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Dettaglio seduta n.76 del 02/07/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Caccia

Interrogazione n. 479 del Consigliere Cucco inerente all'istituzione dell'albo "cacciatori esperti" per abbattimenti selettivi da parte della Provincia di Torino


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Poiché non ci sono verbali di precedenti sedute da approvare, passiamo al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze".
Discutiamo l'interrogazione n. 479 presentata dal Consigliere Cucco.
La parola all'Assessore Cantore.
CANTORE, Assessore alla caccia Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in riferimento all'interrogazione del Consigliere regionale Enzo Cucco, riguardante l'istituzione dell'albo "cacciatori esperti" per abbattimenti selettivi da parte della Provincia di Torino, si osserva quanto segue.
Su un terreno più generale è il caso di esprimere due ordini di considerazioni, in primo luogo circa l'illegittimità che l'interrogante ritiene di ravvisare nelle deliberazioni della Giunta provinciale n. 235 dell'11.12.1990 ("Completamento prelievo selettivo ungulati secondo l'art.
22, legge regionale 60179, anno 1990/91") e deliberazione n. 19 dell'8.1.1991 ("Corso di formazione per cacciatori esperti nel prelievo selettivo della fauna ungulata - Presa atto dei risultati della verifica finale"); in secondo luogo, circa il fatto che la Provincia di Torino nell'affidare i corsi per la formazione dei cacciatori esperti all'Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi ha fatto venir meno i requisiti di imparzialità e neutralità, propri dell'operazione dell'abbattimento selettivo.
Le deliberazioni della Giunta provinciale non contrastano affatto con le norme della legge regionale n. 60/79, e in particolare non vi è contrasto con l'art. 22 indicato nell'interrogazione. Non vi è contrasto in quanto l'art. 22 prevede, al comma 2, che con gli agenti venatori provinciali, possono collaborare cacciatori sempre nominativamente designati ai sensi del comma 1, limitatamente agli abbattimenti da effettuarsi nella zona di caccia controllata e nella Zona Alpi.
In effetti, la Giunta provinciale di Torino, in relazione alla necessità di conseguire risultati soddisfacenti in ordine alla riduzione numerica dei branchi di cervi presenti nei comparti alpini della Valle Chisone e Germanasca e dell'alta e bassa Valle di Susa dove più consistente è la loro presenza ed è causa di notevoli danni alla copertura forestale ha autorizzato la prosecuzione degli abbattimenti selettivi di tale specie da effettuarsi a cura degli agenti venatori provinciali e con la collaborazione di personale volontario provvisto di idonea conoscenza della montagna e dei selvatici in questione.
L'Amministrazione provinciale, per il conseguimento di tale obiettivo ha ritenuto necessario avvalersi di cacciatori, a motivo della esiguità degli organici provinciali nella necessità di soddisfare anche gli altri compiti di istituto, soprattutto quelli di vigilanza, e della gravosità delle operazioni relative all'abbattimento dei cervi.
E' noto che per effettuare i piani di prelievo degli ungulati in generale, quindi in particolar modo dei cervi, la cui gestione tecnica richiede un'ottima conoscenza delle strutture di popolazione, è necessario procedere secondo criteri rigorosamente selettivi, distribuendo i capi da abbattere in classi di età e sesso.
Si è dell'avviso che una simile forma di prelievo può essere attuata solo in presénza di una specifica organizzazione delle principali attività gestionali e di una buona preparazione tecnica (realizzata anche attraverso corsi di formazione) sia degli operatori faunistici, incaricati dell'esecuzione dei censimenti e della predisposizione dei piani di prelievo, sia dei cacciatori che partecipano alle operazioni di abbattimento selettivo. In concreto, i provvedimenti provinciali di attuazione dei piani di prelievo si limitano ad adottare tali modalità, che sono prescritte anche dall'Istituto Nazionale di Biologia della selvaggina per tutte le operazioni di prelievo selettivo degli ungulati.
A tal fine, la Provincia di Torino, con deliberazione n. 19 dell'8.1.1991, recepiva una lista di 25 cacciatori risultati idonei alla prova finale del corso di formazione per "cacciatori esperti", nel prelievo selettivo dei cervi, approvato con precedente deliberazione della Giunta provinciale n. 224 dell'1.3.1990.
Procedendo ad un'ulteriore osservazione riguardante le deliberazioni della Provincia di Torino, di cui l'interrogante lamentala illegittimità ci si limita ad esprimere la valutazione secondo cui, anche in questo caso non parrebbero evidenziarsi i limiti ed i vizi lamentati. Infatti, la deliberazione della Provincia stabilisce che delle operazioni di abbattimento saranno responsabili gli agenti del servizio di vigilanza, i quali opereranno con la collaborazione dei cacciatori esperti ed altri cacciatori parimenti autorizzati nominativamente, nel rispetto delle prescrizioni elencate nel provvedimento n. 235 dell'1.12.1990.
Nel caso in questione, la collaborazione dei cacciatori, ai sensi del terzo comma dell'art. 22 della legge regionale 60/79, è prevista in forma ausiliaria e sottoposta all'autorità del responsabile del settore provinciale della vigilanza o di un suo incaricato, con l'obbligo di organizzare squadre composte da agenti venatori e cacciatori autorizzati oppure squadre di esperti e cacciatori autorizzati.
Risulta, comunque, attraverso informazioni acquisite presso l'Amministrazione provinciale di Torino, che tutte le operazioni di prelievo sono state svolte sotto la responsabilità del personale di vigilanza provinciale, anche nei pochi casi in cui sono stati utilizzati cacciatori esperti. Al riguardo, fanno fede i verbali di prelievo degli abbattimenti sottoscritti dagli stessi agenti venatori provinciali.
Da ultimo, non si ritiene che l'affidamento dei corsi per là formazione dei cacciatori esperti all'Unione Nazionale Cacciatori Zona Alpi, abbia fatto venir meno i requisiti di imparzialità e neutralità propri dell'abbattimento selettivo. Ciò in quanto la Regione e gli enti da essa delegati, ai sensi della legislazione nazionale e regionale in materia possono avvalersi, nell'espletamento delle funzioni legislative e amministrative, della partecipazione e collaborazione delle associazioni venatorie nazionali riconosciute.
Va inoltre sottolineato che i corsi teorici e pratici per la formazione di cacciatori esperti, in relazione al programma delle materie trattate (biologia e patologia dei cervi, tecniche di riconoscimento delle caratteristiche fisiche degli animali in ambiente naturale, aspetti legati alla legislazione venatoria) da parte di personale docente specializzato dell'Università degli Studi di Torino, dell'Istituto Nazionale di Biologia della selvaggina di Bologna, dell'Azienda provinciale foreste e demanio di Bolzano e del Parco regionale La Mandria, in previsione di un esame finale si ritengono improntati su criteri di imparzialità e neutralità per i fini cui sono stati proposti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Ringrazio l'Assessore per la risposta che è stata molto ampia e non occasionale; mi riservo una replica puntuale, se l'Assessore mi vorrà dare copia scritta della risposta.
Mi limito a ricordare i motivi che mi hanno portato a presentare questa interrogazione; l'Assessore Vetrino ne è perfettamente a conoscenza, visto che nella passata legislatura ha seguito personalmente la vicenda.
Il coinvolgimento dei cacciatori nella questione degli abbattimenti selettivi è stato sempre discusso, e da me continua ad esserlo.
L'interpretazione della sentenza del TAR è quello strano meccanismo che è stato trovato nella legge regionale per autorizzare anche i cacciatori ad "aiutare" le guardie venatorie provinciali ad effettuare gli abbattimenti questo non è sostenibile perché, in via di principio, non riconosco né ai cacciatori né alle loro associazioni alcuna qualità specifica per poter procedere, in modo scientifico, agli abbattimenti che hanno carattere sanitario e non venatorio.
Le associazioni dei cacciatori sono associazioni venatorie e non protezionistiche, o comunque non hanno alcuna qualificazione particolare per potersi presentare tali.
Nel merito dell'interrogazione risponderò sulla base del testo scritto della risposta dell'Assessore.


Argomento: Corsi e scuole musicali - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 506 del Consigliere Cucco inerente nuove rivelazioni sul traffico di rifiuti industriali e sul riciclaggio dei proventi del narcotraffico nell'economia legale.


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 506 del Consigliere Cucco.
La parola all'Assessore Garino per la risposta.
GARINO, Assessore all'ambiente I più recenti sviluppi della vicenda ECOMOVIL di Pianfei riguardano il procedimento giudiziario a carico del signor Farò, contitolare della ditta in questione. Questi, in un primo tempo arrestato e detenuto a Sala Consilina, poi agli arresti domiciliari presso la propria abitazione di corso Peschiera in Torino, attualmente attende, a piede libero, l'esito del processo iniziatosi con la prima udienza del 14 marzo scorso.
In base alla documentazione a tutt'oggi disponibile, si può affermare che: sono stati effettuati smaltimenti di rifiuti speciali, non radioattivi, derivanti dall'attività dell'ECO-MOVIL srl di Pianfei, in provincia di Cuneo, presso il Centro Smaltimento Sud srl, sito in località Coscialonga del Comune di Sant'Anastasia (NA), tramite una società commerciale di intermediazione di La Spezia, la Transfermar srl sono stati utilizzati trasportatori, forniti dalla società di intermediazione commerciale, che non possedevano regolare autorizzazione al conferimento di rifiuti presso il suddetto impianto i rifiuti sono effettivamente pervenuti non ad una discarica abusiva, bensì ad un impianto autorizzato, anche se a seguito di ulteriori accertamenti potrebbe risultare non abilitato al ricevimento di quel particolare tipo di rifiuti.
L'Assessorato all'ambiente e all'ecologia della provincia di Napoli ci ha infatti comunicato che, in seguito alla sospensione dell'autorizzazione regionale alla discarica Setri srl sita a Parete, non esistono al momento impianti autorizzati allo smaltimento di rifiuti di categoria 2B in nessuna provincia campana. Ho immediatamente provveduto ad avvisare tutti gli assessorati provinciali all'ecologia, predisposti al controllo dei movimenti di rifiuti, dell'impossibilità per la Regione Campania di ricevere rifiuti stoccabili in regolari discariche di categoria 2B.
Dalla documentazione a disposizione risulta altresì: una relazione di consulenza neurologica e medico-legale effettuata sull'autista Mario Tamburrino, dei professori Pannaimbonavita e Tedeschi delle Facoltà di Medicina dell'Università di Reggio Calabria e Napoli secondo cui il medesimo Tamburrino avrebbe chiaramente simulato l'emiparesi e sarebbe da sempre affetto da deficit visivo i ripetuti tentativi della ditta ECOMOVIL di smaltire direttamente i rifiuti presso smaltitori autorizzati, senza fare ricorsi ai «buoni uffici di agenzie di intermediazione commerciale, non hanno avuto esito positivo.
Il conferimento diretto presso centri di smaltimento finale risulterebbe di fatto escluso, poiché i vari impianti avrebbero affidato la parte commerciale alle predette società di intermediazione i dipendenti della ditta ECOMOVIL. in attività dal 1979, sottoposti trimestralmente ad analisi e visite mediche presso l'Istituto Pasteur di Cuneo, non hanno mai accusato malesseri imputabili alle lavorazioni aziendali.



FOCO ANDREA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Ringrazio l'Assessore per la puntuale risposta; passo oltre su un argomento di sua stretta competenza, pur sapendo che l'Assessore non ha e non può avere elementi per un'approfondita discussione.
Notizie assai fondate, provenienti dalla Magistratura, sosterrebbero che il riciclaggio di denaro "sporco" derivante dal narcotraffico, attuato attraverso il controllo di società operanti nel settore dell'ambiente e dell'ecologia, sia un pericolo concreto non soltanto nel meridione d'Italia, ma anche al nord.
Il mio intervento, più che una replica, vuole essere un invito all'Assessore a prestare attenzione a quanto accade, in particolare alla società finanziaria Sofextour, società indicata dalla Magistratura per i suoi legami con il riciclaggio di denaro proveniente dal narcotraffico, ed interessata ad aziende operanti nell'ambito del riciclaggio dei rifiuti.
Domani si terrà la prima riunione del Comitato prefettizio sulla criminalità; l'Assessore all'ecologia dovrebbe prestare attenzione, poich si tratta di attività criminose ad alto rischio.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 528 del Consigliere Porcellana inerente alla situazione smaltimento rifiuti in Valle Belbo a seguito chiusura discarica di Salmour


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interrogazione n. 528 presentata dal Consigliere Porcellana.
La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente L'esaurimento delle discariche di Salmour (ditta AIMERI) e Benevagienna (ditta ISPA) avvenuto il 30 aprile scorso ha comportato per numerosi Comuni (137 nella provincia di Cuneo, 24 nella provincia di Asti e 7 nella provincia di Torino) l'impossibilità di provvedere allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. L'Assessorato all'ambiente ha valutato attentamente tutte le possibilità di smaltimento alternative esistenti sul territorio regionale. Purtroppo non sono emerse alternative concretamente praticabili i Consorzi incontrano già numerose opposizioni per la realizzazione delle proprie discariche e chiaramente nessuno vuole accettare a casa propria anche i rifiuti degli altri.
Con deliberazione della Giunta regionale n. 127/5990 del 6 maggio, la Giunta ha emanato delle disposizioni urgenti ricomprendenti gli unici interventi praticabili a livello regionale: i sette Comuni del Torinese andranno - e stanno andando - presso la discarica di La Loggia; una parte dei Comuni del Monregalese e del Saluzzese potranno portare per quattro mesi i propri rifiuti nelle discariche dei Consorzi Pinerolese, Cuneese e della Comunità Montana "Alta Langa", per dei quantitativi peraltro non troppo rilevanti. Inutile ricordare che anche questi provvedimenti sono stati contestati ed i Consorzi Pinerolese e Cuneese hanno già preannunciato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
Contemporaneamente, con un telegramma, invitavo il Consorzio Astigiano ad accogliere nella propria discarica, sita nel Comune di Asti, anche i rifiuti urbani raccolti nei Comuni facenti capo al Consorzio della media Valle Belbo. Comuni che purtroppo stanno scontando i ritardi delle precedenti amministrazioni nell'approntare le discariche consortili già previste dal Piano regionale. Infatti, il Consorzio Astigiano non ha ritenuto di dover farsi carico anche dei rifiuti raccolti nei Comuni della Valle Belbo.
Il Consigliere mi chiede quali iniziative verranno intraprese per risolvere la situazione: vorrei al proposito ricordare che lo smaltimento dei rifiuti urbani non rientra nelle competenze della Regione, la quale deve programmare (e lo ha fatto redigendo l'apposito Piano regionale per l'organizzazione dei servizi di smaltimento dei rifiuti) ed approvare i progetti di discariche che spetta comunque ai Consorzi presentare.
In effetti, ai sensi degli artt. 3 e 8 del DPR 915/82, "le attività inerenti allo smaltimento dei rifiuti urbani competono obbligatoriamente ai Comuni». Spetta quindi ai Comuni iniziare finalmente, dopo anni di inadempienze, a farsi carico delle proprie responsabilità in materia.
I Comuni dell'Albese e del Fossanese stanno già operando per individuare ed approntare dei siti all'interno dei propri territori comunali utilizzabili temporaneamente e provvisoriamente come discariche in attesa della realizzazione dei previsti impianti consortili.
Comunque, per quanto riguarda i Comuni della Valle Belbo, al fine di scongiurare l'interruzione del servizio di raccolta rifiuti, con gli inevitabili pericoli per la salute e per l'ambiente che detta interruzione comporterebbe, ed in considerazione anche delle sollecitazioni inviate dal Prefetto di Asti, ho tentato un'ulteriore mediazione nei confronti del Consorzio Astigiano.
A seguito di quest'ultima iniziativa, la Giunta regionale ha deliberato, lunedì 20 maggio, alcune disposizioni urgenti in merito allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani di Comuni ricadenti nella provincia di Asti.
Per quattro mesi, fino al 30 settembre, i rifiuti urbani raccolti nei Comuni ricompresi nel Consorzio Smaltimento Rifiuti "Valle Belbo" per un quantitativo complessivo giornaliero massimo di 30 tonnellate, dovranno essere smaltiti presso la discarica del Consorzio Astigiano, sito in località Valle Manina.
Non saranno però possibili ulteriori proroghe o provvedimenti similari per cui invito fin d'ora i Comuni della Valle Belbo ad individuare preferibilmente a livello consortile, adeguate soluzioni per lo smaltimento dei propri rifiuti.



PRESIDENTE

Ha facoltà di parola il Consigliere Porcellana.
PORCELLANA Ringrazio l'Assessore Garino per la risposta molto precisa e puntuale e per le decisioni adottate nel mese di maggio, in due momenti diversi, da parte della Giunta.
E' opportuno sottolineare il comportamento della ditta AIMERI che, dopo aver firmato, nell'aprile scorso, degli accordi con i Comuni del sud della provincia astigiana, il giorno 30 aprile ha deciso con lettera tassativa di chiudere ogni tipo di rapporto con queste amministrazioni comunali e quindi di non poterne più raccogliere i rifiuti urbani.
La decisione di destinare i rifiuti solidi urbani alla Valle Manina è importante e positiva, ma dalla risposta si capisce chiaramente che dal 30 settembre la Valle Manina non potrà più ospitare i rifiuti della zona della Valle Belbo. Infatti, da pochi giorni anche 12 Comuni della Valle Bormida scaricano i loro rifiuti in Valle Manina, che quindi si aggiungono ai 14 Comuni che già utilizzano la discarica di Asti, per un totale di 26 Comuni praticamente tutti i Comuni dell'Astigiano utilizzano tale discarica.
Pertanto si deduce che il 30 ottobre tale discarica non avrà più capienza per raccogliere i rifiuti dell'Astigiano.
In questi giorni l'Assessorato competente, di spettanza dell'Assessore Garino, sta esaminando la proposta di nuova discarica, che è stata indicata in località di Camerano Casasco da parte del Consorzio smaltimento rifiuti.
Urge quindi una decisione impellente, perché la discarica della Valle Manina sta per esaurirsi e occorre dare il via all'operazione di costruzione per il sito individuato in Camerano Casasco.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 554 dei Consiglieri Cucco, Staglianò, Segre e Miglio inerente all'emergenza rifiuti nel Cuneese


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 554 presentata dai Consiglieri Cucco, Staglianò, Segre e Miglio, cui risponde l'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Non credo di aver sottovalutato i problemi legati al previsto esaurimento delle discariche di Salmour e di Benevagienna; già nei quattro mesi precedenti la chiusura delle due discariche ho avuto modo di partecipare ad incontri con amministratori locali e specifici convegni (a Fossano, Mondovì, Saluzzo ed Alba) sulla situazione dello smaltimento dei rifiuti e sulle prospettive future.
Come è noto la deliberazione della Giunta regionale del 6 maggio scorso prevede: che i Comuni del Saluzzese smaltiscano i propri rifiuti urbani presso la discarica di Pinerolo che 20 piccoli Comuni del Monregalese smaltiscano i propri rifiuti presso la discarica della Comunità Montana "Alta Langa" a Murazzano, mentre i rifiuti raccolti presso altri Comuni del Monregalese, Mondovì esclusa siano smaltiti presso gli impianti del Consorzio Cuneese a Borgo S.
Dalmazzo.
Il sovraccarico delle discariche citate non appare eccessivo: ad esempio Cuneo si trova a dover accettare 20 tonnellate in più al giorno rispetto alle 170 abituali (quindi il 12% in più). E' vero che la piccola discarica di Murazzano riceve già i rifiuti di 34 Comuni, ma si tratta di piccoli, e piccolissimi Comuni, con una conseguente produzione di rifiuti solidi urbani limitata.
Con successiva deliberazione della Giunta regionale è poi stato già approvato dalla Regione un ampliamento della citata discarica di Murazzano ed anche finanziato. La DGR n. 127 del 6 maggio dispone comunque che i Consorzi Saluzzese e Monregalese, con l'entrata in funzione dei propri impianti, dovranno ricevere una quantità di rifiuti pari a quella conferita presso gli impianti di Murazzano, Borgo S. Dalmazzo e Pinerolo.
Mi sembra di scorgere nelle considerazioni esposte dagli interroganti una eccessiva volontà polemica nei confronti dell'operato dell'Assessorato all'ambiente, che finisce con il portare gli interroganti stessi ad assumere atteggiamenti contraddittori. Infatti da una parte mi si critica per aver imposto un sovraccarico alle discariche ancora funzionanti, mentre dall'altra parte mi si accusa di non aver adottato provvedimenti similari per i Comuni del Braidese. Ora, poiché gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti non si inventano da un giorno all'altro (e, sei Consorzi non si attivano, possono trascorrere degli anni; basti pensare che, ad oltre un anno dalle scorse elezioni amministrative, sono stati appena rinnovati gli organi direttivi del Consorzio Monregalese), mi pare che quelle che sono state individuate siano le uniche alternative concretamente praticabili.
Per quanto riguarda i Comuni delle zone di Alba e Bra, ho invitato il Comune di Alba a valutare la possibilità di accettare nella propria discarica i rifiuti dei Comuni consorziati, accelerando nel contempo i lavori per la costruzione della discarica consortile di Sommariva Perno ciò che il Consorzio di Alba ha fatto.
Sono già sveltite al massimo le procedure relative alla domanda presentata dalla ditta ISPA al fine di ottenere l'autorizzazione a trasportare e smaltire parte dei rifiuti da essa raccolti (tra cui quelli di Bra) presso l'inceneritore di Tenda, in Valle Roya in Francia.
La città di Fossano si è attivata lodevolmente per uno smaltimento provvisorio che interessasse anche i Comuni del costituendo Consorzio; la soluzione però non può essere immediata e di conseguenza i Comuni della zona devono fare fronte all'emergenza con propri provvedimenti temporanei ai sensi dell'art. 12 del DPR 915/82.
E' evidente come una tale situazione comporti la possibilità di abusi ed è per questo che, dove è possibile, si è cercato di utilizzare temporaneamente altre discariche consortili già esistenti. Purtroppo i Consorzi incontrano già numerose opposizioni per la realizzazione delle proprie discariche e chiaramente nessuno vuole accettare a casa propria anche i rifiuti degli altri.



PORCELLANA FRANCESCO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Ringrazio l'Assessore per la risposta. L'esposizione della sua risposta, non il contenuto, è abbastanza singolare. Io non capisco come mai, leggendo il testo dell'interrogazione e ascoltando le sue parole, lei di fatto ha dato esattamente ragione a quello che noi diciamo. Lei sostiene di aver riscontrato una contraddizione, ma di fatto non esiste.
Dopo aver preso atto della sua deliberazione, le avevo chiesto, visto che aveva trovato una soluzione per risolvere il problema di alcuni comuni come mai non l'avesse trovata per altri comuni. Dalla sua risposta all'interrogazione emerge che non c'è alcuna contraddizione perché noi non le chiediamo di non fare una cosa per alcuni comuni e farne altre.
In secondo luogo le proteste - lei dovrebbe saperlo - sono arrivate innanzitutto dai comuni, che per circa un paio di settimane non hanno saputo che cosa fare. Il fatto che lei abbia autorizzato con delibera successiva a quella del 6 maggio (mi piacerebbe anche sapere la data di quest'ultima delibera) l'ampliamento della discarica di Murazzano significa che è esattamente vero quello che abbiamo detto noi e quello che sostengono anche i comuni, e cioè che la discarica di Murazzano non era sufficiente per contenere i rifiuti provenienti dai comuni. Noi in questa interrogazione chiedevamo se non fosse stato possibile che l'Assessorato pensasse prima ad autorizzare, o per lo meno in modo contestuale l'ampliamento della discarica di Murazzano e poi operare nel modo in cui ha operato per effettivi motivi di emergenza.
Ci sembra che ci siano delle difficoltà di tempi.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente Ringrazio il Consigliere Cucco; mi pare che ci siamo chiariti reciprocamente.
Devo dire però che la deliberazione riguardante l'autorizzazione all'ampliamento della discarica della Comunità montana era già fissata da tempo, perché il progetto era stato presentato almeno una ottantina di giorni prima: abbiamo risposto nei termini, quindi niente a che vedere con l'emergenza della Provincia di Cuneo.
La seconda cosa che vorrei dire è che nel caso della Comunità Montana Alta Langa, Murazzano era assolutamente d'accordo a ricevere i rifiuti dei piccoli Comuni del Monregalese.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Risposta scritta all'interrogazione n. 489 dei Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò inerente al progetto Soc. Borgobonifica per realizzazione impianto interramento controllato rifiuti speciali assimilabili agli urbani


PRESIDENTE

Comunico che all'interrogazione n. 489 dei Consiglieri Miglio, Segre e Staglianò inerente al progetto Soc. Borgobonifica per realizzazione impianto interramento controllato rifiuti speciali assimilabili agli urbani viene data risposta scritta da parte dell'Assessore Garino.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.; "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bergoglio, Penasso, Sartoris e Zacchera.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame proposta di deliberazione n. 233: "Legge Regionale n. 56/86 Modificazione del Piano degli Interventi"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 233.
La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore alle politiche industriali Le deliberazioni, normalmente, non hanno molto spazio nell'ambito del dibattito del Consiglio regionale, ma ritengo che questa meriti attenzione.
Questa potrebbe prefigurarsi come una delibera-routine, nel senso che noi siamo nell'applicazione di una legge e quindi nell'individuazione dei criteri per la sua applicazione, cosa che dobbiamo fare ogni anno.
Viceversa, quest'anno la delibera si configura in un modo particolare.
Innanzitutto perché, per la prima volta, c'è uno stato di attuazione della legge 56; in secondo luogo, perché questa deliberazione reca l'individuazione di nuovi criteri che sono alla base del nuovo Piano di interventi.
Mi sembra giusto e corretto (anche per rispondere alle domande che mi sono state formulate in sede di Commissione, in particolare dai Consiglieri Marengo e Foco) fornire in questa sede ulteriori informazioni. Tra l'altro i Consiglieri del PDS si erano riservati l'atteggiamento di voto proprio sulla base delle ulteriori informazioni che avrei dato.
Mi sembra giusto innanzitutto dare un quadro della situazione di attuazione della legge regionale 56/86. L'utilizzo di questa legge, che come i Consiglieri sanno è operativa dal dicembre 1987, ha attivato, in circa tre anni di gestione, la realizzazione di investimenti innovativi stimabili in 57 miliardi di lire.
Nel 1990 la Regione ha conferito alla Finpiemonte, che praticamente è il braccio esecutivo di questa legge, 2 miliardi di lire come stanziamento sul fondo per il finanziamento dei progetti innovativi delle imprese minori, e ciò in attuazione agli articoli della sopracitata legge.
Si può dire che nel corso del 1990 la legge si è confermata essere uno strumento operativo di rilevante importanza per il sostegno della piccola e media impresa.
Inizialmente la legge è stata guardata con un po' di timore, e lo si vede dal numero delle cifre, dall'87 al 90, anche se poi vi è stata una progressiva attenzione da parte delle aziende. Possiamo dire oggi, a tre anni di utilizzo della legge, che il suo crescente interesse da parte delle categorie interessate è ancora più notevole se consideriamo che non abbiamo fatto molta pubblicità. La Regione, a volte, non riesce a pubblicizzare sufficientemente i propri interventi, come nel caso specifico, che è estremamente importante perché si colloca nel panorama nuovo della innovazione tecnologica e crea le premesse per una competizione più credibile nei confronti del panorama europeo.
La legge è gestita da un comitato tecnico costituito all'interno della Finpiemonte; tale comitato tecnico ha sottolineato, nella sua relazione una positiva tendenza della qualità dei progetti esaminati, che migliora di anno in anno, evidenziando, quindi, una maggiore conoscenza della legge da parte di operatori economici e consulenti e confermando l'esistenza di un forte potenziale innovativo nel sistema industriale della piccola e media impresa.
Dal 1987 al 1990 sono state presentate 217 domande e ne sono state approvate 136. In sede di Commissione, i Consiglieri avevano rilevato che forte era lo scarto tra domande presentate e quelle ammesse; ci si chiedeva quale fosse il motivo per cui il comitato tecnico andasse a scartare un così grande numero di domande. Posso dire, in questa sede, che la principale causa di esclusione dal finanziamento è dovuta al fatto che si tratta di progetti che non sono di vera innovazione tecnologica, ma di progetti che determinano un normale adeguamento tecnico industriale a cui è tenuto qualsiasi imprenditore per rimanere competitivo sul mercato. Quindi è un segnale di rigore espresso dal comitato tecnico. Quest'ultimo si pu avvalere della consulenza di esperti dell'Università che, di volta in volta, può chiamare di fronte a progetti di difficile valutazione da parte dei membri del comitato e che esigono, quindi, la presenza di una persona più esperta.
E' proseguita inoltre l'attività di verifica ex-post dei progetti conclusi o in corso di attuazione. Si tratta di un aspetto molto importante perché uno degli addebiti che vengono fatti è che la Regione non verifica gli effetti degli interventi che determina sul territorio o sull'economia.
Nello specifico, la verifica ha riguardato, 46 imprese ed ha consentito di documentare in maniera effettiva, con relazioni tecniche e fotografie l'utilizzo dei finanziamenti secondo il disposto della legge. In linea di massima non si sono riscontrati scostamenti significativi e anomali tra programmi effettuati e progetti originari così come per i consuntivi e i preventivi di spesa Entrando nel merito del provvedimento all'attenzione del Consiglio cioè dei criteri da individuare per l'esame delle prossime domande, va detto che sono due i momenti caratterizzanti dell'intervento. In primo luogo, nell'ambito dell'applicazione del meccanismo finanziario del fondo rotativo previsto dalla legge, si sono voluti confermare i criteri e gli ambiti di priorità, i soggetti attuatori che già facevano parte della precedente deliberazione, ma più in particolare si è voluto estendere il campo dell'applicazione del meccanismo finanziario collocando anche progetti per l'adozione dei sistemi di qualità tra le cosiddette priorità d'intervento. Ciò implica che, l'intervento regionale di finanziamento alle imprese a tasso agevolato dell'1%, potrà spingersi fino al 50% della spesa ritenuta ammissibile a finanziamento, contro il 30% previsto per i casi non contemplati come prioritari. Tale decisione ha alla base la volontà della Giunta di incentivare i provvedimenti per la qualità nei termini massimi consentiti dalla legge per tutte le ragioni che abbiamo detto. E' uno dei presupposti su cui si innova attraverso la deliberazione odierna, così come abbiamo dovuto tenere conto, tra le priorità, anche di un altro aspetto quello riguardante in particolare i progetti innovativi presentati ai sensi della legge regionale n. 52/86, interventi per l'informazione locale. Ci stiamo adeguando ad una normativa di legge: abbiamo previsto che tra i soggetti prioritari possibili ci possano essere quelli in grado di definire gli interventi per l'informazione locale. Quindi nell'adeguamento dei piani d'intervento e nell'individuazione dei soggetti attuatori e delle priorità di intervento, abbiamo dovuto considerare anche questa categoria, sebbene per la verità, non sia tra le priorità assolute (nell'elencazione è alla lettera G); tra i soggetti che seguono quelli più importanti riguardano altri settori già di consolidata attuazione della legge stessa.
Questi sono, in sintesi, i capisaldi su cui si fonda il nuovo piano di interventi.
Sono a disposizione per ulteriori informazioni, al di là dell'aspetto routinario che ho voluto escludere per la deliberazione ritengo che i criteri si riferiscano a quelli già individuati dalla legge che, a tre anni di distanza, rivela la sua attualità e la sua importanza.
L'aggiornamento e l'inserimento dei sistemi di qualità ci consente di fare un salto di qualità nei confronti della legge; stiamo pensando anche ad altri strumenti d'intervento della Regione per quanto riguarda questo problema E' un momento sperimentale per vedere come le aziende rispondono alla scommessa che proponiamo loro attraverso la legge 56 per la promozione e la diffusione dell'innovazione tecnologica.
Vedremo le reazioni degli interessati dalle prossime domande: se ci sarà voglia di qualità anche da parte della piccola e media impresa sicuramente questo non sarà il provvedimento definitivo, ma la Regione dovrà pensare ad un intervento più organico e specifico, ad una legge sulla qualità.



MONTABONE RENATO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.
CALLIGARO E' stato positivo sentire la relazione della Vicepresidente sullo stato di attuazione della legge 56; conferma che funziona bene e che il suo stato d'attuazione è soddisfacente.
Se ci fossero maggiori risorse, potremmo essere tutti più soddisfatti tuttavia non è impossibile che la legge 56 sia dotata di maggiori risorse anche perché la Regione continua a far circolare progetti fantomatici d'innovazione. Ricordo nella passata legislatura i famosi 15 miliardi per un grande programma innovativo e nulla è stato fatto; ora circolano insistenti le proposte per una agenzia sull'innovazione. C'è già; la legge 56 è un eccellente strumento, si tratta di dotarlo delle maggiori risorse possibili.
Non è impossibile dotare la legge 56 di maggiori risorse proficuamente perché è uno strumento che funziona bene. I correttivi adottati mi pare siano opportuni; lo strumento è adoperato da alcuni anni e l'esperienza detta modifiche, correttivi. Non vi sono dubbi che l'innovazione deve rivolgersi prevalentemente a migliorare la qualità e l'affidabilità dei nostri prodotti.
Chi pensava di risolvere i problemi della competitività dei nostri prodotti solo determinando impennate di produttività, si accorge che la produttività non basta: bisogna avere prodotti veramente competitivi sul mercato. Il correttivo, quindi, è quanto mai opportuno.
L'altro nuovo criterio, che riguarda l'estensione delle provvidenze alla legge n. 52 del 1986 "Interventi per l'informazione locale", non ci trova invece d'accordo. Ciò perché troviamo assurdo che una legge, che continua ad essere sottodotata nelle sue risorse, debba rispondere, per la parte innovazione, anche alle richieste che si possono presentare in base alla L.R. 52/86. Sarebbe stato più corretto far ricadere la parte innovativa sulla legge 56 dotandola di maggiori risorse; altrimenti c'è il rischio di rovinare uno strumento che ha dimostrato di essere efficace, di disperdere le poche risorse di cui è dotata la legge 56 e di attuare interventi frammentari, di spezzare insomma una logica positiva che abbiamo sperimentato con la legge 56.
Quindi è chiara la nostra motivazione contraria. Noi non siamo contrari alla legge 52; diciamo però che i progetti innovativi non devono ricadere sulla legge 56, e qualora lo fossero è necessario che la stessa legge 56 venga dotata di maggiori risorse.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Ferrara. Ne ha facoltà.
FERRARA La relazione dell'Assessore è stata esauriente su una legge che in questi pochi anni di vita ha dimostrato di svolgere una funzione e un ruolo.
Ho ascoltato con attenzione anche l'intervento del collega Calligaro.
Nel periodo in cui questa legge è stata in Commissione (allora il Presidente della Giunta faceva parte della Commissione, apportandone un determinante contributo), grazie alla collaborazione concreta di tutti i Gruppi si arrivò alla determinazione di una legge che, fin da allora, si è dimostrata "pedagogica", cioè da seguire, di insegnamento ad altre leggi snella, agile, non burocratica e che, soprattutto, era finalizzata a qualcosa di innovativo.
Oggi dobbiamo confermare questo giudizio positivo, e la richiesta del collega Calligaro di dotarla di maggiori risorse è assolutamente condivisibile. Le leggi che servono devono essere finanziate in modo adeguato. Per finanziare in modo adeguato una legge, quando comunque le entrate sono quelle che sono, occorre stornare fondi da altre leggi che non hanno la stessa forza e incidenza. Dal momento che ce ne sono tante, invito non tanto l'Assessore quanto il Presidente della Giunta a fare un serio esame per vedere se, finanziando tante altre leggi che sono finalizzate alla piccola e media impresa, al sistema produttivo complessivamente e che in realtà sono strumenti di mera assistenza e basta, non sia il caso di dirottare, rispetto a questa legge, le risorse necessarie per darle maggiore forza.
Uno certamente è l'elemento nuovo; cominciare a individuare tra le priorità il progetto qualità. Credo che dovremmo fare una seria riflessione sul progetto qualità, perché la mia paura è che sia diventata quasi una moda: tutti parlano di qualità. La mia opinione è che, insieme agli imprenditori ed operatori economici, sia necessario andare a definire cosa si intende e come ci si può muovere per arrivare alla realizzazione di questo progetto qualità.
Se la Giunta si sta muovendo, come effettivamente sta facendo, in questa direzione, credo che aver messo tra le priorità il progetto qualità significhi che si sta chiarendo che cosa si intende fare per dare un notevole impulso in questo senso.
Prendo anche atto della puntualizzazione che il collega Calligaro ha fatto in ordine all'informazione locale. Anch'io non credo sia un elemento di particolare stimolo e forza rispetto a questa legge, però ci sono degli adempimenti, delle formalità, degli impegni previsti dalla legge che devono essere mantenuti; mi pare però abbia un senso il fatto che si graduino gli impegni assunti, quando cioè c'è un primo, un secondo, un terzo, un ultimo posto rispetto alle priorità.
Mi pare che (informazione locale non rientri tra le priorità di questa legge, ma questo non è un elemento in grado di far venir meno su questo piano di interventi la solidarietà che, di fatto, si è sempre determinata.
Una notazione sull'agenzia per l'innovazione: ho la sensazione che dovrebbe essere possibile su questa legge e sulla legge dell'agenzia dell'innovazione trovare eventuali momenti di convergenza, comunque vedere se questi esistono, perché forse si sta creando una situazione che potrebbe rivelarsi conflittuale.
Mi chiedo se non sia giusto, nel momento in cui si esamina la legge sull'innovazione, fare un approfondimento serio per capire se queste due leggi possono essere in qualche modo collegate tra loro, poiché certamente sono orientate ad un unico fine innovativo e che proprio per questo dovrebbero essere coordinate, integrate e magari modificate rispetto agli strumenti che fino ad oggi sono stati utilizzati.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.
ROSSA La Vicepresidente Vetrino mi trova d'accordo circa l'esigenza di rafforzare il nostro impegno nella direzione sottolineata nell'illustrazione di questa deliberazione. La considerazione che voglio fare è relativa all'impegno che dobbiamo assumere anche nel portare in approvazione la legge sull'agenzia per l'innovazione, che mi pare possa rappresentare - concordo con le considerazioni del collega Ferrara - un punto di riferimento per il coordinamento di un impegno che la Regione deve sviluppare in direzione del sostegno di tutta una serie di sforzi che vengono compiuti dalle varie categorie produttive.
Colgo l'occasione per dire che la legge sull'agenzia per l'innovazione ha bisogno di una accelerazione. Superate le ripetute consultazioni, che io ho considerato inutili perché già fatte prima, e in un certo senso persino irriguardose per coloro che sono stati già consultati, mi auguro che l'agenzia per l'innovazione vada velocemente in porto. E' un impegno che abbiamo preso tutti quanti e che avremmo dovuto già onorare nella passata legislatura, che ha incontrato grosse difficoltà, opposizioni palesi e non e che deve essere portato a termine. Credo possa essere un punto di riferimento nel quale far convergere gli sforzi illustrati poc'anzi dall'Assessore Vetrino, che costituiscono motivo di impegno da parte della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Il Gruppo liberale dà voto favorevole e convinto a questa deliberazione. Richiama tuttavia l'attenzione della Giunta su un emendamento che il Gruppo ha sottoposto, e si rimette alla sua valutazione.
Lo spirito di tale emendamento è quello di non escludere gli eventuali interventi integrativi a quelli previsti dalla legge, in termini di fidejussione.
Colgo comunque l'occasione per ribadire la nostra opinione generale su questa materia: "Medice cura te ipsum"; non sappiamo se questa istituzione possa veramente curare il sistema produttivo in termini di innovazione.
L'innovazione ha un costo aziendale, e in tutti i Paesi moderni i costi della trasformazione cadono in parte sul pubblico e in parte sul privato.
Da sempre; non ci sono "mostri" in Germania o in Italia. Il costo è del soggetto a ciò deputato, cioè lo Stato, non certo la Regione che deve concorrere con il privato ai costi del processo di trasformazione e di innovazione.
Ho l'impressione che le iniziative che noi abbiamo assolutamente condiviso, visto che abbiamo una legislatura ancora lunga di fronte a noi dovrebbero trovare un'occasione di verifica approfondita a metà strada, sia in ordine a questa iniziativa sia in ordine alla legge sull'innovazione quando l'avremo realizzata.
Personalmente sono convinto che queste iniziative dovranno essere finalizzate non ad un'azione di sostegno a valle, ma ad un'azione di investimento sulle punte di trasformazione a monte. Mi sembrerebbe molto più giusto che la Regione puntasse a riqualificare le punte avanzate del sistema produttivo che non a non sostenere quelle deboli, perché non abbiamo a disposizione abbastanza risorse per riequilibrare le eventuali diseconomie del sistema che non riesce ad innovarsi. Quello che non riesce ad innovarsi è perché è fuori mercato; non possiamo quindi noi, con le nostre poche risorse, poterlo sostenere. Tuttavia possono esserci dei segmenti stretti, oserei dire dei progetti, rispetto ai quali l'innovazione di un segmento, anche piccolo, di un'iniziativa pur limitata, si rivela essere di forte capacità trainante sul resto del sistema, in termini di immagine e di innovazione indotta.
Ribadisco il nostro voto favorevole e convinto. Faccio una raccomandazione per memoria all'Assessore: di qui a due anni, prima cioè che si avvicini la chiusura della legislatura e prima che questa materia si consolidi, si rifletta con molta attenzione in ordine al rapporto pubblico/privato, perché la mia preoccupazione è che quando vi sono dei processi soprattutto, di partecipazione e di rapporto con la società civile, noi siamo portati a consolidarli, a considerarli un qualcosa di estraneo al vivere dell'assemblea istituzione; questo forse è quello che ha portato ad alcune situazioni non belle nelle nostre partecipazioni. Queste attività prima vengono prese in considerazione da noi, ma poi sono lasciate alla capacità del sistema privato e civile di chiedere e quindi di proporre. Probabilmente a certa data sarà il caso che la Giunta su tutta questa materia sottoponga al Consiglio una riflessione critica e ragionata sulla base delle esperienze che si saranno acquisite, e non sia poi il caso di pensare, a quel tempo, di puntare più all'innovazione traente che non al sostegno e all'innovazione di ordine aziendale, rispetto alla quale la nostra capacità di incidere è molto modesta. Sull'innovazione che tende a mettere il nostro sistema produttivo in termini di immagine, anche internazionale, avanzata rispetto al resto del sistema, si potranno destinare forse anche poche risorse, ma sempre assistite dalla forte intelligenza e soprattutto dalla forte cultura tecnologica che esiste nella nostra Regione. Probabilmente il risultato concentrato su un progetto pilota per il sistema produttivo finisce per essere maggiore rispetto a una distribuzione del sostegno a valle del sistema produttivo piemontese, che lo dico da liberale - deve trovare al proprio interno, nelle proprie capacità imprenditoriali, la volontà di innovarsi.
Il sistema pubblico deve creare le condizioni generali al fine di realizzare una situazione favorevole, e magari il sistema pubblico, proprio perché non ha problemi di bilancio, può anche scommettere su qualche idea avanzata rispetto alla quale il processo di innovazione potrebbe rivelarsi economicamente non interessante, ma in termini generali di trasformazione complessiva potrebbe essere considerato un valore politico.



PRESIDENTE

La discussione è conclusa.
Comunico che è stato presentato da parte del Consigliere Marchini il seguente emendamento: dopo la parola "Fidi-Fidipiemonte" aggiungere le parole "inoltre congiuntamente o disgiuntamente potranno essere assistiti, sempre se necessario, da garanzie prestate dalle specifiche strutture promosse dalle associazioni industriali".
La parola all'Assessore Vetrino.
VETRINO, Assessore alle politiche industriali L'emendamento del Consigliere Marchini si colloca al punto VI, comma 6 laddove si prevede che i finanziamenti erogati dal sistema bancario con il concorso di Finpiemonte potranno essere assistiti da garanzie attraverso il fondo già costituito autonomamente da Finpiemonte presso il consorzio garanzia Fidipiemonte.
La proposta di emendamento formulata dal Consigliere Marchini allarga il campo delle opportunità e delle opzioni.
Non c'è alcuna difficoltà da parte della Giunta ad inserire questo emendamento. Finora noi, ritengo anche correttamente, abbiamo guardato come intervento prioritario all'organo di riferimento diretto della Finpiemonte che è la Fidipiemonte. Per la verità, da come era formulato il comma nel testo originario della deliberazione, questo era già possibile, tant'è che alcune di queste cose sono avvenute. Tuttavia ritengo che tale emendamento possa essere accolto.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste d'intervento, pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Marchini.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli, 9 contrarie 5 astensioni.
Pongo quindi in votazione la proposta di deliberazione testé discussa, il cui testo, così emendato, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 26 voti favorevoli, 10 contrari e 5 astensioni.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 232: "Programma di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata integrativo al biennio 1988/89. Localizzazione del finanziamento di L. 1.889 milioni, a favore dell'Istituto Autonomo Case Popolari della Provincia di Asti, per l'acquisizione del complesso edilizio denominato Il Michelerio"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto al punto 7) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 232.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.
CHIEZZI Signor Presidente e colleghi, abbiamo discusso a lungo questa deliberazione in Commissione e non siamo giunti a sciogliere tutti i nodi che l'aggrovigliata procedura, proposta in deliberazione dall'Assessore continua ad avere. Con questo provvedimento si assegnano dei fondi all'Istituto Autonomo Case Popolari di Asti per acquisire un complesso di edifici; si tratta di un intero isolato che l'Istituto Autonomo Case Popolari dovrebbe poi adibire, solo in piccolissima parte, ad edilizia residenziale pubblica.
La deliberazione di assegnazione di fondi per l'acquisto non indica con precisione il prezzo che l'Istituto Autonomo Case Popolari dovrà pagare per acquistare questo edificio. Continuo ad avere dubbi che la Pubblica Amministrazione possa acquistare un bene senza pattuirne ed indicarne in delibera con precisione il prezzo di acquisto.
Questo è il dubbio di fondo che continuo ad avere: come sia possibile agire correttamente in questo modo. Penso che quando la Pubblica Amministrazione acquista un bene debba dire quanto viene pagato. Qui manca questa certezza perché non c'è alcuna indicazione che il proprietario sia disponibile a vendere al prezzo indicato in deliberazione. Quindi, ci sono motivi di inefficacia della deliberazione e di scorrettezza amministrativa.
Altro elemento: l'istituto Autonomo Case Popolari non è abilitato ad operare al di fuori dell'ambito di propria competenza, quello dell'edilizia residenziale pubblica, quindi è inabilitato ad acquisire immobili che vengono destinati ad altre attività. Questa è la legge.
Viceversa, i Comuni hanno titolo per operazioni ad ampio respiro, che comprendono attività di edilizia residenziale, attività commerciali ed anche terziarie.
Non so per quali ragioni - l'Assessore non le ha spiegate, mentre il collega Porcellana ha detto che si sarebbe potuto discuterne oggi con gli amministratori del Comune di Asti, che però non sono giunti - non sono stati approfonditi i motivi per cui, di fronte al recupero di un isolato così importante del Comune di Asti, il Comune stesso non si impegni nell'acquisizione di questo immobile. Il Comune avrebbe titolo e competenze legittime per acquisirlo ed assegnarlo all'Istituto Autonomo Case Popolari per la materia di competenza dell'Istituto, ad altri soggetti o costituire anche società apposite di intervento per risanare tutto l'edificio e destinarlo alle varie attività.
C'è quindi un'incompetenza dell'Istituto ad acquisire quel bene, è un atto che va oltre i propri compiti.
Queste osservazioni, che ripeto in Consiglio e che mi preoccupano molto dal punto di vista della correttezza, hanno carattere amministrativo e di buon governo, e non sono sollecitate da alcun tipo di pregiudizio.
Sono d'accordo che l'intervento pubblico nel settore del rinnovamento urbano acquisti un ruolo crescente e rilevante e ritengo che, per interventi di questo tipo, il Comune sia il soggetto capace di gestire politicamente ed amministrativamente una materia cosî complessa.
Mi sembra, quindi, che la deliberazione proposta sia una scorciatoia che conduce ad una strada sbagliata e probabilmente impercorribile; per imperfezione della deliberazione che non fissa il prezzo e perch l'Istituto Autonomo Case Popolari viene ad acquisire un immobile che anticipatamente, dice di non essere in grado di gestire, perché solo in piccolissima parte viene destinato a edilizia residenziale.
Nessun pregiudizio, quindi, sul tipo di intervento e sul fatto di salvare questo immobile, mentre continuo ad avere fortissimi dubbi - che non sono stati risolti - sul perché l'Assessore non abbia insistito con il Comune di Asti per un intervento diretto e perché accetti una procedura così sgangherata.
Pare che tra gli obiettivi dell'Istituto Autonomo di Asti ci sia quello di costruire, all'interno dell'edificio, la propria sede. Per carità, anche gli istituti devono costruire le proprie sedi; non mi sembra però, questa una ragione fondamentale, prioritaria nell'attività dell'Istituto che dovrebbe essere soprattutto quella di costruire sedi per alloggiare strati di popolazione che, essendo a basso reddito, non possono accedere all'edilizia di libero mercato.
Attendo ancora una risposta perché può darsi che l'Assessore abbia qualcosa in più da dire rispetto a quanto ha già detto in Commissione; ho ancora fiducia, quindi, che a queste osservazioni, puramente rivolte alla correttezza del governare e non alla scelta politica di avere un incremento di interventi pubblici nel settore dell'edilizia (scelta che condivido appieno), si risponda. Ho espresso preoccupazioni di correttezza amministrativa che rappresentano un inciampo, almeno per quanto mi riguarda, nel cammino di questa deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI In Commissione avevo chiesto che venissero forniti chiarimenti rispetto all'operazione di trasferimento di una risorsa di una IPAB al mercato immobiliare, tenuto conto che l'alienazione di un bene soggetto a vincolo di servizio sociale non può non avvenire se non all'interno delle procedure previste dalla normativa statale e regionale vigente. Tale normativa prevede venga espresso dalla IV Commissione un parere in ordine alla destinazione ed uso, quindi al valore di vendita dell'immobile, da indicarsi con precisione nella deliberazione, ed in ordine all'utilizzo da parte dell'IPAB delle risorse finanziarie così acquisite.
Ripeto quindi questo interrogativo all'Assessore, ponendolo come necessaria risposta vincolante la correttezza amministrativa, almeno per quanto posso intendermene, dell'atto che dovremmo approvare oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Quando si esce da norme e consuetudini di comportamento di un Assessorato, sembra sempre che si vogliano fare strane "invenzioni" o comunque, qualcosa di diverso.
L'Assessore pensa di poter iniziare il recupero di un fabbricato nel centro storico di una città importante come Asti attraverso lo IACP operazione che, così come affermato in Commissione, comporterà ulteriori accertamenti da parte dell'Assessore, ma che si concluderà sicuramente in modo positivo.
E' un'operazione che valutiamo in modo positivo non soltanto per l'intervento dell'Assessorato, ma per l'ampio contesto economico in cui si inseriranno, oltre allo IACP, anche le forze economiche private, che attiveranno il processo di ristrutturazione dell'intero complesso.
Penso che l'Assessore, predisponendo un finanziamento ammontante a 1 miliardo 800 milioni circa, attraverso la legge n. 457 si sia cautelato affinché vengano garantite costruzioni di edilizia residenziale pubblica, e che non si vada oltre la parte che (Assessore potrà finanziare.
In un processo di recupero e intervento di un intero complesso edilizio, al fine di attivare un concorso di spesa, penso sia altamente positiva l'unione con altre forze economiche. Con tali procedimenti probabilmente riusciremo ad attivare il recupero del patrimonio di centri storici, finora irrealizzabile per (impossibilità di essere forza economica prevalente o propulsiva.
Se quella di Asti riuscisse ad essere una prima operazione positiva potrebbe essere attivata in centri storici di altre città piemontesi rivelandosi quindi un'iniziativa importante.
Si parla molto di recupero dei centri storici, ma è difficile riuscire ad operare: l'Ente pubblico non sempre ha la forza economica per intervenire a fondo. Ma se si innestassero procedimenti diversi, in grado di unire territorialmente Regione, IACP e forze private, molto probabilmente l'intervento potrebbe essere positivo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'edilizia In Commissione abbiamo già avuto l'occasione per riflettere sulla deliberazione e ringrazio i colleghi intervenuti per la disponibilità e la partecipazione manifestata nei confronti dell'argomento. I colleghi sicuramente non dimenticano che, in Commissione, .in accordo con i Commissari, la Giunta ha presentato alcuni emendamenti - successivamente inseriti nella deliberazione - migliorativi dal punto di vista delle dovute garanzie.
Desidero però chiarire ulteriormente in questa sede alcuni aspetti probabilmente non sufficientemente chiari.
Si tratta di un antico palazzo del centro di Asti, di alto valore architettonico, di proprietà dell'IPAB, denominato il "Michelerio", che ebbi modo di ammirare quando, in qualità di Assessore all'assistenza visitai l'IPAB di' Asti. Bene ascrivibile al patrimonio pubblico o parapubblico, il Michelerio, verrà alienato dall'IPAB per ragioni finanziarie.
Vorrei subito tranquillizzare il collega Maggiorotti: oltre che in Commissione, ribadisco in aula che conosco bene la procedura. L'alienazione di beni da parte delle II.PP.A.B. è vincolata da una procedura molto precisa e definita; occorrono i pareri del Comune e della Commissione (sul provvedimento regionale) nonché l'autorizzazione all'IPAB da parte della Giunta regionale. La procedura prevista viene seguita in tutti i casi di alienazione di beni di proprietà delle II.PP.A.B. Se l'Assessorato all'assistenza otterrà la necessaria autorizzazione, non ho ragione di dubitare sul fatto che, anche per l'alienazione in discussione, verrà seguito questo percorso.
Da questo punto di vista, ribadisco le garanzie già date in Commissione; ci si atterrà alla procedura prevista, e sarà quindi la Giunta regionale, su parere dell'Assessore Bergoglio, ad autorizzare o meno l'IPAB all'alienazione. Questo aspetto nulla ha a che vedere con la deliberazione in discussione, ma in questo modo ritengo di aver risposto alla giusta obiezione posta dal collega.
Alienata la proprietà dell'IPAB, si pone il problema di mantenere all'interno del patrimonio pubblico, un immobile importante e qualificato non solo per sottrarlo alla speculazione privata - termine che penso piaccia al Consigliere Chiezzi - ma, per usare termini a me più consoni per dimostrare che non solo il settore privato "sa fare le cose bene", ma che anche l'ente pubblico, in buone condizioni tecniche, economiche e finanziarie, è in grado di intervenire con impegno.
La sfida che raccogliamo con la nostra proposta è quella di verificare se sia vero che solo il settore privato interviene puntualmente (se così fosse, Consigliere Chiezzi, dovremmo davvero rinunciare a tutto, come già successo in altre occasioni) oppure se anche l'ente pubblico sia in grado di attuare operazioni immobiliari serie e qualificate, e quindi di intervenire, dal punto di vista tecnico, in modo pregevole.
Inizialmente il Comune di Asti non era interessato all'intervento dello IACP, ma, dopo la riunione in Commissione, ha deciso di sostenere l'iniziativa dello stesso.
Siamo stati oggetto di proposta da parte dello IACP, abbiamo valutato l'intervento e riteniamo che non si tratti di una procedura "aggrovigliata", ma di un intervento del tutto nuovo nella Regione Piemonte, uno dei primi a livello nazionale. E' un intervento attraverso il quale lo IACP passa da ente gestore delle case popolari ad ente economico in grado di proporsi nelle operazioni economiche, finanziarie ed immobiliari, legate ad un intervento integrato.
Non è un caso che nella deliberazione, in più occasioni, venga richiamato il discorso dell'intervento integrato, ciò significa intervenire su un'area o su un edificio, vasti, al fine di ottenere dell'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e magari anche agevolata, per terziario, edilizia artigianale e libera. Si tratta di non costruire più i quartieri (i cosiddetti "ghetti" come le Vallette, tanto per capirci, ma attuare interventi integrati su aree vaste che abbiano al loro interno una serie di fasce sociali e di attività. Quindi, non solo residenza, ma anche terziario che consenta un'integrazione sociale più profonda rispetto a quella ottenuta con interventi come quelli dei quartieri di Mirafiori Vallette o Falchera, dove intere zone sono state destinate unicamente all'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.
Nella deliberazione viene in più occasioni richiamato l'aspetto del programma edilizio urbanistico integrato che lo IACP propone e al quale abbiamo dato l'assenso, in quanto crediamo che gli IACP possano operare con professionalità, capacità, impegno e volontà, al fine di realizzare bene un intervento di questo tipo al quale altri IACP del Piemonte potranno (a seguito della sperimentazione che ad Asti si sta avviando sul Michelerio e sulla quale noi diamo la nostra fiducia) riferirsi per migliorarlo e qualificarlo ulteriormente.
Ci sembra un'iniziativa legittima dal punto di vista giuridico e finanziario; un intervento , che, con gli emendamenti inseriti in aula fornisce tutte le garanzie possibili, perché con l'assegnazione di un miliardo e 859 milioni agevoliamo lo IACP di Asti nella trattativa con l'IPAB.
Ringrazio quest'ultima perché, se avesse deciso - come avrebbe potuto di mettere all'asta il palazzo e, quindi, di venderlo al miglior offerente la valutazione sul libero mercato sarebbe molto più alta rispetto a quella che l'IPAB accetta di trattare cori lo IACP di Asti.
Quando ricoprivo la carica di Assessore all'assistenza veniva sottolineato - e l'ex Presidente Beltrami lo ricorda - il fatto che le II.PP.AB spesso sembravano sfuggire ad un ruolo pubblico. Oggi abbiamo la dimostrazione di come una IPAB possa nutrire sensibilità verso il pubblico e, quindi, accettare di vendere allo IACP di Asti ad un prezzo sicuramente inferiore rispetto a quello che si potrebbe determinare sul libero mercato.
Quindi, anche dal punto di vista finanziario, mi pare un'operazione del tutto positiva. Per quanto riguarda le ultime questioni poste dal Consigliere Chiezzi sul fatto che si costruiscono pochi alloggi, vorrei evidenziare che il progetto presentato è assolutamente di larga massima dovrà essere quindi affinato e concordato con la Regione nel momento in cui (immobile sarà acquisito e si procederà agli interventi. Non escludo che la Regione possa chiedere allo IACP di Asti di attuare un intervento integrato che però tenga conto delle esigenze e degli interessi dello IACP di Asti nel senso di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata Quindi, non escludo che nella definizione progettuale generale si possa chiedere allo IACP di Asti di aumentare il numero di alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, sapendo che l'obiettivo è comunque un progetto integrato.
Progetto integrato significa che ci possono essere alloggi di edilizia libera, alloggi di ERPS, uffici dello IACP ed altri uffici. All'interno di questo palazzo la Regione potrebbe fornire delle indicazioni allo IACP per un intervento che tenga conto - preoccupazione che Chiezzi sottolineava del valore dell'immobile proprio per dare un segno di attenzione forte, ad un palazzo così prestigioso; quindi disponibilità dello IACP che non sia limitata a fare pochi alloggi di ERPS. Non è assolutamente vero che la sovvenzionatasi realizza solo in aree marginali della città o in situazioni di fatiscenza. Da questo punto di vista raccolgo l'indicazione del Consigliere Chiezzi di affinare, in fase progettuale, la proposta dello IACP e aprire con lo stesso un ragionamento più approfondito anche dal punto di vista tecnico.
Per le finalità che l'intervento si propone, per l'originalità e la novità, per il ruolo assunto dallo IACP in un intervento di questo tipo che è una sfida e per le questioni amministrative chiarite e definite con gli emendamenti apportati in Commissione, ritengo che tale deliberazione sia un atto coraggioso ed interessante che seguiremo e sul quale - se la Commissione lo riterrà opportuno - nei prossimi mesi, se eventualmente l'iniziativa dovesse procedere, fornirò un aggiornamento su come procederà l'intervento dal punto di vista della sua realizzazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.
CHIEZZI Ringrazio l'Assessore per le risposte date, anche se non hanno tenuto conto delle perplessità, un paio soprattutto, espresse da me sulla deliberazione. La cifra che assegniamo allo IACP non corrisponde assolutamente alla volontà dell'IPAB di vendere l'immobile a quel prezzo quindi è una cifra a titolo di acconto indicativo.
Inoltre ritengo che l'acquisto di tutto l'immobile costituisca un uso improprio da parte dello IACP di una cifra per attività di cui l'ente non ha assolutamente competenza. Lo IACP acquista stabili per fare degli alloggi; se si vuole fare qualcos'altro, occorre che lo faccia il Comune.
Forse, in futuro, gli IACP diventeranno enti capaci di attivare operazioni immobiliari di questo tipo, ma questa è una eventualità futura non attuale quindi, per questi motivi ritengo che la delibera sia assolutamente imperfetta.
Quanto poi alle speculazioni immobiliari, Assessore, queste possono avere diversa paternità. Si sono condannate le speculazioni immobiliari private, ma le speculazioni immobiliari sono tali, indipendentemente dal fatto che siano private o pubbliche. L'esito di una speculazione immobiliare è sempre il medesimo, sia promossa dal pubblico sia promossa dal privato.
La mia attenzione verso il risvolto sociale delle operazioni immobiliari è assolutamente estranea al promotore delle stesse; mi interessa assai poco se il promotore di una speculazione edilizia sia privato o pubblico, mi interessano gli effetti che questa produce. Ho avuto occasione di parlare con il sindaco di Tallinn, il quale lamentava questo problema nel centro storico della sua città: era difficile risanarlo e venivano espulse attività ed abitanti. Esponendo i problemi che l'Amministrazione di Torino aveva nel conservare nel centro storico attività minori, artigianali nonché i ceti a basso reddito, mi stupivo nel sentire che a Tallinn esistevano gli stessi problemi.
Chiesi allora la causa di questi problemi. In una situazione economica e sociale di totale pianificazione e di presenza della proprietà pubblica nella stragrande maggioranza di suoli e fabbricati non capivo da cosa derivasse questa difficoltà.
Venne spiegato che in città operavano grandi strutture pubbliche grandi imprese che si impossessavano, in forza della loro capacità economica, di stabili e fabbricati; a quel punto attivavano procedure di sgombero, di liberazione degli immobili e terziarizzavano il centro storico. Per cui, dal punto di vista della gestione della città, forse non è mai nemmeno esistita una seconda via, altro che la terza! Forse di via ne è sempre solo esistita una sola, di qua e di là da quello che una volta era il "muro di Berlino". Questo per dire che così come rifiuto la generalizzazione "privato è bello", rifiuto quella "pubblico è bello", sono due ideologismi: dipende da cosa si fa.
A mio parere, lo IACP non ha competenza sull'intervento che intendete assegnargli; inoltre è assolutamente indeterminato il tipo di attività immobiliare che attuerà; sarà speculativa o no? Se nel centro storico di Asti il Michelerio fosse tutto destinato ad edilizia residenziale pubblica - come hanno fatto le Giunte a maggioranza democristiana negli anni '50 e '60 con le Vallette a Torino - a differenza delle Vallette non si creerebbe un ghetto, perché spostare anche al 100 l'edilizia residenziale pubblica in un isolato centrale non significa ghettizzare ma inserire una composizione sociale di cui il centro è molto carente. Quindi, il fatto che l'intervento integrato non sia, precisato negli obiettivi fa sì che dalla deliberazione non si capisca cosa farà lo IACP dell'edificio, in quale misura attiverà o meno leve di speculazione immobiliare e ciò costituisce un altro elemento di indeterminazione.
Per questi motivi e per avere avuto poche risposte a molte preoccupazioni proprio sul merito della legittimità della deliberazione, io non partecipo alla votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Sulla deliberazione in oggetto permangono le mie perplessità. Penso che, innanzitutto, l'alienazione avrebbe dovuto essere un atto formalmente realizzato prima di approvare la deliberazione in discussione oggi.
Si trattava con quell'atto che, a mio parere, doveva essere stilato prima, di definire il prezzo migliore per un ente che ha la finalità di utilizzare a scopi socio-assistenziali beni che possono essere alienati unicamente per tale scopo.
Quindi, non mi convince neanche l'affermazione secondo la quale tale ente continua ad essere benefico, anche perché è benefico nei confronti di un ente pubblico. Il suo dovere, a mio parere, è esclusivamente quello di puntare al massimo di risorse da ridestinare a funzioni che sono esclusivamente di tipo assistenziale per loro natura.
Per questi e per altri motivi, dichiaro di non partecipare al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gissara.
GISSARA Voterò a favore per la sensibilità dimostrata dall'Assessore in questo campo e per le motivazioni da lui esposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Intervengo per dichiarare il voto di astensione del Gruppo PDS, per le seguenti ragioni. La deliberazione in sé è di un certo interesse; come abbiamo già avuto modo di esplicitare in Commissione, troviamo interessante il riutilizzo, anche da parte degli IACP, di complessi rilevanti monumentali, come ad esempio il Michelerio.
L'astensione è dovuta al fatto che alcune delle preoccupazioni espresse da noi in Commissione sono state accolte dalla Giunta; in particolare è stata accolta la richiesta di precisare che l'erogazione delle somme avverrà soltanto sulla base dell'effettiva realizzazione della quota di alloggi di edilizia economica popolare previsti dai regolamenti e dalle leggi, quindi non rispetto alla chiara definizione della quota che rappresenta l'investimento dello IACP per i fini propri di istituto.
Inoltre, è stata aggiunta la stipula della convenzione tra lo IACP e la Regione per precisare le rispettive responsabilità.
C'erano alcune preoccupazioni di fronte ad un'operazione che va al di là dei compiti tradizionali dello IACP e dello stanziamento apposito previsto dalla Regione. C'erano preoccupazioni su tutta la portata dell'operazione, sui possibili rischi per la Regione.
Per queste precisazioni e per alcuni dubbi ancora aperti - in quanto l'intera questione non è stata totalmente chiarita in Commissione e la documentazione disponibile non è del tutto sufficiente, a partire da alcune preoccupazioni, ma anche da un interesse del nostro Gruppo per un'operazione lodevole al fine che le politiche di recupero del patrimonio storico ed architettonico vengano perseguite anche dagli enti pubblici e dagli IACP - ci asterremo sulla deliberazione invitando l'Assessorato, in casi di questo genere dove sono presenti situazioni complesse, a istruire meglio la pratica con gli stessi IACP in modo da avere maggiore chiarezza per tutti e anche per far correre meno rischi alla Regione che, comunque pensiamo di avere limitato con tali modifiche.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di intervento, pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 232 testé discussa, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto sul processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 24 voti favorevoli, 4 contrari e 10 astensioni. Non partecipano alla votazione 2 Consiglieri.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame proposta di deliberazione n. 243: "Istituzione del Fondo straordinario per l'occupazione, art. 3, L.R. 53/89 - Individuazione dei criteri per l'ammissione ai contributi delle imprese interessate"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 243.
La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore al lavoro Il Fondo straordinario per l'occupazione costituitosi in base alla recente legge 53/89 deve essere approvato per il terzo anno a conclusione del piano triennale 89/'91 che prevedeva i criteri per l'utilizzo di tale Fondo. Come i colleghi sanno, il Fondo è mirato ai soggetti deboli della società, nello specifico a quelli del mercato del lavoro. E' chiaro che in un periodo non solo di difficoltà congiunturale, ma di debolezza strutturale nuova che si unisce a code pesanti dei processi di ristrutturazione degli anni'80 (è fuori da questa aula una delegazione di cassaintegrati della Ceat), il Fondo ha previsto l'erogazione di incentivi finanziari per favorire l'instaurazione di contratti di lavoro a tempo indeterminato per alcune categorie deboli del mercato del lavoro. Mi riferisco ai disoccupati ultra29enni, ai cassaintegrati da almeno 12 mesi ai soggetti portatori di handicap, a giovani a rischio di emarginazione sociale e agli extracomunitari.
La stessa legge prevede in subordine la trasformazione di contratti a tempo determinato, attivati in base ad accordi tra le parti sociali, in contratti a tempo indeterminato. Con il 1991 si conclude la fase di applicazione sperimentale della legge istitutiva del Fondo per l'occupazione e ritengo che sulla base ditale esperienza e dei primi correttivi ipotizzati dopo il primo anno nella duplice applicazione degli articoli 4 e 6 sarà necessario aggiornare i contenuti tenendo conto dei finanziamenti che si potranno ottenere negli anni futuri. Credo sia utile proprio perché siamo all'ultimo anno, seppur per grandi titoli sottolineare i risultati ottenuti nel corso dei primi due esercizi (1989 e 1990).
Nell'89 sono stati creati con questo Fondo 422 posti di lavoro stabili di cui 162 hanno interessato soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato (disoccupati, cassaintegrati e quelli citati prima) e 264 hanno interessato trasformazioni da contratti a termine a contratti a tempo indeterminato. Nell'anno successivo, i lavoratori interessati sono leggermente aumentati; nella fattispecie 454 di cui 154 con le caratteristiche di soggetti deboli e circa 300 rimanenti relativi a trasformazioni da tempo determinato ad indeterminato.
Il dato più interessante - e lo dico mentre stiamo approvando i criteri di priorità per il 1991- emerge dalle richieste fin qui presentate per quest'anno. Infatti, per la prima volta nel triennio, il dato relativo alle assunzioni di soggetti deboli supera l'entità di richieste presentate per la trasformazione di contratti da tempo determinato a tempo indeterminato.
E' certamente il risultato sul quale abbiamo puntato anche se, nella quotidianità, tra l'art. 4 e l'art. 6, nei primi due anni, c'è stato uno sbilanciamento guidato da noi in senso inverso sulla seconda parte della trasformazione dei contratti.
Le domande sono in fase d'istruttoria in queste settimane, quindi il dato non può essere quantificato in assoluto, ma posso affermare che la legge sta, in questo terzo anno di applicazione, dispiegando un positivo effetto nelle relazioni sindacali favorendo, nella sostanza, l'intervento positivo di aziende che subentrano in situazioni di crisi.
Fino ad oggi - e questa è l'ulteriore novità all'interno di questa ipotesi del terzo anno - è rimasto aperto il problema dei cassaintegrati di lungo periodo. Ebbene, in questo campo, gli Assessorati al lavoro e alla formazione professionale, proprio per dare un'ulteriore risposta soprattutto ai cassaintegrati di lungo periodo (quelli maggiormente in difficoltà, poiché dopo molti anni non sono rientrati all'interno del mercato del lavoro e quindi dell'azienda), hanno ritenuto di agganciare alla legge 53/89, istitutiva appunto del Fondo per l'occupazione, anche il Fondo sociale europeo per la formazione professionale di adulti disoccupati o di adulti in cassaintegrazione a zero ore da più di un anno.
Il terminale dell'operazione è rappresentato dalle domande che il sistema delle imprese deve fare. Malgrado non ne siano arrivate tantissime alcune decine di aziende o consorzi hanno presentato domanda, utilizzando proprio l'opportunità di agganciare alla legge 53 il Fondo sociale europeo.
Per questo motivo abbiamo prorogato il termine scaduto il 30 giugno; così facendo, si è consentito alle imprese di presentare idonei progetti di formazione e riqualificazione finalizzati all'inserimento lavorativo o al reinserimento dei cassintegrati.
Credo - richiamando l'importanza e la valenza della deliberazione soprattutto perché dà indicazioni per il prossimo futuro dopo l'esperienza triennale - che l'utilizzo coordinato di tutti gli strumenti messi a disposizione delle imprese e dei lavoratori possa fornire un contributo per l'inserimento produttivo di quei lavoratori che rientrano ancora nella categoria delle grandi eccedenze delle crisi industriali e aziendali degli anni '80, i cui nomi più significativi sono Indesit, CEAT e Montefibre.
Ritengo, infine, che un ampio e corretto uso degli strumenti normativi predisposti dalla Regione Piemonte potrebbe contribuire a frenare la spesa pubblica, togliendo una fascia significativa di lavoratori dalla fase dell'assistenza per un reinserimento a pieno titolo nel circuito produttivo.
In ultima battuta, per l'utilizzo del Fondo '91 sono state presentate a tutt'oggi, domande pari ad 1 miliardo 600 milioni per l'art. 4 e ad 800 milioni per l'art. 6. E' immaginabile che l'impegno, per quanto riguarda l'art. 4, lieviterà ancora grazie all'utilizzo del Fondo sociale europeo cui ho fatto riferimento, quindi è presumibile che l'art. 6, che comunque sarà finanziato secondo le priorità fissate dalla deliberazione, sarà finanziato nella misura che si renderà disponibile solamente in via residuale.
Questa strada va nella filosofia che ha visto le parti sociali assumere atteggiamenti diversi negli ultimi anni: le Organizzazioni Sindacali hanno optato per un verso, alcune forze politiche hanno sostenuto la validità della ricaduta sull'art. 4; le forze imprenditoriali, viceversa, l'art. 6.
Per il '91 si presume una lievitazione dei fondi in applicazione dell'art. 4, ma questo ci permetterà, chiusa la parentesi sperimentale del triennio di utilizzo del Fondo straordinario per l'occupazione, di dare i necessari elementi di supporto per muoverci ulteriormente nel rispetto della filosofia che era stata alla base della predisposizione della legge.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Calligaro. Ne ha facoltà.
CALLIGARO L'Assessore ha presentato il bilancio dei primi due anni di attività del Fondo straordinario per l'occupazione. Negli anni '89 e'90 abbiamo avuto provvidenze a favore di soggetti deboli e a favore di coloro che chiedevano di trasformare il contratto di lavoro; il rapporto è stato di 1 a 2, sia nell'89 che nel '90.
Attualmente c'è un'inversione di tendenza: se non ho capito male, si rovescia questo rapporto. Abbiamo due lavoratori che, in quanto soggetti deboli, chiedono la possibilità di avere un posto di lavoro, e uno solo chiede la trasformazione del regime contrattuale. Questa è una svolta certamente positiva, perché il Fondo è appunto riferito a soggetti deboli del mercato del lavoro, alla creazione di nuova occupazione, di occupazione aggiuntiva; a questo proposito si incentivano le imprese.
Per ben due anni abbiamo avuto un funzionamento distorto del Fondo cioè c'è stata la comoda scappatoia per gli imprenditori della trasformazione di contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato. In questo modo gli imprenditori sono stati doppiamente favoriti, prima perché hanno potuto fruire di contratti a termine, poi perché hanno potuto attingere dalle provvidenze previste dal Fondo straordinario per l'occupazione.
Non c'è dubbio che un lavoratore che abbia un contratto a termine non sia un soggetto forte del mercato del lavoro, bensì un soggetto relativamente debole; l'esperienza insegna, però, che generalmente questo viene confermato nel suo posto di lavoro, e il suo posto di lavoro da precario diventa stabile. Di conseguenza, altri sono i soggetti, o per lo meno sono soggetti più deboli, rispetto al lavoro precario.
La scappatoia dei contratti a termine ha sottratto risorse alla principale finalità della legge: nei primi due anni gli atti di trasformazione contrattuale sono stati doppi rispetto all'assunzione dei soggetti deboli. Noi pensiamo che questa scappatoia debba essere eliminata dalla legge.
Poiché lo strumento legislativo è dotato di scarse risorse, queste devono essere innanzitutto aumentate, ma soprattutto devono essere efficacemente mirate per interventi destinati esclusivamente ai soggetti deboli e alle aree maggiormente colpite dalla deindustrializzazione. Noi avanziamo quindi la richiesta di eliminare dal Fondo l'articolo che prevede la trasformazione del regime dei contratti di lavoro.
Tra l'altro, questa è un'urgenza che avvertiamo concretamente: ci sono migliaia di disoccupati strutturali (si è parlato dell'Indesit, della CEAT ecc.) che corrono il rischio di essere definitivamente dimenticati, mentre il Governo sta per varare provvedimenti che ritengo opportuni, ma apertamente discriminatori rispetto alla situazione dei lavoratori strutturalmente cassintegrati della Indesit e della CEAT. Ritengo opportuno il provvedimento assunto per l'Olivetti, ma non si può non notare la rilevante differenza di trattamento che c'è tra lavoratori Indesit e CEAT (da 10 anni in cassintegrazione, senza più prospettive) e lavoratori della Olivetti (che probabilmente potranno fruire di un pensionamento anticipato). Questa situazione, se per molti versi è auspicabile, deve per indurci a far funzionare il Fondo quasi, se non esclusivamente, in direzione dei soggetti deboli, senza sottrarre risorse alla principale finalità della legge.
Tra l'altro la legge regionale n. 53 è stata approvata ancora in assenza della legge nazionale sulle azioni positive (legge n.125/91), legge volta a ridurre se non a cancellare (sarebbe troppo bello) discriminazioni che colpiscono le donne. Io non ho visto nei criteri previsti per l'attuazione della legge regionale n. 53 se sono state recepite le finalità della legge 125; non mi pare, sarebbe bene adeguare almeno i criteri del Fondo straordinario per l'occupazione alla legge nazionale.
Il nostro voto è comunque contrario perché abbiamo avuto per due anni un funzionamento distorto del Fondo, il quale è dotato, tra l'altro, di poche risorse, mentre esiste - l'ha detto lo stesso Assessore - un aggravamento della situazione occupazionale e delle prospettive economiche della nostra Regione.
Questo insieme di elementi negativi non può che indurci ad un voto contrario, anche se diamo all'Assessore il tempo necessario per apportare le correzioni necessarie. Il funzionamento di tre anni del Fondo ci indica come primo correttivo l'eliminazione della trasformazione dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato; questa è stata un scappatoia per molti imprenditori ed è stato il rivolo di risorse prevalente del Fondo straordinario per l'occupazione della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Squillario.
SQUILLARIO Esprimo completa adesione a questo provvedimento che in parte è speculare rispetto a quello che abbiamo approvato poco fa sui contributi alle imprese minori per lo sviluppo tecnologico; in questo caso invece si tratta di sostegno all'occupazione.
Diamo la preminenza ai soggetti deboli, ma ricordiamo che necessità fondamentale è creare occupazione. Non vedo alcun contrasto nell'utilizzo della legge nel promuovere la trasformazione del rapporto temporaneo in rapporto definitivo. La necessità di lavoro in Piemonte è sentita, per cui ogni provvedimento che crea occupazione e che utilizza la legge per finalità lecite è assolutamente da tenere in considerazione e da approvare.
Il mio unico rammarico è l'esiguità del finanziamento in relazione alle necessità; in ogni caso questo è un provvedimento che qualifica l'azione della Regione Piemonte nel campo del lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Il Gruppo della Democrazia Cristiana è favorevole alla deliberazione proposta dall'Assessore Cerchio, in particolare perché si va ad attuare una filosofia politica incentivante gli aiuti alle fasce più deboli. Parlo di fasce che l'Assessore ha ricordato nel suo intervento: i disoccupati ultraventinovenni, cioè coloro che non hanno possibilità di rientrare nel circuito lavorativo perché già ne sono usciti (ne è testimone la nostra fatica dal punto di vista assistenziale ad aiutare queste persone che uscendo dal circuito lavorativo hanno enorme difficoltà a rientrarvi); i portatori di handicap; i giovani a rischio di emarginazione sociale; gli extracomunitari.
Si tratta di componenti di una società che noi chiamiamo fasce deboli ma che sono quelle che più di tutte devono avere la nostra attenzione in questo momento; quindi un fondo che riesca a incentivare l'occupazione di queste persone è estremamente importante.
Il secondo aspetto importante è quello che crea nuova occupazione. Il collega Calligaro sottolineava che questo dovrebbe essere un aspetto essenziale e importante del Fondo; non lo è in modo integrale perché si deve riuscire a trovare fondi per altre formule, ma ribadisco anch'io (importanza di creare nuova occupazione.
Trasformare i contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato è un passaggio importante, ma di secondaria importanza perché prima bisogna pensare alla creazione di nuovi posti di occupazione.
Il terzo aspetto, anch'esso essenziale e importante, è l'aiuto alle imprese che riescono a presentare progetti di formazione e di riqualificazione dei cassintegrati. L'Assessore ricordava i casi particolari della Montefibre, della CEAT e della Indesit, che si trascinano da anni e che rappresentano per la nostra Regione delle grosse difficoltà.
Il collega Calligaro ha fatto riferimento all'Olivetti. Dove esistono strutture con filosofie sociali più attente al mondo del lavoro si riescono a trovare, pur nelle difficoltà aziendali, risorse per creare possibilità di inserimenti futuri, di modifiche; si riescono a trovare nuove formule e nuove politiche per migliorare le stesse aziende. Attraverso questo fondo si danno incentivi e finanziamenti per risolvere situazioni di cassa integrazione ferme da anni.
Ringrazio quindi l'Assessore per quanto ha prospettata e per la risposta attenta e urgente, cosa che lo contraddistingue. Egli ha saputo trovare delle proposte intelligenti rispetto al Fondo Sociale Europeo e quindi come Gruppo di maggioranza siamo favorevoli alla proposta di deliberazione in questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO La proposta dell'Assessore rappresenta un fatto estremamente positivo rispetto alla tendenza che l'uso del Fondo aveva visto nei due anni precedenti, dove era esplicita e manifesta la prevalenza della trasformazione dei contratti di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato.
In sostanza, con la proposta dell'Assessore viene a crearsi un'operatività di questo Fondo, nello spirito con il quale il legislatore aveva operato, cioè intervenendo sulle fasce deboli del mercato del lavoro espulse dai processi di ristrutturazione.
Voglio sottolineare che sarebbe riduttiva una posizione della Regione delle funzioni di questo governo e del Consiglio regionale, se ci limitassimo ad approcciare una nuova fase di ristrutturazione, di cui si vedono già segni evidenti, solo dal versante della compensazione attraverso ammortizzatori sociali delle eccedenze determinate da questo processo.
Assessore, dobbiamo dire con chiarezza che non siamo un'entità che opera solo passivamente su quello che produce il processo di ristrutturazione pilotato dai grandi gruppi economici, perché sono questi che determinano, anche negli indotti, gli effetti. Dobbiamo, in qualche modo, creare un maggiore raccordo tra le politiche del lavoro e quelle industriali o altre politiche che siano appetibili per il sistema economico.
Operiamo, seppure - con tanti limiti, su Expo 2000 che va a finire al Lingotto; questo processo che, rispetto ad un interlocutore come la Fiat, è completamente disancorato dal fatto che dobbiamo essere un soggetto che vuole capire cosa si determinerà nell'indotto auto oppure nell'indotto dell'Olivetti nei prossimi anni, con una caduta drammatica dei livelli occupazionali.
Dobbiamo conoscere preventivamente la situazione, operando sul settore della formazione professionale con le politiche per l'artigianato e la piccola industria per poter calibrare i nostri interventi. Altrimenti vivremo di nuovo la fase dei primi anni '80, in cui venivamo chiamati solo per dare risposte, spesso drammatiche, improvvisate, senza strumenti adeguati, ad eccedenze di migliaia di lavoratori.
Hanno manifestato oggi davanti al Consiglio dei lavoratori che sono il frutto delle eccedenze dei processi di ristrutturazione del settore pneumatici della CEAT. Dobbiamo far capire alla comunità che non siamo l'imbuto ed il secchio delle eccedenze, ma un soggetto che cerca di operare ed intervenire nei processi dello sviluppo economico; non siamo solo in una posizione di retroguardia, pur con il massimo rispetto per la funzione sociale che in questo modo sviluppiamo.
Voglio dire all'Assessore di pensare con maggiore coraggio all'uso del fondo per l'occupazione e spero che quanto l'Assessore ha indicato, con i dati che capovolgono i rapporti percentuali tra l'utilizzo della trasformazione dei contratti a tempo determinato in tempo indeterminato sia un fatto reale che si consolidi in questo anno ed apra delle prospettive per il prossimo esercizio; prospettive che ci facciano assumere con coraggio quello che dovrebbe essere il fondo per l'occupazione, un intervento cioè per quei soggetti dispersi nel mercato del lavoro e nei confronti dei quali lo stesso non è in grado di dare una risposta attraverso quei famosi e sempre decantati meccanismi di mercato che stritolano migliaia di soggetti deboli della nostra regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Chiedo all'Assessore che fornisca dati sull'assunzione, ai sensi della legge 53/89, di persone disabili. Per quanto sono a conoscenza in seguito ad affermazioni e dati portati da associazioni, sembra che queste abbiano potuto usufruire ben poco delle giuste aspettative che poteva suscitare questo provvedimento; sembra siano molto poche, proporzionalmente, le persone disabili collocabili che sono state assunte ai sensi di questa norma.
Desidero avere qualche dato in più, cogliendo l'occasione per rammentare come, da più di un anno, un accordo sollecitato dalle associazioni con l'API, sia inapplicato. Da più di un anno per un gruppo di disabili è stata concordata, con il concorso del Comune di Torino e dell'Associazione Piccole Imprese, una collocazione lavorativa, ma finora non si è avuto alcun risultato.
Mi rendo conto che il discorso sarebbe ancora più complesso; in realtà si è in fase di discussione, a livello parlamentare, della modifica della legge 482 del 1968 sul collocamento obbligatorio. Tuttavia, nella situazione attuale, mi risulta che questa legge sia sostanzialmente e malamente applicata e disattesa, anche scandalosamente dagli stessi Enti pubblici che non sempre coprono i posti che dovrebbero coprire, ai sensi della legge 482.
Mi piacerebbe che l'Assessore ci informasse sull'applicazione di questa norma nella Regione Piemonte, anche per capire quanto il nostro Ente è inadempiente rispetto alle norme previste per l'assunzione delle persone disabili.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore al lavoro Ringrazio i colleghi per le osservazioni ed i suggerimenti dati.
Noi non abbiamo mai teso- e per noi si intende la Regione e la Giunta regionale nello specifico - immaginare che il Fondo straordinario per l'occupazione, a fronte di carenze e di interventi normativi nazionali potesse essere uno strumento suppletivo, risolutivo dei grandi problemi legati alle emergenze, in particolare delle fasce più deboli del mercato del lavoro. Abbiamo però ritenuto di "inventare" (e come noi pochissime altre regioni, tre per la precisione) strumenti analoghi a quello del Fondo straordinario per l'occupazione, allo scopo di stimolare l'imprenditore, o il sistema delle imprese, in un momento di difficoltà (soprattutto dal secondo semestre del 1990 fino al primo semestre del 1991), non solo congiunturali, ma anche strutturali, di attingere personale dalle fasce deboli del mercato del lavoro.
Il giovane al di sotto dei 29 anni, nell'attuale situazione di scarse possibilità lavorative, è sicuramente soggetto appartenente alla fascia debole; ma un rapporto comparato vedrebbe maggiormente svantaggiata la persona di 40/50 anni, magari con minore aggiornamento professionale e dalla bassa scolarità, divenuta ormai punto di riferimento per l'esclusione dal ciclo produttivo in situazioni di esubero ed eccedenza di personale, e che rischia di non più rientrare nel mercato del lavoro.
Abbiamo "inventato" lo strumento del Fondo straordinario per l'occupazione, ipotizzando un contributo al sistema delle imprese che sia superiore a quello delle assunzioni con il contratto di formazione-lavoro.
Sappiamo che l'imprenditore svolge primariamente il proprio ruolo e non quello di assistenza e beneficenza, quindi in un rapporto comparato fra ventenni e quarantenni è maggiormente stimolato ad assumere i primi. Certo il punto terminale è il sistema delle imprese. Abbiamo indicato, come hanno detto i colleghi Squillario e Peano, un'ipotesi, seppure in subordine alla trasformazione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, per stimolare in qualche modo l'imprenditore, cercando di impostare una filosofia che favorisca le fasce più deboli del mercato del lavoro che si trovano in maggiori difficoltà. Non a caso, soprattutto quest'anno abbiamo fatto pressione affinché possano essere utilizzati i fondi per la trasformazione in forma residuale, mentre debbono essere soddisfatte tutte le domande del sistema delle imprese per l'assunzione di personale appartenente alle fasce più deboli. Non è tanto problema di fondi, perché in effetti, essendo ipotizzati dei fondi, magari residuali per la trasformazione, il sistema delle imprese ha assunto, per esempio 150/170 persone, ma se ci fossero state altre richieste dalle imprese sarebbero state comunque soddisfatte. La realtà è che la domanda del sistema delle imprese ha bevuto e cavalcato per alcune centinaia di persone. Meglio che niente, perché sono persone prese in due anni dalle fasce deboli (cassaintegrati strutturali, disoccupati a lungo periodo soggetti portatori di handicap).
Consigliere Maggiorotti, il sistema delle imprese ha assunto in media il 12% dei soggetti portatori di handicap. E' un segnale. Certo, se si fosse colto quel segnale in misura maggiore, noi saremmo stati più felici.
Abbiamo ritenuto di dare un ulteriore stimolo alle imprese sommando i due miliardi e mezzo dello stanziamento del Fondo straordinario del 1991 con il Fondo sociale europeo; cogliendo l'opportunità di aver unito quest'anno le deleghe della Formazione professionale e del lavoro, e vista la disponibilità di fondi comunitari per la formazione professionale di adulti disoccupati o in cassa integrazione a zero ore da più di un anno, la Regione ha collegato il Fondo sociale europeo alla legge regionale n. 53 e ha riaperto i termini (che erano stati chiusi alla fine di giugno) perch le imprese possano presentare nuove domande.
I corsi di riqualificazione saranno riservati ai soggetti con più di 25 anni e saranno finalizzati all'inserimento lavorativo dei cassintegrati. La disponibilità di fondi consentirà la formazione in Piemonte di ulteriori 800 persone.
Le abbiamo inventate tutte. Siamo in un momento di difficoltà di mercato di carattere internazionale. E' chiaro che le imprese rispondono come meglio credono. Nonostante tutto la filosofia della legge del Fondo straordinario, per il 1991, è quasi esclusivamente rivolta ai soggetti a cui ho fatto riferimento. ' Apro e chiudo un altro aspetto che alcuni colleghi hanno introdotto. E' un discorso che non ci deve vedere attenti solo verso gli ammortizzatori sociali. E' quanto ho affermato non più tardi di dieci giorni fa intervenendo a nome della Giunta sui problemi dell'occupazione. Ho sostenuto vivacemente che gli ammortizzatori sociali, in un momento di difficoltà, devono essere applicati, concordati e mediati con le OO.SS.
con i rappresentanti dei lavoratori delle imprese e delle istituzioni, ma ho anche detto che con gli ammortizzatori sociali non si può ridare slancio alla nostra realtà regionale o nazionale. Questo l'ho affermato soprattutto perché sempre più si parla delle riforme istituzionali e delle tante emergenze della realtà regionale. Si parla della necessità di rilanciare il ruolo delle Regioni che non hanno poteri nel campo delle politiche industriali, che hanno scarsi, per non dire nulli poteri in termini di politiche attive del lavoro.
Alcune regioni a vocazione industriale come il Piemonte hanno inventato strumenti di flessibilità come la legge n. 53. Chiediamo però di avere competenze diverse nelle politiche industriali, specie per le piccole e medie imprese, in sinergia con le normative comunitarie e con le normative nazionali, pur sapendo che la vicina Valle d'Aosta, Regione a Statuto speciale, è premiante se si considerano i processi di trasferimento in quelle aree che hanno autonomia finanziaria, organizzativa e legislativa tale da incentivare le localizzazioni, oppure alcune aree del Mezzogiorno che hanno tassi di disoccupazione più elevati dei nostri, ma che godono di politiche speciali.
Al potere centrale vogliamo ricordare che la richiesta di maggiore autonomia in tema di politica industriale e di politica attiva del lavoro deve essere presa in seria considerazione perché la Regione Piemonte è tradizionalmente una regione forte, quindi, come tale, è autosufficiente e capace di rispondere a questi problemi.
Lo diciamo non come rivendicazione sindacale delle Regioni nei confronti del Parlamento, ma come proposta all'interno del processo di riforma delle autonomie locali. In quaranta o quarantacinque anni nella ricostruzione del Paese le politiche industriali dovevano essere accentrate a livello nazionale, oggi però, nella fase di riequilibrio del Paese devono essere date autonomie maggiori anche sul piano delle politiche industriali e delle politiche del lavoro.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 243 testé discussa, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 27 voti favorevoli, 15 contrari e 1 astensione.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 236: "Piano dei corsi per operatori sanitari. Anno scolastico 1991/92"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 6) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 236.
La parola all'Assessore Maccari per l'illustrazione.
MACCARI, Assessore alla sanità La deliberazione è relativa al piano che tutti gli anni viene formulato per i corsi per operatori sanitari. I corsi per operatori sanitari sono suddivisi in una serie di qualifiche professionali. Quest'anno l'impegno viene ulteriormente potenziato e prevediamo di poter iscrivere ai corsi per infermieri professionali 2.195 allievi, di cui 535 a Torino, per un totale di 74 corsi, di cui 18 a Torino.
A questi 2.195 posti se ne aggiungono 705 che sono suddivisi in: vigilatrici di infanzia, caposale, ostetriche, dietiste, terapiste della riabilitazione, tecnici di radiologia, massofisioterapisti, massaggiatori sportivi, educatori professionali e tecnici di laboratorio, arrivando così ad un totale di formazione professionale nel campo sanitario di 2.900 allievi.
L'anno scorso avevamo accettato, per gli allievi delle scuole professionali, 2.152 iscrizioni. Vi fornisco questi dati, perché, a seguito delle notizie riportate dai giornali in questi giorni, relative alla situazione degli infermieri, penso possano esservi utili; un rendiconto dell'anno scolastico '90/91, che si sta concludendo, è utile per avere un quadro della "mortalità scolastica" e dell'andamento delle scuole professionali in Piemonte. Dei 2.152 allievi iscritti al primo corso nell'ottobre'90, al 30 aprile 1991 risultavano 1.646; si è verificata quindi una "mortalità scolastica" del 22% circa.
Al secondo anno erano iscritte 1.210 persone e al 30 aprile 1991 ce n'erano 1.178, quindi potete notare che la grossa caduta avviene nei primo anno; nel secondo anno diviene minima, mentre nel terzo anno vi è pressocché una stabilizzazione, tant'è che dei 975 iscritti al terzo anno ad aprile '91 erano 956, i quali dovrebbero corrispondere grosso modo agli infermieri che si diplomeranno quest'anno.
E' da tenere presente che il numero di 956 allievi è la cifra di diplomati più alta che si sia mai avuta in Piemonte e corrisponde alla chiusura del primo ciclo triennale. Questo risultato è stato raggiunto grazie al grosso sforzo fatto nel settore della preparazione degli infermieri professionali. Infatti prima si diplomavano grosso modo in 450/500, oggi dovrebbero essere 956; il prossimo anno, essendo oggi 1.178 gli iscritti alla fine del secondo corso, si avrà presumibilmente, per la prima volta, il numero di diplomi di infermiere professionale superiore a mille. E' evidente che i mille allievi che si diplomeranno non risolveranno tutti i problemi degli infermieri professionali nella regione Piemonte.
Come è noto, le carenze sono molte, ma in questo modo siamo sicuri di coprire il turn-over. Questi mille diplomati, se scenderà la percentuale di persone che anticipano il pensionamento, riusciranno probabilmente a colmare le carenze di organico.
Poiché non saranno comunque sufficienti per un certo numero di anni, si è cercato di far pervenire da altre regioni d'Italia infermieri professionali offrendo loro un incentivo L'incentivo è determinato da una quota del costo della casa che grava sulle UU.SS.SS.LL., cioè ad ogni infermiere professionale (ci stiamo orientando, come è noto, verso la Puglia, ma vale anche per le altre regioni) proveniente da altre regioni verrà trattenuta sullo stipendio la somma di Lit. 300.000 per il pagamento della casa. L'USSL affitta la casa la mette a disposizione generalmente di due infermieri, e alle 600.000 lire trattenute aggiunge a carico del bilancio dell'USSL. un massimo di 180.000 lire per infermiere, per poter disporre - di una quota sufficiente per il pagamento totale delle spese per la casa. Si tratta di un grosso servizio per chi giunge da altre regioni perché il problema dell'affitto della casa è un disincentivo a trasferirsi.
Ci auguriamo che questa norma venga accettata, visto che ci sono migliaia di infermieri disoccupati nel sud. Contemporaneamente abbiamo aperto l'iscrizione alle scuole professionali (per una quota del 10%) agli extracomunitari in possesso della documentazione scolastica necessaria.
In questi giorni, per motivi di emergenza, abbiamo autorizzato ogni singolo ospedale a rapporti professionali liberi con infermieri in pensione, sul piano di cooperativa o sul piano singolo, per un certo numero di ore. Il pagamento prevede una base oraria di 25.000 lire lorde per i turni di giorno, e di 30.000 lire lorde all'ora per i turni di notte e per i festivi.
Abbiamo autorizzato pagamenti di tipo libero-professionali per 60 infermieri alle Molinette ed altri pagamenti per 60 infermieri provenienti dal sud, da destinare sempre alle Molinette. Man mano procediamo in questo modo su ogni singolo plesso ospedaliero con indicazione specifica.
Attualmente, la situazione degli infermieri più pesante è nella provincia di Torino. La situazione fa riferimento esclusivamente agli infermieri professionali, non tenendo conto quindi degli infermieri generici che, come è noto, sono in esaurimento; siamo in attesa di preparare l'operatore tecnico all'assistenza, che dovrebbe sostituire l'infermiere generico. Come certamente loro sanno, il Piemonte ha deliberato troppo presto l'organizzazione dei corsi, ancora prima dell'uscita del decreto ministeriale, per cui la nostra deliberazione di Giunta è stata bloccata dal Commissario di Governo. Comunque, appena potremo sbloccarla, procederemo.
Attualmente la situazione di Torino città è di 2.751 posti in organico di cui 763 vacanti; a questi dobbiamo aggiungere 343 domande di pensione che sono state presentate di recente, in previsione del cambiamento della normativa pensionistica. Su queste teoriche 1.645 presenze, che dovrebbero essere reali in rapporto alle 2.751 in organico, abbiamo previsto che nei mesi di luglio ed agosto, vada in ferie all'incirca il 30% del personale per ogni turno, per cui si scenderebbe a 1.150-1.200 presenze di infermieri professionali; da questo calcolo è derivata la misura deliberativa di intervento di emergenza.
La situazione della Provincia di Torino in generale, compresa Torino città, è di 5.246 posti in organico, 1.527 vacanti e 428 domande di pensione. Considerando le pensioni, che dovrebbero andare a regime tra qualche mese se non vengono ritirate, si ha una presenza reale in ospedale di 3.291 infermieri su 5246 in organico.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Calligaro; ne ha facoltà.
CALLIGARO Signor Presidente, a causa di posti vacanti in pianta organica, di turni di ferie che comportano ulteriori riduzioni di personale, quindi di una situazione che presenta carenze di personale professionale e pessima organizzazione dei servizi, corriamo il rischio della chiusura di reparti ospedalieri, di loro accorpamenti, di riduzione drastica dei posti letti di caduta drastica dei livelli di assistenza sanitaria.
Stiamo ai titoli de "La Stampa". Quella del 13 dello scorso mese denuncia una presenza media di 4 infermieri su 10 necessari negli ospedali cittadini (dichiarazione dell'Assessore); La Stampa del 26 dello scorso mese titola "Dalla Regione SOS ai militari"; quella del 27 dello stesso mese titola "Ospedali semichiusi per ferie".
Ad aggravare la drastica situazione della mancanza di personale professionale è arrivato il progetto di riassetto del sistema pensionistico, o meglio l'annunciato progetto di riassetto del sistema pensionistico, che induce centinaia di infermieri professionali a Torino, e probabilmente nella Regione più di un migliaio ad interrompere anticipatamente, per salvaguardare i loro diritti acquisiti, il rapporto di lavoro, a chiedere ed ottenere il pensionamento anticipato. E' inutile sottolineare in quest'aula che la linea governativa è irresponsabile; è la seconda ondata di abbandoni di personale professionale dalla sanità in tre anni.
I provvedimenti annunciati e mai attuati guastano la situazione, la destabilizzano. Nessuno di noi pensa che alla vigilia della scadenza elettorale, autunno di quest'anno o primavera dell'anno prossimo, si possa attuare un provvedimento del genere; in questo modo si fa semplicemente destabilizzazione.
E' inutile soltanto annunciare riforme, misure correttive drastiche; è bene intraprendere una strada rigorosa di attuazione delle riforme salvaguardando il più possibile i diritti acquisiti, senza destabilizzare la sanità italiana, che lo è già ampiamente a causa delle politiche governative.
E' difficile però non leggere questi annunci di riassetto pensionistico se non li inquadriamo in una linea governativa di controriforma. Ogni atto di destabilizzazione porta acqua al mulino delle politiche governative eppure il problema dei problemi a livello nazionale, ma in particolar modo nella nostra regione, è quello degli infermieri professionali.
La soluzione del problema richiede uno sforzo straordinario, che a ben vedere né a Roma né a Torino si sta facendo. Abbiamo una carenza di pianta organica di infermieri professionali di 3.000 unità, posti istituiti e non coperti; se rispettassimo poi gli standard di assistenza ospedaliera previsti dal decreto Donat Cattin, questa carenza nella nostra regione ammonterebbe a 9-10.000 unità.
Come intende fronteggiare questa emergenza il Governo? C'è il decreto ministeriale sugli extracomunitari: alla Regione Piemonte sono stati assegnati 1.665 infermieri professionali extracomunitari; per l'assunzione che avverrà con contratto privato a termine per un periodo di due anni, è necessario il titolo di studio o un titolo equipollente (una Commissione ministeriale lo vaglierà, e sappiamo che ciò richiede tempi lunghissimi) ed è richiesta una buona conoscenza della lingua italiana.
Il decreto sugli extracomunitari avrà effettivamente una qualche incidenza? Io ne dubito fortemente; mi pare che invece di affrontare i problemi, si cerchi di girargli attorno.
Alla base di tutto questo, probabilmente, c'è una linea di sottoremunerazione del lavoratore professionale straniero, che è una misura odiosa, inaccettabile. Se è un infermiere professionale, riconosciuto il titolo, constatato che conosce bene la nostra lingua, deve essere pagato come qualsiasi infermiere italiano. Si va invece alla ricerca di misure odiose per non affrontare il problema, che è di fondo.
La Regione compie un qualche atto lodevole, prevede un incentivo-casa per gli infermieri che arrivino da fuori, si propone di utilizzare infermieri in pensione con contratti di carattere privato o a parcella, o convenzionandosi con cooperative. Anche qui siamo ai "pannicelli caldi".
Anche il tentativo di attirare gli infermieri professionali pugliesi sa un po' di improvvisazione; sempre meglio dell'improvvisazione di due anni fa quando si disse che "bisognava impiegare, nelle strutture sanitarie pubbliche, studenti di medicina al terzo anno".
Secondo il piano corsi per l'anno scolastico 1991/92, sono ammessi 533 allievi nelle scuole di Torino, 1.660 nel resto della Regione. Se consideriamo che la mortalità scolastica negli ultimi anni è stata del 50 (forse un po' sotto) e che una parte dei diplomati, fra tre anni, sarà attirata dalle strutture sanitarie private - quindi andranno a lavorare in queste ultime -, dobbiamo concludere sin d'ora amaramente che non si coprirà neppure il normale turn-over con un piano corsi di questo genere.
Il piano è assolutamente inadeguato soprattutto per le UU.SS.SS.LL.
subcomunali di Torino e per quelle della Provincia, ma soprattutto il problema si incentra nella città di Torino. E' certamente cresciuto il numero degli allievi autorizzati; come si fa a non riconoscerlo? Dovremmo fare leva sull'elemento formazione per superare situazioni che sono di vera e propria emergenza, non solo i problemi gravi ed acuti. Se non si fa formazione i guai sono seri; ce ne siamo accorti quando abbiamo inventato la figura del manager.
Penso che la Regione debba compiere un grande sforzo in direzione degli incentivi; bisogna determinare le condizioni più favorevoli per avviare i giovani alla professione infermieristica.
Non si può dimenticare che, da anni, sono fermi gli assegni di studio a 150-220-330.000 lire al mese, a seconda degli anni frequentati. Vi sono state specifiche richieste sindacali di adeguare l'assegno di studio, c'è una nostra mozione della passata legislatura che chiede il raddoppio degli assegni di studio. Gli impegni assunti, a suo tempo, dall'Assessore non sono stati assolutamente onorati. La Regione Veneto aveva livelli doppi rispetto a quelli praticati dal Piemonte tre anni fa; la Lombardia e la Liguria, oggi, danno un assegno di studio di 850.000 lire al mese contro le 330.000 lire del Piemonte; 850.000 lire si prefigurano come un sostanzioso presalario, un incentivo rilevante per un corso che è particolarmente duro e selettivo.
Vorrei sapere, da questo punto di vista, che cosa avete fatto delle risorse incassate dall'aumento massimo del bollo. Perché non utilizzare 10 12 miliardi per raddoppiare l'assegno di studio? Avanziamo una richiesta più generale: bisogna stabilire che, almeno al terzo anno, si stabilisca un rapporto con l'Amministrazione della sanità pubblica equivalente ai contratti di formazione lavoro. O si procede per questa strada oppure si utilizzano gli allievi per sostituire il personale mancante negli ospedali, si fa formazione, ma soprattutto si fa lavorare duramente senza gratificazioni e senza una prospettiva. Questo è un problema più generale e non solo della Regione Piemonte.
Bisognerebbe vedere la qualità dei corsi, la didattica eccessivamente nozionistica e vi sono questioni di carattere generale che frenano il giovane ad intraprendere questa professione: le prospettive del tutto mancanti, le condizioni di lavoro particolarmente dure, la remunerazione che, rispetto alle condizioni di lavoro, non è ancora adeguata, gli sbocchi professionali, lo status sociale, orari, turni, ferie che non si riescono neanche a fare perché bisogna sostituire i colleghi assenti.
Gravano sugli infermieri professionali incombenze improprie che sarà bene assegnare agli operatori tecnici per l'assistenza. Non li chiamiamo più generici o coadiuvanti, ma gli operatori tecnici per l'assistenza devono, in effetti, non fare gravare più tutte quelle incombenze che oggi pesano sull'infermiere professionale.
C'è un problema di autonomia della professione, del servizio e c'è un'altra questione: una parte degli infermieri professionali non è collocata nei servizi fondamentali, ma in servizi marginali. E' assurdo che in mancanza di carenze strutturali di infermieri professionali ci accorgiamo che quei pochi che abbiamo non vengono utilizzati al meglio nei servizi fondamentali della sanità.
1 suggerimenti sono: non sprecare risorse rare e preziose, stabilire incentivi per reclutare molti giovani e, almeno nella città di Torino aumentare il numero delle scuole e degli allievi ammessi ai corsi.
La figura dell'infermiere professionale - ce ne accorgiamo oggi che vi sono carenze gravi - è decisiva in qualsiasi servizio sanitario, poich essendo complementare a quella del medico che ha compiti di diagnosi e di prescrizione della terapia, attua l'assistenza effettiva.
Ormai tutti pretendiamo che l'assistenza sanitaria, in questo caso infermieristica, sia umanizzata e perfino personalizzata. Con le carenze che abbiamo non riusciremo né ad umanizzare né a personalizzare l'intervento dell'infermiere professionale. Bisogna pagare adeguatamente queste figure professionali, motivarle ed organizzare i servizi in un modo efficiente.
Ci pare che il decreto De Lorenzo sia farraginoso per quanto riguarda l'assunzione privatistica degli stranieri, in quanto avremo difficoltà a verificare la validità dei diplomi, la congruenza dei titoli che si possono considerare equipollenti; sarà relativamente semplice per quelli di scuola anglosassone simili ai nostri, molto più difficile per quelli di altre scuole d'infermieri professionali.
L'ultima considerazione che faccio con amarezza è che tutto si pu dire, ma non che i governi nazionale e regionale stiamo facendo uno sforzo eccezionale come richiederebbe il drammatico ed allarmante problema della carenza strutturale di infermieri professionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.
CUCCO Innanzitutto, sono grato al Presidente per come ha impostato l'ordine dei lavori che ci permette di affrontare in aula un argomento che, fino ad oggi, è stato trattato solo sulle pagine di cronaca dei quotidiani. E' un argomento che non dovrebbe essere di competenza delle cronache dei quotidiani se non nel senso di informare i cittadini di quello che sta accadendo; è di competenza del Consiglio che non ha potuto, fino ad oggi discutere in merito.
Vorrei sottolineare soltanto un paio di aspetti di questa vicenda della carenza di infermieri , professionali, che mi sembrano alquanto singolari.
Primo aspetto; un anno e mezzo fa, in un convegno organizzato dal Collegio degli infermieri della provincia di Torino, un alto funzionario della, nostra Regione affermò che "per lo meno il 35% degli infermieri professionali oggi in servizio nella struttura sanitaria non ricopre il ruolo che gli compete". Intendeva dire cioè che ci sono infermieri professionali che non fanno il loro mestiere, che stanno nelle segreterie dei primari o nelle segreterie amministrative, che stanno in biblioteca che insomma non fanno gli infermieri professionali, ma gli impiegati.
Sottolineo che questa è una cosa detta non da me, ma da un alto funzionario della Regione Piemonte. Com'è possibile procedere ad interventi straordinari in questo settore se prima di tutto non si capisce come mai è accaduto questo e non si cerca rimedio al problema? Secondo aspetto: non credo sia una novità per nessuno, tanto meno per l'Assessore, dire che ci sono alcune specialità e strutture sanitarie che sono sovrastimate dal punto di vista dell'organico, e mi riferisco alle pediatrie oppure ad alcune strutture ospedaliere non della città di Torino, ma che risiedono nella Regione, nei confronti delle quali peraltro l'Assessorato e la Regione avevano già cercato di chiudere o di ridimensionare.
Quindi, se si intende procedere seriamente alla soluzione del problema della carenza di infermieri professionali, perché non procedere anche seriamente ad affrontare il tema della mobilità degli infermieri sul territorio? Sia per il primo che per il secondo aspetto, mi rendo conto che un grosso ostacolo è rappresentato dalla politica attuata fino ad oggi, non da tutti ma da una parte dei Sindacati di categoria. Questo, però, non deve, a mio avviso...
MACCARI, Assessore alla sanità Scusi, collega Cucco, cosa intende per mobilità sul territorio? CUCCO Spostare le strutture da dove non c'è più utenza laddove l'utenza c'è ma non ci sono gli infermieri, favorendo questa forma di mobilità con iniziative similari a quelle che si utilizzano per incentivare gli infermieri che arrivano dalla Puglia; il meccanismo potrebbe essere lo stesso. Fino ad oggi questo è stato molto difficile; io spero che l'Assessorato operi anche in questa direzione.
Queste sono le due questioni che, secondo me, bisogna affrontare in modo urgente. Si tratta di interventi che, cercando di aumentare gli infermieri professionali (o di altro tipo) disponibili nei servizi sanitari, non aumentano la spesa, anzi cercano in qualche modo di razionalizzarla o per lo meno di non aumentarla in modo stravolgente.
Vi sono ancora due piccole questioni che voglio porre. Una è quella relativa alla carenza degli infermieri, che è generalizzata, ma è particolare per alcuni settori (anziani, psichiatria, malattie infettive): ho scoperto un mese e mezzo fa che la scuola degli infermieri professionali dell'USSL 4, dove risiede l'ospedale Amedeo di Savoia, non ritiene utile per i propri studenti organizzare il tirocinio nei reparti di malattie infettive. Questa mi sembra una cosa che sta al di fuori di ogni logica.
Non so se le altre scuole abbiano organizzato tirocini nei reparti di malattie infettive - mi sembra che le disposizioni ministeriali non siano così buone da questo punto di vista - comunque so che alcune scuole, (per esempio la scuola del CTO) organizzano delle attività in questo settore così come le organizzano nelle altre materie. Il tirocinio per la psichiatria c'è, a quanto mi risulta.
E' possibile che la scuola infermieri professionali dell'USSL sede dell'ospedale perle malattie infettive più importante della regione Piemonte, non organizzi il tirocinio dei propri studenti nei reparti di malattie infettive? Come si pensa che gli infermieri possano poi affrontare serenamente fattività in questi reparti, se non ci vanno nemmeno a fare il tirocinio, se non sanno nemmeno come sono i malati e come si lavora in questi reparti? Pub sembrare una stupidaggine, però di fatto questa è una delle cose che invece impedisce agli infermieri di accedere anche alle strutture che sono maggiormente carenti di personale rispetto ad altre.
Ultima questione; non ho capito bene la vicenda del 10% di posti disponibili nelle scuole per gli extracomunitari. E' un 10% a sottrazione del totale, o ad aumento? Cioè: è un 10% in più rispetto al numero totale già stabilito o si tratta del 10% del numero complessivo già stabilito? Perché così non si aumenta un bel niente! Dovrebbe essere in aumento rispetto al numero totale di posti delle scuole professionali! Bisogna aumentare di un 10% per gli eventuali extracomunitari che possono accedere a questi corsi; eventuali perché poi, secondo me, non ce ne saranno, o ce ne saranno molto pochi.
Si tratta di organizzare corsi che possano favorire l'inserimento dei cittadini extracomunitari nella struttura sanitaria, non a livello dell'infermiere professionale, per il quale c'è bisogno di certificati di studio e di studi effettuati che non so - è uno studio che bisognerebbe fare - quanta della popolazione extracomunitaria residente in Piemonte pu vantare, ma magari ad altri livelli di lavoro nella struttura sanitaria negli ospedali, negli ambulatori, e via dicendo.



PRESIDENTE

Il Consigliere Maggiorotti chiede la parola; ne ha facoltà.
MAGGIOROTTI Ci troviamo a discutere, all'inizio di luglio, di una delibera che, a nostro parere, giunge in ritardo, in drammatico ritardo rispetto ai bisogni di sviluppo di una professionalità, quella infermieristica, che non pu essere lasciata nel dibattito al periodico discutere del piano corsi andrebbe ben più approfondita, anche per valutare la qualità della "produzione" delle scuole. Ritardo rispetto alla necessità di sviluppare i servizi previsti dal Piano socio-sanitario ed altre leggi regionali e nazionali, servizi che sono di fatto inesistenti. Mi riferisco ai servizi territoriali che dovrebbero dare risposte ai bisogni di persone in situazioni di emarginazione, quali gli anziani, i disabili adulti gravi non autosufficienti, per i quali, in carenza di efficaci ed efficienti servizi di assistenza domiciliare, non c'è altra risposta che il ricovero periodico in geriatrie o reparti di medicina per essere poi nuovamente espulsi, se non è possibile a casa, nelle pensioni "lager" o negli istituti.
Ritardo rispetto alle emergenze che in realtà sono ben prevedibili: già si era parlato di emergenza negli anni passati, ancor più se ne parla oggi siamo al 2 luglio, si parla di emergenza estiva, forse l'emergenza poteva essere prevista e, rispetto alle risposte da dare, ci si poteva muovere in primavera, ma non adesso. Quindi emergenza in questo senso, ma emergenza anche rispetto a ciò che è stato determinato dall'attuale incertezza normativa, e cioè - ne ha già parlato Calligaro - dell'elevazione dell'età pensionabile che ha portato (sono i dati citati dall'Assessore) a richieste esorbitanti di pre-pensionamenti. Quindi un'ulteriore fuga dal servizio sanitario, salvo poi che queste persone, questi professionisti ce li ritroveremo sul mercato del lavoro a offrire le loro prestazioni a condizioni diverse, a condizioni per loro più vantaggiose sul piano della remunerazione, posto che si pensa a contratti professionali, ad attività di convenzione con cooperative di infermieri e quant'altro.
Questa situazione sembra, almeno al sottoscritto, un depotenziamento del servizio pubblico, che perde professionalità acquisite negli anni competenze, conoscenze, e potrà coprire gli spazi lasciati liberi con nuovi infermieri, quando e se ci saranno, ma privi delle necessarie esperienze.
Questo è un problema di cui occorre tenere conto e che è da mettere nel computo delle questioni quando si parla di emergenza, cioè di un ricambio generazionale che se non guidato, se non sostenuto da attività di formazione e di avvio al lavoro nell'ambito del servizio farà sì che per molti anni ci troveremo di fronte a un personale di fatto carico di nozioni, ma privo di "saper fare".
In sede di IV Commissione, come è già stato detto in precedenza, è stata rilevata la carenza di circa 3.000 posti in pianta organica e che l'attuale pianta organica non è quella prevista dal decreto ministeriale del 1988 sugli standard di assistenza infermieristica, norma che era stata avviata per migliorare la qualità dei servizi ed adeguarla agli standard europei. In realtà quella norma tutti sanno che è assolutamente inapplicata.
Questa deliberazione dà una risposta minima al bisogno di copertura dei posti scoperti in pianta organica, minima perché - come ben si sa - le ricadute si avranno soltanto fra tre anni. Allora la domanda è: quanti di questi 2.105 allievi entreranno effettivamente nel servizio pubblico di qui a tre anni? Quale formazione e quindi quale possibilità si darà ad essi di accettare l'assunzione in un servizio così disorganizzato e che dà così pochi incentivi? Probabilmente verranno messi nei posti peggiori; ci saranno allora le fughe verso il privato, verso situazioni lavorative più organizzate.
Il problema è grave anche perché ci troviamo in una situazione di incertezza normativa pesante. E' in discussione alla Commissione Affari Speciali della Camera il testo relativo al riordino delle professioni infermieristiche, testo che non si sa se verrà varato in tempo utile per poter dare risposte efficaci alle ricorrenti emergenze. Certamente ci si troverà di fronte mediazioni tra la corporazione dei collegi professionali e gli interessi del servizio pubblico. Dico questo perché sappiamo che queste corporazioni a più riprese sostengono che non esiste una emergenza infermieristica e che occorre andare a vedere come sono impiegati gli infermieri. Certo, occorre fare questo; è noto a chi opera nel servizio pubblico che, ad 'esempio, gli infermieri dei poliambulatori sono sostanzialmente al servizio del medico e non al servizio del pubblico, non tutti certo, ma alcuni di questi ben difficilmente accetterebbero o sarebbero per così dire riciclabili ad altre attività, e io sono a conoscenza del fatto che ci sono state delle resistenze rispetto al fatto di operare in servizi territoriali di nuova e diversa istituzione.
I concorsi vengono fatti nella direzione degli ospedali e mai nella direzione del territorio. E' difficile che ci sia un passaggio dall'ospedale al territorio a causa della carenza di assistenza ospedaliera; questo è l'alibi che viene anche portato per giustificare l'impossibilità di sviluppare i pur necessari e indispensabili servizi territoriali, che potrebbero comunque rappresentare di per sé un filtro alle degenze ospedaliere. Ci troviamo, quindi, di fronte a una spirale che non si vuole spezzare.
Per entrare nel merito di questa deliberazione, alcuni interrogativi vengono posti dal fatto che presso le scuole di tre UU.SS.SS.LL. sia stata e continui a essere attivata una sola sezione di primo anno. Ci si domanda perché non ce ne siano due, tenendo conto della selezione che avviene nel corso dell'anno. Ci era stato risposto che c'era un problema di locali, ma mi domando perché allora non spingere più pesantemente sul Comune di Torino perché metta a disposizione locali esistenti presso scuole dell'istruzione pubblica ora inutilizzate.
A Torino ci sono 535 posti autorizzati di allievi che coprono circa 1/4 del totale dei 2.105; tuttavia mi domando se non fosse possibile e auspicabile aumentare i posti autorizzati a Torino, spingendo appunto sull'apertura di nuove sezioni, o per esempio nel caso della USSL n. 1 sull'organizzazione di una scuola diversa, direttamente gestita dalla USSL.
a fronte del perdurante rifiuto della scuola del Mauriziano di aprire una seconda sezione di primo anno.
Si tratta quindi di 535 posti in una realtà, quella torinese, dove c'è la massima concentrazione regionale di risorse professionali, di attrezzature e di posti letto. Non credo che avvenga frequentemente il passaggio da realtà della Provincia e del resto della Regione verso Torino quindi è su questi 535, al secondo anno probabilmente diminuiti di l,/3 o dimezzati, che si dovrà far conto da qui a tre anni. La situazione non è certo rosea.
Le risposte potevano forse essere date seguendo delle strade quali quelle che io ho indicato, ovvero lo sviluppo ulteriore dei corsi l'investimento massimo di risorse nello sviluppo di questi corsi, il reperimento di risorse professionali e finanziarie.
Vale il discorso per cui occorreva fare tutto ciò che era possibile per individuare risorse finanziarie al fine di giungere ad un aumento del presalario che viene dato agli studenti nel primo, secondo e terzo anno. Mi domando se i fondi preventivati (180.000 lire) per fornire una casa a studenti provenienti dal sud, non sarebbe stato meglio utilizzarli in casa nostra per aumentare i pre-salari, tenendo anche conto che gli infermieri provenienti dal sud probabilmente hanno una diversa qualità nella formazione professionale e, dopo circa due anni di inserimento lavorativo in organico nelle nostre UU.SS.SS.LL., potrebbero chiedere il ritorno nelle regioni di provenienza. Si tratta quindi di verificare se questo sia o meno un investimento che nel futuro creerà problemi, piuttosto che risolverli.
Per quanto concerne la questione dell'informazione, mi è sembrato che poca informazione sia stata fatta quest'anno, al di là di qualche manifesto. Mi domando, allora, se non si poteva pensare a qualcosa di diverso e migliore sul piano qualitativo.
Sul piano della qualità dell'informazione, occorreva intervenire verificando l'efficacia, nel senso di ricaduta, di questa informazione.
C'è il problema della riqualificazione degli infermieri generici; c'è il problema dell'ammissione degli ausiliari ai corsi di infermieri professionali. Si è fatto tutto quello che era possibile? C'è un altro dato che mi ha preoccupato; nel corso del confronto in IV Commissione, il funzionario ha rivelato che negli ospedali torinesi l'incidenza delle infezioni ospedaliere si aggira intorno al 9%, quindi è superiore alla media nazionale del 6,8%. Questo dato è preoccupante; il funzionario lo portava per giustificare l'avvio di corsi specifici di formazione per gli infermieri, ma rivela anche una bassa qualità nella gestione degli ospedali, che non credo sia tutta, o prevalentemente, da addebitarsi alla carenza del personale infermieristico.
Infine, un discorso sulla questione degli extracomunitari inseriti ed inseribili nei corsi. Mi domando quanti (forse saranno il 10%) di questi resisteranno all'impatto con lo stile scolastico delle nostre scuole di infermieri professionali. Quanto si farà cioè per facilitarne l'inserimento e non l'immediata fuga dopo due o tre mesi.
Se si è fatta una scelta, questa deve essere portata fino in fondo e se l'obiettivo è quello di inserirli nel lavoro al termine dei corsi presso le nostre scuole di infermieri professionali, occorre facilitarne l'inserimento sociale e all'interno del mondo della formazione professionale infermieristica.
Rispetto a questo, non ci sembra sia sufficiente l'accenno ai corsi di lingua italiana gestiti dagli attuali enti locali. Forse occorre pensare e fare altro.
Mi pare sia la prima volta che si pone questa scelta; se la scelta è stata fatta, occorre non farla per finta, ma con l'obiettivo di raggiungere i risultati che hanno determinato l'assunzione di tale scelta l'inserimento cioè di questo 10% nel computo generale dei posti degli allievi autorizzati.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bortolin.
BORTOLIN Vorrei porre due questioni: la prima è che sentiamo la necessità che la Regione, l'Assessorato, non riduca o non abbandoni l'iniziativa di propaganda per l'iscrizione alle scuole per infermieri professionali. Negli anni passati è stato fatto uno sforzo notevole, sotto questo aspetto, dalla Regione e dalle UU.SS.SS.LL. e ci pare che quest'anno tale sforzo avvenga un po' meno. Sentiamo inoltre la necessità di incentivare l'iscrizione attraverso una propaganda che può essere anche efficace, sottolineando l'occupazione garantita al termine del corso triennale che può essere frequentato dai giovani, comunque la valorizzazione della professione in questa direzione.
E' necessario muoversi anche attraverso un riconoscimento diverso dal punto di vista economico e della carriera, attraverso le sottolineature che possono essere efficacemente fatte sui giornali, sulla stampa locale e tutte le iniziative specifiche che le UU.SS.SS.LL. vor-ranno intraprendere.
Riteniamo possa essere mantenuto il livello di iscrizione degli anni passati, e quindi non diminuire il risultato che l'Assessore sottolineava nella sua relazione, di aumento notevole dei diplomati infermieri professionali nella nostra regione.
Questo vale soprattutto per il programma 1991/92.
Esiste poi una questione che riguarda il pre-salario: risulta da alcuni rapporti che abbiamo avuto con le scuole delle varie UU.SS.SS.LL. che vi è una diversificazione di compenso da USSL a USSL. Non vi è, quindi, un rapporto unitario per quanto riguarda il presalario nella nostra regione.
Sarebbe interessante sapere se vi è l'indicazione di carattere regionale di un vincolo o se le UU.SS.SS.LL. possono avere la facoltà di deliberare compensi minori rispetto ad altre nell'ambito della stessa regione.
La seconda questione che volevo porre riguarda la necessità, e parliamo dei diplomati dell'anno 1990/91, di svolgere con estrema rapidità le pratiche burocratiche per l'indizione dei concorsi da parte delle UU.SS.SS.LL. e le relative autorizzazioni da parte della Regione.
Allorquando abbiamo verificato ritardi da questo punto di vista abbiamo potuto vedere come professionalità molto richieste, anche da parte dei privati, trovino collocazione nelle cliniche o nelle strutture private e difficilmente vengano attratte dal pubblico.
E' quindi determinante una rapidità nell'indizione dei concorsi per non abbandonare o vanificare lo sforzo che facciamo, per aumentare il numero degli infermieri impiegati nelle strutture pubbliche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Non penso si tratti di una politica destabilizzante, come un collega ha detto, ma certamente rappresenta un elemento di preoccupazione perché ci troviamo di fronte ad una emorragia in un settore particolarmente delicato.
Immaginare che i reparti ospedalieri nei prossimi mesi potrebbero essere chiusi per la mancanza di infermieri (è stato preannunciato dai giornali e dai mass media nei giorni e mesi scorsi) può essere veramente preoccupante.
Ritengo giusti gli incentivi che l'Assessore ha portato nella sua relazione; incentivi proposti per far sì che infermieri di altre regioni arrivino in Piemonte. Certamente non si può andare oltre misura. Dovremmo verificare se gli incentivi possono essere trovati nei capitoli di bilancio per aumentare le risorse dei presalari o eventualmente per ampliare ulteriormente i corsi.
Si preannuncia un futuro non roseo per la situazione degli infermieri nei prossimi anni e questo futuro è ancora più preoccupante se si pensa a quanto abbiamo letto e sentito in questi ultimi tempi in merito a proposte di riforme pensionistiche che non arrivano, che rimangono soltanto sul piano ministeriale, ma che costituiscono motivo di preoccupazione per coloro che hanno raggiunto i minimi livelli pensionistici e che quindi chiedono di lasciare il proprio posto lavoro.
Di fronte alla pericolosità della situazione, che potrebbe peggiorare nei mesi prossimi chiederei all'Assessore di fare chiarezza su questo aspetto, con propri comunicati o attraverso il Ministero della Sanità. Diversamente, centinaia di persone, non soltanto a Torino, ma in tutte le province piemontesi, di fronte ad una situazione, di pesante incertezza, chiederanno di andare in pensione.
Sono convinto che i diritti acquisiti da coloro che per anni hanno lavorato nel settore pubblico, non verranno toccati; ma di fronte all'incertezza molti si preoccupano, creando un'emorragia di forza-lavoro in tutti i settori, non soltanto in quello ospedaliero e infermieristico.
Chiedo alla Presidenza della Giunta, alla Giunta e all'Assessore di verificare come riuscire a dare maggiori indicazioni per evitare una tale situazione.
Probabilmente, una valutazione sarà possibile solo nei prossimi anni di fronte alle difficoltà del settore, limitare ulteriormente l'accesso al settore infermieristico richiedendo il diploma di scuola media superiore significherà ridurre le iscrizioni ai corsi.
Sicuramente dovremmo ottenere una migliore qualificazione di coloro che si iscriveranno ai corsi per infermieri, anche nella nostra Regione.
Anche se ci riteniamo soddisfatti di quanto proposto attraverso la deliberazione, crediamo che si debba fare di più: non solo corsi e allievi più numerosi, ma anche risposte diverse. Gli incentivi per far sì che arrivi gente diversa nella nostra Regione ci preoccupano; occorre sottolineare le carenze del periodo attuale, dare risposte immediate.
Forse, però, non sono queste le strade da percorrere.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Intervengo per alcuni chiarimenti che, forse, avevo tralasciato in fase di illustrazione. Per risolvere l'emergenza, siamo partiti a gennaio, così come l'anno scorso, per verificare il quadro di ogni singolo ospedale quegli atti deliberativi sono stati però bocciati dal Commissario di Governo. E' una cosa stranissima: in Piemonte sono stati bocciati atti regolarmente approvati in altre Regioni da Commissari rappresentanti dello stesso Governo.
Su una situazione già grave è piombata la minaccia della riforma pensionistica, che nelle ultime settimane del mese di aprile ha peggiorato la situazione previsionale per i mesi di luglio e agosto.
E' bene ricordare a consuntivo - forse è bene ragionare non solo in termini di analisi teorica - che negli ultimi quattro anni non si è mai registrata a Torino una situazione grave nel sistema ospedaliero, nel periodo delle ferie estive.
Generalmente, in previsione delle ferie, appaiono sulla stampa vari articoli nei mesi di giugno e luglio che riportano questi problemi, ma gravi situazioni non si sono mai verificate. Anche quest'anno, in situazione di emergenza, abbiamo cercato di dimensionare l'apertura del sistema ospedaliero globale, in modo che corrispondesse alle necessità della popolazione residente a Torino, che nel mese di agosto si aggira sulle 600.000 persone. E in più, che fosse aperto a regime pieno, normale annuale - e non dimensionato per 600.000 persone - tutto il sistema dei dipartimenti di emergenza torinesi, che accolgono parte della domanda proveniente dal territorio provinciale, che può avere un carico di popolazione superiore a quello a regime normale che si ha durante l'anno.
E' questo il motivo per cui non abbiamo permesso che si chiudesse il dipartimento di emergenza dell'ospedale "Giovanni Bosco".
E' stata ricordata una serie di problemi. Ad esempio quello degli infermieri che non svolgono attività professionale, ma sono destinati ad altre attività.
Non so bene da dove sia emerso il dato "pazzo" fornito da non so quale strano movimento, relativo a 3.000 infermieri in Piemonte in questa condizione. E' una pazzia che non corrisponde alla realtà. Mi pare strano che un movimento che suole dirsi serio indichi dati che non trovano corrispondenza nel sistema sanitario. Esiste una quota minima di personale infermieristico, dirottato ad altre attività, ma che non è più recuperabile, o che è stato dirottato ad altre attività perché in corsia creava problemi. Ciò è stato verificato fin dall'anno 1988 da un'indagine svolta nei primi mesi di mio governo della sanità per rendermi conto della situazione. Chi era presente nella precedente legislatura ricorderà che la Regione Piemonte era stata la prima ad "inventare" la figura amministrativa di reparto, che sostituisse, per le attività amministrative-burocratiche l'infermiera.
La tendenza è stata inversa, e con una direttiva regionale del 1988 si è recuperato tutto il personale infermieristico possibile, che era stato destinato ad attività non professionali infermieristici.
Lo sforzo è stato massimo; potranno esserci delle frange, ma ritengo che tali rimangano. Parlando con gli stessi primari, questi vi elencheranno nomi e cognomi di persone mandate a svolgere altre attività, non più recuperabili, ma si tratta sempre di poche unità.
Non si deve dare ulteriore spazio alle situazioni allarmistiche apparse sui giornali. La strana cifra di 3.000 persone, corrisponderebbe in realtà ad un numero superiore a tutti gli infermieri dell'area metropolitana di Torino: questa è la pazzia di un dato non controllato, che provoca ulteriore confusione.
Per quanto riguarda la mobilità degli infermieri, questa non è attuabile per il semplice fatto che tutti gli ospedali hanno delle carenze per cui là dove si riesce a ridimensionare un reparto, il personale viene assorbito nella stessa struttura ospedaliera; il personale medico qualche volta, come nel caso del ridimensionamento dei reparti di ostetricia, passa alle dipendenze dell'ospedale di riferimento. Quindi, in riferimento al problema della mobilità territoriale e dell'esubero di infermieri purtroppo, non essendoci tale esubero, non possiamo attuare la mobilità che vale comunque per tutto il personale dipendente.
Rispondo al Consigliere Cucco che il 10% dei posti previsti per i non aventi la cittadinanza italiana corrisponde al 10% dei 2.195, non è quindi in aggiunta. Noi avremmo dovuto fissare il numero di 1.800 più il 20%, ma sarebbe stata una misura tecnicamente non corretta, perché i posti sono 2.195, sono posti fisici, sono contati, ci sono problemi di aule, di posti a sedere. Si tratta di un dimensionamento globale di 2.195 posti, di cui il 10% è riservato. Tenete conto che nella situazione reale a consuntivo perché è sempre bene ragionare anche in questi termini - negli ultimi tre o quattro anni, cioè dal corso '87/88, non si è respinta una sola domanda, ma si è sempre cercato, facendo degli sforzi qualche volta anche notevoli, di adeguare la possibilità di insegnamento sempre al numero delle richieste presentate. Pertanto se avessimo delle richieste di iscrizione maggiori al numero, la risposta probabilmente sarebbe uguale a quella data negli ultimi quattro anni, adeguando con sforzo le strutture. Tant'è vero che chi era presente in aula allora ricorderà che sono state votate delle deliberazioni di aumento dei posti.
Per quanto riguardai posti riservati a coloro che non hanno la cittadinanza italiana, non sono prevedibili corsi di lingua italiana perch l'iscrizio-ne al corso di infermiere professionale è possibile soltanto con un determinato grado di scolarizzazione raggiunto con un certo numero di anni.
Il problema sulla velocizzazione dei concorsi esiste meno per gli infermieri professionali che non per gli altri, perché, avvenuto il concorso, l'incarico è immediatamente operativo; però, essendo irrisorio il concorso perché non seleziona nessuno, si prendono tutti, a volte anche pregandoli di iscriversi a tale concorso quando c'è l'incertezza di scelta tra una sede e l'altra. Comunque sarà mia cura emanare una direttiva alle UU.SS.SS.LL., affinché provvedano alla sistemazione definitiva concorsuale nei tempi più brevi possibili.



PRESIDENTE

La discussione generale è così conclusa. Passiamo all'esame del dispositivo di tale deliberazione.
Sono stati presentati i seguenti 3 emendamenti da parte del Consigliere Rabellino: 1) sopprimere le parole da "di consentire, rispetto ai posti programmati...
" a "..Amministrazione regionale" 2) sostituire la cifra "10%" con la cifra "1%" 3) aggiungere dopo le parole "10% dei cittadini stranieri" le parole "provenienti da Paesi CEE".
La parola al Consigliere Rabellino per l'illustrazione.
RABELLINO Questi tre emendamenti, uno soppressivo, uno sostitutivo e uno aggiuntivo, specificano la questione "cittadini stranieri". Nella deliberazione non si citano quali siano i cittadini stranieri; chiaramente l'intenzione iniziale è quella di evitare che a questi corsi di formazione partecipino cittadini stranieri.
Nel secondo emendamento si vuole ridurre la percentuale dal 10% all'1 chiaramente questa è una proposta abbastanza provocatoria.
Con l'ultimo emendamento si intende specificare che i cittadini stranieri che possono accedere a questi corsi appartengano esclusivamente ai Paesi della CEE, questo in base anche ai regolamenti comunitari in atto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.
MACCARI, Assessore alla sanità Il Consigliere Rabellino è stato molto chiaro e sintetico per cui lo seguirò su questa linea. Per quanto riguarda il primo emendamento, la parola "stranieri" è chiara: chi non è in possesso della cittadinanza italiana è straniero. L'emendamento è quindi respinto.
Il secondo emendamento, come giustamente ha detto il Consigliere Rabellino, è provocatorio; non raccogliamo la provocazione. Pertanto anche questo è respinto.
Anche il terzo emendamento, che limitale iscrizioni ai corsi alla popolazione dei Paesi della CEE, viene respinto perché può capitare a molti piemontesi di andare in ospedali tedeschi, francesi e americani ed essere assistiti anche da infermieri non appartenenti a Paesi della CEE, quindi è una limitazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione il primo emendamento presentato dalla Lega Nord.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli e 43 contrari.
Pongo in votazione il secondo emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli e 43 contrari.
Pongo in votazione il terzo emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli e 43 contrari.
Pongo ora in votazione la proposta di deliberazione n. 263, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 26 voti favorevoli, .18 contrari e 3 astensioni.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il punto 19) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine:


Argomento: Nomine

- Riserva Naturale Speciale Sacro Monte Varallo (art. 9. L.R. n. 12/90). Consiglio Direttivo. Nomina di 3 membri con esperienza in materia storico artistica ed architettonica.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede.
Proclamo eletti i signori Giorgio Viazzo (esperto architettonico) Giulio Mortara (esperto storico-artistico), Marie Laure Engelmann (esperto storico-artistico), quest'ultima designata ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della L.R. n.10/85 e dell'ari. 72 del Regolamento.



PRESIDENTE

Ricordo che alle ore 15 è previsto un incontro con la delegazione rumena, al quale sono invitati la Giunta, i Consiglieri che lo desiderano l'Ufficio di Presidenza e i Capigruppo.
Pertanto la seduta pomeridiana avrà inizio alle ore 15.30.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.50)



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