Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.6 del 18/09/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto l) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che i processi verbali delle adunanze consiliari del 25 e 26 luglio '90 verranno posti in votazione nella prossima seduta. Il processo verbale dell'adunanza consiliare del 10 luglio '90, se non vi sono osservazioni, s'intende approvato.


Argomento: Turismo: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 58 presentata dai Consiglieri Rabellino, Farassino e Vaglio, inerente il mancato finanziamento da parte della Regione all'Ente turismo di Alba per la Fiera del Tartufo '89


PRESIDENTE

Passiamo al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze".
Esaminiamo l'interrogazione n. 58 presentata dai Consiglieri Rabellino Farassino e Vaglio.
Risponde l'Assessore Cantore.



CANTORE Daniele, Assessore al turismo

Il finanziamento è stato attribuito ai sensi dell'art. 4 della L.R. n.
29/87. Il contributo è di L. 28 milioni ed è già agli uffici di competenza perché sia affidato all'Ente Turismo del Comune di Alba. Abbiamo anche programmato il finanziamento per la manifestazione del 1990; pertanto posso tranquillizzare i Consiglieri interroganti che i problemi riguardanti il contributo alla fiera del tartufo - edizione 1989 sono superati, ed erano riferiti probabilmente, al cambio di amministrazione: quindi a problemi burocratici inerenti agli uffici.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Signor Presidente, ci riteniamo soddisfatti della risposta. Questo problema ha messo in crisi l'Ente turismo di Alba proprio per la mancanza di finanziamenti che in passato ci sono sempre stati e che, appunto, l'anno scorso non sono arrivati.


Argomento: Spettacoli: teatro, musica, cinema, danza

Interpellanza n. 14 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Monticelli, Bresso Calligaro, Grosso, Marengo e Rivalta inerente la grave situazione del Teatro Regio


PRESIDENTE

L'Assessore Fulcheri risponde all'interpellanza n. 14 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Monticelli, Bresso, Calligaro, Grosso, Marengo e Rivalta.



FULCHERI Giuseppe, Assessore alla cultura

In data 3 settembre abbiamo comunicato l'assegnazione di due primi contributi per complessivi 720 milioni al Teatro Regio. Con lo stanziamento previsto nel prossimo assestamento di bilancio la riduzione rispetto alla cifra data lo scorso anno, che era di 1200 milioni, sarebbe di soli 50 milioni rispetto ai capitoli di bilancio dell'Assessorato che riguardano anche il Teatro Regio. Ho già avuto incontri con il Teatro Regio per quanto riguarda anche il 250esimo anniversario, che festeggeremo insieme.
Dal punto di vista delle cifre ho assicurato che anche per quanto riguarda i 50 milioni avremmo provveduto nel bilancio del prossimo anno trattandosi di una cifra non ingente. Per il resto siamo perfettamente d'accordo su11'impostazione e sullo sviluppo delle iniziative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghe e colleghi, a mio avviso la questione relativa alla situazione in cui versa il Teatro Regio meriterebbe ben più spazio e attenzione di quanto consentito da una interpellanza e da quanto illustrato dall'Assessore. La risposta è troppo scarna.
Con l'interpellanza, in data 27 giugno, avevo sollevato insieme ai colleghi firmatari, un problema che per la Città di Torino e la Regione Piemonte non è di poco conto: la sorte del teatro lirico.
In questo frattempo la situazione al Teatro Regio è andata proseguendo in modo non limpido e chiaro, ma piuttosto farraginoso. E' notizia di oggi su un quotidiano nazionale, che la situazione ai vertici del Teatro Regio desta grande preoccupazione. Pare che sia in atto un provvedimento da parte del Ministro Tognoli di commissariamento del Sovrintendente al Teatro Regio nella persona del Vicepresidente del Teatro Regio. Questo commissariamento suscita delle perplessità dal punto di vista istituzionale in quanto non si capisce se il Vicepresidente del Teatro Regio possa riassumere in sé anche la carica di Sovrintendente. Già il fatto di giungere ad un commissariamento è grave, perché denota l'incapacità della passata gestione di gestire il Teatro Regio con gli organi competenti, Consiglio di amministrazione, Sovrintendente, Presidente.
La risposta dell'Assessore è del tutto insufficiente nel senso che ritengo che l'interessamento della Regione Piemonte debba andare ben oltre.
Visto che diamo contributi, dovremmo conoscere la situazione reale del deficit del Teatro Regio e soprattutto le cause che hanno portato il Teatro a non essere più all'altezza di quanto Torino e il Piemonte meritano. Ha un rapporto con i dipendenti assolutamente inadeguato, con frizioni continue e disservizi per l'utenza, ricordiamo gli scioperi in occasione di alcune recite. C'è materia perché questo Consiglio regionale affronti l'argomento non in termini burocratici, senza contare l'iniziativa che la Regione Piemonte dovrebbe assumere col suo massimo responsabile di governo, il Presidente della Giunta insieme agli Assessori competenti, nei confronti del Governo nazionale. Dovrebbe farlo con una unità di intenti da parte di tutte le rappresentanze politiche al Parlamento nazionale. Vorremmo sapere quali iniziative sono state poste in essere, quali prospettive ci sono, se ci sono stati incontri con il Governo nazionale. Per questi motivi chiedo al Presidente della Giunta e all'Assessore di rendere in Consiglio regionale una comunicazione su questo tema, perché mi sembra che non si possa passare in sott'ordine un problema così importante per la vita culturale di questa Città e di questa Regione. Se il Presidente della Giunta volesse dare un'assicurazione su questo, sarei soddisfatto.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che la risposta dell'Assessore Fulcheri sia, allo stato degli atti, l'unica possibile. Il problema ci è ben noto. Non abbiamo difficoltà a portarlo anche in una comunicazione, se ci saranno le condizioni per farlo. Non abbiamo alcuna preclusione in proposito.
Esiste un problema finanziario complessivo, che questa mattina verrà in discussione attraverso una comunicazione del collega Gallarini, che costituisce un grave vincolo a tutta l'azione regionale.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Interpellanza n. 73 del Consigliere Cavallera sull'utilizzo a scopo irriguo delle acque del fiume Bormida


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interpellanza n. 73 presentata dal Consigliere Cavallera alla quale risponde l'Assessore Garino.



GARINO Marcello, Assessore all'ambiente

E' nota a tutti l'attuale situazione di emergenza idrico - irrigua in Valle Bormida. Le ordinanze dei Sindaci che proibivano l'utilizzo delle acque del fiume Bormida anche per scopi irrigui hanno ovviamente aggravato il problema.
Tale proibizione è avvenuta sulla base delle misure cautelative suggerite dall'USSL 75 di Acqui che, sulla base di accurati esami, rilevava la presenza costante di microinquinanti.
In merito alla situazione conflittuale venutasi a creare tra autorità pubbliche ed agricoltori sulla opportunità di mantenere tale divieto l'Assessorato all'ambiente in perfetta sintonia con l'interpellante ritiene risolutore un pronunciamento del Ministero della Sanità sui limiti di impiego delle acque stesse. A tale scopo, già in data 17 agosto veniva inviata dall'Assessore all'ambiente una richiesta al Ministero della Sanità in cui, fatta presente la gravità della situazione si richiedeva al Ministero "di esprimere con la massima urgenza un parere circa l'uso delle acque del Bormida a scopo irriguo sulla base dei dati analitici finora raccolti".
Successivamente, in data Il settembre, si è provveduto a inviare un telegramma, a firma congiunta degli Assessori all'ambiente e alla sanità al Ministero della Sanità stesso in cui si sollecita con urgenza tale parere, anche sulla base delle indicazioni della Commissione tossicologica nazionale.
Si rimane tuttora in attesa di una risposta che, come evidenziato dall'interpellante, fornirebbe ai Sindaci elementi certi su cui basare le loro decisioni in merito all'utilizzazione dell'acqua.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Ringrazio l'Assessore per la tempestività della risposta che ovviamente è commisurata alla gravità del problema ambientale nell'ambito della Valle Bormida. Prendo atto dell'impegno della Giunta regionale in direzione del Ministero della Sanità per accertare definitivamente quali sono i limiti di impiego delle acque del Bormida a scopo irriguo. Ci troviamo in una situazione di contrapposizione tra amministratori pubblici, sindaci e utenti delle acque a scopo irriguo che in qualche modo va rimossa, ma per rimuoverla non servono i proclami ma altri metodi di concertazione. Dal punto di vista dei pubblici poteri, bisogna fondare i provvedimenti sui dati scientifici certi. In questo senso non abbiamo ancora avuto la possibilità di registrare da parte del Ministero della Sanità un pronunciamento chiaro e definitivo, per cui siamo convinti che l'intervento della Regione possa essere davvero risolutore e possa spingere finalmente chi di dovere a dire, una volta per tutte, se quelle acque possono essere impiegate non dico per l'irrigazione degli ortaggi, ma perlomeno per l'irrigazione di certe colture, come il mais. Questo problema, come tutti possono immaginare, è stato aggravato in quest'annata particolarmente povera di piogge.



PRESIDENTE

Se i colleghi acconsentono, per rispettare l'ordine dei lavori rinvierei, d'accordo con la Giunta, le interrogazioni che non sono ancora state discusse alla prossima seduta.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione del prof. Giovanni Astengo, dell'on. Isacco Nahoum, dell'on. Giancarlo Pajetta e del dott. Piercarlo Tarello


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, ricordare la figura di Giovanni Astengo, stroncato da infarto il 27 luglio mentre da Firenze si recava a Venezia, non solo rappresenta un dovere per questo Consiglio regionale, ma significa anche in termini più ampi riflettere sulla natura e sulla validità del rapporto tra un grande intellettuale, un disegnatore di città e il mondo della politica.
Come architetto, quindi come intellettuale che sceglie la strada dell'urbanistica come impegno civile, e come politico che decide di militare nel PSI, rappresentando la voce più autorevole del partito nel campo della pianificazione urbanistica, Giovanni Astengo si presenta alla memoria come personaggio geniale e positivo, un ordinatore di paesaggi urbani che ha sempre privilegiato la cultura della globalità dell'intervento su quella della parcellizzazione senza regole. L'attività teorico-pratica di Astengo ha avuto inizio già nei primi anni dell'immediato dopoguerra, quando l'Italia si apprestava a una difficile e travagliata ripresa senza regole e con spinte di speculazione territoriale.
Risale infatti al 1945 lo studio e l'elaborazione di Astengo del primo piano regolatore di Torino. E se questa può essere presa come data di avvio della sua carriera di professionista, a cui seguiranno tra gli anni '50 e '60 l'elaborazione di piani regolatori che lo renderanno famoso e stimato in Italia e all'estero, ricordiamo i piani di Assisi, Gubbio, Saluzzo Bastia Umbra da lui interamente elaborati, e la sua partecipazione in equipe a quelli di Genova, Pavia e Bergamo, non possiamo d'altro lato dimenticare la sua presenza intellettuale e politica nel mondo torinese espressa come docente al Politecnico dal 43 al '49 e come amministratore comunale dal '64 al '75, anni durante i quali ha ricoperto sia l'incarico di capogruppo socialista sia di Assessore all'urbanistica. Quest'ultima analoga responsabilità l'ha ricoperta in Regione tra il '75 e 1'80 producendo nel '77 una delle leggi più importanti del nostro territorio, la legge n. 56 sulla 'Tutela ed uso del suolo", legge difficile, non sempre capita, sovente criticata.
A questo professionista di statura internazionale, che il Consiglio regionale ha avuto l'onore di vedere come collega rigoroso e produttivo, a questo politico "anomalo" va il nostro ultimo commiato, il nostro ringraziamento per ciò che ha fatto per il Piemonte e le nostre sincere e profonde condoglianze alla sua famiglia.
E' mancato altresì Isacco Nahoum.
Con Isacco Nahoum, il comandante partigiano "Milan", medaglia d'argento al valor militare per l'opera svolta durante la Resistenza, mancato all'affetto dei suoi cari il 29 agosto scorso, scompare non solo un protagonista della guerra di liberazione e un testimone e autore della "Resistenza al fascismo", una delle sue opere, ma anche una delle presenze più attive nell'ambito del Comitato regionale per l'affermazione della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana a cui partecipava assiduamente in rappresentanza dell'Anpi regionale e, per un certo periodo in qualità di presidente del Comitato di coordinamento fra le Associazioni della Resistenza.
Più che ripercorrere le tappe della sua carriera politica di dirigente e di parlamentare del PCI, riteniamo più significativo menzionare il grande impegno profuso nel Comitato, soprattutto nel periodo più alto della sfida terroristica, quando la sua voce di assoluta e ferma condanna della strategia brigatista corrispondeva ad un'esposizione personale nelle scuole, nelle fabbriche e nei quartieri. Un'esposizione che lui non ha mai vissuto e sentito come rischio, ma come dovere di testimonianza che affondava le sue radici nella Resistenza.
Questo è stato Milan: un personaggio, si potrebbe dire, tutto di un pezzo, rigoroso e modesto, attento alle ragioni altrui, ma intransigente sui principi di libertà e democrazia a cui ha dedicato tutta la sua vita.
Il vuoto della sua presenza all'interno del Comitato sarà solo coperto dalla memoria della sua testimonianza.
Ai suoi parenti, agli amici, all'Anpi e al suo Partito, che lo rimpiangono si aggiunge la nostra voce e quella di tutti i rappresentanti del Comitato della Resistenza.
Dobbiamo ancora ricordare Giancarlo Pajetta. L'ampia eco che ha avuto sugli organi di informazione la morte di Giancarlo Pajetta dà il senso non soltanto della popolarità del personaggio, ma anche del suo essere, al tempo stesso protagonista della storia contemporanea e figura familiare per tutti, dalla povera gente ai vertici dello Stato. E sotto questo profilo risultano emblematiche le parole espresse, giovedì 13 settembre, dal Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga a distanza di poche ore dalla sua morte: "Fui sempre colpito dalla straordinaria semplicità di quest'uomo. Era un uomo vero, non faceva niente in cui non credesse e anche quegli atteggiamenti che lo avevano reso noto alla gente erano dettati da una sua istintiva sincerità". E aggiungeva ancora: "Rimangono ferme e certe alcune cose tra cui, per esempio, il sacrificio di tante persone per testimoniare un ideale, come da giovanissimo ha fatto Pajetta. E ci si pu domandare: ha un significato quello che Pajetta ha fatto? La mia risposta è che la testimonianza di un giovane il quale ha creduto e si è sacrificato per un ideale, sentendo nella sua carne anche la morte del fratello rappresenta un valore umano e civile che regge di fronte a qualsiasi revisione storica e a qualsiasi valutazione ideologica".
In effetti Pajetta, segnato in gioventù da dodici anni di carcere e dalla morte nelle file dell'antifascismo del fratello Gaspare, è stato protagonista e testimone attivo delle grandi battaglie politiche e sociali dell'Italia repubblicana.
Il partigiano Nullo, il ragazzo rosso, l'allievo di Gramsci e Gobetti del prof. Monti e della Torino colta ed antifascista, è spirato all'inizio di nuove battaglie che lui si accingeva ad affrontare con la determinazione di sempre. In gioco c'erano soprattutto due grandi questioni che rappresentavano tutta la sua vita: l'unità del suo Partito e la memoria storica della Resistenza. Ma il suo cuore, di fronte a questi aspri e dolorosi impegni, non ha retto; e la sua vivacissima e caustica ironia, che metteva in difficoltà i suoi avversari politici e che lo ha reso famoso come grande comunicatore, non ha potuto essere riversata su questioni attinenti al Partito e alla Resistenza perché in essi Pajetta si identificava ed erano con il ricordo della figura morale della madre i valori più grandi della sua vita.
Noi lo ricordiamo come uno dei più coerenti e battaglieri personaggi politici che il Piemonte ha dato all'Italia negli ultimi cinquant'anni. Per questo gli rendiamo omaggio, come ad un grande del Piemonte, la cui scelta di vita potrà anche non essere condivisa, ma la cui rettitudine e democraticità sono da tutti riconosciute.
Al suo Partito e ai suoi familiari va il nostro più vivo e sentito cordoglio.
Infine, devo ricordare che un grave lutto ha colpito tutti noi della Regione Piemonte. Abbiamo appreso infatti dell'immatura scomparsa del dott.
Pier Carlo Tarello, dirigente della Regione Piemonte. La sua opera intelligente, costruttiva, da sempre improntata alla massima serietà, ci impone di ricordarlo in questa occasione come esempio di professionalità e di correttezza. All'uomo va il nostro ricordo e il nostro ringraziamento per il suo costante impegno al servizio dell'Amministrazione, alla famiglia il nostro più vivo cordoglio.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista partecipa con profonda commozione al ricordo della figura di Giovanni Astengo.
Sarebbe fin troppo facile per me, socialista, ricordare la sua figura circoscrivendola alla sua lunga militanza politica nel nostro Partito: ricordare in lui il rimpianto compagno, rivendicare orgogliosamente l'appartenenza della sua storia umana, politica e professionale al tradizionale impegno socialista nelle riforme, per un'integrazione sociale equilibrata.
Facendolo, però, mi sentirei di fargli un torto perché Astengo in realtà, sebbene profondamente e coerentemente socialista, è stato uno di quegli uomini che per la validità del loro pensiero e delle loro opere trascendono l'appartenenza contingente ad uno schieramento a questa od a quella fazione politica per assurgere ad una posizione di eminenza morale e scientifica al di sopra delle parti.
Di Giovanni Astengo si è detto e scritto molto a proposito delle sue realizzazioni nella progettazione urbanistica, realizzazioni coerentemente ispirate al tema centrale della sua esperienza, coerentemente perseguito e in molti casi attuato, quello di utilizzare la scienza urbanistica come elemento di riequilibrio sociale.
Quali motivi altrimenti starebbero alla base di quella strenua attenzione dedicata a criteri progettuali che, con rigore e determinazione hanno sempre cercato di fornire a specifiche realtà territoriali criteri organizzativi ispirati ad uno sviluppo razionale ed integrato, se non la difesa del diritto di tutti, ma in particolare delle fasce più deboli della società, ad un 'esistenza qualitativamente più elevata, conseguita anche attraverso una migliore "vivibilità" dell'ambiente urbano e dell'efficienza dei suoi servizi.
Ecco, le linee essenziali del disegno di questo grande maestro stanno a mio giudizio, in questo semplice enunciato.
Il resto rappresenta solo un insieme di fasi che l'uomo, lucido coerente e determinato, ha posto in essere in maniera funzionale a quello.
L'Astengo che propugna e realizza l'individuazione del corso di studi in urbanistica, l'Astengo dei piani regola tori generali di Assisi e Gubbio, di Bergamo e Pavia, di Firenze e Pisa, l'Assessore all'urbanistica del Piemonte, che ispira e sostiene l'approvazione della migliore legge urbanistica del Paese, presenta diversi momenti della stessa personalità fortemente impegnata, attraverso lo strumento della scienza e della conoscenza, nella realizzazione di un progetto politico di riforme progressiste.
Né si possono dimenticare gli ostacoli frapposti a questo dai sostenitori di una concezione riduttiva dei termini di sviluppo urbanistico, quella, per intenderci, che ne ha sempre ed esclusivamente inteso l'accezione espansiva, che ha sempre diffidato dei "riusi" e dei "recuperi" nemica, in definitiva, di ogni seria e rigorosa pianificazione dello sviluppo territoriale ed urbano.
Astengo credeva negli strumenti pianificatori per combattere le logiche di una rendita e un profitto fondiari aumentati dallo sviluppo urbanistico occasionale, caotico e tumultuoso. Logiche pronte ad approfittare dell'assenza di strumenti urbanistici coerenti, a vantaggio di grandi rapide e facili fortune individuali, ma nel contempo causa di elevatissimi costi sociali a carico della collettività.
Contro tutto questo dovette combattere Giovanni Astengo, con molte vittorie e qualche delusione: la stessa forza di quanti vi si opposero rafforza il valore della sua opera.
Quanto resterebbe ancora da dire di lui fa anche parte dei ricordi di molti fra i presenti in quest'aula, fra coloro, politici e funzionari, che ebbero modo di conoscerlo o di esserne i collaboratori nella legislatura che vide nascere l'ancora attuale strumento legislativo urbanistico del Piemonte, del quale, se pur recentemente oggetto di alcuni aggiustamenti ebbi modo di discutere io stesso con lui a suo tempo per risolvere alcuni problemi che l'allora legge urbanistica non poteva prevedere.
Della sua volontà di creare una nuova cultura del territorio nell'ente pubblico e nei suoi stessi funzionari, a vantaggio oltre tutto dell'arricchimento della loro dignità professionale e delle sue grandi virtù umane, essi possono essere i migliori testimoni. A noi piace ancora una volta ricordare la sua indiscussa onestà morale, intellettuale e materiale, la sua disponibilità di uomo, come è stato definito, "pulito" perduto purtroppo ancora nel pieno di un'impresa difficile, quale quella della costruzione di una società più moderna e civile, a cui il suo stesso esempio non mancherà di vincolarci nell'espletamento dei nostri mandati politici.
Se un giorno si scriverà la storia dell'urbanistica moderna del Piemonte di questi anni un posto di primo piano spetterà senz'altro alla figura e all'opera di Giovanni Astengo, che ricorderemo sempre con simpatia e grande nostalgia.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Dameri. Ne ha facoltà.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, mentre mi associo al suo ricordo del compagno Astengo e del nostro funzionario, dott. Tarello, la ringrazio per le parole che lei ha già voluto dire nella sua commemorazione in quest'aula. A me spetta tornare, se pur brevemente, sulle due diverse figure di comunisti che lei ha voluto qui commemorare.
Ho conosciuto da vicino Isacco Nahoum, Milan appunto, negli anni in cui, per incarico del Consiglio regionale, ho presieduto il Comitato antifascista. La sua vicenda, che lei ha già ricordato, di vita nell'Italia fascista e nella lotta di liberazione fu segnata prima dalle persecuzioni razziali, poi dalla terribile guerra di Russia e quindi dall'organizzazione della lotta di liberazione e dalla prima costruzione dell'Italia democratica. Fu comandante della IV Brigata Garibaldi, decorato con Medaglia d'argento al valor militare, e spese l'intera sua vita nell'attività politica sia nel Partito comunista, nel quale fu eletto al Parlamento e fu dirigente attivo nell'organizzazione torinese e piemontese sia continuando la sua opera fra i combattenti della Resistenza, come Presidente regionale dell'Anpi del Piemonte, e tra i promotori del Comitato di coordinamento fra le associazioni della Resistenza.
Di Milan mi colpiva profondamente una caratteristica, propria di chi aveva quel denso percorso di vita, da una parte la fierezza e il senso della propria appartenenza politica e ideale e dall'altra immediata, la vorrei definire così, una vocazione unitaria. La ricerca caparbia dell'antifascismo, non già per vieto conformismo, ma per profonda convinzione maturata in anni difficili, del valore della lotta di molti, di molteplici culture, di autentico pluralismo come bisogno per nutrire la democrazia. Una cruciale e recente lotta per la salvaguardia della democrazia lo vide protagonista in Piemonte, quella lotta al terrorismo in cui si impegnò subito con convinzione attraverso le iniziative promosse dal Comitato regionale antifascista. L'obiettivo era chiaro: battere la cultura macabra del terrorismo, isolare i terroristi dalle grandi masse, compiere quell'opera che due anni fa il Presidente Cossiga, nell'incontro che avemmo con il Presidente Viglione, riconobbe alla realtà piemontese come decisiva per sconfiggere il terrorismo. "Quando i lavoratori delle grandi fabbriche del Nord lo contrastarono" - ci disse Cossiga -"è allora che il terrorismo fu sconfitto".
Nel Comitato antifascista Milan incoraggiò sempre una duplice iniziativa, quella tesa a raccogliere, a tenere insieme tanti protagonisti di diversa appartenenza alla lotta di liberazione, per far parlare soprattutto i giovani, per dare peso attuale a quell'appassionante esperienza umana e politica. Dall'altra parte sentiva la necessità della ricostruzione storica precisa, scientifica di quegli anni e delle scelte che ne derivavano attraverso l'opera unanimemente riconosciuta egregia del Comitato antifascista, attraverso gli istituti storici della Resistenza.
Ricerca e studio reale, che richiede fatica e risorse, anche se raramente produce scoop giornalistici.
Isacco Nahoum difese sempre con puntiglio le sue idee, che considerava un diritto ed insieme un dovere, e ci ha consegnato poco prima di lasciarci un suo scritto, un contributo alla nostra discussione attuale per essere presente come sempre. Un comunista, dunque, ma anche un fautore di vita democratica convinto di fare della politica una esperienza non di pochi addetti, ma di vaste masse di popolo.
Signor Presidente, sono davvero troppo poche le parole che si possono spendere in quest'aula, insufficienti per ricordare poi la figura politica e personale, la storia di vita di Giancarlo Pajetta. Una storia, una vita così straordinariamente intrecciata con quella del Partito comunista, ma anche dell'intera sinistra, e della costruzione della democrazia e del suo costante bisogno di rinnovamento nel nostro Paese. Sono testimonianza di questo suo valore le intense manifestazioni di affetto, di riconoscenza, di rispetto attribuitegli da tutte le autorità dello Stato, dalle forze politiche, sindacali e culturali e dal cordoglio di tanti cittadini sia a Roma che qui nel nostro Piemonte, nel suo Piemonte, a Megolo dove ha voluto essere sepolto accanto ai suoi cari, ancora una volta come a rimarcare quanto a dispetto delle immagini più retoriche del personaggio tutto e solo politico fosse importante nella sua personalità la dimensione degli affetti, della famiglia, principalmente della amatissima madre Elvira che ne formò indole, prime curiosità culturali, scelte di vita politica, e di Gaspare il fratello martire della lotta di liberazione. Non è neppure pensabile davvero poter percorrere come si dovrebbe l'arco e le tappe della sua vita iniziando da qui, a Torino, dalle sue rivolte giovanili contro il regime fascista. Natalia Ginzburg scrisse -e lui stesso racconterà - come quello che sarà il "ragazzo rosso", andrà in carcere, un riformatorio per minorenni, per avere distribuito, giovanissimo, opuscoli contro il fascismo. A quattordici anni aderì alla Gioventù comunista e da li ebbe inizio tutto il percorso di una vita rigorosa e coerente che lo porterà ai lunghi anni del carcere fascista, fino alla sera dell'8 settembre a dar vita con Barbato, Giolitti, Comollo e altri compagni delle battaglie di Barge, alla prima formazione partigiana del Piemonte; e nel '44 a Roma con Parri per ottenere sulle formazioni partigiane il riconoscimento di formazioni regolari e quindi il riconoscimento di funzione di governo al Comitato di liberazione dell'alta Italia; divenne componente della consulta nel '45, direttore dell'edizione milanese dell'Unità, da allora membro del Comitato centrale della direzione del Partito comunista. Eletto nel 46 al Parlamento continuò la sua battaglia parlamentare in tutto il corso di questi anni di vita democratica. Protagonista dunque di tanti passaggi della vita democratica del Paese oltre che della storia e dell'attività politica del nostro Partito.
Io credo che definire la personalità di Pajetta con un semplice, unico tratto, sarebbe parziale, correrebbe il rischio della semplificazione.
Certo, la sua dote fondamentale di combattente gli è stata riconosciuta in questi giorni da ogni parte; certo, fu uomo di parte, ma egualmente anticonformista, tanto da non riservare la sua polemica, il suo spirito corrosivo, la sua capacità di dare battaglia solo agli avversari politici fuori dal partito. La sferza di Nullo lasciava segni anche nel dibattito interno. Tanto insisteva nell'indicazione del fare, nell'iniziativa minuta fra la gente, quanto spingeva alla ricerca e all'analisi della concreta trasformazione della società, quella conoscenza del reale che esigeva criticamente da tutti i compagni. Ma la sua critica e ironia sapevano diventare nei momenti più difficili incoraggiamento ed affetto. L'abbiamo sperimentato direttamente tante volte qui a Torino nei momenti difficili.
Un uomo di azione, certo, ma ecco un altro rischio di semplificazione.
Non solo un uomo di azione: appassionato e coltissimo lettore, certo di storia e di politica, ma anche moltissimo di letture disinteressate, di letteratura di ogni Paese. Pajetta fu combattente per la libertà riconosciuto in tutto il mondo. La sua passione per la politica estera lo fece fautore di tanti rapporti e di trattative importanti, non solo per la politica dei comunisti italiani, ma per l'intero Paese. Uomo con una visione davvero mondiale dei problemi, capace di vedere e di pensare in grande.
Di qui gli assilli della sua vita: costruire un ricambio di sinistra e progressista al governo del Paese; valorizzare la nostra storia come patrimonio da cui attingere costantemente l'orizzonte del mondo come scenario reale del movimento operaio. Di qui il dolore di questi ultimi giorni, la lettera che scrisse a Boldrini, per l'ombra gettata sul valore della lotta di Liberazione e di Resistenza, che sentiva profondamente ingiusta e alla quale ha reagito con fem1ezza e con rabbia. Appassionato nelle lotte per la giustizia e per l'eguaglianza, ha animato con la sua inventiva quella che allora si chiamava "Sezione propaganda" inventando nuove forme di comunicazione, capace di arrivare direttamente a tutti.
Dunque, quella di Pajetta è una personalità poliedrica anticonfom1ista, che gli ha procurato l'autentico apprezzamento degli avversari politici, il profondo affetto di quello che definì il "popolo comunista" non pensando certo a militanti acritici, ma a gente viva onesta, curiosa, seria, laboriosa che al nostro Partito guardava e guarda con speranza e volontà di impegno. Una personalità unica che non fece corrente, non ci furono mai i pajettiani, ma che oggi soffriva per le divisioni interne e che, anzi, aveva massimamente a cuore l'unità del nostro Partito; una personalità che faceva scuola, un educatore alla politica nel senso più autentico del temine sia nella passione come nel rigore intellettuale e nell'onesta politica. E' davvero un onore e una fortuna per Torino averlo tra i suoi figli.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale" comunico che dalla seduta odierna i Consiglieri devono firmare il foglio di presenza sia per la seduta antimeridiana che per la seduta pomeridiana in quanto sono individuate come sedute distinte.
Analogamente, i congedi possono essere comunicati per iscritto, e possibilmente in anticipo, per entrambe le sedute o solo per una di esse.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Croso e Maccari.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 10, 17 e 24 luglio, 28 agosto e 4 settembre 1990 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n. 6/88 in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

d) Sentenza di illegittimità costituzionale


PRESIDENTE

Comunico che con sentenza n. 380 pronunciata in data 12 luglio 1990 e depositata in Cancelleria i131 luglio 1990 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Piemonte riapprovata il 21 marzo 1990 intitolata: "Interpretazione autentica del nono comma dell'art. 34 della L.R. n. 40/1984 e disposizioni in merito al personale docente dei Centri di formazione professionale". Di tale sentenza è stato dato avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 34/90.


Argomento: Gruppi consiliari

e) Nomina del Presidente del Gruppo consiliare PSI


PRESIDENTE

Comunico che è pervenuta formale comunicazione della nomina del Consigliere Angelo Rossa quale Presidente del Gruppo consiliare PSI.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

f) Assegnazione deleghe da parte del Presidente della Giunta regionale al Vicepresidente e agli Assessori


PRESIDENTE

Comunico che il Presidente della Giunta regionale Brizio, ai sensi di quanto previsto dall'art. 36 dello Statuto, ha trasmesso in data Il settembre 1990 le copie dei seguenti decreti: n. 4911/90 del 31 luglio nel quale viene designato all'Ufficio di Vicepresidente della Giunta regionale l'Assessore Bianca Vetrino n. 4912/90 del31 luglio con il quale vengono assegnate le deleghe agli Assessori ordinate per gruppi di materie: 1) Presidente: funzioni istituzionali, coordinamento generale delle attività e organizzazione regionale, progetti speciali e di interesse generale; affari e servizi generali; rapporti con il Governo, con la CEE e con l'estero; legale e contenzioso, legislativo; protezione civile e servizio geologico; programmazione economica; funzioni residue non espressamente delegate agli Assessori.
2) Vetrino Bianca: politica industriale ed energia; commercio ed artigianato; fiere e mercati; polizia urbana e rurale.
3) Bergoglio Emilia: organizzazione e personale; assistenza ai servizi sociali.
4) Cantore Daniele: turismo e sport; tempo libero; caccia e pesca industria alberghiera; acque minerali e termali.
5) Carletto Mario: pianificazione e gestione urbanistica; edilizia residenziale.
6) Cerchio Giuseppe: lavoro e occupazione; formazione professionale movimenti migratori; cooperazione; servizi per l'industria.
7) Fulcheri Giuseppe: istruzione, Università, assistenza e edilizia scolastica, promozione attività culturali e spettacolo.
8) Gallarini Pier Luigi: bilancio annuale e pluriennale, finanze; tributi: patrimonio e demanio; economato; ragioneria centrale e decentrate.
9) Garino Marcello: tutela dell'ambiente; uso e risanamento delle acque scarichi industriali; smaltimento dei rifiuti solidi; inquinamento atmosferico; acquedotti e fognature, cave e torbiere.
10) Lombardi Emilio: agricoltura e foreste.
11) Maccari Eugenio: sanità.
12) Nerviani Enrico: beni e sistemi culturali e di ricerca; beni ambientali; parchi; pianificazione territoriale; Enti locali.
13) Panella Luciano: trasporti e navigazione interna; viabilità e porti difesa del suolo, pronto intervento, assetto idrogeologico; espropri.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

g) Integrazione Giunta delle Elezioni


PRESIDENTE

Comunico che a seguito della modificazione dell'art. 14 del Regolamento interno del Consiglio regionale, approvata con deliberazione C.R. del 26 luglio 1990, n. 26-90-65, che modifica, tra l'altro, il numero dei seggi da attribuire ai Gruppi consiliari in relazione alla loro consistenza numerica e tenuto conto delle proposte dei Presidenti dei Gruppi stessi, la composizione della Giunta delle Elezioni risulta integrata dai seguenti Consiglieri: Paolo Ferraris e Rolando Picchioni per la DC; -Silvana Bortolin e Germano Calligaro per il PCI Giancarlo Tapparo per il PSI inoltre, per il Gruppo "Verdi" il Consigliere Mario Miglio sostituisce il dimissionario Consigliere Francesco Corleone.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

h) Integrazione Commissione per il Regolamento interno


PRESIDENTE

La Commissione per il Regolamento interno è integrata dai Consiglieri Ferruccio Dardanello e Luigi Squillario per la DC; Antonio Monticelli e Lido Riba per il PCI; Francesco Fiumara per il PSI.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

i) Integrazione Commissione consultiva per le Nomine


PRESIDENTE

La Commissione consultiva per le Nomine è integrata dai Consiglieri Paolo Ferraris e Piergiorgio Peano per la DC; Ettore Coppo e Silvana Bortolin per il PCI; Angelo Rossa che sostituisce Marcello Garino e Nereo Croso per il Gruppo PSI ed è presieduta, per delega del Presidente del Consiglio regionale, dal Vicepresidente Renato Montabone.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Comunicazione della Giunta regionale sul decreto legge 13 settembre 1990 (iscrizione all'o.d.g. del relativo ordine del giorno)


PRESIDENTE

Do ora la parola al Presidente della Giunta regionale per una comunicazione sul Decreto Legge 13 settembre 1990, avente per oggetto "Misure urgenti per il finanziamento per la maggior spesa sanitaria per gli anni '87,'88 e '90".



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Colleghi Consiglieri, abbiamo chiesto di poter dare una comunicazione su quanto riguarda la situazione finanziaria e le posizioni da assumere da parte della Regione in ordine alle ultime decisioni del Consiglio dei ministri, che sono particolarmente gravi ed esigono l'assunzione di responsabilità da parte dell'intero Consiglio. Sarà fatta anche una comunicazione dall'Assessore al bilancio, Gallarini, che dovrà poi partire per Roma per partecipare ad una riunione collegiale di tutti gli Assessori.
L'Assessore Maccari è anche assente perché si è tenuta in mattinata una riunione degli Assessori della sanità; oggi c'è una riunione degli Assessori al bilancio e dei Presidenti; domani mattina ci sarà a Palazzo Chigi la Conferenza Stato-Regioni su questo specifico tema.
L'importanza e l'urgenza sono di tutta evidenza, perché se dovesse passare la linea che scarica i passivi delle USSL sui bilanci regionali utilizzando addirittura l'area impositiva autonoma, comprendete che andremmo ad una paralisi. Non possiamo, quindi accettare una posizione simile.
Ci sono ragioni di assoluta urgenza che hanno motivato questa richiesta, quindi prego il Consiglio di prestare attenzione alla comunicazione dell'Assessore Gallarini e alle proposte di ordine di giorno che la Giunta formulerà in proposito.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.



GALLARINI Pierluigi, Assessore al bilancio

Come il Presidente Brizio ha anticipato, abbiamo ritenuto doveroso informare il Consiglio relativamente ai provvedimenti contenuti all'art. 3 del decreto legge del 13/9/90. E' un decreto legge che contiene delle grosse innovazioni che da sole potrebbero portare alla completa paralisi delle Regioni, e quindi anche alla paralisi della nostra. L'art. 3 del decreto legge prevede che per quanto riguarda gli sfondamenti delle Unità socio-sanitarie locali relativamente ai bilanci e quindi agli anni finanziari '87/88, ci sia un ripiano attraverso contrazioni di mutui da parte delle Regioni, il cui ripiano è interamente a carico dello Stato attraverso quote di ammortamento del Ministero del tesoro.
Per quanto riguarda l'anno '89 ancora non sono definite le modalità, ma il decreto prevede che si coprano quei disavanzi e quegli sfondamenti attraverso alienazioni patrimoniali, la cui natura già appare estremamente difficile e complessa, di immobili di proprietà dei Comuni all'interno delle Unità socio-sanitarie locali interessate (non avendo le Unità socio sanitarie locali personalità giuridica per avere in capo proprietà immobiliari).
Per quanto riguarda il disavanzo '90 - e questo è il punto focale che ci interessa da vicino - l'art. 3 prevede che le Regioni ripianino il disavanzo e lo sfondamento attraverso la contrazione di mutui, le cui quote di ammortamento sono interamente a carico delle Regioni. La Regione Piemonte, in data 24 maggio '90, trasmetteva al Governo una nota dell'Assessorato alla sanità con la quale comunicava una ipotesi di sfondamento relativo all'esercizio in corso di 917 miliardi. Ieri in Giunta l'Assessore Maccari ha fornito dati ulteriori relativamente a questa cifra per cui la proiezione al 31 dicembre 1990 di quel disavanzo dovrebbe essere contenuta nei 920 miliardi, quindi grosso modo in linea con la previsione del 24 maggio. Una cifra di questo genere, assunta con mutuo a carico della Regione, comporterebbe delle quote di ammortamento annue pesantissime; tra l'altro i tassi si sono aggravati in questi ultimi tempi ed esiste la ragionevole previsione che la situazione non migliori, al massimo rimarrà costante o potrà peggiorare nei prossimi mesi, per cui ad un tasso che varia dal 13,50 al 14,70%, si può prevedere che l'onere a carico della nostra Regione, nell'ipotesi di mutui quindicennali, sia dai 146 miliardi annui ai 160, quindi una grossissima cifra. Il decreto prevede che le Regioni coprano questo disavanzo e questo sfondamento - nel caso nostro di 920 miliardi - o con mezzi propri o con alienazione patrimoniale o appunto, attraverso la contrazione di mutui, attingendo, per quanto riguarda le quote di ammortamento, agli introiti che la Regione avrà per effetto della legge sull'autonomia impositiva, su quel primo germe che attribuisce alle Regioni un minimo di capacità impositiva.
Per quanto riguarda i mezzi propri nel caso nostro ovviamente non se ne parla. Stiamo lavorando perché la Giunta di lunedì prossimo possa deliberare l'assestamento di bilancio per il 1990, in modo che possa arrivare alla Commissione competente che si andrà ad insediare nei prossimi giorni e poi in Consiglio nella prima decade di ottobre o, al massimo entro la metà di ottobre, in modo da poter evitare l'esercizio provvisorio per il 1991.
Una volta data l'indicazione di queste linee di percorso, delle quali in Giunta abbiamo parlato e sulle quali ci siamo attestati per evitare come primo obiettivo, il ricorso all'esercizio provvisorio, ci siamo resi conto che la situazione è molto pesante e difficile e noi ci proponiamo come obiettivo di arrivare ad un segnale politico di fondo che rappresenti una inversione di tendenza rispetto alle cifre di sfondamento dell'anno '89. Ovviamente cercheremo di comprimere questo disavanzo il più possibile ma esistono richieste, soprattutto esigenze inderogabili, alle quali occorrerà dare risposta, per cui comprimeremo al massimo quelle indicazioni; sicuramente questa sarà la tendenza anche nell'assestamento che ci accingiamo a predisporre e che verrà in Consiglio fra pochi giorni.
Quindi vista la non percorribilità del ricorso ai mezzi propri, si pu esaminare il ricorso all'alienazione patrimoniale. Penso però che se vendessimo piazza Castello e il suo castello, i mille miliardi non riusciremmo a recuperarli. E' vero che da un primo screening che ha fatto l'Assessorato al patrimonio ci siamo resi conto che la Regione dispone di un patrimonio molto frammentato; è un patrimonio anche mal utilizzato e sotto certi aspetti, varrà la pena di impostare una politica incisiva che passi attraverso una operazione di pulizia che passerà necessariamente così come è previsto nel documento programmatico di questa maggioranza attraverso l'alienazione di quei beni che rappresentano un carico a volte fortemente negativo nel bilancio economico della Regione. Ovviamente, si tratterà di re investire quei proventi di alienazione, quanto meno per mantenere e conservare al meglio il patrimonio che è strettamente indispensabile alla gestione e alla vita della Regione. Quindi non è assolutamente attraverso l'alienazione patrimoniale che si potrà anche solo immaginare di realizzare introiti tali, fra l'altro da essere destinati alla spesa corrente, perché è illegittimo pensare che i proventi di alienazioni patrimoniali non vengano reinvestiti.
Rimane allora solo la terza ipotesi: quella della contrazione di mutui.
Oggi come oggi, sarebbe addirittura impossibile ammortizzare questi mutui.
Il decreto fa però riferimento agli introiti provenienti dall'ipotesi di autonomia impositiva. A parte che un discorso di questo tipo già stravolge il concetto di autonomia impositiva, perché lo spirito del concetto è quello di consentire un minimo di autonomia alle Regioni rispetto a proventi autonomi che ovviamente devono essere destinati con scelte ed iniziative politiche. Se, prima ancora che quei proventi si realizzino, in modo coercitivo se ne destina l'utilizzazione, addirittura ipotecando i prossimi quindici anni in bilancio - ammesso che quelle cifre restino - la strada diventa difficilmente percorribile.
Abbiamo fatto dei conti considerando gli eventuali introiti di autonomia impositiva previsti attraverso una addizionale sul Pubblico Registro Automobilistico. La Regione Piemonte, applicando il massimo sulle varie voci (trenta lire sulla benzina, il massimo sui metri cubi del gas metano, il massimo sul bollo automobilistico) arriverebbe ad introitare nel corso del 1991 circa 146 miliardi. Alcuni provvedimenti di carattere tributario possono partire e sarebbero partiti indipendentemente dall'adozione di quel decreto legge, entro il 31 ottobre, ma questa addizionale sulla iscrizione dei pubblici registri non può partire perch non esistono ancora circolari esplicative e regolamenti che consentano di individuare le strade attraverso le quali andarla a determinare. Per il Piemonte entrerebbero da questa prima voce 14,6 miliardi mentre dalla seconda voce "Imposta regionale sulla benzina per autotrazione" ipotizzando sempre il massimo di trenta lire, entrerebbero 40 miliardi e 76 milioni. Dalla terza voce " Addizionale sui consumi di metano per riscaldamento" entrerebbero 90 miliardi e 950 milioni, per un totale di 146 miliardi e 350 milioni. Quindi, massimizzando tutti gli oneri aggiuntivi ovviamente adottati come tributi della Regione Piemonte, introiteremmo 146 miliardi che, nel caso in cui il tasso fosse al 13,50 per cento, sarebbero appena sufficienti e, nel caso in cui il tasso fosse maggiore, sarebbero insufficienti. Visto che stiamo parlando di cifre e di ipotesi che porterebbero al fallimento dell'Ente Regione, mentre per la Regione Piemonte lo sfondamento è di 920 miliardi, per la Lombardia è di 2500.
Per quanto riguarda il 1987 il disavanzo presunto, che però verrà ripianato a intero carico dello Stato, è di circa 187 miliardi e per quanto riguarda il 1988 è di 234 miliardi. Però come dicevo queste cifre non graveranno direttamente sul bilancio regionale.
Alla luce di tutte queste considerazioni, nei giorni scorsi ci siamo attivati prima di tutto per cercare di solidarizzare con le altre Regioni in modo da produrre per quanto possibile uno sforzo unitario e incisivo che è sfociato negli incontri di questi giorni; quello di questa mattina per quanto riguarda gli Assessori alla sanità, quello di oggi pomeriggio e di domani per quanto riguarda i Presidenti delle Regioni e gli Assessori al bilancio. Abbiamo ritenuto di doverci coprire anche con un parere legale per quanto riguarda la legittimità o meno di quel decreto. Per ora abbiamo un parere molto sintetico, quindi non motivato, che esprime sostanzialmente una ragionevole incostituzionalità del decreto. Alla luce di queste considerazioni intenderemmo, con altre Regioni, ricorrere alla Corte Costituzionale.
L'ordine del giorno che proponiamo è sostanzialmente la sintesi di quanto vi ho detto; recepisce i contenuti dell'art. 3, esprime le preoccupazioni, fondatissime e pesantissime, con le quali ci accingiamo a recepire quel decreto, che peraltro è già in vigore, e cerca semplicemente di impedire che il decreto sia convertito in legge dal Parlamento. Ne darei lettura con la speranza che possa essere votato nella sua interezza da tutto il Consiglio: "L'art. 3, comma tre, del decreto legge 13/ 9/1990 prevede che la spesa effettivamente sostenuta dalle Unità socio-sanitarie locali a fronte delle autorizzazioni concesse per fronteggiare la maggiore spesa sanitaria 1990 venga assunta a carico delle Regioni e venga finanziata o con mezzi propri di bilancio o mediante alienazione dei beni patrimoniali disponibili ovvero mediante la contrazione di mutui o prestiti con istituti di credito avvalendosi per la copertura delle relative rate di ammortamento anche delle entrate tributarie previste dall'art. 6 della legge 158/ 1990." Stando così le cose, vale la pena formulare le seguenti osservazioni.
1) Mezzi propri di bilancio. Sono anni che le Regioni nel loro insieme lamentano la scarsità di risorse derivante anche dai tagli operati ai trasferimenti per fronteggiare e contenere l'inflazione. E' pertanto quanto meno fuori luogo fare riferimento a mezzi notoriamente inesistenti.
2) Alienazione dei beni patrimoniali disponibili. Premesso che l'esiguità dei beni patrimoniali disponibili non consentirebbe di far fronte agli oneri in argomento, pur prescindendo dalle non facili operazioni di alienazione, si ritiene opportuno precisare quanto segue: coprire spese di natura corrente mediante i proventi derivanti da alienazioni immobiliari è una operazione scorretta sotto il profilo della legittimità contabile. E' in programma una sistemazione del patrimonio regionale, ma nell'ottica di una programmazione graduale che ha come fine quello di razionalizzare l'utilizzazione degli immobili e di reimpegnare gli eventuali proventi derivanti da alienazioni immobiliari in opera di manutenzione e di adeguamento degli immobili conservati.
3) Contrazione di mutui e prestiti. La Regione potrebbe in questo caso contrarre mutui o prestiti ovviamente prescindendo dai limiti posti dal tetto dell'indebitamento, ma con rate di ammortamento a suo carico. Il decreto legge indica anche la copertura finanziaria delle entrate tributarie prevista dall'art. 6 della legge 14/6/1990 n. 158 e cioè addizionale sul prezzo della benzina per autotrazione, addizionale sulle iscrizioni al Pubblico Registro Automobilistico (PRA), addizionale sui consumi di metano per riscaldamento.
Alcune considerazioni preliminari. Non sono ancora stati approntati dal Governo i provvedimenti delegati che consentiranno alle Regioni di approvare gli strumenti legislativi; la distribuzione del gettito non è necessariamente correlata con il maggiore fabbisogno per la sanità; per il pagamento delle rate vengono vincolati i bilanci regionali dei prossimi 15 anni; l'addizionale sulla benzina non sembra sostenibile, dopo gli aumenti per la crisi del Golfo; l'autonomia impositiva era stata reclamata dalle Regioni per poter realizzare cose aggiuntive, non per fronteggiare debiti pregressi; il gettito complessivo stimabile non è sufficiente per ammortizzare un mutuo complessivamente pari alla maggiore spesa sanitaria 1990 denunciata dalle Regioni. A questo punto leggo l'ordine del giorno così com'è stato concordato e che la Giunta sottopone all'esame del Consiglio: "Il Consiglio regionale del Piemonte, preso atto del decreto legge del 13/9/1990, avente per oggetto 'Misure urgenti per il finanziamento della maggiore spesa Sanitaria per gli anni 1987, 1988 e 1990'. Nella forma più categorica respinge il tentativo di porre a carico delle Regioni l'onere delle maggiori spese per il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale nell'anno 1990 previsto dal decreto legge richiamato, che per la nostra Regione comporta un carico finanziario di circa 920 miliardi.
A questo proposito evidenzia 1) la situazione di disavanzo delle Unità socio-sanitarie locali che si sta formando nel 1990 non è imputabile a responsabilità delle Regioni perch scaturisce da una macroscopica sottostima del Fondo Sanitario Nazionale di parte corrente, già da tempo segnalata e riconosciuta dallo stesso Governo che non ha però provveduto a porre in essere alcun provvedimento di integrazione del Fondo o di contenimento e controllo della spesa, peraltro richiesto dalle Regioni 2) l'entità di tale vigente disavanzo è, com'è noto, stimata, da valutazioni congiunte Governo-Regioni, in circa 20 mila miliardi di lire per effetto dei maggiori oneri per l'applicazione del contratto di lavoro della consistenza della spesa farmaceutica e di altre componenti rigide sulle quali le Regioni non hanno alcun potere 3) la soluzione di porre in modo aggiuntivo a carico delle Regioni gli oneri suddetti, attraverso operazioni di anticipazione e di mutuo e l'utilizzazione del patrimonio disponibile: trasferisce debiti a livelli istituzionali diversi da quelli che li hanno prodotti propone di far fronte ai debiti correnti medesimi con un ricorso ad un ulteriore indebitamento presso le banche reiterando per le Regioni il circolo vizioso del debito pubblico, violando le norme elementari di una corretta gestione contabile ignora, pretestuosamente, sia la dimensione complessiva dei costi sopra evidenziata che la situazione reale della finanza regionale, già fortemente compressa con le manovre finanziarie degli ultimi dieci anni 4) la prevista possibilità di assicurare il finanziamento delle predette situazioni attraverso il ricorso ad operazioni di indebitamento regionale collegate con le maggiori entrate che potrebbero derivare dall'applicazione dell'art. 6 della legge n. 158/90 (imposta regionale sulla benzina addizionale all'imposta di consumo sul gas metano per uso domestico, tassa di immatricolazione delle automobili) è del tutto impraticabile in termini quantitativi, annulla di fatto lo spirito dei primi provvedimenti di 'autonomia impositiva' predestinandone in modo coercitivo i proventi ed è pertanto in aperto contrasto con i principi costituzionali dell'autonomia finanziaria ed istituzionale delle Regioni 5) la soluzione proposta inoltre viola gli impegni più volte assunti dal Governo di avviare una riforma del Servizio Sanitario Nazionale in assenza di debiti pregressi.
Per tali motivi, il Consiglio regionale del Piemonte chiede di rendere inoperanti le disposizioni recate dall'art. 3 del decreto legge in questione, sostituendole con provvedimenti programmati, realistici responsabili e rispettosi dei reciproci ruoli istituzionali, nonché in grado di avviare un nuovo e razionale assetto del Servizio Sanitario Nazionale a partire dal 1991.
Evidenzia altresì che detto articolo è in aperto contrasto con la Costituzione; ribadisce l'impossibilità della sua applicazione; preannuncia l'avvio di un immediato e determinato contenzioso mediante ricorso alla Corte Costituzionale".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, in occasione del dibattito sul documento programmatico della Giunta non pochi Consiglieri della maggioranza dimostravano di essere soddisfatti di fronte a un disegno di legge di controriforma sanitaria che assegna alle Regioni un ruolo guida nella sanità svuotando tutte le competenze degli Enti locali in questa materia.
La relativa soddisfazione è durata poco. Si è previsto che venga istituito un fondo sanitario interregionale nel disegno di legge che insisto a chiamare di controriforma, ma senza certezze di finanziamento e a causa di croniche sottostime della spesa sanitaria, per gli anni 1987 1988-1989-1990, si è accumulato un disavanzo di 40 mila miliardi di lire 20 mila per il solo anno 1990 (spesa prevista 65 mila miliardi, spesa stimata da tutte le fonti minimamente serie 85 mila miliardi).
Ora sappiamo come il Governo intende ripianare tali disavanzi: 920 miliardi per le Unità socio-sanitarie locali piemontesi con mezzi propri attraverso l'alienazione del patrimonio delle Unità socio-sanitarie locali da parte dei Comuni e attraverso la contrazione di mutui. L'Assessore ci ha presentato dei calcoli che dicono che siamo ben lontani dai 920 miliardi necessari, ci fermiamo attorno ai 150 miliardi di lire.
Alienazione del patrimonio non significa che avremo una lunga coda di potenziali acquirenti in Via Alfieri, semmai avremo dei potenziali acquirenti particolarmente interessati a lasciare incancrenire la cosa nella speranza che il patrimonio pubblico venga svenduto. Non può essere questa la strada. L'unica strada possibile è che vi sia un ripiano da parte dello Stato per tutti gli anni in cui si sono determinate le esposizioni finanziarie. Poi si dia autonomia impositiva alle Regioni e si sommi alla dotazione che a ciascuna Regione compete da parte del Fondo Sanitario Nazionale la loro capacità impositiva.
C'è una via più semplice che noi continuiamo ad indicare e che tutti sostengono essere la più efficace, ma che i Governi non intendono attuare è quella della fiscalizzazione della spesa sanitaria: i cittadini pagano da contribuenti fedeli le tasse e una parte di queste risorse viene destinata al funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale.
Ci pare blando l'ordine del giorno. Va pur bene il ricorso alla Corte costituzionale per dichiarare l'incostituzionalità del decreto, ma sono anche necessarie pressioni politiche rilevanti. Qui c'è una logica controriformatrice. Si destabilizza il Servizio sanitario nazionale senza certezza di finanziamento, con la sottostima della spesa sanitaria accollando gli oneri alle Regioni, paralizzando e dissestando, di questo passo, le Regioni stesse. C'è un lucido obiettivo che è quello di arrivare ad avere due servizi sanitari nazionali, l'uno per la povera gente, che è il residuo del Servizio sanitario nazionale e l'altro a pagamento per coloro che possono consentirselo naturalmente. Non tutti pagano la tassa sulla salute, tant'è vero che il Governo intende andare ad un condono per chi ha evaso la tassa sulla salute: questo è il Paese dei condoni che invitano ad eludere e ad evadere il pagamento sia delle tasse che degli oneri previdenziali.
Noi non sottovalutiamo il problema della spesa sanitaria perché è un problema complesso. E' vero che spendiamo meno di altri rispetto al prodotto interno lordo, ma spendiamo soprattutto male e la spesa subisce impennate paurose: nel 1990 si arriverà a 85 mila miliardi di lire.
Esistono problemi molto seri su come spendere in modo più efficace e con una più alta produttività sociale, come realizzare la riforma sanitaria con la prevenzione. Questo è un Servizio sanitario che cura, nel migliore dei casi, non che fa prevenzione; curare costa. Se poi il Governo è subalterno alle grandi società farmaceutiche è consentito loro di determinare impennate clamorose della spesa farmaceutica. Ma, attenzione! la Regione non si salva.
Faccio tre esempi ed ho concluso. Continuiamo ad avere per la spesa corrente meccanismi di spesa che sono perversi. Chi realizza risparmi l'anno successivo avrà meno risorse. Chi è interessato a determinare risparmi, a controllare la spesa farmaceutica, a fare più prevenzione? Quale USSL è interessata, se il meccanismo di spesa premia coloro che spendono, spandano e scialacquano risorse pubbliche? Perché non si fanno i controlli sulle prescrizioni farmaceutiche? Abbiamo visto che un semplice controllo sanitario sulle prescrizioni farmaceutiche consente automaticamente un abbattimento della spesa del 20%. Quante Unità socio sanitarie locali lo fanno? Qual è l'efficacia della spesa corrente e in conto capitale? La Regione Piemonte ha tenuto fermi due anni 200 miliardi per la spesa in conto capitale. In effetti anche la Regione Piemonte e questa maggioranza partecipano ad una politica di controriforma. E' inutile strillare a questo punto contro il Governo centrale. La stessa logica che anima il Governo centrale anima al tempo stesso il pentapartito in Piemonte. Tra l'altro il Governo centrale aveva ripetutamente detto che avrebbe affrontato in un modo assurdo e inaccettabile questi problemi e oggi presentiamo l'ordine del giorno. Mi pare un po' poco! Direi che la Regione deve fare di più per spendere meglio le risorse, che non sono insignificanti: oltre 5 mila miliardi all'anno destinati alla sanità in Piemonte. La Regione non fa questo.
Continua la lottizzazione della sanità non solo in Campania, ma anche in Piemonte. Le ultime notizie sono che si vanno rinnovando i comitati di gestione di alcune Unità socio-sanitarie locali sulla base di un trucco molto semplice: la maggioranza più uno dei componenti dei comitati di gestione si dimette, a quel punto tutti sostengono che è necessario commissariare. Ma dovrebbe essere il Prefetto a commissariare. Invece le indicazioni dell'Assessorato sono che deve essere la vecchia assemblea dell'USSL ad eleggere il nuovo comitato di gestione. Se tutte le Unità socio-sanitarie locali adotteranno questo trucco, verrà di fatto stracciato il decreto che congela i comitati di gestione fino ad avvenuta riforma (io mi ostino a dire controriforma sanitaria), solo perché sono stati fatti dei patti di lottizzazione e chi ha avuto le promesse vuole riscuotere i posti che gli spettano. Voglio dire che non solo il Governo centrale in materia di sanità si comporta in un modo di gravità inaudita, ma anche la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

Pregherei di limitare la lunghezza degli interventi anche se l'argomento è estremamente importante.
Ha chiesto la parola il Consigliere Zacchera. Ne ha facoltà.



ZACCHERA Marco

Sono d'accordo, anche perché penso che rischiamo di dire, sempre con il solito gioco delle parti, tutti le stesse cose.
Vorrei partire da quello che diceva l'Assessore Gallarini per sottolineare che siamo veramente al solito gioco delle parti. Non possiamo essere contrari a questo ordine del giorno, nel senso che è logico non accettare questa logica nazionale che porterebbe alla rovina finanziaria della Regione. Però non è vero quello che è scritto nella seconda riga dove si dice che non è imputabile alla Regione questo disavanzo: è imputabile sicuramente alle leggi dello Stato, ma è imputabile anche alla responsabilità di tutte le Regioni, anche della nostra, per il modo in cui è gestita la spesa sanitaria.
Facciamo degli esempi concreti, anche se quello che diceva il collega Calligaro prima è anche vero, cioè che chi spende di meno l'anno venturo quasi ne avrà un danno. Secondo questa logica allora dovremmo tutti spendere di più.
Noi abbiamo presentato in queste poche settimane otto interrogazioni su spese assurde all'interno di due Unità socio-sanitarie locali del Piemonte.
Mi auguro che arriveranno delle risposte. Se si avesse il coraggio di entrare concretamente nel modo di gestire le Unità socio-sanitarie locali ci si accorgerebbe che i margini di risparmio sono notevolissimi. Allora è pura ipocrisia andare a giocare al cerino con l'unità centrale, con lo Stato dicendo: "La colpa è vostra". "No", dice lo Stato. "dovete risparmiare voi". Nessuno comincia, e nella spesa sanitaria ai danni delle categorie più deboli, perché quelle più abbienti si rivolgono a forme sanitarie dirette pagando le compagnie di assicurazioni per poi avere un'assistenza migliore, si sviluppa questa ipocrisia totale tipica di un sistema sanitario che è fallito. Scusate, di chi è la responsabilità? Nella gestione delle Unità socio-sanitarie locali ci sono i partiti politici; c'è anche il Partito comunista che per sua veste, basti guardare l'USSL. 56 su cui sono giacenti due interrogazioni, partecipa abbondantemente alla divisione dei pani e dei pesci e, nel caso specifico, dell'organizzazione della USSL 56. Allora, la Regione non ha il diritto di prendersela soltanto con lo Stato se poi, praticamente e concretamente, non fa qualcosa per tentare di cambiare la mentalità. I Partiti, tutti nessuno escluso ciascuno per le proprie parti di responsabilità, debbono avere il coraggio di cambiare. Questo invece non succede, anzi, si stanno mettendo in piedi i procedimenti per perpetuare e per peggiorare tecnicamente questo stato di fatto, perché ci sono da accontentare tutti gli scontenti del voto del 6 maggio ai quali bisogna trovare un posto.
Questa è secondo me la logica delle cose. Allora, pur essendo d'accordo con l'ordine del giorno di Gallarini, non parteciperemo alla votazione perché ci sembra ipocrita, perché il sistema che dirige la Regione Piemonte è lo stesso sistema che dirige il regime di Roma e, quindi, è veramente assurdo che le stesse forze politiche, che comandano qui e là, si comportino qui e là in maniera diversa, quando non sono che il tutt'uno nel gestire la spesa sanitaria, su cui non è il caso di continuare oggi a discutere perché ci sarebbero tante cose da dire. Al di là dell'emergenza del decreto governativo in via di approvazione, non è questo il sistema per risolvere le cose.
Mi appello al senso di responsabilità del Presidente e della Giunta affinché si abbia il coraggio, in Commissione e qui, di affrontare concretamente il problema della gestione delle Unità socio-sanitarie locali e si abbia il coraggio, ciascuno per la propria parte, di dare un taglio anche alle spese. Almeno una parte di questo deficit, che è sicuramente sottostimato a livello legislativo, si potrebbe ridurre portando un contributo concreto a tutta la collettività.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Maggiorotti. Ne ha facoltà.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

La Regione Piemonte, con questo ordine del giorno, esce con una faccia che secondo il mio parere, non è vendibile al pubblico proprio perché in realtà sul controllo della spesa sanitaria ben poco ha fatto.
Faccio alcuni esempi che mi paiono significativi. Rammento che il mio Partito nella passata legislatura aveva proposto e portato avanti uno studio sulla spesa in convenzione, spesa rispetto alla quale si era poi deciso di avviare una serie di iniziative rispetto alle quali l'Assessore alla sanità si era impegnato a muoversi. In realtà, ciò non è avvenuto.
Faccio l'esempio dei 100 milioni spesi in un mese presso le Unità socio sanitarie locali di Torino per 200 TAC al ginocchio, in convenzione esterna. Spesa assolutamente inspiegabile, tant'è vero che non è tanto il livello tecnico ma il livello politico ad intervenire sul responsabile del Servizio di medicina integrativa per chiedere che questo passaggio di risorse al privato cessasse.
Su situazioni di questo tipo dovrebbe intervenire una ulteriore commissione di indagine. Ma io vi dico subito che cosa è successo su questi 100 milioni. E' successo che un medico specialista che lavorava nel pubblico si è trasferito in una clinica privata e si è portato dietro i suoi clienti passati e futuri.
Uno studio del CRESA descrive, tra le altre cose, la spesa farmaceutica convenzionata.
Che cosa si può leggere da questi dati? Si può leggere con chiarezza che a Torino in realtà, percentualmente rispetto al resto della Regione, la spesa non è poi così aumentata. Ciò è dovuto al fatto che sia stata attivata una procedura di controllo sulle prescrizioni, procedura non adottata nel resto della regione.
Altre situazioni vanno denunciate, come l'assenza assoluta di un efficace sistema informativo che consenta di valutare efficacia ed efficienza dei servizi. Tuttavia ci sono alcuni presidi, quale l'Ospedale Regina Margherita di Torino, la cui attività si estende all'intera regione che non hanno mandato i dati necessari alla stesura del secondo rapporto sui Servizi sanitari del CRESA.
Il tasso di utilizzazione dei posti letto dimostra che in alcune Unità socio-sanitarie locali è estremamente elevato rispetto ad altre per lo stesso tipo di patologia, in maniera assolutamente inspiegabile. In alcune Unità socio-sanitarie locali si segnala un dato elevato di degenza media per interruzione volontarie di gravidanza. Alcune Unità socio-sanitarie locali registrano tassi di ospedalizzazione costantemente elevati per bambini e anziani. I medici di base hanno un comportamento prescrittivo assolutamente difforme e assolutamente non soggetto ad una efficace forma di controllo da parte degli organi tecnici e politici delle Unità socio sanitarie locali Credo quindi che, rispetto a questo ordine del giorno, ci sia da esprimere un giudizio negativo in quanto mancano precisi impegni e responsabilità da parte della Regione nel controllo della spesa sanitaria.
Manca, inoltre, l'invito al Governo di avviare la fiscalizzazione della spesa sanitaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare che si voglia girare attorno al problema. Se da un lato è giusto verificare la spesa sanitaria dove sicuramente ci sono delle disfunzioni, dall'altro dobbiamo prendere atto del centralismo dello Stato, di uno Stato che ormai è vicino al fallimento e che cerca di scaricare in periferia le gravi responsabilità che ha all'interno della propria gestione. Proprio oggi, leggendo "La Repubblica" a pag. 9, scopriamo che altri miliardi stanno andando in Irpinia nelle zone terremotate, veniamo a conoscenza che una strada interpoderale è venuta a costare 2 miliardi a chilometro. E' un problema che dobbiamo comunque denunciare, dobbiamo sensibilizzare il Governo e condannare questo atteggiamento che continua a tassare le regioni produttive per finanziare gli sprechi del Sud.
Sull'ordine del giorno siamo favorevoli. E' indubbio che dovremo comunque fare altro, non possiamo limitarci a una presa di posizione del genere. Quindi saremo presenti su questo tema e annunciamo appunto la votazione favorevole all'ordine del giorno.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei esprimere l'apprezzamento del Gruppo socialista per l'ordine del giorno illustrato dall'Assessore Gallarini e l'adesione del Gruppo all'ordine del giorno stesso, nel quale viene respinto un tentativo assolutamente incomprensibile di proposta del Governo. Incomprensibile perché mi sembra che sia una proposta sorretta da un superficialismo privo di una visione programmata.
Mi pare che il contributo che viene da questo ordine del giorno, nel quale si mettono in evidenza gli aspetti che sono alla base del deficit sanitario, sia un contributo positivo che potrà essere accolto dal Governo.
E' un problema che riguarda tutto il funzionamento della sanità, che ha bisogno di molti correttivi, ma io non parlerei di controriforma. Se per controriforma s'intende un'ulteriore riforma della riforma non userei il termine contro. La controriforma, nella storia, richiama atteggiamenti ben diversi dai tentativi che sono in corso da parte di determinate forze, che cercano di realizzare, insieme al funzionamento democratico della sanità un'effettiva efficienza attraverso una politica di prevenzione. Politica di razionalizzazione, politica di equilibrato sviluppo senza dare spazio a tentazioni razzistiche che noi respingiamo, perché l'Italia è una e indivisibile. All'interno di questa una e indivisibile bisogna che ci sia una svolta, una riforma sulla riforma per quanto riguarda il ruolo delle Regioni. Quando si passa la palla, quale diventa il ruolo che noi siamo chiamati a svolgere? Abbiamo già fatto molto, siamo consapevoli dei problemi che vanno posti all'attenzione di un nuovo impegno, alla luce della legge 142. Quando si propone di respingere la proposta del Governo non si può pensare di applicare delle altre tasse; anche qui ci vuole la forza di affrontare il problema del ruolo per quanto riguarda la facoltà impositiva, il potere impositivo che non può essere aggiuntivo. Deve essere un ruolo che attiene alla funzione autonoma delle regioni anche per quanto riguarda la potestà fiscale. Stabilito un plafond valido per tutti potremo affrontare autonomamente la gestione del ruolo e degli spazi rappresentati dall'istituto regionale, in questo caso del Piemonte, nell'ambito di una visione che sia di adeguamento delle strutture alle nuove esigenze in una società ed in uno stato unito nell'articolazione autonoma e democratica rappresentata dalle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sartoris.



SARTORIS Anna

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono rimasta piacevolmente sorpresa da questa proposta di ordine del giorno. Vorrei che la Giunta ne facesse di più di questi ordini del giorno e mi auguro che più avanti la Giunta abbia il coraggio politico di continuare questo discorso. Non aspettiamo che da Roma ci salassino del tutto con queste ipotizzate tasse e soprattutto non facciamo l'ordine del giorno quando da Roma hanno già deliberato che queste tasse dovremo pagarle! Andando avanti di questo passo alle Regioni si finirà di dare delle incombenze di tipo amministrativo secondo noi sbagliate. O si permette alla Regione di avere degli introiti diversi (la nostra proposta è di permettere alla Regione di tenere i 9/10 delle tasse) ed a questo punto una Regione come il Piemonte potrebbe far fronte alle esigenze dei cittadini residenti, oppure è profondamente ingiusto che ci si accolli il dovere di far fronte a certe esigenze dei cittadini senza darci la possibilità di avere direttamente l'introito per poterne far fronte. Noi voteremo a favore di questo ordine del giorno e stimoliamo la Giunta a prendere posizioni sempre più ferme a questo proposito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Enzo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, annuncio l'astensione su questo ordine del giorno motivandola molto brevemente. Credo sia obbligatorio, quando si parla di sanità, non riuscire mai ad attenersi all'argomento. L'argomento della manovra fiscale sui disavanzi delle Unità socio-sanitarie locali ha dato adito anche qui in Consiglio ad alcune divagazioni che c'entrano poco con quello che si sta discutendo. In particolare mi riferisco a certi tentativi di stilare questo ordine del giorno in senso autonomista, quando in realtà l'autonomismo in questa materia c'entra un po' poco. Bisognerebbe guardare a certe forme di bizantinismo nostrano, di levantinismo nostrano nella gestione della sanità piuttosto che guardare a quanto accade nel levante vero e proprio, quello geografico. E' per questo che considero assolutamente inadeguato questo ordine del giorno, anche se è giusto nella sostanza. Inadeguato ed insoddisfacente perché uno dei levantinismi di cui dobbiamo liberarci qui in Regione è proprio l'assoluto non governo della spesa sanitaria da parte delle Unità socio-sanitarie locali e del conseguente controllo da parte della Regione. Nell'ordine del giorno manca non soltanto un accenno alle specifiche competenze che la Regione ha in questa materia, ma anche un richiamo alle competenze governative (che sono molte), le cui responsabilità sono gravi nella redazione di questi bilanci illeggibili delle Unità socio-sanitarie locali, assolutamente inutili dal punto di vista dell'analisi e della spesa sanitaria reale.
Ecco perché mi astengo su questo ordine del giorno. Una nota in più. Se bisogna cercare un capro espiatorio per la cattiva gestione della sanità pubblica, credo che sia ora di smetterla di cercare "l'uomo nero" della sanità privata. Ci sono delle prove, ormai concrete, su che cosa ha significato l'introduzione di pochissimi elementi di privatizzazione nella sanità anche nella Regione Piemonte; si tratta semplicemente di governare anche questo passaggio. Se la Regione abiura anche a questo obbligo, che gli deriva da alcuni tentativi di riforma, beh è responsabilità della Regione! Ma ho l'impressione che scaricare la responsabilità, che è completamente dei partiti che fino ad oggi hanno occupato la sanità pubblica, su imprenditori privati che, peraltro, sono oggetto di controlli sia da parte delle istituzioni che da parte della Magistratura, sia un po' semplicistico e assolutamente non all'altezza della situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Signor Presidente, molto brevemente comunico al Consiglio la posizione del nostro Gruppo.
Noi ci asterremo dal votare questa proposta di ordine del giorno.
Premettiamo che riconosciamo e condanniamo il tentativo di scaricare il peso delle deficienze della sanità pubblica unicamente sulla Regione, e che condanniamo complessivamente la politica sanitaria che viene condotta a livello nazionale. Una politica che, di fatto, non apporta alcun serio beneficio, anche per la mancanza di programmi di intervento specifici e significativi in questo settore, sempre più gestito in modo "emergenziale".
Ciò non toglie che un maggior peso avrebbe dovuto avere questo documento se al suo interno fossero richiamate le responsabilità che la Regione stessa ha nei confronti dell'attuale gestione della politica sanitaria. Quindi solleviamo e ricordiamo la sostanziale incapacità - qui non presa in considerazione - della Regione, di porsi come interlocutore e guida significativa. La Regione che opta sempre più per la definizione di strategie passive, strategie che tendono alla progressiva privatizzazione delle strutture sanitarie, con quello che ne consegue (cioè una cattiva gestione complessiva del settore, come già rilevato ampiamente negli interventi svolti dai Consiglieri comunisti e dal Consigliere Maggiorotti).
Noi non intravediamo in questo documento alcuna forma di autocritica dell'operato finora svolto dalla Regione, la quale ha comunque delle sue competenze. Una Regione che non è riuscita a darsi un governo autorevole di controllo nei confronti delle Unità socio-sanitarie locali, le quali diventano sempre più un luogo di spartizione delle cariche fra i vari partiti, finalizzato ad accontentare gli esclusi dalle cariche di tipo istituzionale nei vari Consigli. Di conseguenza le Unità socio-sanitarie locali divengono un luogo in cui non convergono le capacità dei singoli individui, in cui non si va ad identificare delle strategie operative, se non solo quelle passive. Tutti questi rilievi non emergono dal documento.
Per l'insieme delle ragioni espresse, come Gruppo ci asteniamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cavallera.



CAVALLERA Ugo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo della DC è d'accordo nella votazione di questo ordine del giorno, così come per la sua iscrizione urgente all'o.d.g. E' chiaro che di fronte al decreto legge annunciato in aula dall'Assessore Gallarini non si può che dissociarsi e protestare, ma nel fare questo noi non intendiamo contraddire la strategia complessiva del Governo in ordine alla necessità di contenimento della spesa pubblica e alla necessità di operare dei tagli per raggiungere nuovi equilibri di bilancio. Ovviamente il Governo con la manovra economica a livello nazionale è impegnato sui versanti della spesa e dell'entrata. Per nell'ambito di questa linea si possono individuare diverse soluzioni di ordine tecnico e diverse proposte operative, per cui noi collochiamo la nostra adesione all'ordine del giorno in direzione dell'inizio o del rafforzamento di una dialettica tra le istituzioni regionali e gli enti locali nei confronti del Governo in un momento in cui devono essere adottati dei provvedimenti importanti e significativi. Anche in considerazione di una diversa congiuntura nazionale ed internazionale e dei fatti che richiamano in questi giorni la nostra attenzione.
Avevamo tutti puntato gli occhi su questa timida autonomia impositiva che era stata concessa alle Regioni, tant'è che all'atto della presentazione della nuova Giunta regionale erano già state fatte delle ipotesi in ordine alla possibilità di finanziare, con queste pur limitate maggiori risorse, eventuali programmi o progetti di intervento. Certamente non è tollerabile che ad un certo momento da una parte vengano date nuove possibilità e dall'altra queste possibilità vengano subito vincolate a livello pluriennale in direzione del tamponamento di falle sulle quali potremmo in futuro discutere più a lungo. Non è che adottando questo ordine del giorno intendiamo defilarci dal più generale sforzo di contenimento della spesa, anche sanitaria. Penso che proprio l'approvazione di un ordine del giorno come questo Vincoli la Giunta nel suo complesso ad essere da domani più rigorosa per concorrere a raggiungere il risultato che diciamo di voler perseguire.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo ordine del giorno è in astratto del tutto condivisibile per le cose che dice, ma concretamente non è condivisibile per le cose che non dice. E' positivo che un Consiglio regionale che rappresenta i cittadini del Piemonte respinga un tentativo di scardinare quel minimo di possibilità di manovra economica che ha una Regione attraverso lo scarico di debiti che hanno una responsabilità politica non prevalentemente regionale.
Penso che un ordine del giorno debba essere una dichiarazione politica da parte di un'assise come questa, invece in questo ordine del giorno non c'è una parola di valutazione sulle motivazioni che hanno portato a questa situazione di fuoriuscita dai limiti di spesa sanitaria, e non c'è una parola su come questo problema si debba affrontare almeno per quanto compete alla nostra realtà regionale. In effetti è un documento che difende l'autonomia della Regione in modo estremamente freddo e asettico, senza dare una motivazione politica di questo tipo di difesa. Non ho il tempo per entrare nei particolari. Da questo punto di vista nasce la mia posizione di astensione rispetto all'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi, bisogna procedere alla iscrizione all'o.d.g. del documento presentato.
Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, il Gruppo comunista è disponibile a votare l'iscrizione di questo argomento all'o.d.g. Per chiarezza, però, devo dire che è disponibile ad una condizione, che riguarda i tempi e le modalità della discussione. Sottopongo all'attenzione del Consiglio, e in particolare a lei, Presidente, un appunto critico.
Questo è un argomento molto importante. Un argomento di cui si era già parlato sui giornali in questi giorni, però non c'è stato alcun avviso ai Gruppi che la Giunta avrebbe reso questa comunicazione al Consiglio. Questa è una osservazione critica che io devo fare, non dico con una certa durezza, ma con una certa sottolinea tura. Questo ha reso difficile la partecipazione. Almeno per quello che riguarda il nostro Gruppo, non dico che ci ha costretti a improvvisare - non vorrei esagerare - ma ha reso difficile la nostra partecipazione alla discussione di questo argomento.
Non entro nel merito dell'ordine del giorno, ma mi appunto su questo problema specifico di metodo, in rapporto all'esigenza, che almeno noi abbiamo, di valutare l'opportunità anche di un nostro ordine del giorno da porre all'attenzione del Consiglio insieme a quello già esistente, o a quelli che altri Gruppi potranno elaborare entro poco tempo. Dichiaro che il Gruppo comunista è disposto a iscrivere questo punto all'o.d.g. alla condizione che lo svolgimento della discussione e della votazione di un ordine del giorno si svolga nel pomeriggio. La proposta che io avanzo è questa: che la discussione avvenga in chiusura della discussione sulla questione FIAT, in modo che nel frattempo ci sia la possibilità di presentare altri documenti e di approfondire i termini della posizione che la Regione è chiamata oggi a prendere.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Mi rendo conto di quanto dice il Consigliere Monticelli e siamo davvero spiacenti di avere costretto il Consiglio a esprimersi su una questione non prevista dall'o.d.g., però invito a tener presente oggettivamente i termini della questione. Il decreto è stato approvato giovedì dal Consiglio dei Ministri. Noi ne abbiamo avuto contezza venerdì. Si è tenuto un incontro tra gli Assessori al bilancio di tutte le Regioni per predisporre una linea di contrapposizione, che è poi quella recepita dal documento che è stato presentato dal collega Gallarini, quindi è una linea sostanzialmente concordata. Direi che abbiamo anche forzato alcuni punti nel testo che la Giunta ha esaminato nella seduta di ieri pomeriggio. Quando abbiamo comunicato alla Presidenza del Consiglio che avevamo questa intenzione, la Conferenza dei Capigruppo era già terminata e non è stato possibile arrivare a fornire questo preavviso in tempo utile.
Abbiamo anche un altro problema. L'Assessore parte con l'aereo delle ore 15 perché alle ore 16 c'è la riunione degli Assessori regionali di tutte le Regioni, quindi l'Assessore lascerà la seduta prima della fine.
Per questo abbiamo chiesto di esaminare questo ordine del giorno prima della questione FIAT e con tutta la buona volontà non è possibile rinviare una discussione al pomeriggio, dobbiamo esprimerci questa mattina. Ed è per questo che l'ordine del giorno è limitato. L'ordine del giorno vuole contrapporsi al decreto del Governo ed esprime le nostre ragioni in merito.
Quindi, anche le valutazioni che sono state oggetto di critica sono state concordate fra le Regioni stesse e non incidono sul controllo della spesa.
Non si può negare che tutta la spesa è connessa a provvedimenti che non sono di nostra competenza: i contratti li fa il Governo nazionale e noi dobbiamo adeguarci, i prezzi dei prodotti farmaceutici vengono fissati in sede nazionale e non in sede regionale, i ticket vengono fissati a livello nazionale, il fondo che viene trasferito, e che è marcatamente inadeguato per dichiarazione dello stesso Governo e del Parlamento, viene stabilito a livello nazionale.
Il deficit del Piemonte è limitato rispetto ai 20.000 miliardi complessivi: dalle nostre previsioni fatte a tutt'oggi, non arriviamo neanche al 5% rispetto ai 20.000 miliardi complessivi. Il problema del controllo della spesa regionale, nei campi di nostra competenza lo possiamo valutare in altra sede. Oggi noi abbiamo delle scadenze precise. Oggi pomeriggio c'è la riunione dei Presidenti e degli Assessori al bilancio domattina dobbiamo andare alla Conferenza dei Presidenti. Non possiamo andare alla riunione senza il sostegno del Consiglio regionale, oppure ci andiamo come Giunta, con la nostra responsabilità; però voi comprendete che è cosa completamente diversa poter arrivare alla riunione di oggi con l'approvazione di un ordine del giorno da parte del Consiglio. Per questo di fronte ad una urgenza che si è manifestata, chiediamo ai Consiglieri di comprendere questa urgenza, di votare l'ordine del giorno nella stesura che è stata data e se mi consentite, come ho sentito anticipare dalle dichiarazioni di voto, chiediamo di rivedere (se è possibile, perché ognuno rimane nella propria autonomia) certe valutazioni di astensione che poi dato lo strumento regolamentare che Ci siamo dati, hanno valore di voto negativo. L'astensione si computa come voto non favorevole e quindi a questo punto è un elemento di non sostegno ad una posizione che tutti avete riconosciuto corretta, valida nei limiti con cui è fissata. Non è un ordine del giorno che discute sulla spesa sanitaria regionale sul cui tema potremmo discutere in altra sede. E' un ordine del giorno finalizzato ad una posizione che la Regione Piemonte con le altre Regioni deve assumere oggi pomeriggio e domattina nei confronti del Parlamento e del Governo.
Anzi, possiamo dire che abbiamo avuto l'opportunità e la fortuna di avere oggi seduta di Consiglio e questo ci ha consentito di chiedere questo supporto al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Do atto al Presidente Brizio che effettivamente le cose sono andate con questo susseguirsi. Ho appreso questa esigenza di comunicazione da parte della Giunta su un tema così importante nella tarda serata di ieri. Credo che la stessa idea dell'ordine del giorno sia scaturita successivamente altrimenti questa mattina ne avremmo dato comunicazione. Se mi è consentito, raccogliendo l'esigenza della Giunta, suggerirei di passare alla votazione per l'iscrizione all'o.d.g. di questo documento. L'Assessore Gallarini si assenterà intorno alle ore 13.30. Si potrebbe passare alla votazione, se è possibile, intorno alle ore 13 in modo da dare spazio alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, non ero al corrente della scadenza a cui il Presidente Brizio si riferiva poc'anzi, quindi avevo fatto un cenno di assenso alla proposta avanzata dal Consigliere Monticelli. Mi convince il fatto che i tempi siano strettissimi, d'altro canto la posta in gioco è molto alta, pertanto anch'io auspico che si trovi il modo di combinare il tutto all'interno di un'ora e mezza. Penso che si possa fare, per poter dare all'Assessore Gallarini il massimo sostegno per questa battaglia che dobbiamo senz'altro vincere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, prendo atto di quanto dichiarato dal Presidente Brizio. Mi permetto di mantenere una "punta" di critica nei confronti della Giunta, perché è vero che la Giunta ha deciso questo iter in ora non più praticabile per un'informazione ai Capigruppo, però le idee non nascono all'ultimo minuto. Ci poteva essere un preavviso anche informale ai Gruppi consiliari per metterli in condizione di partecipare pienamente ai lavori del Consiglio su questo punto.
Accolgo la controproposta del Presidente del Consiglio, con la precisazione che è intenzione del nostro Gruppo presentare un testo di ordine del giorno. Chiedo pertanto che si ponga in votazione l'iscrizione all'o.d.g. dell'argomento, comprendendo quindi la possibilità per il nostro Gruppo o per altri Gruppi di presentare altri testi oltre quello presentato dalla Giunta e poi per una votazione congiunta degli stessi.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta Brizio



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Se il termine è quello di una votazione entro le ore 13 che ci consenta di approvare un documento noi accettiamo qualunque ipotesi di discussione o di emendamento.
Vorrei ribadire che l'ordine del giorno ricalca sostanzialmente le linee di una proposta di ordine del giorno portata avanti a livello di Assessori al bilancio di tutte le Regioni d'Italia unanimemente. Non è quindi una posizione del Piemonte, ma una posizione generale e complessiva che noi abbiamo ancora rafforzato nel testo predisposto, soprattutto nella parte conclusiva del testo medesimo. Quindi, se si arriva alla votazione in tempo utile qualunque modalità di discussione per noi è certamente accettabile.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. dell'argomento inerente le misure urgenti per il finanziamento della maggiore spesa sanitaria per gli anni 1987-1988-1990.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 45 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sul problema occupazionale alla FIAT e nell'indotto FIAT: comunicazioni della Giunta regionale e presentazione relativi ordini del giorno


PRESIDENTE

In attesa di esaminare il punto testé iscritto passiamo al punto 4) all'o.d.g. che prevede le comunicazioni della Giunta regionale e il dibattito in merito al problema occupazionale alla FIAT e nell'indotto FIAT.
Sono pervenuti due ordini del giorno: il n. 20 presentato dal Gruppo comunista in data 30/8/1990 e il n. 22 presentato dal Gruppo Democrazia Proletaria in data 14/9/1990 che riassume un precedente documento del luglio 1990.
La parola al Vicepresidente della Giunta Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la Giunta ha ritenuto di collocarsi rispetto a quest'importante argomento attraverso una comunicazione di introduzione che farò io stessa in virtù delle deleghe che mi sono state riservate dal Presidente in materia di politica industriale e attraverso una comunicazione dell'Assessore Cerchio che si accentrerà essenzialmente sull'argomento principe all'o.d.g. e cioè la cassa integrazione per i 35 mila lavoratori della FIAT. Tra l'altro questo è un momento introduttivo ad un dibattito più ampio che noi auspichiamo rispetto a questi temi: dibattito, peraltro, già annunciato dal Presidente del Consiglio in occasione della riunione svolta si venerdì scorso alla presenza delle categorie interessate, degli imprenditori e dei sindacati quindi in un momento di collaborazione che noi riteniamo molto importante in vista di una situazione che si presenta abbastanza difficile. Anche perché se è vero che questo argomento è importante non dobbiamo disconoscere che la situazione non è soltanto quella della FIAT, ma è una situazione che più in generale riguarda l'intera economia del Piemonte e quindi l'attenzione deve essere riservata attorno a tutti i settori.
Infatti, la recente adozione da parte della FIAT di un provvedimento che in questi ultimi quattro mesi metterà in cassa integrazione circa 35 mila operai su un totale di 116 mila dipendenti, unitamente alle note altrettanto dolenti che provengono dal settore tessile biellese e da altri segmenti dell'industria regionale in cui va profilandosi il ricorso alla cassa integrazione, purtroppo costituisce la punta di un iceberg che rischia di venire presto alla luce del sole rivelandosi più grave del previsto. Il che non può che provocare una riflessione sullo stato congiunturale dell'economia nazionale, di cui il complesso ed articolato sistema produttivo piemontese è osservatorio privilegiato, nonché sulle ripercussioni che l'incipiente inversione di tendenze del mercato potrà avere e sta già in parte avendo sullo stesso.
L'attuale rallentamento della congiuntura, dopo un periodo di sette anni di continua e per certi versi sbalorditiva espansione. è un fatto che può essere considerato di per sé fisiologico. Ciò che da alcuni mesi a questa parte sta venendo meno è infatti quel gran consumatore che ha tirato la produzione industriale dal 1981 ad oggi regalando nel 1989 un ultimo ed insperato dono ad alcuni settori dell'industria italiana, in primis quello automobilistico.
Un tale raffreddamento della domanda di beni di consumo ha come naturali conseguenze il restringimento del mercato e il calo della produzione. A questo punto entrano in gioco le variabili che fanno sì che dal fattore fisiologico si possa anche passare all'instaurarsi di una pericolosa spirale recessiva provocata, o quanto meno aiutata, dall'errore umano sia esso relativo ad una miope politica della finanza pubblica incapace di tesaurizzare i benefici goduti durante gli anni dell'espansione, sia esso relativo a gestioni aziendali che una società complessa in competizione mondiale con trasformazioni rapide e complesse rende sempre più problematiche. Tracollo della produzione, ingenti tagli occupazionali, diminuzione del potere di acquisto, stagnazione, nuovo peggioramento della congiuntura sono rischi che una situazione di questo genere comporta. Le attuali circostanze congiunturali, tuttavia, non presentano ancora aspetti come quelli sopra indicati tipici di uno stadio di crisi (consolidata. Sotto questo aspetto, infatti, sbagliano i pessimisti a parlare di uno stato di recessione ineluttabilmente avviato così come sbagliano coloro che tendono a minimizzare i gravi pericoli che un tale quadro economico possiede. Prendendo a prestito un'espressione usata molte volte in gergo giornalistico per dipingere il costante stato di salute del nostro Governo, potremmo dire che l'ammalato ha il raffreddore ma non ancora l'influenza. Imperativo categorico del Governo è perci intervenire affinché il sistema industriale italiano non si metta a letto con la febbre. Detto questo la situazione internazionale è gravida di incertezze, le prospettive di stagnazione dell'economia mondiale, nonché il dissesto della finanza e dei conti dello Stato, destano gravi preoccupazioni e agiscono da moltiplicatori di un fenomeno, come si è detto, di per sé fisiologico del mercato. Queste le vere minacce per il sistema produttivo nazionale. Vediamole brevemente. Lungi dall'essere la causa dell'attuale stato di cose, il blitz di Saddam Hussein, sconvolgendo il prezioso equilibrio consolidatosi nell'ambito degli approvvigionamenti petroliferi, sta ponendo una pesante ipoteca sul futuro dell'economia di paesi petrolio-dipendenti quali il nostro e, malgrado la Confindustria sostenga che il suo effetto non abbia ancora provocato danni al nostro sistema industriale, una prima e non sottovalutabile conseguenza sulla congiuntura essa l'ha già prodotta. Il crollo della finanza mondiale unitamente al clima di pesante incertezza politica che grava sull'economia inducendo il mercato ad una forte pausa di riflessione, non ha certo prodotto un incremento degli investimenti nel settore e degli ordinativi nelle aziende. Un clima di sfiducia, peraltro già alimentato da timori di recessione dell'economia statunitense, anteriore alle impennate dei prezzi dei prodotti petroliferi e dalle previsioni, non proprio confortanti, sulle possibilità di compensazione da parte delle nascenti economie dell'Est europeo. Questo in estrema sintesi il quadro internazionale, ma i veri dolori provengono dal fronte interno, dove una situazione della finanza pubblica ormai fuori controllo non lascia spazio a considerazioni ottimistiche. Il deficit dello Stato è in continua ascesa malgrado il periodo di buona salute appena attraversato dall'economia nazionale: l'ormai sicuro sfondamento del tetto di spesa fissato dal Governo, una spesa pubblica inarrestabile, un'inflazione che rischia di subire una nuova fiammata (già insensibile al rialzo nel mese di agosto, soprattutto nella città di Torino) e l'aumento del costo del denaro, costituiscono vere e proprie mine capaci di far saltare, insieme con il mutato trend congiunturale, l'economia del Paese e di una delle sue regioni più industrializzate: il Piemonte. Soprattutto l'inflazione pare costituire l'elemento di pericolo che potrà mettere in ginocchio l'economia. Le tendenze inflazionistiche in atto da due anni a questa parte, e recentemente alimentate da una politica retributiva che ha visto incrementare il salario minimo con punte del 13% nella pubblica amministrazione e del 7,2% nelle industrie e nei servizi privati, nonché da continui aggravi di imposte volte ad inseguire una spesa pubblica impazzita, troveranno infatti linfa vitale nel recente aumento dei prodotti petroliferi. L'Italia, com'è noto, non ha saputo trarre alcun insegnamento in materia di politica energetica dall'elezione dei precedenti shock petroliferi del '73 e '79. Essa continua a dipendere per il 70% del suo fabbisogno energetico dagli approvvigionamenti di greggio e pertanto, in situazioni come quella attuale, per nulla estranea alle consuete condizioni di turbolenza politica propria del Medio Oriente, viene a trovarsi handicappata rispetto alle economie degli altri Paesi sviluppati. E' proprio questo vaso di coccio tra vasi di ferro della nostra economia che desta preoccupazioni in vista dei prossimi appuntamenti comunitari. La grave attualità politica internazionale non deve distogliere l'attenzione dei governanti dal vero obiettivo politico-economico del prossimo futuro quello per cui la nostra industria si confronterà sul mercato senza più protezione con i concorrenti sistemi produttivi dell'Europa dei dodici. Un appuntamento tanto importante, per una regione industrializzata come la nostra, quanto al tempo stesso foriero di rischi incalcolabili se le attuali condizioni dei conti dello Stato e del caro petrolio si rivelassero capaci di provocare un aumento differenziale dell'inflazione a tutto svantaggio del nostro Paese, tradizionalmente anello debole fra le economie europee. L'insorgere di una nuova spirale costi, prezzi, salari (altra potenziale conseguenza) costituirebbe poi il fattore capace di abbattere definitivamente il tasso di :produttività dell'industria e di sancirne l'uscita dai mercati con nefaste conseguenze per l'occupazione. Prospettive tutt'altro che rosee dunque che vedono in difficoltà soprattutto le piccole e medie imprese, tassello importantissimo dell'economia piemontese e grande serbatoio di occupazione. E' infatti di pochi giorni fa una dichiarazione dell'Api, rilasciata proprio in sede di Consiglio regionale, secondo cui entro la fine dell'anno circa 270 aziende della Regione con 4700 dipendenti dovranno ricorrere alla cassa integrazione. Altri segnali negativi giungono poi dall'Unione industriale di Torino che registra un calo della capacità produttiva, degli ordinativi degli investimenti sia nel settore del rinnovamento tecnologico, sia in quello volto ad un ampliamento della capacità produttiva. Grazie all'attuale quadro congiunturale oltre alla crisi delle filature biellesi, i cui problemi sono di ordine strutturale si registrano quelle del settore del software che vede un colosso quale è l'Olivetti affrontare il discorso del prepensionamento con già 1000-1500 dipendenti in cassa integrazione e del settore automobilistico (si prevedono difficoltà per l'indotto dell'auto), per le aziende del vetro dei pneumatici e per la chimica. Per questo settore dipendente dalla disponibilità e dal costo della materia prima le conseguenze dell'aumento dei prodotti petroliferi saranno pesanti in ogni caso. La politica economica è chiamata dunque a svolgere un ruolo cruciale nei prossimi mesi onde impedire l'avvitamento recessivo dell'economia e una ripresa dell'inflazione. L'azione del governo è poi chiamata a dare nuovo impulso ad una politica fiscale capace di far pagare a tutti le tasse e di procedere di volta in volta nel verso degli sgravi fiscali che si riterranno opportuni per il settore dell'economia più in crisi. Sotto questo aspetto, ed è un esempio che faccio, è significativa la politica di sostegno all'industria, recentemente adottata dal governo francese attraverso l'approvazione di uno sgravio fiscale, pari a circa 2600 miliardi di lire, con riduzione dell'imposta sugli utili societari reinvestiti e un abbassamento dell'aliquota dell'IVA. Sul piano delle competenze regionali nonostante esse siano limitate, come tutti sappiamo in materie di politiche per l'industria, il contributo che la Regione sarà in grado di offrire al sistema produttivo piemontese sarà comunque di qualche peso. Ritengo che compito della nuova amministrazione dovrà essere l'adozione di misure atte sia a favorire il pieno recupero di quei settori che maggiormente accusano gli effetti del rallentamento congiunturale, sia incentivare lo sviluppo di quei settori che in crisi non sono, onde facilitare un processo di compensazione parziale nell'ambito dell'economia regionale. Quali gli strumenti? Premesso che la Regione ha tuttora presente quale linea strategica privilegiare, lo sviluppo e il potenziamento delle piccole e medie imprese, essi dovranno consistere innanzitutto nella piena attuazione della legge 56 dell'86, per la diffusione dell'innovazione tecnologica e quindi della ripresentazione del disegno di legge riguardante l'istituzione dell'agenzia per l'innovazione e la creazione di parchi tecnologici sul territorio regionale. A questo proposito parteciperò la prossima settimana a Bruxelles ad un confronto europeo tra gli Assessori all'industria, tra le regioni di tradizione industriale onde rilanciare il ruolo e le aspettative del Piemonte, anche rispetto al problema dell'innovazione tecnologica dei contributi stanziati dalla CEE per la sua promozione. Ma l'innovazione delle tecnologie non potrà da sola risolvere i problemi di cui incominciano a soffrire le nostre aziende, per questo l'Amministrazione regionale dovrà intervenire ufficialmente presso il mondo del credito invitando gli istituti bancari a non procedere a una stretta che strangolerebbe molte aziende bisognose di liquidità per far fronte alle difficoltà del mercato.
Allo stesso modo dovrà provvedere alla presentazione di un disegno di legge che anticipi a livello regionale i contenuti della legge Battaglia per le piccole e medie imprese ancora bloccate in Parlamento, nonché - e noi ci stiamo pensando - ad un disegno di legge riguardante i sistemi di qualità nelle medesime.
Detto questo, a siffatto provvedimento del pubblico dovrà accompagnarsi la piena collaborazione del privato attraverso le proprie organizzazioni di categoria, onde pervenire ad una politica di sviluppo più lineare ed indolore, sia sotto il profilo del lavoro sia sotto quello dell'occupazione ricorrendo con maggior convinzione allo strumento della programmazione nell'utilizzo delle risorse umane.
L'attuale fase congiunturale, infatti, per il sistema industriale italiano non si è verificata come un fulmine a ciel sereno e ciò a maggior ragione per il settore dell'auto, dove un rallentamento del mercato era atteso da ben un anno e mezzo durante il quale, purtroppo, non si è potuto programmare un graduale rientro in termini di produzione ed oggi siamo costretti a provvedimenti non drastici, ma certamente non indolori come il ricorso alla cassa integrazione per 35 mila operai, anche se solo per un periodo di tre settimane.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel descrivere la situazione FIAT è stato detto che gli aggettivi sono importanti.
Ebbene, credo di poter dire che in queste settimane la nostra valutazione è stata preoccupata ed attenta; non abbiamo sottovalutato cioè gli elementi di novità che la decisione FIAT ha generato ed in prospettiva genererà sullo scenario economico regionale e al tempo stesso non ci siamo abbandonati a catastrofismi (in quanto sono quasi sempre dannosi) e ad evocare i fantasmi dell'ormai, e per fortuna, lontana crisi del 1980.
Nel frattempo abbiamo affrontato la questione FIAT nella prima riunione post-ferie della Commissione regionale per l'impiego, ed in un confronto diretto con Associazioni imprenditoriali, gruppo FIAT e Organizzazioni sindacali.
In tutte queste occasioni abbiamo tratto degli utili elementi di conoscenza che ci consentono oggi da un lato una valutazione meno approssimata degli ultimi giorni del mese di agosto, e dall'altro di fare chiarezza e di evitare il rischio di pericolosi contraccolpi psicologici nel dipingere la situazione a tinte fosche.
Vorrei a questo punto accennare - come primo elemento di riflessione ai mutamenti più recenti della situazione macroeconomica internazionale.
Tutti gli istituti di ricerca e tutte le parti sociali che abbiamo incontrato convergono sul fatto che, dopo la forte espansione registrata nella quasi totalità dei Paesi OCSE nel corso dell'ultimo triennio, si sta registrando un progressivo rallentamento congiunturale a causa dell'esaurirsi di un elevato ciclo di investimenti e dell'adozione, da parte dei Paesi più industrializzati, di politiche monetarie più restrittive. Il rallentamento dell'attività, anche se non ha interessato in misura eguale le diverse economie, ne ha condizionato certamente le più significative e, in particolare, quella americana.
Il nostro Paese subisce le conseguenze del peggioramento di competitività, ormai in atto da alcuni anni, sia in termini di capacità concorrenziale sul mercato interno, sia su quello estero, nonché l'azione restrittiva determinata da una politica monetaria particolarmente attenta e severa a causa dell'elevato disavanzo pubblico.
E' ormai evidente un significativo rallentamento nel ritmo di crescita dell'economia italiana, dopo la fase di forte espansione che l'aveva contraddistinta negli ultimi anni.
La domanda dall'interno e quella dall'estero, pur rimanendo ancora su livelli elevati, è in costante calo dall'inizio del secondo quadrimestre 1990.
La situazione produttiva di molte imprese industriali, che nel corso degli ultimi due anni è stata caratterizzata dal massimo utilizzo della capacità installata, ha fatto registrare -a partire dal maggio 1990 - una lieve flessione che sembra destinata ad incrementarsi almeno per tutto il corrente anno.
L'entità del rallentamento ha però in una certa misura stupito: sembra ormai molto probabile che il tasso di crescita del PIL 1990 si attesterà intorno al 2,5% a fronte di una previsione del 3%.
L'andamento del mercato automobilistico si colloca in questo contesto.
Dopo una fase di crescita senza precedenti che è culminata con il record delle vendite nell'anno 1989, il primo trimestre 1990 cominciava a segnare in alcune aree tendenze al ribasso. Tali tendenze divenivano nel secondo trimestre generalizzate in quasi tutte le aree di sbocco (con l'unica eccezione della Germania dove si registravano ancora andamenti lievemente positivi).
Per quanto concerne il mercato automobilistico i contraccolpi più evidenti si sono registrati sul mercato nazionale. Mercato che ha fatto segnare negli ultimi tre anni un "eccezionale" sviluppo della domanda, il cui tasso di crescita è stato mediamente pari al 9% annuo.
In particolare, tra l'86 e l'87, si rileva un forte aumento della domanda di seconde vetture, poi scontata negli anni successivi, mentre si è assistito nello stesso arco temporale ad un costante incremento della terza motorizzazione (passata dall'11,1% del 1986 al 13,5% del 1989). Tali cambiamenti, verificatisi nella struttura della motorizzazione italiana tra l'86 e l'89, hanno evidentemente agito quali moltiplicatori della domanda accelerandone la dinamica. Negli ultimi mesi del primo semestre 1990 tuttavia, si è evidenziato un rallentamento progressivo, ricollocando il valore annuo destagionalizzato della domanda intorno ai 2.200.000 con un'accentuazione della flessione nel mese di giugno.
L'andamento negativo nel mese di luglio conferma peraltro questo trend.
Di fronte a questo quadro quali sono allora le prospettive del settore? Secondo quanto riferito dalla FIAT alla riunione con i Capigruppo consiliari, nella seconda parte del 1990 si prevede un andamento del mercato analogo a quello degli ultimi mesi del primo semestre. Per cui si prevede: per l'Italia una domanda pari a 2.270.000 vetture per l'anno in corso e per il prossimo anno un ulteriore assestamento della stessa (circa 2.200.000 vetture).
Quali sono state le iniziative della FIAT per far fronte a questa situazione in peggioramento? Sin dai primi sintomi di rallentamento della domanda, in particolare sul mercato italiano, l'azienda, secondo quanto riferito nella riunione già citata, ha adottato una serie di misure utilizzando le tradizionali leve di gestione.
E' stato riprogrammato il piano di assunzioni, adottando peraltro criteri di selettività che salvaguardano l'esigenza di acquisire personale tecnicamente valido, sia in ambito operaio che in ambito impiegatizio. Sono state di fatto abolite le prestazioni di lavoro straordinario per i modelli maggiormente esposti alla criticità di mercato. Sono stati infine operati opportuni interventi sulla rete di vendita, attraverso varie forme di incentivazione e sostegno finanziario alla rete stessa, l'allargamento delle condizioni di garanzia, il potenziamento del servizio di assistenza al prodotto.
Nella riunione del 28 agosto, la FIAT ha poi comunicato alle Organizzazioni sindacali, il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria finalizzato sostanzialmente alla riduzione degli stock ed alla ricalibrazione delle quantità produttive. La misura congiunturale adottata non interesserà peraltro gli stabilimenti terminali di Cassino, Pomigliano e Chivasso, dove vengono prodotte le vetture di media gamma (segmento C/ D) non toccate dalla caduta della domanda. Per quanto concerne gli stabilimenti interessati alla Cassa integrazione ordinaria (per un totale di 3 settimane tra settembre, ottobre e novembre 1990, con una ulteriore settimana a dicembre per l'Alfa Romeo di Arese) i dipendenti coinvolti saranno circa 35.000 su un totale FIAT Auto in Italia di 116.000: 26.000 di questi lavoratori sono occupati in stabilimenti piemontesi.
Le temporanee sospensioni dell'attività lavorativa determineranno un minor gettito produttivo calcolabile in circa 75.000 vetture corrispondente a circa il 4% della produzione globale programmata dall'Azienda negli stabilimenti italiani per il corrente anno (circa 2.000.000 di vetture). Nel corso degli incontri la FIAT ha ribadito che le attuali criticità di mercato e le conseguenti misure adottate non metteranno in discussione i progetti di investimento tecnologico di prodotto a suo tempo elaborati, così come rimarranno immutati i programmi di sviluppo e di acquisizione di nuovi mercati. Gli incontri svoltisi sia in sede regionale, sia in sede di Commissione regionale dell'impiego hanno evidenziato un atteggiamento delle OO.SS, certamente attento e preoccupato ma responsabile ed alieno da drammatizzazioni. Le parti sociali convergono su una valutazione, ad oggi, congiunturale della crisi, ma differiscono nella natura di alcune cause e soprattutto nella prefigurazione delle valutazioni della situazione. Le OO.SS, ritengono infatti che vi siano ritardi da parte della FIAT circa la gestione della qualità, e il ricambio del prodotto che, se non recuperati, possono contribuire, assieme alle accresciute ragioni d'allarme economico internazionale e nazionale, a trasformare nel corso del '91 la crisi da congiunturale a strutturale.
Le OO.SS, hanno scelto rispetto alla CIG una posizione di sostanziale accettazione riservandosi di contrattarne le modalità di gestione salariale e ponendo come condizione la conferma dei contratti formazione lavoro richiesta che peraltro appare in linea con la decisione della FIAT di continuare nell'impegno di elevazione della qualità della manodopera anche proseguendo le assunzioni della fascia più elevata. E' comunque previsto un nuovo incontro definitivo tra FIAT e OO.SS., prima dell'inizio del periodo di CIG. Questo per quanto attiene strettamente alle tematiche relative agli andamenti di mercato, alle decisioni di politiche industriali e alle relazioni sindacali del grande gruppo automobilistico. Si è molto discusso in queste settimane sui riflessi che il calo della domanda di auto avrà sul settore della componentistica. Devo dire che su questo punto rimangono aperti diversi interrogativi ed abbiamo sentito toni diversi tra i rappresentanti dei grandi e dei piccoli e medi gruppi industriali.
Come testimoniano studi recenti (Ires, Innovazione e rapporti tra imprese, il settore dei componenti per auto in Piemonte) il comparto della componentistica in questi ultimi anni è stato caratterizzato da trasformazioni rilevanti.
Il processo di trasformazione del comparto della componentistica auto avvenuto nel periodo '81/'86 (con alcune code successive) ha portato ad una sostanziale selezione delle aziende fornitrici: ad una loro maggior differenziazione della committenza: ad un adeguamento dell'organizzazione produttiva per la fornitura just in time, allo sviluppo di nuovi livelli di integrazione tecnologica nella FIAT ed, in particolar modo, quei produttori componentisti fornitori di sistemi e subsistemi. Ancor più negativi infatti potranno essere gli effetti sull'universo delle microaziende le cui crisi in termini di fatturato e di occupazione, spesso, per la loro marginalità sfuggono alle statistiche, ma che sono testimoniate da una flessione nell'area torinese della domanda di beni e servizi che contribuirebbe ad una accentuazione della crisi stessa.
Una terza situazione è poi quella della componentistica (Marelli Gilardini, etc.) interna al gruppo FIAT per la quale il gruppo ricerca anche nuove soluzioni strategiche, destinate ad accrescere il livello di know-how.
In questo senso l'accordo con la Nippodenso oltre a rispondere alle esigenze specifiche della FIAT nel microsettore della climatizzazione rappresenta anche, per esplicita dichiarazione della FIAT stessa, un esperimento di apertura verso i gruppi giapponesi in un mercato che per alcuni componenti appare ormai ristretto anche in una dimensione produttiva e tecnologica europea. Si estende così alla componentistica auto quella strategia di internazionalizzazione del gruppo che si è tradotta in questi giorni in importanti accordi nei settori del veicolo industriale e della trattoristica con le acquisizioni della Enasa e della Ford Trattori e in altri comparti in intese finalizzate alla commercializzazione ed all'interscambio delle tecnologie.
Al di là della questione auto, quindi, l'industria regionale ed in particolare l'industria torinese sta attraversando una fase di rallentamento congiunturale. A parziale consolazione si può dire che questa è una situazione comune a tutte le principali aree industriali del mondo.
La parabola, dopo aver raggiunto il punto di massima, ha iniziato a flettere. Secondo analisi elaborate dagli stessi imprenditori, produzione e ordini sono in calo, pur rimanendo su valori assoluti ancora elevati mentre rallenta l'attività di investimento, soprattutto la parte destinata all'ampliamento della capacità produttiva.
Si può oggi affermare che il settore della componentistica auto si è diversificato ed ha accresciuto la sua presenza sui mercati esteri: secondo i dati Istat, tra il 1985 e il 1989, il volume delle esportazioni di componenti è cresciuto del 30,7%. Grazie ad una crescita più contenuta delle importazioni (+ 17,7%),il saldo commerciale è aumentato del 40%.
In realtà questa delicata ed importante trasformazione, avvenendo sotto la spinta di una politica dei prezzi FIAT di tipo restrittivo, ha fatto sì che, contestualmente allo sviluppo ed alla ingegnerizzazione della componentistica qualificata, si realizzasse il decentramento produttivo verso più anelli di subfornitori della componentistica meno ricchi tecnologicamente e meno qualificati.
Il minor valore aggiunto di questi prodotti ha costretto l'universo delle microaziende del comparto a ricorrere a forme di lavoro marginali, in un tessuto produttivo sostanzialmente monoproduttivo fragile e precario diffuso nel territorio di Torino e del suo hinterland.
L'effetto della congiuntura sfavorevole, soprattutto qualora dovesse protrarsi ed assumere connotati strutturali, sarà per quanto riguarda l'indotto e la componentistica certamente diversificato.
I grandi produttori probabilmente non avranno difficoltà per la loro struttura produttiva, per le loro caratteristiche (spesso multinazionali) e per la loro buona capitalizzazione a fronteggiare gli eventi.
Ben diverso, come ha evidenziato negli incontri l'Api, con dovizia di dati, potrà essere l'effetto sulle piccole e medie aziende, per cui si prevede una crescita del numero di aziende di CIG dalle attuali 37 (io mi auguro, non alle 270 come citava la collega Vetrino riferendosi a un articolo di giornale), ma secondo quanto dichiarato dall'Api a circa 140 entro la fine del '90, come è stato dichiarato venerdì all'incontro con le associazioni.
Sarà bene quindi che l'attenzione delle istituzioni - polarizzata dalla grande impresa non trascuri questa realtà che riguarda masse occupazionali complessivamente ingenti (45.000 lavoratori, circa, come primo livello di componentistica, oltre 100.000 in totale).
Il rallentamento congiunturale interessa, con intensità diverse, tutti i settori, i più esposti sono: metalmeccanico, abbigliamento e tessile: meno negative appaiono le prospettive per chimica, materie plastiche e alimentare. Il rallentamento congiunturale si è riflesso anche sul mercato del lavoro, facendo registrare un aumento del ricorso alla CIG, come puntualmente rilevato sin dalla primavera dall'Assessorato al lavoro.
Tuttavia - anche per inquadrare effettivamente la dimensione del problema gli attuali livelli di CIG rappresentano poco meno di un decimo di quelli registrati nel 1984, e un quarto di quelli rilevati nel 1986, in un anno cioè, di forte ripresa.
La situazione presenta dunque punte di grande problematicità. Credo però che con la stessa cautela e con il senso di responsabilità con cui si è trattata la questione FIAT, sia necessario acquisire la consapevolezza che siamo giunti obiettivamente ad un punto di svolta del ciclo economico.
I cambiamenti in corso impongono sia agli operatori privati che pubblici (richiamo quanto diceva la collega Vetrino) una particolare attenzione, anche perché si intersecano aspetti congiunturali con aspetti di nuova o di vecchia debolezza strutturale nel nostro sistema produttivo.
In questa fase un ruolo importante può essere giocato dal sistema creditizio che, a volte, in passato, in situazioni analoghe, con atteggiamenti restrittivi non selettivi, all'approssimarsi di cicli congiunturali meno favorevoli, ha finito con determinare obiettivamente una accentuazione del trend in senso negativo. Su questo punto si sono particolarmente soffermati i rappresentanti delle imprese che abbiamo sentito. I contatti avuti nei mesi scorsi e nelle settimane passate, ad esempio, con gli operatori economici biellesi, hanno dimostrato l'importanza del fatto che le banche pongano molta attenzione nel distinguere tra situazione di crisi e stati di difficoltà temporanee legati a problemi contingenti che il sistema creditizio deve aiutare a superare.
L'autunno in Piemonte si presenta quindi con preoccupanti interrogativi circa l'evoluzione di due settori fondamentali: quello del tessile, con particolare riferimento alla situazione della filatura, e quello dell'auto.
Per il primo anche a livello governativo è stata riconosciuta la gravità della situazione ed è stata avviata la procedura per il riconoscimento dello stato di crisi del comparto laniero; per il secondo, quello dell'auto, alle difficoltà crescenti provenienti dai mercati si aggiungono in questi giorni le conseguenze ovvie della crisi nel Medio Oriente, con i suoi effetti negativi sui costi del petrolio e sui mercati finanziari e borsistici.
Siamo peraltro consapevoli che la rilevanza delle problematiche che investono l'industria automobilistica in campo nazionale ed europeo, e la stretta connessione della situazione di questo settore con l'evoluzione negativa dell'insieme del quadro economico nazionale ed internazionale richiedano che le prospettive dell'industria automobilistica siano affrontate a livello governativo. Ciò, peraltro, nel quadro di un generale esame dei problemi che si pongono, sia pure in modo differenziato, per l'intera industria italiana e per l'occupazione, a seguito dell'improvviso cambiamento dell'orizzonte economico.
E' quindi necessario che il Governo, ed in particolare il Ministero dell'Industria, avvii un approfondito confronto con le associazioni imprenditoriali e con i sindacati per verificare tempestivamente le iniziative più idonee ad aiutare il sistema industriale italiano a fronteggiare prospettive che appaiono piuttosto difficili.
Non è certo compito della Regione esaminare nel merito i provvedimenti possibili. Mi limito ad osservare che è ancora fermo in Parlamento il disegno di legge (richiamato anche dalla collega Vetrino) che avrebbe dovuto riattivare un efficace sistema di incentivi di supporti alle piccole e medie imprese. Coi tempi difficili che si prospettano non è certo ammissibile, a nostro avviso, un ulteriore ritardo nella definizione e nell'approvazione della legge; né possiamo pensare che si possa supplire in qualche misura, con la nostra legge n. 56 che ha fatto certo anche qualcosa di più, ponendo già, a livello regionale, sull'innovazione tecnologica tutta una attivazione di percorsi nel confronto del sistema delle piccole e medie imprese. Certo necessita, proprio per il quadro di riferimento che questo autunno ci indica, che questo disegno di legge sia approvato dal Parlamento.
Anche sul fronte del mercato del lavoro e della formazione professionale è necessario un rinnovato impegno delle istituzioni, delle aziende e delle organizzazioni sindacali. La richiesta di personale qualificato da parte delle imprese continua a mantenersi su livelli elevati: la stessa FIAT lo ha dichiarato nel confronto dei giorni scorsi coni Capigruppo. Lo stesso orientamento, che noi cogliamo, non può non vederci attenti di fronte a questo problema. Ed è significativo a questo proposito che, pur nella situazione di difficoltà, a cui ho più volte accennato, le assunzioni con contratti formazione lavoro si siano mantenute lungo il trend degli anni precedenti.
Dai dati a disposizione della Commissione regionale per l'impiego risulta nel primo semestre un calo quasi impercettibile (-0,2%), e al tempo stesso - parlo dei Contratti di formazione lavoro - risulta un salto qualitativo nell'uso dell'istituto con un incremento consistente sul versante della occupazione femminile, dei diplomati e dei laureati.
Devo francamente dire che se questi sono i risultati, la riduzione dell'incentivo prima, ma ancora di più il contingentamento dei Contratti di formazione lavoro poi, previsti dagli ultimi provvedimenti legislativi trovano ben pochi argomenti di giustificazione, come tra l'altro si ribadiva in una risoluzione assunta in proposito all'unanimità dalla Commissione regionale per l'impiego non molto tempo fa.
Sebbene mi sia stata affidata da poche settimane la delega alla Formazione professionale, mi sono reso conto che in questo campo la Regione è già fortemente impegnata, e occupa uno spazio di prim'ordine nella scala nazionale e continuerà a muoversi in questa direzione.
La stessa questione della "qualità totale" - che per molti versi così come è stata presentata è più il frutto di uno scoop giornalistico che un vero e proprio argomento di confronto tra le parti e necessita di essere ulteriormente sviluppata - porrà presumibilmente problemi di rapporto con il contesto socio-economico piemontese, ed in questa direzione la formazione professionale potrà assumere un ruolo di grande rilievo.
Parallelamente sarà necessario potenziare le linee di intervento di politica industriale che la Regione, pur nei limiti delle sue scarse competenze in materia., ha già attivato in questi anni per la piccola e media impresa, a cominciare dagli interventi per favorire l'aggiornamento tecnologico delle aziende e dai progetti speciali concordati con la CEE.
Ma, come ho già avuto occasione di affermare, è soprattutto importante che ad ogni livello si acquisisca la consapevolezza che è finita una fase di crescita della economia, e che quindi le scelte di politica economica e di politica industriale, debbono essere tempestive e adeguate al fine di contrastare le tendenze negative della nuova congiuntura economica nazionale ed internazionale.
Se le cose stanno così, non è realistico pensare che la situazione delle fasce deboli del mercato migliori automaticamente, anzi è logico pensare un ulteriore aggravamento della stessa. Neanche una fase positiva del ciclo economico ha inciso sullo zoccolo duro della disoccupazione tanto che proprio nell'ultimo semestre della passata legislatura abbiamo attivato una serie di normative e di attenzioni nei confronti delle fasce più deboli del mercato del lavoro proprio perché in una Regione industriale e industrializzata qual è il Piemonte si è verificata una divisione a forbice fra coloro che stanno sempre meglio e coloro che stanno sempre peggio e che proprio in una situazione di grande competitività vede in realtà scarsamente presente la fascia intermedia. Generalizzo ovviamente ma questa è l'esperienza che abbiamo avuto modo di constatare nella passata legislatura ed è proprio per questo che ci siamo indirizzati, al termine della passata legislatura, verso alcuni interventi normativi a favore delle fasce più deboli del mercato stesso. Nei confronti di questa fascia di popolazione, è necessario confermare la nostra attenzione non solo con strumenti di legge (che già esistono), ma anche con strumenti finanziari (ne esistono meno). Dovremo fare grandi sforzi per indirizzare su questo versante la massima attenzione e potenziare gli interventi mirati messi in atto al termine della passata legislatura, come peraltro ho già avuto modo di ribadire in una lettera al Presidente della Giunta regionale proprio nei giorni di Ferragosto, nei quali si riscontrava che le previsioni, che già nella primavera scorsa avevamo individuato come Assessorato al lavoro, si stavano verificando.
Ancora una volta si rileva che il Piemonte, proprio per le caratteristiche strutturali del suo sistema economico e sociale, ben note agli alessandrini (il Piemonte conta 25.000 cassaintegrati sui 35.000 e vi saranno ricadute soprattutto sulle piccole e piccolissime aziende), si troverà ad essere fra le prime Regioni italiane a dover fronteggiare, più di ogni altra, le conseguenze del mutato quadro economico.
Spero proprio che queste particolarità vengano colte dall'attento Consiglio regionale del Piemonte e che si agisca politicamente di conseguenza ai diversi gradi di responsabilità. Spero anche che al termine di questa seduta del Consiglio regionale si possa esprimere una presa di posizione con un ordine del giorno che sia il più possibile unitario perchè se questo è il quadro di riferimento, pur con tutte le integrazioni che certamente le forze politiche e i Gruppi consiliari vorranno dare, è una tendenza che non presenta elementi di positività e rischia di unire agli obiettivi elementi di crisi congiunturale, nonché strutturale.



PRESIDENTE

Chiede di intervenire il Consigliere Marengo. Ne ha facoltà.



MARENGO Luciano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non posso non sottolineare come le relazioni, qui presentate dalla Vicepresidente Vetrino e dall'Assessore Cerchio a nome della Giunta, siano inadeguate, sia sul piano dell'analisi (analisi peraltro in larga parte contenuta nella stessa nota che la Federpiemonte ci ha consegnato in occasione della audizione di venerdì scorso), ma soprattutto inadeguate sul piano della proposta rispetto alla situazione reale alla quale dobbiamo far fronte.
Infatti, le difficoltà di mercato della FIAT che si sono evidenziate con la richiesta di cassa integrazione erano già presenti a luglio all'atto dell'insediamento della Giunta. Infatti le critiche che avanzammo al programma della Giunta per mancanza di analisi adeguate alla situazione produttiva ed economica piemontese erano e si sono rivelate giuste.
C'è sicuramente una difficoltà generale di mercato europeo dell'auto infatti le uniche regioni dell'Europa che tengono sul piano del mercato dell'auto sono quelle del sud Europa (la Spagna in modo particolare) e la Germania occidentale, soprattutto per effetto del ricambio del parco auto in quanto le auto usate sono andate alla Germania orientale. Ma perla FIAT ci sono difficoltà di mercato interno. Per la prima volta le case estere si avvicinano alle quote di mercato della FIAT, infatti c'è un passaggio dal 41 % del 1989 al 47% di quest'anno. La Ford, 1'Opel, la Volkswagen, dirette concorrenti della FIAT, si sono avvantaggiate molto.
In una situazione di difficoltà di mercato come questa credo sia bene esaminare le caratteristiche della crisi FIAT. Non si tratta di fare del catastrofismo, non si tratta di drammatizzare, non lo abbiamo fatto né lo hanno fatto i nostri militanti, le organizzazioni sindacali hanno esaminato con ragionevolezza la questione che è stata posta con la richiesta di cassa integrazione ordinaria. Credo che un'analisi realistica vada fatta, a partire dai segnali che sono stati lanciati un anno fa dal dott. Romiti.
Non credo che possiamo fare un'analisi della situazione che sia più ottimistica di quella che ha fatto l'Amministratore delegato della FIAT. In qualche modo nelle relazioni presentate in quest'aula mi pare ci sia più ottimismo di quello che ha manifestato un anno fa il dott. Romiti al seminario di Marentino, così come la stessa FIAT nel corso dell'audizione di venerdì scorso ha cercato di minimizzare e di ottimizzare la situazione.
Ora, mentre si può comprendere, sul piano della difesa dell'immagine la minimizzazione della crisi fatta dai dirigenti FIAT, peraltro contraddetta anche nel corso dell'audizione con i dati macroeconomici di Federpiemonte e soprattutto con la situazione reale di cassa integrazione già in atto e con le previsioni di cassa integrazione per le aziende (oggi 37, a fine anno la previsione dell'Associazione delle piccole e medie imprese è di 140), altrettanto chiaramente va detto che la difesa dell'immagine oggi non costruisce alcuna prospettiva. Tant'è che anche sulle prospettive occupazionali il dott. Figurati è stato molto chiaro, in quanto non ci sono prospettive di espansione occupazionale, tutt'al più si mantiene questa e si procede ad alcuni prepensionamenti, anche se con incentivazioni modeste.
Oggi ci può anche essere una situazione non grave, ma lo può diventare se non si affrontano almeno tre problemi strutturali che riguardano il modello produttivo e di concezione dell'impresa FIAT: 1) la qualità dei prodotti 2) la difficoltà a realizzare nuovi modelli, peraltro quasi nessuna ricerca è stata fatta rispetto alle questioni che riguardano l'impatto ambientale 3) la difficoltà di una strategia industriale da parte della FIAT che consenta alleanze con altre case automobilistiche, ovviamente mantenendo la FIAT italiana.
Questi elementi strutturali sono venuti al pettine. Negli anni '80 la FIAT nel corso dell'intero decennio, con innovazioni tecnologiche ha superato i ritardi del passato, ha avuto grandi finanziamenti pubblici sia per innovazioni tecnologiche sia con l'uso della cassa integrazione straordinaria, ha avuto un'alta produttività, quasi a livello giapponese un'assenza quasi totale di conflittualità sociale nell'azienda, il tentativo di emarginazione del sindacato, teorizzato allora da Romiti e Mortillaro, un regime di bassi salari che peraltro esiste tuttora.
Questo modello di impresa autoritario e gerarchico e questa organizzazione del lavoro, che continua a mantenere elementi forti di taylorismo all'interno dell'impresa, non funzionano più. L'automazione ha abbassato i livelli quantitativi di occupazione, ma non ha annullato la necessità dell'intelligente intervento umano all'interno della fabbrica.
Nella fabbrica la microelettronica, l'informatica e l'automazione non hanno eliminato il fattore umano che resta decisivo. Il dott. Romiti, in un articolo su "La Stampa" di domenica scorsa, ha ribadito la necessità di cambiamenti forti nel rapporto con il mercato e nei comportamenti all'interno dell'impresa con il rilancio dell'orientamento alla qualità totale. Ha evidenziato altresì come la qualità totale ci sarà se è concentrata sulla motivazione degli uomini; dare spazio alla loro intelligenza, al loro spirito di iniziativa, alla loro professionalità perché ciascuno sia soddisfatto del proprio lavoro.
Questo comporta un cambiamento organizzativo molto profondo, infatti un'organizzazione rigida, gerarchica, che frena l'iniziativa individuale con un'organizzazione del lavoro che mantenga separati ruoli e mansioni e che impedisca la comprensione reciproca dei problemi, è un modello che non funziona più. In questo c'è l'ammissione, da parte del doti. Romiti, che il modello FIAT di questi anni, il suo autoritarismo, l'innovazione usata contro il fattore umano, sia sul piano quantitativo occupazionale che sul piano della qualità del lavoro, non ha funzionato e comunque non funziona più. E' questo l'elemento vero e strutturale della crisi e delle difficoltà di competitività sui mercati italiano ed europeo da parte della FIAT.
A questo elemento va posta grande attenzione da parte della Regione e delle altre istituzioni pubbliche. Questo stato di cose va modificato per avere qualità di prodotti e competitività nei mercati, una situazione sociale nelle imprese e all'esterno che sia fondata su un processo di democratizzazione. Per questo la FIAT non ha convinto nell'audizione. Non si può pensare ad avere ancora una divisione di ruoli all'interno dell'impresa. Il dott. Figurati ha detto in termini molto chiari che è necessario, per raggiungere la qualità globale, dare un flusso di informazioni maggiore a chi è addetto al progetto, quindi alla fascia alta della popolazione lavorativa all'interno dell'impresa, e il resto della forza lavoro dovrebbe continuare ad essere esecutrice meccanica del flusso di informazioni che va a chi è addetto al progetto (tra l'altro contraddetto da Romiti nell'articolo su "La Stampa"). Non si può pensare ad un sindacato che sia relegato ad un ruolo di soggetto che deve cambiare cultura, nel senso che non dovrebbe più contrattare, ma a volte essere sentito unicamente per gestire i problemi congiunturali dell'azienda. Il problema è invece quello di un modello che sia efficiente perch democratico e partecipato dall'insieme della forza lavoro, un modello che democratizza ed innova le relazioni sindacali verificando anche forme di partecipazione da parte dei lavoratori all'interno dell'impresa; un modello quindi che fa delle informazioni e del confronto, alla pari con i soggetti collettivi e sociali esistenti all'interno dell'impresa, il metodo delle relazioni industriali. Un riconoscimento quindi dei soggetti sociali fondato su regole democratiche e sul riconoscimento dei reciproci interessi. L'efficienza aziendale da un lato deve essere riconoscimento da parte di tutti i soggetti e dall'altro, da parte dell'impresa, il diritto alla salute, alla contrattazione e anche al conflitto, se è necessario, per la difesa degli interessi interni aziendali.
Di questi problemi la Regione deve farsi carico in un quadro più generale di proposte di democrazia economica. C'è sicuramente all'interno di un'impresa come la FIAT un problema di qualità globale che riguarda anche l'esterno, penso ai servizi, alle comunicazioni, ai trasporti, che devono anche loro muoversi in direzione della qualità globale. C'è un problema di confronto e di rapporto tra la grande impresa FIAT e le istituzioni.
Le finalità sociali dell'impresa sono problema di tutti, ed è per questo che la Regione non può esserne estranea, al di là anche delle sue competenze specifiche attuali rispetto ai problemi politici e sociali ai quali deve far fronte. Anche per le istituzioni non bastano comunicazioni e richiesta di finanziamento da parte della grande impresa, ci vuole un confronto a partire dalla politica industriale e dalla strategia di politica industriale. La festa è finita, ci sarà forse spazio per qualche festino, diceva ancora recentemente l'avvocato Agnelli probabilmente pensando a quale rapporto riuscire a mantenere con altre aziende. Però noi non possiamo non dire che a questa festa la grande parte non ha partecipato e non ha assolutamente beneficiato, a partire dai lavoratori della FIAT (non solo loro ma l'insieme della collettività). Tutti invece, al contrario, hanno partecipato con contributi per rendere possibile questa festa. Questo modello, che negli anni '80 si è mitizzato, è andato in crisi; ricordiamo tutti come la mitizzazione dell'efficienza del modello di privatizzazione, del modello gerarchico e autoritario della FIAT, fosse diventato un punto al quale tutti avrebbero dovuto fare riferimento. Oggi per ammissione della stessa FIAT da parte dei suoi maggiori esponenti, si riconosce che questo modello è andato in crisi. In questi mesi, settimane e giorni si sta diluendo molto di riforma istituzionale, lo credo che sarebbe monca una riforma istituzionale se non si affrontassero le questioni e prioritariamente, le questioni che riguardano il mondo del lavoro e della produzione; se non si producessero interventi, anche di carattere legislativo, per democratizzare l'impresa e per avviare un processo di democrazia economica reale nel Paese. Per questo la Regione deve essere protagonista propositiva nei confronti della FIAT per approfondire questi problemi. Tra l'altro lo stesso dott. Figurati, nel corso dell'audizione si è detto disponibile ad approfondire questi problemi. In un confronto con l'istituzione credo che dovremmo incalzare, come istituzione regionale, per approfondire questi aspetti e credo che si debba essere propositivi anche nei confronti del Governo e del Parlamento per avviare un processo che abbia le dimensioni di cui parlavo prima.
Per ultime, non certamente per ordine di importanza ma solo per comodità di esposizione, le questioni che riguardano il contratto dei lavoratori metalmeccanici. Credo sia lapalissiano dire che è un diritto irrinunciabile la conclusione contrattuale per lavoratori che aspettano da tre anni di poter concludere il loro contratto. Operiamo, e la Regione deve impegnarsi in questa direzione, perché si risolva la questione. In questi giorni, a partire da oggi, sono in corso le trattative a Torino. La Federmeccanica si è trasferita a Torino per le trattative con il sindacato dei metalmeccanici, lo credo sia importante che la Regione operi in questa direzione per evitare la cassa integrazione ordinaria. Comprendo la minimizzazione della FIAT in termini quantitativi: i lavoratori della FIAT per tre mesi ci rimetteranno solo 50 mila lire mensili con la cassa integrazione ordinaria. Sì, solo che stiamo parlando di lavoratori che nella maggior parte dei casi percepiscono 1.200.000/1.250.000 lire di stipendio e quindi anche le 50 mila lire diventano importanti. Per questo noi abbiamo bisogno che non ci sia una miscellanea tra le questioni del contratto non concluso e le questioni della cassa integrazione che possono diventare elementi di più acuto scontro sociale. Penso che questo modo di affrontare i problemi sia un modo reale per riuscire a riavvicinare la politica e le istituzioni alla gente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le relazioni svolte dagli Assessori Vetrino e Cerchio sono state complete e approfondite; per cui è difficile aggiungere cose nuove rispetto a quello che nelle settimane passate si è sentito in varie sedi e non ultima quella della riunione dei Capigruppo con le Associazioni imprenditoriali e la FIAT.
Lo schema di ciò che la FIAT presenta mi pare sia chiaro: un provvedimento congiunturale di breve termine che permette alla FIAT di giocare d'anticipo per potersi presentare nel prossimo esercizio con una situazione normalizzata e poter operare tranquillamente.
Questo schema, che mi auguro possa vedere la sua applicazione nella realtà, potrebbe invece riservarci delle sorprese: è quindi necessario non sottovalutare cosa sta avvenendo. Ed io cercherò di dimostrarlo con alcuni dati ed alcuni elementi. Possiamo capire che un'azienda che vende un prodotto e che ha bisogno di immagine non voglia enfatizzare quella che pu essere l'immagine di una crisi; possiamo capire le Organizzazioni sindacali che sono alle prese con il contratto e non vogliono trovarsi con un caso troppo pesante attorno a queste vicende: possiamo capire le Associazioni imprenditoriali di categoria che sono preoccupate dell'atteggiamento delle banche, le quali non appena vedono segnali preoccupanti tendono a chiudere rapidamente il credito d'esercizio, colpendo quindi le aziende che si trovano a un guado non certamente facile. Tuttavia, noi come amministratori pubblici non dobbiamo sotto stimare alcuni elementi che da questo tipo di cassa integrazione possono derivare alla nostra Regione. Certamente non ci troviamo come nel 1980, non ci troviamo nemmeno con la FIAT del 1980, là suonarono le trombe e le grancasse, qui si mette la sordina.
Intanto vediamo i riflessi sulle aziende minori. Noi ci troviamo dinnanzi a un apparato di impresa minore molto cambiato rispetto agli anni '80: i fornitori esclusivamente FIAT si sono ridotti in numero, la FIAT non ha un rapporto con i suoi fornitori estremamente polverizzato come nel passato, ha alcune aziende le quali poi costruiscono il rapporto di subfornitura. Tutto questo però ci fa chiedere - ed è una domanda che abbiamo posto, ma alla quale non abbiamo ricevuto risposte molto precise se la distribuzione degli effetti di riduzione di produzione causati dalla cassa integrazione è stata fatta in modo equilibrato. Ovvero, se c'è stato un minimo di programmazione nel far sì che la distribuzione di questa riduzione di produzione FIAT non avvenga in modo casuale, andando a colpire, per esempio, aziende che sono in una situazione di difficoltà sul piano finanziario e che potrebbero quindi venire menomate. I primi effetti ci sono: l'Associazione dei piccoli imprenditori (API) ha sottolineato che questi rapporti di fornitura, molto pesantemente orientati nei confronti della FIAT, esistono ancora in una certa parte e che potrebbero portare al collasso. Non fa notizia poi la chiusura di aziende di 15-20 dipendenti: per questi dipendenti si prevedono licenziamenti. Quindi, c'è un problema grosso. E' da notare che molte piccole aziende, che non hanno partecipato alla festa degli anni '80 delle grandi aziende, si trovano in una situazione di sottocapitalizzazione con un credito di esercizio che in questo momento dovrebbe crescere: le banche tendono invece ad assumere posizioni di prudenza.
Nei confronti del mercato del lavoro c'è un altro aspetto preoccupante: il blocco del turnover da parte della FIAT. Non si tratta solo di cassa integrazione. L'altro evento grosso, che viene sottostimato, è che la FIAT non procede più ad assunzioni di personale generico: non di personale specializzato, non di impiegati, non delle categorie protette, per fortuna.
La FIAT blocca l'assunzione di personale generico. Cosa significa questo? Che nel 1989 le assunzioni di personale generico da parte della FIAT sono state 6.000; l'anno precedente 7.700: nel primo trimestre di quest'anno 1.800. In Piemonte rappresentano circa il 70% di queste assunzioni. Vorrà dire che da questo momento alcuni soggetti deboli, sostanzialmente non specializzati, non verranno assunti dalla FIAT e si troveranno sul mercato del lavoro: certamente non un mercato del lavoro florido, perché c'è la crisi del tessile, del settore dell'elettronica, e così via, quindi ci sarà una ripercussione su quello che è il monte disoccupazione della nostra Regione e proprio sulle fasce deboli dove abbiamo strumenti sempre difficili di intervento.
Poi c'è un riflesso sul reddito regionale, oltre che sul prodotto interno lordo. Intanto c'è un nodo: la cassa integrazione viene anticipata dalla FIAT o corrisposta con i ritardi dell'INPS? Su questo problema esistono delle sofferenze enormi dei lavoratori perché ricevono la cassa integrazione con un certo ritardo; per chi ha un reddito basso anche dieci o venti giorni di ritardo possono essere dei fatti rilevanti. Anche questo è un nodo da risolvere. L'Istituto che eroga la cassa integrazione deve provvedervi con puntualità. La FIAT ha fatto la sua parte in termini di tempi. Occorre stabilire se può essere più proficuo un discorso di anticipazione da parte dell'azienda, oppure se è meglio insistere sull'erogazione puntuale della cassa integrazione. Ma intanto: mancate assunzioni vuol dire una riduzione di reddito potenziale che si sarebbe potuto determinare. Il blocco degli straordinari è una riduzione di reddito nella Regione: così pure la riduzione del lavoro a termine, del lavoro precario stesso che nell'indotto più frantumato si determina e il differenziale (le famose 50 mila lire della cassa integrazione) sono tutti elementi che si ripercuotono in una riduzione del monte reddito a disposizione della spesa della nostra comunità con effetti evidentemente prevedibili su tutta una serie di beni. Certamente non dobbiamo allarmarci ma non dobbiamo nemmeno pensare che questa sia una situazione tranquillissima. In questa situazione occorre avere un minimo di visione mpia, che cerchi di anticipare e quindi di minimizzare questi effetti. La logica di lasciare che ogni azienda si comporti come meglio pensa, la logica nella quale noi non richiamiamo l'azienda che, per esempio, ha un rapporto diretto con la FIAT e nel passare al rapporto di sub-fornitura non tiene conto di distribuire gli ordini in modo calibrato potrebbe rendere letale questa distribuzione: quindi la logica microaziendale, in questa situazione, potrebbe dar luogo a degli effetti spiacevoli.
Alla Commissione regionale per l'impiego e nell'incontro con gli imprenditori e la FIAT si è colta, con piacere, l'occasione per ridefinire i rapporti dinnanzi al processo economico che vive una comunità: evitare che la Regione venga vista solo come un momento che raccoglie i cocci della disoccupazione di basso livello di qualificazione professionale o interviene in opere di emergenza: vedere un rapporto tra pubblico e privato che permetta di avere, a noi momento pubblico, una visibilità più ampia e poter anticipare i processi con la formazione professionale, con strumenti legislativi e con altre azioni e che permetta di dare un contributo a questo processo ampio della qualità. Come dicevano gli imprenditori, la qualità, per esempio, tocca la zona del biellese: il biellese si sta spostando su aree di alta qualità di produzione che richiedono una rivisitazione dell'organizzazione delle imprese. Questo significa anche un rapporto con le strutture e i servizi reali che il momento pubblico pu mettere a disposizione. Avere, per esempio, gli osservatori che ci permettano di poter anticipare i processi per poter intervenire, non solo vederli in tempo reale: vedere sostanzialmente questi osservatori e del mercato del lavoro e dei processi economici come sedi nelle quali i dati non vengono confutati e momenti nei quali ci si possa confrontare tra pubblico e privato e organizzazione sindacale per capire che cosa sta succedendo, non per eccezioni, cioè quando c'è un nodo come adesso, ma in modo sistematico e permanente nel divenire del processo di sviluppo.
Occorre anche pensare che le Organizzazioni sindacali possano trovare in termini di relazioni industriali, un più alto ruolo, un più alto livello di possibilità di intervento perché e mi pare che la dichiarazione delle Organizzazioni sindacali sia esplicita - vogliono concorrere a ridefinire questo problema della qualità totale dando un contributo significativo.
Infine - e mi rivolgo a un Assessore di nuova esperienza per quanto riguarda il settore industriale, quale l'Assessore Vetrino - come Regione dovremmo tentare di evitare la scissione tra politica industriale e politica del lavoro.
Questa mattina ci sono stati due interventi, uno dell'Assessore al lavoro e uno dell'Assessore all'industria, proprio a significare che non ci può essere scissione, come invece si tende a fare, tra questi due elementi.
A questo punto, quando dobbiamo elaborare una legislazione che intervenga sui problemi industriali, dobbiamo pensare di raccordarla a meccanismi del lavoro, al problema delle fasce deboli, al problema di una responsabilizzazione delle aziende in questo senso.
A proposito di responsabilizzazione, un appello che rivolgo all'Assessore (e credo che l'abbia accennato nel suo intervento) è che la FIAT comunque confermi i contratti di formazione-lavoro che sono in corso all'interno dell'azienda e che utilizzando risorse pubbliche giunga a felice compimento questo tipo di intervento di politica del lavoro che è stato fatto dalla legislazione nazionale.
Questa è un'occasione per ridefinire questi rapporti. C'è una certa disponibilità da parte delle associazioni imprenditoriali e da parte della FIAT affinché il momento pubblico non debba sempre intervenire quando le situazioni si sono lacerate, quando l'emergenza c'è. Questa è un'ottima occasione per far valere il nostro ruolo, seppur limitato nella politica industriale, ma certamente forte nelle politiche: del lavoro e anche per far valere una sede quadripartica come la Commissione regionale per l'impiego che ha già dato mostra importante nei giorni scorsi di affrontare questi problemi, evitando che siano solo momenti residuali o di emergenza.
Battiamo l'emergenza in questo campo, diamo un intervento sistematico alla Regione in materia congiunta di politica del lavoro e di politica industriale.



PRESIDENTE

Come concordato interrompiamo il dibattito sulla questione occupazionale FIAT. Il dibattito riprenderà oggi pomeriggio.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame ordini del giorno n. 24 e 25 in merito al Decreto Legge 13 settembre 1990 avente per oggetto "Misure urgenti per il finanziamento per la maggiore spesa sanitaria per gli anni 1987/88/90" (seguito)


PRESIDENTE

Riprende il dibattito sul D.L. 13/9/90.
Riepilogo la situazione che è a conoscenza della Presidenza.
E' stato presentato l'ordine del giorno n. 24 a firma dei Gruppi DC, PSDI PRl, Partito Pensionati, Lega Nord, Piemont e PSI. Il contenuto è stato letto dall'Assessore Gallarini durante la sua comunicazione.
Successivamente è pervenuto l'ordine del giorno n. 25 a firma dei Consiglieri Majorino e Zacchera.
Gli emendamenti presentati dal gruppo PCI all'ordine del giorno n. 24 recitano: al punto 1 sopprimere le parole "non è imputabile a responsabilità delle Regioni perché"; - dopo il punto 5, inserire le parole: "Sottolinea che il ripiano del disavanzo delle Unità socio-sanitarie locali fa parte del generale problema del disavanzo dei conti dello Stato, che ha raggiunto limiti drammatici a causa di perdurante inefficiente politica fiscale sinora sviluppata a livello nazionale, della mancata lotta all'evasione fiscale, degli sprechi che da anni continuano a caratterizzare molti settori della pubblica amministrazione dei servizi. Questa situazione di disavanzo dei conti dello Stato porta il Governo ad una fittizia sottostima delle reali necessità di funzionamento dei servizi pubblici, in questo caso delle necessità del Fondo Sanitario Nazionale".
La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intanto vorrei illustrare lo spirito con cui abbiamo presentato questo emendamento. Avevo già manifestato, intervenendo prima sul punto dell'iscrizione all'o.d.g.
dell'argomento, alcune nostre perplessità.
L'ordine del giorno presentato dalla Giunta suscitava in noi altre perplessità di merito, In sostanza, ci appare, nella stesura attuale, un documento che ha elementi di equivocità e di ambiguità, per un verso, e di debolezza per l'altro, di ambiguità perché anche se è sacrosantamente vero che la responsabilità primaria per questa vicenda e questa questione in particolare, per la conduzione della politica sanitaria a livello nazionale, è del Governo nazionale, non si può tacere su responsabilità che possono esserci, e a nostro giudizio ci sono, anche nelle politiche delle Regioni ed in specie nella politica della Regione Piemonte. Non si pu sostenere che le Regioni non hanno alcuna responsabilità per quel che riguarda il livello della spesa sanitaria, perché ci sono possibilità di intervento delle Regioni, e in particolare della Regione Piemonte (ricordate nell'intervento del collega Calligaro) , che riguardano il controllo sulla spesa delle Unità socio-sanitarie locali ed i meccanismi stessi di funzionamento e di definizione dei livelli di spesa delle Unità socio-sanitarie locali, i controlli sulle prescrizioni farmaceutiche, etc.
Quindi ci sembrava non corretto, nell'ordine del giorno presentato dalla Giunta, quell'inciso contenuto al primo punto in cui si dice che la questione non è imputabile a responsabilità delle Regioni. Il nostro emendamento, intanto, propone di cassare questo inciso, lasciando peraltro il resto della frase che indica chiaramente le responsabilità che competono al Governo nazionale. L'ordine del giorno della Giunta ci è sembrato inoltre, insufficiente e debole perché, nell'affrontare il punto dell'applicazione della nuova legge sulla cosiddetta autonomia impositiva delle Regioni, e gli effetti che questo recente decreto del Governo produrrebbe sulle possibilità per la Regione di utilizzare i fondi che potrebbero essere resi disponibili dall'applicazione di quella legge l'ordine del giorno non richiama alcune questioni di ordine più generale che non possono però essere taciute anche in occasione del dibattito su questo problema. In particolare, non richiama la questione più generale del disavanzo pubblico e del come il disavanzo si evidenzia nella vicenda istituzionale, continuamente nascosto, continuamente ridimensionato, per poi apparire improvvisamente e giustificare continui interventi di emergenza, quale quello che sta facendo ora il Governo. L'ordine del giorno, inoltre, non richiama la questione più generale della riforma fiscale. Non si può semplicemente dire che la nuova legge sull'autonomia impositiva delle Regioni verrebbe ad essere compromessa. E' una legge che di fatto, irride all'autonomia impositiva delle Regioni. E' un piccolo francobollo rispetto al problema dell'autonomia impositiva della Regione: è un piccolo francobollo rispetto al problema ancora più generale della riforma fiscale. Parlando, in particolare, della spesa sanitaria non si pu non pronunciarsi sul nodo che da anni è aperto nel dibattito politico italiano e che riguarda l'ipotesi della fiscalizzazione della contribuzione sanitaria. E, conseguentemente, del problema di riforma fiscale che ancora a maggior ragione si pone nel momento in cui si ipotizza di passare da meccanismi di tipo contributivo a meccanismi di fiscalizzazione di questa contribuzione. Per questo noi avanziamo, oltre alla proposta di cassare quelle parole relative alla non responsabilità della Regione, la proposta di integrare il documento della Giunta con una frase che evidenzi queste due questioni: la questione del disavanzo pubblico e la questione della riforma fiscale.
Più in generale, noi sottoponiamo alla riflessione del Consiglio un altro punto: è consuetudine da anni, nel nostro Paese, che questioni di questa natura, relative a forme di contenzioso fra le Regioni e lo Stato siano affrontate con una certa metodologia che potremmo definire, per semplicità ed usando la terminologia politica attuale, una metodologia di tipo consociativo. Tutte le Regioni stendono ordini del giorno uguali, i Consigli si riuniscono ed approvano all'unanimità questi ordini del giorno pensando che questo unanimismo fra le Regioni ed all'interno delle singole Regioni costituisca una forza nei rapporti con lo Stato. A me pare che l'esperienza di questi anni ci dica che questo metodo non ha dato nessuna forza alle Regioni. Questo metodo è seguito anche da altri livelli di Enti locali del nostro Paese, ad esempio i Comuni, che utilizzano molto questa metodologia unanimistica nei loro rapporti con lo Stato, ma, per ragioni che non sto qui ad indagare, i Comuni in effetti riescono ad esercitare un certo potere contrattuale nei rapporti con il Governo e le autorità statali. Per quel che riguarda le Regioni, mi pare che l'esperienza ci dica che questa forza non esiste, questo potere contrattuale non si evidenzi dai fatti. Questo è l'ultimo esempio, ma ne abbiamo tantissimi alle nostre spalle. L'invito che ci è stato fatto dal Presidente Brizio questa mattina di un atteggiamento di tipo unanimistico del nostro Consiglio per dare vigore alla battaglia delle Regioni in questo campo ci sembra da verificare, alla luce delle posizioni che la Giunta e la maggioranza prenderanno su questi punti.
Per cui io rimando la decisione di voto del Gruppo comunista all'atteggiamento che la Giunta assumerà in ordine a queste proposte di emendamento, e su quella base valuteremo se è possibile o no dare il nostro voto a un ordine del giorno che esprima davvero qualcosa di incisivo, e che non si limiti ad alcuni punti specifici in una chiave un po' troppo da giureconsulti, pensando già ai meccanismi dei ricorsi alla Corte Costituzionale, vincolati da quello che si è detto o non si è detto in sede di incontri fra le Regioni, tesi sempre a limare le questioni e a non affrontare i nodi fondamentali del rapporto fra lo Stato e le Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'auspicio del Presidente Brizio e di tutti i colleghi è di unità più che di unanimismo. E se ci sono le condizioni per realizzarla è corretto che sia perseguita: se invece non ci sono queste condizioni, sono pienamente d'accordo con il collega Monticelli che non è uno scandalo, anzi, è metodo corretto esprimere le posizioni che si manifesteranno nel Consiglio e che si configurano tra maggioranza e minoranza. Credo che ciò non tolga alcun vigore all'impegno che la Regione esprimerà, attraverso il suo ordine del giorno nell'incontro di oggi pomeriggio e di domani mattina.
Ho letto, con gli altri Capigruppo, l'emendamento presentato dai colleghi del Gruppo comunista. Per noi è inaccettabile laddove propone la soppressione del punto: "non è imputabile a responsabilità delle Regioni perché, in quanto, come ho già detto stamani, penso che questa responsabilità le Regioni non l'abbiano, perché equivarrebbe a dire che le responsabilità sono delle Regioni, poi sono delle Unità socio-sanitarie locali in sostanza non ne usciamo. Mi pare che, sia da parte nostra che da parte delle Unità socio-sanitarie locali non ci sia stata alcuna trascuratezza nel portare avanti la politica sanitaria avendo occhio a non disperdere niente. Inoltre questo emendamento riflette un atteggiamento molto pregiudiziale - sarà che abbiamo posizioni diverse - che ha come obiettivo il coinvolgimento del Governo e della Regione.
Se le cose stanno così, penso che non convenga dilungarci oltre, ognuno esprima la propria posizione: se ci fossero eventuali possibilità di discutere sul fatto che c'è bisogno di un ulteriore impegno nella lotta fiscale, c'è bisogno di fare la riforma sulla base dell'effettiva capacità contributiva prevista dalla Costituzione per realizzare un ulteriore sviluppo dello stato democratico e sociale. Come Gruppo socialista, ma penso anche gli altri, posso capire il senso di questo impegno politico che coinvolge tutti per realizzare davvero delle aspettative che sono nell'attesa di ciascuno di noi. Quindi se si raggiunge questa unità bene in caso contrario vorrà dire che ognuno assumerà le proprie posizioni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Gallarini.



GALLARINI Pierluigi, Assessore al bilancio

Volevo esprimere la posizione della Giunta, al di là del fatto che poc'anzi sia intervenuto il Consigliere Rossa con un intervento che penso non abbia disturbato, ma anzi abbia portato un contributo alla discussione.
Per quanto riguarda il primo punto dell'emendamento comunista laddove propone di cassare: "non è imputabile a responsabilità della Regione", la Giunta non può accettarlo in quanto romperebbe, dal punto di vista concettuale, quel fronte comune su alcuni punti cardine sui quali gli Assessori al bilancio delle Regioni si erano attestati. Perché, riprendendo quanto diceva Monticelli, è vero che l'associazione dei Comuni ha autorevolezza maggiore nel dialogare col potere centrale, mentre le Regioni ancora non l'hanno, ma l'autorevolezza occorre conquistarla, e noi riteniamo che non è rompendo il fronte sindacale fra le Regioni su alcuni punti di fondo che si conquista autorevolezza, semmai ci si indebolisce.
Quindi riteniamo che questo punto vada mantenuto, perché è vero che le Regioni sono molto più giovani rispetto ai Comuni, ma se vogliamo che conquistino autorevolezza non devono andare nella direzione della frammentazione, quanto meno sui punti di fondo.
Non possiamo accettare neanche il secondo emendamento, in quanto l'ordine del giorno ha scopo precipuo di respingere quel provvedimento.
Intorno a dialoghi più ampi si potrebbe sicuramente disquisire; ma per essere più efficaci, nell'ordine del giorno dobbiamo stare all'oggetto specifico e all'obiettivo che ci si propone di raggiungere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli per dichiarazione di voto.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi ero riservato di esprimere la dichiarazione di voto per il Gruppo comunista in rapporto all'atteggiamento che la Giunta avrebbe tenuto sulle proposte di emendamento.
Coerentemente a quanto ho cercato di dire nel mio intervento poc'anzi l'atteggiamento di voto del Gruppo comunista non può che essere negativo.
Mi rendo conto che questo introduce un certo elemento di discontinuità nella tradizione (che ho cercato anche di sottoporre a riflessione nel mio intervento prima) relativa al modo in cui le Regioni e in specie, i Consigli regionali erano soliti affrontare argomenti di questa natura.
Quindi mi rendo conto, anche, della delicatezza e dell'importanza dell'atto che noi compiamo.
Se vogliamo affrontare i problemi che le Regioni hanno di fronte quando guardano a se stesse, quando guardano ai problemi di autoriforma e di funzionamento reale, e i problemi che hanno di fronte quando guardano al rapporto con lo Stato, al rapporto con la dimensione nazionale, mi pare che non ci sia altra via se non quella di introdurre elementi di maggiore chiarezza in questi discorsi. Per troppo tempo il discorso sul regionalismo è stato un discorso, forse in quanto troppo unanimistico, altrettanto generico e altrettanto scarsamente incisivo. Credo che sia arrivato il momento in cui ogni forza, nel momento in cui assume pienamente le sue responsabilità al governo o all'opposizione nelle singole realtà locali, si pronunci con chiarezza sulle ipotesi di riforma dello Stato e quindi sulle ipotesi di rapporti fra i livelli istituzionali. E l'unanimismo, da questo punto di vista, non mi sembra produttivo, ma è forse più produttivo un elemento di chiarezza e, se è necessario, di distinzione di discorsi e di distinzione di responsabilità.
Con questo spirito io dichiaro il voto contrario del Gruppo comunista.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 24, illustrato in precedenza dall'Assessore Gallarini.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 26 voti favorevoli, 12 contrari e 5 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri).
La parola al Consigliere Zacchera per l'illustrazione dell'ordine del giorno n. 25.



ZACCHERA Marco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo per sottolineare due aspetti.
Innanzitutto abbiamo apprezzato l'emendamento del Gruppo comunista.
Siccome mi risulta essere mia facoltà autoemendare il mio ordine del giorno, propongo di inserire al termine delle parole "e di funzioni" l'emendamento del Gruppo comunista "sottolinea ...", in quanto non è in contrasto.
Come non è in contrasto con l'ordine del giorno della Giunta il nostro ordine del giorno, che però puntualizza un'altra cosa: il concetto dello spreco. Concetto che dovrà essere particolarmente recepito anche da quei Partiti che come noi ritengono di essere all'opposizione a fare una protesta qualificata all'interno del Consiglio.
Quindi noi proponiamo un ordine del giorno che non è in contrasto con quello della Giunta, perché riprende molte delle proposizioni della Giunta: pure il nostro ordine del giorno dà mandato all'Assessore di recarsi a Roma, con l'impegno però di relazionare al Consiglio regionale sugli sviluppi della situazione: in particolare - questo è il punto principale la terza parte del nostro ordine del giorno evidenzia come non sia più possibile che si scarichino sulle Regioni le imprevidenze a livello governativo, ma sottolinea anche la responsabilità delle Regioni stesse che non sempre attuano tutte quelle manovre di contenimento della spesa che quindi poi si trasporta sui costi di gestione delle Unità socio-sanitarie locali e quindi aumentano i deficit del Servizio sanitario nazionale.
Con questo riteniamo di dare un contributo in positivo, al di là delle reciproche posizioni, a che questo problema venga portato avanti e sottolineiamo ai colleghi che non è in contrasto con la votazione che hanno testé fatto, ma è una integrazione. Diciamo che anziché presentare un emendamento noi abbiamo voluto presentare un documento leggermente diverso al quale inseriamo dopo il capoverso "sottolinea": "sottolinea altresì" e riprendiamo pari pari l'emendamento del Partito comunista perché in questo caso, al di là delle differenziazioni politiche che ci sono, il concetto che "per contenere quello che è il deficit dello Stato bisogna anche fare una seria politica fiscale" non ci può trovare d'accordo. Chiaramente potranno poi vincere le differenziazioni politiche, però mi sembra che ci sia al di là di quello che è in questo momento la nostra volontà.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

L'Assessore Gallarini si è già assentato con l'ordine del giorno approvato.



ZACCHERA Marco

E' un maleducato.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Non è assolutamente un maleducato, ha dovuto partire perché deve prendere l'aereo.
MAJORlNO Gaetano Comunque avrebbe potuto aspettare alcuni minuti.



PRESIDENTE

E' presente il Presidente della Giunta, che invito a continuare il suo intervento.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Ho solo giustificato l'assenza dell'Assessore Gallarini.
Prendo io la parola per dire che l'ordine del giorno approvato dal Consiglio mi pare esaustivo dell'argomento nella sua pienezza e che ulteriori integrazioni, che poi sono in una funzione di dialettica, non possono aggiungere nulla, a parte che ricalcano anche temi di altre proposte di emendamento già non accolte. Quindi la posizione della Giunta sull'ordine del giorno n. 25 non è favorevole.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno n. 25 con le precisazioni presentate al testo dallo stesso Consigliere Zacchera.
Il testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto del decreto legge governativo del 13/9/90 avente per oggetto 'Misure urgenti per il finanziamento della maggior spesa sanitaria per gli anni 1987/1988/1989/1990' nel respingere il tentativo di porre a carico delle Regioni l'onere delle maggiori spese per il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale nell'anno 1990 previsto dal decreto legge richiamato evidenzia come non sia più possibile che si scarichino sulle Regioni le imprevidenze a livello governativo e l'incapacità da parte del potere centrale di prevedere con maggiore precisione le necessità finanziarie del Servizio Sanitario Nazionale, in un continuo di interventi legislativi - a volte anche contradditori - che non danno una corrispondente garanzia di copertura fmanziaria sottolinea d'altro canto la responsabilità anche della gestione delle Regioni stesse che non sempre attuano tutte quelle manovre atte al più scrupoloso contenimento della spesa sanitaria, trasferendo sui costi di gestione delle Unità socio-sanitarie locali anche obbiettivi sprechi organizzativi, basti pensare ai ritardi nelle attuazioni dei piani regionali dei Servizi Sanitari con sovrapposizioni di Servizi e di funzioni sottolinea che il ripiano del disavanzo delle Unità socio-sanitarie locali fa parte del generale problema del disavanzo dei conti dello Stato, che ha raggiunto limiti drammatici a causa di una perdurante inefficiente politica fiscale sinora sviluppata a livello nazionale dalla mancata lotta all'evasione fiscale degli sprechi che da anni continuano a caratterizzare molti settori della pubblica amministrazione dei servizi; questa situazione di disavanzo dei conti dello Stato porta il Governo ad una fittizia sottostima delle reali necessità di funzionamento dei servizi pubblici, in questo caso delle necessità del Fondo Sanitario Nazionale ritenuto 1) che occorre procedere da parte dello Stato ad una stima più precisa ed in via anticipata delle necessità finanziarie nel campo della sanità.
2) che è impensabile addebitare alle Regioni la copertura dei disavanzi stante la limitatezza delle loro possibilità finanziarie.
3) che non sono percorribili iniziative come l'alienazione di beni patrimoniali o lo scaricamento su prezzi amministrati di tali maggiori oneri, che tra l'altro sono di gran lunga superiori a qualsiasi possibilità logica di dimensione dei tributi regionali dà mandato all'Assessore al bilancio di fare presente quanto sopra alle autorità di Governo centrali affinché sottolinei la necessità di una nuova politica sanitaria che, nel rispetto dei reciproci ambiti istituzionali favorisca un effettivo riassetto del Servizio Sanitario Nazionale già a partire dal prossimo esercizio.
In particolare ritenendo che l'applicazione del decreto governativo sia inattuabile ed in contrasto con le norme costituzionali, dà fin d'ora mandato alla Giunta di procedere - nel caso il decreto governativo non venisse emendato - ad ogni passo necessario atto a tutelare gli interessi e l'operatività della nostra Regione impegna la Giunta a relazionare dettagliatamente sugli sviluppi della situazione in occasione del prossimo Consiglio regionale." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 2 voti favorevoli, 26 contrari e 6 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 12 Consiglieri).
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.40)



< torna indietro