Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.4 del 25/07/90 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g. comunico che è stato distribuito il processo verbale dell'adunanza del 10 luglio 1990 che verrà posto in votazione nella prossima seduta.
Pongo in votazione il processo verbale dell'adunanza del 26 giugno 1990, non essendovi osservazioni si intende approvato.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bosio, Coppo, Dameri, Zacchera e Tapparo.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 25 giugno e 3 luglio 1990 - in attuazione dell'art. 9 della L.R.
n. 6/88 - in materia di consulenze ed incarichi è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Cultura: argomenti non sopra specificati

Incontro con l'Amministratore delegato dell'Einaudi


PRESIDENTE

In data 18 luglio u.s. ho incontrato l'Amministratore delegato dell'Einaudi, dottor Dalai. L'incontro era stato concordato a seguito alla lettera che avevo indirizzato alla casa Editrice con riferimento alle voci giornalistiche circa un possibile trasferimento dell'Einaudi in altra città.
Nel corso dell'incontro l'Amministratore delegato ha ribadito più volte la volontà dell'Einaudi di mantenere comunque a Torino "la testa" della società, intesa come la redazione e in genere le strutture a cui spetta di definire la politica culturale della casa editrice. Il trasferimento di cui parlano i giornali riguarda l'ufficio tecnico ed in particolare quattro persone. Contemporaneamente è stato collocato a Torino l'ufficio stampa.
Di questa comunicazione ho dato informazione ai Capigruppo, cosi pure agli Assessori Nerviani e Cerchio. Ritengo che la Giunta in particolare ed il Consiglio tutto debbano seguire l'insieme di questa vicenda.


Argomento: Ordine pubblico e sicurezza

Sentenza della Corte d'Assise sull'attentato di Bologna


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei porre una questione preliminare. Si tratta di un'applicazione del Regolamento che prevede che i Consiglieri possano porre questioni preliminari relative all'o.d.g.: è l'art. 63, quinto comma, del Regolamento.
La questione preliminare che a nome del mio Gruppo intendo porre all'attenzione del Presidente e dei colleghi è la seguente: il Gruppo comunista ritiene che la sentenza della Corte d'Assise d'Appello di Bologna, che come noto ha assolto i maggiori imputati per la strage dell'agosto 1980 alla stazione di Bologna, pone una questione di credibilità dello Stato di così grande rilevanza e gravità da dover essere posta in qualche modo come prima questione all'esame del Consiglio, visto che quella di oggi è la prima seduta che si tiene dopo che la scorsa settimana quella sentenza è stata emessa. Una questione di credibilità dello Stato che, si badi bene, a nostro giudizio, non riguarda l'amministrazione della giustizia e la Magistratura, non riguarda cioè la sentenza in se stessa, ma il fatto che se a dieci anni dalla strage nulla è stato provato e sanzionato in sede giudiziaria su quel tragico attentato ciò è avvenuto perché fin dall'inizio le indagini e le prove sono state inquinate per responsabilità di alcuni dirigenti e settori dei Servizi segreti dello Stato italiano. Si è ripetuta la storia di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia e dell'Italicus, e così centinaia di vittime sono rimaste senza che giustizia fosse fatta. Ecco perché noi crediamo che il Consiglio già ora dovrebbe prendere posizione nel senso di chiedere l'apertura degli archivi del SISMI e l'abolizione del segreto di Stato in tutti i processi per strage.
Ecco perché crediamo che la Regione Piemonte debba essere presente a Bologna il 2 agosto, in questo prossimo e amarissimo decimo anniversario della strage, in una manifestazione indetta dal Comune di Bologna, con il gonfalone della Regione.
Ecco perché nei giorni scorsi abbiamo proposto questo problema alla Presidenza del Consiglio ed ai Presidenti dei Gruppi. Abbiamo consegnato una bozza di ordine del giorno che ora in quest'aula consegneremo formalmente alla Presidenza. Sappiamo tutti che per Statuto questo Consiglio non può deliberare alcunché prima della elezione della Giunta per questa ragione nella riunione dei Capigruppo si era convenuto di esaminare la questione in un apposito incontro dei Presidenti dei Gruppi che è stato convocato per domattina, per poi portarla in aula domani stesso. Non possiamo quindi che prendere atto di questo vincolo statutario tassativo e siamo perciò costretti, nel momento stesso in cui poniamo la questione preliminare, a rinunciare a discutere adesso questo tema. Non chiedo quindi di esaminare e di votare alcunché ora, ma aver posto questa questione anche se in forma impropria, e di questo mi scuso, mi è sembrato un atto dovuto, una necessità morale e istituzionale, perché il Consiglio Regionale del Piemonte non incominciasse i suoi lavori senza aver almeno accennato ad una questione che ha scosso le coscienze, io credo, di tutti i cittadini italiani.



PRESIDENTE

Sarà mia cura chiedere all'Ufficio di Presidenza di formare una delegazione perché il 2 agosto a Bologna sia presente anche il Consiglio regionale del Piemonte.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta deliberazione n. 33: "Dimissioni della signora Emma Bonino dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)"


PRESIDENTE

Il punto 3) all'o.d.g. reca: "Dimissioni della signora Emma Bonino dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione".
Il Consigliere Emma Bonino, eletta nella Lista Antiproibizionista Laica Verde Civica nella circoscrizione di Torino, con lettera datata 10 luglio 1990 ha comunicato che essendo la carica di Consigliere regionale incompatibile con quella di membro del Parlamento, dalla stessa rivestita opta per la carica di Deputato. Do lettura della lettera inviatami dal Consigliere Bonino: "Gentile Presidente, le comunico che in data odierna sono stata proclamata Parlamentare alla Camera dei Deputati. In base alle leggi elettorali vigenti le comunico di aver optato per il seggio parlamentare, dimettendomi quindi dal Consiglio regionale del Piemonte.
Colgo l'occasione per rinnovare a lei la mia stima e i migliori auguri di buon lavoro, che spero vorrà estendere a tutti i Gruppi politici piemontesi.
F.to Emma Bonino".
Noi ringraziamo l'onorevole Bonino della sua partecipazione alle prime sedute del Consiglio regionale e le auguriamo, a nostra volta, buon lavoro in Parlamento.
Pongo pertanto in votazione la presa d'atto delle dimissioni del Consigliere Emma Bonino.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio regionale approva all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n.
108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario.
Dal verbale della Giunta delle Elezioni, riunitasi in data odierna risulta che, ai sensi del citato articolo, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa anche se sopravvenuta è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici centrali regionali.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella lista Antiproibizionista Laica Verde Civica nella Circoscrizione di Torino segue immediatamente il signor Angelo Pezzana, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Con dichiarazione datata 11 luglio 1990 il signor Pezzana ha per comunicato la sua decisione di rinunciare alla carica di Consigliere regionale con la seguente lettera: "Il sottoscritto Angelo Pezzana, Consigliere comunale della Città di Torino, in seguito all'opzione del Consigliere regionale Emma Bonino, ed essendo egli primo dei non eletti nella lista denominata Laica Verde Civica Antiproibizionista. dichiara di rinunciare al seggio di Consigliere regionale.
Gli impegni politici connessi alla carica di Consigliere di una città come Torino (nel cui Consiglio comunale risulta essere unico rappresentante) non gli consentono di svolgere appieno il ruolo di Consigliere regionale".
Pongo quindi in votazione la proposta di prendere atto della rinuncia del signor Angelo Pezzana.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
In relazione a quanto sopra occorre attribuire il seggio rimasto vacante al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue il signor Angelo Pezzana.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella lista Antiprobizionista Laica Verde Civica segue immediatamente il signor Ambrogio Viviani, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Con lettera datata 12 luglio 1990 il signor Ambrogio Viviani ha per comunicato la sua decisione di optare per il seggio parlamentare dallo stesso rivestito.
Do pertanto lettura della lettera del signor Ambrogio Viviani: "Gentile Presidente, in seguito alla rinuncia del Consigliere Angelo Pezzana al seggio di Consigliere regionale del Piemonte risulto essere il primo dei non eletti nella lista denominata Laica Verde Civica Antiproibizionista nella Regione Piemonte. Le comunico quindi che, essendo io membro della Camera dei Deputati da circa due mesi, ai sensi della legge vigente sulle incompatibilità scelgo di optare per il seggio parlamentare a scapito di quello regionale.
Accolga i miei ossequi insieme agli auguri di buon lavoro.
F.to: Ambrogio Viviani".
Pongo pertanto in votazione la proposta di presa d'atto dell'opzione del signor Ambrogio Viviani.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
In relazione a quanto sopra, occorre attribuire il seggio rimasto vacante al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue il signor Ambrogio Viviani.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella lista Antiprobizionista Laica Verde Civica segue immediatamente il signor Vincenzo Cucco, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio reso si vacante.
Pongo quindi in votazione la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Emma Bonino, a seguito delle rinunce dei signori Angelo Pezzana ed Ambrogio Viviani, subentra, nella Circoscrizione di Torino, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Vincenzo Cucco.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Emma Bonino con il signor Vincenzo Cucco sia dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62 e faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dai componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 40 Consiglieri.
Dichiaro pertanto la predetta deliberazione immediatamente eseguibile ed invito il signor Vincenzo Cucco, il quale con dichiarazione in data odierna ha accettato la nomina a Consigliere, a prendere posto in aula qualora si trovi nelle vicinanze.



(Il neo Consigliere Vincenzo Cucco prende posto in aula)



PRESIDENTE

Auguro al neo Consigliere Cucco un buon lavoro.
Per quanto attiene alla convalida, l'art. 17 della legge n. 108/68 prevede che "al Consiglio regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti, secondo le norme del suo Regolamento interno". A tal fine l'art. 16 del Regolamento stabilisce che l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla Giunta delle Elezioni la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 34: "Dimissioni del signor Franco Corleone dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17 febbraio 1968, n. 108)"


PRESIDENTE

Il punto 4) all'o.d.g. reca: "Dimissioni del signor Franco Corleone dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione".
Il Consigliere Franco Corleone. eletto nella Lista Verde Arcobaleno della Circoscrizione di Novara, con lettera datata 20 luglio 1990 ha comunicato che, essendo la carica di Consigliere regionale incompatibile con quella di membro del Senato, dallo stesso rivestita, opta per la carica di Senatore. Do lettura di tale lettera: "Signor Presidente, l'elezione a Consigliere regionale in Piemonte mi ha profondamente lusingato, e di questo ringrazio i cittadini della Provincia di Novara che hanno mostrato fiducia non credo solo alla mia persona, ma alla lista che capeggiavo.
Il mandato in Consiglio regionale, in una stagione che si presenta addirittura di valore costituente, richiede una presenza costante e assorbente che impegni politici e ragioni personali mi impediscono di assolvere con il dovuto rigore. Per questi motivi le presento le mie dimissioni irrevocabili dal Consiglio regionale.
Auguro a lei e a tutto il Consiglio un buon lavoro per un ruolo rinnovato della Regione all'insegna dei principi del federalismo e delle autonomie.
F.to: Franco Corleone" Pongo pertanto in votazione la presa d'atto delle dimissioni del Consigliere Franco Corleone.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968 n.
108, alla surrogazione del Consigliere stesso. Dal verbale della Giunta delle Elezioni riunitasi in data odierna risulta che ai sensi del citato articolo il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici centrali regionali. Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella Lista Verde Arcobaleno segue immediatamente il signor Mario Miglio al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo pertanto ai voti la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Franco Corleone subentra nella Circoscrizione di Novara, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Mario Miglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Franco Corleone con il signor Mario Miglio sia dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62 e faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 44 Consiglieri presenti.
Dichiaro pertanto che la predetta deliberazione è immediatamente eseguibile e invito il signor Mario Miglio, il quale con dichiarazione in data odierna ha accettato la nomina a Consigliere, a prendere posto in aula, qualora si trovi nelle vicinanze.



(Il neo Consigliere Mario Miglio prende posto in aula)



PRESIDENTE

Per quanto attiene alla convalida l'art. 17 della legge n. 108/68 prevede che al Consiglio regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti secondo le norme del suo Regolamento interno. A tal fine l'art. 16 del Regolamento stabilisce che l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla Giunta delle Elezioni la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti.


Argomento: Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art, 32 dello Statuto (Elezione del Presidente e della Giunta regionale)


PRESIDENTE

Passiamo quindi al punto 5) all'o.d.g. che prevede l'elezione del Presidente e della Giunta regionale ai sensi dell'art. 32 dello Statuto.
I Consiglieri hanno ricevuto il documento di cui al secondo comma del citato art. 32 dello Statuto sottoscritto dal previsto numero dei Consiglieri e recante altresì il nome del Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Il terzo comma dell'art. 32 prevede che su tale documento si svolga un dibattito nei tempi concordati nell'ultima Conferenza dei Capigruppo.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Signor Presidente, sollevo una questione che non so se è tale da dover essere formalizzata come questione pregiudiziale vera e propria.
Noi abbiamo avuto soltanto questa mattina in aula il testo del documento ufficiale previsto dall'art. 32 dello Statuto recante l'elenco degli Assessori e il nome del Presidente della Giunta che viene proposto.
Nei giorni scorsi, grazie alla cortesia dei Presidenti dei Gruppi della maggioranza in fieri in quel momento e per tramite specifico del Capogruppo della Democrazia Cristiana Picchioni, era stato inviato ai Presidenti degli altri Gruppi un testo che allora si era detto essere quello del documento.
Pero si è trattato di un invio del tutto informale a titolo di cortesia e fra l'altro - mi scuso per l'inciso un po' banale - ogni Gruppo se ha voluto che tutti i Consiglieri ne fossero a conoscenza ha dovuto a proprie spese fotocopiare le 90 pagine circa di cui è composto il documento.
La prima questione che pongo è la seguente. Come facciamo a sapere se il documento che è stato consegnato questa mattina è lo stesso documento che abbiamo avuto modo di vedere la scorsa settimana in via informale? Credo che nessuno di noi sia così veloce nella lettura da poter aver fatto un tale riscontro nei pochi minuti che sono intercorsi dalla presentazione del documento.
Pongo questa questione in primo luogo a lei, signor Presidente, perch credo che sia lei in quanto Presidente dell'assemblea a doversi assumere tale responsabilità.
La seconda questione che pongo è la seguente. E' mai possibile che non ci sia alcuna norma né nello Statuto né nel Regolamento o perlomeno non ci sia alcuna norma derivante dalla tradizione che indichi un termine per la presentazione di tale documento? E' un problema serio. Ho cercato di ricostruire i precedenti, nel senso che sono andato indietro (grazie all'archivio del mio Gruppo) fino al 1980 e in tutte le occasioni, sia di avvio della legislatura sia di cambiamenti della Giunta in corso di legislatura, il documento è stato protocollato al Consiglio regionale almeno due giorni prima della seduta di Consiglio che doveva esaminarlo.
Questa volta è stato protocollato la mattina stessa della seduta.
La terza questione che pongo è relativa all'ordine dei lavori e cioè se si può procedere nella discussione di questo argomento nonostante una situazione un po' eccezionale di tempi stretti. Non si tratta di una questione formale, bensì sostanziale. Noi abbiamo un documento che è stato sottoscritto da sei Gruppi consiliari: come vogliamo procedere? Credo sia corretto se almeno un rappresentante per ognuno dei sei Gruppi che hanno sottoscritto il documento intervenisse in apertura della discussione in modo che i vari Gruppi delle opposizioni possano poi intervenire avendo presente come tutti i sei Gruppi della maggioranza leggono, interpretano e si collocano rispetto al documento. Questo mi sembra un principio di chiarezza e di correttezza di rapporti, pertanto chiedo che la discussione si svolga in questo modo.



PRESIDENTE

Risponderò per punti alle questioni poste dal Consigliere Monticelli.
Sulla prima questione, quella riguardante il contenuto del documento programmatico, devo dire che il Presidente del Consiglio regionale rassicura tutti i Consiglieri che il testo del documento consegnato questa mattina, insieme alla lista degli Assessori e all'indicazione del Presidente della Giunta regionale, è assolutamente identico, in tutte le sue parti, al documento che è stato consegnato informalmente ai Gruppi consiliari otto giorni fa. E' una condizione assolutamente essenziale per proseguire all'esame del punto 5) all'o.d.g. Inoltre, questa consegna innova i precedenti perché dalle informazioni che ho colto non mi risulta che nel passato ci siano state consegne di documenti programmatici così anticipate.
Per ragioni collegate alla mia funzione in Consiglio regionale ho letto con grande attenzione lo Statuto e l'insieme della normativa regionale e non ho ravvisato alcun termine entro il quale questo documento debba essere presentato. Soltanto l'art. 32 dello Statuto dice che l'elezione del Presidente e della Giunta avviene a seguito di presentazione del documento e che questa presentazione deve essere oggetto di dibattito. Per cui, non esistendo alcun termine, così come lo stesso intervento del Consigliere Monticelli ricordava, ,questa mattina possiamo procedere agli adempimenti di cui al punto 5) all'o.d.g. Devo dire che probabilmente su questa questione, dal punto di vista statutario, il Consiglio regionale potrà e dovrà riflettere nelle forme che il dibattito e l'approfondimento regionale consentono.
Per quanto riguarda, infine, l'invito alla illustrazione del documento da parte dei Gruppi consiliari che in esso si riconoscono e che l'hanno firmato, devo ricordare che era stato raccolto dall'ultima Conferenza dei Presidenti che aveva previsto una illustrazione iniziale da parte di un esponente della maggioranza. Questo accordo deve essere rispettato dopodiché sarà la sensibilità dei Consiglieri, che fanno parte della maggioranza che sta per costituirsi, a raccogliere l'invito di tipo politico che il Consigliere Monticelli, capogruppo comunista, ha espresso.
Ringrazio il collega per la cortesia e il realismo con cui ha posto tali questioni. Propongo pertanto di aprire il dibattito sul punto 5) all'o.d.g.
dando la parola al Consigliere Picchioni, che ha chiesto di intervenire.



PICCHIONI Rolando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci accingiamo oggi alla votazione del nuovo governo regionale presentato sulla base di un documento di indirizzi che la nuova Giunta dovrà vagliare, confermare ed integrare con i suggerimenti di questo dibattito.
Il documento programmatico non parte da zero. Il Piano regionale di sviluppo e il Piano socio-sanitario regionale costituiscono i punti focali di riferimento come il programma e l'azione della Giunta Beltrami e di quelle che l'hanno preceduta.
Ma la riflessione in più riguarda la fase presente contraddistinta dai nuovi dinamismi sociali, economici e culturali della nostra Regione.
Per questo il documento programmatico ha innanzitutto come specifico orizzonte il ruolo dell'Ente Regione, cogliendo l'esigenza di una sua controriforma o meglio di una sua nuova fase costituente, di un ruolo di governo sul modello che la Costituzione le ha designato.
Per questo con forza nel documento sono stati sottolineati i temi di profonda innovazione istituzionale di cui la Regione dovrà farsi carico senza dei quali non può coltivare alcuna ambizione politica, se non la soccombenza all'aggressività dello Stato, alla sua azione vincolativa e discrezionale.
Ed è sul punto di un ritorno alla legittimazione originaria dell'idea regionale che mi è parso di raccogliere nelle sedute precedenti l'unanime consenso delle forze politiche, accanto alla valutazione comune sulle grandi opportunità che la nuova legge sulle autonomie locali offre per la creazione, fra l'altro, delle aree metropolitane, la rivitalizzazione di governi provinciali esangui, la ricomposizione di entità comunali polverizzate, la creazione di servizi amministrativamente forti, dotati di strumenti gestionali più efficaci.
Ma alla sensibilità per il suo versante esterno deve corrispondere da parte della Regione uno altrettanto vigile per quello interno. Nel corso della quarta legislatura si è provveduto alla razionalizzazione delle strutture dell'Ente; oggi questa razionalizzazione deve essere completata da un quadro organizzativo più rispondente alle attuali funzioni regionali puntando tra l'altro ad una maggiore produttività del personale in simmetria con la sua valutazione di merito, ad una sua maggiore flessibilità, ai problemi delicatissimi, ma strategici dei rapporti con l'utenza.
Si dice che la Regione ha raggiunto il punto finale di una doppia crisi: quella dell'efficienza e della prossimità ai cittadini; occorre dunque ridurre le aree di arbitrio amministrativo, le lungaggini procedurali. i passaggi non strettamente funzionali ai risultati.
Una volta si affermava che la burocrazia è lo spirito dello Stato, oggi melanconicamente si ribatte che è lo Stato senza spirito.
Quando prevale una burocrazia occhiuta da una parte ed indifferente dall'altra, la Regione non cresce nella coscienza popolare, anzi questa le rimane estranea se non ostile.
Il problema della credibilità delle istituzioni passa anche di qui passa nella capacità del settore pubblico di dare risposte quotidiane ed immediate ai cittadini, di non assicurare permanentemente l'istituto del "fuori stanza", di non enfatizzare in termini negativi "l'alterità" della politica.
Ma non è solo il cittadino ad esigere rapporti del tutto diversi, lo sono le centinaia di amministrazioni spesso disarmate di fronte a latitanze e a "culture del sospetto" che non sono ammissibili sotto ogni profilo.
Sulla politica del bilancio la maggioranza ha espresso in pieno le proprie preoccupazioni, essa costituisce un vincolo serio sia per la legislazione in atto, sia per il programma che vuole attuare.
La realizzazione di un'autonomia impositiva in termini di manovra e di gettito, la rottura dei vincoli di settorializzazione del trasferimenti statali, sono alcuni degli obiettivi prioritari, ma pure l'accesso alla finanza nazionale e comunitaria deve essere una strada maestra e non solo rapsodica. L'utilizzo dei fondi CEE, ad esempio, appare sempre più legato alla capacità della Regione e degli Enti locali ad esprimere una progettualità integrata, oggi piuttosto carente.
Non voglio soffermarmi sulla politica della spesa se non per sottolineare che essa ci viene puntigliosamente indicata secondo diverse tipologie e secondo diversi aspetti di irrigidimento di elasticità del bilancio. Non voglio soffermarmi sulla necessità che la programmazione regionale debba costituire non solo il principio informatore dell'organizzazione legislativa, ma anche dell'attività amministrativa dell'Ente; cioè che non sia solo un fatto giuridico formale, ma anche un processo da realizzarsi attraverso strutture organizzative adeguate sistemi procedurali più agili, coordinamenti reali degli interventi tra i diversi livelli, garanzie di regole chiare tra Regione ed enti strumentali.
Anche l'urbanistica non può non essere toccata dall'innovazione avvenuta nell'economia piemontese e nel costume dei cittadini: il superamento in corso dell'economia industriale da parte di quella terziaria, l'organizzazione di una politica diversa dello spazio, dovranno portare ad una revisione della politica regionale in materia di territorio con gli indirizzi che il documento precisa nel decentramento di funzioni implicando uno sforzo di definizione dei principali fenomeni di modifica del territorio, quali le grandi comunicazioni stradali e ferroviarie, i valichi alpini, i problemi dell'alta velocità, la valorizzazione dei beni paesistici e culturali primari. Ma se queste sono le strutture portanti del documento programmatico, la cornice di un lavoro rigoroso, ma comunque preparatorio, che cosa leggiamo nel futuro del Piemonte? Qualcuno ha detto: "Ho avuto la sensazione che nel documento programmatico ci sia troppo passato e troppo poco futuro"; si potrebbe rispondere con quel proverbio americano che dice: "Se mi domandano dove vado rispondo da dove vengo". E ciò sarebbe in perfetta linea con un certo realismo subalpino, più dedito alla cultura dei piccoli passi che al respiro dei grandi sogni. Mentre tra l'altro, caduta la cortina di ferro comincia l'Europa. Inoltre il 1993 è alle porte e l'Europa si compra e si vende per un pugno di marchi, un'intera nazione passa da un campo all'altro nell'intervallo di un congresso del Partito comunista sovietico ed un vertice dei sette Paesi più industrializzati del mondo, sconvolgendo così i cerchi magici dell'ideologia, lasciando tutti senza dogmi ma con grandi problemi politici. Ed i problemi politici toccano anche la nostra modernità e mettono in crisi le scorie preindustriali, populistiche o controriformistiche che sono un po' l'eredità dei nostri sentieri di guerra.
Ebbene se tutto questo è vero, come sarà il nostro Piemonte: area forte o residuale, competitiva o subalterna, culturalmente avanzata o istituzionalmente in ritardo? Il ruolo del Piemonte, Regione d'Europa, le sue esigenze di rilancio e di sviluppo, non possono ancora partire dalle condizioni della sua insularità geografica. Ed ancora una volta quindi la politica delle comunicazioni sarà determinante per recuperare alla nostra Regione una funzione di cerniera con le attigue aree elvetiche e francesi per recuperare una sua rinnovata centralità europea.
Credo inoltre che il "caso Piemonte" o il "sistema Piemonte" possa trovare nuovi ritmi di sviluppo ed un più equilibrato assetto economico territoriale se sarà in grado di neutralizzare la crisi di aree soggette a rischio e di attirare significative opportunità di terziario avanzato ed importanti occasioni innovative. A tal fine dovranno essere realizzate le iniziative messe a punto dalla precedente amministrazione che riguardano la rete telematica, il BIC-Piemonte e soprattutto l'Agenzia per l'innovazione non solo per aggregare sinergie, ma anche per creare provvedimenti di sostegno al terziario superiore avanzato con particolare riguardo a quello informatico così ampiamente presente nella nostra Regione.
Un campo particolarmente delicato sul quale la Regione deve completare una pagina appena iniziata è quello promozionale, senza del quale il Piemonte non potrà essere ammesso al circuito delle manifestazioni fieristiche internazionali. L'approvazione del disegno di legge "Expo 2000", la rivisitazione contestuale dei diversi interventi in materia l'eliminazione di sovrapposizioni di competenze, mi pare sia una strada di ineludibile razionalità.
Al .tema della promozionalità è complementare il discorso del turismo per il quale finora possiamo contare su un'assoluta scarsità di immagine e su un'ancora più preoccupante mancanza di idee. Latita una cultura turistica consapevole delle opportunità ambientali. sociali ed economiche della Regione, della sua memoria storica, dei suoi 17.000 beni culturali. E non è solo un problema di scelta economica, è problema di imprenditori non sufficientemente attrezzati, di iniziative pubbliche e private che non decollano. Le Alpi sono il più importante spazio europeo per il tempo libero e gli sport di montagna. Una concertata azione di tutela e valorizzazione tra il Piemonte e gli altri Paesi confinanti è una necessaria premessa per attivare positive complementarietà particolarmente intorno a comuni progetti sia di promozione turistica sia di tutela naturalistica, come ad esempio tra i parchi naturali della Provincia di Cuneo e delle Alpi Marittime francesi. Ma il turismo è anche l'oggetto conseguente di una politica culturale che nel passato ha conosciuto significativi approdi e risultati; politica che può e deve essere ulteriormente alimentata e perseguita con iniziative di forte impegno promozionale: per le dimore sabaude ad esempio si potrebbe prefigurare il primo circuito integrato turismo-beni culturali.
Particolare attenzione inoltre dovrà essere rivolta alle grandi realtà culturali alle quali la Regione destina risorse cospicue. Esse potranno assumere sempre più un rilievo nazionale ed internazionale, se ad esempio all'orchestra Rai, al Teatro Regio, al Teatro Stabile, a Villa Gualino solo per fare alcune citazioni, potranno con sinergie diverse essere garantite attività istituzionali meno precarie. Ma una moltiplicata attenzione deve essere prestata pure a quelle istituzioni, come ad esempio il Castello di Rivoli, che vivendo con il contributo pubblico si ritengono autorizzate oggi ad essere, nel nome della cultura, autonome e deresponsabilizzate, quasi che la cultura sia una sorta di luogo negato alla politica.
Un capitolo fondamentale nel campo dell'istruzione è dato dal problema universitario, visto nella duplice prospettiva del decentramento e del tasso di affollamento degli Atenei torinesi, tasso che ne mortifica l'immagine e l'efficienza. A tal fine il documento programmatico ricorda il Piano quadriennale di sviluppo delle Università, sollecita anche Comuni e Province per decisioni tempestive al decentramento funzionale della cultura nel proprio territorio. Cultura che ha bisogno di infrastrutture nelle sedi attuali e future degli insediamenti universitari, come trasporti efficienti, residenze per studenti e mense; cultura che ha bisogno anche di trovare profondi collegamenti in rete tra le nostre esperienze universitarie di ricerca (l'asse di Tecnocity: Torino, Ivrea, Biella e Novara) e le strade delle alte tecnologie tra Marsiglia e Nizza e l'asse tecnologico Grenoble - Chambery - Ginevra.
Non posso soffermarmi per questioni di tempo su altri aspetti importantissimi del programma, quali la politica dell'energia e delle attività produttive che presentano settori aggressivi sul piano dell'innovazione e della presenza dei mercati, ma che ciò non di meno denunciano nel comparto agricolo, artigianale e commerciale, sacche di emarginazione economica e sociale e pertanto necessitano dell'attenzione della Regione per quanto rientra nelle sue possibilità istituzionali e finanziarie.
La politica ambientale credo che abbia nel contesto di questo documento un particolare risalto: per l'impatto polemico che essa suscita, per le istanze che si accumulano, per le emergenze alimentate incessantemente da questo o quel caso. E' stato detto che mai nessuna civiltà ha prelevato tanto dall'ambiente restituendogli così poco in termini di valore aggiunto paesaggistico, architettonico ed artistico.
In tema di ambiente Giorgio Ruffolo ha suggerito di attuare un passaggio da una tecnologia produttivistica ad una tecnologia ambientalistica. "Non si tratta di tornare alla zappa e alla bicicletta. ma alle immense possibilità della rivoluzione tecnologica ed informatica.
sviluppando i centri e i sistemi nervosi più che i muscoli dell'economia" intendendo dire forse che "alla logica quantitativa dell'accumulazione occorre opporre la logica qualitativa della disposizione attraverso modelli temporali che producano spazio e tempo, laddove la logica quantitativa della congestione li distrugge e li dissipa". Ma al di là di questa valutazione generale la questione ambientale per il Piemonte significa soprattutto un piano organico di risanamento e di tutela dell'ambiente e cioè investimenti di programmi di tutela del suolo e di regolazione delle acque, del disinquinamento, del ripristino degli ambienti naturali e degli equilibri ecologici.
Infine permettetemi, signori Consiglieri, una parola sulla assistenza: i problemi che attengono ai giovani, agli anziani, agli emarginati, ai nuovi poveri, necessitano di un apporto né marginale né distratto.
Occorrono piuttosto politiche coerenti da parte delle pubbliche amministrazioni, progetti di intervento finalizzati, mobilitazione delle forze sociali e coinvolgimento delle famiglie, nell'ambito di un ampio programma assistenziale che solleciti l'impegno e la partecipazione dell'intera struttura comunitaria. Significa anche integrare l'aspetto assistenziale con quello socio-sanitario affrontando tra l'altro il problema della salute nell'ambito della prevenzione della sicurezza sociale, realizzando supporti strutturali e strumentali essenziali per l'attuazione di una valida e corretta politica socio-sanitaria sull'intero territorio.
Signor Presidente, signori Consiglieri, credo che il documento della maggioranza possa costituire sia pure con le sue lacune ed omissioni la sintesi sociale, economica e culturale dei problemi che si dibattono tra di noi. Credo che esso sia ricco di direzionalità politica perché è consapevole del momento in cui opera e degli strumenti necessari ad agire.
Questa Regione, marca di frontiera non solo geografica tra progresso ed inazione, tra invenzione ed inerzia. sempre più dentro al cuore della ricerca tecnologica, ma sempre più periferica alle sue applicazioni pratiche, non può essere la sede del ritardo rispetto alla società civile non può perdere la sua dimensione storica rispetto ai problemi che oggi cerca di conoscere e domani risolvere. Si parla di Tecnocity insistentemente e di terziario avanzato e di quaternario, ma i risultati al di là delle apprezzate futurologie della Fondazione Agnelli non sono forse tuttora confinati ad esperimenti di laboratorio? Occorre dunque un significativo spostamento d'accento nella nostra vita legislativa per toglierci da quella cultura vincolistica e minimalistica con cui spesso si è giocato al piccolo cabotaggio, al pensiero debole, al corto respiro di una politica eccessivamente tradizionale.
Ma Torino e la Regione potranno trovare la propria centralità europea se lavoreranno ad una più compatta organizzazione territoriale nella quale la più elevata qualificazione tecnologica e terziaria si accompagneranno alla realizzazione, all'integrazione della specificità e della potenzialità delle altre aree piemontesi. Con una strategia d'insieme si potrà dare ordine e priorità all'ampia gamma di iniziative e di progetti orientandoli al disegno di sviluppo complessivo di ruolo europeo della nostra regione.
Il nostro riformismo sarà comunque velleitario se non avremo quella trasmutazione psicologica con cui cambiare la nostra logica di comportamento e le nostre pigrizie intellettuali.
L'alleanza delle forze di pentapartito, potremmo dire anche di esapartito, che noi oggi sanciamo, speriamo possa iscriversi in questo contesto non legata ai tatticismi e alla fragilità delle coalizioni sovente prive di autentica solidarietà politica e spesso incapaci di aggregare consensi che non siano quelli di uno stato di necessità. Le alleanze richiedono un passo lento e profondo capace di un legame con il passato, ma anche di aperture per ciò che attendiamo dal futuro.
Del resto in questo tempo di forte circolarità politica in cui ognuno dopo la caduta di tanti muri può considerarsi "storia e mondo", tutto pu diventare opinabile e reversibile se non supportato da una grande coerenza morale ed intellettuale. Il problema è allora non tanto di richiamarci a parole d'ordine suggestive, quanto di accompagnare il nostro possibile cammino comune con la forza delle nostre convinzioni e la disponibilità del nostro impegno migliore.



PRESIDENTE

In attesa che i Consiglieri si iscrivano a parlare, informo il Consiglio dei tempi degli interventi fissati in sede di Conferenza dei Presidenti: i Consiglieri potranno parlare 10 minuti, salvo quelli di Gruppi composti di un solo Consigliere che potranno intervenire per non più di 15 minuti.
Prego i Consiglieri che desiderano intervenire di iscriversi alla Presidenza per poter dare un ordine ai lavori.
Concedo un po' di tempo per la consultazione.
Rammento l'invito del Consigliere Monticelli ai rappresentanti della maggioranza che va a comporsi di volere aprire, con i loro interventi, il dibattito. Mi sembra di cogliere dalle espressioni di altri Gruppi individuati come di opposizione che la richiesta del Consigliere Monticelli è condivisa.
La parola al Consigliere Monticelli.



MONTICELLI Antonio

Sono costretto ad intervenire anche se non faccio parte della maggioranza e mi auguro che dopo questo intervallo, che posso qualificare di pausa di riflessione, gli altri Gruppi della maggioranza sentano questa responsabilità perché mi sembra quasi un dovere, anche se forse la parola è grossa.
Signor Presidente, il mio è il primo di numerosi altri interventi che saranno svolti dal Gruppo comunista, come già annunciato in sede di Conferenza dei Capigruppo. La scelta di un alto numero di interventi (nove o dieci, lo dico per informare il colleghi) è un fatto nuovo per il nostro Gruppo rispetto a quanto avvenuto in occasioni simili in passato.
La ragione di questa novità è duplice: da un lato siamo di fronte ad un documento molto più corposo e molto più articolato rispetto a quelli presentati in occasioni simili e ciò ci obbliga in un certo senso, se vogliamo discuterlo davvero, a sviluppare il nostro discorso in più interventi; dall'altro lato -ed è questa la ragione per noi più importante il Gruppo comunista, nel confrontarsi con il documento costitutivo di una maggioranza rispetto alla quale sarà opposizione, vuole presentare allo stesso tempo contenuti, indirizzi e proposte di un'altra possibile maggioranza, di un altro possibile governo regionale per il quale opereremo, pur dall'opposizione, nei mesi prossimi. Faremo questo e svolgiamo oggi tanti interventi, in particolare, perché giudichiamo fin da ora la maggioranza che si sta formando fragile e destinata a vita breve.
Riteniamo peraltro possibile costruire un'alternativa già in questo Consiglio nei prossimi mesi senza attendere la fine della quinta legislatura.
Perché giudichiamo debole e precaria la maggioranza che ora si appresta a eleggere la Giunta regionale? Per tre ragioni fondamentali: per il come si è arrivati a questa maggioranza e a questo documento; per le cose che sono contenute o non lo sono nel documento; per le contraddizioni politiche che sono connaturate a questa maggioranza.
Circa la prima ragione, ovvero sul come si è arrivati a questa maggioranza e a questo documento, si può dire: tardi e male. Ci sono voluti due mesi e mezzo per rifare sostanzialmente la fotocopia della maggioranza precedente. Nel 1985, vorrei ricordarlo, si trattava di una maggioranza nuova rispetto alla precedente: la seduta con la fumata bianca per la Giunta si svolse il 1 agosto a meno di due mesi dalle elezioni, eppure in quell'occasione l'allora Capogruppo democristiano Brizio si scusò col Consiglio e parlò di "un iter, se vogliamo, lungo ma comunque esaurito in termini ancora accettabili". Francamente, i termini di oggi non sono accettabili, visto anche che dopo due mesi e mezzo si sono usati in extremis gli ultimissimi secondi per arrivare in tempo questa mattina.
Ma, soprattutto, a che cosa è servito, come è stato impiegato tutto questo tempo, visto che il giorno stesso delle elezioni tutti e cinque i partiti della vecchia maggioranza già si affrettavano a dichiarare che sulla base dei risultati elettorali, l'unica maggioranza possibile era quella che c'era già? Forse si era trattato di un'affermazione un po' incauta, tant'è che parte del tempo di questi due mesi e mezzo è passato nel tentativo di inventare un'altra maggioranza, un po' diversa, almeno in apparenza, rispetto al penta partito: quella che i giornali hanno chiamato "la maggioranza bianco-verde". Ma alla fine è rimasto il "vecchio e bianco" penta partito, un po' più anziano e pensionato di prima - se mi si passa la battuta, e mi scuso con la collega Gissara. E' in tutto questo tempo. nelle lunghe ed estenuanti trattative, forse che si è parlato di problemi, di come affrontarli, di cosa fare? A molti, credo - a noi almeno -è rimasta la curiosità di sapere cosa il Consigliere Marino, del Sole Che Ride, avrebbe scritto in quel preambolo al programma annunciato ieri su Repubblica e che con tutta probabilità non è mai stato scritto.
In tutto questo tempo, in qualche modo, nel Consiglio (come sarebbe stato doveroso), ma anche sui giornali o in altre sedi pubbliche, si è forse trovato il modo di avviare un confronto, o anche solo di dare un'informazione sulle basi programmatiche su cui si andava a costituire la maggioranza? E allora, colleghi della maggioranza, credo che non possiate risentirvi e non possiate sostanzialmente smentire se vi si sospetta di aver avallato un'operazione di potere esterna a questo Consiglio; .se cioè si è quasi costretti a ritenere che la questione fondamentale in realtà fosse quella di un accordo di potere per dare a Regione. Comune e Provincia di Torino governi omogenei ad alcuni grandi interessi privati in quest'area la FIAT innanzitutto - e governi soppesati sulla base di un bilancino politico più nazionale che locale.
Non è un caso, colleghi, se nel gran silenzio sui programmi che ha caratterizzato questi due mesi e mezzo, l'unica - ma proprio l'unica questione di cui si è parlato in un modo sufficientemente chiaro sui giornali è stata quella dell'ex stabilimento Lingotto della FIAT di Torino cioè di un uso del Lingotto conseguente agli interessi immediati della FIAT. Il resto, come si dice, seguirà; il resto è seguito, compresi i litigi fra i partiti e dentro i partiti in sede locale per gli incarichi di vertice, per gli assessorati, in un inestricabile gioco ad incastri fra i tre enti elettivi maggiori e gli innumerevoli posti in enti di secondo grado. Abbiamo dovuto anche leggere che qualcuno ha proposto l'aumento dei membri dei Consigli di amministrazione delle aziende municipalizzate di Torino per fare ulteriore posto ad altri nomi.
Ed anche il fallito tentativo di dare un po' di colore verde ad un pentapartito troppo bianco, si è avuta l'impressione che sia saltato perch ben altre erano le questioni importanti. Ma non è chiaro, non ci è stato spiegato con chiarezza, se la discriminante sia stata davvero il programma il preambolo mancato, oppure un qualche assessorato in più o in meno.
Per finire su questo primo punto, una maggioranza nata così, nasce male, nasce debole, nasce precaria. E' una maggioranza sostanzialmente eterodiretta per quel che riguarda le grandi questioni ed è una maggioranza strutturalmente litigiosa per quel che riguarda le questioni minori, di cui può più direttamente disporre. Ed una Giunta che nasce così, è una Giunta che non dà alcuna garanzia di vera collegialità, di vera capacità di governo e neppure, se volete, di collocazione degli uomini giusti al posto giusto, visto che fino all'ultimo momento abbiamo dovuto assistere sui giornali (ammesso che fossero notizie affidabili) al consueto balletto degli incarichi e dei nomi degli Assessori.
La seconda ragione del nostro giudizio negativo è relativa al documento programmatico su cui si forma oggi la maggioranza. Sarò molto breve su questo punto perché nel suo impianto generale, nei suoi aspetti specifici il documento sarà analizzato e, io dico già, criticato dagli altri colleghi del Gruppo comunista che interverranno dopo di me. lo vorrei sottolineare soltanto una questione, ed è la contraddizione clamorosa, quasi stridente che si coglie mettendo a confronto le dichiarazioni di intenti della premessa al documento con quanto è scritto o non è scritto nei capitoli successivi dello stesso testo.
Dov'è, nei tanti capitoli del lungo documento, la rinnovata forte moderna azione politica di cui si parla nella premessa? Dov'è il tono nuovo, impegnato e alto? Dov'è la linea di novità che darà al Piemonte un centro forte di direzione politica e strategica di ampio respiro di cui si parla nella premessa? A questi squilli di tromba altisonanti e tutti condivisibili, per carità, anzi su alcune questioni forse bisognerebbe anche suonare più forte, segue poi - nel resto del documento una estenuante ripetitiva cacofonia, seguono silenzi sconcertanti, stonature, vere e proprie stecche.
Un concerto mal riuscito insomma, colleghi, perché già la partitura forse, era scadente e per di più ogni suonatore è andato per conto suo.
La terza e ultima ragione del nostro giudizio di debolezza e di precarietà su questa maggioranza sono le contraddizioni politiche che ci appaiono connaturate all'alleanza a cui si è dato vita. Mi scuso in partenza con i colleghi socialisti, democristiani, repubblicani e socialdemocratici se parlerò in specifico dei loro partiti; e mi scuso anche con i colleghi liberali e la collega Gissara se invece non parlerò n del PLI, perché parrebbe il partito più gratificato da questa soluzione, n del Partito - se esiste -dei pensionati, perché costituisce per me, almeno finora, un oggetto misterioso dall'identità non ben decifrabile.
C'è un tratto comune ai quattro partiti di cui intendo parlare (il PSI la DC, il PRI e il PSDI), cioè che tutti e quattro questi partiti paiono decisamente poco felici per la soluzione a cui essi stessi sono giunti. Il PSI, in nome di una non ben comprensibile vocazione di vestale del pentapartito, ha rinunciato al ruolo di sindaco di Torino, il ruolo più prestigioso, forse, fra quelli in discussione: e da qui, probabilmente, il tentativo davvero arduo di cambiare in qualche modo il carattere dell'alleanza politica, per cui il PSI ha cercato di agganciare i Verdi del Sole che Ride, al fine di sottolineare maggiormente la centralità socialista all'interno dell'alleanza. Ma il pentapartito non ha cambiato colore, e il PSI si ritrova più ingabbiato che mai in un'alleanza più bianca che rosa, e con una perdita di ruolo politico e di immagine.
Nei Cinque anni trascorsi, il tono, il segno fondamentale al governo regionale, sono stati dati dalla DC: il PSI ha guadagnato voti alle ultime elezioni, mentre la DC li ha persi, eppure in Regione sembra che nulla sia cambiato né nei rapporti politici fra questi due partiti né nel programma.
Oppure -è questo un interrogativo che noi ci poniamo e poniamo in primo luogo ai colleghi del PSI - il PSI cercherà davvero nei prossimi tempi di marcare un proprio segno originale nel governo della Regione? Ma, allora con quali conseguenze sull'operatività della Giunta e con quali conseguenze sulla stabilità della maggioranza? La DC è sempre in bilico fra due anime: l'una più laica e attenta alla razionalità dei rapporti di forza, l'altra più legata alla tradizione popolare e religiosa. Due anime che si sono scontrate apertamente nella lunga e difficile scelta del candidato a Presidente della Giunta, ma entrambe in sofferenza ed in allarme di fronte alla candidatura a Sindaco di Torino di una personalità così antitetica come Zanone rispetto ad una di queste anime, di fronte all'arroganza della Fiat nel dettare le condizioni per i governi locali, di fronte alla disperata iniziativa del PSI di inserire i Verdi per accrescere il ruolo socialista nell'alleanza.
Fino a quando la paura di un confronto aperto basato su un sistema di alternanza politica prevarrà nella Democrazia Cristiana rispetto all'allarme crescente del mondo cattolico sul degrado della vita democratica, rispetto all'erosione delle liste autonomiste, rispetto alla continua perdita di respiro strategico e di immagine della politica democristiana? Il PRI: un partito che in cambio non si sa bene di cosa è stato indotto a rinunciare ad una rivendicazione di ruolo politico tutto sommato legittima, e che si trova ora nella realtà torinese e piemontese a dover quasi reinventare un proprio ruolo ed i propri referenti, visto il quasi "ben servito" ricevuto dalla Fiat, viste le maggiori opportunità che ha oggi il Partito liberale a Torino, vista la concorrenza sempre più ravvicinata del Partito socialista e la crescente sordità della Democrazia Cristiana. Può bastare una vice presidente della Giunta e possono bastare deleghe forse più pesanti a risolvere tutti questi problemi? Dove è andata a finire, in cosa può consistere oggi e come si può esprimere nel governo regionale, l'orgogliosa e sempre rivendicata originalità del Partito repubblicano? Il PSDI, infine. Quasi il parente povero dell'alleanza, per come è stato trattato dagli altri partiti ed in particolare dal PSI fino alla zona Cesarini di questa mattina. Questa stessa cosa accadde cinque anni fa, si è ripetuta oggi. Il PSDI finora ha sempre sopportato e ci chiediamo fino a quando sopporterà questa situazione di rapporti con gli altri partiti dell'alleanza.
Questo è il quadro, anche se sommario e schematico,delle contraddizioni politiche connaturate alla maggioranza. Contraddizioni politiche vere serie, che non sono riducibili a beghe interne e a questioni di bottega che pure ci sono. Questo ci fa dire che si tratta di una maggioranza debole e precaria, di una maggioranza con tutta probabilità destinata a vita breve a non durare per l'intera legislatura. Questa cosa non la diciamo solo noi.
Su "La Stampa" di oggi, anche se riferito in specifico al Comune (almeno questo si evince dal testo, ma credo che questo giudizio si possa facilmente estendere alla Regione) il collega Cantore, esprimendosi ancora in veste di Segretario socialista di Torino, dice: "Questa Giunta nasce debole, priva di un disegno politico complessivo, mettendo il PSI nella condizione di valutare passo per passo l'operato di ogni Assessore". E' così che questa maggioranza parte, ma a questo stesso giudizio si pu giungere anche seguendo un altro filo di ragionamento, quello che parte dall'analisi del voto recente, dalla crisi dell'attuale sistema politico che quel voto ha messo clamorosamente in luce, dal fatto che se è diminuito il peso elettorale di una forza come il PCI. anche il pentapartito ha diminuito voti e seggi e per ricostituirsi ha dovuto arrabattarsi, con diversi e non sempre riusciti tentativi di cooptazione nell'area del potere di alcuni pezzi sparsi di rappresentanza politica emersi dal voto più frantumato della storia italiana. Ma si tratta di voti, di seggi in più che non danno forza, coesione e capacità aggiuntive di governo, anzi a mio giudizio ne tolgono. E' un potere così disomogeneo, così privo di effettiva condivisione di obiettivi, così nudo (se si può usare questo termine), così debole e precario, che forse proprio per questo sarà un potere che si presenterà a volte con il volto dell'arroganza e della presupponenza. Noi combatteremo questo potere in Consiglio e nella società piemontese, usando appieno le armi proprie dell'opposizione, senza ostruzionismi autolesionisti, ma senza sconti di sorta. Ma non faremo solo questo: come dicevo all'inizio del mio intervento, lavoreremo nel Consiglio e nella società piemontese per costruire le idee, i contenuti e le forze di un'altra possibile maggioranza e di un altro possibile governo regionale.
La nostra sarà un'opposizione da forza di governo e perciò, non illudetevi colleghi della maggioranza, sarà un'opposizione anche più dura e più netta.
Credo che già il dibattito di oggi potrà dimostrarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non sono intervenuto prima non cogliendo quindi l'invito del collega Monticelli, per due ragioni: la prima è che nella riunione dei Capigruppo si era concordato unanimemente che ci sarebbe stata una relazione sul documento stesso e che poi i Gruppi avrebbero esercitato il diritto ad intervenire avendo a disposizione il tempo che loro spettava dal Regolamento, con alcune limitazioni.
L'altra ragione di fondo è che tutti i Gruppi, già in sede di Conferenza dei Capigruppo, avevano dichiarato che il documento presentato era sostanzioso e come tale conteneva più questioni che non nel passato.
Questioni che evidentemente sono state più approfondite che non nel passato, quindi non ritengo di fare una seconda illustrazione di un documento che peraltro è da otto giorni nelle mani dei colleghi che ritengo abbiano avuto tempo o volontà di leggerlo.
Il documento programmatico presentato è il frutto di un lavoro di approfondimento che il Gruppo socialista considera positivo e non solo perché ne ha partecipato attentamente con proprio contributo. Questo documento supera la fase degli intenti, affronta le questioni essenziali senza tuttavia avere la pretesa di rappresentare il programma della Giunta che, come si esplicita nel testo stesso, ci si impegna a presentare in tempi ragionevoli. vi è quindi lo spazio, il tempo e soprattutto la volontà di accogliere i contributi concreti e le autonome valutazioni che vorranno essere offerti all'attenzione del Consiglio.
Una scelta ragionata, dunque, che pur fissando i pilastri di un'azione di governo efficace, non si considera esaustiva delle tematiche da affrontare.
Ciò detto per il metodo, crediamo che il documento stesso, nelle sue parti riferite ai vari settori di azione operativa, ci esima dal trattarli nel nostro intervento. Al suo contenuto facciamo riferimento riconoscendoci negli obiettivi da conseguire nell'azione regionale e contenuti nello stesso documento.
Vorrei tuttavia sottolineare l'importanza del momento che la Regione vive, analizzando, sia pure sommariamente, la situazione attuale e le prospettive della legislatura.
In quest'aula molti Gruppi hanno rimarcato il momento costituente che vive la Regione, lo ha fatto anche chi si è dimesso questa mattina. Esso deriva in parte dalla ridefinizione del ruolo dell'Ente, conseguente alle mutate esigenze della società. ed anche, mi sia permesso, dalla correzione di determinate tendenze del passato che oggi richiedono di essere riviste.
D'altra parte il momento costituente investe la Regione, e non per questioni marginali, a seguito anche della nuova legge sulle autonomie locali. Importanti appuntamenti, dunque, che esigono risposte valide che insieme ad altri Gruppi, abbiamo creduto di individuare soprattutto: nella riaffermazione del ruolo di governo quale fatto preminente sul momento gestionale nella realizzazione di un sistema mirato di deleghe che nel quadro di precisi indirizzi tenda a cogliere la possibilità che un reale decentramento può offrire: Enti locali più forti, più dotati, quindi soggetti di governo con ed insieme alla Regione.
Ma tutto ciò potrebbe realizzarsi soltanto in parte, se la richiesta di autonomia della Regione e degli altri Enti locali non fosse esaudita anche con una diversa politica finanziaria.
L'attuale situazione è da tutti conosciuta e ci pare che le affermazioni contenute nel capitolo che opportunamente si è voluto titolare "Profili istituzionali, organizzativi e finanziari", in quanto strettamente collegati, diano chiaro il senso di preoccupazione, ma anche della volontà di concorrere a far sì che la situazione evolva in senso positivo. In due modi: attraverso un'azione congiunta che il Piemonte deve svolgere in accordo con le altre Regioni affinché si possa disporre, attraverso i trasferimenti e le imposizioni proprie, di adeguate risorse finanziarie attraverso un'azione propria della Regione Piemonte tendente a una puntuale verifica dei costi e dei benefici delle proprie iniziative e della propria attività nei settori di competenza.
La situazione finanziaria attuale, se non modificata, non permette eccesso di illusioni, ed è fin troppo facile pensare sin da ora a rinunce su iniziative non prioritarie e fors'anche importanti.
Realismo, dunque, accompagnato alla precisa individuazione di correttivi solo in parte dipendenti dalla nostra volontà, ma alla realizzazione dei quali possiamo e dobbiamo concorrere.
Il Piemonte ha grandi energie che in parte attendono ancora di essere messe a frutto; Regione europea a pieno titolo, può dare ai suoi cittadini l'opportunità di contare nelle nuove realtà istituzionali che si vanno velocemente configurando. Ma la Regione non dovrà dimenticare che al suo interno esistono gradi di sviluppo e dotazioni di servizi differenziati. il riequilibrio territoriale non è raggiunto, intere aree, penso soprattutto alla montagna, attendono ancora interventi dovuti e non attuati, senza i quali il divario con le zone urbane si allargherebbe oltre i limiti di tollerabilità. Intere aree periferiche attendono un segnale concreto ed un intervento atto a modificare sostanzialmente la loro condizione di isolamento, causa prima di un rallentato sviluppo. Questi alcuni temi che ci permettiamo di sottoporre all'attenzione del Consiglio tutto e che ricordiamo innanzitutto a noi stessi per fame oggetto di azione concreta.
Abbiamo davanti a noi anni non facili, problemi nuovi da affrontare nuove realtà istituzionali da costruire, nuovi ruoli da assegnare a noi stessi.
Crediamo che la comunità piemontese saprà rispondere con energia all'appello di una Regione che abbia chiari obiettivi e capacità di governo.
Con la proposta programmatica e con l'elezione del Presidente di questa Giunta crediamo di dare una risposta positiva alle attese dei piemontesi.
Siamo certi che questo Consiglio saprà essere interprete fedele delle esigenze della Regione e vorrà, pur nella distinzione di ruoli ed attraverso un serrato confronto, offrire al governo regionale il suo apporto critico e costruttivo.
Al Presidente designato e alla Giunta, il Gruppo socialista offre la propria leale collaborazione, il suo fattivo impegno ed il proprio contributo di idee e di lavoro.
Le qualità e le disponibilità unanimemente riconosciute dal Presidente incaricato rappresentano più di un augurio; sono -crediamo - un punto di riferimento certo per tutto il Consiglio.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rivalta. Ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella vita politica italiana uno dei mali riconosciuti finanche dai Partiti che ne sono in massima parte causa, è quello dell'invadenza del sistema dei Partiti, per l'appunto soprattutto quelli di governo, sull'apparato dello Stato, sulla vita amministrativa e ormai da anni anche sulle istituzioni rappresentative.
Rispetto a queste istituzioni che sono formalmente e democraticamente validate a sviluppare processi decisionali e a compiere scelte, il sistema dei partiti di governo compie una totale espropriazione dei compiti e dei ruoli, trasferendoli al di fuori delle assemblee elettive, assumendoli nel seno delle segreterie e dei comitati di affari, spostandoli attraverso i loro rapporti clientelari in capo a poteri extraistituzionali, economici finanziari, elettorali, ecc. E' quanto denunciava Monticelli nel suo intervento: il dominio ad esempio della FIAT nella formazione delle Giunte di questa Regione, del Comune e della Provincia di Torino.
E' ormai questa una caratteristica della vita politica italiana che degenera e svuota come un tarlo la natura democratica dell'istituzione, che rende le funzioni di governo espressione di interessi, di gruppi, di categorie, di elite, di oligarchie e gli attribuisce il carattere di mediazione corporativa più che di risposte ai problemi che la società nel suo complesso esprime.
Stiamo cioè da tempo vivendo una crisi ormai giunta a soglie limite dei rapporti democratici rappresentativi tra istituzioni e società, del ruolo di rappresentanza degli stessi partiti, del confronto e della vita politica in senso proprio, che è battaglia delle idee e trasparente affermazione di obiettivi.
Tutto ciò abbiamo vissuto anche nella nostra Regione nella passata legislatura ove, abdicando ad una reale e autonoma analisi della situazione, ad una reale e autonoma formulazione di indirizzi e fissazione di obiettivi concreti misurabili quantitativamente e qualitativamente nella loro efficacia reale, ad una reale e autonoma funzione di governo, si è diventati permeabili alle sollecitazioni e alle spinte esentate da alcune categorie e potentati economici.
L'azione che ne è derivata (i miei compagni richiameranno esempi di questa triste esperienza) è risultata caratterizzata dalla passività e priva persino di funzioni di coordinamento fra le iniziative assunte senza una visione e un progetto di coordinamento, senza un orientamento di aderenza e di priorità a valori e finalità privilegiate. La stessa attività amministrativa, chiusa in questa ingabbiante passività della direzione politica, ha subito questi limiti di occasionalità e di disorganicità divisa e parcellizzata nella separatezza dell'articolazione assessorile provocata da un'originaria attribuzione di competenze spesso fatta sul bilancio della ripartizione di potere e aggravata anche da conflittualità politiche, in qualche caso dai limiti tecnici e culturali, per fortuna non generali, dello stesso apparato burocratico - amministrativo della Regione.
Il collega Picchioni alla domanda "dove si va?" ha risposto dicendo "da dove si viene", spero però che voglia emarginare dalla sua concezione l'esperienza della passata legislatura.
Tutto ciò ha avuto come riflesso un ulteriore distacco e delusione degli elettori e dell'opinione pubblica: è cresciuto l'astensionismo, la protesta delle schede bianche, la protesta espliCitamente espressa sulle schede e ha portato ad un'articolazione più diffusa delle componenti politiche in questo Consiglio che di per sé potrà risultare positiva se la maggioranza e questa Giunta creeranno le condizioni per una dialettica politica aperta, rispettosa del valore insito nel confronto delle idee, nel ruolo di rappresentanza di ognuno.
In questo senso mi preme sottolineare il fatto la collega Bresso ed io il collega Farassino e gli altri Consiglieri della Lega Nord, abbiamo firmato insieme un'interrogazione e davvero non comprendiamo la reazione pubblica del Segretario regionale del Partito socialista Garesio, a meno che tale reazione non si spieghi con una sua propensione a privilegiare i rapporti di potere, magari senza idee, piuttosto che il confronto e l'incontro di posizioni specifiche se non quando anche generali.
La crisi di rappresentanza è divenuta più acuta perché la non neutralità del processi di modernizzazione che si sono avuti in questi ultimi anni nell'assenza di un ruolo dell'istituzione (in particolare dell'istituzione regionale in questi ultimi anni), ha fatto affermare solo logiche aziendali e ha determinato un mutamento dell'assetto dei poteri una restrizione dell'effettivo esercizio dei poteri da parte dei cittadini.
Ebbene, noi ci aspettavamo che i partiti che intendono dare vita e sostenere la maggioranza - in sostanza, la vecchia maggioranza facendo tesoro dell'esperienza che noi giudichiamo negativa della passata legislatura, assumessero il tema che io qui ho richiamato della crisi di rappresentatività delle istituzioni, in specifico di questa Regione, di rappresentatività dei partiti, di credibilità della politica, di separatezza tra istituzione e società, come uno dei punti fondamentali di creazione di una nuova immagine della Regione e di un nuovo modo di essere della maggioranza.
Nel momento in cui presentano il loro programma politico - sottolineo il "loro" non soltanto perché appartiene loro, ma perché questo programma è l'adempimento di un impegno statutario che spetta tutto e soltanto ai Partiti - speravamo che ci dicessero cosa intendono fare, come intendono comportarsi, maggioranza e Giunta che essi esprimono, per far sì che questa legislatura si svolga sotto un segno nuovo tendente a recuperare credibilità all'istituto regionale, per ridare all'istituto regionale il suo ruolo di rappresentanza nella società e per riportare al potere popolare che ci ha eletti il compito di indirizzare e partecipare ai processi decisionali.
E' una questione non demagogica questa, è questione di modalità di comportamento dei partiti e nessuno questa mattina ci ha detto come intende comportarsi rispetto a questa realtà, a questa situazione di crisi. E' un problema di comportamento della Regione e dei suoi organi che i Partiti della maggioranza non possono eludere; è questione squisitamente politica che compete proprio a una discussione come quella aperta oggi.
Di tutto questo non c'è traccia nel documento che è stato presentato c'è traccia nel documento presentato e non c'è stata finora menzione atteggiamento critico o ripropositivo da parte dei Partiti della maggioranza che sono intervenuti e ci dispiace soprattutto rispetto alle posizioni mancate sotto questo profilo nell'intervento del compagno Garino rappresentante del Partito socialista: da quel Partito da cui noi certo ci aspettiamo una spinta di innovazione nel senso proprio di recuperare una rappresentatività politica rispetto alla società corretta, giusta e di non cedere alla sovrapposizione degli interessi dall'esterno verso le istituzioni e le assemblee elettive.
Un documento politico avrebbe potuto essere assai più snello di quello che è stato presentato e questa mattina si sarebbe trattato di discutere di un documento politico e non di un programma di Giunta che è stato annunciato per i prossimi mesi. Questo documento politico avrebbe dovuto avere chiarezza di indirizzi, indicazione chiara degli obiettivi precisi e delle scelte prioritarie che i Partiti di maggioranza intendono debba assumere la Giunta che si sta per eleggere. Tutto questo non c'è, come non c'è l'immagine del Piemonte.la realtà, i problemi reali, specifici articolati per territorio. Questo documento potrebbe andare bene per un'idea astratta di Regione, purtroppo di una Regione in stato fallimentare perché i contenuti del documento sono davvero assai ridotti.
E' un documento senza spirito politico e neppure i due interventi della maggioranza hanno potuto darglielo; è senza intenzioni politiche e riteniamo che questo faccia emergere chiaramente che si vuole perpetuare ancora, come nella passata legislatura, un atteggiamento passivo di accettazione di quello che viene spontaneamente dalla realtà. Spero che il collega Brizio ci smentisca nei fatti e sotto questo profilo staremo ad incalzarlo.
E' un documento burocratico - amministrativo, un insieme di schede con indicazioni più di metodo, di procedura e di normativa, che di merito dei problemi; è ripetizione di propositi, alcuni anche positivi, già formulati in documenti del passato, credo nei documenti della passata Giunta, in quelli di settore e in quello di piano. E' una formulazione burocratica e ripetitiva sotto molti profili perché si ripetono le stesse cose che si erano assunte come proposito nel passato e poi non sono state realizzate una confessione implicita di cose non fatte, di inadempienze rispetto alle stesse assunzioni di impegno che erano state compiute nel momento della formazione della passata Giunta. Ma di queste inadempienze non se ne individuano le cause, sulle quali dovrebbe basarsi invece un nuovo atteggiamento politico di governo.
E' un documento che appare essere più degli uffici, non so quali, ma certo più di un ufficio, con alcune parti anche diligenti, altre del tutto scadenti. Permane un atteggiamento generico privo di scelte politiche perché forse non è neppure stato visto fino in fondo dai Partiti che l'hanno sottoscritto. Spero almeno che chi l'ha sottoscritto lo abbia letto, ma questo ci mette davvero in difficoltà a capire come si sia potuto sottoscrivere un documento politico di questa natura.
C'è un atteggiamento passivo che prelude ulteriori invasioni di poteri esterni all'istituzione: sono molteplici gli elementi che lo fanno emergere, non sto a citarli perché il tempo passa e li citeranno i miei colleghi intervenendo sui singoli e specifici problemi.
Si fanno pronunciamenti di recupero del metodo della programmazione come metodo di governo, quasi denunciando che altri abbiano messo in crisi l'idea di governare con la programmazione. Ma la programmazione in questo documento non esiste: manca qualsiasi analisi della realtà, qualsiasi individuazione di problema da affrontare, qualsiasi scelta, qualsiasi obiettivo da raggiungere: non esiste la programmazione né come visione d'insieme (non c'è un capitolo che in qualche misura dia una visione d'insieme e indichi le politiche d'insieme che si vogliono perseguire) n nelle schede settoriali che accostano una molteplicità di argomenti (pressoché tutte le competenze regionali) senza indicare alcun rilievo di importanza dell'una rispetto all'altra. Di questa mancanza di assunzione reale del metodo della programmazione come metodo di governo si veda in particolare il paragrafo relativo alla nuova legge sulle Autonomie. Sono qui in gioco -e pare da questa maggioranza essere assunta l'applicazione della legge in senso burocratico le stesse competenze, il ruolo e l'esistenza della Regione. Tutte cose che abbiamo già detto nella scorsa riunione di Consiglio. Ebbene, se c'è una condizione che può permettere alla Regione, nell'applicare la legge sulle autonomie, di riassumere, di ricoprire un ruolo è proprio quello della programmazione. Gran parte dei compiti di programmazione, in particolare quelli che riguardano la pianificazione territoriale, sono attribuiti da questa legge alle competenze delle Province, in barba ai contenuti dell'art. 117 della Costituzione.
Se non c'è da parte nostra l'assunzione piena di un ruolo di governo regionale fatto attraverso la programmazione regionale e la pianificazione territoriale a livello regionale,la Regione non esisterà e i poteri che vengono attribuiti da questa legge alle Province saranno autonomi e decisivi e la Regione rinuncerà persino a svolgere una funzione di coordinamento fra le politiche e le decisioni della Provincia.
Ma si veda anche, sempre a dimostrazione della mancanza di questa assunzione reale del problema della programmazione, il capitolo sulla pianificazione territoriale e quella urbanistica dove si dice apertamente che si abbandona ogni idea di pianificazione territoriale e di pianificazione paesistica di carattere regionale e si rinuncia ad operare con questa visione per affermare invece che si tratta, ad esempio nella politica ambientale, di esaminare caso per caso le proposte che altri quindi gli operatori privati e le iniziative provenienti dall'esterno faranno.
C'è davvero da meravigliarsi che dopo aver fatto un pronunciamento sulla programmazione si rinunci in ogni capitolo a dire come questa programmazione si attua e per ogni problema a indicare almeno qualche elemento della situazione reale da affrontare e gli obiettivi verso cui si vuole giungere attraverso questa politica di programmazione, ovvero la politica complessiva della Giunta regionale.
Manca la programmazione nell'agricoltura, non si esprime una politica agricola programmata; siamo diventati la prima Regione sotto il profilo della produzione agricola. I redditi sono diminuiti tanto che la CEE ha trasformato il suo intervento da premio di produzione a intervento per mantenere alti i prezzi che sono al minimo storico. Non c'è la minima osservazione su un problema così scottante che adesso ci pone da un lato termini di caduta economica e dall'altra gravissimi problemi di natura ambientale: l'inquinamento delle falde idriche della Pianura Padana in misura consistente parte proprio da questo tipo di coltivazione.
Mancano riferimenti su come affrontare i piani zonali; oggi li si recupera senza ricordare che è stata proprio la Giunta della passata legislatura a metterli in un canto.
Non si dice nulla come si opera attraverso le deleghe per attuare questo tipo di politica, non c'è neppure una indicazione di come si vogliono snellire le procedure della politica dei contributi in agricoltura. Occorre snellirla e renderla efficiente se si pensa che su 100 lire se ne spendono solo 34; nel 1985 il rapporto tra impegno e spesa era del 50%, ora siamo scesi al 34/35%.
Non c'è programmazione nella sanità: mancano 7.000 infermieri professionali in Piemonte, secondo il decreto del Ministro Donat Cattin ne dovrebbero mancare 10.000. Il primo impegno nella programmazione sanitaria dovrebbe essere proprio inteso a colmare un così grande vuoto. Non c'è una politica di prevenzione, che è un altro degli aspetti fondamentali per una politica della programmazione nella materia sanitaria.
Non c'è visione programmatoria per quello che riguarda l'industria: non c'è la FIAT, che è presente soltanto attraverso le operazioni del Centro Fiere del Lingotto nel dibattito politico di queste settimane; non c'è l'Olivetti; non ci sono le industrie chimiche o le inquinanti, le industrie tessili e le filature del biellese che sono in difficoltà; non c'è l'Indesit; non c'è scelta di innovazione tecnologica in direzione dell'ambiente e riduzione dei consumi energetici; non c'è un riflesso di indirizzo programmatorio nel campo della formazione professionale.
Questo documento contiene anche un insieme di contenuti riduttivi e rinunciatari sull'ambiente, sull'acqua, sui rifiuti, sull'aria, sulla Valle Bormida dove si fa marcia indietro rispetto alle posizioni assunte nella passata legislatura in direzione della chiusura dell'ACNA di Cengio. Non esiste una parola sull'istituzione della valutazione di impatto ambientale non esiste una parola sull'impegno importante che dovrà essere compiuto entro quest'anno sulla direttiva Seveso.
Ci sono molte banalità sul personale che si dice da formare: ci si accorge oggi di questo, ma non si indica verso quale indirizzo di merito io ripropongo il problema soprattutto dell'ambiente, dell'innovazione tecnologica legata all'ambiente e all'energia, probabilmente un'innovazione ancora di tipo amministrativo e giuridica che forse nella Regione già esiste: dovrà essere migliorata, ma non è quella essenziale, si parla banalmente della Regione aperta, ma non c'è alcun contenuto di rapporti veri, reali con l'Europa e con il resto del nostro Paese, in Particolare con il Sud. Si parla di banalità di rapporti con la Lombardia e con la Liguria e di banalità di rapporti con l'Europa attraverso i trafori, ma non si sta attenti a quello che l'Europa sta facendo proprio in direzione di un'Europa delle Regioni, in direzione dell'ambiente, della questione sociale delle politiche per le maggiori povertà.
Non mi dilungo, per ragioni di tempo, su altri esempi che pur si potrebbero fare e che, se necessario, verranno ripresi dai miei colleghi di Gruppo. Quello che mi pare importante dire a conclusione di questo intervento, è che da questa genericità di formulazione, da questa mancanza di visione e di conoscenza della realtà piemontese, di volontà di confrontarsi con questa realtà per modificarne gli indirizzi e risolverne i problemi che sono tanti, non ci proviene davvero alcun segno che possa darci fiducia sulla qualità e sulla capacità di governare la Regione Piemonte da parte di questa Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo in anticipo rispetto alla calendarizzazione che io ritenevo dovesse seguirsi oggi aderendo all'invito venuto dal Capogruppo del PCI di un'espressione preliminare da parte delle forze di maggioranza rispetto all'argomento all'o.d.g. Faccio questo non condividendo peraltro il metodo proposto dallo stesso Capogruppo perché se quello di oggi deve essere un confronto reale che dopo l'illustrazione, peraltro molto ampia, fatta dal Capogruppo della DC del documento (che, è vero, è stato consegnato ufficialmente soltanto questa mattina, ma che è ormai da alcuni giorni nelle mani dei Consiglieri regionali), io ritenevo ci fossero tutte le condizioni per non dare a questo dibattito un contenuto puramente formale, quale potrebbe essere quello della nostra adesione praticamente totale, pur con le necessarie differenziazioni che ci possono essere tra coloro che hanno firmato il documento. Noi pensiamo che nel prosieguo del dibattito si potessero fornire maggiori contenuti perché dallo scambio di informazioni, di critiche, di contributi nella situazione in cui ci troviamo in questo momento (cioè ancora Gruppi con pari collocazione), i nostri apporti potessero supportare quel programma di Giunta che si perfezionerà nei prossimi mesi.
Per cortesia nei confronti del PCI, noi repubblicani abbiamo deciso di svolgere due interventi cercando di contenerli nel tempo che era stato riservato al nostro Gruppo. Il mio intervento sarà di espressione di collocazione rispetto alla maggioranza costituenda, mentre quello del collega Ferrara sarà di interlocuzione rispetto agli apporti e ai contributi che le altre forze politiche vorranno portare in un momento importante per la nostra Regione quale l'avvio della quinta legislatura regionale.
Entro quindi nel merito del mio intervento. Passerò sinteticamente in rassegna alcuni dei punti programmatici che il PRI reputa fondamentali sposare al fine di rispondere alla sfida degli Anni '90, non potendo dimenticare - questo lo ha già fatto il Capogruppo della DC -che noi abbiamo di fronte il piano regionale di sviluppo che non è ancora esaurito in quanto si trattava di un piano che si collocava anche per l'anno 1990 che ha rappresentato un momento di dibattito importante nel Consiglio regionale (e rispetto al quale ci sono state posizioni diverse), ma che deve essere aggiornato: sostanzialmente non può essere molto diverso, i problemi sono semmai aumentati e quelli che avevamo evidenziato sono ancora attuali e necessitano quindi del nostro sforzo e del nostro impegno soprattutto della Giunta che si andrà a costituire.
Affermo questo fuori da ogni retorica perché gli appuntamenti che hanno atteso al varco una Regione industrializzata come la nostra hanno costituito una importante scommessa per il futuro e questo noi lo avevamo messo alla base del nostro documento di programma del piano regionale di sviluppo 1987/ 1990. Una scommessa che se persa sarà in grado di pregiudicare la vitalità e la competitività del Piemonte non solo in campo italiano, ma anche internazionale. In questo senso non .concordo con il collega Rivalta che questo documento non abbia un respiro europeo. Non saremmo noi se non avessimo compreso l'importanza del momento che stiamo vivendo, perché il Piemonte, zona a forte concentrazione industriale e polo di innovazione tecnologica, si trova dinnanzi ad un bivio: o mobilitare le energie e le risorse economiche e culturali di cui storicamente dispone e che lo avvantaggiano rispetto ad altre Regioni italiane verso un obiettivo di innovazione e di creazione di nuovi posti di lavoro, oppure accettare il triste futuro di una società invecchiata non solo anagraficamente, ma anche economicamente. Infatti, pur senza lasciarsi trasportare dall'enfasi, va detto che il fenomeno che andrà ad innescarsi con l'unificazione del Mercato europeo porterà con sé una competizione senza precedenti. Di conseguenza, o si riuscirà ad essere più efficienti integrandosi con il sistema internazionale oppure inevitabilmente si uscirà dal mercato. Onde evitare una simile conclusione, risulta chiaro a tutti che il futuro del Piemonte appare legato al mantenimento e alla creazione o meno di condizioni di eccellenza: cosa facile, per alcuni versi, perdurando ancora gli ultimi scampoli di una congiuntura economica eccezionalmente favorevole quale è quella che ha accompagnato gli ultimi tre anni, ma che potrà trasformarsi in compito arduo qualora il settore privato non riuscisse più ad essere causa oltre che motore di una situazione di floridezza. Pertanto è auspicabile che non solo il settore produttivo ed industriale regionale bensì l'intero sistema Piemonte venga presto coinvolto in questo processo innovativo.
In questo documento ci sono molte novità rispetto a momenti consolidati, per esempio una nuova cultura del turismo: il fatto di voler unire la valorizzazione dei beni ambientali, dei parchi, a quella dei beni monumentali, rappresenta una visione nuova, più coerente rispetto alle opportunità che ha il Piemonte di ottenere una valorizzazione in un settore che finora è stato poco sfruttato. In questo senso, una delle prime cose che occorrerà fare sarà la razionalizzazione della presenza e del ruolo delle aziende di promozione turistica. Nella passata legislatura noi eravamo stati molto critici sul numero delle aziende di promozione turistica; continuiamo a esserlo e riteniamo necessario un aggiornamento di questa organizzazione territoriale rispetto alle nostre aspettative in un settore che vogliamo considerare fondamentale per l'economia quale il turismo.
Occorre a questo riguardo un ruolo non secondario, ma assolutamente importante del sistema promozionale quale veicolo privilegiato di scambio di informazioni e di confronto. Sistema che la Regione dovrà sviluppare in modo da incrementare la dialettica sia all'interno dei vari settori dell'economia regionale sia tra questi e i più competitivi sistemi economici e finanziari degli altri Paesi europei. il 1993 è infatti alle porte e l'ingresso dell'Europa dei capitali e della finanza dovrà trovare pronto non soltanto il mondo produttivo, ma anche e soprattutto quello del credito e della finanza, che del primo è la vera e propria fonte di sostentamento. Torino non costituisce solo un polmone industriale di grande importanza, essa è anche un polo bancario di prima grandezza: infatti in Piemonte ci sono alcune banche di rilievo nazionale ed internazionale.
Finora nulla è stato fatto per valorizzare a livello promozionale questa sua seconda, ma importante componente anche se, nel piano regionale di sviluppo, noi davamo molta importanza a questo ruolo di Torino e del Piemonte. L'Europa dei capitali potrà costituire l'occasione per farlo. La proposta che avanzo è quella dell'organizzazione, per esempio, di un Salone Internazionale della Banca e della Finanza, quale momento apicale, a livello europeo, del confronto tra le diverse dinamiche del credito: un'operazione capace di trascinare in un confronto costruttivo anche settori limitrofi, quali quello assicurativo, parabancario e del software che riverbererà su Torino l'immagine di metropoli trainante, e sul Piemonte quella di regione europea.
Ma il massimo sforzo dovrà essere fatto, ancora una volta, per adeguare la funzionalità dei settori che fanno capo allo Stato e alle istituzioni al grado di efficienza proprio del settore privato. La sfida con l'unificazione europea non permetterà più che si proceda con le due diverse velocità con cui si è marciato fino ad oggi.
Ciò detto, ruolo ed attività privilegiate della Regione dovranno essere volte alla definizione del quadro strategico entro cui far muovere la comunità piemontese. Ciò dovrà essenzialmente avvenire attraverso un rilancio dei compiti istituzionalmente delegati alle Regioni, quali la pianificazione del territorio e la programmazione dello sviluppo economico che sono i cardini Su cui si regge e si consolida, speriamo nel corso della nuova legislatura, anche in presenza della nuova legge delle autonomie la entità regionale e la sua ragione di essere.
Per quanto riguarda la pianificazione del territorio il Consigliere Rivalta ha parlato quasi di una rinuncia a volersi occupare di questo settore. lo credo che invece questo capitolo riveli, in tutta la sua importanza, l'esigenza che noi sentiamo, ma anche la consapevolezza di guardare a questo aspetto con la dovuta lucidità. Abbiamo constatato che è difficile porsi di fronte a quadri di intervento globale e che dunque occorre privilegiare il momento settoriale, come per esempio quello del Po che noi abbiamo avviato peraltro anche con il consenso del Partito comunista, onde portare a conclusione i progetti avviati. Questo è un significativo metodo di processo pianificatorio che può dare alla Regione quel ruolo di guida che le è proprio e che sarà molto importante per i rapporti che dovrà avere con le Province e con il Comuni.
Per quanto riguarda invece la programmazione economica, che anch'io condivido, è innanzitutto una scelta morale prima che di metodo; si renderà necessario por mano alla revisione della nostra legge sulle procedure della programmazione (questo è stato un impegno che si è preso nel piano regionale di sviluppo), comunque la nuova legge di riforma delle autonomie impone l'esigenza che questo avvenga in termini più rapidi. La legge con la definizione della nuova area metropolitana e la legge di riforma delle procedure della programmazione, non potranno che andare unite nel loro percorso di elaborazione legislativa e regolamentare. Tuttavia il ruolo che la pubblica amministrazione, e nella fattispecie la Regione, sarà capace di giocare in questo contesto di grande trasformazione dipenderà dal fatto che essa vinca, o meno, la principale scommessa con se stessa. Essa sarà infatti chiamata a risolvere alcune inquietanti situazioni: innanzitutto quella del bilancio che si presenta ai nostri giorni e che si pone rapidamente nelle condizioni di attuare una reale politica di contenimento del deficit accumulato e noi come repubblicani lo abbiamo chiesto nelle discussioni che si sono avute in sede di maggioranza. A questo proposito vorrei dire al Consigliere Rivalta che questo documento è stato vissuto da coloro che dovranno poi essere i gestori e i protagonisti, non è stato vissuto nelle segreterie, certo c'è stato il supporto delle segreterie politiche, ma è evidente che ogni Gruppo ha cercato di portare in questo documento il meglio di se stesso e di puntare gli occhi su quegli aspetti che sono per tradizione o per cultura i più sensibili. Sull'aspetto della finanza noi abbiamo sempre segnato la nostra presenza nei cinque anni passati, anche in momenti se vogliamo traumatici di questo Consiglio: ricordo l'intervento del Consigliere Viglione dai banchi di quest'aula relativamente a tale situazione. Noi continueremo a chiedere che tutto sia alla luce del sole, così come siamo convinti che il gap della formazione professionale vada colmato e in questo senso, a livello di discussione abbiamo portato una estrema attenzione.
Nella passata legislatura abbiamo potuto registrare qualche avanzamento rispetto ad una situazione consolidata che vedeva la nostra Regione in difficoltà maggiori rispetto ad altre Regioni italiane. In questo contesto noi abbiamo ritenuto, così come coloro che hanno partecipato alla predisposizione di questo documento, che sia necessario un rovesciamento della filosofia della politica di formazione professionale che ha guidato finora questa Regione: dovrà stringersi il raccordo con e fra le associazioni degli imprenditori, le organizzazioni dei lavoratori che potranno realizzarsi anche con la costituzione di organi paritetici per la programmazione annuale degli interventi a livello regionale, provinciale ed eventualmente di bacino.
Un terzo gap è sicuramente quello dell'ambiente: a tale proposito contesto che non ci sia la volontà in questo documento di porre al centro dell'azione regionale il problema dell'ambiente. Direi addirittura che l'ambiente permane in tutti i settori dell'intervento che sono stati toccati, e la sfida, che non è soltanto di questa Regione, ma se mi consentite del mondo intero, è quella di rendere effettivamente compatibile quello che oggi viene individuato come uno sviluppo sostenibile con i problemi dell'ambiente. Relativamente all'ACNA, in particolare, noi riteniamo che l'impegno preso dalla Regione, da quanto emerge nel documento, sia un impegno razionale e corretto. Infatti per quanto riguarda la vicenda Acna - valle Bormida anche se ci rendiamo conto che la Regione è coinvolta in una difficile ricerca di eventuali compatibilità delle lavorazioni di quella azienda chimica ligure, dall'altro lato riteniamo che essa dovrà farsi garante che siano eseguiti rigorosamente tutti i controlli necessari a verificare che gli adempimenti imposti all'azienda siano rispettati. Ciò dovrà essere fatto tenendo conto delle esigenze che vengono dalle popolazioni le quali devono essere messe in condizioni di poter verificare i controlli di monitoraggio che a livello di USSL, ma non soltanto, verranno incrementati per fare in modo che questa azienda, se deve continuare a lavorare, lo faccia assicurando innanzitutto la sicurezza e condizioni di vivibilità alle persone che in quella valle vi devono vivere.
La nostra attenzione nella passata legislatura, e anche in questo progetto, è stata portata anche ai problemi del patrimonio proprio per la carenza e le difficoltà di bilancio rispetto alle quali noi contiamo molto non soltanto da un disegno di legge che preveda la possibilità e l'autorità impositiva regionale, ma anche ad una maggiore liberalizzazione della spesa che deve essere data dallo Stato che oggi ci vincola nella spesa rigida.
Noi crediamo che possa rivelarsi interessante, oltre che economicamente coinvolgente, vagliare l'opportunità di procedere all'alienazione di parte del patrimonio regionale pur nella responsabile presa di coscienza delle problematiche insite in un'operazione di tale spesa, perché se è stato forse a volte molto facile comprare un castello anche per poche lire, oggi sarà molto difficile vendere un castello o una dimora storica per alcuni miliardi.
La Regione ha di fronte a sé una seconda scommessa che l'Ente regionale dovrà vincere facendo fronte ai compiti costituenti delegati dalla nuova legge delle autonomie locali; mi riferisco al puntuale e tempestivo assolvimento del compito di definizione della città metropolitana di Torino che rappresenta una novità istituzionale di forte rilievo. Noi crediamo che su questa scommessa si giochi anche il futuro dei rapporti Giunta Consiglio, perché il tema che abbiamo di fronte non può essere considerato il tema di una maggioranza o di una Giunta: è il tema di un sistema istituzionale regionale che deve veder coinvolte le assemblee dei vari Enti: Regione, Provincia, costituente area metropolitana e altri Comuni.
In questo senso il documento dà molta importanza agli strumenti dell'azione amministrativa regionale, all'organizzazione della Regione e alla politica del personale. In particolare noi crediamo che si dovranno approntare validi meccanismi di valutazione delle professionalità presenti tra il personale regionale, quindi in questa direzione deve essere studiata la possibilità di avvalersi anche di valutazioni espresse da enti pubblici esterni di elevato prestigio nel settore della formazione culturale e professionale per l'espletamento dei concorsi per l'assunzione di nuovo personale, ovvero per l'avanzamento dell'attuale. Così come, e forse in questo primo momento di divisione delle deleghe non ci siamo ancora riusciti, dovrà essere ricercata la corrispondenza tra Assessorati e relativa responsabilità politica e struttura burocratica sottostante evitando di dover adattare ogni volta quest'ultima al mutare delle deleghe assessorili. Nella passata legislatura era stato presentato dal Partito comunista una proposta di istituzionalizzazione delle deleghe assessorili.
il Partito repubblicano si farà parte diligente e sarà esso stesso presentatore di un disegno di legge che veda, come peraltro avviene a livello ministeriale, finalmente una divisione delle deleghe in modo omogeneo tale da consentire al Presidente della Giunta di rispettare il dettato istituzionale del nostro Statuto, che stabilisce che il Presidente assegna le deleghe per aree omogenee. E' già stato compiuto uno sforzo all'inizio di questa quinta legislatura che però probabilmente non deve considerarsi esaurito: tutti insieme dovremo lavorare perché nelle prossime occasioni sia più facile arrivare alla composizione della Giunta e alla definizione degli Assessorati e delle competenze di delega. In questo senso non ci sono scuse al ritardo che abbiamo impiegato, devo però dire che il momento politico era estremamente delicato e, forse, il tempo non è trascorso inutilmente. Parimenti non consideriamo inutile questo momento di confronto nel quale vogliamo certamente sentire la voce dei Gruppi che con noi hanno sottoscritto il documento, ma siamo essenzialmente interessati a sentire quello che pensano di questa costituenda maggioranza e del suo programma i Gruppi che si collocano, in questo momento, nella non ancora minoranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Signor Presidente, eravamo stati sollecitati anche noi, all'inizio di questa seduta, ad intervenire, ma per la verità io stesso ho chiesto al Presidente di ritardare di qualche momento l'intervento, perché fino a qualche ora fa non sapevamo ancora come PSDI che taglio avremmo dato allo stesso. Avrò modo di svolgere alcune considerazioni per quanto riguarda i contenuti e i passaggi politici e di proposizione amministrativa attraverso i quali siamo arrivati alla stesura di questo documento.
Per quanto riguarda il ruolo politico, io non ritengo possa essere quello di "parente povero", lo giudicheremo semmai nel corso della legislatura o quantomeno nel corso del nostro impegno; se per parente povero si intende chi arriva anche trafelato in zona Cesarini (come diceva Monticelli) all'esecutivo, allora l'espressione e' calzante. Noi riteniamo di poter recitare una parte importante, abbiamo questa presunzione perch la delega sulla quale saremo impegnati non è clientelare, non è una delega di spesa, bensì una delega squisitamente politica, che potrà essere riempita di contenuti nella misura in cui l'esecutivo nel suo complesso sarà capace di riempire di contenuti nuovi, propositivi, stimolanti, quella delega.
La nostra partecipazione era legata al ruolo politico che il nostro partito avrebbe potuto svolgere all'interno di questa coalizione. Senza pietire dunque all'atto in cui questo ruolo ci è stato riconosciuto abbiamo inteso far parte in modo organico della maggioranza che va a costituirsi.
E' stato un percorso difficile, un percorso ad ostacoli, gli ultimi dei quali sono stati praticamente superati nel corso di questa notte, ma ora siamo qui a illustrare la nostra posizione relativamente alla maggioranza in Regione che si appresta ad affrontare la quinta legislatura e a svolgere alcune considerazioni di natura politico-amministrativa e di contenuto relativamente al programma col quale la maggioranza si presenta, ferma restando l'intenzione enunciata e manifestata chiaramente di dare probabilmente nel corso del mese di settembre, contenuto operativo alle enunciazioni di linee e di lavoro inserite in questo documento.
Per quanto riguarda la nascita di questa maggioranza, qualcuno ha già fatto riferimento al tentativo di coinvolgimento delle forze verdi; io penso che questo tentativo manifesti in modo eloquente l'esigenza che esiste all'interno delle forze politiche di maggioranza, ma anche non di maggioranza, di irrobustirsi con nuove sensibilità, con proposizioni fresche, con sintonizzazioni su lunghezze d'onda di attualità rispetto alla cultura dell'ambiente nella nostra società. Questo tentativo di coinvolgimento ha in sé questa parte sicuramente condivisibile, ma lo si potrebbe leggere anche in modo più squallido, ovvero il tentativo di andare a ridurre il peso specifico di alcune forze politiche all'interno numerico delle coalizioni. Noi preferiamo però leggere quel tentativo in modo più nobile: esigenza di andare ad irrobustire di contenuti nuovi e di contenuti attuali i partiti,le forze politiche che si accingono ad operare nella nostra Regione. Se così sarà, io penso che non sarà stato un fatto episodico o contingente, ma questa esigenza, che non si è potuta concretare attraverso l'inserimento organico di quanto proposto e ricercato, dovrà permeare la maggioranza per andare alla ricerca non tanto di colori freschi quanto di stimoli attuali e di sensibilità nuove con le quali permeare le iniziative che dovranno essere avviate nel corso di questa legislatura.
Non sto a soffermarmi sul fatto che l'attuale legislatura è importante mentre la precedente può essere considerata di transizione. Quella che sta per iniziare non potrà permettersi il lusso di essere di transizione, guai se lo fosse! Siamo alla vigilia di importanti innovazioni alcune delle quali già enunciate, altre in embrione: il tentativo di dare all'ente Regione un'autonomia impositiva ancora insufficiente, ancora disorganica.
forse in grado di far uscire il bilancio dalle condizioni di secca nelle quali ha vissuto in questi ultimi tre anni di esercizio, ma al di là della mera situazione contabile all'interno del bilancio, questo inizio di autonomia impositiva deve rappresentare il frutto di una nuova esigenza che vada a restituire autorevolezza istituzionale e di governo all'ente Regione, ente che ha subito in questi ultimi anni un appiattimento, ha subito perdita di autorevolezza, perdita di snellezza e di funzionalità, ha visto il baricentro delle proprie competenze e della propria attività spostarsi dal piano alto del legislativo al piano molto meno alto, e molte volte anche squallido (dal punto di vista ovviamente amministrativo), della gestione corrente, della minuteria, del giorno per giorno. Noi riteniamo che il germe dell'autonomia impositiva rappresenti quanto meno un'inversione di tendenza in grado di far riprendere quota all'ente e ovviamente alla nostra Regione.
Alcuni punti sono già stati sottolineati da interventi precedenti relativamente alla questione ambientale o alla questione turistica nei confronti della quale effettivamente occorrerà iniettare di contenuti nuovi e dinamici quelle che sono le linee di lavoro tradizionali, vista la posizione geografica della nostra Regione, viste le infrastrutture che sono sorte in questi anni e che costituiscono la premessa per arricchimenti e per uno sviluppo economico, soprattutto in alcune zone di confine. Mi riferisco soprattutto al confine con la Lombardia, dove queste nuove infrastrutture sono In grado di catturare energia economica che poi la turbina amministrativa della Regione Piemonte (la capacità di governo e di proposizione dell'esecutivo e del Consiglio regionale) potrà trasformare in energia economica attiva di rilancio e di sviluppo.
E' una legislatura che vedrà sostanzialmente un'innovazione profonda.
La formazione professionale non potrà appiattirsi sull'esistente, non potrà tamponare e rincorrere le situazioni in atto, ma dovrà porsi l'obiettivo più pregiato di anticipare in certa misura e governare il ventaglio di indirizzo e di proposizione. Un compito sicuramente non facile, anzi difficilissimo, ma penso che non si possa rinunciare in partenza a porsi un obiettivo di questo tipo.
Per quanto riguarda l'Università questa legislatura vedrà, attraverso la gemmazione o altre proposizioni in corso, la realizzazione del progetto universitario che questa Regione ha formulato inizialmente provvedendo a suo tempo ad evitare che sentisse gli effetti eccessivamente negativi di spinte localistiche e campanilistiche che tendevano a stravolgere il filo conduttore dell'impostazione data. Quindi ritengo che per una serie di argomentazioni, soprattutto nel settore dell'istruzione, sia universitaria che della formazione professionale, questa legislatura rappresenti un periodo non di transizione, ma di rilancio e di rifondazione. Per quanto riguarda la questione di natura territoriale non dimentichiamo che nel 1993 si avrà l'ormai noto mercato unico europeo di cui parliamo tanto senza sostanzialmente fare nulla per prepararci a quell'incontro; nel tempo che ci separa da quel momento dovremo attrezzarci per affrontarlo nelle condizioni meno peggiori possibili, visto che in due anni non sarà possibile raggiungere l'optimum che sarebbe stato raggiungibile nel caso in cui l'obiettivo fosse stato perseguito in tempi accettabili.
Vedremo anche la realizzazione delle nuove province, al di là del nuovo ente provincia. La provincia di Verbania rappresenterà un momento che la Regione dovrà cogliere con uno spirito che sia all'altezza e con strumenti realizzativi e collaborazioni fra Regione ed ente locale (che sicuramente avremo modo di espletare nei prossimi mesi) che rendano possibile a questa nuova provincia, nella misura migliore e sfruttando le massime potenzialità, il calarsi nella realtà regionale.
Riteniamo che, prendendo lo spunto da alcune linee di lavoro enunciate in quelle proposizioni programmatiche, questa legislatura debba essere caratterizzata da una nuova sensibilità a ventaglio sulle lunghezze d'onda dei problemi più attuali: i problemi ambientali, sanitari, di educazione civica, di educazione culturale. Riteniamo che anche sotto questo aspetto quelle linee di lavoro vadano elaborate ed ampliate nel documento di cui già ha parlato la collega Vetrino, quando la Giunta andrà ad individuare i mezzi attraverso i quali. dal punto di vista operativo, intenderà realizzare e percorrere le strade che consentano di mirare e perseguire gli obiettivi enunciati nel documento di oggi.
In conclusione dichiaro l'adesione dal punto di vista politico del nostro Gruppo. Noi riteniamo che debbano essere ricercate le condizioni forti perché questa legislatura riacquisti una tensione che è andata smorzandosi negli ultimi anni della legislatura scorsa per una serie di motivazioni, alcune contingenti, alcune di fondo, che hanno coinvolto le nostre istituzioni e che sono state rimarcate con una sottolineatura negativa dalla tornata elettorale del 6/7 maggio. I risultati vanno a suggerire considerazioni che devono consentire il superamento della presa d'atto attraverso innovazioni che portino ad un coinvolgimento maggiore per quanto riguarda gli enti istituzionali e nel caso specifico la Regione. Ci dichiariamo non solo impegnati alla predisposizione di queste linee programmatiche, ma anche determinati ed impegnati ad entrare nell'esecutivo dell'ente non per essere protagonisti, ma per rendere l'ente protagonista.
Se sapremo fare questo, in modo paradossale saremo stati noi i protagonisti.



PRESIDENTE

E' iscritto a parlare il Consigliere Marengo. Ne ha facoltà.



MARENGO Luciano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una forza politica responsabile quale il Partito comunista, che pur facendo una rigorosa opposizione opererà con proposte di governo, non può che guardare con grande preoccupazione al divario che c'è tra il programma presentato dalla maggioranza ed i processi reali che sono avvenuti in queste ultime settimane, che stanno avvenendo in questi giorni e quelli che avverranno nei prossimi mesi. Mi riferisco ai processi economici, sociali e produttivi che riguardano in modo primario la nostra Regione.
Nella bozza di programma presentato non esiste un'analisi attuale dello stato dell'economia, dell'apparato produttivo industriale piemontese, del rapporto tra questo ed il funzionamento dei servizi della Pubblica amministrazione; non esiste un'analisi dei processi di internazionalizzazione dell'economia e della loro influenza sulla produzione di una regione come il Piemonte ed il conseguente rapporto con i mercati (in primo luogo dell'Europa compresi i Paesi dell'Est).
Nella premessa al programma - ancora questa mattina è stato ricordato da alcuni interventi dei componenti della maggioranza - si sottolinea l'esigenza di creare condizioni per un nuovo sviluppo ed un'iniziativa sociale capace di far crescere solidamente l'insieme della società piemontese.
Si ribadisce nel documento il metodo della programmazione come metodo forte di governo. Questo al fine di un rilancio del ruolo del Piemonte a livello nazionale ed internazionale. Sì, ma a queste enunciazioni nel programma non segue niente: né analisi né proposte! E questo è ancora più grave perché enunciare titoli e non fare scelte adeguate vuoI dire che o non ci sono idee e proposte o, forse, non possono essere espresse né idee né proposte perché ci sono contraddizioni e posizioni diverse nella maggioranza, e mi pare che le dichiarazioni dell'ex-segretario socialista Cantore di oggi su "La Stampa" stiano ad indicare come esistano queste contraddizioni e posizioni diverse nella maggioranza, oppure si rinuncia a svolgere un ruolo di governo dell'economia e della società piemontese.
Si lascia ad altri, magari allo "spontaneismo" del mercato, la risoluzione dei problemi. Spontaneismo tra virgolette perché in realtà sappiamo bene che saranno poi i grandi gruppi industriali e le concentrazioni economiche e finanziarie che da questi sono dirette a decidere il tipo di scelte industriali, di investimenti e di scelte di produzione e quindi di qualità dello sviluppo: altro che solidarietà tra ceti deboli e ceti forti come viene ricordato nel programma! Ecco perché non si può che esprimere profondo dissenso sul merito del programma: carente e non aggiornato ai processi attuali.
Altro che programmazione, che presuppone previsioni ed indirizzi futuri: qui non esistono neanche gli interventi immediati e congiunturali.
Per evidenziare queste mancanze cito alcuni problemi che hanno un peso determinante nell'economia e nell'apparato produttivo piemontese nonch nazionale per l'importanza dei grandi gruppi industriali presenti (FIAT Olivetti. ecc.): i processi di integrazione europea con la novità di assoluto rilievo politico ed economico dell'unificazione della Germania le potenzialità produttive e la necessità di produzione che avrà la Germania Est per non pagare in moneta ma con merci nonché la necessità di aumento di produzione e di allargamento dei mercati della stessa Germania Ovest, che avranno un grande peso concorrenziale con le esportazioni delle nostre merci.
L'integrazione e lo sviluppo economico dell'Europa saranno sempre più fondati in un rapporto tra Regioni e aree forti di ciascun Paese per cui si indebolirà il ruolo degli Stati nazionali e probabilmente si avrà un rilancio delle Regioni il Piemonte sicuramente potrà essere considerato un'area forte, ma a condizione che si sappia costruire uno stretto legame tra direzione politica dei governi, politica economica e riforme istituzionali. Questo legame non esiste nella bozza di programma che è stata presentata.
Inoltre credo che occorrerà tenere conto delle differenze fra la nostra produzione e quella della Germania e del resto dell'Europa. In primo luogo la diversificazione della produzione industriale che negli altri Paesi europei esiste per cui non c'è una sola industria trainante com'è per noi quella dell'auto. In secondo luogo il basso contenuto tecnologico delle nostre merci per cui molto si giocherà sui prezzi di mercato e non sulla qualità tecnologica. Anche per questo motivo credo che sia stato lanciato quello che è un po' di più di un appello alla qualità totale da parte dell'amministratore delegato della FIAT, dottor Romiti.
Su questi punti si deve intervenire con un confronto con i grandi gruppi industriali per intervenire sulla politica industriale. Questo è solo un riferimento ad alcuni dei processi che già sono avvenuti, sapendo che il 1993 è alle porte. Ma a questo voglio collegare problemi dei quali non si fa menzione nel programma: le difficoltà produttive di un grande gruppo come la Olivetti, che ha già preannunciato migliaia di licenziamenti nei prossimi mesi il calo delle vendite dell'auto e le scelte che sono state illustrate ieri dal gruppo dirigente della FIAT a Marentino ad alcuni esperti di finanza, che dicono di un futuro impegno da parte della FIAT principalmente nei settori finanziari e assicurativi per vietare un'autodipendenza: presuppongono forse dei processi di deindustrializzazione da parte della FIAT o presuppongono altro? Sono sempre più insistenti le voci di massiccia cassa integrazione in FIAT nell'autunno, quindi tra poche settimane immediatamente al ritorno dalle ferie.
Cito ancora gli stessi confronti che sono in corso tra la FIAT e la Crhisler: quali ipotesi, quali assetti industriali, quali investimenti? Che cosa vuoI dire in questo senso il rapporto con i mercati dell'Est? Produzione di sole auto? Non credo che sarà produzione di sole auto.
Come la maggioranza si pone il problema di conoscere, di informarsi e di avviare un confronto con i grandi gruppi su questo complesso di scelte? Gli stessi grandi processi di ristrutturazione che ancora non sono arrivati al culmine, ma che probabilmente vi arriveranno nei prossimi mesi che coinvolgono la componentistica dell'auto, potranno avere una azione dirompente rispetto agli stessi livelli occupazionali e alle questioni della qualità produttiva.
Sono problemi che aprono grandi interrogativi sul. futuro produttivo sull'occupazione e quindi sulla società piemontese.
A questo voglio aggiungere che sono aperti i contratti nazionali di lavoro di categorie come i metalmeccanici, ma anche altri settori industriali nelle prossime settimane apriranno le loro vertenze contrattuali. Pensiamo a quali fasi di acute tensioni sociali si potranno trovare di fronte le istituzioni e la comunità piemontese nei prossimi mesi in una miscela tra cassa integrazione e scioperi per i contratti collettivi nazionali di lavoro.
Questi non sono solo problemi sindacali, sono problemi che riguardano una società più giusta, più civile, più solidale e quindi in primo luogo una istituzione, come la Regione, che abbia l'ambizione di governare davvero la comunità piemontese.
Insieme a questi problemi, che si possono prevedere per i prossimi mesi, ci sono già preoccupanti sintomi attuali: l'aumento dell'uso della cassa integrazione, insieme al residuo di sacche di casse integrazioni (dalla vecchia Indesit alla CEAT) che ancora non si sono risolte; la nuova CIG Indesit - Merloni; la situazione del filato nel biellese; la richiesta di cassa integrazione nel settore cartario da parte di società che costituiscono in alcuni casi l'elemento trainante dell'economia di intere vallate (si pensi alla Burgo di Germagnano).
Come si può far fronte a questi problemi senza conoscere le strategie industriali delle grandi imprese a partire dalla Fiat e dalla Olivetti? Una Regione che voglia programmare non può non porsi obiettivi di politica industriale, di conoscenza delle strategie industriali, altrimenti si svolge un ruolo marginale, si lascia mano libera ad altri di programmare lo sviluppo.
Una Regione deve avviare una politica attiva del lavoro che non comporti solo l'accompagnamento delle scelte del sistema delle imprese, ma che abbia un'incidenza concreta sul rapporto domanda-offerta di lavoro.
La Regione ha uno strumento importante di intervento nel mercato del lavoro: la formazione professionale. Se viene confermata la scelta (riportata dai giornali) di unificare le competenze lavoro e formazione professionale questo sarà sicuramente un fatto positivo. Anche l'ipotesi di unica competenza prevista nel documento sarebbe positiva. Quello che manca all'elenco di interventi possibili (in sé accettabili) sono gli strumenti: dalla programmazione alla gestione, affinché alle ipotesi seguano comportamenti concreti di governo.
Si tratta di coinvolgere i soggetti protagonisti, in primo luogo le forze sociali (imprenditori e lavoratori) insieme alle istituzioni locali e alle strutture di formazione. non solo in un generico confronto di programma, ma sulla gestione e soprattutto nella verifica dei risultati tra i corsi di formazione professionale (ai diversi livelli) e le occasioni di lavoro concretizzate.
Per fare questo occorrono progetti selezionati che individuino con precisione le priorità sociali di intervento (dalle fasce deboli alle fasce alte della popolazione lavorativa) e occorrono strumenti di indirizzo gestione, controllo e verifica degli investimenti e delle finalità.
Per il funzionamento di un'economia e di una società c'è un punto centrale che va rinnovato e riformato: la Pubblica Amministrazione. In questo programma non ci sono proposte in questa direzione al di là della gestione della propria struttura e del proprio personale.
La Regione dovrebbe invece intervenire con proposte da avanzare nei confronti delle istituzioni locali, degli organi centrali dello Stato delle forze sociali su alcune questioni.
Penso alle questioni della formazione e qualificazione dei lavoratori pubblici con specifiche iniziative assumendosi la Regione da questo punto di vista un ruolo e un compito di coordinamento.
Penso soprattutto ad un problema che è ormai una questione di modernità e di crescita sociale e civile di un Paese. Mi riferisco al sistema degli orari a livello territoriale. Per l'impatto che ha con i problemi dell'occupazione, della qualità della vita, dell'ambiente, soprattutto quello fisico urbano, credo sia ora di mettere mano agli orologi che segnano i nostri tempi: sono vecchi e incompatibili con la risoluzione dei problemi che dicevo prima.
Questi sono solo alcuni punti che riguardano i problemi dell'economia del lavoro e dei diritti della comunità piemontese ai quali nel documento non si fa cenno oppure si affrontano in modo assolutamente inadeguato ed arretrato rispetto ai processi reali.
Su questi problemi emergono le carenze di analisi, le indicazioni di ricerca, le proposte di soluzione da parte della maggioranza.
Il dissenso sta proprio in questi motivi: manca concretezza e i problemi di una società moderna in un contesto europeo vengono affrontati con vecchi metodi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fulcheri.



FULCHERI Giuseppe

Ho partecipato alla discussione e alla stesura del documento per il Gruppo liberale e mi riconosco nelle presentazioni del documento stesso da parte dei colleghi Picchioni, Garino, Vetrino e Gallarini.
La mia partecipazione alla redazione del documento è stata improntata però ad una visione più all'esterno del palazzo regionale, anche perché nei trascorsi venti anni di convivenza con la Regione Piemonte non sempre ho condiviso - quale rappresentante di Comune montano e Comunità montane - le impostazioni e le norme stabilite.
In particolare mi sono soffermato su alcuni problemi. Innanzitutto la montagna, logico e naturale per chi come me proviene da quell'ambito. Ho sottolineato la necessità di tenere presenti: il Progetto Montagna redatto nel 1982 dalla Delegazione regionale piemontese dell'UNCEM e la L.R. n.
23/90 "Provvedimenti per lo sviluppo dei territori montani", la cui bozza di disegno di legge fu anche presentata dall'UNCEM. Inoltre ho presentato la proposta di inserire la costituzione del Comitato interassessorile per il coordinamento dei provvedimenti regionali in favore della montagna che non sono soltanto quelli previsti dagli Assessorati all'Agricoltura e foreste e al Turismo.
Anche sui problemi della cultura e dell'istruzione, in particolare dell'Università, sono intervenuto per l'inserimento nel documento dell'impegno che suona così: "Occorre tuttavia operare in coordinamento con Province e Comuni perché i tempi non tornino ad essere eterni e perch anche l'area sud-occidentale della regione abbia riconosciuto il diritto a decentramenti funzionali all'economia e alla cultura del proprio territorio".
Un altro argomento sul quale ci siamo soffermati e' stato il bilancio: conto consuntivo 1989 e bilancio preventivo 1990. Per quest'ultimo sono partito dalla L.R. n. 4/90 e dai successivi decreti di integrazione del bilancio da gennaio ad oggi, per esaminare entrate e spese 1990 per un ammontare complessivo di 7.733,8 miliardi (645,5 miliardi in più della legge che era stata approvata dal Consiglio regionale) e residui attivi per 1.730 miliardi e residui passivi per 855,4 miliardi. Altre riflessioni, in sede di discussione del programma, sono state tenute ben presenti. Il 12,30% dei finanziamenti della spesa 1990 del bilancio preventivo è dovuto a fondi ed annualità regionali, contro l'87, 70% di fondi ed annualità statali. Portando avanti il discorso delle possibilità di bilancio, abbiamo esaminato la situazione 1985-1990 dove le entrate sono state pari a 27.600 miliardi; dedotte le partite di giro per Sanità, fondi reimpostati e contabilità speciali per un totale di 20.900 miliardi, risultano fondi disponibili per 6.700 miliardi, di cui 1600 (23,88%) per il funzionamento della Regione e la copertura di altre spese rigide; 1.100 miliardi (16,4%) per annualità e interessi: 2.650 miliardi (39,5%) di assegnazioni statali vincolate; pertanto, i nuovi interventi rappresentano soltanto 1.400 miliardi, pari al 5,07% delle entrate di 27.600 miliardi nel quinquennio.
E' chiaro che di fronte a queste situazioni non si poteva pretendere che nel documento ci fossero delle puntualizzazioni maggiori, demandando quindi alla Giunta l'approfondimento di questi dati perché nel corso di quattro -cinque mesi si è modificata interamente la situazione che era stata vista a gennaio per cui occorre reimpostare i programmi futuri e ridefinire le priorità in funzione delle possibilità di bilancio.
Ci siamo anche occupati del patrimonio sul quale occorre fare ragionamenti molto seri: richiede un ripensamento e considerazioni molto approfondite.
C'è l'impegno da parte della maggioranza, quindi anche del Gruppo liberale, ad approfondire il documento così come è stato presentato sentite tutte le voci del Consiglio regionale, per giungere alla presentazione, come Giunta, di un documento che sia più puntuale e forse più completo di questo. Tale impegno coinvolgerà tutti quanti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Mercedes Bresso. Ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono passati ormai molti decenni da quando un grande uomo della sinistra, Ernesto Rossi, coniò la locuzione "aria fritta" per il linguaggio della politica. Questa frase è diventata molto famosa, ma credo che pochi ricordino che è da attribuire ad Ernesto Rossi. Eppure, quando si ricevono documenti di questo tipo si è costretti a rispolverare il vecchio detto di Ernesto Rossi, - perché ed è persino imbarazzante per l'opposizione - sta diventando un esercizio strano quello per cui si è costretti a caratterizzare l'opposizione partendo non dalla contrapposizione di idee e quindi dalla possibilità di contrapporre idee a idee, proposte a proposte, programmi a programmi, ma dalla contrapposizione fra il nulla e le idee.
Il collega Carletto ha sempre detto che io sono arrogante nei miei interventi, bisogna pur dire però che un documento di questo tipo qualcuno potrebbe non firmarlo e quindi autoconsiderarsi opposizione (salvo il fatto che non viene invitato a sottoscriverlo), solo in quanto non contiene le proprie idee, ma non in quanto contiene cose che non potrebbe sottoscrivere. A mio avviso questo non è un modo corretto di porsi da parte di una maggioranza. Una maggioranza deve fare capire a chi ritiene di non poter far parte della maggioranza, su che cosa non è d'accordo: si devono creare le condizioni perché si capisca su quali elementi si caratterizza una maggioranza. Questo è ciò che manca nei documenti che, questa volta come la precedente, vengono presentati come documenti programmatici. Il programma è qualcosa che riesce a definire il viso politico di una maggioranza e quindi consente all'opposizione di porsi in contrapposizione e non quale portatrice di idee, non si sa bene in rapporto a che cosa.
D'altronde, sempre più questi documenti non contengono dei programmi e delle scelte, quindi non rappresentano l'indicazione di strumenti atti a realizzare qualcosa, bensì delle considerazioni generali su ciò che dovrebbe essere realizzato (questo deriva anche dal fatto - lo ha detto il collega Rivalta - che i documenti sono stesi da qualcuno che non avrà il potere di fare e quindi dice "si dovrebbe fare", "sarebbe augurabile fare" non dice "voglio fare") e si sostituiscono gli strumenti concreti con gli osservatori e le agenzie: per quanto riguarda gli enti strumentali addirittura si propone di smantellarli e sostituirli con osservatori per "osservare" la realtà regionale.
Io tratterò in seguito quella parte del documento che, si fa per dire si occupa di ambiente, ma siccome mi sono occupata nella passata legislatura di programmazione e bilancio, voglio dire alcune cose su tale questione. E' stata lamentata, anche dall'ultimo intervento del Consigliere liberale, l'assenza di disponibilità finanziarie della Regione. E' evidente che la situazione del bilancio regionale è gravissima, soprattutto da due elementi che sono indicati nel documento:primo, i trasferimenti avvengono sempre più sulla base di risorse vincolate; secondo, le risorse sono insufficienti. Però non è sufficiente dire che così non va, il problema è che occorre una riforma complessiva della finanza statale e regionale che consenta di riportare a un rapporto corretto sia gli aspetti finanziari che quelli di programmazione. Lo dico in sintesi estrema - questo forse vi spiegherà perché ci consideriamo profondamente autonomisti - il meccanismo fiscale corretto non potrebbe essere che quello in cui le Regioni, ma anche Comuni e Province, definiscono sulla base di forchette di addizionali all'imposta sulle persone fisiche le risorse complessive di cui abbisognano per realizzare i propri programmi e quindi hanno una quota delle risorse pagate dai cittadini di quella Regione, mentre alla quota del bilancio statale compete la redistribuzione regionale, quando giudicata necessaria e alla quota del bilancio regionale compete la redistribuzione fra Comuni per riorientare e riequilibrare, attraverso meccanismi redistributivi, i processi di sviluppo della Regione.
La seconda questione riguarda la programmazione che, a questo punto diventerebbe insieme all'attività legislativa l'unico strumento delle relazioni fra i diversi livelli di governo per cui lo Stato e analogamente la Regione regolerebbero i rapporti non attraverso la distribuzione di fondi, ma attraverso la legislazione e la programmazione, evitando in questo modo le penose corse degli amministratori dei vari livelli a chiedere finanziamenti al livello superiore, che rappresentano una delle ragioni di assurda perdita di tempo nell'esecuzione di ciò che si decide di eseguire. La programmazione e il bilancio diventano quindi gli strumenti essenziali non solo dell'indirizzo preventivo, ma del controllo.
Un'altra delle cose che non ci sono in questo documento e che invece abbiamo verificato e denunciato più volte nella passata legislatura è il fatto che l'Ente Regione si preoccupa sempre e solo del preventivo, ma non esiste alcuno strumento che consenta di legare bilancio e programmazione in sede di rapporto fra destinazione delle risorse finanziarie e progettazione fisica degli interventi tale da consentire a posteriori di verificare non soltanto la realizzazione finanziaria dell'intervento. ma anche il risultato fisico dell'intervento, quando ciò sia previsto. Esistono degli strumenti di gestione del bilancio della programmazione che consentono di realizzare il legame fra risultato finanziario e risultato fisico che danno uno spazio grande al consuntivo che invece è un momento che non esiste nella Pubblica Amministrazione.
Vengo alla questione dell'ambiente. La penosità del documento in proposito è grande, perché non c'è neppure l'eco di decisioni che anche l'Italia ha assunto a livello internazionale con impegni precisi. Un noto documento dell'ONU (il rapporto Bruntland), che è stato assunto anche dai 7 paesi più sviluppati del mondo come base del rinnovamento della politica economica di tutti i Paesi, pone a base del riequilibrio del rapporto fra economia e ambiente il concetto di "sviluppo sostenibile" e impone a tutti gli Stati di rivedere alla luce del concetto di sviluppo sostenibile la propria politica economica e non ambientale. Qui invece il meccanismo è sempre il solito: c'è un capitolo sull'ambiente, poi ve ne sono altri sull'energia, sull'agricoltura, sull'industria, sull'artigianato, sul commercio. Su tutti questi capitoli si dice "bisognerà anche tener conto dell'ambiente". Se questa è l'intenzione di riconversione della politica di questo o quel settore alla luce del concetto di sviluppo sostenibile allora non si sa che cosa significa tale concetto. Nessuna eco di questo traspare dal documento, tutto il resto non può che non essere realizzabile.
L'estensore del documento si chiede come mai non si riesce a fare nulla ad esempio per quanto riguarda la politica dei rifiuti. Oggi si è costretti ormai a mettere da qualche parte i rifiuti, per cui questa è una politica di imposizione alle comunità locali di accettare una qualche discarica, ma è soltanto con la riconversione dell'economia che si possono affrontare e risolvere i problemi dei rifiuti delle acque, del territorio.
Non si fa dunque cenno all'assunzione del concetto di sviluppo sostenibile per cui la politica ambientale è carta straccia in questo documento programmatico, si citano però alcune questioni specifiche. Non entro nel merito delle politiche economiche, non perché non me ne occupo anzi me ne occuperò in questa legislatura. proprio .alla luce del concetto di sviluppo sostenibile, ma perché non c'è nulla quindi si fa in fretta a commentare.
Entro Invece nel merito dei capitoletti (davvero smilzi) relativi alle politiche ambientali. Comincio da quella che pudicamente viene detta "politica degli spazi verdi" che poi dal contesto sembra voler essere invece la politica dei parchi. In primo luogo faccio un richiamo all'Assessore Vetrino: non è che noi abbiamo dato il nostro consenso alla istituzione del parco del Po, lo abbiamo imposto alla maggioranza. Quindici giorni prima del voto non c'erano i numeri di maggioranza e l'Assessore Vetrino si era pubblicamente pronunciata in aula dicendo che avrebbe preso i voti dell'opposizione per realizzare il parco del Po se non ci fossero stati i voti della maggioranza. E' stato quindi imposto, ma lo stesso Assessore Vetrino un mese prima dava per impossibile la cosa ed era disposta a smembrare il parco del Po istituendone qualche pezzo (quello che gentilmente la DC le avrebbe consentito). Questa è la situazione reale del passato! Su questo documento si dice "gentilmente" che si vuole proseguire con qualche progetto pilota e migliorare la politica dei parchi alla luce della nuova legge. La politica dei parchi non può essere considerata una politica attraverso la quale salvaguardare qualche grazioso pezzetto di territorio in modo che i turisti che, come è noto, vengono poco in Piemonte, possano magari venire un po' di più; deve essere una politica centrale per ricostruire con la gente, in particolare con gli abitanti delle zone che presentano ancora aree degne di salvaguardia, una cultura della conservazione del patrimonio come bene essenziale della collettività e allora non può essere una politica residuale, bensì d'attacco! Il Piemonte era considerata la Regione capofila (ha addirittura ricevuto un premio) di questa politica, ma la percentuale di territorio protetto in Piemonte è ormai Inferiore a quella di altre Regioni, per cui è sulla quantità e sulle modalità con cui è possibile raggiungere almeno il modesto obiettivo CEE del 10% che il documento doveva pronunciarsi, anche per dire che non si intende invece raggiungerla.
Per quanto riguarda gli altri punti ambientali è già stato richiamato il fatto che l'unico problema ambientale del Piemonte citato nominativamente, è l'Acna per la quale si dice che si rovescia una politica, l'unica su cui c'era stato l'accordo unanime di tutto il Consiglio regionale e che di fatto si gestisce la riapertura.
Per quanto riguarda l'applicazione della direttiva Seveso, la cui scadenza per la presentazione delle dichiarazioni alla Regione è prevista per il 31/12/1990, la Regione a tutt'oggi non dispone neanche di un progetto di legge per cui la questione non viene nemmeno citata. Io penso che chi ha steso il documento si sia dimenticato che siamo totalmente inadempienti nei confronti della legge che recepisce la direttiva Seveso per cui le imprese non sanno neppure a chi possono rivolgere le loro dichiarazioni.
Annoto la questione delle acque perché questo è un altro gravissimo problema. Su tale questione si propone un Osservatorio che sarà bene osservi con attenzione ad esempio il fatto che è completamente annullato il controllo della politica di apertura e di utilizzo dell'acqua di pozzo che è il veicolo attraverso il quale passano tutti gli inquinamenti delle falde in Piemonte che stanno praticamente mettendo fuori da ogni utilizzazione in particolare quella potabile, le falde sotterranee piemontesi. Invece dell'Osservatorio forse si potrebbe cominciare a proporre una politica dell'emergenza idrica che è quella che in realtà dobbiamo affrontare.
Idem dicasi per l'inquinamento atmosferico: non solo è pendente, come viene ricordato, una montagna di richieste di autorizzazioni ai sensi della Legge n. 203, ma c'è soprattutto la necessità di elaborare i piani della qualità dell'aria di cui non si fa cenno, ci si propone semplicemente l'obiettivo gentile e corretto di smaltire l'eccesso di pratiche.
Vi farò grazia, nel senso che le presenterò in autunno sotto forma di mozione, delle controproposte che se ci fossero state delle proposte avremmo fatto su questi argomenti. Richiamo però, non come si suol dire per titoli, ma con nome e cognome, un elenco di problemi ambientali del Piemonte su cui avremmo voluto sentire l'opinione o almeno che ci venisse detto che si sapeva che esistevano proprio per far sì che il documento non sia utilizzabile anche per la Lombardia cambiando la parola Piemonte qua e là, ma un documento che entra nei problemi di questa Regione che volete andare a governare.
Dell'Acna ho già fatto cenno: cito poi il polo petrolchimico di Trecate: il problema di Spinetta Marengo; il problema della riconversione dell'amianto; il problema di non considerare l'agricoltura di montagna il settore in cui esercitarsi sull'ambiente perché è l'agricoltura di pianura che porta gli attacchi maggiori. L'agricoltura di montagna di attacchi all'ambiente ne porta pochissimi quindi è a proposito di quella di pianura in particolare la risicultura, che vanno dette e spese delle parole sulla riconversione ambientate. C'è poi il problema non solo economico-produttivo e lavorativo, già citato dal mio collega Marengo, del Gruppo Fiat, che produce la fonte maggiore di inquinamento che le società industriali conoscono.
C'è infine il problema produttivo e ambientale dell'energia rispetto al quale, le cose che si dicono sono così modeste che non c'è neanche qualche indicazione su che cosa, per esempio, si pensa di fare dopo la fortunata chiusura della centrale di Trino, in particolare rispetto alla dismissione della stessa.
Faccio grazia al Consiglio dell'altra lunga serie di cose puntuali che potremmo sollevare e ci riserviamo - perché crediamo che il Piemonte meriti di meglio sulla politica ambientale come su molte altre cose -di proporre un documento programmatico in autunno.



PRESIDENTE

Do la parola per l'ultimo intervento del mattino al Consigliere Riba chiedendogli la cortesia di terminare possibilmente entro le ore 13,30.
perché il dibattito riprenderà alle ore 14,30 con l'intervento della Consigliera Gissara che si è iscritta per parlare.



RIBA Lido

Signor Presidente e colleghi, io trovo smilza nel documento la parte che riguarda l'agricoltura - uso un eufemismo naturalmente per non essere polemico - non tanto perché non abbia una quantità notevole di pagine, ma perché l'agricoltura per sua natura è un settore trasversale di interconnessione che d'ora in avanti utilizzerà insieme risorse ambientali di acqua, cultura e professionalità: è, quindi, un settore che utilizza delle sinergie molto complesse.
Ora l'agricoltura nel suo insieme sta vivendo una crisi acutissima di tipo strutturale. Ciò sembra quasi inverosimile in rapporto allo sforzo compiuto dall'intervento pubblico e soprattutto dallo sforzo di ammodernamento compiuto dalle imprese. La politica dei sostegni allo sviluppo aziendale mostra ormai il suo limite perché i fattori di crisi non stanno più nella inefficienza o scarsa competitività - a parità di altre condizioni -delle nostre aziende, quanto in nuove problematiche quasi tutte esterne alle aziende stesse. Tra queste hanno particolare influenza nella realtà piemontese almeno tre questioni delle quali la Regione si dovrà occupare: a) la politica comunitaria che imponendo quote di produzione su un comparto come il latte in pratica impone di mettere in cassa integrazione le nostre aziende zootecniche: b) l'impatto del problema ambientale, sul quale bisognerebbe ragionare seriamente (mi rivolgo in particolare alla Coldiretti) circa le prospettive di creare una alleanza tra cultura ambientalista e gestione dell'agricoltura perché le due questioni non confliggano in una sorta di guerra dei poveri e della disperazione. Per sua natura l'agricoltura utilizza l'ambiente e lo compromette se continuiamo a non mettere a disposizione dell'agricoltura delle tecnologie che siano tali da consentire un perfetto rispetto dell'ambiente. L'esito dei referendum appena celebrati potrebbe suggerire delle lunghe riflessioni alle quali certamente dovremmo addivenire.
c) La questione dell'acqua ormai sta diventando una emergenza, dovrebbe quindi avere un'eco maggiore in questa stessa seduta. L'acqua per l'agricoltura è un fattore primario di produzione. In Piemonte si stima che il deficit di acqua che colpisce soprattutto le province di Torino Alessandria, Cuneo e Asti, sia attualmente dell'ordine di mezzo miliardo di metri cubi. Pertanto, o noi realizziamo questa disponibilità oppure continuiamo a compromettere sia la produzione agricola, sia la qualità dell'acqua. Relativamente a questo problema vi è un passaggio nel documento, ma il ciclo dell'acqua è molto più consistente di quello che viene indicato, perché c'è anche un ciclo agricolo. Mezzo miliardo di metri cubi di acqua comportano una produzione di 100 - 150 miliardi all'anno, il che è molto in termini di occupazione, risorse e prospettive di ricchezza.
All'ordine del giorno di questa legislatura deve esserci la volontà di costruire quegli invasi che consentano di raccogliere se non i 500 milioni di metri cubi d'acqua almeno una quota di sopravvivenza.
E' strano che, di fronte all'emergenza acqua, non si insorga sul fatto che stiamo perdendo la risorsa di tutto il fiume Bormida non utilizzabile nemmeno per l'irrigazione in quanto l'inquinamento di cui è portatore creerebbe gravi compromissioni per tutto il ciclo alimentare. Chiedo quindi che tale questione venga esaminata subito anche dalla Presidenza del Consiglio Regionale perché si tratta di una reale emergenza nel momento in cui l'agricoltura piemontese vive già altri problemi. Cito tra questi quello della zootecnia. Il prezzo della carne è diminuito rispetto agli anni precedenti: il prezzo dei vitelli nazionali quest'anno è di 32.000 lire al Mg contro le 34.000 lire nel 1987; quello dei tori della coscia 30.000 lire rispetto a 32.000 lire nel 1987, vacche grasse 32.000 lire rispetto a 37.000 nel 1987. Se a questo aggiungiamo la perdita non inferiore a 40/50 miliardi dovuta alla siccità di quest'anno, ci rendiamo conto dello stato di crisi in cui si trova la seconda grande risorsa occupazionale, ambientale e sociale del Piemonte, cioè l'agricoltura.
C'è la necessità quindi di una politica molto più incisiva. Ci sono degli elementi pregevoli in qualche passaggio del documento; ad esempio l'uso della programmazione agricola zonale. Il meglio della risorsa che si poteva mettere in campo dal punto di vista culturale, della ricognizione delle sinergie e della marcia d'insieme delle istituzioni si era avuto con la formazione dei piani agricoli zonali (non so se il collega Penasso condivide questa considerazione) che rappresentano un patrimonio a disposizione dell'Esap. Tale patrimonio può essere sfruttato nell'impostazione di una politica tendente a fornire all'agricoltura non delle limitazioni alla sua operatività, bensì degli elementi di supporto per una funzione diversa e ambientalmente compatibile.
Faccio un'altra annotazione relativamente alla necessità della ricerca di tecnologie che consentano di aumentare qualitativamente la produzione realizzando però anche degli obiettivi di compatibilità ambientale. La Regione Piemonte è in grado di tentare subito una sperimentazione nell'ambito della lotta guidata biologica e batteriologica per quanto riguarda la frutta (qui avanzo la candidatura della mia Provincia che è all'avanguardia in questo settore) e per quanto riguarda la risicultura che è il settore nel quale c'è il maggiore carico di inquinanti chimici E' necessaria una sinergia tra la ricerca di nuove tecnologie e l'utilizzo delle nostre risorse in questo campo, in modo particolare da parte dell'Esap.
Apprezzo il riferimento, per quanto leggero, alla questione delle pratiche agrituristiche perché il turismo è un bene a produzione congiunta con l'agricoltura che si è valorizzato troppo poco finora nonostante le vocazioni. Questo tuttavia sta all'interno del discorso - ne ho apprezzato il carattere autocritico - relativo al turismo così come si è svolto finora nella Regione Piemonte.
Rispetto al turismo il documento è così critico che lo posso totalmente sottoscrivere: sembra quasi un documento di opposizione. Si parla infatti di utilizzazione di risorse in modo non sufficientemente razionale e di patrimoni che non sono stati messi a cultura dal punto di vista turistico.
C'è la necessità che il Piemonte comunque organizzi turisticamente il suo "incoming" (come lo chiamano i tecnici), perché per quanto riguarda l'outgoing" dal Piemonte si muove una massa turistica invidiabile e sicuramente superiore alla media nazionale. Le capacità di organizzazione e lo dice lo stesso documento - non sono all'altezza delle risorse che possiamo mettere in campo.
Torno un attimo alla questione acqua, all'emergenza idrica. Per quanto riguarda l'agricoltura, si tratta di un grido di dolore, di una perdita per la quale dobbiamo chiedere la dichiarazione di calamità naturale su almeno 2/3 del territorio piemontese irrigabile. Se nelle zone asciutte tradizionalmente la mancanza di precipitazioni comporta dei danni limitati in quelle irrigate, soprattutto nell'Alessandrino, comporta la desertificazione a causa delle caratteristiche morfologiche del terreno (questo vale in particolare per la zona del Canale Carlo Alberto e del fiume Bormida). A questi problemi si aggiungono in modo disordinato le richieste e le emergenze per gli acquedotti civili. Ma tutti sanno che la politica nel nostro Paese, nella nostra regione in modo particolare, è stata praticata con la tecnica delle concessioni. Una cittadina media utilizza 200/300 litri di acqua al secondo e li ottiene in concessione naturalmente durante l'inverno il problema non sussiste, ma durante l'estate la portata d'acqua non è sufficiente. Anche se 300 litri d'acqua al secondo assommano solo a 3 milioni di metri cubi in un anno, quindi un'inezia rispetto alle dimensioni di un invaso, se prelevati in modo costante durante i mesi estivi producono prosciugamento di canali desertificazione, danni ambientali irreversibili.
L'uso sinergico dell'acqua per usi industriali, civili e irrigui, in Piemonte comporterebbe un investimento dell'ordine di 2500 miliardi (5000 lire al mc x 500 mila mc).
Un tecnico al quale presto fede mi ha detto che la spesa per una diga da 250 milioni mc d'acqua sarebbe ripagata dall'aumento di produzione agricola in soli due anni. E' chiaro che noi non possiamo mettere in campo una risorsa pubblica di 2500 miliardi per l'acqua, ma è altrettanto evidente che, dato l'incremento che ne deriverebbe per i redditi privati noi possiamo operare a questo riguardo mettendo in campo anche delle risorse private, immaginando un sistema di società miste, coinvolgendo anche l'ENEL, sottraendo ai costi i ricavi per la produzione di tipo idro elettrico. Nel documento si parla della "necessità di un coordinamento interassessorile". Bisogna costituire un'autorità specifica. Questo problema non può essere lasciato a carico di un solo Assessorato, né di un solo bilancio.
Accenno brevemente alla questione della montagna, perché mi pare che l'indicazione sia davvero troppo esigua. La montagna è citata nel documento a proposito dell'agricoltura e del turismo. Io ritengo che per quanto riguarda la montagna un punto preliminare sia il riconoscimento dell'identità storica, linguistica e culturale, in particolare delle popolazioni occitane ed in generale di tutto il territorio alpino della regione. Questo come base per ristabilire dei diritti finora negati e farne discendere conseguenti vincoli di tutela, di spesa e di comportamento amministrativo ed istituzionale. Da qui deriva la necessità di riconoscere alle autonomie montane particolari sovranità. E' necessaria una discontinuità della nostra politica nei confronti della montagna, senza negare responsabilità che, peraltro, sono state finora comuni. Un punto lo affermo con convinzione: è necessaria la regionalizzazione delle politiche per la montagna, perché l'unica forma di intervento che ha dato risultati positivi per i territori montani considerati nel loro insieme civile culturale e antropico, è stato l'esempio delle Regioni a Statuto speciale.
Non sto ora proponendo questo, ma il modello di intervento è quello di una ripartizione del problema a livello regionale, altrimenti la pratica di una politica indifferenziata su tutto il territorio nazionale comporta una dispersione di contributi a pioggia senza risultati.
L'ultimo accenno lo faccio ad un'emergenza della mia provincia. E' stata nuovamente chiusa, per l'ennesimo crollo, la galleria del Colle di Tenda che collega l'Italia con la Francia nel settore sud-occidentale. Si tratta di capire cosa intende fare la Regione per risolvere l'emergenza determinata dalla occlusione dell'unico transito tra il sud del Piemonte e il ponente della Liguria, in questo momento. Dico questo perché mentre nella parte che riguarda i trasporti sono evidenziati i problemi dei collegamenti nord-sud (si vedano i trafori del Monte Bianco e del Frejus la Voltri - Sempione, i corridoi intermodali) si fa anche un accenno alle comunicazioni est-ovest (Trieste - Barcellona) però da questo punto di vista la fase di individuazione del problema è del tutto iniziale. I percorsi non sono stati ancora definiti e voglio denunciare un problema di cui chiedo alla Regione di occuparsi specificatamente, lo chiedo a nome di tutto il Gruppo comunista: mentre si sta discutendo del collegamento internazionale est-ovest da Trieste a Barcellona, con un segmento unico di tipo ferroviario o intermodale o ferroviario e viario, in provincia di Cuneo si sta perpetrando l'ipotesi di costruzione di una specie di bretella autostradale che va in tutt'altra direzione e introdurrebbe in via surrettizia la costruzione di una autostrada tra Cuneo ed Alessandria attraverso le colline delle Langhe, i territori del Monferrato, la Valle Belbo e la Valle Bormida. Questo non e' dichiarato, ma è negli atti, per cui io chiedo espressamente che questo tracciato autostradale, al quale si sta lavorando in provincia di Cuneo, per le competenze che la Regione ha in materia, in modo particolare per ciò che riguarda la sua autorità nella Conferenza dei Servizi e nell'esposizione dei pareri, sia oggetto di discussione da parte del Consiglio regionale. Solo allora, quando sarà certo che ciò che si sta progettando è coerente con l'impianto delle scelte che si fanno a livello regionale, si potrà considerare legittimo il tipo di lavoro e di scelte che si stanno compiendo attorno a questa impostazione del trasporto est-ovest.



PRESIDENTE

Devo alcune risposte al Consigliere Riba che mi ha coinvolta direttamente. Dell'ultima questione posta mi faccio carico di interessare l'Assessore che verrà nominato ai trasporti.
Per quanto riguarda invece la questione dell'emergenza idrica, ho ricevuto un telegramma col quale si richiede la convocazione di un incontro su questo tema ed altre sollecitazioni scritte che mi riservo, appena terminate le due sedute del Consiglio regionale, di mettere in convocazione. Verrà data informazione ai Consiglieri interessati di queste questioni che sono gravi e urgenti, e bene ha fatto il Consigliere Riba a sottolinearle. Si conclude a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio che riprenderanno alle ore 14,45.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,30, riprende alle ore 14,45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Consigliere Gissara.



GISSARA Margherita

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche il Gruppo Pensionati ha ascoltato con attenzione il programma che ci è stato presentato per la prossima legislatura. Tutti i programmi sono buoni, come i buoni propositi.
E' la loro realizzazione che segna e distingue un'Amministrazione. E' la prima volta che vengo chiamata ad esprimere un giudizio sul programma di una Giunta e non ho motivi seri per dubitare della buona volontà delle forze politiche che lo hanno espresso. Anche la parte relativa all'assistenza agli anziani, agli inabili e ai cittadini deboli ci vede favorevoli (anche se l'avremmo preferita un po' più ampia), ed è d'altronde una serie di dichiarazioni di intenti e di buona volontà dentro cui ci pu stare tutto o niente. Il Partito Pensionati ha chiesto ai responsabili nazionali della DC e del PSI e delle altre forze politiche del pentapartito di ripristinare la pensione agli invalidi civili ultrasessantacinquenni. I massimi dirigenti della DC, del PSI hanno assicurato ed appoggiato questa richiesta. E' per questo motivo che noi lealmente votiamo a favore della Giunta di pentapartito, sia in Piemonte che in Liguria che in Lombardia non abbiamo un assessorato e non lo vogliamo. Proprio questo non essere coinvolti in responsabilità di Giunta ci lascia le mani libere per valutare, provvedimento per provvedimento, la rispondenza al programma e soprattutto agli interessi dei cittadini tutti. In questo quadro non mancheranno le nostre proposte, le nostre richieste,le nostre valutazioni.
Ci auguriamo che le parole di attenzione ai problemi dei pensionati, che non sono mai mancate, vengano realmente e concretamente seguite da fatti che tutti attendiamo e dei quali siamo tutti responsabili.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Grosso. Ne ha facoltà.



GROSSO Carlo Federico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, svolgerò un breve intervento sulla parte del programma presentato dalla maggioranza che riguarda l'organizzazione dell'ente Regione nella sua realtà istituzionale ed i rapporti della Regione con gli enti locali alla luce della nuova legge sulle autonomie locali.
La lettura di questo documento mi ha lasciato gravemente insoddisfatto.
Ho notato in primo luogo una certa contraddizione fra i suoi specifici contenuti e i contenuti, ad esempio, che erano presenti nel discorso introduttivo della appena eletta Presidente del Consiglio, la quale nel suo discorso di apertura aveva assunto un tono su questi problemi ben diverso.
Mi ha stupito che la Giunta su questi problemi sia così gravemente assente proprio in un momento in cui stiamo entrando in una fase che potremmo chiamare costituente della Regione. E dire che la premessa iniziava con una dichiarazione di alto livello. Siamo di fronte ad un momento di grandissimo interesse per l'ente regionale che esige delle risposte forti.
Nel momento in cui si vanno a leggere le proposte della Giunta in materia di assetto ed organizzazione dell'ente Regione non si può che rimanere molto stupiti dell'assoluto vuoto di proposte. In realtà si dice semplicemente che occorre ripristinare un corretto rapporto, fra Stato e Regione, giusti i principi e le regole fissati dalla Costituzione. Ci significa spingersi verso una rifondazione della Regione. E' un'impostazione estremamente riduttiva ed in secondo luogo è un'impostazione che nulla ci dice concretamente sui contenuti di questa rifondazione, sennonché - si dice - bisogna riaffermare il ruolo programmatorio e non gestionale della Regione e la Regione deve riassumersi tutte le competenze che ordinariamente si erano pensate e poi abbandonate.
La Regione deve riacquisire autonomia nell'imposizione finanziaria e nelle scelte di investimenti. Credo che in questo momento l'impostazione avrebbe dovuto essere ben più incisiva. Noi avevamo cercato nella prima riunione di Consiglio di presentare subito con forza le linee che avrebbero dovuto, a nostro avviso, connotare sul problema dei rapporti istituzionali questa legislatura. Si tratta di muovere da un'analisi molto lucida della situazione estremamente deficitaria in cui è venuta a trovarsi la Regione per proporre una serie di riforme interne all'ordinamento già esistente e di revisione dell'ordinamento. Tutto questo, dicevo, manca nel programma della Giunta ed invece credo che occorra porre con forza questo obiettivo in quest'aula. Mi permetto di riproporre alcune linee che ci eravamo già permessi di indicare con estrema precisione in un precedente Consiglio.
Occorre che l'ente Regione si attivi con estrema forza per procedere ad una revisione della stessa Costituzione in ordine alle competenze previste dall'art. 117 e questo è tanto più importante oggi che è entrata in vigore la nuova legge sulle autonomie locali. Una legge sulle autonomie locali che letta con attenzione rischia di diventare un boomerang per le Regioni e portare ad un loro ulteriore svuotamento. Ecco perché se quella legge sulle autonomie locali avrà piena attuazione bisognerà rilanciare verso l'alto la funzione delle Regioni attraverso una richiesta tempestiva di modifica della Costituzione e del nostro sistema.
In secondo luogo è assolutamente necessario a nostro avviso, sempre sul piano delle proposte di riforma legislativa, porre concretamente in cantiere la riforma elettorale. il sistema elettorale a nostro avviso non è più in grado di sostenere il funzionamento degli enti locali in generale e della Regione in particolare. Ma, al di là di quella che può essere individuata come prospettiva "de iure condendo" azione politica generale alla. quale peraltro l'Ente Regione deve attivamente partecipare, noi riteniamo che vi sia tutta una prospettiva di autoriforma della Regione all'interno delle competenze già stabilite, che avrebbe dovuto essere affrontata con incisività e che il programma presentato dalla Giunta assolutamente non affronta. Questo tema avrebbe dovuto costituire un capitolo importante. Un'immediata e completa delega delle funzioni amministrative a carattere locale e decentramento di risorse, personale a Province, comuni e comunità montane, rilancio del ruolo legislazione programmazione e coordinamento della Regione, precise ed immediate distinzioni tra funzioni di indirizzo politico, controllo e funzione di gestione e attuazione delle scelte affidate alla piena responsabilità dei dirigenti, snellimento e qualificazione degli apparati, procedure più rapide e trasparenza garantita; piena realizzazione del diritto all'accesso all'informazione dei cittadini.
Questi sono alcuni momenti che presentiamo come essenziali per una rifondazione interna della Regione.
Poi c'è l'aspetto altrettanto fondamentale dell'inserimento dell'Ente Regione nella nuova Europa. E questo è un capitolo essenziale proprio nel momento in cui sta per entrare in vigore la nuova Europa.
Come mai di questo tema il programma della Giunta non ha fatto il minimo accenno? Credo che il Consiglio su questo terreno dovrà incisivamente e ripetutamente intervenire.
Anche in questo caso indichiamo alcuni dei temi sui quali occorrerebbe soffermarci: assise degli Enti locali e delle forze sociali piemontesi per l'unità politica dell'Europa su basi federaliste rapporti permanenti con il Parlamento europeo e la Commissione esecutiva della CEE apporti politici e istituzionali continuativi e progetti comuni con altre regioni europee potenziamento del ruolo della Consulta europea realizzazione di attività permanenti di informazione e promozione rivolta ai diversi soggetti della comunità regionale.
Ripeto, è un motivo di grosso stupore per noi che la Giunta non abbia minimamente considerato questo aspetto fondamentale. C'è un altro elemento di grossa preoccupazione, lo dicevo poc'anzi. E' entrata in vigore la nuova legge delle autonomie locali. Questa legge comporta dei precisi e immediati adempimenti delle Regioni. Noi ci saremmo aspettati che la Giunta quanto meno prefigurasse ed indicasse alcune linee politiche sulle quali intendeva muoversi negli adempimenti legislativi richiesti. Pensate, entro un anno la Regione, sentiti i Comuni e le Province, deve definire l'area metropolitana, deve decidere che cosa fare del restante territorio della Provincia di Torino, deve - seppure in tempi meno rapidi - individuare i rapporti con le competenze di programmazione delle Province. Noi ci saremmo aspettati già alcune indicazioni, invece nella pagina in cui si parla dell'attuazione della legge nuova sulle autonomie locali si fa un mero e burocratico riferimento agli elementi di legge. Non si da nessun contenuto.
Invece riteniamo che questi contenuti vadano tempestivamente dati.
Innanzitutto, su questo terreno facciamo una richiesta precisa.
L'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale ha già in programma un seminario sul tema dell'attuazione della riforma per la prima metà dell'autunno. Noi chiediamo che venga disposta una sessione speciale del Consiglio regionale dedicata alla impostazione preliminare delle scelte che competono alla Regione nell'attuazione della legge sulle autonomie locali da farsi immediatamente dopo la discussione nell'ambito del seminario che verrà organizzato, appunto, dall'Ufficio dei Presidenza. E questo ci sembra essenziale, tanto più essenziale a fronte dell'assoluto vuoto sul terreno delle scelte che riscontriamo nel programma presentato in data odierna dalla Giunta. Anche su questo terreno abbiamo alcune indicazioni precise di orientamento che faremo presenti e concreteremo in quella sede, sia per quanto riguarda la delimitazione dell'area metropolitana, sia per quanto riguarda la suddivisione dell'area residua dell'attuale Provincia di Torino.
Dico però che saremmo stati lieti che la Giunta, nel momento in cui si presentava al Consiglio per chiedere il voto per la sua elezione, facesse chiaramente presenti quanto meno le linee generali del suo intendimento.
Il Gruppo comunista fa presente con questo mio intervento che intenderà svolgere un 'azione fortissima perché l'Ente Regione non sia soltanto rifondato nella sua realtà costituzionale attuale, ma sia completamente rifondato nel quadro di una profonda revisione dei rapporti fra Regione e Stato centrale; farà un'azione fortissima perché la Regione Piemonte, anche in ragione della sua posizione geografica, si inserisca con forza nel discorso relativo alla nuova Europa; farà anche un'azione fortissima perch la legge sull'autonomia locale abbia una piena e tempestiva attuazione, ma una attuazione che non vanifichi funzione e ruolo dell'Ente regionale.
Questo - ripeto -è un discorso che necessariamente coinvolge, de iure condendo, un rapporto con gli organi centrali di Governo e con il Parlamento nazionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Farassino. Ne ha facoltà.



FARASSINO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, abbiamo voluto attendere per sentire un po' la voce di tutte le forze politiche prima di esprimere quella che era la nostra valutazione sulla costituzione di questa Giunta.
Abbiamo sentito parlare di nuove dimensioni, nuovi dinamismi, di profonde innovazioni, volontà di risposte immediate e quotidiane ai cittadini, e siamo stati e siamo ancora combattuti tra la nostra volontà di ottimismo e invece il fatale scetticismo di fondo perché le uniche parole giuste che avremmo voluto sentire in una proposta di questo programma sono le parole che, ahimè! sono state presentate dalle forze dell'opposizione parole come rifondazione regionale. revisione costituzionale. Quindi dopo quattro legislature regionali è sempre più evidente la sperequazione che lo Stato di Roma sta operando nei riguardi della nostra regione: continue ingerenze nelle già scarne prerogative e il continuo drenaggio, si badi bene non per aiuti alle popolazioni più deboli, della ricchezza prodotta a vantaggio di chi non produce rischiano di metterci in ginocchio.
Il patto sociale tra i cittadini del Piemonte e lo Stato è quindi molto vicino dall'essere infranto e non si intravede come le imitazioni locali dell'arroganza del potere romano, che abbiamo osservato in questi giorni per la costituzione delle GIunte locali, possano segnare un cambio di rotta per la quinta legislatura.
I tempi in cui il Piemonte dovrà necessariamente per sopravvivere reclamare a gran voce la propria autonomia stanno quindi giungendo a noi e noi, se il popolo continuerà ad accordarci la sua fiducia, siamo fieri di esserne i portavoce .
L'unica via d'uscita è l'autonomia, il federalismo: ecco quanto vogliamo rappresentare. Vogliamo una costituzione federale per l'Europa e per l'Italia. Pensiamo a come riappropriarci della piena autodeterminazione della nostra terra, rinnovando il patto sociale tra le nostre genti e Roma su basi che ci permettano di non dover rinunciare alla nostra cultura etnica, o meglio alle nostre culture etniche, ché in Piemonte ce n'è più d'una, agli usi e principi nei quali crediamo e ci riconosciamo come nazione.
La gente ha finalmente alzato la fronte e ci ha incaricati di rivendicare la sua identità.
Certo non siamo esperti di cose dalle quali siamo sempre stati esclusi.
Dobbiamo imparare molto, ma senza farei avvinghiare da regole che servono solo al saccheggio del potere, usando il buon senso, quello semplice che origina dalla cultura della gente che lavora, che non ha tempo di disperdere la propria forza in tante chiacchiere.
Questo vogliamo che sia ben chiaro soprattutto a coloro che in malafede o per qualunquismo, con silenzi o con distorsione delle notizie, hanno cercato di farci apparire come farraginosi e qualunquisti, squallidi mestatori di intolleranze, effimeri dispersori di voti, persino attentatori all'integrità dello Stato. Sono ben altri gli attentatori di questa integrità, sono coloro che per collusioni politiche e mafiose hanno di fatto creato lo stato nello Stato, sono quelli che gridano contro di noi che sorridono quando noi parliamo, perché temono che con la nostra vigilanza, che preannunciamo attenta e precisa, ci sarà sempre meno fieno nella greppia per loro.
Ci sono state tolte persino le nostre tradizioni; i nostri figli non possono più studiare, se non nelle loro case e quasi vergognandosene, la loro storia e le loro tradizioni. Come possono gli onesti che vengono a trovare lavoro nelle nostre città integrarsi con noi se neanche a loro viene dato il sentore del peso e dello spessore della nostra storia, della storia di una piccola nazione che ha sempre saputo reggersi contro tutte le avversità dei tempi.
La nostra gente non riceve dallo Stato romano che una piccola parte dei denari che paga di tasse e, con le tasche che piangono, si sente dire da quelli che dovrebbero essere i suoi rappresentanti, ma che si preoccupano solamente di strani e funamboleschi quanto vacui equilibri, che non ci sono risorse da spendere.
Ebbene, noi vogliamo che queste lamentazioni finiscano.
E la smettano tanti signori, che ora sono colleghi, di parlare, si preoccupino di far riequilibrare i trasferimenti da Roma reclamando quanto ci spetta di diritto. E se coloro che rappresentano il potere non si sentono all'altezza di questo compito, il nostro consiglio è che ritornino ai loro mestieri, se pur ne hanno, e rimettano il mandato per il quale sono stati votati.
Il Piemonte che oggi, grazie alle proprie energie residue, è una delle regioni europee tecnologicamente più avanzate, ha bisogno dei propri denari per non essere messo in ginocchio quando, dopo il 1993, non sarà più una regione di confine ma, assieme alle regioni confinanti che stanno a cavallo delle Alpi, sarà al centro dell'Europa.
Ma come hanno compreso la prossima lezione della storia i nostri governanti romani? Citeremo alcuni esempi.
Abbiamo bisogno di raddoppiare il numero dei laureati in discipline tecnico-scientifiche per sostenere lo sviluppo tecnologico delle nostre aziende: gli atenei sono ormai ridotti all'asfissia, quasi fisica (si veda l'ammassamento di tutti, degli studenti, degli scarsi impiegati e dei docenti, nei pochi spazi disponibili), e sentiamo dire da Roma che "forse" 50 miliardi saranno concessi a fronte dei più di 1.000 richiesti per edificare le nuove strutture. Di questo passo per un 'intera generazione non potremo alimentare la nostra industria con le competenze che le occorrono! Abbiamo bisogno di formare al lavoro. sulle alte tecnologie (meccaniche, informatiche, elettroniche, ecc.), i diplomati tecnici e parte degli stessi laureati, ma l'Assessorato regionale alla formazione professionale, retto dai democristiani, spende solo il 25% dei suoi scarni 80 miliardi a bilancio (ovviamente IVA compresa!) per questo! il resto sparisce in mille rivoli che, pur utili per contribuire a mantenere sotto controllo il crescente disagio sociale dei più deboli, sarebbero più consoni ad un Assessorato all'assistenza che a quello della formazione professionale. Intanto una sparuta pattuglia di coraggiosi sta cercando di ottenere qualche elemosina da Roma per mantenere in vita alcuni importanti centri. mentre. quasi tutti i fondi destinati da parte della CEE alla formazione professionale vengono, come al solito, inutilmente spesi al Sud tra scandali e collusioni.
Abbiamo bisogno di forti investimenti pubblici per la ricerca, ma nell'ultimo decennio lo Stato di Roma sta attuando un evidente disimpegno dalla nostra regione (non vede solo chi non vuole informare i cittadini) spendendo un misero 4% delle relative risorse nazionali nel nostro territorio, mentre il contributo piemontese alla formazione del Prodotto Interno Lordo è ormai invece superiore al 10 %.
Da dieci anni non si aprono più nuovi centri di ricerca pubblici dalle nostre parti e, anzi, si stanno, neanche troppo nascostamente, smantellando quelli della RAI, dell'ENEA di Saluggia o se ne lasciano morire d'inedia altri come, per esempio, il Galileo Ferraris.
Le deboli richieste dei nostri amministratori regionali sono per contro sempre state irrise e neanche velatamente rifiutate, come dimostrano i casi dell'Ignitor e dell'Alta definizione televisiva. Lo stesso Centro di Eccellenza per il Supercalcolo, pur finanziato perché necessario, lo è stato con così poco denaro (neanche la metà del dovuto) che stenta a decollare e ancora di più stenterà a vivere.
A fronte del nostro scarno 4% il solo Lazio assorbe un assurdo 40 delle spese nazionali per la Ricerca, mentre i colleghi comunisti, non si sa come e perché, sono riusciti a dirottare sull'Emilia Romagna il 20%.
Siamo per gli aiuti alle popolazioni più povere della nostra penisola ma vogliamo controllarne l'impiego. Vogliamo riappropriarci delle nostre risorse per decidere il nostro futuro: con il Piemonte (una delle regioni italiane, con la Liguria e la Valle d'Aosta, confinanti con il territorio CEE) in ginocchio. Roma sarà sempre più distante da Bruxelles e il nostro Sud sarà sempre più governato dalla povertà e dalla paura.
Comprendano questo messaggio le forze sane del Sud e concorrano con noi, ristabilendo la propria dignità di popoli, ad edificare un'Italia migliore, europea, federalista, fiera e ricca.
Un Piemonte al centro dell'Europa deve possedere trasporti e centri di interscambio delle merci adeguati, ma le nostre ferrovie secondarie sono *rami secchi" e non rami da potenziare per rivitalizzare i bacini di traffico e per riequilibrare su scala regionale 10 sviluppo, permettendo alla gente di lavorare vicino alle proprie case.
Abbiamo letto il sommario e in noi si è accesa una piccola luce. Le nostre ferrovie principali ci propongono tempi di percorrenza superiori a quelli di qualche decennio fa e collegamenti addirittura ridicoli con la Francia meridionale, attraverso Cuneo o con Savona. Per non parlare della scarsità di convogli nel collegamento tirrenico con Roma. L'alta velocità è evidentemente considerata più utile per riportare rapidamente alcuni Ministri romani a vedere le partite nella sede locale della RAI di Napoli o, peggio ancora, per permettere ai notabili delle mafie di arrivare più rapidamente e comodamente a Roma, magari non pagando neanche il biglietto per privilegio di esenzione.
La necessità del collegamento di Torino alle reti ad alta velocità italiana ed europea è così forte che è diventata ormai imprescindibile.
Il nodo ferroviario di Torino, importante per l'interscambio europeo sembrava ben avviato e ne osservavamo i progressi con curiosità e incredulità. Il patetico, bellissimo e solitario ponte a quattro binari che attraversa il fiume Stura, alla periferia nord di Torino, è l'ennesima dimostrazione che non potevamo sbagliarci. E' molto più importante collegare velocemente, si sa, Palermo con Messina (vi sono stati destinati ben 3200 miliardi, che, è ovvio, raddoppieranno nell'alimentare gli interessi mafiosi) che potenziare i trasporti con la Francia, come, del resto, insegna la disputa, che dura da generazioni, sui collegamenti ferroviari con il sud della Francia attraverso il Tenda e il Ciriegia e che non approda mai a risultati concreti o a una programmazione seria.
La CEE si è estesa verso la Spagna e il Portogallo, ma i nostri governanti romani porteranno le arance siciliane solo fino a Messina mentre quelle spagnole e portoghesi viaggeranno velocemente verso l'Europa.
Anche i centri di interscambio necessari a trasbordare le merci tra un mezzo di comunicazione e l'altro, come il Sito, procedono a rilento tra la scarsità di finanziamenti e le camarille che non informano il pubblico di quanto sta accadendo.
L'aeroporto di Torino, che ora sembra persino apprezzato dall'Alitalia che tanto ne ha osteggiato lo sviluppo, è avviato ad un futuro più importante, ma questo non certamente grazie a ,Roma: con le risorse locali siamo riusciti a mantenerlo - una volta tanto le risorse locali tornano utili - in vita e anzi a svilupparlo. Ora che ce lo stiamo pagando Roma sembra voglia, accettando il fatto compiuto, considerarlo di interesse nazionale: che cosa significhi non si sa. forse è stata presa coscienza che non è più possibile fermarlo, che la liberalizzazione del 1993 è troppo vicina ormai! Siamo la Regione italiana che ha creato più riserve e parchi per la protezione del patrimonio naturalistico. Questo è positivo, anche se largamente insufficiente. Solo la forte espansione delle aree protette e il forte incremento dell'educazione naturalistica potranno permettere il riequilibrio delle attività venatorie e i cacciatori potranno recarsi a caccia, ove consentito, senza essere criminalizzati per questo.
Siamo al contrario la Regione che meno ha saputo difendere il proprio territorio, non ottenendo un risultato ragionevole sul pur difficile problema delle discariche, sulla limitazione dell'utilizzo dei diserbanti sul risanamento dei grandi bacini come il Po, il Bormida, senza dimenticare gli altri minori. Chiunque si rechi a fare due passi sulla riva di uno qualunque dei nostri fiumi non può che provare disagio e vergogna per le condizioni in cui li stiamo riducendo.
Tralasciando il Po, sul quale sarebbe auspicabile qualche azione coerente da parte del governo regionale (se esiste, è stata tenuta così segreta che i cittadini e i giornali non ne hanno avuto alcuna notizia), lo sfregio da noi subito sul problema del Bormida grida vendetta! Persino il Volturno, che sfidiamo chiunque a dimostrarci essere un bacino fluviale di primaria importanza se non per le popolazioni locali, è stato, era ovvio, dichiarato di interesse nazionale. Mentre apprendiamo esterrefatti dalla Gazzetta Ufficiale del 4 aprile che il Bormida non è stato inserito nei bacini a rischio di interesse nazionale.
Il Bormida, per il quale le genti della Valle hanno tanto lottato, che scarica la sua massa di veleni nel Po e quindi nell'Adriatico, sembra essere solo di scarso interesse locale. Dopo anni non esiste ancora un piano di disinquinamento ed anzi la Regione Piemonte ne aveva delegato lo studio, o dabbenaggine!, alla Regione Liguria, che preferisce tenere aperta l'ACNA di Cengio che tanto non inquina il territorio ligure.
Gli accordi tra Ferruzzi e Roma, dei quali ben si vede l'arroganza hanno fatto riaprire 10 stabilimento mentre non esiste, e la prospettiva si allontana di anno in anno, un serio inizio di risanamento.
Il Ministro Ruffolo, e con lui tutti quelli del suo Partito che reggono l'Assessorato regionale all'ambiente, dovrebbero impallidire dalla vergogna ogniqualvolta sentono la parola "Bormida".
A quando una corretta, strategica, centralizzata, lungimirante gestione di quelle acque che stanno diventando sempre più preziose, che permetta alla nostra gente di non temere un futuro di panni lavati con l'acqua minerale? Dopo aver tassato la benzina in modo ignobile il Governo sembra ora, non programmando la gestione del bene acqua, desiderare una sempre più importante fiscalizzazione del suo consumo: sembra un preciso piano e chissà se qualcuno degli "esperti" romani l'ha suggerito! Mettere in ginocchio per l'emergenza acqua una Regione come la nostra che l'ha così abbondante non sembra facile, ma si sa che a forza di perseverare.
Trasporti e telecomunicazioni, un parallelo importante dell'insipienza e della malafede romana. Il Piemonte, sembra, è stato escluso dal collegamento nazionale in fibra ottica da 2 Mbyte al secondo. La dorsale per il trasporto dei dati permetterà quindi, tutt'al più, di portare le informazioni verso Milano ad alta velocità, di instradarle verso Torino ad una velocità venti volte inferiore e poi verso la Francia e verso la CEE forse, come ai bei tempi, a dorso di mulo.
Questa decisione della SIP, se confermata, sarebbe gravissima, ma non si sono ancora levate che flebili voci in quanto i nostri "amministratori" sono troppo occupati a dividersi poltrone e sempre più ristrette prebende.
Il Piemonte invece ha assolutamente bisogno che la rete in fibra ottica da 2 Mbyte lo raggiunga pena un isolamento assurdo e umiliante per la principale area tecnologica del Paese.
Una società post-industriale avanzata, quale è oggi la nostra (se riusciremo a mantenerla) ha una assoluta necessità di servizi, dai sociali ai tecnologici, all'altezza del proprio sviluppo. Diciamo infine basta con le code assurde e inutili, spesso evita bili con un po' di buon senso da parte dei funzionari preposti, alle quali vengono assoggettati i cittadini comprese le persone anziane anche non autosufficienti; basta con i servizi sanitari da terzo mondo che non possono continuare ad essere gestiti da un esercito di incompetenti portaborse. 2000 consiglieri delle UU.SS.SS.LL.
sembra siano necessari per le nostre 76 Unità sanitarie, ben 26 in media per ognuna, alla faccia dell'efficienza! vogliamo trasporti pubblici sotterranei ove neceSSario, ché di supertram ne abbiamo già avuto abbastanza vogliamo trasporti che portino i lavoratori a casa nel confort ché di tradotte la storia delle nostre recenti guerre è stata già troppo piena vogliamo una seria e immediata attuazione di parcheggi che permettano una riappropriazione dei "salotti" delle nostre città, piazza San Carlo a Torino ne sia un esempio, da parte dei cittadini, relegando le automobili in parcheggi sotterranei che dovrebbero essere pagati con i soldi delle tasse sulla benzina e non nuovamente dagli automobilisti che pagano tariffe orarie doppie a quelle pagate dai ben più ricchi cittadini di Ginevra e di Parigi non ci sarà più tollerabile che l'insegnamento della nostra storia avvenga per tradizione orale, con una forza sempre più debole, e sia fatto ai nostri figli nel segreto delle nostre case. Si può essere un buon cittadino italiano anche, anzi forse lo si è di più, con partecipazione se si conservano le radici culturali che nascono nella nostra storia. E' ora che nei programmi di storia delle scuole piemontesi di tutti gli ordini e gradi sia inserito il capitolo sul passato della Regione vogliamo che venga adottata la risoluzione 192 emessa dal Consiglio d'Europa a favore delle lingue minoritarie e regionali europee e che venga abrogata la legge regionale del 10/ 4/1990 n. 26, un surrogato per fare gestire circa 400 milioni all'anno a dei tirapiedi della DC vogliamo un piano anti-droga che, oltre a prevenire e pUnire, ci consenta di inviare i nostri figli a scuola senza la paura degli spacciatori che vi stazionano, e che chiunque, compresa la Polizia, pu facilmente individuare vogliamo che i giardini pubblici delle nostre città ritornino ad essere luoghi di giochi e di riposo e non ricettacoli di ogni cosa e gente vogliamo che i nostri figli frequentino scuole in buone condizioni sia igienico-sanitarie che di manutenzione.
Potremmo continuare per molto in questa elencazione per ricordare che i servizi fornitici dal sistema attuale sono pochi e spesso allo sfascio e indegni della quinta potenza economica occidentale! Con una forte richiesta autonomistica noi vogliamo invertire, non più fiduciosi che le cose possano cambiare con l'attuale organizzazione dello Stato romano, le preoccupanti tendenze che abbiamo evidenziato e riappropriarci dell'autogoverno delle nostre risorse.
Per questo obiettivo siamo, come promesso ai nostri elettori all'opposizione per ottenere trasparenza sugli appalti. specialmente per smascherare gli eventuali abusi, per individuare incompetenze e intrallazzi, ma per lo stesso obiettivo siamo disposti a lavorare e collaborare con i singoli che dimostreranno amore per il bene comune e siamo disposti a favorire i progetti che tendono al riequilibrio delle risorse e che giudicheremo validi agli interessi del Piemonte.
Per quanto sopra enunciato il voto della Lega Nord sarà contrario a questa Giunta che indipendentemente dalle persone che la compongono rappresenta pur sempre quel sistema politico romano che noi avversiamo con il nostro motto: "Via da Roma".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le cronache estive riguardanti la situazione del Servizio Sanitario Regionale i ritardi, le carenze, gli avvenimenti e i casi paradossali, sono state e sono una sorta di bollettino di guerra. Un bollettino di guerra dal fronte emergenza sanità: reparti ospedalieri che chiudono per mancanza di infermieri professionali, reparti che non aprono e non possono funzionare per lo stesso motivo, liste d'attesa interminabili, diritti del cittadino calpestati sistematicamente.
Notizie che, pur depurate di qualche concessione allo scandalismo confermano la presenza di una vera e propria emergenza sanità che determina una profonda e diffusa preoccupazione tra i cittadini i quali sono costretti ancora una volta a constatare che il diritto alla tutela della salute è un diritto Incerto tutt'altro che garantito a causa di indirizzi di politica sanitaria sbagliati e della disorganizzazione e dell'inefficienza del servizio stesso.
Il documento programmatico della maggioranza dedica otto pagine alla sanità, assistenza ed emergenze sociali. La prima parte si riferisce alle prospettive del nuovo ordinamento del Servizio Sanitario Nazionale, la seconda ai problemi della sanità e dell'assistenza in Piemonte.
A livello nazionale ci troviamo di fronte a novità sconvolgenti: un disegno di legge governativo di riorganizzazione del Servizio sanitario è passato dalla Camera al Senato per la modifica radicale della Legge n. 833 sull'ordinamento delle autonomie locali.
La prima parte del documento recepisce genericamente queste novità, ma non ne coglie le implicazioni. Il piano socio-sanitario regionale approvato l'ultimo giorno utile della passata legislatura verrà in larga parte cancellato, dovrà essere rielaborato, adeguato agli indirizzi nazionali.
Che senso ha allora scrivere che "l'obiettivo precipuo è la puntuale e precisa attuazione di quanto previsto dal nuovo piano socio-sanitario regionale"? Il disegno di legge del Governo si configura come un provvedimento controriformatore, non riassetta, non riordina il Servizio Sanitario Nazionale, introduce semmai elementi di separazione, spezza il carattere unitario del Servizio Sanitario Nazionale; smembra l'organizzazione sanitaria, moltiplica i Consigli d'amministrazione consentendo agli ospedali che hanno - si noti bene-"complessità tecnica e tecnologica nelle attività specialistiche di diventare aziende speciali autonome, separate dal resto dell'organizzazione sanitaria".
Il criterio è talmente generico ed ambiguo da consentire a tutti gli ospedali di diventare aziende autonome, così si accontenteranno tutti i clienti dei partiti di maggioranza. Con un gioco di parole, signor Presidente, proliferano i Consigli d'amministrazione. Il pentapartito va a nuove spartizioni, a nuove lottizzazioni, va a rinvigorire, come se ce ne fosse bisogno, le politiche clientelari e le politiche clientelari sono il male principale che affligge la sanità pubblica, la causa principale della disorganizzazione, dell'inefficienza dei servizi, dell'inefficacia delle prestazioni sanitarie. E' un'operazione classica di redistribuzione del potere, di trasferimento di potere a livello corporativo.
Siamo dunque ben lontani dal separare il ruolo della programmazione e controllo delle forze politiche dal ruolo di gestione dei tecnici e degli amministrativi. Gli Enti locali poi vengono svuotati di ogni competenza in materia di sanità. il ruolo di guida sulle UU.SS.SS.LL.., di controllo sulla gestione e sulla spesa è assegnato alle Regioni: un ruolo titanico quello che spetterà alle RegiOni, se si pensa alla macchina assessorile della sanità piemontese. Vien istituito un fondo sanitario interregionale ma non c'e' certezza di finanziamento. Già oggi a causa delle sottostime e dei sottofinanziamenti il disavanzo per gli anni 1987, 1988, 1989 e 1990 supera i 40.000 miliardi. Tuttora questo disavanzo non è stato coperto, non è stato ripianato dal Governo centrale.
Non c'è e continua a non esserci il tanto atteso Piano sanitario nazionale. Si tratta quindi di una logica controriformatrice che duplica apparati burocratici e clientelari, apre ai privati e alle assicurazioni senza regole e senza controlli, la possibilità di fare grandi affari nel delicatissimo e fondamentale Servizio della sanità pubblica. Si tratta di una torta da spartire di oltre 75.000 miliardi di lire.
Il disegno di legge governativo renderà ancora più ingovernabile il Servizio Sanitario Nazionale. L'obiettivo lucidamente perseguito dalla maggioranza che viene a configurarsi chiaramente è di un duplice sistema sanitario, quello privato assicurativo per i cittadini che possono permetterselo, che possono pagarselo (naturalmente si privatizza sempre a spese delle finanze pubbliche) e quello pubblico residuale, dequalificato per maggior parte dei cittadini, in particolare per i più deboli, per i più svantaggiati. A loro rimarranno i resti del Servizio sanitario nazionale pubblico.
Siamo al superamento dei fondamenti dello Stato sociale: siamo ad una svolta. Certo, si cambia, ma si cambia in peggio. I problemi sono indubbiamente complessi. Noi non li sottovalutiamo, tant'è vero che abbiamo fatto proposte chiare in senso riformatore. Oggi non spendiamo troppo per la sanità perché spendiamo meno degli altri Paesi più avanzati del continente. La percentuale sul P.I.L. che spendiamo è inferiore rispetto ad altri Paesi. Soprattutto spendiamo male, pesano sulla sanità sprechi e inefficienze. Noi proponiamo di fiscalizzare la spesa sanitaria. L'aumento della spesa è un dato fisiologico, bisogna spendere di più e soprattutto bisogna spendere meglio, in modo più efficace, con una più alta produttività sociale. La quota percentuale della spesa sanitaria destinata alla prevenzione è irrisoria e al tempo stesso lo spreco fa impennare la spesa destinata ai farmaci. Si stima che per il 1990 vi sia un aumento di 3 mila miliardi di lire per la spesa farmaceutica. Anche noi vogliamo le UU.SS.SS.LL. efficienti, le vogliamo dirette dai Comuni e non dalla Regione, vogliamo superare i consigli di gestione, siamo per un'autonomia gestionale e funzionale dell'ospedale, ma all'interno del Servizio Sanitario nazionale come servizio qualificato della più generale organizzazione sanitaria.
La seconda parte del documento riguarda i problemi della sanità e dell'assistenza in Piemonte. C'è un misto di banalità e di buone intenzioni più volte espresse anche in passato e che vengono ripetute stancamente senza convinzione perché c'era un accordo sostanziale con la prevalente linea controriformatrice del governo nazionale: una Regione in piena sintonia con la politica controriformatrice portata avanti dal Governo nazionale. Ci troviamo di fronte a questo ed è un po' poco se si pensa che la Regione per i servizi socio-assistenziali e sanitari spende oltre 5 mila miliardi di lire all'anno: è un po' troppo se si pensa che non è compito dell'istituto regionale contribuire ad affossare la sanità pubblica, la parte fondamentale dello Stato sociale. Su questa seconda parte del documento mi limito a fare poche osservazioni dal momento che abbiamo potuto svolgerle approfonditamente e ampiamente in occasione del dibattito sul piano socio-sanitario regionale 1990-1992 e la cui validità triennale è ridotta ormai ad un anno solo (ha validità formale per il 1990).
La prima osservazione riguarda la programmazione. Il piano precedente è stato largamente disatteso e per ben due volte prorogato. Per sei anni la Regione Piemonte non ha avuto piano socio-sanitario regionale e la maggioranza, già nella passata legislatura, ha dimostrato un solenne disprezzo per la programmazione. Il piano 1990-1992 è stato presentato senza resoconti sullo stato di attuazione dei piani precedenti e senza relazione sullo stato di salute della popolazione, per cui diciamo la verità -ha avuto un carattere meramente elettorale ed è partito come se la programmazione sanitaria in Piemonte fosse all'anno zero.
Ebbene, la programmazione ora è ridotta a semplice adeguamento al cosiddetto riordino del Servizio sanitario nazionale. Per quanto riguarda il flusso di risorse finanziarie continua a non esserci la certezza di finanziamento da parte dello Stato; tutto si svolge all'insegna dell'incertezza; i meccanismi di riparto tra le USSL della spesa corrente sono perversi; sono premiate le USSL che spendono, spandono, sprecano.



PRESIDENTE

Consigliere, per cortesia, può avviarsi alla conclusione?



CALLIGARO Germano

Sì. E' frequente che il riparto avvenga con notevole ritardo.
La stessa incertezza che vive la Regione a causa delle pratiche governative è vissuta dalle USSL nei confronti della Regione stessa. La spesa in conto capitale 1989/1990 è ripartita nell'aprile del 1990, le cospicue risorse del 1989 sono rimaste congelate per oltre 15 mesi e tutto ciò ben sapendo che i tempi di adeguamento di realizzazione dei servizi sono tempi lunghissimi, insopportabili.
Riguardo alle risorse umane bisogna dire che mancano 7 mila infermieri professionali (oltre lO mila se stiamo al libro dei sogni del decreto Donat Cattin sugli standard di personale ospedaliero): 1600 alle Molinette, 550 al Giovanni Bosco. oltre 100 al S. Anna, centinaia al CTO e al Regina Margherita.
Ma il problema dei problemi è affrontato dalla Regione e dal Governo con un ritardo pauroso come se fosse un problema di ordinaria amministrazione, uno dei tanti problemi della sanità. "Parametri di efficienza dei servizi e di efficacia delle prestazioni" siamo ben lontani non solo dalla adozione di questi parametri ma persino dalla sperimentazione così come per la prevenzione primaria.
La rete dei laboratori di sanità pubblica deve essere ultimata nonostante se ne parli da cinque anni: deve essere qualificata nella dotazione delle apparecchiature nell'adeguamento degli organici.
Le chiedo un momento ancora, Signor Presidente.
Come affrontiamo l'emergenza ambiente e l'emergenza inquinamento senza una rete qualificata di servizi multizonali? E così per l'ambiente di lavoro.
Le UU.SS.SS.LL,. con i loro servizi non varcano 1 cancelli del luogo di lavoro. Le 10 UU.SS.SS.LL,. sub-comunali della città di Torino hanno un solo servizio di igiene pubblica. La stessa cosa si può dire per l'educazione sanitaria. L'apposito servizio dell'assessorato è rimasto inattivo per anni. Potrei continuare con le residenze sanitarie assistenziali, con i problemi dell'ospedalizzazione a domicilio. Quanti sono gli esempi di ospedalizzazione a domicilio in Piemonte? Si tratta di poche decine di casi.
Che cosa significa ospedalizzazione a domicilio o alternativa all'ospedalizzazione tradizionale? Non facciamo della poesia! Ma che cosa scrivete? Quali sono le sperimentazioni fatte? Così per la AIDS per la quale ora abbiamo un programma ma non abbiamo le risorse. Così le citazioni riferite alla famiglia, al volontariato, al privato sociale, sono citazioni rituali. Questi soggetti quali la famiglia, il volontariato, il privato sociale sono abbandonati a sé stessi. Bisogna dire che possono e debbono essere valorizzati, ma si valorizzano se si sostengono, se i servizi pubblici fanno la loro parte, se interagiscono con famiglia, privato sociale e volontariato.
Un ultima considerazione sul rapporto pubblico-privato. Noi abbiamo il dovere, Signor Presidente, Signori Consiglieri, di fare funzionare con efficienza ed efficacia i servizi pubblici. Poi non vi sono dubbi che resterà uno spazio per il privato, ma questo spazio deve essere regolato e controllato dalla Regione.
E' inaccettabile che i cittadini paghino i servizi sanitari due o tre volte: una prima volta pagano i servizi pubblici che non funzionano continuano a pagare in modo tale che i privati siano convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, spesso pagano una terza volta perché, quando ci si rivolge di persona a un servizio privato, bisogna pagarlo. Proviamo a pagare la Sanità una volta sola e a farla funzionare. Capisco che sarà prevalentemente pubblica ma ci sarà spazio anche per il privato l'importante è che l'attività del privato sia regolata e controllata trattandosi di una materia delicatissima.
Sono desolato, ma sono costretto a concludere dicendo che queste otto paginette dimostrano in effetti la subalternità della Regione agli interessi privati, al Governo centrale, ad una logica controriformatrice.
Il documento indica una politica sanitaria che merita una chiara e netta opposizione. Ed è ciò che faremo - noi possibilmente non da soli possibilmente non solo in quest'aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Signor Presidente, i rappresentanti dei Verdi del Sole che Ride in Regione, in Provincia e al Comune di Torino, si sono occupati prima di tutto di sottolineare due aspetti riguardanti la nascita di queste nuove Giunte. Il primo ci riguarda personalmente, ed è quello di sottolineare ancora una volta, come ho dichiarato fin dalla prima riunione di questo Consiglio regionale, la nostra totale trasversalità e la nostra totale indisponibilità ad essere classificati a priori in qualunque schieramento di maggioranza o di opposizione.
Il secondo aspetto che abbiamo sottolineato, per quanto riguarda la Regione, la Provincia ed il Comune di Torino, è che oggi è impensabile scrivere qualunque documento programmatico, qualunque programma di indirizzi, qualunque altro documento che voglia prefigurare davvero con serietà uno sviluppo senza tenere in sostanziale considerazione la realtà delle emergenze ambientali che oggi sono per noi il problema principale attorno al quale qualunque modello di sviluppo deve essere ridisegnato. Per quello che riguarda il Comune e la Provincia di Torino per settimane abbiamo aperto una trattativa con la maggioranza che era in formazione: per quanto riguarda la Regione abbiamo avuto dei colloqui personali con il Presidente in pectore Brizio, che ringrazio per la grande disponibilità e l'apertura dimostrate. In questi colloqui abbiamo sottolineato l'impossibilità di prefigurare un programma di indirizzi per la Regione che non tenesse presente che oggi l'emergenza ambientale è un fattore attorno al quale va fatto ruotare qualunque processo di sviluppo regionale. Abbiamo chiesto, seppure sapevamo che era difficile non solo per ragioni tecniche ma anche per ragioni politiche, che questo documento venisse modificato .per lo meno in alcuni dei punti che noi riteniamo non condivisibili da parte nostra. Ci e' stato risposto che era estremamente difficile per ragioni tecniche, ma credo anche per ragioni politiche, questa modifica sulla base di ciò quindi noi non faremo parte di questa maggioranza.
Desidero sottolineare alcuni punti di questo programma che riteniamo siano da ridiscutere. Quando si passano molte ore in un confronto come questo, gli si deve dare credibilità. Se la maggioranza che si forma ha affermato che questo è un programma di indirizzi e che la nuova Giunta entro settembre od ottobre, elaborerà un vero e proprio programma operativo di Giunta, non si deve rinunciare, perlomeno io non vi rinuncerò, all'idea che il dibattito odierno permetta di modificare almeno in parte questo programma. Sottolineo i punti che riteniamo particolarmente non condivisibili di questo programma (nell'insieme comunque questo programma non ha i toni che noi vorremmo). il tempo che mi è concesso non mi permette di svolgere, come per altri Gruppi, degli interventi articolati per settore. Preannuncio però che nei Verdi del Sole che Ride esiste un gruppo di tecnici che presenterà a settembre una risposta articolata al documento oggi in esame. Mi permetto quindi, con tutto lo schematismo che la situazione impone, di segnalare gli aspetti più gravi. Devo riconoscere che perlomeno nei contenuti non posso che essere estremamente vicino alle cose dette dalla collega Bresso questa mattina, in particolare per quanto riguarda le questioni ambientali.
La prima questione che non condivido è quella che riguarda i trasporti.
Chi conosce bene il documento sa che ci sono cinque proposte di sviluppo per risolvere la questione dei trasporti in Piemonte (uno riguarda la prevista autostrada Asti-Cuneo nella direzione Alpi Marittime). lo sono preoccupato di una concezione che consideri il territorio una potenziale gruviera, nella quale più buchi e più linee si tracciano e maggiormente si risolvono i problemi. lo ho partecipato qualche giorno fa ad una manifestazione dei Verdi al Monte Bianco nel venticinquesimo anno di anniversario del tunnel nel corso della quale il Presidente francese Mitterrand ha annunciato la proposta di raddoppio stradale del tunnel del Monte Bianco. Non so quanti di voi abbiano percorso il tratto che da Aosta va verso il tunnel del Monte Bianco, bene io l'ho fatto in occasione di quella manifestazione e devo dire che dopo mezz'ora di transito ho avuto un principio di soffocamento alla gola che non so se sul piano scientifico è adeguato per spiegare la situazione, ma sono veramente preoccupato dell'idea che si possa fare un raddoppio autostradale del tunnel del Monte Bianco, sapendo che oggi qualunque autostrada ha una capacità di attrazione di traffico fortissima. Ebbene. pensare di portare i 2000/3000 Tir che oggi quotidianamente passano su quel percorso, a 5000/6000 è una cosa sulla quale ogni maggioranza di qualunque tipo, con qualunque idea abbia dietro dovrebbe riflettere.
Un 'altra questione riguarda il problema dell'agricoltura. Questa regione, al di là del dato nazionale, ha visto sul referendum sui pesticidi in particolare una maggioranza favorevole al quesito: sono rimasto quindi perplesso per il fatto che nelle quattro pagine del documento relative all'agricoltura non sia stato fatto cenno alcuno. Non c'è nemmeno la disponibilità ad affrontare una questione che sicuramente non risolve i problemi dell'agricoltura, ma che può essere un segnale importante, cioè l'agricoltura biologica, parola che non esiste all'interno del documento.
La terza questione è quella dello smaltimento dei rifiuti. La posizione dei Verdi su questo argomento è nota; noi pensiamo che la questione dei rifiuti è, sarà e resterà un'emergenza ambientale fino a quando il modo di concepire la produzione non verrà modificato.
C'è un punto in cui parlando del passato piano regionale dello smaltimento dei rifiuti si dice: "Per quanto utili siano i piani a larga scala il vero fondamentale quesito di fronte ad una proposta di impianto è se quel sito sia idoneo o meno. essendo certamente segnaletico, ma non determinante che sia ricompreso o meno nel piano"; è un'affermazione preoccupante, se il piano regionale dei siti deve avere un significato, nel senso che deve essere realizzato e allora si va alla ricerca dei siti effettivamente idonei nel territorio regionale. Non è pensabile che all'ultimo momento si possano individuare dei siti di cui qualcuno aveva dimenticato l'esistenza. La quarta questione riguarda l'inquinamento atmosferico e la qualità dell'aria. Anche qui c'è un'affermazione particolarmente preoccupante: "La disponibilità e l'affidamento dei dati sulla qualità dell'aria è oltre tutto l'elemento principale che politicamente e tecnicamente giustifica l'imposizione di limiti diversi alle emissioni di impianti apparentemente similari.ma collocati in diversi contesti ambientali". Non credo che si possa concepire una qualità dell'aria diversa a seconda dei posti in cui l'impianto è collocato. Non credo che vi sia una zona del Piemonte in cui l'aria possa essere tranquillamente più inquinata che in altri punti.
Non cito la questione dell'ACNA perché la nostra posizione è evidente.
L'ultimo punto riguarda gli enti strumentali. Mi riferisco in particolare agli enti strumentali come l'ESAP, l'IPLA o altri nei quali sono presenti competenze che non sono facilmente presenti nella realtà delle nostre istituzioni. Sono presenti delle competenze e delle conoscenze che riguardano il territorio della Regione Piemonte. Credo che per alcuni di questi enti ci siano dei momenti di sovrapposizione di ruoli. Potrebbe essere significativa e utile l'eliminazione di alcuni sdoppiamenti, non penso però che si possa pensare di smantellare degli enti (che almeno istituzionalmente sono sopra le parti, autonomi, non gestibili da forze, in particolare quelle private) per ritrovarci domani, nel momento in cui servisse un monitoraggio della situazione ambientale della Val Bormida, a rivolgerci alla Fiat o alla Montedison, ovvero quelle forze economiche che sono direttamente interessate al modo in cui si legge lo stato di una parte del territorio piemontese. Ho ventilato, anche negli incontri a cui accennavo prima, il grande significato che potrebbe avrebbe una ristrutturazione di competenze, che pure ci sono nella realtà regionale, e che oggi vengono sempre meno utilizzate: l'idea di andare alla costituzione di un eco-istituto regionale, cioè di un istituto di ricerche regionali sulle questioni riguardanti l'ambiente.
Vorrei rispondere a qualche battuta un po' cattiva che questa mattina ha fatto il collega Monticelli circa la questione del preambolo al documento che noi avevamo posto. Noi ponemmo la questione insieme ad una richiesta di modifica del programma sul quale questa Giunta nasceva e ci fu risposto che non era possibile. Su questo preambolo noi proponiamo un modo diverso di costruire la maggioranza in Regione; proponiamo alle forze della maggioranza nascente in questo Consiglio regionale di accogliere questo preambolo come dichiarazione di intenti, non ignorando quali sono i limiti di venti righe, perché non sono così ingenuo da non capire la differenza tra impegni precisi e dichiarazione di intenti. Nella fase che va dalla votazione di questo programma di indirizzi alla costruzione del programma operativo della Giunta, impegniamo a tener conto non soltanto di quanto dichiarato in queste venti righe, ma anche del dibattito che le forze della costituenda maggioranza e di opposizione hanno posto oggi. Se questo preambolo venisse accolto con tutti i limiti che ha, personalmente mi asterrò nella votazione sull'elezione della nuova Giunta. Mi asterrò fino al momento in cui verrà presentato il programma operativo della Giunta e avendo quindi la possibilità di capire cosa eventualmente è stato modificato a partire dal dibattito odierno.
Il preambolo dice: "La nascita di questa V legislatura regionale vede grandi e rapide trasformazioni nella realtà europea che Spingono ad una maggiore unitarietà e solidarietà dei suoi popoli; anche nel nostro Paese sono in corso processi di trasformazione sociale che esprimono anche nuovi protagonisti nuove sensibilità e nuove priorità. Ciò rende utile e necessario, insieme ad una continuità di intenti ricercare nuove convergenze e nuovi accenti programmatici. E' necessario quindi che nel considerare le condizioni per un nuovo sviluppo della Regione si ponga attenzione alle problematiche ambientali. specie quando esse assumono aspetti di emergenzialità; si ponga una particolare attenzione nel rivalutare gli aspetti culturali ed etnici specifici esistenti nel territorio regionale; si garantiscano gli elementi fondamentali di solidarietà e convivenza fra ceti sociali che hanno diversa possibilità di espressione e azione nella società regionale.
In generale il modello di sviluppo della Regione che si propone deve tenere conto nella sua applicazione operativa anche degli effetti e delle compatibilità ambientali ad esso correlate. La nuova maggioranza e la nuova Giunta. a partire dal programma di indirizzo proposto, considererà questi nuovi intenti come riferimenti ulteriori nella stesura definitiva del programma operativo di Giunta".
Credo di aver chiarito con precisione e senza equivoci la mia posizione e la mia proposta sulla quale attendo dei pareri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, com'è noto l'art. 32 dello Statuto prevede la presentazione di un documento che contiene la proposta delle linee politiche ed amministrative della costituenda Giunta, la proposta del designando Presidente e dell'intera lista degli Assessori.
Il voto palese che saremo tenuti ad esprimere riguarderà il Presidente e la lista degli Assessori, non il documento programmatico: questa è la regola del menzionato art. 32.
Pertanto rimango abbondantemente nella tematica dell'ordine del giorno formulando innanzitutto alcune osservazioni e alcune valutazioni che riguardano questi due aspetti: proposta del Presidente e proposta della lista degli Assessori.
Ed allora, va innanzitutto rilevato che meraviglia come la costituenda maggioranza di pentapartito, la quale subito dopo il 6 maggio si è prospettata come "coalizione" che intendeva governare la Regione, abbia impiegato due mesi e mezzo per presentare le suddette proposte; tanto più come si legge nella premessa programmatica - che la costituenda maggioranza intende "proseguire" l'azione intrapresa dal 1985 al 1990.
E va ricordato che il 1 agosto 1985 l'allora Capogruppo della Democrazia Cristiana, Consigliere Brizio, oggi Presidente in pectore, nel presentare il documento programmatico definiva "lungo, ma esaurito in termini accettabili" il periodo di due mesi e mezzo intercorso anche in allora fra le elezioni amministrative e l'elezione della Giunta. Ma oggi (con un programma che si auto definisce collocato nell'alveo del Piano di sviluppo approvato circa un anno prima della fine della scorsa legislatura) non si comprende il decorso di lungo tempo o, per meglio dire, lo si comprende fin troppo chiaramente se si pone attenzione alle vicende che hanno caratterizzato questi ultimi 80 giorni vicende consistite nelle note trattative estenuanti fra i partners del penta partito, trattative che non hanno avuto per oggetto il programma politico nei suoi lineamenti essenziali, ma, piuttosto, la lottizzazione dei posti e delle poltrone allargata al sottogoverno; con l'aggravante di essere combinata - siffatta lottizzazione -con la logica spartitoria esistente al Comune e alla Provincia di Torino; e con la ulteriore aggravante della interferenza dei Proconsoli romani, o locali, di questa o di quell'altra componente pentapartitica, di questa o di quell'altra corrente. Queste. colleghi Consiglieri, sono realtà incontestabili che sono cadute sotto la percezione di tutti. E questa realtà incontestabile è emersa, fin troppo chiaramente dalle notizie (mai smentite) fornite dai quotidiani che si sono occupati della politica torinese e piemontese. In rapidissima sintesi leggo alcuni titoli: "La Malfa alza il prezzo" "Il PSI sbatte la porta" "Colpi di fucile nella guerra sotterranea fra i gruppi più forti del pentapartito" "I socialisti contro tutti" "Il Partito Socialista Italiano abbandona le trattative " : "Baruffa DC-PSI".
L'ultima notizia è di questa notte (altro che parlare di programmi! e sono notizie che non sono state smentite, e che non avevano certamente per oggetto il programma o i programmi) e riguarda il "Proconsole" on.
Cariglia, che è intervenuto per fare conseguire al PSDI un Assessorato sotto pena, in difetto, del disimpegno e della dissociazione del Gruppo PSDI dal pentapartito e del suo passaggio alla opposizione! Ed allora, colleghi Consiglieri, non ci si può far credere, come è emerso da qualche intervento di maggioranza che ho sentito questa mattina che gli 80 giorni intercorsi dal 6 maggio ad oggi sono stati consumati attraverso serie dialettiche, attraverso pensose discussioni e meditazioni che abbiano avuto per oggetto il documento programmatico!



VETRINO Bianca

Ma durante le trattative abbiamo parlato anche di programmi.



MAJORINO Gaetano

E' la prima volta che sento questa precisazione ufficiale, ma allora si poteva o si doveva venire a fornire queste notizie anche in Consiglio: oppure le si potevano fornire ai mass media e si poteva rettificare e dire: "Badate bene che non solo si sbattono le porte, si chiudono e si riaprono ma si discute anche seriamente". Però tutto ciò io non l'ho letto sui quotidiani e penso che se per avventura fossi stato io un partner di questa vicenda, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata proprio quella di smentire ciò che sa di ridicolo, ma un ridicolo -che sia ancorato a fatti obiettivi, nei quali - nel nostro caso - i mass media, e.in particolare i quotidiani torinesi. hanno fatto cadere il pentapartito.
E questa situazione che ho riferito per sintesi (e che è notoria) è stata scolpita da una attendibile nota informativa - anche questa non smentita -comparsa il 17 luglio 1990 sul quotidiano "La Stampa" (quotidiano che certamente non simpatizza per nessuna delle forze di opposizione che siedono oggi a palazzo Lascaris: anzi, come "La Repubblica" notoriamente simpatizza per le forze politiche di sinistra, così il quotidiano "La Stampa" simpatizza, in senso lato, per le forze di pentapartito); è stata scolpita la situazione in un articolo di poche righe che già di per sé sole sono sufficienti per fare esprimere dissenso alla costituenda maggioranza in quanto convalidano quanto ho detto sinora: "Carla Spagnuolo, Presidente dell'assemblea. riceverà a giorni il documento con il quale DC - PSI - PSDI - PLI - PRI vogliono affrontare i prossimi cinque anni.
L'ha scritto un'équipe d'esperti mentre i politici recitavano un'altra volta l'ormai storica rappresentazione del manuale Cencelli: un posto a me due a te, ecc.". Non si tratta - ribadisco ancora -di un articolo del quotidiano della Destra Nazionale "Il Secolo d'Italia", pagina di Torino, e non è nemmeno il quotidiano di un raggruppamento di sinistra, bensì - lo ripeto del quotidiano "La Stampa".
Giunti a questo punto devo ricordare come questa e solo questa sia una realtà veramente non contestabile: una maggioranza compattata da un programma che è stato elaborato dagli esperti, dai tecnocrati, i quali hanno badato più alle procedure che alla sostanza delle cose e che in qualche passo hanno usato un linguaggio tipicamente "politichese" di non facile comprensione (forse sarò io che sono limitato: ma non credo che sia così, perché alcuni passi sono così poco comprensibili che ho dovuto leggerli almeno due o tre volte).
Ed allora, di fronte alla genesi di questa terza edizione del pentapartito regionale (la prima edizione risale al l'agosto 1985 e la seconda al 1987) così come ho dimostrato e come è stato nella realtà è da ritenersi, con previsione più che ragionevole, che ci troviamo di fronte ad un costituendo governo regionale debole e precario, che non reggerà a lungo alla prova della compattezza.
Le considerazioni che ho svolto sulla genesi dei documenti che ci sono stati presentati sono ancorate ad una realtà oggettiva, e sono autonomamente, di per sé sole, sufficienti per consentirei di esprimere un netto dissenso. Tutto ciò al di là delle linee programmatiche sulle quali senza preconcetti, il Gruppo MSI-DN, entrerà nel merito e si confronterà quando la Giunta nominanda le avrà fatte proprie trasformandole in un documento programmatico di dettaglio. In quel momento il Gruppo MSI-DN si saprà collocare, così come si saprà collocare sui provvedimenti legislativi ed amministrativi che saranno (o dovrebbero essere) l'estrinsecazione di siffatto programma. Per ora, ci si consenta solo di esprimere un ampio scetticismo sulla realizzazione anche di quei punti programmatici, che per i titoli o per l'oggetto o per la linea di principio, potrebbero essere considerati condivisibili.
In merito allo "scetticismo" cui ho ora accennato, ricordo la pagina che riguarda la revisione della legge urbanistica laddove si dice espressamente che è ormai ora di provvedere alla revisione della legge stessa. Al riguardo devo però ricordare che anche il l agosto 1985 già si parlava espressamente (nel documento programmatico) di necessità di modificare la legge urbanistica ai fini di assicurare, attraverso lo snellimento delle procedure di approvazione degli strumenti urbanistici e la riorganizzazione degli uffici, "la certezza del diritto" che compete agli operatori pubblici e privati. Era un'affermazione che avevamo - come Gruppo MSI-DN - condiviso e che ci aveva entusiasmato. E si soggiungeva (sempre il l agosto 1985!) che "entro aprile 1986" ci sarebbe stata sul punto una proposta operativa. Ma nulla è poi stato fatto in ordine a questo argomento che, a mio avviso (fra tutte le competenze regionali da calare nel concreto e nel vivo della Regione Piemonte) era se non il prioritario sicuramente fra i quattro o cinque punti prioritari. Il 28 luglio 1987, in occasione della presentazione della seconda Giunta di pentapartito (la cosiddetta Giunta Beltrami bis), si sottolineò - l'"urgenza" di introdurre un nuovo sistema legislativo urbanistico. Infine, a 300 giorni dalla fine della legislatura, un documento stilato dal Gruppo DC ribadiva che "si deve provvedere con urgenza" perché si è già perso troppo tempo! I colleghi Consiglieri che facevano parte della II Commissione e che appartengono ancora a questo Consiglio ricordano perfettamente che se non si arrivò ad esaminare l'articolato della proposta di legge della Giunta di revisione della legge urbanistica ciò è stato per la conflittualità permanente snodatasi fra il Gruppo DC presente in Commissione e il Gruppo PSI: il quale ultimo andava presentando sistematicamente emendamenti lunghi quasi come lenzuola! In questa situazione di conflittualità pregressa non posso che esprimere scetticismo su questo punto del programma (e in generale su tutti gli altri punti). Visti i precedenti, e tanto più che, sempre a proposito della revisione della legge urbanistica, è stato detto dalla maggioranza che verranno varati eventuali provvedimenti legislativi intermedi. il che significa che, già in partenza, si prevede estremamente laborioso, se non lontano o pressoché irraggiungibile, il varo della nuova legge urbanistica: al punto da prevedersi provvedimenti legislativi (non meglio qualificabili e comprensibili) che vengono definiti "intermedi". Per queste ragioni non posso che ribadire il dissenso alla Giunta che va a costituirsi.
Faccio un'ultima telegrafica considerazione: per Statuto, il voto è palese, e quindi, verosimilmente, se ci sarà il plenum in aula la costituenda Giunta e il proposto Presidente verranno eletti. Ma penso che (qualora il voto fosse stato segreto) la regola inesorabile dei "corsi e ricorsi storici" avrebbe prevalso anche in quest'aula. Trattasi di una regola inesorabile: infatti. oggi è il 25 luglio, e penso che con il voto segreto ci sarebbero stati anche dei "venticinque luglisti".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi! Sono passati meno di tre mesi, ma quel pomeriggio del 7 maggio sembra lontano anni luce. Le preoccupazioni di quel giorno - che sembravano attanagliare i rappresentanti di un pentapartito uscito malconcio dal voto - sono trasmutate in uno svogliato ritorno alla routine. Eppure, dalle urne che hanno dato vita anche a quest'aula, è emersa l'esplosione della crisi di rappresentanza del sistema dei partiti nei confronti delle nuove domande della società civile. Vi è stato, in particolare (ma sembra che anche questo sia stato dimenticato in fretta) un voto massiccio alle nuove formazioni politiche ambientaliste e regionaliste, oltre che un aumento vertiginoso dell'astensionismo.
Per chi l'ha voluto intendere. il messaggio è stato chiaro: occorre cambiare i metodi spartitori e mettere al centro dell'attività istituzionale i contenuti dei nuovi bisogni sociali. Invece, la spartizione è ripresa e il collega del PSDI, Gallarini, di ha detto candidamente questa mattina come sono andate le cose ancora questa notte: egli sarebbe riuscito a tamponare in extremis l'esclusione del suo partito dalla spartizione degli Assessorati, esclusione perseguita - pare - da qualche ex-cugino politico del garofano alla ricerca spasmodica di qualche nuovo satellite.
La risposta alla crisi di rappresentanza è diventata così miseramente per alcuni, il tentativo di aggregare nei vecchi schieramenti schegge secondarie del panorama istituzionale. Il risultato è questo clima svogliato, - di atto dovuto che è da compiersi, senza nemmeno molta convinzione.
Signora Presidente! La costituenda maggioranza non è riuscita ad appassionare nemmeno se stessa. Per appassionare qualcuno sarebbe stato necessario mettere assieme volontà politiche che dessero credibilmente risposta alla caduta di peso e di ruolo delle Regioni. qui in Piemonte negli ultimi anni, forse più accentuata che altrove. E sarebbe stato necessario che si provasse tutti insieme (in particolare chi si è assunto l'onere di prospettare una soluzione governativa) ad immaginare ed orientare una nuova qualità dello sviluppo ecologicamente sostenibile, a partire da un bilancio critico del passato, non più addossabile - come ha fatto nei cinque anni passati il pentapartito - alle sole maggioranze di sinistra che hanno operato tra il 1975 e il 1985.
Sulla fase che si è aperta, voi della costituenda maggioranza - lo ha fatto con parole convinte e di un certo spessore questa mattina il capogruppo della DC Picchioni - parlate di dinamismo economico e sociale.
Ma non cogliete gli elementi di crisi incipiente denunciati, ad , esempio dagli industriali di Cuneo o da alcuni grandi gruppi industriali, come è già stato ricordato stamane. Sarebbe bastato partecipare all'assemblea degli azionisti della Fiat del 28 giugno scorso - personalmente ho avuto l'occasione di farlo quale azionista ambientalista - o leggerne anche soltanto i resoconti giornalistici. per cogliere le preoccupazioni di Agnelli o di Romiti rispetto alla fase economica che si apre.
Ci proponete. così. un'analisi della fase quantomeno "sfasata". Col rischio, collega Picchioni, di rimettersi a rimorchio di traini economici congiunturali, che viaggiano su vecchi binari, senza nemmeno provarsi ad operare un avvio di conversione ecologica del nostro modo di vivere, di produrre e di consumare. Eppure, noi pensiamo che l'impegno istituzionale deve mettere al centro l'uomo e l'ambiente, anziché sostenere - com'è stato sinora - la ricerca sfrenata del profitto individuale e la mercificazione galoppante di ogni cosa.
Occorrerebbe, di conseguenza, un recupero dei valori etici nella politica, per mirare - innanzitutto - alla tutela della salute e alla salvaguardia del futuro per le generazioni che verranno. Come dimenticare difatti, che il 90% dei casi di cancro ha origini ambientali e nei cibi malsani che ci tocca consumare? Queste grandi questioni generali in Piemonte hanno risvolti molto concreti, che non hanno trovato un governo adeguato nel corso degli anni che abbiamo alle spalle, e che non si intravedono nemmeno nel governo regionale che si annuncia qui oggi.
Nulla di credibilmente concreto, ad esempio, si prospetta per fuoriuscire sul serio dal ricorso all'energia nucleare. Infatti, come hanno ricordato proprio ieri le associazioni ambientaliste che si sono costituite in giudizio contro la centrale atomica di Creys-Malville, il rischio nucleare non conosce frontiere, e il pericolosissimo Superphoenix è a un tiro di schioppo da noi. Continuiamo ad importare energia nucleare dall'estero perché nulla si è fatto di concreto per mettere a punto un piano energetico alternativo che miri, tanto per cominciare, ad un uso razionale delle fonti rinnovabili, che incentivi il risparmio, anche attraverso progetti pilota, di risorse così tanto preziose.
Il nodo del rapporto tra la produzione e l'ambiente è giunto d'altronde drammaticamente, al pettine (e dominerà io ritengo buona parte dell'attività di questa legislatura). Ma neanche in questo caso si intravedono risposte adeguate e positive.
Dietro a noi - ma rischiamo di averlo a noi davanti - c'è il fallimento del Piano regionale di smaltimento controllato dei rifiuti. Non c'è alcun .approccio alternativo rispetto al passato. E su .questo vorremmo soffermarci negli interventi che nel corso della discussione svolgeranno i miei colleghi di Gruppo.
Vi è l'impellenza di rinunciare, progressivamente, alle produzioni nocive per l'uomo e per l'ambiente. E sull'ACNA - è stato già osservato e io lo voglio sottolineare con particolare forza - si vorrebbe addirittura tornare indietro sulle decisioni strappate sul finire della precedente legislatura anche attraverso la legge regionale per la chiusura dello stabilimento di Cengio e per la rinascita socio-economica della Valle Bormida.
Ma non subiremo passivamente il vostro gioco.
Chissà, signora Presidente e colleghi, se di queste volontà "revansciste" - ad esempio su un tema così rilevante per il suo impatto anche simbolico che ha assunto nella nostra comunità - se ne sarà accorto qualche estensore occasionale di stravaganti "preamboli"! E della necessità di affrontare un'altra emergenza, quella contro l'estrazione, la produzione, l'uso dell'amianto (visto che in Piemonte abbiamo la più grande miniera d'Europa e l'intero ciclo di lavorazione di questo pericolosissimo minerale per la salute dell'uomo), di tutto questo non c'è neanche l'ombra! Il Piemonte, sul versante della tutela della salute e di una qualità dello sviluppo diversa, è la Regione che ha pagato e paga ancora il prezzo forse più alto, anche con la vita di troppi lavoratori e di tanti cittadini. Non c'è solo l'ACNA colleghi, o l'Amiantifera di Balangero! Ci sono state, e continuano a pesare, l'Ipca di Ciriè e l'Eternit di Casale: centinaia di vite spezzate, altre vite che continueranno ad essere spezzate nei prossimi anni proprio per la lunga latenza delle terribili malattie scatenate dalle attività di queste aziende. E questo non è davvero più tollerabile.
Non si tratta - al riguardo - di appiccicare una paginetta all'interno di un impianto che invece va radicalmente rovesciato. Non si tratta di compatibilizzare qualche cosa, bensì di affondare il bisturi con decisione e con convinzione per sradicare mali antichi e consolidati.
Ho fatto solo alcuni esempi Più nel merito ritorneranno i colleghi del Gruppo Verde.
Ora vorrei concludere con qualche ulteriore notazione più marcatamente politica. Nei Partiti a cui guardiamo con attenzione per cercare di scrutare la possibilità di realizzare l'alterativa. sui contenuti che più ci stanno a cuore, noi cogliamo un vuoto di strategia preoccupante. Ciò è particolarmente evidente nel Partito Socialista; parlo di strategia, se per strategia non si voglia intendere - scioccamente - il tentativo di satellizzare (o sponsorizzare) qualche scheggia del movimento verde più o meno consapevole della propria orbita.
Lo stesso PRI ci pare alla ricerca di uno spazio nuovo; un tentativo che si è potuto cogliere ancora stamane nelle parole della collega Vetrino ma di cui non si intravedono ancora contorni e contenuti precisi.
Senza voler introdurre, per ragioni di tempo, ulteriori dettagli analitici, nel governo del Piemonte viene fuori - penso lo si possa dire con una qualche fondatezza - un'alleanza politica instabile, per la quale è difficile immaginare navigazioni agevoli, spedite e - soprattutto convincenti ed efficaci come il governo dei problemi sul tappeto meriterebbe.
Il Gruppo dei Verdi (chiederei cortesemente ai cronisti di annotarlo con attenzione) - un Gruppo consiliare formato dai due eletti nelle liste Arcobaleno e dalla capolista del Sole che ride: una parte molto significativa (mi si consentirà di esprimerlo) delle Uste Verdi piemontesi svolgerà un'opposizione propositiva costruttiva e incalzante, pensando innanzitutto al bene della nostra gente. E mi domando, allora, come faccia il collega Marino, annunciando astensioni e preamboli bislacchi, ad insistere che i Verdi del Sole che ride sarebbero rappresentati da lui: la capolista eletta dai Verdi del Sole che ride, Anna Segre, dà un altro giudizio della costituenda maggioranza; ma su questo tema interverrà lei stessa, ed avrà modo di sviluppare ulteriormente il discorso.
Il Gruppo dei Verdi farà, dunque, un'opposizione propositiva e costruttiva poiché riteniamo che la soluzione qui prospettata ai tanti problemi che affliggono il Piemonte non è adeguata - a nostro avviso - alle urgenze della nostra comunità. Ci batteremo, pertanto, pensando innanzitutto agli interessi della nostra gente. E, quindi, per ottenere nuovi poteri per la Regione, contro ogni forma di risorgente centralismo statalista che va riprendendo piede cercando di muoverci verso un federalismo europeo che metta al passo il Piemonte e il nostro Paese con esigenze avvertite oramai in tutto il continente, come condizione - fra l'altro - per costruire (e ne abbiamo in questa regione la possibilità, le potenzialità e la scienza) un rapporto solidale con il Sud del mondo.
In conclusione, il Gruppo dei Verdi non si è prestato né si presterà a riverniciare facciate pentapartitiche sconnesse. Abbiamo assistito ad un tentativo insidioso di cooptazione delle rappresentanze ambientaliste ai vari livelli istituzionali locali secondo un disegno che fa a pugni, a nostro modesto avviso, con gli stessi principi di ecologia della politica che sono principi di trasparenza e di pulizia, a cui teniamo più di ogni altra cosa.
Si può tentare, colleghi, di incappucciare qualche verde a Torino o altrove, ma sarà cosa vana - ve lo assicuro - tentare di coinvolgere su questo piano e per queste strade il movimento ambientalista piemontese.
D'altronde, sarà bene rendersi conto e in fretta che il movimento verde è un fiume che va crescendo, formato da numerosi affluenti ricchi di specificità, ed anche gelosi della loro autonomia. Un politico navigato come il collega Brizio (che peraltro appartiene ad una corrente politica della DC che sa distinguere ad occhio nudo i preamboli seri da quelli buffi) coglierà perfettamente - penso - la differenza tra il governo di un corso d'acqua vitale con l'imbrigliamento di qualche "bealera". I Verdi perciò, non saranno il fiore all'occhiello per nessuno: ci sforzeremo di proporre i nostri contenuti con convinzione, argomentandoli al meglio delle nostre capacità, come faranno già oggi, dopo di me, la collega Segre e il collega Miglio.
Nelle settimane scorse, peraltro. con i Gruppi con cui ci è stato possibile farlo (e continueremo i contatti nelle prossime settimane con altre forze consiliari) , abbiamo approfondito temi precisi che ci stanno particolarmente a cuore e che proporremo all'attenzione dell'intero Consiglio, sollecitando al riguardo anche sessioni speciali dell'Assemblea regionale per dar loro il giusto rilievo. Lo faremo sulla riforma regionalista dello Stato, sulle politiche ambientali e sulla qualità sociale dello sviluppo per mettere a fuoco e combattere una realtà divenuta intollerabile: quella della crescente emarginazione dei settori deboli di una società che se è opulenta, non lo è certamente di valori.
Per adesso consentiteci di esprimere la nostra sfiducia nei confronti della alleanza che sin qui siete riusciti a mettere insieme. Da parte nostra, con lealtà, ci sforzeremo di offrire motivi di riflessione affinch si possa fare tutti quanti insieme il bene del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bortolin.



BORTOLIN Silvana

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo risulti chiaro dagli interventi sin qui svolti dai miei colleghi di Gruppo l'intenzione di condurre da parte nostra un'azione di opposizione non preconcetta in questo Consiglio regionale. Vogliamo operare per determinare il più possibile una politica che ci consenta di incidere sui problemi cruciali di fronte alle emergenze e che si passi finalmente, come Si suoI dire, dalle parole ai fatti. Un'azione che sia capace di produrre concretamente, ad esempio quell'aggiornata iniziativa sociale che viene conclamata nella premessa del documento di maggioranza, ma che poi viene ampiamente disattesa quando si affrontano i capitoli specifici.
Ma ancor prima di soffermarmi su alcuni aspetti del documento programmatico vorrei richiamare i colleghi Consiglieri sul fatto che il documento che abbiamo alla nostra attenzione parla di una realtà regionale non solo anonima, ma anche asessuata, neutra; voglio dire che il mondo delle donne che pure è buona parte della realtà piemontese non esiste per i partiti e per gli uomini, neanche per le donne che si propongono al governo di questa Regione.
Come Consigliera ho ricevuto la documentazione del lavoro svolto dalla Commissione perle pari opportunità e anche se non è del tutto condivisibile, anzi lascia molte perplessità, ho pensato di cogliere comunque un'attenzione alle problematiche femminili. Nella realtà invece la Commissione Pari opportunità risulta essere un modo per mascherare un vuoto politico di questa come della passata maggioranza. Un vuoto grave - mi si consenta - nel momento in cui soprattutto dalle donne di ogni ceto e di ogni età emerge il bisogno sentitissimo e diffuso di un vivere migliore, in città non ostili, non anonime, non violente e dove prevalgano anche nella organizzazione della vita e dell'assetto territoriale valori reali rispetto al potere ed all'opulenza. E' indubbio che una delle questioni rilevantissime che pongono le donne insieme al diritto al lavoro e ad un lavoro sempre più qualificato è oggi quello dell'organizzazione della città rispetto ai tempi ed agli orari dei servizi. alla tutela dell'ambiente e della salute, al traffico ossessivo. Abbiamo avuto, come riporta la stampa quotidiana, conferma di tali aspirazioni e volontà dall'indagine che è stata svolta dal Dipartimento di Scienze sociali dell'Università di Torino.
L'aspirazione, dunque, è quella di raggiungere un modo di lavorare e di vivere le città ed i servizi, tale da consentire alle donne di essere presenti nel lavoro e nelle professioni senza rinunciare alla maternità e alla famiglia, potendo dedicare tempo alle attività culturali, sociali ed anche politiche. Sono le donne che entrano in conflitto con una rigidità della organizzazione dei tempi nella società che non tiene conto della materialità e della concretezza della vita delle persone. Sono le donne che ne soffrono di più perché è intorno all'esperienza degli uomini che ruota il modo di pensare e di organizzare la società. Sono la produzione e il lavoro, considerati comunque e sempre priorità su questi valori: è su questi valori che si sono modellate le nostre città, grandi e piccole, la cultura, la vita e le relazioni sociali, mentre altri valori (la riproduzione, la maternità) risultano essere una variabile indipendente tutta caricata sulla responsabilità femminile che deve comunque mediare fra esigenze e carichi sempre più gravosi ed inconciliabili, rispetto ai quali le scelte diventano più incombenti e difficili. Le nostre città. dalle più grandi alle più piccole, complessivamente invecchiano, si devitalizzano.
diventano inospitali e, ripeto, anche anonime e violente. Qualcosa in direzione di un cambiamento si può fare da subito superando la politica neutrale e imponendo, come amministratori regionali, una vera innovazione cominciando a prendere atto che tra le specificità con cui, in modo trasversale, bisogna fare i conti vi è in primo luogo la differenza di sesso. Questa è una delle azioni che condurremo nei prossimi mesi e sulle quali chiameremo la Giunta ed il Consiglio regionale a misurarsi nel momento del confronto con il programma operativo che la maggioranza intende proporre.
E' anche alla luce delle considerazioni sin qui svolte che ci ritroviamo fermi oppositori di una concezione politica - che Si afferma essere di continuità - espressa riguardo alle problematiche socio-assistenziali e le proposte che vengono avanzate. Le proposte, lo accennava già il collega Calligaro, sono generiche: non Si parla del futuro assetto delle UU.SS.SS.LL.. alla luce delle modifiche che apporterà il disegno di legge del Governo che è in discussione in Parlamento e in questo ambito di come potrà essere gestita tutta la partita dell'assistenza. Si accenna a progetti da attuare senza alcuna certezza che vi siano le risorse finanziarie; si parla in modo vago e superficiale dell'integrazione con la sanità del settore socio-assistenziale senza dare altre indicazioni su come si intenda rapidamente procedere, anche perché sappiamo che questo è il punto cruciale di difficoltà e di scontro sulla gestione di molti servizi territoriali e centrali.
Si parla di incentivazione e sviluppo dell'assistenza domiciliare quale punto di riferimento e di umanizzazione per le nuove povertà. E' un concetto che noi rifiutiamo anche perché non tiene conto della varietà dei cittadini cui l'assistenza domiciliare si rivolge come aiuto ad invalidità temporanea; per favorire le dimissioni ospedaliere soprattutto di persone anziane, si pensi alla notevole percentuale di anziani ultra sessantacinquenni presenti sul nostro territorio regionale. Gli interventi dell'assistenza domiciliare sono mirati a garantire, per quanto possibile la permanenza delle persone nel loro contesto sociale e familiare evitando o allungando i tempi di un ricovero in istituto. Si rispolverano come capisaldi concetti che pensavamo largamente superati e che si basano su quelli che vengono definiti "nuovi soggetti": la famiglia ed il volontariato sociale: si affida a questi soggetti un ruolo primario, salvo poi lasciarli soli come si è fatto in questi anni in cui non si è intervenuti nemmeno per quanto di competenza. Perché poi definire la famiglia e il volontariato "nuovi soggetti"? Non mi pare che tali possano essere considerati la solidarietà ed il volontariato sociale, soprattutto cattolico, presente da sempre nella società. Ed è alla famiglia storicamente, ed alle donne in particolare, che si è sempre chiesto di sopperire alla carenza delle istituzioni soprattutto per quanto attiene alla cura dell'Infanzia e degli anziani. Con la scomparsa della famiglia patriarcale, con il massiccio ingresso delle donne nel mondo del lavoro e delle professioni, è emersa con molta forza la richiesta di poter disporre come diritto, nei casi di effettiva necessità, di una rete di servizi sociali e assistenziali in grado non di sostituire, ma di coadiuvare la donna e la famiglia ormai ridotta come numero di componenti. Tra l'altro lo dico per inciso - la revisione della politica della gratuità dei servizi, anche assistenziali. e l'introduzione del principio della partecipazione dei cittadini ai costi del servizio (vedi l'art. 33 bis della legge regionale n. 20) offre la possibilità alla Regione ed alle UU.SS.SS.LL. di un più ampio raggio di azione. il concetto va allora capovolto: prioritariamente e con forza si chieda allo Stato di fare la sua parte; che il Parlamento, dopo oltre un decennio di gestazione, approvi la legge quadro sulla assistenza; destini le risorse necessarie alle Regioni fissando una quota del prodotto interno lordo rispondendo così in modo adeguato al diritto del cittadino all'assistenza chiaramente determinato dal legislatore costituente; preveda l'organizzazione di un moderno ed efficace servizio sociale a livello nazionale e locale. Si discuta poi del riconoscimento del ruolo che all'interno della società assumono, nella realtà determinata, le famiglie, il volontariato, il privato sociale e altri soggetti.
Se davvero ancora si vuole puntare sul concetto della prevenzione anche per l'assistenza, si abbandoni allora la visione dell'istituzionalizzazione generalizzata come priorità. peraltro ampiamente superata dalla sperimentazione di questi anni, sia sotto il profilo dei costi economici che della sofferenza umana. L'emarginazione e l'abbandono degli anziani e dei disabili attraverso il ricovero in istituto (anche negli istituti più organizzati) è esperienza negativa già vissuta che non è il caso di ripercorrere così ampiamente. Non ci si adegui allora stancamente ad una politica negativa del Governo nazionale o non si invochi una politica di continuità della Regione che va invece cambiata con vigore per non essere davvero né marginali né distratti. Il ricorso all'assistenza sanitaria e socio-assistenziale a domicilio, organizzata nell'ambito dei distretti, è anche prevenzione, ma ha soprattutto il valore di una risposta diversa rispetto al passato e rispetto all'istituzionalizzazione.
Se questa è la strada "moderna" che consente di recuperare e valorizzare nuovi principi di equità e di solidarietà, che con qualche cenno viene richiamata anche dal documento, non si può poi, con una palese incoerenza, enfatizzare l'unico intervento che pare certo: quello del mero potenziamento delle case di ricovero per non autosufficienti, delle residenze sanitarie e assistenziali che dovrebbero rispondere a tutte le situazioni di disagio.
Se davvero si pensa ad un servizio di ospedalizzazione a domicilio, ad una assistenza sanitaria e socio-assistenziale efficiente integrata in un distretto che funzioni a regime, unitamente ad un efficace intervento di prevenzione, non ha senso destinare tante risorse - le sole certe, oltre 200 miliardi - per le strutture protette senza peraltro nulla dire da che settore verranno poi gestite.
Sono davvero questi i bisogni che emergono dai giovani in situazioni di disagio, dagli anziani e dai soggetti cui si rivolge il servizio socio assistenziale in Piemonte? Noi affermiamo di no. I problemi principali per far prevenzione vera si chiamano sicuramente servizi socio-assistenziali ma anche casa adeguata, organizzazione delle città, salubrità dell'ambiente di lavoro e di vita, rapporto corretto con il lavoro e le professioni spazio culturale e sportivo.
Anche questa è una sfida aperta tutta da giocare che caratterizzerà a seconda di come sarà affrontata, in senso positivo o meno, la nostra Regione proiettata nel futuro dell'Europa.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Signor Presidente, signori Consiglieri, non è affatto gratificante parlare in questa sede quando ormai i giochi sembrano già fatti, tuttavia è un preciso dovere verso i cittadini chiarire le motivazioni di un'opposizione politica ad una coalizione i cui connotati che si desumono dal programma non sono assolutamente condivisibili da parte nostra.
Innanzitutto alcune riflessioni su alcune questioni concernenti la difesa dell'ambiente. A pag. 27 del documento della maggioranza costituenda ci viene proposta una dissertazione sulle scuole e sottoscuole di pensiero socioeconomico ed ecologico. La maggioranza, in queste pagine, non si sottrae alle competenze di monitoraggio, risanamento e recupero delle aree degradate della val Bormida, tuttavia ipolizza supposte "compatibilità" dell'ACNA e si dichiara una rigorosa controllatrice degli adempimenti imposti all'azienda ligure. Come ciò sia conciliabile con la volontà di raccogliere le sollecitazioni e rigenerare il rapporto di fiducia tra quelle popolazioni e le istituzioni riesce impossibile a comprendersi.
Insomma, si dice di tutto e il suo opposto con disinvoltura ed enormi contraddizioni. il pentapartito si contraddice circa le scelte effettuate nella scorsa legislatura, dove si previde la chiusura di quella fabbrica.
La quale ci risulta continui ad utilizzare fenoli, ammine aromatiche solventi clorurati, ecc. Dove starebbero gli scontri di pensiero sull'interpretazione della cancerogenità, mutagenità e tossicità di tali sostanze? Ci siamo soffermati su tale contraddizione poiché questa risulta più lampante data l'odierna situazione in Liguria, dove ci risulta che lo stato del dibattito nella composizione di pentacolori che dovrebbero reggere le sorti della Regione e della provincia savonese sia più avanzato di quello della Regione Piemonte; tant'è che nel documento programmatico congiunto si afferma che, fatto salvo il diritto al lavoro dei dipendenti ACNA. da salvaguardare anche tramite il ricorso ad attività produttive alternative si badi bene, non produzioni, ma attività alternative - qualora non si possa garantire la salute dei cittadini, sia possibile chiudere quello stabilimento. Si dice anche che il nuovo impianto recupero solfati dovrà essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale e al parere della popolazione interessata (quindi non soltanto degli abitanti di Cengio).
A fronte di tali avanzamenti ora, incomprensibilmente ed inaccettabilmente, il Piemonte arretrerebbe? Speriamo nella replica speriamo di aver capito male.
Ci si intenderebbe dotare di un Osservatorio sulle acque..., ma senza che questo sia dotato di poteri d'intervento sulle fonti inquinanti! Anche sullo smaltimento dei rifiuti, dopo aver parlato di agenzie di smaltimento e di albi di smaltitori, di repertori di operatori autorizzati nonché di aziende (e qui ritorna a far capolino il business dei rifiuti) si arriva a sostenere che la legislazione regionale andrà "all'occorrenza" revisionata.
A pag. 22, si vuol costruire l'autostrada Asti - Cuneo - Marsiglia mentre a pag. 32 si cita addirittura una recente sentenza della Corte Costituzionale (ma nel frattempo .l'Assessore Cernetti regala ampie disponibilità e nessuna valutazione d'impatto ambientale e permessi alla O/CAVA di Ferrere d'Asti).
A pag. 58 parrebbe sottintesa - è comunque grave che non lo si chiarisca a sufficienza - l'acquiescenza al Piano Energetico Nazionale, il che lascerebbe suppone il Superphoenix e l'elettrodotto Moncenisio Piossasco. Per noi del tutto inaccettabl1e. A che serve allora parlare di agenzia di risparmio energetico, quando ci si adegua al fatto che le decisioni vengono assunte altrove? Nell'ambito della questione ambiente, colloco la questione vivibilità dell'ambiente costruito e quindi la problematica dell'abbattimento delle barriere architettoniche. Qui non mi dilungo perché nel futuro avremo occasione di parlarne. Nel documento di maggioranza non v'è alcun accenno alla questione; spero che il futuro programma della Giunta sia più esauriente indicando programmi, competenze e risorse.
Consentitemi una citazione. Mao Tse Tung sosteneva che tra due soggetti che hanno gli stessi diritti, il più debole li realizzerà con maggiori difficoltà o non li realizzerà affatto. Pertanto parlava di diritto ineguale cioè del dovere sociale di sostenere coloro che sono più deboli.
Chi non lo fa non si astiene dal parteggiare, ma, perciò, consente il mantenimento delle cose esistenti: equilibri di potere e di ricchezze.
Nella recente ricerca della Bankital1a e della BNL si sostiene che ogni famiglia italiana possiede 34,6 milioni di risorse finanziarie. In realtà il 10% della popolazione ne detiene il 53%; mentre il21 % degli italiani non ha risparmi ed un terzo ne possiede solamente il 7%. Le famiglie del nord hanno una ricchezza del 131%, evidentemente a scapito del sud. Ma se tali dati registrano, si fa per dire, un maggior livellamento, se si considera il reddito nazionale (ad esempio quel 10% di "ricchi" ne ha "solamente" un quarto) le differenze risultano abissali.
Nel programma che viene ipotizzato di tutto ciò non vi è traccia quindi non si vuole modificare lo stato di cose esistente e si finisce, al di là delle dichiarazioni esplicite, per collocarsi per i ricchi e contro i poveri.
Altrettanto ovvia, quindi, l'opposizione di DP che invece indica la necessità di una più egualitaristica distribuzione di redditi e ricchezze di una più equa tassazione. Abbiamo inutilmente cercato qualche riferimento alla necessità di ridare senso alle Commissioni tributarie comunali e alla lotta all'evasione fiscale, ad una miglior rispondenza ai bisogni dei cittadini da parte dei servizi pubblici, che andrebbero potenziati. Non abbiamo trovato riferimenti a "pressioni" da esercitare nei confronti di chi ha alloggi sfitti o non rispetta i diritti dei propri dipendenti niente sui contratti formazione lavoro utilizzati impropriamente come sulle norme antinfortunistiche che sono disattese.
Vorrei approfondire alcune questioni concernenti il problema del diritto alla salute, questione sulla quale intendo impegnarmi in questa legislatura.
L'approvazione della L.R 23/4/90 n. 37 "Piano Socio Sanitario della Regione Piemonte per il triennio 90-92", avvenuta frettolosamente nel corso dell'ultima seduta del Consiglio regionale uscente, condiziona negativamente la possibilità di incidere in senso innovatore su modelli organizzativi, metodologie operative e qualità dei servizi del Servizio sanitario della Regione Piemonte.
Occorre pertanto partire da un esame critico delle linee generali del Piano socio sanitario regionale recentemente approvato per poter chiarire efficacemente il senso ed i contenuti di una attività di opposizione finalizzata a promuovere una indispensabile inversione di rotta rispetto agli indirizzi finora perseguiti dall'Amministrazione regionale.
In questi ultimi anni la Regione non ha assunto iniziative rilevanti rispetto alle attività di prevenzione primaria e terziaria e rispetto al potenziamento dei servizi territoriali alternativi alla istituzionalizzazione. In particolare le norme concernenti l'ospedalizzazione a domicilio, la deospedalizzazione protetta, la creazione di letti sanitari presso gli istituti di ricovero sono rimaste del tutto inattuate.
Egualmente non sono state definite e potenziate le piante organiche degli operatori dei distretti socio-sanitari di base, determinando di fatto il mancato avvio di servizi di assistenza domiciliare integrata infermieristica, riabilitative e di cura alla persona. Questa scelta di mancato o non voluto potenziamento dell'assistenza sanitaria di base contrasta con quanto la stessa Organizzazione mondiale della sanità ha affermato già fin dal '78 ad Alma Ata, e successivamente in un documento del 1988 dal titolo - situazione a metà percorso da Alma Ata all'anno 2000". In tale documento si afferma a pag. 17: "Innanzitutto le att1vità di Assistenza sanitaria di base sono considerate come la chiave necessaria per arrivare a realizzare il programma "Salute per tutti" nell'anno 2000".
Nello stesso tempo vi è stata una rilevante accentuazione, sia sotto il profilo promozionale che di spesa, degli interventi a favore delle grosse strutture. in particolare verso quelle destinate ad anziani non autosufficienti. Si è trattato di precise scelte, a forte valenza politica più che tecnica, che contrastano con la necessità di dare risposte efficaci alle esigenze e ai diritti fondamentali delle persone. Né si possono giustificare tali scelte con la semplice mancanza di fondi. Si rammenta a questo proposito che, ad esempio, l'ospedalizzazione a domicilio ha un costo di investimento che è praticamente uguale a zero, mentre la creazione di un posto letto in residenza sanitaria assistenziale costa da 70 a 90 milioni. Inoltre la gestione dell'ospedalizzazione a domicilio ammonta a 70/80 mila lire al giorno contro le 300/350 mila lire della retta ospedaliera e le 100/120 mila lire della retta di un degente in un istituto di assistenza.
Gli strumenti attuativi del PSSR sono per lo più affidati a deliberazioni di Giunta da licenziare entro 60 giorni. Vanno sollevate alcune perplessità sull'opportunità del fatto per cui decisioni operative di forte rilevanza siano sottratte alla competenza del Consiglio, quindi non solo alla conoscenza ma ad un preciso impegno di lavoro da parte del Consiglio regionale. Egualmente suscita notevoli perplessità la mancanza di criteri di linee strategiche destinate ad indicare le priorità e i vincoli per l'elaborazione dei successivi atti amministrativi. La carenza di criteri fa sorgere il dubbio che le delibere chiamate attuative siano in realtà i veri programmi. Che tale perplessità sia opportuna deriva dalla constatazione che alle UU.SS.SS.LL. finora non sono giunte, e certo non perverranno, le previste linee guida per la formulazione, entro il 14 settembre, dei piani di attività e di spesa e dei regolamenti, condizione per ridefinire le risorse professionali. A questo riguardo occorre rammentare che nella deliberazione di Consiglio regionale del 17/11/88 si prevedeva che in fase di prima attuazione vi fosse l'esame congiunto della legge di Piano e delle deliberazioni attuative. Gli argomenti individuati dal Piano, oggetto di tali deliberazioni, sono di non poco conto e riguardano in stragrande maggioranza le attività da svolgere nel Distretto.
Quindi si trova rimandata a successiva deliberazione l'elencazione delle attività distrettuali per ogni funzione, senza indicare alcun orientamento per le attività di insieme del distretto atte a valorizzare le finalità specifiche senza ridurlo a mera articolazione territoriale senza alcuna reale autonomia.
Non sono definiti né sono formulati criteri per la stesura delle delibere successive e gli standard relativi al personale distrettuale.
Per quanto riguarda gli interventi di assistenza domiciliare integrata non vengono definiti gli obiettivi, gli standard di attività e di personale nonché le linee di indirizzo e di coordinamento organizzativo.
Sulle strutture residenziali non sono previsti invece rimandi a deliberazioni successive. Intorno a tali presidi si trovano già espressi criteri, standard ed indirizzi. Dunque, tutta l'operatività immediata è concentrata sulle residenze, favorita anche dalle scelte nazionali derivanti dalla legge finanziaria.
Al di là di questa indicazione di destinazione delle risorse finanziarie, la Regione ha scelto di indirizzare le residenze a tutti i gruppi di persone "più deboli": anziani non autosufficienti, disabili malati di mente, tossicodipendenti. malati di AIDS, non esplicitando l'utilizzo di tali finanziamenti per interventi diversi ed alternativi quali le comunità alloggio.
Le residenze previste sono di fatto dei posti letto, (senza alcun accenno alle modalità di organizzazione che le UU.SS.SS.LL. dovranno definire in base a parametri numerici). il calcolo del fabbisogno per gli anziani non autosufficienti si basa sul parametro definito nel rapporto di 1,2% degli ultrasessantacinquenni: i posti letto vanno collocati in nuclei costituiti da 20 posti letto, che possono però diventare 40 posti letto suddivisi in 2 nuclei, o 60 posti letto (neanche più divisi in nuclei) o qualora la struttura fosse polivalente (termine non meglio definito: polivalenza di servizi o di tipologia di ospiti?), fino a 120 posti letto in zone ad alta densità abitativa. Non si sa quanto densa.
Il calcolo del fabbisogno per i disabili si basa sulla necessità di una residenza sanitaria assistenziale ogni 100.000 abitanti. Nelle UU.SS.SS.LL.
di cui fa parte il capoluogo di provincia la residenza sanitaria assistenziale dovrà comprendere oltre a nuclei residenziali per fasce d'età ed il centro per le attività a ciclo diurno, un nucleo residenziale per gravi e gravissimi, dimensionato in 10 posti letto per i gravi e 20 per i gravissimi. La priorità data alle strutture di ricovero ignora il concetto di comunità alloggio che non viene indicata neanche per i minori. Si parla genericamente di residenza .senza alcun aggancio al concetto di abitazione che presuppone una forte interrelazione con il tessuto sociale. Questa assenza è particolarmente grave rispetto ai minori, ai disabili ed ai malati di mente perché significa in pratica, per tutti, ripristinare istituti e manicomi, neanche poi tanto piccoli visto che la capacità pu arrivare a 60 o addirittura a 120 posti letto.
Alcune osservazioni. La logica generale del Piano è assolutamente squilibrata a favore delle strutture residenziali ad elevata capienza. Si rileva inoltre che non vi è nella premessa del Piano alcun riferimento al reale stato di salute della popolazione, al rilevamento dei bisogni.
L'unico aspetto positivo del piano è l'attribuzione al settore sanitario delle competenze ad intervenire nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti, anche se le strutture sono privilegiate rispetto ai servizi alternativi territoriali. Tale decisione dovrà comportare necessariamente il trasferimento di competenza al Fondo sanitario del pagamento delle rette per il ricovero degli anziani non autosufficienti dovendo pertanto cessare il grave abuso di far gravare sulle famiglie gli oneri delle spese di ricovero spesso estremamente pesanti.
Altri aspetti su cui occorre richiamare l'attenzione sono i seguenti: l'individuazione del coordinatore di distretto nel medico di disciplina (organizzazione dei servizi di base), trascurando le positive esperienze di coordinamento attuate anche presso la nostra Regione da personale non appartenente al ruolo medico.



PRESIDENTE

Consigliere la invito ad avviarsi alla conclusione. Le ho già dato due minuti di più. Grazie.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Va bene, allora tendo a chiudere.
Non si entra nel merito dell'utilizzo dei concetti di "indicatori.
verifica. Programmazione". Si applica riduttivamente il concetto di "educazione sanitaria" semplicemente all'attuazione di campagne informative. L'attività consultoriale non è ulteriormente definita n potenziata in relazione ai bisogni di salute della popolazione femminile.
Non è previsto lo sviluppo a partire dall'esperienza avviata a Torino con le unità di base. Le unità di base erano e sono servizi che operano a partire dalla metodologia della costruzione consensuale con i lavoratori delle mappe di rischio. Lo sviluppo dei servizi di riabilitazione fa esclusivo riferimento ad una espansione territoriale delle compètenze ospedaliere e non riconosce autonoma competenza anche organizzativa ai terapisti della riabilitazione. Gli obiettivi di formazione in servizio e di aggiornamento individuati dal Piano non prendono in considerazione altre figure professionali oltre a quelle degli infermieri continuamente richiamati, né chiariscono a quali operatori siano rivolte.
Il Piano sanitario sembra partire da zero non essendoci riferimenti ai piani precedenti, al numero e alla qualità dei servizi attualmente esistenti. Il cambiamento degli indirizzi, che propongono di fatto una nuova logica dei servizi, sono evidenti quando si riscontra il ripristino di logiche esasperate di separazione tra territorio e strutture di degenza assistenziali. Le scelte implicite, sbagliate e mancanti. al di là di una discussione culturale si riverseranno sui servizi creando sovrapposizioni carenze, tensioni che porteranno a serie difficoltà a lavorare correttamente.
Vogliamo affermare che il senso e la fermezza della nostra opposizione deriva dalla consapevolezza della rilevanza dei problemi sociali, oltrech politici. a cui la proposta di lavoro esposta dalla Giunta non potrà dare efficaci risposte. In questo ambito ovviamente collaboreremo con quanti tra le forze di opposizione intenderanno operare non tanto e non solo passando attraverso accordi tra ceti politici, quanto e soprattutto come espressione delle lotte e della mobilitazione sociale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Segre. Ne ha facoltà.



SEGRE Anna

Sono costretta, signor Presidente, colleghi Consiglieri, ad iniziare con una brevissima premessa, che comunque resterà nei tempi che ci siamo dati nella Conferenza dei Capigruppo.
Questa piccola premessa è un atto dovuto a lei Presidente, ai colleghi Consiglieri, e soprattutto ai cronisti del Consiglio. Grande confusione secondo me è stata fatta in questi giorni, sui nostri giornali a proposito del dibattito sulle costituende Giunte in Regione, alla Provincia e in Comune.
A mio parere è stata fatta - e parlo a nome del Gruppo Verdi, che rappresento come Capogruppo - una grande confusione che vorrei chiarire ai Consiglieri tutti e alla stampa.
Il Gruppo Verdi, che si è formato per la prima volta in Consiglio regionale all'inizio di questa legislatura, non è qualcosa di strano, che la stampa ad esempio non possa mai nominare in modo corretto, anche se è composito: è composito perché è formato da Consiglieri eletti in due liste diverse. La sottoscritta è stata eletta in quanto è stata candidata e capolista della lista Verdi del Sole che ride, mentre i colleghi Staglian e Miglio sono stati eletti nella lista Arcobaleno. Non deve sorprendere il fatto che non esistano in Regione due Gruppi distinti: uno Arcobaleno e uno Verdi Sole che ride. in quanto la costituzione di un Gruppo Verdi unitario in Regione Piemonte costituisce per noi ma anche per tutte le realtà ambientaliste di tipo associativo o meno che esistono in Piemonte e a livello nazionale, una grande speranza. La grande speranza che si arrivi come è stato deciso nelle relative assemblee nazionali dei Verdi del Sole che ride e degli Arcobaleno. entro la fine dell'anno, ad un soggetto unico verde che sia rappresentativo di tutte le istanze ambientaliste che esistono in Italia.
Credo che l'esistenza del Gruppo "Verdi" in Regione Piemonte anticipi qualcosa che dovrà avvenire nel giro dei prossimi mesi a livello nazionale e costituisce per noi una grande speranza nel senso che tutti desideriamo che le forze verdi continuino ad essere suddivise e, in certe occasioni come è avvenuto anche in queste ultime settimane, diversamente strumentalizzate dalle altre forze politiche.
Fatta questa breve premessa, vorrei dare il mio contributo al dibattito odierno chiedendo ancora una volta l'indulgenza dei colleghi, perché forse le considerazioni che farò sono dovute all'ingenuità di un neofita, cioè di un Consigliere che si trova per la prima volta sui banchi di un Consiglio regionale. Però, in quanto neofita, ma nemmeno così ingenua, pensavo che un documento programmatico fosse un'altra cosa, cioè un programma, non una sommatoria di considerazioni scarsamente esaustive anche solo sotto il profilo dello stato dell'arte sui diversi argomenti. Mi sembra che questo documento che ci è stato presentato e che siamo stati chiamati ad esaminare in questi giorni non sia nemmeno un documento programmatico, ma qualcosa che sta prima; speriamo che ci arrivino entro tempi brevi delle indicazioni più precise. Questo documento non mantiene nemmeno le promesse iniziali che dice di voler mantenere. Infatti, inizia dicendo:"La quinta legislatura si apre su uno scenario di grande interesse e d'intenso dinamismo che presenta un complesso di problemi veramente importante", che porta come conseguenza "...l'esigenza di una rinnovata. forte e moderna azione politica che crei le condizioni per un nuovo sviluppo...". In effetti, la lettura del documento programmatico fa intravedere la complessità dello scenario, ma è molto più carente per tutto quello che concerne le reali novità sia di indirizzo che di contenuto programmatico.
Vorrei in breve, dato l'impegno di contingentamento dei tempi che ci siamo assunti nella Conferenza dei Capigruppo, fare alcune considerazioni puntuali sulla parte che riguarda l'ambiente e l'assetto del territorio.
Questo non perché non abbia altre cose da dire su altri capitoli o su altri argomenti contemplati seppur brevemente in questo programma, che saranno peraltro oggetto dell'intervento degli altri Consiglieri del Gruppo. Per esempio vorrei aver più tempo per soffermarmi sugli argomenti che ha già affrontato la collega Bortolin che riguardano la condizione femminile, così sfumata in questo programma e che ritengo invece strettamente legata ai problemi ambientali.
Mi sembra che in questo programma, a livello generale, poco sia stato recepito del grande dibattito che si è sviluppato in questi ultimi anni, e che, proprio per la sua portata di Interesse sia scientifico che culturale ha interessato non solo gli ambientalisti, ma più vasti settori anche politici.
Questo dibattito che ha avuto al centro il ruolo dell'ambiente come valore in sé per l'uomo, da cui discende che la salvaguardia dell'ambiente non è un surplus dell'attività umana, ma un impegno etico imprescindibile che impegna gli uomini nei confronti della generazione attuale e soprattutto verso quelle future, la cui stessa esistenza può essere messa in pericolo da dissennate politiche che non tengono conto del rapporto uomo natura ad ogni livello; questo problema non può più essere considerato esterno al dibattito politico.
Compito dell'azione politica in questo senso sarà quindi quello di garantire che l'uso delle risorse ambientali avvenga entro forme e limiti che non degradino le basi naturali della vita degli uomini e delle altre specie viventi.
Per consentire ciò è necessario un nuovo rapporto tra scienza e politica, dove la prima deve costituire il punto di coagulo di diverse discipline che arrivino a formulare, attraverso l'intreccio di tutti i nuovi problemi che l'ambiente ha fatto emergere, quali sono le reali condizioni di uno sviluppo sostenibile.
Vorrei chiedere, come ha già fatto la collega Bresso questa mattina che cos'è in realtà lo sviluppo sostenibile. Ne sappiamo dare una definizione? il rapporto Bruntland, come ha già accennato la collega, l'ha fatto due o tre anni fa, ma noi, a livello nazionale, non siamo stati capaci di recepire nemmeno la definizione di sviluppo sostenibile tanto meno abbiamo saputo andare avanti. Mi chiedo oggi se sappiamo definire meglio questa parola e soprattutto se sappiamo definire che cos'è sviluppo sostenibile per l'Italia per arrivare a definire che cos'è sviluppo sostenibile per il Piemonte. Sebbene da anni mi interessi di questi argomenti devo dire che non mi è chiaro, eppure le parole "sviluppo sostenibile" si ritrovano molte volte nel testo che ci è stato proposto.
E' ormai chiaro come i diversi sistemi ambientali siano tutti collegati tra loro con legami di stretta interdipendenza, per cui ogni livello in cui vengono effettuati gli interventi risulta fondamentale rispetto a tutti gli altri.
Ho fatto questa premessa per indicare quale sarà la logica del nostro intervento politico in Regione nella prossima legislatura. Ci sembra ormai terminato il tempo in cui, soprattutto gli ambientalisti, erano costretti a muoversi entro un'ottica limitata, cercando di correre ai ripari ogni volta che un'emergenza ambientate si presentava,--per passare a inquadrare il loro intervento in un contesto complessivo in cui la centralità della questione ambientale sia riconosciuta come pervasiva di tutti gli altri problemi.
La mia critica al capitolo sull'ambiente e sull'assetto del territorio è quindi generale, sull'impostazione che vede ogni argomento staccato dagli altri, senza la ricerca di quelle interconnessioni, peraltro così leggibili sul territorio; e in particolare perché considero i singoli punti trattati in modo estremamente carente e altri temi non li ho nemmeno trovati e presi in considerazione.
Per quanto riguarda alcuni punti che ci stanno particolarmente a cuore mi sono stupita, per esempio, a proposito dell'ACNA di Cengio, di non trovare alcun riferimento alla legge di iniziativa regionale trasmessa al Parlamento per l'approvazione in cui veniva richiesta la chiusura dello stabilimento. Nel documento si dice che la Regione è coinvolta nella ricerca di eventuali compatibilità delle lavorazioni di quell'azienda chimica ligure. Come se non ce ne dovessimo occupare, mentre sappiamo che gli effetti nocivi sono tutti piemontesi.
Non si parla del problema delle altre industrie inquinanti presenti sul territorio piemontese. Stanno per scadere i termini della direttiva Seveso.
Che cosa facciamo rispetto a queste industrie? In tema di rifiuti non è presa in considerazione la problematica della riduzione degli stessi, a monte del ciclo di produzione, cosa che ridurrebbe di molto il problema dello smaltimento a valle. E nello stesso tempo non viene abbandonata la filosofia del trattamento del rifiuto in maxi impianti e non vengono trattati i temi della innocuizzazione e del recupero dei rifiuti industriali.
In tema di energia non viene fatto alcun riferimento a ciò che ancora rimane del nucleare nella nostra regione sotto forma di scorie ammassate a Saluggia, a Bosco Marengo, e in altri luoghi forse anche ignoti. Non viene trattato il problema della messa in sicurezza della centrale E.Fermi di Trino. Non si parla del recupero del sito di Leri-Cavour e soprattutto non viene impostato un serio discorso di risparmio energetico che non significhi ritorno alla candela, ma qualcosa di molto più serio, che peraltro fa parte ormai del dibattito degli ambientalisti da molto tempo.
Per quanto riguarda infine l'urbanistica si fa l'elenco di adempimenti.
alcuni dei quali molto Importanti. come la formulazione di una nuova disciplina urbanistica o l'individuazione, entro il 1991, dell'area metropolitana torinese in base alla nuova legge delle autonomie locali senza dare il minimo segnale di indirizzo che questi due provvedimenti dovranno avere. provvedimenti che saranno alla base di una nuova organizzazione del territorio piemontese, quindi di estrema importanza.
Inoltre si ripropone una nuova disciplina urbanistica che tenga conto del disegno di legge n. 524 che già nella precedente legislatura era stato oggetto di critiche da parte delle associazioni ambientaliste a causa soprattutto della proposizione di una sostanziale "deregulation" urbanistica che, se riproposta, non lascia intravedere una uscita dalla genericità delle intenzioni sul progetto urbanistico.
Per questi motivi e soprattutto per le altre carenze (mancano in questo documento alcuni punti estremamente importanti di cui non si dice nulla) ma anche e soprattutto per la carenza dell'inquadramento del problema ambientale sotto un profilo più generale (non è sufficiente nominare la parola ambiente in ogni paragrafo per far sì che la questione ambientate diventi centrale né tanto meno per risolvere i problemi) dichiaro che io come gli altri colleghi aderenti al Gruppo Verde voteremo contro il programma presentato.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Alle pregiudiziali politiche che ha espresso il Consigliere Farassino vorrei aggiungere alcune note sui motivi tecnici per cui riteniamo di dover votare contro a questo programma.
Ho rilevato una grave carenza nell'enunciazione dei punti che riguardano la politica ambientale, carenza che non è stata rilevata per contro dai colleghi che mi hanno preceduto. Sia nel momento in cui si parla dell'acqua che nel momento in cui si parla dell'aria ho rilevato una certa rassegnazione nel constatare l'impossibilità di verifica, di controllo, di analisi delle acque e dell'aria nella nostra regione. C'è una dichiarazione più che allarmante. Si parla di possibilità di cadere in un coacervo indeterminato di rilevazioni, campionamenti ed analisi che non riuscirà a produrre mappe affidabili. Questo alla luce di una ormai vastissima legislatura italiana, composta più che altro da decreti e da normative confortata da altra normativa a livello CEE che prevede in modo chiaro e univoco metodi di campionatura e di analisi.
Questa rassegnazione è ancora più preoccupante in quanto, nonostante le leggi, e in particolare il decreto n. 203, mettano la Regione in condizioni di agire nei confronti dell'industria per produrre un miglioramento qualitativo delle emissioni atmosferiche, la Regione si trova senza strumenti per verificare e per poter intervenire per rendere effettivo un miglioramento dello stato dell'aria.
Abbiamo rilevato, leggendo la relazione programmatica, una puntuale e diligente enumerazione dei metodi per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, enumerazione senz'altro diligente, ma indirizzo politico senz'altro assente. Sappiamo tutti che ci sono molti metodi per raccogliere, per stoccare e per distruggere i rifiuti: quale sia la strada che questa Amministrazione intende seguire non ci è assolutamente chiaro.
Il secondo punto che vorrei toccare è quel magrissimo argomento perlomeno stando al documento programmatico, che è la montagna: un paio di paginette e via. C'è un'annotazione che non solo mi allarma, ma che avrei preferito non leggere. Parlando dei residenti in montagna e in alta collina si adombra la possibilità che questi siano assimilati a persone appartenenti ad un servizio sociale. Questo mi puzza terrificantemente di assistenzialismo. Non vorrei che da questa frase, probabilmente buttata là si pensasse di ghettizzare la gente di montagna e di esportare sulle nostre montagne e sulle nostre colline un concetto di assistenzialismo che ha dato già dei frutti piuttosto deludenti in altre aree del Paese.
Mentre, restando sempre a problemi attinenti alla montagna, sul capitolo della politica energetica non rileviamo nessun riferimento agli invasi idrici con possibile sfruttamento idroelettrico oltre che, per ovvi scopi agricoli, di irrigazione.
Sappiamo per certo che i piani dell'Enel e dall'Aem sono estremamente precisi in merito alla identificazione dei siti in cui gli invasi verranno fatti. Non si fa cenno di questo problema .sulla politica energetica e non si fa neanche cenno di un'utilizzazione, come servizio e come possibile impiego per la gente di montagna, alla costruzione e alla gestione di questi che, a quanto pare, diventeranno inevitabili soluzioni energetiche nei prossimi anni.
Con questa puntualizzazione su tre punti del documento, ho voluto specificare che la nostra non è una opposizione pregiudiziale al programma.
Di motivi tecnici ce ne sarebbero molti altri e anche sostanziosi ma per ragioni di tempo non li ho toccati. Noi voteremo contro a questo programma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei iniziare questo mio intervento esprimendo una certa insoddisfazione per lo scarso coinvolgimento nel dibattito della proponente maggioranza; per questo atteggiamento restio nella volontà di prendere direttamente parola. Questa sarebbe stata un'utile occasione per acquisire quelle sollecitazioni utili a trasformare il documento, oggetto del dibattito odierno, in un vero programma e non solo in una somma di parole prive di incisività e di propositività.
Ritengo altresì che i contenuti di questo programma appaiano del tutto incoerenti, frammentari, risolti a pochi accenni quando non del tutto inesistenti. Si ha una certa difficoltà ad individuare precise linee di azione; il tutto, in fondo, si limita ad una esposizione per accenni di intenzioni da assumere nel prossimo futuro (e non ora), di iniziative da individuare e da rendere attuative in tempi successivi, ma nulla o ben poco viene riportato sui metodi ed i percorsi attuativi che dovrebbero pure essere stati di fatto individuati. Rimangono, dunque, solo delle parole chiave, quasi queste fossero di per sé sufficienti a sostenere la richiesta di un'adesione e di un sostegno diretto a questa maggioranza. Restano dunque, solo parole chiave, quasi queste garantissero da sole l'effettiva risoluzione dei problemi che, peraltro, non sono citati se non in pochi casi, ritenuti presumibilmente marginali e in ogni caso identificati come degli episodi isolati e non correlazionati a precisi meccanismi che, di fatto, li originano e sui quali si sorvola ampiamente, quasi a non voler disturbare poteri ed interessi consolidati.
L'intervento lo calerei in un oggetto specifico che ho preso in considerazione che riguarda l'argomento della sanità e della salute.
Ebbene, anche in questo caso la proponente maggioranza si colloca sul piano della continuità con la passata Amministrazione dichiarando di voler dare attuazione a quanto previsto dal Piano socio-sanitario regionale approvato alle soglie dello scioglimento del precedente Consiglio regionale.
Un piano questo i cui contenuti e schemi operativi si rivelano insufficienti per apportare quelle innovazioni che, sole, consentirebbero di passare da una politica sanitaria, basata quasi esclusivamente sull'assistenza medica, intesa come cura a posteriori di tipo clinico ospedaliero, ad una assistenza che faccia combaciare il diritto alla salute con la protezione della stessa e che metta dunque al centro del suo agire la prevenzione, intesa nelle sue varie possibili eccezioni (informazione modifica della struttura produttiva esistente). affiancando, a questa forme di assistenza che portino ad una progressiva deospedalizzazione dei soggetti interessati.
In questo senso, seppure il documento esprima l'intenzione di dare forma ad una cultura della prevenzione, di fatto, non identifica poi compiutamente e dettagliatamente le forme di intervento, i modi attraverso i quali si intende avviare tale politica e, stante i risultati precedenti e la scarsa assunzione di iniziative rilevanti in tale campo, il mantenersi su questo piano di astrattezza è indice di una non raggiunta maturità.
Nel riferimento che viene fatto ai compiti propri dei distretti sanitari emerge come, quello di organizzare un'assistenza domiciliare integrata, sia ancora visto in senso aggiuntivo e non prioritario: non sono per questo riportate le linee di intervento, non sono definiti gli obiettivi e nemmeno le formule di coordinamento organizzativo.
Viceversa emerge un'attenzione prevalente agli interventi sulle strutture ospedaliere tradizionali e, dunque, la necessità di ampliare la strumentazione tecnica, di incrementare i posti letto nei vari settori quali la geriatria e le lungodegenze, in riferimento specifico al problema degli anziani, e di andare a creare nuove strutture psichiatriche; mentre si ammette, e si ammette unicamente, che entrambi i problemi rientrano tra quelli risolvibili con l'attivazione dell'assistenza domiciliare integrata.
Il problema dell'AIDS è risolto con poche righe, che genericamente richiamano l'esistenza del problema e predispongono la prosecuzione di campagne informative ma senza definire gli obiettivi educativi degli interventi ed il grado di coinvolgimento sociale previsto.
Allo stesso modo le tossicodipendenze sono sbrigativamante risolte con la proposta del potenziamento dei servizi in senso generico e della formazione di corsi di aggiornamento per gli operatori del settore.
Anche il legame tra qualità dell'ambiente e salute è condensato in un breve passaggio privo di una reale identificazione delle cause prime dell'insorgere della malattia e parimenti di reali strategie di intervento atte a impedire il rigenerarsi di tali processi di contaminazione.
Nulla viene detto sulla necessità di modificare gli attuali sistemi produttivi o di operare per risanare gli ambienti degradati in forme che siano più soddisfacenti (rispetto alla qualità stessa degli ambienti).
Nessuna strategia operativa è predisposta per risolvere i problemi pure identificati, della salute della donna, del materno infantile e degli handicappati.
In senso più generale manca, di fatto, una stretta correlazione fra il problema di garantire la salute e i singoli e specifici settori di intervento.
Per fare solo alcuni esempi, confrontando il paragrafo della salute con gli altri, quali quello dell'agricoltura, delle acque e dei rifiuti, non c'è alcuna correlazione fra gli stessi. Ad esempio, per quanto riguarda l'agricoltura, viene detto che la tutela della genuinità dei prodotti, la repressione delle frodi e la sollecitazione per favorire le produzioni biologiche sono solo "attività corollarie e complementari", mentre, invece dovrebbero essere il primo obiettivo che può di fatto e realmente garantire la preservazione della salute degli individui e dell'ambiente, nel suo complesso.
Allo stesso modo si parla solo di controllo degli impatti ambientali rispetto all'impiego dei mezzi chimici e, di fatto, non si realizza alcun superamento logico di tali tecniche di produzione, nessun uso a favore della lotta biologica e di un'alternanza culturale.
Allo stesso modo, per quanto riguarda le acque, di cui è ben noto il livello di inquinamento e i problemi che le stesse danno da questo punto di vista. si propone solo la costituzione di un osservatorio che si occupa prioritariamente. come previsto dal programma, del regolamento dei prelievi, del controllo degli emungimenti dalle falde e della proposta di un loro razionale utilizzo, mentre, invece, nulla viene detto rispetto ad un programma di intervento efficace che vada a cogliere le vere cause dell'inquinamento, per andare quindi a recuperare la qualità delle stesse.
Vi è poi la riconferma della politica dei rifiuti che si basa ancora sulla prosecuzione del piano delle discariche ritenendo che non ci sia opposizione e contraddizione nel "pensare ad un tempo alle discariche di oggi e di domani" e alle più sofisticate tecnologie di utilizzo e riduzione dei rifiuti. Al contrario noi riteniamo che una contraddizione vi sia perché non si può contemporaneamente pensare di continuare su questa linea politica di mantenimento dei siti delle discariche e non fare nulla invece, per cogliere e risolvere il vero problema che è poi quello della produzione a monte dei rifiuti stessi. andando ad incidere anche sul piano della ricerca per individuare nuovi sistemi e tecnologie produttive che non creino più rifiuti.
Non nascondo lo sconforto per non ritrovare all'interno della relazione alcun interessamento per la questione della solidarietà internazionale. per le tematiche attinenti alla questione del divario fra nord e sud e per il problema degli extra-comunitari. Di fatto questo non pare rientrare tra gli interessi di questa maggioranza se non, solo ed eventualmente, dal punto di vista turistico individuando, in particolari Stati extra-comunitari, un possibile bacino di utenza, di clienti interessati da poter richiamare (quindi nuove fonti di guadagno all'interno della nostra Regione).
Chiudo il mio intervento cercando di recuperare il tempo speso dai miei due colleghi di Gruppo, e concludo dicendo che non posso che ribadire la nostra non condivisione delle linee programmatiche definite dalla proponente maggioranza e, quindi, negando l'appoggio, voterò contro la stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Enzo

Signor presidente, colleghi Consiglieri, credo di avere sufficiente rispetto della stanchezza di tutti per garantirvi che sarò molto sintetico.
Non mi dilungherò sulle argomentazioni che motivano il mio giudizio negativo sul programma presentato, anche perché sono state ampiamente illustrate da interventi di altri Gruppi, che in parte condivido.
soprattutto dei Gruppi verdi, e di qualche Consigliere comunista.
Voglio soltanto citare tre questioni che in questa bozza di intenti presentata dalla maggioranza sono assolutamente sottodimensionati.
Innanzitutto l'Europa. In questo documento è molto citata, ma non si parla assolutamente del tipo d'Europa che vogliamo. Ci si è dimenticati dell'attività di tipo federalista che ha caratterizzato, solo in parte anche questo Consiglio regionale; ci si è dimenticati delle iniziative svolte durante la scorsa legislatura nel senso di dare maggiori poteri al Parlamento europeo, per esempio, e di una maggiore rappresentatività dei popoli d'Europa nei confronti dei Governi che già attualmente decidono molte delle sorti dei Paesi che fanno parte della CEE.
Un brevissimo accenno alla Promark, questo carrozzone incredibile che la Regione continua a tirarsi dietro. Pur avendo citato in una parte del programma la necessità di rivedere il quadro complessivo degli entri strumentali, guarda caso, per questo ente, che definire inutile è dir poco si continua a pensare ad un recupero del ruolo di questa struttura fatiscente nell'ambito complessivo della politica della promozione e delle fiere in Piemonte.
Voglio soffermarmi qualche minuto sull'assenza pressoché totale di indicazioni sul tema della lotta allo sviluppo del consumo delle droghe pesanti in Piemonte. Calibro bene le parole che uso su questo tema essendo io antiproibizionista e avendo una tesi molto specifica, molto netta su questo argomento. Nel programma di intenti si liquida l'argomento con sette righe, delegando tutto questo complesso argomento a un intervento di politica sanitaria e socio-assistenziale, già previsto nel piano socio sanitario. In effetti si dimentica che il problema cosiddetto delle droghe sono i 39 morti di overdose dall'inizio dell'anno ad oggi nella Provincia di Torino, numeri che non sono scritti in questo programma e che purtroppo si dimenticano; ma non ci sono soltanto i 39 morti di overdose, ci sono anche i quasi 500 casi di overdose all'interno della popolazione che fa uso di droghe pesanti, casi per l quali non ci sono state conseguenze gravi grazie all'intervento dei servizi sanitari, ma che denotano un cambiamento del mercato e dell'uso delle sostanze stupefacenti. Ci si dimentica che il mercato delle droghe pesanti è libero, che le droghe sono diffuse ad ogni angolo di strada, che in regime proibizionista la droga può essere trovata e acquistata ovunque, quello che noi sosteniamo da tempo, che questo mercato ha un fatturato molto superiore a quello della Fiat ed ha una capacità di pressione in ogni recondito ambito della vita sociale e politica italiana, sicuramente più forte di quanto non lo possano avere i grossi gruppi economici esistenti in Italia.
Perché per esempio in Piemonte non si applica oppure si applica solo marginalmente la legge La Torre sugli appalti? Eppure in Piemonte sono provati alcuni legami fra il mondo della criminalità organizzata legato allo spaccio delle sostanze stupefacenti e il mondo dell'imprenditoria e degli investimenti.
Queste questioni non sono state toccate nel programma. eppure - lo annuncio subito senza tanti tergiversa menti - mi asterrò nella votazione pur avendo un giudizio fortemente negativo sul programma presentato per tre tipi di argomentazioni: perché, ha ragione il Consigliere Majorino, non si vota il programma che è una semplice linea guida di quello che le persone faranno, si votano le persone perché - lo ha detto in particolare il Consigliere Rivalta in modo molto preciso e puntuale questo sistema dei partiti sta cedendo. I risultati delle elezioni amministrative di maggio sono la prova che ogni tipo di soluzione che tentiamo di offrire per i problemi della società piemontese, oltre che quella italiana. non possono non tener conto di questa incredibile caduta di credibilità che la classe politica e le istituzioni - e questo è più grave - hanno all'interno della popolazione dei cittadini, degli elettori. Non a caso il partito nel quale milito, il Partito radicale, insieme a tutto il Partito Comunista e ad alcuni esponenti della DC e di altri partiti, siamo impegnati in prima fila in un tentativo di riforma elettorale profonda che -, .parte proprio da questo tipo di considerazione. L'altra argomentazione che sta alla base della mia scelta di operare In modo trasversale in questo Consiglio regionale è quella citata dal Consigliere Marino. Sia l'argomentazione del collega Riva1ta che quella del Consigliere Marino sono argomentazioni che fanno parte della storia del Partito radicale, che già in tempi non sospetti parlò di necessità di iniziative trasversali. di iniziative che legassero le persone di buone Intenzioni (non di buona volontà) per l'ottenimento di obiettivi precisi, di cose concrete. Anch'io mi muoverò, come abbiamo già fatto in passato in quest'aula, in modo trasversale, proponendo a tutti i Consiglieri, senza nessun tipo di distinzione, iniziative e proposte concrete sulle quali confrontarsi.
E' per questo che oggi ho presentato tre proposte molto semplici che per disposizione del Presidente del Consiglio, non ho potuto distribuire in aula. Condivido le disposizioni, quindi le ho fatte distribuire nelle caselle dei Consiglieri in modo che tutti possano leggere le nostre proposte.
La prima è una lettera indirizzata ai Presidenti dei Gruppi e riguarda le procedure di attuazione della nuova legge sulle autonomie locali. Vorrei citare in modo molto positivo, perché mi ha fatto piacere sentirlo un'affermazione del Consigliere Bianca Vetrino quando parlava di necessità di coinvolgere l'intero Consiglio regionale nel processo di attuazione di questa legge, che si presenta molto delicata e molto complessa 'nei tanti aspetti che essa prevede. Non solo penso che questo sia vero, ma credo che il Presidente del Consiglio debba farsi garante del ruolo del Consiglio prioritario, privilegiato rispetto non soltanto al governo, che peraltro mantiene le sue prerogative e suoi diritti, ma anche nei confronti di ulteriori tentativi di condizionamento delle scelte che il Consiglio regionale è chiamato a fare in tema di autonomie locali. Nella lettera indico alcune proposte concrete sulle quali lavorare attorno a questo tema.
La seconda iniziativa, il secondo documento che sottopongo all'attenzione dei Consiglieri è un ordine del giorno che prende in esame una legge nazionale approvata da poco che è quella che prevede provvedimenti straordinari nella lotta contro l'AIDS. E' una legge in parte già applicata dalla Regione Piemonte, in quanto l'Assessorato competente in parte si è attivato, mentre per alcune altre questioni ancora no. Ci sono questioni della massima importanza attinenti alle persone sieropositive che vivono nel carcere, che ho avuto modo di visitare come altri Consiglieri regionali e che sono costrette in condizioni subumane non soltanto nella struttura carceraria, ma anche all'interno dei cosiddetti repartini carcerari delle strutture ospedaliere .
Il terzo documento è una carta di intenti, una serie di principi generali che gli antiproibizionisti hanno sviluppato per organizzare una iniziativa complessiva, di riforma, di ripensamento dei servizi per le tossicodipendenze nella nostra regione. Partiamo da un esempio che ci viene da due città che hanno un servizio molto efficiente, parliamo delle città di Amsterdam e di Liverpool, che hanno attuato un programma che si ispira a un principio che è quello della "harm reduction", che tradotto dovrebbe significare riduzione del rischio o riduzione del pericolo.
Noi crediamo sia possibile, all'interno della legislazione vigente, che è comunque proibizionista, e avrò comunque modo di spiegare le buone ragioni delle mie tesi antiproibizioniste, ripensare servizi effettivi per le persone tossicodipendenti, servizi che non aspettino il tossicodipendente, ma che vadano dalle persone nei luoghi dove la droga si consuma e si compra liberamente.
Mi asterrò da questa votazione. Non una apertura di credito particolare nei confronti della Giunta. o per lo meno non lo è più di quanto non lo sia già nei confronti delle altre forze presenti qui in Consiglio, ma è una sospensione del giudizio in attesa di verificare su cose concrete e non su parole purtroppo vuote l'atteggiamento e le scelte di questo governo.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Cucco per il suo intervento.
Sul punto che ha chiamato direttamente in causa il Presidente del Consiglio regionale che riguarda l'attuazione della legge sull'ordinamento delle autonomie locali, devo dire che l'Ufficio di Presidenza si è già attivato per pro. pon-e (ne abbiamo dato comunicazione ai Gruppi consiliari e ne parleremo con la nuova Giunta) un seminario nel mese di ottobre per l'approfondimento di questa normativa e per le procedure inerenti la normativa della nuova legge "sulle autonomie locali", sapendo che questa nuova legge, anche secondo quanto ha detto il prof. Grosso e secondo gli elementi contenuti nel documento presentato delle linee programmatiche rappresenta una - nuova fase costituente per i prossimi cinque anni. Quindi questo sarà un impegno centrale del Consiglio regionale.
Sono ancora iscritti a parlare i Consiglieri Sartoris. Chiezzi. Ferrara e Rabellino.
Ha la parola il Consigliere Anna Sartoris.



SARTORIS Anna

Mi spiace che, per una questione che a me non risultava, l'intervento che avevo preparato in piemontese lo dovrò svolgere in italiano. Spero che questa questione, della quale ho già parlato con il Presidente, venga chiarita in sede di Conferenza dei Capigruppo. Non voglio fare polemiche ulteriori vista l'ora e viste le molte parole già fatte, non credo ne valga la pena.
Mi limito a leggere il nostro breve intervento in italiano e mi scuso con coloro che si attendevano un intervento in piemontese. Sarà per la prossima volta perché questo lo considero un inizio; penso, anzi mi auguro che fra cinque anni io non debba più presentare un foglietto, ma possa liberamente parlare in piemontese come avviene in molti Consigli regionali dove è ammesso il bilinguismo. Questo sarà uno dei nostri impegni nei prossimi cinque anni.
Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il Gruppo di Piemont non vuole nemmeno questa volta dedicare troppo tempo in commenti al documento che avete preparato. Saranno i fatti piuttosto che le parole ad indicare se ancora una volta le forze partitiche fanno dell'aria fritta oppure se hanno l'intenzione di capire la novità alla quale le elezioni hanno dato l'avvio.
Perché, cari colleghi, la novità più che altro rappresentata dal voto autonomista, 200 mila voti fra due liste opportunamente e giustamente separate, è venuta allo scoperto. Eppure, e questa è la vera ragione del mio pessimismo, nel vostro documento poco si nota in questa direzione. Su problemi importanti come quello dell'invasione dal Terzo Mondo, come il pericolo mafioso che si espande, pensiamo ai sequestri di persona, come la droga, la vostra capacità di discorso mi sembra bassa. Così come mi sembra limitata la vostra capacità di comprendere i problemi reali della vita della gente: tasse che arrivano ogni giorno e sono decise proprio dai vostri partiti che sono gli stessi a Roma come a Torino.
Dunque, colleghi, per una forza autonomista, senza tuttavia volere a priori negare la possibilità di un confronto. rimane logico restar fuori e non votare la vostra maggioranza.
La mia idea è che la Regione dovrebbe essere più aperta all'Europa dovrebbe inserire nell'operatività politica la grande idea del federalismo dovrebbe pensare che autonomia regionale vuole dire benessere e buona amministrazione. Mancando ciò, come nel vostro programma manca, "Piemont Union autonomia", si schiera al di fuori dei giochi partitici e vuole essere momento di testimonianza dell'identità piemontese e dell'azione per un Piemonte veramente nostro, pulito e umano che, piaccia o no, è davanti a noi nell'Europa dei popoli.



PRESIDENTE

Garantisco la Consigliera Sartoris, ma anche tutto il Consiglio regionale, che nell'indicazione di lavoro che le ho dato sono stata strettamente all'interno delle decisioni che i Capigruppo avevano preso: ne parleremo come le ho promesso in maniera esplicativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Signor Presidente, vorrei fare una serie di considerazioni in occasione della costituzione di questa Giunta.
Il dato più eclatante è quello degli ottanta giorni passati dal giorno delle elezioni ad oggi; è un record negativo per questo Consiglio. Questo dato è però il sintomo del clima politico che i partiti hanno instaurato ed è un dato di deterioramento ormai irrimediabile.
E' vergognoso pensare che questi ottanta giorni sono passati con continue beghe tra i partiti e soprattutto all'interno di certi partiti per spartirsi poltrone, poltroncine, addirittura le seggiole dei quartieri. Non si pensi che gli elettori siano così stupidi da non capire. Il .pudore di certi politici questo non lo vuole neppure celare, lo dimostra l'intervento di questa mattina del collega Gallarini, che non si vergogna di ufficializzare che solo questa mattina il suo partito ha dato parere favorevole al programma. VuoI dire che i socialdemocratici il programma lo giudicano positivo o negativo secondo gli Assessorati che gli sono stati dati? Con queste considerazioni non vogliamo essere eccessivamente ingenui perché sappiamo benissimo che è il modo di fare politica dei partiti di Roma che noi definiamo strumenti del potere centrale che, come una sanguisuga, stanno prosciugando le risorse della nostra regione. Questo modello alla gente non piace più, per questo è stufa e volta le spalle ai partiti, e .le volterà sempre di più fino a quando non verranno sinceramente privilegiati i programmi allo squallido mercimonio delle cariche.
Ma veniamo brevemente a questo programma. In grandi linee diciamo che questo è un bel malloppo di parole, quasi novanta pagine. Non c'è male. Di belle intenzioni ce ne sono, perlopiù sono scontate, qualsiasi partito avrebbe messo certi punti in questo programma. Dall'altro lato c'è tanta demagogia. Le grosse carenze ci sono soprattutto sui temi chiave che interesseranno i prossimi cinque anni; il primo fra tutti è quello dell'ambiente. Relativamente al caso ACNA e alla Valle Bormida, si vede chiaramente che nella maggioranza nessuno ha chiaro il problema, forse perché nessuno lo vive da vicino. Non basta qualche bella parola per risolvere il grosso problema, ci vorranno i fatti e staremo a vedere se da quelle tre o quattro righe che la maggioranza ha riservato al problema ACNA potranno emergere fatti concreti.
Sulla raccolta e smaltimento rifiuti la maggioranza sta molto sul vago.
Occorre indubbiamente approntare una nuova politica del rifiuto e del suo smaltimento; sicuramente non si può liquidare questo tema con un semplice piano di localizzazione di nuovi siti per le discariche. Questo è uno dei vari settori sui quali potremmo anche soffermarci.
Quello che ci preme in questo momento sottolineare è il rapporto tra maggioranza e opposizione, o meglio l'atteggiamento della Giunta. A quella passata, durante i due mesi nei quali abbiamo potuto verificarne l'atteggiamento, possiamo dare la palma dell'arroganza, in particolare a certi Assessori, fortunatamente trombati nelle passate elezioni. La vicenda della mega discarica di Chivasso, per esempio, è sintomatica. L'altro grosso esempio è quello dei sindaci e del Presidente della Comunità montana dell'Acquese, che ha inutilmente chiesto un incontro con la Giunta e che gli è stato rifiutato.
Noi ci auguriamo che la Giunta che sta nascendo dimentichi questi metodi e abbia un po' più di rispetto per i propri amministrati. E' importante che gli amministratori si avvicinino di più all'elettorato e alla gente e ci sia più dialogo.
.Un ultimo accenno vorrei farlo sull'intervento del Consigliere Picchioni. Si è detto che il Piemonte è una regione in ritardo e che non si vorrebbe che il ritardo aumenti ulteriormente.
Cari colleghi, se il Piemonte è una regione in ritardo, lo dobbiamo soltanto alle gestioni passate, da parte di tutti i partiti che si sono succeduti, dalla DC al Partito socialista, dal Partito comunista agli altri partiti-comparsa e di secondo ordine. i quali sì hanno fatto, ma non a sufficienza per restare al passo del progresso dell'Europa civile. E questo soprattutto in funzione di quel rapporto essenzialmente fiscale che vige tra Roma e il Piemonte, rapporto di oppressione centralista verso la nostra regione, oppressione che il nostro movimento intende combattere con tutti i mezzi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GROSSO



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, mi si permetta di iniziare questo intervento rivolgendo, penso a nome di tutti, un ringraziamento a Valerio Zanone e alla sua pazienza, grazie alla quale finalmente coronerà, fra qualche mezza giornata, il desiderio, non soltanto suo, di diventare Sindaco di Torino, permettendo così a tutti noi di vedere, alla luce del giorno e di questa sala, la nascita di una maggioranza che, se fosse stata veramente autonoma, probabilmente avrebbe potuto vedere la luce ben prima.
E' una maggioranza che ha presentato un programma rispetto al quale all'inizio della V Legislatura, il Partito comunista si colloca all'opposizione, non da solo ma insieme ad altre forze sia della sinistra più consolidata sia di forze nuove che si affacciano alla vita di questo Consiglio.
L'attuale maggioranza si presenta, in sostanza, come la continuazione dell'alleanza politica che nel 1985 portò ad un radicale mutamento nella gestione amministrativa della Regione Piemonte, sostituendo un'esperienza decennale delle giunte di sinistra. Questa è una maggioranza che, almeno nelle proprie intenzioni, inizia il suo lavoro e intende proseguirlo sino al 1995 e, in tale caso, con cinque anni di lavoro davanti, si troverebbe a svolgere un'esperienza confrontabile con l'esperienza decennale svolta dalle giunte di sinistra.
.Per la nostra forza di opposizione si pone l'utilità di capire e di valutare quale senso abbia questa maggioranza, quale sia la sua forza effettiva, quali basi reali di consenso abbia dentro il Consiglio e anche nella società. Si impone anche, alla luce del giudizio che diamo su questa maggioranza di pentapartito, una defezione del lavoro che la nostra forza deve costruire, in questi mesi od anni di opposizione, per un'alternativa ai governi di pentapartito! I Governi che sono stati guidati sin qui dalla DC e forse sono stati caratterizzati, dal punto di vista delle cose concrete che sono state fatte, dalla forza propositiva di quella parte della DC che noi riteniamo la più lontana dalle idee e dalle proposte delle forze di sinistra, la parte più moderata della DC.
E' quindi tempo, per il Gruppo comunista. di opposizione. Ma per tessere i fili della nostra critica a questa maggioranza e nello stesso tempo per lavorare anche dall'opposizione. per costruire settimana per settimana le condizioni per l'alternativa, penso che sia necessario per noi e forse anche per altri, rivolgere l'attenzione e la critica proprio a quel periodo dal 1975 al 1985 nel quale le sinistre governarono e la DC sedette all'opposizione. E' di là che bisogna partire. L'alternativa, le sue ragioni, la sua forza, dobbiamo costruirle partendo dalle molte ragioni che portarono a conclusione l'esperienza della giunte di sinistra. Là ci sono dei nodi aperti che durano ancora oggi ed è a partire dall'analisi di quei nodi che si costruiscono le condizioni che possono rendere possibile un'alternativa in Piemonte.
Le giunte di sinistra: parliamo di un'esperienza nata 15 anni fa; 15 anni sono molti, permettono, sia a quelli che le hanno vissute inizialmente con grande entusiasmo, sia a coloro che invece le hanno contrastate per tutta la loro durata, quella distanza necessaria per esprimere giudizi politici un po' più meditati e che contengano, sia pure da punti di vista diversi, una maggiore quantità di obiettività e di verità.
Le giunte di sinistra perché nacquero? Nacquero sull'onda di una forte opposizione sociale al modello di sviluppo economico e territoriale di allora. Le forze di sinistra sono state in grado di recepire quella richiesta, di rispondere a quei bisogni con proposte politiche chiare, che la gente ha capito e che sostenne. Cosa fecero in quei 10 anni le giunte di sinistra? Penso che la grande operazione di riordino dai guasti di uno sviluppo tumultuoso sia sotto gli occhi di tutti. In particolare alla Regione Piemonte, la II e la III legislatura regionale sono state legislature importanti nelle quali le giunte di sinistra hanno costruito l'edificio regionale legislativo con leggi importanti, hanno formato l'ossatura alla Regione. Pensiamo solo alla organizzazione di temi quali la programmazione economica e la pianificazione territoriale. temi dai quali la Regione deriva la propria funzione. la propria vita. la propria ragion d'essere. Leggi che hanno agito non solo in quei 10 anni ma anche successivamente. Ricordo l'ultimo rapporto dell'Assessore Genovese sugli effetti della legge urbanistica regionale che, al di là delle critiche che si possono rivolgere, ha prodotto una grande rivoluzione nell'assetto del territorio piemontese: più di 1000 comuni sono dotati di piano regolatore.
Quindi le giunte di sinistra hanno avuto risultati rilevanti e riconoscibili da parte di tutti nella II e in parte della III legislatura.
Poi la crisi. La crisi che è iniziata come stallo e poi come caduta come crisi profonda, come crisi verticale dell'istituzione. E' stata una caduta che ha preso insieme maggioranza e minoranza. Perché quella crisi e quali i nodi che esistono ancora oggi e sui quali le forze di sinistra, che lavorano per l'alternativa, devono cimentarsi? Il primo errore che ritengo sia stato fatto da parte delle forze di sinistra che hanno governato in quei 10 anni è stato quello di illudersi di poter governare una profonda trasformazione semplicemente governando gli enti locali. Questa azione di governo è andata avanti sino ad un certo punto, ma non ha potuto proseguire perché si è scontrata con un apparato legislativo e con un apparato organizzativo dello Stato che, così com'era non poteva e non può consentire ulteriori passi in avanti nella direzione che avevamo intrapreso. Vi era la necessità di riformare le leggi e l'organizzazione dello Stato ed oggi con l'esperienza di questi ultimi anni, questo è ancora più necessario. E' necessario un potenziamento non formale ma sostanziale del ruolo delle Regioni. Necessità che è stata interpretata, da una parte della società, anche in modo molto più radicale anche se per certi aspetti assolutamente discutibile, si pensi al successo elettorale in moltissime regioni delle Leghe. Questo è il primo nodo. Chi vuole cambiare questa situazione si deve cimentare con la legislazione nazionale, che è un vero impedimento ad azioni di riforma locale, e con il modo di essere dello Stato.
Secondo elemento. Perché la collaborazione è andata in crisi? Mi rivolgo più da vicino a chi questa crisi l'ha vissuta direttamente, quindi ai compagni socialisti con i quali da un certo punto in poi sono emersi dei contrasti sulle finalità, sugli obiettivi, sui modi d'essere dello sviluppo economico, sociale e territoriale. A leggerla con gli occhi di oggi, i contrasti che impedirono lo sviluppo e il proseguimento nella III legislatura di un'attività proficua si possono individuare nell'interpretazione diversa che si dava del rapporto tra sviluppo e ambiente. Il nodo irrisolto era già questo. Che cosa si intendeva per sviluppo? Chi doveva promuoverlo, quali gli obiettivi, quali gli interessi da difendere? Se leggo quell'esperienza con quanto poi è cresciuto nella coscienza di ciascuno di noi in ordine alla prevalenza o alla dominanza dei temi ambientali, rispetto ai temi dello sviluppo economico, ritengo che quello è stato uno degli elementi di crisi nei rapporti a sinistra e ritengo che questo sia uno dei nodi politici che questa società deve ancora risolvere e che questo pentapartito non ha risolto. Dopo i dieci anni delle giunte di sinistra abbiamo avuto i cinque anni della Giunta di pentapartito tutt'altro che esaltanti e di segno positivo.
Molti segni negativi sono venuti e non solo da Roma. Roma esiste, il centralismo pure e danni ne compie, ma non guardiamo soltanto a Roma.
Guardiamo anche alle responsabilità che, ad esempio, i governi regionali del Piemonte hanno avuto nella gestione della cosa pubblica. La Regione Piemonte è rimasta più piccola e più lontana dalla gente anche per responsabilità precise della Giunta regionale su vari temi: la pianificazione urbanistica che non ha avuto alcun seguito; la programmazione delle opere pubbliche che è stata smantellata; ritardi su altri temi importanti hanno sminuito il ruolo della Regione.
Questo pentapartito non ha risolto il tema del rapporto tra sviluppo e ambiente. Non dico che la sinistra lo abbia risolto, ritengo che la sinistra debba risolverlo. Lo dimostra il fatto che il tentativo di aggregare al pentapartito le forze ambientaliste a Torino, in Provincia e Regione è fallito.
Da questo traggo un parere. A me pare che questo rapporto sia risolvibile a sinistra. Sarà scontato - direte voi - vista la mia collocazione; ma lo dico non in termini strumentali, lo dico perché ritengo che il nodo sia così duro da risolvere, che sia così difficile rendere compatibile uno sviluppo economico, trainato com'è dalle forze dominanti con una scelta ambientalista che solo insieme alla sinistra possa essere risolto. Ritengo sia possibile solo se la scelta dell'ambiente diventa prioritaria e diventando prioritaria subordini gli interessi economici dominanti a scelte ed indirizzi che non possono che corrispondere ad interessi collettivi.
Da questo punto di vista le forze verdi si presentano unite.
Ho letto con attenzione le proposte del preambolo sulle questioni ambientali del collega Marino. Non c'e una sola di quelle proposte, collega Marino. che non sia già contenuta nel documento di maggioranza. Non si tratta di capire se la maggioranza approva o non approva questo preambolo: l'ha già approvato. Collega Marino, alle pagine 1,2, 18 e 47 del documento di maggioranza si trovano le stesse identiche frasi scritte nel preambolo.
Allora, dato che mi interessa il confronto con le forze ambientaliste e metto al centro di una possibile alternativa la posizione su questi temi chiedo anche al collega Marino chiarezza. Sta in maggioranza o sta all'opposizione? Se le cose che chiede sono già contenute nel documento di maggioranza dia voto favorevole al documento di maggioranza. il confronto politico si svolga nella chiarezza; se invece si chiede che le stesse cose scritte dalla maggioranza si votino scritte nel preambolo, non c'è chiarezza.
Questo è molto imbarazzante, in special modo se questi giochetti politici vengono proposti da forze che si pensa siano forze giovani e non legate a vecchi modelli di fare politica. Quindi questo documento, dal punto di vista politico, lo ritengo improponibile.
Signor Presidente, mi dia ancora solo pochissimi minuti per dire poche cose a livello programmatico. Ci sono battaglie da fare concretamente.
Daremo battaglia perchè la programmazione non rimanga una semplice parola.
Ricordo che la passata Giunta di pentapartito ha smantellato la programmazione delle opere pubbliche. C'è l'inattuazione di una legge importantissima - abbiamo richiesto più volte che venisse attuata - che è quella relativa alla "banca dati appalti". Chiediamo che la banca dati appalti sia messa in funzione, perché è l'unico modo per parlare di trasparenza degli appalti in modo serio e non per finta.
Per quanto riguarda l'urbanistica c'è stato un tentativo di cambiare la legge n. 56 in senso contrario alla tutela dell'ambiente. E' stato tentato un cambiamento nel senso di un maggior sfruttamento del territorio. Ci siamo opposti e ci opporremo con tutte le forze verdi e tutte le altre forze politiche disponibili perché la legge n. 56 venga cambiata nel senso di una maggiore tutela ambientate Abbiamo respinto le proposte dell'altra Giunta di pentapartito che proponeva di costruire, con la scusa dei Mondiali di calcio, alberghi su aree destinate a servizi, riattivando speculazioni del territorio. Attendiamo la maggioranza e lavoreremo unendo il più possibile l'opposizione contro ogni tentativo di fare una legge in contrasto con le tematiche ambientali.
Per quanto riguarda la pianificazione territoriale sappiamo che l'Assessore Vetrino, che passa ad altro incarico, lascia nei cassetti avverto sin d'ora tutti i componenti della Giunta - un lavoro, terminato di predisposizione dei Piani territoriali con valenza paesistica. E' un lavoro terminato e pagato con i soldi di tutti.
Già nell'altra tornata legislativa ponemmo questo problema e lo riponiamo adesso: quei cassetti devono essere aperti e quei documenti non possono costituire uno spreco di denaro pubblico. Date le chiavi all'Assessore competente.
Il Piano territoriale regionale lo riteniamo un impegno imprescindibile della Regione Piemonte. Nel vostro documento si dice che il Piano territoriale non deve essere fatto e si dice che il Piano territoriale deve essere fatto. Se leggete a pagina 24, dove si parla della difesa del suolo si afferma: "questi interventi troveranno un idoneo quadro di riferimento nel più generale disegno di assetto territoriale regionale (Piano territoriale regionale)". Qualche pagina prima si afferma di aver rinunciato a fare il Piano territoriale regionale. E' serietà questa? Possiamo dare fiducia a un documento programmatico nel quale si contengono contraddizioni di questo genere? Per quanto riguarda i trasporti lavoreremo per impedire in ogni modo scelte che allochino risorse a sostegno del sistema autostradale e di trafori autostradali. Noi chiediamo che sui trasporti si scelga: il documento non sceglie nulla, e questo è un documento molto democristiano se permettete. La Democrazia cristiana è interclassista, la grande balena bianca che aggiusta tutto, che sistema tutto, attenua i contrasti e promette integrazioni. Nel Piano dei trasporti avete fatto l'elenco di tutte le cose che sarebbe in teoria possibile fare, senza scegliere né in relazione alle risorse che sono limitate né in relazione ai tempi a disposizione che sono limitati.
La scelta ferroviaria, per il Gruppo comunista, rimane la scelta portante di tutti i grandi investimenti infrastrutturali, partendo dal nodo di Torino per il quale la Giunta regionale ha avuto pesanti responsabilità non attivare decisioni capaci di sbloccare la situazione di stallo.
Il problema della casa è molto carente. Forse oggi non ne abbiamo parlato a sufficienza. C'è un pesante arretrato che riguarda innanzitutto la gestione del patrimonio di edilizia economica e popolare, patrimonio sul quale il Gruppo comunista aveva presentato due proposte di legge, che sono state respinte dalla maggioranza, la quale non è stata in grado di produrre null'altro.
Ringrazio il Presidente del Consiglio che mi ha concesso cinque minuti in più. Su questi temi il Gruppo comunista lavorerà senza rete e a tutto campo. Non abbiamo pregiudiziali politiche verso nessuna forza politica e non ci faremo limitare dagli schieramenti in atto in questo Consiglio. Ci interessano i problemi, cercheremo di portare anche la voce esterna al Consiglio regionale per contrastare questa maggioranza che. riteniamo assolutamente inadeguata, per il programma che ha presentato, ad affrontare e a risolvere i problemi così duri e spinosi che ci attendono.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi, questa mattina è già intervenuta la collega Vetrino a dare un'indicazione in ordine alla posizione del Gruppo repubblicano sul documento, a dare il tipo di lettura che il PRI ne dà spiegando anche che è un documento di indirizzo a quello che dovrà essere il documento vero della Giunta, che sarà presentato in quest'aula, meglio puntualizzato anche in seguito al dibattito avvenuto oggi e meglio puntualizzato dall'integrazione e dal preambolo lettoci dal Consigliere dei Verdi del Sole che ride. Devo dire con franchezza che questo documento è stato dall'intera maggioranza apprezzato per vari motivi. Intanto, perché è un documento non richiesto, una sorpresa per molti di noi, un contributo che non serve a fare maggioranza nel momento in cui si parla tanto di acquisti e vendite. E' un documento, una presenza che non è stata sollecitata, che non determina nessun spostamento di maggioranza o di minoranza, ma che serve a creare rapporti di stima e di apprezzamento al di là di quelle che potranno essere le posizioni che si determineranno. Mi pare che il documento sia stato esaminato con una lettura un po' faziosa.
E' stato detto che esiste solo continuità con il passato. Non è così. Nel preambolo c'è scritto che non è un documento di continuità, perché ha elementi di novità e di discontinuità rispetto al passato. Ma al di là di quello che si dice nel preambolo credo che ci siano alcuni elementi nuovi rispetto a quanto è avvenuto in passato. Se fosse la ripetizione di quanto è avvenuto nei passati cinque anni, ci sarebbero elementi di insoddisfazione da parte nostra, quindi qualcosa deve cambiare. A noi sembra che ci siano elementi significativi di discontinuità in questo documento. C'è forse una continuità sugli obiettivi, sulle scelte di fondo il rivendicare un ruolo importante per la Regione Piemonte, avere la capacità di essere un ente di stimolo al sistema produttivo, il riproporre il problema dell'occupazione: questi obiettivi ci sono ancora nella società piemontese. Ma c'è una discontinuità rispetto alla capacità e ai percorsi che si prefiggono per raggiungere questi obiettivi.
Su alcuni punti esistono impegni di discontinuità significativi. Pu darsi che il documento sia stato presentato tardi, questo è un elemento negativo, ma non in assoluto, anzi secondo me può essere stato un bene se il ritardo di qualche giorno ha determinato un confronto all'interno della maggioranza tale da provocare un miglioramento di quelle che sono le linee programmatiche.
Non è soltanto una questione di potere, come qualcuno ha detto.
Sappiamo che quando si fa una Giunta esiste un problema di questo genere sia chi ha già partecipato ad altre Giunte. sia chi non ha ancora partecipato ad una Giunta, sa benissimo che nel momento in cui si fa un accordo c'è un minimo di confronto e di patteggiamento rispetto ai ruoli.
Non è stata però soltanto una questione di potere. Se c'è stata a monte di questa maggioranza, noi possiamo dire con molta tranquillità che di questo accordo di potere il Partito repubblicano non è mai stato parte e il Partito repubblicano non l'ha mai subito.
Il collega Monticelli ci ha chiesto in che cosa consiste l'orgoglio della diversità del Partito repubblicano. Il Partito repubblicano ha rinunciato ad una rivendicazione (che il collega Monticelli ci riconosce legittima) per porre alcuni elementi importanti nel programma.
Ci stupisce che il Partito comunista sia rimasto sordo rispetto ad alcuni elementi di novità. Il Partito repubblicano nei passati cinque anni ha condotto alcune battaglie e molte volte le ha condotte insieme al Partito comunista. Se il Partito comunista si pone come forza di governo non può e non deve ignorare questi elementi. Se si vogliono combattere gli interessi di alcuni potentati economici, ma anche sindacali e sociali occorre cogliere tutte quelle scelte e quegli elementi di novità che contrastano questi interessi.
Si è parlato della riaffermazione del ruolo di programmazione dell'ente. Lo abbiamo detto in molti e più volte: è difficile superare certe vocazioni gestionali, indipendentemente dal molo di maggioranza o di opposizione. Se la vocazione gestionale ha caratterizzato a volte la maggioranza, molte volte ha caratterizzato anche l'opposizione; coloro che non hanno interesse ad un'attività gestionale, ma che pensano debba prevalere l'attività promozionale devono esaltare certi elementi anzich sminuirli, devono lanciare delle sfide perché la maggioranza vada a cogliere elementi nuovi.
Altri argomenti più specifici sono contenuti nel documento e oggi non sono stati rilevati. Quella dell'organizzazione dell'Ente Regione e del personale, già accennata questa mattina dalla collega Vetrino, è stata una richiesta forte, ma vana, nella passata legislatura e oggi viene puntualmente affermata nel documento di maggioranza. Si parla nel documento di possibilità di avvalersi di valutazioni di enti pubblici esterni. Chi era presente sa che c'è stata una battaglia del Partito repubblicano e di altre forze politiche per ottenere questo risultato non perché le scelte interne debbano essere perverse e non perché le scelte fatte all'esterno debbono essere tutte trasparenti, ma perché le scelte interne possono determinare qualche elemento di non trasparenza e perché le scelte esterne possono dare un contributo alla chiarezza.
Si parla di verticalizzazione della struttura mediante i coordinamenti di settore, non più una struttura con una piramide a base tronca troppo ampia, ma andando a individuare delle responsabilità più specifiche e più puntuali: questo serve a determinare maggiore efficienza nella Pubblica Amministrazione.
C'è il problema del bilancio. Cinque anni fa veniva evidenziato il famoso problema del "buco"; si diceva che il bilancio metteva in evidenza un disavanzo sommerso di circa 180 miliardi. La cosa provocò scalpore; non si poteva dire. La precedente maggioranza si impegnò a risolvere quel problema. Credo sia un elemento di novità forte da parte della nuova maggioranza prendere atto che quel buco c'era, c'è ed è aumentato. E' un elemento di serietà se la Giunta si impegna a dare delle indicazioni precise sia in ordine all'entità di quel disavanzo sia in ordine ai percorsi che si devono seguire per la sua copertura.
Sull'ACNA nulla di nuovo: anche questo mi pare sbagliato. C'è qualcosa di nuovo nell'ACNA. Non si è più posto il problema nei termini in cui si poneva prima in quest'aula: chiusura o apertura. Questa Regione si colloca in modo diverso rispetto al Governo: un confronto serio per verificare le condizioni di apertura e di chiusura, un modo collaborativo e costruttivo e non pregiudiziale, disponibilità a confrontarsi con il Governo, cosa che troppe volte è mancata nella passata legislatura, e soprattutto l'avvio a quei controlli che sono sempre legittimamente stati richiesti dalle popolazioni della Valle Bormida, fatti da enti e istituzioni di loro fiducia. La Regione Piemonte negli anni passati non è mai riuscita ad imporre questo e c'è un impegno preciso a farlo.
Anche sulla Formazione professionale non si sono colti alcuni elementi.
La costituzione di organi paritetici, che è stata apprezzata dal collega comunista, è un fatto importante e in qualche modo era già acquisito ed era stato affermato in modo preciso. Il collega comunista dice però che non si parla di controllo e di verifica della programmazione fatta da questi enti.
Forse è stata fatta una lettura affrettata, magari per colpa di chi ha presentato in ritardo il programma: voglio però sottolineare che in un paragrafo si dice: "Gli attuali forti vincoli che caratterizzano il rapporto con la stragrande parte degli operatori della Formazione professionale attraverso a complesso sistema delle convenzioni con gli enti di formazione non dovranno comunque impedire una forte iniziativa mirata al superamento dei controlli burocratici della spesa con rigorosi controlli di efficienza. La Regione dovrà in sostanza accentuare la sua funzione di indirizzo che si concreterà da un lato nella valutazione della corretta pianificazione dei corsi in relazione alle esigenze di mercato e dall'altro nella valutazione dei livelli di formazione raggiunti dagli allievi del sistema di Formazione professionale regionale". Questo vuol dire valutare e determinare i nuovi criteri di programmazione anche sulla base di un controllo di efficienza dei corsi. Il che vuol dire che i corsi che non daranno sufficienti sbocchi lavorativi dovranno naturalmente essere sostituiti a favore di altri che invece danno sbocchi lavorativi.
A me pare che ci siamo posti nella condizione di affrontare questi difficili problemi con un 'ottica e una cultura diversa da quella precedente. Se consideriamo che la Formazione professionale rappresenta tanta parte del bilancio della Regione, questi nuovi criteri saranno un elemento di garanzia. Noi saremo molto attenti e vigili su questo e speriamo che altrettanto attenti e vigili saranno tutte le forze .politiche anche di opposizione.
Non mi dilungo sui problemi del turismo o su altri argomenti che ha già illustrato l'amica Vetrino stamane, ma che pur rappresentano forti modifiche e forti cambi rispetto al passato e che hanno anche caratterizzato la posizione dell'opposizione nei passati cinque anni.
In che cosa consiste l'orgoglio del Partito repubblicano? Consiste nel dare forza a questi elementi di novità perché possano realizzarsi con la collaborazione di tutta la maggioranza. E' una maggioranza che con questo documento e nell'azione di governo vuole dare un segno di cambiamento pur riaffermando alcune scelte e valori che hanno caratterizzato la passata legislatura. Noi crediamo che il raggiungimento di queste realizzazioni,la concretizzazione di queste realizzazioni, debba anche avvalersi della collaborazione dell'opposizione o meglio di quell'opposizione che dice di richiamarsi ancora ad una cultura di governo.



PRESIDENTE

Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Il voto del Gruppo comunista credo non sia più un mistero per nessuno.
Ci siamo già espressi con grande chiarezza nel merito delle questioni sia politiche e sia di contenuto del documento programmatico che è stato presentato, esprimendo giudizi netti e negativi. D'altra parte, a differenza di qualche Gruppo che ci tiene a rivendicare questa caratterizzazione, noi sinceramente non ci sentiamo trasversali e siamo abbastanza contenti di avere un'identità politica netta, precisa, non pregiudiziale, ma legata a un insieme di contenuti che configurano un punto di vista, una visione dei problemi del Piemonte, del come li si deve affrontare, che non è disponibile a cambiare da un momento all'altro e da una questione all'altra.
Ho chiesto di potere intervenire in dichiarazione di voto essenzialmente per una questione. A me pare che il dibattito sia stato interessante, credo che il nostro Gruppo, ma non solo il nostro, anche altri Gruppi di opposizione, abbiano dato un contributo a questo dibattito.
Devo purtroppo segnalare che, con un'unica eccezione, quella del Partito repubblicano, i Gruppi della maggioranza si sono collocati in un modo che io non so definire in altri modi se non piatto e deludente. Non c'è stato da parte di questi Gruppi né uno sforzo di una interpretazione propria originale della loro partecipazione alla maggioranza, né un tentativo vero di ascolto rispetto agli argomenti e alle ragioni dell'opposizione, n per quello che mi tocca più personalmente - nessun tentativo di replicare magari polemicamente come ci si poteva aspettare, a questioni che io avevo posto nel mio intervento che erano in modo specifico rivolte ad alcuni Gruppi politici presenti in quest'aula. L'unica eccezione è stata quella del Partito repubblicano che invece è intervenuto replicando, anche polemicamente, alle mie argomentazioni; di questo mi posso ritenere soddisfatto, perché è un modo di discutere e di valorizzare il lavoro di questo Consiglio che ci consente di pensare a una possibilità di confronto in futuro, altrimenti riesce anche difficile capire perché si trascorrono tante ore qui dentro.
Devo anche dire che continuo a non capire il senso della proposta del Consigliere Marino del Sole che ride. Già il Consigliere Chiezzi ha espresso alcuni punti di vista che io condivido su questo problema. Non bastano affermazioni generali per qualificare un documento, a parte la differenza di dimensioni fra le venti righe del preambolo e le novanta pagine del documento. C'è un nodo politico dietro: con venti righe, che in modo generico si rifanno alle emergenze ambientaI i in un modo di affrontare la tematica ambientale che sembra vecchio, non si vernicia di verde un documento che è strutturalmente non ambientalista. E non basta un voto che rischia di essere un "vogliamoci bene" generale per dire "a questo punto io mi astengo". Sinceramente non capisco questi atteggiamenti un po' troppo disinvolti nella loro trasversalità.
Mi è sembrata invece più seria la motivazione dell'astensione data dal Consigliere Cucco, una motivazione più credibile che merita la massima attenzione.
In conclusione. ribadisco una richiesta e un annuncio che sono già emersi dagli interventi del Gruppo comunista. La richiesta è quella che ha avanzato il Consigliere Grosso, cioè che si tenga una sessione speciale del Consiglio subito dopo il convegno di metà ottobre sulle Autonomie locali acciocché il Consiglio possa. fissare le linee direttrici per tutto quello che riguarda l'applicazione della legge sulle autonomie.
L'annuncio che voglio ribadire è che il Gruppo comunista a partire dalle prime sedute dell'autunno presenterà, da solo o con altri Gruppi mozioni programmatiche sulle questioni fondamentali non risolte, non chiarite, cariche di ambiguità del documento dell'attuale maggioranza proprio per sollecitare un chiarimento e un confronto e magari verificare anche possibili sviluppi politici interessanti per il futuro.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Marino ne ha facoltà.



MARINO Massimo

Svolgerò una brevissima dichiarazione di voto. Ai fini del mio voto avevo chiesto con precisione che quel preambolo di venti righe venisse accolto dalla maggioranza organicamente all'interno del suo documento sapendo bene quanto fosse comunque in gran parte in contraddizione con quel documento.
Rispondo al Consigliere Chiezzi che se le cose che sono scritte in questo preambolo davvero facessero parte del documento di 86 pagine io non mi asterrei, ma voterei a favore.



CHIEZZI Giuseppe

Allora vota a favore, non prendiamoci in giro almeno tra noi! MARINO Se il Consigliere Chiezzi me lo permette vorrei avere la libertà di dare la mia valutazione su un documento di 86 pagine che è diversa, forse in parte dalla sua. Quello che io chiedo è che i rappresentanti della maggioranza si esprimano a favore o meno dell'accoglimento di questo preambolo all'interno del loro documento programmatico.
Se lo fanno formalmente io mi asterrò, se non lo faranno evidentemente voterò contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto la DC vuole esprimere il pieno appoggio alla Giunta che ci accingiamo fra poco a votare, al suo Presidente ai suoi Assessori. Soprattutto a Gianpaolo Brizio che non appartiene, caro Chiezzi, all'area moderata della DC, appartiene invece ad un'area che per la sua tradizione. la sua presenza, il suo impegno politico, non può essere assolutamente ascritta nei termini angusti con cui tu l'hai presentata. Certo, quando ci si presenta schierati su posizioni diverse ognuno di noi sente "il richiamo della foresta" ed il PCI lo ha sentito in modo integrale. com'era logico, del resto per chi non vuole assolutamente abdicare al proprio ruolo di appartenenza.
La presentazione che ho voluto fare del documento programmatico è stata una lettura "un po' sopra le righe", pertanto non specifica e non prescrittiva in termini operativi in quanto il documento in se stesso è un quadro di largo riferimento, una sino pia nei termini limitativi che il termine comporta.
Ho prestato attenzione a molte delle istanze che avete presentato specie a quelle del prof. Grosso su cui ci troviamo pienamente d'accordo e su cui dovremo verificarne i passi comuni. Ho colto anche quanto ha detto il Consigliere Chiezzi che usa sempre però un taglio radical-teologale per imporre problemi che hanno bisogno di approcci e un diktat di un codice genetico ben preciso. Ma non ho colto il metodo con cui il collega Monticelli ha voluto entrare "a piedi giunti" in casa nostra in discriminazioni intollerabili che avrebbero dovuto richiamare simmetricamente speculazioni varie sul Partito dei no o dei sì, sui miglioristi e sui continuisti, su come l'immenso pianeta comunista oggi si è articolato in un arcipelago di stampo balcanico.



MONTICELLI Antonio

Noi siamo per la glasnost.



PICCHIONI Rolando

Anche noi siamo per la glasnost. Ti domandavi questa mattina "come si è giunti a questa maggioranza?". Ti ho risposto. Forse la formazione delle Giunte e dei programmi politici è una germinazione spontanea che viene fuori da uno stato di natura? O forse le stesse coalizioni proprio per la loro fisiologica difficoltà non conoscono anche i condizionamenti della trattativa politica? Forse queste cose non le avete sperimentate dieci anni fa? Le dovete apprendere solo da noi adesso? Certo, ci siamo presentati con il capo coperto di cenere quando abbiamo capito che non potevamo rispettare certi tempi statutari, ma ci sono 3.500 Giunte in Italia, per le quali esiste anche una vostra precisa responsabilità, se non sono ancora formate.
E sappiamo benissimo che nella trattativa contestuale del Comune, della Provincia e della Regione, c'è a volte stata "la sbandatura della carovana" per motivi diversi: comunque più per le Giunte anomale, di questi incontri ravvicinati di terzo tipo, del quale siete stati beneficiari, che per quella politica eterodiretta con cui voi volete dire che la DC o altri partners sono praticamente succubi o vicini a corso Marconi e dintorni.
In merito a queste congetture desidero affermare che il mio Gruppo non è assolutamente succube né della Fiat né di chi dirige la Fiat. E se disegni o progetti più o meno illuministici sono stati fatti, questi non hanno interessato il nostro Partito.
Il collega Chiezzi un momento fa ha detto che il fallimento delle Giunte di sinistra è imputabile alla mancanza di sensibilità o ad una percezione non in grado di vedere che al di là delle Giunte di sinistra, e del potere popolare, esisteva lo Stato, questo Moloc infallibile ed inflessibile.
La colpa non è nell'esistenza dello Stato, ma nell'insufficiente sensibilità di valutare appieno il rapporto dialettico o conflittualmente fisiologico fra i due poteri. Quando Chiezzi dice ancora che il futuro si gioca fra sviluppo ed ambiente siamo d'accordo, ma questo nodo non si recide in modo schematicamente gordiano, essendo la "dialettica" non più volgarmente ancorata fra lo sviluppo capitalistico selvaggio ed un ambiente che puntava al mantenimento arcadico ed araldico di rendite di posizione.
Vale ricordare la polemica tra Giorgio Bene ed Antonio Cederna di alcuni anni fa sul problema del rapporto tra ambiente e sviluppo? Oggi più che grandi declamazioni vale l'approccio onesto e sistematico con la politica dei piccoli passi se vogliamo, ma passi sicuri.
Non entro nel merito delle valutazioni date a questo o quel partito. Ma nel mio partito, non abbiamo né debolezze didattiche né ambizioni pedagogiche, non accettiamo solo la discriminante fra partito moderato legato a questa o quella tecnostruttura, e partito di vocazione popolare.
Sappiamo benissimo che queste valutazioni dipendono dalle circostanze dagli avvenimenti e soprattutto dall'ora che segna l'orologio. .
Per concludere, problemi certamente esistono: non li abbiamo sottaciuti anche se l'opposizione li ha logicamente enfatizzati.
Ma qualcuno non ricordava che "i problemi della vittoria sono più gradevoli di quelli della sconfitta ma non meno difficili a risolversi?"



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Signor Presidente. colleghi Consiglieri, avevo già dichiarato, a nome del Gruppo socialista, il voto favorevole al documento in discussione. Dal momento che il dibattito ha preso una piega che non avrei immaginato, debbo fare qualche precisazione.
La prima riguarda il documento. Mi pareva di essere stato molto chiaro.
così come tutti gli amici della maggioranza hanno espresso, che si trattava di un documento propositivo, non di soli intenti. A questo proposito anch'io ho effettuato delle ricerche e devo dire che i documenti delle passate Giunte, non solo di quelle recenti, mi sono parsi assai meno analitici di quello presentato oggi, per cui ritenevo che alcuni aspetti molto specifici potessero essere letti dai Consiglieri che l'hanno ricevuto, sia pure in modo informa1e, più che non sentiti dai rappresentanti di questo o quel partito di maggioranza. Vi ho .semplicemente fatto riferimento perché non mi piace perdere - tempo ripetendo cose che ognuno quando ha voglia, spazio e tempo può leggere.
Abbiamo detto che quel documento contiene dei contributi socialisti non il contiene tutti per la semplice ragione che altri ne verranno al Presidente designato e alla Giunta allorché il programma dovrà essere approvato.
Chiediamo alla cortesia dei colleghi di non essere giudicati sulla base di accuse più o meno velate, non tanto a noi ma comunque alla maggioranza e quindi anche a noi, di appartenenza o di subordinazione a gruppi o potentati. lo credevo che, almeno per quanto ci riguarda, frasi di questo genere fossero relegate in archivio o nel solaio, invece le ho ancora sentite oggi e mi dispiace.
I socialisti chiedono di essere giudicati qui come altrove per ciò che fanno e per le opere che conducono; sappia questo Consiglio che siamo onorati di rappresentare una gran parte del mondo del lavoro piemontese e a quello solo rispondiamo, non ad altri.
Per quanto riguarda la Giunta abbiamo già detto del nostro voto favorevole e mi permetta Presidente di rinnovare ancora una volta l'augurio al Presidente designato Brizio affinché sappia, con la disponibilità che tutti gli riconosciamo, guidare questa maggioranza sensibile alle sollecitazioni che vengono da qualsiasi Gruppo, purché siano concrete, su problemi reali, senza infingimenti e soprattutto senza accuse assolutamente gratuite.
Allo stesso modo avrei preferito, almeno così è nelle mie intenzioni ed io mi comporto in questo modo, non si fosse andati a fare l'operazione chirurgica sui partiti e sulle idee degli uomini. Si possono accettare o meno le dichiarazioni di alcuni Consiglieri, ma quello dell'approfondimento delle motivazioni per giungere a posizioni che non sono le stesse, è un metodo che personalmente preferisco non usare. Mi riferisco alla proposta del Consigliere Marino. il Gruppo socialista ha apprezzato la sua dichiarazione: Marino è stato sincero fino in fondo dicendo non alla maggioranza, bensì a questo Consiglio, "se queste mie idee possono servire a migliorare il programma che voi avete presentato, io mi asterrò". La maggioranza non ha fatto conti sul Consigliere Marino per passare in questa seduta, perché sa bene - come sappiamo tutti - che l'astensione non è un voto favorevole e non serve alla maggioranza in questo momento, non pu servire. Quindi non si è tenuto conto di questa seconda considerazione che il collega Marino in tutta onestà ha fatto. Ci piace invece considerare che esistono Consiglieri come Marino che sono in attesa e che domani potranno dire di no e criticare fortemente la maggioranza se questa non avrà dato seguito alle impostazioni che egli stesso chiede. Io lo ringrazio anche e soprattutto per l'onestà intellettuale che ha dimostrato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Anna Segre.



SEGRE Anna

Ho poco da aggiungere agli interventi svolti dai Consiglieri appartenenti al mio Gruppo, attraverso i quali abbiamo espresso il voto sfavorevole alla costituenda Giunta.
Vorrei però ribadire ancora una volta, per l'esigenza di chiarezza che io desidero avere in questo Consiglio, che noi non facciamo una questione di persone, bensì di programma, di elementi che non abbiamo trovato in questo documento programmatico e che ci stanno particolarmente a cuore.
Non voglio introdurre qui una questione polemica personale, ma ritengo che una persona che abbia davvero a cuore i problemi dell'ambiente e che si riconosca in movimenti ambientalisti che hanno anche un'eco importante a livello nazionale, non possa sottoscrivere un programma così gravemente carente dal punto di vista delle proposte ambientali: non perché le proposte. che pur sono state fatte, non tengono conto del grosso cambiamento in atto in Italia e a livello internazionale sul problema della questione ambientale, ma perché non credo che questo documento abbia affrontato la questione ambientale in modo nuovo.
Dichiaro comunque fin d'ora la disponibilità del Gruppo Verdi a far parte del dibattito e pur dall'opposizione cercheremo di fornire un contributo affinché (soprattutto sulle questioni ambientali che ci stanno a cuore, ma non solo su queste) la nostra opposizione sia concreta e visibile e venga riconosciuta da quegli ambientalisti che ci hanno votato, dal mondo ambientalista che sta a guardare che cosa faremo e che cosa produrrà la Regione Piemonte in questo campo.



CARLETTO Mario

Vorrei intervenire sulla questione posta dal Consigliere Marino.



PRESIDENTE

In verità si potrebbe intervenire soltanto per dichiarazione di voto.



CARLETTO Mario

E' vero, peraltro il collega Marino ha posto una domanda precisa alla maggioranza, ed alla medesima io vorrei, a nome della maggioranza, fornire una risposta in modo altrettanto preciso, affinché egli sia nella condizione di decidere, in tutta la sua autonomia, come votare. Signor Presidente, credo che questo sia un atto di chiarezza in quanto il documento programmatico della Giunta e della maggioranza è un documento che si è rivelato aperto a vari contributi. Il collega Marino ha posto una questione personale per essere messo nella condizione di decidere come votare, ritenevo pertanto possibile dire tre parole in risposta al collega.
A nome della maggioranza dichiaro che il preambolo che lui ha proposto al documento programmatico viene accolto dalla maggioranza e può quindi essere considerato parte integrante dello stesso.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola per dichiarazione di voto dichiaro chiuso il dibattito.
Prima di procedere alle votazioni, mi permetto di fare un brevissimo inserimento in relazione all'intervento del Consigliere Monticelli, il quale ha richiamato l'esigenza di una seduta ad hoc del Consiglio regionale sui temi di carattere istituzionale, in rapporto alla disciplina del nuovo ordinamento degli Enti locali. Credo si possa raccogliere questo invito che è già nei programmi dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale: non appena concluso il seminario con le opportune riflessioni dei vari Gruppi consiliari verrà proposta una seduta ad hoc su questo tema estremamente importante.
Informo inoltre il Consiglio regionale di due lettere pervenute Oggi che attengono indirettamente alla successiva fase di voto. La prima lettera è del Consigliere Picchioni che rassegna le proprie dimissioni da Vicepresidente del Cons1g1io regionale a far data da oggi; la seconda è del Consigliere Gallarini che anche in data odierna rassegna le proprie dimissioni dalla carica di Segretario del Consiglio regionale. Domani mattina è convocata la riunione dei Capigruppo, nella cui sede si valuteranno le procedure e i modi per ricomporre l'ufficio di Presidenza sostituendo i due Consiglieri dimissionari.
Do infine lettura dell'art. 32, terzo comma, dello Statuto che recita: "Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive alla elezione del Presidente e quindi della Giunta. E' proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione. Ove non sia raggiunta la maggioranza richiesta. l'elezione è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima di otto, e non oltre quindici giorni " Comunico le dimissioni dei Consiglieri Picchioni dalla carica di Vicepresidente del Consiglio e Gallarini dalla carica di Consigliere segretario dell'Ufficio di Presidenza.
Si proceda pertanto all'elezione del Presidente della Giunta.
Il Consigliere segretario Foco proceda all'appello nominale.
Comunico l'esito della votazione: presenti 56 votanti 56 maggioranza richiesta 31 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 20 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri Proclamo quindi eletto Presidente della Giunta regionale il Consigliere Gianpaolo Brizio, che ha ottenuto la maggioranza dei voti richiesta dallo Statuto. Lo invito pertanto a prendere posto al banco della Presidenza della Giunta regionale.



(Il neo-Presidente prende posto al banco della Presidenza)



PRESIDENTE

Propongo che la deliberazione sia dichiarata immediatamente eseguibile.
ai sensi dèll'art. 49 della Legge 10/2/53 n. 62, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 64 voti favorevoli ( 1 Consigliere non partecipa alla votazione).
Passiamo quindi all'elezione della Giunta regionale. il VII Comma dell'art.
32 dello Statuto così recita: "Avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede alla elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Do pertanto lettura della lista degli Assessori proposti che verrà posta in votazione per appello nominale:



BERGOGLIO Emilia



CANTORE Daniele



CARLETTO Mario



CERCHIO Giuseppe



FULCHERI Giuseppe



GALLARINI Pier Luigi



GARINO Marcello



LOMBARDI Emilio



MACCARI Eugenio



NERVIANI Enrico



PANELLA Luciano



VETRINO Bianca.

Il Consigliere segretario Gissara proceda all'appello nominale.
Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 56 hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 20 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri Essendo raggiunta la maggioranza dei voti richiesta, dichiaro eletti Assessori i Consiglieri della lista proposta che invito a prendere posto nei banchi della Giunta.
Pongo infine in votazione l'immediata eseguibilità dell'elezione della Giunta, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62, facendo presente che la proposta deve essere approvata per alzata di mano a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio.
E' approvata con 54 voti favorevoli (il Consigliere Bresso non partecipa alla votazione).


Argomento: Presidente della Giunta Regionale

Discorso di insediamento del Presidente della Giunta regionale, Brizio


PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente della Giunta, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la consuetudine prevede ad avvenuta elezione della Giunta regionale un intervento del Presidente finalizzato, peraltro, non a raccogliere i contributi venuti dal dibattito e a corrispondere loro in sede di replica, quanto a delineare impegni e intenti di lavoro, a chiarire e denunciare gli obiettivi fondamentali delle azioni che la nuova Giunta intende portare avanti nella legislatura che si apre: questo è il significato delle dichiarazioni di insediamento che mi accingo a fare. Per raccogliere con l'attenzione dovuta i giudizi che i diversi Gruppi consiliari hanno formulato in termini e con ampiezza non consueta, in relazione probabilmente alla corposità ed al contenuto anch'essi non consueti. del documento di presentazione ci saranno momenti successivi, anche perché, desidero ribadirlo, la Giunta ad insediamento avvenuto, ad attività avviata nei prossimi mesi, dopo aver approfondito ulteriormente nel concreto le problematiche aperte e le possibilità reali di intervento, si porrà l'obiettivo di delineare un proprio programma operativo che tenga conto delle linee oggi indicate nel documento di maggioranza e della valutazione dei contributi di indirizzo avanzati dalle forze presenti in Consiglio regionale, allo scopo di promuovere un ampio dibattito ed un aperto confronto.
Nell'assumere la responsabilità di governo della Regione Piemonte non si può non portare la dovuta attenzione al quadro nel quale andrà ad inserirsi la nostra azione, il nostro impegno e il nostro lavoro. Siamo in presenza di una situazione internazionale in forte movimento, con delle novità che erano, soltanto alcuni mesi fa. assolutamente impensabili.
L'apertura all'est che è in corso, di fronte ai grandi mutamenti politici che caratterizzano un'area apparsa in passato monolitica e chiusa. incide profondamente sul quadro politico internazionale, mette in movimento i suoi assetti e gioca un ruolo forte e significativo anche sulla fase di avanzata unificazione europea da tempo prevista e che deve essere attuata nel 92/93.
L'Europa si allarga all'est e si fonda al suo centro, attraverso l'accelerata unificazione tedesca, una forte potenza economica che dà all'operazione unità europea significati nuovi e complessi, aprendo anche problematiche e tensioni connesse ai mutati equilibri. ai nuovi rapporti fra i vari sistemi nazionali. Tutto questo movimento non può giocare, e non gioca in effetti, da freno, ma, al contrario, come elemento di accelerazione superando diffidenze, timori ed incertezze.
L'Italia, come Paese, cammina con energia verso la strada dell'unificazione europea, per coerenza con una scelta attuata in tempi lontani e perseguita sempre sul piano politico con ogni energia e da protagonisti. il grado di sviluppo raggiunto dal nostro Paese, la sua collocazione sul piano economico fra le prime potenze del mondo sono risultati che devono essere tenuti presenti e sono elementi che consentono oggi di vedere, di vivere con ragionato ottimismo la fase che sta davanti a noi anche se non mancano certo problemi, difficoltà da superare ed ostacoli da vincere. L'unificazione va all'insegna della libertà economica, della libertà civile, del.la democrazia, ma anche dell'economia di mercato e della competitività fra i sistemi nazionali. Questo elemento impone ulteriori responsabilità, propone nuovi impegni a livello nazionale e a tutto il Paese uno sforzo di adeguamento, teso a far sì che una nazione scarsa di materie prime, non naturalmente dotata di cospicue risorse economiche, possa giocare invece un ruolo centrale e primario nel quadro europeo e nella competitività fra le aree sovranazionali.
Una fase internazionale di questo rilievo e di questa importanza interessa in modo primario il Piemonte, la nostra regione, per ragioni economiche, per ragioni storiche e ancor più per ragioni connesse alla congiuntura presente.
La posizione geografica fortemente decentrata nel quadro italiano non ha impedito al Piemonte di farsi promotore e protagonista del grande movimento politico risorgimentale, che ha portato all'unità d'Italia, alla configurazione del nostro Paese come nazione capace di svolgere un ruolo importante in Europa e nel mondo.
La nazione italiana, il Paese Italia, è una realtà e un dato fondamentale del quadro politico internazionale, che nessun localismo nessuna esasperazione territoriale può mettere in dubbio. Con grande apertura si è mosso il Piemonte nella storia degli ultimi due secoli e ha pagato anche i prezzi del proprio impegno, della propria azione politica e del suo sforzo di crescita se è vero che la posizione geografica decentrata ha in qualche modo pesato sulla collocazione del Piemonte nel quadro nazionale ad iniziare dalla perdita della capitale, alle sue conseguenze economiche, alla necessità fortemente perseguita di un nuovo rilancio.
Il forte sviluppo industriale della nostra regione è l'autonoma risposta ad un'esigenza forte di vita, di sviluppo, di ruolo, sviluppatasi anche con le contraddizioni, gli errori e i pesi sociali e demografici della grande migrazione interna.
Se siamo geograficamente marginali nel quadro nazionale, siamo senza dubbio e sotto ogni aspetto al centro dell'Europa. Le distanze da Barcellona, da Bruxelles, da Dusseldorf, da Parigi e da Roma, sono similari e si muovono intorno a differenze veramente limitate. Non solo, ma siamo la regione italiana più collegata. più connessa, attraverso la Francia, e seppur con il sipario delle Alpi, all'Europa comunitaria. Il Piemonte ha una posizione strategica che rappresenta una grande opportunità, una specificità che non sfugge a nessuno. Una conferma di questa importanza sta proprio nei dati recentemente diffusi dall'Unioncamere, che pur nella loro approssimazione, pur presentando margini di opinabilità e di interpretazioni diverse, indicano con chiarezza che lo sviluppo si sta spostando nuovamente verso l'area nord-occidentale del Paese.
Si erano ipotizzati e delineati negli anni passati, anche contestualmente alla difficile e complessa fase di ristrutturazione industriale conseguente all'innovazione tecnologica, scenari diversi che preconizzavano la crescita dello sviluppo ad est ed un ruolo marginale per la nostra regione. Si sta invece verificando un nuovo rafforzamento dell'area del "triangolo". In questo quadro il primo obiettivo deve essere un'azione politica della Regione indirizzata a creare le condizioni di un nuovo sviluppo, di una crescita economica integrata nel sistema europeo capace di cogliere le opportunità che si delineano e anche capace di riequilibrare tutto il complesso della regione avendo presente che l'avanzata tecnologica, la crescita del .mercato, l'apertura europea e mondiale non consentono rendite di posizione e che l'industria più avanzata non ha di fronte a sé certezze indefinite nel tempo.
Questa fase nuova esige flessibilità e andrà di pari passo ai continui aggiustamenti delle attività produttive, con problemi occupazionali e di lavoro certamente rilevanti. Si dovrà vivere; il sistema industriale in particolare dovrà vivere in una fase di ristrutturazione costante, di adeguamento continuo con tutte le problematiche economiche e sociali che ciò necessariamente comporta.
Questa fase va vissuta quindi nella continuità perché già egli anni scorsi si è posto ogni impegno per il rilancio del Piemonte e a questo punto devo rivolgere un cordiale saluto a tutta la Giunta ed un vivo ringraziamento personale e un riconoscimento al Presidente Vittorio Beltrami che oggi lascia la Presidenza della Giunta.



(Applausi dai presenti)



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Questa fase va vista anche in modo nuovo perché emerge l'esigenza di una forte e moderna azione politica che accentui il ruolo di governo regionale, la spinta e l'indirizzo in questa direzione.
Lo sviluppo del Paese e della nostra Regione in particolare sono certamente opera dell'impegno dei cittadini, degli imprenditori, degli operatori economici, dei lavoratori; ma non è vendibile perché non è vera e credibile l'ipotesi di uno sviluppo sul quale sia ininfluente o addirittura frenante il ruolo delle istituzioni, da quella nazionale a quelle locali e per la parte che ci riguarda, dell'istituzione regionale con i suoi compiti di programmazione, di legislazione e di governo.
Occorre pertanto rivendicare con forza questo ruolo, avendo anche presenti le responsabilità che ciò comporta, i doveri che vi sono connessi i compiti che vanno assolti.
C'è un'esigenza forte di un funzionamento dell'istituzione più puntuale, più adeguato, migliore, sia per quanto concerne la produzione dei servizi, sia per quanto concerne la tempestività degli interventi in campo infrastrutturale.
.E' aperta una questione istituzionale di grande rilievo che da un lato tocca la capacità di esprimere governi e maggioranze in grado di governare realmente, dall'altro fa sentire forte l'esigenza di corrispondere ai bisogni dei cittadini in modo adeguato e di creare le condizioni perch l'area "pubblico" abbia gradi di efficienza e di produttività tali da contribuire poSitivamente alla competitività complessiva del sistema.
Se è vero che molto spesso esaltiamo il funzionamento dei servizi all'estero assai più del giusto e di quanto l'esperienza diretta poi dimostra, è altrettanto vero che una scarsa efficienza della Pubblica Amministrazione indebolisce la competitività del sistema con tutte le conseguenze che ciò comporta sul terreno della crescita economica. Per la parte che la riguarda, la Regione Piemonte nella sua struttura organizzativa dovrà compiere uno sforzo di efficienza particolarmente significativo e certamente importante.
Molti passi sono stati compiuti nella realizzazione delle strutture regionali. Sono state offerte al personale motivazioni significative. Sulla strada della valorizzazione delle risorse umane occorrerà proseguire senza incertezze e nello stesso tempo aumentare la produttività effettiva, la tempestività di risposta, la rapidità di soluzione: anche aprendo la struttura al confronto esterno, ai contributi che possono venire dalle altre Amministrazioni pubbliche e dal privato, dall'Università, dalla ricerca, ricorrendo con tempestività e flessibilità a consulenze esterne qualificate. Pensare che gli apporti esterni possano essere concorrenziali o penalizzanti per il personale significa avere una visione vecchia del lavoro e della professionalità. Si tratta di nuove forme di collaborazione che, se ben finalizzate, possono essere utili non solo per l'assolvimento di specifici qualificati compiti, ma producenti anche, come elemento di confronto e di arricchimento, per la dirigenza stessa dell'Ente.
La Regione deve muoversi come corpo agile, pronto a rispondere alle esigenze e deve sentire in pieno anche sotto questo aspetto l'orgoglio e la qualificazione dell'istituzione pubblica. Sappiamo bene che c'è a livello nazionale una questione regionale connessa con il problema delle autonomie.
Le Regioni, ed anche la nostra, hanno perduto in prestigio, hanno perduto immagine; ricostruire questa immagine è fondamentale e naturalmente è primario un nuovo riconoscimento legislativo: la nuova legge sulle Regioni dovrà aumentare competenze, attribuire maggiori risorse ed un ruolo di più reale autonomia operativa.
Vi è quindi l'esigenza che attraverso interventi nazionali le Regioni vengano messe veramente in condizione di poter esplicare il loro ruolo venga riconosciuta la loro funzione, vengano create le condizioni del loro funzionamento, ma vi è anche l'esigenza, per parte nostra, di riacquistare credibilità con una politica rigorosa, con risposte puntuali e tempestive con una nuova autorevolezza che si conquista soltanto con il rigore, la coerenza e la capacità di svolgere anche un ruolo politico forte, un'azione di indirizzo non formale, ma sostanziale.
Sarà impegno della nuova Giunta operare su questa strada, operare in modo che cresca 1'immagine della Regione Piemonte, la sua capacità di incidere nella realtà, la sua capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Sappiamo che è difficile passare da un'affermazione di principio o di volontà ad un risultato concreto su questo terreno perché molti sono i vincoli, forti sono i deterioramenti, poco favorevole è il giudizio talvolta non meditato della opinione pubblica e della stessa stampa che segue più volentieri la cronaca che il livello regionale, ma porremo ogni determinazione per raggiungere questo risultato o per compiere dei passi su questo terreno che è essenziale per la vita articolata della nostra democrazia.
Altri elementi di credibilità e di autorevolezza sono la correttezza amministrativa e la trasparenza.
Si può ben dire che su questa strada il Piemonte si è mosso in questi anni, ha assunto piena consapevolezza del problema, ne ha fatto questione centrale di comportamento.
Si tratta soprattutto, e tornerò su questo tema più avanti parlando dell'azione legislativa, di una questione morale connessa alla questione politica. L'esigenza primaria della trasparenza, della correttezza, non pu costituire un freno, una copertura all'inerzia o a fughe di responsabilità che possono avere effetti negativi sulla Pubblica Amministrazione. Non servono alibi per le inefficienze, non servono coperture alle paralisi operative.
E' immorale non erogare i servizi adeguati, è immorale non fornire risposta ai cittadini, è immorale non fare funzionare le istituzioni. Di questo Si deve avere forte consapevolezza e sotto questo aspetto inquadrare l'esigenza della correttezza, della trasparenza come elemento di efficienza non come elemento di ritardo nell'azione.
Il rilancio dell'istituto regionale, la sua capacità di rispondere alle esigenze dei cittadini, passa anche attraverso la soppressione di vincoli amministrativi, l'attribuzione di una reale capacità impositiva autonoma e come prima accennato, l'attribuzione di nuove risorse.
Sarà un tema da portare avanti con forza anche a livello di conferenza Stato-Regioni, per evitare che la riforma delle Autonomie locali già attivata legislativamente per Province e Comuni di fatto rimanga aspetto formale e non assuma quei connotati sostanziali che sono assolutamente necessari. Non si tratta, soprattutto sul tema delle risorse, di aprire un'azione meramente rivendicativa nei confronti del Governo e del Parlamento, ma di far maturare, a livello nazionale, la consapevolezza che: occorre mettere le Regioni, soprattutto in questo contesto europeo, in condizioni di operare con puntualità. L'area impositiva autonoma parzialmente attivata con le recenti disposizioni legislative, non pu essere sostitutiva dei trasferimenti statali esistenti già decurtati con i provvedimenti che legano il loro flusso. non all'andamento crescente delle entrate statali complessive ma a entrate tendenzialmente statiche. o al tasso di inflazione. Anche a parità di trasferimenti si può dare alle Regioni un ruolo più autonomo, una capacità di spesa e di azione propria eliminando una serie di vincoli di destinazione che fanno dell'Ente Regione un puro distributore sul territorio di risorse già sostanzialmente destinate dai provvedimenti nazionali.
Certamente il Piemonte dovrà fare, come le altre Regioni, la sua parte per quanto attiene ad un uso veramente rigoroso delle risorse, indirizzato prioritariamente alle proprie competenze, ma finalizzato anche a quello sviluppo che si intende perseguire e raggiungere: una politica della spesa attenta ma non velleitaria e che non può assumere atteggiamenti rinunciatari; con la preliminare rivisitazione della situazione finanziaria dell'Ente, nelle sue ragioni storiche e nei suoi condizionamenti dovuti anche alla particolarità e alla specificità della nostra Regione.
Non possiamo non concorrere, con una politica attenta, ad una ricerca di produttività e di contenimento della spesa pubblica, ad una sua finalizzazione a quella competitività del sistema che abbiamo indicato come fondamentale.
Forte produttore sul terreno industriale, il Piemonte crea un valore aggiunto particolarmente significativo al quale non corrisponde sempre come appare anche dagli indicatori resi pubblici in questi giorni, un livello di reddito altrettanto importante. Grava certo, come è stato sottolineato, l'aspetto demografico, il peso che l'esperienza del Piemonte ha già sopportato a vantaggio dell'economia e del lavoro dell'intero Paese ma sarebbe erroneo non valutare comunque il significato di certi dati economici ed evitare una loro lettura critica.
Il Piemonte è creatore anche di ingenti risorse finanziarie. E' presente nella nostra regione l'istituto di credito, al di fuori del sistema delle banche di interesse nazionale, più importante del Paese.
Tuttavia il Piemonte non ha una immagine forte in tema di finanza. La nostra Regione ha necessità di crescere come polo finanziario e ogni promozione in proposito, ogni iniziativa dovrà essere con impegno e con attenzione seguita e portata avanti. Senza una finanza forte sarà difficile poter condurre quell'azione di collegamento e di connessione all'Europa attraverso il potenziamento delle infrastrutture, dei trasporti e delle comunicazioni che appare per la nostra Regione elemento veramente vitale.
All'obiettivo crescita economica si affiancano due obiettivi altrettanto importanti, altrettanto essenziali, altrettanto vitali: la tutela dell'ambiente e la crescita civile e sociale della comunità piemontese. Essere una regione industrializzata, essere una regione d'avanguardia, fortemente interessata a tutto il complesso delle linee di comunicazione con l'Europa, ed essere una regione capace di salvaguardare il territorio, l'ambiente, la sua specificità, la sua ricchezza è sfida di grosso contenuto, è obiettivo che va assolutamente raggiunto. Tuttavia la difficile politica sull'ambiente, sullo smaltimento dei rifiuti sull'inquinamento atmosferico, sulla salvaguardia del territorio, sulla pianificazione territoriale, sui parchi, deve essere finalizzata a creare un ambiente vivibile e a ricercare quelle competitività che hanno i loro costi, anche in termini di scelte, non soltanto in termini finanziari. Non una crescita qualunque, non qualunque prezzo per una crescita economica, ma la assoluta determinazione di svolgere un'azione per l'ambiente, attiva forte e indirizzata alla salvaguardia del territorio, che porta già specialmente nella nostra Regione, i segni di una secolare, attenta ma precisa e incisiva presenza dell'uomo.
Dovremo essere capaci anche negli interventi legislativi di uscire dalla proposta passiva dei vincoli per svolgere una politica attiva che dia a tutto campo, e anche sotto questo aspetto, certezza del diritto e dei diritti ai cittadini ed agli operatori economici. Crescita civile e sociale significa per noi sviluppo non finalizzato a privilegiare le fasce forti e a penalizzare fasce deboli impossibilitate ad usufruire del complesso dei servizi e dei benefici che un'economia avanzata può creare. Dobbiamo puntare su una crescita che interessi tutti, che sia per tutti, dia benefici a tutti, sia orientata ad una generale soddisfazione dei bisogni e dei diritti della nostra gente, di una popolazione per natura aperta e in movimento. In questo senso è necessaria un'iniziativa sul terreno dei servizi sociali, fondata sull'efficienza di questi servizi. sulla loro corrispondenza ai bisogni dei cittadini, ma anche sulla solidarietà tra i ceti forti, le nuove professioni e i soggetti più deboli.
Una politica di sviluppo veramente moderna non può prescindere da una grande apertura. Il Piemonte ha di fronte la prospettiva di essere un luogo di incontro e di scambio aperto da ogni lato verso le nuove frontiere dell'Est, verso il contesto forte dell'Europa, verso l'intero Mediterraneo e deve essere in grado di offrire, sotto il profilo sociale, la massima partecipazione di tutti. Una regione aperta non significa una regione disattenta alla propria tradizione, alle proprie radici, alla propria cultura, per la cui tutela e valorizzazione ogni attenzione sarà posta anche con l'orgoglio di un ricco patrimonio storico e di valori.
Gli obiettivi indicati impongono un'azione di ampio respiro che tocca tutto l'arco delle competenze regionali e che talvolta esige anche sconfinamenti. Il documento che accompagna la proposta della Giunta regionale è ben diversificato e propone un intervento globale al quale non possiamo non fare riferimento. Occorrerà operare attentamente e approfonditamente in tema di pianificazione territoriale ed urbanistica portare avanti una forte politica dei trasporti centrata anche sull'alta velocità, non soltanto per le persone ma anche per le merci leggere difendere il suolo, aprire gli spazi verdi, costruire una politica dell'ambiente che abbia il consenso necessario per essere realizzata e una politica della casa che consenta lo sviluppo dell'edilizia popolare nel rispetto del territorio.
In tema di sanità ed assistenza un forte potenziamento e miglioramento della qualità dei servizi nel quadro del piano socio-sanitario approvato ed avendo presente la riforma in via di approvazione a livello nazionale un'attenzione particolare dovrà essere rivolta agli anziani, molti dei quali prepensionati, molti in condizioni di scarsa autosufficienza. Il progetto Anziani del piano socio-sanitario certamente è una grande risposta in attuazione da condurre a termine con puntualità.
Una politica culturale che valorizzi il nostro patrimonio, conforti e sostenga le attività di prestigio di base; affronti i temi dello sport e del tempo libero: intervenga nel settore dell'istruzione e della ricerca per l'Università per una formazione professionale adeguata al mutamento delle modalità di lavoro e delle professionalità ed un riferimento essenziale alla formazione di quelle risorse umane che sono fondamentali per un processo di sviluppo forte e significativo.
Un interesse generale a tutte le attività economiche: dal problema energetico che tocca l'esigenza di una più alta produzione in una Regione consumatrice come il Piemonte e nel contempo la capacità di avviare gli impianti a risparmio energetico: alle iniziative per l'agricoltura e la forestazione, attività economiche importanti della nostra Regione e in questi giorni è scoppiata l'emergenza siccità per la quale occorrerà agire con tempestività.
Ed ancora l'industria, l'artigianato, il commercio ed il terziario anche qualificato e superiore, il turismo che rappresenta una risorsa non ancora completamente utilizzata in questo quadro di forte mobilità europea.
Una grande attenzione, naturalmente, al tema del lavoro e della occupazione, dove le nuove incertezze congiunturali creano più di una preoccupazione. La Regione deve portare avanti la politica già avviata che non potrà che essere condotta con particolare attenzione.
Ho enunciato dei titoli perché il documento della maggioranza è sufficientemente analitico e perché i singoli problemi saranno via via affrontati con la presentazione dei progetti legislativi nell'azione di governo. Un programma di alto respiro ci obbligherà a delle scelte che saranno puntualmente fatte a seconda delle possibilità e delle priorità indicate.
Anche per gli enti strumentali s'impone una nuova politica: la revisione impietosa della loro funzionalità. della corrispondenza agli obiettivi di sviluppo prefissati. Taluni di essi - ne siamo convinti potranno, opportunamente rilanciati, fornire un forte supporto alla Regione per la sua politica, ma nel quadro nuovo del rafforzamento dell'esecutivo noi riteniamo debba essere fortemente accentuato il rapporto Governo Regionale - enti Strumentali, senza di che la loro azione diventerà dispersiva, inefficace, non sarà tempestiva, non fornirà quel grado di utilità assolutamente essenziale.
Sul piano dell'attività legislativa saranno assunte tutte le iniziative necessarie, ma prioritariamente occorrerà provvedere ad una revisione profonda della legislazione regionale. In questi venti anni di vita la Regione ha prodotto un sistema legislativo senza dubbio pregevole, ma anche un complesso di norme che hanno finito spesso per creare vincoli operativi per determinare freni anche gravi all'azione regionale. La semplificazione appare necessaria, non soltanto per superare provvedimenti datati, ma anche per rispondere alle esigenze di una realtà sociale che è in pieno movimento, che non può subire senza grave danno lentezze inaccettabili remore e ritardi. Ci siamo costruiti con buone intenzioni. per obiettivi condivisibili, un complesso di nonne che nel concreto risultano difficilmente attuabili o talvolta prevedono procedure esasperatamente lente, frenanti. Pensiamo alla legge sulle procedure della programmazione veramente inagibile; pensiamo ad altri provvedimenti di legge la cui revisione appare assolutamente necessaria, Non dobbiamo misurare dalla produzione legislativa il ruolo di governo e l'efficacia dell'azione istituzionale, ma dalla capacità di rivedere la legislazione in atto, di semplificarla, di andare verso l'emanazione di nuove norme con attenzione con prudenza, nei casi in cui una nuova iniziativa è necessaria. I destinatari della legislazione regionale (Enti locali, operatori economici i cittadini), ci chiedono leggi chiare, adatte al tempo presente, capaci di rispondere alle esigenze che oggi maturano, alla fase di movimento, di dinamismo sociale ed economico che è di fronte a noi e che stiamo vivendo.
L'impegno della Giunta va in questo senso: un'approfondita risposta di revisione legislativa, nuovi progetti di legge misurati e fortemente mirati sugli obiettivi di fondo della Regione.
Anche sul terreno del ruolo di governo abbiamo la volontà e l'ambizione di raggiungere risultati significativi. Occorre attuare le leggi che vengono approvate,dall'assemblea in ogni loro parte, con coerenza, secondo gli obiettivi che legislatore si è dato.
Occorre far funzionare la macchina amministrativa nei campi di competenza; occorre infine un'azione politica forte perché esplicare un ruolo di governo significa saper raccogliere le forze economiche e sociali intorno a grandi obiettivi di sviluppo della società piemontese. Significa diventare organo di governo delle grandi variabili strategiche, delle grandi infrastrutture, dei servizi ad alto livello, della formazione e del reperimento delle risorse umane.
Il governo regionale ha l'ambizione di esplicare questo ruolo e cercherà le vie corrette possibili per farlo. Un ruolo come questo significa anche operare perché il Piemonte conti di più: sia in grado di far sentire in modo adeguato e proporzionato al proprio peso, alla propria capacità di proposta, la sua voce nella politica nazionale e nelle grandi scelte connesse al processo di unificazione europea in corso. La posizione del Piemonte è in questo quadro una posizione specifica. E' necessario che questa posizione specifica sia portata con forza a livello nazionale. Non si tratta di aprire un "caso Piemonte" che non fu volutamente aperto nella generale valutazione della assemblea regionale in un momento difficile quale quello dei primi anni '80 di fronte alla pesante ristrutturazione del sistema industriale. Non si tratta di porre una questione di per s improponibile. Si tratta peraltro di richiamare l'attenzione sulla specificità della nostra Regione, specificità geografica e territoriale economica e produttiva, con i suoi riflessi ambientali, per far convergere e rendere possibili tutti quegli interventi di connessione con l'Europa riguardanti i trasporti, le grandi infrastrutture che appaiono necessarie e vitali per il Piemonte e per l'Italia.
Il metodo deve essere quello della programmazione, una programmazione aggiornata, non comprensiva, ma agile, centrata sul rigore delle analisi e sul rapporto fra costi e benefici, ispirata sempre nelle scelte dal primato della politica di fronte ai bisogni dei cittadini. Una programmazione per progetti che tenga conto delle risorse disponibili e di quelle che si possono realmente reperire intorno ai progetti stessi.
In un Sistema democratico, punto di riferimento dell'istituzione pubblica e dell'organo esecutivo in particolare non può che essere il cittadino, l'uomo. La nostra azione tenderà quindi a rapportarsi alle esigenze dell'uomo, ai suoi valori, alle sue aspirazioni, ai suoi diritti che devono essere al centro della nostra attenzione, al centro della nostra azione. Con l'uomo, la società nelle sue forme organizzate e rappresentative nelle sue modalità di aggregazione e di rappresentanza.
Cercheremo rapporti, sentiremo i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni degli imprenditori, grandi e piccoli (con pari dignità e col peso del primato della politica sentiremo i grandi operatori). Sentiremo i commercianti e gli artigiani. portatori di interessi precisi che peraltro in una società complessa devono essere tenuti presenti e devono essere considerati come elementi che concorrono alla crescita complessiva della società e dalla grande mediazione negli interessi generali.
Saremo anche aperti alle nuove professionalità, ai cosiddetti ceti emergenti delle professioni, del terziario, della finanza, per valorizzare un contributo essenziale allo sviluppo della nostra Regione. E non minore attenzione corrisponderemo alle associazioni del tempo libero, alle associazioni di volontariato, che rappresentano in questa società complessa un elemento di disponibilità e di solidarietà umana di grande rilievo per il sostegno di uno Stato sociale che va affinato. migliorato, reso più efficiente e più aperto, ma che non può essere certamente abbandonato e distrutto.
Il modello di partecipazione costruito negli anni passati e che la Regione ha ampiamente cercato di attuare attraverso la forma della consultazione in commissione è andato in crisi. Il rapporto con la gente e con la società che cercheremo di avviare, sarà possibile, lo sappiamo bene solo se saremo in grado di suscitare corrispondenze. L'apertura ed il confronto con la società è allo stesso tempo un mezzo anche per la crescita dell'immagine dell'Ente, per la costruzione di un istituto regionale più credibile e più considerato. Di grande rilievo sarà il rapporto con gli Enti locali, Comuni e Province, cui la nuova legge sulle autonomie ha dato modalità di gestione nuove e di grande interesse. Il rapporto con gli Enti locali non è stato sempre facile in questi venti anni di vita regionale.
Non sono mancate incomprensioni, .dovute anche alla lentezza talvolta esasperante dell'azione burocratica della Regione, alla valutazione da parte degli enti locali, di taluni interventi regionali come interventi di vincolo, di freno più che come elementi di collaborazione, di appoggio, di avvio. La stessa esperienza comprensoriale, che ha avuto il merito di creare nelle municipalità sensibilità nuove, un approccio ai problemi più ampio, una visione sovracomunale, non ha avuto il conforto del consenso e il risultato dell'efficienza. E' tempo di affrontare ed approvare un piano di deleghe già delineato nelle materie della nostra legge di riordino delle autonomie, in modo che si possa passare rapidamente al terreno operativo.
I nostri Comuni, le nostre autonomie locali, non hanno bisogno di un'ulteriore tutela, di un controllo esasperato, ma al contrario, di una spinta, di un sostegno nel quadro di un'azione di programmazione regionale forte ed efficace. I Comuni devono comprendere peraltro che la Regione non dispone di grandi risorse e deve puntare sulle grandi opere, sulle grandi infrastrutture, sui grandi interventi che trascinano lo sviluppo. Il nuovo ruolo della Provincia rende la Regione più vicina all'ente intermedio impone una attenzione diversa, un rapporto nuovo, ma soprattutto la nuova figura della città metropolitana andrà a mutare il quadro dei rapporti e delle competenze nell'ambito degli enti locali. La legge attribuisce in proposito alla Regione compiti precisi, scadenze puntuali, assumiamo l'impegno di fare tutta la nostra parte con grande tempestività e con i necessari approfondimenti ma anche con la prevista consultazione del territorio. La città metropolitana di Torino è un'occasione importante per riesaminare i rapporti con gli Enti locali, per rivedere gli assetti istituzionali del territorio. per definire i rapporti economici e sociali spesso problematici e difficili nella capitale del Piemonte e delle altre Province piemontesi. Gli indicatori economici hanno tra l'altro evidenziato come la Provincia di Torino non sia più, a livello di reddito, la prima Provincia del Piemonte. Un certo riequilibrio, uno sviluppo più diffuso a lungo perseguito si è realizzato in questi anni. Anche il rafforzamento dell'area metropolitana che conseguirà la definizione dell'area della città metropolitana di Torino potrà e dovrà giocare come elemento che si irradia su tutta l'area piemontese. Una città metropolitana ben articolata, più efficiente, più capace di operare, più valida nei servizi, è non soltanto un beneficio per Torino e per il suo "hinterland" ma è un'opportunità forte per l'intera Regione Piemonte e per il suo sviluppo. Occorre che Torino scarichi all'esterno non problemi, ma spinte costruttive. Anche la legge in itinere che riforma il Servizio Sanitario Nazionale con la prevista nuova definizione territoriale delle UU.SS.SS.LL:, porrà problemi di rapporto con gli Enti locali, tenuto anche conto della sostanziale razionalizzazione della sanità che essa comporta. Vivremo una fase complessa e difficile che dovremo peraltro affrontare con serenità e puntualità, anche per i riflessi che la stessa avrà sull'assetto dei servizi sociali ed assistenziali.
E' più che mai urgente la nuova legge quadro sull'assistenza. Occorre inoltre che sia rapidamente definito dal livello nazionale il trasferimento di risorse che deve accompagnare 1l passaggio di competenza di alcuni servizi sociali dalle Province ai Comuni stabilita dalla legge sulle autonomie. Se ciò non avvenisse si andrebbe verso una fase di grande incertezza e a ben poco servirebbe anche la riduzione dei controlli sugli atti amministrativi dei Comuni che per parte nostra ampiamente condividiamo e che sarà foriera di semplificazione burocratica per la Regione. In definitiva siamo persuasi che si impone un rapporto nuovo tra Regione Comuni e Province, capace di suscitare un più forte concorso degli Enti locali, un più coordinato impegno per lo sviluppo della nostra Regione.
Questo rapporto nuovo è un altro obiettivo che ci proponiamo e che perseguiremo con ogni impegno. Oltre al rapporto con la società e con gli Enti locali, la Giunta regionale si pone il problema dei rapporti all'interno dell'Ente, con il Consiglio regionale innanzitutto, che è il più diretto interlocutore e dal quale ci viene il mandato che dovremo assolvere. La riforma delle autonomie ha posto una esigenza reale ed ha cercato di corrispondervi con il potenziamento dei ruoli dell'esecutivo per garantire una governabilità effettiva degli Enti locali. Le norme statutarie della nostra Regione hanno già definito con puntualità in modo moderno le competenze dell'assemblea e le competenze della Giunta in modo che si può ritenere ancor oggi adeguato e soddisfacente: cercheremo un rapporto con il Consiglio aperto, puntuale, preciso, nel pieno rispetto dei diversi ruoli e delle diverse competenze, a cominciare dal rapporto con il Presidente del Consiglio e con l'Ufficio di Presidenza .che rappresentano gli organi di governo dell'Assemblea, Cercheremo per parte nostra peraltro di usare fino in fondo il potere autonomo che lo Statuto e il Regolamento Ci assegnano perché siamo più che mai convinti che di fronte all'evolversi rapido della società civile è necessario da parte delle istituzioni e della Regione in particolare, un'attività tempestiva, un ruolo di governo netto senza incertezze senza ritardi. Cercheremo il rapporto con le Commissioni consiliari, attraverso la Presidenza del Consiglio, impegnandoci ad una presentazione tempestiva delle proposte e a condurle allo stesso tempo a quell'approfondimento utile a consentire loro di fornire contributi giudizi e di procedere celermente nell'iter di approvazione.
Cercheremo il confronto con i Gruppi consiliari, con quelli di maggioranza naturalmente, che ci assicurano il sostegno e ci hanno indicato le linee intorno alle quali dovrà svilupparsi la nostra azione. Si tratta di una maggioranza ampia, articolata, nella quale concorrono forze politiche che hanno tradizioni culturali diverse e storie diverse, anche se in gran parte hanno una lunga esperienza di collaborazione democratica e di lavoro comune. La maggioranza si forma intorno al pentapartito e al Gruppo dei pensionati ed è certamente aperta ad altri concorsi. Raggiungere una sintesi tra queste posizioni è il compito del governo regionale. Una sintesi concreta che consenta di formulare su ogni punto programmatico proposte forti ed omogenee. L'impegno della Giunta in questo senso sarà per un lavoro veramente collegiale, che muovendo dalle competenze dei singoli con la collaborazione di ciascuno, pervenga intorno alle grandi proposte ad una valutazione e ad un consenso che le faccia partire in modo giusto e faciliti l'iter successivo.
Con i Gruppi di opposizione cercheremo un rapporto corretto e positivo.
Crediamo al ruolo dell'opposizione, che è diverso da quello della maggioranza, ma altrettanto importante, un ruolo di controllo politico ed anche di contributo operativo, che non cada nell'ambiguo consociativismo.
Un rapporto positivo significa tener conto dei contributi dell'opposizione vagliarli con attenzione senza pregiudiziale alcuna (termine che è stato usato nell'assemblea in senso contrario). Ci aspettiamo dall'opposizione una valutazione altrettanto serena e soprattutto uno spirito che, nella distinzione delle responsabilità, sia tale da concorrere ad una rapida e tempestiva approvazione anche dei provvedimenti non totalmente condivisi.
il potere di critica, di dissenso, di proposta alternativa, sono poteri propri delle opposizioni. Non cercheremo lo scontro e ci attendiamo atteggiamenti di confronti aperto e costruttivo.
In conclusione, abbiamo netta la percezione di avviarci al lavoro di governo del Piemonte in un momento ricco di opportunità e di possibilità ed al contempo complesso e difficile. Raymond Aron nel suo saluto laico al termine delle sue memorie, riflettendo sulla storia in corso scriveva: "per definizione continua". Continuità della storia non significa peraltro che non ci siano forti accelerazioni, momenti di eccezionale dinamismo e di grande novità, se è vero che lo stesso Raymond Aron nella medesima conclusione affermava: "continueremo a vivere a lungo all'ombra dell'apocalisse nucleare, divisi tra le paure che ispirano le anni mostruose e la speranza che risvegliano i miracoli della scienza". Per quanto è avvenuto in questi anni. in questo ultimo affascinante biennio possiamo oggi noi sperare oltre che nei miracoli della scienza e nella grande avanzata tecnologica, anche in un nuovo aperto rapporto fra gli uomini e le nazioni. nei germi di un nuovo umanesimo.
Ponendoci l'obiettivo primario di concorrere con forte iniziativa ad una equilibrata, giusta. aperta e civile crescita del nostro Piemonte, non ci siamo posti un obiettivo facile. ma neppure un obiettivo velleitario o impossibile. Abbiamo la ragionata convinzione di poter svolgere un positivo lavoro: lo faremo con determinazione, con impegno, con iniziativa e risolutezza, lo faremo anche con il sostegno di quella tensione etica che accompagna i grandi progetti e le grandi speranze.



PRESIDENTE

A nome di tutta l'assemblea rivolgo al Presidente Brizio ringraziamenti veramente sentiti e un augurio di buon lavoro personale oltre che a tutta la Giunta.


Argomento:

Discorso di insediamento del Presidente della Giunta regionale, Brizio

Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20.00)



< torna indietro