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Dettaglio seduta n.75 del 25/06/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Formazione professionale

Esame proposta di deliberazione n. 241: "Programma annuale dei corsi di Formazione professionale normali, speciali e per invalidi civili - Anno formativo 1991/92"


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Esaminiamo la proposta di deliberazione n. 241, di cui al punto 13) all'o.d.g. La parola all'Assessore Cerchio per l'illustrazione.
CERCHIO, Assessore regionale Signora Presidente, colleghi Consiglieri, il piano dei corsi di Formazione professionale per l'anno 1991/92 proposto alla discussione del Consiglio regionale può essere definito una sintesi fra le esigenze d'innovazione, da un lato, e di salvaguardia d'alcune caratteristiche del sistema attuale che sarebbe errato abbandonare, dall'altro.
La Formazione professionale si trova a dover assolvere a due funzioni la prima funzione, che le è propria, è quella di raccordo fra la istruzione statale e il mondo delle professioni; l'altra, che si è determinata storicamente per l'Italia, è quella di recupero e completamento di conoscenze di base non compiutamente garantite dalla scuola statale.
Non è certamente questa la sede per giudicare se e in che misura tale situazione sia ottimale. Ciò che in realtà intendiamo rilevare è che sarebbe sbagliato da parte della Regione rinunciare a svolgere la seconda delle due funzioni citate in assenza di valide risposte alternative. E lo sarebbe in primo luogo per ragioni di natura sociale: annualmente sono infatti più di 8.000 nella realtà regionale piemontese i giovani che conseguita la licenza media, proseguono gli studi della secondaria superiore.
Le conseguenze di un minore impegno nella formazione di primo livello non sarebbero positive per lo stesso sistema produttivo, poich inevitabilmente ciò si tradurrebbe in un abbassamento delle capacità professionali di chi acquisisce una prima qualifica. Inoltre. è da tenere presente come le imprese sempre più si orientino per le assunzioni verso persone ultra diciottenni, militesenti se maschi, per motivate ragioni legate alla maturità complessiva dei soggetti e alla loro capacità di inserimento e socializzazione, prima ancora che per la professionalità specifica.
In sostanza, appaiono più che maturi - lo dico come aggancio ad un problema che è ormai imminente - i tempi per l'elemento della scuola dell'obbligo a 16 anni e per la riforma della scuola superiore.
Senza entrare nel merito delle diverse opzioni in discussione, vorrei solo sottolineare l'urgenza di una decisione in tal senso per le ragioni di carattere generale ricordate ma anche perché tutto questo offrirebbe,alla programmazione della Formazione professionale un indispensabile punto e quadro di riferimento di medio periodo. Questa esigenza è accentuata dalla creazione entro il 1993, del mercato unico europeo della manodopera e dalla complessa necessità di fornire una Formazione professionale che sia nei contenuti, prima ancora che nelle certificazioni formali, competitiva con i Paesi europei concorrenti.
In un quadro in cui vi è la certezza che assetti rilevanti cambieranno nel prossimo immediato futuro, e la indeterminatezza sui contenuti di tali cambiamenti, la scelta fatta è stata quella di introdurre alcuni elementi di innovazione che anticipano, anche in forma sperimentale, i presumibili scenari dei prossimi anni, affiancando agli interventi ormai tradizionali rivolti ai giovani alla ricerca del primo impiego, attività dedicate soprattutto alle fasce più deboli del mercato del lavoro, a chi abbandona la secondaria superiore e agli stessi occupati.
Prima di illustrare in modo più specifico i cambiamenti introdotti vorrei richiamare alcuni aspetti che emergono da un'indagine appena conclusa, relativa alla situazione occupazionale dei qualificati a 18-24 mesi dal conseguimento dalla qualifica. Si tratta di una ricerca, che abbiamo anticipato e illustrato per sommi capi nella sede della Commissione competente allorquando abbiamo presentato il piano corsi 1991/92 effettuata in modo sistematico dall'Assessorato e rivolta all'universo dei qualificati.
Si è ricostruito il periodo storico dal 1984 al 1988; la percentuale di risposte è stata significativa: pari al 94% dei casi.
Da questa ricerca che sarà nei prossimi giorni disponibile, e resa pubblica, emerge che è fondamentale ed importante, per avere il quadro di riferimento della ricaduta occupazionale degli allievi qualificati dai centri di Formazione professionale (diretta e indiretta), un miglioramento costante della condizione occupazionale in correlazione all'andamento del mercato del lavoro regionale.
Gli occupati passano dal 65% dei qualificati del 1984 al 78% del 1988 di questa leva, inoltre, il 6% ha scelto di proseguire gli studi. Possiamo quindi dire che all'inizio del 1990 solamente 11 1415% dei qualificati del giugno 1988 è ancora alla ricerca di un lavoro.
Ovviamente si tratta di un dato medio, con alcuni riferimenti di natura territoriale legati alle Province e al primo livello dove gli occupati sono circa il 73%, mentre per il secondo livello la percentuale supera 1'83%.
Evidentemente esistono alcuni settori dove la ricaduta occupazionale è maggiormente elevata, a partire da quello dell'informatica e dell'automazione industriale.
I tratti salienti del piano corsi 1991/92 si concretizzano in un monte ore generale pressoché invariato: la crescita di 5.300 è compensata dal contenimento dei numeri di secondi istruttori, gli allievi previsti sono circa 18.000.
Vi è una crescita rilevante dei costi unitari dovuta essenzialmente al rinnovo del contratto di lavoro degli operatori della Formazione professionale, i cui oneri ricadono sul bilancio regionale. Si è operato in particolare per un recupero di efficienza eliminando alcuni corsi basandosi su criteri quali il numero di allievi insufficienti, i Comparti o le Province con finalizzazione occupazionale inferiore alla media, la sovrapposizione nella stessa area territoriale di corsi con contenuto analogo, o ancora sul criterio dell'insufficienza dei contenuti qualitativi. Sulla base di questi criteri, si è determinata un'analisi particolareggiata del settore. Le risorse così recuperate, pari a circa 26.500 ore, sono state indirizzate verso alcune attività particolari: i drop-out della secondaria superiore, gli extracomunitari, le donne (altro soggetto particolarmente debole), i disoccupati ed i cassaintegrati di lunga durata, gli occupati, i soggetti portatori di handicap ed i detenuti.
Gli ultimi aspetti di innovazione riguardano la formazione di secondo livello e soprattutto l'integrazione fra la formazione professionale e l'istruzione statale.
In ordine al primo punto, si inizierà con una sperimentazione basata su una struttura modulare dei corsi: il riconoscimento, sotto forma di crediti formativi, di specializzazioni già acquisite anche nei Paesi CEE e di esami universitari. Ciò consentirà percorsi formativi flessibili e personalizzati, sulla base dei curriculum di studi precedenti, anche al fine di adeguare la formazione professionale di secondo livello alle novità rappresentate dall'introduzione della laurea breve.
Infine, si è ritenuto utile sperimentare alcune iniziative di integrazione fra la formazione professionale e la scuola statale, quale ambito suscettibile di sviluppo nei prossimi anni. Gli interventi del '91 '92 riguarderanno, nello specifico, la realizzazione, in collaborazione con tre istituti professionali di Stato, di corsi rivolti al quarto e quinto anno, finalizzati all'acquisizione contestuale della maturità professionale e di una specializzazione postqualifica (la Formazione professionale interviene con 600 ore nel biennio); riguarderanno inoltre il finanziamento di corsi biennali per soggetti ultradiciottenni che rientrano nella formazione professionale (i corsi si svolgono in collaborazione fra l'VIII Istituto Tecnico di Torino ed il Centro di Formazione professionale "Mario Enrico") e prevedono il conseguimento dell'ammissione al terzo anno dell'Istituto Tecnico e di una qualifica di primo livello.
La Formazione professionale effettua, al riguardo, 800 ore nel biennio e alla iniziativa concorrono anche l'Amministrazione Provinciale ed il Comune di Torino.
Infine, gli interventi riguarderanno, nell'ambito della iniziativa comunitaria Horizont, la presentazione di un progetto, in collaborazione con il Provveditorato agli Studi di Torino; rivolto a giovani ultrasedicenni privi della licenza media, che combina il conseguimento della terza media con elementi di formazione professionale ed esperienze di tirocinio in azienda.
Queste considerazioni che ho voluto indicare per grandi titoli, a cominciare dai criteri seguiti per ricercare una maggiore ricaduta e utilizzazione dello strumento della formazione professionale, sono alcuni degli elementi base della presentazione del Piano Corsi '91- 92, che hanno una rilevanza non indifferente, soprattutto perché si tratta di materia direttamente di competenza dell'Amministrazione regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco.
FOCO Non vorrei tediare i colleghi ripetendo alcune osservazioni che - come Gruppo - abbiamo già avuto modo di fare nel corso del recente dibattito sull'occupazione. Quindi, prego il Consiglio di ritenerle già agli atti come discorso complessivo sulla formazione professionale.
Entro pertanto nel merito del Piano Corsi '91-'92. Non ho potuto seguire completamente la relazione dell'Assessore, quindi se dovessi porre domande a cui è già stata data risposta, me ne scuso anticipatamente.
Un nodo sicuramente centrale per poter impostare il Piano Corsi, ed è ovvio che il ragionamento che facciamo riguarda non tanto questo Piano, ma quello del prossimo anno, è la verifica dei risultati. Ritenevamo di poterne entrare in possesso prima di questo dibattito, perché consideriamo questo studio un fatto importante e non solo un atto di rispetto formale alla programmazione (si tratta infatti di un impegno assunto nel Piano Regionale di Sviluppo '88/'90), ma una questione sostanziale, in quanto consentirebbe di capire quale sia la ricaduta dell'intervento formativo che è pur sempre massiccio, anche se non ancora sufficiente. Infatti questo intervento avrebbe bisogno, da un lato, della disponibilità di maggiori risorse, ma nello stesso tempo di una lettura e una verifica più attenta dei profili professionali, delle qualifiche e quale sia il loro livello di ricaduta.
I dati che abbiamo potuto conoscere scorrendo le rassegne stampa indicano che il livello occupazionale dei giovani usciti dalla formazione professionale oscilla tra Il 70 e il 78%; sono dati sicuramente positivi che avrebbero però bisogno di una lettura più attenta ed articolata.
La nostra impressione è che non tutti i corsi, in modo particolare quelli di primo livello, riescono a raggiungere l'obiettivo di occupare tutti coloro che ottengono il diploma di qualifica. Non si spiegherebbe altrimenti, la forte denuncia, a meno che non sia strumentale, che viene dall'imprenditoria privata, di continuare ad indicare un distacco, una dicotomia tra i corsi di formazione professionale e la necessità di alcune figure e profili professionali di cui l'industria ha bisogno e che la portano a richiedere che i fondi non vengano dilapidati dal pubblico, ma vengano dati al privato che penserà a finalizzarli meglio, a farli rendere di più.
Non sono ovviamente d'accordo con questa richiesta, ma sicuramente c'è qualcosa che non riusciamo a capire: o tutto il complesso della formazione professionale è inadeguato, anche quando il 70-78% dei giovani qualificati riesce a trovare occupazione - e torno a ripetere che sarebbe utile,Assessore, discutere in modo più approfondito questi risultati oppure non trova giustificazione il divario tra Formazione Professionale e necessità della nostra industria, necessità delle quali non solo non possiamo non tenere conto, ma che se non debbono significare delega completa al privato, sicuramente debbono significare rapporti più stretti più reali e concreti.
Nella premessa al Piano Corsi, non ho trovato alcun punto che prendesse in considerazione il rapporto con il privato e le sue esigenze, ed a mio parere questo è un nodo importante.
Personalmente non sono d'accordo che il "pubblico" rinunci al suo ruolo programmatorio e alla gestione diretta o in convenzione, ma concordo con il fatto che si vada a nuovi modi e forme quali quelle del Consorzio pubblico privato o della joint-venture. Occorre trovare una maggiore integrazione fra le risorse pubbliche e quelle del privato, in modo tale che non solo se ne può disporre di più, ma si possono coordinare le iniziative, fare le scelte significative e prioritarie. Insomma, affrontando in modo nuovo tutta la questione.
Mi pare questo il terreno sul quale lavorare con estrema attenzione nei prossimi anni; diversamente, rischiamo o di non rispondere alla domanda proveniente dalla realtà, oppure di delegare parte notevole delle risorse agendo unicamente - mi si scusi l'espressione - da "passa carte" nei confronti del Fondo Sociale Europeo, per coprire in questo modo il taglio di risorse nei confronti della formazione professionale e quindi utilizzare fondi destinati a progetti finalizzati e di alto livello per la formazione professionale consolidata.
Altro aspetto - e mi scuso con l'Assessore nel caso avesse già affrontato la questione - riguarda il metodo con cui è stato attuato il "taglio" sulla Formazione professionale. Sappiamo che c'è stata una drastica e consistente riduzione. Come la si è affrontata? Misurandoci solo a livello percentuale; questo è lo stile con il quale la Giunta lavora: lo Stato nazionale taglia il 40% delle risorse che si traduce in una riduzione del 40% in tutti i settori del bilancio regionale.
Questo "taglio" non è stato colto come occasione per premiare gli interventi più qualificati e significativi, tenendo conto degli equilibri tra le Province della nostra Regione. Sappiamo che vi sono Province "più Province" di altre, e quindi, per certi aspetti, più protette di altre.
Normalmente, quando leggo le delibere sto molto attento ad una cosa: dal contenuto della delibera si può evincere il collegio provinciale dell'Assessore: spesso i tagli vanno a finire a casa d'altri, in quella del proprio vicino di casa. Siccome non ho potuto verificare concretamente questo aspetto, chiederei quale criterio è stato adottato, quali enti e quali scelte sono state privilegiate. Per esempio, se è stato favorito l'intervento pubblico, cercando di tagliare meno in tale settore, oppure se si sono voluti favorire i Centri di formazione di associazioni ed enti privati.
Ritengo che i miei interrogativi abbiano bisogno di una risposta, in modo da poter formulare meglio il nostro giudizio. Questo anche perch sappiamo che è ancora irrisolto il problema della mobilità del personale altro grosso nodo. Ritengo che le professionalità costruitesi in questo comparto nel corso degli ultimi anni, non debbano essere disperse. Certo hanno bisogno di essere valorizzate, con interventi di aggiornamento, per migliorare questo comparto, ma non devono essere disperse nei vari uffici.
Se poi non è possibile utilizzarle al meglio, cerchiamo comunque di avere un preciso indirizzo e di dare risposte in tempi brevi, poiché alla fine del mese di agosto termineranno le convenzioni in corso e, rispetto a quelle future, dovremo sapere in che modo utilizzare il personale in mobilità.
Altra considerazione: i drop-out.
In questo settore dobbiamo stare molto attenti, diversamente rischiamo di mettere la formazione professionale su due canali: in un caso sono necessari quattro moduli di 600 ore ciascuno, per un totale di 2.400 ore mentre per i drop-out vengono indicate 1.400 ore, di cui 200 - diciamo così propedeutiche.
Mi pare che tale nodo del problema faccia emergere in modo macroscopico che una parte della formazione professionale continua ad essere assistenziale e di sostegno all'obbligo scolastico: in pratica, di alfabetizzazione. Altrimenti, non sarebbe giustificabile che la frequenza di un anno di scuola superiore venga considerato pari a due moduli di formazione professionale. Non si tratta di un falso problema: nei prossimi anni ci troveremo a doverlo affrontare con maggiore pregnanza ed incisività.
Si pone anche il problema del modulo; alla fine delle 600 ore che tipo di qualificazione si ottiene? Cosa significano, cosa sono, cosa vogliono dire 600 ore? Se il tutto si traducesse in alfabetizzazione, si dovrebbe far svolgere alla scuola di Stato il proprio ruolo, elevando l'obbligo scolastico a 16 anni e facendo quindi ognuno il proprio mestiere.
Questo è un nodo centrale per verificare come noi intendiamo operare nell'ambito della formazione professionale.
Ancora due osservazioni, già poste in Commissione, che ripropongo in aula. Le 400 ore di formazione per gli extracomunitari mi convincono poco.
Chiamiamole con il loro nome; non si tratta di corsi di formazione, ma di alfabetizzazione. Utile, importante, necessaria, significativa, ma pur sempre alfabetizzazione; non è formazione professionale, non è pensabile che 400 ore permettano il rilascio di un attestato di qualifica, anche perché agli altri studenti, per poter raggiungere l'attestato, è richiesta la frequenza di 2.400 o 1,400 ore.
Diversamente; occorre ripensare al significato dei moduli di 600 ore: nel caso degli extracomunitari non si riesce neppure a raggiungere questo limite minimo.
Ultimo elemento; i corsi post-qualifica; quello che viene definito il terzo anno dopo le 2400 ore. Ho paura che rischi di diventane effettivamente questa la formazione professionale. Dopo le fasi propedeutiche, con il corso post-qualifica (quindi con altre 1200°600 ore) entriamo effettivamente nel nodo della vera formazione. Ma allora le altre 1400 o 2400 ore a che cosa sono servite? Sono effettivamente, ho paura almeno che siano, come dicevo prima, o di alfabetizzazione o di assistenza o comunque non formazione professionale.
Mi pare interessante il rapporto con la scuola di Stato che viene affrontato per la prima volta - l'Assessore lo accennava nella sua relazione -, così come importante è l'avvio di una tendenza verso la formazione professionale di secondo livello, che non vorrei risolvere con una battuta: mi pare, però, ancora timida fazione in questa direzione e non può essere giustificativo il fatto che i centri di formazione professionale non siano riusciti a coprire nemmeno le ore che la Regione metteva a loro disposizione. Sono scelte che non si possono improvvisare, le circolari devono essere il momento finale di un processo che bisogna avere il coraggio di avviare e di preparare bene. Questo poteva essere uno dei criteri da usare per i tagli nei confronti di chi non vuole adeguarsi o non si muove in una certa direzione.
Bisogna lavorare con più forza e decisione in modo particolare quando gli indirizzi, ed è questo il caso, sono corretti e positivi, guardano in avanti e sono di prospettiva per quanto riguarda la forma-zione professionale.



STAGLIANO' IGOR



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.
PEANO Ringrazio intanto l'Assessore per l'attenzione che ha posto anche in sede di Commissione con la sua presenza e quella dei funzionari, mettendo a proprio agio tutti i commissari che ne hanno apprezzato l'impegno, così come ha fatto il Consigliere Foco a nome anche dei suoi colleghi.
Il collega Foco ritiene che bisogna sempre perseguire delle soluzioni ottimali; dobbiamo comunque dire che in questi anni e in questi ultimi tempi l'Assessore ha cercato di dare una soluzione ottimale alla formazione professionale.
Siamo reduci da una seduta consiliare nella quale si è svolto un dibattito importante sull'occupazione che ha permesso di fare un'analisi della situazione occupazionale evidenziando i principali problemi che emergono dalla realtà piemontese in capitoli diversi. L'Assessore ha evidenziato come i problemi dell'occupazione e della formazione in Piemonte siano strettamente collegati sia alla situazione economica nazionale, pur caratterizzata dai noti problemi, che dal contesto economico internazionale che viene ad assumere un peso crescente a seguito dell'apertura dei mercati e per le particolari caratteristiche strutturali dell'apparato produttivo piemontese.
Sono stati analizzati i dati complessi dell'occupazione nel 1990 che si possono definire ancora positivi; sono però aumentati i segnali di difficoltà occupazionali a cominciare da una notevole richiesta di ricorso alla cassa integrazione straordinaria; l'Assessore si è dichiarato preoccupato per il futuro. Inoltre ha affrontato l'analisi delle problematiche occupazionali nei diversi settori dell'industria piemontese preoccupazioni che riguardano un po' tutti i principali settori dell'apparato produttivo. Gli elementi di preoccupazione sono accentuati dagli interrogativi che da molte parti vengono prospettati circa la capacità del nostro sistema di reggere alla forte concorrenza che si determinerà a seguito dell'apertura dei mercati internazionali.
L'Assessore ha quindi svolto considerazioni sul processo di continua deindustrializzazione di alcune parti del Piemonte, le sue competenze sono insufficienti ad affrontare questa situazione che richiede una politica nazionale in materia di lavoro e di industria più adeguata.
Valutando gli strumenti, l'Assessore ha affrontato le politiche del lavoro e della formazione, svolgendo un'analisi necessariamente sintetica sugli orientamenti attuali della formazione professionale e delle evoluzioni in atto, al fine di rendere questo importante strumento sempre più idoneo a perseguire obiettivi di sviluppo dell'occupazione in un mercato del lavoro in continua evoluzione.
I risultati, così come l'Assessore si è espresso sull'analisi dei tassi di occupazione nel quadriennio 1984/88, sono grandemente positivi, li abbiamo apprezzati tutti e riteniamo che sarà difficile andare al di là.
Tutti ci auguriamo di avere delle condizioni di mercato tali che rendano possibile il raggiungimento di percentuali migliori di occupazione post formazione. In ogni caso è certo che abbiamo raggiunto dei risultati importanti.
Alle esigenze di formazione delle aziende si affianca una richiesta che proviene da alcune fasce di lavoratori. Taluni lavoratori infatti sono sollecitati dall'aspirazione di migliorare le proprie condizioni di vita lavorative accettando anche corsi di formazione migliorativi delle proprie condizioni.
Ho notato l'attenzione - questo è un punto importante della relazione dell'Assessore - ad una esigenza formativa sottaciuta relativa agli adulti disoccupati, cioè di chi esce dal circuito lavorativo e ha molte difficoltà a rientrare. Si tratta delle fasce più deboli e che quindi più hanno bisogno delle nostre attenzioni.
Conosco esperienze diverse di lavoratori derivanti da quelle esigenze sottaciute di chi appartiene alle fasce più deboli, di chi vuole migliorare le proprie posizioni all'interno del mercato del lavoro (cioè chi già oggi lavora, ma vuole giustamente migliorare se stesso) e da quei giovani in cerca di primo impiego.
Tante soluzioni, tante sollecitazioni che l'Assessore ha cercato di mettere insieme in questi mesi, attraverso i suoi programmi per quelle risposte che in Regione Piemonte è necessario ed importante poter dare. Si tratta di situazioni che impegnano l'Assessore costantemente e che presentano difficoltà sempre più emergenti con aziende in continua richiesta di cassa integrazione.
Dichiaro, in conclusione, che siamo d'accordo sul lavoro che l'Assessore ha svolto con l'obiettivo di migliorare il tutto e siamo quindi favorevoli alla deliberazione proposta oggi.
La mia vuole anche essere una dichiarazione di voto a nome del Gruppo che rappresento; un voto altamente positivo per quanto l'Assessore ha fatto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA Signor Presidente e colleghi, ho prestato molta attenzione alla relazione dell'Assessore su questo argomento che ritengo di straordinaria importanza per l'ente Regione, perché si tratta di una materia propria, che assorbe tanta parte del bilancio dell'ente regionale. Si tratta di una materia che, in un momento così delicato come quello che stiamo attraversando, può porsi oggettivamente a serio e concreto supporto delle politiche che sono necessarie per aiutare il sistema per uscire dalla crisi.
Lo consideriamo argomento importante, non solo visto come momento assistenziale o strumento di politica attiva del lavoro, ma anche e soprattutto come strumento capace di supportare il sistema d'impresa in quel processo di qualità di cui tanto si parla, forse troppo, quasi per moda, ma che è necessario e che può trovare nella Formazione professionale uno dei suoi aspetti più significativi. Un discorso di questo genere merita, a mio giudizio più spazio.
Se ricordo bene, l'ultima volta che in questa Regione si è fatto un dibattito serio ed approfondito sulla Formazione professionale risale ad alcuni anni fa, a seguito di uno studio ordinato dalla Regione Piemonte (c'era ancora l'Assessore Alberton). Dopo quel serio dibattito in quest'aula mi pare si sia andati avanti sull'onda.
I dati risultanti dall'indagine effettuata dall'Assessorato al lavoro sulla ricaduta che hanno avuto i corsi di formazione, mostrano, che c'è stato uno straordinario miglioramento. I numeri forniti oggi dall'Assessore Cerchio sono molto diversi rispetto a quelli forniti nel 1986-87, riferiti al 1984: da quell'indagine risultava che solo il 28% circa dei giovani formati aveva trovato lavoro; oggi si parla di percentuali che sfiorano l'80%.
Credo sia opportuno fare una verifica, perché è indubitato che il mercato del lavoro sia stato in crescita e quindi, al di là dei corsi di formazione, assorbiva manodopera, per cui è naturale che questo aumento ci sia stato. Ma è anche altrettanto vero, detto con molta franchezza, che il sistema delle imprese giudica meno efficace la Formazione professionale condotta oggi dalla Regione Piemonte, rispetto a quella di qualche anno fa.
Occorre quindi verificare fino infondo questi numeri, perché da questi possiamo trarre utili elementi di valutazione.
Occorre affrontare il problema della struttura della Formazione professionale, la mobilità del personale (già ne ha parlato il collega Foco), che è certamente una palla al piede, un problema che l'Assessorato ha di fronte e che lo condiziona con grande forza. Noi ci rendiamo conto di questo, riteniamo però che occorra avere il coraggio di affrontare questo problema, sapendo che la mobilità del personale della Formazione professionale può anche indirizzarsi verso concorsi interni per il personale della Regione, liberando quindi energie e spazi per portare nuove professionalità o quanto meno per avvalersi di strutture esterne che rendano la stessa formazione più agile e forse più coerente rispetto alla domanda.
C'è invece una cosa che mi dispiace in tutto questo discorso. Quel dibattito che avevamo fatto sulla Formazione professionale, nella passata legislatura, aveva generato un ordine del giorno importante, approvato all'unanimità del Consiglio regionale (ricordo che c'era ancora l'Assessore Alberton) in cui si individuavano modelli nuovi di organizzazione che andavano a responsabilizzare molto di più le Province, affidando loro deleghe molto ampie in ordine alla gestione. Questo tipo di organizzazione andava anche ad individuare diversi bacini omogenei, i quali dovevano essere retti da consorzi o da strutture composte da privati, movimento sindacale. Enti pubblici, che pur sono destinatari di persone uscite dalla formazione, e la Regione Piemonte, in modo che questi bacini omogenei e questi organismi nuovi fossero in qualche modo essi stessi responsabilizzati rispetto ai corsi da tenere e - si auspicava - più coerenti rispetto alle necessità del mercato.
Questo non si è fatto ed io ho la sensazione che ancora si agisca con aggiustamenti troppo lenti. La società civile si muove con grande velocità e la società politica deve cercare di adeguarsi: se corre lentamente partendo da una posizione più arretrata sarà sempre più indietro, quindi occorre cercare di adeguarsi alla velocità di corsa della società civile.
Nel progetto presentato dall'Assessore ancora non si vede questa ipotesi di organizzazione, che pure era inserita nel programma della Giunta che noi consideriamo, malgrado tutto, ancora il punto di riferimento ed il documento su cui si è prestata fiducia a questa Giunta; ripeto, ancora non c'è stato un avvio, quanto meno di organizzazione di questo genere.
Il Gruppo repubblicano si farà promotore della richiesta di un dibattito, perché la Formazione professionale possa essere affrontata, per l'importanza che ha, con lo stesso spazio, la stessa attenzione, lo stesso rigore con il quale si sono affrontati altri argomenti, ultimo quello dell'occupazione della scorsa settimana.
Riteniamo occorra arrivare nell'ambito di questa legislatura, a quel progetto, non più soltanto avviato, ma giunto a compimento.
Noi ci adopereremo per questo e chiederemo quindi alla Giunta e al Consiglio di affrontare questi argomenti. Apprezziamo comunque questo primo tentativo di avvio o comunque di razionalizzazione di questa difficile materia, tenuto conto anche delle scarse risorse finanziarie, pertanto il Gruppo repubblicano voterà a favore della deliberazione proposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, desidero fare alcune brevi considerazioni, anche perché gli interventi del collega Foco e del collega Ferrara ci mettono nelle condizioni di riflettere su questioni che sicuramente sono connesse alla delibera che ci viene sottoposta, rispetto alla quale esprimiamo apprezzamento e voto favorevole.
Mi sembra più aperto il ragionamento di Foco rispetto a quello di Ferrara; ovviamente non sono qui per dare dei voti, ma solo per fissare le mie considerazioni dopo aver ascoltato i colleghi.
Quello che ci ha divisi da sempre su questi banchi é, in primo luogo la diatriba sull'opportunità o meno che la Regione Piemonte si distinguesse da tutte le altre per la quantità di risorse investite nella Formazione professionale in un'area che, per sua natura, dovrebbe avere tali risorse nella società civile.
Non dobbiamo, a mio modo di vedere, non ragionare sul vizio di origine di tutto questo, che è uno dei tanti vizi d'origine delle Giunte di sinistra e del quale non ci siamo ancora liberati.
Il forte sforzo fatto dalle Giunte di sinistra non era rivolto a migliorare la professionalità dei nostri giovani, ma era una voglia di stare sul tavolo della presenza politica con parità di dote rispetto al sistema privato; questa è la verità. Si trattava, quindi, di un ruolo politico, non di un ruolo di Formazione professionale, altrimenti spiegatemi la contraddizione derivante dal fatto che siamo la Regione con il più 'avanzato sistema produttivo, ma guarda caso anche la Regione che ritiene di dover investire di più sul piano della Formazione professionale.
Dovrebbe essere il contrario, ovvero le aree in cui il sistema è debole dovrebbero avere un sistema di formazione forte, e viceversa per quelle forti.
Quindi cerchiamo di non rimanere condizionati dai "paraocchi" che nel tempo ci siamo costruiti. Probabilmente sull'argomento approfondiremo con un dibattito e ringraziamo anticipatamente gli amici repubblicani che vogliono farsi promotori Ci siamo sempre chiesti, Assessore, come ridurre il divario che c'è sempre stato tra la novità: che deve essere gestita sul piano del lavoro, e l'apprendimento della stessa. Esiste uno scarto temporale che vanifica o riduce di molto la capacità produttiva, oltre che la capacità del sistema formativo regionale. Di conseguenza si è sempre tentato - prendo atto che il Consigliere Foco oggi è su queste posizioni di coinvolgere al massimo il sistema privato, pur riconoscendo il ruolo che compete al sistema pubblico, per far sì che il tempo che trascorre tra l'innovazione tecnologica e la sua acquisizione, come formazione, e il suo ritorno nel sistema produttivo, fossero i più ridotti possibili.
Qui non si tratta, collega Foco, di riconoscere una priorità o un privilegio a favore di questo o di quello, ma soltanto di prendere atto che un sistema in forte trasformazione necessita di tempi di apprendimento delle nuove tecniche e delle nuove professionalità adeguate alle novità del nostro tempo, che sono la riduzione quasi a zero del fattore tempo, oltre che del fattore luogo con l'innovazione telematica. Sono pero convinto che si debba tenere aperta questa sfida e insieme questa apertura di fiducia nei confronti del sistema imprenditoriale produttivo per concorrere insieme al pubblico, alla Formazione professionale.
Ritengo, inoltre, che si stia aprendo una fase in cui è necessario anche cambiare il nostro linguaggio. Io continuo a sentire parlare dei destinatari del processo di formazione come oggetti, come materiale da immettere in un processo. Invece sono "soggetti" e questo é, Assessore, un elemento che dovrebbe farci stare molto attenti non solo in termini umanistici, ma anche in termini di produttività del nostro processo; ormai è stata superata la fase in cui il personale nell'impresa poteva essere utilizzato anche a prescindere da elementi di cultura generale critica. Il processo della qualità totale, in sostanza, è la disponibilità a rimettere in discussione tutto (è vero che la qualità totale semplifica e in politica qualche volta bisogna cercare di semplificare per capire) e quindi concorrere e partecipare ai singoli livelli del processo produttivo con il proprio contributo critico, intelligente e di proposta.
Galbraith sosteneva - in una conversazione andata in onda per televisione l'altra sera - che il nostro tempo sta vivendo un processo di trasmigrazione storica, e cioè il trasferimento della produzione di massa nei Paesi dell'Est, non europei, e l'avvio forte nei nostri Paesi delle produzioni tecnologicamente avanzate. Ha rilevato inoltre come la particolarità dell'Italia, che risulta vincente tra i vincenti, sia dovuta al fatto che è beneficiaria di una ricchezza unica: la sua civiltà, la sua cultura, la sua arte; quindi, la capacità della nostra tecnologia avanzata di stare sul mercato, soprattutto in termini di immagine, di forma e di bellezza, deriva dal Rinascimento che caratterizza il nostro mondo da oltre 600 anni.
Mi auguro che i repubblicani sappiano anche costruire, con qualche sollecitazione, questo dibattito, introducendo elementi di forte novità che ci facciano uscire da una situazione schizofrenica, perché mentre oggi siamo tutti qui a ragionare sulla "città di Dio", molte altre volte invece con l'Assessore, in privato, non ci preoccupiamo della città di Dio, ma del nostro Paese.
Il nuovo processo instauratosi tra pubblico e privato non è solamente basato sul trasferimento in tempi più reali del processo di formazione, ma sull'esigenza del privato di ricevere comunque un personale che sia fortemente formato sugli elementi della cultura civica, dell'essere responsabile e critico, protagonista in qualunque sede si trovi nel processo produttivo. Un ruolo pubblico, a mio modo di vedere, non lo si deve più difendere tanto in quanto assistenziale o in quanto rivendica un ruolo forte nel sistema produttivo piemontese, perché questo nel tempo ha rilevato dei limiti grossi.
Ritengo che il pubblico abbia il dovere di concorrere a questa nuova generazione della imprenditoria piemontese per "costruire" i cittadini oltre che formarli come operatori. Se noi non riusciamo a tradurre nelle maestranze, anche di non altissimo livello, il bene che abbiamo di una cultura e di una inventiva propria, che è un bene unico al mondo, quello italiano, possiamo immaginare come la nuova generazione produttiva piemontese sia la conseguenza soltanto della capacità di qualche "testa a uovo" o di qualche palazzo in qualche corso noto di Torino. Non è così, il nostro futuro sarà condizionato dalla qualità totale, ma non della fabbrica, bensì della società.
E' fondamentale che il personale che noi concorriamo ad immettere nel mondo del lavoro sia capace di stare all'interno di una società ad alta qualità totale, ma soprattutto il pubblico deve preoccuparsi di concorrere a garantire, oltre che una Formazione professionale di mestiere, la capacità di essere cittadini, uomini critici consapevoli di valutare i processi all'interno dei quali vengono inseriti, di portare la propria individualità e la propria specificità, perché questa è la memoria che ci viene dal Rinascimento. Del Rinascimento non ci rimangono solo i disegni ma la centralità dell'uomo in ogni collocazione e processo.
Mi rendo conto che il discorso di Galbraith sembra adattarsi poco a qualcuno che pone all'apice delle sue aspirazioni l'andarsi a sedere ad un terminale e risolvere alcuni problemi esistenziali, ma noi, come classe dirigente, dobbiamo avere la capacità di canalizzare le aspettative dei giovani verso un risultato immediato, concreto, positivo, ovvero il posto di lavoro, in un percorso più vasto, in cui la società nel suo complesso acquisisca la capacità di garantire proprio quel soggetto, attraverso la qualità totale della società e la qualità totale dell'azienda pubblica o privata che sia, che è la condizione di sopravvivenza nel sistema nuovo che abbiamo costruito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Dalla relazione dell'Assessore Cerchio sembra che la questione della Formazione professionale venga affrontata con l'atteggiamento di chi, solo timidamente, si pone il problema dello sviluppo degli interventi di formazione professionale. In una situazione di risorse limitate ci dovrebbe essere la necessità di individuare delle priorità e delle opzioni, tra cui quella di razionalizzare l'impiego delle risorse limitate.
Scelta delle priorità: cosa può significare in questo sistema? Significa optare per una delle seguenti possibilità.
La prima è quella di attaccarsi al carretto decisionale, guidato dal conduttore che indirizza la grande industria e, di conseguenze, legarsi alle sue scelte decisionali produttive.
La seconda possibilità è quella di rimediare ai guasti della scuola pubblica, della sua incapacità di portare a conclusione il tanto atteso e più che ventennale processo di riforma della scuola superiore e del prolungamento a 16 anni dell'obbligo scolastico, nodo fondamentale per capire il fine della Formazione professionale. Per rimediare ai guasti è necessario che la società civile si ponga nell'ottica di tenere conto e conoscere i bisogni dei giovani che escono dalla scuola senza alcuna strumentazione e capacità tali da consentire loro di essere competitivi sul mondo del lavoro e quindi, essere progressivamente emarginati.
La terza priorità possibile non può non essere quella di rispondere ai bisogni di situazioni di emergenza che, comunque, non vanno isolate da un discorso di puro efficientismo e che sono quelle che pongono l'obbligo dì dare risposte ai bisogni, ad esempio, di due categorie di cittadini, quella dei lavoratori immigrati extracomunitari e dei cittadini portatori di handicap.
La Giunta dovrà fare delle scelte ed è necessario che le faccia perch altrimenti non è possibile valutare il senso del suo intervento. Mi pare invece, che le scelte non vengano fatte con chiarezza, e soprattutto per le categorie di persone a maggior rischio di emarginazione, sembra che, nei fatti, si dia una risposta meno intensa e meno efficace. Così alle aspettative dei cittadini extracomunitari si interviene con 400 milioni percorsi professionali, che tali in realtà non sono, laddove probabilmente l'intervento dovrebbe essere ben più intenso, ricco di risorse finanziarie ma anche d'interazione con le iniziative che, da tempo, attuano gli enti locali.
In questo senso dovrebbe essere rivisto il rapporto con gli enti locali nella gestione di questo tipo d'iniziativa, che non può essere solo l'alfabetizzazione, ma anche una formazione finalizzata all'inserimento lavorativo di questa categoria di lavoratori, che troveremo sempre più presenti nella nostra Regione, e rispetto alla quale si dovrà dare una risposta finalizzata ad un suo radicamento nella collettività regionale.
Anche per quanto riguarda il problema delle persone con handicap non c'è un sostanziale aumento di risorse investite, di corsi attivati; anche qui diventa fondamentale il coinvolgimento degli enti locali finalizzato a far sì che i corsi non siano di parcheggio, ma di individuazione delle risorse da svilupparsi nelle persone con handicap. Non è possibile pensare sempre e solo a corsi speciali, a corsi da giardiniere, e non porsi il problema che molte risorse potrebbero essere riattivate soprattutto per quei cittadini che, a seguito di incidente, non possono più riprendere il loro lavoro; altro lavoro potrebbero prendere se venissero attivati corsi (che non sono previsti) finalizzati al reinserimento lavorativo, alla riscoperta delle loro competenze potenzialmente sviluppate.
Anche quest'anno, come l'anno scorso, questa scelta non la vedo presente nei corsi proposti dall'Assessore. Soprattutto non vedo una capacità progettuale e di scelta che vorrei fosse più evidente e desse un segno di positiva decisione, ma evidentemente non posso pretenderlo dalla Giunta, un'opzione per le fasce più a rischio di emarginazione della nostra popolazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Ogni anno, in occasione dell'esame dei programmi annuali del Piano dei corsi, compiamo il rituale dibattito attorno alla Formazione professionale ed ogni anno cogliamo il limite di utilizzare una funzione così importante com'è quella dell'investimento sul nostro capitale umano. Ci troviamo ad avere una storia alle spalle con le vischiosità che essa determina e anche con una capacità di rapportarci con i soggetti che interagiscono nel sistema economico non sempre sufficiente.
Credo che per una Regione il sapere di essere titolare non marginale di potere intervenire sul capitale umano - non tanto in quella che Marchini diceva la cultura generale della società, che certamente deve essere concatenata con i bisogni d'innovazione socia-le, ma quella più mirata per le competenze-diventa un fatto che non possiamo non considerare.
Si tratta di una funzione utile alle imprese per recuperare competitività; di un elemento di economia esterna del sistema: se la Formazione professionale è adeguata e diffusa, il sistema delle imprese ne trarrà benefici perché avrà persone da impiegare nei processi produttivi e nell'attività economica più adeguata e avrà una riduzione di costi invece di dover fare un recupero interno. Occorre pensare alla Formazione professionale non come un fatto rituale; quando si parla di delega alle Province, viviamo questo concetto con una cultura risalente alla fine degli anni '70.
Oggi il fabbisogno, il bisogno e la qualità del bisogno di Formazione professionale sono sostanzialmente cambiati: occorre, pur con i limiti che l'Assessore conosce benissimo in merito alla vischiosità del problema riuscire a fare delle azioni mirate. Per esempio; se noi stabiliamo che in una situazione di calo demografico il recupero del drop - out, cioè il recupero di coloro che non completano il ciclo scolastico (quindi investimenti che vanno a perdersi), può diventare un fatto importante per una certa fase, diventa questa una priorità alta. Oppure: se noi vogliamo intervenire in alcune zone che vivono processi di deindustrializzazione con un'iniezione superiore a quella media di Formazione professionale nel tessuto sociale e nel tessuto economico di quest'area, realizziamo uno dei fattori che potrebbero permettere il recupero di un'inversione di tendenza del processo di deindustrializzazione.
Se il Piemonte nelle "sfide" future decide che in alcuni settori di punta o tradizionali (dove ha un grande controllo) va fatto un investimento forte, ci deve essere la capacità per una fase, per un piano corsi, per un ciclo, ovvero la capacità di far sentire il segno che in qualche modo si vuole arrivare li maggiormente. Ma per fare tutto questo e per realizzare queste priorità (Assessore sa benissimo, in quanto presiede la Commissione regionale per l'impiego, che ci sono altri soggetti che rivendicano sulla Formazione professionale, probabilmente legittimamente, un loro ruolo.
Ricordo al collega Ferrara che la Commissione regionale per l'impiego vede interagire la Regione, gli industriali, il Sindacato e il Ministero del Lavoro in modo permanente, o almeno a cadenza mensile, con due incontri.
Dobbiamo anche sapere che è nata, opera e viene pagata profumatamente un'Agenzia per (impiego che rivendica progettualità. Bisogna capire se questa assemblea ha un ruolo primario nello stabilire gli indirizzi, le aree, i settori (se è un drop - out, se è un settore di punta oppure tradizionale); bisogna capire se questa assemblea elettiva, nella scala gerarchica decisionale della nostra società, ha un potere, superiore rispetto, per esempio, all'accordo Sindacato/Impresa negli enti bilaterali che stabiliranno, attraverso anche un'indicazione dell'Agenzia per l'impiego, delle loro priorità; bisogna stabilire chi è titolare di queste priorità; bisogna capire se l'anno prossimo il piano corsi sarà semplicemente un adeguamento ad impulsi che arrivano dall'esterno o se siamo noi che cadenziamo. Se le riforme istituzionali configureranno il nostro ruolo come ancora più marginale, pazienza; per adesso mi sembra di riconoscere in questa assemblea elettiva un ruolo forte.
Assessore, bisogna tentare con maggiore coraggio di attuare anche dei ruoli sperimentali, perché abbiamo visto dieci anni di grandi cambiamenti per quanto riguarda le sollecitazioni della Formazione professionale.
Pensiamo solo all'assetto che l'Università sta prendendo grazie ai corsi di laurea biennali. Non possiamo tentare di inserirci anche nella qualificazione professionale del laureato, sia di primo che di secondo livello, perché evidentemente un laureato in economia e commercio quando esce dall'Università, se si indirizza nel settore per esempio del commercio estero, non ha esperienza specifica né operatività diretta. Si è parlato di contratti di joint-venture, ma se ad un laureato in economia e commercio gli si dà l'incarico di stenderlo, credo che non sappia nemmeno da dove incominciare.
Non c'è la possibilità di pensare ad una sperimentazione su punti come ad esempio i nostri ritardi nel terziario, nel commercio estero per l'impresa minore. Non nego che ci siano delle competenze, dico solo che non possiamo pensare che il problema della micro imprenditorialità nella nostra regione segni dei ritardi, così come non possiamo pensare che nel settore dell'agricoltura, dell'artigianato e del commercio ci sia bisogno di un maggiore sforzo rispetto a quello che facciamo ora rispetto ai problemi tecnici. Attualmente diamo gli elementi di riferimento per far bene gli imprenditori in una situazione dove probabilmente la competenza tecnica di mestiere è solo più il 50% della capacità di essere impresa, perché oltre a quella finanziaria ci sono tante altre componenti.
Su tutto questo grava però un vecchio nodo; è giusto che la Formazione professionale avvenga ancora prevalentemente in forma scolastica o non bisogna pensare invece ad una formazione in alternanza? Non basta recuperare i ritardi con lo stage, magari a fine corso, per dare un'infarinatura di azienda. Certo c'era la grande occasione dei contratti di formazione lavoro che poteva, se ci fosse stata una diversa disponibilità delle associazioni delle imprese, concatenare il nostro sistema formativo con quello delle imprese in alternanza in modo più efficace. Credo che sia stata un'occasione persa e, penso di poterlo dire serenamente, non per colpa nostra né degli Assessori regionali n dell'assemblea.
Anche l'apprendistato sta recuperando fortemente; gli incentivi ed i contratti di formazione-lavoro si stanno riducendo e quindi la propensione dell'impresa all'utilizzo del contratto di formazione-lavoro si riduce riprendendo forza e vigore (anche se non li ha mai persi). Nello strumento dell'apprendistato potremmo in qualche modo tentare di inserirci, poiché è rivolto al livello di piccola impresa sulla quale noi dobbiamo investire maggiormente, perché la grande impresa è in grado di farlo da sé.
Dobbiamo anche pensare che nei nostri centri di Formazione professionale, e ne abbiamo due o tre egregi, fra cui cito solo il Texilia e il Quazza (anche se pure ad Orbassano e ad Alessandria si stanno configurando delle esperienze), è necessario recuperare la valorizzazione del fall-out che si determina, della ricaduta; se in un polo di formazione c'è della conoscenza tecnologica, si può anche riflettere sul sistema dell'impresa minore, dell'artigianato esterno, dell'agricoltura, e si deve tentare ancora con coraggio di inventare nuovi percorsi in questo senso.
Concludo richiamando il problema sempre presente delle deleghe alle Province. La Formazione professionale, che richiede progettualità e cambiamento di obiettivi, magari di anno in anno, che richiede di rapportarsi coi grandi interlocutori del sistema economico, va ancora vista nei termini tradizionali in cui l'abbiamo scritta nelle nostre leggi alla fine degli anni '70 con il trasferimento delle deleghe alle Province oppure dobbiamo riflettere in forme diverse? Sappiamo comunque che quando i Consiglieri provinciali chiedono la delega della Formazione professionale concepiscono ciò come la possibilità di avere la distribuzione dei 120 miliardi di una parte del sistema formativo delle rispettive Province; non sanno che il nostro ruolo di programmazione e di indirizzo dovrà essere pesantissimo, dovrà essere capace di incanalare, di orientare e di dare forti priorità.
Ero un fautore del nuovo che emerge e l'avevo posto nel Piano triennale elaborato nel 1984; questo processo doveva essere fatto in tempi sufficientemente rapidi.
Sul discorso delle deleghe, anche nel momento in cui si affronta il tema dell'area metropolitana e della costituzione di altre Province occorre fare una riflessione approfondita, forse in Commissione e non in aula.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore regionale Ogni anno, in occasione della presentazione del Piano Corsi, vi è la giusta tentazione, che a volte si traduce in tentativi altrettanto giusti di approfondire ed allargare il discorso legato al Piano Corsi ad una filosofia diversa, approfondendo temi e problematiche legate alla Formazione professionale. E una materia sulla quale la Regione ha competenza piena e nei confronti della quale quanto è emerso da questo dibattito pone aspettative non indifferenti rispetto alle novità che si vedranno nei prossimi anni o - mi auguro - nei prossimi semestri, e rispetto alla necessità, come ho introdotto io e qualcuno ha ripreso, di veder maturare le condizioni per una riforma della scuola, per quanto riguarda l'innalzamento della scuola dell'obbligo e i corsi di laurea breve. C'è quindi la necessità di ripensare alla Formazione professionale di fronte alle novità che si pongono.
D'altra parte, sono urgenti le riforme della scuola dell'obbligo e della secondaria superiore sul versante scolastico così come è necessaria la revisione della stessa legge-quadro n. 845 sulla Formazione professionale; questi riferimenti non possono essere certamente elusi.
Fin quando queste modifiche non si determineranno, non potremo pensare di rivoluzionare assetti ed impostazioni della Formazione professionale anche se i segnali che abbiamo cercato di dare, soprattutto quest'anno vanno nella direzione di attrezzarsi non solo mentalmente, ma anche strutturalmente, di fronte al futuro della Formazione professionale. Tutto ciò anche in riferimento al discorso della legge n. 142; non solo perché si è parlato negli anni passati di ipotizzare deleghe alla Formazione professionale, ma anche perché ci troviamo di fronte alla determinazione di una nuova provincia metropolitana e quindi, al di là della geografia e delle funzioni, queste soluzioni non potranno che essere assunte.
La tentazione a continuare il discorso è forte, ma devo ridurre le considerazioni; non posso non dire però che, al di là delle dichiarazioni esistono momenti di traduzione della Formazione professionale in aspetti di carattere puramente assistenziale.
Ritengo che il rapporto comparato che facciamo fra la Formazione professionale, pur con tutti i limiti e le difficoltà, in Regione Piemonte e non lo dice tanto l'Assessore pro - tempore alla formazione professionale di questo esecutivo quanto il rapporto comparato con le altre regioni e con il livello - centrale si colloca nella realtà con non grande soddisfazione. E' necessario quindi uno stimolo per migliorare il sistema della Formazione professionale piemontese, che è identico a quello di alcune regioni nelle quali, forse per motivi storici, sociali e geografici (il Mezzogiorno è una significativa testimonianza di questo piano), la Formazione professionale è legata a puri e semplici interventi di assistenza.
Seppure in sintesi, nel confronto in Commissione abbiamo detto di aver fatto sforzi particolari, sia per anticipare in termini temporali la presentazione del Piano Corsi, per non rischiare - come capitava nelle passate legislature - di giungere in autunno ad approvare il Piano Corsi quasi al decollo dei corsi stessi o addirittura con corsi già decollati sia per anticiparne ancor più (approvazione per il prossimo anno, grazie ai tempi e all'impostazione che ci siamo dati. Ci siamo resi conto che uno sforzo particolare è stato fatto, e forse varrà la pena dire, anche se sommessamente, che il problema delle risorse, al quale tutti noi facciamo riferimento, è stato in realtà risolto tenendo conto che quest'anno è previsto un aumento significativo, che è stato coperto senza effettuare delle riduzioni, realizzando quindi non dei tagli, ma razionalizzando il sistema della Formazione professionale; abbiamo realizzato uno sforzo non indifferente per coprire i costi del contratto degli operatori della Formazione professionale che sono a carico della Regione Piemonte.
Ho voluto dire queste cose per inquadrare un problema di non facile soluzione, anche sul piano finanziario, metodologico e del rapporto comparato con altri sistemi di Formazione professionale, perché mi pare giusto dame testimonianza, non per un applauso a me stesso, ma per dire qual è il quadro di riferimento sul quale ci siamo mossi, cercando di sviluppare soprattutto interventi innovativi. Quando parliamo di drop-out della secondaria superiore; di donne giovani o adulte che vogliono rientrare nel ciclo produttivo, di extracomunitari, al di là dei limiti e delle debolezze, magari di 400 ore che servono forse più per alfabetizzare che per formare, parliamo di elementi propedeutici che servono, in termini di aggancio, ai soggetti più deboli della società, ed in qualche misura al mercato del lavoro che dobbiamo attrezzare per creare condizioni di competitività, cosa difficile in un percorso difficile, all'interno della società.
Si è inoltre cercato di accrescere la quantità, e non solo la qualità dei corsi per occupati e disoccupati; ho apprezzato il riferimento positivo che ha fatto il collega Peano alle fasce deboli, perché in una società che rischia una seconda fase di processo di ristrutturazione, che espellerà quindi dal ciclo produttivo i soggetti deboli, è necessario creare condizioni affinché questi soggetti possano essere competitivi in una società sempre più aggressiva.
Qualcuno ha chiesto come sono stati operati i tagli. Intanto devo dire che non sono stati operati tagli, semmai sono state fatte delle, azioni indicate comparando quest'anno con l'anno precedente, e razionalizzando corsi che nel 1990 hanno qualificato un numero insufficiente di allievi.
Un altro criterio è stato quello di prendere in considerazione corsi con sbocchi inferiori alla media; oppure con scarsi contenuti qualitativi oppure corsi sovrapposti in una stessa ed unica area territoriale di insistenza di centri di formazione, con analoghi contenuti sullo stesso territorio.
Questi sono i criteri che hanno guidato la razionalizzazione e non i tagli alla formazione professionale. Sono queste le ragioni vere, di fondo sulle quali ci siamo mossi indicando, nella stessa circolare, i criteri e i parametri per essere rispondenti ed anche verificati nel momento in cui presentavamo il Piano.
Gli obiettivi indicati nella circolare sono stati confrontanti per la prima volta in termini adeguati con le Amministrazioni provinciali, con le Organizzazioni Sindacali, con gli enti bilaterali.
Non posso non rilevare - con un senso di giusto riconoscimento, non tanto a questo Assessore regionale, ma a chi l'ha preceduto e soprattutto alla struttura burocratica, ai funzionari - che quando abbiamo presentato in Commissione la ricerca, che nei prossimi giorni sarà formalmente stampata e resa pubblica, sul fall out, cioè sulla ricaduta dell'universo delle persone qualificate, è stata apprezzata dai colleghi che oggi hanno richiamato la validità di questo strumento. La Regione Piemonte è l'unica in Italia ad essersene dotata e sta ora per iniziare l'indagine relativa alle qualifiche dell'anno 1989. Sicuramente potremmo fare di più e ci proveremo accorciando i tempi delle varie rilevazioni (dai diciotto mesi attuali a dodici). E' comunque necessario, affinché l'indagine abbia significato, sia ragionata e possa avere una "ricaduta"; un certo periodo di tempo intercorrente fra la formulazione, la successiva stampa del questionario e la relativa compilazione.
Vorrei rivolgermi al collega Foco, che ha giustamente tralasciato una serie di problemi trattati nel precedente dibattito sull'occupazione acquisendoli quali elementi di patrimonio dell'attuale dibattito; non entro nel merito del discorso relativo alla spesa che, secondo quanto riportato dal collega, in un rapporto comparato con altri sistemi di Formazione professionale europei, sarebbe inferiore.
E' considerazione di difficile comprensione; infatti, in Piemonte la Formazione professionale è vista sotto un profilo diverso da quello di altre realtà europee, in cui si parla di Formazione professionale non solo secondo la nostra accezione, ma attuandola anche attraverso gli Istituti professionali. Sicuramente, approfondiremo la questione nel "famoso" dibattito a cui un collega ha fatto riferimento, che si terrà presto.
E' vero che la Formazione professionale svolge, per certi versi, un ruolo di completamento dell'alfabetizzazione, realtà non risolta viste le carenze della scuola dell'obbligo. L'alternativa consisterebbe pero nell'abbassare drasticamente i contenuti professionali del primo livello riducendo ampiamente le chance dei giovani meno scolarizzati.
Con l'elevamento della scuola dell'obbligo a sedici anni, che mi auguro sia prossimo, il quadro potrebbe cambiare, e su questa base ci adatteremo in misura diversa.
Vorrei inoltre rilevare come l'integrazione - mi riallaccio sempre all'intervento del collega, ripreso anche da altri Consiglieri - con la scuola secondaria non si traduce in un "aggancio" apprezzabile, ma pur sempre "timido" (secondo la definizione del collega); si tratta di un tentativo non indifferente di novità, non solo limitata ai "professionali".
Infatti, è in corso la sperimentazione attuata all'VIII Istituto Tecnico per ultradiciottenni in rientro formativo, che nell'anno scolastico 1991/1992 amplierà le iscrizioni agli occupati.
Andare oltre alcune sperimentazioni, senza che sia definita la riforma della scuola secondaria superiore, appare quanto meno rischioso. La Giunta si è indirizzata su questo piano, ma con la cautela che la situazione comporta.
E' giusto che si sappia che oltre il 15% del Piano Corsi è già stato realizzato da Consorzi misti, pubblici e privati; ricordo che i Consorzi utilizzano ampiamente il Fondo Sociale Europeo. Su questo versante, ritengo che siamo sostanzialmente in linea con le indicazioni che ci siamo prefissate.
Vorrei solo spiegare a coloro che hanno inteso la riduzione e la mobilità del personale come conseguenza dei tagli alla spesa o della razionalizzazione del sistema del Piano Corsi - come personalmente preferisco dire - che la mobilità dipende dalle razionalizzazioni operate mediante la riscrittura e revisione della convenzione-quadro fra Regione ed Enti di formazione professionale, approvata dal Consiglio regionale nella passata legislatura; quindi, non è determinata da riduzioni del Piano Corsi stesso.
Ultima considerazione. Dall'intervento del collega Foco mi è parso di capire che l'affermazione dell'Unione Industriale, banalizzando; "Che schifo la formazione professionale regionale, sia essa diretta o convenzionata; è migliore quella fatta da noi dell'Unione Industriale" sia stata interpretata come la presa di posizione di una forza politica che sposa le giuste richieste di adeguamento, di aggiornamento e di necessità di nuove professionalità che si pone il sistema delle imprese, e quindi l'Unione Industriale.
Come sempre, forse, il giusto è nel mezzo delle varie posizioni.
Come Giunta, abbiamo avviato una serie di rapporti con il sistema delle imprese, senza pensare di determinare, come parrebbe dall'interpretazione dell'Unione Industriale, la dilapidazione dei miliardi destinati alla formazione professionale di primo livello, che pur è importante indipendentemente dalla media del 78%, emersa dalla ricerca citata in precedenza.
Non ho dubbi sul fatto che quella del collega Foco sia stata una battuta di colore, quali quelle che ho fatto io nei dieci anni in cui sono stato dell'opposizione, battute magari anche vivaci, visto il mio carattere, ma sappia il collega e l'intero Consiglio che nessuna area territoriale verrà particolarmente considerata dall'Assessore alla formazione professionale. Tant'è che da una valutazione certa e statistica emerge l'aumento delle ore di formazione nelle province di Cuneo ed Asti province non rientranti nei miei collegi elettorali: mi pare giusto replicare con una battuta.
Non so se le forti novità alle quali saremo portati, di fronte alla strutturazione della Formazione nei prossimi semestri, ci permetteranno di affrontare con soluzioni concrete la questione delle deleghe. L'Assessore agli enti locali, ex Assessore alla formazione professionale, è in queste settimane in collegamento con tutti gli Assessorati, e quindi anche con l'Assessore alla formazione professionale, per capire come sul piano delle deleghe e sotto il profilo delle nuove realtà delle Province si potrà determinare una concezione diversa e nuova; non solo secondo vecchie maniere di deleghe alle Province, ma anche di fronte alle novità normative che si pongono.
Non posso non evidenziare il fatto che proprio le risorse recuperate sulla base dei processi di razionalizzazione cui ho fatto riferimento poc'anzi sono state indirizza verso categorie particolari (nella relazione le ho indicate solo come titoli), che voglio richiamare perché si abbia conoscenza dei problemi.
Sono state indirizzate risorse verso i drop out della secondaria superiore, e voglio ricordare che si tratta di 15 corsi con 310 allievi di durata annuale (con un modulo di 200 ore di livellamento di ingresso) rivolti a giovani che hanno superato almeno il primo anno della scuola media superiore. Si tratta in sostanza di una realtà consistente: si pensi che nel solo 1988 oltre 7.000 persone in Piemonte si sono realizzate su questo piano; realtà che sarà accentuata prossimamente dall'elevamento della scuola dell'obbligo.
Sono state indirizzate risorse agli extracomunitari pur con tutti i limiti cui si è fatto riferimento: si tratta di 15 corsi cui vanno aggiunti altri 7 corsi finanziati con il Fondo Sociale Europeo. Complessivamente l'impegno della Regione passa da 800 milioni per il 1990 a 1 miliardo 360 milioni per l'anno 1991/92.
Le risorse si rivolgono inoltre alle donne, soprattutto alle ultraventicinquenni che sono in rientro all'interno del mercato del lavoro con una serie di progetti. Anche in questo caso il FSE interviene con ulteriori corsi.
Mi rivolgo soprattutto alla Presidente del Consiglio che è certamente interessata: su questo non possono non essere state indirizzate altre iniziative sui disoccupati, sui cassaintegrati, sugli occupati, con un incremento di 2.200 ore che porta a oltre mille gli allievi previsti, oltre alcuni progetti comunitari che sono indicati.
Infine altre risorse sono state indirizzate ai portatori di handicap ed ai detenuti. Con un incremento di circa 1.200 ore ed una diversa distribuzione degli interventi esistenti, questi recuperi permetteranno di far decollare corsi nuovi per detenuti a Cuneo e corsi pre - lavorativi per soggetti portatori di handicap a Chieri, Cirié, Settimo Torinese e Biella (tramite Texilia) Altri programmi specifici stanno decollando attraverso la determinazione di alcuni progetti della CEE, uno è il progetto Horizont che è rivolto ai disabili e un altro è rivolto ai soggetti socialmente svantaggiati. Questi programmi consentiranno un ampliamento dell'offerta formativa negli anni 1991/92/93.
Avrei potuto continuare, ma ritengo di essere già stato noiosamente esauriente.



PRESIDENTE

Il dibattito generale è pertanto concluso. Ha chiesto la parola, per dichiarazione di voto, il Consigliere Foco; ne ha facoltà.
FOCO Sono d'accordo con l'Assessore che il Consiglio regionale, in tempi utili, dedichi uno spazio particolare alla Formazione professionale.
Qualunque dibattito rischia di essere ozioso o ripetitivo se poi non si passa dalle parole ai fatti; ben venga, quindi, questo dibattito per la preparazione in tempi utili dei corsi del prossimo anno.
Anch'io ritengo di non dover fare battute, altrimenti non la finiamo più, sulla questione che Asti - è una voce che correva in Consiglio - è la Provincia del capo corrente dell'Assessore; preferisco non seguire queste cose, lasciamole a livello di battuta, a noi francamente interessa l'aspetto della sostanza.
Abbiamo letto con attenzione lo studio dell'IRES. L'Assessore ha utilizzato la parte che fa riferimento alla Formazione professionale nel nostro Paese, ma ha dimenticato di citare il riferimento alle spese pro capite che vengono fatte in altri Paesi europei. Mi permetto di fare delle osservazioni non perché dall'opposizione bisogna sempre dire male di chi governa, ma perché ritengo si debba cercare sempre di migliorare anche quando si ritiene di essere già in posizione buona. Dell'appuntamento del 1993 ci riempiamo tutti quanti la bocca; invito pertanto l'Assessore ad analizzare meglio i dati presenti nel medesimo studio riferiti proprio al rapporto con l'Europa. Se siamo a buon punto in ambito nazionale, abbiamo però un grosso distacco a livellò europeo.
Se consideriamo il recente dibattito sull'occupazione e quello odierno ritengo di poter dire che mentre alcune parti sono state apprezzate, altre invece hanno bisogno di maggiore incisività e chiarezza, mancano controlli e verifiche concrete e reali, non solo burocratiche.
C'è tutto il comparto, sul quale oggi non ci siamo soffermati molto dei contratti di formazione-lavoro: temo che siano tutto lavoro e poca formazione. Che tipo di formazione viene fatta in quei corsi? O non è forse questo un modo per i privati di incamerare risorse pubbliche? Abbiamo fatto riferimento all'Unione Industriale e alla Federpiemonte per sottolineare quanto questo meccanismo non piaccia nemmeno a loro; non va bene solo per l'opposizione, la quale è critica, ma pare anche non vada bene ai medesimi industriali (non ritengo che bisogna fare quello che chiedono loro), i quali vorrebbero gestirli in proprio.
A noi pare di essere stati sufficientemente chiari su questo aspetto quindi non vogliamo che ci siano dubbi: noi riteniamo che il ruolo e la funzione della Regione debbano essere quelli non solo di program-azione e direzione, ma anche di gestione in modo convenzionato; potremmo anche prevedere gestioni miste, ma non possiamo consentire che al privato sia consentito di fare quello che vuole con i denari pubblici. Gliene vengono già concessi a sufficienza.
Sono convinto che non bisogna fare confusione tra scuola di Stato e Formazione professionale. Sono però altrettanto convinto che non dobbiamo aspettare gli altri, non dobbiamo attendere che lo Stato svolga il suo ruolo fino in fondo per poter fare poi noi una corretta formazione professionale: ci sono le condizioni per poterla fare già oggi. Bisogna poi, distinguere bene tra formazione professionale e assistenza: Sono due cose nettamente distinte, non possono esistere confusioni, anche se devono essere garantiti interventi specifici con opportuni stanziamenti a bilancio.
Non vorrei, inoltre, essere frainteso per quanto riguarda il discorso del servizio all'industria, cioè sul fatto che la Formazione professionale deve seguire le tendenze, i livelli professionali del mondo del lavoro, i processi dell'economia e dello sviluppo. Ritengo che la Formazione professionale debba anche avere un ruolo di guida di questi processi guardando più avanti della stessa imprenditoria privata, la quale, avendo come legittimo scopo il profitto, ha una visione talvolta non più lunga della punta del proprio naso.
Bisogna dunque svolgere correttamente il duplice ruolo di dare delle risposte e di prefigurare il futuro. Non credo che questo avvenga soprattutto attraverso gli strumenti che abbiamo, ovvero i centri di Formazione professionale gestiti direttamente dalla Regione. Questi dovrebbero essere i nostri punti sperimentali per poter operare e dare dei segnali.
Per quanto riguarda il discorso dei lavoratori occupati, è necessario andare (lo dicevamo anche la volta scorsa) a delle convenzioni quadro, a degli accordi complessivi, perché il grosso problema è quello dell'educazione e della formazione permanente, della capacità complessiva di seguire, per esempio, la forte mobilità che esiste o che dovrebbe esistere nel mondo del lavoro per cercare di seguire i processi in corso.
Fatte queste osservazioni e rilievi, noi dichiariamo il nostro voto contrario alla deliberazione proposta.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 241, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 27 favorevoli, 9 contrari e 5 astensioni.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Il punto 24) all'o.d.g. reca; "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Commissione per la Formazione Professionale (L.R. n. 8/80). Nomina di un numero di esperti non superiore a 11


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Fabrizio Formia, Bruno Damiano, Piero Torchio, Giancarlo Guastavigna Nicola Pumilia, Franco Mara, Gianni Desana. Franco Mosso, Savino Mansi Vincenzo Pirrone, Renato Bauducco, gli ultimi tre designati ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della L.R. n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Parco Naturale Val Troncea (art. 9, L.R. n. 12/90). Consiglio Direttivo Nomina di 3 membri con esperienza in materia turistica, agronomica e forestale


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Carlo Silvestro (esperto turistico), Roberto Alisio Laurenti (esperto agronomico), Marco Meytre (esperto forestale), quest'ultimo designato ai sensi dell'ultimo comma dell'ari. 8 della LR n. 10/85 e dell'art. 72 del Regolamento.


Argomento: Nomine

- Consorzio Acquedotto del Monferrato (art. 13, 1 comma dello Statuto). Nomina di 1 rappresentante


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Guido Cattaneo.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Richiesta di iscrizione all'o.d.g. degli ordini del giorno sull'ACNA


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Majorino; ne ha facoltà.
MAJORINO Intervengo per richiedere, a termini di Regolamento, l'iscrizione all'o.d.g. di un ordine del giorno presentato il 17 giugno 1991 dal nostro Gruppo.
L'iscrizione di questo ordine del giorno é, a mio avviso, estremamente urgente; o viene iscritto oggi, e auspicabilmente riceverà assenso oppure sarà perfettamente inutile parlarne ancora.
Si tratta di un ordine del giorno mirato all'attuale situazione dell'inceneritore Re-Sol che tende a far sì che la vittoria conseguita il 13 giugno davanti al TAR ligure, cioè in sede di ultima istanza, con la quale si sono difese le popolazioni della Val Bormida, non si risolva in una mera vittoria di Pirro. Questo perché la sospensione a termine è stata concessa dal TAR ligure, che ha demandato alla Commissione Valutazione Impatto Ambientale, con sede presso il Ministero dell'ambiente, di verificare, con la produzione di una relazione scritta, se tutte le prescrizioni impartite all'ACNA dalla stessa Commissione VIA con documento del 12 gennaio 1990 siano state o meno rispettate dall'Acna stessa.
La Commissione VIA nel documento del 12 gennaio 1990 aveva testualmente scritto che "così come è stato congegnato l'inceneritore, esistono, oltre che rischi di vario genere e di carattere tossicologico, anche e soprattutto rischi cancerogeni aggiuntivi non irrilevanti, causati dalla presenza di sostanze nocive come cromo e nichel". Aveva detto, inoltre, che "per porre rimedio a questa gravissima situazione dell'inceneritore l'ACNA avrebbe dovuto seguire certe prescrizioni tecniche". Al TAR ligure; come ultima spiaggia, il 13 giugno le tre parti ricorrenti polarizzarono le loro argomentazioni al fine di conseguire la sospensione soprattutto su questa dichiarazione.



PRESIDENTE

Consigliere Majorino, io sono molto rispettosa, però la prego di non entrare nel merito.
MAJORINO Mi consenta, Presidente, cinque minuti per dimostrare perché è urgentissimo che si iscriva questo ordine del giorno.
In questo documento si chiede - al fine di evitare che la vittoria conseguita il 13 giugno circa la sospensione a termine sia una vittoria di Pirro - l'opportuno ed autorevole intervento del Presidente della Giunta nei confronti della Commissione VIA. Ma non per chiedere che venga detto quello che ci fa comodo, che è interesse del Piemonte, quello che sosteniamo da parecchi mesi; si deve credere alla Commissione VIA di non decidere e verificare sulla carta gli adempimenti che l'ACNA asserisce di avere posto in essere, ma che tale Commissione responsabilmente si presenti in quel di Cengio al completo per ispezionare la località e l'inceneritore questa è la richiesta operativa - e quindi verificare se effettivamente i pericoli cancerogeni - non inventati da me, ma scritti nell'originario documento della Commissione VIA - esistono ancora, oppure se effettivamente l'Acna abbia posto rimedio.
Siccome la Commissione VIA aveva il mandato del TAR di provvedere al riguardo entro giorni 20 - e i giorni 20 stanno per scadere - penso che solo attraverso un'ispezione della Commissione VIA sul luogo si potranno avere, se non delle certezze, delle buone probabilità, delle ottime speranze di una verifica seria, vera e reale; se invece lasceremo che la Commissione VIA decida sulla base delle scartoffie di quelli di Roma, penso chela partita a favore della Valle Bormida sarà irrimediabilmente persa.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Presidente della . Giunta. Ne ha facoltà.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Se fosse stato presentato un ordine del giorno generalizzato semplicemente da votare, noi saremmo stati d'accordo. Siccome, però, sono stati presentati ordini del giorno diversi, sul quali non c'è convergenza noi sosteniamo che occorre procedere nel resto dell'o.d.g.; anche perch esiste un governo della Regione Piemonte che ha agito, che ha presentato ricorso, il quale è stato accettato e che non era fuori termine come sostenuto In quest'aula; ricorso In base al quale è stata emessa l'ordinanza, infatti l'ordinanza si riferisce proprio al ricorso della Regione Piemonte, vi prego di leggerla.
MAJORINO Direi spallate a tre.
BRIZIO, Presidente della Giunta Regionale Le spallate servono sempre quando sono convergenti, ma quando invece sono di un certo movimento si rivelano essere destabilizzanti.
Accetto il discorso del merito, ma non vedo la necessità di un ordine del giorno perché la Giunta è presente, anzi annuncio al Consiglio che domani pomeriggio alle ore 15,00 ci sarà un incontro operativo fra la Presidente Spagnuolo, l'Assessore Garino e gli Avvocati Sorniotto, Ferreri e Sanfelice, per organizzare l'azione della Regione Piemonte, la massima azione possibile nel merito e sotto l'aspetto giudiziario. Abbiamo anche valutato l'aspetto del sopralluogo e nella giornata di domani lo chiederemo esplicitamente alla Commissione VIA.
Sul piano giuridico, come esecutivo, stiamo operando allo scopo di ottenere successo; fino ad oggi ne abbiamo ottenuto, speriamo di continuare In questo modo.
Ci rendiamo conto delle difficoltà relative alla Commissione VIA; certo non possiamo dire alla Commissione VIA di svolgere il suo dovere, perch ciò farebbe presumere che la Commissione senza la nostra presenza non sia all'altezza della situazione. Chiederemo alla Commissione di venire ad esaminare la situazione e agiremo con il massimo impegno possibile.
Voglio assicurare al Consiglio, oltre che al collega Majorino, che noi siamo fortemente impegnati a sostenere l'azione che, di concerto fra Giunta e Consiglio, abbiamo assunto su questa vicenda. Siamo preoccupati, tanto che abbiamo indetto questa riunione operativa domani per esaminare tutti gli aspetti, tra cui certamente prevediamo possibile quello di chiedere alla Commissione VIA il sopralluogo.
Considerato anche che avendo fissato dei termini per i nostri lavori e che alle ore 17,30 è prevista una riunione di Giunta e che non esiste un documento unitario, che viceversa avremmo votato subito, ribadisco che nella sostanza siamo disponibili a portare avanti la battaglia per vincere la causa pur con tutte le incertezze che ci possono essere.
Mi pare che questa volontà sia dimostrata dall'appuntamento di domani operativo, preciso, puntuale, richiesto dalla Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Io non intervengo sul documento presentato dal Consigliere Majorino, ma chiedo anch'io l'iscrizione dell'ordine del giorno da noi presentato sulla stessa questione. Se si arriverà alla discussione, manifestiamo la nostra disponibilità a confluire eventualmente nell'ordine del giorno del Gruppo MSI.



PRESIDENTE

Consigliere Rabellino, il suo intervento è pleonastico, perch iscrivendo un ordine del giorno automaticamente vengono iscritti eventuali altri ordini del giorno.
RABELLINO Credo ci sia comunque la possibilità di impegnarsi ad andare ad una votazione di questi documenti così come sono stati presentati, senza doverli necessariamente discutere preliminarmente.



PRESIDENTE

Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. degli ordini del giorno sull'ACNA è pregato di alzare la mano. L'iscrizione è respinta con 17 voti favorevoli, 3 contrari e 21 astensioni.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame proposta di deliberazione n. 252: "L. 10.5.1976, n. 319 e successive modifiche ed integrazioni - artt. 16 e 17 - D.C.R. 24.3.1979, n. 469 Definizione delle tare massime e minime per i servizi di fognatura e depurazione a carico dei titolari di insediamenti produttivi"


PRESIDENTE

Passiamo quindi all'esame della proposta di deliberazione n. 252, di cui al punto 14) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore regionale La deliberazione di cui all'oggetto, già affrontata in sede di Commissione riguarda l'ottemperanza al DPR 24/5/77 e particolarmente a quanto prescrive l'art. 17 della legge n. 319, che predispone formule-tipo per la determinazione del canone e l'applicazione delle tariffe per i servizi di raccolta, allontanamento e depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti produttivi.
Per quanto riguarda il canone da applicare alle utenze civili, così come evidenziato nella proposta di deliberazione, non è mai stata utilizzata la formula di cui al DPR citato, in quanto le leggi sulla finanza degli Enti locali hanno determinato le tariffe massime di riferimento per l'applicazione del canone. La Regione Piemonte é, quindi chiamata a concorrere alla determinazione dei massimali a cui fare riferimento per la definizione del canone a carico dei titolari degli insediamenti produttivi La Regione Piemonte vi ha provveduto una prima volta con una deliberazione del Consiglio regionale del 1979 che prevedeva anche la necessità di sottoporre l'atto in argomento ad aggiornamenti successivi, il primo dei quali entro due anni. L'adeguamento periodico dei parametri, che concorrono alla determinazione delle tariffe in argomento, deve avvenire da parte della Regione entro il 30 giugno, di qui l'urgenza di affrontarlo oggi.
La Regione Piemonte ha sinora adottato due provvedimenti di adeguamento tariffario, uno nel 1982 e il successivo nel 1985; è quindi dal 1985 che non vengono assunti provvedimenti di adeguamento tariffario in questo senso.
La proposta, che nasce da una serie opportuna di calcoli, è di un aumento del 409/h per quanto riguarda la fascia minima, e cioè di una portata - trattato a meno di un milione di metri cubi annui; un aumento del 60% per la fascia intermedia e del 250% per quanto riguarda l'ultima fascia, la più ampia, quella superiore alla portata-trattato di 50 milioni di metri cubi.
Devo sottolineare che i minimi e i massimi, e quindi il range entro il quale i soggetti gestori potranno, per pareggiare il loro bilancio scegliere la tariffa da applicare per quanto riguarda la depurazione, ma anche il servizio fognature per gli impianti produttivi, nascono da un conto che non può essere fatto in altro modo se non considerando impianti che trattino reflui industriali nella misura del 50% rispetto ai volumi globali trattati. Così non è nella realtà, ed ecco il motivo per cui il range è discrezionale e per cui i singoli gestori potranno avere delle tariffe diversificate.
Devo anche precisare che le tariffe fanno riferimento ad impianti che trattano reflui con caratteristiche qualitative allineate a quelle di cui alla tabella C della Legge n. 319.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Faccio un intervento e contemporaneamente una dichiarazione di voto di astensione su questa proposta di deliberazione.
Consideriamo positivo che avvenga l'adeguamento in quanto le tariffe erano estremamente basse e non più adeguate alla realtà dei costi, ma non esprimiamo parere favorevole in quanto si tratta di una partita che pare sempre più confusa. I consorzi di depurazione, sia per quanto riguarda le tariffe civili che per quelle industriali (qui si tratta solo di queste ultime), hanno la pessima abitudine di fare i propri conti in modo da non coprire effettivamente tutti i costi compresi, i costi non d'investimento ma di ricostituzione dell'impianto a scadenza che, come è noto, sono sempre maggiori perché gli impianti vanno velocemente verso forti aumenti dei costi d'Investimento. D'altronde questo è giusto, perché gli impianti di buona qualità che depurano l'acqua a livelli elevati di qualità sono più costosi. Quindi, non è stato possibile, malgrado un lavoro istruttorio in Commissione, capire bene se le tariffe minime fossero configurate in modo da spingere in maniera forte gli enti gestori dei consorzi di depurazione a tener conto dell'aspetto del costo d'investimento futuro e non solo di quello passato. Spesso non si tiene conto neanche di quello passato certamente non del costo di rimpiazzo dell'impianto se siamo configurati in questo modo, perché ci sono diversità di costo dall'uno all'altro.
Quello che non appare chiaro è il comportamento della Giunta nel verificare se la questione sia tenuta nel giusto conto da parte degli impianti di depurazione. La questione non è di poco conto perché conosciamo tutti lo stato dei conti pubblici e quindi la non disponibilità di fondi che, quasi certamente, si 'avrà quando si dovranno rinnovare gli impianti O l'accantonamento dei capitali necessari al nuovo investimento - non l'accantonamento storico del costo del precedente impianto - è stato fatto oppure al momento in cui sarà necessario ricostituire l'impianto non ci saranno disponibilità. Questo significa che si mette facilmente sulla strada del passaggio al privato un settore come la fognatura e la depurazione, di grande interesse in particolare per i privati. Non c'è nulla di male, ma deve essere oggetto di una scelta e non di una inevitabilità che deriva dall'incapacità a indicare correttamente le tariffe.
C'è anche una questione più specifica, che mi è venuta in mente proprio perché l'Assessore ha citato il fatto che i conferimenti di acque di scarico devono essere conformi alla tabella C; è l'eccezione, non piccola che nella nostra legislazione è fatta a favore delle imprese produttive già esistenti all'epoca dell'approvazione della legge Merli nel 1976 alle quali è stato consentito di scaricare anche a parametri superiori alla tabella C.
Vorrei capire come vengono trattati questi adduttori, questi clienti, se le tariffe riguardano anche costoro e se sono differenziate, se i minimi vengono alzati.
Non si tratta di una cosa da nulla perché la maggior parte delle aziende che scaricano negli impianti pubblici di depurazione, in particolare nel Consorzio Po-Sangone, esistevano già al momento di approvazione della legge Merli. Quindi, chiedo se è previsto un trattamento diverso e quali sono le tariffe applicate alle non poche aziende che vengono autorizzate a scaricare secondo parametri diversi. So bene che il Po Sangone è quello che, in termini di tariffe, si gestisce meglio, date anche le dimensioni dell'impianto e della struttura tecnica che lo gestisce, però ci sono alcune cose non chiare; soprattutto non è chiaro un impegno da parte della Giunta sulla partita di ricostituzione dei capitali per il rimpiazzo dell'investimento. Quindi, pur essendo favorevoli a che si aggiornino le tariffe, non siamo convinti della modalità con cui le stesse vengono aggiornate.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino per la replica.
GARINO, Assessore regionale Concordo con la collega Bresso laddove dice, giustamente, che occorrerebbe tenere in conto soprattutto i costi di ammortamento dei capitali investiti, proprio perché v'è bisogno di capitali entro pochi anni per ricostituire nuovi impianti, a volte con tecnologie nuove. Purtroppo, però, è un problema che non riguarda né la Giunta regionale né il Consiglio, in quanto deriva esattamente dalla legge e dai parametri che dobbiamo applicare, nei quali non è compreso il costo di ammortamento degli impianti.
E' quindi una battaglia da farsi in altra sede, ovvero nella sede parlamentare, al fine di cambiare questa benedetta nuova formula.
Il secondo problema posto dalla collega Bresso è quello di eventuali aziende che non conferiscano reflui industriali in tabella C, secondo quanto la legge prevede: la stessa legge però prevede che l'ente gestore possa diversificare la tariffa a seconda del conferimento della singola azienda, e cioè a seconda dei parametri delle tabelle B o D e dei solidi soprattutto sedimentabili che resistono. Il range tra minimo e massimo serve anche a questo.
La collega Bresso avrà notato che (cito la V tabella) abbiamo un costo di Lit. 230/metro cubo medio per un impianto, ovviamente ipotizzato, che tratti il 50% di reflui civili e il 50% di reflui industriali in tabella C: si va da un minimo di 328 ad un massimo di 836, evidentemente molto alto ma che permette all'ente gestore, se lo desidera e se ne ha la capacità e la volontà, di fare in modo che le aziende che non si trovano in tabella C abbiano a pagare un surplus proprio per farla rientrare.



PRESIDENTE

Non essendoci altri interventi, pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
La deliberazione è approvata con 19 voti favorevoli e 10 astensioni.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 234 "Norme sui calendario scolastico. Parere della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 234, di cui al punto 18) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Fulcheri.
FULCHERI, Assessore regionale La Legge n. 467 del 1986 prevede che la Sovrintendenza scolastica fissi la data di inizio delle lezioni e il calendario relativo, dopo aver sentito le Regioni e i Consigli scolastici provinciali. Prevede inoltre che i giorni di scuola siano almeno 200.
Il Ministero della Pubblica istruzione, con propria ordinanza determina il termine delle lezioni, che per l'anno scolastico 1991/92 è stato fissato per il 10 giugno 1992.
La proposta che si sottopone indica come inizio giovedì 19 settembre.
La scelta di un giorno infrasettimanale è determinata da esigenze di scaglionamento delle classi.
Vacanze natalizie: da lunedì 23 dicembre a sabato 4 gennaio; ritorno a scuola martedì 7 gennaio. Vacanze pasquali: da giovedì 16 a martedì 21 aprile compresi.
Si prevedono inoltre due ponti nella giornata di sabato per le festività di Ognissanti e del primo maggio, che cadono entrambe di venerdì e il giorno della festa del Santo Patrono, se ricorre in periodo scolastico.
Il numero complessivo dei giorni di lezione è pertanto di 205, oppure 204 se c'è la festa del Patrono. Vengono lasciati 4 giorni a disposizione per gite e viaggi d'istruzione.
Sottolineo ancora che si tratta di un parere, perché il Sovrintendente scolastico per il Piemonte ha inviato un fax al Presidente della Giunta e anche a me, oltre che ai Caporedattori de "La Stampa" e di "Repubblica" nel quale dice: "Sulle edizioni del 20 giugno dei due quotidiani citati è stata pubblicata la notizia che il 19 settembre si torna a scuola Al riguardo si precisa che, ai sensi dei comma 7 dell'art. 1 della legge 9 agosto 1986 n. 467, spetta al Sovrintendente scolastico regionale determinare la data di inizio delle lezioni e il calendario relativo al loro svolgimento, sentite le Regioni e i Consigli scolastici provinciali. I pareri dei Consigli scolastici provinciali sono stati già acquisiti, mentre non è ancora pervenuto quello della Regione. Appena sarà acquisito quest'ultimo parere, la Sovrintendenza scolastica per il Piemonte provvederà a determinare il calendario per l'anno scolastico 1991 / 92, del quale verrà data tempestiva notizia ai competenti Provveditori agli studi alla Regione e ai mezzi di informazione".



PRESIDENTE

Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 234, il cui testo a mani dei Consiglieri verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 30 Consiglieri presenti.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari è convocata alle ore 12 di domani.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.45)



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