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Dettaglio seduta n.73 del 18/06/91 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame della proposta di legge n. 128: "Rendiconto generale per l'esercizio finanziario 1990". Ordine del giorno n. 190


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il punto 6) dell'o.d.g. reca: Esame del progetto di legge n. 128, di cui è relatore il Consigliere Ferraris.
FERRARIS, relatore "Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è all'esame di questa Assemblea il disegno di legge n. 128: Rendiconto generale per l'esercizio finanziario 1990, presentato dalla. Giunta in data 30 aprile 1991, nel pieno rispetto della normativa regionale in materia di contabilità.
La relazione tecnica presentata dalla Giunta illustra in modo motto analitico e particolareggiato t risultati della gestione del bilancio per l'anno 1990 e ad essa si fa quindi rinvio per ogni informazione sia sulle risultanze dell'anno in esame sia, per il raffronto con i corrispondenti dati degli anni precedenti. Per questo motivo limiterò il contenuto di questa relazione agli aspetti di maggiore rilevanza e ad alcune considerazioni di carattere generale.
L'esercizio 1990 si è concluso con un avanzo finanziario di circa 925,5 miliardi, comprensivo delle quote relative ai fondi statali a destinazione vincolata, che ammontano complessivamente a circa 913 miliardi e che determinano, quindi, un avanzo, finanziario effettivo di 12,4 miliardi.
E' da notare che negli ultimi cinque anni si raggiunge per la prima volta un saldo positivo, indice di un costante processo di riequilibrio finanziario intrapreso negli ultimi anni e già evidenziato nelle relazioni ai Disegni di legge di bilancio.
Significativo è il raffronto che si rileva nell'anno in esame, tra il tasso di crescita delle entrate accertate, pari al 17% rispetto al dato omologo dell'anno precedente; e quello delle spese impegnate, pari al 7,3896 rispetto al corrispondente valore dell'anno precedente, il cui differenziale ha consentito, in larga misura, il risultato espresso.
Per quanto riguarda le entrate, il totale degli accertamenti è risultato inferiore dell'1,7%rispetto al totale delle previsioni invertendo il trend che dal 1987 ha fatto registrare valori di scostamento crescenti. Tra le entrate derivanti da tributi statali, la categoria che incide maggiormente è rappresentata dalle assegnazioni e trasferimenti di fondi dallo Stato per un totale accertato di 6.219 miliardi circa.
(inferiore dello 0,29% rispetto alla previsione finale), comprensivo delle quote provenienti dal riparto del Fondo Sanitario Nazionale che ammontano complessivamente a circa 5.048 miliardi e rappresentano 1'81,17 dell'intero titolo e il 69.64% del totale generale delle entrate.
E' mutata in modo sostanziale la ripartizione delle categorie relative alle entrate tributarie dove, a fronte di una minore entrata derivante dal riparto del fondo comune di cui all'ari 8 della legge 281/70, che per l'anno 1990 ammonta a circa 490 miliardi can una riduzione di 31 miliardi rispetto alla quota, dell'anno precedente, si registra un maggior gettito a titolo di tasse ed imposte sugli affari che stabilizza l'ammontare complessivo del titolo "Entrate tributarie" al valore dell'anno precedente incrementato del 10,77%.
I residui attivi alla chiusura dell'esercizio 1990 ammontano complessivamente a 2.107 miliardi che rappresentano il 24,19% del totale delle entrate accertate e dei residui attivi all'inizio dell'esercizio.
Per la parte che riguarda la gestione delle entrate di competenza si rileva che l'ammontare dei residui attivi alla fine dell'esercizio ha subito una brusca impennata, passando dal 6, 9496 dell'anno precedente al 17,47% dell'esercizio in esame.
Si ripropone così, ancora: una volta l'annoso problema della riscossione delle entrate la cui fase, legata a meccanismi di erogazione anche diversificati per tipi di intervento, è troppo distanziata dalla fase di accertamento, provocando quindi una rilevante situazione creditoria.
Sul versante della spesa i dati di comparazione degli stanziamenti degli impegni e dei pagamenti con quelli dell'anno precedente mettono ti evidenza, risultati condizionati dalla particolarità dell'anno 1990 caratterizzato dalla pausa di direzione politica imposta dal rinnovo della legislatura.
La previsione finale di competenza per l'anno 1990 ammonta a 8:157 miliardi, con un incremento del 6,72% rispetto al corrispondente dato del 1989, mentre le spese impegnate ammontano a 7.203, miliardi, pari ail'88,3096 dello stanziamento, con un incremento del 7,3896 rispetto al corrispondente valore dell'anno precedente.
I pagamenti che ammontano complessivamente a 6.596 miliardi, pari all'86,28% delle somme impegnate, evidenziano uno scarto negativo di 6,37 punti rispetto al corrispondente dato del 1989, ma le motivazioni sono da ricercarsi principalmente nell'estremo ritardo con cui fu approvato l'assestamento al bilancio 1990, che consentì l'adozione dei provvedimenti di impegno soltanto alla fine dell'anno finanziario I residui passivi, alla chiusura dell'esercizio finanziario 1990 ammontano complessivamente a circa 1183 miliardi, facendo registrare un incremento del 74,22% rispetto al risultato dell'anno precedente, dato che si colloca sicuramente al di sopra della media registrata nell'ultimo triennio, ma dal quale non si può desumere inequivocabilmente una peggiorata capacità di spesa da parte dell'Amministrazione. Infatti la maggiore consistenza di residui passivi la si rileva nella gestione della competenza, mentre sostanzialmente statico risulta l'andamento dei pagamenti nella gestione dei residui che non ha risentito della pausa amministrativa.
La I Commissione ha esaminato la documentazione che costituisce il rendiconto generale della Regione per l'anno 1990, comprensiva anche del conto generale del Patrimonio, dei rendiconti di parte degli Enti ed Aziende dipendenti dalla Regione, nonché dei bilanci delle Società e dei Consorzi a cui partecipa la Regione.
Nelle sedute dei giorni 23 e 30 maggio ha potuto valutare, con la costante presenza dell'Assessore al bilancio che ha fornito tutte le precisazioni che la complessità dell'argomento richiedeva, il provvedimento in esame ed ha altresì rilevato il rispetto degli impegni contenuti nell'o.d.g. del Consiglio in data 18 dicembre 1990 per quanto riguarda la presentazione del rendiconto. Nelle stesse sedute la I Commissione ha altresì, esaminato il rendiconto del Consiglio regionale che, a norma dell'art. 71 della L.R. n. 55/81 recante norme in materia di contabilità regionale e dell'art. 6 del 'Regolamento per l'autonomia funzionale e contabile del Consiglio regionale, deve essere sottoposto all'esame della Commissione Programmazione e Bilancio e dell'Assemblea in occasione dell'esame di rendiconto generale della Regione.
La I Commissione ha valutato positivamente le risultanze del rendiconto generale, dalle quali emerge un ulteriore significativo passo verso il raggiungimento dell'obiettivo del riequilibro finanziario ed ha, quindi licenziato entrambi i provvedimenti raccomandandone l'approvazione da parte di questo Consiglio".



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Coppo. Ne ha facoltà.
COPPO Signor Presidente, il rendiconto per l'esercizio finanziario 1990 dovrebbe essere valutato dal punto di vista del metodo, alla luce dell'ordine del giorno che votammo in Consiglio il 18 dicembre 1990, in occasione del rinvio dell'esame del bilancio preventivo. In esso si diceva che il rendiconto doveva essere esaminato, discusso ed approvato in un'unica sessione insieme all'assestamento 1991, in modo da verificare i reali andamenti di spesa per aree di attività e di intervento, per programmi ed aree di settore; un'unica sessione dedicata alle questioni finanziarie al fine di consentire la presentazione del Bilancio 1992 nei termini previsti dalla legge. Una sessione finanziaria prevede più sedute coordinate e calendarizzate, ma anche il lavoro di Commissione doveva essere coerente con le indicazioni dell'ordine del giorno che ho ricordato.
L'Assessore ha tentato di rispettare i tempi di legge, ma ciò non sufficiente per rendere chiara la manovra generale di assestamento che s'intende sviluppare.
Da una parte si parla di un avanzo di amministrazione che, applicato al deficit sulle reimpostazioni, riduce da 135 a 123 miliardi circa il buco sul quale abbiamo pendente un parere di legittimità e un pressante invito al rientro; d'altra parte questo avanzo risulta nettamente inferiore al presunto. In sede di Commissione si é parlato di entrate inferiori alla spesa presunta, del ritardo dello Stato nell'erogazione di fondi, e così via. Dall'insieme di questi elementi risulta che, in sede di assestamento bisognerà prevedere un recupero per non rendere del tutto vanificata la lenta manovra del rientro dal deficit dei fondi reimpostati. Rileviamo inoltre, l'enorme mole di residui attivi e passivi, che solo in parte si può imputare alla lentezza burocratica di uno Stato accentratore ed ai ritardi dovuti alle modalità tecniche di erogazione a consuntivo dei fondi per i lavori eseguiti. E evidente che, sul versante dell'entrata, vi sono accertamenti che si rivelano non corrispondenti alla realtà, così come, sul versante della spesa, esistono palesi difficoltà della macchina amministrativa nel ridurre i tempi tra impegni di spesa ed effettive erogazioni. Occorre pertanto una maggiore attenzione alla gestione della spesa e soprattutto occorre tenere presente che residui attivi e passivi sono in netto incremento rispetto al passato. E' un fenomeno che tende con chiarezza ad aggravarsi.
Una ulteriore difficoltà consiste nel fatto che, rispetto al rendiconto generale per l'esercizio 1990, manca una valutazione politica d'insieme che motivi le ragioni della difficoltà e le proposte operative per modificare la situazione attuale, manca cioè un quadro di raffronto tra bilancio preventivo, variazioni di bilancio effettuate e consuntivi.
Segnaliamo porche nel merito dell'articolato, all'art. 10 del disegno di legge che abbiamo in esame, vi é una sorta di sanatoria su sfondamenti dei capitoli del bilancio di previsione. Perché, di fronte a una realtà di questa natura, non vi é stata una preventiva variazione di bilancio e com'è possibile sanare a posteriori uno sfondamento? In Commissione abbiamo già sollevato i nostri dubbi sia sulle poste dell'entrata sia sull'effettiva congruità degli accertamenti.
Infine, i mutui a ripiano del disavanzo sono stati attivati in misura inferiore al previsto e per attività che alla fine però hanno richiesto più fondi di quelli preventivati. In queste condizioni é difficile un'effettiva programmazione e fissare con chiarezza le priorità di intervento.
Segnaliamo ancora che sui residui perenti, a nostro avviso, occorre una verifica più attenta per accertare quanti di essi siano ormai prescritti e quanti invece siano ancora sommersi.
A questo insieme di osservazioni aggiungo che in Commissione vi sono ancora gravi difficoltà di approfondimento operativo per i Consiglieri regionali data l'esiguità del personale che é necessario affiancare agli stessi. Pensiamo che gli obiettivi di trasparenza e di chiarezza indicati dall'ordine del gioco ricordato siano ancora ben lontani dall'essere raggiunti. Abbiamo già espresso in Commissione il nostro voto contrario e non possiamo che ribadirlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Presidente e colleghi Consiglieri, ho già espresso in sede di Commissione tutta la mia delusione per il modo in cui l'Assessore ha presentato il rendiconto dell'attività del Consiglio regionale, ma devo anche aggiungere che quel modo non si discosta molto da come, almeno per quanto ho visto negli ultimi anni, la Regione Piemonte ha trattato la materia.
Sull'osservazione dell'inadeguatezza del livello del dibattito sul rendiconto dell'attività della Regione, forse c'è consenso, comunque lo spero. Di fronte a una situazione della spesa pubblica e dell'efficacia e dell'efficienza della spesa nel settore pubblico, penso che tutti potremmo convenire che non é più opportuno procedere in un modo così disattento e superficiale nel dare un giudizio su come si è lavorato. Il rendiconto in termini concreti non é altro che questo: esaminare se le iniziative sono andate bene, se le spese sono state fatte secondo le previsioni, verificare l'efficacia delle stesse, i ritardi nella spesa, i residui passivi, e così via. E' uno dei momenti fondamentali nella vita dell'ente, tanto più in una situazione di vero e proprio disastro della spesa pubblica nazionale e di grande inefficienza dello Stato.
La prassi del Consiglio regionale che ho conosciuto sinora é purtroppo diversa: il rendiconto é visto come un piccolo atto burocratico amministrativo al quale non si da alcun rilievo. Chiedo ai colleghi invece, di dedicare insieme a me un'attenzione maggiori. Questo rendiconto sembra seguire la fine degli altri, ma nel lavoro che ci aspetta il prossimo anno, si individui questo momento come uno dei momenti importanti ancora più importante del bilancio preventivo dell'attività regionale. Per questo c'è bisogno, oltre che della volontà, anche di alcuni atti che sono di competenza dell'amministrazione regionale, il primo dei quali e il più importante é quello relativo alla possibilità di individuare procedure per il controllo di gestione della spesa e del bilancio.
Nella scorsa legislatura c'eravamo occupati in I Commissione di questa vicenda, poi l'interruzione della legislatura e anche un po' di disattenzione da parte nostra l'hanno lasciata cadere. Chiedo che l'Assessore inizi a impostare degli strumenti organizzativi per il controllo di gestione. In particolare si tratta di individuare i centri di costo dei servizi regionali, con la suddivisione del costo tra personale amministrativo e politico, la suddivisione delle spese di gestione di tutte le proprietà regionali comprensive dei vari servizi. Si tratta di effettuare una verifica sugli effetti dell'applicazione delle leggi regionali con le conseguenti necessità di rifinanziamento delle stesse.
Chiedo, quindi, che l'amministrazione predisponga un regolamento generale per il controllo di gestione.
Detto questo, ricordo ai colleghi che é a loro mani un ordine del giorno nel quale viene considerata la gravità della situazione finanziaria in generale e l'insufficiente analisi che accompagna il rendiconto della Regione. Chiedo che questo ordine del giorno venga discusso e votato in questa sede perché potrebbe essere il primo momento concreto con il quale cambiare marcia nel settore del bilancio e aumentare la nostra attenzione su questi problemi rispetto al passato.
Oggi il rendiconto, per le cose che ha detto l'Assessore, é un rendiconto di carattere negativo, ma é due volte negativo, nel senso che da un lato gli elementi espressi dall'Assessore non gettano una buona luce su vasti settori dell'attività regionale: d'altro canto, non siamo nemmeno in grado, con gli strumenti a nostra disposizione, di entrare nel merito del rendiconto e di effettuare una critica profonda che sia all'altezza dei problemi della spesa pubblica e dell'incapacità dell'ente pubblico di renderla congrua e produttiva in termini di efficienza e di efficacia.
Per questo motivo voterò contro il rendiconto e chiedo che venga messo in votazione l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.
GALLARINI, Assessore al bilancio Rispondo in sintesi su quanto hanno detto Coppo e soprattutto Chiezzi per quanto riguarda il controllo di gestione.
Non voglio aggiungere altre considerazioni rispetto a quelle già espresse in Commissione. Per quanto concerne il controllo di gestione, si sta partendo con ritardo, certo, d'altra parte si é espletato solo un mese fa circa un concorso che avrebbe dovuto consentire al settore tre assunzioni; ne consentirà una sola, si sta esaminando con il Capo Settore l'opportunità di assumere altri due candidati attingendo dalla graduatoria aperta.
Se così sarà, queste tre unità potranno costituire un primo nucleo che da qui al 31 dicembre, si potrà attivare per costruire un'attività che consenta, al 1' gennaio dell'anno prossimo, di avviare il controllo di gestione, che oggi esiste sulla carta, ma che non ha mai potuto operare dal punto di vista pratico.
Questo é un impegno preciso che andrà a realizzarsi nei prossimi cinque o sei mesi e che potrà dare i suoi frutti dal 1 gennaio 1992.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi possiamo passare all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 1 é approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 2 é approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 3 é approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L' art. 4 é approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 5 é approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale. ' L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 6 é approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale: L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 7 é approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 9 é approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L' esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art.10 é approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri hanno risposto NO 11 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'art. 11 é approvato.
Si proceda ora alla votazione, per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 12 Consiglieri si é astenuto 1 Consigliere L'intero testo della legge é approvato.
E' connesso l'ordine del giorno n. 190 presentato ed illustrato dal Consigliere Chiezzi.
Ha chiesto la parola l'Assessore Gallarini. Ne ha facoltà.
GALLARINI, Assessore al bilancio Questo ordine del giorno contiene alcuni impegni precisi che la Giunta oggi non é in grado di assumere. Vale quanto ho detto nel mio intervento.
La Giunta si sta impegnando per attivare il controllo di gestione nei tempi che ho detto, cioè entro fine anno. Esiste però una serie dettagliata di impegni, nei confronti dei quali ci possiamo attivare, dal punto di vista tecnico; però, come sostiene il Capo Settore, non siamo in grado di dare garanzie precise, quindi, siano orientati ad astenerci sull'ordine del giorno. Ciò non toglie che, dal punto di vista politico, si ribadisca l'impegno della Giunta a muoversi in questa direzione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chiezzi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale considerata la situazione della finanza della Regione che evidenzia una situazione delicata di disavanzo finanziario sul quale non è stata effetti effettuata una seria analisi critica accompagnata da proposte alternative considerata la natura della finanza regionale che si caratterizza essenzialmente come finanza derivata, a favore di altri enti locali la cui efficacia non è valutata e controllata preso atto dell'assenza di deleghe a favore degli enti locali che evidenziano una consistente presenza in bilancio di spese direttamente effettuate dalla Amministrazione invita la Giunta regionale: 1) a dotarsi, entro l'anno 1991 dei principali strumenti costituenti il controllo di gestione, in particolare individuare i centri di costo nei settori regionali con: a) la suddivisione del costo del personale amministrativo e politico b) la suddivisione delle spese di gestione dei palazzi della Regione comprensive delle utenze di servizi vari (telefoni, ecc.).
2)Ad effettuare la verifica degli effetti dell'applicazione delle leggi regionali con fondi propri e conseguentemente della necessità di finanziamento delle stesse.
3) A predisporre un regolamento generale dell'amministrazione per il controllo di gestione." Chi é favorevole, é pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno é respinto con 11 voti favorevoli e 29 astensioni.


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame proposta di deliberazione n. 240: "Rendiconto del Consiglio regionale per l'anno 1990"


PRESIDENTE

Esaminiamo la deliberazione n. 240 di cui al punto 7) all'o.d.g. .
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo é a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole é pregato di alzare la mano.
La deliberazione é approvata con 33 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame progetti di legge n. 30 e n. 94 "Provvedimenti urgenti in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in favore di soggetti sfrattati"


PRESIDENTE

Esaminiamo i progetti di legge nn. 30 e 94 di cui al punto 8) all'o.d.g. Relatore é il Consigliere Peano.
PEANO, relatore Illustre Presidente, egregi Consiglieri lo stato di tensione abitativa da tempo esistente in alcuni Comuni della nostra regione, ha assunto di recente un carattere di particolare gravità, come conseguenza dell'incremento continuo dei provvedimenti esecutivi di sfratto per finita locazione, per la permanente carenza di disponibilità alloggiatine e per le specifiche caratteristiche dei nuclei richiedenti un alloggio; prevalentemente a basso reddito.
Per rispondere a questa emergenza sono stati presentati due progetti di legge uno di iniziativa della Giunta - il disegno di legge n. 94 - e l'altro a firma dei Consiglieri di Lega Nord - la proposta di legge n. 30.
Entrambi i progetti partono dal presupposto che a fronte di una crescente domanda di famiglie sfrattate, divenuta preminente in alcune aree della regione, rispetto ad altre tipologie di fabbisogno, sono risultate inadeguate le modalità di punteggio e quindi di selezione degli aspiranti assegnatari disposte dalla legge regionale n. 64/84.
Infatti il punteggio attribuito dalla legge regionale del 1984 per la condizione di sfratto non sempre é sufficiente a consentire da solo l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.
La Commissione II, referente in materia, dopo aver svolto le rituali consultazioni, ha esaminato attentamente entrambi i testi e nella seduta del 30 maggio ha licenziato a maggioranza il testo unificato che oggi viene sottoposto alla Vostra cortese attenzione e che é stato composto assumendo come base il disegno di legge n. 94 integrato da alcuni emendamenti approvati in Commissione.
Non é parso opportuno alla Commissione modificare i criteri di punteggio e selezione della domanda previsti dalla legge regionale n.
64/84, ritenuti tuttora validi nel loro impianto generale, ma bensì é stata accolta come base la filosofia della proposta di Giunta nell'introdurre la possibilità, con un provvedimento straordinario e limitato nel tempo, di incrementare la quota di riserva stabilita dall'art. 18 della citata legge destinandola espressamente in favore di soggetti sfrattati.
Si ritiene in tal modo di consentire l'assegnazione pressoché immediata degli alloggi disponibili - sia quelli di nuova costruzione sia quelli di risulta - e si affrontano, in maniera adeguata, le situazioni di sfratto che richiedono interventi tempestivi. Al fine di evitare comunque una dilatazione anomala o non giustificata della percentuale di alloggi riservati, sottratti di fatto alla generalità dei cittadini che hanno regolarmente partecipato ai bandi previsti dalla legge regionale, sono stati indicati nel testo alcuni criteri restrittivi e di controllo, in particolare si é limitata la categoria beneficiaria del provvedimento ai soli sfrattati e a categorie immediatamente a questa si é disposto che sussistano da parte di detti nuclei familiari tutti i requisiti già previsti per le assegnazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata si é precisato il limite temporale per il periodo di validità e vigenza della stessa legge regionale (2 anni). Si é altresì convenuto demandando all'Asses-sore il compito di presentare direttamente in aula apposito emendamento, sulla proposta formulata da un consultato, di limitare la norma ai soggetti sfrattati che durante il procedimento di sfratto si sono costituiti in giudizio resistendo al locatore. Ciò al fine di evitare comunque sfratti di "comodo".
Entrando nel merito dell'articolato si indicano, in sintesi, i contenuti salienti dei singoli articoli.
ART. 1 - L'articolo 15 della legge regionale n. 64/84 consente ai Comuni di riservare il 25% del totale degli alloggi messi a bando per documentate situazioni di emergenza abitativa (casi sociali, sgomberi trasferimenti delle Forze dell'Ordine etc.).
L'art, l del testo in esame consente il superamento per due anni della suddetta percentuale, limitatamente a situazioni di sfratto esecutivo ovviamente non causato da morosità o da inadempienze contrattuali. Sono assimilati ai nuclei sfrattati i soggetti che devono rilasciare l'alloggio per motivi di pubblica utilità, per esigenze di sgombero o che devono abbandonare un alloggio di servizio per pensionamento. La richiesta di riserva deve essere comunque preventivamente inoltrata alla Regione.
ART. 2 - L'art. 2 condiziona l'accesso ai benefici dell'art. 1, al possesso dei requisiti previsti per i richiedenti un alloggio di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata inseriti nelle graduatorie emanate ai sensi della legge regionale n. 64/84.
La documentazione comprovante il possesso dei requisiti verrà valutata così come avviene per le normali assegnazioni di alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, dalla Commissione prevista dall'art.
10 della legge regionale n. 64/84.
ART. 3 - Al fine di evitare che gli alloggi resisi liberi e "bloccati" con la riserva rimangano sfitti a lungo, si prevede che, decorsi i due mesi dalla loro disponibilità, gli alloggi stessi siano assegnati secondo le modalità previste dalla citata legge regionale n. 64/84.
A seguito di apposito emendamento approvato in Commissione viene consentita l'assegnazione di alloggi con un numero di vani abitabili superiore al numero dei componenti il nucleo familiare ad evitare che l'eventuale carenza di alloggi di piccola dimensione possa ostacolare la tempestiva attuazione del provvedimento. Tale assegnazione é tuttavia consentita solo in via provvisoria in, quanto si ritiene che si debba comunque perseguire l'obiettivo di un razionale utilizzo del patrimonio.
ART. 4 - L'entità numerica degli sfratti e la situazione di grave tensione venutasi a determinare in questi ultimi anni ha costretto alcuni Comuni a superare la riserva del 25% di alloggi prevista dalla legge regionale n. 64/84.
L'art.4 prevede una sanatoria della situazione limitatamente ai casi di assegnazioni fatti in favore delle sole categorie di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 1 e perché gli stessi fossero in possesso dei requisiti previsti per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.
ART. 5 - L'articolo chiarisce il rapporto integrativo esistente tra la proponenda legge e la legge regionale n. 64/84 ribadendo che tutti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata non soggetti a riserva devono comunque essere assegnati con le modalità previste dalla legge citata.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.
CHIEZZI Signor Presidente e colleghi, questo provvedimento urgente, in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore dei soggetti sfrattati, consentirà - chiedo un po' di attenzione all'Assessore perché verifichi se ho capito bene, perché il testo della deliberazione é da interpretare - di destinare, oltre al 25% delle quote di alloggi assegnabili destinati a casi sociali, la quota eccedente a soggetti sfrattati, riservando comunque il 25% della quota ai casi sociali.
Dal punto di vista del privilegiare, con una norma ad hoc ma transitoria, i soggetti sfrattati, esprimo un consenso. L'unico dubbio che avevo, ma che non riesplicito, é quello di selezionare ulteriormente il punteggio a seconda dell'urgenza dello sfratto. Avevo il dubbio se non privilegiare ulteriormente i soggetti a monitoria di sfratto e non semplicemente a sentenza di sfratto; ma non insisto su questo elemento anche perché non ho i riscontri numerici indotti da una modificazione di questo tipo. Segnalo solo che questo provvedimento dovrebbe andare a favore di chi effettivamente sta subendo una situazione drammatica, dal punto di vista degli sfratti.
Utilizzo questa deliberazione anche per chiedere notizie all'Assessore (lo avevo già fatto molte settimane fa in occasione di una interpellanza) sull'attività svolta dall'Assessore per evitare che i numerosissimi sfratti in atto nella Regione Piemonte portino conseguenze drammatiche per molte famiglie.
Qualche mese fa abbiamo approvato all'unanimità un ordine del giorno nel quale, a proposito degli sfratti riguardanti famiglie composte da persone di età superiore ai 65 anni, si invitava la Giunta ad agire sia nei confronti del Parlamento nazionale sia nei confronti del Prefetto per ottenere una sospensione degli sfratti intimati agli ultra sessantacinquenni. Nell'interpellanza avevo chiesto che l'Assessore rendesse nota l'attività svolta, in ottemperanza a quell'ordine del giorno quindi, se, quando e verso quali soggetti si fosse attivato in Parlamento se avesse effettuato qualche passo verso la Prefettura e quali risposte avesse ricevuto. Il Consiglio regionale ritenne che, in materia di sfratti era possibile intanto un livello di informazione in tempo reale, molto più efficace di quello sinora attuato e ritenne giusto che, per persone con più di 65 anni di età, si garantissero condizioni di vita civile. Le persone anziane devono essere in ogni caso messe al riparo dal timore - che a quell'età può diventare un terrore - di perdere la disponibilità dell'alloggio e di trovarsi senza casa.
Chiedo quindi la cortesia dell'Assessore affinché voglia rispondere in questa sede all'interpellanza.



PRESIDENTE

La parola alla collega Bresso.
BRESSO Anche noi, pur con qualche perplessità di ordine generale rispetto alla politica condotta in relazione alla casa e alla lentezza con cui viene portata avanti dalla Giunta, nel merito di questo provvedimento, in Commissione ci siamo astenuti, per verificare se alcune nostre richieste di emendamento sarebbero state accolte. Complessivamente siamo però favorevoli al provvedimento. Si tratta di un provvedimento urgente e straordinario che tampona una situazione molto difficile, in particolare per Torino e cintura, relativa al grande numero di affittuari sfrattati.
Siamo ben consci che questo,sia un intervento minimo, vista la situazione molto grave e complessa, che non può essere risolta sottraendo abitazioni a chi da lungo tempo le richiede e ne ha diritto a termini di legge per ragioni straordinarie legate agli sfratti. E' estemporanea questa situazione e non può diventare definitiva. Diversamente si creerebbe una violazione del diritto.
L'accoglimento della nostra richiesta di mantenere la provvisorietà del provvedimento limitata a due anni - mentre in Commissione il provvedimento stava per essere modificato - ci pare un segno importante. E' evidente che nell'arco di un biennio occorrerà avviare una situazione a regime, in cui vi sia un volano di abitazioni per gli sfrattati, ma esista anche la possibilità per chi ha diritto all'abitazione di accedervi in tempi ragionevoli.
In questo senso, ci ripromettiamo di predisporre nostre proposte, che* presenteremo alla ripresa autunnale dei lavori del Consiglio, sull'intera politica della casa, che certamente non é soddisfacente.
L'altra richiesta, venuta dalle consultazioni, riguarda la possibilità del soggetto sfrattato, ai sensi di questa legge, di fare opposizione all'ingiunzione di sfratto, per evitare casi come quelli che si sono verificati in alcune province, di finti sfratti concordati fra proprietario e affittuario.
Forse questa é l'unica occasione, prima della pausa estiva, di parlare di politica della casa; ne approfitto per sollecitare una riflessione dell'Assessore su una questione che ci sta molto a cuore, ed é quella relativa agli sfratti delle persone anziane.
La condizione di sfrattato é in assoluto grave e difficile, ma é ancor più drammatica per le persone anziane, sia per le situazioni psicologiche di difficoltà e di angoscia che crea uno sfratto sia per lo sradicamento di una persona anziana dal proprio luogo e quartiere di residenza, pu traumatizzare e rovinare completamente un'esistenza, reciderle i legami con il mondo e la città.
In questo senso solleciteremmo che almeno in sede di accordi tra Comuni e IACP, venisse richiesta dall'Assessorato un'attenzione particolare alla condizione degli anziani, creando perlomeno un regolamento di comportamento, che tenda a verificare, anche attraverso gli uffici comunali, la reale consistenza dello sfratto, ed eventualmente aiuti le persone anziane ad opporsi, quando lo sfratto non sia giustificato ai sensi di legge.
E' una situazione non codificabile, ma potrebbe diventare un modo di procedere. In secondo luogo chiederemo che per le persone che hanno superato i65 anni si tenti di reperire un'abitazione nel quartiere di residenza o, perlomeno, in un quartiere di loro scelta che consenta l'avvicinamento alla famiglia o a persona che possa occuparsi di loro.
Questa questione possa fare oggetto di un'attenzione particolare, se non di una norma, che sarebbe di difficile inserimento nella legge. Per esempio in sede di versione definitiva della relazione, potrebbe essere oggetto di un accompagnamento da parte dell'Assessore, almeno in via temporanea; intanto si possono studiare apposite norme regolamentari, se non legislative, per tener conto della particolare situazione degli anziani, situazione che, come si é detto in sede di consultazioni rappresenta il momento più difficile, più fragile nella gestione degli sfratti.
Con queste cautele e preoccupazioni, visto che il provvedimento ha una sua immediata utilità, esprimeremo voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Presidente e colleghi, vorrei esprimere il voto favorevole del Gruppo socialista e l'apprezzamento per il provvedimento, che risponde ad uno stato di impellente necessità. Concordo quindi sul suo carattere straordinario.
Colgo, altresì, l'occasione per porre all'attenzione del Consiglio la necessità di affrontare in modo globale la questione relativa alla politica per la casa. Con l'avanzo di bilancio del Piano decennale abbiamo affrontato il problema del buono casa per circa un migliaio di domande (rispetto alle migliaia di domande che sono state inoltrate in Piemonte) abbiamo constatato che é una piccolissima parte rispetto alla domanda di case che c'è ancora nella nostra Regione, probabilmente non si riuscirà nemmeno a risolvere il problema di chi si trova nella condizione prevista dal bando di concorso; é chiaro che, a questo punto, occorre riesaminare la politica della casa, sollecitando un impegno al Parlamento e al Governo perché questo problema venga rimesso nella corsia giusta per risolvere questioni davvero di necessità nella nostra Regione, ma probabilmente in tutto il Paese.
E' stato approvato a suo tempo un testo di legge governativo per affrontare una serie di interventi che vanno dal buono casa ad una riattivazione dell'impegno degli Istituti Autonomi delle case popolari all'edilizia agevolata e sovvenzionata, che avrebbe bisogno di rimettersi in movimento con un percorso che mi auguro celere e con una corsia di preferenza per rispondere a domande ancora aperte e a problemi che non sono stati risolti. Mi auguro che da parte di tutti i Gruppi ci sia il voto favorevole diretto a sollecitare il Governo e il Parlamento ad intervenire sul problema della casa, graduando gli interventi sotto le varie angolazioni, compresa quella di favorire le persone che più ne hanno bisogno, i soggetti più deboli, gli anziani, le giovani coppie che sono alla ricerca della prima casa. E una materia oggetto di una proposta di legge che il Gruppo socialista ha presentato. Mi auguro che quel testo possa venire approvato; pare che il Parlamento abbia ancora il tempo sufficiente per poterlo approvare e rimettere in moto tenendo presente che rimettere in moto la politica della casa significa muovere un volano di attività economiche che ha al seguito una serie di moltiplicatori.
Ribadisco il voto favorevole del Gruppo socialista con l'auspicio che in questa direzione si intensifichino gli sforzi. E' opportuno vedere che cosa può fare la Regione, anche se i margini di movimento non sono molti.
E' auspicabile però che le Regioni vadano verso una nuova forma di governo e di autogoverno attraverso la quale possano anche affrontare questi problemi direttamente per quella parte che può essere richiesta al contributo delle stesse.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Peano. Ne ha facoltà.
PEANO Più che un intervento il mio é una dichiarazione di voto, anche perch abbiamo verificato la proposta dell'Assessore in sede di Commissione e l'abbiamo approvata all'unanimità. L'Assessore ha recepito la tensione che si é verificata in questi anni per il fatto che ai Comuni era consentito di assegnare solo il 25% degli alloggi di risulta per i problemi sociali e per gli sfrattati.
L'Assessore ha anche recepito un altro fatto importante; mi riferisco alle assegnazioni già effettuate dai Comuni della prima cintura di Torino superando l'eccedenza del 25% e ha inserito in questa proposta una sorta di sanatoria per quanto é successo fino ad oggi.
Con questa proposta di legge i Comuni potranno fino al limite del 25 usare gli alloggi di riserva per le fasce sociali e dal 25% o in poi adoperare gli alloggi di risulta eventualmente per gli sfrattati. Sarà quindi possibile dare una risposta anche alle tante situazioni particolari esistenti nella cintura di Torino. Ribadisco in conclusione il voto favorevole del Gruppo della DC.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.
VAGLIO Esprimo il parere favorevole della Lega Nord al testo unificato in quanto rileviamo, se non altro nello spirito, le indicazioni della proposta di legge n. 30 che avevamo a suo tempo presentato.
Pur non essendo di presente testo sufficiente a risolvere i problemi degli sfrattati, sicuramente mette a disposizione della categoria tutto quanto é assegnabile.
Rilevando quindi univocità tra il progetto di legge presentato dalla Giunta e la nostra proposta di legge ribadisco il voto favorevole della Lega Nord .



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI In sede di discussione in Commissione non avevo capito come venissero definiti i criteri di priorità tra gli sfrattati in condizione di sfratto esecutivo.
Immagino che non tutti quelli compresi all'interno della categoria con "monitoria" siano eguali rispetto al bisogno. Mi domandavo come si sarebbero riempiti i vuoti lasciati da coloro che passano nella categoria eccedente il 25%, quali siano cioè i criteri utilizzati dalle amministrazioni locali nel definire la priorità rispetto ai bisogni nell'utilizzo della fascia del 25%.
Sempre in sede di Commissione domandavo anche quanto i sindaci tenevano conto dell'esigenza di mettere a disposizione di disabili adulti gravi, non autosufficienti, spazi per organizzare e gestire comunità alloggio assistite.
A queste domande vorrei che l'Assessore mi desse delle risposte. In ogni caso, su questo disegno di legge, annuncio la mia astensione.



PRESIDENTE

Sono finiti gli interventi di carattere generale.
Prima di passare all'esame dell'articolato ha la parola l'Assessore Carletto.
CARLETTO, Assessore all'edilizia residenziale Cercherò di essere breve dando le risposte che mi vengono richieste.
Questo provvedimento mi sembra abbia avuto in Commissione un approfondimento ampio e di questo ringrazio le forze politiche. Si tratta di un provvedimento straordinario ed urgente - ringrazio il Presidente del Consiglio che ne ha consentito l'iscrizione all'o.d.g. di oggi - in quanto ha una finalità ben precisa, ossia quella di dare una risposta all'emergenza sfratti, aspetto che é sotto gli occhi di tutti i colleghi.
Ancora l'altro giorno il SUNIA lo ha rimarcato.
Il problema degli sfratti, in alcune aree del Piemonte, in particolare a Torino e nella prima cintura, é drammatico. Il Comune di Torino da tempo costretto ad assegnare il 100% dei suoi alloggi agli sfrattati concordando con l'autorità giudiziaria e con il Prefetto - a questo proposito ringrazio il Prefetto per la sua azione-attenzione incisiva e la sua autorità - in quanto ha evitato che gli sfrattati venissero messi in mezzo ad una strada.
A Torino ci sono circa 150 alloggi disponibili al mese e c'è una cadenza di sfratti che supera i300 casi al mese.
E' chiaro che, se non ci fosse quell'attenzione, che giustamente i colleghi Chiezzi, Bresso, Peano, Rossa e Maggiorotti richiamano, credo che soprattutto a Torino vivremmo delle tensioni sociali davvero drammatiche molto più drammatiche di quelle che purtroppo già viviamo nel momento in cui una famiglia si trova con una sentenza di sfratto alla quarta o quinta monitoria e che sa di dover entro pochi mesi lasciare la casa.
Questo provvedimento ha carattere straordinario ed é finalizzato anche dal punto di vista dei tempi; entro due anni infatti vogliamo risolvere il pregresso e vogliamo anche adeguare, con questa legge regionale, la legislazione nazionale. Da questo punto di vista faremo di tutto perché il Governo (come peraltro é già stato fatto per altre regioni) accetti questa legge di modifica alle disposizioni nazionali ed accetti che per questi due anni, laddove la pressione sugli sfratti é forte, i Comuni possano assegnare gli alloggi agli sfrattati al 100% e non al 25% come la normativa prevede. Qualcuno dice che io sono un ottimista (ma credo che ci voglia anche un po' di ottimismo talvolta nella vita) se penso di poter avere nel giro di due anni, nella città metropolitana torinese e nelle altre zone del Piemonte (dove la tensione abitativa ha raggiunto elevati livelli di guardia), delle risposte abitative, sia nell'edilizia sovvenzionata ed agevolata, che nell'edilizia libera, regolamentata oggi dalla legge sull'equo canone e governata domani dalla nuova legge se il Parlamento ne deciderà l'approvazione. Mi auguro di veder diminuita la pressione e di poter avere una risposta abitativa coerente. Se avessimo degli alloggi da proporre ai cittadini sfrattati, non avremmo problemi. Certo, avremmo i problemi degli anziani, menzionati in precedenza.
Sono stato per tre anni Assessore all'assistenza ed ho potuto conoscere questi problemi, e so che sugli anziani hanno un impatto sicuramente alto bisogna che la pubblica amministrazione ponga tutte le attenzioni e si dia delle norme di comportamento che aiutino le coppie di anziani a superare l'impatto del cambio della casa, del quartiere, ecc., in pratica delle loro abitudini.
Questo é il significato ditale provvedimento e mi pare di aver colto dagli interventi delle varie forze politiche, che la preoccupazione della Giunta e stata accettata e condivisa e che ci sia la disponibilità delle forze politiche a votarlo favorevolmente.
Darò qualche risposta su questioni specifiche. La prima é quella posta dal collega Chiezzi circa la sua interpellanza sugli ultra sessantacinquenni. Il Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno rivolto al Parlamento e al Prefetto, nel quale chiedevamo al Parlamento il blocco degli sfratti per le persone con più di 65 anni di età che non dispongono di soluzione abitativa alternativa e al Prefetto di sospendere l'esecuzione degli sfratti per persone con più di 65 anni che non dispongano di alloggio alternativo.
Questo ordine del giorno é stato inviato sia al Parlamento che al Prefetto. Nelle settimane scorse, ho chiesto un incontro al Prefetto per discutere non solo su questo ordine del giorno, ma su questioni più ampie.
Abbiamo parlato di questo anche con il SUNIA (altro giorno - e Chiezzi era presente - all'interno di questioni più ampie legate alle leggi che governano il settore dell'edilizia residenziale pubblica e di una serie di difficoltà che queste leggi determinano dal punto di vista dell'accesso e dal punto di vista del canone. Mi ripromettevo quindi di rispondere all'interpellanza del collega Chiezzi e più in generale ai problemi posti dal Consiglio regionale e dal SUNIA e su come il Prefetto intende atteggiarsi.
In una delle prossime riunioni di Consiglio, se la Presidenza del Consiglio lo consentirà, fornirò un'informativa generale sulle questioni che attengono all'edilizia residenziale pubblica sovvenzionata, all'annosa questione del reddito ed a chi ha diritto di accesso ed ancora ad altre questioni, anche in seguito ad alcune riunioni che si stanno tenendo a livello nazionale.
Al Consigliere Chiezzi voglio dire che la monitoria e la sentenza di sfratto non possono essere individuate in modo scollegato fra loro e pertanto la dizione utilizzata nel disegno di legge ritengo sia giuridicamente corretta rispetto a chi si trova nella fase esecutiva del provvedimento. Quello che abbiamo individuato al fine dell'assegnazione di un punteggio nel provvedimento dei buoni casa, purtroppo, non si pu riportare in questa legge, quindi, la dizione così come é stata proposta mi sembra giuridicamente ineccepibile.
Per quanto riguarda la questione ripresa dalla collega Bresso sugli anziani ultra sessantacinquenni, ci potrà essere un'ulteriore azione della Regione nei confronti dei Comuni per richiamarli e sollecitarli ad una attenzione sempre maggiore, quindi a norme di comportamento riferite agli ultra sessantacinquenni e alla popolazione anziana che si trova in condizioni difficili. Studierò con i miei dirigenti una lettera, a firma del Presidente della Giunta da inviare ai Comuni che hanno una forte tensione abitativa. Credo non sia necessario inviarla agli altri Comuni.
Mentre invece sarà possibile, nel momento in cui concentreremo le risorse e i finanziamenti, laddove abbiamo un'alta percentuale di popolazione anziana concentrata in zone ad alta tensione abitativa destinare dei finanziamenti appositi, così come lo si potrebbe fare per la categoria dei giovani. Quando perverranno i finanziamenti ne discuteremo in Commissione e in Consiglio e studieremo a monte un percorso di questo tipo.
Al Consigliere Maggiorotti, vorrei dire che non é facile una graduatoria che tenga conto di tutte le possibili difficoltà; non mi sento di ragionare attorno ai disabili piuttosto che attorno agli anziani in un provvedimento che é riferito allo sfratto e agli sfrattati e che ha una finalità ben precisa, definita nel tempo e negli obiettivi.
Nei confronti dei disabili la Regione intende portare avanti una politica, non solo attraverso il mio Assessorato, ma anche attraverso l'Assessorato alla Sanità, per un'azione maggiormente concertata per dare risposte abitative complessive, che vanno dal day hospital, all'assistenza domiciliare; un po' di reminiscenza di quando ero Assessore all'assistenza mi é rimasta; quindi questi problemi li conosco. Pertanto mi sento di dover rispondere al Consigliere Maggiorotti sottolineando l'ampiezza, la vastità l'importanza e la portata del problema che lui pone oggi. So che il Presidente della Giunta é impegnato in una azione maggiormente concertata e io mi metto a sua disposizione per lavorare su questa strada cercando di realizzare un progetto più forte nei confronti dei disabili. Comunque questo provvedimento mi pare talmente limitato e finalizzato che non pu avere la portata indicata dal Consigliere Maggiorotti.
Propongo un emendamento (che i colleghi già conoscono perché se ne discusso in Commissione) all'art, l , 4 comma, si aggiungano le seguenti parole; "nei casi nei quali da parte del conduttore non vi sia opposizione alla citazione", per le ragioni che in Commissione abbiamo sottolineato.



PRESIDENTE

Procediamo alla votazione dell'articolato.
ART. 1 Emendamento presentato dall'Assessore Carletto: All'art.1, 4 comma, dopo la parola "contrattuale", aggiungere la frase "e nei casi nei quali da parte dei conduttore non vi sia stata, opposizione alla citazione di risoluzione contrattuale, avanzata in sede giudiziale dal locatore per i motivi suddetti".
Ha chiesto la parola al Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.
MAJORINO Non ho partecipato alla discussione in Commissione, però avendone parlato pochi minuti fa con il Consigliere Marchini e con l'Assessore Carletto, mi sono reso conto della incongruità di questo emendamento. La parte dell'emendamento che dice: "ai fini di dichiarare che non si applicano le disposizioni di favore per conseguire l'affittanza di alloggi a coloro i quali hanno subito provvedimenti esecutivi di sfratto causati da morosità o da gravi inadempienze contrattuali" mi trova d'accordo.
L'emendamento è formulato nel senso di aggiungere che non hanno diritto a partecipare all'accesso all'affittanza di alloggi coloro i quali non abbiano fatto opposizione alla citazione di risoluzione contrattuale avanzata dal conduttore In sede giudiziale "per i motivi suddetti", cioè a dire che non abbia fatto opposizione allorquando gli venga contestata la morosità e la risoluzione contrattuale grave. Letto così, potrebbe sembrare che colui il quale abbia fatto opposizione può rientrare; colui il quale abbia fatto opposizione e abbia vinto l'opposizione, è un di più che non ha senso, perché se mi viene contestata la morosità o l'inadempienza grave, io faccio opposizione e dimostro che non c'è né morosità né inadempienza grave, quindi con l'aggiunta "per i motivi suddetti" l'emendamento è superfluo. Se invece si tolgono le parole "per i motivi suddetti", il discorso cambia. Se ne era parlato in Commissione. Ai fini di evitare frodi o collusioni, colui il quale subisce l'esecuzione di sfratto e diventa sfrattando o sfrattato, per motivi diversi dalla morosità e dall'inadempienza grave, deve aver fatto opposizione. In questa maniera innanzitutto si premia solo ehi sia stato litigioso, che pur sapendo di aver torto, pur sapendo che la sua locazione è finita perché c'era la scadenza contrattuale (che è il caso normale), è costretto a fare opposizione.
Mi si dirà che sarà difeso dal SUNIA e non avrà onere di spese; per poi si va a fare un'opposizione normalmente priva di significato (perch quando lo sfratto si fonda sulla finita locazione, non so cosa si possa dire, o è finita o non è finita), comunque si deve fare opposizione e, in caso di soccombenza, si subisce un pesante carico di spese giudiziali che vanno da 1 milione e mezzo a 2 milioni. Se poi si mi dice che, se non si inserisce questa norma, sono facili le collusioni, mi pare che il discorso non sia valido perché, se il locatore e il conduttore si vogliono accordare al fini di procurare al conduttore un titolo di sfratto, allora il marchingegno della collusione può anche essere attuato col marchingegno del locatore, che inizia la procedura di risoluzione contrattuale, col conduttore che fa una opposizione di comodo e con il risultato finale che viene sfrattato. Capisco che, apparentemente, non c'è soluzione: mi duole di non essere stato in Commissione perché avrei potuto spiegarmi meglio.
Però, secondo me la collusione potrebbe essere superata prevedendo una pesante sanzione amministrativa e la decadenza dall'alloggio avuto in locazione. Potrebbe essere l'unico rimedio ipotizzabile. Non si tratterà di decine di migliaia di persone, saremo sempre nell'ordine delle centinaia di persone che faranno la domanda per ottenere l'accesso alla locazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, il problema che a fronte di una disponibilità di alloggi assegnabili, di gran lunga inferiore alla domanda (mentre le richieste sono circa 300 al mese, gli alloggi disponibili sono sotto 1100 perché, 100 si rendono liberi, ma 20 o 30 non vengono assegnati in quanto necessitano di opere di manutenzione), sono favorevole a limitare e a selezionare, in base al bisogno, anche l'assegnazione agli sfrattati.
Le osservazioni del collega Majorino non sono infondate; ci sono elementi di riscontro oggettivo nelle cose dette ed è per questo che inizialmente, avevo suggerito di effettuare una selezione attraverso la gravità dell'esecutività dello sfratto e di potersi riferire a provvedimenti di monitoria di primo, secondo e terzo grado, quello sarebbe il modo di agire più oggettivo e che lascia meno discrezionalità per eludere la legge e le sue finalità, che è quella di favorire i più svantaggiati.
Ripropongo, Assessore, di privilegiare di più chi è soggetto a provvedimenti di sfratto con alto titolo esecutivo quindi dalle monitorie in su anziché dagli sfratti esecutivi. Propongo di ripensare al criterio di selezione sia alla luce delle osservazioni fatte dal Consigliere Majorino che della proposta che riconfermo con maggiore convinzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI MI rendo conto che sarebbe interessante cercare di graduare le situazioni di necessità di coloro che sono in una delle tre ipotesi previste per la soluzione del rapporto locatizio. La legge prevede inadempienze contrattuali e la morosità: Qui siamo nell'ipotesi più ordinaria, definita locazione, e non è possibile individuare, neanche proceduralmente, un meccanismo, perché lo sfratto s'introduce con una citazione per convalida rispetto alla quale il convenuto non si costituisce. Non esiste una opposizione; il giudice verifica semplicemente che ci siano le condizioni previste dalla legge per convalidare un atto che è di parte cioè fatto dallo stesso proprietario.
Lo sfratto significa prendere atto che è maturato il tempo dello sfratto. Allora, come si può immaginare di trattare in un certo modo qualcuno che ha semplicemente preso atto che il Pretore ha registrato la scadenza del termine del contratto? E un comportamento del tutto lineare che non può essere interpretato in alcun modo con una situazione di particolare tranquillità.
Il discorso sarebbe diverso se potessimo introdurre delle questioni che attengono all'esecuzione dello sfratto, che è un'altra cosa; qualora immaginassimo di fare delle ipotesi, all'interno delle quali risulti che si può dedurre che il conduttore non ha mai avuto problemi nel trovare un'altra casa, ma non per lo sfratto.
Lo sfratto è la presa d'atto, da parte del giudice, della dichiarazione del proprietario che è scaduto il termine.
Quindi, è un meccanismo un po' barocco e un po' barbaro dal punto di vista della cultura giuridica.



PRESIDENTE

L'emendamento viene ritirato dall'Assessore Carletto.
Non essendovi altri interventi passiamo alla votazione dell'art. 1 per appello nominale.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 1. è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 6 è approvato.
Si proceda ora alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 37 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno n. 195 sulla giustizia civile in Piemonte (Iscrizione all'o.d.g. ai sensi art. 51, comma 5 del Regolamento consiliare)


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere l'ordine del giorno n. 195 sulla crisi della giustizia, firmato dal Presidente della Giunta Brizio, dal Presidente del Consiglio e dai due Vicepresidenti del Consiglio Grosso e Montabone.
Chi è favorevole all'iscrizione è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.
Su questo documento non è prevista discussione in quanto se ne conoscono i contenuti. Pongo quindi in votazione tale ordine del giorno il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte a seguito dell'assemblea aperta del 7 giugno 1991 sui problemi della giustizia civile in Piemonte a cui hanno partecipato rappresentanti del CSM, del Parlamento, della Magistratura, della Regione e degli enti locali piemontesi ribadito che il funzionamento della giustizia è un tema che attiene alle garanzie e alle libertà di tutti i cittadini e che l'esigenza di un corretto e spedito funzionamento non riguarda solo la giustizia penale al fine di garantire che i delitti siano puniti, ma anche quella civile perch la rapida risoluzione delle controversie tra cittadini costituisce condizione per la civile, pacifica convivenza preso atto che dalle relazioni e dal dibattito, che hanno evidenziato le notevoli difficoltà e il considerevole disagio in cui operano gli uffici giudiziari piemontesi, è emersa una situazione estremamente grave e preoccupante dal punto di vista organizzativo della giustizia civile nella nostra Regione, situazione derivante da carenze di organico e di supporti tecnico-infor-matici e, in .particolare: 43.000 cause a fronte di 25 giudici in servizio al Tribunale di Torino (numero destinato à ridursi a seguito di prossimi trasferimenti d'ufficio ad altre sedi piemontesi) con la previsione della conclusione delle cause attualmente perdenti solo alla fine di questo decennio, mentre affluiranno nuove cause (che aumentano del 15% all'anno), destinate ad essere esaurite in tempi ancora più lontani organico teorico sottodimensionato e inadeguato rispetto al reale fabbisogno organico reale molto al di sotto di quello teorico sia per quanto riguarda i magistrati che il personale amministrativo.
condividendo le richieste in tale sede formulate per l'individuazione di nuove misure di intervento ispirate ad una logica di flessibilità e di modernità ed a una adeguata razionalizzazione del lavoro, presupposto essenziale per il minor spreco e il miglior utilizzo delle energie disponibili, e cioè: rapido completamento degli organici e dei giudici e dei funzionari amministrativi miglioramento dei servizi anche attraverso il massiccio ricorso all'informatica revisione delle circoscrizioni territoriali; potenziamento dell'organico teorico politica di formazione del personale più adeguata chiede al Parlamento la rapida approvazione della legge sui giudici di pace al Governo di predisporre, all'interno di un auspicato e urgente programma per la giustizia nelle grandi aree metropolitane, un progetto, da definirsi di intesa tra i Ministeri interessati, per garantire la funzionalità degli uffici giudiziari attraverso l'elaborazione di un piano straordinario per il reclutamento di magistrati e l'assunzione di personale amministrativo e l'individuazione di nuove procedure per lo snellimento dei concorsi per l'accesso alla carriera giudiziaria ai parlamentari piemontesi di valutare la possibilità di fare decollare anche per Torino un 'progetto speciale', come già fatto per Milano; - al Consiglio Superiore della Magistratura di valutare l'opportunità di non attivare i trasferimenti di ufficio di magistrati se non in casi assolutamente indispensabili ai Comuni sede di Tribunale di mettere a disposizione, nell'ambito delle loro competenze e disponibilità, supporti tecnici e operativi si impegna a valutare insieme agli enti locali interessati la possibilità di avviare un'attività sistematica di raccolta di dati sul funzionamento della giustizia in Piemonte (osservatorio sulla giustizia) ".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 39 voti favorevoli e 2 astenuti.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Iscrizione all'o.d.g. della deliberazione n. 252: "Definizione delle tare massime e minime per i servizi di fognatura e depurazione a carico dei titolari di insediamenti produttivi"


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la deliberazione n. 252 Chi é favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sull'occupazione in Piemonte e ordini del giorno collegati (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sull'occupazione. E' iscritto a parlare il Consigliere Goglio. Ne ha facoltà.
GOGLIO Presidente e colleghi, quando qualcuno ha dichiarato apertamente che la "festa era finita" tutti gli hanno creduto. Un eccesso di ottimismo ha fatto sperare che, come in passato, anche questa volta il "sistema Italia" pur con le sue anomalie, fosse in grado di reggere la congiuntura favorevole e contenere i danni della crisi. Va anche aggiunto che l'avvertimento autorevole, al quale non si é dato il credito dovuto arrivava preceduto da una lunga serie di inascoltati appelli alla riflessione su un contesto economico che si stava deteriorando.
Il "sistema Italia" adesso, pur con le sue risorse sommerse o meno di fantasia e creatività, deve fare i conti, a stretto giro di tempo, con la ferrea logica di una concorrenza di sistemi economici e sociali che non hanno aspettato gli anni '90 per mettere a punto strategie atte a debellare e superare i vari momenti congiunturali negativi che tutti i Paesi hanno conosciuto e che conoscono. Paradossalmente, quando soffia la bufera, a risentire dei suoi effetti sono le Regioni come la nostra, a più elevato tasso di reddito e di potenziale economico, e doveva costituire un campanello d'allarme la constatazione che il sistema produttivo piemontese nel corso di un decennio, é stato fortemente Dal 1981 al 1989 il comparto industriale ha infatti perso 150.000 occupati che, sommati ai 51.000 per l'agricoltura, portano il saldo negativo a 200.000 unità. Né può indurci all'ottimismo la constatazione che in parallelo è cresciuto il settore dei servizi (quasi 140.000 addetti) perché questo ha soltanto parzialmente compensato le perdite di cui ho fatto cenno, riducendole a 65,000 unità.
Lo scenario che ci attende, senza andare troppo lontano nel tempo e nelle proiezioni, lo scenario cioè dei prossimi 10-15 anni non é certo migliore e non ci si illuda di poter invertire le tendenze in atto soltanto con qualche rattoppo temporaneo, con qualche iniezione di Cassa Integrazione, o con il supporto di occasioni di lavorò create in maniera fittizia. In gioco é l'avvenire del Piemonte e dell'intera area transalpina comprendente Svizzera e parte della Francia, che costituisce l'anello forte di congiunzione fra l'Italia e l'Europa. Sono in gioco dunque la credibilità della nostra Regione e lo sviluppo economico e sociale.
Ma quale sviluppo, quale società? Occorre allargare l'ottica al di là della dolorosa contingenza di cui discutiamo per avere alcune idee chiare attorno alle quali costruire con serietà il nostro immediato futuro. Con serenità, quindi, dobbiamo valutare alcuni elementi che stanno sotto gli occhi di tutti e questa realtà si presenta così; é in atto una innegabile congiuntura negativa dovuta a fattori internazionali e interni che sta mettendo a dura prova la capacità di tenuta del settore industriale produttivo.
La crisi che ha investito il settore metalmeccanico automobilistico dell'elettronica e dell'informatica trascina nella sua scia centinaia di operatori dell'indotto. Per contro tiene, anzi dà segni di sviluppo il settore del terziario e dei servizi, ancora al di sotto delle effettive potenzialità.
E' in atto un pesante processo di invecchiamento della popolazione in un altrettanto negativo trend demografico. Il Piemonte nell'arco dei prossimi 15-20 anni registrerà, secondo una recentissima ricerca della Fondazione Agnelli, il 34% in meno di popolazione tra lo 0 e i 14 anni diminuirà del 15% la popolazione fra i 15 e i64 anni, mentre aumenterà del 40% quella degli ultra sessantacinquenni. Una situazione del genere inciderà profondamente sul mercato dei servizi, dell'assistenza, delle nuove professionalità e quindi in parte non indifferente anche sul futuro mercato del lavoro.
D'altra parte, dobbiamo prendere atto che le donne occupate in Piemonte sono il 30% della popolazione femminile, contro la media nazionale del 24,5%, e che l'occupazione in generale in Piemonte, nonostante le difficoltà di cui tutti ci lamentiamo, supera il 41% del totale dei residenti, contro il 38% della media italiana, il 28% della Sicilia, il 26 dell'Abruzzo.
Va però ricordato che non é privo di significato il fatto che la spesa per la formazione professionale in Piemonte é pari a378 mila lire per allievo, contro le 402 mila lire della Lombardia e le 480 mila lire della media nazionale; lo dico per sottolineare un aspetto di serietà che va a totale merito delle nostre amministrazioni.
Non a caso ho toccato alcuni punti come la crisi, la demografia l'istruzione professionale perché questi sono i temi di riferimento con i quali dobbiamo fare i conti se vogliamo riequilibrare seriamente la situazione economica e sociale della nostra Regione. Ad essere pessimisti e la realtà non ci offre molte occasioni per non esserlo - lo scenario del prossimo ventennio vede il Piemonte alle prese con un'infinità di problemi sempre più difficili da risolvere, ma non é questo il futuro che vogliamo né per Torino né per il Piemonte, a patto di attivare una serie di meccanismi innovativi rispetto a quelli che siamo abituati a manovrare.
Alcune tendenze, per fortuna, sono già in atto, si tratta di approfondirne la portata.
Faccio mie le considerazioni contenute nel citato rapporto della Fondazione Agnelli. Se si vuole davvero rispondere - e non in modo burocratico - al cambiamento, quel che occorre inventare é una nuova e più estesa cultura metropolitana, quella cultura che già sta, dando risultati concreti in altre aree europee, come ad esempio Lione, che non si cita a caso. Questa cultura deve realizzare alcuni obiettivi prioritari, deve cioè fare in modo che gli anziani continuino ad essere parte della vita sociale così come devono essere protette le generazioni giovani a rischio, che le donne possano compiutamente e liberamente esprimere il loro duplice ruolo materno e lavorativo, che gli adulti non siano colti di sorpresa dai rapidi mutamenti tecnologici, dalle trasformazioni dei processi produttivi, che Torino diventi una città non periferica sia dal lato urbanistico che da quello delle infrastrutture e di comunicazione, che il Piemonte attivi, e presto, il programma di collegamenti rapidi con l'Europa, che la nostra Regione punti le sue carte ad esaltare le risorse che le sono peculiari e cioè l'eccellenza in campo industriale e tecnologico della ricerca di base e scientifica.
Tutto ciò presuppone uno sforzo mirato a qualificare i giovani che dovranno far parte delle forze lavoro e a riqualificare quanti rischiano l'espulsione dal mercato del lavoro poiché privi di qualificazione professionale. Questo é uno dei punti chiave dello sviluppo di Torino e della Regione. Alcuni dati: 362.000 occupati con titolo di studio elementare o senza alcun titolo di studio sono stati sostituiti negli anni '80 da 24.000 laureati, 165.000 diplomati e 108.000 persone con licenza di scuola media.
La ricomposizione strutturale delle attività produttive sia nel lavoro dipendente che in quello indipendente, che ha segnato un notevole tasso di crescita, e la scolarità della popolazione lavorativa hanno determinato un riassetto anche delle figure laureati in particolare per quanto concerne i laureati hanno segnato una crescita modesta le professioni dell'insegnamento, mentre all'opposto i tassi di incremento più ragguardevoli si sono avuti per le professioni gestionali e amministrative e quelle tecnico-scientifiche. Ciò significa che occorre mirare la qualificazione scolastica sia di livello medio che di livello superiore (servono ingegneri informatici e sempre meno specialisti in materie letterarie).
Non vi sono dubbi che nella prima parte degli anni '90 proseguirà a tassi sempre elevati la sostituzione di occupati a bassi livelli di scolarità con occupati maggiormente scolarizzati. Ne consegue che tutte le componenti responsabili del sistema regionale considerino come priorità assoluta l'investimento in scolarizzazione mirata e l'informazione professionale aumentandone sia i volumi sia la qualità e l'efficacia. Si profila, inoltre, l'esigenza di rivedere l'organizzazione del lavoro e la flessibilità del sistema.
Questa é una sfida culturale che deve tendere a reinventare il ruolo di Torino, come capitale regionale, a confermare il ruolo dell'area torinese e del distretto di Tecnocity, come polo tecnologico italiano, a rafforzare e meglio precisare il ruolo di Torino nel sistema metropolitano europeo, a Inventare il ruolo inedito di Torino, città internazionale, e del Piemonte regione competitiva all'inter-no dell'area transfrontaliera alpina.
Ciò richiede la convergenza di tutte le energie che operano sul territorio e di tutte le parti sociali; occorre passare dalla cultura dell'antagonismo alla cultura della collaborazione, perché le trasformazioni necessarie per assicurare un futuro alla regione richiedono interventi legislativi regionali e nazionali coraggiosi modificazione dei rapporti nell'ambito delle contrattazioni del lavoro e del sistema assistenziale e pensionistico.
Siamo l'unico Paese in Europa che rischia - come si legge ormai ogni giorno sui giornali - la bancarotta del proprio sistema previdenziale, ana cronistico ed antieconomico e, alla fine, penalizzante nei confronti degli utenti. Il Piemonte ha le carte in regola per confermare il ruolo di regione forte, per scongiurare un possibile declino che avrebbe riflessi negativi sull'intero sistema Italia. L'importante è rendersi conto che occorre voltare pagina con coraggio, perché i piccoli e vecchi rimedi di tamponamento non pagano più.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bresso. Ne ha facoltà.
BRESSO Questo dibattito è strano perché, su un tema che negli ultimi mesi ha preoccupato e sta preoccupando tutt'ora la popolazione piemontese, avviene in una specie di vuoto pneumatico, non solo come alcuni hanno fatto rilevare - nello stesso disinteresse dei colleghi Consiglieri, ma soprattutto nel più assoluto disinteresse delle forze sociali, come ad esempio il sindacato o i rappresentanti delle forze produttive. L'assenza completa di pubblico poi è significativa dello scarso interesse che il dibattito ha anche per la collettività piemontese.
E' evidente, quindi, che dobbiamo porci qualche questione, a cominciare da quanto ci siamo detti molte volte e che sta diventando assolutamente determinante per il Piemonte in maniera specifica, relativamente alla competenza in materia di politica industriale.
Per una regione come il Piemonte, per le ragioni che dirò fra poco, la competenza in materia di politica industriale è determinante al punto da giustificare decisioni forti e gravi da parte di questo Consiglio nel rivendicarla a livello nazionale.
Dai dati che tutti conosciamo, su cui non mi soffermo perché molti colleghi li hanno già richiamati, lo ha fatto lo stesso Assessore questa mattina, il Piemonte è ed è rimasto in questi anni una regione con una caratterizzazione forte di tipo industriale. E' quindi una regione in cui una politica di rilancio dell'economia e dell'occupazione non può in nessun modo prescindere dal peso che il settore industriale ha nell'economia stessa. Forse, in altre situazioni è possibile, anche a partire da competenze limitate in materia industriale, ma rilevanti in altri settori economici, avere un peso negli orientamenti della politica economica; ci non è possibile in Piemonte. Facciamo quindi un dibattito che ci vede costretti a segnalare una volta di più una situazione, una sensazione, ma anche una realtà di impotenza.
D'altronde, credo che, così com'è oggi la situazione produttiva del Piemonte, la possibilità che ci siano inversioni consistenti di tendenza in campo industriale, sul piano occupazionale, sia assai modesta. I settori trainanti dell'economia piemontese, pur se hanno conosciuto, negli anni più recenti, ristrutturazioni profonde ed importanti, che hanno loro consentito di mantenersi competitivi nel mondo industriale, anche a livello mondiale hanno necessariamente conosciuto forti contenimenti e continui ridimensionamenti occupazionali con successive riprese economiche; quindi anche occupazionali, ma certamente modeste perché ormai in campo industriale, per avere una ripresa occupazionale, occorre avere una maggiore ripresa dell'attività produttiva che in questi settori e nei prossimi anni non è probabilmente immaginabile.
Abbiamo - e lo rilevava anche la collega Segre - una serie di settori di attività produttive meno rilevanti, ma non insignificanti sul piano del peso occupazionale, oggetto di grossi problemi dal punto di vista ambientale. Pensiamo, ad esempio, al settore dell'amianto che, con la legge che è in corso di approvazione in Parlamento, porrà, nei prossimi anni, il settore dell'amianto, dall'estrazione a tutte le attività ad esso collegate, in una situazione di liquidazione con conseguenze occupazionali non enormi, ma certo rilevanti in alcune aree della regione.
Lo stesso discorso vale per le attività chimiche - ne è un caso la vicenda ACNA di cui abbiamo parlato - e per diversi settori legati a rilevanti problemi di carattere ambientale.
E' evidente che la ragione per cui non avviene la saldatura occupazionale, il rilancio delle potenzialità occupazionali in Piemonte, è legata ad una debolezza ben nota del settore terziario, nonch dell'industria minore nella nostra regione.
Sono questi i due settori in cui, negli anni passati, in Italia, si sono maggiormente creati posti di lavoro.
E partendo da questa realtà che dobbiamo ragionare se vogliamo creare delle condizioni almeno in termini di conoscenza, perché non abbiamo poteri reali di intervento.
I poteri reali di intervento, pero, ci servirebbero nei prossimi anni perché il Piemonte rientra certamente fra le regioni d'Italia che hanno maggiori possibilità di rilancio economico, a seguito dell'integrazione europea.
A partire dal 1993, se il Piemonte saprà muoversi bene, potrà certamente fruire più di tutti gli altri di condizioni di integrazione particolarmente favorevoli e significative. Affinché queste condizioni possano tradursi non solo in una maggiore efficienza e competitività per i settori produttivi industriali, ma in condizioni di maggiori potenzialità per il settore terziario e per le attività industriali minori, occorre che la Regione abbia competenze piene in materia di politica industriale ed economica.
Credo quindi sia questo il nodo del problema, al di là delle singole considerazioni e contributi che possiamo portare, che il Piemonte deve affrontare. Dovremmo considerare seriamente alcune questioni poste dalla collega Segre e dai nostri due Gruppi con una deliberazione che mi auguro riesca ad arrivare prima o poi in discussione in questo Consiglio ( all'ordine del giorno ormai da diverse riunioni). E quella relativa ad una specifica indagine sulla necessità della riconversione ecologica di molte attività produttive piemontesi.
Ci sarebbero prospettive interessanti su questa questione se potessimo oltre che conoscere, anche avviare alcune politiche in questa materia. Non c'è dubbio che per una politica di aiuto allo sviluppo, che accetti il vincolo, posto dalla stessa ONU, di avviare politiche di sviluppo sostenibile, di rapporti, anche di trasferimenti di tecnologia e di impianti e macchinari verso sud, che configurino però un modello di sviluppo sostenibile, per la riconversione dei settori produttivi, quindi per la possibilità di trasferire tecnologie pulite, contano di più le regioni d'Italia e d'Europa che hanno un maggiore potenziale industriale.
Ci sono in particolare alcuni settori produttivi piemontesi che potrebbero fare molto a livello mondiale e a livello di politica di aiuto allo sviluppo, per definire settori e comparti produttivi di attività sostenibili.
Molte cose si potrebbero fare; il problema é riuscire a trasformare delle suggestioni teoriche; magari anche con un lavoro istruttorio che riusciremo a fare con la Commissione di indagine, in una politica concreta.
Quali strumenti possiamo adottare per avviare la riconversione ecologica del nostro apparato produttivo e per avviare le nostre attività industriali su un sentiero di sviluppo e su una costruzione di innovazione ambientalmente sostenibile, quindi vendibile all'estero. Per esempio, ci sono sempre più vincoli alle nostre esportazioni, legati alla scarsa compatibilità ambientale di ciò che esportiamo, compresi i nostri prodotti industriali, i nostri beni di consumo di massa, che sono ad elevato consumo energetico, che sono nel caso dell'auto, ancora molto fragili sul piano della minimizzazione dei danni ambientali, e così via.
Dovremmo proporci di "approfittare" della difficile situazione della struttura produttiva, in particolare di quella industriale piemontese, per iniziare a spostare l'obiettivo centrale nell'ambito dei processi di riconversione futuri su un sentiero di sviluppo sostenibile.
In primo luogo, relativamente a tale obiettivo, dobbiamo iniziare a muoverci "sul serio", per appropriarci del diritto di gestire la politica economica-industriale.
Relativamente alle nostre assemblee, il problema dell'occupazione e delle attività produttive piemontesi é diventato più di tipo istituzionale che di politica del lavoro o, anche, di politica industriale. Infatti formalmente abbiamo ben due "mezzi" Assessori all'industria che, non avendo alcuna competenza, in realtà non contano nulla.
Il problema é di tipo istituzionale; probabilmente, la situazione relativa all'occupazione e all'attività produttiva piemontese dovrebbe essere affrontata nel dibattito, che spero prima o poi faremo, sulle questioni istituzionali.
Credo sia questa la questione centrale, su cui dovremmo trovare l'unità delle forze politiche in quest'assemblea. Al di là delle ricette di ognuno rimane da stabilire come dar gambe alle varie soluzioni. Diversamente, non faremmo che ripetere, ogni tre/quattro mesi, scorati dibattiti sulla questione occupazionale, chiedendoci come muoversi in merito.
Peraltro, in un dibattito sull'occupazione, sarebbe stato interessante sentire quali eventuali iniziative, o momenti di studio, siano stati avviati da parte degli Assessori "economici". Mi pare insensato che in un dibattito sui problema occupazionali in Piemonte siano stati presenti per tempi più o meno lunghi, gli Assessori al lavoro e all'industria; ma non si siano presentati né l'Assessore all'agricoltura né l'Assessore al turismo e alle attività commerciali né Assessori di settori che concretamente dovrebbero essere portanti di eventuali prospettive occupazionali. Senza un confronto con gli Assessori che gestiscono in concreto le varie politiche il dibattito consiliare si trasforma in esercizio di pura retorica.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Presidente e colleghi Consiglieri, il dibattito ha evidenziato alcune questioni che ci pareva necessario mettere in evidenza. Mi pare che l'Assessore abbia registrato l'apprezzamento del Consiglio non solo sulla relazione svolta, ma anche sugli interventi proposti - e tralascio possibili aggettivi - pur con minimi poteri e proprie funzioni, in termini di rimedio alla questione occupazionale.
Bisognerebbe, Presidente, far presente alla Giunta che vi sono dibattiti fra due persone, "tribattiti" fra tre, e monologhi.



PRESIDENTE

Mi permetta, Consigliere Marchini, oggi sono troppo delusa dall'andamento del dibattito per dire qualcosa a chiunque.
MARCHINI Personalmente, non rimprovero mai nessuno: la politica non un'attività che può essere insegnata. Se non si é ascoltati, o non si ascolta, vi sono delle ragioni: o non si sa interessare o non si interessati. E' grave sia che l'Assessore non sia interessato sia che i Consiglieri non riescano ad interessare. L'impostazione del dibattito rivela che la Giunta non é interessata al problema. L'unica persona cui pare prema il problema é l'Assessore.
La relazione sull'occupazione ha il limite di essere inerente all'attività di patronato svolta dalla Regione rispetto ai problemi occupazionali, non é la relazione di una Giunta che regge un'istituzione che ha responsabilità di governo della prima area industriale e produttiva nel nostro Paese. Il documento, apprezzabile come rapporto di un patronato assolutamente inaccettabile come relazione complessiva in termini di governo della Giunta. Una cosa é la comunicazione, ma il dibattito lo si fa quando vi sono le condizioni per cui, al termine della discussione, si possa avviare un processo, i cui elementi devono essere individuati nella relazione della Giunta. A questo punto, nasce l'interesse dei Consiglieri a misurarsi sulle questioni poste, e quello della Giunta per sapere in che misura i propri elementi di indicazione sono stati compresi, accettati oppure non condivisi dal Consiglio: quindi si costruisce il dibattito.
Questa relazione é pregevole, anche commovente, vista l'attenzione dell'Assessorato e della Regione a questo tipo di problemi umanamente drammatici, ma é priva di elementi politici.
Sono convinto che sia giusto che le Regioni non abbiano competenza in materia industriale, ci mancherebbe!.
In vista dell'integrazione europea, lamentiamo che Cresson rivendichi l'esigenza di tutelare la produzione francese e lo consideriamo questo un segnale di poco europeismo, e contemporaneamente, chiediamo il riconoscimento alle nostre Regioni, compresa naturalmente la Lucania, di poteri in materia industriale.
Signor Presidente e Assessori presenti, in realtà abbiamo moltissimi poteri in materia industriale, ma non sono scritti alla voce "industria" ma sono scritti sotto 1a parola "Regione".
Il problema occupazionale é la conseguenza di un processo rispetto al quale, nell'immediato, non si può fare niente. Occorre tentare di capire se ci si sta muovendo per evitare che determinati processi - e questa politica - che ci aspettano dietro l'angolo siano per quanto possibile positivi, se non positivi almeno di segno uguale e se saranno negativi lo siano il meno possibile. Mi rendo conto che le forze politiche più attente a questi problemi potranno considerare la mia affermazione un po' provocatoria. E' un dato drammatico, ma sempre un fatto fisiologico.
Il collega Tapparo osservava che i nostri nuovi modelli nasceranno fra due anni, e che siamo già in ritardo di due, ma anche la Renault era indietro di sei anni, anche la Ford era indietro di sei e poi ha superato la FIAT. La fisiologia non é l'identità; evidentemente i processi di concorrenza e di innovazione si sovrappongono gli uni agli altri. Non c'è mai coincidenza, non é che arrivino 25 nuovi modelli nel 1985 ed altri 25 nel 1990.
Paradossalmente, alcune difficoltà strutturali ed anche contingenti troveranno - lo dico da liberale - all'interno dei processi economici aziendali la propria soluzione. Quello di cui ci dobbiamo preoccupare come politici, é capire se il quadro di riferimento generale all'interno del quale si muove il mondo produttivo sia negativo o positivo e quali responsabilità abbiano le istituzioni e, in ispecie, quali responsabilità la Regione. E' sicuro allora che il nostro sistema produttivo è penalizzato, e ne consegue evidentemente il problema occupazionale da una serie di vincoli esterni che, quando sono di livello nazionale, vengono riconosciuti, quindi, debito pubblico che comporta un alto costo del denaro perché gli imprenditori si vedono fare la concorrenza dai percettori dei BOT; il tutto è aggravato dall'inflazione che fa aumentare il costo del debito pubblico. Si devono poi scaricare; non sui cittadini, ma sul sistema produttivo forti costi sociali - questo bisogna dirlo. L'alto costo del lavoro vuol dire semplicemente che alcuni costi, anziché sui cittadini, si fanno pesare sul sistema produttivo. E' pur vero che alcuni oneri vengono pagati dal lavoratore e dall'impresa, ma vengono pagati solo dal lavoratore, cioè da chi fa parte del sistema produttivo, e non dagli altri.
Questi sono i limiti che a grandi linee si riconosce esistere a livello nazionale e siamo sempre tutti disponibili a denunciare lo stato di inadempienza. Dobbiamo però chiederci se noi, come Regione stiamo facendo quanto dobbiamo fare per consentire alla nostra Regione di vedere il prosieguo della sua tradizione industriale.
Sono d'accordo con chi diceva che era una sciocchezza cominciare adire che era finita finalmente Pera industriale e anche post-industriale (che tra l'altro non esiste, perché esiste quella industriale avanzata) dopodiché ci sarebbe stato un periodo d'oro in cui non si sarebbe più prodotto nulla e si sarebbe fatto tutto col computer. Mi sembra paradossale questa immagine del Piemonte. La nostra è una Regione legata per tradizione al sistema produttivo.
Noi dobbiamo chiederci che cosa sta facendo la Giunta per garantire che il sistema produttivo nel Piemonte abbia le condizioni migliori rispetto alle altre Regioni.
Che cosa è emerso dal dibattito? Che è esattamente il contrario. Noi registriamo che altre aree - si è cominciato parlando della Valle d'Aosta ma si è accennato a Lione e si può accennare a Ginevra - offrono di più.
Noi dobbiamo capire sulla nostra Regione è in grado di offrire di più. Di più a che cosa? A un'azienda? No, a un sistema.
Abbiamo già detto in altre occasioni (è una cosa alla quale sono particolarmente affezionato, è il mio amore di questa legislatura, tanto per chiarirci) che dobbiamo cercare di far fare a tutti noi, io per primo un salto nella moderna cultura del territorio e del sistema industriale che non è più quello che abbiamo perseguito. Lo diceva giustamente qualcuno stamani. Parlare di area industriale non significa più recintare un pezzo di terreno non produttivo, perché non serve a niente, e quindi li localizzare l'area industriale, che non serve a niente e che nessuno usa.
Adesso si parla di sistema, all'interno del quale la moderna imprenditoria si può sviluppare, signor Presidente del Consiglio. Mi richiamo a lei, perché lei presiede la Commissione per gli adempimenti istituzionali attuativi della Legge 142. Il collega Goglio ha introdotto il concetto di metropolitanità; questo è il nocciolo. Noi ci dobbiamo chiedere come possa andare avanti un sistema imprenditoriale nella nostra Regione quando questa è caratterizzata dalla presenza dei più gravi handicap che qualunque area produttiva conosca in Piemonte. Dell'autostrada per Savona non siamo riusciti a fare il raddoppio; la Voltri - Sempione non so bene dove finisca, forse finisce nel giardino di Nicolazzi, non l'ho ancora capito, ma sicuramente non finisce al Sempione; l'autostrada della Valle di Susa ci abbiamo messo 15 anni a farla, quando per fare la ferrovia da Susa a Modane ci hanno messo un anno; non sto parlando di una strada, bensì di una ferrovia che passa a 2.000 metri di quota.
Per quanto riguarda l'energia abbiamo mandato a Patrasso il polo tecnologico di Saluggia e Trino; si può essere d'accordo a non fare una centrale nucleare, ma non si può disperdere quel tanto di modernità culturale che si era insediato attorno a queste iniziative. Eppure queste cose è meglio ignorarle. Si dirà che si fa questo soltanto sul piano dell'energia nucleare, perché c'è stato il referendum. Non è così. Io potrei, per esempio, chiedere alla Giunta che fine ha fatto il progetto di razionalizzazione del sistema del Gesso, non c'entra niente l'energia nucleare, si tratta soltanto di autorizzare l'Enel a fare un'opera che aspetta da 15 anni.
Dobbiamo guardare alla nostra memoria storica e ricordare, per esempio che nel lontanissimo 1862 è stato fondato a Torino il Regio Museo industriale e ancor prima, nel 1859, è stata fondata la Scuola d'applicazione per gli ingegneri, copiando dai modelli europei. Questo perché ci si era resi conto che per trasformare una città e una Regione già sede di una dinastia e regno, bisognava guardare alla modernità. Come possiamo quindi competere in termini di prospettiva con le grandi aree che saranno concorrenti rispetto al modello produttivo se continuiamo a coltivare la cultura del campanile e non quella della metropoli, e la cultura dell'intervento occasionale e non la cultura del sistema? Dopodich arriviamo a immaginare il nostro sistema industriale. Sarà bene ricordare che la Fiat è al terzo posto tra le imprese europee, la prima in quelle manifatturiere (davanti ci sono la BP e la Shell). Quindi, come possiamo immaginare che la più grande società manifatturiera d'Europa possa trovare il suo habitat di servizi, di qualità della vita, di ricerca, di formazione, di strumenti di terziario avanzato all'interno della cinta daziaria di Torino? Dobbiamo essere coerenti, cari amici, quando diciamo che l'imprenditoria torinese ha bisogno di svilupparsi nella continuità.
Ricordiamo che il TGV di Lione non è stato pensato dallo Stato, dalla SNCF (Société Nationale des Chemins de Fer Francaise), che è l'equivalente delle nostre Ferrovie dello Stato, ma è stato pensato dagli imprenditori e dai cittadini di Lione che si sono resi conto che se venivano tagliati fuori dal sistema di grande velocizzazione internazionale, quella diventava un'area di serie B. I depliant che qualcuno di voi avrà letto, non li ha stampati lo Stato, ma gli imprenditori e le istituzioni mettendo i soldi alla mano.
La nostra Regione non si sogna nemmeno di chiedere le Olimpiadi, quando invece le chiede una Regione come la Savoia, che ha 320.000 abitanti, ma ha addirittura 330.000 posti letto per il turismo. Qualcuno pensa che le Olimpiadi non interessano perché la nostra è una realtà non turistica, ma industriale, piccola e media. Bisogna invece avere la consapevolezza che occorre realizzare delle aree di grande appetibilità rispetto agli insediamenti del futuro. Noi dobbiamo costruire queste condizioni soprattutto con gli strumenti regionali: la programmazione territoriale, la programmazione delle risorse che attengono all'energia, la programmazione dell'ambiente.
Il sistema industriale del futuro girerà intorno alle aree calde, che saranno quelle che metteranno a disposizione delle imprese il massimo di servizi e di efficienza. Come potrà quindi una società del Lionese venire in Piemonte, quando non riusciamo a realizzare una discarica per rifiuti industriali, perché qualunque discarica trova sempre le istituzioni disposte a dire che non va bene? Lo abbiamo visto In quest'aula.
L'Assessore Cerchio è commovente, i funzionari sono bravissimi continuiamo quest'opera di sindacato a favore di queste categorie, ma quanti disoccupati avremo e non avremo nel tempo che dipende da noi politici? Dipende dalla capacità con cui riusciremo a governare i grandi processi territoriali. Saranno dei grandi processi di ordine territoriale di ricerca, quindi Università, di formazione professionale, garanzie di risorse energetiche adeguate, garanzie di un sistema di smaltimento di rifiuti, garanzie di collegamenti internazionali. Sarà su questo che noi verremo misurati nell'aver saputo costruire, come i nostri nonni, le condizioni culturali per il nuovo processo. La classe politica verrà giudicata su questo. Se il Piemonte diventerà una Regione di serie B (questo è il vero problema) lo diventerà non in conseguenza dell'attività dell'Assessore Cerchio, ma della capacità della classe dirigente torinese e piemontese di misurarsi con questi problemi.
Comincio ad avere l'impressione che non ci sia grande attenzione rispetto a tali questioni. Per esempio, il dibattito sull'occupazione avrebbe dovuto vedere la Giunta fare una comunicazione su Itaca.
La Francia ha 35 poli tecnologici, che sono dei centri di ricerca, come era la Società degli ingegneri torinesi, il cui mandato è quello di porre in essere dei sistemi produttivi a valle della ricerca: la Società degli ingegneri prevedeva appunto l'esigenza che l'ingegnere fosse capace di pilotare processi di produzione, non di essere solo un tecnico.
Se non vado errato. Itaca è un'idea di questo genere: sarà Itaca, o qualcosa del genere, che determinerà il collocarsi sul nostro territorio di un sistema industriale successivo a quello in cui viviamo. Su questo non ci è stato detto molto. Vorremmo sapere, per esempio, se SITO, pensata come una società in grado di razionalizzare il sistema dei trasporti internazionali e soprattutto la loro fermata su Torino, ha prodotto una domanda di localizzazione produttiva a livello internazionale oppure se è soltanto una finanziaria che investe e costruisce blocchi di cemento.
Dobbiamo capire se strategicamente la Regione sa muoversi in modo adeguato.
Bisogna capire se Finpiemonte lavora in termini strategici o soltanto di concorso In operazioni che forse potrebbero fare altri.
Assessore, dobbiamo dircelo tutti, soprattutto un liberale lo deve dire. Quando si dice che bisogna dare dei soldi a qualcuno per l'innovazione, bisogna dire che si danno quei soldi per comprare il fuoristrada. L'innovazione è una voce dell'impresa come la promozione e se un'impresa non sta sul mercato, se non ha la dimensione finanziaria necessaria, molto probabilmente i finanziamenti regionali vengono utilizzati in termini residuali. Nessuno può immaginare che un'azienda rimarrà sul mercato in termini di competitività, sia sul piano della promozione, sia sul piano dell'innovazione, perché ha avuto il contributo della Regione: ma non facciamo ridere! Il contributo probabilmente è servito al massimo per pagare l'IVA del processo di innovazione. Sono i progetti di carattere generale sui quali abbiamo poca capacità di capire.
Avremmo bisogno di sapere, per esempio, se Finpiemonte sta lavorando non solo per essere socio di una miriade di società per le aree attrezzate, le quali hanno dimostrato il loro limite, perché sono fuori dal contesto del sistema socio economico - culturale, che é la premessa di un moderno sistema industriale.
Mi rendo conto di aver utilizzato più tempo del dovuto. Signor Presidente, io rimango affezionato a queste questioni! Non facciamoci condizionare, come classe regionale, che ha come funzione la programmazione ed ha il dovere di guardare lontano nelle proprie decisioni, dall'ottica di chi invece ha il dovere di guardare nell'immediato, mi riferisco ai torinesi che amministrano il Comune, rispetto alle decisioni strategiche.
Non voglio entrare in polemica con alcuni atti che la Giunta ha già assunto, ma vi prego di rimeditarli e di rileggerli tutti con questa preoccupazione. La Regione non deve guardare all'oggi, non deve registrare deve produrre e proiettarsi. E' l'amministratore che guarda all'oggi; chi fa politica guarda lontano e più lontano guarda meglio svolge il suo compito.
In un dibattito di questo genere la Regione non dovrebbe incominciare a chiedersi, sul piano della programmazione, della politica territoriale della politica urbanistica, della programmazione in senso più ampio e nell'indicazione dell'area metropolitana, come grande scenario di programmazione, nel momento in cui scopre che é sicuramente in consonanza con i torinesi che fanno gli amministratori, perché é separata dal mondo scientifico? La responsabilità di questa affermazione se l'è assunta il dirigente del nostro Centro di ricerche, ma analoghe affermazioni vengono dal mondo della produzione. La lettera di Tecnocity l'abbiamo letta. Stiamo parlando di politica industriale per un polo tecnologico, che esiste in Piemonte che é Tecnocity, che si cerca di far decollare, e l'unica cosa che riusciamo ad immaginare è di far sì che questo polo sia in due province diverse. Questa é la nostra capacità di immaginare il futuro. Non solo, con la riserva da parte di qualcuno che dice: "Dividiamo, però ognuno avrà il suo polo", il polo di Agnelli da una parte, il polo di De Benedetti dall'altra e tutti e due avranno una loro provincia ed i loro uscieri.
Questa è la dimostrazione, secondo me, cari amici, che qualche volta ci facciamo condizionare (é per questo che la Regione non decolla), qualche volta da chi é sopra di noi e qualche volta da chi é sotto di noi. Nella specie, ho l'impressione che ci facciamo condizionare da quelli sotto di noi.
Invece di rivendicare ruoli, invece di rivendicare funzioni, invece di rivendicare risorse, esercitiamo in pieno, in assoluta consapevolezza e libertà di giudizio quelle che sono le nostre competenze!



PRESIDENTE

Chiede ora la parola il Consigliere Vaglio. Ne ha facoltà. Pregherei i Consiglieri di stare nei tempi stabiliti.
VAGLIO Limiterò il mio intervento ad un argomento specifico, perché rilevo che i colleghi che sono intervenuti prima di me hanno avuto molta cura nell'evidenziare tutte le possibili cause della crisi, gli effetti sulla nostra occupazione e le ipotesi sul futuro.
A nome della Lega invece voglio intervenire per sottolineare la situazione occupazionale nelle vallate alpine. In particolare vorrei riferirmi alla situazione del Pinerolese e delle Valli di Susa, Sangone e dell'Ossola, che contano diminuzioni dei posti di lavoro negli ultimi anni di alcune decine di migliaia di unità.
Mi pare di capire che i dati illustrati dall'Assessore Cerchio non evidenzino una diminuzione così drastica e generalizzata dell'industria nel territorio piemontese. Esistono ovviamente dei problemi di settore, e sono stati debitamente descritti, ma nel caso delle vallate alpine non é la crisi di settore l'imputato principale, ma una deindustrializzazione generalizzata e trasversale rispetto ai settori.
Nell'immediato non si prevedono inversioni di tendenza o per lo meno non si rilevano. Le iniziative tardano a venire e la programmazione resta spesso una mera dichiarazione di intenti.
Non solo le industrie nelle nostre vallate mancano di finanziamenti o di incentivi agli investimenti, ma spesso si deve rilevare che mancano addirittura i servizi essenziali che consentano agli imprenditori di ristrutturare per modernizzare impianti già esistenti e quindi di permettere la sopravvivenza dell'industrIa o comunque delle attività nelle valli.
Questo argomento é già stato oggetto di interrogazioni e sarà oggetto di altre interrogazioni da parte del mio Gruppo.
Nell'ambito della crisi industriale in Piemonte la montagna é un'area sicuramente debole ed é un indice molto allarmante di questa preoccupante tendenza. La Regione - lo ricordava già Marchini - non ha molte competenze ed ha risorse più scarse nella politica industriale.
Mi sembra però di dover rilevare nell'azione della Giunta una scarsa volontà o per lo meno una non dichiarata intenzione di considerare l'intervento nelle aree montane come prioritario. Questo intervento vuole essere quindi principalmente un invitò a non disperdere le risorse.
La III Commissione questa mattina ha esaminato la deliberazione per l'istituzione del Fondo straordinario per l'occupazione, ma, tra i criteri per l'ammissione ai contributi, non ho individuato elementi che favoriscano l'industria valligiana.
Non dimentichiamo che, al contrario, in Francia, particolarmente in Savoia, le iniziative a favore delle aree industriali montane non mancano e ci risulta che gli imprenditori piemontesi stiano valutando con grande interesse la possibilità di trasferire attività e investimenti oltralpe penalizzando nuovamente la nostra regione.
Noi riteniamo che a questi appuntamenti sull'occupazione, in particolare per la montagna, non possiamo mancare se non vogliamo che la realtà produttiva piemontese sia definitivamente emarginata dal contesto europeo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera.
Ne ha facoltà.
ZACCHERA Signor Presidente e colleghi, quando nell'autunno scorso si avviò, a livello di III Commissione, un dibattito sull'occupazione, io sostenevo che si era persa una giornata, nel senso che un dibattito sulla situazione occupazionale rischiava di arrivare fuori tempo, fuori termine, con dati non sufficientemente precisi e, in definitiva, diventava un'accademia nella quale ciascuno doveva esprimere la propria opinione, ma senza apportare degli elementi sostanziali al dibattito stesso. Una parte di questi timori reverenziali, in cui inserivo anche un certo "dovere" della Giunta nei confronti dell'opposizione di sinistra di fare assolutamente un dibattito sull'occupazione, perché "faceva fino" parlare di questo problema; una parte, dicevo, di questi timori sono stati superati. Sono stati superati in quanto ho apprezzato molto la relazione dell'Assessore perché, per la prima volta, mi ha dato un'immagine sufficientemente concisa, ma informativa della situazione delle diverse leggi regionali esistenti nel campo, non tanto sull'occupazione; quanto sull'incentivazione aziendale.
Si tratta di una relazione operativa e utile per capire anche il funzionamento dei meccanismi, quindi ringrazio l'Assessore per il lavoro svolto.
Non sono invece del tutto d'accordo su alcune frasi nella parte introduttiva della relazione in quanto alcune situazioni sono parzialmente superate dai fatti e soprattutto sottolineano come dal punto di vista imprenditoriale ci sia ben poca attenzione nei riguardi della Regione Piemonte di cui, forse anche comprensibilmente; non si tiene conto in quanto le politiche industriali a questo punto seguono un loro percorso e si occupano il meno possibile di avere rapporti con le strutture pubbliche che sono quasi sopportate. Un caso eclatante lo abbiamo avuto (allora l'Assessore Cerchio era assente per motivi di salute) quando due giorni prima che l'Olivetti mettesse in Cassa Integrazione quell'enorme quantità di dipendenti, i suoi rappresentanti erano venuti a dirci in Commissione che esistevano dei problemi, ma che, bene o male, non c'erano delle grandi novità. Invece, 48 ore dopo, é successo il finimondo. Questo é un esempio della ben scarsa presa in considerazione nei confronti della Regione.
Comunque questa relazione é utile e a questo punto avrei terminato il mio intervento in quanto ritengo che non sia tanto occasione di dibattito quella di oggi quanto di presa di conoscenza; si dibatte quando qualcuno contrappone qualcosa a quello che gli viene detto, ma non é questa la sede.
Direi quindi che é opportuno prendere atto di quello che ci viene detto e farne tesoro; non é il caso in un dibattito pubblico sollecitare eventualmente l'Assessorato ad assumere iniziative specifiche.
Vorrei invece fissare, forse non é questa la sede, alcuni punti di riflessione. Innanzitutto chiedo a11 Assessore di coordinare, e magari di farci avere informalmente una relazione, un giudizio sereno su quelli che sono gli enti pararegionali Abbiamo discusso nella scorsa seduta della società Promark, ma ne abbiamo altre in discussione oggi Quali sono i rapporti sussistenti tra la Regione e i suoi enti strumentali? Come si vogliono far funzionare gli enti strumentali nell'ottica dello sviluppo occupazionale generale della Regione (visto che oggi parliamo di questo)? Questo é il primo appunto.
In secondo luogo chiedo un giudizio, e quali siano quindi eventuali correzioni o miglioramenti della Regione nei riguardi di alcuni progetti.
Io continuo a nutrire molte perplessità sul progetto Itaca, anche se nato nella mia zona. Sento parlare di questo progetto da cinque anni, ma non solo non é decollato, ma non ne vedo neanche determinate possibilità operative. Vorrei sapere quali sono i tempi concreti di intervento con Itaca e a che cosa specificatamente e in definitiva si tende ad arrivare.
Dobbiamo avere una tabella dei tempi, dei compiti, dei risultati che si vogliono ottenere, altrimenti si spendono anche centinaia di milioni non ottenendo risultati concreti. In definitiva sottolineerei come purtroppo la Regione Piemonte non riesca ad intervenire sul mercato dell'occupazione con provvedimenti particolarmente incisivi e questo in sostanza per una difficoltà di carattere finanziario drammatica.
L'ultimo aspetto che vorrei sottolineare - e pregherei l'Assessore di prenderne nota - riguarda il discorso della conoscenza. Temo che, salvo qualcuno che é bene a conoscenza dei meccanismi delle leggi regionali, la gran parte degli imprenditori, soprattutto i medi e i piccoli, non sono ancora in grado di conoscere i meccanismi delle leggi, quindi occorre trovare un sistema semplice per comunicare queste possibilità, legando la concessione o meno dei finanziamenti che, come diceva il Consigliere Marchini, spesso per l'im-presa sono soltanto un piccolo aiuto, sicuramente non sono rilevanti dal punto di vista finanziario, sono tuttavia l'elemento decisivo che fa propendere per un rinnovamento, per un investimento.
Occorre però anche verificare i tempi, perché ritengo che in questo settore essenziale la velocità di esame delle domande e di eventuali concessioni di contributi siano molto lunghi, vanificando quelli che sono gli scopi della legge, che non viene sufficientemente poi utilizzata anche perch l'imprenditore, specie se é piccolo, non se la sente di aprire una pratica che finisce dopo mesi o anni, senza avere un'utilità precisa.
Sono a conoscenza che trimestralmente giungono le relazioni sulla congiuntura della Confindustria e di altre associazioni di imprenditori sarebbe interessante, senza avviare un dibattito in Consiglio regionale che almeno ogni sei mesi l'Assessore ci desse una relazione sulla base di questa...
CERCHIO, Assessore al lavoro Trimestralmente vi arriva ZACCHERA Mi è sfuggito, mi scusi, comunque controllerò perché mi interessa seguirle in modo da avere un aggiornamento continuo sulla situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Questa mattina, quando é intervenuto il Consigliere Chiezzi, la sua citazione di Carlo Marx ha suscitato qualche sorrisino, ma in realtà mi sembra che nessuno sia riuscito, a contestare l'affermazione per cui sia il lavoro sia il non lavoro possono essere fonte di danno alle persone e all'ambiente, danno alla salute individuale e collettiva.
Prima di affrontare un discorso più generale sulla relazione dell'Assessore Cerchio, vorrei rammentare come già la lettura di un documento che ci è pervenuto alcune settimane fa, quello relativo all'Os servatorio sui problemi degli infortuni nei luoghi di lavoro, evidenzi che i dati sono in progressivo miglioramento nel senso che sarebbero in fase di diminuzione i morti è le invalidità permanenti. In realtà, se confrontiamo i dati del 1988 con quelli del 1987 (sempre riportati in quella relazione) osserviamo una preoccupante ripresa del numero degli infortuni denunciati e delle invalidità, in particolare delle invalidità temporanee, inoltre osserviamo anche la cessazione del trend di diminuzione delle morti negli ultimi due anni, a cui fa riferimento quella relazione. Ci interesserebbe allora sapere anche quali sono i dati successivi, quelli relativi al 1989 e al 1990, anni in cui è ben chiaro come la situazione di crisi occupazionale sia più marcata. E' proprio la debolezza della classe operaia, in anni di aumentata disoccupazione, che può essere causa determinante nella cessazione del trend positivo di cui parla la relazione.
D'altra parte anche i dati sono discutibili nel senso che molto spesso fanno riferimento a tassi in cui il numero degli incidenti é inattendibile così come lo é il denominatore cioè il numero delle ore lavorate. Ci accade perché il denominatore non sempre riporta tutte le ore lavorate, ma solo quelle denunciate all'INAIL e il numeratore non riporta un attendibile numero di incidenti, cosa che é dimostrabile dalla recente vicenda giudiziaria delle sale mediche FIAT, emblematica, nel senso che si mascheravano degli incidenti veri sul lavoro come eventi legati a cause non lavorative. Purtroppo in anni di debolezza della classe operaia, la FIAT ha vinto nel senso che.con un accordo sindacale, l'azienda continuerà a gestire le proprie sale mediche con il rischio che il numeratore, cioè il numero degli incidenti, risulti sottodimensionato rispetto alla realtà.
Se questo vale per la più grande industria manifatturiera d'Europa, mi domando cosa può avvenire nelle altre fabbrichette di cui é costellata la nostra Regione. Lavorare in certe condizioni, e con scarso o nullo potere contrattuale, fa male alla salute. Si sa che la speranza di vita e rispettivamente, la probabilità di morte e di nascita é diversa tra le diverse categorie sociali nel senso che la speranza di vita é meno prolungata nelle categorie a più basso livello di reddito ed parallelamente, più elevata la probabilità di morte. E una fonte di dati inglese, pubblicata recentemente, che ci consente di affermare ciò.
Così pure fa male alla salute non lavorare. Il libro che citavo intitolato "Ineguaglianze nella salute", noto come un "libro nero", edito recentemente dalla Penguin Book; riporta il dato per cui il suicidio è da 12, a 15 volte più frequente fra i disoccupati. Si creano, dunque, circoli viziosi nella diseguaglianza; le malattie egli infortuni precipitano lavoratori e lavoratrici nella disoccupazione, anche perché le imprese tendono, oggi più di prima, ad avere manodopera con la massima capacità produttiva. Quindi, la disoccupazione provoca condizioni di malattia e di morte.
Non solo, in Italia c'è il più alto livello di mortalità infantile che prima si riscontrava tra le madri occupate nell'industria e nell'agricoltura ed ora si trova, invece, tra le madri disoccupate. Questo per dire come non sono "glissabili" certe affermazioni, rispetto alle quali occorre dare delle risposte. Sembra che per quanto riguarda l'organizzazione dei servizi per la salute in fabbrica la Regione Piemonte ben poco sta facendo, nonostante siano previsti dal Piano socio-sanitario regionale. Provoca sempre un certo stupore ascoltare relazioni su situazioni occupazionali quando da una parte é evidente che molti dei problemi riguardanti la questione derivano dalla politica economica del Governo, impostata prima dell'ultimo rimpasto, cioè quando era ancora pentapartito.
La relazione dell'Assessore Cerchio ha la singolare caratteristica di individuare i problemi, ma non le cause. Prendiamo la questione del disavanzo del Bilancio dello Stato; lamentarsi del disavanzo senza evidenziare come sia unicamente frutto della politica monetaria praticata dal Governo, basata su alti tassi d'interesse, vuol dire occultare le vere operazioni economiche e sociali del Governo. Si tratta di una politica monetaria che alimenta il deficit pubblico - pur in presenza di un saldo in pareggio delle spese al netto degli interessi - per il semplice fatto che un tasso d'interesse superiore a quello di inflazione - il nostro lo é di molto - gonfia automaticamente il deficit pubblico. A questo proposito va notato che l'Italia ha i tassi d'interesse più alti di tutti i paesi industrializzati.
Oltre a gonfiare il deficit pubblico, i tassi alti deprimono anche il settore produttivo rendendo non remunerativi gli investimenti che lo sarebbero in presenza di un contenuto costo del denaro. Ci troviamo di fronte ad una politica economica sciagurata che non ha alcuna ragione di tipo economico, ma l'obiettivo di tenere compatto il blocco sociale moderato che costituisce la base sociale del Governo. Gli alti tassi d'interesse e gli alti tassi di remunerazione sui titoli del debito pubblico servono, infatti, a foraggiare la rendita, a finanziare i settori che investono in BOT e CCT decine di centinaia di milioni e si tratta di settori che vanno dal commercio fino all'industria come la FIAT.
E' interessante notare come la somma complessiva degli interessi che lo Stato paga sul deficit pubblico sia dello stesso ordine di grandezza, anche se leggermente superiore, della somma complessiva delle tasse pagate dai cittadini a titolo di imposte dirette. Visto che oltre il 70% delle imposte dirette é pagato dai lavoratori dipendenti che non possono, a differenza di altre categorie sociali, evadere il fisco, il meccanismo del debito pubblico si caratterizza come un gigantesco passaggio di risorse dalle tasche dei lavoratori dipendenti a quelle degli strati parassitari ed evasori fiscali, occultato dalle tasse in entrata degli interessi sul debito in uscita.
E evidente, quindi, il motivo per cui l'Assessore Cerchio si limiti ad elencare i problemi senza cercare di spiegarne le cause. Dovrebbe dire che la politica economica del Governo non ha alcuna giustificazione economica ma unicamente l'obiettivo d'ingrassare gli strati sociali su cui si regge che sono gli stessi che reggono il governo regionale a cui appartiene anche l'Assessore.
Vale la pena intervenire per affrontare la situazione non solo con palliativi, quindi proponiamo che la Giunta regionale faccia pressioni al Governo affinché si arrivi ad un consistente abbassamento dei tassi d'interesse, atto che avrebbe positivi effetti sull'occupazione e sulla riduzione del deficit pubblico, che si arrivi ad una riduzione dell'orario di lavoro che veda nelle 35 ore settimanali, a parità di salario l'obiettivo degli anni '90. I metalmeccanici tedeschi stanno operando in tal senso e ciò non ha provocato il crollo del sistema industriale tedesco.
Vengano ripristinate norme rigide per il collocamento che garantiscano la chiamata numerica per tutti i lavori a bassa qualificazione e garantiscano l'assunzione di quote congrue di lavoratori disagiati, disabili e giovani.
Si modifichino le norme riguardanti la Cassa integrazione straordinaria rendendo obbligatoria quella a rotazione e rendendo illegale l'utilizzo contemporaneo di Cassa integrazione straordinaria e straordinari o di Cassa integrazione e assunzioni, specie se si tratta di contratti di formazione lavoro.
Sul piano della politica economica del Governo. é evidente che per affrontare la situazione regionale é necessario un forte decentramento delle competenze sul settore lavoro e più in generale della programmazione economica dal Governo centrale verso la Regione. Anche a questo riguardo va fatto notare che chi non vuole cedere le competenze fa parte degli stessi partiti che appartengono a questa Giunta una forte volontà programmatoria fatta di pianificazione e coordinamento svolta da parte della Regione, avente come interlocutori gli altri livelli del governo locale e le forze sociali.
A titolo esemplificativo, vorrei far notare come le aree industriali tendono a sorgere attraverso dinamiche fortemente segnate dal piano economico e assai poco da considerazioni più generali sulla vocazione del territorio o da problemi riguardanti i rischi di inquinamento o più in generale, il corretto utilizzo del territorio.
In assenza di una forte volontà programmatoria, l'apertura di un nuovo casello autostradale costituisce un elemento di pianificazione territoriale più consistente di quello esercitato dalla Regione. Inoltre, sempre più spesso le aree industriali vengono unicamente disegnate sugli strumenti di piano, ma, non provvedendo il governo locale a dotarli delle necessarie infrastrutture, restano solamente un impegno del territorio, senza alcun effetto pratico che non sia l'eventuale utilizzo speculativo successivo.
Nelle aree alpine, l'affidarsi senza alcun progetto chiaro alla localizzazione di imprese compatibili col territorio, non esprime certo una grande volontà di intervento ed é facilmente prevedibile che in questo modo assisteremo solamente al lento trasformarsi di fabbriche dismesse in esposizioni di mobili.
Il tentativo di "ancorare" le attività industriali alla parte bassa delle vallate alpine va fatto utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, compresa, ad esempio, la non concessione dei finanziamenti per la costruzione di centraline elettriche nelle vallate alpine se non legate a insediamenti industriali in loco.
Ma l'operazione più consistente che va fatta sulla media e sull'alta valle consiste nella consapevolezza che il salario in zone montane o sarà frutto di una pluralità di redditi in settori diversi, e tra loro collegati, o non sarà.
L'intreccio tra il turismo legato all'uso del territorio sullo stile del versante francese delle Alpi, il riassetto idrogeologico del territorio e l'utilizzo delle risorse forestali, la valorizzazione dell'agricoltura biologica sui frutti di montagna e dei prodotti caseari di allevamento alpino, possono costituire la base di partenza per un rilancio delle occupazioni in montagna. In questo quadro, evidentemente compito della Regione é il necessario input finanziario, ma soprattutto un'operazione di coordinamento e di programmazione del territorio; che non ha nulla a che vedere con la situazione attuale in cui sull'arco alpino tutto é affidato alla buona volontà dei singoli (esiste un solo Consorzio forestale in tutta la Regione, quello dell'alta Val di Susa) e in cui succede che Comunità montane, come quelle delle Valli Chisone e Germanasca, spendono mezzo miliardo, ottenuto attraverso la Regione, per dotarsi di un piano di assestamento forestale che poi dà vita a lavori per una cifra inferiore a quella spesa per il progetto.
La soluzione che noi vediamo per i problemi occupazionali della Regione Piemonte presenta, da un lato, una forte critica alla politica economica del Governo, che va modificata radicalmente, e, dall'altro, un'opera di pianificazione e coordinamento intersettoriale che la Regione deve gestire in prima persona. Se non si opera su queste due leve, tutte le cose che si dicono in questa sede rischiano di essere aria fritta.
Da ultimo, ci pare del tutto fuori luogo la sottolineatura che i cantieri di lavoro non siano una struttura assistenziale (così si dice nella relazione), ma abbiano costituito "un buon volano" per l'occupazione delle fasce deboli del mercato del lavoro piemontese. La scarsa percentuale di disoccupati che si presenta per più di due volte segnala, a nostro parere, molto di più una certa dinamicità del mercato del lavoro, magari verso occupazioni saltuarie o senza garanzie assicurative previdenziali che non il fatto che i cantieri di lavoro abbiano fatto da "volano".
L'Assessore lo dovrebbe ben sapere conoscendo il tipo di lavoro che mediamente viene svolto presso tali cantieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI A quest'ora della sera mi pare non ci sia molto di nuovo da dire, visto che gli interventi che da Bosio in poi si sono succeduti sono stati pieni di suggestivi richiami a questa e a quella meditazione.
Abbiamo sentito l'Assessore nella sua diagnosi molto puntuale, secondo me anche concreta. Dice un proverbio persiano; "Pulisci la tua casa, avrai pulita la città". Quindi: cominciamo da noi, introspettiamo in noi stessi le indicazioni dette poc'anzi anche da Marchini.
Le difficoltà sono non facili, non transitorie, le diagnosi di alcuni mesi fa non erano così drammatiche come quelle sottolineate oggi da molti Consiglieri: il ristagno della domanda - è stato detto - colpisce Paesi più ricchi dei nostri, c'è una forte esigenza di innovazione e di imprenditorialità nuova, c'è una mancanza di coraggio denunciata ieri dal Ministro Bodrato, c'è la concorrenza di aree nuove, di confini o poli limitrofi al Piemonte stesso: tutto questo è un po' il quadro d'insieme certamente non esaltante, della nostra situazione. E ancora: crisi del tessile, robusto nella qualificazione tecnologica - ha detto Cerchio - per debole nella collocazione sul mercato; problema dell'auto, che, dopo le prime avvisaglie dell'autunno, porta certamente un accento di estrema drammatizzazione nel contesto torinese.
Dobbiamo però prendere atto anche di una rivoluzione copernicana che forse in sede FIAT oggi si sta attuando, di una riorganizzazione del lavoro visto nel suo percorso produttivo più sincronico che diacronico,del problema cioè di un prodotto non più eseguito per gradi, ma visto contestualmente, della volontà di progettare un'auto nei tempi giapponesi (4 anni invece dei 5-6 che sono necessari): della possibilità di realizzare dei net-work di tecnologie. Mi pare che gli insediamenti di Melfi punti a questo, a creare cioè non solamente un'isola di montaggio ma anche un hinterland di fornitori Tutto questo è in atto alla FIAT per rilanciare la sfida ai giapponesi.
Del resto, nell'analisi Namura si dice che la redditività alla FIAT dovrebbe ritornare ad essere per 111994 e il 1995.
Stamattina qualcuno, forse Calligaro, ha detto che gli stabilimenti di Melfi e dell'Irpinia dovrebbero essere sostitutivi più che aggiuntivi a quello di Mirafiori. Bisogna anche dire - almeno queste sono le notizie che ho - che sta si sta completamente rinnovando, se non è già rinnovata, da questo punto di vista tecnologico e che invece gli stabilimenti a rischio sono quelli di Desio e Varese; non so se sia vero, comunque c'è anche da prendere in considerazione come lo sconvolgimento dei mercati oggi ha portato la FIAT a perseguire le strade verso l'est europeo. La partecipazione alla UAZ moscovita del 30%, il problema della realizzazione della struttura della FIAT 500 in Polonia, significano che forse per una volta, capovolgendo le dinamiche dei viaggi, non si corre più all'ovest ma all'est.
Tutte queste cose, a mio avviso, portano alla considerazione che non tutto è perduto. Probabilmente sarà un ciclo che dovrà avere la sua fine fisiologica fra qualche anno, ma d'altra parte, dopo 6-7 anni di vacche grasse o di pranzi imbanditi, forse è anche logico che ci sia oggi una tavola più o meno bandita. Tutte queste considerazioni vanno inserite nella panoramica che oggi incontra la grande industria del torinese e piemontese.
Lo stesso va detto del problema dell'informatica dove mi pare che si stia tentando, sia pure con l'ausilio di leggi governative, di ottimizzare le fasi del processo produttivo. Si tenta di eludere i vincoli strettissimi del costo del denaro e del lavoro. Queste sono considerazioni ovvie perch sono già state sostenute da tutti.
Cosa fa la politica regionale? - è questa invece la domanda che ci compete in questo momento - La politica regionale, per quanto concerne l'assistenza, la terapia o - come è stato detto - il patronato, mi pare estremamente lodevole. Non si è mossa solo lungo la strada assistenziale ma ha cercato di rafforzare in ogni modo, e le considerazioni dell'Assessore lo dimostrano, la politica delle incentivazioni.
Le assunzioni, con gli ultimi contratti di lavoro, hanno subito una contrazione; la Regione ha provveduto a costituire un fondo per l'occupazione, che però non ha le risorse adeguate affinché questa occupazione possa avere, quello slancio che tutti vorremmo avesse; ed è ovvio che le imprese si muovono solamente in presenza di adeguati incentivi: La nostra regione si è posizionata in testa, rispetto a tante regioni italiane, per quanto concerne il problema della formazione professionale con 1.000 corsi e 2.000 allievi; il settore deve avere però livelli sempre più alti di qualificazione, deve raccordare la formazione scolastica alle esigenze del mondo del lavoro, deve sentire la necessità sempre più impegnativa di corsi ad altissimo livello, di specializzazioni indirizzate a laureati, corsi che devono raccordarsi con l'Università ed il Politecnico.
Vi è poi una serie di provvedimenti a favore delle piccole e medie imprese; lo vogliamo ricordare perché l'ha detto anche l'Assessore: la Democrazia Cristiana è d'accordo con quanto l'Assessore al lavoro ha fatto per quanto concerne l'offerta turistica, le scelte di servizio, per l'ambiente ed i siti industriali. La Regione ha fatto molto; certo, deve stimolare ancora di più il suo intervento, la sua presenza, la sua politica utilizzando tutte le tecnologia d'avanguardia e valorizzando le iniziative quali le aree di ricerca.
La nostra è una Regione che, come ha detto brillantemente qualcuno, ha già problemi europei, ma è anche una Regione che spesso adotta soluzioni italiane. Le soluzioni italiane, che vorremmo non venissero più adottate ci riguardano molto da vicino. Al di là di quanto si possa dire della relazione settoriale minimalista: dobbiamo prendere atto di cosa riusciamo a fare, anche dando, come è stato detto stamattina, dignità a questa Assemblea. Signori Consiglieri, poche settimane fa l'IRI è venuta in Piemonte con il suo Amministratore Delegato, con i suoi 20 e più dirigenti superiori, ha spiegato quali sono le zone di crisi, a rischio, ma è anche venuta a dire a noi tutti che ci sarebbe la possibilità di un aumento complessivo di occupati nell'industria di 3500 posti.
Questo è già un fatto positivo se lo raffrontiamo allo spazio di libertà o liberalizzazione che può esistere nell'area torinese o piemontese, al fatto e alle condizioni che nessun altro interlocutore, o protagonista fin troppo privilegiato, nella storia di questo secolo, si possa rabbuiare se qualche piccola alternativa viene messa nel territorio.
Conosciamo le reazioni del grande protagonista del lavoro e dell'industria dell'area torinese, ma vorremmo che, accanto alle significazioni di crisi che la FIAT ci presenta, ci fosse una maggiore disponibilità nei confronti di tutte le alternative che potrebbero sorgere nel nostro territorio. Sarebbe ancora una volta una grida manzoniana il parlare sulla mono-cultura, sul mono-giornale, sulla mono-fabbrica, quando poi (ente Regione istituzionalmente forte abdicasse ai propri doveri quelli di creare le massime condizioni di pluralismo possibile.
Questa è la prima considerazione.
La seconda considerazione è stata introdotta dal collega Marchini parlando del problema dell'area metropolitana. Spesso non ho una consonanza con il collega Marchini su questo argomento, ma i miei pensieri, le mie riflessioni possono certamente avere torto.
La competizione fra le grandi città, nei prossimi anni, sarà estremamente aspra e vinceranno solamente coloro che presenteranno un sistema urbano completo integrato, consapevole del proprio ruolo pienamente attrezzato a livello strutturale ed infrastrutturale. Il discorso dell'area metropolitana, potrebbe essere una grande occasione forse non solamente teorica: un'area attrezzata dove ci sono i servizi e tutte le funzioni potenziali di un'area metropolitana potrebbe davvero diventare competitiva con le grandi metropoli europee. Anche la stessa centrifugazione di risorse, non solamente fisiche o finanziarie ma anche umane, che si realizza oggi in Piemonte, potrebbero essere riassorbite dalla funzione rinnovata di Torino capitale del Piemonte. E' questo un problema aperto che dobbiamo porci con la consapevolezza, a mio parere, che essendo la logica istituzionale della legge n. 142 una logica istituzionale forte, ci deve essere assolutamente, in maniera equilibrata, una logica territoriale forte.
Terza considerazione. C'è il problema, sollevato anche da Marchini della razionalizzazione delle risorse. Qui non si dovrebbe ripetere la selvaggia cavalcata sull'etere delle televisioni private.
Ne dà l'esempio la discussione avuta l'altro giorno sulla Finpiemonte dove si sono inter-secati competenze, pareri, appetiti diversi per scopi forse, univoci. L'innovazione tecnologica è divisa fra la telematica, la Finpiemonte e, adesso, le agenzie per l'innovazione. La corsa all'accaparramento delle commesse: il tutto però senza una politica strategica per le aree difficili, per le situazioni a rischio.
Quando parliamo della Finpiemonte, parliamo di 45 miliardi di capitale sociale e sappiamo che questi 45 miliardi di capitale sociale danno una produttività di 69 miliardi, abbiamo alcune grosse perplessità. So che il reddito dei BOT e dei Titoli di Stato possono permettere alla Finpiemonte di essere sufficientemente autonoma, mi pare però che questa sia ancora una politica di piccolo respiro, di piccolo cabotaggio.
Riprendendo l'esempio fatto all'inizio: "Puliamo davanti a casa nostra e avremo pulita tutta la città", dato dalla saggezza araba, possiamo trovare percorribili, al di là di quelli che sono i grandi e i massimi alcuni tracciati di azione.
Il collega Bosio, questa mattina, ha detto cose molto belle, il suo punto di vista era interessante, ma a volte le ideologie violentano i fatti, e tante volte non riusciamo a togliere i fatti dall'ideologia e nascondiamo il fatto dietro il teorema che ci affascina.
A parte tutte queste considerazioni, noi riusciamo a individuare in questo dibattito, due o tre linee: la razionalizzazione dei nostri enti strumentali e delle nostre partecipate: l'approfondimento senza alcun condizionamento elettorale o elettoralistico della legge n. 142: la creazione di una Regione Piemonte che sia interlocutore forte, non debole e non subordinato del settore privato. E qui riporto ancora un esempio preoccupante: cosa sarà EXPO 2000? Probabilmente, poiché non ho alcuna certezza, riusciremo a dare, al di là delle competenze dello Stato, della CEE, della politica del lavoro della politica del denaro, una risposta più precisa e più puntuale a quelli che sono i nostri doveri, e non solamente a quelle che sono le nostre riflessioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.
MARENGO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, inizierei l'intervento leggendo alcune righe dell'analisi dell'Unioncamere rispetto al ruolo del Piemonte nell'economia nazionale. L'Unioncamere dice: "In altri termini dobbiamo incominciare a porci seriamente il problema di come recuperare una situazione locale che appare in rapido deterioramento. I sintomi cominciano a diventare evidenti e numerosi il nostro terziario è sempre meno qualificato, soffriamo di una fuga netta di tecnici e, ingenerale, di forza lavoro qualificata, abbiamo difficoltà a concepire i grandi progetti che comunque, non siamo in grado di realizzare con tempestività. Attecchisce nella classe imprenditoriale la mentalità dell'assistenzialismo viene meno la volontà di rischiare, abbiamo strutture formative carenti, siamo incapaci di attrarre imprenditori e capacità produttiva da altre regioni e da altri Paesi.
In passato ci compiacevamo di essere una regione-pilota per l'economia nazionale, oggi rischiamo di rimanere tali nel senso peggiore del termine come esempio di navigazione a vista di economia che sopravvive dignitosamente alle gravi colpe di chi ritiene di guidarla e/o di condizionarla.".
Ho voluto iniziare il mio intervento leggendo un'analisi non di parte ma dell'Unioncamere Piemonte per fare una prima critica considerazione rispetto alla relazione svolta dall'Assessore Cerchio, che difetta, a mio giudizio, di un "centro" nell'analisi.
E' stata fatto un interessante elenco delle varie situazioni un'informazione che ritengo utile per il Consiglio, ma non essendoci un centro nell'analisi, non emerge la portata dei problemi dell'apparato produttivo piemontese che rendono la situazione allarmante. Non sola perch siamo di fronte ad un aumento quantitativo della Cassa integrazione, ma è allarmante perché l'elemento qualitativo che determina l'aumento delle eccedenze e, di conseguenza, della Cassa integrazione che deve, quindi destare preoccupazione.
I principali mali - e mi fermo ai principali - dell'industria italiana e di quella piemontese, in modo forse più accentuato, rispetto ad altri sistemi industriali europei, ma soprattutto giapponesi, sono due: l'eccesso di costi di produzione e il difetto di qualità dei prodotti.
Sono queste le difficoltà che incontra la nostra industria nella sfida competitiva sul mercato globale. I due mali evidenziano gli errori dell'imprenditoria e della grande impresa, della FIAT in particolare compiuti negli anni '80, quando si pensava di poter fare a meno del lavoro umano e che l'automazione risolvesse tutti i problemi, che si potesse fare a meno dell'organizzazione sindacale, che il conflitto fosse cancellato una volta per tutte, che i profitti non avessero fine.
Siamo invece arrivati alla fine della più lunga fase espansiva del dopoguerra, sono emerse tutte le debolezze strutturali del sistema debolezze riconosciute, anche da parte degli imprenditori, come 1I management della FIAT - il dott. Romiti ha riconosciuto l'errore compiuto negli anni '80 - che cercano ora di porvi riparo.
Vi sono altri elementi relativi al fatto che si scaricano sull'impresa le disfunzioni strutturali del sistema, a partire dal tipo di sistema fiscale italiano, che crea una serie di distorsioni, ad esempio, sul costo del lavoro, al cattivo funzionamento dei servizi e della pubblica amministrazione, ad un sistema formativo, ad una scuola che sempre meno sono in grado di essere all'altezza dei tempi e del tipo di riorganizzazione produttiva e sociale di cui c'è bisogno nel Paese.
Sicuramente non sono gli automatismi salariali ad appesantire il costo del lavoro, anche la Confindustria sa bene che sono altri i veri elementi sui quali occorre intervenire, se si vuole davvero risolvere il problema strutturale.
La situazione piemontese é ancor più allarmante, per la crisi delle grandi imprese, non solo piemontesi. Non sto dicendo assolutamente nulla di nuovo. Grandi imprese di cui é incontestabile il ruolo trainante per accrescere il grado di internazionalizzazione della nostra economia, per riuscire a concentrare risorse per progetti di innovazione, per contribuire a trasformare l'ambiente economico e sociale, per sostenere un processo di riconversione ecologica dell'apparato produttivo. Alla crisi della grande impresa - questa è la novità rispetto alla prima metà degli anni '80 - non c'è una supplenza sul piano occupazionale da parte delle piccole e medie imprese, proprio perché le conseguenze negative per l'arretratezza del sistema le subiscono di più le piccole e le medie imprese.
E in corso - ne ha fatto cenno poc'anzi il collega Picchioni - una grande riorganizzazione industriale che ha un valore epocale, lo stesso valore epocale che ha avuto l'introduzione del taylorismo; quello della fabbrica integrata ha lo stesso valore epocale.
La scelta della FIAT per gli investimenti a Melfi e ad Avellino nel Mezzogiorno é vero che é determinata anche dal fatto che ha avuto dei grandi finanziamenti pubblici, ma l'obiettivo principale che si pone la FIAT ed il motivo principale per cui ha scelto di investire nel Mezzogiorno che lì ritiene di poter realizzare la fabbrica integrata partendo da zero, da una situazione nuova. Infatti la costruzione della fabbrica integrata in altre situazioni, compresa Mirafiori, trova delle grandi difficoltà soprattutto per il tipo di management che si é delineato in questi anni, gerarchizzato e che pensa a una divisione taylorista del lavoro e che fa fatica a comprendere l'importanza della fabbrica integrata se vuole vincere la sfida della qualità totale, al di là delle parole e della propaganda.
L'investimento al sud ritengo sia positivo, e non solo per la questione della fabbrica integrata. Si pone però un problema: la FIAT dice che si tratta di investimenti aggiuntivi. Tutti sappiamo che sarà difficile che si tratti di investimenti aggiuntivi. Non dico che siano sostitutivi, ritengo però che sarà difficile che questi investimenti possano essere aggiuntivi rispetto a lavorazioni, che credo non tocchino tanto gli stabilimenti FIAT della nostra regione, quanto piuttosto gli stabilimenti FIAT di altre regioni, penso, ad esempio, all'Alfa di Arese che, dato il calo di capacità progettuale e di identità di quella fascia di produzione automobilistica a livello europeo ed internazionale, ha sempre più problemi.
Qui c'è una prima domanda che voglio rivolgere alla Giunta regionale.
Dato che nelle prossime settimane ci sarà l'accordo di programma tra il Governo e la FIAT, rispetto agli investimenti nel Mezzogiorno, la Regione Piemonte come si pone? Come si pone rispetto alle prospettive della FIAT e a quelle dell'indotto? Quale ruolo si chiede alle Partecipazioni Statali? E' vero che la delegazione dell'IRI, in questa sede, ha fatto delle promesse, ma é altrettanto vero che gioielli delle Partecipazioni statali quali la DEA hanno oramai una forte Cassa integrazione ed hanno delle difficoltà a ricevere ordini e commesse da parte dello stesso sistema delle Partecipazioni Statali (che preferiscono darli ad altre concorrenti straniere, americane e giapponesi in modo particolare).
Ritengo sia necessario un intervento della Giunta regionale per capire e per intervenire rispetto alle prospettive della FIAT e soprattutto dell'indotto, se é vero come é vero, come dicono gli stessi dirigenti FIAT che, per crearsi quella rete di fornitori necessaria alla fabbrica integrata e al sistema rete nel Mezzogiorno, pensano ad un trasferimento di una cinquantina di aziende dell'indotto dal Piemonte al sud. Allora dobbiamo capire cosa succede e quale ruolo può svolgere il sistema delle Partecipazioni Statali, in termini industriali, e non solo in termini di infrastrutture che non risolverebbero i problemi occupazionali che abbiamo di fronte.
Dicevo che siamo in presenza di una riorganizzazione industriale che ha valore epocale, di un grande mutamento dell'organizzazione del lavoro all'interno degli stabilimenti, non solo della grande impresa, ma anche della piccola e media impresa. Muta profondamente la qualità del lavoro e il rapporto tra il lavoro operaio, impiegatizio e tecnico, si integrano sempre di più. Occorrono quindi capacità di modulare processi di formazione che siano in grado di accompagnare queste esigenze e questi mutamenti forti nell'organizzazione del lavoro e nella qualità del lavoro.
Non sono soltanto problemi economici e sociali, ma anche problemi di carattere istituzionale e politico. Le grandi riforme istituzionali non credo possano essere scisse, anzi, devono essere fondate su questi problemi economici e sociali. La riforma e la regionalizzazione dello Stato é una condizione necessaria per governare i processi produttivi, economici e sociali; le questioni del fisco e dell'autonomia impositiva; le competenze sul piano della politica industriale sono elementi indispensabili se vogliamo davvero rilanciare l'economia, non solo regionale, ma nazionale in un quadro europeo.
C'è uno stretto rapporto tra riorganizzazione produttiva e sistema Paese. Migliorare la qualità del sistema: credo che su questo si possa qualificare davvero il ruolo della Regione e di questo Consiglio regionale.
Nelle condizioni create dalla competizione globale ciò che conta non é più la centralità di una istituzione economica o di una grande impresa. La competitività sempre di più si giocherà a livello di sistema Paese. In questo quadro se c'è una risorsa che é centrale per un sistema economico la qualità della sua forza lavoro, la qualità dei suoi operai, la qualità dei suoi tecnici, dei suoi dirigenti, dei suoi imprenditori, dei suoi ricercatori e dei suoi docenti. Allora la Regione, come le altre istituzioni pubbliche, possono svolgere un ruolo per favorire questo processo e questa valorizzazione che é l'elemento qualificante e davvero concreto per riuscire a superare le difficoltà di questo apparato produttivo.
Concordo con Marchini quando dice che siamo di fronte non ad una relazione della Giunta, ma ad una relazione dell'Assessore che elenca una serie di situazioni e che, così facendo, si continui, come dice l'Unioncamere, a navigare a vista.
Non ci si pone l'obiettivo di programmare gli indirizzi e di definire gli interventi per un confronto programmatico con il sistema delle imprese se sono vere le cose che ho detto, ma che dicono anche gli imprenditori rispetto al sistema Paese, per l'uso del territorio, per migliorare le infrastrutture e i servizi, per una qualità del sistema formativo adeguata all'organizzazione produttiva, per una reale politica attiva del lavoro.
La Regione si ponga un ruolo guida e non subordinato e fuori dalla sfida della qualità, perché porsi al di fuori della sfida della qualità accettare un ruolo subordinato vuol dire neanche più dialogare con la comunità piemontese per soddisfare le sue esigenze.
In questo quadro devono essere assunti taluni impegni, e lo diciamo già nel nostro ordine del giorno. Quindi colgo l'occasione per illustrare la parte propositiva di questo documento.
In primo luogo occorrono atti politici da parte del Consiglio regionale per chiedere al Governo centrale una politica industriale e una sua articolazione e decentramento a livello regionale.
In secondo luogo occorre che la Giunta porti al più presto la verifica della sua politica generale, del Piano di sviluppo. Abbiamo discusso a luglio dell'anno scorso una bozza di programma sulla quale si è formata la Giunta, dove i parametri erano completamente diversi da quelli di oggi.
Allora abbiamo bisogno di discutere al più presto della politica della Regione, del Piano di sviluppo, anche perché abbiamo bisogno di conoscere quali sono gli interventi strutturali coordinati dei diversi Assessori così come abbiamo bisogno di coordinare l'utilizzo degli strumenti attuali.
Per questo penso sia necessario fare una riflessione approfondita sulla validità ed efficacia degli strumenti che oggi intervengono rispetto alla politica attiva del lavoro. Tra l'altro, a fine anno, si chiudono gli interventi sulla legge n. 53 perle assunzioni di soggetti deboli da parte dell'impresa e di interventi a favore dell'occupazione. Credo che si debba fare una discussione approfondita per verificare l'utilizzo e l'efficacia degli strumenti che abbiamo e soprattutto per andare in direzione di una razionalizzazione di un coordinamento. C'è troppa dispersione di interventi ai diversi livelli istituzionali, dallo Stato alla Regione, ai Comuni rispetto alle leggi, all'agenzia per l'impiego, alla Commissione regionale per l'impiego, ai CILO e via di seguito.
Dobbiamo fare una discussione per arrivare a momenti reali di razionalizzazione per renderli efficaci ed adeguati per l'industria, per il terziario e per la pubblica amministrazione. Anche sulla formazione professionale è necessario intervenire nel senso indicato dall'ordine del giorno che alcuni mesi fa il Consiglio ha approvato, sul quale però non ritorno.
Dobbiamo utilizzare gli enti strumentali della Regione, dall'IRES alla Finpiemonte e tutti gli altri. Questi sono elementi indispensabili per una politica attiva del lavoro.
I prossimi mesi saranno molto pesanti per l'occupazione in Piemonte. Le leggi nazionali, quella per la riforma della Cassa integrazione e quella per i prepensionamenti (sono circa 11 mila per il 19911 prepensionamenti) susciteranno delle sorprese in merito alle aspettative delle grandi aziende della nostra regione. Quindi se non saremo in grado di avviare una politica attiva, lo scoppio di tensioni sociali nei prossimi mesi sarà molto acuto nella nostra regione. La Regione deve inoltre dotarsi di una sede di confronto e di verifica permanente e deve svolgere un ruolo guida che coinvolga il Consiglio regionale, le altre istituzioni locali e le forze economiche sociali.
Dopo aver mitizzato l'Europa del 1993, siamo davvero alla vigilia dell'ingresso in Europa, ma siamo alla vigilia di un possibile non ingresso nei termini in cui ci si poneva. Siamo di fronte, invece, all'emergere di carenze, di difficoltà strutturali del nostro sistema. Impegnarci in questo, come Consiglio regionale del Piemonte, affrontare questi problemi forse è il modo principale per riuscire a rapportarci di nuovo in termini di rappresentanza e per suscitare l'interesse della comunità piemontese.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, cari colleghi, giunti al termine di questa giornata che ha visto prevalentemente impegnato il Consiglio regionale intorno ai problemi dell'occupazione, nel cogliere il sunto di tutto il dibattito dalla introduzione dell'Assessore agli interventi che ne sono seguiti esprimo un giudizio positivo, anche se talvolta ha registrato momenti di pesantezza. Lo considero un dato positivo, una risposta ad una situazione che ci fa vedere quali sono i problemi che sono di fronte a noi, che sono di fronte alla nostra regione.
Da una parte sono problemi di nostra competenza, che richiedono una serie di attenzioni e di interventi nell'utilizzazione degli strumenti regionali, problemi appunto legati alla programmazione, alla razionalizzazione del rapporto tra la grande impresa pubblica e privata, la piccola o la media azienda, l'artigianato, i settori dell'agricoltura e del turismo. Dall'altra parte sono problemi che riguardano la politica industriale nazionale, europea e addirittura mondiale.
L'ordine del giorno riassume degli aspetti che sono condivisi non solo dagli interventi della maggioranza, ma anche da quelli dell'opposizione anche se si possono registrare delle diverse valutazioni. Mi auguro comunque che si possano assorbire in una proposta unitaria. Questo intervento mi consente di esprimere il sostegno ad un documento che non nasconde lo stato di difficoltà in cui si trova il Piemonte. A dir la verità siamo anche noi in una fase dominata da molta incertezza e grande difficoltà sia dal punto di vista del versante interno che dal punto di vista del versante internazionale del mercato.
Sono fortemente attratto dalla preoccupazione che coinvolge tutti dal punto di vista del versante internazionale e sono preoccupato da questa situazione e mi domando, al di là dei mezzi che saremo in grado di mettere in atto, di competenza regionale e nazionale, come si muoverà il mondo industrializzato in questa fase.
Mi pare sia una fase che chiude un tipo di sviluppo che si è determinato con degli standard industrializzati di un certo tipo conosciuti nel secolo scorso da Carlo Marx fino ai tempi nostri, ma che oggi cambia completamente il segno della nostra prospettiva.
Alla grande industria, al grande opificio si sostituisce la produzione fondata sull'elettronica, sulla computerizzazione, addirittura non sono più necessari i grandi contenitori, c'è un modo diverso di produrre. Questo mondo industrializzato che al proprio interno sta saturando, o ha saturato quasi tutte le domande, quali prospettive ha di fronte? Non ha molta importanza sapere se siamo il quarto, il quinto o il sesto Paese più industrializzato, è importante invece appartenere al "club", al gruppo delle nazioni (pochissime) caratterizzate dal punto di vista industriale del pianeta, che sempre di più è aggredito, premuto nelle coscienze, nelle strutture politiche ed economiche da moltitudini di gente alla ricerca di una nuova condizione di vita.
Mi sembra che questo sia un dato che non dobbiamo assolutamente trascurare. Colloco qui il discorso del Piemonte, di questo Piemonte che lavora già in funzione del 2000, di un Piemonte che ha la più grande industria nazionale, una delle più grandi industrie europee e mondiali, che deve fare i conti con una dimensione che non è più nazionale, continentale ma è ormai planetaria.
Il Piemonte, con le industrie dell'auto, dell'Olivetti e con le altre industrie di grande respiro internazionale, deve cominciare a capire che cosa fare. Occorre fare un grande sforzo di ricerca, il Piemonte deve far sentire il peso della sua responsabilità per se stesso e per l'intero Paese, per questo Paese che si presenta ai grandi appuntamenti con punte molto alte di sviluppo, però anche con dei notevoli problemi da risolvere e che richiedono l'intervento di significative partecipazioni politiche a livello di razionalizzazione e di riforme, a livello di accelerazione in un processo di rinnovamento e di modernizzazione. Quindi occorre una programmazione, una politica di sviluppo che deve muoversi sui diversi tasti, da quelli della razionalizzazione a livello nazionale, alla competizione con le grandi aziende. Sarà un confronto durissimo, asprissimo perché se dovremo fare questo confronto a livello dei Paesi sviluppati industrializzati, sarà una corsa fino all'ultima persona per conquistare l'utente, per conquistare il mercato.
Credo però che non potremo esaurire il nostro sforzo soltanto nella competizione con i giapponesi, oppure nella competizione con i Paesi più sviluppati; potremo entrare, come entreremo, in alcune loro aree, e loro entreranno nelle nostre, però è venuto il momento, alla soia del 2000, di cominciare a vedere come vogliamo regolare il nostro futuro.
Credo che il nostro futuro dovrà trovare delle risposte proprio in una politica che, a livello intercontinentale o a livello planetario, dovrà porsi il problema di come mettere in moto il volano del sottosviluppo.
Potremmo anche assumere atteggiamenti duri di fronte a coloro che invadono le nostre coste, perché dobbiamo in qualche misura salvarci dal contingente, ma non é questa la strada da percorrere.
Sono d'accordo con quanto veniva ricordato in alcuni interventi che c'è un'attenzione verso tutti i Paesi dell'est europeo, ci sono attenzioni da parte delle nostre aziende, sia pubbliche che private, verso questi settori. Certo occorre proporre una politica, perché sono settori che hanno bisogno di tutta una serie di aiuti e credo che dovranno essere studiati e dovranno essere dati.
Quindi rapporti del Piemonte con l'Europa per i problemi dello sviluppo e rapporti al nostro interno per la razionalizzazione del nostro sistema produttivo, del nostro equilibrio strutturale tra le varie produzioni, tra il centro del Piemonte, che sta definendo la sua area metropolitana, e il resto della regione, e rapporti per la capacità di competere verso quella qualità totale che sicuramente è l'elemento dominante del nostro confronto quindi una politica di sviluppo e di programmazione.
L'impegno assunto per l'area metropolitana è positivo e rispondente a quella che è l'effettiva connotazione dell'area territoriale. Per le aree metropolitane in Italia sono necessari circa 77.000 miliardi in cinque anni, che non si sa dove reperire. Naturalmente ci vuole una visione programmatoria che realizzi un rapporto nuovo anche con il Piemonte e il Piemonte deve realizzare un accordo di programma con la Liguria, anche per evitare che dalla Liguria nascano delle tentazioni dirette a comprendere in quell'area metropolitana zone che appartengono dal punto di vista della giurisdizione al Piemonte sud. Dobbiamo difendere il ruolo della Regione su tutto il Piemonte, senza concedere nulla e dobbiamo rilanciare, nei confronti dell'area metropolitana che interessa il Novese e l'Ovadese e che interessa il Piemonte sud, quegli accordi di programma che sono previsti nella legge n.
142 per andare avanti nel progetto di modernizzazione del porto ligure, se vogliamo davvero realizzare strutture di qualità totale e un tipo di produzione alta e capace di conquistare e di stare sui mercati. Dobbiamo intervenire nel campo delle comunicazioni, dei trasporti su gonna e su ferrovia, fluviali e marittimi.
Il nostro compito é di verificare le carenze e mettere in moto quel volano, che nel 1932/1933 in America si chiamò "New Deal", e che potrebbe essere nuovamente concretizzato. Per esempio, la politica delle aree attrezzate, che ha dato dei buoni risultati da un certo punto della sua storia, che tipo di risposta può dare oggi? E' adeguata alle esigenze e alle domande, quali rimedi si rendono essenziali? L'agenzia per la ricerca e l'innovazione, che é ancora ferma e che mi auguro venga celermente approvata, un servizio alle imprese sono iniziative di cui la gente ha bisogno.
Sono tra quelli che in questa prospettiva avrei voluto mettere in moto la razionalizzazione, un processo di sviluppo che porta occupazione, che in qualche misura, é in atto nel settore sia privato che pubblico. C'è molta fiducia e volontà da parte delle categorie imprenditoriali. Sul fronte dell'ambiente avrei visto l'avvio e l'approvazione del piano di risanamento della Valle Bormida. So che non incontra la vostra disponibilità e il vostro favore, ma darebbe la possibilità di realizzare investimenti di grande rilevanza. C'era stato un impegno, ma la verità che non abbiamo voluto giocare le nostre carte, e mi dispiace, perch questo è un altro elemento che, in cinque anni, avrebbe potuto mettere in moto un investimento di circa, 1200 miliardi (che, in una Regione come il Piemonte, non é una cosa di poco conto), avrebbe potuto mettere in atto una serie di effetti moltiplicativi e avrebbe potuto offrire delle alternative.
Mi auguro che su questo problema si ritorni a discutere perché dobbiamo dedicare tutto il nostro impegno nella direzione dei cambiamenti che, come dice il Consigliere Marengo, sono epocali: Non possiamo vivere nella quotidianità anche se la quotidianità é questione di anni e di mesi. Non possibile che un mondo industrializzato quale quello che si configura da vanti a noi, possa continuare a massacrarsi al proprio interno senza porsi il problema di come rompere l'accerchiamento e andare avanti.
Questa é la dimensione nella quale si colloca il Piemonte, ma questo non significa che dobbiamo solo guardare lontano, come qualcuno ha detto perché c'è il rischio di perdere di vista i problemi più vicini.
Collocandoci dentro questo respiro potremmo vedere quali soluzioni concrete che il Piemonte, con le Regioni vicine, può attuare per determinare la svolta di cui la politica industriale ha bisogno per rimodellarsi sulle nuove esigenze, per prepararsi ai confronti che derivano dagli impegni sul piano istituzionale, politico ed europeo, per portare quel contributo diretto a dire che la prospettiva dello sviluppo sta in un respiro diverso da dare al futuro, che non può essere soltanto visto all'interno dei paesi privilegiati, perché hanno lottato, perché hanno avuto una bella classe lavoratrice, dei buoni imprenditori. Qualcosa ci ha favoriti, dobbiamo cercare di fare tesoro e metterlo a profitto per uno sviluppo che continui ad essere buono per noi ma anche per gli altri



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Non posso che prendere atto del totale disinteresse con cui si é svolto il dibattito odierno. Viene spontanea una domanda. Quale era l'utilità di questo dibattito se, alla fine, ci riduciamo a votare due ordini del giorno che non affrontano i problemi reali dell'occupazione in Piemonte? Sono due ordini del giorno demagogici dai quali non scaturisce alcuna proposta concreta e nei quali non si affrontano nemmeno i reali problemi della crisi occupazionale piemontese.
Prima di entrare nel merito dei due ordini del giorno, vorrei riferirmi ad alcuni punti del documento dell'Assessore Cerchio. Nel documento non viene trattato il settore agricolo e a me pare che l'occupazione, nel settore agricolo sia un punto molto importante. Non vorrei che la Giunta considerasse l'agricoltura un ramo secco. Anche nel settore agricolo c'e una crisi occupazionale che crea anche problemi sociali in larghe zone territoriali della Regione.
Un altro aspetto che ci lascia perplessi sono le poche righe con le quali si liquida il problema degli extracomunitari. Abbiamo sempre sentito dire che queste persone fanno quei lavori che i piemontesi non fanno e in poche righe si dice che appena il 2,9% degli iscritti al collocamento in Piemonte é extracomunitario. Il cosiddetto lavoro nero non l'abbiamo affrontato seriamente. Facciamo finta che non ci sia? In questa bellissima relazione ci siamo dimen-ticati anche degli albanesi. La Giunta si era impegnata a trovare un lavoro a queste persone quindi qualcosa bisognerà fargli fare. Ce ne siamo già dimenticati? Queste sono alcune considerazioni per dire che la relazione marginale, incompleta e non affronta il problema dell'occupazione.
Effettivamente - e mi riferisco agli ordini dei giorno - il problema dell'occupazione in Piemonte deve essere visto a livello nazionale.
La Lega Nord, da quando é nata, ha messo il dito nella piaga; non emerge il vero dato della crisi occupazionale, quello della scarsa produttività delle aziende dovuta all'elevata tassazione, per le piccole e medie imprese, che sono obbligate a chiudere in quanto non più competitive nei confronti di quelle europee. Non c'è una condanna al comportamento del Governo romano in materia fiscale, viene totalmente ignorato questo problema. Si dimentica l'aspetto dell'occupazione pubblica; in larghi settori della vita pubblica delle Poste, delle Ferrovie, da anni continuano a bandire concorsi allargati a tutta Italia dove chi arriva dal sud vince molto facilmente per conoscenze, per intrallazzi, ma dopo sei mesi chiede il trasferimento. Qui continuiamo ad avere posti vacanti, ma il sistema pubblico continua ad avere eccedenza di personale. Scopriamo che le Ferrovie non sanno più dove sistemare il personale in eccedenza.
Dall'altro lato abbiamo l'ordine del giorno dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, poi emendato dal PDS, che ci pare fuori luogo. La vecchia sinistra, ormai obsoleta, é invia di dissoluzione totale (come é avvenuto in Francia), perché, quando si discute sulla occupazione in Piemonte e si propone in un ordine del giorno di sollecitare il Governo italiano a fare ulteriori interventi nel Mezzogiorno, mi pare veramente fuori luogo.
Con questi problemi, la Lega Nord ritiene sia fuori luogo proporre di finanziare ulteriormente le aziende come la FIAT per impiantare ulteriori stabilimenti al sud. Invece di fare una politica nei confronti della piccola e media impresa, andiamo a favorire il grande capitale, la grande industria al sud, dove sappiamo benissimo che tutte le aziende che vi si sono trasferite sono fallimentari. Questi sono i dati di fatto! In una zona che non ha una vocazione industriale non si può insistere a impiantare aziende fuori dalla propria logica.
Ritengo assolutamente inutile il dibattito che si é svolto oggi proprio considerando le sue conclusioni, ed é inutile, lo vediamo dal clima nei quale si é dibattuto questo importante problema.
Per queste considerazioni, annuncio che la Lega Nord Piemont non parteciperà al voto su questi due ordini del giorno.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per la replica.
CERCHIO, Assessore al lavoro Capisco, ma non vorrei che si addebitasse all'Assessore regionale al lavoro, o forse alla disoccupazione, il fatto che discutiamo questa sera dopo cinque o sei mesi, il problema dell'occupazione in Piemonte.
Certo é duro per un Assessore (che ha per nome Cerchio, dal greco cuclos) il fatto di non aver realizzato il "centro dell'analisi", come dice Marengo: se non altro per richiamo al suo nome.
Ma mi pare che così non sia, e non basta solo affermarlo e cerco di dimostrare che così non era nelle intenzioni, come non era nelle intenzioni dell'Assessore realizzare una mera elencazione, anche perché mi sono sforzato di spiegare all'assemblea del Consiglio regionale che ci troviamo di fronte a una situazione nella quale non solo elementi congiunturali bensì anche elementi strutturali, preoccupano in misura non indifferente.
D'altra parte, al di là della logica collocazione e posizioni ideologiche di ciascuno di noi, il dibattito ha confermato viceversa la validità dell'analisi e delle preoccupazioni contenute nella relazione introduttiva dell'Assessorato.
Collega Calligaro; non é sufficiente mettere un cappello in cui si indicano inadeguatezze di relazione; oppure settorialità di analisi, oppure la non indicazione di terapie, e poi dire che vi sono intendimenti e interventi assistenziali da parte della Regione e poi, seppur con grande adesione nella totalità dell'analisi, dire che é la stessa analisi che la Giunta ha fatto andando verso terapie e rapporti nuovi sulle politiche comunitarie, di insistenza sulle politiche di attenzione al sistema delle piccole e medie imprese, o di una giusta rivendicazione di autonomie e quindi, anche di ruoli diversi sul piano delle politiche industriali o delle politiche attive del lavoro; sono le valutazioni, le analisi, le indicazioni che la Giunta regionale ha fatto.
Lo dico cordialmente al collega Tapparo,rappresentante di questa maggioranza, e lo dico a tutti gli altri che hanno proposto attenzioni per allargare il contributo alla Giunta regionale e all'Assessore al lavoro e alla formazione professionale. Occorre fare sforzi notevoli per allargare il discorso alle analisi che l'IRES ha fatto. Non siamo però qui a riproporre il tomo dell'IRES, né dobbiamo in questo dibattito importante e significativo parlare del Piano regionale di sviluppo o indicare il programma della Giunta regionale, giacché un anno fa era stato indicato.
Anche se tutti questi problemi, per la ricaduta che hanno, non possono non tenere conto delle difficoltà del terziario, delle politiche industriali, delle politiche agricole, delle politiche dei trasporti, della sanità, dell'assistenza e della pianificazione. Ma, se così fosse, oggi avremmo sviluppato il dibattito e, al termine, avremmo approvato il Piano regionale di sviluppo. Abbiamo cercato di focalizzare l'attenzione sui problemi occupazionali, non disgiunti da questo contesto; sapendo però che siamo ad un dibattito sui problemi occupazionali.
La situazione di oggi, che é stata peraltro evidenziata con un minimo comun denominatore sulle analisi, al di là di alcune valutazioni giustamente differenti, non consente certo di essere ottimisti, né la Giunta regionale ha detto di essere ottimista, sia per la debolezza intrinseca del nostro apparato industriale sia per il peso negativo che le condizioni della finanza pubblica rappresentano per lo sviluppo dell'economia.
Già paghiamo questa situazione con un elevato numero di lavoratori in esubero e posti per lungo tempo in Cassa Integrazione, con scarsa possibilità di reimpiego.
Qualcuno, nel corso di questo dibattito, ha detto che l'analisi della relazione non sarebbe sufficiente. Non ritengo di poter condividere questa osservazione. Evidentemente, la relazione introduttiva ad un dibattito consiliare, sia pur importante, non é il rapporto annuale dell'IRES, non fosse altro che per esigenze di tempo.
Pur con i limiti propri di ogni relazione introduttiva, che necessariamente ha dovuto scegliere e contenere la propria attenzione, su alcuni temi, riteniamo di aver evidenziato alcune, non tutte, le problematiche.
Queste sono la tendenza negativa del mercato del lavoro e la difficoltà dell'occupazione industriale, gli effetti del perdurare del ciclo economico negativo; la debolezza strutturale del sistema produttivo proprio nel momento in cui si deve aprire maggiormente all'estero; la profonda ristrutturazione che é in atto nei mercati su cui operano i maggiori gruppi della nostra Regione.
La realtà é articolata e complessa perché elementi congiunturali e strutturali si incrociano.
mentre questioni nuove; anche recentissime, si sovrappongono a problemi vecchi, quindi é difficile cogliere tutte le questioni aperte.
Il dibattito ha evidenziato che i problemi che ci troviamo di fronte sono quelli sui quali la relazione nella parte analitica si é soffermata richiamando altresì i contesti nazionale ed internazionale.
I problemi vanno al di là della nostra regione, anche se il Piemonte esposto in modo particolare. E' importante il ruolo del Governo e del Parlamento italiano per iniziative di politica di lavoro e di politica industriale e di politica economica. Alcuni hanno collocato questa relazione e questi interventi in un quadro opportunamente generale; altri hanno detto che é una relazione troppo settoriale; altri ancora che sbilanciata nei confronti del sistema industriale e in quello sindacale.
Si tratta di mettersi d'intesa. Qualche filosofo del passato diceva che "il giusto sta nel mezzo".
Qualcosa si sta muovendo; sono state avviate le prime misure economiche di carattere nazionale, ancora limitate, ma che segnano un importante inizio come manovra volta a controllare il deficit.
Sul versante della politica industriale é stata finalmente approvata dalla Camera dei deputati la legge sul sostegno alla media e piccola impresa e mi auguro che, attraverso una rivendicazione non solo delle parti sociali, delle associazioni ed Imprenditori, ma anche delle autonomie locali e delle Regioni, possa decollare.
Sempre dalla Camera é stato finalmente approvato il difficile e controverso provvedimento di riforma della Cassa Integrazione. Anche in questo caso chiediamo che il Senato confermi rapidamente questo provvedimento che, pur con i limiti noti, rappresenta un passo avanti. Un ruolo importante per lo sviluppo dell'economia e dei livelli occupazionali deve essere svolto dalle imprese pubbliche.
Come richiamato dai colleghi Picchioni e Marengo, é necessario che non si faccia solo una verifica; per esempio, da parte dell'IRI, ma che si verifichino, di volta in volta, le opportunità e le ricadute che devono vederci particolarmente impegnati. Contiamo, al di là delle difficoltà obiettive, di incontrare prossimamente i vertici dell'ENI per verificare la coerenza dei suoi piani con gli obiettivi della difesa e dello sviluppo dell'industria, in particolare ossolana.
Riteniamo che le imprese pubbliche abbiano in Piemonte un ruolo di rilievo nella diversificazione dell'apparato produttivo di settori portanti sull'economica regionale, l'auto, il tessile, l'elettronica.
Molti di noi si sono domandati quale possa essere il ruolo delle Regioni e, nella fattispecie, della Regione Piemonte. Mi pare che nella relazione siano indicati gli strumenti che la Regione Piemontesi é data e come siano stati utilizzati. E' stato detto che si tratta di strumenti limitati, insufficienti, è stata chiesta quindi un'azione più incisiva della Regione.
Non posso non convenire; sono d'accordo che il delicato momento che stiamo attraversando richiederebbe un ruolo più consistente della Regione e siamo certamente impegnati su questa direzione. Non c'è dissonanza fra le posizioni della Giunta e le richieste venute da questo dibattito, da maggioranza e opposizione. Dobbiamo tener conto di due considerazioni importanti: interventi efficaci richiedono risorse finanziarie consistenti che non sono nelle disponibilità della Regione nella misura necessaria, e provvedimenti organici sul versante della politica industriale e del lavoro.
Le Regioni dovrebbero avere - l'ho detto stamani e lo riconfermo, in sintonia con quanto é stato sollevato dal dibattito - competenze più ampie organiche e ben definite. Finora i provvedimenti posti in essere sono stati spesso il risultato di una difficile contrattazione e sono stati riconosciuti, di volta in volta, nelle singole occasioni.
Mi preme ricordare la legge 56, la necessità quindi di una legge generale, per non contrastare con il Commissario di Governo e poi delegare ad un braccio operativo della Regione, la Finpiemonte, l'aspetto operativo della stessa.
Anche i recenti provvedimenti approvati dalla Camera in materia di industrie e lavoro non prevedono spazi nuovi o particolarmente significativi per le Regioni. D'altra parte, il rapporto delle Regioni con la Comunità europea é una delle strade sulle quali dobbiamo indirizzare la nostra azione, a volte attraverso la non efficace intermediazione ministeriale.
Questa strada dovremo percorrerla nei prossimi mesi, quando dovremo determinare le ricadute dell'applicazione del Regolamento CEE n. 2052 sugli interventi finalizzati alla piccola e media impresa per l'occupazione e per le ricadute sul territorio.
I vari programmi comunitari offrono alle Regioni nuove opportunità nel rapporto con gli altri enti pubblici e con gli operatori privati. Le linee di azione che abbiamo indicato possono sembrare insufficienti; infatti lo sono perché é un percorso difficile ed in salita, senza grandi titolarità senza legittimità ad operare in termini di politiche.
Guardando alla complessità dei problemi, il futuro si pone con alcuni punti interrogativi. Non a caso intendiamo insistere particolarmente sul fatto che occorre affrontare queste problematiche a livello nazionale abbandonando l'atteggiamento spesso avuto in passato secondo cui il Piemonte, considerata area fonte, da solo potrebbe affrontare le sue difficoltà.
Il Piemonte é per alcuni versi in situazioni migliori rispetto ad altre regioni, ma per altri versi e in situazioni inferiori. Il rapporto con Regioni a Statuto speciale confinanti, che magari fanno la corte ad alcune rilocalizzazioni o a processi di rilocalizzazione industriale (la Valle d'Aosta é significativa) indicano elementi di debolezza. Occorre comunque fronteggiare il Confronto - e qui richiamo alcuni concetti del dibattito soprattutto con le aree forti d'Europa, in una situazione che è resa difficile per alcuni nodi rimasti irrisolti dell'economia nazionale.
Il richiamo a forti politiche industriali dei lavoro nazionali non significa sottostimare o sottovalutare il ruolo che le Regioni, al di là dei loro limiti, possono svolgere in sede locale.
Ho elencatogli strumenti che sono a disposizione della Regione per fronteggiare la crisi industriale e occupazionale. Dal dibattito sono emerse ulteriori indicazioni di cui sicuramente terremo conto, a partire dal ripensamento sul ruolo delle aree industriali.
Le indicazioni dei Consiglieri, che per altro sono coincidenti con le proposte contenute nella relazione della Giunta, hanno anche individuato un rinnovato ruolo della formazione professionale.
Non entro nel merito, perché avremo modo la prossima settimana, in occasione della presentazione del Piano annuale dei corsi di formazione professionale, di approfondire.
Resta il fatto che senza competenze organiche e risorse adeguate, le Regioni non possono svolgere completamente il ruolo ad esse spettante come governo della comunità locale.
Formulo infine l'augurio, che si traduce più che altro in un impegno degli amministratori, anche perché nel dibattito sulla riforma istituzionale si discute frequentemente con consenso assai ampio, sul rilancio dei ruolo delle Regioni, dando ad esse maggiori poteri e responsabilità.
E questa la strada che maggioranza e opposizione hanno individuato. Ci vogliono però competenze chiare, ben definite e che si integrino con la normativa nazionale e con quella comunitaria. Concedetemi un'ultima divagazione, ma che pare non essere una divagazione.
L'Assessore ai lavoro (e alla disoccupazione) si trova quotidianamente a vivere due personalità, quella del dott. Jekill e quella di mister Hide.
Spesso é chiamato a dare risposte immediate, puntuali e particolari alle sollecitazioni provenienti dalle giuste e necessarie interrogazioni su problemi piccoli e grandi industriali, aziendali, occupazionali, risposte che vengono sollecitate spesso dall'opposizione quando trascorre troppo tempo dalla presentazione. Al contempo, l'Assessore ha esigenze di tempo di riflessione e di coerenza con il quadro generale e con le questioni di prospettiva. Obiettiva-mente e con un po' di autocritica, devo dire che non sempre queste due esigenze possono essere contemporaneamente soddisfatte spesso la crudezza della congiuntura prende il sopravvento su tutto.
La relazione che ho presentato ha fornito una ampia possibilità di commento, di disamina, di approfondimento, di correzione, non solo letterale ma strutturale di quanto la Giunta ha proposto. La relazione però, risente della difficoltà dovuta al doppio ruolo o personalità (o bassa personalità) dell'Assessore pro tempore al lavoro e all'occupazione difficoltà che attraversa l'economia piemontese.
La relazione non ha voluto essere una pura elencazione di fatti, di memorie, pure apprezzabili, come alcuni colleghi hanno ritenuto.
Da questa angolatura, vanno letti da un lato la descrizione di alcuni settori e aree territoriali, di alcune cadute negative della nostra economia, degli stessi punti di crisi, e dall'altro l'indicazione di interventi di sostegno verso le fasce più problematiche del mercato del lavoro. Al di là del momento contingente, sarebbe altrettanto opportuno trovare il tempo e la tranquillità per riflettere sui cambiamenti qualitativi e sugli squilibri quantitativi del mercato del lavoro nel medio periodo.
Ho ben presente le osservazioni e le sollecitazioni di alcuni colleghi relative ad un maggiore loro aggiornamento, non solo attraverso le note trimestrali e congiunturali, ma anche con ulteriori documentazioni volte ad offrire ogni elemento di conoscenza, visto il periodo di tempo in cui viviamo che é pieno di difficoltà e preoccupazione.
Tranquillità e tempo non sono dati acquisiti per chi gestisce una delega di governo nel settore del lavoro, al quale tutti rivolgono sollecitazioni d'intervento, si tratti di un gruppo o di un'azienda in crisi, di un corso di formazione e di riqualificazione, del problema gestionale di un centro di formazione professionale, dell'approvazione di un contratto di formazione e lavoro, della perimetrazione di una sezione circoscrizionale per l'impiego o della graduatoria di questa o di quella legge e tutti, per antonomasia, pongono problemi importanti e fondamentali.
Esiste una sorta di schizofrenia da Assessorato di frontiera che gli interlocutori, ipercritici magari per posizione politica (ma lo apprezzo) dovrebbero tenere in considerazione, attraverso un'umile immedesimazione nel ruolo.
Tuttavia, tra un problema e l'altro, é possibile scorgere alcuni elementi di cambiamento che -direbbe l'Assessore all'istruzione - pongono problemi nuovi, fuori dai livelli occupazionali di scolarità, di istruzione, di formazione, problemi e squilibri generazionali per aspetti di carattere educativo; pongono - cogliendo la sollecitazione venuta dall'opposizione - la necessità di sollecitare tutti gli interventi relativi alle linee generali sul Piano di sviluppo che vanno al di là di deleghe e di competenze dirette, di cui la Giunta terrà sicuramente conto.
Non potranno non cogliersi i richiami alle aree forti in un rapporto comparato, che pur con tante contraddizioni e posizioni da meditare e da ragionare, nelle aree metropolitane, che non potrà non approfondire entro un'area forte che non é solo sommatoria del contiguo urbano di Torino, ma che comprende anche le aree forti del Piemonte, in un rapporto che ci deve vedere attenti e non solo passivamente regressi.



PRESIDENTE

Il dibattito si é concluso. Rammento che nella Conferenza dei Capigruppo si era rimasti intesi che, alla fine del dibattito, si sarebbero votati i numerosi ordini del giorno presentati che vi elenco nell'ordine di presentazione: ordine del giorno n. 170 presentato dai Consiglieri Picchioni, Rossa Marchini, Marengo sulle gravi difficoltà in cui versa il comparto delle penne ed affini ordini del giorno nn. 187 è 191 sul problema occupazionale alla sede RAI ordini del giorno n. 188 presentato dal Gruppo PCIPDS, n. 196 presentato dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti e n. 197 presentato dalla maggioranza.
Chiedo ai presentatori dei vari documenti come intendono procedere, se aprire il dibattito su tutti, il che evidentemente comporta tempi molto lunghi, se invece procedere subito alla votazione e i tempi sarebbero ovviamente di gran lunga inferiori Si ritiene di esaminare e quindi votare, con una breve illustrazione gli ordini del giorno relativi alla RAI? Chiede la parola il Consigliere Picchioni. Ne ha facoltà.
PICCHIONI Chiedo alla cortesia dei colleghi di rinviare alla prossima seduta gli ordini del giorno sulla RAI. Per conto mio sono anche disposto a ritirare quello relativo al comparto delle penne a sfera. Ritengo sia opportuno limitarsi, se possibile, ai documenti inerenti il dibattito di carattere generale sull'occupazione.



PRESIDENTE

Questa proposta mi trova personalmente d'accordo perché la questione RAI richiede un dibattito articolato nonché un'illustrazione da parte della Giunta. Pertanto gli ordini del giorno 187 e 191 sono rinviati alla prossima seduta.
Se non vi sono obiezioni, rinviamo anche l'ordine del giorno relativo al comparto delle penne a sfera.
CERCHIO, Assessore al lavoro Signor Presidente, questo documento non richiede discussione, si pu quindi votare senza alcuna difficoltà.



PRESIDENTE

Il Capogruppo aveva fatto una dichiarazione diversa.
PICCHIONI Mi rimetto alla volontà dell'Assessore e dell'assemblea.



PRESIDENTE

D'accordo. Pongo quindi in votazione l'ordine del giorno n. 170 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato: - che il comparto industriale penne ed affini gravitante nell'area metropolitana torinese ed in particolare sull'asse Mappano - San Mauro con baricentro nel Comune di Settimo Torinese presenta gravi segnali di notevole difficoltà che il fatturato complessivo del comparto ammonta a circa 500 miliardi annui di cui l'80% è costituito da prodotti esportati su mercati mondiali che tale comparto contribuisce in modo significativo all'occupazione dell'area summenzionata con particolare riferimento all'occupazione femminile costituendone circa il 60% del totale che l'occupazione complessiva del comparto ammonta a circa 4000 lavoratori diretti e ad alcune centinaia di famiglie con lavoro a domicilio valutato positivamente il verbale di accordo siglato in data 19/4/91 presso l'Assessorato al lavoro della Regione Piemonte alla, presenza degli Assessori al lavoro dei Comuni di Torino e Settimo Torinese, dei rappresentanti delle OO. SS, del settore tessile e dei rappresentanti dell'Associazione Piccole e Medie Imprese impegna la Giunta ad attivarsi affinché: gli ammortizzatori sociali e gli interventi di politica industriale indicati nell'accordo trovino sollecito accoglimento presso il Governo e i competenti organi interministeriali l'Agenzia regionale per, l'impiego si attivi per l'eventuale mobilità, dei lavoratori delle aziende che in seguito alla ristrutturazione e ad accordi sindacali prevedano eccedenza di personale gli Assessori competenti attivino sollecitamente i corsi di formazione necessari alla ricollocazione dei lavoratori," Chi é favorevole é pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno é approvato all'unanimità dei 30 Consiglieri presenti.
Esaminiamo pertanto i restanti tre documenti di carattere generale sull'occupazione, ovvero l'ordine del giorno n. 188, l'ordine del giorno n.
196 e l'ordine del giorno n. 197.
Ha chiesto la parola per dichiarazioni di voto il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.
MONTICELLI Il Gruppo PDS voterà contro il documento proposto dai colleghi della maggioranza per una ragione fondamentale che non riguarda tanto il giudizio sulla relazione dell'Assessore, ma l'impostazione che la Giunta ha dato attraverso la comunicazione dell'Assessore a questo dibattito.
Questo doveva essere un momento importante nella vita del Consiglio regionale, era stato richiesto da molti mesi e per molti mesi é stato rinviato e doveva essere - così noi ritenevamo e continuiamo a ritenere l'occasione per affrontare con coraggio un problema che sta emergendo in modo drammatico nella nostra Regione, un cambiamento di prospettiva del Piemonte per i prossimi anni, qualcosa di più grande ancora che non il problema drammatico dell'occupazione. Qui c'è stata invece una restrizione una delega della Giunta a un Assessore e una trattazione del problema, da parte dell'Assessore, settoriale, che può essere stata fatta più o meno bene, non voglio dare giudizi di questa natura. Cerco di restare sui giudizi di ordine politico. Ritengo non sia stata colta l'esigenza di affrontare il problema nei suoi termini complessivi che riguardano - ripeto la prospettiva della nostra Regione, non soltanto il problema dell'occupazione.
Il dibattito ha risentito anche del fatto che le Regioni, quindi anche la nostra, hanno problemi gravi, che si misurano particolarmente in questi momenti, di poteri, di risorse, di identità e di ruolo politico nell'affrontare questioni di questa natura.
C'è una crisi dell'istituzione regionale, é inutile negarlo, che si misura particolarmente quando si toccano questioni di tale natura; pero c'è un problema che riguarda la direzione politica della Giunta, il governo regionale.
li collega Marengo nel suo intervento, non citando se stesso, non citando cioè la nostra parte politica, ma citando l'Unioncamere, ha parlato di "navigazione a vista". Questo concetto di "navigazione a vista" lo si può applicare oggi a gran parte dell'imprenditoria piemontese, ma lo si pu applicare anche a gran parte delle istituzioni piemontesi ed io credo lo si possa applicare alla Istituzione Regione e al governo della Regione: si sta navigando a vista.
Questa Giunta si é formata su un programma che ormai é da buttare nel cestino della carta straccia, caro Brizio, perché é un programma che risente di un'altra epoca, di un'analisi che non ha retto lo spazio di poche settimane. Quel programma va completamente riscritto.
Voi vi siete impegnati alcuni mesi fa a venire in Consiglio; in questo periodo, con la proposta di aggiornamento del Piano di sviluppo e con una proposta di raccordo forte tra aggiornamento del Piano di sviluppo programma pluriennale della spesa e impostazione complessiva del bilancio.
Questo dovevate incominciare a fare oggi, dovevate incominciare, sulla base di una analisi che partiva dalle questioni dell'occupazione, ad affrontare questi nodi.
Cosa può fare la Regione, partendo dalla coscienza che siamo di fronte ad uno scenario molto diverso da quello che era presente alcuni mesi fa? Si pongono problemi serissimi di revisione complessiva della politica regionale, della strumentazione della Regione Piemonte, delle leggi dell'uso delle risorse. Quali scelte sono da fare, quali le priorità? Sono scelte difficili, che saranno dolorose. Diversamente, se continuiamo ad inseguire mille rivoli, non riusciremo a fare nulla con le poche risorse ed i pochi poteri che abbiamo.
Ci sono poi i problemi dei nuovi poteri, delle nuove risorse, della riforma regionalista dello Stato. Intanto, sta nella nostra responsabilità misurarci anche sulla base dei poteri, delle risorse, degli strumenti che abbiamo oggi, cercando il modo di gestirli di fronte a questioni di tale natura.
Per questo noi non possiamo assolutamente votare, anzi, voteremo contro un ordine del giorno che non si misura con questi impegni e con queste responsabilità, che non ribadisce queste scadenze e queste esigenze. A tale proposito chiediamo alla Giunta, se ha la forza di farlo, se ha la capacità di farlo, di venire rapidamente in Consiglio con una proposta di revisione del piano regionale di sviluppo, con una proposta di piano pluriennale della spesa, con una proposta di integrazione stretta, vera, fra progetti e risorse, un bilancio che sia raccordato a questi problemi, che sappia scegliere, che sappia esprimere un'effettiva capacità di governo.
In sostanza, chiediamo una verifica della Giunta. Non siamo parte d'ella maggioranza, quindi non si usa che un partito di opposizione chieda la verifica di una maggioranza, di una Giunta di cui non fa parte. Ma questo il problema che si pone. Questa Giunta deve essere messa sotto verifica, perché il programma su cui si é formata non vale assolutamente nulla.
Questo era il punto vero della discussione di oggi, che pero non stato affrontato.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 188 in cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte rilevato che la situazione del sistema economico e produttivo piemontese è preoccupante, soprattutto per la qualità dei problemi strutturali che mettono in evidenza la debolezza del sistema industriale regionale e nazionale che non riesce a mantenere il tasso di crescita al ritmo dei Paesi più avanzati ed ha forti difficoltà a competere sui mercati internazionali valutato che le grandi imprese ed i settori tradizionalmente dell'economia piemontese (auto, informatica, tessile} hanno difficoltà a svolgere quel ruolo traente che è essenziale per accrescere il grado di internalizzazione della nostra economia, per sostenere grandi progetti di innovazione e di sviluppo, per favorire un processo di riconversione ecologica, dell'apparato produttivo e che in questo quadro le piccole e medie imprese, che non hanno le risorse finanziarie per sviluppare una adeguata innovazione e per competere sul mercato globale, sono le più colpite; e ciò ha dei risvolti molto preoccupanti sui livelli occupazionali attuali ed in prospettiva considerato che la crisi di competitività dell'industria piemontese ed italiana è dovuta a due cause principali: eccesso di costi e difetti di qualità dei prodotti; cause dovute principalmente al fatto che il 'sistema paese ' scarica sulla produzione le distorsioni di un sistema in cui il fisco crea sperequazioni e ingiustizie sociali, i servizi sono di bassa qualità, la pubblica amministrazione è scadente, l'innovazione si diffonde lentamente vista l'inadeguatezza dell'analisi e delle proposte contenute nella relazione fatta dall'Assessore al lavoro a nome della Giunta Regionale piemontese; il Consiglio regionale sottolinea la necessità che la Regione svolga un ruolo di programmazione e di indirizzo teso ad accrescere la qualità complessiva del sistema economico e sociale piemontese il Consiglio regionale impegna la Giunta a: 1) sollecitare il Governo a definire programmi di ricerca scientifica e applicata, politiche industriali nazionali e comunitarie, articolate e decentrate a livello regionale 2) utilizzare in modo coordinato, razionale e finalizzato gli strumenti di cui dispone la Regione per lo sviluppo della piccola e media impresa e per una politica attiva del lavoro assicurando loro un adeguato finanziamento 3) riferire periodicamente alle Commissioni consiliari competenti circa l'andamento della situazione produttiva e dell'occupazione nella regione e sulla efficacia degli interventi svolti da parte della Giunta regionale".
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Quest'ordine del giorno é contro la relazione dell'Assessore, quindi noi votiamo contro.



PRESIDENTE

Chi é favorevole é pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno é respinto con 10 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astensioni.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 196 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte ritenuta preoccupante, sotto vari aspetti, la situazione dell'occupazione in Piemonte, sia per l'espulsione dal lavoro in numerosi settori industriali, sia per la crisi e la mancanza di prospettive di sviluppo in settori regionali trainanti quali l'auto, l'informatica, il tessile, sia per le condizioni di insufficiente sicurezza nel lavoro degli occupati, 717 morti e 11715 invalidi permanenti nel periodo 1980-1988, e di cattiva qualità ambientale osservato che tale situazione è connessa alle scelte di politica economica realizzatesi nei paesi sotto la duplice azione degli interessi e proposte delle forze economiche dominanti e delle scelte, concorrenti a quegli obiettivi, operate dal Gommo nazionale ritenuto che l'analisi della situazione occupazionale piemontese debba prendere in considerazione non solo gli elementi di internazionalizzazione della nostra economia e dei relativi parametri di compatibilità propri di una economia di mercato, quali la competitività l'innovazione, la qualità del prodotto, ma debba parimenti affrontare una critica al modo di produzione capitalistico nell'attuale situazione del mondo, a seguito del fallimento dell'economia pianificata di Stato nei paesi dell'Europa orientale ed a seguito del divario crescente tra le condizioni di vita e di lavoro tra il Nord e il Sud del mondo fatti che entrambi richiedono una ridefinizione del modello di sviluppo delle forze produttive, dei modi di produzione, della natura di merci e beni prodotti del vincolo ambientale, del valore inalienabile del lavoro ritenuto in tale prospettiva rilevante la responsabilità del Governo nell'aver determinato un debito pubblico che confligge con le necessità di favorire qualificati investimenti produttivi con effetti positivi sulla occupazione ritenuto che il debito pubblico, che oggi situa l'Italia ai margini dell'Europa, deriva da una vergognosa ingiustizia nel prelievo fiscale, da una politica monetaria di alte rendite finanziarie, da sprechi e tangenti che dissanguano la pubblica amministrazione e che tutto ciò potrebbe essere evitato da misure e scelte di governo alternative a quelle sin qui compiute ritenuto che tale situazione colpisce in particolare modo le piccole medie imprese e l'artigianato e che questi comparti debbano essere quelli da privilegiare in sede di scelte politiche regionali ritenuto che gli impegni prioritari della Regione Piemonte debbano rivolgersi verso la formazione professionale e la programmazione territoriale, impegna la Giunta regionale a 1) richiedere al Governo nazionale un deciso decentramento regionale delle competenze nel settore del lavoro e della programmazione economica quest'ultima con particolare,riguardo alle piccole-medie imprese ed artigianato.
definire strategie tese a favorire concentrazioni operative delle piccole e piccolissime imprese, ad esempio attraverso la sperimentazione di 'distretti produttivi' in modo da sostenere con dotazioni comuni di servizi all'impresa e di strategie di produzione la piccole e media impresa riorientare gli interventi dell'industria pubblica in nuovi settori produttivi con investimenti di lungo termine programmare e sostenere attraverso un disegno di informatizzazione compiuta dei servizi sia un processo reale di ammodernamento dei servizi sia il supporto alla struttura produttiva informatica favorire l'intervento della grande impresa (FIAT) nel Mezzogiorno come scelta strategica per l'economia del Paese sviluppando una seria iniziativa istituzionale in raccordo stretto con le regioni meridionali interessate al fine di garantire a fondo il ruolo diffusivo di imprese e lavoro che può determinare l'intervento della grande impresa esterna favorire processi di rilancio e coordinamento della ricerca a partire da quella di base 2) attuare un concreto coordinamento delle iniziative degli altri livelli del governo locale e delle forze sociali indirizzando lo sviluppo del territorio con atti di programmazione e di investimenti in infrastrutture coerenti con obiettivi di riequilibrio territoriale ed in sintonia con le caratteristiche ambientali 3) individuare le vallate alpine come soggetti di un progetto di rilancio dell'occupazione in montagna, basato sullo sviluppo del turismo ecologico legato all'uso del territorio vallivo, sulle attività di riassetto idrogeologico e di coltivazione dei boschi, sul lancio dell'agricoltura biologica di montagna e dei prodotti caseari connessi all'allevamento alpino 4) unire ad ogni atto di erogazione di finanziamenti pubblici procedure che consentano una valutazione democratica sull'utilità sociale dei processi e dei prodotti così agevolati; 5)richiedere al Governo nazionale il rapido recepimento delle 90 direttive CEE sulla sicurezza del lavoro 6) predisporre con la Direzione Generale INAIL. Consulenza Statistico Attuariale un programma per un'informazione in tempo reale degli infortuni sul lavoro 7) promuovere la massima vigilanza sulla sicurezza delle condizioni di lavoro da parte di tutti i soggetti responsabili." Chi e' favorevole é pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno é respinto con 2 voti favorevoli, 21 contrari e 8 astensioni.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 197 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte sentita la relazione dell'Assessore Cerchio, condividendo l'analisi svolta nella suddetta relazione che ha, in particolare, evidenziato: 1) la tendenza in atto ad un peggioramento dei dati relativi al mercato del lavoro e la crisi dell'occupazione industriale 2) la difficile situazione produttiva ed occupazionale di settori strategici per il Piemonte, quali auto, informatica e tessile, nonché le problematiche che interessano altri comparti dell'industria piemontese 3) le motivate preoccupazioni circa gli effetti sull'occupazione derivanti principalmente da due ordini di fattori: a il persistere della fase recessiva del ciclo economico, la cui ripresa appare in Italia negativamente condizionata dal persistere della pesante condizione della finanza pubblica b- la debolezza strutturale del nostro sistema produttivo a fronte di una competitività internazionale sempre più forte dipendente dall'evoluzione dei mercati e alla loro crescente integrazione c - le modificazioni strutturali in atto a livello internazionale con mercati dove si colloca una quota rilevante della produzione industriale piemontese valutate positivamente le linee di azione prospettate dalla relazione in particolare per quanto concerne: 1- la necessità che a livello nazionale venga data attuazione a nuovi interventi di politica industriale e di politica attiva del lavoro che possano rafforzare le imprese in termini patrimoniali, produttivi e organizzativi e sostenere l'occupazione in particolare delle fasce deboli 2 - l'uso coordinato degli strumenti di intervento disponibili in questo campo a livello regionale, accentuando in particolare l'impegno sul versante dell'innovazione tecnologica, delle aree attrezzate, dei servizi alle imprese 3 - l'attenzione crescente alle opportunità offerte dai programmi di intervento della Comunità Europea; invita 1) il Governo e il Parlamento a porre in essere con sollecitudine adeguate politiche di sostegno al siste-ma , industriale e all'occupazione portando fra l'altro a rapida approvazione la legge che ridefinisce gli interventi per le piccole e medie imprese e quella relativa alla riforma della cassa integrazione 2) il Governo a svolgere una efficace azione in sede comunitaria per interventi di politica industriale che aiutino le imprese europee a rafforzarsi e a mantenere le loro posizioni ed i posti di lavoro che ad esse fanno riferimento 3) le forze politiche nazionali, impegnate nel dibattito sulle riforme istituzionali che riguardano anche le autonomie regionali, a tener conto che un'efficace azione della Regione, per lo sviluppo industriale e il sostegno all'occupazione richiede che alle stesse siano attribuite competenze organiche ben definite e risorse adeguate 4) la Giunta regionale a proseguire nell'uso coordinato degli strumenti di politica attiva del lavoro e di politica industriale oggi disponibili impegnandosi ad accrescere, ove ne esista la disponibilità, i fondi a tal fine destinati e a rivedere, nei casi ritenuti opportuni per l'esperienza acquisita, gli strumenti già in atto 5) la Giunta regionale affinché le iniziative, regionali per il sostegno all'innovazione tecnologica e organizzativa vedano come prioritari i settori della piccola industria e dell'artigianato 6) la Giunta regionale a massimizzare gli effetti occupazionali della spesa (uso ,finalizzato della domanda pubblica alfine di un a crescita strutturale dell'occupazione: esempio spese nei settori ecologico informatico, energia, trasporti, ecc.)." Chi é favorevole é pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno é approvato con 20 voti favorevoli, 9 contrari e 2 astensioni.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Problemi del lavoro e della occupazione

Esame progetto di legge n. 123 "Integrazione dell'articolo 3 della legge regionale 12 novembre 1986, n. 46 istitutiva della Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità fra uomo e donna"


PRESIDENTE

Passiamo al punto n. 5) dell'o.d.g.: "Esame progetto di legge n. 123".
Relatore è il Consigliere Zanoletti che dà per letta la relazione.
Se non vi sono richieste di parola, procediamo alla votazione degli articoli.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'art. 2 é approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale sull'intero testo di legge.
L'esito della votazione é il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 29 Consiglieri L'intero testo di legge é approvato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Informo il Consiglio che domani, per una serie di questioni, potrebbe non aver luogo la Conferenza dei Capigruppo, quindi si può mantenere l'ordine del giorno residuo per la prossima seduta, aggiungendo i provvedimenti che vengono licenziati dalle Commissioni. Ricordo che domani alle ore 11,30 sono convocati i Capigruppo per l'Amiantifera di Balangero.
Sarebbe necessa ria la presenza degli Assessori Cerchio e Garino.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
Il Consiglio regionale sarà convocato il 25/6 prossimo.
La seduta é tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.45)



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