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Dettaglio seduta n.7 del 18/09/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sul problema occupazionale alla FIAT e nell'indotto FIAT e votazione relativi ordini del giorno (seguito)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo il dibattito sul problema occupazionale alla FIAT, di cui al punto 4) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Segre.
SEGRE Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi preme introdurre nel dibattito sul problema FIAT una problematica che ancora non ho sentito affrontare né dai colleghi che mi hanno preceduta né dalle relazioni che questa mattina la Giunta ha presentato e cioè la problematica ambientale che è legata a quella dei sistemi produttivi.
E' evidente che le preoccupazioni che fin qui sono state espresse dai colleghi e dalla Giunta sullo stato di salute dell'economia piemontese toccano tutti quanti. Se si può essere d'accordo sulla diagnosi del male diverse sono le posizioni per quanto riguarda la prognosi e la cura del male stesso. Evidentemente non sta a noi definire la prognosi. L'importante è saper cogliere l'occasione che ci viene data in questo momento, appunto quella di concepire il problema dell'assetto produttivo della nostra regione e l'industria dell'auto non solo dal punto di vista congiunturale.
A me pare che questo sia stato fatto in larga massima questa mattina con la relazione della Giunta e con gli interventi dei Consiglieri, e nell'incontro dell'altro giorno tra i Capigruppo, la FIAT e i rappresentanti delle associazioni industriali.
La collettività umana e globale non può più permettersi di affrontare il problema dell'espansione industriale astraendolo dalle gravissime conseguenze che tale espansione ha sull'ambiente. Volendo dirla in altre parole quella che viene chiamata carrying capacity, cioè la capacità di sopportazione del sistema ambiente, è chiaramente arrivata ai suoi limiti.
Siamo noi Verdi a dirlo più frequentemente e prepotentemente, ma ormai anche molte altre forze dell'opinione pubblica sono arrivate a concepire che non si può più ragionare in termini economici senza porsi dei limiti.
Per di più l'auto ha una duplice funzione, in quanto partecipa doppiamente a questo processo di inquinamento - per voler usare una parola banale - in quanto vi partecipa sia nel momento della produzione sia nel momento dell'uso, che è certamente il momento più importante. Le immissioni inquinanti sono tantissime e le disfunzioni che portano alla città, ma anche a tutto il sistema territoriale in cui le auto si muovono, sono enormi.
Quindi non si può pensare che la produzione di auto possa continuare senza limiti. La crisi attuale probabilmente non sarà di lunga durata in quanto, data la congiuntura internazionale, data l'apertura probabile dei mercati dei Paesi dell'est, sarà facilitata la ripresa dell'attività produttiva. Se effettivamente in questo momento c'è una crisi, si tratta di crisi di offerta più che della domanda, a causa della sovraproduzione.
Se la FIAT usasse un altro parametro per indicare la consistenza della produzione automobilistica, noi forse ne saremmo colpiti in modo diverso ovvero, invece di esprimere la produzione automobilistica in unità di auto prodotte all'anno o al mese, la esprimesse in termini di quantità di immissioni inquinanti nell'atmosfera o in termini di superficie coperta dalle auto in circolazione, probabilmente l'allarme sarebbe più grande in tutti noi e non solo nelle persone più sensibili ai problemi ambientali.
Per quanto riguarda le immissioni in atmosfera gli autoveicoli sono responsabili del 90% di monossido di carbonio, dell'87% di composti organici volatili, del 56% delle particelle sospese e di più del 50% di ossido di azoto, ecc. Quindi una tale situazione non ci può lasciare indifferenti.
E' vero che c'è la preoccupazione per l'occupazione, però il Consiglio regionale deve preoccuparsi di un problema che per la verità ha già affrontato più volte, cioè il conflitto tra ambiente e lavoro. Potrei dilungarmi, per esempio, sul legame strumentale che i dirigenti FIAT hanno compiuto legando il problema dell'attuale crisi dell'industria dell'auto alla situazione energetica del nostro Paese e quindi alle ipotesi di guerra nel Golfo, legame che probabilmente è stato usato per giustificare in anticipo una crisi che avverrà solo l'anno prossimo o comunque in tempi più lunghi.
Per tutti questi motivi mi sembra sia opportuno proporre al Consiglio regionale e ai Gruppi di lavorare per dotarci di strumenti di analisi nuovi di questa, situazione che è la più grande ma anche di situazioni simili in altri settori, che potrebbero essere il tessile il chimico.
Il mio Gruppo ed altri Consiglieri hanno presentato un ordine del giorno, che spero venga discusso al termine di quest'assemblea, nel quale si fa la proposta di istituire una commissione nell'ambito del Consiglio regionale del Piemonte per lo studio dei problemi. Non è più possibile affrontare i problemi economici solo considerando le variabili quantitative, dobbiamo capire che è giunta ormai l'ora in cui dobbiamo prendere in considerazione anche le variabili qualitative, dobbiamo attrezzarci per approntarle e per saperle usare. Mi auguro che questa nostra proposta incontri il favore di altri colleghi. Grazie.



PRESIDENTE

Ha ora facoltà di intervenire il Consigliere Goglio.
GOGLIO Signor Presidente e colleghi Consiglieri, se nella prima seduta del Consiglio regionale, dopo la pausa estiva, ci occupiamo del problema FIAT è perché ci rendiamo conto dell'importanza che questo ha per la nostra Regione, tenendo presente che la Regione Piemonte come istituzione, tramite la Giunta e le Conferenze dei Capigruppo, ha nei giorni scorsi incontrato le rappresentanze sociali interessate alla questione. Mi pare che siamo nei tempi giusti per dibattere con cognizione di causa il problema e trarre qualche conclusione.
La richiesta di cassa integrazione da parte della FIAT è stata una doccia fredda per tutti. è quindi bene fare un'analisi obiettiva della situazione per contribuire a fare chiarezza, ad evitare eccessivi allarmismi e pericolosi contraccolpi psicologici, ma anche facili previsioni solo ottimistiche. Nei primi giorni del mese di luglio qualche quotidiano aveva scritto sulle intenzioni dell'azienda di mettere mano alla cassa integrazione per riequilibrare una situazione che non era più di floridezza. Forse la sorpresa è dovuta alla lunga fase di espansione dell'industria dell'auto come mercato in crescita ininterrotta, dal settembre dell'86 con una breve battuta d'arresto nell'aprile 1988. Il record di bilancio del Gruppo di Corso Marconi e la costante espansione delle vendite avevano alimentato l'illusione di uno sviluppo senza fine.
Forse c'era nei comunicati FIAT un pizzico di trionfalismo. Detto questo però dobbiamo riconoscere che una crisi di mercato diffusa ha investito le case automobilistiche europee e mondiali. La Volvo parla addirittura di licenziamenti di migliaia di operai.
C'è da dire che il fenomeno negativo riguarda per lo più le alte cilindrate che sono quelle più soggette alla moda; non si compra una 164 una Thema o una Mercedes per la pura necessità di avere un mezzo di locomozione e questo fa in modo che il cliente badi meno all'essenziale e si sbizzarrisca di più nella scelta. L'affidabilità è ormai una conquista generale e le reti di assistenza sono diffuse al punto che la scelta non ne viene più influenzata. Quello che invece conta ancora e che può influenzare negativamente la scelta di un'auto può essere, e lo sarà di più in futuro l'aumento del costo della benzina e le minacce che incombono - per motivi che non sto qui a ricordare dalle fonti primarie di approvvigionamento del petrolio.
Indubbiamente la FIAT ne ha risentito più delle altre case europee altrimenti non si spiegherebbero i progressi, anche recenti, delle case estere la cui quota del mercato italiano tende ormai ad avvicinarsi, per la prima volta, a quella della casa di Mirafiori, essendo passata dal 41% del luglio 1989 al 47% di quest'anno. Evidentemente un salto notevole a tutto vantaggio di case direttamente in concorrenza con la FIAT. Questo è forse l'aspetto più inquietante della questione e ci auguriamo che la FIAT riprenda appieno e quanto prima la sua capacità concorrenziale. Forse qualche modello non ha incontrato il favore del pubblico come doveva nelle previsioni, forse qualche nuovo modello era da presentare e ci conforta sapere che la FIAT, come ci hanno confermato nell'incontro di venerdì scorso, ha l'intenzione e le risorse finanziarie necessarie per allestire nuovi modelli visto che gli esperti dicono che nel caso necessitano investimenti di miliardi di dollari. Occorrono però anche quattro o cinque anni di tempo, e noi ci auguriamo che la FIAT abbia previsto tutto questo e affrontato sul serio il problema della qualità sollevata da Romiti e mai accantonata, come ci hanno assicurato nell'ultimo incontro di venerdì.
Dovrei poi dire qualche parola sulle componenti e sull'indotto, ma la relazione dell'Assessore Cerchio di questa mattina era precisa e molto chiara, ha toccato in particolare tutti i punti quindi penso di potervi risparmiare questo mio intervento.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Bresso.
BRESSO Molte delle cose che avrei potuto dire in questo intervento sono state già dette dalla collega Segre, con la quale abbiamo presentato una proposta che dovrebbe essere valutata molto attentamente dalla maggioranza, se non vogliamo perdere questa volta, come già il Piemonte ha perso negli anni '80 (e perdendo il Piemonte ha perso anche l'Italia negli anni '80) un'occasione che, a partire da una situazione difficile per l'economia potrebbe trasformarsi non solo in un possibile rilancio dell'economia piemontese, ma in un rilancio in direzione ambientalmente compatibile e quindi anche un rilancio in una direzione con una prospettiva per il futuro. Le politiche, gli atteggiamenti che ci sono stati proposti questa mattina dagli Assessori ci rivelano una posizione di retroguardia, di fanalino di coda con cui si cerca disperatamente di mantenere in piedi una economia che per il Piemonte e per l'Italia è profondamente distorta a favore dell'auto e rischia quindi di far pagare al Piemonte e all'Italia costi ambientali ed economici molto elevati.
Infatti è noto a tutti che sul piano della realizzazione concreta delle misure di contenimento progressivo dei costi ambientali dell'auto e di miglioramento progressivo della compatibilità, così ardua, fra l'auto e l'ambiente, l'Italia è probabilmente il Paese più in arretrato tra quelli della Comunità europea; sempre indietro, sempre fanalino di coda, sempre in atteggiamento di resistenza rispetto a tutte le normative ambientali.
Non mi farei molte illusioni, se non congiunturali, di poter contare su un rilancio della economia dell'auto basato sui tradizionali meccanismi che hanno consentito la ripresa economica della FIAT in Italia e quindi anche la ripresa dell'economia piemontese negli anni scorsi.
Voglio ricordare alcune cifre che ci dicono come si sia trattato di una situazione congiunturale e particolare che ben difficilmente può essere ripetuta.
Oggi il settore trasporti, di cui l'auto rappresenta la quota più rilevante, rappresenta in maniera diretta, come costi di acquisto e costi di esercizio, oltre il 10,5% circa del reddito nazionale; a cui, se si aggiungono tutti i costi che non rientrano direttamente nell'acquisto e nell'esercizio dei mezzi di trasporto, ma che sono ad esso collegati, dai costi che ogni famiglia sostiene per il garage, l'assicurazione, ecc., ai costi che la collettività sostiene per le strade, le autostrade, gli incidenti, ecc., il peso dell'auto sulla nostra economia è attorno al 15 20%. Questa è la dimensione.
A fronte di questo è avvenuto un fenomeno molto particolare nel periodo delle due crisi petrolifere che il settore dell'auto aveva avuto nel corso degli anni '80: una dinamica della domanda del settore trasporti, trainato in particolare dall'auto, ma anche dallo sviluppo del trasporto merci su gomma, avvenuto nell'ambito dell'apertura ulteriore dei mercati europei l'acquisto dei mezzi di trasporto nel quindicennio a cavallo fra le due crisi petrolifere e il rilancio successivo ha avuto un incremento del 90% a fronte di una domanda complessiva di beni di consumo di poco più del 40%.
Questo ci dice come siamo stati di fronte a una condizione del tutto particolare che non si potrà ripetere, anzi, l'accelerato ricambio del parco autovetture e del parco mezzi di trasporto, che è avvenuto in quel periodo, non poteva non avere (e sta avvenendo) un effetto di rallentamento della dinamica della domanda. D'altronde, il modello di sviluppo italiano era stato analizzato e messo in evidenza come un modello di sviluppo distorto, a favore dell'auto, in cui una serie di consumi di tipo superiore, legati a fasi di evoluzione del reddito, erano stati compressi a favore del consumo auto e di tutto ciò che ad esso è collegato.
Non è pensabile che le cose continuino su questo percorso, non è neppure pensabile che i comportamenti culturali in atto nel nostro Paese e nell'insieme del mondo sviluppato, che portano nel nostro Paese l'auto a rappresentare il 20% dell'investimento del reddito, non vengano modificati.
Siamo di fronte a mutamenti culturali che riguardano piccoli gruppi (ma neanche più troppo piccoli) e che nell'arco di poco tempo riguarderanno masse sempre più grandi di popolazione. Ciò non significa che l'auto sparirà dalla nostra vita, significa che non è immaginabile un ulteriore aumento del peso dell'auto sulla nostra vita e sui nostri redditi (che è quello che interessa alla FIAT), caso mai una sua riduzione.
Non entro su cose che sono già state dette, comunque la progressiva apertura dei mercati non può non comportare una diminuzione del peso della FIAT sul mercato complessivo interno dell'auto del Paese. Le situazioni internazionali con la notissima eccedenza di capacità produttiva globale e mondiale rispetto alla domanda non promettono certo possibili grandi penetrazioni in altri mercati.
Ci sono quindi ragioni economiche, ma ci sono soprattutto ragioni ambientali - le cifre le ha illustrate la collega Segre poco fa - che ci dovrebbero spingere ad affrontare questi problemi con responsabilità, con la responsabilità che ha il Piemonte, regione in cui oltre la metà dell'occupazione è legata al settore dell'auto, responsabilità da una parte per essere l'area dalla quale parte una delle fonti principali del dissesto ambientale nel nostro Paese, promotrice di una cultura distorta rispetto alla già dominante cultura dell'auto rispetto al resto del mondo, ma soprattutto perché sarà la Regione che pagherà i maggiori prezzi. Quindi non possiamo non farci carico di affrontare la fase che inizia adesso e che porterà una nuova ristrutturazione in questo campo, e dovremo affrontarla non più solo in termini di ristrutturazione produttiva ed occupazionale, ma in termini di ristrutturazione più complessiva sul piano ambientale peraltro, attraverso una accelerazione degli investimenti necessari per rendere l'auto meno incompatibile con l'ambiente. Investimenti che sono previsti a livello di Comunità europea, che possono essere al massimo ritardati, ma non certo non effettuati. Una accelerazione dunque di questi processi, una attenzione maggiore alla programmazione degli interventi che in questo settore devono portare al raggiungimento della compatibilità, una richiesta al Governo nazionale di una attenzione attraverso l'uso, come diciamo nell'ordine del giorno, delle convenzioni o degli accordi di programma, una attenzione al fatto che dal Piemonte si chiede di far partire un processo che investa gli aspetti ambientali interni ed esterni al luogo di lavoro perché, come sapete, si sta riaprendo una serie di problemi relativamente alle condizioni di lavoro, ai ritmi, ai rischi nell'ambiente di lavoro. Tutte queste questioni certamente comporteranno investimenti, comporteranno capacità progettuale, innovazione, ma potranno portare il Piemonte ad essere una punta avanzata invece che la solita punta arretrata. Ormai in Germania gli imprenditori più avvertiti sanno che si salverà nella crisi ambientale, che sarà anche crisi di moltissimi settori produttivi, chi avrà avuto la capacita di innovare radicalmente per primo e quindi di essere detentore non di tecnologie da comprare ma di tecnologie avanzate da vendere sul piano ambientale.
Questo è il senso della nostra proposta. Vi preghiamo di leggerla non come una proposta di parte, di un Gruppo di consiglieri particolarmente attenti alle questioni ambientali, ma come un problema che coinvolge profondamente la qualità della vita in Piemonte, ma anche la qualità della vita attraverso le condizioni dell'economia piemontese.
Questa occasione potrebbe essere quella dell'avvio di una commissione d'indagine, che attraverso una serie opportuna di audizioni e di proposte successive, anche coinvolgendo i Ministeri dell'ambiente e dell'industria faccia del Piemonte il promotore di questa iniziativa. Se invece non riusciamo a trovare un momento forte di rilancio della capacità di iniziativa di questa Regione, rischiamo di avere in questa vicenda il solito ruolo di sollecitatori di finanziamenti, senza una precisa finalizzazione se non quella di salvaguardare temporaneamente l'occupazione, perché ogni problema strutturale finisce per trasformarsi in un costo economico e sociale che viene pagato sia dall'azienda che dai lavoratori: rischiamo di avere un ruolo di puri portatori di petizioni, di richieste, di intenti, oppure rischiamo di non avere nessun ruolo e di restare semplicemente alla finestra.
Credo che abbiamo un'occasione per avviare, partendo da una regione che ha grandi risorse, un pezzo del processo di riconversione ambientale ecologica dell'economia, tema su cui dovremo dibattere certamente tutto il prossimo quinquennio e nei prossimi decenni, tanto è lungo e complesso. Un pezzo importante potrebbe partire da qui e credo sia l'occasione buona per cominciare a fare i primi passi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Squillario.
SQUILLARIO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non posso non condividere quanto stamattina è stato detto dai due assessori, che mi pare oggettivamente fondato, anche per il riferimento e l'inquadramento in un disegno più complessivo e non limitato al problema FIAT. Se è vero quanto qualcuno spiritosamente ha detto che se la FIAT fa uno starnuto, il Piemonte si mette a letto per non prendersi l'influenza, mi pare che dovremmo chiederci se possiamo fare qualcosa perché questo non accada.
Debbo dire che sono altresì d'accordo con chi ha detto che dovremmo preoccuparci di più della cassa integrazione straordinaria a cui sono soggette molte piccole e medie aziende, piuttosto di quanto ci preoccupiamo della cassa integrazione ordinaria della FIAT.
Da quanto hanno detto gli Assessori stamani mi pare che dobbiamo trarre alcune conseguenze non solo di orientamento ma anche di lavoro, per quanto di competenza, del nostro Consiglio regionale. Perché se è vero quanto è stato qui sottolineato dall'Assessore Vetrino, che vi è un rallentamento dei consumi durevoli, è evidente che quanto vale per la FIAT vale in modo analogo per il settore tessile, specialmente per il tessile biellese di alto livello.
Credo che questa situazione non sia superabile nel breve periodo perché, se la crisi transitoria della FIAT è legata al rallentamento della seconda o addirittura della terza motorizzazione, c'è da chiedersi fino a quando potrà esserci uno sviluppo e se questo è auspicabile. Sotto questo aspetto quanto hanno detto i Consiglieri Segre e Bresso è condivisibile.
A me pare che nel prossimo futuro non sia ragionevolmente prevedibile un nuovo balzo in avanti del settore dell'auto e non è neanche augurabile.
Così pure il rallentamento degli investimenti, a cui ha fatto riferimento anche l'Assessore Cerchio, non mi pare facilmente superabile, perché gli investimenti nella nostra economia dipendono in larga parte dall'innovazione tecnologica che non è facilmente ritrovabile sul mercato ci vuole chi la studia e chi la propone. Sotto questo aspetto i prossimi due o tre anni segneranno un rallentamento.
Tutto questo evidentemente porta una tensione sui prezzi, per molti aspetti alimentata dal grave disavanzo pubblico, che tiene alti i tassi di interesse perché lo Stato deve indebitarsi. Probabilmente hanno ragione quegli economisti che prevedono per i prossimi due anni una fase di stagnazione, cioè stagnazione e nello stesso tempo inflazione strisciante ma abbastanza consistente. Le ragioni di tutto questo sono, a mio modo di vedere, abbastanza profonde e si riferiscono anche al concetto di imprenditorialità.
Questa mattina l'Assessore Vetrino si è scagliata giustamente contro il disavanzo pubblico: vorrei però ricordare che la crisi di alcune industrie minori è un problema di mancanza di autofinanziamento. Se la festa è finita, come ha detto qualcuno, in realtà a questa festa abbiamo partecipato tutti, ma vi hanno partecipato anche certe aziende che hanno speso per proprio conto, non per l'innovazione, tutto quanto hanno guadagnato in questi ultimi sette-otto anni.
E' stata ricordata dall'Assessore Vetrino la necessità di un invito di moderazione alla banche. Le banche fra tanti difetti hanno però il pregio della cultura dei numeri, per cui se l'indebitamento di un'impresa arriva o supera la metà del fatturato (per quanto questo sia alto), è evidente che utile reale non c'è, e quindi parte l'azione per il rientro. Come se ne esce da questa situazione? Non sono certo io in grado di dare le medicine né a livello nazionale né a livello locale. La cura è stata però già indicata dai due Assessori e in alcuni interventi: essa consiste anzitutto nell'innovazione esasperata, non solo dei prodotti, ma anche del modo di produrre; quindi una estrema flessibilità anche della capacità produttiva delle imprese e una seria riduzione dell'indebitamento pubblico, ma anche del ricorso eccessivo al credito per molte ditte. L'autofinanziamento o la sua mancanza spiega perché molte ditte stanno in piedi e molte altre cadono.
Non credo però che si debba essere pessimisti. Ricollegandomi al concetto di ambiente, credo che il Piemonte, il quale ha una tradizione così variegata di impegno imprenditoriale, possa attestarsi su uno sviluppo diverso, non certo eliminando la FIA T, ma diversificando la produzione.
In Italia ogni anno nascono 300 mila nuove attività imprenditoriali, ma nel giro di due anni se ne perdono per strada la metà. Questo perché si fa poco o niente per quanto riguarda il sostegno alle nuove attività imprenditoriali di medio e piccolo livello a differenza di altre nazioni ove esistono agenzie a livello nazionale.
Ho sentito stamattina con molto favore quanto ha detto l'Assessore Vetrino che, tra le iniziative di rilancio della legge n. 56, si punterà sull'innovazione tecnologica e si creerà una apposita agenzia. E' un campo specifico nel quale la Regione deve intervenire, perché non c'è da attendersi che la legge in discussione in Parlamento sulle piccole e medie industrie abbia un esito celere e positivo.
Fra gli impegni della Regione sottolineo quanto è stato detto dagli Assessori Cerchio e Vetrino: anzitutto la formazione professionale. A tal fine occorre che la Regione sostenga quanto ha creato in questo campo: mi riferisco, per quanto riguarda Biella, al problema di Texilia. Occorre che questa società sia ricapitalizzata secondo legge. Se veramente il Ministero del lavoro, che ha convocato questa società, vuole affidarle il compito della formazione professionale e dell'innovazione in Piemonte, in Lombardia ed in Toscana, è evidente che non può farlo con l'attuale capitalizzazione e non può farlo nemmeno con gli attuali fondi che sono di semplice routine.
Fondi straordinari potranno arrivare dal Ministero, ma è più necessaria la ricapitalizzazione della Società perché possa funzionare. Sempre nel campo della innovazione nel Biellese, si svolgerà in ottobre una rassegna per la creazione di nuove imprese. Questa iniziativa ha ottenuto una partecipazione diffusa di enti, ditte private, il che significa che c'è la sentita necessità, senza negare la validità della grande impresa, di puntare specialmente in Piemonte sulla media e sulla piccola impresa.
L'Italia ha una ricchezza di iniziative e di capacità in questo campo: il lavoro autonomo in Italia si attesta infatti sul 30% rispetto al 12% della Germania. Cerchiamo in definitiva di sfruttare questa realtà, perch l'avvenire del Piemonte può trame grande vantaggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.
BOSIO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei richiamare una questione che in una discussione come questa e di fronte alla natura dei problemi, è necessaria. Credo che occorra evitare la tentazione degli ideologismi o, peggio, dei dogmatismi. Nell'affrontare la questione che riguarda la più grande concentrazione produttiva, ma anche economica finanziaria e politica, del nostro Paese, possiamo restare un po' tutti chi per un verso chi per l'altro, presi dall'esigenza di fissare le posizioni. Mi pare che l'introduzione svolta dal Vicepresidente e dall'Assessore fosse formidabilmente viziata da "ideologismo" delle parole.
Le parole sono vere in tanti sensi, ma al tempo stesso possono essere niente di niente.
Siamo in una fase congiunturale dei mercati internazionali che vedono una contrazione dei volumi di vendita, in particolare nel settore auto, ma sappiamo anche che non bisogna mai assumere totalmente le definizioni e le parole: fase congiunturale vuol dire molto e vuol dire niente: se non si interviene, interviene qualcun altro: se si interviene male si fanno obiettivamente dei guasti. Sotto il profilo dei singoli interventi va tutto bene, saranno registrati, abbiamo scritto congiuntura: ci daranno la laurea ad honorem in economia.
Come hanno già detto i compagni del Gruppo che mi hanno preceduto, noi ci troviamo, senza demonizzare e senza puntare indici accusatori aprioristicamente, ad un punto cruciale: siamo di fronte a difficoltà strutturali del complesso FIAT, per quanto riguarda le produzioni industriali, in particolare le auto, e non a difficoltà della FIAT sotto il profilo economico e finanziario. Una delle ragioni sta nella posizione assunta qualche anno fa dalla FIAT, quando nella scelta tra chi doveva dirigere l'intero complesso non si è privilegiata la produzione industriale, le auto, la meccanica, ma si è privilegiata la natura finanziaria, politica, economica e generale della FIAT. Mi riferisco al momento in cui Ghidella se n'è andato. La FIAT ha preferito a quei tempi fare una grande battaglia: ha voluto affermarsi in Italia come uno dei pochi, veri, grandi poteri capaci di intervenire e di comandare sulla scena della politica economica e sociale del nostro Paese. Era una scelta. Lo ha fatto anche con gli scontri interni. Ha liquidato la testa che invece pensava di consolidare la struttura produttiva meccanica del settore, da cui è nata la FIAT. Sono prevalse altre posizioni. Prendiamone atto registriamo anche alcuni dati. Il governo regionale tre o quattro anni fa aveva registrato quel fatto come una normalità, come efficienza e già era di pentapartito.
Insomma, vogliamo ragionare sulle cose per quello che consente il tempo? Questa è una crisi strutturale rischiosa. Nessuno drammatizza, certo ma va affrontata in tanti modi perché è complessa.
C'è una contrazione dei volumi di vendita e di mercato a livello internazionale che registrano la Volvo, la Mercedes, la Volkswagen, le case giapponesi, la Renault: tutte registrano la congiuntura, ma la FIAT, a fronte di una riduzione del 3/4 per cento registra il 9-11 per cento. Le differenze sono rilevanti e il management della FIAT probabilmente agli incontri non lo dirà, dirà quel che gli serve, farà la sua parte. Allora, a ognuno esattamente la sua parte.
Questa mattina ho sentito dire nelle due introduzioni, che si tratta di una crisi congiunturale che non coinvolge tanto il settore di produzione medio-alta. Badate che coinvolge in primo luogo il settore di produzione medio-alto della FIAT. Quantitativamente no, perché di FIAT Uno se ne producono 4.000 al giorno, ma per la Thema, per la Croma la caduta percentuale delle vendite è doppia, tripla rispetto a quella della piccola cilindrata. E anche questo è un indicatore dei problemi che fanno capo a quello snodo complicatissimo, drammatico, che è politico, che è gestionale che va sotto il nome di qualità totale. Ovvero la FIAT sta perdendo fette e quote di mercato per due ragioni che si legano tra di loro: l'affidabilità reale del prodotto e i costi. Si dice che le auto FIAT costano meno. Non è così! Certi regimi di tipo quasi monopolistico, come quelli presenti nel nostro Paese dal punto di vista della produzione e della vendita dell'auto certo consentono molti giochi.
Indicherò in modo rapidissimo due punti che possono spiegare la storia di questi anni. Nel decennio passato si sono fatti due grandi errori accompagnati alla questione del cosiddetto management ovvero la capacità di direzione industriale, produttiva che è stata fonte di un grande scontro interno alla FIAT, che è stata fonte della ridislocazione dei poteri democratici, politici, istituzionali nel nostro Paese. Queste due questioni sono state la spinta a fondo sull'automazione e automatizzazione di tutta una serie di processi produttivi; inoltre i bassi salari che comportano obiettivamente una bassa qualità e qualificazione del lavoratore. Il risultato è un prodotto che dal punto di vista della vendibilità e della qualità non regge alla concorrenza, non regge sui mercati. Il punto che ha presente in primo luogo il gruppo dirigente della FIAT, lo scontro interno su quale deve essere il concetto e la filosofia guida, è esattamente questo.
Ho richiamato questo punto perché è compito del governo regionale, dei lavoratori, delle Organizzazioni sindacali, del Partito di cui faccio parte considerare la necessità e l'urgenza di intervenire in una situazione non congiunturale, tentando di riaffermare una condizione nuova del lavoro, dei lavoratori, della qualità, della qualificazione, della cultura dell'operare e del lavorare. Tutto ciò comporta la correzione, non dico automatica, ma organizzata, della fabbrica fordista e taylorista, concezione non superata alla FIAT. Lo si dice a parole, ma non è così né nella filosofia, n nell'organizzazione del lavoro. Si deve passare sul serio ad una nuova concezione del lavoro, che però deve fare i conti con nuove relazioni industriali, con una nuova concezione della democrazia. E badate, occorre che facciano i conti con questo anche il governo nazionale e regionale. La struttura e l'organizzazione delle fabbriche, vecchie o nuove, nel nostro Paese ancora oggi è la struttura e l'organizzazione della società. Se si mortificano le forze, quelle che in fabbrica e fuori possono essere portatrici di un obiettivo valore democratico, come sono i lavoratori l'operaio, il tecnico, si spiegano le crisi congiunturali, ricorrenti e non ricorrenti della FIAT o della struttura produttiva nazionale; ma si spiega anche la crisi più generale e profonda della democrazia e delle istituzioni democratiche e della società italiana. Questo dato va colto, non per fare dietro i grandi discorsi il vuoto di intervento, ma per capire che non siamo di fronte ad un problemino congiunturale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa mattina ho ascoltato con molta attenzione le due relazioni presentate dalla Giunta che hanno messo in risalto i diversi aspetti che oggi interessano il nostro sistema industriale, esaminati alla luce di una cassa integrazione FIAT di cui da qualche tempo ormai si parlava e che è diventata una certezza nei giorni scorsi.
Rispetto a questa nuova situazione abbiamo avuto da una parte un eccesso di allarmismo e dall'altra un eccesso di ottimismo. Eccesso di allarmismo non giustificato, tenuto conto della situazione sostanzialmente non drammatica esistente oggi all'interno dell'azienda FIAT e delle reazioni sindacali rispetto a questa proposta del mondo del lavoro, sereno malgrado tutto. Situazione ben diversa da quando, qualche anno fa, venivano annunciate le casse integrazioni che erano l'anticamera del licenziamento coscienti che si tratta di una cassa integrazione di sfogo, che scarica sul sistema pubblico alcune tensioni di carattere produttivo interno di azienda (non certamente qualcosa che vada a mettere in crisi l'economicità e le prospettive dell'azienda), che non ha bloccato il turn-over dell'azienda almeno per i settori che non ne sono stati toccati. In sostanza, non c'è all'interno dell'azienda FIAT una minaccia dell'occupazione. Mi pare che tutti gli interventi che sono stati fatti questa mattina in quest'aula avessero presente questo dato. Si è parlato molto della politica FIAT delle prospettive e degli errori, però mai si è posta in discussione una prospettiva drammatica per l'azienda stessa. Questo contrasta con quella nota di eccessivo allarmismo che in un primo momento c'era stata; ma anche l'eccessivo ottimismo mi sembra azzardato.
E' innegabile che il sistema industriale italiano, e piemontese in particolare, stia entrando in un periodo meno favorevole: non c'è soltanto la cassa integrazione FIAT, abbiamo tutta una serie di altre situazioni che preoccupano di più, non tanto per il numero dei dipendenti coinvolti quanto per le prospettive vere che avranno: ad esempio l'Olivetti, l'Indesit, il settore tessile e gran parte dell'indotto FIAT, che risentirà di questa cassa integrazione e di questo grave contenimento della produzione.
In buona sostanza, al di là della crisi del Golfo, che non è un fatto drammatico sul piano strettamente produttivo ed economico, la cassa integrazione ha messo in evidenza che il sistema industriale della nostra regione ha il fiato corto per diverse ragioni.
Questa mattina si è detto che è mancata da molto tempo una politica industriale per la piccola e media impresa. E' vero, purtroppo è giacente alla Camera un disegno di legge che darebbe notevole respiro al sistema della piccola impresa; disegno di legge innovativo che va a coinvolgere anche il mondo dell'artigianato. Però non soltanto a livello governativo c'è stata una carenza di politica industriale, forse anche in questa regione non siamo stati capaci, nei trascorsi dieci-quindici anni, a darci una vera politica industriale. Pochissime sono state le iniziative di carattere industriale, di proposta e di rilancio industriale avute nella scorsa legislatura. Ne cito solo una: la legge n. 56, nata da un approfondimento serio avvenuto all'interno di questo Consiglio regionale che ha dato vita all'unica legge che è permeata di una cultura industriale vera. Poi, però, non si è fatta una politica industriale, quando troppo in fretta e senza i necessari approfondimenti la classe politica dirigente italiana ha accantonato il nucleare. E' curioso che il Presidente del Consiglio Andreotti qualche giorno fa abbia detto che forse avevamo accantonato il nucleare troppo in fretta. Non credo sia ripresentabile oggi, perché non si fanno politiche energetiche cambiando ogni tre anni i propri orientamenti; però certamente oggi una delle remore alla crescita del sistema industriale della nostra regione è la carenza energetica. Se voi lo chiedete all'ENEL. vi dirà che disincentiva gli insediamenti produttivi in Piemonte non garantendo il necessario fabbisogno di energia elettrica. Questo è stato un primo errore, ma devo dire che tutta una serie di occasioni mancate si possono individuare da parte nostra, visto che il sistema più debole è certamente quello della piccola e media imprese quello che dovrebbe essere in qualche modo più vicino alle competenze della Regione Piemonte. Credo che più che andare ad individuare responsabilità e doveri altrui (cosa che pur bisogna fare) dovremmo capire con maggiore precisione e puntualità quelli che devono essere i nostri impegni futuri.
La piccola impresa ne risente di più perché non ha la forza di reagire a quello che è l'ambiente esterno: è condizionata, vive in una sorta di simbiosi con l'ambiente esterno, per cui se l'ambiente esterno è in grado di crescere, cresce anch'essa, ma se l'ambiente esterno non è in grado di dare questi elementi di crescita anche la piccola impresa è costretta a morire. Perciò, partendo da queste considerazioni, dovremmo reimpostare la nostra attività degli anni futuri tenendo presenti alcune cose. In primo luogo massimizzare nel prossimo bilancio le risorse per il sistema della piccola e media impresa. Le risorse sono sempre state molto scarse e sarebbe contraddittorio parlare oggi di questo problema: soprattutto se nel momento in cui dovessimo approvare il bilancio scoprissimo che per il settore produttivo, l'artigianato e il commercio non ci sono risorse.
Occorre fare delle scelte importanti: il bilancio della Regione Piemonte è povero, per cui, quando non si hanno risorse ma bisogna spendere in certi settori, occorre privilegiare le leggi che hanno la finalità e la capacità di creare nuova ricchezza, nuova produzione, nuova occupazione ed innovare il nostro sistema. Oggi ho sentito parlare anche di formazione professionale ed a questo proposito mi spiace che non sia presente l'Assessore Cerchio. L'Assessore Cerchio questa mattina parlava della formazione professionale, e dal momento che è l'Assessore competente penso parlasse con cognizione di causa, dicendo che qualcosa doveva cambiare da parte dell'istituzione, degli imprenditori e dei sindacati. Credo di dover sottoscrivere questo proposito: infatti qualcosa deve cambiare e il programma che abbiamo approvato tutti prevede un cambiamento forte pesante. Noi speriamo, e glielo faremo sapere quando lo vedremo prossimamente, che quando si presenteranno i nuovi piani della formazione professionale si manifestino questi elementi nuovi, sapendo che non potranno essere immediati ma che comunque la tendenza deve essere quella.
Per il Partito repubblicano è una cartina di tornasole questo nuovo modo di affrontare la formazione professionale: delego l'Assessore Vetrino ad informare la Giunta di questo particolare.
C'è un altro punto che vorrei toccare: ho sentito parlare anche di problemi relativi all'attività promozionale. La piccola impresa ha bisogno di un supporto promozionale per trovare ed affrontare nuovi mercati. E' ammirevole sotto certi punti di vista lo sforzo che Promark e il centro estero fanno (non voglio qui, almeno per ora, aprire una polemica che è stata già troppo lunga in passato su queste cose). Occorre però chiarire che per evitare che le attività promozionali fossero un fatto puramente casuale (e sulla base dell'invenzione di qualcuno), si era pensato di creare una apposita Commissione tecnica, prevista appunto dalla legge 32 dell'87, che andasse ad indicare quali erano i mercati da affrontare e quali fossero le situazioni più favorevoli al sistema Piemonte per affrontare i mercati stranieri. Fino adesso non è mai stato fatto, ma credo che dovrebbe essere attuato, in modo che anche chi vuole esportare possa avere un riferimento.
Un'ultima questione e chiudo, signor Presidente. Ben prima che certi risultati elettorali facessero emergere in quest'aula la moda della questione settentrionale, avevamo posto un problema serio per l'intero sistema industriale del nord Italia, sapendo che è debole, che non è in grado di affrontare la nuova realtà che ci sarà nel 1992. Per affrontare questa nuova realtà abbiamo bisogno di grandi risorse; quindi solo dando grandi risorse al sistema industriale anche del nord è possibile creare le condizioni affinché l'intero sistema industriale (compreso quello del sud) possa crescere ed andare avanti. Credo che occorra fare una politica industriale anche in questa regione. Noi crediamo e speriamo che quella politica industriale che non siamo riusciti a fare negli anni passati riusciremo a farla nei prossimi cinque anni. Di questo facciamo carico alla Giunta. Siamo convinti che questa legislatura saprà affrontare in modo diverso i problemi della politica industriale della nostra Regione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.
CHIEZZI Signor Presidente, colleghe e colleghi, le fortune o le difficoltà di un'azienda derivano da molteplici fattori sia di carattere interno produttivo, di organizzazione aziendale, di qualità del prodotto, sia da caratteri rivolti all'esterno della propria attività aziendale. Penso che in una discussione in Consiglio regionale sulle difficoltà che la FIAT, e di conseguenza il sistema industriale piemontese, risulta avere per la preoccupante messa in cassa integrazione di 35 mila persone, non si debba trascurare alcun fattore. Non c'è una sola causa scatenante sulla quale concentrare l'attenzione quando Si parla di sistema industriale e della sua crisi o quando si parla di una crisi di una grande impresa come la FIAT.
Nel mio intervento vorrei quindi sottolineare uno degli aspetti e dei condizionamenti che possono incidere sulla buona salute anche della FIAT.
Sottolineo un aspetto che vede la Regione Piemonte svolgere un ruolo proprio. Quando parliamo dei massimi sistemi va tutto bene, ma penso che particolare attenzione si debba porre a che cosa si può fare concretamente.
Si può fare anche molto dal punto di vista politico, però poi bisogna far forza con le competenze che abbiamo. Ad esempio, collegando le responsabilità della Regione con una delle difficoltà che ha, in questo momento di crisi, la FIAT: insufficienti relazioni industriali a livello internazionale, soprattutto con le altre case automobilistiche europee. A questo proposito vi è la necessità che la FIAT intrattenga e proietti la propria azione futura anche a livello europeo, non trascurando alleanze con altre case automobilistiche. Devo dire, da questo punto di vista, che vi è una situazione, che è stata indotta sia dalla FIAT e sia dal comportamento degli enti locali, che ha messo in una certa difficoltà la FIAT. Mi riferisco al fatto che la Regione Piemonte ha mancato, dal punto di vista dell'assetto territoriale, al proprio ruolo propositivo.
Sappiamo che l'azienda FIAT, la città e la regione intera, hanno subito qualche difficoltà in un momento culminante, dal punto di vista promozionale dell'attività della casa automobilistica, quello del Salone dell'automobile. Sappiamo che nell'ultimo Salone dell'automobile ci sono state importanti defezioni a livello internazionale e molte case europee hanno espresso esplicitamente malumore nei confronti del Salone dell'automobile ubicato al Lingotto.
Non sarà questa la causa principe, ma penso che una riflessione, da parte dei responsabili della Regione Piemonte, su cosa ha fatto la Regione affinché la FIAT, produttrice di automobili, potesse trovare un ambiente urbano organizzato al meglio, debba essere fatta. Bisogna farla in relazione al fatto che l'attuale organizzazione territoriale dell'attività promozionale più importante del prodotto FIAT, è avvenuta sulla base non di una volontà espressa dalla Regione Piemonte o dal Comune di Torino, ma a rimorchio di ipotesi e scelte formulate dalla FIAT.
La FIAT ha affrontato la questione da un punto di vista puramente aziendale. La FIAT ha un fabbricato che dal punto di vista industriale ha valore zero (non serve più all'attività industriale). In assenza di un ruolo forte sia del Comune di Torino che della Regione Piemonte, ha avanzato una proposta aziendalista di massima valorizzazione del proprio immobile. Nel vuoto di proposte da parte delle istituzioni, la FIAT si è fatta avanti, a mio modo di vedere, con una logica del passato "di carattere speculativo", cercando di trarre la massima valorizzazione da questa area e da questi immobili. Ha avanzato la proposta che tutti sappiamo, di edificare all'interno del Lingotto, utilizzando tutte le volumetrie esistenti, quelle belle, quelle meno belle, quelle decisamente brutte e da abbattere, densificando l'area di attività, in modo tale da poter lucrare il massimo utile possibile, non accorgendosi in questo modo che - è un titolo di "Repubblica" del novembre 1989 - creava delle difficoltà a livello dei rapporti con le altre case automobilistiche: "Il Lingotto non ci piace. Esporre lì costa troppo, soprattutto in rapporto ai benefici che se ne ottengono. Ci si sente in casa FIAT, persino i guardiani hanno lo stemma della casa torinese". La Regione Piemonte non deve trascurare questo aspetto, perché è un aspetto proprio dei compiti della Regione quello di realizzare una pianificazione agli obiettivi di riqualificazione territoriale.
Uno degli sbocchi dell'economia piemontese può essere il rafforzamento del proprio sistema fieristico. Questo obiettivo può essere perseguito se ci sono programmi seri, se le strutture che si mettono a disposizione delle case automobilistiche (visto che stiamo parlando di problemi dell'automobile), sono strutture competitive sia a livello nazionale sia a livello internazionale. Ebbene, il Lingotto per tanti motivi non lo è, non solo perché è "targato FIAT", ma anche perché è situato in una zona di Torino poco accessibile, molto congestionata, che ha bisogno di servizi locali. Non solo. Nel Lingotto si vogliono affiancare funzioni che francamente sono incompatibili tra loro: l'attività di studio e di ricerca non è compatibile con i chiassosi commerci o con un centro fieristico.
Quello che chiedo è che la Regione Piemonte affronti questo tema proponendo un grande centro fieristico, nuovo, moderno, situato in un 'area accessibile e dotato di moderne strutture. Per questo è necessario che la Regione Piemonte ridiscuta un atto che la Giunta regionale uscente ha compiuto in assenza del Consiglio regionale. E' un atto che non ho per nulla apprezzato, perché ha sottratto la possibilità del Consiglio di discutere una questione importante che condizionerà lo sviluppo del Piemonte.
Ho presentato un ordine del giorno nel quale propongo che il Consiglio regionale impegni la Giunta a portare in quest'aula il problema del nuovo centro fieristico, ritenendo sbagliata l'ubicazione al Lingotto.
La Regione realizzi concretamente la propria attività di pianificazione, che può essere positiva non soltanto nei confronti dell'azienda di cui si sta discutendo, ma anche delle miriadi di piccole e medie aziende che hanno problemi di rilocalizzazione o di miglior localizzazione dei propri impianti. Da questo punto di vista teniamo presente che molto possono fare gli enti pubblici, sia il Governo nazionale che le istituzioni elettive. Individuare aree, l'acquisizione di aree da mettere a disposizione del settore produttivo, soprattutto della piccola: e media impresa, è compito proprio della Regione Piemonte.
In questi ultimi cinque anni sappiamo che la Regione Piemonte in questo settore non ha prodotto nulla. La nuova Giunta ha un nuovo Assessore.
Chiediamo che ci sia una discussione approfondita e seria sulla pianificazione territoriale, che ha un risvolto immediato anche sulle prospettive della FIAT.
A mio avviso, la situazione della FIAT è aggravata anche dall'assenza di proposte da parte degli enti locali. In questo vuoto la FIAT ha scelto da sola, trovando la condiscendenza delle Amministrazioni pubbliche. In questi anni la "decisione di fabbrica" ha prevalso sulle autonome decisioni dei poteri locali. Questa mi sembra una tendenza da invertire. Nelle grandi scelte territoriali la FIAT non può farcela da sola, così facendo forse sono più grandi i danni alla propria immagine, che i benefici che pu trarre dall'utilizzo delle rendite acquisite sulle proprie aree. C'è bisogno di un governo pubblico forte, autorevole e soprattutto lungimirante, che guardi agli interessi di tutti.
Per questo motivo ho proposto un ordine del giorno nel quale si richiede una discussione promossa dalla Giunta regionale sul futuro centro fieristico dell'area torinese.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, viviamo la seconda giornata di questa questione, dopo aver vissuto quella a mani guantate nella sala al piano di sopra, dove da una parte c'era la prudenza di chi doveva difendere un'immagine e dall'altra il timore delle Organizzazioni Sindacali di maramaldeggiare qualcuno rispetto al quale si cerca di ottenere il massimo nel futuro contratto. E quindi mi sembra giusto che il Consiglio regionale abbia voluto in proprio, con i pochi strumenti di analisi di cui dispone fare una riflessione che sicuramente va al di là delle questioni così come le abbiamo ascoltate nella conversazione.
Se devo dire un limite che ha avuto questa discussione, secondo il nostro Gruppo, è che è rimasta per larga parte una riflessione a ruota libera, non finalizzata a quello che è l'obbligo di un'assemblea di produrre alla fine un risultato. Risultato che non può essere soltanto l'ordine del giorno, che ovviamente e ritualmente voteremo, ma soprattutto un dibattito che sappia cogliere gli elementi centrali della questione. E devo dire - non me ne vogliano gli Assessori - che i due elementi più significativi portati in questa discussione, dal punto di vista dell'essenza della questione, li ha colti l'opposizione. Li ha colti, a mio 'modo di vedere, con l'intervento del collega Marengo quando ha ammesso quasi provocato dalla sua stessa intelligenza, che la qualità totale non è una questione che sta all'interno dell'azienda, ma che coinvolge il sistema: e dall'altra parte il collega Bosio, quando ci ha ricordato che il problema vero è quello di recuperare a questa regione la sua caratteristica e la sua storia, che è la cultura del lavoro e la cultura del fare. Queste sono a mio modo di vedere le questioni politiche vere, soprattutto di un inizio di legislatura, perché sono le questioni sulle quali questa Giunta e questa maggioranza misureranno la loro capacità di governare. Possiamo disputare a lungo sulla natura dei problemi che investono l'azienda torinese: congiunturale o strutturale. Ma siamo tutti convinti che esiste una fase strutturale che ci aspetta, il confronto sulla qualità totale.
La qualità totale è semplicemente la presa d'atto che i margini della concorrenza si sono ridotti molto, quindi non sono più accettabili i difetti, mentre in spazi di concorrenza ampi evidentemente si riescono a vendere prodotti che hanno largo margine di non qualità. E' evidente che con l'esasperazione della concorrenza i livelli di qualità debbano essere perfetti o quasi. Questo probabilmente sarà lo scenario sul quale si misurerà il Piemonte, e con buona pace del collega che viene da Biella questa è una Regione di santi, poeti e non navigatori, ma produttori e imprenditori. Questa è la sua caratteristica e la difendiamo. E' certo che questa legislatura verrà giudicata dalla storia del Piemonte per come il sistema si sarà saputo confrontare con il problema della sfida sulla qualità totale. Il sistema nel suo complesso: il sistema industriale per la parte che gli compete ed il sistema della cosiddetta società civile per la altrettanta parte che gli compete. Su questo argomento, stimolante ed esaltante, qualche elemento di insufficienza da parte della maggioranza e della Giunta c'è stato. Se non è così rischiamo l'errore che commetteva Chiezzi, di ritenere che l'azienda pensi di poter decidere e fare da sola lo ho troppo rispetto dei miei simili, dal collega Chiezzi all'avv.
Agnelli, da sapere che né Chiezzi né Agnelli immaginano che una società moderna possa ancora immaginare delle isole felici. La città felix è scomparsa: l'hanno cercata sui nevai del Rosa e non l'hanno trovata. La società moderna, legata al sistema economico nel quale viviamo, è caratterizzata dalla forte correlazione tra i diversi elementi della società stessa. Viviamo in una fase sistemica della società e quindi il risultato del sistema imprenditoriale è fortemente condizionato e correlato al suo modo d'essere nella società civile. Vengo alla proposta: ritengo che la Giunta debba fare una forte riflessione su questo. Non siamo in una legislatura di normale amministrazione, siamo in una legislatura in cui si stabilirà la capacità di questa Regione, soprattutto dal punto di vista culturale, di misurarsi con altri modelli che culturalmente hanno affrontato questo problema con altro metodo. Non so come facciano i tedeschi ad ottenere la qualità totale, lo posso anche immaginare, non è sicuramente il modello italiano. Non so come facciano .1 giapponesi ad ottenere la qualità totale, sicuramente non è il modello italiano. Non posso immaginare i nostri lavoratori mandati in viaggio premio in posti che non sanno dove sono, con delle macchine fotografiche che fotografano tutto per guardare tutto a casa. Così come non immagino i manager FIAT chiusi in qualche rocca a pentirsi ed autoflagellarsi. Ogni realtà all'interno della propria cultura deve saper trovare gli elementi con cui produrre una qualità del lavoro di insieme del sistema in grado di confrontarsi con sistemi che sono diversi e non copiabili, non trasferibili, non ripetibili.
Probabilmente il collega Marengo non ha ragione quando fa riferimento a questa esigenza di una riduzione della natura autoritaria o gerarchica dell'azienda per andare alla democratizzazione. Sicuramente l'azienda su questo deve trovare un modello piemontese, non italiano. E' per questo che richiamo l'attenzione della Giunta su questo particolare, il modello dell'azienda che dovrà misurarsi sulla qualità totale sarà il modello piemontese, mica andremo a copiarlo in Calabria o in Lucania. Andremo in ferie in quei paesi, andremo a bere il vino del Chianti, andremo a vedere i quadri del Rinascimento, ma sicuramente il modello di produzione di un sistema sulla qualità totale, che è l'appuntamento di questa legislatura in Italia, si misurerà in Piemonte. Noi siamo convinti che l'azienda ha interessi, cervelli e consapevolezza di questo problema. Non sono così sicuro che la classe politica abbia consapevolezza di questo problema perché la qualità totale, a mio modo di vedere, si costruisce nella società civile. Presidente Brizio, bisogna che ci chiediamo se il nostro concorso alla costruzione della qualità totale o alla riduzione degli elementi di non qualità attuale, per esempio, non sia costruire un'Università, o meglio un Politecnico, che produca un numero sufficiente di ingegneri per il sistema produttivo piemontese, soprattutto ingegneri di qualità adeguata alle esigenze del nostro sistema. La formazione professionale può essere .sviluppata, certo, ma è il complesso generale delle questioni che va misurato e posto in termini alti fino alla provocazione nei confronti dell'opposizione. Non possiamo immaginare di raggiungere la qualità totale di un sistema che in Europa sarà unico, perché esisterà il modello piemontese, esisterà il modello tedesco e sul piano produttivo non esisteranno altri sistemi. Probabilmente quello francese si attesterà su uno degli altri. Dobbiamo chiederci se è immaginabile che questa qualità totale la si possa ottenere in una Regione in cui, per esempio, le telefonate vanno a buca uno su due, dove il sistema sanitario esige che per un qualunque esame di analisi un dipendente perda una giornata o due.
Queste sono le questioni esterne di qualità della vita, di rapporti che condizionano totalmente il sistema delle interrelazioni della società civile, che non consentono la crescita della qualità della cultura del lavoro dell'anno duemila, che non è più fatta dell'attaccamento al mestiere dei fonditori o dei fabbri del canavese, è fatta di valori diversi, ma che questa società deve costruire per supportare il sistema industriale del futuro. Dobbiamo avere la capacità di avviare, così come lo fanno le OO.SS., per quello che è la loro competenza, come istituzioni, un confronto con il sistema imprenditoriale, ma non per sapere se tira la Uno o se tira la Thema, questo non ci deve riguardare! O per meglio dire è una questione marginale, di pura curiosità. Il vero problema politico è capire che cosa bisogna innovare, potenziare, trasformare, inventare all'interno del sistema della società civile che possa sostanzialmente creare le condizioni, come diceva il collega Marengo, esterne della ottimizzazione del sistema produttivo che porta alla qualità totale, cioè la riduzione degli elementi di non concorrenzialità sul mercato. In questo senso intendo la questione posta dal collega Chiezzi, che non mi trova concorde sulle conclusioni, ma sicuramente è una delle questioni che vanno poste. Presidente Brizio, ho l'impressione che quando ci siamo incontrati nei primi mesi di questa calda estate per impostare questa legislatura, avessimo un po' tutti la sensazione che questa potesse essere una legislatura di rendita.
Paradossalmente, per il piacere di fare politica prendo atto che questa vicenda della FIAT ci ha richiamati alla realtà. Questa non sarà una legislatura di rendita, sarà una legislatura di fortissima scommessa. Una volta tanto non contro qualcuno, ma con qualcuno. In questa vicenda della sopravvivenza di un modello industriale italiano, perché di questo si tratta, caratterizzato anche se mi consentite da livelli di civiltà e di umanità che altri modelli industriali non avranno, e se li hanno li perderanno (sicuramente quello giapponese e tedesco), noi abbiamo anche un dovere nei confronti dei valori della civiltà, di cui siamo portatori, di concorrere a costruire lo scenario del sistema Piemonte caratterizzato dall'essere soprattutto un sistema di produttori e di imprenditori che si basa su una forte capacità scientifica del suo management e su una radicata tradizione al lavoro. Tutto questo dobbiamo ricondurlo e utilizzarlo all'interno di un progetto globale che coinvolga il sistema produttivo, il sistema sociale, il sistema della cultura, i giovani e la gente.
Quindi. Presidente Brizio, io registro con amarezza che ci siano dei problemi per la nostra grande azienda, ma paradossalmente (evidentemente lo dico come paradosso) questa questione ci richiama tutti a un'antica regola: che la politica non muore mai, nasce al mattino e si addormenta alla sera e si risveglia il mattino dopo più bella e interessante di prima.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Signor Presidente e colleghi Consiglieri, penso che dobbiamo sempre fare uno sforzo per uscire dal gioco delle parti. Il dibattito di oggi sicuramente potrà avere una sua utilità al momento in cui riusciremo a staccarci da una produzione finale che sarà soltanto un reticolo di ordine del giorno, con più o meno un capoverso da aggiungere o da togliere. Perch questo? Perché il problema di oggi è un problema abbastanza interessante, ma dimostra in modo evidente (a tutte le persone che vogliono vederlo con obiettività) quanto poco conti l'istituto regionale davanti ai problemi di carattere prettamente economico. Di quello che noi possiamo decidere in quest'aula la FIAT potrà tenerne conto per cortesia, ma di fatto non sposterà una virgola delle strategie aziendali che hanno la loro importanza che deriva dall'estrema incidenza che hanno all'interno del tessuto connettivo ed economico della nostra regione. Il collega Ferrara ha detto una cosa molto giusta: noi non possiamo far cambiare idea alla FIAT. Possiamo però lavorare affinché migliaia di piccole imprese in questa regione abbiano un po' meno gravi conseguenze. Ma il problema sta nel sistema che attualmente vige in Italia, sistema in cui la FIAT fa quello che vuole, perché può farlo. Non solo può farlo per la sua importanza industriale ed economica, ma per le pressioni politiche che ha all'interno, per esempio, del sistema politico e dell'amministrazione pubblica di questo Stato. Sono i fatti che ce lo dimostrano tutti i giorni.
Il collega di DP ha presentato un ordine del giorno dove ad un certo punto giustamente, sottolinea questa lapalissiana realtà "si va da una parte agli straordinari e dall'altra alla cassa integrazione" (tra l'altro, come sostenuto più volte in fabbrica dal sindacato della CISNAL). La FIAT fa benissimo a farlo, ne ha i mezzi! La legge è dalla sua parte! Chi di noi in casa propria, non terrebbe la migliore e possibile buona amministrazione per risparmiare? E quali sono invece i guai del sistema? Quali sono gli aspetti che non sono stati sufficientemente approfonditi e sui quali non possiamo intervenire? La FIAT non perde colpi, perde colpi il nostro sistema.
L'Assessore Vetrino giustamente diceva stamattina: qual è l'alternativa alla FIAT in Italia? Il potere dello Stato. Ma dov'è lo Stato? Perché in Germania o in Giappone le cose vanno meglio? Perché c'è un senso dello Stato, perché all'interno dell'azienda c'è un senso di appartenenza all'azienda e c'è la divisione degli utili dell'azienda, molto più che in Italia. C'è quindi anche un interesse economico a che le cose vadano meglio: c'è il senso, il gusto del lavoro, che troppe volte, invece, in Italia si è perso. Qui il discorso cadrebbe su tanti altri aspetti, ma in definitiva noi come Regione Piemonte, se non vogliamo soltanto limitarci ad una serie di interventi che non lasciano nulla di concreto, dobbiamo stabilire in questi cinque anni che cosa possiamo fare e poi tradurlo in occasioni concrete.
Non penso che dobbiamo avere dei complessi di inferiorità nei confronti della FIAT, anche se è terribilmente più potente, in tutti i sensi dell'Istituto regionale. La FIAT poi non è soltanto "auto" e dell'auto anch'io comincio a preoccuparmi. E non bisogna dipingersi di Verde per questo. Non si può continuare a pretendere che in Italia escano 2.400.000 auto all'anno: è un numero tecnicamente eccessivo anche per le possibilità di assorbimento, non solo del nostro mercato, ma del nostro ambiente inteso come territorio, come strutture e come strade. L'azienda FIAT è potentissima in questo, ha imposto delle scelte al nostro Paese che oggi ci accorgiamo essere estremamente costose, non solo dal punto di vista ambientale ma anche economico. E' adesso che si scontano i problemi di avere i trasporti su gomma anziché i trasporti su rotaia. Quelle furono delle scelte con del bene e del male, e lo sono tuttora.
Allora non veniamo a dire "scarsa lungimiranza della FIAT" - in questo critico il documento dei Verdi - altro che scarsa lungimiranza! Qui non appena, nel dopodomani, si disegnano le prime possibilità non di una crisi ma di una riduzione del trend ascensionale, giustamente (dal suo punto di vista) la FIAT cerca di scaricare su altri i costi che ne derivano. Ma pu farlo, ha il diritto di farlo, la legge è dalla sua parte: in questa Italia si può chiedere la cassa integrazione e contestualmente pretendere gli straordinari! E questa è una evidente idiosincrasia del sistema, una cosa che non funziona: però lo Stato, la struttura, la permette. Tra i vari documenti che sono stati presentati ho letto della proposta di una Commissione che vada a studiare gli effetti ambientali della struttura industriale della nostra regione: questo è importante, è un compito che possiamo affrontare noi. Il compito dell'informativa, su questi problemi alla gente non lo assolverà mai la FIAT. Stamattina l'Assessore all'ambiente ci diceva che su 135 località, in cui sono stati scoperti cimiteri di rifiuti tossico-nocivi, avremo i mezzi per recuperarne 4 come territorio. Questi sono dei problemi! Ma cosa c'entra con la FIAT? C'entra perché sono un tutt'uno, fanno parte di una mentalità in cui il signor Agnelli è libero di fare quello che fa perché ha il diritto di farlo, ha gli alleati per poterlo fare. All'interno di questa mentalità la Regione deve mantenere degli spazi ben separati, nei quali imporre, anche al potere privato estremamente forte, di arrivare a patti. Nella strategia non sono tanto importanti tre settimane di cassa integrazione divise in tre mesi quanto è importante avere dei costi, sopportare dei costi, per la FIAT, che vadano a beneficio di tutta la collettività. Poi non dimentichiamoci che la FIAT è un'azienda automobilistica, sia pure la più importante d'Europa, che deve lottare contro dei mostri a livello mondiale, in una logica aberrante (che io non accetto) del capitalismo puro "o schiacci o sei schiacciato".
Questo è un piano sul quale riconosco le leggi del mercato, ma nel mio intimo non le condivido.
Penso che sia inutile continuare a discutere di questo problema, non perché non sia interessante, ma perché la Regione, al di là di una serie di ordini del giorno più o meno emendati, null'altro potrà fare. Allora come Regione andiamo a ritrovare un nostro ruolo nell'ambito del nostro compito istituzionale, solo così avremo fatto qualcosa di concreto e di positivo non soltanto per i lavoratori della FIAT, non soltanto per il nostro territorio, ma al limite - e può sembrare un paradosso - anche per il "padronato" della FIAT.
Quindi dovendo dare un giudizio su quello che sta avvenendo, se non è giusto chiedere tre settimane di cassa integrazione, non è giusto soprattutto il rapporto FIAT-istituzioni nel quale, di fatto, la FIAT comanda e le istituzioni ubbidiscono. Questo, secondo me, non deve continuare in futuro, almeno in questi termini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento è sugli ordini del giorno che il mio Gruppo ha presentato ed anche brevemente sull'ordine del giorno presentato dai Consiglieri del Gruppo Verde e da due Consiglieri del PCI.
Noi riteniamo che la comunicazione che la FIAT ha fatto alle Organizzazioni sindacali il 28 agosto, di richiedere la cassa integrazione per 35.000 dipendenti per tre settimane (che poi sono quattro per lo stabilimento Alfa di Arese) sia gravissima e del tutto inaccettabile.
Perché? Innanzitutto perché il calo di vendite derivato dalla contrazione di alcuni mesi del mercato italiano dell'auto e in particolare della quota di penetrazione della FIAT all'interno dello stesso non è tale da giustificare la misura che la FIAT vuole adottare. Anzi, in alcuni Paesi europei la quota della FIAT è salita. Inoltre, la flessione del mercato italiano era largamente prevedibile in quanto la crescita dello stesso durava anche in controtendenza con gli altri mercati già da alcuni anni.
Non si capisce, quindi, perché la FIAT abbia assunto personale sino a luglio, utilizzando la formula dei contratti di formazione lavoro che le permette notevoli risparmi, ed oggi a distanza di due mesi e senza grossi sobbalzi nelle vendite complessive richiede la cassa integrazione. La FIAT e segnatamente la FIAT Auto - ha fatto ricorso massicciamente allo straordinario in tutti questi anni e pur riducendolo nel dopo ferie continua a fame largo utilizzo. Questi straordinari - è bene sottolinearlo sono un dato strutturale pianificato e programmato in tutti gli stabilimenti del Gruppo.
Gli utili che la FIAT ha accumulato in questi anni sono enormi collocandola ai vertici delle classifiche per quanto riguarda i produttori di auto. In questa situazione è incredibile che la FIAT batta cassa all'INPS per un onere che si aggira intorno ai 100 miliardi. E' assolutamente ridicola l'argomentazione sostenuta dai rappresentanti ufficiali della FIAT, secondo cui le contribuzioni della FIAT alle casse dell'INPS sarebbero superiori alla spesa per la cassa integrazione, per cui la FIAT sarebbe comunque con la coscienza a posto, e che inoltre si tratterebbe di una procedura di tipo assicurativo. Noi riteniamo che pur sempre di un istituto pubblico si tratti e che quindi si tratti di disponibilità sottratte ad analogo impiego in caso di vera crisi. Ricadono sui lavoratori i costi dell'applicazione di questa procedura e dell'eventuale mancata corresponsione delle quote direttamente da parte della FIAT.
Ma, per approfondire il discorso, da quando inizia a contare la FIAT? Nel decennio del 1980 sicuramente il dare-avere tra FIAT e INPS vede la FIAT nel ruolo del percettore di reddito e l'INPS nel ruolo comunque di finanziatore. Questo senza contare le altre decine di migliaia di miliardi che la FIAT ha avuto dallo Stato come finanziamento pubblico e a vario titolo erogati: dall'innovazione tecnologica ai pagamenti incredibilmente dilazionati per l'acquisto dell'Alfa Romeo, per non citare che qualche voce. Inoltre, e questo è il ragionamento centrale decisivo, la cassa integrazione deve venire erogata solo quando ve ne siano le condizioni per gli scopi e le finalità con cui la cassa integrazione è stata istituita. In questo caso le condizioni non ci sono, a nostro parere. E la FIAT tenta quindi, richiedendo un trattamento per cui non possiede i requisiti, una sorta di truffa legalizzata dell'ordine del centinaio di miliardi ai danni dell'INPS. E' nostro preciso dovere politico e morale non avallare atti di questo genere. La contestualità tra la richiesta della cassa integrazione guadagni e la vertenza per il rinnovo contrattuale e di categoria evidenzia un possibile uso politico della cassa integrazione stessa, destinata a porre in difficoltà le lotte dei lavoratori. Evidentemente, dopo la batosta data ai lavoratori nel 1980, il padronato italiano e la FIAT in particolare temono nuovamente la pressione del mondo del lavoro e le sue giuste richieste di maggiore giustizia sociale. Dalle considerazioni sopra elencate risulta evidente che la FIAT può mettere in campo ben altri strumenti per fare fronte all'attuale situazione del mercato. In primo luogo una diminuzione dei carichi di lavoro dagli operai impiegati nel ciclo produttivo dell'auto, sottoposti a ritmi produttivi elevatissimi.
In secondo luogo, la FIAT potrebbe utilmente anticipare ai propri dipendenti le riduzioni di orario che le Organizzazioni sindacali hanno richiesto con il rinnovo del contratto di lavoro di categoria. Come Gruppo di Democrazia Proletaria siamo quindi contrari alla concessione della cassa integrazione alla FIAT e per questo chiediamo che questo Consiglio impegni la Giunta a fare le opportune pressioni sia sul Governo, affinché la cassa integrazione non venga concessa, e sia sulla FIAT affinché adotti altri provvedimenti per assorbire in modo indolore per i lavoratori la lieve flessione del mercato automobilistico.
Crediamo che su questa vicenda della cassa integrazione, una vicenda che unisce le questioni morali con quelle politiche, vadano misurate le dichiarazioni, i discorsi, i fiumi di parole che a proposito della questione morale da un lato e dello strapotere FIAT in Italia dall'altro sono stati versati in questi ultimi due anni. Il Partito comunista che ha fatto la campagna per i diritti alla FIAT e che a lungo ha efficacemente denunciato l'ingerenza della FIAT in tutti i gangli vitali del nostro Paese, non crede che sarebbe giusto proseguire questa denuncia con il rifiuto della concessione della cassa integrazione? Non credono i compagni del PCI che l'avallo a questa ulteriore ingiustificata richiesta di denaro pubblico da parte della FIAT, non faccia altro che perpetrare quel sistema di potere che il PCI stesso ha più volte denunciato? Spero che anche i Verdi, che molto hanno parlato di ideologia della politica, facciano sentire la loro voce a questo proposito; spero che anche la Lega Nord abbia il coraggio di denunciare questa grossa truffa. Quindi speriamo di non trovarci soli in questa battaglia, altrimenti vorrà dire che in Italia saremo tutti un po' meno liberi e giusti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Farassino.
FARASSINO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche noi desideriamo prendere parte a questa discussione, pur venendo in coda, dopo aver ascoltato le dotte disquisizioni di vari colleghi. Disquisizioni sulle quali ci troviamo sostanzialmente d'accordo per l'impostazione, non ne condividiamo però le soluzioni. Quasi tutti i Gruppi politici manifestano un fascino discreto per il "Min.CuL.A" (faccio notare che ho messo l'accento al posto sbagliato per ragioni di decenza). Spiego di cosa si tratta: durante il ventennio fascista esisteva il Min.Cul.Pop (Ministero della Cultura Popolare) che dettava a tutti gli italiani il modo di comportarsi da quando ci si alza al mattino a quando si va a letto la sera. Il vecchio Min.Cul.Pop, è stato sostituito dal "Min.CuL.A" che sarebbe il Ministero della Cultura Agnellista. Questo ministero ha prodotto segretari, vicesegretari ministri, presidenti, sindaci e quell'invisibile, ma esistente e sostanzioso, partito trasversale che aleggia in tutti i Partiti. Questo ministero, che è quotato in Borsa e che avendo tutti questi ministri pu avere le notizie di prima mano, solo per ciò che concerne la voce "manutenzione" su tutti gli automezzi dello Stato (forze dell'ordine, enti pubblici, enti regionali, comunali, ecc.), realizza un utile di 3 mila miliardi all'anno, e un altro utile di 15 mila miliardi all'anno lo realizza per quanto riguarda la sostituzione di questi automezzi. Pertanto la nostra preoccupazione nei confronti dell'annunciata cassa integrazione è molto minore rispetto a quella che sentiamo per la piccola e media industria che gravita attorno alla produzione di questo grande "Ministero".
Siamo d'accordo nel definire la crisi annunciata della FIAT non esattamente o completamente un bluff, non è una crisi solo di facciata anche se è molto da discutere il fatto che sul mercato internazionale imperi la crisi. Infatti la Volkswagen ha aumentato le vendite. I nostri informatori ci hanno detto che la FIAT ha dato per vendute 70-80 mila autovetture che sono invece in deposito presso i concessionari. Questa è una tecnica italiana, non già americana che invece considera venduto l'effettivo venduto alla clientela. Le 70-80 mila autovetture che si trovano invendute nei cortili della FIAT, non sono il risultato di una crisi di rigetto internazionale sulla richiesta dell'auto italiana, quanto del rapporto qualità/prezzo che tutti sappiamo come nella FIAT non sia mai esistito. Sono un fissato delle automobili, ho avuto una sola FIAT e ho chiuso il mio rapporto con questa azienda, perché sulle finizioni e sulla messa a punto la FIAT è consigliabile solo per le piccole cilindrate: se un cliente ritira una 126 la porta direttamente dal meccanico, fa le riparazioni d'uso, spende altre 600700 mila lire e può poi circolare in città. Al minimo accenno di raffreddore però queste autovetture non possono competere internazionalmente con le finizioni e le messe a punto di aziende come la Volkswagen o la Opel. Ebbene, le 70-80 mila autovetture equivalgono esattamente a quanto viene proposto dalla FIAT come cassa integrazione. C'è uno strano bilancio di dati e di cifre. Allora diciamo che sì la crisi in parte è strumentale e in parte no, ma secondo noi dipende dal tipo di produzione ottenuto con i collaboratori dell'azienda: si tratta di reinventare una cultura del lavoro.
La FIAT da una parte dovrebbe rinunciare agli utili spaventosi che ha realizzato negli ultimi anni sui mercati nazionali ed esteri. Il detto dell'avv. Agnelli è molto affascinante da un punto di vista poetico e romantico, cioè che il profitto è la misura dell'efficienza. La FIAT dovrebbe però modificare questo 'detto e dire che il rapporto può anche essere la misura dell'efficienza, ma non necessariamente: dall'altra parte è necessario un tipo di collaborazione che in effetti non esiste, dobbiamo ammetterlo, perché oggi lavorare alla FIAT viene considerato ancora come il duro destino dell'uomo, lavorare alla "Ferocia" è la maledizione, l'impiego che si accetta quando non si ha niente di meglio da accettare. Questi rapporti vanno modificati tutti insieme nel giusto riconoscimento di una situazione globale.
Gli stessi sindacati hanno detto che se l'azienda vuole la qualità deve passare prima da loro. Se ci mettessimo attorno ad un tavolo per rinegoziare il tutto, noi saremmo sicuramente per un aumento sostanzioso dei salari; riteniamo che i salari degli operai, degli impiegati, di coloro che collaborano con la FIAT, non siano adeguati con il moderno tenore della vita. Siamo per dei sostanziosi aumenti, però a questo deve seguire una disponibilità di collaborazione alla produzione: addirittura, con il tempo l'operaio dovrà sentirsi parte integrante dell'azienda stessa. Questo secondo me, è il nocciolo della questione. Sul merito specifico degli ordini del giorno presentati noi avremmo voluto sentir citare le proposte che da tempo invochiamo, perché secondo noi è proprio la Regione che deve intervenire sul Governo per rinegoziare la posizione della FIAT in termini di investimenti nell'area piemontese e soprattutto torinese, allo scopo di favorire un investimento non tanto al nord, quanto soprattutto nella nostra regione. Scusate questo campanilismo, ma non vedo altra via d'uscita. Noi e tutti gli altri Partiti dovremmo però promettere di adoperarci verso l'elettorato, affinché il lavoro non venga più visto come un duro destino dell'uomo, ma come una collaborazione nella quale dare tutto quanto è possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.
CALLIGARO Signor Presidente, non possiamo minimizzare il ricorso della FIAT alla cassa integrazione, sia pure ordinaria. Mi pare che questo ricorso evidenzi problemi congiunturali e strutturali che sono andati via via intrecciandosi e una perdita di competitività in una fase di rallentamento della domanda mondiale dovuta ad un'offerta che eccede la domanda. Siamo in una fase congiunturale sfavorevole che però ha effetti diversi sui gruppi dei produttori. C'è chi perde quote di mercato e c'è chi le accresce, chi si avvantaggia: per esempio, i produttori nipponici e la Volkswagen. Il mercato è saturo: è prevalentemente, se non esclusivamente, di sostituzione: si è rinnovato il parco automobilistico mondiale.
L'espansione che abbiamo conosciuto per almeno sei-sette anni incontra ormai limiti oggettivi, ambientali e di inquinamento, di congestione del traffico urbano ed extra-urbano. Si aggiungono poi gli effetti negativi della crisi del Golfo.
Il problema di fondo è quindi quello del riequilibrio di un diverso rapporto tra l'uso ormai parossistico del mezzo di trasporto individuale privato e l'uso del mezzo di trasporto collettivo. Comunque si tratta di produrre mezzi di trasporto individuale dotati di dispositivi che consentano di rispettare le più rigorose norme anti-inquinamento. La concorrenza è spietata: consiste nel risolvere, prima di affrontare i concorrenti, i problemi degli investimenti per i nuovi modelli dell'innovazione del prodotto, dell'innovazione dei materiali in termini di qualità e affidabilità del prodotto, di prestazioni quali i consumi di carburante e la riduzione delle emissioni inquinanti. Bisogna puntare a realizzare l'auto ecologica anche con l'obiettivo di partecipare a realizzare il successivo rinnovo del parco automobilistico. Il Presidente della FIAT ci avverte che la festa è finita e che al massimo in futuro si potrà partecipare a qualche festino (Marengo ha già detto questa mattina con chiarezza chi non ha partecipato alla festa). La FIAT ha quindi seri problemi per quanto riguarda la qualità dei suoi modelli: l'ha detto chiaramente Romiti al seminario dei Quadri FIAT a Marentino nell'ottobre 1989: un cliente su tre non riacquista un'automobile FIAT. Lo dice il piano qualità totale ideato nel tentativo di affrontare questo problema: lo riconferma la svolta di un mercato in corso caratterizzato da un rallentamento della domanda. L'attuale fase non può essere affrontata solo con una cultura quantitativa, con un'elevata produttività procapite; la cultura che è stata efficace in una fase di espansione del mercato, in una fase di restringimento del mercato non è più sufficiente.
Contestualmente si pone il problema non risolto del raggiungimento di economie di scala nell'internazionalizzazione dei mercati, che va affrontato possibilmente su scala europea se si vuole dare all'Europa un ruolo attivo e non passivo nel processo di internazionalizzazione dell'economia. Per poter partecipare di diritto ai futuri festini, che probabilmente si svolgeranno sul mercato mondiale dell'auto nei prossimi anni, è indispensabile diventare competitori globali. Nonostante la partecipazione della FIAT alla grande festa di un mercato eccezionalmente espansivo durato sei anni (fase forse irripetibile) , nonostante il sostegno pubblico incondizionato, troppo facile e persino abbondante nonostante la mancanza di un'adeguata dialettica tra impresa e sindacati lavoratori, entrambi i problemi "qualità" e "internazionalizzazione" sono rimasti irrisolti. La FIAT è rimasta un soggetto relativamente debole, anzi proprio le condizioni ricordate hanno impedito in modo rilevante di giungere alla soluzione dei due problemi strategici che ho ricordato. C'è da essere responsabilmente preoccupati, non si può non esserlo, anche per il contesto internazionale, nazionale, regionale, di cui è parte integrante il Gruppo FIAT. Lo scenario di riferimento se oggi non è drammatico certamente è preoccupante.
Negli Stati Uniti d'America da mesi si respira aria di crisi e in Italia, nel secondo trimestre di quest'anno, la crescita della produzione industriale si è praticamente arrestata: le esportazioni hanno subito un rapido rallentamento a causa di una nuova perdita di competitività stimata attorno al 4% dall'inizio dell'anno. La politica economica del Governo ha portato l'economia italiana alle soglie della recessione e ad una ripresa dell'inflazione: l'hanno detto chiaramente la Vice Presidente Vetrino ed il collega Ferrara, per cui se lo dicono loro che appartengono ad un partito che fa parte della coalizione governativa, a maggior ragione possiamo dirlo noi Consiglieri dell'opposizione. In Piemonte ci preoccupa la ricaduta che il ricorso alla cassa integrazione, da parte della FIAT, avrà sull'indotto e sulla componentistica, sulla piccola e media azienda, sull'artigianato.
E' curiosa, per esempio, la valutazione diversa, contrastante, tra Federpiemonte (ottimista) e Federapi (pessimista). Probabilmente ciò è dovuto al fatto che le risorse del piano auto della legge 675 sulla ricerca dell'innovazione - evito di citare tutte le provvidenze ottenute - sono state cospicue e incondizionate. Le piccole aziende però non ne hanno minimamente beneficiato; se tutto è dovuto alle grandi imprese, caro Ferrara, poco o nulla resta alle aziende minori. Sono note le riduzioni di occupazioni avvenute alla Pirelli; quelle ipotizzate all'Indesit Merloni sono note le difficoltà dell'Olivetti dovute non solo alla crisi del mercato mondiale dell'informatica, ma anche a scelte strategiche sbagliate (l'eccedenza occupazionale in Italia e all'estero del gruppo di Ivrea ammonta a migliaia di unità lavorative); così per il tessile laniero biellese, tradizionale punto di forza della struttura industriale piemontese, in difficoltà a causa di fattori congiunturali e strutturali.
Riemergono poi antichi problemi dimenticati e non affrontati durante la festa: le imprese e le aziende di dimensioni minori sono costrette ad arrangiarsi. Per quanto riguarda l'eccedenza strutturale di mano d'opera all'Indesit e alla Ceat, i licenziamenti sono solo rinviati (è stata accordata la cassa integrazione fino alla fine dell'anno). Emerge un quadro che corregge il programma presentato dalla Giunta e le dichiarazioni dello stesso Presidente Brizio. La Regione non può stare a guardare, deve perseguire politiche attive del lavoro pur avendo scarse competenze e ancora meno mezzi. Bisogna riordinare e coordinare, superare distorsioni degli strumenti regionali, creare nuovi strumenti; le politiche industriali nazionali dovrebbero articolarsi a livello regionale così come dovrebbero articolarsi le politiche del lavoro e quelle sociali. Faccio qualche esempio. L'agenzia del lavoro è stata costituita, ma è letteralmente bloccata, sappiamo che il direttore avrà una remunerazione di oltre 110 milioni di lire all'anno, ma che cosa ha fatto fin'ora l'agenzia regionale del lavoro? Le politiche sociali non possono essere meramente assistenziali: le politiche del lavoro devono rendere effettiva la mobilità del fattore lavoro e devono tutelare le fasce più deboli. Per tornare al problema FIAT devo dire che vi è un problema di relazioni industriali a cominciare dal contratto.
Nelle scelte che devono essere fatte ci deve essere determinazione partecipazione attiva, motivata, responsabile di tutti i lavoratori. Sono problemi di democrazia industriale, di democrazia economica, di nuovo modello di sviluppo. L'automazione, e questo deve capirlo la FIAT, non è tutto: è decisivo l'uomo produttore!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Devo confessare che nel seguire sempre più faticosamente questo dibattito ho avuto l'impressione di sentire un dibattito già fatto, nel senso che non credo di essere l'unico che negli ultimi venti anni si sia trovato in una situazione in cui si discuteva della crisi della FIAT, della crisi dell'auto, del problema della cassa integrazione e così via. Come venti, dieci o cinque giorni fa, ho sentito riproporre molte argomentazioni di tipo diverso: domande sul fatto se si tratti di crisi congiunturali o strutturali; valutazioni sulla crisi della domanda o sulla inadeguatezza dell'offerta; motivazioni di carattere economico e di mercato, legate alle difficoltà di rapporto di concorrenza rispetto alle industrie straniere motivazioni più strumentali sul piano politico, riferite in particolare alle questioni che riguardano il petrolio e a quelle che interessano i contratti. Nell'insieme, però, questo dibattito mi è sembrato tradizionale non tanto per i contenuti, quanto per le proposte: ho l'impressione che comunque vada, da questo Consiglio regionale non emergano proposte particolarmente interessanti né nell'immediato né in futuro. In particolare mi preoccupa il fatto che la FIAT terrà molto poco in considerazione il nostro dibattito odierno e le relative conclusioni.
Per questo motivo non mi hanno particolarmente convinto gli ordini del giorno presentati, né quello della maggioranza né quello dell'opposizione.
A parte le motivazioni poste dal Consigliere Maggiorotti, cito la contraddizione che esiste fra la cassa integrazione e l'utilizzo del lavoro straordinario (che però non è una novità di oggi) e la richiesta di riduzione dell'orario che fa capolino quando si parla di contratti.
Condivido alcuni problemi che in più interventi sono stati posti dal Gruppo comunista. In particolare il problema di democrazia aziendale anche per la FIAT; la FIAT, per quanto sia una grande azienda, non sta fuori dallo Stato italiano e quindi fuori da alcune regole di comportamento di carattere generale che chiunque è tenuto ad osservare all'interno del nostro Paese. Al di là di questo però, non posso che riproporre a questo dibattito tradizionale alcune delle valutazioni che ritengo positive ed interessanti fatte dalla collega Segre, che hanno portato ad un altro ordine del giorno che anch'io ho firmato e che cerca di porre una questione nuova. La FIAT ha garantito nei prossimi anni un aumento del proprio fatturato del 5% (o in altri termini, molto banalmente, un aumento del 5 all'anno del numero di auto prodotte, che non è esattamente la stessa cosa ma va nella stessa direzione): ebbene, se da una parte avessimo questo e dall'altra una garanzia di tenuta dei posti di lavoro oggi esistenti alla FIAT, secondo qualcuno avremmo risolto il problema del nostro rapporto con la FIAT o meglio con l'automobile, lo non credo che oggi si possa riproporre la discussione in questi termini.
Il problema di fondo è che l'automobile ha una particolare caratteristica come mezzo di trasporto.
Ricordo quattro parametri che caratterizzano l'automobile: 1) soprattutto nelle grandi città la velocità di spostamento in automobile diminuisce progressivamente con il passare degli anni 2) l'automobile è il mezzo di trasporto che ha progressivamente un sempre più basso utilizzo collettivo. In altre parole, sempre di più il rapporto mezzo-passeggeri tende a uno, cioè una automobile per ogni persona che si sposta nella città 3) dopo l'aereo l'automobile è il mezzo di trasporto che ha i più alti consumi energetici 4) l'automobile è il mezzo di trasporto che in termini di costo individuale per la manutenzione è al di sopra di qualunque altro mezzo di trasporto.
Questi parametri nel dibattito di oggi non sono stati messi in primo piano. A mio parere le ritengo invece questioni di notevole interesse perché se in un modo o nell'altro si supererà questa crisi congiunturale che io ritengo prevalentemente di tipo strumentale o meglio politico strumentale, non possiamo ignorare che fra uno o due mesi, forse non questo Consiglio regionale, ma probabilmente il Consiglio comunale di Torino discuterà di un'altra emergenza, allorquando si inizierà ad utilizzare il riscaldamento negli edifici pubblici e il numero di auto nella città, con il cambiamento del clima, aumenterà l'emergenza inquinamento ambientale.
Nel dibattito di oggi ho sentito parlare di tutto, dalla stagflazione alla strumentalità politica. Rispetto ai problemi dell'innovazione tecnologica (qualcuno ha parlato di necessità di superinnovazione) desidero sottolineare due aspetti: 1) invitare la FIAT a procedere in una direzione di innovazione tecnologica che abbia fra gli obiettivi principali quello dei minori consumi energetici e di minore impatto ambientale sul territorio e sulla città 2) diversificare i mezzi di trasporto, dall'automobile verso altri settori.
Da questo punto di vista ripropongo in particolare una proposta inserita nella mozione che già la collega Segre ha illustrato circa un'ora fa, ossia quella di promuovere, ai sensi dell'art. 19 dello Statuto, una Commissione di indagine del Consiglio per la ristrutturazione ecologica dell'industria piemontese partendo dal settore dell'auto e dei trasporti individuando le politiche opportune per una riduzione dell'impatto ambientale di questo settore.
Oltre a rispondere alle problematiche contingenti che riguardano la FIAT (ripeto i miei dubbi iniziali: non so quanto la FIAT terrà presente il dibattito che qui si è svolto, qualunque siano le sue conclusioni) con "calma" il Consiglio regionale dovrebbe dotarsi di un momento di riflessione e di elaborazione -al di là delle emergenze economiche e occupazionali - sull'impatto ambientale che hanno industrie come la FIAT in particolare per quanto riguarda l'automobile. Il dibattito odierno potrebbe portare ad alcuni elementi di innovazione e di proposta che forse eviteranno fra qualche tempo di discutere in termini di scontro sociale politico della questione FIAT, come è successo negli ultimi tre anni a proposito delle produzioni dell'ACNA e dell'impatto che queste hanno avuto sulla società piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.
PICCHIONI Giunti a questo punto mi sento un po' come un nano sulle spalle del gigante, perché tanto è stato detto da questo Consiglio, con toni estremamente interessanti, sulla base delle relazioni per me molto puntuali e corrette, degli Assessori Vetrino e Cerchio.
Riprendendo appunto un'affermazione dell'Assessore Vetrino, la domanda che ci poniamo, al di là di tutte le valutazioni che si possono fare, è una domanda assai problematica, cioè se oggi noi ci troviamo di fronte alla punta di un iceberg oppure di fronte a qualche cosa difficilmente definibile o dimensionabile; oppure ancora se ci troviamo di fronte ad un mutamento epocale, per cui con il finire di questo secolo si estinguerà anche l'automobile. Certo: fatti congiunturali, il raffreddamento della domanda, la tumultuosa espansione dell'automobile dall'82 in poi, pongono ancora il problema se ci troviamo di fronte ad una crisi fisiologica o patologica: se le incertezze derivanti anche dalla situazione internazionale accentuano il primo aspetto oppure determinano in maniera quasi irreversibile il secondo punto. Oggi ci troviamo di fronte alle endemiche tare della nostra economia, dall'inflazione, al dissesto della finanza pubblica ad una politica energetica che in questi giorni, ci si ricorda, è dipendente dall'estero per il 70% del suo fabbisogno. Oggi ci troviamo anche di fronte ad un 1993 in cui l'industria automobilistica si dovrà certamente misurare, senza rete, con l'aggressività dei mercati e pertanto con l'aggressività delle altre industrie automobilistiche. Sulla crisi della FIAT abbiamo sentito i loro esponenti parlare del problema dello stoccaggio, di una produzione inferiore al 5,7% del mese di giugno della crisi delle fasce alte e delle fasce basse. Abbiamo sentito anche le lepidezze salottiere di qualcheduno che parlava di aspirina e di raffreddore, di festa e di festini, ma queste cose portano un po' lontano dal discorso di fondo. Il discorso di fondo è se ci troviamo di fronte "ad un grande futuro dietro le spalle" oppure se una sagace e coraggiosa strategia, capace di sconvolgere previsioni, scenari proiezioni e futurologie, può permettere ancora alla grande azienda torinese di perpetrare i propri fasti e la propria importanza sullo scenario mondiale.
L'amico Squillario, che non ha potuto svolgere il suo intervento come avrebbe voluto, mi ha ricordato un saggio sulla città di Torino scritto da Amaldo Bagnasco, il quale ha raccolto alcuni suoi pensieri sparsi tra l'88 e l'89. Ebbene, forse qui ci potrebbe essere la risposta al quesito che si pone in questo Consiglio. Bagnasco dice che in fin dei conti è entrata in crisi la città fordista, cioè la città caratterizzata da un sistema orientato alla produzione di massa di beni standardizzati, basato sulla grande concentrazione industriale, su investimenti per addetti non particolarmente elevati e sulla rigida divisione del lavoro che comporta certamente la capacità di organizzazione e progettazione, ma anche un alto tasso di mansioni dequalificate. Aggiunge che la solidità degli anni '50 si è trasformata oggi in debolezza, quando la diversificazione e la sofisticazione della domanda internazionale ha cominciato a chiedere flessibilità, specializzazione, innovazione continua sul piano del prodotto e dell'organizzazione del lavoro. Mi pare che questa possa essere anche una chiave di lettura intelligente che dobbiamo aggiungere alle tante che si sono qui avvicendate.
Nell'incontro che abbiamo avuto con la FIAT abbiamo cercato di sapere qualche cosa sul progetto "qualità totale". Abbiamo conosciuto alcune intenzioni, ma non abbiamo conosciuto certamente i dettagli. Ci manca una messa a fuoco dell'alleanza, della qualità e del prodotto del mercato, per cui ancora oggi c'è una navigazione a vista in un porto delle nebbie. Ci è stato detto che ci sarà una più accurata selezione del personale (laureati tecnici, operai specializzati): al riguardo i posti previsti per il prossimo decennio sono valutati intorno alle 300.000 unità. Ci è stato anche detto di una formazione professionale non solo relativa all'ambito immediatamente produttivo, ma volta ad accompagnare il lavoratore nei vari processi di innovazione. Ci è stato ricordato un mutamento migliorativo per cui la qualità non è solamente sul versante esterno, fornitori e clientela ma sindacati e maestranze: ci è stata anche suggerita una maggiore incisività e presenza a livello della concorrenza internazionale. E' ancora stata ricordata una serie di innovazioni relative al miglioramento della qualità della vita della fabbrica, anche su sollecitazione degli amici comunisti, ed un sempre maggiore tempismo nell'innovazione tecnologica.
Ma al di là di queste annotazioni mi pongo quanto ha detto con molta dignità per questa istituzione l'Assessore Vetrino nella parte terminale del suo intervento. La parte terminale dell'intervento è una chiara messa sotto accusa nei confronti della FIAT, perché non si può capire come la capacità previsionale dell'azienda sia stata messa alle corde dalla improvvisa richiesta di cassa integrazione per 35.000 unità. Quello che mi sconcerta è che con l'osservatorio di cui la FIAT dispone abbia dovuto mutare improvvisamente il proprio scenario e direi anche la propria filosofia politica, perché non si può passare da una filosofia tailoristica, tatcheriana, reaganiana, basata sulla deregulation, ad un'improvvisa strategia da Stato sociale. A questa previsione, così imprevidente, si è contrapposto un ricorso fulminante alla cassa integrazione, forse per trovare qualche accorgimento, per evitare anche rischi di perdita, o forse per drammatizzare la congiuntura e chiudere il contratto al ribasso. Sono tutte riflessioni che ci siamo poste anche in questo Consiglio e devo dire anche con molta responsabilità senza alcun' avventurismo polemico. Stamane il collega Tapparo ha detto che comunque questa è un'occasione positiva per puntualizzare il nuovo ruolo della Regione, forte nella politica del lavoro, impotente o quasi nella politica industriale. Se la Regione acquisisce con gli opportuni strumenti quelle condizioni di "visibilità", non solamente per individuare le posizioni all'interno del Consiglio, ma per conoscere e possibilmente anticipare i fenomeni strutturali, i fenomeni concernenti i processi di strutturazione dell'economia torinese, probabilmente la Regione potrà assolvere ad un compito che è meno estemporaneo oppure meno subordinato alla congiuntura economica. Per questo occorre che i soggetti pubblici e privati siano disponibili a coordinarsi vicendevolmente, a spendersi per investimenti compatibili, per le riconversioni lungimirate anche sul terreno urbanistico.
E' stato ricordato dal Consigliere Marchini e dai Consiglieri Verdi che la "qualità totale" non sarà più un problema della dirigenza di corso Marconi, dei rapporti con le maestranze e con i fornitori, ma si dovrà giocare sul terreno della società civile e delle nostre competenze e responsabilità istituzionali. Nella politica del territorio si potranno ridisegnare gli spazi, le vocazioni, soprattutto si potranno riscoprire le flessibilità, le affinità, le risorse proprie di una società post industriale.
E' stato presentato all'ultimo momento un ordine del giorno sul problema del Lingotto. Ci sono delle affermazioni che posso anche condividere, però ricordo chiaramente che quando avevo una responsabilità al Ministero dei Beni culturali, l'allora Assessore competente voleva che si ponesse un vincolo anche sui comignoli del Lingotto, mantenendo un manufatto dal costo di gestione di alcuni miliardi all'anno completamente relegato ad un monumento dell'archeologia industriale. Mi rifiutai perch credevo che potesse essere compatibile ancora con le esigenze commerciali sociali e culturali della città. La riconversione del Lingotto può essere ascritta proprio a quel capitolo della qualità totale di cui oggi si è parlato tanto e che ha bisogno di esempi concreti e non solo di dissertazioni tanto suggestive quanto accademiche.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, riassumo la situazione. La Presidenza ha ricevuto i seguenti ordini del giorno: n. 20 a firma dei Consiglieri Monticelli, Dameri, Marengo, Calligaro e Bosio n. 26 a firma dei Consiglieri Segre, Bresso, Staglianò, Rivalta.
Miglio e Marino n. 27 a firma dei Consiglieri Picchioni, Goglio, Rossa, Gissara Ferrara e Marchini n. 28 a firma del Consigliere Maggiorotti, che assorbe i due precedenti dallo stesso presentati in proposito n. 29 a firma dei Consiglieri Chiezzi, Bosio e Calligaro.
Tutti gli ordini del giorno sono stati illustrati.
A questo punto ha facoltà di replicare l'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore al lavoro Alla Giunta pare dover rilevare alcuni spunti che sono emersi dal dibattito, peraltro intenso, per molti versi interessante: spunti però non sempre direttamente complementari e funzionali all'oggetto della discussione. Qualche cenno critico non può non trovarci d'accordo soprattutto tenuto conto che non ci troviamo di fronte ad un fuoco di paglia congiunturale. La Giunta ritiene di aver fatto qualcosa di più: abbiamo cioè riflettuto sulla componentistica cercando di allargare il discorso non solo all'indotto dell'auto, ma anche all'intera economia piemontese che ci pare essere il contesto entro il quale il problema della FIAT si colloca.
Non abbiamo minimizzato la situazione né era nostra intenzione farlo abbiamo detto della "miscela" fra difficoltà congiunturali temporanee e vecchi problemi strutturali, che certamente sono della nostra economia (basti pensare alla debolezza del sistema delle piccole e medie imprese per quanto è emerso nel dibattito odierno).
E' anche vero che in un momento di cambiamento bisogna cogliere l'occasione per innovare, migliorando complessivamente il contesto in cui viviamo. La crisi del Golfo, le difficoltà dell'approvvigionamento dell'energia, i problemi dell'inquinamento e dell'ambiente (alcuni ordini del giorno li hanno puntati con particolare attenzione), certamente suggeriscono sforzi ulteriori di ricerca verso nuovi modelli da produrre.
Deciderà il Consiglio come affrontare le tematiche della ristrutturazione ma sapendo - lo diciamo ad arricchimento del dibattito - che il problema che abbiamo di fronte non è solo di non produrre più auto, perché saremmo immediatamente invasi da auto di marca giapponese, bensì di produrre auto con adeguate garanzie.
Ho colto in particolare alcune osservazioni che il collega Marengo ed altri hanno fatto molto opportunamente nell'introduzione del dibattito: il problema della "qualità totale". Ne abbiamo parlato anche noi: il problema è di operare (e lo abbiamo già in qualche misura fatto) per creare le condizioni affinché il discorso vada avanti per quanto è di competenza istituzionale della realtà regionale. Sulla qualità totale ci troveremo con minimi comuni denominatori attenti al suo sviluppo; prima di tutto perch la qualità totale pone intanto dei problemi di rapporti, pone dei problemi di confronto e di rapporto con la struttura socioeconomica e formativa della Regione; infine perché innova il sistema delle relazioni sindacali e soprattutto si muove nella direzione di una ricerca del consenso e del coinvolgimento dei lavoratori. E' una logica ancora molto distante dalla prassi dello scontro che è datato anni or sono, ma la strada indirizzata su questa prospettiva non può che rallegrarci. Quindi ritengo che giustamente il collega Marengo abbia espresso alcune valutazioni positive su questo tema, allorquando sollecita una riforma istituzionale che faccia uscire la Regione dalla palude di una non-competenza (mi si passi il termine) per far sì che anche dal punto di vista formale possa esprimere fino in fondo il proprio ruolo attivo di governo.
Per intanto devo dire, e riprendo le cose dette dai colleghi Tapparo e Picchioni, che pur nella scarsità delle nostre titolarità e competenze ci siamo impegnati ad attivare un tavolo nuovo, che però è istituzionalmente corretto, quello della Commissione regionale per l'impiego e la scorsa settimana c'è stata una discussione proprio su questo piano.
Ritornando ancora a quanto diceva il Consigliere Marengo, vi è la necessità di sollecitare una minore gerarchizzazione dei rapporti interni (c'è ancora qualche memoria vallettiana nella struttura stessa dell'azienda). Vi è la necessità di approfondire il discorso, che veniva fatto da qualcuno, sulle alleanze a livello europeo che non siano solo di carattere finanziario, ma che si trasferiscano anche su un interscambio di tecnologia e di acquisizione di know-how. Sono sollecitazioni che come assemblea regionale dobbiamo fare sapendo che si tratta di messaggi che incontrano tutta quella difficoltà che un governo nuovo comporta. La stessa proposta di un tavolo congiunto di operatori del sistema delle imprese delle associazioni degli imprenditori, dei sindacati e delle istituzioni potrebbe rappresentare un elemento nuovo per affrontare questi problemi.
Ritengo, senza cadere in battute, che questi non siano ideologismi di parole, come qualche collega diceva, ma è nella pochezza della nostra titolarità e della nostra competenza, nella concretezza dei fatti e nella proposizione per ciò che possiamo attivare, attraverso l'assemblea legislativa regionale nei confronti del Parlamento, per alcune attese, che come è stato detto stamane, sono da troppi mesi in attesa di decollo a livello parlamentare, a partire dalla legge riferita alle piccole e medie imprese.
Per quanto riguarda gli ordini del giorno, mi auguro si possa raggiungere l'espressione più ampia e più unitaria nei limiti del possibile, anche se due ordini del giorno (ma su questo interverranno altri) mi paiono un po' fuori tema: l'uno chiaramente impostato su problemi di carattere territoriale e urbanistico che non inerisce direttamente al problema: l'altro è quello del collega Maggiorotti, che presenta momenti di grande difficoltà, allorquando parla del lavoro straordinario (lo straordinario viene fatto non in tutti i settori della FIAT, ma solo in quelli che tirano). Il discorso della cassa integrazione è una forma assicurativa che l'azienda ha già attivato: siamo di fronte alla cassa integrazione ordinaria e non alla cassa integrazione speciale e la stessa Regione non ha competenza a dare pareri sulla cassa integrazione ordinaria.
Dico questo in termini di precisazione formale nei confronti di alcune considerazioni su quell'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Staglianò. Ne ha facoltà.
STAGLIANO' Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la discussione di oggi ha consentito a tutti noi di mettere a fuoco come alcune analisi, che venivano svolte in quest'aula non più tardi dell'ultima seduta, all'atto dell'insediamento della nuova Giunta, fossero un po' approssimative. In quella circostanza mi permisi di dire, con un piccolo gioco di parole, che l'analisi della fase economico-sociale era un tantino sfasata laddove si scriveva, e poi si ripeteva in aula, che in Piemonte ci trovavamo di fronte ad una vivacità economica e sociale, e che poi abbiamo avvertito nella discussione di queste settimane essere tutt'altro che così brillante.
La discussione di oggi, pur faticosa e lunga, ci ha anche consentito di mettere a fuoco un altro elemento, che io vorrei sottolineare in questa fase di dichiarazione di voto.
La crisi con cui facciamo i conti oggi, può essere vissuta, per certi versi dovrebbe essere vissuta da tutti quanti noi, dall'intero Consiglio dalle istituzioni in senso lato per la parte che a loro compete, come una opportunità: l'opportunità per praticare strade nuove, per non battere vecchi sentieri, per non ripetere vecchie politiche che non hanno prodotto grandi risultati. La crisi come opportunità, per praticare una politica sociale in presenza di crisi di ristrutturazioni o congiunturali, quale più precisamente può essere definita quella di cui dibattiamo. Una politica sociale che miri a fare i conti con un dato che è duraturo e con cui dobbiamo fare i conti per bene, che redistribuisca il lavoro necessario per produrre quello che le nuove tecnologie consentono di produrre impegnando meno ore lavorative per addetto. Quindi, l'opportunità su questo versante di imboccare strade che non siano quelle - e su questo sono d'accordo con chi metteva l'accento su questo aspetto etico - di ricorrere alla cassa integrazione mentre si dà fondo a man bassa agli straordinari. Le istituzioni dovrebbero consentire di aprire strade che redistribuiscano il lavoro e in questo senso, quindi, si faccia un'opera di giustizia sociale.
Opportunità, però, anche dell'aspetto su cui ci siamo voluti soffermare attraverso le parole del mio Capogruppo: l'opportunità di intervenire su un modello dei consumi, sulla politica dei trasporti, sulla stessa qualità del prodotto. Al riguardo penso di poter esprimere, a nome degli altri colleghi del mio Gruppo, un ringraziamento ai colleghi che hanno apprezzato il senso della proposta che abbiamo inserito nell'ordine del giorno. Ringrazio innanzitutto i colleghi di altri Gruppi che hanno apposto la loro firma e quelli che magari riterranno di poter votare questa proposta. La nostra proposta mira a imboccare una di queste due opportunità che semplificavo prima.
Da questo punto di vista mi si consentirà di fare un ponte con un altro momento di dibattito collettivo abbastanza significativo. Quando gli azionisti della Lega per l'ambiente intervennero - e io fra quelli all'assemblea annuale alla fine di giugno, prospettammo allo staff della FIAT l'opportunità di fornire, ogni anno, in allegato al bilancio economico (quello che viene depositato in tribunale) un bilancio ambientale che consenta di leggere qual è l'impatto che una grande industria determina attraverso le proprie scelte sul territorio e sulla vita di ciascuno di noi.
La proposta che abbiamo inserito nell'ordine del giorno si richiama alla filosofia che è stata già efficacemente espressa dalla collega Segre e dalla collega Bresso, oltre che da tutti coloro i quali hanno voluto richiamarsi ad essa. In merito a questa proposta noi chiediamo di manifestare un'espressione di volontà politica riservandoci, qualora questa volontà politica sia di incoraggiamento, di dettagliare il dispositivo che dovrà fare da guida per il lavoro concreto di questa Commissione d'indagine che può essere uno strumento utilizzabile da tutti i Gruppi per fare le scelte che siano le più aderenti ai nuovi dati sociali. Volevo dire questo per richiamare il senso vero della nostra proposta: mi auguro che essa riceva esplicitamente quel consenso che in molti interventi ha già ricevuto.
Per quanto riguarda gli altri documenti, daremo voto favorevole all'ordine del giorno del Partito comunista anche se vogliamo sottolineare una contraddizione che ci pare di dover rilevare laddove, ad esempio, si fa riferimento alle gare fra case automobilistiche quindi in qualche modo preoccupandoci se vince la Volkswagen o un'altra casa. Non ci interessa partecipare a queste gare, viceversa Ci interessa evidenziare come il carico sociale ed ambientale della produzione automobilistica è insopportabile qualunque sia il contrassegno che gli autoveicoli portano.
Ci pare però che questo documento sia da apprezzare soprattutto per il dispositivo, non tanto per le premesse che ci sembrano viziate da alcuni approcci che non ci convincono del tutto.
Per quanto riguarda il documento della Giunta daremo un giudizio negativo. Ci pare complessivamente inadeguata la coscienza sulle innovazioni di prospettiva da introdurre all'interno della questione di cui discutiamo: innovazione di prospettiva sia nella politica industriale che nella politica sociale ed ambientale, come mi sono sforzato di dire sin qui. D'altra parte, il capoverso che inizia con la parola "condivide" per noi non è condivisibile: per certi versi ci pare anche un po' fuori luogo se non leggendolo come la necessità di dare un colpo al cerchio e uno alla botte (avendo apprezzato la posizione responsabile delle Organizzazioni sindacali bisogna anche apprezzare quella degli industriali). A me pare che non sia esattamente questo il ruolo delle istituzioni e pertanto non condividiamo questa posizione.
In merito all'ordine del giorno presentato dal Gruppo DP ci asterremo perché, pur avendo colto il senso politico che il collega Maggiorotti ha già ampiamente illustrato, il documento, soprattutto nella parte dispositiva, non ci pare indichi con precisione e concretezza l'esigenza di una politica di redistribuzione del lavoro, intervenendo, a mio avviso anche un po' impropriamente sull'istituto della cassa integrazione pur avendo modificato nelle varie stesure una serie di inesattezze formali che erano contenute nei documenti. Non è una dichiarazione di insensibilità ai problemi che sono stati segnalati, ma ci pare che così come è formulato il documento non sia condivisibile del tutto.
Infine, sul documento presentato da tre Consiglieri del Gruppo comunista annuncio che come Gruppo Verdi non parteciperemo al voto perch l'argomento non era oggetto di discussione in questa seduta e ci pare che inserire delle cose pur rilevanti non ci aiuti ad esprimere posizioni che poi abbiano delle conseguenze effettive nell'agire concreto del Consiglio e della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.
ROSSA Signor Presidente, ribadisco le posizioni che sono già state espresse questa mattina dal collega Tapparo dirette a sostenere la proposta presentata nel documento della Giunta e sottolineo l'attenzione che è emersa da questo dibattito preceduto dall'incontro di venerdì scorso, per il quale credo sia doveroso esprimere un vivo ringraziamento per l'attenzione e la sensibilità espressa sia dalla Presidenza del Consiglio che dalla Presidenza della Giunta. Da tale incontro è emersa, al di là della rappresentazione dello stato dei problemi aperti, una disponibilità nuova del mondo economico e della FIAT, che non è soltanto di questi giorni e che ho avuto modo già di avvertire anche da altre parti: la ricerca di un interlocutore, la sollecitazione alle istituzioni di un'attenzione nuova rispetto ai problemi che probabilmente ineriscono ad una nuova prospettiva che è di fronte a tutti, quella che è stata definita come la qualità totale o la nuova qualità della vita. Pertanto si è addirittura auspicata la possibilità di istituzionalizzare questo rapporto di interrelazioni tra le istituzioni e il mondo economico, i settori. Poc'anzi il collega Fiumara mi diceva che se ne parla sempre quando i problemi emergono, non se ne parla mai quando le cose vanno bene. Forse dovremmo trovare il modo di darci degli strumenti, degli impegni e delle scadenze affinché le istituzioni entrino, nel rispetto dei ruoli autonomi, più in contatto con le varie parti sociali, intervengano di più nei processi di formazione e nelle strategie. E' chiaro che nel momento in cui l'istituzione si fa carico dei problemi che emergono, dovrebbe essere in grado di capire se le scelte che si compiono all'interno di aziende grandi, o anche meno grandi, possono essere coperte da una specie di "segreto di stato" di tipo aziendale oppure possono essere motivo di dibattito strategico che può portare in una direzione o nell'altra a seconda della valutazione che imbrocca o meno l'obiettivo.
Io credo che, nel rispetto dei ruoli autonomi che hanno le varie parti sia giusto attrezzarsi di più.
Si diceva: "qui giochiamo il nostro ruolo". E' vero. E allora, giacch si gioca il nostro ruolo, e giacché veniamo a volte criticati dalle parti interessate per non essere dentro questa realtà, io credo che sia giusto fare in modo di poter giocare questo ruolo.
Vi è un problema che ci preoccupa perché riguarda 35 mila lavoratori posti in cassa integrazione e anche se la situazione non è emersa drammaticamente è comunque il segnale di un momento di difficoltà.
Ma vi è un altro problema che si riversa come conseguenza su tutto l'indotto: è un problema al quale noi cerchiamo di dare, con il dibattito di oggi, una prima risposta: questo problema rientra nella questione che è stata definita come qualità totale.
Di fronte a questa proposta, cari colleghi, c'è ancora molta strada da fare. Che cosa significa qualità totale? E' stata richiamata una serie di aspetti sui quali vi è tutto un campo di lavoro da esplorare e che coinvolge l'aspetto ambientale, il modo di lavorare, le scelte da compiere nel mondo, le prospettive, i rapporti che esistono tra l'economia del nostro Paese è il resto del mondo, non solo dell'Europa, come risulta dalla strategia prevalente del Gruppo FIAT. Dalle considerazioni svolte complessivamente negli interventi che hanno arricchito il dibattito di oggi, traggo la conclusione che in questo dibattito siamo entrati in un certo modo ma ne usciremo in un altro, molto più ricco e più consapevole del nostro ruolo. Credo che l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza risponda alla situazione di oggi, alle domande che sono state poste alla base dell'incontro e del dibattito che ha coinvolto da una parte gli imprenditori e la FIAT in primo luogo e dall'altra le forze sociali, i sindacati e la maggior parte delle forze politiche. Mi sembra che questa possa essere una prima risposta. L'augurio è che si realizzi un rinnovato impegno che ci consenta di poter fermare un processo che ci preoccupa, e di poter cogliere gli elementi moderni che comunque occorrano se vogliamo operare una svolta verso il futuro.
Mi sembra che queste possano essere le ragioni per le quali la maggioranza ritiene di ribadire la validità della proposta condividendo la tesi che è stata espressa stamane dagli Assessori Vetrino e Cerchio e ribadita nelle posizioni assunte a conclusione da parte della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Signor Presidente e colleghi, al momento della votazione ci sono cinque documenti, dei quali tre recano il segno del contributo del Partito comunista: mi sembra quindi giusto spiegare ai colleghi il senso di questa articolazione di contributi al dibattito del Consiglio.
Noi abbiamo presentato, pochissimo tempo dopo la notizia della cassa integrazione FIAT, il primo di questi documenti: un ordine del giorno a carattere generale che individua i nodi essenziali del problema, gli stessi che sono stati illustrati nel dibattito di quest'oggi, a partire da un giudizio che esprime grave preoccupazione e pone seri interrogativi sulle prospettive dell'economia piemontese.
Nel dibattito in aula e immediatamente prima del dibattito abbiamo per sentito la necessità e l'opportunità di arricchire questo documento.
Una, quella che ha portato a un ordine del giorno a firma congiunta di alcuni colleghi del Gruppo comunista e dei colleghi del Gruppo Verdi, è la questione ambientale, cioè il fatto che non è più possibile affrontare i temi dello sviluppo di un prodotto come l'automobile se non misurandoci con gli effetti che questo prodotto produce sull'ambiente. Ci siamo posti gli interrogativi che ciò comporta, dal punto di vista della qualità del prodotto, degli impatti, delle regole che devono presiedere all'utilizzazione dell'auto nella società attuale. Quindi noi condividiamo come Gruppo, le questioni poste in quel documento - ripeto a firma congiunta - dei colleghi del Gruppo comunista e dei colleghi del Gruppo Verde e in particolare condividiamo la proposta conclusiva di quell'ordine del giorno, cioè la proposta di dar vita a un momento di approfondimento una Commissione speciale del Consiglio che imposti la questione della riconversione ecologica dell'economia piemontese e dell'industria piemontese.
Infine, il terzo documento, che è quello illustrato dal collega Chiezzi, non è un documento fuori tema, come mi pare di aver sentito dire da qualche collega; mi pare anche dal collega Staglianò e mi spiace perch è certamente compito di un ente quale la Regione affrontare il problema degli interventi sul territorio che hanno incidenza sull'attività economica e sull'attività produttiva. La questione del centro fieristico, la questione dell'attività espositiva di prodotti industriali, è una grossa questione di infrastrutture, di attività che chiamano in causa competenze primarie della Regione, sulle quali, fra l'altro, la Regione sarà chiamata fra breve a ritornare in aula, perché dovremo riesaminare la legge sull'ente fiere e quindi ci sarà di nuovo occasione per affrontare questo problema. Quindi non mi pare affatto una questione fuori tema e mi sembra che sia un contributo che integri una posizione generale con un punto di vista specifico, con una sottolineatura specifica. Quindi, evidentemente il Gruppo comunista darà voto positivo a tutti questi tre documenti.
Noi ci asterremo, invece, sul documento presentato dal collega di Democrazia Proletaria per motivazioni in qualche modo analoghe a quelle già presentate prima dal collega Staglianò, perché ci sembra un documento che presenta un punto di vista troppo parziale sull'argomento, fino al punto da identificare una posizione non pienamente condivisibile, una posizione troppo limitativa rispetto a quello che è il complesso dei problemi che pone la questione FIAT.
Infine, qual è l'atteggiamento del nostro Gruppo sul documento presentato dalla maggioranza? Non voglio entrare nel dettaglio di questo documento, ci sono punti più o meno condivisibili. Però a noi pare che quel documento, così come le comunicazioni che la Giunta ha presentato con la Vicepresidente e l'Assessore Cerchio già questa mattina per introdurre la discussione, siano figli di una illusione che era evidentemente presente già nel documento con cui la Giunta si è presentata al Consiglio regionale all'atto della sua stessa elezione: l'illusione, cioè, che il periodo della festa stesse continuando, quando invece segnali c'erano già stati. E non ha mica tutti i torti il collega Marchini, quando ci ha detto che forse qualcuno si era illuso che si potesse vivere di rendita nella nuova legislatura impostando quel documento e impostando quella maggioranza e quella Giunta che sono state elette a luglio, n documento che la maggioranza ha presentato al Consiglio oggi sulla questione FIAT è ancora figlio di quella illusione: quel tentativo, fuori logica, di minimizzare il problema, di non drammatizzare, come si dice. Ma mi sembra quasi che voi abbiate voluto rifare il verso a quei dirigenti della FIAT che venerdì mattina sono venuti in Consiglio regionale per l'audizione, che era stata indetta dalla Giunta e dai Capigruppo, e ci hanno presentato un quadro talmente tranquillo da non capire nemmeno perché loro e noi eravamo lì mentre nelle stesse ore il presidente della FIAT rilasciava una intervista ben più preoccupata rispetto a quello che ci hanno detto il dottor Figurati, il dott. Terna e gli altri dirigenti industriali.
Allora, credo che sia sbagliato fare i primi della classe nel minimizzare un problema che è molto serio. C'è una fragilità dell'economia piemontese, una fragilità che tutti noi conoscevamo di fronte all'appuntamento del Mercato Unico Europeo, di fronte al cambiamento del ciclo congiunturale a livello internazionale, di fronte al cambiamento delle ragioni di scambio per le grandi materie prime, che si era già evidenziata prima della crisi del Golfo e che oggi può essere ulteriormente accentuata dalla crisi del Golfo.
La questione della qualità da cosa nasce, se non da considerazioni di questo tipo? Dal fatto che la FIAT stessa aveva avvertito un mutamento del quadro, un mutamento del clima? Allora, mi permetto di chiudere questo intervento con un invito alla Giunta e alla maggioranza a meditare su questi problemi e forse a ritornare sul suo stesso documento programmatico di luglio.
Noi abbiamo una occasione di qui a poco, utilizzando l'appuntamento che indichiamo nel nostro documento, cioè un Consiglio regionale speciale dedicato ad un esame complessivo della situazione economica e sociale piemontese nel prossimo autunno (si era parlato in sede di Capigruppo di farlo ai primi di novembre); così come credo che possa essere una occasione la presentazione del documento programmatico vero e proprio della Giunta che il Presidente Brizio ci aveva preannunciato concludendo il dibattito sulla votazione della Giunta a luglio.
Credo che la Giunta e la maggioranza debbano meditare sul fatto se non valga la pena di ripartire dall'inizio nell'impostazione di un programma quale quello presentato a luglio, quale traspare ancora oggi dal documento presentato dalla Giunta, che è un programma sotto tono, è un programma non in sintonia con una situazione economico-sociale che presenta degli elementi inquietanti, comunque degli elementi problematici più grandi, più seri, più profondi, di quelli che voi avevate valutato allora.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.
RABELLINO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo velocemente, solo per dichiarazione di voto.
Il nostro Gruppo si asterrà sugli ordini del giorno di DP e del PCI.
Nel primo caso perché, pur condividendo le premesse (sto parlando dell'ordine del giorno di Democrazia Proletaria), non condividiamo appieno le conclusioni, cioè le proposte.
Sul discorso dell'ordine del giorno del Partito comunista ci asteniamo in quanto è abbastanza vago, cioè non lo riteniamo idoneo alla situazione.
Voteremo contro all'ordine del giorno della maggioranza. Mentre, pur non capendo l'ordine del giorno sul Lingotto perché non riteniamo che riguardi il problema occupazionale alla FIAT e all'indotto FIAT, voteremo a favore in quanto riteniamo positiva questa iniziativa. In ultima analisi voteremo favorevolmente l'ordine del giorno firmato da alcuni membri del PCI e dai Verdi sul discorso ambientale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.
SARTORIS Desidero che sia messo a verbale che non parteciperemo alla votazione perché non condividiamo questo modo di procedere, in quanto per un'ora questa mattina e per buona parte del pomeriggio si è discusso solo del problema FIAT. Il problema FIAT è un grosso problema, però ricordiamoci che in Piemonte esistono anche altri problemi occupazionali. Abbiamo impegnato una intera giornata per discutere di 35 mila persone che sono state messe in cassa integrazione. Questo fatto mi spiace e mi preoccupa. Però ci sono delle zone, come il Biellese, dove i problemi sono molto più forti e molto più tangibili, dove non si parla di perdita di 50.000 lire, ma si parla di intere famiglie che sono senza lavoro, di donne che per il semplice fatto di avere il taglia e cuci in casa rimangono completamente senza lavoro perché c'è crisi nel settore della maglieria e della matura del cardato.
Ecco perché penso che il parlare espressamente solo di FIAT sia un po' voler essere quello che nelle varie province ci rimproverano: cioè essere solo torinocentrici e non preoccuparsi che in Piemonte esistono sei province. Per questo motivo non parteciperemo alla votazione.



PRESIDENTE

Il Consiglio prende atto che il Consigliere Sartoris non partecipa alla votazione.
La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Pochi secondi solo per dire che su questo problema alla fine ci sono cinque ordini del giorno. Appare abbastanza difficile poter esprimere un dettagliato apprezzamento su questi ordini del giorno: tutti e cinque hanno degli aspetti che ci trovano perfettamente d'accordo, ma tutti e cinque presentano anche argomenti che ci non trovano pienamente concordi.
Francamente è abbastanza imbarazzante non poter esprimere correttamente una dichiarazione di voto.
Quale che sia la decisione finale, noi vorremmo apprezzare dell'ordine del giorno del Gruppo comunista la parte in cui si dice che "il Consiglio regionale impegna la Giunta a fornire opinioni dettagliate" e quindi la parte finale di tale ordine del giorno.
Poi trovo che sia anche valido quello a firma dei Consiglieri Rivalta Segre ed altri: troviamo infatti giusto impegnare il Consiglio regionale a promuovere una Commissione d'indagine per la ristrutturazione ecologica dell'industria piemontese, come ci sono anche altre parti condivisibili in questo ordine del giorno. Ha detto delle cose giuste perfino il collega di Democrazia Proletaria, quando trovava un'aperta contraddizione di termini da parte della FIAT che chiede contestualmente la cassa integrazione e insiste in alcuni settori con lo straordinario. Mi trovo in difficoltà ad esprimere un voto: ma che senso ha a questo punto esprimere un voto? Se si ritirassero tutti gli ordini del giorno e si arrivasse a fare un unico documento sarebbe molto più serio per tutto il Consiglio regionale e in questo senso noi vorremmo fare una proposta. A questo punto sembra più logico che nella prossima assemblea di Capigruppo si concordi un ordine del giorno che tenga conto di tutte queste osservazioni e venga senza ulteriori discussioni approvato unitariamente la prossima settimana in Consiglio regionale. Anche noi abbiamo pronto un ordine del giorno, ma presentarlo diventerebbe ridicolo. Questa proposta sarebbe un'ipotesi di lavoro diversamente ci asterremo perché diventa impossibile poter esprimere un parere univoco su tutte queste cose.



PRESIDENTE

L'Assessore Garino chiede di poter intervenire sulla base degli interventi testé avvenuti. A norma di Regolamento non sarebbe possibile, ma se il Consiglio acconsente l'Assessore ha la parola.
GARINO, Assessore all'ambiente Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è colpa mia di neofita non pensare di parlare immediatamente dopo il collega Cerchio. Ve ne chiedo scusa, vedrò di non farlo più nel futuro. Mi corre l'obbligo di dirvi quello che avremmo intenzione di fare come Giunta a proposito della seconda parte dell'ordine del giorno firmato Segre, Marino, Rivalta, Bresso Staglianò e Miglio.
Raccolgo la sensibilità che ha dettato la proposta di promuovere una Commissione d'indagine per la ristrutturazione ecologica dell'industria piemontese. Credo però con altrettanta franchezza che i problemi dell'industria piemontese non siano molto diversi da quelli dell'industria nazionale, per cui non vorrei creare dei doppioni di studio di varie Regioni. Mentre invece mi pare che, e posso sbagliare, il piano triennale che questa Regione dovrà fare d'intesa con il Ministro dell'Ambiente, possa offrire una possibilità operativa. Inserirei un'iniziativa di questo genere, di studio conoscitiva dell'impatto ambientale del settore automobilistico, all'interno di una proposta che la Giunta si impegna a fare al Ministro dell'Ambiente proprio all'interno del piano triennale ed all'interno dell'intesa di programma che dovrà essere firmata non alle calende greche, ma entro 90 giorni, come conoscono bene i Consiglieri dalla pubblicazione del decreto. In altri termini, dal punto di vista operativo, se il Presidente lo consente, potrebbe trattarsi di un'aggiunta al documento di maggioranza che sostanzialmente potrebbe dire questo: "impegna la Giunta regionale a presentare al Ministro dell'Ambiente una proposta di iniziativa di studio conoscitiva delle possibilità di riduzione dell'impatto ambientale del settore automobilistico nel quadro degli interventi previsti dal piano triennale dell'ambiente ed all'interno dell'intesa di programma prevista dal piano stesso". Il che pare a me assuma le tre righe finali dell'ordine del giorno, laddove si diceva: "a tale fine dovranno essere coinvolti i responsabili della politica industriale e ambientale a livello nazionale attraverso le forme più idonee di collaborazione come accordi di programma e convenzioni".



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale La dichiarazione poc'anzi svolta dall'Assessore Garino è indicativa di una volontà della Giunta di operare in questo senso. Aggiungere qualcosa all'ordine del giorno significherebbe creare delle difficoltà, che la Giunta non intende creare, alla conclusione del dibattito. Ci sarebbero anche altre aggiunte che avevamo valutato di inserire, che riguardavano la specificazione di altri capoversi: però abbiamo rinunciato trattandosi di un ordine del giorno che viene dai Gruppi e che non viene dalla Giunta. La Giunta ha fatto una sua comunicazione, ha espresso con l'intervento di Garino la volontà di operare in un certo senso, sensibile al dibattito ed alle proposte che sono venute, ma come ordine del giorno la Giunta si riconosce in quello della maggioranza per non creare difficoltà nell'approvazione dei documenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Signor Presidente, noi troviamo interessante la proposta dell'Assessore Garino, sostanzialmente però diversa dalla nostra proposta. Mentre questa è un'iniziativa che viene assunta dalla Giunta e resta chiusa nel suo ambito e riguarda in particolare l'industria automobilistica, la nostra proposta di Commissione d'indagine, sia pure attivando collaborazioni con i Ministeri indicati, prevede ed intende favorire un ruolo attivo del Consiglio regionale attraverso uno strumento che già in passato si è verificato essere in grado di avviare una possibilità di positiva collaborazione e conoscenza. E non solo sul settore dell'auto: a partire dal settore dell'auto, ma avviando una serie prima di earing e poi di ipotesi di intervento su tutta l'industria piemontese, che peraltro tra poco tempo dovrà adempiere anche al dettato della legge 175 che recepisce la direttiva Seveso e quindi ha un intento complessivo dentro cui collocare la questione auto.
A noi sembrerebbe che non ci sia contraddizione fra le due proposte. In questo senso, se c'è, possiamo anche valutare eventualmente un rinvio dell'ordine del giorno ed un approfondimento successivo: ma ci pare che un'iniziativa consiliare su questo possa dare a questa prima fase di avvio dell'attività del nuovo Consiglio regionale una caratterizzazione molto forte su questi problemi che non è quella di un lavoro, sia pure di studio e di approfondimento, specifico della Giunta. E' molto diverso e noi teniamo particolarmente a questo aspetto di coinvolgimento del Consiglio regionale attraverso lo strumento che ci pare opportuno della Commissione d'indagine, che come sa l'Assessore non è Commissione d'inchiesta, cioè non ha compiti ispettivi ma è proprio Commissione di consultazione per elaborare proposte. Non ci pare concorrente e ci pare anche che potrebbe essere accolta congiuntamente, rafforzando la nostra proposta e anche l'intento della Giunta di lavorare autonomamente in questo campo.



PRESIDENTE

Se non ho capito male, le osservazioni dell'Assessore vengono considerate un intento della Giunta. I proponenti mantengono l'ordine del giorno che verrà posto in votazione.
La parola al Consigliere Marchini.
MARCHINI Signor Presidente, non vorrei che questo suonasse in qualche misura critica o messa in discussione della dichiarazione dell'Assessore: la maggioranza apprezza la sensibilità che la Giunta ha già precedentemente maturato su queste questioni, quel tanto che l'ha portata a formulare una proposta in questa sede.
Quindi esprimo apprezzamento per la sensibilità della Giunta e per la tempestività dell'attenzione: personalmente, apprezzamento per la disponibilità a concludere. Però, a me sembra, colleghi, che questo avrebbe fatto nascere un problema abbastanza delicato in termini di legittimazione perché saremmo caduti nella situazione paradossale, che avrebbe creato dei problemi al dialogo tra le parti, di una proposta della Giunta, fatta propria dal Consiglio, che diventava un impegno verso la Giunta; quindi avrebbe messo un po' in discussione il ruolo del proponente, il ruolo del controllore Consiglio e il ruolo esecutivo. E' solo un problema di collocazione e non di merito né di comportamento.
Su questo vorrei, anche a nome dei colleghi, assicurare il Presidente che i problemi che si ponevano erano solo di questo tipo, cioè non si capiva se era una proposta del Consiglio o una proposta della Giunta, una proposta del Consiglio rispetto alla quale la Giunta poi doveva rispondere oppure era una proposta della Giunta della quale poi non avrebbe più risposto, perchè era stata fatta propria del Consiglio. Solo questa era la ragione dell'imbarazzo che è stato espresso dai Gruppi di maggioranza.
Ringrazio ancora l'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.
MARINO Ritengo interessante e positiva la proposta illustrata dall'Assessore Garino, che è cosa diversa, nei particolari, dall'ordine del giorno che è stato proposto. A meno che non ci siano gravi problemi - ma allora lo si esprima - su quello che sta dietro alla proposta di questo ordine del giorno, ritengo, essendo uno dei firmatari di questo documento, che non ci siano motivazioni per ritirare l'ordine del giorno.
Ritengo, invece, che questa sia una di quelle occasioni nella quale i Consiglieri regionali, oltre che badare a quale Gruppo fanno parte, si pongano anche il problema di badare a quali sono i contenuti di fondo (sul piano etico, sul piano della nostra quotidiana vivibilità) che questo documento, senza alcun tentativo di strumentalizzare nulla di questo dibattito, vuole qui proporre, al di fuori dello scontro politico eventuale contingente sulla questione FIAT.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 20 presentato dai Consiglieri Monticelli, Dameri, Marengo, Calligaro e Bosio, il cui testo recita: "La comunicazione fatta dalla FIAT alle OO.SS. dei lavoratori il 28 agosto u.s. di richiedere la CIG per 35.000 dipendenti per tre settimane (quattro per gli stabilimenti di Arese), desta gravi preoccupazioni e pone seri interrogativi per il futuro economico e produttivo della nostra Regione, per i livelli occupazionali e per il reddito dei lavoratori che non hanno ancora concluso a contratto collettivo nazionale di lavoro.
Situazione che si aggiunge alla già notevole difficoltà dell'industria tessile biellese, della Olivetti, della Indesit Merloni, ecc.
Pesa nella situazione italiana e quindi alla FIAT un sovrappiù di problemi determinato da un deficit di competitività delle marche italiane.
Infatti, sono noti i problemi di qualità come sono note le difficoltà FIAT a mettere sul mercato modelli nuovi e a stringere rapporti di collaborazione a livello internazionale.
Recentemente la FIAT ha ceduto il primo posto in Europa, che peraltro si reggeva prevalentemente sul mercato interno, alla Volkswagen. Eppure non si può certo dire che alla FIAT in questi anni siano mancate condizioni favorevoli quali il forte sostegno pubblico e l'alta produttività del lavoro. Anni, durante i quali, la FIAT ha cercato di marginalizzare il ruolo del sindacato per avere la gestione e il controllo unilaterale della forza lavoro. E' proprio questo modello autoritario che ha impedito di affrontare i problemi di qualità dei prodotti, per i quali è indispensabile la collaborazione e la partecipazione dei lavoratori, possibile solo con la definizione di democratiche relazioni industriali, e con la qualificazione e la umanizzazione delle condizioni di lavoro, da promuovere attraverso interventi sui ritmi di lavoro, la salubrità ambientale, l'orario di lavoro.
In questo quadro si colloca la decisione FIAT di mettere 35.000 lavoratori in cassa integrazione e da parte imprenditoriale si manifestano ricatti sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici che non possono essere nuovamente usati come merce di scambio per una fiscalizzazione degli oneri sociali sganciata da una riforma fiscale, contributiva e della struttura del salario; il Consiglio regionale impegna la Giunta a: fornire al Consiglio e alla pubblica opinione il quadro dettagliato della situazione produttiva e occupazionale della FIAT e dei settori collegati assumere opportune iniziative per favorire un sollecito rinnovo del contratto di lavoro attivarsi per evitare che gli effetti di una eventuale crisi ricadano sulle lavoratrici e lavoratori del settore e sulle imprese dell'indotto anche sollecitando la rapida approvazione della legge nazionale sulle imprese minori condizionare ogni eventuale e ulteriore sostegno pubblico alla FIAT ad una modifica dell'attuale modello di relazioni sindacali, anche al fine di contribuire ad una effettiva democratizzazione dell'azienda impegna la Presidenza del Consiglio a convocare quanto prima una seduta straordinaria del Consiglio per esaminare la situazione economica e occupazionale complessiva del Piemonte".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 13 voti favorevoli, 24 contrari e 5 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 26 presentato dai Consiglieri Segre, Bresso, Staglianò, Rivalta, Miglio e Marino, il cui testo recita: "La comunicazione della FIAT alle OO.SS. del 28 agosto u.s. con cui richiedeva la CIG per 35.000 lavoratori per 3 settimane (4 per lo stabilimento di Arese) preoccupa per due serie di motivazioni: 1) fa ricadere ancora una volta sui lavoratori una crisi imputabile ad una politica aziendale di scarsa lungimiranza, che è inaccettabile; di fatto la crisi della FIAT è una 'crisi' da offerta, cioè determinata da una capacita produttiva eccedente sia pure a fronte di una domanda in espansione, soprattutto in Italia, ormai da molti anni e di cui era inevitabile attendersi un declino 2) come già nella precedente fase di durissima ristrutturazione degli anni '80, si profilano ricerche di soluzioni di tipo congiunturale che non tengono in nessun conto il fatto che l'auto è all'origine di alcuni dei più gravi problemi ambientali del nostro Paese e dell'intero pianeta e che quindi una crisi deve essere affrontata con sempre maggior attenzione al più dilazionabile problema di una profonda ristrutturazione in senso ambientale del settore e delle sue produzioni.
In base a queste considerazioni riteniamo che la crisi del settore auto debba essere affrontata non tanto in termini di espansione della domanda bensì valutando appieno anche le conseguenze in termini di vivibilità ambientale di una continua crescita del settore automobilistico A tal fine si impegna il Consiglio regionale a promuovere (ai sensi dell'art. 19 dello Statuto) una 'Commissione di indagine per la ristrutturazione ecologica dell'industria piemontese' che inizi i suoi lavori partendo dal settore dell'auto e dei trasporti individuando le politiche opportune per una riduzione dell'impatto ambientale del settore automobilistico e per una modifica dei rapporti tra diversi mezzi di trasporto, in direzione di un trasporto pubblico e non inquinante e di una riduzione della congestione urbana, coinvolgendo le grandi capacità di ricerca e produttive dell'industria piemontese A tal fine dovranno essere coinvolti i responsabili della politica industriale e ambientale a livello nazionale, attraverso le forme idonee di collaborazione, come accordi di programma e convenzioni".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 20 voti favorevoli e 24 contrari (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 27 presentato dai Consiglieri Picchioni, Goglio, Rossa, Gissara, Ferrara e Marchini, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte appresa la notizia della messa in cassa integrazione ordinaria da parte della FIAT Auto di 35 mila lavoratori per 3 settimane (4 per quanto riguarda gli stabilimenti di Arese) ritiene di dover prendere in considerazione con estrema attenzione la delicata fase che il mercato dell'auto e la FIAT stanno attraversando, evitando ogni allarmismo che non aiuterebbe l'uscita dalle attuali difficoltà: esprime preoccupazioni circa l'aggravarsi della situazione dell'economia mondiale e nazionale accentuata dal peggioramento del debito pubblico e dalle note tensioni internazionali, che potrebbero trasformare anche l'attuale crisi dell'auto da congiunturale, a strutturale, determinando gravissime conseguenze economiche e sociali per la nostra regione manifesta apprezzamento per il costruttivo ragionamento tenuto dalle OO.SS., e si augura una pronta ed equa soluzione della vertenza contrattuale invita la FIAT che, per altro, ha già comunicato di volere continuare l'assunzione di personale di qualifica medio-alta, a procedere alla conferma dei CFL in corso: condivide le iniziative prontamente avviate dalla FIAT sul piano delle alleanze internazionali e della gestione del prodotto per facilitare il consolidamento delle posizioni di mercato e condivide la necessità espressa da più parti, di una forte accelerazione dell'impegno e della ricerca sulla cosiddetta 'qualità totale' che dovrà innovare profondamente le logiche organizzative della FIAT manifesta viva preoccupazione per le medie e piccole aziende dell'indotto che, così come manifestato anche dalle loro organizzazioni di categoria, sembrano destinate a subire più profondamente gli effetti dell'attuale congiuntura: impegna la Giunta a seguire con particolare attenzione l'evolversi della situazione assumendo tutte le iniziative utili al superamento di una crisi che in Piemonte riguarda anche altri significativi comparti produttivi quali il settore laniero, il settore degli elettrodomestici, l'Olivetti, ecc.
ritiene necessario che il governo incrementi le risorse disponibili per permettere sufficienti dotazioni finanziarie agli strumenti normativi di cui la Regione si è già dotata per fronteggiare la crisi e comunque favorire lo sviluppo economico e produttivo del Piemonte ed invita la Giunta a proseguire sulla strada intrapresa, anche attraverso un più esteso utilizzo degli strumenti di riconversione professionale sollecita il Governo ad avviare immediatamente in Piemonte la sperimentazione dell'Agenzia del lavoro, nel quadro della riforma degli strumenti di governo del mercato del lavoro e ad innovare la obsoleta legge n. 675 di ristrutturazione industriale sollecita il Parlamento ad approvare la legge di incentivazione e sostegno alle piccole e medie imprese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 24 voti favorevoli, 18 contrari e 2 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 28 presentato dal Consigliere Maggiorotti, il cui testo recita: "La comunicazione fatta dalla FIAT alle OO.SS, il 28 agosto 1990, volta ad ottenere la concessione dell'assenso alla CIG (prevista per 35.000 dipendenti per 3 settimane, 4 per quelli di Arese) è gravissima e del tutto inaccettabile.
Questo perché: il calo di vendite derivato dalla contrazione del mercato italiano dell'auto, ed in particolare della quota di penetrazione della FIAT all'interno dello stesso, non è tale da giustificare la misura che la Direzione FIAT vorrebbe adottare l'Azienda FIAT - e segnatamente il suo comparto auto - ha fatto un massiccio ricorso allo straordinario e, pur riducendolo nel dopo ferie continua ad usufruirne abbondantemente gli utili che la FIAT ha realizzato in questi anni sono enormi e la collocano 'ai vertici delle classifìche' per quanto riguarda il settore europeo dell'automobile; è pertanto incredibile che in questa situazione la FIAT voglia fruire di circa 100 miliardi, utilizzandoli impropriamente, per sole ragioni di 'assestamento' di mercato e di magazzino la contestualità tra la richiesta della CIG e la vertenza per il rinnovo contrattuale di categoria rende evidente un possibile uso 'politico' della CIG stessa destinata a porre in difficoltà le lotte dei lavoratori.
Dalle considerazioni sopra elencate risulta evidente che la FIAT pu mettere 'in campo' ben altri strumenti per far fronte all'attuale situazione del mercato: in primo luogo una diminuzione dei carichi di lavoro per gli addetti al ciclo produttivo dell'auto (sottoposti a ritmi produttivi elevatissimi in secondo luogo la FIAT potrebbe utilmente anticipare ai propri dipendenti le riduzioni di orario che le OO.SS. hanno richiesto con il rinnovo del contratto di lavoro di categoria.
Il Consiglio regionale impegna la Giunta a: richiedere al Governo che faccia le opportune pressioni presso i Comitati provinciali per la Cassa Integrazione Guadagni, i relativi Uffici di Collocamento e di Massima Occupazione, nonché delle altre autorità competenti, affinché l'uso della CIG non sia consentito fare le opportune pressioni verso la FIAT affinché assuma le iniziative sopra elencate per risolvere in modo ''indolore' per i lavoratori e per la collettività gli attuali problemi di mercato".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 1 voto favorevole, 24 contrari e 21 astensioni (non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere).
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 29 presentato dai Consiglieri Chiezzi, Bosio e Calligaro, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale rilevato che le difficoltà in cui versa la FIAT sono riconducibili ad una molteplicità di fattori tra i quali risulta non marginale l'insufficienza di rapporti internazionali capaci di realizzare alleanze con altre case automobilistiche: osservato che il ruolo che la Regione Piemonte e le assemblee elettive in generale possono svolgere per contribuire al superamento di una difficile situazione economica può consistere anche nell'assunzione delle proprie responsabilità istituzionali in ordine alla pianificazione del territorio: rilevato che alcune case automobilistiche europee, in occasione dell'ultimo Salone dell'automobile, hanno espresso poco gradimento per l'attuale localizzazione al Lingotto, edificio troppo legato alla marca automobilistica FIAT e di caratteristiche intrinseche ed ambientali inadeguate a competere con analoghe strutture nazionali ed internazionali rilevato che la Società FIAT ha proposto una valorizzazione dei propri immobili del Lingotto improntata ad una restrittiva logica aziendale ed al di fuori di un programmato sviluppo di Torino: rilevato che l'Amministrazione comunale di Torino ha approvato con provvedimento urbanistico la sostanza delle proposte FIAT e che la Giunta regionale ha approvato il Piano particolareggiato del Lingotto dopo l'ultimo scioglimento del Consiglio regionale al quale, in questo modo, si è evitato di rendere conto di una importante decisione amministrativa ritenuto indispensabile alfine di dotare la Regione Piemonte di un moderno e funzionale centro fieristico capace di accogliere le più ampie adesioni anche nello specifico settore dell'industria automobilistica impegna la Giunta a: mettere in discussione in Consiglio regionale una localizzazione del centro fieristico internazionale alternativa al Lingotto dotata di nuove aggiornate strutture site in luogo accessibile e idoneo per rinnovare la realtà urbana torinese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 17 voti favorevoli e 24 contrari (non hanno partecipato alla votazione 5 Consiglieri).


Argomento: Formazione professionale

Esame proposta di deliberazione n. 43: "Ratifica (ai sensi dell'art. 40 dello Statuto) della deliberazione G.R. n. 29-98 del 7/8/ 1990 'Approvazione del Programma F.P. operativo relativo agli obiettivi 3 e 4 (Regolamento CEE 2052-88) per l'accesso ai finanziamenti del Fondo Sociale Europeo '90-'92 e approvazione del relativo Piano Corsi (Anno '90)'"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame della proposta di deliberazione n. 43, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Foco. Ne ha facoltà.
FOCO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa deliberazione avrebbe potuto essere la conclusione concreta del dibattito che si è svolto in quest'aula per l'intera giornata sul problema occupazionale alla FIAT e in Piemonte.
Sarebbe stata una conclusione veramente degna, perché avrebbe potuto rendere concrete una serie di proposte e di interventi anche della stessa maggioranza: vorrei ricordare quelli dei colleghi Marchini e Ferrara.
Così non è. A me pare che questa deliberazione non sia altro che una compilazione affrettata delle richieste pervenute.
Mi scuso con l'Assessore, ma non ho avuto la possibilità di verificare l'insieme delle domande pervenute e quindi di poter valutare che tipo di selezione è stato fatto. Sarebbe anche interessante poter valutare quale funzione disincentivazione ha svolto la Regione.
Mi permetto di richiamare la Presidenza affinché formi urgentemente le commissioni di lavoro. E' un'urgenza che diventa fondamentale per noi neofiti del Consiglio regionale che non conosciamo né la storia né i precedenti delle deliberazioni e quindi interveniamo in modo imbarazzato convinti che ci sono delle lacune nel nostro intervento.
Voglio anche rilevare che questa deliberazione risulta essere contraddittoria nella parte sostanziale; infatti nei capitoli introduttivi (che riguardano il contesto socio-economico, la dinamica della domanda di lavoro, le caratteristiche dell'offerta di lavoro, l'analisi del sistema formativo, la verifica del prodotto) i dati citati più recenti risalgono al 1988 e quelli sulle verifiche dei corsi risalgono all'anno formativo 1985/86. Quindi, se potessimo togliere una parte della premessa e al suo posto inserire un sunto del dibattito di oggi, sicuramente avremmo dei dati più aggiornati sui quali costruire le proposte.
Nel piano pluriennale 1988/90 c'era un impegno per quanto riguarda la formazione professionale a costruire i progetti su dati recenti ed effettuare la verifica nell'arco di un anno. Per quanto riguarda questo piano formativo dovrebbe essere corredato dalle risultanze dell'anno 1988/89 e dovrebbe far riferimento alla situazione economica del 1989.
La precarietà della proposta che viene fatta, balza ancor più agli occhi perché non sta all'interno di un discorso programmatico complessivo.
Nel programma pluriennale di attività e di spesa 1988/90 si affermava che con il 1987 sarebbe terminato il precedente piano pluriennale della formazione professionale (1984-1987), e nel prevedere questo, si provvedeva ad assegnare, nel 1986, un incarico all'IRES per gli studi preparatori a questo piano. Non sono riuscito a trovare i risultati di quegli studi anche se in convenzione veniva stabilito che entro quattro mesi questi dovevano essere consegnati per potere costruire in tempo utile il successivo piano pluriennale di spesa per la formazione professionale.
Mi pare quindi di poter affermare che l'unica cosa che è stata fatta per predisporre questo piano operativo sia stata quella di raccogliere alla bell'e meglio le proposte che da ogni parte venivano: quindi non su precisi indirizzi programmatici precisi e in modo particolare evidenziando una grossa dicotomia, uno iato tra gli impegni assunti nei documenti politici programmatici e quello che veramente si fa: la montagna ha partorito il topolino, cioè queste proposte. Tra l'altro un topolino da 84 miliardi: una cifra abbastanza consistente, che potrebbe sicuramente avere un grosso significato ed essere un grande e reale intervento per il ruolo che noi vorremmo giocasse la formazione professionale, come intervento attivo nel campo del lavoro e dell'occupazione.
Se ben ricordo l'Unione Industriale in un suo documento ha, a sua volta, fatto dei rilievi denunciando l'utilizzo dei fondi europei per coprire la normale spesa della formazione professionale. Il Fondo sociale europeo dovrebbe, invece, essere utilizzato per progetti speciali di arricchimento della attività della formazione professionale, e non per la normale gestione. Non mi soffermo sulle carenze che presenta la gestione della F.P. perché esse 'sono già state evidenziate sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo: basterebbe fare riferimento allo scarso programma che la maggioranza ha presentato in quest'aula per rilevarle ancora meglio.
Oggi abbiamo parlato della FIAT, ma si è fatto riferimento anche al comparto tessile del Biellese. Proprio questo intervento - mi corregga se sbaglio chi conosce quella realtà - mi pare molto carente nel piano operativo presentato. Questo comparto avrebbe bisogno di ben altri interventi e di ben altro sostegno.
Pertanto esprimo un giudizio estremamente negativo per l'utilizzo che si fa dei fondi europei che potrebbero essere di gran lunga meglio utilizzati, in particolare nella situazione in cui ci troviamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.
MAGGIOROTTI Anch'io vorrei far osservare quanto sia carente questa deliberazione ormai esecutiva, sulla questione dei disabili (in realtà qui vengono definiti minorati, non so come mai, quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha introdotto un termine ben più comprensivo, che è quello appunto di disabile. Tra l'altro, è anche un termine diffuso nella letteratura internazionale, quindi non so bene se questa è una traduzione che arriva da chi ha proposto un certo schema, gli uffici del Ministero, oppure se è un'invenzione degli uffici dell'Assessorato al lavoro).
A pagina 56 si parla di interventi a favore dei "minorati" e si dice che i corsi sono per legatore, montatore, riparatore elettrodomestici ortofrutticoltore, operatore meccanico polivalente, e di corsi propedeutici nei settori artistico, di produzione, amministrativo, ma non si capisce che cosa ci sia dietro. Questo mi disegna un'immagine del "minorato" che si trova ad avere sbocchi professionali solo come legatore, montatore riparatore di elettrodomestici (penso alla crisi dell'Indesit) o come ortofrutticoltore, e mi domando se debba mettersi a coltivare il suo campicello.
Si dice poi che l'obiettivo delle azioni su indicate è quello di offrire a soggetti portatori di handicap conoscenze utili alloro inserimento sul mercato del lavoro. Non so se queste cose servano.
Ci si chiede quali criteri si sono adottati, sulla base di quali conoscenze dei bisogni è stata fatta tale quantificazione e quale selezione per queste meravigliose professioni.
Sottolineo come in realtà "disabile" sia un termine che comprende diversi tipi di disabilità. Allora a chi ci riferiamo, a disabili psichici a insufficienti mentali, a disabili fisici, a disabili sensoriali? Comunque i disabili potrebbero anche partecipare a corsi (sempre che le sedi dei corsi siano accessibili, non ci siano barriere architettoniche) sulle nuove tecnologie; tra l'altro esperienze di questo tipo sono già state avviate nella Regione Lombardia.
Condivido chi mi ha preceduto nell'affermazione che queste siano iniziative di tipo "assistenziale", oppure normali corsi che si è tenuti a fare senza alcuna particolare inventiva di tipo innovativo, oppure rispetto a bisogni specifici individuati. Per questi motivi il nostro giudizio è fortemente negativo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci troviamo, dopo un dibattito lunghissimo di carattere più teorico, a discutere di uno degli strumenti classici e forti di intervento della Regione, che in un provvedimento unico assomma due aspetti, quello della formazione professionale e quello di un intervento comunitario, chiamiamolo di emergenza in una situazione di crisi; infatti il Regolamento n. 2052 è rivolto alla Provincia di Torino e all'Alto Novarese.
Su questo dibattito cade subito il tono, la tensione, la disputa, lo scontro. Ci troviamo invece in un ambito di qualificazione del nostro intervento, il resto può diventare una discussione che assume anche caratteri astratti. Qui c'è bisogno della concretezza di cifre, di miliardi, di interventi e di una qualificazione.
Certamente la Giunta si trova nella difficoltà di saldare un intervento concreto con una strategia che viene spesso a mancare per un insufficiente rapporto e dialogo tra le diverse parti: l'ente pubblico è visto molto spesso dal sistema delle imprese come un erogatore, specie nella formazione professionale, e non come un soggetto che può usare la formazione professionale come leva di politica economica, come leva di politica del lavoro.
In questo senso, la difficoltà in cui si è trovata la Giunta è stata quella di dover raccogliere una serie di stimoli, spesso disordinati, e di cercare di amalgamarli in una proposta. Il mio suggerimento, quando si hanno opportunità di interventi mirati in un'area di piena competenza come quella della formazione professionale, è di fare uno sforzo: per esempio di mirarla a settori oppure a qualificazioni particolari. Mi rivolgo soprattutto alla formazione dei giovani, per far sentire che la Regione Piemonte con questi interventi dà il segno di una politica, di un orientamento. Questo è molto difficile, occorre un rapporto sistematico di conoscenza sulla direzione di marcia che sta assumendo il sistema produttivo.
Nel dibattito di oggi è venuta fuori con chiarezza la necessità di avere, ad esempio, sul tema della qualità totale, una forma di concertazione tra pubblico e privato per capire che tipi di indirizzi in materia di politica del lavoro, di politica della formazione professionale si possono avere.
Pertanto il Gruppo socialista vota a favore di questo provvedimento suggerendo di fare uno sforzo per migliorare la nostra capacità di far assumere un'azione attiva a questi tipi di intervento e non cercare semplicemente di "fare la spesa", anche se ovviamente in questo provvedimento non c'è questo tipo di ritardo: però c'è una difficoltà oggettiva che la Giunta deve sapere sfidare per dare una qualificazione diversa, anche coraggiosa. Penso alla zona di Cirié, all'area del basso Pinerolese con l'Indesit. In questi casi l'intervento poteva anche vedere una priorità territoriale e una priorità settoriale. Certamente questo sarebbe stato oggetto di tensioni con le associazioni di categoria e con gli interessi sul territorio di altre realtà, ma avrebbe dato il segno del tentativo di un'espressione politica, di una volontà. Ricordo che questo intervento comunitario è stato assegnato alla provincia di Torino, esclusi Torino e l'alto Novarese, perché gli indicatori di disoccupazione soprattutto di disoccupazione di vecchia durata, erano così elevati che hanno fatto sì che nell'Italia settentrionale la provincia di Torino e l'alto Novarese fossero gli unici meritevoli nel 1989 di intervento comunitario di questo tipo. Mi auguro che per la nostra regione non vengano più fuori questi caratteri, perché vorrebbe dire che i nostri indicatori di disoccupazione sono critici. Voglio però sottolineare che dinnanzi a questi tipi di intervento occorre il coraggio dell'assunzione di decisioni nell'ambito delle priorità settoriali e territoriali per rendere più efficace il nostro intervento.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.
ZACCHERA Sono allibito e abbastanza frastornato per dover affrontare, dopo una discussione durata sette ore su problemi sì importanti, ma non indispensabili, come i cinque ordini del giorno interscambiabili per la FIAT, l'esame di questo documento su una decisione di Giunta del 7 agosto che dobbiamo quindi ratificare entro il 6 di ottobre, sostanzialmente senza nessuna preparazione. Mi sono letto il documento anche perché, essendo dell'alto Novarese, sono particolarmente interessato. Mi sono sorti molti dubbi perché penso che ciascuno con le proprie competenze poteva portare forse un contributo più complesso e anche di buona volontà. Mi vedo invece un documento preconfezionato, sul quale non ho alcuna possibilità di controllo e che quindi devo accettare a scatola chiusa e che, per le poche caratteristiche che conosco di persona per la mia personale attività professionale, trovo di assoluta povertà di profilo.
Sono Presidente degli albergatori di Verbania e dell'alto Lago Maggiore e scopro un corso di mille ore per addetto cucina e addetto sala bar. Ma scusate, per un addetto sala bar mille ore sono fin troppe, per un addetto cucina non si comincia neanche: il tutto per una spesa, in questo caso, di 800 milioni con un commento esattamente di 27 parole. Non posso esprimere un giudizio serio su una cosa simile, dico che mi sembra un peccato impegnare 83 miliardi senza aver prima fatto uno sforzo di approfondimento senza andare a vedere se non era possibile dare qualcosa di più concreto di più specifico.
Per esempio, cito ancora il campo turistico-alberghiero si sarebbero dovuti evidenziare interventi estremamente più necessari, che hanno determinate caratteristiche, che presentano determinate figure professionali, per esempio l'addetto cucina. Che cosa significa per "addetto cucina"? Se non è qualificato non serve assolutamente a nulla perché è capace soltanto di pelare patate: se diventa un cuoco guadagna tre milioni e mezzo di stipendio, può bastare a sé e alla sua famiglia e ne avanza ancora.
Mi sembra ingiusto dover approvare questo provvedimento questa sera non perché sia sbagliato, ma perché è un'occasione che viene buttata. Visto che abbiamo tempo fino al 7 ottobre, propongo di approfondirlo.
Ci sono dei settori interi di cui non si parla, dove invece potrebbero essere utilmente recuperati degli spazi: penso ai tecnici ambientali, al recupero della montagna: penso all'industria del sasso. Sono delle attività per le quali addirittura non si trovano degli elementi da avviare al lavoro.
Questo mi lascia pensare che se nel piccolo c'è così poca chiarezza nel grosso non ce ne sarà di più. Quindi, indipendentemente dal nostro voto propongo alla Giunta di approfondire questo tema: riuniamo i Consiglieri interessati, al di là di ogni opinione politica, per cercare di fare qualcosa di più concreto. Tra l'altro gli enti locali sono stati ascoltati hanno portato delle proposte, ma nella parte introduttiva di questa deliberazione non c'è scritto nulla. Sarebbe stato abbastanza leggero se non fossero state sentite le categorie imprenditoriali, che peraltro sono citate alcune volte, le scuole, i sindacati. E' una grossa occasione, sono 83 miliardi, secondo me occorre centellinarli e utilizzarli bene proprio perché, come ha detto qualcuno prima, questa è una pietra fondamentale.
Allora, non sprechiamo le cartucce quando è il momento di sparare cerchiamo di utilizzarle bene per colpire nel segno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.
CAVALLERA Signor Presidente, ci troviamo di fronte alla ratifica di una deliberazione assunta d'urgenza dalla Giunta regionale in un periodo in cui non era possibile, a fronte delle scadenze che erano imposte dai regolamenti, convocare il Consiglio regionale. Quindi ci troviamo a dover votare su una questione senza averla potuta approfondire nelle Commissioni consiliari. Manca una serie di informazioni. Questa deliberazione ha avuto un iter di preparazione consistito nella concertazione tra il livello regionale, il livello nazionale e il livello comunitario: quindi siamo di fronte ad una metodologia di tipo diverso, non l'approvazione di un piano ampio su cui registrare successivamente quali sono le parti che vengono finanziate, per cui ci possono essere delle contraddizioni dal punto di vista delle analisi che vengono prese a base per determinare gli indicatori, le zone oppure i settori in cui intervenire: invece abbiamo la certezza che gli interventi che vengono proposti comunque andranno a termine. Ci troviamo di fronte a valide giustificazioni nelle premesse della deliberazione là dove si dice che era urgente, proprio per consentire, già da questo anno formativo, l'avvio dei corsi, perché, come veniva ricordato prima, questa deliberazione ha due significati: costituisce piano triennale e costituisce deliberazione per l'autorizzazione all'avvio dei corsi nella corrente stagione.
Quindi per tutte queste ragioni. Pur avendo qualche osservazione che faremo in altra sede, votiamo favorevolmente la ratifica di questa deliberazione proprio perché ne condividiamo le premesse, la sostanza e soprattutto il carattere di urgenza. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.
CERCHIO, Assessore alla formazione professionale Intanto, devo ringraziare i colleghi che, entrando nel merito con alcuni quesiti, danno modo alla Giunta di spiegare come in realtà ci troviamo di fronte ad una accelerazione e ad una emergenza che se non avessimo colto fino in fondo ci avrebbe fatto perdere l'opportunità e l'occasione dei finanziamenti.
E' noto come la riforma dei fondi strutturali della CEE (Regolamento CEE nn. 2052 e 4255) prevede che l'attività finanziaria del Fondo Sociale Europeo venga programmata dagli Stati membri con un piano nazionale e successivamente, con programmi operativi che in Italia sono stati affidati alle singole Regioni.
In particolare è stato presentato un programma operativo perle zone in declino (obiettivo 2), già approvato dalla CEE, e un programma operativo che si rivolge - come è stato detto dal collega Tapparo - sia alla disoccupazione adulta che alla disoccupazione giovanile (obiettivi 3 e 4) che sono ancora in attesa di approvazione ufficiale, che dovrebbe comunque avvenire entro il corrente mese.
La scadenza di presentazione di tale programma operativo, dato il prolungarsi dei tempi tecnici relativi alle fasi precedenti, in particolare alla decisione della CEE relativa al Piano di finanziamento per gli obiettivi 3 e 4, era stato fissato alla data del 30 marzo 1990. Dopo tale data i programmi operativi delle Regioni sono stati esaminati dai funzionari della CEE e del Ministero del Lavoro e solo in data 25 maggio 1990 c'è stata l'istruttoria relativa al Piano operativo della Regione Piemonte, svoltasi, peraltro, in collaborazione con i funzionari della CEE del Ministero del lavoro e delle Regioni.
In tale occasione il Piano operativo è stato rivisto e la Regione ha avuto una prima ufficiosa approvazione.
Dopo tale data sarebbe stato quindi possibile procedere alla presentazione in Consiglio regionale del Piano operativo per la approvazione degli obiettivi 3 e 4 e per procedere con successiva deliberazione di Giunta ad approvare l'avvio delle attività formative previste.
Però in questo periodo di vuoto di attività legislativa e anche di vuoto della attività delle Commissioni, decise e concordate solo in questi giorni, l'attività consiliare era ovviamente sospesa. Poiché i corsi previsti dal Piano operativo dovevano necessariamente iniziare entro i primi di settembre ed essendo fissata una seduta del Consiglio regionale il 18 settembre, che peraltro non avrebbe ancora potuto esaminare questo provvedimento, abbiamo ritenuto necessario assumere in data 7 agosto questa deliberazione per consentire l'inizio delle attività che debbono comunque essere completate entro il 1990.
L'Assessore alla formazione professionale ha avuto l'ardire chiamiamolo così, di presentare al 7 agosto questa deliberazione, che si sposa molto opportunamente con le cose dette, peraltro, in un articolato dibattito sui problemi occupazionali della FIAT: se così non fosse stato non avremmo fatto partire i corsi e non avremmo evidentemente potuto accedere a questa opportunità che certamente non si presenterà più nel prossimo anno, perché con il prossimo anno ripristineremo il percorso normale.
Quale programma propone l'obiettivo 3? E' intanto un obiettivo che si indirizza alla lotta alla disoccupazione di lunga durata, quindi interessa gli adulti con oltre 25 anni. Consiste in due assi di intervento, l'asse relativo ai disoccupati e cassaintegrati da più di un anno e quello relativo alle fasce deboli del mercato del lavoro quindi donne soggetti portatori di handicap, soggetti extracomunitari. Le persone interessate nel 1990 sono un migliaio. L'obiettivo 4, invece, interessa gli interventi per l'occupazione giovanile, quindi è rivolto ai giovani sino ai 25 anni e consiste in alcuni interventi di formazione di primo livello, post scuola dell'obbligo e formazione del secondo livello, post-diploma, formazione di giovani assunti con contratti di formazione e lavoro e fasce deboli sul mercato. Le persone interessate nel 1990 sono 13 mila.
Devo dire che abbiamo lavorato intensamente anche nel periodo estivo. I riferimenti e i dati sono stati realizzati con i parametri che ci venivano dal riferimento nazionale.
Dobbiamo dire che in alcune zone, per esempio nel novarese, le domande erano inferiori rispetto alle disponibilità finanziarie, nonostante i solleciti che venivano fatti dalla Regione. Tutto questo discorso è filtrato attraverso un confronto con le categorie interessate, ancorch esista un contendere giustificato, secondo l'ottica dell'Unione Industriale che, a fronte dei progetti presentati, si trovava ad avere inferiore possibilità di corsi, ancorché la domanda è sovradimensionata.
Per motivi di urgenza, per la necessità di non perdere l'opportunità di assumere la deliberazione perché i corsi dovevano iniziare in settembre abbiamo ritenuto che valesse la pena di assumere, con i poteri del Consiglio, questa delibera nel mese di agosto, pur comprendendo tutte le osservazioni qui fatte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Foco per dichiarazione di voto.
FOCO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso intervenire non solo per dichiarare il voto contrario del nostro Gruppo a questa deliberazione, ma anche perché non vorrei che ci fossero fraintendimenti sul mio intervento. Il fatto che la deliberazione sia stata assunta d'urgenza non mi preoccuperebbe più di tanto, se le cose fossero fatte bene. Anche se, ovviamente, preferisco che la Giunta non abusi troppo dell'uso dei poteri del Consiglio. A me pare di aver fatto dei rilievi nel merito della delibera e non solo sul metodo dell'urgenza, ma a questi non mi è stato risposto, anzi, alcune affermazioni dell'Assessore confermano un discorso di rabberciamento per arrivare alla cifra prevista per presentare comunque un progetto. Manca un piano sulla formazione professionale che dovrà essere costruito sulla nuova realtà della quale abbiamo discusso oggi, realtà che avrebbe dovuto sconvolgere completamente questo progetto.
Non si chiede ovviamente di far della divinazione. Mi pare però che qui trovi conferma quell'errore che il nostro Gruppo aveva individuato nella proposta programmatica, dove le sorti dell'economia piemontese erano state tutte definite come grandi e progressive: invece, nella realtà, a poche settimane di distanza ci siamo visti costretti a dover dedicare un Consiglio regionale ai problemi dell'occupazione e dello sviluppo nella nostra Regione. Quindi il nostro voto contrario è nel merito delle proposte. Voglio ricordare che la Regione Piemonte ha i suoi centri di formazione professionale attraverso i quali non solo può fare delle proposte, ma costruire veramente una politica attiva del lavoro. Così come ci sono altri centri ed altre realtà con le quali può e deve confrontarsi per un ruolo più proficuo ed attivo della formazione professionale.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 22 voti favorevoli, 12 contrari e 4 astensioni.
Sull'ordine dei lavori in particolare sull'Amiantifera di Balangero



PRESIDENTE

Ricordo che l'o.d.g. del prossimo Consiglio sarà costituito dai punti che non sono stati esauriti oggi, più le interrogazioni e le interpellanze.
La Conferenza dei Capigruppo è fissata per le ore 9 di venerdì 21 settembre p.v., in modo da definire eventuali integrazioni all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Segre. Ne ha facoltà.
SEGRE Vorrei sapere se per venerdì alle ore 9.30 è stata convocata la Commissione Nomine.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Il prossimo punto dell'o.d.g. è quello relativo all'Amiantifera di Balangero. Ci risulta che la concessione sia sull'orlo di una decisione per cui ci sembra molto strano e non accettabile che non si discuta adesso e lo si faccia poi a cosa già avvenuta. Noi chiederemmo come minimo un brevissimo aggiornamento da parte del Presidente o dell'Assessore sulla questione, nonché l'impegno a discuterlo la prossima volta in modo inderogabile. Chiediamo anche un impegno a cercare di spostare la decisione stessa.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Ricorderete che nel corso dell'ultima seduta di Consiglio si era parzialmente discusso l'argomento, dopodiché c'era stato un successivo incontro in Giunta regionale al quale personalmente non ho partecipato, ma erano presenti altri Consiglieri, nel quale era stato affrontato questo problema in presenza dei Sindaci e del Presidente della Comunità montana.
In quella riunione è emersa una forte richiesta di sgombero dell'intero materiale esistente e di concerto di avviare la fase di bonifica.
Successivamente la questione è stata seguita dall'Assessore Cerchio. Posso prendere l'impegno a dibattere l'argomento in apertura della prossima seduta. Certo le decisioni a livello nazionale non possono essere contrastate, se verranno assunte in questi giorni. Mi auguro che non lo siano e che la nostra discussione avvenga con tutta serenità, ma non possiamo assumere noi la responsabilità di decisioni che altrove possono essere prese. Possiamo chiedere che non vengano assunte, possiamo intervenire e lo dirò all'Assessore Cerchio. Domani stesso, dato che andr a Roma per altre ragioni, vedrò se è possibile avere notizie più precise ed eventualmente fare differire quelle scelte: ma se queste verranno assunte non possiamo prenderci noi la responsabilità. Per quanto ci compete non abbiamo alcuna difficoltà a discutere ed eventualmente valutare le possibilità di intervento su decisioni che potrebbero avvenire nel frattempo. Non mi assumo la responsabilità di un potere che oggettivamente non abbiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.
BRESSO Mi scusi, Presidente, richiamando gli accordi presi nella riunione cui ha fatto cenno il Presidente Brizio, chiederei che l'informativa riguardi anche la specifica situazione ambientale che era emersa; c'era stata presentata come gravissima, e da allora mi risulta che non abbia praticamente piovuto, se non poche gocce. Chiediamo quindi un'informativa sulle misure prese o il motivo per cui non si sono prese a proposito della questione delle scorie e delle polveri connesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.
RIVALTA Signor Presidente, noi abbiamo presentato quell'ordine del giorno perché riteniamo quella di Balangero una situazione seria e grave, sia sotto il profilo occupazionale che ambientale. L'abbiamo chiarito in quella discussione aperta alla fine di luglio, che non ha potuto trovare una conclusione perché mancava il numero legale in Consiglio regionale.
Rinviare la decisione ha senso se la discussione che faremo in Consiglio avverrà prima di decisioni definitive sulla questione di Balangero, perch se avviene dopo, diventa soltanto una consultazione per memoria. Devo rilevare che per la seconda volta su una questione così importante viene a mancare il numero legale nel momento in cui si deve discutere. Quindi pongo una questione che riguarda la conduzione del Consiglio e gli impegni della Giunta. Tale argomento non è posto all'improvviso al Consiglio regionale ma era già stato posto nel mese di luglio quando c'era un'urgenza, quindi ritengo estremamente grave e negativo che la Presidenza del Consiglio regionale e la Giunta non abbiano sentito il dovere di assicurare che questo argomento venisse affrontato oggi e che le decisioni definitive vengano prese altrove nel corso di questa settimana. L'ordine del giorno teneva conto del fatto che la Regione non ha piena competenza, anzi competenze in merito spettano ad altri organismi, ma chiedeva iniziative da parte della Regione e della Giunta regionale, indicate anche nel merito.
Quindi ritengo questo atteggiamento un'elusione al problema e una resa del Consiglio regionale che è impossibilitato a formulare una propria opinione un proprio orientamento. E' un fatto grave. Credo che non sia mai successo in vent'anni che su una questione rilevante il Consiglio regionale non sia stato messo in condizione di discutere. Quello che ci ha detto il Presidente Brizio non è sufficiente rispetto all'entità del problema.
Brizio domani deve chiedere a Roma di consentire al Consiglio regionale di esprimere sull'Amiantifera di Balangero, l'unica vera miniera di amianto presente in Europa, un proprio orientamento. E' una posizione che va chiesta al Ministro dell'industria, ed è una posizione che va riferita al Ministro dell'ambiente; una delle questioni fondamentali che abbiamo posto a luglio era quella di impegnare il Ministro dell'ambiente a controllare sotto il profilo ecologico, sotto il profilo ambientale, tutta l'operazione che verrà compiuta a Balangero. Questo non mi pare sia stato fatto, è essenziale che invece venga fatto. Abbiamo denunciato a luglio che tutta l'operazione rischia di richiudersi in una decisione di carattere imprenditoriale, quando invece deve essere una questione controllata sotto il profilo ambientale.



PRESIDENTE

Devo dire che nella Conferenza dei Capigruppo avevamo considerato i tempi di discussione dei molti argomenti iscritti all'o.d.g. e avevamo già individuato che non si sarebbe potuto discutere su questo argomento perch i tempi erano molto stretti. C'era comunque l'intenzione di far proseguire la seduta del Consiglio al massimo possibile, comunque non oltre le ore 19.30. Devo anche dire che oggi non abbiamo perso un secondo rispetto al dibattito.
RIVALTA Ogni discussione rispetta una scadenza. In questo caso esiste una scadenza al di fuori del Consiglio regionale. Rimandare la considero un'elusione alla discussione in Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Presidente Brizio.
BRIZIO, Presidente della Giunta regionale La volta scorsa, al termine della seduta del Consiglio, ci siamo impegnati a riunire la Giunta tempestivamente. Non abbiamo assolutamente alcuna intenzione di eludere la discussione. Inoltre i lavori del Consiglio regionale non dipendono dalla Giunta, la Giunta non può che dare la propria disponibilità a discutere l'argomento. L'Assessore competente se n'è andato perché era previsto che a quest'ora si sarebbero conclusi i lavori.
Comunque voglio chiarire che per quello che riguarda la situazione ambientale, l'Assessore Garino è disposto a fornire le notizie in quanto ha seguito la questione. In merito alla riunione che si è tenuta in Giunta gli orientamenti si erano delineati in modo diverso dalla prospettazione dell'ordine del giorno. Comunque l'ordine del giorno lo discuteremo nella prossima seduta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Garino.
GARINO, Assessore all'ambiente La collega Bresso era con me nella riunione con i Sindaci, con il Presidente della Comunità montana, con le UU.SS.SS.LL. e ricorderà che io ho assunto precisi impegni: intanto di verificare dal punto di vista giuridico chi doveva intervenire per la bagna tura dei detriti, e non era cosa molto semplice, ciononostante in mezza giornata siamo riusciti finalmente a saperlo. Il parere dei tecnici dell'Assessorato, del Servizio legale e del sottoscritto era sostanzialmente che, alla luce del fatto che la concessione era stata revocata, la miniera veniva di nuovo ad essere patrimonio indisponibile dello Stato, quindi del Ministero dell'industria.
Sulla base di questo parere, che ha comportato uno studio di alcune ore, ho immediatamente scritto all'Ente Miniere, informandolo che le nostre ricerche individuavano in esso l'istituto che avrebbe dovuto intervenire, e facevo rilevare la necessità di un intervento immediato. La lettera ovviamente era indirizzata al Ministero dell'Ambiente per quanto riguardava la conoscenza degli aspetti che il Consigliere Rivalta prima citava. Devo purtroppo dire che non è avvenuto nulla, se non un continuo contatto del sottoscritto con il Presidente dell'USSL per avere le informazioni (che ognuno poteva avere, ma che io non ho ricevuto). Ho cercato di sollecitare attraverso l'ufficio questo intervento e, per fortuna nostra, come già diceva il collega, non ci sono state folate di vento particolari.
Personalmente ritengo assai grave questo comportamento. Quanto meno si sarebbe dovuta dare risposta ad una lettera che segnalava l'emergenza ambientale in quella zona. So bene che i problemi ambientali non sono solo questi. I problemi sono strettamente legati al tipo di concessione che verrà dato e ricordo a me stesso, prima che ai colleghi, gli impegni che in quella sede anche l'Ente Miniere aveva assunto attraverso il suo rappresentante. Si era stabilito di mantenere non soltanto i vincoli che già preesistevano con l'altra concessionaria, ma di crearne ulteriori che garantissero una situazione ambientale almeno sotto controllo. Finora nulla è stato fatto per cui occorrerà domani stesso verificare se i limiti di cui si parlò in quella riunione, sui quali mi pare fossimo tutti d'accordo sono rispettati all'interno della concessione e della convenzione che con la concessione viene a concretarsi.
RIVALTA Mi chiedo che cosa facciano il Sindaco di Balangero e la Protezione civile della Regione Piemonte di fronte all'emergenza.
Vorrei discuterne informalmente. Sto denunciando che dal mese di luglio siamo arrivati alla seconda parte del mese di settembre e non siamo stati in grado di discuterne. Ho colto favorevolmente l'intenzione espressa dall'Assessore; qui in Consiglio regionale si sta a discutere giornate intere sugli ordini del giorno e poi si colgono delle intenzioni. Ma queste vanno sancite negli ordini del giorno! BRIZIO, Presidente della Giunta regionale Stiamo discutendo in assenza del numero legale.
E' la seconda volta che la Giunta dà la sua disponibilità a dialogare informalmente, ma è anche disponibile a discutere l'argomento nella prossima seduta come primo punto all'o.d.g.



PRESIDENTE

D'accordo. Al primo punto dell'o.d.g. della prossima seduta sarà iscritto il problema dell'Amiantifera di Balangero.



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