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Dettaglio seduta n.319 del 06/12/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interpellanza n. 2309 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti inerente l'Ospedale Infantile "Regina Margherita". Urgenza di espletamento del concorso per primariato della Divisione Cardiologia


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 2309 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti.
Risponde l'Assessore Bonino.



BONINO Guido, Assessore regionale

In relazione all'interpellanza in oggetto, relativa al concorso per il primariato di Cardiologia presso l'Ospedale Infantile "Regina Margherita" di Torino, esaminata la relazione fornita dal Commissario straordinario dell'USSL TO IX, si rende noto che: se è vero che il decreto legislativo n. 502/92 ha innovato la preesistente normativa concorsuale, tuttavia l'art. 15 in materia di disciplina della dirigenza del ruolo sanitario, nel prevedere che il secondo livello dirigenziale del ruolo sanitario venga conferito quale incarico dal direttore generale, sulla base del parere di un'apposita Commissione di esperti, rende di fatto operativa tale norma solo con l'avvio dell'aziendalizzazione delle UU.SS.SS.LL. e con l'istituzione della figura del direttore generale.
Risultano quindi tuttora applicabili e non superate le disposizioni del DM 30/1/1982 per i concorsi nelle UU.SS.SS.LL. in applicazione del DPR n.
761/79 la sentenza dal TAR della Liguria, che avrebbe annullato un concorso analogo indetto allo stesso modo dall'USSL TO IX, ha probabilmente come riferimento l'aziendalizzazione già operativa in quella Regione e comunque interpellando in merito l'Amministrazione regionale ligure, non se ne è avuta alcuna conferma risulterebbe attualmente intempestivo, contraddittorio e, in ultima analisi, illegittimo un intervento regionale volto a bloccare nuovamente la conclusione del concorso, che deve ritenersi portato a termine con la nomina del vincitore, ferma restando l'eventuale impugnabilità di quegli atti giudicati lesivi di interessi legittimi da parte degli eventuali interessati circa l'opportunità di accertare le ragioni del comportamento tenuto in passato dall'Amministrazione USSL TO IX, occorre ricordare che, oltre all'aspetto tecnico, in sede locale rilevano anche valutazioni di merito di cui è responsabile l'Amministrazione alla luce di considerazioni di ordine economico e gestionale attinenti all'organizzazione del lavoro nell'Ente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Questa volta la risposta all'interpellanza è pervenuta non troppo in ritardo, considerato che è solo da maggio che l'aspetto. E' una risposta a due facce, nel senso che per un aspetto entra nel merito del quesito principale proposto, cioè se un concorso bandito nel giugno 1989 potesse ancora oggi essere svolto con le vecchie regole e non con le nuove che oggi si impongono nel settore della sanità, facendo anche leva su decisioni assunte da un'altra Regione.
L'Assessore è stato preciso nella risposta, dicendo che non si può non ottemperare alle vecchie regole, anche se non è stato preciso sui motivi che hanno iNdotto la Regione Liguria a fare diversamente, in quanto le informazioni che ha cercato di acquisire sono risultate non esaustive.
Nella parte successiva, l'Assessore è stato un po' vago ed allusivo dicendo che - così ho capito - accanto a norme procedurali insindacabili si aggiungono anche discrezionalità di vario tipo di ordine economico. Non ha spiegato quali siano tali valutazioni e, in ogni caso, ho compreso che queste si aggiungono a valutazioni prettamente tecniche, che escludono la possibilità di fare il concorso con le nuove norme.
Il fatto che sarebbe sbagliato rimandare ancora una volta l'esecuzione del concorso è senz'altro giusto in astratto, ma in concreto, applicato ad una vicenda di cinque anni fa, potrebbe anche fare un po' sorridere. Dovete proprio essere ben sicuri di agire assolutamente nella legalità per procedere con le vecchie norme. Se aveste anche un solo dubbio confortato da discrezionalità di comportamento, consiglierei di avere molta cautela perché la vicenda, come tante altre analoghe, è tale per cui possono verificarsi ricorsi e contenziosi, in quanto si tratta di una vicenda concorsuale con un iter particolarmente tormentato. Infatti, l'espletamento del concorso e la definizione dello stesso porta spesse volte all'apertura di contenziosi e di ricorsi che trascinano la vicenda all'infinito.
La richiesta è che l'Assessore, anche a seguito della mia sollecitazione, verifichi al mille per mille la necessità di espletare il concorso con le vecchie regole. Se è così, il concorso va espletato, ma se si verifica la possibilità di avere una serie di tormentose vicende e ricorsi, sarebbe il caso di valutare se non valga la pena, visti anche gli anni passati e le norme di fatto superate anche se non di forma, di bandire un concorso con le nuove regole.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 2439 presentata dai Consiglieri Rabellino, Sartoris Chiezzi, Calligaro, Pozzo, Giuliano, Vaglio, Bodrero, Lannes, Marchini Fulcheri, Majorino, Masaracchio, Goglio, Gallarini, Porcellana, Germanetto Cantore e Bara inerente gli sviluppi della vicenda intossicazione bimbi delle scuole di Torino. Solleciti alla Giunta regionale per ottenimento scelta cibi non precotti ed attivazione controlli sanitari


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare l'interpellanza n. 2439.
Risponde ancora l'Assessore Bonino.



BONINO Guido, Assessore regionale

La Regione, attraverso i competenti uffici, si è tempestivamente attivata in occasione dell'evento morboso in oggetto attraverso contatti con il NAS di Torino, contatti da cui è risultato che erano già stati prelevati gli opportuni campioni di alimenti, che sarebbero stati successivamente sottoposti ad analisi presso la Sezione Biologica del Laboratorio di Sanità Pubblica di Torino.
Successivamente, il Responsabile del Servizio regionale Igiene alimenti e bevande si è recato (unitamente al Responsabile della Sezione Biologia del LSP di Grugliasco) presso gli uffici della Ditta Food e Beverage System (Via Tartini, 10 - Torino) per un colloquio con il titolare della medesima.
Risultava presumibile che causa della tossinfezione fosse la presenza di stafilococchi in cibo a base di pesce.
In seguito - verso le ore 21,30 - da sopralluogo effettuato presso l'Ospedale Giovanni Bosco, risultava che un notevole numero di bambini avevano dovuto ricorrere alle cure sanitarie.
E' stata altresì constatata, incidentalmente, l'efficienza dimostrata dal personale ospedaliero in tale situazione di emergenza.
Gli esami analitici effettuati dal Laboratorio di Sanità Pubblica di Torino hanno poi dimostrato - come previsto - che la causa della tossinfezione era ascrivibile allo stafilococco aureo.
Nell'ambito delle proprie competenze - che, come noto, non si estendono agli aspetti operativi, riservati ai servizi delle UU.SS.SS.LL. - la Giunta regionale, con deliberazione n. 108-33771 dell'11/4/1994, aveva stabilito il "Programma di controllo ufficiale degli alimenti non di origine animale e delle bevande attivato, in via sperimentale, per l'anno 1994". Con tale programma venivano indicate le cadenze temporali delle ispezioni presso tutti i luoghi di produzione, commercializzazione e somministrazione degli alimenti: in particolare, gli stabilimenti di "catering" risultano soggetti a controlli più frequenti rispetto ad altre attività.
In precedenza, l'Assessorato alla sanità, con nota dell'8/8/1992 integrata con nota dell'8/1/1993, aveva inviato agli organi di vigilanza un'accurata e dettagliata direttiva in ordine ai problemi connessi alla ristorazione collettiva, puntualizzando tra l'altro i requisiti per una corretta gestione della stessa, nei termini seguenti: a) requisiti in ordine all'approvvigionamento di acqua potabile b) requisiti in ordine allo smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi c) requisiti in ordine alle misure di protezione dai roditori e dagli insetti d) requisiti minimi dei locali (dispensa o deposito delle materie prime, attrezzature, cucina o laboratorio di produzione alimenti, sala ristorazione, servizi igienici per il personale e per il pubblico) e) requisiti in ordine all'igiene del personale f) requisiti in ordine all'igiene degli alimenti g) requisiti in ordine ai prodotti congelati o surgelati h) modalità di prelievo dei prodotti alimentari i) parametri microbiologici da ricercare ed indicazione dei valori guida.
A seguito della citata direttiva, si è provveduto ad elaborare i dati derivati dalle ispezioni effettuate, nel periodo fine 1992 - fine 1993, da cui è risultato che su 2.412 mense ispezionate sono state elevate sanzioni nei confronti del 5,6% delle medesime.
Poiché il comparto della ristorazione collettiva è un settore di rilevanti dimensioni e con grandi capacità espansive e considerato che tale settore è potenzialmente a rischio, causa l'elevato numero di utenti raggiunti, è allo studio la definizione di una proposta, in materia di formazione del personale, per l'attivazione presso le scuole alberghiere di corsi per "cuochi igienisti".
A tale riguardo, si può ricordare che nell'ambito di un recente progetto Interreg, a cui hanno partecipato funzionari dell'Assessorato all'assistenza sanitaria, risulta che nella vicina Francia, e più precisamente a Gap, esiste una scuola alberghiera per cuochi della durata di quattro anni, con due anni di percorso comune e con altri due rispettivamente, a specializzazione culinaria propriamente detta ed a specializzazione in materia igienistica e di tecnologia alimentare, rivolta a formare esperti della ristorazione collettiva. Ne potrà derivare un contributo - in termini propriamente preventivi per la soluzione di problemi che, come i recenti casi dimostrano, destano un allarme sociale.
Per quanto concerne l'istituzione di un osservatorio sui servizi mensa tale obiettivo sarà attivato nello sviluppo delle iniziative che la Regione intende promuovere nel settore del controllo igienico degli alimenti, quale comparto specializzato dell'osservatorio epidemiologico regionale.
Appena un cenno, infine, al tema dei pasti freschi, quale prospettiva preferibile all'utilizzo dei precotti, con la precisazione che ogni determinazione in merito compete alla città di Torino, ed in generale ai Comuni.
Non si ritiene pertanto di entrare nel merito delle scelte che le varie istituzioni od enti adottano per la fornitura dei pasti.
Le diverse opinioni in merito, tutte suffragate da esperti, sostengono tesi anche diametralmente opposte.



PRESIDENTE

La parola al primo firmatario dell'interpellanza, Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

La risposta dell'Assessore affronta il problema in modo molto marginale.
L'Assessore ha preso atto che il tema delle mense, soprattutto per quanto riguarda il settore delle scuole, è estremamente importante e sarà un grosso problema per i prossimi anni, anche perché i Comuni tendono sempre più a ridurre la spesa per la gestione delle mense e quindi inevitabilmente si andrà verso un calo della qualità del servizio.
Quando sento parlare di cuochi professionali, mi viene quasi da ridere.
Infatti, nella maggior parte dei casi, il personale di queste mense è in "nero", non è nemmeno messo a posto con i contributi ed i libretti; altro che pensare a cuochi professionali! Il problema non è di formazione del personale, perché in realtà oggi sul territorio piemontese di cuochi ne abbiamo addirittura in eccedenza. Il problema è che la regolamentazione del settore non esiste. Vorrei quindi capire dall'Assessore se si intende affrontare il problema della regolamentazione di questo settore che è di dimensioni enormi, dato che non esiste una legge che lo regolamenti; lo stesso Assessore ha preso atto che questo è un settore enorme e pure in espansione.
Ribadisco che quello che vorrebbe sapere il sottoscritto è se c'è intenzione, da parte di questa Giunta, di affrontare il tema della regolamentazione del settore in generale.
Abbiamo delle mense che offrono ai Comuni pasti a 2.500 lire, compreso il servizio e tutto il resto: vorrei capire che qualità di pasti può essere fornita, soprattutto se parliamo di bambini, con 2.500 lire! Se non c'è una regolamentazione a monte, anziché vedere un aumento dei prezzi per mantenere anche la qualità, assisteremo ad un costante ridimensionamento dei prezzi. Questo punto non è venuto fuori dalla risposta: c'è la volontà di affrontare questa regolamentazione o no?



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bonino.



BONINO Guido, Assessore regionale

Svolgo una brevissima replica soltanto per dire che ho risposto all'interpellanza che è stata presentata, non ad altre cose.
Nell'interpellanza non si parla di regolamentare il servizio mense, ma si interpella per sapere se non si istituisce un osservatorio sui servizi, il che è una cosa diversa. L'osservatorio, infatti, è quello istituito dalla collega Vetrino fin dall'aprile del 1994, che prevedeva tutta una serie di controlli da parte dei servizi di igiene.
Potrei anche rispondere in merito alla regolamentazione del servizio mense, ma per adesso - ripeto - ho risposto a questa interpellanza, non ad altre.



RABELLINO Renzo

Mi riferivo, per esempio, ad un osservatorio sui prezzi.
Il problema è che queste mense, pur dando lo stesso servizio, applicano prezzi completamente diversi da un Comune all'altro: qualcosa non quadra.
Per questo motivo la Regione, poiché è un ente che sta al di sopra delle parti, dovrebbe costituire un osservatorio in grado di informare o comunque di far sapere ufficialmente che la stessa mensa che fornisce i Comuni di Chivasso ed Orbassano, pur dando lo stesso servizio, applica due prezzi diversi.
Sarebbe interessante creare un osservatorio sui prezzi; l'interpellanza chiedeva soprattutto questo.



BONINO Guido, Assessore regionale

Non chiedeva questo; l'ha chiesto adesso, e mi rendo conto che potrebbe anche essere giusto.



RABELLINO Renzo

Se si parla di osservatorio, è quello l'osservatorio.



BONINO Guido, Assessore regionale

No, l'osservatorio è diverso. Per me osservatorio vuol dire osservatorio; regolamentare vuol dire regolamentare una materia che, fra l'altro, non so neanche se sia di nostra competenza.
Comunque, dato che abbiamo parlato di regolamentazione di questo settore, mi farò carico di esaminare questo tipo di proposta.


Argomento: Problemi energetici

Interpellanza n. 2273 dei Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, interpellanza n. 2290 dei Consiglieri Giuliano e Miglio ed interrogazione n. 2296 del Consigliere Marchini inerenti il progetto di realizzazione di centrale idroelettrica nella Valle della Ripa


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare contestualmente le interpellanze n. 2273 e n.
2290 e l'interrogazione n. 2296, tutte inerenti lo stesso argomento.
Risponde l'Assessore Bresso.



BRESSO Mercedes, Assessore regionale

Le due interpellanze e l'interrogazione di cui in oggetto fanno tutte riferimento ad una nota di Pro Natura, pervenuta in Regione in data 23/3/1994, che sollevava la questione di una derivazione idrica per una centrale idroelettrica dalle acque del torrente Ripa, in località Brusà del Pian.
Mi scuso fin d'ora con la Presidente se sarò costretta ad una risposta un po' lunga, ma si tratta di tre documenti e la questione è importante.
Vorrei premettere quali sono i criteri in base ai quali la Regione Piemonte rilascia le autorizzazioni alle derivazioni idriche.
Nel caso particolare, secondo le informazioni contenute nel catasto delle derivazioni idriche completato a cura della Regione Piemonte, il torrente Ripa alimenta attualmente tre derivazioni che sono concesse per tre diversi usi: potabile, piscicolo e idroelettrico.
Attualmente è in corso di istruttoria un'altra domanda di derivazione d'acqua per produzione di energia idroelettrica, presentata dalla ditta CIO in data 28/8/1991. Si tratta di una richiesta di derivazione di moduli massimi 12 e medi 8,4 in Comune di Sauze di Cesana per produrre energia in una centrale di potenza nominale media pari a 856 kwh. Le caratteristiche delle derivazioni attualmente concesse e di quelle richieste sono illustrate in un tabulato che è allegato e che, se i Consiglieri lo desiderano, posso far loro pervenire.
Prima di entrare nel dettaglio delle questioni sollevate dalle due interpellanze e dall'interrogazione, vorrei fornire un quadro generale delle iniziative che abbiamo adottato nell'ultimo anno e che stiamo completando, relative al governo delle risorse idriche per regolare i prelievi idrici.
Nel 1993 sono state varate e fornite al Servizio Opere Pubbliche le istruzioni tecniche ed integrative sulla quantificazione del deflusso minimo vitale, con riferimento a casi particolari non previsti nella prima istruzione, ed è stato introdotto il concetto della modulazione dei rilasci e della valutazione della compatibilità ambientale dei prelievi di maggiori dimensioni.
Con lettera del Presidente della Giunta in data 6/12/1993, è stato istituito un gruppo di lavoro interassessorile per l'attuazione procedurale dei principi generali per il corretto e razionale uso dell'acqua e la valutazione dei dossier di compatibilità ambientale del prelievo di cui sopra. A questo gruppo è stato affidato il compito di elaborare un documento contenente criteri e metodologie per il rilascio di concessioni di derivazioni idriche, con particolare riguardo per quelle ad uso idroelettrico.
Questo documento, che è importante data l'urgenza di disporre di più efficaci strumenti di valutazione delle domande di derivazione (in particolare di quelle ad uso idroelettrico), deriva dalla notevole quantità di domande di derivazione per produzione di energia: secondo i dati forniti dal nostro catasto, attualmente sono giacenti in tutto il Piemonte 270 domande. Si tratta di domande stimolate ovviamente dalle incentivazioni economiche introdotte dal legislatore nazionale con la legge del maggio 1982, n. 308 (ben nota) e successivamente riconfermata con le leggi n. 9 e n. 10 del 1991. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di domande di derivazione di autoproduttori che cedono all'ENEL per intero l'energia prodotta.
Il documento "criteri e metodologie" di cui sto parlando è un documento la cui elaborazione è stata completata e a cui io ho dato il via proprio ieri; dovrebbe essere adottato con regolamento, quindi verrà inviato in Giunta la settimana prossima o la successiva e arriverà in V Commissione ritengo probabilmente prima di Natale. E' il documento fondamentale per introdurre la valutazione del deflusso minimo vitale in generale, quello modulare, in situazioni specifiche in cui si rivela necessario e per introdurre la valutazione di compatibilità ambientale in modo obbligatorio attraverso un regolamento approvato dal Consiglio. Questo lavoro, iniziato un paio d'anni fa, è giunto a compimento e dovremmo essere in grado di portarlo in Consiglio regionale.
Le nuove domande, quelle ancora giacenti su tutto il bacino piemontese riguardano principalmente l'area alpina delle province di Cuneo, Torino e Novara: a norma dell'istruzione tecnica regionale sul deflusso minimo vitale, cui si è fatto cenno, sono soggette all'obbligo di presentazione del dossier di compatibilità ambientale del prelievo le derivazioni di maggiore entità e comunque tutte quelle che richiedono una particolare attenzione alla situazione ambientale, indipendentemente dalla consistenza del prelievo considerato in valore assoluto. In quest'ultima tipologia sono state ricomprese le derivazioni in aree protette da corpi idrici classificati ai sensi del DPR n. 130/92, e da quelli a rischio di peggioramento della qualità delle acque, che dovranno essere tutte sottoposte al dossier di compatibilità ambientale.
In particolare, per quanto riguarda l'interpellanza n. 2273 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Maggiorotti, si osserva che in località Brusà del Pian del Comune di Sauze di Cesana è stata assentita alla Ditta SIFI, con deliberazione della Giunta regionale in data 26/4/1993, una concessione di derivazione dal torrente Ripa di moduli massimi 12 e medi 8 di acqua per produrre energia idroelettrica in una centrale di potenza nominale media pari a 1.231 kwh. L'esercizio di tale derivazione è stato subordinato al rispetto delle condizioni particolari contenute nei disciplinari sottoscritti dal concessionario, tra le quali si ritiene significativo evidenziare le seguenti: all'art. 9 l'obbligo di presentazione del progetto esecutivo delle opere di derivazione all'art. 8 l'obbligo di inserimento, nella traversa di derivazione della scala di risalita della fauna ittica per la quale è stato imposto al concessionario di acquisire previamente il relativo nulla osta dalla Provincia di Torino.
In base all'istruzione tecnica regionale del novembre 1991 - PD IT1 che sono le normative tecniche - nel caso di specie è stato imposto di garantire a regime, e cioè a partire dall'1/1/2005, quando la derivazione andrà a regime, il rilascio in alveo della portata di 197 l/sec, con un adeguamento allo standard regionale secondo la seguente progressione temporale: 49 l/sec fino al 31/12/1994 98 l/sec dall'1/1/1995 al 31/12/1999 148 l/sec dall'1/1/2000 al 31/12/2004 197 l/sec a partire dall'1/1/2005.
A seguito del ricevimento della lettera di Pro Natura Piemonte, in data 23/3/1994, il Settore Pianificazione e Gestione delle Risorse Idriche ha chiesto notizie in merito all'attuazione della derivazione in oggetto al Servizio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo di Torino, il quale in data 31/5/1994 ha effettuato un sopralluogo constatando che: i lavori concernenti i movimenti terra e le opere edili erano quasi completamente ultimati sono state eseguite opere in parte difformi rispetto a quanto previsto dal progetto di massima non è stata realizzata la scala di risalita della fauna ittica.
A seguito di questa constatazione, e per effetto delle varianti introdotte all'atto dell'esecuzione dei lavori e rappresentate nel progetto esecutivo, è stata avviata la relativa istruttoria di variante per verificare se questa variante sia accettabile e reimporre le relizzazioni delle prescrizioni che erano state fatte.
Con riferimento al secondo punto dell'interpellanza dei Consiglieri Miglio e Giuliano, si osserva che tutte le derivazioni da corsi d'acqua pubblici, e quindi anche quella oggetto dell'interpellanza, sono soggette all'autorizzazione prevista dalla legge n. 431/85, autorizzazione che nel caso di specie è stata rilasciata con deliberazione della Giunta regionale in data 19/7/1993, n. 246-26772. Su questa ho anche una nota del Settore il quale rileva come ci sia stato un lungo iter istruttorio, dal quale risulta che l'ultima documentazione presentata non solo aveva dato indicazioni progettuali tali da superare le perplessità relativamente alle precedenti documentazioni, ma aveva predisposto un progetto con puntuali indicazioni metodologiche per attuare il tempestivo ripristino ambientale dei siti interessati. Nella stessa deliberazione dei beni ambientali è stato richiesto il controllo sui lavori da parte del Corpo Forestale dello Stato e del Servizio Regionale Opere Pubbliche.
Per quanto riguarda la questione sollevata al terzo punto dell'interpellanza, non si è in grado di fornire elementi, non essendo a conoscenza di eventuali convenzioni tra Comune e titolari della concessione, che comunque non risultano dagli atti dell'istruttoria.
Per quanto concerne l'ultimo punto, si informa che è in fase di avanzata elaborazione la bozza di regolamento regionale di cui ho riferito in precedenza, relativa ai criteri da adottare per il rilascio di concessioni di derivazioni idriche, regolamento che si pone l'obiettivo di introdurre misure di salvaguardia dell'ambiente elencando una serie di aree sensibili nelle quali, sia pure in via provvisoria ed in attesa di approvazione del Piano del Bacino del Po, non saranno ammesse nuove domande di derivazione ad uso di produzione di energia, ad eccezione della cosiddetta microidraulica (centrali di potenza nominale media inferiore a 20 kwh), per la quale non si ritiene opportuno porre delle limitazioni trattandosi in genere di attività al servizio di singole abitazioni.
Quanto sopra riferito si ritiene risponda, nei limiti delle competenze di questo Settore, alle questioni poste dall'interpellanza n. 2290.
Informo, in ultimo, che l'interrogazione del Consigliere Marchini comprendeva anche una richiesta di notizie relativamente alle intenzioni della Giunta regionale circa l'estensione del Parco della Val Troncea alle confinanti Valli del Thuras e dell'Argentera, anche per garantire una tutela delle emergenze ambientali in un contesto territoriale coordinato.
Peraltro, proposta che, se fosse stata in atto, avrebbe consentito al Parco di delimitare quelle come aree dove le esigenze di salvaguardia della fauna ittica potevano chiedere la non concessione di derivazioni idrauliche.
In relazione a questo aspetto, comunico che abbiamo predisposto il progetto di legge di ampliamento; questo è stato sottoposto ad un'informale verifica con l'Ente Parco e con i Comuni interessati - con atteggiamenti diversi e contraddittori, non tutti sono d'accordo, come potete immaginare e si è deciso di mandarlo avanti. Nelle prossime settimane dalla Giunta arriverà in Consiglio e credo potrà costituire un momento molto importante nella politica di ampliamento di alcuni parchi montani che, allo stato attuale delle loro delimitazioni, sono troppo piccoli e quindi presentano una serie di problemi di gestione e di fruizione troppo concentrata.
Quest'ultimo aspetto dell'interrogazione è stato avviato a soluzione attraverso questo progetto di legge di ampliamento del parco.
Mi pare di avere risposto a tutti i punti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Germanetto.



GERMANETTO Michelino

Le domande di derivazione sono 270, ma penso che a termine ne andranno molte di meno, vista la lentezza delle procedure burocratiche della Regione Piemonte, che ha pure introdotto alcune circolari esplicative che provocano dei veri sbarramenti alle nuove domande.
Sicuramente occorre valutare bene l'impatto ambientale, ma non si possono bloccare le centrali idroelettriche, le quali sarebbero d'aiuto all'economia delle Comunità montane, oltre che agli imprenditori.
Non è poi da trascurare che, quanto ad energia elettrica, ormai siamo dipendenti dagli stranieri! Bisogna anche valutare queste cose.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Questa materia, a mio modo di vedere, al di là della congruità della risposta dell'Assessore - che comprendo nei suoi limiti pone l'esigenza di essere più seri.
Tutti sappiamo che, quando si sono combattuti gli impianti pesanti, si è sostenuto che si poteva intervenire con una serie di impianti minori salvo scoprire poi che che l'impianto minore disastra, proporzionalmente più di un intervento pesante. Infatti, gli interventi minori necessari per produrre la stessa energia che produce un impianto pesante probabilmente producono sul territorio una somma di degrado non inferiore. Tuttavia questa è una realtà che andrà avanti.
La raccomandazione che pone l'interrogante, che si considera comunque soddisfatto della risposta, è la seguente. E' da immaginare che la Regione predisponga dei capitolati e delle ipotesi tipo sui quali pensare che i Comuni potrebbero uniformare i loro comportamenti e soprattutto valutare la congruità ambientale dei progetti presentati. Esisterà pure una cultura ambientale che ci consente di immaginare quale rimedio possiamo realizzare! Evidentemente non dobbiamo essere egoisti e pensare che la natura rimedi ai guasti che l'uomo provoca durante le gite d'estate.
L'importante è che il rimedio al territorio venga realizzato nei tempi ecologici. Quindi, se il reimpianto del verde è immediato e il reimpianto del sottobosco di prima aggressione avviene in tempi stretti, sappiamo di avere ben equilibrato l'esigenza della produzione di energia e l'esigenza della tutela dell'ambiente. Che poi le conifere e gli alberi d'alto fusto siano a realizzazione successiva, certamente questo può rimanere un "vulnus" nella nostra memoria e nel nostro affetto nei confronti del territorio.
Se però non forniamo dei supporti culturali, registriamo una grossa insensibilità da parte degli amministratori locali (dei quali non si vuole mai parlare), soprattutto in assenza di una cultura professionale adeguata di interventi di questa delicatezza.
Non è assolutamente straordinario vedere che gli interventi, per esempio, si fanno con essenze non proprie. Se voi risalite alcune valli non ne cito una, altrimenti divento noioso vedete che lungo noti manufatti che non cito per non essere noioso - sono stati impiantati a 1.400 metri a 1.300 metri, a 1.200 metri gli abies argentati. A me pare che piantare in un'alta valle degli abies argentati intorno ad un'opera pubblica, in termini di contenimento del territorio, non di un giardinetto, sia un'offesa all'ambiente esattamente identica a quella che si fa tagliando un albero, in quanto si altera l'ambiente nella sua connotazione e nelle sue specificità.
Sia la difficoltà dei Comuni ad avere una propria capacità di valutazione del progetto, sia una significativa non attualità delle professionalità preposte a questo tipo di intervento, a mio modo di vedere richiedono, da parte della Regione, una capacità di porsi in termini di monitoraggio a priori rispetto a queste questioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Ringrazio l'Assessore per la risposta, che mi sembra in gran parte esaustiva e rassicurante per alcuni termini.
Probabilmente è stato opportuno e non allarmistico sottolineare il rischio che in quella zona si andava configurando. Il fatto stesso - come ci ha detto l'Assessore - che si siano comunque rilevate delle difformità dal progetto di massima iniziale, soprattutto per un elemento non trascurabile come quello della scala di risalita per la fauna ittica in un'area in cui proprio questa fauna ha un particolare significato sotto l'aspetto scientifico-naturalistico, credo che sia stato un risultato positivo.
Prendo atto con molta soddisfazione anche del lavoro che l'Assessore ci ha riferito di avere avviato e che ha portato praticamente a conclusione circa l'introduzione di alcuni elementi tecnico-scientifici nella valutazione dell'impatto di questo tipo di opere idrauliche lungo i corsi d'acqua delle nostre montagne.
Questi elementi sono particolarmente importanti non soltanto perché le centraline hanno un impatto sull'ambiente e sul paesaggio, ma anche per l'equilibrio idrologico dei corsi d'acqua, che va tenuto sotto attento controllo, soprattutto se lo si correla alla presenza di vegetazione umida (specialmente di tipo ripariale) oppure di fauna ittica o comunque idrofila di una certa importanza; questo impatto è di un certo rischio per la nostra Regione.
In particolare, sul tema del rilascio d'acqua, credo che la Regione dovrebbe vigilare con tutti gli strumenti che ha a disposizione. Sappiamo che, specialmente nella zona alpina, ci sono delle differenze stagionali della portata molto significativa; di conseguenza, è indispensabile che anche nelle stagioni meno favorevoli questa possibilità di rilascio da parte dei corsi d'acqua sia comunque garantita, perché solo in questo modo viene garantito l'equilibrio dell'ambiente di queste zone.
Abbiamo sentito che anche per quel che riguarda la legge n. 431 sono stati fatti dei ripristini: mi auguro che siano stati fatti in modo corretto, in quanto - come diceva il collega Marchini non sempre ci avviene.
Sarebbe stato interessante conoscere i risultati della verifica che l'Assessore ha detto essere stata fatta da parte del Corpo Forestale dello Stato e dagli uffici regionali. Chiedo se sia possibile avere un'informazione sui risultati di tale verifica.
Prendo altresì atto con soddisfazione dell'altra notizia: l'estensione dell'istituzione a parco e l'inserimento, a fianco del Parco della Val Troncea (istituito qualche anno fa), delle Valli Ripa, Thuras e Argentera.
A nostro parere, queste valli costituiscono un "unicum" dal punto di vista ecologico-ambientale, una corona di grande importanza per quella parte di Piemonte a cavallo tra la Valle di Susa e la Val Chisone, che ha un grande interesse non soltanto sotto il profilo ambientale-naturalistico, ma anche sotto quello delle architetture rurali, che hanno un carattere del tutto particolare e denotano quella compenetrazione tra culture diverse dei due versanti alpini.
Apprendo con soddisfazione l'intenzione di estendere questo tipo di protezione, perché - sebbene io sappia che in quest'aula le opinioni sono diverse - credo che anche il Sestriere, come area di interesse turistico non potrebbe che ricevere benefici dalla tutela, intorno alla zona più strettamente sportiva e turistica, di una fetta così importante di territorio.
Dò atto al collega Germanetto che bisogna prestare attenzione alla presenza di centraline come appoggio all'economia montana. Ma non sarei così ottimista, in quanto su questo argomento - come sapete - si è creato un vero e proprio business: si sono mosse società di grossa importanza (non certo piccole società locali, anche se spesso le grandi società utilizzano delle società ad hoc sul posto) e non sempre questo tipo di atteggiamento è impostato nell'ottica di un ritorno economico locale. Anzi, rischiano di configurarsi, alla fine, come un ulteriore settore - quello dello sfruttamento delle risorse idriche di rapina delle risorse territoriali della montagna.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, sarò molto breve.
Assessore Bresso, lei ha fornito una risposta complessa e che esige una certa meditazione, quindi la pregherei di fornirmi il testo scritto.
L'unica domanda contenuta nell'interpellanza che non ha ottenuto una risposta soddisfacente è quella relativa alla promessa supposta al Comune di Cesana di 25 milioni all'anno come contributo per la realizzazione dell'iniziativa. L'Assessore ha detto che ad oggi non è in grado di fornire notizie in merito; invece la pregherei di fornirci notizie. Questo è l'unico punto sul quale mi sento già di intervenire in replica all'Assessore, mentre sugli altri punti gradirei avere la risposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Bresso.



BRESSO Mercedes, Assessore regionale

Per quanto riguarda la domanda del collega Germanetto, ho già detto con chiarezza che riteniamo che la quantità di domande presentate sia intollerabile per gli ambienti fluviali della montagna. Delle 270 domande pervenute, molte avranno una risposta negativa; la somma di queste domande provocherebbe lo svuotamento completo dei corsi d'acqua montani.
I criteri che lei definisce burocratici non sono burocratici, ma sono criteri rigorosamente scientifici. E' stato definito - verrà appunto approvato con regolamento, in modo che sia conosciuto e valido in tutti i casi, non solo imposto di volta in volta con la concessione - il concetto di deflusso minimo vitale in pieno accordo con l'Autorità di bacino.
Definire il deflusso minimo è essenziale per la salvaguardia dei corsi d'acqua; bisognerà andare a regime, in quanto le vecchie concessioni non hanno avuto questa regolamentazione, per cui nel tempo, man mano che scadono le concessioni, verrà adeguato il concetto di deflusso minimo vitale anche per le nuove concessioni.
Non v'è dubbio che una derivazione, in particolare per uso idroelettrico, crei una serie complessa di problemi, alcuni di tipo idraulico, cioè relativi alla quantità d'acqua che resta nel fiume, altri di tipo ambientale, relativi all'inserimento ambientale degli impianti della traversa per la derivazione e degli impianti per la trasformazione dell'energia.
In questo caso le normative ambientali sono molto chiare e derivano da una legge statale, la n. 431, che impone l'inserimento ambientale corretto delle opere; in questo senso, le prescrizioni vengono date per garantire che l'aspetto di inserimento nel paesaggio sia corretto.
La recente alluvione dimostra che, per quanto riguarda gli aspetti geologici e idrogeologici, sono possibili delle precauzioni. Si tratta di opere lungo i corsi d'acqua che, come ben sa il Consigliere Germanetto possono essere oggetto di alluvioni ed essere distrutte; ovviamente i danni sono maggiori se lungo i corsi d'acqua sono impiantati degli stabilimenti quindi l'inserimento, non solo ambientale, ma geologico e idrogeologico, è fondamentale.
Per evitare che queste prescrizioni vadano avanti in modo scoordinato fra di loro, abbiamo definito un dossier di compatibilità ambientale che imporremo attraverso un regolamento, al fine di unificare tutte le valutazioni; sarà sì o no, a seconda delle quantità d'acqua che devono rilasciare, dell'impatto ambientale, dell'impatto geologico e idrogeologico sul territorio. In questo modo forniamo una risposta che permette di accelerare la procedura, cioè di renderla nota in tempi ragionevoli, ma anche di controllare l'effetto complessivo sull'ambiente.
A questo noi accoppiamo una normativa che diventa generale, "erga omnes", che consente anche di risolvere il problema cui faceva cenno il Consigliere Marchini: dare delle indicazioni a priori ai progettisti e non solo ex post. Approvando un regolamento che definisce come si fa il dossier di compatibilità ambientale, diciamo anche come devono essere stilati i progetti affinché possano essere accettati. Questo riguarda il singolo progetto.
Inoltre, in sede di Autorità di bacino, abbiamo già chiesto che venga definita una regolamentazione chiarificatrice dei limiti massimi accettabili in numero di derivazioni e, ovviamente, in quantità d'acqua.
Provvisoriamente, in attesa di una definizione generale del Piano di bacino, individueremo i tratti dei corsi d'acqua sui quali la pressione è troppo elevata; su questi imporremo un vincolo precauzionale, in modo da avere delle regole generali e non dover analizzare caso per caso, perch molto spesso, agendo in questo modo, diventa difficile la valutazione.
Rilevo inoltre la necessità di un coordinamento fra la Regione e la Provincia; peraltro la legge è già stata approvata e dall'1/5/1995 entrerà in funzione la delega alle Province in merito alle concessioni sulle derivazioni, sulla base di questi criteri regionali. Questi sono anche i documenti in base ai quali le Province rilasceranno le autorizzazioni; di fatto, costituiscono gli atti di indirizzo e di programmazione per l'attuazione della delega alle Province.
Ai colleghi che hanno chiesto come avverranno i controlli, rispondo che questi avverranno attraverso il trasferimento delle Sezioni delle Opere Pubbliche dei Geni civili - che operano su questa materia - alle Province.
Dovrebbe essere possibile un rafforzamento di questi uffici, oggi molto deboli, ed un maggiore controllo ex post su quanto effettivamente realizzato, sulla conformità alle prescrizioni e quindi sul funzionamento dal punto di vista dell'economia e dell'ambiente.
Pur concordando sul fatto che l'energia idroelettrica è un'energia pulita e che quindi, quando si può, conviene utilizzarla, credo però che su questa materia occorra valutare sia la sicurezza sia i guasti affinché non siano troppo elevati.
Le vicende alluvionali di questo periodo hanno evidenziato la fragilità dei nostri corsi d'acqua montani dal punto di vista geologico e idrogeologico, quindi molta attenzione dovrà essere posta al rilascio di autorizzazioni all'uso.
Al collega Marchini, che aveva posto una domanda specifica su questo regolamento, che andrà in Giunta la settimana prossima e quindi arriverà in Commissione fra poco, dico che tale documento si propone proprio di costruire, attraverso la definizione di cos'è un dossier di compatibilità ambientale, una cultura preventiva del come vanno stesi i progetti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Caccia

Interpellanza n. 2426 della Consigliera Pozzo inerente al calendario venatorio 1994/1995


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 2426 presentata dalla Consigliera Pozzo, alla quale cedo la parola per l'illustrazione.



POZZO Carolina

L'interpellanza in oggetto nasce dal testo del calendario venatorio inviato il 20 luglio scorso all'Istituto nazionale per la fauna selvatica e dalla risposta dell'Istituto stesso. Nel testo dell'interpellanza si fa riferimento, in particolare, al punto 3.1.h) del calendario venatorio punto che prevede, in deroga alla Direttiva CEE n. 79409, l'apertura della caccia per alcune specie, in considerazione del loro consistente incremento numerico sul territorio regionale. Incremento che - secondo quanto riportato nel calendario venatorio - è causa di gravi danni alle colture agricole e ad altre specie faunistiche.
In questo senso, l'Istituto risponde, con una valutazione del testo regionale in merito al punto 3.1.h), facendo riferimento al quadro normativo nazionale e all'art. 19, comma primo, della legge n. 157/92 (che tratta del prelievo venatorio in deroga alle Direttiva CEE), il quale prevede che tali interventi siano attuati dalle Regioni, sentito il parere dell'Istituto.
Lo stesso articolo, al comma secondo, prevede invece che le Regioni provvedano al controllo delle specie di fauna selvatica e che tale controllo venga esercitato selettivamente e praticato mediante l'utilizzo di mezzi ecologici, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica. Qualora l'Istituto verifichi l'inefficacia dei predetti metodi le Regioni possono teorizzare piani di abbattimento. Sempre secondo il parere dell'Istituto nazionale fauna selvatica, la deroga può essere esercitata anche attraverso il prelievo venatorio purché "tale prelievo risulti assimilabile ad una piccola quantità, non superiore all'1% della mortalità globale della specie" - e che tale calcolo è possibile solo qualora "siano disponibili informazioni sufficientemente precise circa la distribuzione, la densità, la produttività, la mortalità media, la fenologia e le rotte di migrazione di ciascuna specie in ciascuna area geografica interessata".
Proseguendo nella lettura del documento dell'Istituto: "Questo Istituto ribadisce le oggettive difficoltà insite nella stima quantitativa dei passeriformi e non è comunque in possesso, al momento, di dati sufficienti ad applicare in maniera corretta il meccanismo sopraindicato. Rimane evidente che un eventuale giudizio sulla rispondenza delle dimensioni del prelievo al dettato e allo spirito della direttiva dovrà essere espresso dai competenti organismi comunitari in sede consultiva".
In questo senso la presentazione della mia interpellanza; vorrei capire dall'Assessore quali sono i metodi ecologici messi in atto e non giudicati efficaci dall'Istituto - ai sensi dell'art. 19 della legge n. 157/92 - che hanno preceduto la decisione di ammettere le specie in oggetto alla caccia.
Inoltre, quali sono i gravi danni dell'inoffensivo Colino della Virginia inserito nel calendario venatorio nell'elenco delle specie che creano gravi danni alle colture agricole e alle altre specie faunistiche; i dati relativi ai censimenti: da chi sono stati realizzati e con quali criteri e quando; se esiste e qual è il parere dei competenti organismi comunitari sulla dimensione del prelievo, così come stabilisce il punto 3.3.h).



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Riba.



RIBA Lido, Assessore regionale

Credo che sull'intera questione la Consigliera Pozzo abbia ricevuto risposta scritta; risposta che, punto per punto, scandisce elementi di precisazione, trattandosi di materia che necessita di elementi interpretativi da parte non tanto dell'Assessorato quanto dell'Istituto per la fauna selvatica, il quale sovrintende a tutte le procedure, le normative e le proposte di prelievo o di cattura che formano oggetto del calendario venatorio.
Leggo al Consiglio tale risposta scritta.
"In riferimento all'interpellanza n. 2426 del 28/9/1994 concernente le disposizioni del calendario venatorio per la stagione 1994/1995 circa l'applicazione del regime di deroga previsto dall'art. 9 della direttiva n.
79/403/CEE, si espone quanto segue.
Com'è noto, il calendario venatorio relativo alla stagione 1994/1995 è stato assunto in esecuzione dell'art. 1 della L.R. 11/8/1994, n. 31. Tra le materie oggetto di disciplina dell'art. 1, comma terzo, è previsto il regime di deroga di cui all'art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE.
In ordine a tale aspetto si ritiene opportuno richiamare la circolare n. 3 del 29/1/1993 del Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali, con la quale viene evidenziato che 'la nuova legge venatoria n.
157/92 ha inteso dare integrale recepimento ed attuazione alle direttive CEE ed in particolare alla direttiva n. 79/409'.
Il Ministero, con tale circolare, nell'interpretare l'art. 18, comma terzo, della legge 11/2/1992, n. 157, fa presente che le specie di uccelli non incluse nell'allegato II della direttiva n. 79/409/CEE 'possono essere interessate da un regime di deroga da parte dello Stato anche per quanto riguarda l'esercizio venatorio, in presenza delle condizioni di cui all'art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE'.
Il Ministero precisa che 'l'art. 18, comma primo, della legge n. 157/92 consente l'esercizio venatorio su esemplari di fauna selvatica anche delle seguenti specie, elencate alla lettera a): passero (Passer italiae) passera mattugia (Passer montanus); passera oltremontana (Passer domesticus); colino della Virginia (Colinus virginianus); nonche alla lettera b): storno (Sturnus vulgaris); fringuello (Fringilla coelebs) peppola (Fringilla montifringilla); corvo (Corvus frugilegus); cornacchia grigia (Corvus corone); cornacchia nera (Corvus corone cornix); ghiandaia (Garrulus glandarius); gazza (Pica pica); taccola (Corvus monedula) francolino di monte (Bonasia bonasia).
Lo stesso Ministero precisa ancora che 'le specie nominativamente richiamate, non essendo comprese nell'allegato II (parte I e II) della direttiva n. 79/409/CEE, possono dunque essere oggetto di caccia solo qualora siano puntualmente osservate le ragioni ed attuate le condizioni di deroga per ciò che riguarda i mezzi, i modi, i tempi, i luoghi, i controlli ed i dati raccolti nell'esercizio venatorio'.
Il Ministero specifica inoltre che 'su questa base, le Regioni a Statuto ordinario, nonché quelle a Statuto speciale e le Province autonome, come ritenuto dal Consiglio di Stato, sez. II, con parere n.
1494 del 2/12/1992, nei limiti stabiliti dai rispettivi Statuti, hanno la potestà, ai sensi dell'art. 1, comma terzo, della legge n. 157 del 1992, di emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna selvatica in conformità alle direttive comunitarie, previo parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica sulla specifica proposta di utilizzazione del prelievo e, quindi, anche della facoltà di deroga, come chiarito nel citato parere del Consiglio di Stato'".
Mi scuso per il carattere criptico di queste frasi, ma sono riportate testualmente dagli originali delle circolari, leggi e disposizioni ministeriali.
"Pertanto, il prelievo in regime di deroga costituisce a tutti gli effetti esercizio venatorio anche in relazione al fatto che deve avvenire nel rispetto dei periodi di attività venatoria consentiti dall'art. 18 comma primo, della legge n. 157/92.
Tutto ciò premesso, la Giunta regionale con il calendario venatorio 1994/1995 ha previsto, sulla base della circolare n. 3, il regime di deroga di cui all'art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE, dando puntuale applicazione alle condizioni stabilite dal Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.
Il provvedimento regionale di adozione del calendario venatorio è stato quindi sottoposto all'Istituto nazionale per la fauna selvatica ai fini dell'acquisizione del prescritto parere. L'istituto si è espresso favorevolmente in merito.
In ordine a quanto forma oggetto dell'interpellanza circa i metodi ecologici messi in atto e non giudicati efficaci dall'INFS, si osserva quanto segue.
Il richiamo all'art. 19 operato dall'interpellante non sembra pertinente. Infatti, tale articolo disciplina il controllo della fauna selvatica secondo una sequenza di procedure che vedono il ricorso, almeno in prima istanza, a metodi ecologici prima di procedere ad eventuali piani di abbattimento, su parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica.
I 'metodi ecologici' cui fa riferimento l'interpellante vanno quindi riferiti esclusivamente agli interventi di controllo della fauna selvatica di cui all'art. 19 della legge n. 157/92. Tale controllo può essere esercitato tutto l'anno nei periodi più idonei per le specie oggetto di intervento e, pertanto, non costituisce attività venatoria".
Questo è un elemento che vorrei sottolineare, perché i prelievi attraverso altri metodi ecologici possono riferirsi a colombi, cervi o comunque ad animali che costituiscono delle popolazioni da sottoporre a controllo; il tutto al di fuori dell'attività venatoria e, soltanto in ultima analisi, si può prevedere l'assunzione di piani di abbattimento, ma per gli animali indicati nell'art. 19 e non per quelli dell'elenco aggiuntivo. Naturalmente è un'interpretazione, peraltro convalidata dall'Istituto per la fauna selvatica, il quale ha autorizzato l'abbattimento di gazze, corvi e cornacchie.
"Invece, la Giunta regionale, nel dare applicazione al regime di deroga di cui al citato art. 9 della direttiva n. 79/409/CEE, ha inteso esercitare il controllo della fauna attraverso il normale prelievo venatorio nei tempi consentiti dall'art. 18, comma primo, della legge n. 157/92 (cioè in periodo di normale attività venatoria).
Per quanto attiene al punto 2) dell'interpellanza, si precisa che il Colino della Virginia è stato inserito tra le specie oggetto di deroga, non in relazione ai danni che può provocare alle colture agricole, bensì in quanto specie esotica, di origine nord-americana, che altera il naturale assetto faunistico degli ecosistemi ove è stata a suo tempo introdotta come peraltro argomentato dall'Istituto nazionale per la fauna selvatica nel parere espresso in ordine al calendario venatorio 1994/1995.
In ordine a quanto richiesto al punto 3) dell'interpellanza circa i dati relativi ai censimenti, si precisa che la legge n. 157/92 non prevede tale adempimento ai fini dell'applicazione del regime di deroga.
L'art. 9 della citata direttiva CEE prevede che la cattura, la detenzione o altro sfruttamento giudizioso di determinati esemplari di fauna selvatica possano riguardare solo 'piccole quantità'.
In merito a tale questione, il Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali, con la circolare n. 3 del 29/1/1993, argomenta che 'il giudizio sulla nozione di piccola quantità, basato sull'applicazione delle singole aree geografiche interessate all'applicazione del regime di deroga, non può, peraltro, rappresentare una valutazione assoluta e, cioè precisa nel numero del contingente di uccelli, quanto una valutazione relativa, rapportata a parametri circa la consistenza e la dinamica della specie, in rapporto agli esemplari oggetto di prelievo venatorio'.
Anche l'Istituto nazionale per la fauna selvatica, nell'esprimere il proprio parere in ordine al calendario venatorio 1994/1995, si è pronunciato sull'argomento richiamandosi ad un recente documento della Commissione XI della Comunità Europea (rapporto EUR 12835 FR), steso con il contributo dell'Institut Royal de Sciences Naturelles de Belgique, con il quale vengono definiti i parametri da applicare nel calcolo delle 'piccole quantità'.
Tale documento suggerisce il seguente approccio: 'il prelievo deve avere un effetto trascurabile sulla dinamica di popolazione della specie coinvolta. Una soglia inferiore o uguale all'1% soddisfa questa condizione poiché i parametri di dinamica di popolazione sono raramente conosciuti ad un livello di stima più preciso e poiché i prelievi inferiori a tale percentuale possono essere matematicamente trascurati nello studio dei modelli. Conviene dunque considerare come piccola quantità qualsiasi prelievo inferiore all'1% della mortalità annuale totale della popolazione coinvolta, rimanendo inteso che tale prelievo risulterà conforme all'art. 9 della direttiva solo se attuato nel rispetto di tutte le altre disposizioni dello stesso articolo'.
E l'INFS 'ribadisce quanto più volte affermato circa le oggettive difficoltà insite nella stima quantitativa dei passeriformi, in particolare di quelli migratori come lo storno, e non è comunque al momento in possesso di dati sufficienti ad applicare in maniera corretta il meccanismo sopra ricordato'.
Lo stesso Istituto ha ritenuto il provvedimento regionale corrispondente alle condizioni di deroga previste dalla norma comunitaria ed ha infine così concluso l'argomento: 'Rimane evidente che un eventuale giudizio sulla rispondenza delle dimensioni del prelievo al dettato e allo spirito della direttiva dovrà essere espresso dai competenti organismi comunitari in sede consuntiva'.
Non è pertanto previsto un parere preventivo dei competenti organismi comunitari sulla dimensione del prelievo.
La quantità complessiva prelevabile su tutto il territorio regionale delle specie oggetto di deroga, riportata al punto 3.1., lettera h.3), del calendario venatorio 1994/1995, è stata definita d'intesa con la Consulta regionale per la tutela della fauna e la disciplina della caccia, con le Amministrazioni provinciali e con l'INFS.
Ai fini della determinazione della quantità prelevabile, si è altresì tenuto conto dei rendiconti trasmessi dalle Amministrazioni provinciali circa i danni arrecati dalla fauna selvatica alle colture agricole.
E' noto, infatti, che le specie cornacchia nera, cornacchia grigia e gazza sono causa di gravi danni alle coltivazioni, ma anche alle altre specie faunistiche in quanto predatori di uova e nidiacei di numerose specie faunistiche sia soggette a prelievo venatorio (galliformi, anatidi) sia protette, anche rare (ardeidi, pittima reale).
Per quanto concerne in particolare lo storno, oltre ai danni causati a vigneti, frutteti e cereali insilati, vanno sottolineati i problemi, anche igienici, derivanti dai grandi assembramenti in dormitori localizzati in aree urbane".
Dato che l'interpellanza in modo del tutto puntuale si riferisce agli elementi che hanno prodotto la legalità dell'intervento su quelle specie di fauna selvatica che si considerano nocive, ritengo che la lettura dettagliata dei riferimenti giuridici possa essere utile a questo scopo.
Mi sono preoccupato di fornire elementi di natura giuridica anche circostanziati, perché rispetto a questi comportamenti dell'Amministrazione possono essere sempre ritenuti necessari o valutati opportuni ricorsi in altra sede; in tal caso, sarà un elemento di chiarimento per tutti se le norme possono essere o vengono interpretate in altra maniera.
In via di fatto, è chiaro che l'aumento sproporzionato delle popolazioni di gazze e di corvi hanno un effetto particolarmente allarmante sull'ecosistema.
Devo aggiungere che questi soggetti, al momento, non risultano prelevabili con altri sistemi ecologici e che, dal punto di vista venatorio, non sono di alcun interesse. Quindi, bisogna prevedere l'ipotesi della cattura e dell'abbattimento, ma solo come ipotesi, non perché ne conseguano elementi di attività da parte dei cacciatori, ma perché in questi sistemi potrebbero essere introdotti piani di abbattimento al fine di riportare elementi di equilibrio nel settore della popolazione faunistica.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

Non sono soddisfatta della risposta in quanto presenta delle grosse contraddizioni.
L'Assessore dovrebbe avere la compiacenza di spiegare come si attua il controllo, e, se il controllo è trascurabile - così come emerge dalla risposta - vorrei sapere a cosa serve il prelievo. Se è impossibile fare il controllo su alcune specie, diventa irresponsabile indicare delle quantità come quelle indicate in questo testo, di prelievo stesso.
Inoltre non è soddisfacente il fare riferimento alla circolare di risposta, la n. 3 del 29 gennaio, perché una circolare non ha mai costituito una legge. Quindi, bisogna fare riferimento alla legge n. 157.
Evidentemente, quando fa comodo, si fa riferimento alla legge, ad esempio in merito ai censimenti; quando non fa più comodo, si fa riferimento ad una circolare.
L'Assessore deve dire che mancano i dati, le stime e le cifre, e che in realtà questo calendario venatorio, così com'è un contentino per i cacciatori, lo è anche per altre lobby, quelle degli agricoltori per esempio.
La risposta relativa al Colino della Virginia è estremamente significativa: prima l'avete immesso, dopodiché non ha più diritto di vivere, quindi ora lo andiamo ad ammazzare. Questo è un atteggiamento estremamente contraddittorio ed irresponsabile verso le altre specie animali.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 760 a firma di Consiglieri Pozzo, Adduci, Mollo, Giuliano, Rivalta, Chiezzi, Miglio Sartoris, Spagnuolo, Lannes, Bara, Leo, Peano, Rabellino, Vaglio e Majorino sulla Centrale nucleare francese di Superphenix.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' iscritto all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.
Propongo inoltre di iscrivere all'o.d.g. i seguenti provvedimenti: progetto di legge n. 532: "Finanziamento, gestione patrimoniale ed economico-finanziaria delle Unità Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere" proposta di deliberazione n. 1023: "Ulteriore integrazione al Piano di vendita degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica siti in Provincia di Novara e Verbano Cusio Ossola, approvato ai sensi della legge n. 560/93 con DCR n. 729-2981 del 15/3/1994, integrato con DGR n. 35-37805 del 5/8/1994, ratificato con DCR n. 871-12042 del 13/9/1994".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Sono iscritti all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto 36) all'o.d.g.: "Nomine".
Ha chiesto la parola il Consigliere Rabellino; ne ha facoltà.



RABELLINO Renzo

Dichiaro la mia non partecipazione al voto su tali nomine.
Poiché sono stato contrario all'accorpamento e alla strutturazione dei Co.Re.Co, così come lo sono oggi, per una questione di coerenza non partecipo a questa votazione.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, si proceda alla distribuzione delle schede per le seguenti nomine.


Argomento: Nomine

- Co.Re.Co. (legge n. 142/90 e L.R. n. 40/94) - Sezione di Alessandria per il territorio delle attuali province di Alessandria ed Asti. Nomina di 4 esperti effettivi e di 2 esperti supplenti.


PRESIDENTE

E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti membri esperti effettivi i signori Mazzone Giampiero, Prete Gianluigi, Bottero Lorenzo e Trotta Ugo e membri esperti supplenti i signori Maranzana Gino e Molinari Danilo.


Argomento: Nomine

- Co.Re.Co. (legge n. 142/90 e L.R. n. 40/94) - Sezione di Cuneo, per il territorio dell'attuale provincia di Cuneo. Nomina di 4 esperti effettivi e di 2 esperti supplenti.


PRESIDENTE

stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti membri esperti effettivi i signori Collidà Giovanni Francesco, Toso Michele Martino Leopoldo Attilio e Sacco Erminio e membri esperti supplenti i signori De Vicariis Arcangelo e Biarese Giorgio.


Argomento: Nomine

- Co.Re.Co. (legge n. 142/90 e L.R. n. 40/94) - Sezione di Novara per il territorio delle attuali province di Biella, Novara, Verbania e Vercelli. Nomina di 4 esperti effettivi e di 2 esperti supplenti.


PRESIDENTE

stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti membri esperti effettivi i signori Baraggia Luigi, Zara Giorgio, Panozzo Elio e Crivelli Carlo e membri esperti supplenti i signori Scacchi Pierangelo e Ferrari Giovanni.


Argomento: Nomine

- Co.Re.Co. (legge n. 142/90 e L.R. n. 40/94) - Sezione di Torino, per il territorio dell'attuale provincia di Torino. Nomina di 4 esperti effettivi e di 2 esperti supplenti.


PRESIDENTE

stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti membri esperti effettivi i signori Fiorito Giuseppe, Savasta Fiore Lionello Cravero Tommaso e Circosta Lorenzo e membri esperti supplenti i signori Uliva Ramonda Ombretta e Cellerino Giacomo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Ha chiesto congedo il Consigliere Panella.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Approvazione modifiche di coordinamento alla legge approvata in data 29/11/1994


PRESIDENTE

Comunico che l'Ufficio di Presidenza in data 30 novembre u.s, ha approvato le seguenti modifiche di coordinamento, ai sensi dell'art. 83 del Regolamento interno del Consiglio, alla legge regionale approvata in data 29/11/1994 "Interventi regionali a favore delle imprese artigiane commerciali, dei servizi e della piccola industria danneggiate da eventi calamitosi": essendo presente all'art. 1 (Finalità e destinatari) la dizione "delle imprese artigiane, commerciali, dei servizi e delle piccole imprese", la stessa dizione viene utilizzata sia nel titolo, sia al secondo comma dell'art. 1, sia al terzo comma dell'art. 2, inserendo le parole mancanti "dei servizi" all'art. 6 (Disposizioni finanziarie), al primo comma occorre citare non solo i fondi speciali di garanzia, ma anche "i contributi negli interessi", in quanto questi ultimi sono stati aggiunti con un emendamento integrativo al comma primo dell'art. 1.
d) Aumento dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica



PRESIDENTE

Comunico infine che, così come richiesto dall'art. 2 della L.R.
9/6/1994, n. 17 (Modifiche alla L.R. n. 33/84 sull'edilizia pubblica), la Giunta regionale ha disposto, con DGR n. 101-40630 del 28/11/1994 l'aumento dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in ottemperanza ai disposti dell'art. 66, comma nono, della legge 29/10/1993, n. 427. Copia della deliberazione è a disposizione presso la Presidenza del Consiglio.


Argomento: Comunita' montane - Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche)

Esame proposta di deliberazione n. 1055: "Presa d'atto della relazione, ai sensi dell'art. 104 del Regolamento consiliare, della V Commissione relativa all'interrogazione presentata dalla Comunità montana Bassa Valle Cervo sulla realizzazione dell'Orto botanico di Oropa"


PRESIDENTE

Comunico che la V Commissione ha svolto l'esame e rassegnato le risultanze alla Presidenza relativamente all'interrogazione presentata, ai sensi dell'art. 62 dello Statuto, dalla Comunità montana Bassa Valle Cervo sulla realizzazione dell'Orto botanico di Oropa.
Il Consiglio deve approvare, per alzata di mano, la seguente deliberazione: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista l'interrogazione presentata dalla Comunità montana Bassa Valle Cervo sulla realizzazione dell'Orto botanico di Oropa sentita la relazione della V Commissione permanente, ai sensi dell'art.
104 del Regolamento consiliare ne prende atto, l'approva e la trasmette all'interrogante, ai sensi dell'art. 106 del Regolamento consiliare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 349: "Programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientali in attuazione dell'art. 16 della legge 17/2/1992, n. 179"


PRESIDENTE

Il punto 5) all'o.d.g. prevede l'esame del progetto di legge n. 349.
La parola al relatore, Consigliere Buzio.



BUZIO Alberto, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il presente disegno di legge regionale costituisce il presupposto giuridico per nuove e più coerenti tipologie di intervento al fine di operare efficaci politiche nel settore edilizio, e nasce dalla necessità di ripristinare, per quanto possibile, la vigenza dell'art. 16 della legge 17/2/1992, n. 179, relativo ai "Programmi integrati", reso inapplicabile dal Pronunciamento della Corte Costituzionale espresso con sentenza n. 393 del 7/19 ottobre 1992.
In particolare, la sentenza stessa, pur riconoscendo corretta la finalità prevista dalla legge, ha dichiarato illegittimi i commi terzo quarto, quinto, sesto e settimo del predetto articolo, poiché la norma nazionale è andata a disciplinare la materia urbanistica che, come è noto risulta di competenza delle Regioni.
La inappellabilità della sentenza, assunta a seguito di ricorso interposto da alcune Regioni, rende inutile approfondire ulteriormente le motivazioni che l'hanno ispirata, che tuttavia si limitano al conflitto di competenze, per cui si rende necessario che la Regione adotti il presente disegno di legge per ripristinare lo spirito della legge in un corretto contesto giuridico.
E' bene considerare come, di fatto, tutte le Regioni, con intento di dare una disciplina organica nel settore edilizio ed urbanistico attuativo hanno rilevato subito la necessità di affrontare le problematiche sollevate dalla citata sentenza, per giungere ad una proposta omogenea che, partendo da un'interpretazione ed impostazione comune, definisca nelle linee essenziali i concetti, i contenuti, e, in modo puntuale, le procedure dei "Programmi integrativi".
A tal fine la Regione Piemonte si è immediatamente attivata per la formazione di un testo organico che, nel rispetto dei concetti di carattere generale definiti con le altre Amministrazioni regionali, risulti comunque coerente con le norme specifiche derivanti dalle discipline locali di settore, con particolare riferimento alla legge 5/12/1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni.
La presente proposta assume quindi particolare rilievo al fine di rispondere all'oggettiva necessità di colmare il vuoto normativo e procedurale che si è venuto a creare a causa del Giudicato della Suprema Corte che, come detto, ha mantenuto in vita l'istituto giuridico del "Programma integrato", ma ne ha cancellato alcune componenti di natura urbanistica e procedurale che sono state riconosciute di specifica competenza regionale.
In sostanza il provvedimento, mentre riprende ad aggiornare i contenuti della legge 17/2/1992, n. 179, provvede a riassegnare il corretto ruolo istituzionale alle Regioni che, in forza dei poteri trasferiti in materia di edilizia e delle competenze primarie in materia urbanistica, hanno la piena responsabilità per le politiche del settore.
In tal senso la caratteristica di fondo e di maggior interesse del "Programma integrato" è costituita dal fatto che consente, in termini concreti, di considerare il metodo della programmazione come asse portante delle politiche e delle attività che determinano le scelte territoriali ed urbanistiche a favore delle localizzazioni delle iniziative edilizie.
Pertanto, in termini reali, vengono promosse strategie ed attività che fanno uscire la pianificazione territoriale dalle enunciazioni teoriche permettendo di incidere più profondamente non solo sul problema abitativo ma anche nel più vasto settore della riqualificazione urbana ed ambientale.
Analogo atteggiamento è riscontrabile nelle politiche nazionali settoriali che, con la deliberazione CIPE 16/3/1994, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18/5/1994, al punto 5.2, richiama specificatamente tra le "Tipologie innovative di intervento" i Programmi integrati definendo i criteri a cui le A.C, devono rifarsi per formulare le richieste di finanziamento.
Inoltre, poiché le risorse pubbliche - questo è un fatto che verifichiamo puntualmente - non risultano comunque sufficienti ad affrontare in termini complessivi il problema abitativo e del riassetto delle città, ma non solo per questo motivo, la legge formalizza ed attribuisce ampio risalto alla previsione dei "Programmi integrati" mediante i quali è rispondente al continuo evolversi delle diverse situazioni socio-economiche e territoriali.
L'approvazione e messa a regime dei "Programmi integrati", intesi come ulteriore strumento esecutivo in aggiunta a quelli già previsti dalla legge n. 56/77, può consentire di accrescere la possibilità di realizzare abitazioni, insediamenti, infrastrutture e servizi destinati alla generalità della popolazione, con effetti positivi anche sul piano sociale attraverso l'attuazione di concrete politiche per il sostegno dei livelli occupazionali nel settore edilizio e nell'indotto.
L'opportunità offerta dalle norme di cui al presente disegno di legge ha valenza integrata, contribuisce a migliorare lo svolgimento delle azioni necessarie per superare i punti critici e i limiti di sviluppo delle tradizionali politiche e di operare in termini promozionali per preparare in anticipo il terreno favorevole per la scelta del metodo di lavoro nella programmazione.
Ciò è tanto più importante poiché nella nostra realtà non esistono ancora esperienze diffuse di promozione, organizzazione e coordinamento di processi così complessi che comportino l'interazione di soggetti diversi tra i quali la fruizione di finanziamenti misti e provenienti da fonti diversificate.
Se questo approccio appare comunque valido per la generalità degli interventi, esso assume particolare significato se orientato al recupero settore questo da considerarsi prioritario, poiché le vigenti procedure sono particolarmente complesse e le analisi costi/benefici presentano un campo di applicazione spesso di particolare astrazione e comunque decisamente parziale.
Sotto l'aspetto urbanistico, così come la legge 5/8/1978, n. 457 "Piano decennale per l'edilizia residenziale", prevede l'individuazione dello strumento urbanistico esecutivo con il Piano di recupero, così pure la legge in argomento ha definito un ulteriore strumento urbanistico esecutivo denominato "Programma integrato", che costituisce una vera propria e normale figura di Piano esecutivo, aggiuntiva ed alternativa alle altre (Piano particolareggiato, Piano esecutivo convenzionato, Piano di recupero, ecc.) e non già di uno strumento a contenuto eccezionale.
Con le norme di cui al presente disegno di legge, le attività amministrative risulteranno codificate nel rispetto della struttura normativa imposta dalla L.R. n. 56/77, con l'introduzione di alcune precisazioni e puntualizzazioni inevitabili e necessarie dal fatto che tale nuovo strumento può essere proposto da soggetti privati o misti pubblico/privato, soprattutto per promuovere e realizzare ampie azioni di recupero del patrimonio edilizio esistente mediante il ricorso ai "Programmi integrati", trasferendole dall'area della straordinarietà alle modalità ordinarie di governo nei processi di sviluppo urbanistico e territoriale proprio attraverso la diffusione e l'agevole applicazione di tali forme di intervento.
Con tale strumento, oltre a rispondere in maniera diretta alla domanda sociale di abitazioni ed infrastrutture, sarà possibile innescare un meccanismo amplificatore di investimenti nel settore, al fine di risolvere il fabbisogno pregresso ed anticipare i tempi di sviluppo.
Per quanto si riferisce al contenuto specifico delle singole norme, se ne illustrano i dati più rilevanti, distintamente per ciascun articolo.
L'art. 1 precisa le finalità del presente disegno di legge regionale e ricorda come lo stesso costituisca integrazione e completamento dei disposti di cui all'art. 16 della legge 17/2/1992, n. 179.
Gli artt. 2 e 3 stabiliscono la natura, le particolarità e le caratteristiche degli interventi ammessi per la promozione di un "Programma integrato" e, fissando i requisiti di natura socio-economica e territoriale, riconoscono allo stesso carattere di interesse generale.
In sintesi, gli obiettivi più significativi che la norma si prefigge di conseguire essenzialmente si riferiscono a: a) promuovere il coordinamento tra i vari tipi di intervento nel settore dell'edilizia e dei servizi pubblici per migliorare la qualità complessiva delle iniziative di costruzione b) diffondere un innalzamento della qualità della vita nel maggior numero possibile dei luoghi di intervento c) attivare, attraverso le disponibilità pubbliche previste, la maggiore quantità possibile di risorse private nel settore d) garantire un maggior rispetto dell'ambiente in cui gli interventi si collocano.
Tale indirizzo assume significato di soluzione avanzata, innovazione intelligente e concreta al problema del superamento delle vecchie griglie di intervento, confermando un nuovo indirizzo di programmazione, già da tempo, sia pur autonomamente, promosso dalla Regione anche mediante L.R.
19/2/1982, n. 6, che ne anticipa alcuni contenuti e, di fatto, le finalità.
Con la messa a regime delle norme di cui ai predetti articoli non viene più consentita la realizzazione di quartieri monoclasse o monofunzionali ma di nuclei integrati sia in termini sociali che di destinazioni d'uso ed urbanistiche, di infrastrutture e servizi attraverso anche la massima valorizzazione delle potenzialità delle istituzioni, enti e soggetti realizzatori e gestori.
Ciò comporterà anche il miglioramento della qualità della progettazione architettonica ed ambientale che viene indirizzata ed incentivata sia dai livelli istituzionali, ma soprattutto dal sistema dell'utenza e degli utilizzatori finali.
L'elencazione delle aree di intervento riportate all'art. 3 costituiscono griglia di priorità coerente con le politiche urbanistiche e di finanziamento pubblico dell'ERPS in atto.
Con l'art. 5 vengono definiti i soggetti legittimati alla presentazione dei "Programmi integrati", nonché gli elaborati di progetto necessari per la sua approvazione che, di fatto, corrisponde a quelli previsti dalla legge urbanistica 5/12/1977, n. 56, per la presentazione degli strumenti urbanistici attuativi, integrati con apposito schema di convenzione.
A tal proposito è bene considerare come l'articolata fase di preparazione (nella quale, seppure a livello di massima, vengono assunte le valutazioni in ordine a tutti i profili di fattibilità: istituzionale giuridica, economica, finanziaria, urbanistica, produttiva e sociale) possa essere verificata a priori consentendo di introdurre dati ed elementi importanti di controllo sui punti critici, così da poter conoscere e valutare in tempo utile gli ostacoli da rimuovere e le azioni di facilitazione da porre in essere.
Gli artt. 6 e 7 rappresentano un combinato disposto che stabilisce le procedure di approvazione e quelle attuative delle proposte di "Programma integrato", tenendo conto delle irrinunciabili esigenze di controllo e di trasparenza nell'azione amministrativa.
Le procedure, tra l'altro, tendono non solo ad accelerare i tempi di approvazione, ma a consentire di esaurire in tempi contenuti l'intero sistema autorizzativo.
Il medesimo articolo prevede discipline differenziate in relazione al riferimento del "Programma integrato" con la strumentazione urbanistica vigente, salvaguardando in caso di variante il potere di contraddittorio della pubblica opinione mediante la presentazione delle osservazioni, e le competenze generali da parte dell'ente locale e della Regione.
Inoltre, l'impianto normativo risponde, per le sue caratteristiche procedimentali, alla tendenza, sia pur nel più scrupoloso rispetto delle norme e delle regole di trasparenza, di accelerare i procedimenti e di semplificarne le fasi, in coerenza con i principi enunciati dalle leggi 5/8/1990, n. 142, di riforma delle Autonomie locali, e 7/8/1991, n. 241 di attuazione, attraverso l'imposizione di termini perentori per l'approvazione, con il ricorso all'istituto del silenzio-assenso.
Come detto, è importante rilevare come le norme di legge, pur facendo salve le competenze degli enti promotori e di controllo (Comuni e Regioni) e le garanzie della partecipazione, semplifichino il procedimento nel senso di contenere gli adempimenti, restringere i tempi e rendere perentori i termini per la decisione finale.
In particolare, la Conferenza dei servizi deve ritenersi lo strumento adatto per dare piena operatività ai programmi e per utilizzare, in termini anche temporalmente corretti, le risorse sia pubbliche che private invertendo la tendenza che ha determinato, nonostante continue azioni di stimolo sistematicamente e continuativamente operate, stagnazione di residui passivi.
Alla Regione vengono confermati poteri di massima responsabilità nell'approvazione dei programmi e nel controllo dei risultati conseguiti alla loro attuazione, mediante i quali sovraintendono in termini attivi alla gestione del territorio, mentre agli operatori pubblici e privati vengono dati elementi di certezza sui tempi e sui modi di intervento.
Inoltre, sempre per ciò che concerne l'edilizia pubblica residenziale sono previsti ulteriori riferimenti a norme nazionali di settore per lo snellimento delle procedure attuative.
Con l'art. 8 vengono stabiliti poteri di deroga per piccole varianti o aggiustamenti marginali nella tendenza di migliorare le condizioni di fattibilità degli interventi, in parziale analogia con quanto già avviene ai sensi dell'art. 34 della legge 22/10/1971, n. 865.
Mentre l'art. 9 stabilisce le condizioni per l'attribuzione dei finanziamenti in conto capitale o assistiti da contributo pubblico per le quali vengono richiamate le leggi regionali di settore.
Prevede inoltre la possibilità di realizzare gli interventi edilizi attraverso la costituzione di società a capitale misto appositamente costituite.
L'art. 10 determina l'ambito di applicazione della norma del presente disegno di legge stabilendo condizioni e limiti tra i quali la realizzazione di quote di edilizia residenziale convenzionata ai sensi del combinato disposto artt. 7 e 8 della legge urbanistica nazionale 28/1/1977 n. 10.
L'art. 11 riguarda la norma di coordinamento che consente di introdurre nel gruppo degli Strumenti Urbanistici Esecutivi, previsti dalla L.R. n.
56/77, anche i "Programmi integrati".
Le conclusioni che si possono rilevare sono le seguenti.
Non c'è dubbio che l'importanza urbanistica di questi strumenti, o meglio, di questa nuova figura giuridica, richiede agli enti locali l'assunzione di un ruolo promozionale, di coordinamento e anche di controllo su tutta l'operazione urbanistica ancora più accentuato, quindi è un ruolo protagonista. Si tenga anche conto che si tratta di sperimentare nuove vie per far sì che ci sia una nuova possibilità di interventi in aree degradate in cui è necessario un recupero dei vecchi nuclei urbani, ma soprattutto è un problema che interessa tutte le Amministrazioni locali.
Una cosa che è stata fatta rilevare, e su cui io convengo, è che sarebbe opportuno che le modifiche alla legge n. 56 fossero globali e non per spezzettamenti. Purtroppo, in questo ciclo legislativo, abbiamo assistito a più interventi sulla legge n. 56, che sono stati dettati da varie esigenze: da una parte l'accelerazione delle procedure, dall'altra l'adeguamento alla legge n. 56 o perlomeno alla legge n. 142. Anche questo è il recepimento di un istituto che è stato previsto dalla legge nazionale.
Certamente sarebbe opportuno che tutta la materia venisse vista nella sua globalità, come era stato annunciato già all'inizio di questa legislatura. Indubbiamente l'impianto della legge n. 56 ha ancora una sua razionalità; tuttavia c'è la necessità di rivedere l'intera materia, come da più parti è stato detto.
Data l'importanza dell'argomento, ho chiesto la volta scorsa il rinvio in Commissione affinché anche l'articolato fosse più preciso. Debbo constatare che la II Commissione ha lavorato molto sul testo, in particolare il Presidente della II Commissione ha lavorato alacremente affinché fosse migliorato il testo nella sua stesura e fosse molto chiaro dando meno spazio ad ambiguità, a ridondanze e a frasi inutili.
Il testo è stato migliorato notevolmente, anche dal punto di vista tecnico-giuridico ed io, in tale veste, lo propongo all'approvazione del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Germanetto.



GERMANETTO Michelino

Esiste un'obiezione, che non è politica, ma strettamente giuridica: il richiamo al PPA previsto all'art. 7, commi sesto e settimo del decreto.
Al di là del merito, tale richiamo rappresenta un palese conflitto con la situazione giuridica introdotta dalla normativa in itinere in materia di condono (ora DL n. 551/94). E' noto infatti che questa norma abroga l'art.
13 della legge n. 10/77 e dunque cancella dal sistema giuridico di gestione del territorio e di urbanistica l'istituto stesso del PPA.
In tal senso, dunque, il presente richiamo al PPA vìola il principio costituzionale secondo cui le competenze in materia delegata, ex art. 117 della Costituzione, sono esercitate dalla Regione nell'ambito dei principi dettati dalla legislazione nazionale. Il Commissario di Governo avrebbe quindi motivi per respingere sul punto la legge.
Non a caso, benché risulti che gli esperti dell'Assessorato all'urbanistica continuino a sostenere, anche con le Amministrazioni locali che li interpellano, l'efficacia del PPA in quanto previsto dalla legislazione regionale, risulta che correttamente i Co.Re.Co, abbiano bocciato deliberazioni in materia di approvazione o modifica del PPA per violazione di legge.
Peraltro, la cancellazione di tale richiamo non altera nella sostanza il meccanismo della legge: si prevede infatti anche che l'inserimento in PPA non sia necessario per i primi interventi previsti dal Programma integrato e rappresentati con cartografia in scala 1:1000. Si prevede la non necessità dell'inserimento nel PPA di tutto il Programma integrato qualora la convenzione detti i tempi nel dettaglio dell'attuazione dei vari interventi.
Dunque la legge stessa prevede che, in tutto o in parte, si possa prescindere da un ipotetico riferimento al PPA. E' quindi consigliabile espungere tale richiamo onde evitare le censure possibili ad opera del Commissario di Governo.
Ciò sia detto prescindendo dalle possibili valutazioni in merito alla funzione del PPA come strumento di gestione della programmazione del territorio.
Osservazioni di dettaglio possono poi essere indicate nei seguenti punti: 1) art. 5, comma terzo: sembra eccessivo pretendere la progettazione in scala 1:1000 delle opere relative alla fase prima di attuazione del programma. Ciò finisce per appesantire ed aggravare le fasi di predisposizione di questo strumento. Tale norma poteva avere senso nell'ottica originaria dell'art. 16 legge n. 179/92, laddove si attribuiva alla deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del Programma integrato efficacia di concessione edilizia. Essendo ora comunque necessario l'atto autorizzativo sindacale, non si vede perché portare alla scala della programmazione urbanistica l'analisi di dettaglio delle questioni edilizie.
2) Art. 3, comma primo, lettera b). E' positiva la previsione secondo cui il Programma integrato possa estendersi sul territorio di più Comuni.
Occorre però precisare le procedure e gli istituti da adottarsi in tale fattispecie, onde evitare che questa facoltà resti lettera morta. Tali istituti sono da individuarsi sicuramente o nella Conferenza dei servizi di cui all'art. 14 legge n. 241/90, o nell'accordo di programma, ex legge n. 142/90, art. 27, nel caso in cui serva anche l'adeguamento delle previsioni urbanistiche. Ipotesi: inserire il seguente emendamento in posizione opportuna: "Nel caso il proposto programma si estenda sul territorio di più Comuni, i proponenti, così come individuati all'art. 5 consegnano a ciascuno dei Comuni interessati la proposta complessiva. Il Sindaco del Comune con il maggior numero di abitanti, entro 30 giorni dall'avvenuta presentazione del programma, convoca una Conferenza dei servizi, ai sensi dell'art. 14 legge n. 241/90, estesa a tutte le Amministrazioni interessate, sia territoriali che competenti al rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta per la contestuale ed unitaria istruttoria della proposta. Gli esiti di tali accertamenti istruttori possono essere formalizzati in un accordo di programma, ai sensi dell'art.
27 legge n. 142/90, che detti contenuti, procedure, tempi ed impegni dei singoli soggetti competenti".



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Il Gruppo di Rifondazione Comunista solleva numerose obiezioni su questo disegno di legge che istituisce i Programmi integrati di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale in attuazione della legge n. 179, legge nazionale del 17/2/1992.
La prima obiezione è di carattere generale e vuole realizzare in questo Consiglio regionale un punto di resistenza e di chiarezza su questo modo di legiferare da parte del Parlamento nazionale, contro il quale occorrerebbe iniziare un moto diverso da quello della semplice acquisizione di quanto di nuovo, si fa per dire, viene proposto.
Ci troviamo di fronte ad una legge, la n. 179, che ha inventato, come se prima non esistesse, un nuovo soggetto urbanistico: i fantomatici Programmi integrati di intervento. Il motivo per il quale il legislatore nazionale ha inventato questo strumento è che nelle città in cui si interviene per recuperare l'edilizia, la forma urbana, le funzioni urbane è difficile attuare gli interventi con gli strumenti preesistenti. Questa è una grossolana bugia e dimostra l'incapacità del legislatore di risolvere il problema alla radice.
Il problema alla radice lo si risolve approvando l'unica legge che distingue l'Italia dagli altri Paesi europei: una legge sull'uso e sull'acquisizione dei suoli. Questo non viene fatto, siamo nel marasma o nel più completo antico (leggi del 1865). Continuiamo ad arrabattarci: i Piani particolareggiati non sono stati fatti; i Piani esecutivi convenzionati nemmeno; i Programmi di attuazione men che mai; i Piani per gli insediamenti produttivi non si fanno più. Ecco dunque che qualche legislatore incapace, che non sa valutare i problemi, pensa: "I Comuni languono, le politiche urbanistiche non vanno avanti, non ci sono strumenti: inventiamo lo strumento dei Piani integrati". Ma lo strumento del Piano integrato si scontrerà con le stesse difficoltà dei quaranta tipi di Piani urbanistici già in vigore: al momento dell'attuazione si troverà di fronte il problema, irrisolto, dell'acquisizione dei terreni e degli immobili secondo una legge ordinaria, chiara, che sancisce diritti, doveri rendite e via dicendo.
Relativamente al perdurare di una legislazione che si illude di aver trovato il sistema per risolvere il problema del risanamento dei centri storici, nonché delle periferie, occorrerebbe un atteggiamento di denuncia di tali fatti e di richiesta al Parlamento nazionale di una celere approvazione dell'unica legge che può risolvere tale problema, e che non viene approvata. Viceversa, la Giunta regionale - in questo segnalo l'inerzia da parte di questa cosiddetta "nuova" Giunta rispetto al passato cerca di interpretare, e potrebbe non farlo, quanto rimane del Capo V, art.
16, della legge n. 179, e inventa la nostra "leggina" regionale, in cui descrive meglio e in modo più diffuso di quanto faccia il legislatore nazionale questi Programmi integrati.
Una seconda obiezione riguarda il modo in cui viene attuata questa "traduzione regionale" di una legge nazionale. Anche in questo senso l'inerzia è massima rispetto al passato. Invece di assumere la legge n. 56 e di inserirvi le aggiunte previste dalla legge nazionale, cosa faceva la Giunta precedente, che l'attuale rifà, pari pari, con piccole modifiche? Costruisce una nuova legge: i cittadini piemontesi avranno una nuova normativa nel settore urbanistico, da leggere contestualmente alla legge n.
56, alla quale si richiama. Ciò creando ulteriore confusione in un sistema già pletorico e superfetato di piani e leggi; sistema che andrebbe invece asciugato secondo quell'indicazione che l'Assessore Carletto, al termine dell'improba fatica alla quale venne - anche dal sottoscritto - sottoposto quando provò a variare per l'ennesima volta, in termini parziali, la legge n. 56: "Adesso basta: fermiamoci e dedichiamo una legislatura a cercare di ricostruire un orientamento organico, diverso da quello vigente; finiamola con le variazioni".
Conosciamo tutti le successive vicende: interruzioni, crisi più o meno implicite e poi l'approdo a questa nuova Giunta, che ripropone quanto di vecchio esiste in materia.
Terza obiezione. Nei contenuti, questa legge prevede tutte quelle "piccole" - diranno così i Consiglieri di maggioranza, l'Assessore: son piccole, non si vedono... - modifiche, tutto quel modo di pensare e di agire per cui "fatta la legge, trovato l'inganno". Steso il Piano urbanistico, che deve venire in Consiglio, essere approvato, pubblicato ecc., seguendo tale logica, si comincia ad inserire piccole deroghe: si deroga l'altezza, il volume... Ma sono cose piccole, per carità assolutamente ininfluenti! Tutte deroghe - guarda caso - che vanno a colpire settori delicati come quelli dell'ambiente e della tutela ambientale-paesistica, culturale-architettonica; successivamente, quando su scala diversa, per carità! - succedono i disastri: "Ahimé': come mai è successo questo, come mai si è costruito sul greto del fiume..." e via dicendo.
L'ultima mia obiezione è dunque sul merito della legge, in particolare sull'art. 8 - se la Giunta, nel frattempo, non lo varierà con i suoi emendamenti, che, sempre più spesso, continua a presentare in aula all'ultimo momento: fatto che potrebbe essere reso discutibile anche per i Consiglieri regionali, ma discutibilissimo per la Giunta - che prevede ampio lassismo riguardo alla tutela ambientale.
Per questi motivi, non voteremo in senso favorevole alcun emendamento al disegno di legge; voteremo unicamente l'emendamento presentato all'art.
8 dal Consigliere Rivalta, più per simpatia che per convinzione, che pur aggiunge qualcosa di buono.
Sul disegno di legge in generale, per i motivi sopraesposti, voteremo contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Mi associo agli interventi precedenti.
Il relatore Buzio ha giustamente parlato di recupero, degrado controllo; per il resto, temo che questo progetto di legge non comprenda abbastanza la questione, gravissima, del controllo sia sui Piani regolatori, specialmente nelle zone a rischio della Regione, sia sulle autorizzazioni edilizie dei Sindaci, indispensabile controllo senza il quale, nei casi di emergenza, non si sa a chi affidare l'opera di ricostruzione.
Questo problema è stato messo in evidenza dalle Associazioni ufficiali dei geologi - o idrogeologi - e dai loro Presidenti, che parlano di irregolarità sia nei Piani, dai quali sarebbe assente o quasi il criterio idrogeologico, sia nelle autorizzazioni edilizie comunali.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, se mai dovesse essere scritta - ammesso che possa succedere - la storia di Tangentopoli, essa incomincerà sicuramente con queste parole: "C'era una volta una forma di edilizia detta 'contrattata'".
L'incipit della storia di Tangentopoli non potrà che essere questo.
Perché mi vengono in mente situazioni così pesanti che comunque - tengo a precisare - credo esulino dalle intenzioni di chi questa legge ha proposto? Gli effetti negativi di questa legge, a mio avviso, vanno al di là delle intenzioni di chi la legge ha proposto. Dico questo per chiarezza e per sgomberare il campo da eventuali equivoci.
Né possiamo, detto questo, lasciarci ingannare dall'"ampiezza dell'entrata" (per usare un verso di Dante). Mi riferisco al titolo della legge, che parla di Programmi integrati e, niente di meno, di riqualificazione urbanistica.
Credo che, come nel settore della pubblicità, anche nella denominazione delle leggi bisognerebbe istituire una specie di comitato di autocontrollo in quanto ritengo giusto che al contenuto delle leggi corrisponda la loro denominazione, e non dei titoli che fanno apparire il contenuto per quello che non è, che lo abbelliscono. Ciò vale per questa legge, ma vale anche per tante altre.
In realtà, con questa legge non si riqualifica un bel nulla; si introducono tutti quegli elementi che tendono non solo ad arrecare ulteriore degrado al territorio, ma che incidono negativamente su tutti quei processi che, in qualche modo, oggi tutelano il territorio. E' un vero e proprio grimaldello che scardina regole e procedure: questo è il grave di questa legge! chiaro che la legge va nella direzione oggi più sentita, che è quella di cercare di scardinare le regole del vivere comune, dello Stato che si è costituito; questa insofferenza per le leggi di tutela, per i rapporti sociali, per le interconnessioni che questa società si è data trova, in qualche modo, elementi anche all'interno di questa legge.
Si dice: "Sì, però ci sono troppi vincoli, troppi tempi lunghi, troppe procedure da osservare e dunque bando alle procedure, bando ai vincoli interveniamo con una legge di questo genere, che scavalca e supera ogni vincolo ed ogni procedura". Anche questo è inaccettabile, perché nel suo piccolo (o nel suo grande, dipende dalle situazioni che si creeranno) mina l'organizzazione dello Stato sociale, che si basa su regole ben precise e su contratti fatti tra cittadini e regolati dall'insieme delle relazioni sociali.
Di questo ne parlava già il Consigliere Chiezzi, e io lo richiamo all'attenzione di tutto il Consiglio, che - devo dire la verità segue distrattamente questa vicenda, degna invece della massima attenzione per gli effetti dirompenti che potrà produrre, anche a breve termine (dal sentore che ne ho, pensando a cose che mi sono state dette al di fuori di quest'aula).
Le aspettative su questa legge da parte di alcuni ambienti sono notevoli, sono tante: sapevano già che c'era, che era in itinere e ora si stanno preparando ad intervenire; vorrei quindi che fosse letta con attenzione.
Richiamo la sensibilità dei Consiglieri sull'art. 8. L'art. 8 è quello che consente interventi che tendono a snaturare l'origine dell'attività di programmazione territoriale ed urbanistica. Nella fase di attuazione del Programma integrato, si dice: "Possono essere autorizzate variazioni approvate con deliberazione del Consiglio comunale nei seguenti casi..." preciso che l'elenco dei casi non è di tipo burocratico, ma è un elenco molto ponderoso e significativo ai fini dell'intervento sul territorio.
Elenco i casi: "1) per modificare le destinazioni d'uso delle aree o degli edifici in misura non superiore al 10% in volume per l'edilizia residenziale ed in superficie per le altre destinazioni, purché al mutamento delle destinazioni corrisponda l'adeguamento degli standard previsti dalle leggi vigenti". Badate: questo 10% è stato introdotto in Commissione, perché in origine non si parlava del 10%, ma di modificare le destinazioni d'uso delle aree e basta.
semplice intuire a cosa questa norma darà luogo: si progetta un programma di intervento che va in una direzione, che ha certe caratteristiche iniziali, lo si approva secondo le procedure previste dalla legge, si aprono i cantieri, si avvia l'intervento, dopodiché esso potrà variare, sia pure - ora - nella misura del 10% con sola deliberazione del Consiglio comunale; è vero, però la variazione avviene anche in difformità degli strumenti urbanistici vigenti, questo è il punto, e sarà il Consiglio comunale a deliberare in merito. Voi immaginate che cosa succede nei Consigli comunali, con un cantiere aperto, con opere avviate, con lavoratori che stanno ivi lavorando? Ad un certo punto, quel Consiglio comunale, nella migliore delle ipotesi - e non voglio pensare male - è sottoposto a pressioni occupazionali del tutto strumentali, perché chi ha preparato quell'intervento avrebbe dovuto farlo nel rispetto delle finalità della legge. E le finalità della legge sono quelle citate all'art. 1, che sono nobilissime.
Quali finalità prevede l'art. 1? Prevede riqualificazione urbana edilizia ed ambientale e la denominazione dei Programmi integrati, però le finalità sono queste: una più razionale utilizzazione e riorganizzazione del territorio, delle infrastrutture, degli insediamenti esistenti e della loro espansione, nonché il perseguimento del risparmio energetico. Sono finalità nobilissime, tutte condivisibili. Ma allora, se uno ha proposto un programma di intervento sulla base di queste finalità che sono di programmazione elevata, come può ad un certo punto cambiare la destinazione d'uso, cioè far venire meno la finalità ispiratrice del programma stesso? E' evidente che c'è della malafede in questa cosa, è chiaro. I Consigli comunali, da soli, non possono sopportare l'impatto pesante di una richiesta di variazione che sicuramente ricadrà su quegli stessi Consigli comunali; allora, cari Consiglieri e signora Presidente, il gioco è fatto: si presenta un programma con certi fini, certi scopi e poi se ne esegue un altro completamente diverso, sia pure nella misura del 10%.
L'art. 8 continua e alla lettera b) è scritto: "Per variare il volume o la superficie del Programma integrato quando le variazioni non siano superiori al 5% del volume o della superficie complessiva dello stesso e riguardino il recupero degli edifici esistenti...": in questo caso, è sempre possibile variare il programma. Perché ci deve essere questa possibilità di aumentare il volume nella misura del 5%? Anche questa quantità è stata in qualche modo contrattata, per usare il termine iniziale, in Commissione, perché prima mi pareva che fosse di gran lunga superiore. Se è un Programma integrato, se è proposto da persone, da enti da istituzioni che sanno e prevedono tutto, da dove discende la necessità di aumentare del 5% il volume? Si diceva che forse nei centri storici, in caso di recupero di un vecchio edificio, non è possibile prevedere tutto e allora era meglio prevedere questo aumento. Ma perché in più? Per quale ragione? Prevediamolo in meno! O le cose stanno come sono, oppure si prevede in meno! E questo - badate - in deroga del Piano regolatore. Io mi chiedo in base a quali considerazioni il Piano regolatore di un Comune ha definito degli standard volumetrici all'interno di un centro storico, se poi questi standard vengono disattesi da una norma come questa. Sono incongruenze gravissime! Inoltre, il Programma integrato può essere variato "quando venga modificata l'altezza degli edifici in misura non superiore a metri 1 purché non vari il numero dei piani". Vi rendete conto di cosa significa questo? Vi rendete conto di cosa vuol dire, in certe situazioni, in certi casi, potersi sollevare nelle costruzioni di un metro? Vuol dire produrre anche qui nella migliore delle ipotesi un notevolissimo impatto visivo.
Come è possibile un ragionamento di questo genere?



MARCHINI Sergio

Non può essere migliorativo?



ADDUCI Donato

Se è migliorativo, Consigliere Marchini, lo si preveda all'inizio; lo si preveda nel rispetto delle finalità di legge e, in tal caso, non c'è bisogno di ricorrere alla variazione in sede di Consiglio comunale: non lo si fa in contrasto con il Piano regolatore. Ripeto, se è migliorativo lo si preveda nel Piano, lo si preveda all'inizio del Piano integrato, ma non dopo; il guaio è che tutte queste cose avvengono a posteriori - collega Marchini, questo è il problema - non a priori. Certo che può essere migliorativo, ma allora lo si preveda subito! Altro punto di variazione: "d) quando gli spostamenti, all'interno del perimetro, non incidano sulle quantità complessive del Programma integrato". Anche in questo caso, bisogna poi vedere come viene rispettato quel principio del risparmio energetico, pur richiamato nelle finalità, che si basa su un concetto non chiaramente espresso, non chiaramente detto dalla legge, ma che dovrebbe essere quello di una migliore e più razionale utilizzazione dell'energia solare grazie alla dislocazione degli edifici.
E ancora, possono essere autorizzate variazioni: "e) quando non vi sia mutamento delle caratteristiche degli interventi edilizi sugli immobili sottoposti a vincolo storico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché sugli immobili ricadenti nei parchi e nelle riserve o in aree protette nazionali o regionali". Quindi non vi deve essere variazione di destinazione e delle caratteristiche degli interventi. E questo, francamente, è accettabile.
Punto 2): "Qualora il Programma integrato interessi aree normate ai sensi dell'art. 24 della L.R. n. 56/77 e successive modifiche ed integrazioni, fermo restando l'obbligo del rispetto delle prescrizioni in materia di tutela ambientale, per esse può essere mantenuta la volumetria preesistente anche in difformità da quella del Piano regolatore generale vigente o in salvaguardia. Analogamente si opera per l'altezza massima consentita". Quindi si prevedono tutte queste forme di intervento.
Inoltre - punto 3) - tutte queste variazioni "che incidono unicamente sulla cubatura dei volumi tecnici e tecnologici e sulla distribuzione interna delle singole unità immobiliari richiedono la sola autorizzazione del Sindaco". Nulla da eccepire, ovviamente, per i volumi tecnici e tecnologici, anche se, anche in questo caso, bisognerebbe prevedere quali sono questi volumi.
Il grave è che è soggetta soltanto all'autorizzazione del Sindaco anche la distribuzione interna delle singole unità; questo significa la possibilità di stravolgere un programma presentato inizialmente in un certo modo, che poi, ad un certo punto, senza neanche passare più in Consiglio comunale, ma semplicemente con l'autorizzazione del Sindaco, si trova ad essere dislocato sul territorio in modo completamente diverso.
Questi sono alcuni degli effetti che una legge di questo genere andrà a produrre. Già in Commissione ho espresso molte perplessità di questa natura ed ho votato contro; naturalmente voterò contro anche in questa sede.
Ritengo che una legge di questo genere - se mai passasse vada proprio nella direzione opposta a quella che per me ha costituito un modo di intendere l'intervento dell'uomo sul territorio fin da tempi lontani.
La Presidente mi richiama, credo; fa segni di insofferenza.



PRESIDENTE

Non di insofferenza, ma di richiamo sui tempi.



ADDUCI Donato

E allora io vorrei richiamare alla sua memoria questo: è vero, non si tratta di una proposta di legge, si tratta di un disegno di legge, ma è pur sempre una "proposta indecente".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

La valutazione che, come Gruppo Verdi, facciamo su questo disegno di legge è negativa. Non possiamo non riprendere le considerazioni già portate all'attenzione dell'Assessore all'urbanistica nella sede della competente Commissione consiliare.
Le nostre ragioni attengono a due livelli di considerazioni. Una, gli effetti che si possono produrre con la promulgazione di questo disegno di legge e l'introduzione nel panorama esistente degli strumenti che danno attuazione alle finalità, alle indicazioni generali contenute nei Piani regolatori generali, di un nuovo strumento esecutivo qual è il Programma integrato. L'altra è una valutazione che attiene al mancato inserimento di tale strumento nel corpus della legge quadro regionale in materia urbanistica, il cui nome, come sappiamo, è "Tutela ed uso del suolo".
Venendo alla prima questione, noi riteniamo che già esista un insieme di strumenti che, per l'appunto, si ritengono attuativi delle linee generali indicate nel Piano regolatore generale che, ovviamente se interpretati nella loro maniera corretta, possono rispondere a quelle esigenze che vengono riproposte per tramite di questo disegno di legge esigenze che attengono alla riqualificazione delle aree urbane, sia di quelle a destinazione residenziale sia di quelle a destinazione produttiva.
Pensiamo in particolare alla necessità di recuperare le diverse zone che non vengono più sfruttate, le cosiddette aree dismesse, soprattutto se riferite alle zone industriali; tuttavia riteniamo che gli strumenti per poter attuare percorsi di riqualificazione urbana e anche ambientale (come in parte viene richiamato da questo disegno di legge) fossero già ricompresi dal legislatore nazionale e poi inseriti nel corpus della legge quadro regionale. Il problema era semmai quello di sollecitare gli Amministratori locali a recuperare questi strumenti, anche in un serrato confronto con i soggetti privati, che sono tra coloro che possono proporsi per compiere, per portare a termine percorsi di tale natura.
Il problema è sostanzialmente politico. Bisogna chiedersi in quale misura, fino ad oggi, le Amministrazioni locali sono riuscite a proporre la redazione, l'adozione e il perseguimento di strumenti che già esistono e che potevano, allo stesso modo, conseguire i risultati che vengono ora riproposti con questo disegno di legge. L'impressione che si ha - cosa che accade sovente, ma forse le colpe sono più da ricondurre al legislatore nazionale che non alla Regione Piemonte - è che spesso, a fronte di problemi esistenti, non si vadano a ricercare le cause che hanno impedito di attivare percorsi risolutivi, ma si cerchi di riproporre un nuovo strumento, identificando in questo atto la soluzione a tutti i problemi che si sono accumulati fino a quel momento.
E' un percorso che riteniamo sbagliato e, se si guarda al passato, agli altri strumenti ugualmente introdotti nel panorama normativo ed attuativo nel campo dell'urbanistica e della pianificazione del territorio, possiamo rilevare che o sono rimasti inutilizzati o non hanno conseguito i risultati auspicati.
La seconda questione sulla quale volevamo soffermarci era - ed è una questione che più volte abbiamo riproposto in sede di Commissione competente quella di non approvare una nuova legge scorporata da quella quadro "Tutela ed uso del suolo", la legge n. 56/77, ma di inserire questo articolato nel corpus stesso. Secondo noi era possibile realizzare questo percorso.
Faccio solo un riferimento: dopo l'art. 47, che è l'articolo finale di un titolo che riguarda gli strumenti esecutivi dei Piani regolatori generali comunali, poteva essere inserito il corpo, magari leggermente ritoccato, dell'attuale disegno di legge n. 349. Non a caso, nel titolo in cui è ricompreso l'art. 47, per altri strumenti urbanistici esecutivi vengono ribaditi quelli che sono i contenuti (e in questo caso potevano essere i contenuti del Piano integrato) e vengono precisati quali sono gli elaborati (anche in questo caso potevano essere quelli del Piano integrato) e le modalità per l'approvazione e l'efficacia degli strumenti esecutivi (in questo caso poteva essere il Piano integrato).
Non siamo riusciti a comprendere per quale motivo l'Assessore competente, ma anche la Commissione che ha votato questo disegno di legge regionale, non abbia voluto adottare questa strada, che sicuramente permetteva una maggiore chiarezza soprattutto per i soggetti che devono adempiere al dettato della legge.
Abbiamo sollevato anche la questione che ci sembrava paradossale che se da una parte questo Consiglio regionale aveva pensato di istituire una Commissione competente per cercare di addivenire ad una semplificazione normativa attraverso la possibile stesura e redazione dei Testi unici dall'altra parte sembrava contraddittorio che, in una sola materia già di per s' complessa com'è quella dell'urbanistica e della pianificazione del territorio, si andasse nella direzione opposta, antitetica.
Venendo alla terza questione, cioè quella dei contenuti dei disegni di legge, riscontriamo alcune altre contraddizioni. In primo luogo, vi è una questione terminologica; per esempio, all'art. 1, nella volontà di precisare ed inserire ulteriormente alcuni richiami, si creano confusioni sul piano dell'espressione e della dialettica.
Quando si parla di un uso razionale e di utilizzazione e riorganizzazione del territorio, il riferimento al territorio riteniamo che comprenda già al suo interno le infrastrutture e gli insediamenti esistenti e la loro espansione. In questo caso, il rischio è quello di ripetersi aggiungendo cose che dovrebbero già essere ricomprese in un termine espresso precedentemente.
Ha fatto bene il collega Adduci a riproporre e sollecitare sul piano culturale il richiamo al perseguimento del risparmio energetico, perché si potevano aggiungere ulteriori altri richiami; per esempio, quello all'uso ecocompatibile delle risorse ambientali.
Questo per dire che quando si vanno a definire le finalità attraverso l'art. 1, i richiami potevano essere molteplici; ci si trova di fronte alla situazione paradossale di restringerli, tentando con un termine solo di ricomprendere tutte le provocazioni culturali, tutte le tensioni ed indirizzi all'interno di un unico termine, ma il rischio è che l'elenco potrebbe essere molto più lungo di quello formulato in questa proposta.
All'art. 2 risulta non chiara la scelta fatta di non assoggettare alla predisposizione preliminare, in sede di definizione dei Piani regolatori generali, la delimitazione territoriale delle zone che dovranno essere sottoposte al Programma integrato. Non è chiaro il rapporto e i contenuti dell'art. 32, laddove già si precisa che "è facoltà dell'Amministrazione comunale di indicare o meno i territori che devono essere sottoposti all'approvazione di strumenti urbanistici esecutivi", ma si precisa altresì che "qualora l'Amministrazione comunale non intenda, in prima battuta (cioè con la definizione ed approvazione del Piano regolatore generale) individuare tali porzioni di territorio da assoggettare a strumenti urbanistici esecutivi, si innesca a posteriori un processo particolare che prevede il richiamo ai contenuti dell'art. 34, primo comma, punto 1)".
Quanto contenuto dal comma secondo, art. 2, del disegno di legge n.
349 risulta non essere chiarissimo; ovvero se la legge quadro regionale prevede di fatto che fin dall'origine nella stesura dei Piani regolatori generali non siano definiti gli ambiti all'interno dei quali andare a formare Piani urbanistici esecutivi, che cosa accade. Ovvero in quei casi si recupera questo altro percorso oppure semplicemente si dà il via libera con le procedure di approvazione previste dall'art. 6.
All'art. 4 riteniamo che ci sia una certa confusione, perché da una parte - ed è il titolo stesso dell'art. 4 - si dovrebbero indicare gli interventi ammessi, ma quando si passa a leggere i contenuti di cui alle lettere a), b) e c) si scopre che in verità non vengono precisati gli interventi ammessi, ma le finalità degli interventi che sono altra cosa.
Perché sia comprensibile a tutti i Consiglieri, per esempio al punto a) si dice che "nei centri storici gli interventi - cioè i Programmi integrati hanno quale finalità il recupero urbano ed edilizio, la valorizzazione e la qualificazione ambientale e paesaggistica, la preservazione del tessuto sociale preesistente". Secondo noi, queste sono finalità, non sono indicazioni che attengono agli interventi ammessi. Gli interventi ammessi per essere meglio precisati, dovrebbero fare riferimento alle tipologie di intervento che sono codificate dalla legge quadro regionale e che sappiamo vanno dalla manutenzione ordinaria fino alla ristrutturazione urbanistica.
Altrimenti, invece che "interventi ammessi", all'art. 4 si dovrebbe introdurre "finalità previste", che però è ben altra cosa.
Venendo poi, sempre all'art. 4, lettera b), comma secondo, noi abbiamo riscontrato una possibile altra incongruenza o, se si vuole, conflittualità normativa, laddove c'è un richiamo alle aree protette di cui alla L.R. n.
12 del 22/3/1990. Il Consiglio regionale ha approvato recentemente una nuova legge quadro, rispondendo ed adempiendo al dettato della legge n.
142/90 e alla legge quadro nazionale in materia di aree protette. La nostra perplessità è che il citare unicamente la L.R. n. 12 non ricomprenda al suo interno anche le aree protette che saranno istituite ai sensi di quest'altra legge regionale, in particolare quelle che potranno essere proposte ed attuate per iniziativa della Provincia od eventualmente dell'Area metropolitana. Il rischio è che, con il richiamo a questa sola legge regionale, non si ricomprendano tutte le aree protette che effettivamente sono istituite sul territorio.
L'ultima annotazione riguarda l'art. 8, cioè le varianti progettuali sulle quali già si sono soffermati i colleghi Chiezzi e Adduci con valutazioni che condividiamo appieno, ma vogliamo sottolineare ancora una cosa: alla lettera a), comma primo, dell'art. 8, si precisa che "possono essere accettate variazioni nel corso dell'attuazione del Programma integrato che attengono a superfici non superiori al 10% in volume per l'edilizia residenziale". Si tratta, però, di variazioni in senso lato senza una definizione di limite di superfici per tutte le altre destinazioni.
Non si capisce il motivo di questo trattamento differenziato n' il motivo per cui non si è introdotto comunque un limite non superabile anche per le variazioni che attengono alle superfici per tutte le altre destinazioni. Sembra che in questo caso il legislatore preveda una sostanziale libertà di azione: ciò non può essere accettabile. Se si tratta di interventi con una limitata estensione territoriale, anche il riferimento al 10% possibile che può essere introdotto (il riferimento alla superficie) è poca cosa; se però si pensa ad interventi che possono interessare porzioni significative del territorio e quindi attuare trasformazioni consistenti dell'assetto urbano (tanto più che è previsto che i Programmi integrati possono interessare più Comuni o zone dismesse di aree industriali, che sappiamo essere parti corpose delle città), ecco che la variazione in corso di attuazione del Programma integrato delle superfici assume delle valenze non di poco conto, tanto più se si riferiscono alle possibili rendite di posizione o all'incremento di valore degli immobili che deriva appunto dalle variazioni delle destinazioni d'uso.



PRESIDENTE

La prego di avviarsi alla conclusione.



MIGLIO Mario

Un'ultima questione, e poi concludo.
Al punto e) sempre dell'art. 8, che attiene alle varianti progettuali si precisa che "la variazione in corso d'opera può essere approvata quando non vi sia mutamento delle caratteristiche - forse sarebbe meglio dire delle tipologie, perché così viene espresso nella terminologia usata all'interno della legge n. 56 - degli interventi edilizi sugli immobili sottoposti a vincolo storico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale". Ma qui il riferimento è solo alla tipologia degli interventi non alla volumetria e non alla superficie. Che cosa significa, allora?



PRESIDENTE

Consigliere Miglio, la prego nuovamente, considerata l'ora, di avviarsi alla conclusione.



MIGLIO Mario

Mi fermo qui. Spero di essere stato sufficientemente chiaro; l'insieme di queste motivazioni ci porta a non dare voto favorevole al disegno di legge in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in primo luogo devo solidarizzare con il collega Adduci quando lamenta una non adeguata attenzione a questo dibattito. Le questioni urbanistiche sono un po' il crocevia di tutto il lavoro di quest'aula, perché nelle questioni urbanistiche ritroviamo le nostre valenze storiche, i nostri profili politici ed anche la storia della gente comune, che è poi la destinataria di queste cose.
Devo anche dire, Presidente, che siccome in Commissione Regolamento qualcuno ha auspicato che si arrivi agli interventi di tre minuti, in un Parlamento dove si fa tutto per iscritto perché nessuno ha la possibilità di conoscere tutte le lingue posso capire che si usino certi meccanismi, ma queste sono sale da confronto: il Consiglio regionale deve durare tre giorni alla settimana durante i quali si fanno contemporaneamente Consiglio e Commissioni. Porre termine - Presidente, gliene dò atto - solo in termini psicologici ad alcuni interventi, frustra la voglia di qualche collega, non dico neanche più del sottoscritto, di misurarsi con queste questioni e con lo spessore che le stesse hanno. Io ero tra coloro che ritenevano di doversi misurare solo sugli emendamenti presentati, ma alcuni interventi mi pongono nell'esigenza di misurarmi proprio in termini di gratitudine rispetto a chi ha posto questioni che non condivido, ma che sono assolutamente significative.
Il collega Chiezzi giustamente dice, dal suo punto di vista: "Fin quando la Bucalossi - mi pare che si chiamasse così quella legge - non avrà attuazione pratica, sostanzialmente andremo avanti sempre e comunque con l'urbanistica contrattata, perché la decisione del contesto dovrà sempre fare i conti con l'inalienabilità dei beni dei privati". Questa è la sostanza.
Vorrei in proposito ricordare - in primo luogo a me e al collega Chiezzi - che agli albori di questo millennio, quando a Firenze si decise di costruire il Duomo, decisero di costruirlo in un sito, quello attuale dove esistevano alcune baracche di legno, proprietà di certa famiglia Bischeri, da cui il termine "bischeri", che è un nome che fino ad allora non aveva alcuna valenza, era semplicemente la famiglia Bischeri. Il Comune di Firenze offrì a costoro fior di dobloni e i Bischeri - da veri bischeri non accettarono. Nel corso dell'anno queste baracche bruciarono, quindi l'anno dopo il Comune di Firenze potè acquistare quell'area non dando più praticamente neanche una lira a questi signori, che da allora sono ricordati come "bischeri", non di nome, ma di fatto.
Questo sta ad indicare che anche lì, come dietro la Torino del '600 dietro la Roma dei Cesari, dietro la Firenze del Brunelleschi, c'è il fatto che l'urbanistica la fanno solo le grandi trasformazioni, i poteri forti perché nella cultura non è andato avanti un modello di altra natura.
Quindi, il caro Chiezzi si deve rendere conto che fin quando in Italia esisterà a livello costituzionale un certo tipo di concezione dei rapporti in ordine alla proprietà, sarà una delle cose con le quali dobbiamo fare i conti.
Ma se dobbiamo fare i conti con questo, forse - collega Adduci è il caso di chiederci se i Piani regolatori vanno fatti come sono fatti o se sono fatti in modo totalmente sbagliato.
A me pare che sia questa la questione: un Piano regolatore non pu essere la somma di tutti i dettagli; deve essere - questa sì - una scelta comprensibile, anche dall'ultimo cittadino che ne è destinatario, dei profili e degli obiettivi, che con la politica urbanistica una comunità si dà, dalla più piccola alla più alta, definiti sul territorio per quello che sono gli spazi, i volumi, la viabilità, ma sapendo che questo obiettivo politico codificato, questa legge, non può tenere tutto dentro, oppure pu tenere tutto, ma che cosa? Può tenere soltanto il brutto e il banale. Le città realizzate dai nostri Piani regolatori con le aree residenziali, le aree agricole, le aree per gli insediamenti produttivi, non sono delle città: sono dei blocchi di funzioni che non comunicano l'una con l'altra non un'area rispetto all'altra. Questo è l'errore culturale che c'è alla radice del Piano regolatore. Il Piano regolatore deve essere un forte documento di natura politica e culturale, non cartolare e normativa.
Certo che, invece, fatti i Piani regolatori come si fanno adesso, ha ragione il Consigliere Adduci: quando si attua, come in questo caso sostanzialmente, o si lavora - preferisco all'interno del Piano regolatore ogni modifica marginale rispetto a questo disegno sembra una violazione del disegno stesso. A me sembra che la procedura sia sbagliata; dovremmo ragionare per Piani direttori di area vasta.
Si parla di Area metropolitana: cominciamo a fare il Piano direttore e magari capiamo che cosa è l'Area metropolitana e se è giusto farla finire a Rivoli o se non è più giusto farla finire, come sostengo io, a Sestriere.
Allora, facciamo i Piani direttori; il Piano regolatore è già un'elaborazione del Piano direttore, ma ancora con livello direttore; poi all'interno del Piano direttore, in questo senso inteso, immaginiamo che questi documenti (Piano di attuazione, Piani di interventi di diversa natura, che non vanno avanti perché sono di attuazione di questioni troppo rigide, troppo normate) abbiano una libertà di realizzazione all'interno di un disegno assolutamente inattaccabile, perché - ha ragione il collega Adduci è la decisione della legge: sarà solo un Piano regolatore, ma è l'espressione di volontà della maggioranza e quindi della totalità dei cittadini.
Questo è il nodo che in questa legislatura, collega Cavallera, non abbiamo avuto la capacità di gestire e far andare avanti, cosicch continuiamo ad avere delle città invivibili! Continuo a sentir parlare di arredo urbano e di risanamento del centro storico: forse nel centro storico ci sarà tanta sporcizia e tanta gente con un colore della pelle che a qualcuno - non a me dà fastidio, ma i centri storici sono comunque belli, vivibili ed affascinanti anche quando sono brutti e degradati! Le periferie, anche quando sono bellissime, tirate a lucido come le case delle dive americane, sono dei ghetti; che poi siano i ghetti delle Vallette rispetto a certi soggetti o siano il ghetto della Collina rispetto agli altri soggetti in cui la gente passa il tempo ad addestrare i propri cani ad aggredire quelli degli altri, sempre ghetti sono! Non sono città, non sono posti dove l'uomo vive di comunicazione! Questo da cosa deriva? Da una parte deriva dall'ignoranza.
Allora, quando continuiamo in questa sede ad enfatizzare il ruolo, per esempio, degli atenei torinesi, dobbiamo chiederci se gli atenei torinesi producono un'intelligenza a livello urbanistico ed operatori sul territorio in grado di guidare la nostra società, la nostra città e la nostra Regione attraverso percorsi che non siano solo le fotocopie delle riviste americane.
Abbiamo mai visto un architetto torinese proporci una provocazione? La Défense l'hanno progettata su Torino? Siamo andati da Cagnardi, il quale ci ha progettato le torri e le abbiamo tagliate: in questa cultura si sarebbe tagliata la testa o i genitali al Michelangelo. L'importante è tagliare togliere qualcosa per dimostrare che si tutela: siccome non si sa immaginare, si tutela quello che non si sa immaginare.
Tutto questo per dire che il documento, rispetto al quale noi esprimiamo giudizio favorevole, rappresenta uno degli strumenti che provano a muoversi non in attuazione dei Piani regolatori, ma all'interno dei Piani regolatori, immaginando di stimolare - all'interno dei Piani regolatori e non in attuazione "a cascata" o "gerarchica" al Piano regolatore quella capacità che può venire dall'input pubblico o privato a realizzazioni che naturalmente devono avere la possibilità di mettere insieme - si dice in questo senso Piano integrato elementi diversi per ricondurli ad un interesse economico e non soltanto funzionale. Quindi, voteremo a favore.
Abbiamo presentato alcuni emendamenti, e assicuro l'Assessore che il nostro voto non dipenderà dall'accoglimento o meno degli stessi che, pur essendo importanti, attengono comunque allo specifico e al marginale e non alla centralità della legge. Su questo chiedo però al collega Cavallera visto che bisogna sempre immaginare che ci sia un ultimo atto che si vuole fare - tutti scrivono un testamento, mica per lasciare qualcosa a qualcuno ma per esserci ancora un momento, quando sono andati via di pensare almeno ad un testamento problematico sulle cose su cui ragioniamo: un convegno, un dibattito dove diciamo che non possiamo vivere un'intera generazione nella guerra di Astengo (l'avevo conosciuto e continuo a ricordarlo con grande stima, oltre che con affetto, per averlo frequentato). Non possiamo continuare a ridurre il lavoro di Astengo ad un'operazione di costruzione degli strumenti per governare - strumenti per governare che non erano strumenti di Governo, ma erano strumenti dei quali il Governo avrebbe dovuto valersi per governare nei contenuti - cercando di portare quel tipo di cultura ad una cultura meno dirigista, meno di programmazione. Non è questo il problema.
In questa generazione bisogna che la cultura urbanistica rimetta i soggetti, i cittadini, le comunità e soprattutto gli operatori dell'estetica e della funzione, in genere gli architetti, nella voglia di costruire delle cose belle. Avete mai più sentito questo aggettivo in urbanistica? Avete mai sentito qualcuno chiedersi se sarebbe venuta fuori una bella città o una brutta città? Un bel monumento o un brutto monumento? No, non interessa più a nessuno.
Basta fare il contenitore, che sia largo, basso, alto o grosso; poi si scopre che sono brutti ed invivibili, e allora salta fuori l'arredo urbano.
E' un po' come coloro che compravano gli alloggi di infima categoria e poi ci mettevano le cornici di gesso, barocche nei soffitti, così "a fa fin".
Una casa deve essere disegnata all'origine: se ritiene, suo malgrado, pu essere una casa barocca. Ma non può essere una casa popolare poi addobbata di cordoncino barocco e centrovolta perché fa fine! Ci siamo mai posti il problema di cosa disegna questa gente? Chiedo scusa, non vorrei prendermi una querela: ci siamo mai posti il problema di chiedere che le città siano di nuovo una dimensione per vivere e non delle scatole dalle quali ricevere funzioni? Io mi dò una risposta: Eco ci ha ricordato come gli antichi spiegavano che l'allegria, cioè la mancanza di paura, fosse pericolosa perché rendeva gli uomini liberi. Temo che il potere abbia paura della bellezza, perché se la circuitazione delle idee, e quindi il buonumore, porta la libertà, la bellezza porta l'ambizione. La bellezza, tutti i sistemi di poteri l'hanno avuta, però ci sono quelli democratici e ci sono quelli antidemocratici, cioè quelli della città e quelli non della città. In tutte le epoche storiche si è prodotto il bello però le culture non democratiche il bello l'hanno chiuso nelle tombe o nei palazzi, non l'hanno mai messo a disposizione del cittadino, che sarebbe stato stimolato dalla bellezza e sarebbe diventato ambizioso.
Le città aperte, dal Rinascimento in poi, la bellezza l'hanno messa in mezzo alle strade, perché la gente ne fruisse per crescere.
Assessore Cavallera, la pregherei, prima della fine di questa legislatura, di porre a se stesso, al Consiglio e alla società civile questo problema: in un tempo in cui si va davanti al Louvre e si entra a piedi giunti nel '600 e nel '700 più significativo con una piramide di vetro e nessuno si scandalizza e si fa la Dèfense, mi chiedo come si possa dire che non si può approvare una legge che preveda di cambiare l'altezza di un immobile di un metro! Vuol dire dubitare del rispetto che hanno i professionisti - ancor prima dei cittadini - della bellezza del dovuto! Non si fa un metro in più se non per il più bello e il più giusto, non si fa per rubare un metro cubo o metro quadro che fa xy diviso zeta. Ma se noi non rilanciamo, in contrapposizione all'utilitarismo, al fatto che bisogna produrre x metri cubi per x metri quadri "perché moltiplicati per la rendita fondiaria fanno tanto", se non togliamo l'urbanistica, cioè l'arte di costruire le città da questo solo parametro e la riconduciamo anche ad un atto di ambizione - che era quello che aveva in mente chi ha disegnato e costruito questo palazzo - da questa vicenda non ne usciremo mai continueremo per una generazione a dibattere in termini urbanistici se si possa consentire un metro in più o un metro in meno! Il metro in più o il metro in meno, se l'avessimo messo sulla testa dell'Antonelli, non avremmo la Mole Antonelliana! E se avessimo dovuto rispettare tutte le leggi, non avremmo sicuramente la casa cosiddetta "a fetta di polenta".
Chiudiamo con la prossima legislatura un quarto di secolo di vita regionale; che il Piemonte voglia costruire non solo bene, non solo nel rispetto di tutte le norme di questo mondo, ma voglia di nuovo costruire delle belle cose, cose che la nostra generazione non ha fatto. E' un problema che ci dobbiamo porre.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

Grazie, Presidente. Sinceramente non riesco mai a capire il collega Marchini: si discute di un disegno di legge e lui ne introduce un altro ponendo la questione su altri aspetti, quelli estetici, del concetto del bello. Posta in quei termini, non si può che condividere la questione tuttavia non è la questione posta da questo disegno di legge n. 349.
Il disegno di legge pone la questione dello sfruttamento del suolo e l'utilizzazione del territorio in modo puro e semplice; non si riferisce a problematiche relative a concetti estetici e di bellezza architettonica.
Può dirmi il collega Marchini in quale passo, in quale punto lui legge questi aspetti? Mi è venuto spontaneo collegare questo disegno di legge agli interventi del Ministero rispetto all'evento alluvionale: si interviene su un evento drammatico, come quello dell'ultima alluvione, dando l'autorità al Magistrato del Po a scavare per ripristinare l'assetto idrogeologico, in modo nuovamente miope e definirei anche criminale, perché si va a sostenere tutta una lobby che ha partecipato e ha portato il nostro territorio al dissesto idrogeologico.
Così come Previti e i suoi emuli hanno individuato negli ambientalisti e nelle nutrie ultimamente, le "cause reali" - così le definiscono - di questo evento alluvionale, in questa sede la Giunta (che è costituita anche da Assessori che si definiscono ambientalisti, come l'Assessore Marino e l'Assessore Bresso) propone oggi un disegno di legge che, in nome della riqualificazione urbanistica edilizia-ambientale, autorizza meccanismi moltiplicatori di intervento e speculazioni sul territorio.
Non vado ad individuare le obiezioni, in quanto è già stato fatto in modo esauriente dai colleghi che mi hanno preceduto: dal collega Adduci, al collega Miglio, al collega Chiezzi. Tuttavia non posso che essere preoccupata, perché o si interviene con una svolta significativa che differenzi realmente questa Giunta da ciò che sta facendo il Governo perché questa è una Giunta che ha componenti politicamente diversi da quelli del Governo e del Polo della Libertà - altrimenti credo che non sia comunque praticabile concorrere con loro sulle possibilità di intervento distruttivo sul territorio, perché si è inevitabilmente superati da chi lo fa da anni e per mestiere.
Questa legge - come diceva il Consigliere Adduci - è una sorta di edilizia contrattata ed esprime quella insofferenza rispetto alle leggi di tutela; come nella Finanziaria si rinvia all'applicazione della legge n.
183, così in questa legge si vanno a minare quegli elementi che potevano concedere una programmazione intelligente e seria sul territorio regionale.
Evidentemente l'essere umano è destinato all'estinzione, ma in questa assurda beffa noi ci portiamo dietro anche tutto il resto, tutte le altre specie viventi e quelle inanimate. Ed in questo vi è profonda ingiustizia: non bastano eventi, disastri e morti! Si insiste sempre sullo stesso piano. Attraverso i disastri non si perviene ad una modifica del modo di pensare e di intendere il rapporto con l'ambiente, rapporto perverso e distruttivo. Non serve a nulla la catastrofe, perché l'atteggiamento è sempre lo stesso! Chiedo il ritiro di questo disegno di legge. Chiedo il buon senso nelle persone. Richiamo la Giunta a quello che vuole rappresentare, cioè un'alternativa ad una possibile Giunta di centro-destra; se questo vuol essere, deve farlo a partire anche dalle proposte di legge.



PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore Cavallera, dopodiché si concluderanno i lavori del mattino.
Ricordo che alle ore 14,30 si riunisce il Comitato di solidarietà nella Sala A.
Prego, Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Assessore regionale

Grazie, Presidente. Non è agevole nei minuti concessi replicare alle argomentazioni profonde, ampie ed articolate che sono state portate da tutti i colleghi intervenuti nel dibattito.
Devo subito fare una premessa. Questo disegno di legge è stato presentato dal mio predecessore (Giunta regionale 1993) per colmare un vuoto che era stato introdotto nella legislazione da una sentenza della Corte Costituzionale.
La legge n. 179, la famosa Ferrarini/Botta, a cui noi adesso diamo attuazione per quanto riguarda gli aspetti urbanistici, aveva come obiettivo quello di individuare nuove modalità per spendere sul territorio in modo oculato e razionale le risorse dell'edilizia residenziale pubblica.
A volte, la foga ci fa perdere di vista il punto di partenza.
Proprio nella legge Ferrarini/Botta sono previste nuove modalità di intervento, nonché la predisposizione di strumenti adeguati per realizzare nuove forme di integrazione tra le iniziative pubbliche e quelle private.
Certo, siamo nel campo della sperimentazione e non abbiamo ancora dei riscontri reali e documentati in questo campo, però ciò non toglie che non si debba procedere a sperimentazioni e che comunque non si debba tentare di avventurarci su una strada che ovviamente non può che essere condizionata da quello che è il quadro legislativo complessivo di fronte al quale ci troviamo e del quale hanno dato atto, pur parlando da posizioni politiche diverse, sia il collega Chiezzi che il collega Marchini. Se dimentichiamo il quadro nel quale stiamo operando, ciascuno può arrivare alle conclusioni che più ritiene consone al suo punto di vista; tuttavia, a mio avviso, non si arriva a dare un contributo di comprensione dei provvedimenti che stiamo discutendo e della ratio che è al di sopra di questi provvedimenti.
Nel merito degli interventi. Il collega Germanetto ha fatto riferimento alla questione dei PPA. Con questo disegno di legge noi intendiamo solamente precisare che non è richiesto alcunché al di là di quelle che sono le procedure previste dalla stessa legge. Il richiamo al PPA, in sostanza, è un richiamo a legislazione ancora da definire, nel senso che se il PPA non esiste più, cade anche il riferimento per l'interpretazione che dobbiamo dare agli attuali decreti legge che sono in approvazione in Parlamento.
Se invece dovesse prevalere un'altra interpretazione, che dice: "Comunque, visto che il PPA è previsto da una legge regionale, per essere smontato - scusate il termine - occorre un pronunciamento del Consiglio regionale", allora questo riferimento può essere utile.
Ricordo che noi abbiamo preso posizione contro il disegno di legge sul condono edilizio; peraltro è largamente diffusa la convinzione, soprattutto nelle Regioni del nord Italia, che si debba intervenire in questa materia con altri strumenti.
Riteniamo che questo richiamo al PPA possa essere superato, con queste riflessioni e precisazioni, anche in sede di controllo da parte del Commissario di Governo.
In ordine alle osservazioni degli altri colleghi. E' certo che se noi potessimo disporre di una nuova legge sul regime dei suoli, potremmo procedere a rivedere la nostra legislazione regionale in modo più pregnante e anche in modo molto più razionale e adeguato alle necessità del momento.
Bisogna dire che, sotto questo profilo, non siamo stati inerti, ma proprio nel primo incontro che le Regioni hanno avuto con il Presidente del Consiglio Berlusconi (mi sembra nel mese di giugno o luglio), tra i cinque punti di priorità sottolineati è stata inserita la necessità che il Governo proponga al Parlamento un nuovo testo di legge sul regime dei suoli e sulle possibilità di esproprio, che oggi devono essere riferite a leggi del secolo scorso, perché questa materia ha subìto le traversie che tutti i colleghi, che siedono su questi banchi da parecchio tempo e hanno fatto gli Amministratori comunali in precedenza, ben sanno e ben conoscono.
Ai colleghi Adduci e Chiezzi devo dire che è lungi da noi una volontà nel proporre questo testo di legge, di deregulation selvaggia; il buon senso non può essere appannaggio di una parte, ma deve essere caratteristica di tutti.
Un conto sono le scelte di carattere generale che devono essere compiute sul disegno della città, altra cosa sono gli strumenti esecutivi che ovviamente devono agire all'interno del Piano regolatore.
Credo che tutte queste condizioni, che sono indicate nei vari articoli e sulle quali si sono puntati gli strali critici di molti colleghi, vadano viste nella possibilità data al Consiglio comunale di approvarle, non del privato di approfittarne. Prima sembrava quasi che fosse possibile apportare una serie di modifiche con una semplice decisione della parte che procedeva all'intervento urbanistico-edilizio: non è così. Innanzitutto per quanto riguarda le modifiche interne agli edifici, si fa riferimento ad una norma che è già prevista nell'ordinamento, ovvero la legge n. 47, art.
26. Mentre, per quanto riguarda il cambio di destinazione d'uso nell'ambito del 10%, è comunque il Consiglio Comunale che provvede ad approvare queste cose. Non capisco perché, per limitati interventi, per limitate modifiche, il processo di decisione non possa essere in qualche modo lasciato a livello locale.
In questo senso dò atto che in termini ipotetici poteva anche sembrare assolutamente necessario l'inserimento nella legge urbanistica di queste norme, ma credo che vi fosse l'esigenza di procedere ad approvare un testo legislativo che contenesse sia norme di tipo urbanistico sia norme che, in qualche modo, attuassero in Regione i Programmi integrati anche sotto il profilo più squisitamente procedurale ed amministrativo.
Pertanto, nel momento in cui si fosse accolta la richiesta di parecchi colleghi di inserire nella legge urbanistica queste norme, bisognava comunque arrivare alla formulazione di due disegni di legge, uno che integrasse la legge n. 56, l'altro che attuasse i Programmi integrati (mi riferisco alla legge Ferrarini/Botta).
Un'altra esigenza era la necessità di poter disporre di un testo legislativo che trattasse questa materia in modo completo.
Mi rendo conto che, quando si è nel campo delle opinioni, ognuno difende la propria; se andiamo ad analizzare gli interventi che ripetutamente ho fatto in Commissione, si capisce che non vi è nessuna volontà di stravolgere l'ordinamento, ma vi è solo la volontà di consentire una certa elasticità, una certa autonomia al Consiglio comunale, alle Amministrazioni comunali, entro limiti ben precisi e ben definiti: infatti tutti questi commi hanno lo scopo non di fissare delle formulazioni generiche, ma di individuare limiti ben precisi a seconda delle varie tipologie.
Credo che si possa tranquillamente approvare questo provvedimento. Non posso che respingere certi accostamenti che qualche collega ha fatto, in particolare il collega Adduci, di titoli di film famosi che in questo periodo vanno per la maggiore con la situazione delle alluvioni.
Noi siamo per il governo del territorio; come Giunta abbiamo avviato tutta una serie di iniziative e siamo impegnati in un'opera delicata perch abbiamo Piani regolatori in itinere e Piani regolatori già approvati abbiamo avuto anche interrogazioni; stiamo lavorando a tutti i livelli, sia per quanto riguarda la pianificazione territoriale a livello delle aste fluviali, sia anche a livello di singolo Piano regolatore, di singola scelta compiuta dal Comune alluvionato, al quale cercheremo di dare delle risposte tempestive, anche se voi vi rendete conto che l'ampiezza del disastro crea qualche problema.
La volontà costruttiva che sottende a questi provvedimenti è stata dimostrata dalla disponibilità della Giunta, in particolare dell'Assessore di ritornare in Commissione.
Consigliere Buzio, come lei ben sa, abbiamo ripreso il testo, lo abbiamo radiografato parola per parola ed ovviamente abbiamo scritto un testo che al momento sembrava essere il migliore, anche se può essere migliorato; dico subito che mi riservo di intervenire in seguito sugli emendamenti, in quanto alcuni interventi mi hanno indotto alla riscrittura di nuovi emendamenti che non vogliono minimamente essere lesivi dall'autonomia del Consiglio.
Concludo dicendo che sono d'accordo con il collega Marchini al punto tale che è già prevista un'occasione di presentazione, da parte della Giunta regionale, di una proposta di linee di modifica della legge urbanistica regionale, sulla base di un'approfondita ed ampia consulenza fornita alla Regione dal Politecnico di Torino. Pensiamo ad occasioni di dibattito di alto livello scientifico e culturale perché tutte le esigenze di cambiamento, di aggiornamento della legge urbanistica regionale, che qui sono state riportate, sono anche da noi condivise.
Ci rendiamo anche conto della fase politica che la Regione Piemonte sta attraversando in termini di ristrettezza temporale e in termini di incombenze. Un conto è definire linee di riforma della legge urbanistica anche magari da sottoporre a dibattito in campagna elettorale, un altro è avere i mesi di tempo necessari per approvare un vero e proprio testo di riforme.
Detto questo, mi riservo di intervenire sui singoli emendamenti proposti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE NERVIANI



PRESIDENTE

La discussione è temporaneamente sospesa.
I lavori del Consiglio riprenderanno oggi pomeriggio.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14)



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