione staccata dell'Istituto "Bosso" di Torino con tre anni di corso che rilascia la qualifica di addetto alla segreteria d'azienda. Attualmente funzionano sei classi con un totale di 117 allievi frequentanti le prime tre classi. Per l'istituzione del biennio post-qualifica la richiesta di attivazione deve essere fatta dal Comune e dagli organi collegiali competenti al Ministero della Pubblica Istruzione per il tramite del Provveditorato agli Studi di Torino. L'unica competenza regionale in materia è l'espressione di un parere da parte del Consiglio regionale sulla base della richiesta dei competenti organi avallata dal Provveditorato agli Studi.
Per quanto riguarda la concessione dell'autonomia all'Istituto, di competenza del Ministero della Pubblica Istruzione, questa potrà aversi solo per quelle scuole che raggiungono un minimo di 25 classi, a norma della legge n. 417/89.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Anna

Conosciamo già parzialmente quanto l'Assessore ha detto. Abbiamo presentato l'interrogazione per porre l'accento su questioni che purtroppo si verificano molto spesso in Piemonte, specialmente in montagna o in luoghi difficili da raggiungere. Oltre a pagare gli studi i genitori devono sborsare altro denaro per la trasferta. Avevamo sollevato il caso specifico di Bussoleno proprio per vedere che cosa si potrebbe fare a livello regionale. Purtroppo si può fare poco, ne siamo dispiaciuti e speriamo che alcune situazioni vengano risolte. Solleciteremo l'Amministrazione di Bussoleno affinché provveda a chiedere le competenze che l'Assessore ci ha ricordato. Con questa interrogazione speriamo di aver smosso le acque affinché questi ragazzi abbiano giustamente collocata la scuola.


Argomento:

Interrogazione n. 13 del Consigliere Bosio inerente la localizzazione di una discarica per rifiuti in località Trebbia - Comuni di Mezzomerico e Marano Ticino


PRESIDENTE

L'Assessore Garino risponde ora all'interrogazione n. 13 presentata dal Consigliere Bosio.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

In merito al progetto di localizzazione di una discarica per rifiuti di Il categoria tipo B da situarsi in località Trebbia nei Comuni di Mezzomerico e Marano Ticino (NO), proposto dalla ditta MT Ambiente s.r.l.
si fa presente che la conferenza regionale ha espresso parere non favorevole con un conseguente provvedimento di diniego di autorizzazione alla ditta sopra citata.
Quanto all'esigenza richiamata dall'interpellante di un più consono comportamento alle valutazioni delle popolazioni interessate e delle loro rappresentanze istituzionali locali, si ricorda che alla conferenza abilitata all'esame dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e stoccaggio dei rifiuti urbani speciali nonché tossico-nocivi partecipano oltre ai responsabili degli uffici regionali competenti, anche i rappresentanti degli enti locali interessati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

La risposta dell'Assessore è corretta anche dal punto di vista formale perché la richiesta di insediamento di una discarica di tipo B nella località di Mezzomerico è stata respinta nelle sedi appropriate.
Il fatto è che è stata però respinta per difetti e vizi di forma.
Quello che, in via generale, nel prossimo futuro riterrei di dover sottolineare e sollecitare, è da un lato la capacità reale di approfondire sul serio tutti i dati tecnici scientifici che riguardano ipotesi di localizzazioni di discariche di questo tipo. Non richiamo documentazioni che l'Assessore ha già in mano, che ha già visto e che contengono giudizi molto precisi. In secondo luogo, facendo riferimento al decreto che in agosto è stato varato dal Governo per un programma di emergenza per i residui delle attività industriali, e facendo anche riferimento alla esigenza, al bisogno e all'urgenza che quel decreto pone nei confronti delle Regioni e delle Province a Statuto speciale, se così si può dire chiederei che si faccia un ripensamento sul modo con il quale in Piemonte si pensa di affrontare la questione dei rifiuti industriali tossici e nocivi. Non si è fatto un lavoro di studio e di identificazione di luoghi possibili, ma si è rovesciato il problema, indicando le forze in campo che possono affrontare dal punto di vista economico, commerciale e di interesse questo problema e si è lasciato alle aziende, alle industrie interessate allo smaltimento dei rifiuti di localizzare un luogo: quindi presentano la domanda e il progetto e la Regione ne valuta le compatibilità e così via.
Questo termine si sta rilevando a mio giudizio profondamente errato, anche perché le aziende che vogliono smaltire i rifiuti fanno una cosa semplice e ve la spiego: le aziende scelgono i luoghi dove c'è un buco, una cava e vi ospitano una discarica, li perché è molto semplice: c'è già il buco.
Però questa non può essere la logica. Il decreto del Governo di agosto chiama in causa direttamente le capacità, le possibilità e l'impegno delle Regioni a individuare i siti, con i parametri di sicurezza che si vogliono dare per discariche di questa natura.
Mi ritengo comunque soddisfatto della risposta data, almeno ai fini delle questioni formali.


Argomento:

Interrogazione n. 17 dei Consiglieri Bresso, Foco, Rivalta, Cavallera Rossa e Coppo inerente la licenza edilizia per gli impianti di essiccazione cereali concessa al Consorzio agrario di Sezzadio


PRESIDENTE

L'Assessore Garino risponde ancora all'interrogazione n. 17 presentata dai Consiglieri Bresso, Foco, Rivalta, Cavallera, Rossa e Coppo.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

Questa interrogazione urgente necessita della risposta di due Assessori, quello all'ambiente e quello all'urbanistica.
Come gli interroganti sanno, la questione in oggetto è più di carattere urbanistico che di carattere autorizzativo.
In merito all'impianto di essiccazione dei cereali da localizzarsi nel comune di Sezzadio (AL) comunico che i tecnici competenti dell'Assessorato all'ambiente, dopo attenta valutazione della qualità e della quantità di polveri che saranno emesse dall'essiccatoio, riscontrato che tali valori risultano ampiamente al di sotto dei limiti imposti dalla normativa in vigore, hanno ritenuto di dover concedere l'autorizzazione richiesta ai sensi della legge n. 203/88 sull'inquinamento atmosferico.
Questa è la parte che riguarda l'Assessorato all'ambiente.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Il Servizio di vigilanza urbanistica, con nota del 9/1/1990 a firma dell'Assessore Genovese, ha richiesto al Comune di Sezzadio notizie e documentazioni in ordine alla realizzazione di un impianto di essiccazione di cereali. Stante il mancato riscontro della nota regionale del 9/1/1990 il 9/2/1990 è stata effettuata una sollecitazione all'ufficio tecnico comunale e al Sindaco perché si rispondesse alla nota della Regione. A tutt'oggi non è pervenuta alcuna risposta da parte del Comune di Sezzadio.
Nei giorni scorsi ho disposto che il Servizio di vigilanza urbanistica mancando la risposta del Comune, vada in loco allo scopo di assumere tutte le informazioni sulla situazione relativa a quell'impianto e mi riferisca.
Ritengo che ciò possa avvenire nel giro di una settimana; pertanto mi riservo di informare il Consiglio e gli interroganti in ordine alla relazione che il Servizio farà la prossima settimana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

L'Assessore Garino ha comunicato che è stata data l'autorizzazione a questo impianto. Sono particolarmente stupita di questa sollecitudine perché mi risulta siano pendenti molte centinaia, se non migliaia, di pratiche relative alla legge 203; stupisce che proprio attorno ad una vicenda sulla quale la questione urbanistica strettamente collegata agli aspetti di inquinamento atmosferico non è ancora chiarita, si acceleri la procedura. E' ben vero che sullo stretto piano dell'inquinamento atmosferico non ci sono probabilmente motivi di preoccupazione particolare.
La preoccupazione in questo caso nasce dal fatto che l'impianto sarebbe collocato in prossimità di abitazioni e dal fatto che quell'impianto prevede forti movimentazioni di materiali che producono polveri e rumori legati ai processi di essiccazione. Mi pare importante la vicenda dal punto di vista urbanistico; segnalo all'Assessore che ha disposto la verifica che risulta che l'altezza dei silos previsti sia di circa 21 metri, a fronte di altezze massime previste dal piano regolatore di 10 metri, che non sono in genere raggiunte in piccoli paesi di questa dimensione. Mi risulta anche che, proprio in considerazione della anomalia di un progetto che se realizzato al di fuori del perimetro urbano non presenterebbe particolari problemi, perché si tratta di essiccatoi, ma che li presenta perché realizzato dentro la zona abitata, ci sia stato un interessamento di parlamentari della zona di diversi partiti per convincere il Consorzio agrario, che sembra oggi meno interessato al progetto, a spostare la localizzazione, probabilmente anche rinviando la realizzazione: sembra tra l'altro che ci siano difficoltà di ordine finanziario.
Quindi solleciterei l'Assessore a darci una risposta scritta eventualmente non appena avrà assunto una decisione, ma lo inviterei anche a non assumere la questione in modo burocratico, come purtroppo ha fatto l'Assessore Garino, e a intervenire eventualmente in questo processo di tipo informale. Come lei sa ci sono sommovimenti che da oltre un anno lottano contro questa realizzazione, ci sono perplessità forti da parte dell'Unità Sanitaria Locale, che non ha ancora rilasciato le autorizzazioni necessarie preoccupata del rumore e delle polveri che dentro l'abitato si verrebbero ad avere. Quindi, probabilmente è possibile trovare una soluzione che accontenti tutti, che consenta di realizzare l'impianto e contemporaneamente che non danneggi un'area che peraltro è sede di una abbazia di un certo valore.
Quindi, chiederei una risposta scritta e soprattutto un intervento non solo di tipo formale da parte dell'Assessore.



CARLETTO Mario, Assessore all'urbanistica

Ho disposto il sopralluogo proprio in questa chiave.


Argomento: Cave e torbiere

Interrogazione n. 91 dei Consiglieri Staglianò, Segre e Miglio inerente la coltivazione di una cava di sabbia e ghiaia ad opera della ditta SEMES s.r.l. di Castiglione in Comune di Gassino Torinese


PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore alle cave e torbiere

In risposta all'interrogazione urgente dei Consiglieri Staglianò. Segre e Miglio devo dire che la Regione in data 24/1/1989 con DGR n. 22-26325 procedeva al rinnovo dell'autorizzazione alla coltivazione di una cava di sabbia e ghiaia stia nei Comuni di Gassino e Castiglione Torinese esercitata dalla s.r.l. SEMES. Ai fini del recupero ambientale detta delibera prescriveva fra l'altro che "entro il 30/11/1989 dovranno essere eseguite tutte le opere di recupero ambientale sulle aree esaurite". A seguito della diffida pervenuta il 29/1/1990 all'Assessore all'ambiente cave e torbiere da parte del Consigliere Staglianò, i tecnici competenti della Regione unitamente ai tecnici dei Comuni di Gassino e Castiglione procedevano già il giorno 1/2/1990, cioè due giorni dopo, ad un primo sopralluogo di accertamento riscontrando un parziale riempimento con materiali inerti. Il rappresentante legale della SEMES rilevava che non era stato possibile dar corso ai lavori di coltivazione e di recupero per impossibilità di accedere ai fondi interessati a causa di occupazione abusiva. A seguito di questo sopralluogo il Presidente della Giunta regionale in data 16/2/1990 diffidava la ditta SEMES ad uniformarsi alle prescrizioni relative al recupero ambientale della cava in oggetto, come prescritto dal DGR n. 22-26325.
Nel frattempo in data 5/3/1990 il Sindaco di Gassino, dopo aver effettuato un sopralluogo personale in cui constatava che la ditta SEMES stava effettuando depositi di terreno vegetale da coltivo in una non meglio identificata area "probabilmente esterna a quella di cava", inviava una comunicazione alla Presidenza della Giunta regionale e agli Assessorati competenti in cui si chiedeva una verifica delle opere in corso. In data 22/3/1990 funzionari dell'Assessorato ambiente - Servizio cave hanno effettuato, insieme ai tecnici comunali di Castiglione Torinese e Gassino un ulteriore sopralluogo della cava in questione: dal verbale di accertamento ivi redatto non risulta che si fossero riscontrate coltivazioni di cava abusive e non autorizzate: invece tale sopralluogo accertava l'avvenuta esecuzione nelle aree scavate di tutte le opere di recupero ambientale previsto dall'allegato A del DGR 22-26325: il verbale di accertamento risulta corredato di dieci fotografie dell'area in oggetto.
In merito alla richiesta dei Consiglieri interroganti sugli eventuali sopralluoghi in cava antecedentemente al DGR n. 22-26325 del 24/ 1/1989, si osserva che periodici sopralluoghi, volti ad accertare l'esistenza delle condizioni previste dalla legge 69/78 per poter autorizzare la prosecuzione della coltivazione, si sono sempre svolti. In particolare il sopralluogo del 21/12/1988 accertava che erano stati eseguiti i previsti lavori di riprofilatura delle scarpate di tutti gli scavi eseguiti sia dopo l'entrata in vigore della legge 69/78 che prima, con successivo riporto di terreno agrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ringrazio l'Assessore, anche per aver voluto rispondere oralmente mentre noi avevamo richiesto risposta scritta; chiederò naturalmente copia per poter analizzare più in dettaglio i passaggi non soltanto burocratici della sua risposta.
E' una vicenda molto controversa, che personalmente mi tocca seguire ormai da cinque anni, con interessamenti dell'autorità giudiziaria che ha tuttora in corso degli approfondimenti. L'Assessore ha fatto riferimento a fotografie, a sopralluoghi fatti dai funzionari e a materiale fotografico allegato. Si dà il caso che anch'io sono in possesso di materiale fotografico e, se ho interpretato bene, le cose che ha detto l'Assessore non corrispondono alla precisione. L'Assessore a un certo punto della sua risposta dice che già nel novembre di due anni fa sarebbero stati operati in seguito ad un'ulteriore diffida e ad interrogazione del sottoscritto dei sopralluoghi. Tutto era in ordine, stando a quanto affermano i funzionari. Ora cito dal giornale locale "La nuova periferia" di Chivasso la dichiarazione dell'ex Sindaco Nicola Pasquero, il quale anch'egli nell'ottobre 86, diffidava la SEMES e gli organi di controllo competenti dall'effettuare il ripristino del risanamento, della situazione preesistente, senza ottenere risultati apprezzabili.
Il Sindaco Nicola Pasquero - la prego, Assessore, di appuntarsi magari anche questo diceva testualmente: "La ditta SEMES, dopo essere stata nuovamente autorizzata allo sfruttamento della cava dal 24 gennaio dello scorso anno, da parte della Giunta regionale, fa osservare come la stessa autorizzazione imponeva però l'esecuzione delle opere di recupero ambientale entro e non oltre il 30 novembre 1989..." - e qui i passaggi burocratici corrispondono - e conclude: "...A tutt'oggi però nulla è stato fatto e chi ne fa le spese è il già tanto vituperato fiume Po".
Non vado oltre e potrei infarcire questa mia replica di molte altre citazioni perché il dossier è abbastanza voluminoso. Le segnalo semplicemente questo per dire che probabilmente occorre un sopralluogo alla SEMES e vorrei invitare l'Assessore a farlo tutti insieme. Personalmente ci sono stato e, in una circostanza, avevo invitato anche le troupe televisive a venire insieme al sottoscritto per documentare. Qualcuna raccolse l'invito e qualche migliaio di telespettatori vide quello che gli occhi di tutti quanti noi possono vedere, e cioè che le opere di ripristino del territorio sono tutt'altro che realizzate. Quindi, mi permetto, in chiusa di invitarla, 11 giorno in cui lei lo riterrà, di andare a farci un giro intanto, chi lo sa, dall'ultima volta che ci sono andato, le cose potrebbero essere migliorate: comunque può essere una esperienza interessante perché la vicenda delle cave lungo il fiume Po è davvero molto spessa per gli interessi economici che si addensano oltre che per i dissesti ambientali che si portano appresso.
Chiedo all'Assessore di darmi copia della risposta e mi auguro che accolga l'invito e che si possa andare quanto prima sul posto, magari invitando giornalisti e cineoperatori.



GARINO Marcello, Assessore alle cave e torbiere

Accetto l'invito.


Argomento:

Interpellanza n. 15 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro, Bosio, Monticelli Rivalta, Bresso, Coppo e Bortolin inerente lo sviluppo del sistema ferroviario


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 15 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Calligaro, Bosio, Monticelli, Rivalta, Bresso, Coppo e Bortolin.
La parola all'interpellante, Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho presentato insieme ad un folto numero di compagni del Gruppo comunista questa interpellanza perch il problema è di notevole importanza. Oggi anche il quotidiano cittadino riprende il tema dell'alta velocità. Ricordo che la Giunta uscente, il 3 luglio di quest'anno, aveva preso una decisione di grande importanza, senza che di questo fatto si sia mai potuto discutere in Consiglio regionale. Mi riferisco alla deliberazione di adesione al comitato promotore alta velocità Trieste-Torino-Lione.
Dell'alta velocità se n'è parlato nella scorsa tornata amministrativa.
A nome del Gruppo comunista, ho sostenuto che anche l'alta velocità fa parte del futuro del sistema ferroviario. Ma parlare soltanto di alta velocità, senza inserire questo obiettivo in una riqualificazione generale del sistema ferroviario, rischia di diventare una pura perorazione oppure un modo per stornare rilevantissime risorse a favore di un settore i cui benefici non ricadrebbero sull'intera collettività. In altre parole, una Regione che si occupi solo di giganteschi investimenti ferroviari, senza pensare al riordino, ad esempio, del sistema regionale delle ferrovie, è una Regione che non mi pare faccia bene il proprio compito. Su questo problema bisognerà ritornare in modo più ampio.
Nello specifico della interpellanza, ci interesserebbe sapere intanto come sia composto questo comitato promotore dell'alta velocità, non solo a livello della distribuzione delle cariche (ci sono sei, rappresentanti degli enti pubblici, c'è una segreteria tecnica formata da quattro persone espresse dagli enti), ma anche su cosa stiano facendo i componenti di questo comitato. Rimane un po' difficile pensare che il sen. Agnelli o il Sindaco Zanone o il Presidente Brizio, in quanto persone fisiche, stiano lavorando a qualche progetto. Eppure di progetti si parla. Rimane anche difficile pensare che i quattro rappresentanti dell'Assessorato ai trasporti del Comune e della Regione siano i soli che lavorano.
Noi vorremmo intanto discutere democraticamente la nascita di questo comitato per l'alta velocità, vogliamo discuterne in Consiglio, sapere che cosa ha fatto e che cosa sta facendo, quali progetti prepari, vorremmo se è possibile discuterne in quest'aula e anche con le popolazioni interessate.
Quindi c'è una questione di informazione immediata e una questione di indirizzo del lavoro futuro del comitato che non ci sembra possa agire al di fuori delle istituzioni.
Seconda questione. C'è stato un incontro tra il comitato promotore ed il Ministro Bernini, nel mese di luglio, incontro che si è svolto subito prima della riunione informale dei Ministri dei Trasporti. In quella riunione, "La Stampa" dà conto che il sen. Umberto Agnelli ha espresso al Ministro Bernini la preoccupazione che a fronte di un piano decennale di sviluppo delle Ferrovie, che prevede investimenti per 9 mila miliardi sull'alta velocità, fosse in effetti previsto nel prossimo piano triennale un investimento di soli 50 miliardi, un duecentesimo. Il sen. Umberto Agnelli riportano le notizie di stampa - a nome del comitato promotore ha espresso grave preoccupazione al Ministro Bernini. In effetti sembra squilibrata l'affermazione di voler investire 9 mila miliardi in 10 anni quando poi nei primi tre se ne investono solo 50, il che vuol dire che negli altri 6 bisogna investirne molte migliaia. Alla fine di quell'incontro - leggiamo sui giornali - il sen. Umberto Agnelli si è dichiarato soddisfatto.
Cosa ha detto il Ministro Bernini al sen. Umberto Agnelli? Ha promesso delle risorse più adeguate? Ha dato delle garanzie? E' quello che vorremmo sapere.
Vorremmo anche sapere chi ha partecipato per conto della Regione Piemonte a quella riunione. Spero e penso che l'allora Presidente Beltrami vi abbia partecipato. In tal caso potrebbe direi qualcosa di questo fatto.
Perché non possiamo nemmeno accettare che dell'alta velocità si faccia una bandiera da sventolare e basta. Vogliamo sapere se il Governo ha intenzione, e in che termini, di finanziare un progetto per l'alta velocità in Italia. Lo squilibrio tra i 50 miliardi nel triennio e i 9.000 del piano decennale è troppo grande per essere accettato.
In terzo luogo, questo comitato promotore è una struttura in cui pubblico e privato si incontrano per cooperare. E' una di quelle strutture sulle quali penso si debba avere la massima informazione e controllo.
Interessa ad esempio sapere cosa sta progettando il comitato, chi paga i progetti, chi li controlla. La cooperazione pubblico-privato ha un senso se il ruolo che svolge l'ente pubblico all'interno del comitato è conosciuto discusso e democraticamente e deciso. Non ci deve essere una soggiacenza dell'ente pubblico all'interno del comitato. Il sen. Umberto Agnelli dice che i privati sono pronti ad intervenire nell'alta velocità (solo come gestione o anche come finanziamento?) a patto che ci siano "adeguati" ritorni economici.
Sappiamo che sul significato di questo "adeguato" si qualificano le scelte politiche. Quello che ritiene "adeguato" l'investitore privato pu non essere ritenuto "adeguato" per l'ente pubblico. E' un complesso di problemi sui quali occorre dare una risposta.
Questa interpellanza è il segnale della volontà da parte del Gruppo comunista di riprendere in quest'aula questo tema che rappresenta uno degli elementi fondanti di una politica regionale nel sistema dei trasporti.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Panella.



PANELLA Luciano, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non credo di poter essere esauriente come vorrei, perché non sono in grado di rispondere su cosa si sono detti il Ministro Bernini ed il sen. Agnelli, non essendo stato presente. Non so neanche se hanno colloquiato ufficialmente o privatamente.
Posso rispondere per quanto riguarda i dati in mio possesso. La composizione del comitato per l'alta velocità è per il 50% di parte pubblica e per il resto di parte privata. Per la parte pubblica sono presenti il Presidente della Regione, l'Assessore ai trasporti ed il Sindaco di Torino. Esiste quindi un equilibrio tra parte pubblica e privata. Essendo il comitato puramente piemontese, esso si riserva in un futuro prossimo di estendere la sua azione ad altre regioni, la Lombardia ed il Veneto che non sono presenti, in quanto la linea Lione-Torino prosegue per Milano e Trieste. Anche in questo caso l'ipotesi è di una composizione paritaria tra pubblico e privato. Nel frattempo questo comitato, che è politico-tecnico, perché vi è parallelamente una presenza di tecnici, si è prefisso il compito di fare uno studio a breve sulla velocizzazione della linea Torino-Lione, affidandolo ad una società privata di cui non ricordo il nome, che dovrebbe dare i primi risultati entro la fine dell'anno.
Il primo problema quindi è quello di dare una risposta alla velocizzazione che riguarda i tempi brevi, cioè sull'adattamento del TGV e del "pendolino" su questa linea che ha notevoli problemi tecnici soprattutto per quanto riguarda la tensione elettrica ed il ritorno in cabina della stessa, per la differenza tra le reti italiane e quelle francesi.
Questo è il programma a breve termine. Il programma a lungo termine invece, quello proprio dell'alta velocità, non è ancora stato preso in considerazione in quanto è tuttora a livello di discussione politica. Entro la fine dell'anno dovrebbe esserci la presentazione di alcune soluzioni tecniche, un progetto di massima per la velocizzazione.
Per quanto riguarda la questione inerente all'incontro con il Ministro Bernini, leggo quanto risulta all'Assessorato: "In occasione della riunione informale dei Ministri dei trasporti della CEE, tenutasi a Torino il 12 luglio scorso, il Ministro Bernini ha incontrato i membri del comitato presenti anche i rappresentanti delle Regioni Lombardia, Friuli-Venezia Giulia. Nell'occasione, oltre ad informare il Ministro sulle finalità e sulle iniziative del comitato, si è ribadita la necessità di accelerare le decisioni già assunte sulla realizzazione di tale linea ferroviaria. Il Ministro Bernini ha confermato la scelta definitiva sulla realizzazione di tale linea, presente peraltro nel piano delle ferrovie dello stato e nella rete CEE ad alta velocità. Ha ribadito che al più presto sarà necessario iniziare la stesura dei progetti ed ha esortato il comitato a continuare nella azione intrapresa".
Al riguardo, in un convegno tenuto ieri sulla Malpensa a Milano, il Commissario CEE, nel corso del suo intervento, ha riconfermato questa necessità e ci ha incitati a proseguire sulla strada dell'alta velocità nella direttrice Lione-Trieste.
Questo è ciò che mi risulta in questo momento. Sono d'accordo con il collega che la questione è degna di un approfondimento non soltanto relativo all'alta velocità Lione-Trieste, ma relativo anche alla grande problematica nord-sud (Sempione) e più in generale sulla rete ferroviaria del Piemonte. Sono d'accordo che non bisogna soffermarsi solo sui grossi progetti, ma che occorre considerare anche le problematiche che riguardano le reti minori nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, mi dichiaro assolutamente insoddisfatto della risposta data dall'Assessore. Sono però anche un po' mortificato.
Capisco che la Giunta è di nuovo insediamento e, che un primo periodo di rodaggio è ammesso per tutti. Il Gruppo comunista non governa in questa Regione ormai da oltre cinque anni, ma legge i giornali, e leggendoli assume alcune informazioni. Ora che l'Assessore regionale, sia pure insediato da poco (per questo non spingerò la polemica oltre un certo limite), risponda in Consiglio di non saper nulla è mortificante. Ci sarà pur stato il passaggio di competenze dal Presidente e dagli Assessori uscenti al Presidente e agli Assessori che sono subentrati. Non è così che si inizia. Si leggano le notizie stampa e si cerchi di dare le risposte che i Consiglieri di opposizione chiedono. Dico questo, vista la fase di avvio senza forzare oltre limite la polemica.
Leggo dai giornali che al comitato per l'alta velocità hanno aderito altre Regioni. Anche su questo punto bisognerebbe avere delle informazioni sulle prospettive di lavoro con le altre Regioni. Si è risposto che per adesso il comitato promotore fa uno studio sulla velocizzazione e che lo studio è stato affidato a una società di cui non si conosce il nome. Noi vogliamo conoscere il nome. Vogliamo sapere da questo comitato di quali strutture tecniche si avvale, e lo chiediamo all'Assessore competente il quale deve rispondere a queste domande.
Vogliamo costruire questo rapporto pubblico-privato su condizioni di pari dignità e di conoscenza. L'adesione a questo comitato comporta degli oneri per la Regione Piemonte, o no? Le questioni economiche vanno discusse. Discutiamo alla pari, facciamo anche conto di impegnare delle risorse nostre, ma in cambio di una gestione democratica del comitato per l'alta velocità. Teniamo anche presente che non è vero, stando alle notizie giornalistiche, che il comitato faccia solo questo, perché è risaputo che tra i progetti in corso c'è quello per una nuova linea ferroviaria attraverso la Valle di Susa con un tunnel di 50 km verso Lione.
Allora, bisognerà discuterne. Quindi chiedo all'Assessore che presenti in Commissione, a breve termine, una relazione esauriente e trasparente su quanto sta facendo il comitato, sui progetti che ha avviato e per conto di chi. Mi sembra che ci sia un divario fortissimo tra quello che si dice in quest'aula e quello che si legge sui giornali. Stando a quanto si legge sui giornali, è in corso di fattibilità non il progetto sulla velocizzazione ma il progetto sulla costruzione di una nuova struttura. E' inammissibile che di queste cose non si parli in Consiglio regionale e non se ne discuta con la popolazione della Valle di Susa.
Quindi chiedo formalmente all'Assessore di concordare con la Presidenza del Consiglio, che nella prima riunione della Commissione competente venga resa una relazione esauriente e dettagliata. L'Assessore assuma tutte le informazioni, comprese quelle dalla Giunta precedente, affinché si possa affrontare il tema dello sviluppo del sistema ferroviario, entro il quale va visto il sistema dell'alta velocità, esaminando tutti i problemi sul tappeto. Parlare di alta velocità a Torino, senza risolvere il nodo del quadruplicamento ferroviario, lascia il tempo che trova. Da anni ormai il quadruplicamento ferroviario è fermo anche per l'indifferenza della Regione Piemonte e per i cambiamenti di opinione sul progetto da parte del Comune di Torino. Anche di questo si deve parlare.
Chiediamo che l'Assessore, per conto della Regione Piemonte, assuma un ruolo autorevole.



PRESIDENTE

Le interrogazioni e le interpellanze sono così discusse.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori. Richiesta di discussione in merito al problema dell'AIDS


PRESIDENTE

Il Consigliere Cucco chiede la parola. Ne ha facoltà.



CUCCO Vincenzo

Per la seconda volta il Consiglio regionale rinvia l'esame deliberazione della Giunta regionale in merito all'applicazione della legge sull'AIDS. Non è di mia competenza perché non faccio parte della maggioranza, ma questa deliberazione deve essere approvata da parte del Consiglio regionale per cui sollecito la Giunta regionale a garantire la presenza dell'Assessore competente la prossima volta.
In più mi permetto di ricordare che il Presidente della Giunta aveva garantito, in sede di Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, una risposta da parte dell'Assessore regionale competente sulla questione inerente all'AIDS nelle carceri. Ieri una persona è morta di overdose nel repartino dove sono ricoverate le persone malate di AIDS.
E' una notizia terribile che, secondo me, distrugge quei castelli in aria e quelle ipocrisie che si dicono sulla situazione carceraria. Questa mattina doveva necessariamente essere presente l'Assessore anche per sentire notizie su questo fatto. Alla prossima riunione del Consiglio regionale l'Assessore competente dovrebbe rispondere non soltanto alle interrogazioni giacenti su fatti inerenti all'AIDS nel carcere, ma anche su questo ultimo fatto.
Nella Conferenza dei Presidenti ho chiesto che il Presidente della Giunta regionale, il Presidente del Consiglio e una delegazione del Consiglio visitino le carceri.
Mi è stato risposto che è norma organizzare una visita nelle carceri: credo che adesso sia il momento migliore, perché è successo un fatto grave cui sollecito ulteriormente questa visita e chiedo che venga fatta in questo momento.



PRESIDENTE

Consigliere Cucco, sulla discussione del punto relativo alla proposta di deliberazione n. 41, essendomi consultata brevemente, la Giunta si riserva anche perché questo provvedimento è in scadenza. Sull'altra questione molto grave relativa alla presenza nel carcere di persone con questo tipo di problemi, devo dire che ho parlato recentemente con il Presidente della Giunta Brizio, il quale mi ha ribadito la sua disponibilità ad un sopralluogo a tempi brevissimi. Domani mattina fisser con il Presidente questo sopralluogo, perché non soltanto questa morte, ma tutto il problema, impone una conoscenza diretta dei problemi dell'assistenza all'interno del carcere e delle condizioni in generale di questo tipo di malati.
Devo ricordare che in una riunione di Capigruppo ci eravamo impegnati per una delegazione più allargata. Credo che già oggi potremo calendarizzare una disponibilità più ampia.
La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sulla questione sollevata dal Consigliere Cucco chiedo al Vicepresidente della Giunta, poiché il Presidente è assente, un impegno formale da parte della Giunta regionale a garantire la presenza dell'Assessore alla sanità alle riunioni del Consiglio regionale in tutte le occasioni in cui si discutono problematiche che sono individuabili come emergenza: quella dell'AIDS in carcere non pu non essere individuata come emergenza. Noi troviamo che sia irresponsabile da parte dell'Assessore, e quindi da parte di tutta la Giunta, non essere presente in questa seduta quando si sapeva da tempo che si sarebbe dovuto ratificare una proposta di deliberazione, che tra l'altro veniamo a sapere essere oggi in scadenza. Quindi, ci domandiamo chi esporrà questa deliberazione, chi risponderà alle probabili obiezioni e alle eventuali richieste di chiarimenti. E' a dir poco irresponsabile l'assenteismo di un Assessore che già nella passata seduta non si era fatto vedere. Chiediamo pertanto un impegno formale della maggioranza a garantire una costante presenza rispetto a una problematica che - non dimentichiamolo - è tra quelle fondamentali delegate alle Regioni, non fosse altro per le migliaia di miliardi che vengono assegnati per la gestione della traballante sanità.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Vorrei chiedere al Consigliere Maggiorotti di ritirare questa accusa di assenteismo perché sappiamo benissimo il motivo per cui l'Assessore Maccari e il Presidente Brizio sono a Roma questa mattina. Noi avevamo calendarizzato i nostri lavori pensando che la Conferenza Stato-Regioni avvenisse giovedì, invece succede che adesso questa riunione venga tenuta il martedì e probabilmente ci sarà un seguito anche domani. Il motivo fondamentale è quello che ha originato l'ordine del giorno presentato l'altra settimana e cioè la difesa dei 900 (e forse più) miliardi che verrebbero attribuiti al nostro bilancio. Si è costituito un gruppo del quale fa parte anche la Regione Piemonte: il Presidente Brizio e l'Assessore Maccari sono oggi a Roma per difendere il bilancio della Regione Piemonte e le nostre possibilità di sopravvivenza. Quindi, chiedo al collega Maggiorotti di considerare questo aspetto.
Per quanto riguarda, in particolare, la deliberazione sull'AIDS è probabile che oggi di questa deliberazione si debba discutere. Ho fatto altresì verificare se è possibile che l'Assessore Maccari rientri in giornata visto che la riunione doveva svolgersi questa mattina, di modo che questo argomento all'o.d.g. potrebbe eventualmente essere spostato nel prosieguo dei lavori, verso le ore 16 o 17, non appena giungerà in aereo da Roma l'Assessore Maccari.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Chiedo scusa al Presidente e ai colleghi, ma ho l'impressione di dover intervenire ad evitare che, a conclusione dell'interpellanza del collega Chiezzi, la vicenda del TGV venga trasferita automaticamente in Commissione. Non vorrei che, essendo stato così detto in questa sede e non essendo stata sollevata alcuna obiezione, l'Assessore ritenesse che la strada obbligata per affrontare questo problema sia conseguentemente quella della Commissione. Ritengo che di regola le comunicazioni, in particolare queste, debbano essere rese al Consiglio quando sia matura la materia e la Giunta lo ritenga opportuno. Quella della Commissione è una strada, per certi versi, più particolare e specifica. Nel caso di specie, personalmente ritengo che la comunicazione debba essere data in aula. Chiedo ancora scusa al Presidente e al collega Assessore, ma non volevo che, considerata anche la poca esperienza del collega Assessore, si fosse interpretata la conclusione di questo nostro incontro come una consequenzialità vincolata a un riferimento in Commissione, lo ritengo che la sede debba essere l'aula ma su questo valuti autonomamente la Giunta d'intesa con la Presidenza della Commissione.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Marchini. Sarà cura della Presidenza essere attenta al problema posto perché l'argomento inerente al TGV è di straordinaria importanza, non solo per la zona, ma per tutto il Piemonte.
Staremo quindi attenti alla gestione procedurale, che diventa di sostanza in questo argomento.


Argomento: Valutazione impatto ambientale - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame ordine del giorno n. 15 presentato dai Consiglieri Bresso, Tapparo Segre, Marchini, Miglio, Ferrara, Marengo, Calligaro e Staglianò inerente l'Amiantifera di Balangero


PRESIDENTE

In merito all'ordine del giorno n. 15, di cui al punto 4) all'o.d.g.
la Giunta regionale, nelle persone degli Assessori Cerchio e Garino, ha chiesto di poter fare una comunicazione preventiva al Consiglio per fornire un aggiornamento della situazione. Se il Consiglio acconsente, do la parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le problematiche inerenti alla vicenda della Società Amiantifera di Balangero sono giunte ad una possibilità di soluzione attraverso la revoca della concessione ai vecchi concessionari e l'affidamento della concessione stessa a nuova società. Per la verità il Consiglio regionale ha affrontato, nelle settimane successive al suo insediamento, questo problema durante la seduta del 26 luglio e nel corso di una successiva riunione già programmata e convocata dall'Assessorato regionale al lavoro alla quale hanno partecipato i Gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione, la Presidenza della Giunta e del Consiglio, alcuni Assessori direttamente coinvolti, gli Enti locali, la Comunità montana, l'USSL. il Corpo minerario dello Stato, le Organizzazioni sindacali, il Consiglio di fabbrica e altri soggetti a vario titolo.
Il Corpo Minerario dello Stato ha seguito questa difficile e complessa questione in un percorso immaginabilmente in salita e attraverso un rapporto non burocratico. Questo argomento nei tre anni passati era diventato una costante per chi vi parla. Non si trattava semplicemente di una vertenza sul piano occupazionale e sul piano ambientale perché in questo caso vi era una sinergia di interessi, di comportamenti e di atteggiamenti conseguenti da parte dei Ministeri del Lavoro, dell'Industria e dell'Ambiente, e anche attraverso gli organi decentrati, quali il Corpo minerario della Regione, trattandosi in questo caso di una miniera a cielo aperto.
L'ordine del giorno consente alla Regione di dare un aggiornamento degli sviluppi che sono avvenuti attraverso la nuova concessione, della quale era stata data comunicazione dal sottoscritto all'indomani della concessione alla Presidenza del Consiglio, alla Giunta oltre che ai Capigruppo.
Come nei giorni scorsi gli organi di informazione hanno dato notizia la concessione mineraria è stata affidata ad una società di Lugano; è stata firmata dal responsabile del distretto minerario il 18 settembre e ora è in fase di registrazione presso gli organi competenti. Quindi con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto che autorizza la coltivazione dell'amianto di Balangero si dovrebbe registrare l'effettiva ripresa dei lavori a cominciare dal ripristino dei mezzi strumentali per l'estrazione del minerale e la sua iniziale lavorazione. Connessa alla concessione che è stata nei giorni scorsi firmata esiste una serie di indicazioni, di vincoli e di condizioni, in parte legate agli aspetti di carattere occupazionale e strutturale, in parte legate agli aspetti ambientali, di salute e ad altri aspetti di salvaguardia ambientale dall'attuazione del piano idrogeologico alla presentazione dei programmi.
L'Assessore Garino relazionerà in ordine agli aspetti di recupero ambientale delle discariche e agli interventi di carattere igienico ambientale.
Il decreto della concessione impegna altresì la società concessionaria ad assumere tutti i dipendenti della miniera già in carico alla fallita società con le rispettive qualifiche professionali, tenendo conto delle esperienze e delle professionalità acquisite. In questi giorni qualche quotidiano ha scritto sui quotidiani che si sarebbe giunti al decreto di concessione con un blitz e soprattutto si sarebbe attivato questo percorso con insensibilità verso la salute dei lavoratori e delle popolazioni e senza interpellare le organizzazioni sindacali, gli enti locali, gli organi scientifici ed altri soggetti a vario titolo che hanno giustificazione ad intervenire su una vicenda così complessa, difficile e preoccupante.
Gli incontri si sono tenuti nella sede regionale, nella sede ministeriale, presso l'Unione industriali, la Prefettura di Torino, gli enti locali, il Municipio di Balangero, il Distretto minerario. In questi anni quasi quotidianamente l'Assessore che vi parla e le altre strutture della Regione hanno dovuto occuparsi di questa vertenza con un atteggiamento non burocratico, difficilmente sostenibile, ma partecipativo attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Agli incontri furono presenti nella scorsa legislatura rappresentanti di ogni forza politica, rappresentanti amministrativi, economici, sociali. Ricordo un'affollatissima assemblea tenutasi a Lanzo con la presenza di tutta la cittadinanza e con la partecipazione di rappresentanti governativi e parlamentari di tutte le forze politiche. L'obiettivo era di ricercare una soluzione occupazionale ai lavoratori sia pure nello spirito di una graduale fuoriuscita dall'uso dell'amianto, nel rispetto delle leggi, dei regolamenti dello Stato italiano e di quelli della CEE.
L'ultimo importante incontro è quello del 27 luglio 1990 presso la sede della Giunta regionale, con le presenze che ho richiamato, che ha rappresentato un'ulteriore occasione per esprimere un giudizio ed un parere, seppur articolato, ma favorevole alla ripresa della miniera: parere ovviamente condizionato da una serie di impegni che sono stati assunti sottoscritti e indicati nella concessione.
In altre parole si tratta di un coinvolgimento di tutte le forze locali, regionali e sociali ad un'ampia maggioranza che è per la ripresa del lavoro per i 200 minatori. Non si tratta però di un semplice baratto a tacito danno della salute, ma di ovviare, come è emerso nella riunione del 27 luglio presso la Giunta regionale, ad un rischio forte di bomba ecologica di fronte ad un anno di inattività della miniera che, se non riprendesse l'attività, creerebbe condizioni di degrado. La ripresa del lavoro è condizione per imporre al nuovo concessionario occasioni di controllo, di intervento secondo quanto previsto dalla concessione. La concessione è stata affidata a fronte di tre offerte. Le altre due aziende non rispondevano però alle indicazioni specifiche che sono state poste.
I protagonisti della lotta per la riapertura della miniera non hanno mai smesso di considerare la pericolosità dell'amianto nella convinzione però, che delle molte sostanze pericolose richieste dai vari usi e non facilmente sostituibili, esistono modi e mezzi, se condizionati a questa concessione così articolata e dettagliata, per potersi difendere. D'altra parte la concessione, come è stato richiesto nella riunione del 27 luglio è stata concessa non "ad aeternum" come era nel precedente caso, ma in un limite temporale di dieci anni, condizione per poter realizzare contestualmente tutti gli interventi strutturali. L'applicazione di tutte le necessarie misure di prevenzione per la salute e per l'ambiente dovrà coinvolgere costantemente gli enti locali più interessati. La Regione farà la sua parte al fine di evitare che il limite di dieci anni della concessione possa convincere i concessionari ad attuare un feroce sfruttamento minerario rinviando al futuro il ripristino ambientale ovvero alla prefissata scadenza. Quindi, il procedere della coltivazione mineraria dovrà andare di pari passo con questi interventi. Tutto Ciò perché non si continui a perpetuare gli aspetti negativi del passato.
Un'ultima breve considerazione sugli aspetti prettamente legati ai lavoratori. Viene garantita la ripresa occupazionale. I lavoratori e le organizzazioni sindacali si sono rivelati soggetti attivissimi nella difesa non solo del posto di lavoro, ma anche della propria salute e dell'ambiente.
Comunque dalle ragioni dei lavoratori per la riapertura della miniera non sono mai state escluse e certamente continueranno ad essere coinvolte le organizzazioni sindacali, anche se - non è il caso di dirlo - esse saranno sempre presenti nella verifica e nei controlli, a partire dal momento della riassunzione.
Le maestranze fin dal 30 novembre 1989 non hanno ricevuto il salario, e quando lo ricevevano ciò avveniva senza preavviso a titolo di anticipazioni.
La Regione Piemonte negli anni passati è intervenuta ripetutamente sull'Italgas e sull'Enel, che interrompevano le forniture, per una mediazione o perlomeno per interventi di salvaguardia all'interno della struttura stessa. La mancata erogazione del salario dei minatori è soprattutto per effetto del fallimento della Società Amiantifera di Balangero che non ha assolto nemmeno agli obblighi assicurativi e sindacali. A partire dal 18 maggio 1990, i lavoratori hanno diritto alla cassa integrazione.
La Regione Piemonte ha ripetutamente sollecitato attenzioni e accelerazioni di fronte a questa situazione negativa e forse solo nei mesi di ottobre o novembre verranno liquidati i primi interventi di integrazione salariale. D'altronde, la ripresa del lavoro entro breve tempo garantisce i lavoratori, ma nel contempo rende responsabile la nuova concessionaria dei necessari atti per la messa in sicurezza della miniera, ora del tutto abbandonata a se stessa dai vecchi titolari. Ad ogni buon conto tutta la zona della Comunità montana Valli di Lanzo insieme agli enti locali su cui insistono territorialmente la miniera e tutto l'interland della stessa meritano una politica di recupero della zona; è un'area che peraltro ha subito in questi anni cadute verticali sul piano delle infrastrutture e quindi della occupazione, basti pensare alle originarie vocazioni tessili al discorso del metalmeccanico con il fallimento nei mesi addietro del gruppo Bertoldo per le note vicende.
Con prudenza, con fatica e con difficoltà, ferme restando le legittime preoccupazioni e il fatto che la concessione mineraria è molto rigida e molto a paletti, riteniamo di aver contribuito con altre realtà e parti sociali nel raggiungimento del duplice obiettivo, il recupero occupazionale e la garanzia sul piano ambientale. Su questi aspetti il collega Assessore Garino ha titolo più specifico di intervenire.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

Mi rifaccio alla riunione del 26 luglio in cui i lavoratori e le loro rappresentanze, gli amministratori locali e delle UU.SS.SS.LL. Si erano incontrati con la presenza del Presidente Brizio, dell'Assessore Cerchio e del sottoscritto e del rappresentante del Corpo delle Miniere.
In quella sede si era chiesto al rappresentante del Corpo delle Miniere che, in caso di concessione fossero tenute presenti le informazioni e le richieste che venivano da parte di tutti per quanto riguarda il problema ambientale in quell'area, in particolare vincoli, controlli ed iniziative sia per la esistente situazione sia per una eventuale situazione che venisse a crearsi dopo la concessione. Avevo già detto nel corso dell'ultima seduta del Consiglio regionale, quando però non c'era più il numero legale dei presenti, e lo ripeto per i colleghi assenti in quell'occasione, che non si era ancora individuato chi avrebbe dovuto intervenire per la cosiddetta bagnatura dei detriti esistenti. Da una ricerca che facemmo allora, avendo avuto conoscenza della revoca della concessione, stabilimmo che non poteva essere altro che il Corpo delle Miniere che era nuovamente venuto in possesso della miniera stessa e che quindi avrebbe dovuto intervenire Ci fu una nostra richiesta puntuale perchè ci fosse fatto, ma devo ammettere purtroppo che non solo non è stato fatto allora, ma non è giunta neanche risposta alla Regione Piemonte su questo aspetto.
Nel frattempo, siccome la situazione era, a giudizio di tutti preoccupante, ho tenuto costante contatto con il Presidente dell'USSL di zona, Caglio, proprio per stabilire se esistevano problemi gravi o comunque se erano emergenti. Per fortuna nostra - come è già stato sottolineato da alcuni colleghi la volta scorsa problemi gravi ed eclatanti non ci sono stati.
Torno alla riunione del 26 luglio. In quella sede avevamo chiesto al rappresentante del Corpo delle Miniere che, in caso di concessione, non si mantenessero soltanto i Vincoli per novantanove anni che derivavano dalla precedente concessione (firmata nel 1936) o quella che trasferiva ed intestava alla S.p.A. Amiantifera di Balangero la nuova concessione (nel 1952), ma che i problemi che erano venuti alla luce durante la riunione alla quale erano presenti anche i Consiglieri Mercedes Bresso ed Anna Segre, fossero tenuti in evidenza; dopodiché venne la firma del decreto peraltro in via di esame ed istruzione presso la Corte dei Conti. Sono venuto in possesso di quel decreto solo ieri pomeriggio alle ore 16 e mi scuso con i colleghi Consiglieri che avevano richiesto informazioni attorno ad esso, particolarmente con il Consigliere Majorino.
Verifico insieme a voi quali sono le disposizioni per quanto riguarda il fenomeno ambiente. Già il collega Cerchio vi ha informati che la concessione è valida solo per dieci anni.
Questa era stata la richiesta quasi unanime emersa dalla riunione del 26 luglio. Per quanto riguarda i problemi ambientali - leggo testualmente "si è considerata la opportunità di procedere al rilascio di una nuova concessione decennale che, nel rispetto delle Direttive CEE e dei conseguenti atti legislativi e programmatici in definizione al Parlamento concernenti una progressiva e graduale dismissione dell'amianto, consente il ripristino della miniera alfine di risolvere la grave situazione venutasi a creare nell'area della stessa sotto il profilo ambientale e della sicurezza a causa del lungo stato di abbandono".
Fatta questa premessa, si sottolinea ancora un aspetto importante dal nostro punto di vista e cioè che, valutando le tre proposte pervenute, si dice di concedere alla Società MineraI &Intertrade Limited la concessione perchè questa non ha posto limitazioni o remore ai fini dell'accettazione delle condizioni imposte con l'atto di concessione cosa che invece aveva fatta la Panasbestos.
Per quanto riguarda i limiti e le condizioni all'art. 3 si dice: "La società Mineral &Intertrade Linited è tenuta ad inviare entro il 31 dicembre di ogni anno al Distretto minerario di Torino un rapporto sul procedimento dei lavori e di recupero ambientare dell'intera area della concessione sunnominata e sui risultati ottenuti, nonché sull'andamento generale della propria industria e in più il programma dei lavori per l'anno successivo. La si impegna ad attenersi alle disposizioni di legge e alle prescrizioni e limitazioni che venissero comunque impartite dall'autorità mineraria ai fini del controllo delle lavorazioni, della regolare esecuzione delle ricerche e della tutela di pubblici interessi".
Più avanti ancora: "La si impegna ad effettuare tutte le operazioni necessarie al recupero delle zone alterate dell'area del giacimento e delle discariche da realizzarsi durante e al termine della coltivazione a sicura garanzia della stabilità e del riequilibrio ecologico". All'art. 5: "La società concessionaria dovrà presentare, entro 90 giorni dalla data di notifica del decreto di concessione da parte dell'Ufficio del registro competente, un dettagliato progetto esecutivo della discarica di sterile lato 'Fandaglia' ad integrazione e completamento dello studio di fattibilità per la medesima discarica già presentato a questo ufficio dalla Società ex concessionaria con previsione nell'arco di vigenza della concessione del completo recupero ambientale, un progetto dovrà ancora prevedere l'esecuzione di misure piezometriche, inclinometriche e topografiche con periodicità non superiore a mesi due".
All'art. 6 "La società concessionaria dovrà provvedere al completamento del recupero ambientale della discarica lato Balangero entro un anno dalla data di notifica del presente decreto di concessione, anche secondo le indicazioni delle competenti autorità forestali".
All'art. 7, ed ultimo per noi: "La società concessionaria è tenuta a presentare con periodicità almeno semestrale una dettagliata relazione tecnica di aggiornamento del programma dei lavori con elementi di valutazione circa l'adeguamento degli interventi di carattere igienico ambientale all'evoluzione delle conoscenze in merito agli effetti dell'amianto sulla salute dei lavoratori.
La relazione sopra citata dovrà tenere conto dell'evoluzione legislativa di tutela ambientale per la regolamentazione dell'uso dell'amianto" (in riferimento ovviamente alla legge che è in discussione in Parlamento).
Questo è ciò che ad oggi conosciamo, n vero problema, a mio parere, è che non potendo la Regione avere iniziative dirette nei confronti della società, è quello di avere invece un raccordo con il Corpo delle miniere che mi auguro sia migliore di quello avvenuto per la questione bagnature tanto per intenderci. Credo che la Regione Piemonte nel suo insieme, la Giunta e il Consiglio, debba attentamente valutare la situazione esistente chiedere di verificare i piani che per questo decreto la società deve presentare: valutare se questi piani effettivamente puntano a risolvere o risolvono i problemi che sono stati segnalati: infine, attraverso il Corpo delle miniere, far giungere vincoli e limitazioni o comunque iniziative alla società, perché non mi pare che altro sia possibile fare per quanto riguarda i nostri rapporti diretti con la società che non possono esistere.



PRESIDENTE

Sono iscritti a parlare i Consiglieri Staglianò, Sartoris e Marino.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bresso. Ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Ricordo che l'argomento in discussione riguarda gli ordini del giorno presentati e che quindi esiste il diritto di illustrarli da parte dei presentatori prima della discussione: faccio rilevare però che alcuni degli iscritti a parlare sono presentatori di ordini del giorno, altri no.



PRESIDENTE

Sì, ha ragione. Il Consigliere Staglianò ha la parola per illustrare l'ordine del giorno; prima parlano, a norma di Regolamento, coloro che hanno presentato un ordine del giorno ed infine il Consigliere Sartoris che non ha presentato alcun documento.



STAGLIANO' Gregorio Igor

La gentile Presidente del Consiglio mi consentirà di illustrare questo ordine del giorno in maniera inusuale e di dedicare questo intervento all'Assessore Cerchio. Mi consentirà anche di spogliarmi per poco della mia funzione di questore dell'aula e la lettura di alcune pagine tratte dai libri di due autori torinesi: "Il sistema periodico" di Primo Levi e "Digerire l'amianto" di Chiara Sasso.
Che senso avrebbe d'altra parte ripetere all'Assessore Cerchio, che si è affrettato a dichiarare alla stampa - e l'ha ripetuto ancora qui - che la tutela della salute e la salvaguardia dell'ambiente sarà possibile soltanto continuando all'infinito l'estrazione dell'amianto, che senso avrebbe dicevo - ripetergli ciò che non ha voluto sentire il 27 luglio ed ancora la settimana scorsa? Che senso avrebbe dire che la salute e la vita di centinaia di persone non può essere decisa nel chiuso di qualche sciatta pratica burocratica paraministeriale o assessorile; che il reddito dei lavoratori, alcuni dei quali sono qui presenti ad assistere ai nostri lavori, lasciati a casa dalla fine necessaria, indispensabile dell'estrazione dell'amianto potrebbe essere loro restituito integralmente impegnandoli e per lungo tempo nel risanamento ambientale del cratere aperto nelle viscere della Valle di Lanzo? Che senso avrebbe ricordare all'Assessore Cerchio che il conflitto tra ambiente e lavoro - le reazioni dei lavoratori qui presenti lo dimostrano anche in questo caso è giunto ad un punto limite: che la Regione potrebbe formare squadre di operai addetti al risanamento delle cento e mille cave abbandonate in Piemonte e divenute ricettacolo di rifiuti tossici e nocivi incustoditi: che dal '95 dobbiamo fuoriuscire dall'amianto per direttiva della CEE? L'Assessore Garino sa che al Senato è in discussione una legge in proposito. Persino Agnelli, l'abbiamo ricordato qui il 27 luglio, ha annunciato di rinunciare all'uso di questo pericolosissimo materiale nella produzione automobilistica. Che senso ha ricordare all'Assessore Cerchio e a tutti quelli che come lui non vogliono sentire, che delle patologie cancerogene dell'amianto si muore come mosche; che la vicenda ACNA Valle Bormida non è certo riuscita ancora a far quadrare il cerchio tra tutela della salute e le attività produttive? Non ha alcun senso a mio avviso ripetere tutto ciò a chi non vuole sentire, meglio dedicarsi allora, ed ecco che lo faccio, alla lettura di alcune pagine che possono aiutare tutti quanti noi, nessuno escluso, a sciogliere la nostra intelligenza. Non è sufficientemente noto forse che Primo Levi ha dedicato pagine di estrema intensità proprio all'Amiantifera di Balangero. Forse non è nemmeno noto che Primo Levi mise per la prima volta piede all'Amiantifera dove venne assunto come chimico - proprio il giorno in cui la radio diffondeva nel 1941 la notizia dell'attacco giapponese a Pearl Harbour e la dichiarazione di guerra del Giappone agli Stati Uniti: questo episodio storico viene ricordato appunto nel libro "Il sistema periodico".
Il compianto Primo Levi, che è stato maestro di vita per molti di noi era stato assunto da un tenente dell'Esercito per andare "in qualche luogo", gli fu detto (come sappiamo) il fascismo non era molto tenero con persone come Primo Levi), dove c'era una miniera dalla quale si ricavava 112% di qualcosa di utile - non gli fu detto che cosa - ed il 98% di sterile, che veniva scaricato in una valle accanto. "Quella miniera scrive Primo Levi - aveva una sua magia, un suo incanto selvaggio. In una collina tozza e brulla, tutta scheggioni e sterpi, si affondava una ciclopica voragine conica, un cratere artificiale, del diametro di quattrocento metri (nel corso degli anni è naturalmente cresciuto): era in tutto simile alle rappresentazioni schematiche dell'Inferno, nelle tavole sinottiche della Divina Commedia. Lungo i gironi, giorno per giorno, si facevano esplodere le volate delle mine: la pendenza delle pareti del cono era minima indispensabile perchè il materiale smosso rotolasse fino al fondo, ma senza acquistare troppo impeto. Al fondo, al posto di Lucifero stava una poderosa chiusura a saracinesca: sotto a questa, era un breve pozzo verticale che immetteva in una lunga galleria orizzontale: questa, a sua volta, sboccava all'aria libera sul fianco della collina, a monte dello stabilimento.
Nella galleria faceva la spola un treno blindato: una locomotiva piccola ma potente presentava i vagoni uno per uno sotto la saracinesca affinché si riempissero, poi li trascinava a riveder le stelle. Il materiale - continua Primo levi - veniva poi ulteriormente macinato fino a ghiaia, essiccato, selezionato: e ci volle assai poco per appurare che scopo ultimo di quel lavoro da ciclopi era strappare alla roccia un misero 296 d'amianto che vi era intrappolato. Il resto, migliaia di tonnellate al giorno, veniva scaricato a valle alla rinfusa. Anno dopo anno, la valle si andava riempiendo di una lenta valanga di polvere e ghiaia". E questa polvere arrivava anche nel "sottomarino", come chiama Primo Levi la baracca dove lui viveva nel periodo in cui svolse l'attività di chimico per l'Amiantifera.
Riprende Primo Levi: "C'era amianto dappertutto, come una neve cenerina: se si lasciava per qualche ora un libro su di un tavolo, e poi lo si toglieva, se ne trovava il profilo in negativo: i tetti erano coperti da uno spesso strato di polverino, che nei giorni di pioggia si imbeveva come una spugna, e ad un tratto franava violentemente a terra".
Quest'aura di magia di impareggiabile efficacia con cui Primo Levi descrive questa miniera trova conferma persino nel nome del capo-cava, un nome mitologico, Anteo.
Detto questo, cari colleghi, finendo la lettura di Primo Levi, vorrei introdurre un altro passo, che viene questa volta dal libro di Chiara Sasso: passi in presa diretta diversi dall'osservazione, come abbiamo visto, affascinata dei meccanismi volti a carpire i segreti della pietra la sfida ininterrotta con la materia inerte o malevola come metafora conradiana dell'esistenza, molto vicina a Primo Levi; passi questi che illustrano la vita di chi è stato costretto a lavorare l'amianto. Il Piemonte ha il poco invidiabile primato di avere il ciclo completo di lavorazione dell'amianto, il libro di Chiara Sasso, "Digerire amianto" tratta per l'appunto della storia delle lavoratrici della SIA (Società Italiana Amiantifera) che ha operato per molti anni a Grugliasco).
"Donne siciliane, pugliesi, meridionali, venute al nord per lavorare alla SIA, chiamate dai fratelli, dai padri, portate su dai mariti, tutti alla SIA a respirare amianto. E cosa poteva significare l'amianto in Sicilia o in Puglia? Lavoro e basta. Fatica, certamente sacrifici ,forse umiliazioni, ma soprattutto lavoro e un poco di benessere: l'azienda prometteva anche la casa, il riscaldamento e la luce gratis".
Questo libro, nel quale le lavoratrici raccontano le loro vicende e di cui consiglio vivamente la lettura, è stato edito con la collaborazione e il patrocinio del Comune di Grugliasco. Queste lavoratrici ricostruiscono in alcuni passi, che riprendo velocissimamente, la loro vita: perché quel lavoro, intanto? Non ne temevano le conseguenze? "lo andavo a casa e lo dicevo a mia madre; guarda lì c'è molta polvere, sembra una nebbia, non si vede da lì a lì", racconta una delle protagoniste e aggiunge: "Le vecchie mi dicono di andarmene. Ma mia madre mi diceva di non dar retta, mi diceva la gente è invidiosa.., invidiosa perché tu finalmente hai un posto di lavoro che la Madonna ti ha mandato...", il destino, la predestinazione ricorre in tutti i ragionamenti che queste lavoratrici fanno nella ricostruzione della loro vicenda. La predestinazione: un lavoro inteso come una sofferenza necessaria, non un semplice contratto sociale. E c'è pur sempre la possibilità di scamparla: "Lo sai - dice una lavoratrice ad un'altra che è preoccupata - che c'è gente che non ha nulla? Neppure una piccola traccia anche se ha lavorato venti anni?".
Ma perché in quella fabbrica? "La mia casa era proprio vicina, era considerata una fabbrica come le altre. Sì, forse un poco più brutta, più sporca, ma io pensavo che questo inconveniente l'avrei dovuto barattare con il fatto che riuscivo a lavorare, e nello stesso tempo curare la casa, la famiglia. Poi alla fine anche il medico della fabbrica me lo diceva: se ne vada di qui.., io non dovrei dirlo, ma se ne vada.., per comodità sono rimasta ancora li a lavorare. In dieci minuti ero a casa. Riuscivo a badare a tutto, a badare a tutto".
E la qualità del lavoro? Graziella ricorda "quando doveva pulire la macchina; allora non esistevano aspiratori, niente, si puliva la macchina con le pistole ad aria oppure con i grossi cartoni sbattendoli per togliere la polvere: dall'altra c'erano i tavolini con le lavorazioni delle più giovani, quindicenni, ventenni al massimo.., e su di loro finiva inevitabilmente tutta quella polvere" .
"Come prevenzione davano da bere del latte - dice una - ma non c'era la mentalità per berlo, sembrava sprecato. Bere del latte solo per fare digerire la polvere... La fabbrica regalava un litro di latte e le donne lo portavano a casa per i figli".
Questo è l'amianto, cari colleghi! Dobbiamo quindi capire che non si può continuare così. Ed allora per cercare di richiamare l'attenzione del Consiglio, in particolare della Giunta, come Gruppo Verdi ci siamo permessi di portare in quest'aula tredici pietre di amianto di Balangero, sigillate in una busta, esattamente quanti sono i membri del governo regionale. Alla fine di questa discussione le consegneremo ai membri della Giunta che spero le accettino con un minimo di ironia che non guasta mai, anche perché non vorremmo tenere questa busta sul nostro tavolo e poi essere denunciati per stoccaggio di materiale tossico nocivo senza avere l'autorizzazione.
Personalmente avevo anche pensato di regalare al Presidente della Giunta Brizio il libro "Digerire l'amianto", ma non è presente, glielo regalerò un'altra volta. Mi auguro che tutti quanti noi si possa prestare attenzione a questa esortazione: meditiamo, colleghi, meditiamo!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Dopo l'intervento letterario del Consigliere Staglianò mi limiterò ad un'illustrazione dell'ordine del giorno tenendo conto sia degli aggiornamenti ricevuti dalle comunicazioni della Giunta sia dell'evoluzione della situazione rispetto a quando è stato presentato.
Ribadiamo una critica ferma al modo e ai tempi con cui si giunge a questa discussione, una volta di più arrivando a proporre di chiudere la stalla quando ormai i buoi sono scappati, in questo caso quando la concessione, di cui si attendeva la decisione da un momento all'altro, è stata data. Questo è molto grave perché non solo l'ordine del giorno giace da prima dell'estate ed era stato presentato come urgentissimo, parola che viene usata per evitare di passare in ultimo rispetto a tutto ciò che viene definito urgente, ma in questo caso l'urgenza era data dalla situazione oggettiva. Perché sarebbe stato così importante poter discutere seriamente di questo ordine del giorno in una situazione non ancora gravemente compromessa come è quella attuale? Perché in realtà noi riteniamo che non ci sia stato in questi anni, essendo totalmente in disaccordo con gli Assessori Cerchio e Garino, un atteggiamento sufficientemente fermo e soprattutto un indirizzo politico da parte della Giunta. Non c'è stato un indirizzo politico teso a perseguire anche per il Piemonte e per Balangero quella politica di fuoriuscita dall'amianto che è politica peraltro sancita non solo a livello comunitario e da una legge approvata per ora soltanto da un ramo del Parlamento, ma anche da atti specifici compiuti dal Ministro dell'Ambiente, il quale attraverso la convenzione con la FIAT ha teso ad accelerare un processo legislativo e decisionale a livello CEE, peraltro in corso. E' evidente che c'è un contesto nazionale ed europeo molto chiaro ma c'è stata un'azione tutto sommato controcorrente da parte della Giunta che è andata nella direzione di pervenire comunque ad una riapertura a qualunque costo. Preciso che "a qualunque costo" non significa senza alcuna garanzia sul rispetto delle norme di sicurezza, sarebbe veramente eccessivo, ma a qualunque costo nel senso che l'obiettivo prioritario era la riapertura e non quello (non è emerso neanche dalle dichiarazioni degli Assessori, in particolare dell'Assessore Cerchio) della fuoriuscita dall'amianto; obiettivo che invece, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere assunto, per cui l'eventuale riapertura della miniera doveva essere effettivamente Condizionata ad un piano di fuoriuscita e quindi di chiusura progressiva della miniera, traguardo sicuramente difficile da ottenere dando la concessione ad un'impresa privata. Attraverso accordi come quelli che il Ministro ha preso con la FIAT, la Regione Piemonte poteva, trattando con i Ministri dell'Ambiente e della Sanità con la necessaria forza e determinazione, ottenere che intervenissero per l'eventuale riapertura a scopo bonifica da parte di una società pubblica. Non c'è dubbio che l'azienda che ha ottenuto la concessione abbia finalità produttive; la concessione, nei limiti di dieci anni, è evidentemente rinnovabile, a meno che non intervengano atti che non sono in nessun modo voluti e richiesti dalla Regione Piemonte. E' una concessione molto pericolosa perché tutti sappiamo cosa significa una concessione data a termine ad un'impresa privata, per di più neanche italiana, in una situazione in cui l'impresa sa che probabilmente, se entrano in vigore le norme che sono in preparazione (non è detto che la legge attualmente approvata dal Senato non venga modificata dalla Camera), verrà chiarito che cosa si intende per fuoriuscita dell'amianto e dovrà quindi accelerare enormemente il processo di sfruttamento sapendo che forse non riuscirà neanche ad utilizzare tutto il periodo concesso. Questo ci pone in una situazione di grave rischio inoltre non avvia in alcun modo il processo di chiusura e di rimozione del processo produttivo. E' evidente comunque che, date le prescrizioni, la coltivazione verrà fatta in condizioni sufficientemente garantite.
Rilevo inoltre come nella riunione svoltasi a fine luglio in Giunta si fosse sollevata la questione della pericolosità delle polveri con un impegno per un intervento immediato. E' vero che alcune cose non sono avvenute, durante l'estate non ci sono stati forti venti, e quindi se la situazione era davvero a grave rischio ci sono delle precise responsabilità in primo luogo dell'USSL. la quale dopo aver gridato che era una bomba ecologica gravissima non ha poi fatto nulla. La Protezione civile esiste e se ne può chiedere l'intervento, eventualmente denunciando i responsabili della Protezione civile stessa se non interviene. In sostanza, sia l'atteggiamento dell'USSL sia quello degli Assessori regionali nonché delle autorità locali, sembra essere stato finalizzato solo a farci passare davanti agli occhi la bomba ecologica in modo da strappare un ipotetico consenso alla riapertura, ma a quanto pare la bomba ecologica apparentemente non esiste, perché nessuno si è preoccupato di intervenire.
E' vero che l'Assessore Garino ha scritto che riteneva fosse compito dell'Ente miniere, ma se l'Ente miniere non interviene, esiste in Italia la Protezione Civile e c'è una responsabilità, a mio avviso anche penale, di coloro che sapendo che la bomba ecologica esisteva, non si sono attivati.
Tra ieri e oggi non c'è dubbio che molte di quelle polveri surriscaldatesi durante l'estate siano andate in giro, probabilmente nessuno dei vostri parenti abita lì, ma chi era sul luogo le ha respirate. Il fatto purtroppo è avvenuto sapendo, tutti voi, che la situazione era a potenziale rischio in quanto alla prima giornata ventosa tutto sarebbe volato nell'aria, cosa che è regolarmente avvenuta. Secondo me anche l'Assessore alla sanità ha una grave responsabilità in questa vicenda.
La frittata è stata fatta, ma non è obbligatoriamente una situazione in nessun modo rimediabile. Che cosa si può fare, dato .il clamoroso errore di "lasciare andare"? L'Assessore Cerchio afferma che non è stata condotta in maniera burocratica: vorrei sapere che cosa in questo caso non è burocratico? Perché non mi dica che non è possibile ottenere un intervento e comunque un diniego di intervento specifico da parte dei Ministeri dell'Ambiente e dell'Industria, i quali sapendo che c'è una questione pendente davanti al Parlamento di regolamentazione della materia, potevano benissimo essere interpellati, e quindi il processo poteva avvenire attraverso un rapporto consensuale Regione - Ministeri politicamente responsabili, e non attraverso un rapporto Regione - Ente Miniere che ovviamente si comporta, come suo compito e dovere, in modo burocratico.
Quindi non è vero che è stata condotta in modo non burocratico! Lo è stata rifiutando di chiedere in maniera specifica l'intervento del Ministero dell'Ambiente su una questione che è di suo specifico interesse e competenza, perché il Ministro Ruffolo continua a citare la questione dell'accordo sull'amianto come uno dei suoi grandi successi politici. Non si possono però avere i successi politici solo parziali e poi rifiutare di intervenire sulla questione; ciò significa che o non è stato chiesto o il Ministro Ruffolo è incoerente. Bastava sollevare la questione e ricordare al Ministro Ruffolo il suo dovere di coerenza. Credo che Ciò non sia stato fatto.
Ci sono alcune cose che comunque la Regione deve chiarire - si può fare ancora politicamente con i Ministeri competenti - ad esempio come la vicenda deve andare a finire, perché il fatto che sia stata data la concessione non significa la chiusura di tutto: la concessione è data "fatte salve le norme nazionali", e quindi è del tutto possibile recuperare il processo di uscita dell'amianto attraverso le normative nazionali. In questo senso si tratta di intervenire attivamente affinché questa cosa diventi effettiva, e non vada avanti nella parziale ignoranza del Parlamento sulla questione, molto specifica piemontese, dell'Amiantifera il Parlamento conosce bene le altre questioni, conosce meno bene questa in quanto abbiamo la particolarità di avere l'unica miniera di amianto in Italia e in Europa.
Ci sono alcune questioni specifiche che desidero citare. Intanto vorremmo che la documentazione più approfondita relativa alle misure di sicurezza, richiesta dalla Regione e fornita a noi venga data anche alle OO.SS., in quanto ci risulta che non l'abbiano: riteniamo che debba essere convocata comunque una riunione con il Corpo delle miniere, la società concessionaria e i soggetti interessati alla questione, per capire che tipo di progetto industriale sta dietro a questa concessione, poiché si tratta di un progetto che non è in alcun modo chiaro e non è emerso dalle comunicazioni che abbiamo ricevuto: occorre valutare quindi, la serietà e la credibilità di questa società perché nessuno di coloro che si occupano della questione amianto conosce le credenziali industriali, quindi le garanzie effettive, e non solo formali sulla carta, che è in grado di dare.
Solleviamo la questione - che lascio illustrare al collega Calligaro del rapporto epidemiologico, che era stato finanziato e che si è perso nelle more dell'interruzione dell'attività, si è infatti dimenticato che doveva essere effettuata un'indagine epidemiologica utile a chiarire gli effetti patologici sulla popolazione. Siamo nella situazione di discutere non sul rischio potenziale dell'amianto, ma sugli effetti concreti sulla popolazione dell'area, in termini induttivi, mentre dovremmo poter discutere sulla base di un'indagine oggettiva, invece si continua a dire che la situazione non è così grave sulla base di un'indagine che non esiste, pur essendo stata regolarmente finanziata. Su questo punto chiediamo un preciso chiarimento.
Richiamo i diversi punti che nell'ordine del giorno erano sollevati e che, a nostro avviso, rimangono validi. Evidentemente dovrà essere gestita tutta la questione in condizioni più difficili (essendosi rifiutati di gestirla quando c'erano maggiori possibilità di intervento diretto della Regione), però a noi pare che non si possa a questo punto chiudere, da parte della Giunta, la vicenda dicendo: bene, i posti di lavoro sono salvi di tutte le altre questioni si occupi la società mineraria nel controllo dell'adempimento formale - noi speriamo anche sostanziale - della concessione.
Vorremmo capire come si attiverà la Regione per la questione del monito raggio che nei punti dell'accordo che è stato letto, che è anche a nostre mani, non è affatto previsto: sono previste delle relazioni, ma nessun controllo diretto né da parte dell'Ente miniere né da parte delle autorità competenti, nel nostro caso gli Assessorati regionali alla sanità e all'ambiente. Quindi, nessun controllo effettivo di monitoraggio costante di che cosa avviene e non sono neppure chiari i termini del recupero ambientale, cioè come si collegano le questioni - per cui tanto ci è stato richiesto di accettare la riapertura della miniera - della coltivazione da una parte e del recupero dall'altra, perché dal testo della concessione in sostanza risulta che deve essere fatta in "corso d'opera", ma questo pu anche voler dire al nono anno, tranne una cosa specifica che viene imposta entro novanta giorni. Per tutto il resto non sono previsti termini di scadenza ultimativa né norme di controllo specifico.



PRESIDENTE

Vista l'ora e l'elevato numero di Consiglieri iscritti a parlare non ritengo che il dibattito possa concludersi questa mattina, per cui raccogliendo un'esigenza della Giunta, che si è materializzata con la presenza dell'Assessore Maccari, chiedo al Consiglio di sospendere il dibattito relativo all'Amiantifera e di passare alla ratifica della deliberazione n. 41, in scadenza oggi, di cui al punto 5) all'o.d.g.
L'Assessore Maccari deve partire per Roma con l'aereo delle ore 15 chiedo quindi al Consiglio, se possibile, di procedere all'esame della ratifica della deliberazione n. 41 e pertanto riprendere il dibattito sull'Amiantifera nel pomeriggio.
La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

La presenza dell'Assessore Maccari certo induce a interrompere la discussione sull'Amiantifera di Balangero. Devo dire che forse siamo stati fortunati che gli aerei non partano quasi mai in orario. La cosa che per voglio chiedere è che, stante il fatto che viene rinviato il dibattito, ci si adoperi per distribuire ai Consiglieri, ancora nei pochi minuti della seduta di questa mattina, le relazioni degli Assessori Cerchio e Garino e soprattutto il decreto che ha dato la concessione alla ditta svizzera perché si possa ragionare, almeno nel prosieguo di questa discussione, con degli oggettivi documenti sotto agli occhi cui attenerci, perché le relazioni sono state estremamente generiche e mi fanno pensare che estremamente generico e superficiale sia anche il decreto.



PRESIDENTE

D'accordo.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame proposta di deliberazione n. 41: "Ratifica (ai sensi dell'art. 40 dello Statuto) della deliberazione O.R. n. 70-69 del 31 luglio 1990: 'II parte del programma di interventi per l'attuazione della legge 5/6/ 1990 n. 135 per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS'"


PRESIDENTE

In merito al punto 5) all'o.d.g. comunico che in data odierna sono state presentate due interrogazioni: la n. 54 del Consigliere Maggiorotti e la n. 61 del Consigliere Cucco, entrambe relative alla situazione dei malati di AIDS presso la Casa circondariale Le Vallette di Torino.
L'intervento di illustrazione dell'Assessore riguarderà quindi, su richiesta degli interroganti, oltre all'argomento specifico della ratifica anche l'oggetto delle due interrogazioni.
Ha pertanto la parola l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla Sanità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'oggetto della ratifica è la seconda parte del programma di intervento previsto per l'attuazione della legge 135 relativa alla prevenzione e alla lotta contro l'AIDS.
Gli adempimenti previsti dalla legge nazionale erano due: il primo, da espletare entro trenta giorni, relativo alla struttura, di competenza della Giunta: il secondo, da espletare entro sessanta giorni, relativo agli organici, di competenza del Consiglio, motivo per il quale abbiamo assunto la deliberazione ai sensi dell'art. 40 dello Statuto con i poteri del Consiglio.
Per avere un quadro completo è utile dapprima ricordare la deliberazione relativa alla prima parte del programma di interventi deliberati entro i trenta giorni previsti dalla legge, relativi alle strutture. Le indicazioni inviate a Roma sono state le seguenti: sono stati previsti per il Piemonte 596 posti, numero indicato dalla Commissione nazionale AIDS dopo che negli anni precedenti aveva indicato cifre diverse (una volta 970 e un'altra 1800). L'ultimo dato che ci è stato trasmesso indicato in termini vincolanti da parte della Commissione nazionale AIDS, è di 596 posti. Questi 596 posti a regime sono determinati da 167 posti che saranno ristrutturati e da 423 posti che saranno creati ex novo. Occorre tener conto che in questa cifra (596) sono inglobati 406 posti oggi esistenti, ma che in parte non potranno essere recuperati perché la tipologia ambientale non permette di recuperarli in base ai nuovi standard dovranno perciò essere costruiti completamente ex novo, vale ad esempio il caso di Cuneo. Pertanto, il piano che abbiamo trasmesso prevede 167 posti ristrutturati, di cui 60 all'Ospedale Amedeo di Savoia, 24 pediatrici al Regina Margherita, 12 al S. Andrea di Vercelli, 20 a Biella, 25 a Novara e 26 ad Asti. Dei 423 posti da costruire ex novo o comunque da rifare inglobando anche quelli già esistenti, 240 sono all'Amedeo di Savoia, 28 al S. Andrea di Vercelli, 15 a Novara, 20 a Verbania, 54 a Cuneo, 6 ad Asti 40 ad Alessandria, 20 a Casale. Parte di questi letti sarà di day hospital: in modo particolare saranno 60 all'Amedeo di Savoia e nelle altre sedi sono inferiori alla decina di unità. Questa parte sarà gestita dal Ministero che agirà per concessione. Come avrete letto sui giornali, ha dato l'incarico a tre concessionarie (Italia del nord, centrale e meridionale), per cui non abbiamo neanche l'indicazione del quantum monetario corrispondente. Alle Regioni è stata chiesta solo l'indicazione tecnica dei numeri dei posti letto.
Sempre nella stessa deliberazione si prevede un potenziamento o la nuova istituzione di laboratori e servizi diagnostici. Questo punto invece è stato quantificato monetariamente: 12 miliardi e 700 milioni. Il potenziamento dei laboratori di analisi e microbiologia si prevede alle Molinette, al Regina Margherita, al S. Andrea di Vercelli, all'Ospedale di Biella, a Novara, a Verbania, ad Asti e Casale. Questo dovrebbe avvenire attraverso i canali normali equivalenti al conto capitale ordinario.
La seconda deliberazione, conseguente sempre alla legge 135, da assumere nell'arco dei 60 giorni, riguarda il potenziamento degli organici.
E' previsto un potenziamento dell'organico dei reparti di malattie infettive, dei laboratori di analisi cliniche di microbiologia, di virologia e dei servizi diagnostici. Le indicazioni sono le seguenti: 53 medici per i reparti più 11 medici per laboratori e presidi diagnostici più 1 destinato ad altri reparti, per un totale di 65 medici; 128 infermieri; 4 laureati non medici; 11 tecnici. La legge 135 prevede il potenziamento dei servizi di assistenza alle tossicodipendenze, che tutto sommato è un anticipo della legge 162 sulle tossicodipendenze. Si prevede il seguente aumento di organico: 63 medici (uno per USSL), 36 operatori sanitari e 9 tecnici. Per quanto riguarda i 36 e i 9 non se ne è dato uno per ogni USSL perché non si rientrava nella disponibilità, per cui si è valutata la distribuzione del personale disponibile assegnabile in base al numero di tossicodipendenti in carico ai Servizi dell'USSL. in base ai malati di AIDS o in base al numero dei tossicodipendenti affetti da AIDS.
Sei medici sono stati destinati al potenziamento dei Servizi multizonali per cui si va ad un ampliamento di organici di 134 medici in Piemonte, di 164 infermieri, di 4 laureati non medici e di 20 tecnici.
Sempre in base alle indicazioni della legge 135, la deliberazione prevede corsi di formazione, svolti al di fuori del normale orario di lavoro (a chi lo frequenta viene corrisposto un assegno annuo di 4 milioni), per 145 medici, 328 infermieri e 135 altro personale sanitario. In queste cifre sono inglobati i nuovi assunti.
Inoltre abbiamo trasmesso la necessità, indicata anche da parametri nazionali, di 150 posti per assistenza in comunità terapeutiche o di aiuto alle famiglie dei malati di AIDS. Di questi 150 posti in Piemonte abbiamo 13 posti disponibili funzionanti, aspettiamo le indicazioni delle UU.SS.SS.LL. per trasformarlo in piano organico. Questo è il contenuto della deliberazione sulla quale il Consiglio è chiamato a pronunciarsi.
La situazione dell'AIDS in Piemonte è la seguente: da quando è nato il fenomeno sono stati rilevati 460 casi di AIDS conclamata. La percentuale maggiore, 302 corrispondente al 65,6%, è di tossicodipendenti, il 15,4% di omosessuali e il 6,3% da contatti eterosessuali. Le altre categorie (omosessuali, tossicodipendenti, emofilici, trasfusi, pediatrici a trasmissione verticale e da fattori di rischio non determinati) sono inferiori al 6%. Di questi 460 casi di AIDS conclamata non abbiamo numeri precisi relativi ai sieropositivi perchè non c'è obbligo di denuncia comunque abbiamo una rilevazione di 3.500-3.700 casi di sieropositivi che sono quelli che sono stati rilevati dai Servizi, però non possiamo dare alcuna indicazione ipotetica su un moltiplicatore per raggiungere un possibile dato reale. Questi 460 casi sono così suddivisi: Novara, 136 casi corrispondenti al 28,04 ogni 100 mila abitanti (il fatto che a Novara la percentuale sia così alta è dovuta ai modelli di comportamento che gravitano sull'area di Milano, quindi sono tassi equivalenti a quelli della Lombardia e in modo particolare della provincia di Milano); Vercelli 15,04 Alessandria 10,73; Torino 8: Cuneo 4,75; Asti 3. La situazione specifica di questi 460 casi è la seguente: 214 sono ancora viventi, 243 sono deceduti e di 3 non si è riusciti a conoscere la situazione. Se può interessare la distribuzione dei casi in Piemonte per anno di diagnosi, sempre calcolando il tasso per 100 mila abitanti, è un tasso che va aumentando: è partito dallo 0,07 nel 1984; 0,25 nel 1985; 1,11 nel 1986; 2,62 nel 1987; 5,65 nel 1988; 9,27 nel 1989; per arrivare al 10,27 nel primo semestre 1990. In merito alla distribuzione nazionale, in Piemonte abbiamo il 10,27 su ogni 100 mila abitanti, in Lombardia 24, in Liguria 21, nel Lazio 17, in Emilia 16, in Sardegna 13, in Toscana 11. I casi pediatrici rilevati e seguiti al momento attuale sono 6.
A questa situazione generale e di caratteristica più nettamente ospedaliera si aggiunge il problema che è stato oggetto delle due interrogazioni dei Consiglieri Maggiorotti e Cucco sulla situazione dei malati di AIDS all'interno delle carceri. Questo problema era già stato oggetto di attenzione da parte dell'Assessorato che nel luglio 1989 aveva convocato una riunione con il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, con il Direttore delle Carceri e con i Primari dell'Ospedale Amedeo di Savoia per verificare la situazione. In quella sede il Presidente del Tribunale aveva già indicato nelle misure alternative alla detenzione la via da seguire per consentire al detenuto affetto da AIDS di fruire di un'adeguata assistenza fuori del carcere. Questo naturalmente è limitato ai casi di AIDS conclamata, non ai casi dei sieropositivi perché questi ultimi, anche in base all'indicazione della Commissione nazionale, sono seguiti nel loro ambiente di vita e per qualcuno potrebbe diventare il motivo per richiedere delle forme di libertà. In un incontro che abbiamo avuto qualche giorno fa è emerso che alle Vallette gli affetti da AIDS conclamata sono 4. Ad uno sono stati dati gli arresti domiciliari, però appena libero ha subito compiuto una rapina. Evidentemente esistono anche problemi che sfuggono alla competenza della sanità e spettano a chi è tenuto alla sorveglianza.
A seguito di queste difficoltà il 17 settembre ho convocato una riunione con il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, il Direttore del carcere, l'Ispettore regionale delle carceri ed abbiamo puntualizzato le modalità di collaborazione tra l'equipe sanitaria del carcere delle Vallette ed i medici infettivologi dell'Amedeo di Savoia, al fine di poter garantire una migliore assistenza ai detenuti, sempre tenendo conto che non è detto che anche gli affetti da AIDS conclamata debbano essere ospedalizzati. Non sono nostra competenza le misure alternative, anche perché questa gente occuperebbe posti che possono servire per altri ed hanno dei costi altissimi, mentre potrebbero essere curati in comunità od a casa con misure alternative, seguite dalle iniziative che andremo a concretizzare in termini più sostanziosi. Come Sanità da parte dell'Amedeo di Savoia e da parte mia c'è stata la massima disponibilità al ricovero in ospedale dei detenuti affetti da AIDS, ma quando sussistano le indicazioni cliniche nosologiche e non quando diventa uno scarico di andata e ritorno come qualche volta avviene. Abbiamo ricordato anche le misure che abbiamo già preso per potenziare l'assistenza all'Amedeo di Savoia, sia per quanto riguarda i medici e sia per quanto riguarda l'assistenza infermieristica professionale. Noi abbiamo già anche autorizzato l'USSL 4, sede dell'Amedeo di Savoia ad istituire un'equipe interdisciplinare composta di 3 medici, 2 psicologi, 1 assistente sociale e 3 infermieri professionali per l'assistenza ai tossicodipendenti detenuti, compresi i siero positivi e i malati di AIDS. Mettere in piedi questo dovrebbe senz'altro favorire appena saranno espletate tutte le procedure di assunzione, una migliore assistenza sanitaria sia all'interno dell'Amedeo di Savoia, sia nel carcere. Contestualmente dovrebbe anche servire per incrementare le iniziative di informazione della diffusione dell'HIV. Da tempo ci sono dei contatti fra amministrazione regionale e alcune associazioni del privato sociale per l'attivazione di microcomunità per malati di AIDS, compresi coloro che sono in situazione di detenzione domiciliare e che non possono avere un 'assistenza da parte dei familiari. Oltre alle comunità già avviate dal gruppo Abele e dalla Bartolomeo e C. è prevista a breve termine l'attivazione di altre due comunità a cura della Caritas e della Fides. I 13 posti a disposizione nell'area torinese sono IO del gruppo Abele in comunità per maggiorenni, 3 in comunità per minorenni e la Bartolomeo e C deve avere due alloggi per 3 persone maggiorenni. Mi pare che questa sia la situazione. Le cose che oggi siamo chiamati a ratificare come Consiglio ci possono permettere di camminare meglio in questo settore ed avere una collaborazione più consistente ed una possibilità di aiuto maggiore anche a chi è in carcere. Ci sono interpretazioni diverse dei Ministeri su queste norme fra Sanità e Giustizia. Noi abbiamo chiesto al Ministero della Sanità ad agosto 89 di chiarire con il Ministero di Grazia e Giustizia tutte le problematiche inerenti l'assistenza dei detenuti e di darne contemporaneamente una comunicazione concordata sia all'Amministrazione carceraria sia a noi. Devo dire che purtroppo, nonostante i vari solleciti a distanza di un anno non ho ricevuto alcuna risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo sia necessario distinguere quello che siamo chiamati a ratificare e votare oggi dalla discussione generale sull'AIDS e sulle politiche sanitarie necessarie per affrontare la sindrome. Non definisco l'AIDS un'emergenza, perché ci sono delle motivazioni di carattere storico, culturale ed anche sanitario per evitare questo tipo di definizioni. Sono emergenza alcune situazioni specifiche, particolarmente del novarese e del torinese, di carenze gravissime delle strutture, sulle quali tornerò più tardi. Non è un'emergenza in senso generale l'arrivo dell'AIDS perché lo si sapeva. Chi aveva orecchie per ascoltare e per capire sapeva che saremmo arrivati in questa situazione. Nello specifico della deliberazione non posso che dare atto alla Giunta regionale di avere fatto quanto era possibile fare considerate le norme, non soltanto quelle di legge, ma anche le disposizioni ministeriali in merito all'applicazione della legge stessa.
Quanto poteva essere fatto secondo me è stato fatto. Voglio sottolineare due questioni. Innanzitutto una questione di carattere molto generale che è quella di un possibile riutilizzo dei nuovi posti letto, che spero verranno costruiti subito. Non è una questione di poco conto, perché stiamo procedendo alla nomina di non so quanti primari ed assistenti in più, che stante le attuali previsioni statistiche, fra 20 anni saranno sicuramente sopranumerati alle esigenze specifiche della malattia AIDS. In particolare se procede una politica sanitaria più illuminata, che è quella della progressiva deospedalizzazione e dell'aumento delle strutture protette esterne all'ospedale, perché la sindrome da AIDS è molto specifica, dalle caratteristiche diverse rispetto a tante altre patologie, per cui non ha bisogno di lunghi periodi di ospedalizzazione, se non in alcune fasi specifiche della sindrome stessa. Bisogna porsi il problema in termini non partitocratici, ma in termini di esigenze reali degli utenti della sanità piemontese e torinese. Voglio soprattutto sottolineare le gravissime responsabilità dell'USSL 4 in merito a quanto non è stato fatto in questi anni, e le gravissime responsabilità dell'Assessorato comunale all'assistenza della Città di Torino, per quanto non ha fatto edera in potere di fare. L'Assessore alla sanità e all'assistenza del Comune di Torino aveva l'obbligo morale, oltre che politico, di assumere delle iniziative e non l'ha fatto. Noi ci troviamo in questa situazione perché il comitato di gestione dell'USSL 4 e i suoi massimi organismi non hanno saputo gestire la sanità.
Non sto parlando del problema AIDS, ma della gestione dell'USSL 4.
Vorrei ricordare che l'USSL 4 (all'interno della quale c'è un ospedale che è il riferimento regionale per le malattie infettive) non ha da dodici anni un'equipe perle tossicodipendenze. Il coordinatore dott. Leone continua a raccontare che fra un mese o due mesi ci sarà la delibera. Bisognerebbe smetterla di prendere in giro la gente, lo so che l'Assessore si è personalmente interessato di questa vicenda e per una volta l'USSL 4 è stata commissariata: credo che quello del commissariamento sia stato il periodo migliore per l'USSL 4. Probabilmente bisognava andare un pochino più a fondo sulle motivazioni delle dimissioni dell'ex Presidente Ferro del Comitato di gestione, ma questa è una cosa che non ha nulla a che vedere con l'AIDS.
Altra attenzione, secondo me, deve essere dedicata all'attuazione di queste norme, non soltanto quelle di diretta competenza della Regione, ma soprattutto quelle di diretta competenza dell'USSL. Il personale deve essere assunto entro brevissimo tempo, senza aspettare che le delibere vengano affossate in non so quale cassetto di non so quale ufficio, di non so quale palazzina dell'Amedeo di Savoia. Richiedo quattro cose che sono secondo me integrative di questi provvedimenti, per le quali basta, in questa fase, un pronunciamento dell'Assessore. Una in particolare, alla quale tengo molto, è quella dell'inserimento nella Commissione regionale (che si occupa di AIDS) e nella Conferenza regionale (prevista dalla legge 135) di rappresentanze delle Associazioni di volontariato che in questi anni, spesso sole, hanno operato sul fronte dell'AIDS e di rappresentanze dei gruppi di sieropositivi che si stanno organizzando. Voglio ricordare che sabato e domenica prossima ci sarà il primo convegno delle persone sieropositive italiane a Milano. Vi parteciperà una grossa delegazione torinese ed è un fatto importantissimo. E' un fatto che deve essere valutato e valorizzato dall'Assessorato alla sanità, non per cooptare con sentimento consociativo maggiori rappresentanze, ma semplicemente per riconoscere a chi ha lavorato in questo senso in questi anni. Probabilmente le basse percentuali di fusione delle persone sieropositive in Piemonte non sono dovute a degli accidenti, ma anche all'attività capillare che alcune associazioni di volontariato e anche alcune associazioni omosessuali hanno fatto in questi anni. Occorre riconoscere a queste associazioni il ruolo che hanno avuto e riconoscere un peso a queste associazioni anche all'interno dei momenti decisionali. L'altra cosa che chiedo è: nella delibera è individuato l'Amedeo di Savoia Come centro di riferimento regionale per i programmi. Se volete che il centro di riferimento funzioni dategli gambe per funzionare, per cui al prof. Gioannini, che è il responsabile del centro di riferimento, date delle segretarie che battano a macchina e facciano le ricerche che lui non può fare o che il resto della struttura sanitaria non può fare. Ricordo che nell'Amedeo di Savoia si lavora in condizioni da terzo mondo, da un certo punto di vista, proprio per queste cose molto semplici e molto concrete che mancano.
Altro aspetto che voglio sottolineare (che non fa parte di questa delibera, ma è stato inserito solo di striscio nel Piano sanitario regionale) è il problema della distribuzione delle siringhe e dell'utilizzo di siringhe mono uso. E' un problema molto serio che Paesi più seri del nostro hanno già affrontato e risolto. Difatti si vedono le conseguenze, su 1.000 persone tossicodipendenti ad Amsterdam ce ne sono 15 sieropositive.
Noi non abbiamo percentuali attendibili, generalmente variano dal 30/40 addirittura fino al 70% di persone sieropositive all'interno della popolazione tossicodipendente. Questo per effetto anche di questi programmi. Nel piano sanitario regionale è previsto questo aspetto, anche se molto timidamente: sollecito l'Assessore ad intervenire decisamente nei confronti delle UU.SS.SS.LL. che hanno queste intenzioni, e se non le hanno di imporre certe iniziative, anche di tipo sperimentale, perché si provi questo metodo che è molto pragmatico ed utile senza nascondersi dietro il dito del volontariato. L'esempio dell'USSL di Settimo è lampante: si è voluto nascondersi dietro il problema della mancanza di volontari. Non si poteva immaginare che dei volontari potessero gestire questo servizio anche perché, secondo me (e spero di essere smentito ma purtroppo non lo sarò) il Comitato di gestione dell'USSL di Settimo era perfettamente a conoscenza della situazione. Bisognava che fossero i servizi pubblici ad organizzare questa attività, non certo affidandosi a volontari che hanno altro da fare e che non possono sostituirsi all'ente pubblico.
Arriviamo al problema del carcere. Anche qui mi rendo conto che le competenze regionali sono molto delimitate e probabilmente sulla questione carcere c'è qualcuno che fa il furbo: non è ammissibile liquidare la questione dell'assistenza alle persone in AIDS o sieropositive dicendo semplicemente che ci sono quattro malati di AIDS. Non so quale fonte abbia potuto fornire una simile cifra all'Assessore. Le persone in AIDS conclamato nel repartino "dedicato" a questo problema erano 17 prima dello sciopero della fame ed è grazie allo sciopero della fame che i detenuti hanno fatto che sono diventate 4, perché il giudice di sorveglianza ha applicato le nonne che si rifiutava di applicare prima. Voglio ricordare soltanto due dichiarazioni, molto autorevoli, che non sono della mia parte politica. Una è del Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Galloni, che ha dichiarato il 16 settembre scorso su "l'Avvenire"; "Per affrontare i problemi bisogna conoscerli". Ecco io ho un suggerimento da dare a Don Gelmini: convochi qui un giorno i giudici di sorveglianza e tenga loro un breve corso su come si dovrebbero trattare i malati di AIDS.
"La mia impressione - continua Galloni - è che i nostri giudici di sorveglianza non abbiano compreso a pieno la portata reale e la pericolosità del problema. Il Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura". Il Ministro della Giustizia invece dice: "Il sistema carcerario si trova nell'impossibilità di gestire l'infezione, non potendo fornire nulla di più della semplice assistenza di base e a livello modesto". L'assoluta incompatibilità tra il carcere e il trattamento dell'AIDS è di fatto un principio già riconosciuto anche da disposizioni ministeriali. In effetti in Piemonte questo principio non è stato applicato, questa è la realtà. E allora, se di intervento bisogna parlare nei confronti delle carceri, bisogna proprio che questo intervento sia in questa direzione e non nella direzione dell'ospedalizzazione dei malati di AIDS che si trovano in carcere, perché nessuno ha chiesto questo, anche se su questo problema bisognerebbe discutere, lo invito, nel giro che si farà nelle carceri, anche a fare una capatina nei reparti ospedalieri del carcere, quello delle Molinette e quello dell'Amedeo di Savoia per rendersi conto delle condizioni in cui si vive là dentro, ed anche della creazione di quelle strutture alternative.
Ci sarebbero molte altre questioni da affrontare, ma spero che di questo argomento si torni a discutere.
Lo distinguo proprio perché è necessario farlo, perché lo voglio fare: da una parte l'approvazione di questa deliberazione che trovo importante necessaria ed urgentissima e dall'altra tutto il resto della politica regionale, anche nazionale, in merito alla questione dell'AIDS. Su quella avremo modo di intervenire anche in altre situazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Il fenomeno della diffusione dell'AIDS è in via di rapido aggravamento.
Il numero di casi diagnosticati anno per anno dimostra una progressione preoccupante per la massa dei sieropositivi, di cui non conosciamo l'esatta entità (possiamo parlare di migliaia, forse di qualche decina di migliaia).
Tra l'altro il fenomeno interessa ormai anche persone fino a poco tempo fa non considerate a rischio. I casi di AIDS conclamato - lo ha detto l'Assessore - sono saliti a 460 alla fine di giugno.
Sono trascorsi 10 anni dalla scoperta del male e anche lo Stato italiano è riuscito nel giugno di quest'anno ad approvare una legge per la lotta contro l'AIDS. La denominazione è significativa: "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS", ci sono voluti troppi anni, ahimè.
La cosa continua a stupirmi; altri non sono stupiti. Forse non mi stupirei neanch'io se tenessi bene a mente che c'è stato un Ministro della Sanità nel nostro Paese che ha teorizzato che si prende l'AIDS la persona che se lo va a cercare.
E' evidente che quel Ministro non si è dato eccessivamente da fare per fronteggiare il fenomeno.
Le carenze sono le solite: mancanza di personale medico, mancanza di personale infermieristico, affollamento dei reparti. Il laboratorio biologico dell'Amedeo di Savoia, centro di riferimento regionale, è rimasto chiuso per tre settimane per mancanza di tecnici, manca l'assistenza psicologica ai sieropositivi.
Diciamo la verità, il programma di informazione e di prevenzione è stato del tutto carente, e non si può non partire nuovamente dall'informazione corretta, scientifica e da misure di prevenzione serie prese sistematicamente. Invece il taglio della legge nazionale è tutto strutturale: tutto posti letto ospedalieri o residenze sanitarie assistenziali, in alternativa all'assistenza domiciliare che indubbiamente è la più efficace, la più umana e la meno costosa, in alternativa ai servizi extra ospedalieri e comunitari.
Apprendiamo che la Giunta senza l'approvazione del Consiglio ha varato il programma strutturale e, se non sbaglio, la cifra stimata nel programma di investimenti era superiori a 100 miliardi di lire (a quanto pare 145 miliardi). L'Assessore non l'ha detto, ma ricavo questa cifra dal programma di investimenti, dal programma decennale e dallo stralcio triennale, per realizzare o ristrutturare 565 posti letto, di cui 113 in day hospital.
Attualmente la Regione Piemonte ha 31 posti letto considerati idonei. E poi sono del tutto inadeguati o mancanti persino i servizi di laboratorio, i servizi diagnostici.
Tra l'altro, a proposito della prima parte del programma, quello degli investimenti strutturali, l'intervento centralistico dello Stato ha espropriato in parte le competenze regionali, tant'è vero che la Regione Lombardia ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale. E poi, l'abbiamo sentito anche dall'Assessore, il Ministro pensa di centralizzare la gestione con tre agenzie nazionali, per il sud, per il nord e per il centro. E' un atteggiamento inaccettabile quello del Ministro.
Così come è inaccettabile che la Giunta approvi un Piano di investimenti strutturali per oltre 100 miliardi di lire senza passare in Consiglio, non è accettabile e si dirà che la legge lo consente. Si scoprono le leggi 10 anni dopo, è accaduto anche per la spesa in conto capitale. Però non ci sono dubbi che è importante un provvedimento di questo genere e non ci sono dubbi che i provvedimenti importanti devono passare in Consiglio.
Siamo alla seconda parte del programma di attuazione della legge n.
135: potenziamento degli organici. Assessore, con quale personale infermieristico? Potenziamento sulla carta, in astratto.
L'attività di formazione: penso che questa sia praticabile. Se si svolge, però, come per gli infermieri professionali, ahimè, non riusciremo nemmeno a coprire il turnover. Ma poi quando saranno pronte le strutture? In quali tempi? E che ne sarà dei servizi extra ospedalieri, che non esistono? Incominceremo a realizzarli o penseremo che il volontariato potrà sopperire alle carenze clamorose della sanità pubblica? Si accenna nel programma ai servizi di assistenza domiciliare. Ma se abbiamo 31 posti letto idonei negli ospedali, che cosa pensiamo di poter fare a domicilio per coloro che hanno la malattia conclamata? Occorre superare l'inerzia che ha caratterizzato in particolare la nostra regione.
L'attività di informazione è stata scarsa, la prevenzione - diciamo la verità - nulla. E' invece necessaria un'azione preventiva, sistematica mirata a gruppi di soggetti a rischio, mirata a particolari ambienti.
Voglio ricordare che il 14 marzo di quest'anno, con Consiglieri di vari Gruppi, ci siamo recati in delegazione a visitare la sezione femminile del carcere Le Nuove. Abbiamo riscontrato condizioni igienico-sanitarie deplorevoli: la percentuale delle detenute tossicodipendenti ha raggiunto il 70%. Lamentavano l'assoluta mancanza di qualsiasi informazione sull'AIDS.
CGIL. CISL e UIL avevano disposto un progetto informativo, doveva essere realizzato da esperti del gruppo Abele, della Lega Italiana perla Lotta all'AIDS. L'autorità amministrativa carceraria non ha concesso l'autorizzazione. Abbiamo scoperto che c'è un conflitto di competenze tra il Ministero di Grazia e Giustizia ed il Ministero della Sanità. Nessuno sa chi è competente a svolgere l'informazione e l'educazione sanitaria nelle carceri. Siccome la controversia non è stata risolta non lo fa né il Ministero di Grazia e Giustizia, né il Ministero della Sanità. C'è poi il problema che riguarda lo stato di salute dei soggetti affetti da AIDS e che sono anche detenuti. La condizione di AIDS conclamata è sempre incompatibile con il regime carcerario: mi pare una misura elementare di civiltà che debba essere attuata rapidamente, stabilendo contatti anche con i giudici di sorveglianza. Al tempo stesso però si pongono dei problemi: nei posti letto ospedalieri i detenuti vengono tenuti pochi giorni e poi rimandati in carcere. Bisogna attivare con molto coraggio l'assistenza domiciliare. Bisogna evitare di spendere ingenti risorse in posti letto ospedaliero. I posti letto ospedaliero sono necessari, ma non eccediamo.
Attenzione che tutte le risorse vengano riferite alle strutture ed a quel punto ci si dirà che mancano le risorse, che i servizi extra ospedalieri non si possono realizzare, che l'assistenza domiciliare è costosa, che manca il personale. Mi pare che il taglio della legge sia del tutto inaccettabile, punti soltanto sulle strutture, ma non c'è solo il problema della legge nazionale. Sono anni di inerzia della Regione Piemonte, per cui il programma potrebbe anche starci bene, anche se per quello che riguarda gli organici è del tutto teorico. Il nostro voto è contrario perchè vogliamo severamente condannare una politica da parte della Regione Piemonte che è stata caratterizzata dal "ragguardare" in attesa dei provvedimenti nazionali, che sono arrivati dieci anni dopo i primi casi di AIDS.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, coloro che mi hanno preceduto hanno affrontato in maniera sistematica i problemi che anche a mio giudizio andrebbero affrontati in un'occasione di studio e di dibattito più ampio in relazione all'obiettivo di fare programmazione seria sulla questione "Interventi a favore delle persone con AIDS".
Fare programmazione vuol dire utilizzare dati conoscitivi certi che descrivano in maniera attendibile la realtà che si dovrebbe affrontare. A me risulta che i servizi che dovrebbero interessarsi degli interventi di prevenzione e cura e riabilitazione delle persone con AIDS, in realtà non dispongono di dati certi. Esistono dati di ricovero ospedaliero e dati di provenienza dei servizi territoriali, i centri per tossicodipendenti.
Tuttavia mi risulta che soltanto presso le UU.SS.SS.LL. di Torino, su iniziativa del coordinamento tossicodipendenze sia stato avviato a regime un sistema informativo sui problemi della tossicodipendenza ed anche sul problema della relazione tra tossicodipendenza e AIDS. Sistema informativo che può essere efficacemente utilizzato e diffuso ad altri livelli territoriali, in altre UU.SS.SS.LL., ma che finora è esclusivamente circoscritto nella realtà torinese, senza efficaci collegamenti con chi deve fare programmazione a livello regionale. In realtà si assiste ad una frammentazione di risorse e possibilità anche in questo campo, che non giova certamente ad un'efficacia degli interventi. Stessa frammentazione la si potrebbe osservare per ciò che concerne le attività di educazione alla salute. Non si capisce ancora bene quali livelli siano di competenza dell'Assessorato regionale alla sanità e quali delle singole UU.SS.SS.LL.
Il primo piano socio sanitario aveva avuto il pregio di descrivere nell'allegato 4), questa suddivisione di competenze tra uffici regionali e UU.SS.SS.LL. Quella chiarezza si è persa successivamente. In realtà non si sa nulla né sulle risorse vincolate, disponibili da parte delle UU.SS.SS.LL. e le stesse lamentano (a Torino in particolare) questa mancanza di chiarezza che è fondamentale per poter avviare iniziative corrette di tipo informativo ed educativo. Le UU.SS.SS.LL. di Torino hanno ricevuto solo l'anno scorso i fondi vincolati dell'86. Non si sa se verranno distribuiti fondi vincolati dell'87 e dell'88. Per lo meno tra i sei referenti per l'educazione alla salute, che operano a Torino, questa notizia non è assolutamente arrivata, né si sa a chi rivolgersi per avere queste informazioni. In realtà la situazione della gestione di queste iniziative nella Regione Piemonte attualmente è frammentata tra due servizi, il servizio formazione ed il servizio di igiene pubblica, senza che nessuno dei due servizi in realtà abbia risorse sufficienti e chiarezza su ciò che deve gestire. Questa mancanza di chiarezza impedisce la programmazione di qualsivoglia iniziativa che non sia di semplice volantinaggio o gestione di mass-media, prodotti dall'Assessorato. Supporti che tuttavia giacciono inutilizzati negli archivi e nelle videoteche delle 63 UU.SS.SS.LL. della Regione. La Regione aveva prodotto due anni fa un audiovisivo di venti minuti che non è stato assolutamente utilizzato.
Quell'investimento di 80 milioni non può dirsi utile. E' chiaro che a questi livelli di assenza giungano gradite le iniziative del Ministero della sanità. Fatta questa affermazione, ribadisco il fatto che in realtà ho delle perplessità rispetto all'efficacia di quel tipo di informazione posto che l'informazione fa cambiare atteggiamento soltanto se è inserita all'interno di un processo formativo più vasto, e non passi sulla testa di quelli che il problema non ce l'hanno, o che ritengono di non averlo o se l'hanno pensano di riuscire a convivere con esso. E' soltanto passando attraverso l'attivazione di risorse professionali adeguate, oltre che strumentali da svilupparsi presso le UU.SS.SS.LL. che si potrà affermare che la Regione ha una politica anche nel campo dell'educazione alla salute.
Molte altre cose si potrebbero dire su questa questione fondamentale ma le occasioni si ripresenteranno, perché non farò mancare sollecitazioni su questo ambito.
Volevo riprendere in mano la delibera per porre alcune domande di chiarimento. A esempio sull'assegnazione di un medico e un assistente sociale collaboratore all'USSL 5 (quella territorialmente competente, che avrebbe dovuto avviare una attività di convenzione per assicurare una presenza socio-sanitaria in collaborazione con gli operatori del carcere su queste questioni).
Questa USSL si trova ad "ottenere" queste due figure professionali, che sicuramente verranno utilizzate in maniera positiva; tuttavia sono risorse inadeguate per un servizio di assistenza ai tossicodipendenti, che deve essere in grado di intervenire efficacemente all'interno del carcere.
Teniamo conto che gli interventi di disintossicazione dall'eroina all'interno del carcere, sono attualmente garantiti da turni di medici (convenzionati con le 10 USSL e coordinati dal Coordinamento tossicodipendenze di Torino), i quali hanno più volte lamentato il fatto di essere costretti a fare gli "spacciatori" di metadone, nel senso che essendosi rifiutato il carcere di detenere il metadone all'interno dell'infermeria, perché per ammissione degli stessi operatori carcerari "non sarebbe sicuro", questi medici sono costretti a portarselo dietro, con tutti i rischi professionali che ciò comporta.
Quindi sono stati consigliati di mascherare la loro valigetta da medico in borse da spesa, sacchetti di nylon, tutte le volte che entrano ed escono dal carcere, proprio per evitare non impossibili atti di violenza contro di loro.
Sulla questione AIDS in carcere molte cose sarebbero da dire, ma il tempo che mi è concesso non mi permette di dilungarmi. Prendo atto delle dichiarazioni dell'Assessore, e, come ha già dichiarato il Consigliere Calligaro, ritengo che poco si sia fatto rispetto all'informazione sulla questione AIDS all'interno del carcere.
Ritengo che sia importante segnalare che questa deliberazione non dà risposta ai problemi da noi sollevati, problemi relativi all'avvio dei servizi territoriali che siano di supporto a quelle strutture non carcerarie in cui indirizzare i detenuti con AIDS conclamato, in cui venisse riconosciuto il diritto a misure alternative. Questo fatto mi fa pensare con molto scetticismo ad un sollecito avvio a soluzione dei problemi che erano stati sollevati con la mia interrogazione.
Il nostro giudizio, pertanto, in relazione a quanto ho dichiarato poc'anzi sulla utilità rispetto ai fini che dovrebbe porsi la deliberazione proposta, è negativo. Ovviamente non mi esimo dall'affermare che essendo atto dovuto è dovere del Consiglio approvarlo o non approvarlo, ma penso che con la questione dell'urgenza si sia persa un'occasione per rendere questo atto più completo e più utile.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Sul contenuto della delibera non ho molto da replicare, rispondo invece a sottolineature che mi sono state segnalate. Rispondendo al Consigliere Cucco che chiede l'inserimento nella Commissione regionale dei gruppi dei sieropositivi e dei rappresentanti dell'associazione, dico che è una Commissione tecnica. Noi abbiamo una serie di commissioni tecniche alle quali partecipano solo i tecnici, e non possono partecipare i familiari n i rappresentanti degli ammalati. Questo vale anche per le commissioni tumori, cardiologica, otorino, tossicodipendente, AIDS. Quindi non mi pare il caso di farne una misura consociativa, eventualmente si può studiare il modo di coinvolgere questa rappresentanza che opera nel settore.
In merito a "dare delle segretarie a Gioannini", devo dire che non è nostra competenza diretta; lei sa che abbiamo inventato anche la figura "dell'amministrativo di reparto", e abbiamo anche chiesto spiegazione del perché alcune cose non sono state fatte in determinate UU.SS.SS.LL.
La distribuzione delle siringhe monouso: avevamo autorizzato l'esperimento a Settimo con l'uso del volontariato, perchè consegnando la siringa si stabiliva un momento di contatto con il tossicodipendente, per poter iniziare una forma di colloquio. Purtroppo questo esperimento non è andato a buon fine, perché non si è trovata la possibilità di disporre del volontariato.
Consigliere Maggiorotti, alla USSL 5 noi abbiamo autorizzato da marzo una equipe che prevede: 3 medici, 2 psicologi, 1 assistente sociale, 3 infermieri professionali per le carceri. C'era il provvedimento ad hoc per la USSL 5.
Consigliere Calligaro, sugli Infermieri di sforzi ne abbiamo fatti siamo arrivati a oggi, in Piemonte, a 5000 iscritti nei tre anni alla scuola professionale per infermieri.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Peano. Ne ha facoltà.



PEANO Piergiorgio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo DC ringrazia l'Assessore per la relazione e per la fotografia del territorio che ci ha portato questa mattina. Anche se alcuni colleghi hanno detto che non è emergenza, ci auguriamo che il personale medico previsto possa tornare presto a ritrovarsi in soprannumero nelle strutture ospedaliere.
Il problema dell'AIDS rappresenta uno dei problemi più gravi, anche nella nostra regione. L'Assessore ha tentato di spiegare i motivi per cui a Novara le percentuali sono più alte che altrove.
A Ginevra dove ha sede l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) le cartine che indicano la diffusione dell'AIDS si stanno sempre più minacciosamente ricoprendo. Se fino al 1986 molte nazioni potevano ancora ritenersi immuni, oggi la presenza della malattia è praticamente registrata in ogni parte del pianeta.
Jonathan Mann, il medico americano che conduce all'OMS a Ginevra la campagna mondiale anti AIDS, denuncia e continua a denunciare dei segni allarmanti.
Anche il nostro Ferdinando Aiuti, ordinario di Allergologia e immunologia alla Sapienza di Roma, trovatosi in prima linea nel 1982 con la scoperta, anche da noi, dei primi casi di AIDS, sta richiamando l'opinione italiana sulla terribile autenticità di questa malattia.
Dall'OMS sono denunciati 220 mila casi a febbraio di quest'anno: un numero elevato se vogliamo, ma non esaustivo dal momento che mancano le segnalazioni reali dai paesi in via di sviluppo. Secondo stime sempre dell'OMS sarebbero oggi circa 6 milioni in tutto il mondo, 15-20 milioni nel Duemila.
In Africa, in modo particolare, sembra che in molte città il contagio sia del 10-15% della popolazione.
Situazione esplosiva in Thailandia. Nel 1987 l'1% dei tossicodipendenti che si drogavano per via iniettiva era sieropositivo. Oggi il dato sta superando il 40%.
L'infezione è ancora in aumento negli eterosessuali, uomini e donne.
Negli Stati Uniti oltre 100.000 casi segnalati e oggi anche i bambini vittime innocenti, le più innocenti, vivono tragedie terribili. Per molti il contagio avviene attraverso il sangue materno quando ancora sono in concepimento.
La ricerca ha posto in atto tutti gli strumenti con finanziamenti statali e di numerose organizzazioni. Le scoperte sono incoraggianti, ma il cammino è ancora lungo.
Siamo a conoscenza del CD4 sintetico, del composto Q, degli inibitori della proteasi e dei tentativi dei vaccini.
Ma la prognosi è tuttora ancora infausta. I malati muoiono da 6 mesi a 2 anni e la terapia non dispone ancora di alcun mezzo in grado di salvare o di prevenire.
E oggi la gente ha veramente paura di questo virus che sfugge perch cambia faccia continuamente. Hanno paura anche i medici e il personale ospedaliero; i controlli sul sangue per trasfusioni non sono ancora ai livelli di sicurezza.
Dovremo forse rassegnarci ad avere un nemico contro cui combattere? Dobbiamo tutti fare di più. Tutti gli strumenti devono attuarsi.
La legge 135 del Ministero della Sanità: "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS" e il carico alle Regioni dei precisi adempimenti a 30 e 60 giorni.
La Giunta ha fatto bene a deliberare con atti necessari per adempiere l'attuazione della legge e delle circolari ministeriali con interventi resi a potenziare gli organici nei reparti, a potenziare i laboratori di analisi e di diagnostica, ad assegnare dei fondi, ad attivare dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale per il personale dei vari reparti, a proporre il convenzionamento con tutte le strutture esistenti unità terapeutiche, servizi domiciliari, e soprattutto la costituzione del Centro di riferimento regionale collocato nell'Ospedale Amedeo di Savoia di Torino.
Un lavoro propositivo deliberativo interessante che ci trova ampiamente concordi, e che a nome del Gruppo ritengo importante proporre alla ratifica di oggi.
La proposta deve ancora essere successiva e riguarda soprattutto l'impegno di tutti noi permettere in atto l'esigenza di una cultura per l'educazione alle responsabilità personali. Tale educazione comporta una azione conoscitiva e una formazione morale sia nei membri dei gruppi a rischio (tossicodipendenti e omosessuali) sia per quanti possono avere rapporti con i potenziali trasmettitori del contagio.
E' necessario predisporre due linee di trattamento: una di educazione sanitaria della popolazione per stimolare il grado di conoscenza e di consapevolezza, per combattere le reazioni di paura e di rigetto, per diffondere tutte le conoscenze necessarie: progetti di educazione anche nelle scuole superiori: l'altra: attuare tutti i mezzi necessari per assicurare ai malati di AIDS i servizi di assistenza ospedaliera, che già con questo atto possono avere un futuro e una garanzia, ma devono ancora essere potenziati garantire un razionale e sicuro utilizzo del sangue; educare e assistere i tossicodipendenti perché droga e AIDS sono un triste connubio; sviluppare il senso della solidarietà e aiutare tutte le strutture di volontariato esistenti sul territorio, anche quelle private.
Rimane, però, infine un impegno ancora più forte: quello di recuperare il vero valore della vita.
Credo sia giusto quanto ha detto il collega di pensare alle siringhe monouso. Ma il tentativo deve essere un tentativo veramente culturale e deve andare al di là, deve recuperare un tessuto logico sul territorio che è molto più importante. C'è un tessuto che deve veramente riguardare tutti quanti.
I malati non devono sentirsi soli e non devono perdere la speranza.
La scienza non deve perdere il proprio diritto alla ricerca, pur nel giusto equilibrio, a salvaguardia dei diritti inalienabili della persona umana.
La famiglia deve ritornare ad essere scuola di vita soprattutto ai figli con una educazione responsabile e con la testimonianza, non abdicando in caso di membri contagiati.
La scuola sia cultura, madre di cultura, maestra di corretto stile di vita e di un'autentica cultura dell'amore e della solidarietà. Ai giovani soprattutto a loro, deve essere rivolta da parte nostra una proposta culturale di crescita perché sentano che la vita è degna di essere vissuta e si sentano protagonisti della costruzione di un nuovo ordine sociale e giusto.
La classe politica - tocca tutti quanti noi - riprenda la sua identità la sua credi bilità, facendosi carico delle iniziative e dei piani globali in aiuto e in difesa ai tossicodipendenti e ai malati di AIDS, per creare veramente una cultura della solidarietà.
Il personale medico e sanitario sappia affrontare l'emergenza senza paura e discriminazioni.
Questi impegni devono vederci su due livelli: un livello pratico quello che ci porta ad attuare una legge, e un livello culturale che sia quello di produrre una cultura anche sul nostro territorio.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri Interventi per dichiarazione di voto, comunico al Consiglio che a pag. 3 della deliberazione di ratifica (stampato 20) bisogna correggere un errore di battitura: in corrispondenza di Acqui Tenne anziché "due" bisogna scrivere "uno".
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli, 9 contrari e 5 astensioni.
La Conferenza dei Capigruppo è fissata alle ore 14.45.
Il Consiglio riprenderà alle ore 15.30.
Laseduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.25)



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