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Dettaglio seduta n.340 del 28/02/95 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Germanetto, Leo e Rivalta.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Lei, Presidente, ha aperto la seduta con il punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", invece i primi punti sono: "Approvazione verbali precedenti sedute" e "Interrogazioni ed interpellanze".



PRESIDENTE

Nella Conferenza dei Capigruppo si era deciso di non discutere oggi il punto inerente le interrogazioni ed interpellanze.



CHIEZZI Giuseppe

Sollevo questo problema in quanto nella scorsa seduta di Consiglio ad una mia interpellanza mi era stata fornita soltanto una risposta parziale dall'Assessore Bonino e attendevo la risposta anche dall'Assessore Cucco.



PRESIDENTE

Non ho difficoltà a seguire questo percorso, ma le chiederei, visto che l'Assessore Cucco non è stato informato della sua interpellanza, di discuterla nella prossima seduta.



CHIEZZI Giuseppe

Il problema era solo di capire; mi va bene rinviare la risposta alla prossima seduta.
Inoltre, sempre sull'ordine dei lavori, come già richiesto nella Conferenza dei Capigruppo, desidererei un po' di ordine nei nostri lavori essendoci molti punti in discussione, gradirei che si procedesse per ordine. Non capisco perché adesso si passi al punto 8) all'o.d.g.
omettendo il punto 7).
Le chiederei di interpretare una volta per tutte il nostro Regolamento nel senso che se l'o.d.g. non viene contestato, ovvero viene fissato nella seduta secondo l'ordine che noi abbiamo, si segua quel percorso; viceversa se intendete fare delle variazioni all'o.d.g., vi pregherei di renderlo noto all'inizio della seduta, per permettere a noi Consiglieri di prepararci sui vari provvedimenti.



PRESIDENTE

Le posso confermare che le ultime sedute sono state tra le più preparate in assoluto. Da parte della Giunta vi era stata la richiesta di soprassedere, per il momento, sul punto 7) all'o.d.g. e di proseguire nell'ordine.


Argomento: Cooperazione - Attivita' di promozione

Esame progetto di legge n. 403: "Interventi regionali per la promozione di una cultura ed educazione di pace per la cooperazione e la solidarietà internazionale"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto ad esaminare il progetto di legge n. 403, di cui al punto 8) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Foco, che ha facoltà di intervenire.



FOCO Andrea, relatore

Darei per letta la relazione e passarei all'esame della legge.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo al relatore di leggere la relazione.



POZZO Carolina

Mi associo a tale richiesta.



FOCO Andrea, relatore

Nel presentare la proposta di legge "Interventi regionali per la promozione di una cultura ed educazione di pace per la cooperazione e la solidarietà internazionale" è forte la consapevolezza di affrontare una tematica di grande portata morale, ma che assume significativa concretezza per le responsabilità che attendono le nostre comunità rispetto alle problematiche di interrelazione europea e mondiale.
La Regione, pur stretta nei limiti di competenze legislative e di risorse finanziarie, ha il compito di sviluppare un'azione che consenta alla comunità regionale di costruire relazioni con le altre realtà europee ed extraeuropee, orientate a favorire il progresso civile, democratico ed economico e che sanciscano il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e locali.
Questi ultimi anni sono stati contrassegnati da momenti di grande speranza a livello mondiale: gli accordi per la riduzione ed il controllo degli armamenti nucleari, la caduta del sistema basato sui blocchi contrapposti dell'est e dell'ovest, l'avvio dei processi di pace e di democratizzazione in molti Paesi del sud del mondo e dell'est europeo consentono di credere che si stia sviluppando una cultura che riconosce nella pace lo strumento fondamentale per il progresso civile ed economico di ogni popolo.
Nel medesimo tempo assistiamo a fatti che denunciano purtroppo la recidiva presenza di tendenze opposte.
I dati relativi alla situazione socio-economica mondiale dimostrano che il divario crescente tra i Paesi occidentali ed i Paesi cosiddetti in via di sviluppo ha raggiunto soglie tali da porre in allarme l'intera comunità internazionale.
Il progressivo peggioramento delle ragioni di scambio con i Paesi occidentali, le politiche protezionistiche e di indebitamento hanno ulteriormente indebolito la già fragile struttura economica di questi Paesi, favorendo la destabilizzazione politica ed il drammatico aumento di flussi migratori.
In tale contesto, la rinascita di un forte spirito nazionalistico ed etnocentrico ha favorito la crescita della conflittualità locale dell'intolleranza e del razzismo e, in alcuni casi, ha portato a guerre civili di violenza inaudita.
In un simile scenario, appare evidente che il concetto di pace non pu essere considerato come un "buon sentimento" a cui richiamare genericamente l'attenzione della comunità regionale, ma come un bene da ricercare costruire, tutelare attraverso precise scelte politiche. In questa ottica la pace non può essere intesa come pura e semplice assenza di guerra, ma come condizione di vita delle persone e dei popoli comprendente i diritti umani, la giustizia e lo sviluppo.
Ecco che allora la cultura di pace diviene il nodo centrale che giustifica e motiva l'azione regionale orientata a promuoverne anche e soprattutto i suoi presupposti, quali l'educazione alla giustizia, ai diritti umani, alla solidarietà, alle relazioni interculturali, allo sviluppo sostenibile e la lotta al sottosviluppo, all'intolleranza, al razzismo e all'esclusione.
Sulla base di tali osservazioni, la Commissione consiliare approfondendo l'esame della proposta di legge, ha ritenuto necessario integrare ed armonizzare il testo con la normativa regionale che disciplinava le materie cooperazione e solidarietà internazionale.
Tale scelta ha comportato un lungo e complesso lavoro che ha portato al completo assorbimento della L.R. n. 31 del 1990 "Interventi regionali per la pace, la cooperazione e lo sviluppo" e alla definizione di una normativa complementare ed integrata alla L.R. n. 4 del 1982 "Istituzione del Comitato regionale di solidarietà e partecipazione della Regione a Comitati di soccorso" per la disciplina degli interventi di solidarietà in Paesi europei ed extraeuropei.
Del lavoro svolto dalla Commissione si è ritenuto necessario informare le associazioni e le istituzioni che erano state coinvolte nelle consultazioni del progetto di legge n. 403, nonché quelle che erano rappresentate nella Commissione tecnica per la cooperazione allo sviluppo prevista dalla L.R. n. 31/90.
Prima di entrare nel merito dell'articolato, è importante ricordare che, a sostegno del progetto di legge n. 403, l'Osservatorio sulle assemblee elettive di Alessandria ha raccolto in ambito scolastico più di 3.000 firme. Tale iniziativa dimostra l'interesse e l'importanza che la comunità piemontese riconosce a questa proposta di legge.
Dell'articolato ritengo opportuno sottolineare alcuni punti che paiono particolarmente significativi: il testo in esame raccorda le diverse materie, unificando le normative che disciplinano azioni che hanno il medesimo fine: informazione sensibilizzazione, educazione, formazione, ecc.
nei primi due articoli definisce le finalità, esplicitando le relazioni che intercorrono tra le diverse materie disciplinate nel testo e richiama gli obiettivi e le priorità a cui deve essere orientata l'azione regionale sottolineando, tra l'altro, il ruolo che la Regione deve svolgere: un ruolo di promozione e valorizzazione dei potenziali ed originali contributi dei soggetti e delle istituzioni che operano sul territorio nell'art. 3 sono definiti gli ambiti e i tipi di intervento della Regione, distinguendo tra attività da svolgere sul proprio territorio regionale quali la promozione della cultura di pace, della ricerca l'educazione e la sensibilizzazione della comunità regionale, la formazione ed attività di cooperazione internazionale, di emergenza e soccorso a favore di popolazioni colpite da calamità o conflitti armati; nel medesimo articolo la legge definisce le modalità con le quali l'Amministrazione pu agire realizzando in proprio attività, anche avvalendosi delle competenze presenti sul territorio regionale, o sostenendo iniziative proposte da altri soggetti gli articoli successivi si soffermano via via sui diversi campi di intervento, specificando per ciascuno di questi i compiti ed i limiti dell'azione regionale l'art. 7 riguarda le iniziative di cooperazione internazionale e riprende sostanzialmente quanto già previsto dalla L.R. n. 31/90 estendendo la medesima normativa anche ai Paesi dell'est europeo per sviluppare la propria azione, la Regione dovrà dotarsi di appositi atti programmatici ed in particolare di direttive di carattere programmatico di validità triennale sottoposte al voto del Consiglio regionale. Su questa base la Giunta regionale dovrà predisporre appositi Piani annuali di attuazione l'attività di solidarietà internazionale potrà essere svolta in due modalità differenti: su diretta azione del Presidente della Giunta regionale per interventi eccezionali che richiedono un'azione immediata e con programmi definiti d'intesa con il Comitato di solidarietà di cui alla L.R. n. 4/82 per le iniziative che non hanno carattere di urgenza in sostituzione di Consulte e Commissioni consultive è stato previsto un Forum annuale nel quale la Regione si confronta con le diverse forze presenti sul territorio regionale in merito alle azioni ed ai programmi inerenti le materie disciplinate dalla legge.
Proprio grazie ad uno strumento quale il Forum dovrebbero diventare possibili collegamenti e collaborazioni tra le diverse componenti della società civile interessate a far crescere la cultura di pace e dei suoi presupposti quali la cooperazione e la solidarietà internazionale.
Questa legge quindi costituirà anche un banco di prova per misurare la capacità delle forze sociali presenti sul territorio di rapportarsi con settori nuovi della popolazione per collaborare tra di loro, per porsi, in modo dialettico e continuativo, in rapporto alle istituzioni pubbliche.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Ho chiesto, insieme ad altri colleghi, di sentire la relazione perch non essendo potuto essere presente in Commissione e ritenendo questo provvedimento di grandissima importanza per la Regione Piemonte, desidero rendermi conto di persona dell'oggetto della relazione.
In questo intervento di carattere generale, a sostegno di una legge molto importante, voglio mettere in luce tre questioni che, a mio avviso sono centrali nell'ambito di questa iniziativa, che non ritengo un'iniziativa di maniera o con connotati di velleitarismo o di solidarismo generico.
Sappiamo che in Italia (anche in Piemonte) operano da anni con eccezionale serietà delle associazioni in difesa e allo sviluppo della pace, intesa - come diceva il Consigliere Foco - non solo come assenza di guerra, ma come una cultura che permea la vita di una società, il suo modo d'essere, le sue iniziative.
Mi pare opportuno che la Regione si accorga ufficialmente di questo pullulare di iniziative di associazioni e sancisca con una propria legge la necessità di un intervento diretto della Regione Piemonte.
Sono tre i settori che ritengo particolarmente importanti.
Il primo: il settore formativo previsto dall'art. 6, che è uno dei punti più importanti; esso è rivolto sia a tutti i soggetti che, in modo volontario, si occupano del tema della pace e sia a quanto previsto nel comma secondo, dove si legge che "la Giunta regionale sostiene attività di aggiornamento degli insegnanti di ogni ordine e grado".
La Regione Piemonte ha intrapreso delle iniziative per quanto riguarda la lotta di Resistenza, il problema delle deportazioni nazifasciste, ha un'attività per quanto riguarda la conoscenza e la formazione nel settore europeo. Penso che sul tema specifico della pace la Regione Piemonte possa attivare, una volta che sarà stata attivata questa legge, delle iniziative analoghe a quelle che ha sui viaggi in visita ai campi di sterminio e sui viaggi alle istituzioni europee.
Il secondo settore che ritengo importante è quello relativo alle iniziative di cooperazione internazionale. Mi pare particolarmente utile sottolineare questa proiezione di carattere internazionale della Regione Piemonte, a proposito dei ruoli che le Regioni devono avere nell'ambito dell'Unione Europea. Sappiamo che le Regioni non sono titolari di politica estera, però l'Unione Europea prevede che, in determinati momenti, le Regioni diventino attrici della politica europea. Sappiamo che nuove strutture sono state investite di questo, alle quali partecipa direttamente la Regione Piemonte.
Sul tema della pace mi sembra importante avere la possibilità di iniziative a sostegno di organizzazioni internazionali dell'Unione Europea.
Il terzo settore è quello relativo alle situazioni di emergenza. Noi come Regione Piemonte, in questi anni abbiamo sviluppato una grande attività. Mi sembra però che il consolidamento di queste attività all'interno di quanto previsto nelle varie lettere dalla a) alla g) dell'art. 9 sia particolarmente rilevante.
Quindi, il giudizio - ora esamineremo gli emendamenti è molto positivo.
Si tratta di un intervento che non solo rende onore alla responsabilità della Regione Piemonte, ma che mette in condizione tutti coloro che su questo tema lavorano di avere una legislazione di riferimento e soprattutto un'istituzione locale che attivamente sostiene queste attività in favore della pace.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Io ho quasi sempre contestato lo spirito di questo progetto, perch avevo l'impressione che ci fosse la solita autocommiserazione autolesionismo: la colpa è sempre degli Stati democratici dell'occidente degli Stati Uniti in testa, mentre quelli che hanno sempre ragione sono le dittature del Terzo Mondo, le più feroci dittature che non hanno nulla da invidiare n' ad Hitler n' a Stalin. Uno che sia appena informato, queste cose dovrebbe saperle.
Non è neanche questione di razzismo. A parte il fatto che in certi casi, ad esempio, il caporale che aveva studiato come si usano le armi sotto la guida di ufficiali occidentali, è poi diventato generale; in seguito il generale è diventato dittatore e ora fa la guerra al vicino (perché la guerra per certi popoli primitivi è una cosa gloriosa).
Purtroppo, queste sciocchezze le abbiamo sentite anche in Europa.
Esiste anche il fanatismo religioso, che non ha niente a che fare con il razzismo: islamici, sunniti, sciiti in lotta tra di loro e contro gli altri, quelli non islamici (le guerre sante). Sappiamo che una delle dottrine fondamentali dell'Islam è quella del cosiddetto Mahdi (e uno dei due capi somali si chiama appunto così). Sarebbe una specie di messia che sterminerà tutti gli infedeli.
Quindi, noi dovremmo comportarci - e l'ho ripetuto parecchie volte come si è comportata la Svezia, un Paese veramente civile e democratico, non infetto da marxismo. Quando la scrittrice Taslima Nasreen aveva detto che nel Bangladesh le donne sono schiave, era stata minacciata di morte. In questi Paesi, dire che si è schiavi quando ciò è vero, è il motivo più semplice per essere uccisi, addirittura in base a leggi dello Stato.
La Svezia ha fatto un ragionamento semplicissimo. Ha detto: "Se voi l'ammazzate e non la lasciate venire via, da noi non riceverete più nulla".
E' bastato questo avvertimento "materialotto", ma anche spirituale se vogliamo, per lasciarla scappare: è andata a Stoccolma e ha ricevuto il premio.
Noi dobbiamo comportarci allo stesso modo, non fare le figuracce che abbiamo sempre fatto, aiutando i dittatori del Terzo Mondo, della Somalia dell'Etiopia ed altre dell'Africa, dittature criminali all'estremo.
Mandiamo i nostri "soldatini" a farsi ammazzare, e certamente non per la libertà, perché sono popoli che per arrivare ad un'idea appena minimissima di libertà avranno bisogno di un insegnamento secolare.
Ci vorrebbe una televisione globale. Durante l'ultima guerra mondiale c'era Radio Londra che informava; adesso ci vorrebbe una televisione globale per informare i popoli del Terzo Mondo - che per loro grande disgrazia hanno avuto l'indipendenza senza conoscere la libertà e la democrazia - sulla libertà, la democrazia e i diritti umani. Allora sì che faremmo qualcosa di positivo e non di altamente negativo come ha sempre fatto lo Stato verso queste orrende dittature del Terzo Mondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Essendo all'inizio di una tornata di sedute ripetute ed intense in questi giorni di fine legislatura, credo che ogni collega Consigliere regionale debba porsi la necessità di utilizzare uno stile e una razionalità, senza escludere l'esame, l'approfondimento dei temi, ma dimensionando i ritmi e la necessità di produrre il massimo di ricaduta degli strumenti legislativi, in modo da completare un percorso che ha visto in questi ultimi tempi una produzione che realizza ricadute sul territorio in settori particolari.
All'inizio di questa seduta mi era parso di capire che stessero già per iniziare fenomeni ipotetici di ostruzionismo. Mi permetterò di instaurare questo stile attraverso un sintetico intervento su questa legge che ha uno spessore, un significato, una valenza e una filosofia significativi. Sono convinto di questo anche perché ho svolto per anni il ruolo di Assessore con delega alla cooperazione internazionale, occupandomi dei problemi delle fasce deboli, compresi quelli relativi alle migrazioni.
Con questa legge, che ha avuto un percorso lungo anche in sede di Commissione, in sede di confronto ed approfondimento, si sottolinea positivamente che la Regione deve favorire il radicamento di una cultura di pace nella comunità piemontese.
Il relatore collega Foco ha detto che si tratta di non dichiarare il tema della pace solo come un buon sentimento. Così come pace non è sinomino di non guerra, credo giusto che una cultura della pace sia presente nei nostri atteggiamenti, nei nostri atti, soprattutto nelle istituzioni e nella scuola. I suoi presupposti sono - a questo proposito ci siamo mossi anche in sede di riscrittura del testo di legge - il discorso della cooperazione e della solidarietà internazionale.
In questa sintetica valutazione voglio richiamare quello che in particolare a nostro modo di vedere, come Gruppo PPI, sia e debba essere il ruolo della Regione: promuovere, armonizzare e sostenere l'intervento delle forze sociali presenti sul territorio, definendo una propria azione.
Voglio richiamare in senso positivo le novità della legge, cioè l'accorpamento di logiche e filosofie diverse che precedentemente avevano creato le condizioni della legge n. 31/90 e della legge n. 4/82, relativa al Comitato di solidarietà del Consiglio regionale.
Altra novità è l'estensione delle attività di cooperazione ai Paesi dell'est europeo.
Una terza novità è certamente quella che disciplina le attività della Regione in caso di interventi di emergenza in Paesi europei ed extraeuropei.
Un'ulteriore novità positiva credo sia l'istituzione di un Forum in sostituzione delle Consulte e delle Commissioni, superando alcuni momenti che, seppure importanti, avevano rappresentato un elemento di appesantimento all'interno della gestione della legge sulla cooperazione internazionale.
Ecco la filosofia a cui mi sono collegato prima, dicendo che dobbiamo essere presenti sui problemi, ma anche sintetici. In questo dibattito generale ho inteso brevemente esporre la nostra opinione su questo disegno di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, magari mi verrà rimproverato di nuovo qualche peccato di narcisismo e di civetteria, ma devo dire che il nostro Gruppo vota questa legge perché sicuramente contiene degli elementi condivisibili. Tuttavia qualche riflessione va fatta.
Questa legge è proprio una legge ispirata alla cultura della Croce Rossa, di quelli che salvano l'anima...



(Rumori dall'esterno)



MARCHINI Sergio

Questi rumori sono il sottofondo ideale per ricordare ai colleghi da dove mi nasce una certa perplessità. Ieri sera, in un servizio televisivo abbiamo assistito ad una brillantissima manovra coordinata delle truppe della Marina italiana e della Marina americana, con in sottofondo la marcia dei marines, nonché questo stesso rumore. Tale brillante operazione sarà destinata a creare una testa di ponte per consentire alle truppe dell'ONU di ritirarsi, permettendo i massacri in quel Paese. Questo è quanto abbiamo visto ieri sera alla televisione.
Della Cecenia qui non si è parlato: il mondo brucia nella barbarie e noi facciamo la legge sulla Croce Rossa. Questa è la legge sulla Croce Rossa; abbiamo i volontari che vanno a portare il pane o le medicine, ma poiché le tensioni che ci sono in quei Paesi sono la conseguenza del modello di sviluppo provocato da questa nostra civiltà e da questa nostra storia, nessuno si sogna di immaginare che improvvisamente l'Europa ritenga di celebrare il nazismo ad Auschwitz e non nei Paesi dell'ex Jugoslavia.
Celebra il nazismo ad Auschwitz, ma non a Mogadiscio; fa queste cose, ma non si occupa della Cecenia.
Ho quindi l'impressione che questa sia una legge informata dallo spirito della Croce Rossa, e sinceramente non vado oltre: è un po' poco. I nostri nonni mandavano le loro truppe in Crimea, perché si sentivano coinvolti nello scenario internazionale; noi mandiamo i volontari del Sermig.
Mi chiedo se la risposta che l'Europa dà ai problemi del mondo sia storicamente adeguata; attenzione: problemi dei quali è comunque concausa.
Dei problemi del mondo l'Europa non è un fatto estraneo, ma è concausa perché le tensioni che vivono i Paesi che hanno questi tipi di dramma sono conseguenza degli sconvolgimenti che questa nostra Europa ha determinato.
Facciamo pure la legge sulla Croce Rossa, prendiamo pure atto degli atti eroici dei nostri marinai che vanno a creare la testa di ponte che consente alle truppe dell'ONU di ritirarsi: non riuscendo a garantire la civiltà della pace in quel Paese, si permette che riprendano i massacri. E' questo quello a cui assistiamo mentre facciamo le scuole professionali.
Nella Cecenia hanno massacrato la gente, ma noi - per carità! per la Cecenia siamo disponibili a fare un corso di formazione professionale! Mi sembra veramente che la civiltà dei lumi in questo nostro continente si stia spegnendo giorno dopo giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

"Si vis pacem para pacem": è un detto antico, che trova una rispondenza e un'espressione in moltissimi scrittori antichi e moderni; sostanzialmente rispecchia i problemi di sempre, i problemi che l'umanità ha vissuto da sempre e che tragicamente continua a vivere tutt'oggi.
Tuttavia, solo in anni più recenti, in particolare a partire dagli anni tragici della seconda guerra mondiale e sotto l'incubo dello sterminio dell'olocausto nucleare, l'umanità, anzi parte dell'umanità ha incominciato a prendere coscienza in maniera più chiara e un po' meno ingenua dei problemi, delle ambiguità ed anche dei dilemmi che si nascondono dietro una formula sulla quale, a parole, tutti sembrano essere d'accordo.
E' all'inizio degli anni '70 che invece sorge un movimento internazionale di educazione alla pace, nell'ambito del più ampio movimento di ricerca sulla pace. Questo movimento ha fornito ed ha favorito, fornendo elementi, la nascita di numerose esperienze ed ha prodotto numerosi materiali didattici sulla pace; il risultato più significativo di questi studi è dato dalla messa a punto di un'analisi critica di concetti di pace e di educazione, che ha portato alla formazione di un modello di educazione alla pace al quale si fa riferimento per sviluppare la maggior parte dei progetti in questo settore.
Oggi ci troviamo di fronte alla presentazione e alla discussione di una legge regionale sulla pace: è un evento che non può che essere salutato con grande soddisfazione, perché indica - è sicuramente solo un inizio, ma è un inizio importante - la volontà della Regione Piemonte di concorrere con gli strumenti che le sono propri alla risoluzione di problemi di portata così ampia, così generale da coinvolgere l'umanità intera.
Parlare di pace è certamente importante ed è un argomento su cui sembra che tutti possano essere d'accordo; in particolare, quando si affronta uno dei tanti problemi relativi alla pace l'accordo diventa pressoché unanime pressoché totale, se i problemi vengono affrontanti separatamente.
In realtà, credo che una corretta educazione alla pace ed un corretto approccio ad affrontare i temi della pace debba basarsi su tre punti fondamentali: 1) il concetto di educazione al disarmo 2) il rispetto dei diritti umani 3) i problemi del sottosviluppo.
Soltanto coniugando tra loro questi elementi e mettendoli insieme globalmente, possiamo parlare in modo corretto di educazione alla pace.
Trovo abbastanza singolare che nell'ambito di una legge sulla pace non si parli dei problemi degli armamenti e delle conseguenze che questi hanno sul vivere civile e sullo sviluppo della società. Mi rendo conto che questo è un limite oggettivo delle nostre leggi; non è certo colpa di chi tanto e con tanto impegno ha lavorato alla predisposizione di questa legge, se le cose stanno così. Evidentemente occuparsi delle tematiche degli armamenti non rientra nei compiti istituzionali delle Regioni e degli Enti locali: ecco perché vi è questa carenza, che tuttavia esiste.
In questo senso sarebbe stato auspicabile un maggiore impegno, una qualche indicazione in materia di armamenti. Perché? Semplicemente perch credo sia non solo un dovere, ma anche un diritto degli Enti locali, in particolare delle Regioni, fornire idee e concorrere alla formazione di una politica nazionale in materia di disarmo.
A questo proposito, non possiamo dimenticare che proprio nella Regione Piemonte ha sede il primo Comune d'Italia che ha vietato l'installazione di missili e di centrali nucleari sul proprio territorio: il Comune di Robassomero, con proprio atto certamente di non stretta legalità, ha compiuto questa scelta di pace. In allora, il problema della legalità ci fu posto con insistenza; ci venne detto che il nostro comportamento era illegittimo. La nostra tranquilla risposta a chi ci muoveva tale obiezione era: "Cos'è più illegale? Uccidere con armi atomiche - o anche convenzionali - centinaia, migliaia di uomini o assumere una deliberazione decisamente in direzione di una scelta di pace"? I confini tra legalità formale e legalità sostanziale erano estremamente labili e certe obiezioni non potevano esserci rivolte con coerenza.
Da allora nacque in Italia un forte movimento di denuclearizzazione delle città e di intere Regioni; personalmente ne avrei gradito un accenno nel testo di legge.
Sull'onda anche del nostro intervento, ma soprattutto sull'onda assai più tragica e disastrosa dei fatti di Chernobyl, vi fu un referendum che denuclearizzò tutta l'Italia, perlomeno dal punto di vista civile; dal punto di vista militare, purtroppo, non si sortirono grandi effetti, anche se l'impegno dovrebbe essere cogente da parte di tutti. Tutta l'Italia venne quindi denuclearizzata, e da allora il problema si pose in modo sostanzialmente diverso. Ma il senso di quel referendum si tradusse anche in un movimento, composto all'inizio da Comuni spesso di piccolissime dimensioni - non dalle grandi città, che sembrano contenitori vuoti e senz'anima - che rivendicarono il proprio ruolo di autonomia nel delineare precisi indirizzi in politica di disarmo: si arrivò dunque alla creazione di una diffusa cultura di pace (che oggi sembra un po' scemare, nonostante le guerre siano alle porte della nostra Europa).
D'altra parte, i problemi del disarmo vanno coniugati con i problemi del sottosviluppo e del rispetto dei diritti umani; sono elementi essenziali affinché la cultura della pace diventi patrimonio reale di tutti i cittadini e, conseguentemente, parte integrante della politica degli Stati nazionali e affinché la pace si imponga come problema centrale.
Sotto questo aspetto concordo largamente con l'impostazione della legge. Occuparsi di progetti di cooperazione è importante; la volontà è quella, giusta a mio parere, di coniugare gli elementi cui accennavo prima mettendo nella giusta evidenza la necessità di affrontare i problemi del sottosviluppo: Paesi che hanno diritto ad un diverso tipo di sviluppo e Paesi - quelli occidentali che non possono continuare sul tipo di sviluppo finora raggiunto. L'emergere di questi elementi è di indubbia importanza ai fini della risoluzione di queste tematiche. Gli interventi che una Regione può compiere con le forze non numerose di cui dispone sono ovviamente limitati, ma il percorso a mio parere è quello giusto.
Alla legge abbiamo apportato alcuni emendamenti, che certamente non riguardano i grossi temi cui accennavo all'inizio, ma tendenti a porre maggiormente il problema all'attenzione di tutti. La scuola è sicuramente luogo principale dove esperienze di questo genere possono lievitare affinché i cittadini di domani siano consapevoli di avere a disposizione uno strumento di pace importante, che può debellare definitivamente la miseria in cui versa la stragrande parte del mondo e che può fare in modo che la cultura di pace diventi cultura di tutti, affinché il motto "si vis pacem para pacem" possa diventare realtà condizionante in modo positivo lo sviluppo del mondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Quello della pace, senza dubbio, è argomento principe della demagogia quando si vuol fare demagogia, si parla di pace, anche se tutti sanno che le volontà di pace dei singoli, della collettività, dei popoli vanno a "farsi benedire" quando scoppiano le guerre.
I motivi per i quali la pace non c'è non possono certamente essere sanati - così come diceva il collega Marchini con interventi da Croce Rossa. Ma è anche vero che la Croce Rossa è un'istituzione nata proprio in funzione delle guerre; c'è anche la Croce Rossa in funzione della società civile, ma ciò è tutt'altra cosa. L'utilitità della proposta di legge sta negli interventi concreti; tutto il resto sa di politica in genere, con punte notevoli di demagogia.
Ci troviamo di fronte a dati di fatto, e quindi all'ovvietà di chi gode della pace - pro tempore... - come nei Paesi occidentali, ancorquando molti Paesi occidentali come l'Italia abbiano conosciuto momenti di vera guerra interna. Non mancano gli assassini, sia per quanto riguarda la mafia sia per quanto riguarda quanto accaduto dopo il '68.
La guerra la si può avere dietro casa da un momento all'altro: una cultura di pace è quanto di più provvidenziale possa nascere, per esempio attraverso le scuole.
Un punto di riferimento molto concreto di tale proposta di legge è il Forum, che supera i vari Comitati che sino ad ora non hanno dato alcunch di positivo; un Forum rappresentativo della collettività, di persone che tutte insieme fanno piazza, e come tali possono fare più concretamente opinione.
Relativamente a quanto detto sulla pace con riferimento a quanto di latino ci ricordiamo, beh, c'era anche chi diceva: "Preparati alla guerra se vuoi la pace". E' reale che i Romani, preparandosi alla guerra, si preparavano anche alle conquiste; ma come si fa a non sapere che, comunque attraverso ciò che le conquiste del tempo hanno rappresentato, si trattava anche di momenti di pace rotti dai fermenti che all'interno dei popoli conquistati diventavano guerra fra i poveri, così come del resto in questo momento? Sulla denuclearizzazione, argomento test' citato dal Consigliere Adduci, faccio l'esempio eclatante della Sicilia: il Comune di Vittoria (circa 50.000 abitanti), allora governato dai comunisti, venne denuclearizzato, mentre a Comiso - 6 chilometri da Vittoria vennero installati i missili a testata nucleare per ogni evenienza d'attacco bellico.
Comunque, non tutti gli abitanti della provincia di Ragusa ne ebbero a male, perché soltanto in quel modo si poteva evitare di essere attaccati da Gheddafi; ricordo che allora l'attacco minacciato da Gheddafi era cosa molto concreta.
Pertanto la lotta al nuclerare è stata demagogica. Intanto la gran parte dell'energia elettrica che ci occorre siamo costretti a comprarla da altri Paesi. Quindi che ben venga il nucleare, evitando certamente ciò che è accaduto a Chernobyl, dove le conseguenze sono state drammatiche.
Quindi: disarmo, rispetto dei diritti umani, sottosviluppo. Ma quanto della guerra che c'è oggi nel mondo non è proprio in funzione del sottosviluppo? E quanto della guerra che non c'è oggi è in funzione del sovrasviluppo? Purtroppo le velleità della guerra nascono dall'una e dall'altra condizione.
Si è fatto cenno al nazismo e a Hitler, al fatto che se la Germania non si fosse sviluppata e potenziata in quel modo per colpa di quello che accadde quando l'Impero austro-ungarico fu abbattuto dalle rivoluzioni nazionalistiche, certamente non avremmo avuto la efferata seconda guerra mondiale.
Quindi parlare di pace in termini così superficiali, di fronte alla storia e ai pericoli che imcombono e di fronte a quello che accade, è soltanto fare demagogia.
La guerra in Crimea, di cui parlava il Consigliere Marchini, non è altro che la necessità dei Savoia di poter rappresentare qualcosa, per sedersi al tavolo della pace e quindi diventare nazione in funzione di quello che si preparava, ovvero la prima guerra mondiale. Allora i nostri nonni non andavano in Crimea per portare la pace, ma per far valere il corpo dei bersaglieri del generale Lamarmora, per le guerre che portarono l'Italia alla prima guerra mondiale.



PRESIDENTE

La "brumal Novara".



MASARACCHIO Antonino

La "brumal Novara" subì le conseguenze della guerra (è in discussione tutto quello che accadde proprio nella fatidica battaglia di Novara: un gran disastro).



(Interruzione della Presidente del Consiglio)



MASARACCHIO Antonino

Non so perché tutte le volte che intervengo io, o qualche volta di più del necessario, debba essere sollecitato a concludere; capisco che ci sono delle esigenze di fine legislatura, ma non mi pare di dire cose non attinenti; quanto meno interessano me per dimostrare che di cultura se ne può fare mestiere anche in politica.
Sarebbe opportuno stare allo spirito della proposta di legge soprattutto per quanto riguarda l'educazione alla pace delle nuove generazioni, dei ragazzi che vanno a scuola, senza la velleità di supplire a tutte le carenze che ci vengono anche dal mondo occidentale, dalla Comunità europea, da tutti coloro che responsabilmente dovrebbero intervenire per la pace, ma che della guerra ne fanno un gran mestiere poiché la guerra è anche produzione ed economia; siccome è questo, speriamo nel bene, perché il male è sempre dietro la porta.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE NERVIANI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mollo.



MOLLO Francesco

Signor Presidente e colleghi, probabilmente la cultura della pace dovrebbe essere uno dei primi corsi da tenere a tutti i Consiglieri regionali.
Ritengo che questa legge, seppure arrivi a fine legislatura, sia una legge importante, perché va a disciplinare un mondo che con abnegazione sensibilità e sacrificio cerca di dare un minimo di contributi e di attività a questi grandi problemi.
Non vorrei, stando ad alcuni interventi, che questa legge venisse interpretata come la legge che risolve i problemi della pace nel mondo. E' chiaro che l'attività che può svolgere la Regione è un'attività di educazione, di intervento, di aiuto per innescare dei piccoli processi di sviluppo.
Ricordo quando Boumedienne sosteneva che "la diplomazia dei Governi non è quella da privilegiare, perché la diplomazia dei Governi produce la logica della guerra, produce la logica degli interessi"; se non ci fosse questa logica, probabilmente oggi non avremmo tante Somalie, tante Cecenie tante Jugoslavie, tante Albanie, l'Africa che brucia, ecc.
Credo che lo spirito di questa legge debba essere individuato nella possibilità, come diceva Boumedienne, di fare diplomazia dei popoli, cioè mettere in contatto, in relazione i popoli; mettere in relazione le comunità locali per creare quel circuito virtuoso dell'incontro tra le popolazioni, la possibilità di andare ad individuare esigenze locali, di far incontrare anche organizzazioni.
Anche i Comuni, le Regioni, attraverso una serie di interventi, possono favorire quegli interventi che vanno nella direzione che la legge stessa propone. L'Ente locale, la Regione può e deve svolgere il compito di raccordo per mettere in moto alcune iniziative fondamentali che sono appunto quelle della cultura della pace, che non è poco, perché se questa cultura si afferma in una comunità locale e si estende ad altre comunità locali all'intero territorio nazionale e alle altre popolazioni con le quali siamo in rapporto, certamente questo è un grande contributo alla pace.
Mi pare pure giusto avere individuato in questa legge alcuni elementi che possono raccordare le attività che vengono svolte. In effetti, il mondo pullula di iniziative, di associazioni e di comitati. Il rischio che si corre è che purtroppo, spesse volte, tali comitati e associazioni, per poter operare e organizzarsi con interventi concreti, consumano l'80% delle risorse disponibili: quindi a destinazione arriva soltanto il 20%! Se invece si riuscisse a stabilire questo circuito, questo scambio fra le nostre comunità e le comunità locali dei Paesi di intervento, si creerebbe quell'impatto positivo che noi tutti auspichiamo.
Questo ruolo di raccordo della Regione mi sembra indispensabile, come mi sembra indispensabile un ruolo di raccordo anche in altri settori. Per esempio, in Piemonte non riusciamo a far colloquiare le istituzioni nel campo scientifico, e probabilmente ciò accade anche in altre Regioni.
Quindi, occorre far colloquiare tutto ciò che si muove intorno a questa grande problematica.
Inoltre, non bisogna continuare a finanziare ricerche e studi dove ricerche e studi già ci sono, cioè occorre utilizzare le ricerche e gli studi che già esistono; di qui la necessità di raccordare questo mare di informazioni e di dati che sicuramente in Piemonte c'è, a partire dall'Università.
In questa logica e anche attraverso il raccordo con le organizzazioni mondiali, come per esempio la Federazione Mondiale delle Città gemellate attraverso l'Unione Europea, credo che accendere un cerino in questa direzione possa mettere in moto ulteriori risorse che sono disponibili solo la difficoltà o l'incapacità di raccordarsi ha impedito che si producessero questi effetti positivi.
Credo che questa legge sia oltremodo positiva; è una legge che arriva in ritardo proprio perché, nell'impostazione e nella discussione della stessa, si voleva ottenere una legge che andasse nel segno, che riuscisse a coniugare l'esigenza dell'educazione alla pace nelle popolazioni locali con tutte le iniziative, gli studi e le ricerche che già ci sono, nonché i possibili interventi che si possono attuare per produrre gli effetti positivi complessivi di cui parlavo prima. E' una legge sicuramente condivisibile; si tratterà di vedere in concreto come potrà avere un effetto sinergico quanto in essa è enunciato.
Certo, questa legge sembra avere in s' la caratteristica di non far cadere a pioggia contributi che poi non rendono effettivamente quello che ci si aspetta: il risultato che si propone è arrivare a quella grande potenzialità che è rappresentata dall'incontro fra le popolazioni locali del Piemonte e i Paesi con i quali noi ci raccorderemo al fine di orientare le risorse per lo sviluppo di quei Paesi.
Ripeto: non è questa la legge che risolve i problemi dell'Africa o i problemi dei Paesi in guerra, perché non sarebbe "manco" il nostro compito! Una volta sono stato richiamato in questa sede, nel senso che la Regione doveva svolgere un ruolo internazionale. In questo senso andava il mio discorso dell'altra volta, cioè un ruolo di iniziative che possono raccordarci con il mondo. E badate bene: non è solamente un problema di rapporto fra i popoli, è anche un problema di rapporto fra l'intera struttura produttiva, culturale, scientifica del Piemonte che si raccorda con le omologhe istituzioni locali. Quindi, il mio voto sarà favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

La legge in discussione ha sicuramente una serie di aspetti positivi.
Se non erro, in Commissione abbiamo votato a favore e lo rifaremo in questa sede. Provo a menzionare l'elemento essenziale della sua positività e, a futura memoria, ad elencare alcuni elementi che, secondo me, "non vanno molto", nonché a svolgere alcune osservazioni di carattere più generale.
Il disegno di legge "Interventi regionali per la promozione di una cultura ed educazione di pace per la cooperazione e la solidarietà internazionale" è il risultato di un assemblaggio non formale di una serie di leggi e di interventi che dovevano e potevano essere ricondotti ad uno non solo sulla base di formalità lessicali di legge, ma anche e prevalentemente sulla base delle finalità ideali dei principi ispiratori di ordine culturale.
In questo senso la legge ha una caratteristica positiva: introduce fortemente, insieme ad altre leggi preesistenti, l'idea di una cultura, di un'educazione di pace e per la pace, ma riprende questioni (per esempio quella della solidarietà e della cooperazione internazionale, quella degli interventi per l'emergenza, e così via) che hanno già una storia alle spalle.
La legge è positiva, anche se la sua positività viene, molte volte messa in discussione dai nostri incubi lessicali. Infatti, abbiamo costantemente bisogno di introdurre e reintrodurre, dire e ridire riaffermare e rirafforzare concetti ed idee che esprimano il nostro buon cuore e la nostra buona volontà, tralasciando magari di considerare se un impianto, prima di tutto di ordine culturale ed etico e poi anche operativo, è capace di reggere più che alle parole ai fatti.
In questo senso, le osservazioni che si possono fare al disegno di legge sono le seguenti.
L'ordine dei finanziamenti, ancora una volta concessi, così come avveniva per la vecchia legge sulla cooperazione e la solidarietà internazionale, è un ordine del tutto inadeguato non ai problemi della cooperazione nei confronti del Terzo Mondo, ma alle parole e agli orizzonti che si vogliono definire.
Questa è una questione di ordine generale, per cui bisogna farsi seriamente carico di un impegno obiettivo attorno alle leggi che decidiamo di proporre. In questo caso, è un impegno di finanziamento, che continua a restare molto basso. Al di là dei carichi che i singoli Assessorati hanno per progetti settoriali, il finanziamento ammonta a 200 milioni: mi sembra una formidabile miseria.
Infine, per ribadire come la questione vada molto al di là delle nostre formulazioni verbali, vorrei chiarire che il disegno di legge, a suo modo richiama questioni di ordine generale che ci riportano direttamente in Europa.
Il collega Marchini sentiva "puzza" di legge da Croce Rossa in questo disegno di legge. Io non sono d'accordo, ma credo che, al di là di tutto forse non c'è neanche coscienza su questi problemi e che dovremmo farcela interamente.
L'Europa ha alcune questioni da difendere, e quando noi, a pie' sospinto, continuiamo a dire: "Andiamo in Europa e non perdiamo il treno dell'Europa", dovremmo smettere di pensare di limitare questo treno alle pure questioni monetarie e dello SME, ma assumere i capisaldi politici culturali ed ideali in difesa dei valori essenziali dell'Europa. Tra questi rientrano la conoscenza e il fare propria una storia difficilissima e durissima caratterizzatasi in Europa in questi cento anni, dalla quale si è usciti con dei vincoli di cultura, oltre che di storia, di insegnamento, di valore etico, ideale e morale che non si possono n' paragonare o mettere in gioco rispetto alla Bosnia o alla Somalia n' considerare passati.
Credo quindi che sia giusto celebrare continuamente le nefandezze e la vittoria sul nazismo a Mauthausen, perché non rappresentano solo un ricordo puro e semplice, ma sono un valore essenziale.
E' stranissimo come, nel predisporre la futura legge sulla formazione professionale e sulle sue modifiche, si sia partiti dal fatto che l'Europa e la CEE abbiano dato una serie di indicazioni, e poi si siano dimenticate le indicazioni essenziali, che quindi non dovrebbero valere anche in altri contesti.
In merito alla proposta del Parlamento e del Consiglio europeo di istituire "l'Anno Europeo dell'Istruzione e della Formazione", il Comitato delle Regioni richiama alcune questioni che sono il cardine della cultura europea, che va difesa ad oltranza in quanto ora è messa formidabilmente in discussione. In Europa l'hanno capito; spero lo capiremo fino in fondo anche noi, perché in questo modo capiremo anche le ragioni di una legge forse non interamente ben fatta e ben finanziata, ma che comunque pu ispirarsi a questi principi.
Ad un certo punto, nella legge si dice: "L'istruzione e la formazione dovrebbero permettere lo sviluppo personale di ciascun individuo e dovrebbero trasmettere a ciascuno i valori fondamentali della vita privata sociale e collettiva e della democrazia come la solidarietà, la tolleranza il rispetto per le culture diverse dalla propria". Andando avanti, nella legge si indicano le iniziative per la formazione professionale: "Iniziative per la formazione culturale e democratica dei bambini e dei giovani". A tal fine, si può concepire quanto segue: "Far rivivere l'arte del racconto, facendo intervenire persone anziane nelle scuole, incaricati di raccontare vecchie leggende o ricordi della seconda guerra mondiale con diretto riferimento ai problemi attuali di razzismo e di xenofobia tradurre una videocassetta europea con racconti di anziani ad uso dell'insegnamento scolastico in tutta Europa".
Oggi la cultura democratica e liberale dell'Europa è messa in discussione nel mondo. Dal liberalismo sulle videocassette e le produzioni cosiddette di informazione televisiva, quello è il caposaldo sul quale l'Europa può esistere e resistere. In quel caposaldo gli elementi della pace, della cooperazione, della tolleranza, della comprensione dei diversi sono decisivi. Su questo aspetto, forse, il disegno di legge - non dico che pecchi, perché facciamo quello che siamo capaci di fare poteva prenderla un po' più alla grande.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

Volevo brevemente dare il mio contributo rispetto al testo della proposta di legge.
Ritengo complessivamente positivo il fatto che il tema del modello di sviluppo e di solidarietà, così come illustrato nel testo, si coniughi con quello della pace per modificare e rendere più giusto lo sviluppo e la vita economica ed internazionale attraverso la cooperazione. Sotto questo aspetto, è molto positivo che una legge unica colga, sottolinei e promuova l'interazione tra modello di sviluppo e attività di pace, anche perché gli ideali della giustizia e della pace oggi, come tutti ben sappiamo, sono gravemente dissociati nell'organizzazione internazionale. Ricordo che l'organizzazione internazionale è quella che nel 1945 ha istituito l'ONU affidandole compiti che però sono stati largamente disattesi per volontà delle maggiori potenze.
Nella sostanza, questa proposta mi pare un segnale più che positivo soprattutto in questo momento estremamente drammatico, in cui anche nella civiltà italiana è presente una tendenza in senso divisore: dovunque c'è divisione, negli animi e nelle menti.
E' importante che una Regione compia un atto di questo genere, aperto al mondo, quindi pacifico nel senso letterale della parola di costruttore di pace. In questo il Piemonte può davvero costruire qualcosa - come peraltro hanno fatto altre Regioni quali il Veneto - esercitando la sua funzione di ponte non soltanto verso l'Europa, ma anche verso il Mediterraneo, come dimostra la diffusa presenza di immigrati nella nostra Regione.
E' un'occasione formidabile, colleghi, pur con le grosse difficoltà e i limiti esistenti; è un'occasione formidabile definire queste cose, per porre una reale alternativa ad un tipo di regionalismo egoistico e meschino che fa riferimento solo alle tasche.
E' un'iniziativa che ha un grande significato e che va senz'altro incoraggiata, per porre un'alternativa all'imbarbarimento della politica cui assistiamo quotidianamente e all'aggressione della Costituzione, che ha comunque un valore di pace.
Le conclusioni di oggi sono tuttavia molto diverse da quelle alle quali si era pervenuti il 13 luglio 1993; in quella data, sul progetto di legge vi era stata una larga soddisfazione dei consultati, pur fra le tante osservazioni. Allora la valutazione complessiva era largamente positiva quella di oggi, invece, l'ho sentita largamente criticata, in particolare da parte delle associazioni che hanno interesse allo sviluppo della cultura di pace perché interna ai loro obiettivi statutari.
Dal punto di vista della cultura di pace, si può anche dire (come ho sentito in questi giorni): "Meglio questo che niente". Mi pare infatti che l'alternativa a questa legge sia il niente.
La Commissione e il Consiglio regionale non possono dire di aver avuto oggi l'avallo felice dei consultati il 26 ottobre 1994, come invece avvenne il 13 luglio 1993.
Ribadisco che, pur presentando degli aspetti positivi ed interessanti questa proposta di legge sottende alcuni punti qualificanti della legge n.
31 del 1990; innanzitutto la Commissione tecnica per la cooperazione allo sviluppo, che mi pare abbia lavorato bene e che non viene più riconosciuta come un elemento importante.
Ciò che mi pare però importante sottolineare sono gli aspetti che si riferiscono alle donne. Dei vari punti qualificanti che erano stati illustrati e richiesti nel 1993 nel corso delle consultazioni, mi pare che rimangano solo le enunciazioni riportate nelle finalità: tutto questo avviene proprio nel 1995, anno internazionale della donna, anno della IV Conferenza internazionale delle Nazioni Unite per le donne e del parallelo Forum delle organizzazioni non governative delle donne, che si terranno a Pechino nei prossimi mesi di agosto e settembre.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame del relativo articolato.
Invito i colleghi Consiglieri a rientrare in aula: se non avviene il rientro immediato dei colleghi, non possiamo procedere.
Ha chiesto la parola la Consigliera Pozzo; ne ha facoltà.



POZZO Carolina

Presidente, visto che sono presenti in aula pochissimi Consiglieri della maggioranza, chiedo l'appello nominale sull'art. 1.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

Invito i colleghi a prendere posto in aula.
Procediamo con l'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.



POZZO Carolina

Io però avevo richiesto l'appello nominale.



PRESIDENTE

Ci sono altri Consiglieri che si associano?



RABELLINO Renzo

Io.



PRESIDENTE

Va bene, procediamo con l'appello nominale sull'art. 1, ma non possiamo farlo su tutti gli articoli; questo non è un problema di maggioranza: è una legge di Consiglio.



(Interruzione della Consigliera Pozzo)



PRESIDENTE

Non vedo perché occorra fare l'appello nominale su ogni articolo.
Posso capire la richiesta di una verifica "una tantum", ma se si tratta di ostruzionismo, diciamocelo chiaro! Abbiamo un programma da rispettare. Ripeto: l'appello nominale sull'art. 1 possiamo anche farlo, ma se i Consiglieri si fermano in aula non vedo alcuna ragione per farlo su ogni articolo! Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, io non sono d'accordo a chiedere l'appello nominale, per il diritto dei Consiglieri di richiederlo non può essere negato!



PRESIDENTE

Il diritto non è negato da nessuno!



CHIEZZI Giuseppe

Se i Consiglieri, anche senza motivarlo, ritengono di richiedere l'appello nominale...



PRESIDENTE

Sì, ma c'è un'indicazione della Presidenza relativamente al fatto che si tratta di una legge consiliare; se esiste la preoccupazione che non ci siano i colleghi Consiglieri in aula.., i quali continuano a parlare di tutt'altro... Posso avere un minuto di attenzione? Scusate, questo non pu essere il posto dove la Presidenza deve urlare permanentemente per essere sentita! Abbiate pazienza! Dunque: se avete avuto la sensazione che gran parte dei colleghi fossero fuori aula, facciamo pure l'appello nominale per verificare quanti sono i presenti, ma solo su un articolo. Ritengo che non vi sia alcuna ragione di procedere all'appello nominale su tutti gli articoli, per i quali si prevede invece che possa essere fatta la votazione per alzata di mano. Con ciò, pregando i Consiglieri di restare in aula. E' chiaro che se i Consiglieri escono, altri colleghi, sempre presenti, possono chiedere l'appello nominale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini; ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signora Presidente, faccio una dichiarazione valida, per me e per il collega del Gruppo, per le restanti giornate del Consiglio regionale.
Non ci accodiamo n' condividiamo alcuna iniziativa per certi versi tendente a sottolineare, ritardare, rendere difficile i lavori di Consiglio.
Questo primo passaggio, anche se formalmente ineccepibile, è indicativo di un certo clima. Noi, ovviamente, aderiamo alla decisione della Presidenza e chiediamo che la stessa sia messa nelle condizioni di condurre il lavoro di queste ultime sedute di Consiglio nel modo più produttivo proficuo e trasparente possibile.
Chiederei ai Gruppi non di fare come abbiamo deciso io e il collega ovvero di non porre alcun tipo di questione che non sia ovviamente di ordine politico, se si porrà, ma di permettere di proseguire i lavori del Consiglio. Se cominciamo sulla prima legge...



PRESIDENTE

Sul primo articolo...



MARCHINI Sergio

...con una situazione del genere, ho l'impressione che non facciamo un buon servizio n' alle istituzioni n' alla nostra storia personale e politica.



PRESIDENTE

Ringrazio sentitamente il collega Marchini; pregherei però i colleghi di non avviare un dibattito sulla questione... Alla Conferenza dei Capigruppo ho pregato i Consiglieri di essere presenti e seduti possibilmente, in aula. E' chiaro che se i colleghi non ci sono, quei pochi che restano in aula hanno la sensazione di doversi sobbarcare tutto il lavoro della presenza e del dibattito; pertanto, si possono creare delle tensioni, che invece potremmo evitare, nello spirito richiamato dal Consigliere Marchini, nelle sei sedute che rimangono. Ci lasceremmo anche in maniera più serena: personalmente vedo le cose da questo punto di vista che non mi pare questione da poco.
La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

Grazie, Presidente.
Faccio presente che ho chiesto l'appello nominale perché così mi viene data facoltà dal Regolamento.



PRESIDENTE

Ma nessuno gliela nega, tesoro mio!



POZZO Carolina

Dicevo, così mi viene data facoltà dall'art. 52, comma secondo, del Regolamento. Non devo motivare le ragioni; infatti, il comma secondo all'ultimo capoverso, recita: "Il Presidente deve comunque procedere all'appello nominale quando un Consigliere lo richiede".



PRESIDENTE

Sono cinque anni che guardo il Regolamento!



POZZO Carolina

Certo, Presidente, sono sicura che lei lo conosca! Però quando ho richiesto l'appello nominale, lei è intervenuta dicendo che non potevo richiederlo solo io. Mi pare invece che il Regolamento sia chiaro, in questo senso.



PRESIDENTE

L'appello nominale deve essere richiesto da tre Consiglieri, visto che lei non è Capogruppo.



POZZO Carolina

Però qui non c'è scritto "Capogruppo"; c'è scritto "se lo richiede un Consigliere": art. 52, comma secondo, del Regolamento aggiornato al 27/7/1994.



PRESIDENTE

Devono richiederlo tre Consiglieri...



POZZO Carolina

Io leggo quanto c'è scritto sul Regolamento...



PRESIDENTE

Allora lo legga meglio, abbia pazienza! L'ha chiesto, le è stato accordato: adesso basta! Diversamente, non andiamo più avanti!



POZZO Carolina

Volevo precisare che il mio non è un atto ostruzionistico, ma semplicemente un atto teso a richiedere alla maggioranza di essere presente. Non mi pare corretto che la maggioranza si appoggi alla presenza dei Consiglieri di minoranza, che responsabilmente sono in aula!



PRESIDENTE

La Presidente si era già permessa di dire quanto ribadito dalla Consigliera Pozzo: è evidente che i Consiglieri devono stare in aula soprattutto quelli di maggioranza.
Questa la motivazione per la quale mi sono permessa di dire che è vero che i Consiglieri possono chiedere l'appello nominale, ma è peraltro vero che lo stesso deve, in qualche modo, trovare delle ragioni.
Detto questo, è evidente che facilita questo rapporto di fine legislatura il fatto che i Consiglieri stiano in aula, se lo ritengono: io non li posso obbligare! Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 39 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 voti favorevoli 39 astensioni 4.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 voti favorevoli 39 astensioni 4.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Foco, Adduci e Peano: all'art. 4, comma secondo, la parola "specie" è sostituita dalle parole "in particolare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 43 voti favorevoli e 4 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 4 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 47 voti favorevoli 43 astensioni 4.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 2) Emendamento presentato dai Consiglieri Foco, Adduci, Monticelli e Peano: il testo dell'art. 5 è soppresso e così sostituito: "1. La Regione promuove, realizza e sostiene iniziative e manifestazioni finalizzate a sensibilizzare la comunità regionale, ed in particolare il mondo giovanile, ai temi della pace e dei suoi presupposti.
2. La Regione assume iniziative dirette a favorire la nascita e lo sviluppo di una cultura di pace nella scuola.
3. A tal fine, nell'ambito delle tematiche e delle priorità definite con le direttive di carattere programmatico di cui al successivo art. 8, la Giunta regionale predispone un piano annuale per armonizzare e raccordare le proprie attività dirette e le iniziative promosse ai sensi dell'art. 3, comma secondo, lettera b).
4. Nell'ambito di tali attività, potranno essere previsti, secondo le disposizioni impartite dalla vigente normativa nazionale e comunitaria scambi giovanili, viaggi e soggiorni residenziali di conoscenza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli e 6 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 5 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 voti favorevoli 31 astensioni 6.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 3) Emendamento presentato dai Consiglieri Foco, Adduci e Peano: all'art. 6, aggiungere il comma secondo: "2. La Giunta regionale, d'intesa con le autorità competenti sostiene altresì attività di aggiornamento degli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, in materia di pedagogia e didattica della pace, di gestione e risoluzione non violenta dei conflitti quotidiani".
La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Esprimo il voto contrario, nel presupposto che i docenti nella scuola non abbiamo alcun interesse a non educare i loro allievi alla pace.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 6 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 voti favorevoli 37 astensioni 3.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 4) Emendamento presentato dai Consiglieri Vetrino, Foco e Bortolin: all'art. 12, comma terzo, aggiungere le parole "con rispetto della rappresentanza di ambedue i sessi".
La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Rispetto al vangelo del Presidente della Repubblica Scalfaro, per il quale, a proposito di quanto è stato detto, scritto e quindi ordinato nella legge per le elezioni del rinnovo dei Consigli regionali, è scandaloso che si differenzi così il rapporto fra uomo e donna.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 32 voti favorevoli, 4 contrari e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 12 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 29 astensioni 9.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 5) Emendamento presentato dai Consiglieri Vetrino, Foco e Bortolin: all'art. 13, comma quarto, riga 1, le parole "facenti parte del Forum" sono sostituite dalle parole "di cui al comma secondo".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli e 5 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 13 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 voti favorevoli 36 astensioni 2.
L'art. 13 è approvato.
ART. 14 6) Emendamento presentato dai Consiglieri Monticelli, Peano e Foco: il comma sesto dell'art. 14 è soppresso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 27 voti favorevoli e 6 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 14 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 voti favorevoli 30 astensioni 6.
L'art. 14 è approvato.
ART. 15 7) Emendamento presentato dai Consiglieri Foco, Peano e Bortolin: all'art. 15, comma secondo, dopo le parole "L.R. n. 31/90", sono aggiunte le parole "e quelli in corso di realizzazione ai sensi della L.R.
n. 4 del 28/1/1982".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli e 5 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 15 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 26 astensioni 5.
L'art. 15 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 39 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Province - Comuni - Circoscrizioni comunali

Esame progetto di legge n. 612: "Modificazioni alla L.R. 2/12/1992, n. 51 'Disposizioni in materia di Circoscrizioni comunali, unioni e fusioni di Comuni, Circoscrizioni provinciali'"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 10) all'o.d.g., che prevede l'esame del progetto di legge n. 612.
Relatore è il Consigliere Cantore, che ha facoltà di intervenire.



CANTORE Daniele, relatore

Dò per letta la relazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri recita: "Illustre Presidente, colleghi Consiglieri, la legge 8/6/1990 n. 142 ha riconosciuto ai Comuni l'autonomia statutaria, disciplinandone i contenuti nel Capo II, ed espressamente ricordando nel Capo III che negli Statuti debbono essere previste forme di consultazione della popolazione, fra cui i referendum consultivi.
Di conseguenza, le Amministrazioni comunali interessate ad un procedimento modificativo della loro realtà territoriale (istituzione di nuovi Comuni, anche mediante fusione, modificazione di confini) o ad un cambiamento di denominazione, data la rilevanza della decisione, possono decidere di consultare preliminarmente la cittadinanza indicendo i referendum consultivi previsti dallo Statuto.
La Regione, chiamata a sentire le popolazioni interessate ai sensi dell'art. 133 Costituzione, prima di procedere con propria legge ad effettuare le modifiche di cui sopra, può dunque trovarsi di fronte ad una consultazione delle popolazioni stesse, già effettuata formalmente con referendum consultivo ai sensi della legge n. 142/90 e degli Statuti e Regolamenti comunali sullo stesso argomento.
Risultando con ciò già rispettato il dettato costituzionale, dati i costi elevati, in termini finanziari ed organizzativi, dei referendum consultivi, valutando non corretto chiamare due volte alle urne i cittadini sullo stesso problema, si reputa opportuno introdurre, nella legge regionale che disciplina la materia delle Circoscrizioni comunali, la possibilità per la Regione di assumere i risultati dei referendum eventualmente già effettuati dai Comuni interessati nei termini sopra riportati in sostituzione di quelli derivati da un referendum consultivo indetto dalla Regione stessa".



PRESIDENTE

Non essendovi richieste di parola, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 voti favorevoli 31 astensioni 6.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 voti favorevoli 31 astensioni 6.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 voti favorevoli 31 astensioni 6.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 35 Consiglieri si sono astenuti 5 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame progetto di legge n. 578: "Formazione dei Distretti agroindustriali ed istituzione del Distretto vino del Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 11) all'o.d.g., che prevede l'esame del progetto di legge n. 578.
La parola al relatore, Consigliere Foco.



FOCO Andrea, relatore

E' un testo ampiamente discusso in III Commissione e passato all'unanimità. Da una prima discussione che affrontava solo il Distretto del vino, si è pensato di fare una legge più complessiva che affrontasse il discorso dei distretti per quanto riguarda l'aspetto di particolarità.
Il disegno di legge n. 578 "Formazione dei Distretti agroindustriali ed istituzione del Distretto vino del Piemonte", proposto in questa seduta all'approvazione del Consiglio regionale, va letto in collegamento con la legge "Interventi per lo sviluppo del sistema agroindustriale piemontese" approvata in data 15 febbraio u.s., in quanto ne costituisce la naturale evoluzione.
In particolare, si deve a tale legge la definizione di Distretto agroindustriale (cfr, l'art. 2, che al comma terzo recita testualmente: "I Distretti agroindustriali sono sistemi territoriali caratterizzati dalla presenza consistente di una produzione agricola specializzata e da una rilevante integrazione con le attività di trasformazione e con le altre componenti della filiera") e di Piano di distretto, considerato come articolazione dei Piani di settore (cfr, l'art. 3, comma terzo).
Ora, il presente disegno di legge al Capo II, ripresa in toto la nozione di Distretto agroindustriale della legge sull'agroindustria approfondisce il concetto di distretto e specifica i contenuti del Piano di distretto.
All'art. 2, comma primo, afferma che i "Distretti costituiscono il riferimento per l'insieme delle politiche di sviluppo integrato dei relativi territori" e norma, all'art. 4, i contenuti dei Piani di distretto, che sono riferiti ai principali prodotti agricoli piemontesi.
Infine, l'art. 5 individua nei Consorzi interprofessionali strumenti importanti per l'attuazione degli interventi individuati all'interno dei Piani di distretto.
In base a quanto disciplinato dal Capo II del disegno di legge, va letto il Capo III della legge riguardante l'istituzione del Distretto vino che rappresenta il primo passo compiuto della Regione verso l'individuazione di un Distretto agroindustriale.
La definizione di Distretto vino fornita dall'art. 6 del disegno di legge - "Il Distretto vino è un sistema di territori ciascuno dei quali presenta uno specifico modello di sviluppo caratterizzato anche da un sistema di relazioni fra la coltivazione della vite, la produzione del vino, l'enogastronomia, i fenomeni socio-culturali, le tradizioni, il paesaggio e le risorse ambientali" - chiarisce le motivazioni di fondo dell'istituzione del Distretto vino. In sostanza l'idea della "Istituzione del Distretto vino del Piemonte" è nata dalla constatazione che ragioni diverse, fra le quali: la capacità-possibilità di molte agricolture, specie collinari, di svolgere al contempo un importante ruolo economico ed un'insostituibile funzione di conservazione e gestione dello spazio rurale e del paesaggio la saturazione ma anche la qualificazione di molti consumi profonde modifiche dal lato della domanda e dell'offerta di servizi turistici hanno, da un lato, prospettato una concezione diversa dello sviluppo delle zone rurali, che considera il tessuto socio-economico complessivo di tali territori ed i rapporti di questo con l'insieme delle risorse presenti (ambientali, storiche e culturali), e dall'altra, per quanto qui interessa stanno portando ad un profondo mutamento del modo di intendere il "prodotto" vino. Quest'ultimo, oltre ad essere, secondo i casi, piacere allegria, buon umore, ecc., appare anche simbolo di uno stretto legame con la natura, con la terra, con la campagna e la storia della campagna in generale: da ciò scaturisce la spinta all'approfondimento della conoscenza della complessa cultura dei territori di origine. In effetti, a livello internazionale, italiano ed anche in una notevole quota di cittadini piemontesi si sta consolidando una domanda di fruizione turistica mirata alla visita ed alla conoscenza anche minuziosa dei luoghi e dei prodotti di origine dei prodotti agroalimentari più graditi e particolarmente del vino (dei vini).
La nostra Regione presenta nelle aree destinate alla coltura della vite caratteristiche morfologiche, produttive, paesaggistiche e storico culturali tali da risultare particolarmente avvantaggiata da questo fenomeno di costume, che gli esperti ritengono soltanto all'inizio della sua manifestazione e che pertanto richiede di essere analizzato, sostenuto e valorizzato.
L'ambito territoriale del Distretto vino è individuato (ai sensi dell'art. 7, comma primo) dal Piano di distretto, che è riportato nell'allegato A del disegno di legge e che è riferito al periodo 1995/1999.
L'art. 7 dispone inoltre che la Giunta regionale può individuare all'interno del Distretto vino, ambiti territoriali a ciascuno dei quali può essere attribuito convenzionalmente il nome di "Vigneto" o di "Granvigneto", termine quest'ultimo che qualora utilizzato è depositato e registrato dalla Regione per tutelarne l'uso.
Il Piano di distretto ha carattere intersettoriale e definisce (cfr l'art. 8, comma secondo) un insieme di obiettivi e strumenti miranti fra l'altro: alla qualificazione delle risorse umane impegnate professionalmente nella promozione dei vini e di altri prodotti agroalimentari nell'informazione dei consumatori e dei turisti allo sviluppo di una cultura integrata fra enogastronomia, scienza e letteratura alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio viticolo e dell'ambiente collinare alla realizzazione di manifestazioni di carattere culturale, tecnico e mercantile, di centri di servizio per gli operatori economici, alla rivitalizzazione delle enoteche regionali, al recupero del patrimonio del folclore e delle tradizioni rurali, ecc.
L'art. 9 precisa documenti ed iter di approvazione del Piano di Distretto vino, mentre l'art. 10 dispone che il Piano di distretto sia attuato attraverso Programmi operativi annuali. Per il 1995 il Programma operativo annuale è approvato dalla Giunta regionale entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge e costituirà un importante momento per l'individuazione dei primi interventi.
L'art. 11 del disegno di legge istituisce un Comitato del Piano di distretto vino formato dall'Assessore all'agricoltura e dagli altri Assessori competenti, da rappresentanti delle Province, dei Comuni dell'Unione delle Camere di Commercio, dei soggetti della filiera vitivinicola, del turismo, ecc. Il significato di tale Comitato appare chiaro: gli interventi del Piano debbono trovare attuazione a fronte di uno stretto rapporto tra pubblico e privato.
Al tema della partecipazione degli Enti locali, delle rappresentanze degli agricoltori e degli altri operatori della filiera vitivinicola, del settore turistico, ecc., è dedicato l'art. 12, istitutivo della Conferenza del Piano di distretto che prevede la presenza dei soggetti pubblici e privati di cui si è detto. La Conferenza è convocata annualmente per la formulazione di indirizzi per lo sviluppo del Piano e per l'indicazione di proposte per i Programmi operativi annuali.
L'art. 13 dispone che il finanziamento del Piano di distretto pu basarsi su risorse finanziarie di provenienza comunitaria, nazionale e regionale degli Enti locali, nonché su contributi dei privati. A fronte di un importo totale dei costi prevedibili del triennio 1995/1997 pari ad oltre 15 miliardi di lire, l'onere a carico della Regione è quantificato in 10.600 milioni di lire (3.400 milioni di lire per l'anno 1995, 4.000 milioni di lire per l'anno 1996 e 3.200 milioni di lire per l'anno 1997) di cui 4.300 milioni di lire da reperirsi per interventi già previsti dalla legislazione regionale vigente sugli stanziamenti ordinari dei relativi capitoli e gli altri 6.300 milioni di lire su capitoli di nuova iscrizione.
L'allegato A contiene il Piano di distretto vino. Esso ne individua l'ambito territoriale nell'insieme delle aree corrispondenti alle zone di produzione delle uve di almeno uno dei vini a DOC e DOCG del Piemonte. Tale zona, in cui risiedono circa 900 mila persone, è incentrata sulle colline delle Langhe, dei Roeri e del Monferrato e comprende inoltre le altre aree viticole piemontesi (Gavi, i colli tortonesi, le colline novaresi e vercellesi, il canavese, Carema e le colline torinesi). In essa viene prodotto il 95% delle uve da vino piemontesi e sono situate 10 enoteche regionali e 15 botteghe del vino istituite ai sensi della L.R. n. 37/80.
Nell'area del Distretto vino opera quasi il 20% degli esercizi alberghieri ed extra-alberghieri piemontesi e oltre la metà degli esercizi agrituristici. In tale area, infine, sono presenti quasi la metà dei castelli del Piemonte e un'elevata percentuale delle torri, delle chiese dei resti di città romane e dei centri storici di particolare interesse urbanistico.
Il Piano di distretto vino presenta una serie di obiettivi raggruppabili nelle seguenti categorie: 1) qualificazione delle risorse umane e coinvolgimento corresponsabilizzazione della popolazione locale 2) miglioramento dei servizi alle imprese 3) promozione ed adeguamento dell'offerta turistica 4) riqualificazione urbanistico-architettonica e paesaggistica del territorio 5) stimolo alla ricerca e sviluppo 6) animazione del territorio.
Per ciascuno dei citati obiettivi il Piano individua una serie di strumenti, che è compito dei Programmi operativi annuali tradurre in interventi. Per tale passaggio logico il Piano fornisce una serie di criteri (stato e qualità delle risorse, presenza nel territorio di strutture e professionalità idonee agli scopi, disponibilità di Enti locali ed altri operatori pubblici e privati, risorse finanziarie attivabili ecc.).
Il Piano, infine, provvede ad una ripartizione negli anni 1995, 1996 e 1997 e secondo le diverse categorie di obiettivi in precedenza citati, dei costi totali previsti e dei costi a carico della Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Su questa legge ci asterremo perché, pur capendone l'importanza, non riusciamo a comprendere non i meccanismi procedurali, ma l'evolvere delle concretizzazioni per il governo delle questioni più generali dell'agroindustria e di tutte le interconnessioni che hanno fatto parte dell'impianto della legge.
La formazione dei Distretti agroindustriali può essere una scelta non solo corretta, ma anche utile ai fini di una migliore razionalizzazione delle risorse e della riqualificazione complessiva. Può essere considerata anche come un'ipotesi di rilancio di una serie di aree e di produzioni agricole.
Le cose però avvengono come il gambero, nel senso che la formazione dei Distretti agroindustriali poteva e doveva essere più direttamente legata ed agganciata alla legge sull'agroindustria (era solo più corretto formalmente); probabilmente era anche possibile definire l'ordine delle interconnessioni e dunque anche dei ruoli e del governo programmato di tutto questo in modo diverso.
Le cose si fanno anche sotto la pressione dell'urgenza dei tempi, e questo non può cancellare indiscutibilmente il portato positivo (o almeno il tentativo). Certo si creano alcune situazioni che io considero contraddittorie non solo dal punto di vista della formazione delle leggi ma anche del merito, della sostanza: giustamente con questo disegno di legge si indicano le ragioni, le strumentazioni, le finalità per quanto riguarda la formazione di distretti agroindustriali; con legge approviamo l'istituzione del Distretto del vino, ma rimandiamo a delle semplici deliberazioni l'istituzione di tutti gli altri distretti.
E' vero che in Piemonte il Distretto del vino, per le sue tante interrelazioni anche culturai con grandi aree del territorio, è quello che più si presta non solo a fare da capofila, ma ad essere quello obiettivamente più dimensionato ed importante; ciò però non toglie che questa differenziazione, francamente non molto giustificata, sia più dettata dalle urgenze dei tempi che non da un'effettiva esigenza di sistemare bene le singole cose e i singoli pezzi del ragionamento.
Ci sono veramente un sacco di cose che andrebbero sistemate e risistemate in via definitiva; mi rendo conto che non sono questi i tempi e mi rendo anche conto che certe sistemazioni sono, almeno secondo il mio giudizio, riformatrici in senso del tutto strutturale, per cui complicate.
Vorrei, ad esempio, richiamarne una, perché è una cosa che continuo sempre più a non capire. Anche qui si fa riferimento, per una serie di cose, a momenti, ad individuazione di soggetti, e così via, per formazione e riqualificazione professionale; tra qualche ora o qualche giorno discuteremo della formazione professionale in termini cosiddetti di riforma: non capisco le ragioni per le quali dentro una riforma concettuale culturale della formazione professionale - se così è o se così fosse, io ne dubito formidabilmente - continuiamo a mantenere separata dal resto l'agricoltura.
Ci sono sì delle specificità e delle specificazioni, ma è indubbio, è ormai emergente che l'ordine di ammodernamento, ad esempio di tutto il comparto agricolo, con tutte le sue interconnessioni agroindustriali e così via, propone ormai tutta una serie di nuovi bisogni e di nuove figure tutte da costruire dal punto di vista della formazione professionale.
Mi riferisco alle professionalità che la stessa Regione, l'IRES in particolare, strumento utilissimo, da tempo individua e fornisce, ma che non vengono mai assunte n' da una parte n' dall'altra; a quelle professionalità in agricoltura, ormai incrociate per le connessioni strettissime che derivano dal rapporto e dalla volontà di costruire un grande impianto agroindustriale; a quelle professionalità di ordine incrociato, che nascono dall'esigenza e dall'affermazione di fare dell'agricoltura uno strumento modernissimo, capace di stare in Europa, con tutte le interconnessioni con il credito, con il sistema bancario, e così via.
Sono figure che noi non possiamo continuamente pensare, da un lato, di sciogliere come impegno regionale (vedi l'ipotesi di riforma della formazione professionale) e, dall'altro, in agricoltura, pensare che in continuazione vengano ancora svolte più o meno - forse la dico un po' male ma è per intenderci dagli Assessorati e dai funzionari dell'Assessorato.
Mi rendo conto che tale questione non è inseribile direttamente nel Distretto del vino e nel discorso dei Distretti agroindustriali, ma poich dovunque - c'era già nella legge sull'agroindustria ed è ripetuta qui - la questione della formazione di nuovi livelli professionali che sanciscano questo ricollegamento ambientale, turistico, paesaggistico, produttivo culturale, ecc, del vino, richiede obiettivamente figure nuove e i processi di riqualificazione vengono enunciati ma non definiti, chiederei - vado contro la logica dei tempi - se sul serio si vuol parlare di riforma, che se ne parli facendo delle riforme reali, cioè mutando le ragioni di un sistema complessivamente; in questo caso, ma a puro titolo di esemplificazione, la questione della formazione professionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Intervengo semplicemente per segnalare il disagio che ha già ben segnalato il collega Bosio: il disagio a lavorare in un clima così forsennato.
Anch'io avevo segnalato in Commissione - e lo riprendo oggi la discrepanza tra la legge sull'agroindustria e questa legge così come modificata in Commissione. Ad un certo momento non riuscivamo più a comprendere se la volontà del governo regionale fosse una pianificazione per settori o una pianificazione per distretti; vero è che dalle consultazioni con i soggetti del mondo agricolo piemontese arrivava forte la richiesta di ragionare in termini di distretti piuttosto che in termini di settori.
Questa legge recepisce tale richiesta, ma in un certo senso entra in dissonanza con la legge sull'agroindustria che abbiamo approvato poco fa e di cui è già arrivata un'approvazione da parte del Commissario di Governo.
Comprendo la maturazione che può essere avvenuta nel governo regionale in campo di pianificazione; è, se vogliamo, una maturazione molto rapida determinata da considerazioni serie provenienti dal mondo agricolo piemontese; non comprendo piuttosto perché non si sia riusciti ad ottenere una migliore legislazione, quindi una migliore compilazione già della legge sull'agroindustria. Essere dovuti ricorrere a questa legge per riprendere un provvedimento che avrebbe dovuto far parte integrante della legge sull'agroindustria e in pratica andare ad inquinare la legge sul Distretto del vino con dei provvedimenti tampone che recepissero le istanze del mondo produttivo.
Ciò non toglie che io sia d'accordo con questa legge, rispetto alla quale voterò a favore; tuttavia voglio segnalare in questa sede il profondissimo disagio con cui il Consiglio sta lavorando. Le preoccupazioni, sia dei Consiglieri che dei Commissari, sono suggerite dal procedere nell'approvazione di leggi che possono risultare disgiunte da una seria politica di governo e non rappresentare una piena soluzione di continuità con quella che potrebbe essere la programmazione regionale.
Invito la Giunta a pensare seriamente se sia il caso di approvare ulteriormente altre leggi che non abbiano il consenso che ha avuto tutta la partita sull'agricoltura. Comprendo il procedere, così come stiamo facendo sulla politica dei distretti, e quindi sul Distretto del vino; comprendo il procedere rapidamente sulla legge per lo sviluppo della montagna, ma ho serissime perplessità sulla mole di leggi che ci proponiamo di approvare di qui a fine legislatura, in queste cinque sedute del Consiglio che potrebbero separarci dallo scioglimento del Consiglio stesso.
Ribadisco quindi il voto a favore sulla legge sui Distretti del vino ma ribadisco altresì l'invito alla Giunta a ragionare molto serenamente in termini di approvazione di altre leggi, che sono decisamente più contestate e che potrebbero creare non pochi problemi ai colleghi Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Riba per l'illustrazione degli emendamenti presentati.



RIBA Lido, Assessore regionale

Poiché abbiamo sottoposto queste leggi all'esame dei rappresentanti del Governo, anche come riferimento alla CEE, per evitare di avere richieste di modifica successive, abbiamo introdotto gli emendamenti tecnici richiesti per una maggiore coerenza con le disposizioni ministeriali e comunitarie; pertanto, tutti gli emendamenti hanno questa caratteristica.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 voti favorevoli 28 astensioni 2.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 1) Emendamento presentato dall'Assessore Riba: all'art. 2, nel titolo sono tolte le parole "e Piani di distretto", e al comma secondo, lettera a), primo rigo, la parola "disciplina" è sostituita con la parola "armonizza".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 2 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 voti favorevoli 28 astensioni 2.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 2) Emendamento presentato dall'Assessore Riba: all'art. 3, comma primo, la parola "riguarda" è sostituita con le parole "armonizza gli" il comma primo, lettera h), è soppresso ed è così sostituito: "h) sostegno allo sviluppo per l'integrazione dei sistemi di relazioni fra le produzioni agricole e zootecniche e la gastronomia, i fenomeni socio-culturali, le tradizioni e il turismo" dopo il comma primo è aggiunto un comma secondo composto dalle seguenti parole: "2. Le politiche e gli interventi di cui al comma precedente sono elaborati ed attuati nel rispetto delle normative e degli indirizzi comunitari e nazionali vigenti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 3 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 voti favorevoli 28 astensioni 2.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 3) Emendamento presentato dall'Assessore Riba: all'art. 4, il comma terzo è soppresso ed il comma quarto diventa comma terzo al comma quinto (che diventa comma quarto), terzo rigo, dopo la parola "privati", aggiungere le parole "cofinanziamento di fondi di gestione delle associazioni dei produttori agricoli per interventi di sostegno a politiche di concentrazione dell'offerta agricola," al comma quinto sono aggiunte le seguenti parole: "I Piani di distretto sono attuati nel rispetto delle normative e degli indirizzi comunitari e nazionali vigenti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 29 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 4 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 4) Emendamento presentato dall'Assessore Riba: all'art. 5 il comma primo è soppresso ed è sostituito con le seguenti parole: "I Consorzi interprofessionali, formati dalle rappresentanze agricole industriali e della distribuzione riconosciuti ai sensi di legge, sono individuati dalla Regione come soggetti la cui attività può concorrere, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti, al raggiungimento degli obiettivi del Piano di distretto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 29 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione dell'art. 5 come emendato, per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per alzata di mano, ai sensi dell'art. 44, comma secondo, dello Statuto.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 voti favorevoli 29 astensioni 2.
L'art. 13 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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