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Dettaglio seduta n.307 del 12/10/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cattaneo, Cavallera, Riba e Vetrino.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Dibattito su legge finanziaria e pensioni - Esame ordini del giorno n. 729 n. 730, n. 731 e n. 732


PRESIDENTE

Passiamo al punto 8) all'o.d.g., che prevede il dibattito sulla legge finanziaria e sulle pensioni.
Relativamente a questo punto, alla Presidenza sono pervenuti due documenti: il primo è presentato dai Consiglieri Bodrero, Goglio Masaracchio, Vaglio, Germanetto, Majorino e Porcellana; il secondo è presentato dai Consiglieri Dameri, Picchioni, Mollo, Spagnuolo e Mandrino.
Altri Consiglieri che intendano firmare i documenti sono pregati di venire alla Presidenza, dove si stanno raccogliendo le firme. Fino a questo momento le firme raccolte sono quelle che ho richiamato; in tutti i documenti sono gradite altre adesioni. Quando la raccolta sarà completata nel momento in cui discuteremo i documenti daremo lettura di tutte le firme che i vari documenti hanno ricevuto.
Chiede di intervenire in apertura il Presidente della Giunta, Brizio ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Ritengo che la discussione in questo Consiglio sulla finanziaria sia molto importante e positiva, anche perché domani - come ho già annunciato ai Capigruppo - vi sarà la Conferenza Stato-Regioni; in tale incontro le Regioni presenteranno le loro proposte definitive e, secondo le risposte del Governo, il parere sul provvedimento.
Abbiamo già avuto una prima riunione il 6 ottobre (una è andata a buca il 22 settembre), nella quale è stato abbozzato un testo che oggi siamo in grado di mettere a disposizione dei Gruppi (credo che sia stato consegnato a tutti).
Questo testo, che consta di undici pagine, rappresenta la bozza che ridiscuteremo domani mattina con i Presidenti per la Conferenza del pomeriggio. Nella premessa, traccia un giudizio generale sulla finanziaria per poi affrontare le proposte delle Regioni.
Le proposte delle Regioni sono chiare.
Il trasferimento (che è mancato) avrebbe dovuto completare l'attuale assetto delle funzioni amministrative regionali nello spirito di quanto indicato dall'art. 117 della Costituzione, nonché delle norme contenute nella legge 22/7/1975, n. 382, ed avrebbe dovuto contribuire alla definizione di un assetto amministrativo in cui venissero a coincidere la responsabilità decisionale, organizzativa e finanziaria inerenti i singoli settori organici di materie.
L'individuazione delle materie da trasferire avrebbe dovuto assumere a riferimento le indicazioni contenute nel DPR n. 616 del 24/7/1977.
Nella proposta si indicava anche che nelle materie dell'assistenza e dei beni culturali le Regioni esercitassero di norma le funzioni trasferite, riservando a sè i compiti di indirizzo e coordinamento, e finanziassero i Comuni, anche riuniti in forme di collaborazione, cui dovevano invece competere responsabilità gestionali.
Vi rinvio soprattutto - e lo considero importante - al giudizio sui contenuti ed obiettivi della finanziaria (pag. 4 del testo).
La manovra proposta nella finanziaria e nei provvedimenti ad essa collegati prefigura una riduzione di quasi 50 mila miliardi del disavanzo tendenziale per il 1995 (28 mila miliardi di minori spese e 21 mila miliardi di maggiori entrate): una contrazione del deficit dall'11 all'8%.
Qui non si discute l'entità della manovra - concordiamo sul fatto sopra ma non possono mancare le critiche: la manovra incide sul benessere di vaste categorie di cittadini e pone problemi di equità distributiva che rischiano di accentuare, anziché ridurre, conflitti sociali e disparità di trattamento. Inoltre, i 21 mila miliardi di maggiori entrate derivano, per lo più, da provvedimenti "una tantum" e condoni diversi, su cui grava un grado consistente di aleatorietà.
Dove invece la nuova finanziaria appare decisamente carente è nell'accennata funzione di anticipo o di "annuncio" rispetto alle attese riforme strutturali del fisco, della sanità e della previdenza.
Quello che è importante (pag. 5 del testo) è che i trasferimenti alle Regioni sono stati penalizzati di 6.500 miliardi, incidendo su parti essenziali dell'autonomia regionale quali la sanità, i trasporti, le risorse proprie e i fondi per i programmi regionali di sviluppo. Nessuna delle proposte formulate dalla "Commissione Giarda", nel noto Rapporto sulla riforma della finanza regionale, ripresa nel documento delle Regioni del 22/9/1994, è stata recepita nei decreti fiscali di accompagnamento alla legge finanziaria.
Quanto poi alle misure previdenziali, ampiamente contestate sul piano dell'equità distributiva, esse sono in gran parte rinviate ad una legge delega del Governo, che dovrà comunque tenere conto delle opposte esigenze delle parti sociali e del legittimo malcontento degli aventi diritto.
C'è poi (pag. 6) la parte dei pareri delle Regioni, che si preannuncia negativo.
Darei lettura almeno dei punti contenuti a pag. 7 del testo, che sono utili per la valutazione della finanziaria.
"L'occasione per avviare un completo disegno di decentramento attraverso il riconoscimento del ruolo attivo delle Regioni, è andata perduta, in particolare non è stata offerta risposta ad alcune questioni fondamentali come: 1) la delega al Governo per il completamento del trasferimento di funzioni e competenza a Costituzione invariata 2) la modifica dell'art. 3 della legge n. 158/90 nel testo proposto, l'abrogazione dell'art. 12 della legge n. 537/94 e delle norme delle leggi settoriali che non consentono il pieno esercizio delle competenze trasferite 3) l'avvio della riforma della finanza regionale, con la devoluzione alle Regioni del gettito riscosso a livello regionale di alcuni tributi erariali, per ridurre l'incidenza dei trasferimenti statali 4) la garanzia di copertura dei disavanzi pregressi per l'esercizio di funzioni politicamente e socialmente rilevanti quali la sanità e i trasporti e l'incertezza per la formazione dei bilanci 1995 5) l'assicurazione di adeguate risorse per l'utilizzo di fondi strutturali a sostegno delle politiche regionali di sviluppo 6) il sostegno a politiche di incentivi per ridurre la disoccupazione giovanile ed offrire nuovi sbocchi ai nuovi laureati e diplomati 7) una visibile strategia di significativi investimenti pubblici per la modernizzazione delle infrastrutture, la ricerca e l'innovazione produttiva 8) la definizione di procedure e risorse per l'esercizio pieno delle competenze nelle materie degli abrogati Ministeri dell'Agricoltura e del Turismo 9) la garanzia dell'attribuzione alle Regioni a Statuto speciale di nuove risorse per garantire la piena attuazione degli Statuti di autonomia (abbiamo inserito questa questione più per solidarietà che per convinzione) 10) il mantenimento della programmazione finanziaria pluriennale per garantire alle Regioni il concreto trasferimento delle risorse previste nel bilancio pluriennale, per rendere possibile l'attuazione dei vari interventi nella loro reale e complessiva dimensione.
Ciò premesso, le Regioni hanno l'obbligo di avanzare alcune osservazioni di merito nei confronti dei provvedimenti in discussione e che più direttamente coinvolgono le problematiche regionali.
1 - La manovra, così come è stata posta, ha aperto un pericoloso conflitto sociale tale da logorare il tessuto politico dell'intesa tra le parti sociali con conseguenze negative sulla ripresa economica sull'occupazione e sullo stesso contenimento del deficit pubblico. E' prevedibile che una tale situazione si possa ripercuotere negativamente sulla finanza regionale in termini di maggior richiesta di servizi (assistenza sociale, formazione professionale, assistenza scolastica politica del lavoro, ecc.).
2 - Il fondo comune, destinato al finanziamento delle funzioni normali delle Regioni, viene incrementato, in termini nominali, del tasso di inflazione programmato (+ 2,50%). In realtà tale fondo subisce, in termini reali, una riduzione in conseguenza del fatto che la tassa automobilistica - che costituisce una sorta di canale di finanziamento parziale dello stesso fondo comune - ha fatto registrare nel 1994 una forte flessione a causa della nota crisi in atto del settore automobilistico ed a causa delle agevolazioni fiscali introdotte con normativa statale (sovrattassa diesel e tassa speciale GPL). Inoltre sul versante delle uscite, finanziate con il fondo comune, il costo del personale registra per il 1995 un sensibile aggravio per effetto del rinnovo dei contratti pubblici che il disegno di legge 'collegato' pone esplicitamente a carico dei bilanci regionali. A tale riguardo, quindi, è opportuno sopprimere il comma primo dell'art. 29 del disegno di legge 'collegato'. Alle osservazioni relative al fondo comune, va aggiunto il fatto che nemmeno per il 1995, come già si è verificato per il 1994, il Governo non intende compensare le perdite di entrate subìte dalle Regioni per il mancato trasferimento delle entrate sostitutive di ILOR e tassa di soggiorno.
3 - Il fondo regionale di sviluppo, come è noto, è costituito, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 158/90, da una quota fissa corrispondente a quella storica del 1990 e da una quota variabile da determinare su base triennale, con la legge finanziaria. Quest'ultima viene prevista per il 1995 nella stessa misura del 1994, corrispondente a L. 137 miliardi per anno. La novità introdotta a questo riguardo è costituita dall'art. 29 comma ottavo, del disegno di legge collegato, che modifica i commi secondo terzo e quarto dell'art. 3 della legge n. 158/90, accogliendo, sia pure parzialmente, la richiesta avanzata in tal senso dalle Regioni. La formulazione della normativa modificativa del citato comma secondo, per presenta alcuni aspetti di incertezza, che nella sostanza possono vanificare la disposizione stessa a causa delle note resistenze dei Ministeri interessati a trasferire risorse alle Regioni. Si pone pertanto l'esigenza di un emendamento correttivo, che possa consentire il superamento di tali incertezze e di introdurre elementi di garanzia nell'individuazione delle leggi di settore che concorrono a costituire la quota variabile.
4 - Sanità. Le previsioni del fondo sanitario nazionale del 1995 scontano una serie di effetti riduttivi della spesa sanitaria, secondo quanto contenuto nel provvedimento collegato alla finanziaria, che presentano notevoli gradi di incertezza circa la loro realizzabilità nei termini temporali previsti. Ad esempio la chiusura degli ospedali, nonché i processi di mobilità del personale sono interventi che richiedono tempi non prevedibili e l'eventuale riconversione degli stessi ospedali richiederà investimenti suppletivi, a carico dei bilanci regionali. Ne consegue che l'aumento previsto dal fondo sanitario nazionale di circa 4.500 miliardi si palesa insufficiente e la riduzione del fondo sanitario parte capitale, già esiguo, risulta ingiustificata. Resta in gran parte irrisolto il problema dei disavanzi pregressi. Questo rimane un problema ineludibile anche nella prospettiva dell'attuazione della riforma sanitaria che entrerà a regime a partire dall'1/1/1995. Per quanto riguarda questo settore, l'impostazione della normativa ricalca fedelmente gli schemi conosciuti in passato e che si riteneva fossero ormai superati. Con l'approvazione del testo governativo verrà esaltato il ruolo esecutivo della Regione, sempre più costretta a gestire i servizi obbedendo a puntuali norme statali, che nel corso del 1995 andranno a regolare aspetti che riguardano sia il personale sia le organizzazioni ospedaliere e sia le modalità di spesa. Si tratta spesso, di manovre le cui implicazioni rischiano di punire le Amministrazioni che più hanno cercato di intervenire sulla gestione dei servizi, operando in alcuni casi una privatizzazione degli stessi. E' questo il caso della riduzione della spesa per l'acquisto di beni e servizi".
A questo proposito l'Assessore Bonino fa aggiungere: il blocco delle assunzioni per sei mesi (del turn-over), ossia del 30% per gli ultimi semestri.
"Tale spesa comprende, come è noto, interventi che vanno dal riscaldamento alle manutenzioni, dalle pulizie all'acquisto di farmaci e di materiale sanitario per gli ospedali. Secondo le indicazioni perentorie del Governo, le Regioni dovrebbero ridurre tali spese di circa il 40% rispetto ai livelli monetari registrati nel 1993; in termini reali la riduzione va invece sensibilmente oltre il 50%. Ciò dovrà avvenire entro i prossimi tre anni e, si presume, senza pregiudicare la qualità dei servizi e il volume complessivo delle prestazioni. La dimensione delle economie è tale da creare seri dubbi sulla concreta fattibilità della proposta normativa.
Dubbia appare inoltre la possibilità di realizzare tagli di spesa del 50% e oltre attraverso la centralizzazione degli acquisti da parte del Servizio Sanitario Nazionale, così come è suggerito nel disegno governativo.
5 - Trasporti. Si dà atto della previsione dell'aumento del fondo nazionale trasporti del tasso programmato di inflazione (2,5%), nonché del recupero della quota di fondo di riequilibrio a carico dello Stato anche per il 1994. Rimangono parzialmente irrisolti i problemi dei ripiani dei disavanzi pregressi, ritenendo il concorso finanziario statale previsto per gli anni dal 1987 al 1993 insufficiente.
6 - Agricoltura. Le Regioni chiedono che venga data piena attuazione agli esiti del referendum che ha abolito il Ministero dell'Agricoltura. La legge pluriennale per l'agricoltura, il cui finanziamento è previsto dall'accantonamento dei fondi speciali in capitale, non dovrà introdurre vincoli di destinazione se non di natura settoriale. In tale contesto si chiede anche la soluzione dell'annoso problema riguardante il finanziamento dei limiti di impegno della legge n. 984/77.
7 - Cofinanziamento dei programmi comunitari. La realizzazione degli interventi da effettuare con il cofinanziamento dell'Unione Europea risente negativamente della mancanza di adeguati stanziamenti nel bilancio dello Stato per assicurare la copertura a carico dello Stato membro".
Qui ci è stato verbalmente assicurato dal dottor Pagliarini che i fondi saranno dati, però nel documento non ci sono.
"8 - Edilizia residenziale. L'art. 31 del provvedimento collegato alla finanziaria rinvia all'esercizio 1996 il conferimento da parte dello Stato alla Cassa Depositi e Prestiti delle annualità di competenza del 1995 relative ai limiti di impegni, autorizzati dalle leggi che determinano i benefici dell'edilizia agevolata (leggi n. 457/78, n.
25/80, n. 94/82, n. 118/85 e n. 67/88). Si ripete anche quest'anno quello che è avvenuto con la finanziaria 1993 e 1994. Si tratta complessivamente di 5.100 miliardi (1.700 miliardi dal 1993 al 1995), che la Cassa Depositi e Prestiti avrebbe dovuto versare alle Regioni per far fronte agli oneri bancari dei benefici concessi ai soggetti interessati dai programmi di edilizia agevolata. A suo tempo, il Governo aveva prospettato l'ipotesi di far fronte a tale necessità attingendo ai fondi (6.000 miliardi) giacenti alla Cassa Depositi e Prestiti, per finanziare programmi futuri di edilizia residenziale agevolata; ipotesi considerata però non del tutto percorribile, perché nel frattempo le Regioni avevano programmato l'utilizzo di tali fondi, ai sensi delle leggi n. 179/92 e n. 493/93. Deve pertanto trovarsi una soluzione alla disposizione dell'art. 31, che avrebbe come conseguenza, qualora le Regioni non fossero in grado di far fronte agli impegni con le banche, di scaricare sui cittadini il pagamento delle quote di annualità dei mutui, senza alcuna agevolazione. Si tratta a questo proposito di porre in essere l'accordo del luglio scorso tra il Ministero del Tesoro e il Ministero dei Lavori Pubblici, che metteva a disposizione 2.000 miliardi da suddividere tra le Regioni, così come previsto da una deliberazione del CER. approvata dal CIPE. Il provvedimento consentirebbe alle Regioni di attingere alle proprie giacenze per coprire il 1993/1994 ed avvierebbe con tali disponibilità nuovi programmi di edilizia, con un benefico impatto sia sul piano sociale che su quello occupazionale".
Come avete visto, il documento, oltre a dare un parere, formalizza delle precise proposte; ulteriori suggerimenti che posso portare domani nella sede del confronto possono nascere anche dal dibattito di questa mattina sulla legge finanziaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Ringrazio il Presidente e i colleghi, che mi danno occasione di fare il primo intervento su questo argomento.
Penso che questo sia l'argomento più importante di questo fine anno, un argomento sul quale si sono espresse tanto le minoranze in Consiglio regionale, che sono invece maggioranze al Governo nazionale, quanto la maggioranza di governo, che invece è opposizione e minoranza al Governo nazionale.
Da questo bisticcio sorgono due documenti, che si contrappongono.
Penso che il nostro sia di facilissima lettura. Noi, a differenza di molti e soprattutto a differenza di parte delle forze sindacali che abbiamo sentito questa mattina, riteniamo sia ormai arrivato a termine il continuo rinvio della riforma previdenziale e che pertanto una manovra finanziaria che preveda il rilancio del "sistema Italia" non possa prescindere da questo riordino.
Ricordo quanto richiesto dalle forze sindacali che si rifanno alla maggioranza di governo piemontese (che è minoranza al Governo nazionale) e dalle forze sindacali che si rifanno alla minoranza in Regione Piemonte (che è maggioranza al Governo nazionale). Ebbene, tutte queste forze sindacali, tutte queste forze vive del Paese hanno rilevato che ci sono delle discrepanze, che ci sono delle cose che non funzionano.
Il Governo - la forza politica a cui io faccio riferimento è la Lega Nord - ha rilevato queste discrepanze. Oggi ci sarà il correttivo, che ovviamente sarà limitato, che non inficia la manovra stessa, ma che riconosce i diritti ormai acquisiti, come credo sia giusto ed equo. Penso che questo sia il momento in cui decadono i criteri di iniquità che sono stati sventolati, a più riprese, da più parti politiche.
Senza nessuna volontà di polemica nei confronti delle forze sindacali di cui non possiamo non riconoscere la giustezza dell'intervento in quanto forze che difendono e devono difendere una parte sociale, che devono rappresentare gli interessi di una parte e ovviamente non del tutto, e quindi riconosciuto questo giusto diritto all'interno della necessità del Paese, del sistema Italia, di dare un rilancio deciso e netto alla locomotiva non solo economica, ma anche produttiva ed occupazionale del Paese, permettetemi di dire, colleghi di maggioranza, che il nostro documento manifesta solidarietà al Governo. Motiva tale solidarietà con ragioni che rientrano nella logica, nota a tutti, delle dilazioni che per quindici anni avete consentito voi, forze non più esistenti a livello nazionale, ma ancora presenti in questo governo regionale.
Consentitemi anche un'altra cosa, in tutta onestà: non comprendo il documento presentato, se sottoscritto da certe forze politiche; non capisco come chi ha sostenuto i passati Governi (ed è stato espresso dai Partiti della Prima Repubblica, che oggi non esistono più) possa affermare - come ad esempio ha fatto il Presidente Brizio che "non si attendevano da questa finanziaria metodi e manovre simili a quelle attuate dai Governi Amato e Ciampi". Strano! Non si riesce a cambiare il globo terracqueo nel giro di sei mesi, purtroppo. Penso che la prossima manovra finanziaria - non so se saremo ancora qui noi a discuterne - sarà decisamente diversa.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Consigliere Vaglio, solo per una precisazione: volevo dirle che abbiamo votato anche contro la finanziaria dell'anno scorso.



VAGLIO Roberto

Voi sapete che non ho l'abitudine di fare polemiche con i colleghi anzi i rapporti sono su altri livelli, però continuo a non capire come la Democrazia Cristiana, attuale Partito Popolare, e il Partito Comunista l'attuale PDS, possano sottoscrivere un documento, che cito: "Rileva con preoccupazione che nella finanziaria 1995, presentata dal Governo, permane in contrasto con ogni riforma federalista, l'impostazione centralista della manovra di bilancio...". Ho poca memoria, ma ricordo - e lo sottolineerò tutte le volte che voi continuerete a portarvi su queste posizioni - che in questa sede, durante questa legislatura, la proposta di riforma costituzionale ha trovato in voi i più fieri oppositori a tutti gli emendamenti che volevano portare questa nostra proposta su schemi federalisti. E proprio dall'allora collega, attuale membro del CSM, Grosso! Proprio da voi sono venute le più forti reazioni all'abolizione del Commissario del Governo! Proprio da voi sono venute le più forti opposizioni al fiscalismo regionalizzato! E' chiaro che si può cambiare idea. Anzi è giusto ed è legittimo cambiare idea, ma credo che sia profondamente immorale scagliare le pietre sulle "Maddalene pentite" quando non si hanno le caratteristiche fisiche per poterlo fare.
Il discorso dei pensionati è un vecchio "leit-motiv" che spiace a tutti. Sapevamo tutti perfettamente che chi avesse messo mano al nostro disastrato sistema pensionistico - mi sembra di averlo sentito anche da Croce questa mattina - si sarebbe tirato addosso più di una croce. Questo Governo ha avuto il coraggio o l'incoscienza di farlo.
Ho sentito dire - non credo di essermelo inventato, perché poi io sono abbastanza puntuale, l'ho anche scritto - che l'unica grossa riserva che le forze sociali e sindacali del Paese fanno su questo argomento è che la manovra finanziaria avrebbe dovuto prescindere dalla riforma previdenziale che comunque era indifferibile. Allora, cerchiamo di capirci. Se l'indifferibilità consisteva nel dover presentare un disegno di legge quindici giorni prima della finanziaria, posso anche essere d'accordo continuo a sottolineare che nel giro di sei mesi non si riesce a fare l'impossibile.
So che in Lombardia i miei colleghi della Lega hanno assunto una posizione di aperta critica nei confronti della manovra governativa, così come sta facendo la Giunta piemontese e così come stanno facendo le altre Giunte. Credo che quello che noi, in tutta libertà, possiamo dire, in quanto seduti sui banchi dell'opposizione, non lo possa fare chi è obbligato ad ottenere il consenso in quanto forza di Governo. Noi ritenevamo di poter dare ampio margine di fiducia alle nostre componenti politiche che siedono sui banchi del Governo, e pensavamo che quanto oggi verrà presentato al Parlamento fosse ormai questione in itinere. Ragione per cui il documento che abbiamo presentato il 6 ottobre permane.
Ripeto: una forte critica non sull'impostazione (che potrei anche condividere) dell'ordine del giorno presentato dalle forze di maggioranza al Consiglio regionale. C'è solo un enorme problema: le firme che appoggiano e sottoscrivono questo documento. Non ritengo che le forze politiche che hanno sottoscritto questo documento siano legittimate ad impartire lezioni di federalismo, di decentramento e di mancata attuazione delle autonomie locali.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Dameri.



DAMERI Silvana

Grazie, Presidente. Mi scuso se nell'illustrare il documento allargher un po' l'ambito del mio ragionamento, anche se non vorrei portar via troppo tempo al dibattito del Consiglio regionale.
Il senso del documento che vado ad illustrare mi pare molto chiaro e peraltro - considero questo un fatto assai positivo - in sintonia con le considerazioni del Presidente Brizio, fatte proprie da un arco significativo di Regioni italiane.
Le preoccupazioni di carattere sia politico sia istituzionale insite nelle considerazioni del Presidente Brizio - che riportavano la posizione generale delle Regioni relativa ai problemi della finanza regionale, al governo dei conflitti sociali e ai pericoli contenuti in questo tipo di proposizione di legge finanziaria, visti i forti attacchi sferrati in direzione dei ceti più deboli, dei lavoratori e delle lavoratrici, che inevitabilmente produrranno un inasprimento della tensione sociale, nonch le preoccupazioni circa l'assenza di elementi che davvero costruiscano delle ipotesi per lo sviluppo e per l'occupazione nel nostro Paese - non sono solo richiamate, ma costituiscono il senso di fondo di questo nostro documento.
Riteniamo che, con le scelte assunte, il Governo Berlusconi sia arrivato ad una sorta di dichiarazione di sé.
Con l'insieme delle misure adottate, che non possono non essere viste nella loro complessità per poterne meglio cogliere il senso e la direzione riteniamo si sia compiuta una scelta di rottura di un patto sociale assolutamente necessario nella realtà del nostro Paese, se vogliamo procedere ad un effettivo risanamento della situazione economica, con il consenso e la partecipazione delle parti sociali essenziali. Da parte del Governo Berlusconi si è invece voluta e ricercata un'intesa con il padronato e si è tentato di riaccreditarsi in termini internazionali nei confronti della crisi profonda determinatasi tra Governo e sistema complessivo dei mercati finanziari.
Nei mesi scorsi, si è in realtà proceduto ad una serie di misure che hanno reso più difficile ed allontanato l'obiettivo del risanamento economico del Paese.
Le misure contenute nella legge finanziaria non "spuntano" certo senza un retroterra di iniziativa e di lavoro. La serie di misure assunte dal precedente Governo Ciampi, nella direzione concordata con le parti sociali accordi del luglio 1993 - di un governo della materia, sono arrivate ad un profondo logoramento; tale allentamento, aggiunto al lassismo che ha visto attivo il Governo Berlusconi, ha ulteriormente aggravato la situazione di indebitamento del nostro Paese. Non è ignoto quanto accaduto relativamente ai tassi d'interesse e quanto questo abbia pesato e pesi sulla situazione complessiva dell'indebitamento dello Stato.
Si è rinunciato ad affrontare in termini efficaci e di indirizzo i problemi relativi alle questioni fiscali e si è scelta una strada, quella dei condoni - consentimi, collega Vaglio - che francamente non mi pare una grande novità. Si tratta di una strada - seppure non così massicciamente perseguita, siamo al condono su tutto molto utilizzata: penso ai Governi della fase precedente, denominata Prima Repubblica. Per quanto riguarda la politica delle entrate, viene riproposta la stessa strada, direzione che sappiamo avere una serie di controindicazioni evidenti. Innanzitutto chi sceglie l'illegalità, per quanto riguarda la politica fiscale, può essere premiato attraverso i condoni; dal punto di vista del gettito, l'efficacia è assolutamente non controllabile, tant'è vero che i condoni precedentemente utilizzati ben poco hanno portato nelle casse dello Stato.
Si è parlato di carattere straordinario e non strutturale, ma si è evitato di scegliere una strada di effettiva riforma della politica delle entrate da tutti i punti di vista, ivi compresa - come ricordava il Presidente Brizio - la questione che riguarda il tema dell'autonomia impositiva.
Si tratta di una legge finanziaria che non aiuta la ripresa, che non si tradurrà in crescita di occupazione e che renderà ancora più gravi gli squilibri del nostro Paese. Non credo sia casuale che le Organizzazioni sindacali ritornino con tanta attenzione sulle questioni del Mezzogiorno punto vitale rispetto al quale la Finanziaria è assolutamente inefficace e che volutamente ignora.
La scelta di fondo dell'intera manovra finanziaria è assolutamente coerente. Il Governo si dichiara; dichiara gli interessi che intende affermare e quelli che intende colpire, "saltando" completamente l'ipotesi di una gestione democratica del conflitto sociale al quale un Governo responsabile di un Paese dovrebbe essere interessato.
Ci sono altri elementi, dal punto di vista del pubblico parlare dell'opinione pubblica, particolarmente negativi: il segno classista della legge, che ritroviamo nelle misure concrete che la finanziaria prevede.
Sono elementi assolutamente inaccettabili dal punto di vista delle condizioni materiali di una serie di strati sociali, nonché dal punto di vista dell'esigenza di valori comuni di riferimento della società. Mi riferisco ai valori della solidarietà e dell'equità che, se mancanti mettono in discussione gli interessi che sul momento vengono colpiti, e non solo. Con questa legge finanziaria, per le misure che prevede e per il suo senso complessivo, andiamo in direzione esattamente opposta.
Venendo ai punti contenuti nell'ordine del giorno, non possiamo che partire dalla questione dell'impostazione centralistica della manovra di Governo. Personalmente eviterei le spiritosaggini del collega Vaglio su chi in precedenza si è dichiarato federalista o meno. Constatiamo una situazione di fatto: uno degli elementi su cui una delle componenti politiche di questo Governo ha imposto la sua partecipazione alla maggioranza e al Governo del Paese, quello del federalismo, viene pesantemente disatteso. Sappiamo che non si tratta di un problema meramente istituzionale: significa dotare o meno le Regioni in modo particolare nonché la rete complessiva delle autonomie, di strumenti, poteri e risorse che consentano di intervenire sui vari settori. La questione del federalismo è trasversale a tutto: riguarda l'economia, il governo dei sistemi sociali: poteri che consentono un reale autogoverno delle Regioni e una verifica più efficace e diretta, dal punto di vista dei cittadini sulle scelte che vengono compiute.
Si va invece in una direzione che conferma scelte del passato, che come Gruppo abbiamo sempre contrastato e che oggi consideriamo debbano essere poste con grande attenzione all'opinione pubblica, alle forze sociali e alle istituzioni. Credo che questo sia un punto sul quale sarà necessario che le Regioni sviluppino una forte iniziativa comune, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Le misure più gravi che la legge finanziaria prevede sono quelle che attaccano il sistema di sicurezza sociale nel suo complesso: in particolare, la sanità e il sistema previdenziale, le pensioni.
Sulla sanità non posso che essere d'accordo - e l'ordine del giorno lo riprende - con le considerazioni che anche esponenti di questa maggioranza hanno fatto nel corso di queste settimane, per quanto riguarda la penalizzazione del bilancio regionale, in particolare in una Regione - come diceva l'altro giorno in una nota l'Assessore Cucco - che ha dimostrato di voler fare un'operazione di riordino della spesa sanitaria. Una penalizzazione che francamente non si comprende, così come non si comprende l'insieme delle altre misure, quelle che introducono un'elevazione dell'età per i ticket dai 60 ai 65 anni, i ticket per le prestazioni di pronto soccorso, il blocco indiscriminato delle assunzioni nel settore della sanità.
Abbiamo voluto richiamare queste questioni perché sono essenziali per determinare la qualità dell'intervento sanitario. Intervenire su queste misure significa intervenire pesantemente nel settore sanitario e quindi di un primario sistema di sicurezza sociale.
Non possiamo - e questo è l'intento dei Gruppi politici che hanno firmato il documento - non avere presente che una riorganizzazione anche del sistema di sicurezza, che è necessario, non può essere guidata dalla logica dei tagli indiscriminati, da una logica contabile: deve misurarsi sulle ricadute reali rispetto alla salute dei cittadini.
Lo stesso - e ancora di più - dicasi per quanto riguarda gli elementi di intervento sul settore della previdenza sociale e sulle pensioni.
Questa mattina ho letto che il Cardinale Martini dice che questa finanziaria colpisce l'essenziale per i più deboli e sfiora appena il superfluo per alcuni. Crediamo che questo sia verissimo e lo sottoscriviamo totalmente.
Non è accettabile che il problema del riordino, certamente necessario del sistema pensionistico sia guidato dalla logica di colpire i più deboli di togliere loro anche gli elementi essenziali per la sopravvivenza, senza introdurre una capacità di intervento equo. Questo è il punto che non funziona all'interno di queste misure, caro Consigliere Vaglio; certo si possono fare gli aggiustamenti. Noi saremmo perché gli aggiustamenti in Parlamento si facessero su tutti i punti più odiosi, ma deve "saltare" la logica presente in questa manovra governativa.
Le cose su cui muoversi sono chiare, sono evidenti e non può essere messa in discussione la funzione essenziale del sistema pubblico della previdenza.
Infine, riteniamo che sia necessario - e viene richiamato in altri due punti, in un emendamento che è stato presentato in riferimento al settore della cooperazione contro le misure di cambiamento del regime fiscale per le cooperative - rilanciare una politica complessiva, volta ad iniziative di sostegno allo sviluppo e all'occupazione che siano davvero in grado di attivare una politica industriale e un sistema di investimenti pubblici.
Questi sono elementi essenziali per una manovra di Governo che voglia avere un respiro, che voglia guardare agli interessi reali del Paese.
Naturalmente non possiamo che esprimere il nostro sostegno, il nostro accordo con le iniziative di mobilitazione (in particolare con lo sciopero di venerdì) democratica dei lavoratori e delle lavoratrici che in queste settimane stanno contrastando questa impostazione del Governo. Riteniamo che ci siano elementi di merito, che ho cercato molto brevemente di illustrare, nonché elementi di sostanza.
Come diciamo nell'ordine del giorno, per allontanare i rischi di un grave conflitto sociale, per riaprire un dialogo tra le parti, per vivere in un clima di stabilità e di fiducia, è necessario affrontare i problemi essenziali dello sviluppo economico, dell'occupazione e della giustizia sociale; pertanto è necessario che la finanziaria venga profondamente cambiata nei suoi contenuti essenziali.
Se non si va in questa direzione, la nostra preoccupazione per il futuro aumenta molto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, visto che è stato citato il Cardinale Martini, citerò il Vescovo di Novara, che non esiste più monsignor Gilla Gremigni, il quale diceva: "Vedrà chi vivrà". Ma c'è anche da vedere quello che il futuro ci rappresenta attraverso ciò che si muove nella politica delle cose esercitate sulla piazza. Agganciandomi a questo concetto, sostengo che in effetti la politica del contendere è fatta di tutto ciò che è necessario affinché in una democrazia le posizioni possano avere la loro specifica distinzione.
Ricordo di essere stato un oppositore per trentacinque anni, da quando ho incominciato a fare politica; ho dovuto anche esercitare l'attività di sindacalista e, di fronte a tutto quello che non è stato mai realizzato in Italia, per l'equità contro le nequizie, ho trovato facile gioco sia nella piazza che nei consessi ad oppormi ai cosiddetti malgoverni. Poi nel tempo ho avuto l'avventura - e lì avrei potuto anche cessare l'attività politica di vedere tutto ciò che era considerato "malgoverno", e che effettivamente era "malgoverno", spazzato via dalla pubblica opinione, non certo per gioco come si fa quando si viene fuori dagli stadi, ma perché era necessario giudicare il malgoverno dentro il quale anche le questioni sociali erano state calpestate. Tant'è vero che lo stesso Presidente della Giunta nella sua relazione, questa mattina, parlando di taluni aspetti molto importanti della politica, esercitata attraverso le Regioni, ha detto che il trasferimento, per quanto riguarda talune competenze specifiche di intervento diretto della politica delle cose, avrebbe dovuto completare l'attuale assetto delle funzioni amministrative regionali. Si è rifatto alla legge del 22/7/1975, più avanti al DPR n. 616 del 24/7/1977, come dire che è da quel tempo e da ancor prima che in Italia non si riesce a trovare la giusta soluzione per meglio amministrare le cose della collettività dentro le quali ci sono lavoratori dipendenti, datori di lavoro, pubbliche funzioni, problematiche varie che riguardano gli aspetti della partecipazione sindacale, la responsabilità dei partiti: c'è tutta la democrazia partitocratica che ci ha portato alla crisi dello Stato, alla crisi economica per la quale gli italiano hanno deciso, nello scorso marzo di fare piazza pulita.
Non ho perso l'anima del sindacalista. Domani dovrò partire per il Congresso nazionale della CISNAL. dentro cui il fermento contro questa manovra economica - così come nell'ambito della più vasta opinione pubblica e anche attraverso gli altri sindacati - è vivo, anzi vivace, ma che si differenzia dall'azione di piazza che contro questa manovra finanziaria si sta inscenando per meri motivi politici.
La ragione che andrò a sostenere in seno a quel consesso di colleghi è questa: può uno Stato elargire risorse come se fosse un imprenditore, tanto da evitare che gli interessi del privato possano incidere negativamente nei riguardi delle attese dei lavoratori dipendenti? La storia ci ha dimostrato che taluni Stati hanno affrontato questo tipo di potere e alla fine sono crollati sotto il peso della povertà dei popoli amministrati.
In Italia, con una forma di socialismo reale che nulla ha avuto di molto differente dall'istituzione di tipo sovietico, con i soviet italiani dove il potere reale era nelle mani dei rappresentanti dei partiti e non certo attraverso il Parlamento, si è istituita una forma di Stato tale che ha mandato l'economia nazionale a gambe all'aria. Tant'è che alla fine, da più parti ed in itinere da diversi anni a questa parte, si andava affermando la necessità di far piazza pulita di tutto ciò che un'errata impostazione dello Stato sociale aveva determinato attraverso la crisi dell'economia, con responsabilità gravissime da parte degli enti locali, a partire dalle Regioni, dai Comuni e dalle Province. Senza contare - è stato ricordato in quest'aula le responsabilità pesantissime e dolosissime degli enti strumentali dello Stato, che hanno fatto man bassa delle risorse economiche della collettività amministrata nelle grandi aziende degli enti strumentali di Stato. Ragion per cui oggi non abbiamo più la chimica, non abbiamo più l'acciaio, non abbiamo più niente; abbiamo soltanto le banche che sembrano intoccabili per via del rapporto che hanno con la Banca d'Italia, che ha una propria autonomia nei confronti del Governo e della politica dello Stato e che rappresenta anch'essa parte preponderante dell'economia nazionale.
Di fronte a questo quadro, l'imbarazzo di un sindacalista, che è anche rappresentante politico, è grande: da una parte, guardando settorialmente i fenomeni dell'economia nazionale, non si può non riconoscere ai lavoratori il diritto di mantenere tutto ciò che, con una sola parola, è riconducibile al diritto pregresso (cioè i diritti acquisiti); dall'altra, non si può non dire ai lavoratori che, se non c'è la produttività, non può esserci lavoro e che i posti di lavoro nascono dalla produttività. Ecco che qui si innesca il cosiddetto "busillis" del giudizio nei confronti dei datori di lavoro che non sono tartassati ai fini di evitare che anche la previdenza fosse ciclata dentro la finanziaria.
Ma una considerazione va fatta. Se fossero le Regioni ad essere Stato la questione ce la vedremmo lì per lì direttamente amministrata localmente sotto una maggiore spinta clientelare, con le esigenze imprescindibili delle Giunte locali.
Di fronte a questo panorama, come può essere risolta la questione di una finanziaria che ha cifre e numeri, senza toccare il riassetto della previdenza? Giustamente il Consigliere Vaglio ha detto che la questione poteva essere considerata a latere, ma considerato il fatto che tutti i provvedimenti che riguardano la questione pensionistica sono a regime perché non credere che, una volta risanata l'economia dello Stato e quindi della comunità nazionale, da qui al tempo che corre non ci possa essere tutto il tempo necessario per rivedere la struttura del rapporto pensionistico, magari riportandolo ai vecchi fasti di un corretto Stato sociale? Allo stato attuale delle cose, l'unico inghippo che rimane è che coloro i quali presumevano di andare in pensione prima del compimento dei quarant'anni di attività lavorativa non possono andarci. Ma non si è fatta una grossa polemica contro le baby-pensioni? Nel passato non ci si è scagliati contro coloro i quali hanno avuto - giustamente o ingiustamente comunque la legge glielo consentiva - la possibilità di andare in pensione prima del tempo dovuto, fruendo anche di un'adeguata liquidazione, oltre che di una pensione di apprezzabile valutazione? Avere ridimensionato tutto questo pacchetto, ancor quando in democrazia si sia lasciata la libertà all'individuo di andarsene in pensione, perdendo quei tre punti annui che di fatto dimezzano la pensione, è una cosa del tutto negativa? O è negativo aspettare il 1996 per vedere come la finanziaria avrà ristabilito l'equilibrio dell'economia nazionale? Dove sta il pericolo che corre il futuro dei lavoratori? Sta nel fatto di essere capaci, così come ci viene imposto, di adeguarsi a tutti i trattati - ai quali noi, per altri versi politici, abbiamo aderito vantandoci di essere europeistici determinati da Maastricht, che tutti hanno voluto e di cui tutti hanno detto che è stato un bene firmare.
Di fronte a queste imposizioni, come si può pensare che la finanziaria di quest'anno debba essere monca e quindi non debba riequilibrare le percentuali inflazionistiche della nostra lira e quella dell'anno venturo e così via di seguito finché sia considerevolmente ridotto il debito pubblico? La sconfitta maggiore di coloro i quali aizzano a scendere in piazza per dimostrare, così come è accaduto ieri per la questione che riguarda il rapporto di studenti e Università e la loro cultura, sta nel fatto che in effetti corriamo il rischio di avere un'economia inflazionistica talmente alta per cui, anche aumentando di un milione o due al mese il salario dei lavoratori di qualunque settore, il potere di acquisto è tale da vanificare ogni rivendicazione.
Ecco perché noi, con il nostro ordine del giorno, esprimiamo solidarietà al Governo. Nel caso in cui tutto questo non potesse verificarsi così come prefigurato dalla finanziaria: vivaddio, siamo in democrazia! E qui sta la sconfitta maggiore di coloro i quali inscenano la piazza e sono contrari alla nostra impostazione, perché ci vedono disarmati.



CALLIGARO Germano

Siete disarmati!



MASARACCHIO Antonino

Disarmati nello spirito e nell'animo; armati effettivamente ci sono stati gli altri, e sappiamo chi, come e quando.
Dicevo, disarmati politicamente, nel senso che non accadrà nulla se questo Governo Berlusconi (così come lo si chiama) dovesse andarsene a casa. Al Governo ci andrebbero gli altri, e sarebbe interessante vedere come risanerebbero l'economia nazionale, colpendo chi e che cosa riequilibrando chi e che cosa.
Quindi l'Arcivescovo Gilla Gremigni, ancor quando non sia fra i presenti vivi, diceva bene: "Vedrà chi vivrà". Se la pressione contro questa finanziaria riuscirà a vanificare tutto, vedremo quali saranno i risultati negativi per le attese dell'economia dei lavoratori e dell'Italia in genere; nel caso in cui la compagine governativa riesca a tener duro in virtù di quel maggioritario che gli altri hanno voluto, certamente non noi - fra due o tre anni vedremo chi avrà avuto ragione.
C'è chi dice che, in fondo in fondo, correttivi al sistema previdenziale non debbano essere fatti; c'è invece chi afferma che l'economia va guardata nella sua globalità, se si vuole veramente il bene del Paese e se i lavoratori sono considerati soggetti attivi e non passivi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, preciso che "Chi vivrà vedrà" è un tipico motto degli immobili e degli sconfitti, che stanno lì ed aspettano che gli piova in testa, per poi dire che piove.
E' mia profonda convinzione che nel decennio passato (i fatidici e meravigliosi anni '80) - decennio tra l'altro di più alta ed intensa produttività e sfruttamento alla giapponese, nonché di grande e profondo ammodernamento del Paese, specialmente tecnologico - immense ricchezze e risorse prodotte ed accumulate siano state bruciate, in termini anche molto rapidi, da una concezione tutta neoliberista, arraffatrice e speculativa.
Tant'è che alla fine degli anni '70 e nei primi anni '80, quegli anni si sono esattamente aperti in nome di un neoliberismo teorizzato e praticato formidabilmente nell'economia e nella finanza, nei luoghi di lavoro, come nella società e nei supermercati.
Ho detto questo perché credo che non debba essere dimenticato. Ci sono state questioni che hanno portato a consumazione tutti i nodi di ordine politico, economico e sociale, come Tangentopoli, grande questione. Per non possiamo vedere dove si radicava, in quali convincimenti e in quale cultura profonda. Quelle risorse sono state bruciate in termini di arricchimenti facili, in termini di una sbagliata concezione dello sviluppo di questo Paese e non sono sicuramente andate verso l'abbattimento dei deficit strutturali che questo Paese aveva e portava ancora addosso. Meno che meno sono andati a migliorare qualitativamente e quantitativamente le condizioni di vita e di lavoro di milioni di lavoratori e di lavoratrici.
E' prevalsa una concezione, nella struttura politica ed economica e nella cultura del capitalismo nazionale, basata sul mito del profitto finanziario a breve termine. Questo lo rapportiamo ad una concezione illimitata e totale del mercato in cui tutto, niente escluso, è oggetto di scambio; un individualismo acquisitivo, selvaggio, incapace di responsabilità sociali e collettive. Un segno dissipativo spettacolare ed insensato, anche di costume e di immagine, che tende oggi a ripresentarsi e a riperpetuarsi.
Io non so se avete presente come ogni giorno della vita di questo nostro Paese sia ormai sottoposto, condizionato, messo in discussione dall'andamento della Borsa. L'andamento della Borsa è condizionato ad uno sternuto del Presidente del Consiglio o di qualcun altro. Nel Paese si è creata una condizione per cui, a fronte di una formidabile ripresa della produzione di ricchezza concreta di beni, la Borsa non risponde a questo stato dell'economia reale della produzione del Paese, ma ad altro.
Risponde, molto probabilmente, alla ricchezza ed alla cultura della ricchezza di carta e finanziaria che nel nostro Paese è stata determinata da ciò che è avvenuto nel decennio passato.
C'è uno sbilanciamento drammatico: in un Paese in cui è fortissima la ripresa rispetto ad altri Paesi, le Borse segnano costantemente colpi di caduta durissima.
Anche quella del debito pubblico è parzialmente una scusa. C'è una distorsione che viene da lontano e nasce tutta dentro le forze economiche che hanno governato e continuano a governare questo Paese: ha dominato e domina l'impazienza del consumatore, e non la pazienza del costruttore dell'egoista, non del pioniere. Non lo dico io, lo dice un fior di Grand Commis del capitalismo transalpino, che è Michel Albert. Il fatto è che coloro che si definiscono liberisti sono solo dei mega approfittatori.
Pensate che in questa finanziaria non c'è un atto di Governo che non comporti un principio, e non solo teorico, di cointeressenza privata del suo Presidente del Consiglio a breve termine.
La finanziaria, e i provvedimenti direttamente o indirettamente collegati, è esattamente tutto questo, con una somma di iniquità immediate e di sottintesi per il futuro menzogneri e pericolosissimi.
Ricordo il tanto decantato richiamo del Presidente del Consiglio ai giovani e al futuro. Come si fa, da un lato, a teorizzare il fatto che è mutata radicalmente la struttura nel lavoro futuro, che milioni di persone che entreranno nel mercato del lavoro dovranno abituarsi a cambiare cinque/sei/dieci volte il lavoro, che dovranno pensare a più o meno lunghi periodi di assenza dal lavoro, il che vuol dire precarizzazione e licenziamenti?!



(Interruzione del Consigliere Masaracchio)



BOSIO Marco

Come si fa a sostenere questo come possibile scenario del futuro, da un lato, e dall'altro creare condizioni per cui le pensioni di trentacinque anni vengono dimezzate - ormai di fatto consentendo però di andare avanti a lavorare fino a sessantacinque anni! E si dice che tutto questo è fatto per i giovani: "Care mamme e care zie, penso ai vostri nipoti". Qui si sta prendendo in giro il mondo, e lui sta pensando agli affaracci suoi: questo è il punto che deve essere estremamente chiaro. Così si imbroglia effettivamente, concretamente. Certo che si fanno anche accordi, purch questi accordi abbiano interlocutori credibili e che pensino sul serio al futuro.
Sono avvenuti grandi mutamenti nel mondo, è indiscutibile, però non so se avete notato che ormai il mondo non si spacca più tra capitalismo e comunismo, ma si spacca tra economie veloci ed economie lente. Per quanto riguarda l'Europa, le economie veloci sono oggi quelle che da tempo hanno concepito e tessuto quella che in Germania, per esempio, viene chiamata un'economia sociale di mercato e che in Francia viene chiamata capitalismo transalpino, cioè un interesse per il lungo periodo (invece qui continua la voglia matta dei ricchi di fare più soldi e subito! E' una voglia matta) una forte mediazione tra interessi individuali e responsabilità collettive (che non ritroviamo negli atteggiamenti di questo Governo!). Dove il futuro domina il presente e dove sono e restano centrali l'interesse per la produzione, per l'atto produttivo, per la fatica del produrre e del lavorare, per la creatività nel lavoro, per l'attenzione al prodotto, alla sua qualità e ai produttori, cioè quelli che lo fanno fisicamente, sia che si tratti di un lavoro materiale che immateriale.
Vogliamo guardare all'Europa? Bene facciamolo. Prendiamo ad esempio come fa il Governo, il sistema pensionistico. Benissimo: fra Italia e Germania non c'è alcuna differenza di costo della vita. Perché un insegnante in Italia deve essere pagato con la miseria? Andiamo a vedere quanto è pagato in Germania. Perché in Germania un operaio qualificato porta a casa 2.700.000/2.800.000 al mese netti, mentre un operaio qualificato qui porta a casa 1.300.000/1.350.000 o 1.200.000, se è nei tessili? Con questo provvedimento, di colpo gli si spezzerebbe la pensione e gli si direbbe: "Adesso ti paghi anche l'integrativa, magari individuale magari alla Mediolanum".
Queste sono questioni che riguardano il corpo di milioni di persone che, avendo avvertito immediatamente - anche senza aver letto attentamente la finanziaria - che qualcosa di drammatico si stava svolgendo sulle loro teste e gli sarebbe precipitato esattamente nel corpo, hanno cominciato a reagire. Mi auguro che continuino e duramente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mollo.



MOLLO Francesco

Signora Presidente e colleghi Consiglieri, abbiamo ascoltato alcuni interventi; di questi non ripeterò alcuni concetti espressi, per esempio quelli del collega Bosio, che condivido.
Mi pare, tuttavia, di poter riprendere alcune affermazioni qui fatte da altri colleghi. Per esempio, il rappresentante della Lega, anziché entrare nel merito delle questioni, ne ha fatto - come spesse volte ormai vediamo in televisione solamente una polemica politica: la maggioranza di una volta, la minoranza di oggi, la minoranza che diventa maggioranza. Si tratta di un modo per mestare, che certamente non chiarisce le vere questioni che abbiamo davanti.
D'altra parte, l'intervento dell'esponente del MSI - non so se di Alleanza Nazionale - ci dice: "Stiamo lì a guardare che qualcosa succederà". In sostanza, ci invita a non fare niente, mentre il manovratore continua a guidare il suo treno o la sua Fininvest. Spero che in un terzo intervento, che probabilmente ci sarà, non si venga a dire che in questo momento stiamo perdendo tempo nel Consiglio regionale. Così come il Parlamento perderebbe tempo quando discute di questioni di grande importanza e di rilievo politico, e non solo.
E' questa una questione che dobbiamo ridurre a polemica politica? Credo di no, perché l'ordine del giorno che è stato presentato, e di cui stiamo discutendo, parla di un fatto concreto, cioè della legge finanziaria. Noi stiamo discutendo della legge finanziaria e dei suoi effetti e, possiamo dire genericamente, delle sue iniquità.
Peraltro possiamo rilevare, quasi puntualmente, che noi non ci troviamo di fronte a delle posizioni ferme, chiare, precise, progettuali, per cui si può essere d'accordo o meno; noi ci troviamo, spesse volte, di fronte a dei muri di gomma, cioè ad affermazioni fatte il giorno prima e che immediatamente il giorno dopo vengono cambiate. Di conseguenza, non ci si può neanche più attrezzare all'opposizione per certi aspetti, perché il giorno dopo cambiano le carte in tavola.
Il Presidente della Confindustria, alcuni giorni fa, aveva sostenuto in tutte le assemblee pubbliche che la finanziaria, e tutto quanto in essa contenuto, era assolutamente corretta e da attuare. Ieri sera, rispetto all'inversione di marcia da parte del Governo ed alle posizioni che nel Parlamento si sono verificate, lo stesso Presidente della Confindustria ha cambiato opinione, rendendosi più disponibile e dicendo che alcune cose vanno riviste.
Ci troviamo di fronte ad un Governo, come si diceva una volta, del "go and stop", cioè una volta avanti tutta e una volta marcia indietro. Ma anche qui la polemica dei passati Governi è una polemica che sta diventando sterile, perché nel momento in cui ci avviamo ad una nuova concezione della politica, se si accettano i principi, i modi della nuova politica vivaddio, è un modo per rivedere anche le proprie posizioni ed aggiornare il proprio bagaglio politico.
Faccio un esempio. Tutti ricordano che sulla questione del federalismo c'erano delle prese di posizione contrarie, molto nette, da parte di moltissimi, se non di tutti i partiti politici. Oggi, rivedendo la proposta, moltissimi di noi hanno colto il segno della proposta e dell'iniziativa. Per la verità, chi non ci crede più sono quelli che hanno lanciato il federalismo, perché fanno parte di un Governo centralista che non è mai stato tanto centralista come in questo momento.
L'altra questione che voglio porre è rispetto alle istituzioni e ai cittadini, che sono complessivamente i destinatari di queste decisioni.
Credo che molti cittadini abbiano votato il Polo della Libertà e del buon governo e abbiano dato fiducia a questo Governo sulla base di una sensazione di novità e sulla base di illusioni, in qualche modo iniettate.
Oggi vediamo che molti di questi cittadini hanno capito, capiscono e capiranno che questa fiducia era stata mal riposta.
La verità è che ci troviamo di fronte ad una politica del Governo che è una politica di classe, ma non nel senso in cui qualcuno di noi l'ha studiata. E' una politica di classe, è cioè riferita a determinate classi del nostro Paese, peraltro minoritarie e che tendono a diventare non tanto maggioranza numerica, quanto maggioranza di potere, con il rischio dell'occupazione del potere stesso e quindi dell'instaurazione di una sorta di regime. Lo stesso, ad esempio, cogliamo nell'intera e delicata questione dell'informazione; quindi, a mio parere ci sono anche dei pericoli per la democrazia.
Uscendo subito da questa polemica, vorrei affrontare brevissimamente spero di stare nei dieci minuti - le due questioni di cui si discute e di cui si occupa la finanziaria.
Per quanto riguarda il sistema previdenziale italiano, diciamo subito che la questione non è il sistema previdenziale italiano, ma è di distinguere l'assistenza dalla previdenza. Il concetto di assistenza è quello in base al quale si tende ad intervenire nell'ambito della solidarietà, dell'umanità, delle ingiustizie verificatesi e nell'ambito delle difficili situazioni in cui una quantità di cittadini si trova mentre ancora esiste il vecchio concetto ottocentesco dell'assistenza come ordine pubblico. Non a caso l'assistenza, per buona parte, fa capo al Ministero degli Interni.
Ma allora, se è assistenza, è evidente che deve essere completamente staccata dal sistema previdenziale. Ciò si può realizzare solo nel momento in cui si dice e si fa la distinzione di una destinazione di risorse verso questo settore. Le risorse non possono essere prese dalla previdenza, ma dal settore dell'imposizione fiscale che destina le risorse a tal fine.
Nel momento in cui è indispensabile un recupero delle risorse fiscali emerge che il sistema fiscale ha quanto meno un vuoto, una grande evasione che dovrebbe essere colpita per recuperare quelle risorse di cui si ha necessità.
La previdenza. Tutti sanno che la previdenza è un sistema statistico attuariale, basato sulla matematica, e quindi non si può risolvere il problema se non con una riforma adeguata che tenga conto dell'equilibrio gestionale. La "palla" secondo cui verrebbero garantiti i diritti acquisiti è davvero una "palla". Solamente gli ingenui, coloro che temono chissà cosa, possono pensare che il Governo abbia garantito i diritti acquisiti si tratta di garanzia contenuta nel nostro ordinamento giuridico: nessuno può concedere quanto il nostro ordinamento giuridico prevede. Non si tratta certo di una concessione il riconoscere i diritti acquisiti dei lavoratori o degli assicurati.
Caro collega Masaracchio, non puoi fare doppia politica: una al sud e l'altra al nord: impara a fare una politica nazionale! Non che al sud fai le piazzate per la tutela dei pensionati e dei lavoratori e al nord ne fai un'altra!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Germanetto.



GERMANETTO Michelino

Mi sembra si stia uscendo dai temi che dovrebbe dibattere il nostro Consiglio regionale. Vi sono competenze precise del nostro Parlamento, di coloro che abbiamo delegato a governare; purtroppo, stiamo invadendo il campo altrui.
In ogni caso, condivido la relazione del Consigliere Vaglio; mi soffermo soltanto, brevemente, sul sistema previdenziale. Sistema che necessita di una riforma, per non vanificare quanto si è conquistato in questi anni.
Il nostro sistema previdenziale ha fatto sì che il costo del lavoro, in Italia, sia uno dei più alti del mondo. Siamo ad un punto tale per cui c'è il rischio di perdere quanto faticosamente conquistato, con perdita di posti di lavoro e di competitività rispetto agli altri Paesi. Ho parlato di riforma, che non significa solo riduzioni e sacrifici, ma anche maggiore riconoscimento del lavoro autonomo (punto molto importante, quello relativo al lavoro autonomo). Questo non significa che il sottoscritto voglia l'abolizione del sistema previdenziale pubblico; esiste anche il privato: in certi Paesi del mondo funziona veramente bene e con costi senz'altro minori.



CALLIGARO Germano

Ma i salari sono molto più alti: non fate solo i confronti che vi interessano!



GERMANETTO Michelino

Ho svolto uno studio comparato sui sistemi di assistenza nei vari Paesi del mondo, che spero di poter mostrare ai Consiglieri.
Dicevo, una riforma che permetta di continuare quanto si è conquistato ma nel contempo permetta lo sviluppo del nostro Paese.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE NERVIANI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

A mio avviso giustamente, il Consiglio regionale quest'anno affronta in modo un po' diverso dagli anni passati la manovra finanziaria del Governo.
Manovra sulla quale le tensioni manifestatesi nel Paese sono state senza eguali.
Sono profondamente contrario alla manovra non per i motivi fino ad oggi indicati; sono contrario all'impostazione generale della manovra: di corto respiro, che non affronta i problemi come dovrebbero essere affrontati, con impostazione di medio-lungo periodo, ma con un'ottica puramente congiunturale: superare il 1995, rinviando al 1996 ed agli anni successivi tutti i problemi.
E' una manovra che prevede, se ricordo bene, 26 mila miliardi di entrate e 22 mila miliardi di riduzione di spese. Sul lato delle entrate anche se qualcuno dice che c'è stata fantasia - il collega Vaglio ha sostenuto trattarsi di manovra originale; più che lui, l'ha detto Berlusconi: avremo fantasia a far tutto... - a mio parere è la peggiore riforma che si potesse pensare. Sul lato delle entrate l'intera manovra è a mio giudizio, sovrastimata, ma, a parte tale sovrastima, è impostata esclusivamente sui condoni.
C'è il condono edilizio - lascio perdere i giudizi di altra natura su un condono edilizio e sui condoni in genere - e c'è il concordato tributario. Il Ministro Tremonti si irrita molto quando si dice che è un condono; è impropriamente un condono, perché di fatto consente di definire pratiche fiscali vecchie in modo forfettario. Questo è un condono, anche se lo si definisce in un altro modo.
Lo stesso discorso vale per il condono previdenziale, che oltretutto e questo è odioso - è una tassazione sulle cooperative.
Comunque non sono d'accordo sugli ordini del giorno che presenterete, e che questo Consiglio regionale ha già votato, di sostegno alle cooperative dicendo che non si devono toccare. Credo che le cooperative siano delle organizzazioni economiche come le altre e che come tali debbano essere trattate. Era una strana mentalità di questo Paese; si dovevano aiutare, ma onestamente - e nel dire questo credo di non essere sospettato di essere un "filoberlusconiano" - non vedo per quale motivo la Coop debba avere un trattamento diverso dalla Standa o dalla Rinascente: sono dei colossi e, a mio giudizio, non devono esserci differenziazioni. La cosa odiosa è che contravvenendo a tutte le norme, ai principi e ai criteri, un'agevolazione che era stata concessa alle cooperative nei due anni precedenti, una sorta di esenzione dall'imposta patrimoniale, viene recuperata: c'è una maggiore imposta per gli anni futuri, per recuperare quello che non c'era stato.
Questo è evidentemente un modo alquanto curioso e mi auguro non nuovo perché sarebbe molto triste.
Mi pare che sulle entrate - al di là delle affermazioni che si facevano e al di là del fatto che bisogna comunque risistemare il sistema tributario del nostro Paese - non si sia fatto nulla di questo, aumentando comunque le imposte. Forse ricorderete le centinaia di imposte che si dichiaravano nel nostro sistema e che bisognava ridurre. Ebbene, sono aumentate: si è creata un'una tantum, una minimun tax sulle società di capitale (che è una mostruosità giuridica); società di capitale che per legge sono tassate in base al bilancio. Si era fatta tanta polemica quando si era imposta la minimun tax agli artigiani e ai commercianti, che non erano tassati in base al bilancio. Qui si applica questa legge creando delle distorsioni straordinarie. Si è creata e si è prolungata la patrimoniale, quindi di fatto si è aumentato il numero delle imposte che abbiamo oggi nel nostro Paese.
Credo che ci siano dei corsi e ricorsi storici. Quando ero giovane e andavo a scuola mi spiegavano che era fortemente sociale che il sistema tributario fosse impostato a progressività (così peraltro prevede la Costituzione). In quegli anni '60, il sistema tributario italiano aveva un maggior peso dell'imposizione diretta e un minor peso dell'imposizione indiretta, essendo quest'ultimo da tutti criticato, perché di fatto - e io credo giustamente - anziché indirizzare il prelievo laddove c'era la ricchezza più alta, lo indirizzava sui consumi, andando a colpire indiscriminatamente tutte le persone, indipendentemente dai loro redditi.
La riforma tributaria del 1972 ci diceva che era un grosso passo avanti trasferire una parte della tassazione prelevata sulle imposte indirette sulle imposte dirette, perché questo determinava una maggiore equità. E Adamo Smith diceva che, ogni volta che si preleva un penny ad un ricco per darlo ad un povero, si aumenta la ricchezza complessiva del Paese; con questa impostazione si facevano determinate scelte.
Oggi scopro da tutta una serie di persone che uno dei vizi del nostro sistema tributario è invece che ci sono troppe imposte dirette e che è più giusto tassare i consumi, perché è più equilibrato e tutti quanti pagano.
Lo stesso discorso vale per il concordato: nel 1972 si abolì il concordato dicendo che era un metodo medievale, impostato essenzialmente al patteggiamento, che lasciava presupporre delle cose ignobili. Oggi abbiamo scoperto, per bocca del Ministro Tremonti, che in realtà un modo moderno per definire le vertenze fiscali è quello di rifare il concordato, cioè reimpostare questo patteggiamento fra amministrazione e contribuente. Sono quelle cose strane che ogni tanto tornano.
In definitiva, sulle entrate ci sono dei ragionamenti che non possono essere accettati, quale quello relativo alle imposte una tantum che nel 1996 non ritroveremo più (scelta questa non strutturale, ma proprio congiunturale): nel 1996, non potendo più concedere questi condoni, la finanza italiana avrà dei problemi molto gravi.
Anche sulle spese credo ci siano dei problemi molto gravi. A tale proposito, il Governo Amato aveva avviato una riforma strutturale delle pensioni che, secondo me, avrebbe dovuto essere portata avanti. Non era pensabile che il "sistema Italia" riuscisse a sopravvivere con il sistema previdenziale che si era impostato; occorreva fare qualcosa e, se il Governo avesse voluto accelerare i tempi di quella riforma strutturale avrebbe fatto bene. La cosa non accettabile è che questa pseudo accelerazione sia stata fatta senza un minimo di confronto e di consenso sociale: solo con il consenso sociale e con l'individuazione dei soggetti che avrebbero dovuto sopportare il costo di questa accelerazione, queste cose si potevano realizzare.
Hanno ragione i sindacati - i sindacati hanno avuto dei torti immensi nel passato, ma non solo loro - quando dicono: "Scindiamo la previdenza dall'assistenza", perché soltanto in questo modo è possibile verificare quello che è veramente previdenza, e che deve essere a carico di coloro che saranno i beneficiari di questa previdenza, da quello che è assistenza e che, invece, deve essere a carico di tutti. Non scindendo questi due settori, si creano delle storture, per cui si dice che ai pensionati si toglie la contingenza e la si rinvia, sostenendo che sono solo 10/15 mila lire al mese; non sono cifre alte in sè, ma sono inaccettabili: chi basa la propria sopravvivenza sulla pensione, non dovrebbe essere penalizzato nemmeno di una lira. Anzi, bisognerebbe invertire la cosa.
Questa è una tassazione impropria e non certamente ispirata a quel principio della Costituzione sulla progressività (art. 53 della Costituzione); addirittura è un'imposizione regressiva, che va a colpire soltanto le fasce più deboli. E' una tassazione impropria che non pu essere scaricata solamente su certe classi da parte di un Governo, che invece ha dimostrato di essere piuttosto generoso rispetto ad altre situazioni.
Questo è un Governo che ha varato come primi provvedimenti fiscali l'esenzione per le imbarcazioni da diporto e ha introdotto la cedolare secca, che è un istituto che favorisce soltanto coloro che hanno redditi di capitale e di azioni superiori a 100 milioni, quindi in realtà interessa pochissime persone.
Tutte queste cose non sono accettabili da parte di un Governo che si sta muovendo in questo modo.
Credo che uno dei grossi errori di questo Governo sia stato - qualcuno gliel'ha detto, ci sono delle cene importanti, quindi si dicono delle cose che poi restano - quello di dire che occorreva attuare una manovra rigorosa; ciò è vero, però questa manovra rigorosa avrebbe dovuto essere fatta con il consenso di tutte le parti sociali, non soltanto con quello di alcune.
Oggi ci troviamo in una situazione in cui i costi, riforma ancorch giusta in sè e che va verso un obiettivo che dobbiamo porci, risultano essere inaccettabili. Ci troviamo di fronte ad una manovra non rigorosa perché non risolve strutturalmente i problemi della nostra finanza pubblica, ma li rinvia soltanto di qualche mese (anche la stessa contingenza sulle pensioni viene rinviata da novembre 1995 a gennaio 1996) non risolve il problema delle spese; non risolve strutturalmente il problema delle entrate.
E' una manovra di corto respiro; è una manovra che deve essere modificata, e il Parlamento deve modificarla fortemente seguendo questi criteri. Sotto questo punto di vista, credo siano state positive le manifestazioni e le prese di posizioni forti, suggerite e proposte da parte dell'opposizione, e non - mi dispiace molto da parte di alcuni partiti della maggioranza, che fino all'anno scorso, caro Masaracchio, dicevano queste cose.
Mi auguro ci sia un tentativo forte, non per distruggere la finanza del nostro Paese, ma per rafforzarla, affinché in Parlamento siano in grado di modificare queste scelte, in sé non accettabili.



PRESIDENTE

Ricordo i termini dei dieci minuti per intervento.
E' iscritto a parlare il Consigliere Marchini, che ha facoltà di intervenire.



MARCHINI Sergio

Signora Presidente e colleghi Consiglieri, starò nel tempo previsto perché sono convinto che questo dibattito, per come lo si è voluto impostare, sia una questione solo politica, che con il contenuto della finanziaria ha poco o niente a che fare.
I liberali, che non si sono schierati in nessuna delle nuove formazioni e che continuano ad essere quello che gli elettori hanno voluto, ma che peraltro hanno significative e numerose responsabilità con uomini della loro area di governo, non hanno sottoscritto il documento del collega Vaglio e dei suoi amici, ma lo voteranno.
Non lo sottoscrivono, ma lo votano: cosa significa? Che non si identificano con la manovra finanziaria. Ma se si vuole un giudizio politico come con quel documento della maggioranza si vuole, il giudizio bisogna darlo; un giudizio politico, e non un contributo che può dare autenticamente e originalmente il Consiglio regionale, per rendere concreto l'auspicio - che pure condividiamo - del documento predisposto dalla collega Dameri ed altri, dove si "impegna la Giunta regionale affinché sia parte attiva nella richiesta di modifica, con altre Regioni, delle misure suddette".
Questo era il percorso da seguire, e non uno schieramento che ha costretto qualcun altro a schierarsi e che quindi obbliga, per dignità intellettuale, delle forze politiche, se non si identificano, a schierarsi.
Mi sembra un errore politico grave da parte di alcune forze di maggioranza, che ogni giorno di più dimostrano la difficoltà ad impedire che questa maggioranza si identifichi sempre di più - lo abbiamo già detto una volta - come una nuova "Stalingrado" in cui si realizza l'esercizio della circuitazione dal movimento sindacale, attraverso i partiti, fino al Governo. Questa identificazione delle istituzioni con i soggetti politici è sbagliata.
Mi sembra molto grave che alla fine il Consiglio regionale - e quindi anche il sottoscritto che vi si atterrà, perché mi conoscete - concordi sull'opportunità dello sciopero. E io in tutte le sedi dirò che concordo sull'opportunità dello sciopero.
Un'istituzione non può concordare sull'opportunità dello sciopero.
Un'istituzione deve garantire il diritto allo sciopero e i soggetti titolari del diritto lo esercitano, lo rispettano, ma - ripeto un'istituzione non concorda con lo sciopero: è una pura piaggeria politica è un atto di subordinazione del PPI al Partito Democratico della Sinistra.
Questo è il senso politico di un documento che, rispetto ad una materia sulla quale abbiamo tutti grandi perplessità e difficoltà ad atteggiarci ci mette nelle condizioni di dover votare quello predisposto dal collega Vaglio ed altri, perché il documento della maggioranza è una capitolazione politica e una riaffermazione di un modello politico che immaginavamo superato: la Stalingrado torinese e piemontese. Altro, a mio modo di vedere, potrebbe e dovrebbe essere l'approccio a questo problema.
Il Consigliere Bosio, nel suo approccio al problema - e che in parte è anche il mio, un po' da "mordi e fuggi" alla politica ha detto: "Ma come? Si scopre che l'economia funziona; che sostanzialmente i sistemi e i tagli in questo momento, se potessimo tagliare il passato e non impegnare il futuro, funzionerebbero. La Borsa crolla per delle cose strane".
Amici, quando abbiamo parlato dell'intervento nelle decisioni politiche di altri soggetti, non caricati di funzioni politiche e legislative dovevamo sapere che non ci riferivamo soltanto ad una norma precisa tuttavia, quando l'autorevolezza del Governo e la centralità del Parlamento vengono messe in discussione, il sistema diventa fragile.
Un sistema forte, in cui un Governo è forte e un Parlamento è autorevole, può accettare il rischio che il suo Presidente del Consiglio possa anche andare a fronte... Però, quando questo Parlamento ha dovuto fare retromarcia nelle sue competenze istituzionali rispetto ad altri poteri e il Governo è stato sconfitto da altri poteri, allora questo significa che quel poco che è rimasto del Governo e quel poco che è rimasto delle istituzioni repubblicane sono legati ad una persona che è arrivata come una specie di meteora nella politica. Questo è drammatico, e questo temo succederà per qualunque altro successore dovesse esserci a questa meteora o a questa realtà: sarà la storia a giudicare.
Non possiamo separare le cose; non possiamo dimenticare dei decreti ritirati, dei decreti non firmati e poi immaginare che il giorno dopo il Governo recuperi l'autorevolezza e il Parlamento la centralità, quando questi due valori si sono persi. Tali questioni, collega Bosio, sono di lunga portata.
Ringrazio il Consigliere Chiezzi, che nel suo volume ha riportato una mia frase, che sembra paradossale, e con la quale ho detto che tutti in politica hanno ragione. Il metodo liberaldemocratico vuol dire riconoscere questo valore: l'onestà intellettuale di tutti noi e che riconosciamo agli altri, senza dubitare del fatto che ognuno di noi operi per il bene della collettività; poi, evidentemente, possiamo non essere d'accordo sugli strumenti che qualcuno sceglie per ottenere questo risultato, ma dobbiamo avere questa convinzione per poter lavorare insieme.
Dobbiamo essere convinti che qui non c'è nessuno che sta dalla parte di qualcuno e nessuno che sta dalla parte di qualcun altro. Dobbiamo per essere consapevoli di che cos'è il debito pubblico, che è il nostro tallone di Achille. E' la somma delle prenotazioni che abbiamo fatto nei confronti delle generazioni future, di cui questa è parte. E' ora di finirla di considerare il debito pubblico come la somma degli sprechi, come la somma delle ruberie, come la somma delle tangenti. No! Il debito pubblico è la conseguenza di un'azione politica destinata ad un ventennio, che ha fatto sì che il nostro Paese sia quello che più di tutti, più ancora del Giappone, si sia modernizzato e sia avanzato nella presente generazione.
Questo costo non poteva cadere tutto su una sola generazione: è stato distribuito anche su quelle successive.
Il problema di ingegneria è che, avendo una macchina che funziona a regime con le altre, per poter recuperare questo mutuo - se così vogliamo chiamarlo, per farci capire da tutti - evidentemente bisogna tagliare delle cose che risultano inique, perché sono il risultato di quei vent'anni in cui si è fatto andare avanti il sistema. Certo, qualcuno adesso sostiene che il sistema della previdenza è andato più avanti di quanto possa concepire il sistema economico. C'è tutta una serie di altre realtà che sono andate più avanti di quanto il sistema economico non consentisse nella realtà.
Il costo che ha la nostra generazione, per quello che le resta, è sapere che deve pagare per le cose che ha già, non che si aspetta; mentre la generazione prima della nostra e parte della nostra ha lavorato e fatto sacrifici per le cose che non aveva ancora, perché i lavoratori che negli anni '60 andavano a lavorare al mattino della domenica, facevano sacrifici per cose che non avevano ancora: il bagno, il riscaldamento centrale, la Vespa. A tutti noi si chiede di fare dei sacrifici per delle cose che abbiamo già.
Certo che poi la politica fa sì che si cerchi di scaricare su una parte del Paese e non sull'altra il costo del pagamento del mutuo, e dobbiamo prendere atto che è questo il nocciolo. Non si può immaginare che si possa passare attraverso altri strumenti che non siano quelli del pagamento di alcuni beni che non hanno potuto pagare le generazioni passate.
Tutto questo per dire che il documento di maggioranza, che è politicamente criticabile nella sua opportunità, è vecchio dal punto di vista dell'impostazione: si ripropongono questioni che non hanno niente a che fare con il federalismo. Le Regioni non sono state istituite per avere soldi, ma per destinare meglio i soldi dello Stato rispetto alle specificità regionali.
Quando in Commissione noi abbiamo approvato - non so se l'abbiamo già approvato ieri in Consiglio o lo approveremo oggi la legge sull'artigianato, dove la maggioranza di cui io facevo parte non è riuscita a tutelare il progetto Ferrara, che finalizzava in modo preciso queste risorse, o a sostituire questo obiettivo con un altro e invece utilizzava le risorse per il sistema artigianale di nuovo in modo differenziato - non ne voglia l'Assessore Coppo, che ha fatto un egregio lavoro - ciò ha significato che la Regione è venuta meno al suo ruolo di finalizzare le risorse rispetto ad un modello. Questo è il ruolo delle Regioni, non rivendicare risorse più, risorse meno, ma rivendicare la libertà di poter utilizzare le tante e le poche risorse coerentemente al modello che quel Consiglio regionale e quella Giunta scelgono. Questo è il nodo. Invece noi continuiamo ad essere schiacciati, e questo è un documento che lo riprova soprattutto se si ripropone alla Stalingrado - perché dobbiamo essere tributari di un sistema ingessato che non intende essere messo in discussione. E non mi riferisco a quello dei lavoratori; mi riferisco a quello del mondo dell'artigianato, che non vuole essere messo in discussione e quindi deve essere rifinanziato indifferentemente.
Poi c'è una perla, quella dei piccoli ospedali. La razionalizzazione della sanità passa attraverso il sistema ospedaliero, con i suoi soggetti cominciando dai medici. Questo è il nodo della sanità: l'ospedale e i medici. Abbiamo firmato adesso un'interrogazione dove prendiamo atto che un ospedale, quello di Avigliana, non è nelle condizioni di fare una semplice iniezione; a me non interessa sapere se l'ospedale di Avigliana ha o non ha il Pronto Soccorso, ma una struttura sanitaria che non sia nelle condizioni di assistere un cittadino per fargli un'iniezione, deve essere chiusa fosse anche le Molinette. Non si può pensare di tenere aperti degli ectoplasma di strutture sanitarie che poi fanno morire una povera ragazza solo perché qualcuno le ha detto...



(Interruzione del Consigliere Rivalta)



MARCHINI Sergio

Consentimi, su questo vado molto cauto perché probabilmente è difficile prendere posizioni, però storicamente è avvenuto questo. O sul territorio abbiamo delle strutture che - a prescindere dal numero dei letti - dal punto di vista della funzionalità e dell'opportunità realizzano un servizio compiuto e completo per il cittadino, servizio che faccia sì che non manchi l'iniezione per una crisi di asma, altrimenti non è un ospedale, è una cosa diversa e allora la si chiude. Se anche qui riproponiamo la difesa di tutte le infermerie vuol dire che il fenomeno di modernizzazione non lo vuole nessuno.
Il nostro Gruppo voterà il documento Vaglio per ragioni squisitamente politiche, perché prende atto che c'è la condivisione di una manovra del Governo che la nostra forza politica, con molte riserve, evidentemente riconosce essere necessaria e per certe parti giusta - ripeto, tra molte riserve.
I fenomeni di struttura non si risolvono per decreto legge, come i problemi della giustizia non si risolvono per decreto legge, però chi ha voluto il nuovo in politica e ci ha mandati in pensione doveva anche sapere che sarebbe arrivata una classe politica che non sa che la politica è una cosa elementare: fare il meglio che si può in un certo periodo, ma attraverso l'elemento fondante che è il consenso. Quando invece si ritiene che il nuovo sia una realtà che essendo maturata all'interno di altre realtà alle quali non interessa il consenso, siano esse un'organizzazione burocratica come l'esercito siano esse un'azienda dove contano i pacchetti azionari e non sicuramente il consenso, non è neanche colpa di questo Governo se si comporta in modo discutibile fino a livelli umoristici perché è portatore di una cultura dell'opinione pubblica che immagina che così debba essere.
I problemi di consenso non devono più interessare: questo ci deve preoccupare. La politica è nata per realizzare il consenso e per ridurre il dissenso rispetto alle necessità di una società. Il nostro Presidente del Consiglio dice che perde tempo in Parlamento, ma il Parlamento è il cuore della democrazia: lì si governa, lì si realizza quel tanto di consenso che è necessario affinché un qualunque provvedimento di Governo possa avere effetto. Qualunque provvedimento di Governo che non abbia consenso non produce effetto, il più giusto o il più sbagliato. Il consenso lo si realizza nel pubblico confronto in Parlamento nel rispetto reciproco della differenza delle posizioni.
In tutta questa vicenda mi preoccupa molto di più il ritardo culturale o, in qualche misura, la frattura culturale che c'è con la politica in queste cose che non il contenuto di queste cose, perché anche questa legge finanziaria, così come giustamente auspica il documento di maggioranza saprà recuperare l'esigenza del confronto in Parlamento, potrà essere ridotta ad una questione sicuramente difficile da sopportare per molti di noi, ma politicamente praticabile. Se invece questa nuova cultura della politica non saprà realizzare questo bene, questa manovra finanziaria anche se verrà approvata così come è stata pensata, non produrrà gli effetti dovuti, perché una società moderna non si gestisce senza il consenso diffuso.



PRESIDENTE

Sono stata giustamente "sgridata" dal Consigliere Mollo per non aver interrotto il Consigliere Marchini; d'altronde, era già stato interrotto da altri.
La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, consentitemi di fare una premessa di ordine generale. Come Verdi non possiamo non sottolineare che la nostra posizione in ordine alla tendenza in atto nel nostro Paese, e non solo nel nostro ma più in generale in quasi tutti i Paesi industrializzati alla cosiddetta crescita zero, non può sempre e solo essere valutata in termini negativi, ma risponde ad un'indicazione di necessario rallentamento della crescita demografica, che altrimenti entrerebbe in rotta di collisione con i limiti della crescita.
Richiamato questo concetto, per noi fondamentale, specie in un paese già sovraffollato come il nostro, ci rendiamo conto che il passaggio verso la crescita zero comporta problemi e difficoltà. Non dimentichiamo che l'allungamento della vita media è la conseguenza di un avanzamento delle conoscenze scientifiche e delle condizioni sociali. Ciò rende peraltro disponibile alla società e alle nuove generazioni esperienze e testimonianze della propria identità storico-culturale di grande preziosità che oggi il nostro sistema non sa adeguatamente utilizzare e che vengono marginalizzate da un modello di sviluppo che tratta uomini e merci come oggetti da sfruttare nel momento in cui sono in grado di produrre profitti per poi rilasciare - gli uni e gli altri indifferentemente - come rifiuti inutilizzati e inutilizzabili da stoccare nelle discariche oppure nei ricoveri.
Il problema della crescita dell'età media della popolazione non può, a nostro giudizio, essere affrontato solo come problema di costi e dunque unicamente sotto il profilo delle conseguenze quantitative sulla gestione previdenziale. Per questo i Verdi hanno condiviso e condividono le proposte presentate dai sindacati CGIL. CISL e UIL in ordine alla razionalizzazione della spesa.
In particolare, riteniamo inaccettabile ogni ulteriore riduzione dei trattamenti pensionistici, già ridotti di oltre 76 mila miliardi nei quattro anni dalla Riforma Amato, e che dunque interverrebbero su una situazione già oggi, per la gran parte, a livelli di mera sussistenza. Non consideriamo affidabili i dati forniti in maniera contraddittoria sulla situazione patrimoniale e di bilancio dell'INPS, dell'INPDAP, dello SCAO dell'ENPALS, senza assunzione diretta di responsabilità da parte di chi li ha forniti.
Per il futuro, riteniamo che non solo occorrerà introdurre su questa materia il principio della responsabilità, ma da subito ci sembra opportuno richiedere una certificazione di bilancio, anche patrimoniale, da parte di esperti indipendenti, in maniera che la gestione di questi istituti risponda a criteri di massima trasparenza.
Il sospetto che la questione pensioni sia in realtà agitato con la finalità di introdurre distorte prospettive di tipo privatistico, che incentivano il ricorso alle cosiddette pensioni integrative, non può essere facilmente allontanato. E' un sospetto che si basa su uno scarso approfondimento dell'intera materia che il Governo Berlusconi intende affrontare attraverso i provvedimenti propri della sessione di bilancio legge Finanziaria e disegni di legge di accompagnamento - e non già, come invece noi riteniamo indispensabile, attraverso una vera e propria legge di riforma.
Come è possibile affrontare compiutamente la complessità della materia pensionistica e il suo intreccio, fin qui improprio, con le questioni dell'assistenza? Come ho detto all'inizio, non consideriamo nemmeno sufficientemente approfondita la valutazione secondo cui l'allungamento dell'età pensionabile sia vantaggioso a fronte del costo (sgravi fiscali incentivi, ecc.) della creazione di nuova occupazione, in particolare giovanile.
Il confronto fra allungamento dell'età pensionabile e creazione di nuova occupazione giovanile deve, a nostro avviso, essere oggetto di un ben più approfondito dibattito, che sia in grado di valutare tutti i tipi di variabile, non soltanto economiche ma anche sociali, che possono entrare in gioco.
I Verdi, nel concreto, dichiarano la loro netta contrarietà al blocco della contingenza, che ridurrebbe il valore di acquisto, già basso, delle attuali pensioni; l'opposizione alla riduzione del rendimento dei contributi erogati agli enti pensionistici configurerebbe, nei fatti, un prelievo fiscale occulto sulle pensioni. Dichiarano il loro "no" ai finanziamenti pubblici alle pensioni integrative private attraverso la sospensione dell'imposta del 15% sui versamenti, perché non si comprende come, se non ci sono i soldi per le pensioni pubbliche, li si trovi in maniera distorta per finanziare, con sconti fiscali, quelle private.
Infine - qui lo ribadiamo con forza - non riteniamo possibile l'aumento dell'età pensionabile e dell'anzianità contributiva al di fuori di un quadro di riforma che comporti un miglioramento delle pensioni e affini delle contromisure per non incidere ulteriormente in negativo sulle possibilità dell'occupazione giovanile.
Per contro, abbiamo avanzato, nelle opportune sedi anche parlamentari alcune proposte: l'istituzione di un fondo a sostegno delle spese previdenziali delle generazioni future (per i dipendenti pubblici e privati il fondo potrebbe essere finanziato con una parte degli aumenti contrattuali provenienti dalla contrattazione integrativa di secondo livello previsti dal protocollo del luglio 1993) la separazione della previdenza dall'assistenza, perché occorre, a nostro avviso, fiscalizzare il costo dell'assistenza in maniera che non sia caricato sugli enti previdenziali né coperto con contributi previdenziali la revisione della situazione pensionistica nel settore agricolo, ove troppo spesso la previdenza si confonde con l'assistenza o - peggio ancora con l'assistenzialismo e dove esiste uno squilibrio non più sopportabile tra versamenti e prestazioni (gli oltre 9.500 miliardi di deficit delle pensioni agricole scaricate sull'INPS si potrebbero recuperare, ad esempio con l'utilizzazione di fondi CEE per progetti di recupero territoriale ed ambientale, nonché con il ricorso ai lavoratori agricoli e pensionati) la necessità di giungere gradualmente all'unificazione dei trattamenti per tutti i dipendenti pubblici e privati, a parità di pensione con gli stessi versamenti e gli stessi anni di anzianità il riordino degli enti previdenziali la certificazione, come detto, dei bilanci degli stessi enti la responsabilità della dirigenza per i bilanci un'indispensabile azione che preveda interventi strutturali contro l'evasione e l'elusione dei contributi previdenziali e che riveda il sistema degli sgravi contributivi e della fiscalizzazione degli oneri sociali infine, la necessità di convogliare in un'unica Authority la gestione delle pensioni di invalidità, con la sistematica verifica degli abusivi e delle false invalidità, che sappiamo essere uno dei problemi principali che questo Paese non ha saputo o non ha voluto risolvere.
Solo con l'impegno ad attuare questi punti crediamo sia possibile mettere seriamente mano ad una seria revisione della materia e ciò non pu essere fatto se non con una vera e propria legge di riforma. La strada scelta dal Governo Berlusconi ci sembra una scorciatoia pericolosa che non condividiamo e per questo non possiamo condividere l'ordine del giorno del Polo liberaldemocratico.
Una scorciatoia pericolosa che, ad esempio, nei settori delicati della gestione dell'ambiente e del territorio, come abbiamo già richiamato in occasione degli specifici dibattiti svoltisi le scorse settimane in quest'aula, ha imboccato la strada - anch'essa scelta ricorrendo impropriamente alle leggi di bilancio - dei vari condoni, siano essi edilizi o fiscali. Un grave peso, questo, che la finanziaria ha voluto portare con sé.
Anche in questo caso, si ripercorre con iniquità la via che premia chi si è posto contro le leggi vigenti. Si premiano per l'ennesima volta i disonesti e si irride agli onesti, rischiando, peraltro, di ritrovarsi alla fine della manovra con un bilancio il cui esito può essere non solo inferiore alle previsioni di entrata, ma addirittura in negativo, avendo nel frattempo innescato altri processi amministrativi, come ad esempio la necessità di dotare di urbanizzazioni primarie le fette di territorio sanate dagli abusi edilizi, alla fine dei quali i costi pubblici supereranno di gran lunga gli introiti dei condoni.
Sulla sanità, infine, abbiamo già detto più volte in quest'aula - ci basti qui ribadire quanto viene riportato e ripreso nell'ordine del giorno che non si può ulteriormente penalizzare un servizio fondamentale e primario di un Paese che non può rinunciare allo Stato sociale, se non vuole rassegnarsi alla barbarie di un modello basato unicamente sulla massimizzazione dei profitti.
Anche per la sanità, sappiamo che esistono strade ben diverse da percorrere. Ancora dalle notizie di stampa di ieri e di oggi abbiamo appreso come il cancro abbia da tempo aggredito il settore sanitario con metastasi ormai molto profonde e radicate da un perverso rapporto con le industrie del settore che, come accade per l'agricoltura, rischiano di ridurre in schiavitù tutto il sistema.
Sanità, territorio, sistema assistenziale e previdenziale hanno bisogno di interventi razionali. Da troppo tempo soffrono di improvvisazioni che aggravano di anno in anno la situazione.
La finanziaria, che il Governo attuale ha sottoposto all'attenzione del Parlamento e di cui oggi discutiamo, delude le cosiddette promesse di novità che si pretendeva e si pretenderebbe di saper introdurre nel nostro Paese. Questa scelta non solo non ha dato indicazioni nuove, ma addirittura ha dato indicazioni che riteniamo profondamente sbagliate.
Come Verdi, non possiamo che, ancora una volta, anche in questo caso rispondere all'iniziativa di Governo con un: "No grazie".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

E' stato domandato al Partito popolare quale sarebbe stata la posizione sulla finanziaria; qualcuno, anche al nostro interno, aveva suggerito una posizione a tutto campo - pertanto, una posizione radicale e pregiudiziale e altri, come il Segretario Buttiglione, dissero che "un conto è emendare, un conto è surrogare". Siamo per la cultura dell'emendamento, se tale cultura vuole significare un concerto sociale fra le parti politiche i soggetti politici, i partiti e i sindacati; non siamo per la cultura dell'opposizione tout-court, se un tale tipo di opposizione porta inevitabilmente - ad una situazione sterile.
Certo questo non vuol dire che vogliamo farci destra per recuperare a destra. Ma questa finanziaria, o almeno il nocciolo duro, quello più problematico che la costituisce, cos'è? A mio avviso è un'alterazione della filosofia complessiva del Governo, che forse, dopo tanti incidenti di percorso, ha voluto accreditare una posizione rigida, per far vedere, di fronte alla comunità internazionale, che questo Governo non era solamente un governo che "cazzeggiava" - scusatemi il termine - "in canotta", ma un governo che riusciva a predisporre soluzioni conformi alla realtà del Paese.
Il Governo aveva iniziato però i suoi "lavori" con uno slogan molto bello "programmare la felicità", forse un po' omologo a "la gioiosa macchina da guerra" (simbolo un po' occhettiano e un po' difficile da interpretare); su quell'ottimismo di maniera che viene dagli anni '30, da film tipo "La vita è una cosa meravigliosa". Il Governo, dunque, voleva "programmare la felicità", puntando su alcune pietre miliari: il merito contro l'uguaglianza, il privato contro il pubblico, l'insufficienza dello Stato, l'irrimediabile degenerazione della partitocrazia, l'umore antipolitico delle masse: tutta questa combustione alchemica doveva creare un nuovo blocco sociale nei confronti del Governo.
Personalmente, non so se queste cose si siano avverate o se si stiano avverando. Forse c'è stata un'eccessiva indulgenza illuministica, che ha portato a credere che automatismi di carattere tecnico, economico ed informatico potessero portare a quella razionalità politica ed economica che lo stesso Berlusconi ha smentito in occasione del famoso appello di Bari, non alla Churchill - "Vi prometto lacrime e sangue" - ma alle zie e alle nonne del Paese.
Perché un appello di quel genere? Perché ha sentito le spinte neo borghesi o neo-competitive di questo Paese. Il Presidente Berlusconi sente che le classi medie registrano ormai una presenza che non è più solamente quella tipica delle classi medie di una volta; rivendicano un diritto sempre più marcato di parola, di intervento e di decisione. Vi sono comunità locali - vedi, per esempio, certi spunti del federalismo lombardo che richiedono una competitività al di fuori di ogni ragione di solidarietà nei confronti del sud del nostro Paese; vi sono Regioni forti che tentano di creare macroregioni: insomma, la spinta neo-borghese illuministica degli anni 2000 porta Berlusconi a cercare di individuare un tragitto completamente anomalo rispetto a quello dello stato consociativo.
Ma c'è anche il controcanto di quel neopopulismo che, basato sulla regola del "fai da te", oggi trova compensazione e riconoscimenti nei condoni edilizio, fiscale, ecc.
Questo è il quadro che ci troviamo di fronte. Ci fronteggia una cultura di governo contraddittoria, per tanti aspetti dilettantistica e forse primitiva. E, nello stesso tempo, una cultura non cosciente del fatto che il voto del 27 maggio è stato più la conseguenza di un rifiuto che il frutto di un consenso. Se non si fa una valutazione molto chiara su questo si cercheranno - o si troveranno - soluzioni che non vanno da nessuna parte e che rischiano di essere contraddittorie, incongruenti rispetto a quanto si vuole.
Ebbene, questa legge finanziaria è frutto di tutto questo magma di opinioni, di dissensi, di volontà e di velleità.
Ma, al di là di quanto è stato detto con molto acume, stamani, da sindacati ed altri, il fine della manovra, specialmente per quanto concerne la previdenza, è l'equità o il rigore? Questo non è dilemma filosofico qual è il principio? L'equità o il rigore? E se l'equità è un principio tale principio non è disponibile; e se il rigore, invece, è un mezzo allora il rigore può essere, effettivamente contrattabile.
Su questa base dobbiamo centrare quella che potrebbe essere una minima carta di navigazione nei confronti della legge finanziaria. Ai pensionati si chiede il giusto, ma anche l'ingiusto. Per esempio, non si capisce la differenza fra la tassa del 2,5% sulle pensioni come la decisione di non pagare la contingenza sulle pensioni stesse per il 1995. Non si capisce lo sganciamento delle pensioni dall'inflazione reale, con uno scostamento che può essere valutato attorno all'1%: un pensionato che oggi va in pensione a 65 anni, quando avrà 85 anni si troverà un decurtamento del 20-30% sul potere d'acquisto reale della sua pensione. Un problema certamente importante.
Sulle entrate abbiamo già detto: strumenti estemporanei, incerti precari, non ripetibili. A parte il fatto che il Ministro Tremonti, quando diceva che si dovevano trovare i mezzi per combattere "l'evasione dall'elusione" ne ha trovato solamente 3.000 dei 48.000 miliardi della manovra complessiva. Il problema della spesa delle pensioni inoltre fa sì che si ponga un grosso problema sociale: la qualità e la quantità dello Stato sociale - amici sono i presupposti essenziali di una politica dei redditi.
Il sistema di regole virtuoso, raggiunto nel 1993 tra la concertazione delle forze del lavoro, dei sindacati, e pertanto delle forze industriali va a farsi benedire, perché se non c'è questo sistema di certezze nei confronti dei lavoratori, quella contrattazione sindacale-aziendale che si voleva in un certo momento evitare ritornerà pesantemente nelle fabbriche dove si assiste ad una produttività sempre crescente e dove coloro che avevano cercato di ammortizzare le proprie richieste oggi si sentono invece invogliati a riproporle in termini duramente contrattualistici.
C'è poi tutto il problema relativo al fatto che il blocco delle pensioni - che peraltro ha favorito la situazione della FIAT come quella dell'Olivetti - finirebbe per penalizzare, ancora una volta, il mercato del lavoro; di conseguenza, i giovani stessi troverebbero ulteriori difficoltà ad essere immessi su tale mercato.
Tralascio - anche perché i tempi scadono - i problemi del Mezzogiorno della sanità, degli ammortizzatori sociali, della cassa integrazione, ma voglio soffermarmi su quanto ha detto il Consigliere Marchini: siamo di fronte ad una circuitazione perversa tra sindacati, partito e Governo.
Per esempio - e l'ho sempre detto in tutte le sedi - il discorso del cosidetto consociativismo non mi fa scandalo. Il consociativismo, sia a livello delle istituzioni, sia a livello delle parti sociali che a livello dei soggetti politici, è un fatto ammissibile. E' poi diventato il totem negativo della prima Repubblica. Oggi si ripropone sotto altre vesti, per cui il consociativismo dei partiti di governo diventa invece uno stato di servizio nei confronti del Paese, mentre quello di una volta diventa un elemento di discrimine.
Il dialogo tra il Governo, le forze sociali e le forze politiche deve essere ripreso; sarebbe gravissimo se le dichiarazioni di Berlusconi facessero intravedere un errore strategico, un errore di valutazione politica da parte del Governo nei confronti di ciò che c'è nel Paese.
Certo, abbiamo delle difficoltà; dobbiamo apprezzare lo sforzo che si vede in questa finanziaria; ci sono stati dei riconoscimenti anche da parte degli organismi internazionali, però, sul problema delle pensioni, noi come vecchi partiti di governo, voi come vecchi partiti di opposizione dobbiamo anche chiederci che cosa abbiamo fatto.
Lo stesso discorso vale nei confronti dei sindacati; sapendo che questo problema prima o poi sarebbe venuto al pettine - indipendentemente da quanto diceva D'Antoni, cioè che bisogna dividere l'assistenza dalla previdenza - quale altro contributo è stato dato al Paese dalle forze politiche, dalle forze sindacali per capire come si poteva risolvere questo problema? Il discorso è certamente molto complesso e chiama la responsabilità di tutti noi.
La Consigliera Dameri ha voluto ricordare il Cardinale Martini; il Consigliere Masaracchio ha richiamato il Vescovo Gilla Gremigni, vescovo morto nel 1950 ma che apparterrebbe, come cultura politica, al sillabo di Pio IX. Voglio ricordare la dichiarazione dell'Arcivescovo di Milano, il quale, citando don Milani, diceva: "Nulla è più iniquo che dividere in parti uguali fra ineguali".



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signora Presidente, le politiche di bilancio, la legge finanziaria e le misure di accompagnamento hanno sempre rappresentato potenti strumenti di redistribuzione di reddito, di ricchezza e di potere, in modo più o meno accentuato. Anche in passato si è preso ai poveri e ai meno poveri per dare ai ricchi; si è favorita l'economia di carta a danno dell'economia reale sempre, naturalmente, in nome del risanamento della finanza pubblica e dei supremi interessi del Paese. I risultati sono noti: il risanamento non solo non si è verificato, ma la situazione è perfino peggiorata; gli interessi tutelati hanno riguardato una parte del Paese; l'altra parte, quella che lavora e produce ricchezza per tutti, è stata danneggiata.
La manovra del Governo Berlusconi risulta essere, per quello che è, una manovra di un governo di destra, in una fase di aspro conflitto distributivo e redistributivo; è perciò smaccatamente di classe e particolarmente odiosa. Dal punto di vista sociale, è iniqua e ingiusta taglia in modo indiscriminato, insensato, irresponsabile; dal punto di vista della finanza pubblica, non risana il disavanzo e il debito n' qualifica la spesa pubblica; dal punto di vista dello sviluppo economico e sociale, non genera sviluppo, non contiene politiche di sviluppo; dal punto di vista della nuova occupazione, non favorisce nuova occupazione, anzi la rallenta e la frena.
Guardiamo la composizione interna della manovra: è sbilanciata e congiunturale; prevalgono i tagli; le entrate dipendono da interventi una tantum, non strutturali e di esito incerto; colpisce lo Stato sociale abbassa il livello di tutela collettiva e i lavoratori, giustamente cercheranno un compenso salariale.
Poco fa si è parlato di un confronto con altri Paesi: facciamolo fino in fondo, questo confronto! Il lavoratore tedesco o il lavoratore svizzero guadagna quasi il doppio rispetto a quello italiano, quindi può anche pagarsi una pensione integrativa, cosa che non può certo fare l'operaio della FIAT, a 1.300.000 o a 1.400.000 mensili, o il dipendente della Regione Piemonte con gli stipendi che percepisce! Con il blocco della pensione di anzianità si toglie uno strumento importante di gestione della crisi industriale.
Recentemente, ci siamo recati in una fabbrica - produzione sistemi antivibranti di Settimo dove è stato fatto un accordo sulla base del quale si potranno assorbire le eccedenze di personale utilizzando due strumenti: la cassa integrazione, che il Governo nega, e il pensionamento di anzianità, ora bloccato. Come si farà a gestire quell'accordo sindacale che tra l'altro è molto positivo perché prevedeva il recupero delle cosiddette eccedenze strutturali? Il blocco delle pensioni di anzianità e la riduzione drastica del loro rendimento è accompagnata da una misura di inaudita gravità; pare che il Governo dica: "Poiché ti taglio, in certi casi ti dimezzo, l'assegno di pensione, ti consento di lavorare": e il rinnovo del tour-over? E i giovani, quando andranno a lavorare, se gli anziani sono costretti a lavorare finché campano? Dov'è il milione di posti di lavoro in più promessi? La manovra non contiene misure di sviluppo economico, anzi taglia le risorse alla ricerca taglia le risorse alla formazione professionale, mancano del tutto gli investimenti e le politiche attive del lavoro.
Tra l'altro, questa manovra rende più fragile la stessa ripresa produttiva. Questa è resa possibile dalla droga della svalutazione della lira ed è tutta rivolta alle esportazioni; è una ripresa di competitività basata esclusivamente sui prezzi bassi dei prodotti italiani, non sulla qualità, non sull'innovazione incorporata, non sulla maggiore affidabilità dei nostri prodotti. Quindi la ripresa è soprattutto una ripresa drogata ma alle sue spalle ha un retroterra assai debole, rappresentato da un mercato interno stagnante che la manovra comprime ulteriormente. Siamo dunque tutti sbilanciati, grazie alla droga della svalutazione sui mercati esteri, con un retroterra fragilissimo, un mercato interno ulteriormente compresso dopo anni e anni di stagnazione.
Le misure del fisco sono incredibili, effimere: condoni fiscali condoni edilizi una tantum. E il prossimo anno cosa si farà? Nuovamente condoni? E il fenomeno dell'evasione fiscale, dell'erosione fiscale dei 200.000 miliardi di tasse non pagate e della rendita finanziaria che neppure è sfiorata? Il condono è una misura eccezionale che si dovrebbe poter prendere ogni dieci o vent'anni, non può essere annuale o biennale come accade da anni in questo Paese. Tra l'altro, noi sottovalutiamo questo schiaffo, questa presa in giro che viene data agli italiani onesti contribuenti fedeli; non valutiamo il processo per quello che è: un processo di diseducazione dei cittadini.
Con il condono annuale o biennale pare che lo Stato dica ai cittadini: "Si può evadere, si può eludere persino il fisco. Si può erodere la base imponibile. E' lecito e conveniente farlo. Si riceve persino un premio: il condono annuale o il condono biennale e, tra l'altro, non si pagano multe: si paga solo il 10-20% del dovuto e con anni di ritardo". Pare che lo Stato dica ai cittadini: "Chi può evadere, evada". Questo è il condono annuale o biennale. Sarebbe uno strumento eccezionale, se si usasse ogni dieci o vent'anni, ma è cosa ormai all'ordine del giorno tutti gli anni.
E' una beffa per la parte dei cittadini, per i contribuenti fedeli che continuano a portare un fardello insopportabile. Invece di allargare la base imponibile a tutti i cittadini, invece di pagare tutti, il fardello schiaccerà sempre i soliti contribuenti fedeli.
Sulla sanità, spendiamo poco e male: bisogna spendere meglio. E' una sanità mercantile, consumistica, ospedalocentrica; disattenta alla prevenzione e alla riabilitazione; disorganizzata, perché priva di programmazione; preda di potenti interessi economici, a cominciare dall'industria farmaceutica e dalle corporazioni; attraversata da una commistione pubblico-privato che costa cara al Paese. E' attraversata dal fenomeno della malasanità, che probabilmente è costato migliaia e migliaia di miliardi di lire. Tagliamo la malasanità, così avremo risparmiato migliaia e migliaia di miliardi di lire.
Bisogna dunque riqualificare la spesa, non adottare i provvedimenti che adotta il Governo che sono ridicoli e, tra l'altro, sono veri e propri sprechi. Il blocco delle assunzioni rappresenta un clamoroso spreco.
Leggiamo sui giornali che "la divisione e l'unità operativa non apre perché manca il personale"; abbiamo fatto un investimento, ma manca il personale infermieristico, mancano i tecnici per farlo funzionare. Da una parte pensiamo di risparmiare dieci e sprechiamo cento. Questo è il significato del provvedimento governativo.
Il ticket sul Pronto Soccorso per i casi non urgenti non ridurrà le affluenze ai Pronto Soccorso. Per ridurle è sufficiente avere una medicina di base che funzioni 24 ore al giorno; avere i distretti funzionanti; avere i poliambulatori che funzionino! In questo modo si impedisce alla gente di recarsi necessariamente al Pronto Soccorso, perché le si offre opportuni servizi alternativi.
E così il risparmio su beni e servizi con l'accorpamento degli appalti.
E le modalità di appalto, quand'è che le vediamo? E' sufficiente accorpare gli appalti per risparmiare? Sulla razionalizzazione ospedaliera sono sostanzialmente d'accordo, ma non come la propone il Governo. Come atto burocratico, demagogico, alla fine non si trasformerà un bel niente! Bisogna razionalizzare la spesa ospedaliera in un rapporto democratico diretto con le comunità, ragionando in termini generali di riorganizzazione dei servizi, in modo tale che la sanità migliori. Solo a quel punto si possono trasformare strutture sottodimensionate, dequalificate e costose. A tale proposito, apprezzo la netta e coraggiosa presa di posizione dei sindacati, che si fanno carico dei problemi di razionalizzazione della spesa sanitaria.
Sulla previdenza interverrò rapidissimamente. Voglio solo ricordare che un terzo dei pensionati arriva a malapena a 600 mila lire al mese; un altro terzo va dalle 600 mila lire ad un milione di lire al mese; poco più del 20% è tra uno e due milioni di lire la mese; solo il 6,4% prende più di 2 milioni di lire al mese di pensione. Che cosa volete tagliare? Come si fa a tagliare? Qui si decapitano i pensionati, non si possono ferire! Se si vuol tagliare su questo, si decapita: non c'è altra via! Quella del Governo Berlusconi, in sostanza, è una manovra iniqua e dannosa, che cambierà profondamente la vita e le prospettive di vita di decine di milioni di italiani: anziani, lavoratori attivi, giovani.
Bisogna prendere atto che l'accordo sulla politica dei redditi è stato violato dal Governo, dall'esecutivo nazionale. Bisogna prendere atto che vi sarà rincorsa salariale. Bisogna prendere atto che è inaccettabile che il pubblico impiego, che da quattro anni attende un semplice rinnovo contrattuale, sia penalizzato con un punto di riferimento nell'età pensionabile dei 65 anni: saranno tutti costretti a lavorare fino a 65 anni.
Ecco perché si è sviluppato un moto sociale poderoso, e spero che non sia solo un sussulto passeggero. Toccando le condizioni di vita e le prospettive di decine di milioni di persone, evidentemente non si suscita solo sussulti: si suscitano movimenti sociali profondi e poderosi. Mi auguro che questi abbiano ragione, sconfiggano la politica impostata dal Governo Berlusconi e, per altra via, trovino la razionalizzazione, i risanamenti necessari nell'equità e nella giustizia sociale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Non mi soffermerò su molti degli aspetti già discussi dai colleghi.
Dirò subito che, per quanto mi concerne, voterò il documento illustrato stamane dalla Consigliera Dameri. In quest'aula ho sentito accennare al fatto che oggi il consesso regionale probabilmente avrebbe potuto fare altro, quasi che la finanziaria non lo interessasse.
Sarà bene che prima di fare affermazioni di questo genere si consideri per esempio - le ultime parole del Consigliere Calligaro erano molto chiare quanto influirà sulla politica regionale sanitaria la finanziaria con i provvedimenti adottati. Ma c'è di più: ci sono questioni di principio e questioni molto concrete che interessano direttamente Regioni ed enti locali, nei confronti dei quali spesso la Regione ha dei poteri particolari.
Da molto tempo a questa parte si sta discutendo sui concetti di nuovo regionalismo e di federalismo. Nessuno di questi concetti ha però trovato uno spazio all'interno di questa finanziaria. Nessun segnale di decentramento di poteri legislativi, amministrativi o fiscali ha trovato posto nelle scelte del Governo. Nessun segnale di decentramento finanziario e fiscale viene messo in atto o anche soltanto annunciato. I trasferimenti alle Regioni sono ridotti in termini assoluti di 1.615 miliardi e quelli degli enti locali vengono incrementati appena del 2,5%, quindi meno del tasso programmato di inflazione.
Il taglio sulle entrate delle Regioni avrà ovviamente ripercussioni negative su quella parte, non tanto modesta, dei bilanci comunali e provinciali che sono alimentati dai trasferimenti regionali. In pratica gli enti locali sono ormai fra i maggiori contribuenti per la riduzione del disavanzo statale. Innanzitutto, con la destinazione - incostituzionale allo Stato dei previsti 5.915 miliardi di condono edilizio, mentre le Amministrazioni comunali dovranno farsi carico delle spese per opere e servizi necessari alle aree urbane condonate.
Inoltre, attraverso l'imposta comunale sugli immobili (ICI), i contribuenti locali continueranno a versare alle casse dello Stato circa 7.500 miliardi aggiuntivi, così come continua, consolidandola, la sottrazione del 7% dei trasferimenti ordinari di parte corrente applicata nel 1994 ai bilanci comunali e provinciali.
Infine, con questa finanziaria si rende permanente l'annullamento dei fondi nazionali ordinari e straordinari degli investimenti agli enti locali, previsti dall'art. 54 della legge n. 142, e solo per i minori oneri di ammodernamento con cui lo Stato contribuiva agli investimenti degli enti locali, in due anni il bilancio statale taglia o - come qualcuno dice risparmia, oltre 1.600 miliardi, con il risultato di ridurre drasticamente le opere pubbliche e le stesse manutenzioni straordinarie dei servizi agli enti locali.
Occorre poi rilevare - e mi pare che qualcuno lo abbia già fatto che la direttiva della finanziaria di blocco delle assunzioni pubbliche per i prossimi sei mesi è in aperta contraddizione con il disegno di legge n.
492, presentato dal Ministro Maroni che, sulla base di processi di riordino e di razionalizzazione degli organici, consentiva agli enti locali, in equilibrio finanziario, di gestire autonomamente il personale nell'ambito delle loro risorse e nel rispetto del pareggio di bilancio. Con il blocco si mette pertanto in pericolo la funzionalità stessa dei servizi pubblici e sociali degli enti locali e se ne limita l'autonomia organizzativa.
Le carenze e i tagli sul versante degli investimenti produttivi e per l'occupazione della previdenza e della sanità avranno ripercussioni negative sul governo degli enti locali e delle Regioni, con un aumento della pressione della domanda sociale sulle istituzioni di base della Repubblica.
Questa mattina ho sentito il collega Marchini dire che era necessario in modo assoluto, in una situazione così grave, il consenso non soltanto della società, ma anche degli enti. Sono perfettamente d'accordo, anche perché tutti riconosciamo che occorre una manovra di rientro del disavanzo statale; tuttavia non è pensabile che un rientro del disavanzo statale si faccia sulla testa delle Regioni e degli enti locali, con i quali il consenso non è stato ricercato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Ho già detto ieri che non bisogna bastonare il liquidatore fallimentare per le colpe dei falliti - o dei fallitori - che hanno fatto di tutto per far fallire non tanto loro, ma gli altri. Anzi, personalmente farei pagare le spese a tutti i politici che hanno disamministrato dal 1962 al 1992.
La decisione sulla finanziaria la lascio al Parlamento, non alla piazza, perché la piazza significa squadrismo, violenza, come difatti vediamo. Quelli che amano la piazza non sono democratici: la democrazia è il Parlamento (quindi la legge) e non è certamente perfetta, perché di perfetto non c'è nulla. Comunque, i parlamentari avranno solo da farsi sentire; bisogna però che l'opposizione non faccia opposizione tanto per farla, bensì per migliorare le leggi. Purtroppo, alle volte, ama fare l'opposizione perché non digerisce che, dopo cinquant'anni di cattivo dominio - democraticamente cinquant'anni sono troppi - debba cedere il passo all'alternativa democratica. E' la cosa più ovvia che ci sia.
Per l'occupazione esisteva una fonte che era uno dei pilastri delle civiltà: l'artigianato. Con la legge sull'apprendistato la sinistra l'ha semidistrutto. Ciò è colpa della sinistra, la sinistra demagogica che, per volere la perfezione, è caduta nell'abisso della barbarie. E' un caso classico, ma ne abbiamo già citati altri anche ieri: premiare quelli che fanno debiti, che sprecano, e non dare una lira a quelli che invece producono, risparmiano e amministrano bene.
Burocratizzazione della società. La questione non si risolve nel continuare ad assumere impiegati nei Comuni o nei vari enti: ne abbiamo già troppi. La questione fondamentale, la vera privatizzazione, è ridurre le scartoffie: ce ne sono troppe inutili e dannose.
E' chiaro che questi poveri giovani, non potendo diventare artigiani si sono diplomati e laureati, con i risultati che vediamo: cosa ne facciamo di tutti questi diplomati e laureati in materie che, salvo pochi casi, non servono? Occorre cambiare anche il ritmo scolastico: le cose da fare sono moltissime.
Ad esempio, gli 8 miliardi per i lettori ottici in Regione chi li ha sprecati? Non di certo il Governo Berlusconi, quando addirittura uno di sinistra ha giustamente suggerito che ci si poteva avvalere di qualche società privata, che avrebbe fatto le cose con minore spesa. Quegli 8 miliardi adesso li abbiamo spesi, abbiamo i lettori ottici e non siamo neanche capaci di adoperarli, ma dobbiamo pagarli. Questo solo per dire che cosa è stato l'infame trentennio.
Cattedrali nel deserto: non ne avete mai sentito parlare? Crotone Gioia Tauro, gli agrumeti favolosi distrutti per fare delle fabbriche inutili e dannose per poter dire: "Non sono più contadino, sono operaio" accontentando le peggiori tendenze anche antiecologiche di una certa popolazione disinformata. Poi si criticano i giapponesi. I giapponesi sono persone che leggono moltissimo, non solo giornali, ma libri: sono molto più colti di noi e quando vengono in Italia visitano quei monumenti e quelle opere d'arte che il 90% degli italiani non conosce, non ha mai visto, non sa neanche che esistano. Cerchiamo di essere giusti in queste cose, solo così potremo cominciare a ragionare.
Il permissivismo, la criminalità. Qual è il costo sociale della criminalità? E' enorme. Ma chi le ha fatte queste leggi permissive? Non Berlusconi, ma la sinistra dell'infame trentennio.
Concessione di miglioramenti: chi fa sciopero avrà miglioramenti, ma poi chi rimane sempre fregato è il pensionato con il reddito più basso perché quello non può certo scioperare. Non parliamo poi del lavoratore indipendente. Quindi l'inflazione, gli aumenti generalizzati che vengono da uno sciopero, via via diventano rincaro e peggioramento della qualità della vita per i pensionati al livello più basso.
In questa finanziaria non si è parlato di federalismo. L'abbiamo già detto: se ci fosse, non avremmo questo enorme debito. La Germania non ha 2 o 3 milioni di miliardi di debito pubblico. E' l'esatto contrario del nostro Paese, perché ha sempre fatto una politica diversa dalla nostra, non certamente una politica di demagogia di sinistra: questo è il punto.
In Italia abbiamo Regioni che vengono regolarmente scippate di centinaia di migliaia di miliardi che poi vengono sprecati e potenziano la mafia. Pensate che nel dopoguerra la mafia c'era solo nel triangolo Messina Palermo-Trapani e non c'era, ad esempio, a Catania o a Siracusa; quella la chiamavano la Sicilia "babba", che vuol dire sciocca. Con queste leggi permissive adesso abbiamo persino la Sacra Corona Unita nella Puglia, che era una Regione sanissima.
Queste leggi infami chi le ha fatte? La sinistra! Questo bisogna che la gente se lo metta bene in testa.
La legge Martelli. Il suo ideatore ora dice che la legge è sbagliata però intanto i danni li ha fatti: facciamoli pagare da Martelli e dalla congrega che ha votato questa legge.
Sono queste le cose che bisogna dire.



(Interruzioni in aula)



BODRERO Antonio

Non ammetto interruzioni: io non interrompo nessuno e non ammetto più di essere interrotto. Siete maleducati e antidemocratici: non sapete cos'è la democrazia.



PRESIDENTE

Stia bravo, Consigliere Bodrero, non si difenda da solo. Siamo qui noi per difenderla.



BODRERO Antonio

La triplice sindacale è sempre stata contraria all'azionariato operaio popolare, d'accordo con i grandi capitalisti. Però adesso abbiamo questi grandi capitalisti (e persino Luciano Lama giudicava l'avvocato un buon avversario) che, guarda caso, dicono che la finanziaria è una buona legge.
Lo dice anche Romiti: saranno completamente sciocchi? Oppure hanno un po' di ragione, perché se ne intendono di queste cose? Bisogna tenere presenti queste cose. Il fatto è che si fa l'opposizione per l'opposizione e poi i risultati quali sono? Il socialismo reale che abbiamo goduto in questi trent'anni e che gli altri poveretti hanno goduto in misura peggiore per settant'anni e più. Questi sono i risultati delle grandi idee marxiste socialiste e affini.
Governo di classe. Ma cosa c'è di più classista della "nomenclatura" che aveva tutti i privilegi e massacrava chi la pensava diversamente? Questi sono i fatti. Cominciamo a fare la storia di tutte le malefatte degli ultimi trent'anni.
In Regione c'è stato il caso dei lettori ottici: non dice niente questo fatto? Perché da quando c'è questo piccolo cambiamento, ma che è enorme per l'Italia, dopo il cinquantennio, fenomeni tipo i lettori ottici non possono più capitare? Anzi, qualcuno di sinistra finalmente ha capito e ha detto che era meglio darlo a un privato.
Ma erano necessari trent'anni di malgoverno per capire queste cose? Facciamo la storia del trentennio e di tutte le leggi che si sono fatte prevalentemente negative, o delle leggi che ancora si mantengono e che sono negative, ad esempio la legge Merlin, che non si cambia, mentre in altri Stati è stata cambiata. Sono queste le cose che peggiorano la qualità della vita e l'economia, quindi bisogna tenerle presenti.
Ci sarebbe da parlare per un trentennio, ma mi avete già capito benissimo: chi ha la trave nell'occhio, non vada a discutere sul fuscello dell'occhio altrui.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Buzio.



BUZIO Alberto

Volevo riprendere rapidamente l'ordine del giorno presentato dalla collega Dameri e sottoscritto da molti Consiglieri, che vanno ben oltre la maggioranza. Volevo riprendere anche l'intervento del Presidente Brizio; ha fatto bene ad illustrare il documento siglato congiuntamente da tutte le Regioni, che ritengo costituisca la carta sulla quale attestarsi per uniformare gli ordini del giorno di questo Consiglio e, più in generale dei Consigli regionali.
Credo che siamo in presenza della ripresa di un'affermazione di un centralismo che forse giudicavamo in fase calante. Regioni ed enti locali da questa manovra escono fortemente penalizzati contro ogni ipotesi non solo di federalismo fiscale, ma di decentramento di potere, di autonomia politica e amministrativa. Un nuovo centralismo che è congeniale, coerente funzionale ad una nuova occupazione del potere che trova riferimenti evidenti anche sulle questioni dei conflitti tra potere economico e potere politico, che interessa lo stesso Presidente del Consiglio (basti pensare al Blind Trust, all'informazione, per certi versi anche ai rapporti politici, alla politica, all'amministrazione della giustizia). Non solo quindi, nessun accenno al federalismo, ma un passo indietro nella battaglia autonomistica generale. A questo riguardo, il documento delle Regioni è totalmente condivisibile.
Anche nel merito, per quanto riguarda l'entrata, al di là del premio all'illegalità, questa manovra dimostra l'assoluta incapacità di una politica fiscale e l'entrata aleatoria, inefficace, non garantisce sicuramente un flusso di risorse certe, continuative nel tempo.
La spesa e i tagli. I settori sociali come la previdenza, la sanità l'assistenza sono senz'altro da riorganizzare. Nessuno è insensibile al problema di una politica di rigore; certamente i trattamenti sono da perequare, ma è evidente che in questa manovra l'ingiustizia non si manifesta solo nell'unilateralità della materia in cui si esercitano i tagli, ma anche nell'eliminazione di ogni criterio di gradualità, di ogni principio che viene travolto. Per esempio, il principio dei trentacinque anni, dopo quello dei sessanta, è stato travolto, è evidente, colpendo in questo modo le generazioni dei lavoratori odierne e quelle future. Manca ogni respiro politico, a questa manovra, che va al di là del contingente.
Giustamente qualcuno ricordava che basta uno starnuto della Borsa, basta una lievitazione del tasso degli interessi sui BOT - un punto ed è stato stimato 15 mila miliardi! per vanificare ogni taglio per quanto riguarda la previdenza.
E' stato proposto anche un altro ordine del giorno, che è favorevole al Governo. Può darsi che il documento di maggioranza sia perfettibile. Ma quando la Lega espone questo documento, mi pare che si appiattisca troppo su un atteggiamento filo-governativo. Si può differenziare l'atteggiamento certamente si può contestare una politica centralistica, che è sotto gli occhi di tutti, ma non serve attaccare l'avversario quando il federalismo non va avanti perché gli alleati di Forza Italia e di Alleanza Nazionale non ci pensano nemmeno, sono contrari, si muovono in tutt'altra direzione.
Prendiamo atto di questo. E' troppo facile caricare sull'avversario l'alibi di una politica che non va in nessuna direzione, certamente in nessuna direzione di decentramento di poteri e di federalismo. Bisogna evidenziare le contraddizioni che vi sono in questa politica.
Anche nella politica di merito le posizioni possono essere differenti ma non c'è dubbio che siamo in presenza di un fallimento, di una contraddizione ad una politica di Governo. Chi non ha la capacità di fare una politica dei redditi, colpisce sulla generalità. Come hanno fatto tutti quelli che erano incapaci di fare politiche di breve, medio e lungo periodo. La contraddizione più evidente è questa: non c'è nessun federalismo e non c'è neanche il liberismo, perché non c'è nemmeno la politica di mercato; c'è un'occupazione del potere e c'è anche un'occupazione del potere economico, da questo punto di vista. Quindi, tra ciò che si dice e ciò che si fa, l'abisso è evidente.
Non solo non vediamo i milioni di posti di lavoro, anzi in questo senso vediamo semmai un'inversione di tendenza. L'unica cosa proposta nei primi tempi del Governo Berlusconi sono stati 100.000 posti nel pubblico impiego.
Che servono semmai ad appesantire il deficit! Quindi, oltre alla politica dell'illusione della felicità, c'è veramente il pericolo di un'incapacità di fondo di fare una politica che abbia un respiro più ampio, che vada in là nel tempo, che riguardi lo sviluppo economico e l'occupazione e soprattutto non si abbatta così pesantemente sui ceti più deboli, sui redditi più bassi dei cittadini.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Goglio, informo il Consiglio che è stato presentato alla Presidenza un ordine del giorno connesso al tema in discussione, relativo ai problemi del personale interno in particolare della Regione Piemonte. Tale documento è già stato distribuito in aula; chi volesse sottoscriverlo, potrà farlo presso la Presidenza.
Prego, Consigliere Goglio.



GOGLIO Giuseppe

Presidente e colleghi, non nascondo un certo imbarazzo di fronte all'inserimento all'o.d.g. dell'invito a discutere di argomenti come quello della finanziaria e dell'annessa riforma del sistema pensionistico, di cui tra l'altro non possediamo né i documenti (che ancora devono essere portati all'esame del Parlamento, dove sicuramente subiranno non poche modifiche peraltro annunciate), né i titoli istituzionali, né tanto meno decisionali.
Mi sembra un esercizio puramente accademico dove ogni parte politica qui rappresentata non può che ripetere ciò che da giorni l'analoga componente nazionale già afferma, sia essa di maggioranza che di minoranza.
Che senso ha quindi questo dibattito? Quali scopi si prefigge? Sbaglio se ipotizzo che si finirà con la proposta di un ordine del giorno in cui si stigmatizzeranno l'operato del Governo, le sue proposte la sua linea, e così via? Se questo sarà l'obiettivo finale, dichiaro fin d'ora che il nostro Gruppo non sottoscriverà documenti di questo tenore.
La manovra, è evidente, capovolge a tutti i costi ciò che legittimamente è stato voluto attraverso il consenso della maggioranza dei cittadini italiani.
Lo sciopero potrebbe comportare pericoli per l'ordine pubblico (innesca spirali di violenza, di provocazione) e, anziché cercare le cose che uniscono per il bene comune, c'è il rischio che si esaltino volutamente i presupposti dello scontro sociale.
Oggi, a differenza degli anni '60, l'industria e la produzione vanno avanti: tira un vento di forte ripresa, come spiegano gli economisti, gli operatori e i commentatori economici. Persino il settore automobilistico che pareva in declino o comunque in lenta ripresa, ha subìto un'accelerazione che fa ben sperare per il futuro.
Stupisce che alcune importanti componenti sociali si dissocino reclamino, vogliano che il Governo receda dalle proprie posizioni. Stupisce perché ognuno sa che il risanamento non può non passare attraverso i sacrifici, dopo lo "scialo" dei decenni passati condiviso ed approvato da tutti. Stupisce che tutti vogliano il risanamento, ma senza sacrifici senza che si vadano ad equiparare diritti e doveri di dipendenti pubblici e di dipendenti del settore privato; senza che, in qualche modo, pur salvaguardando le fasce di cittadini meno protetti, si debbano fare tagli e riforme del sistema.
"La festa è finita", dichiarava non molto tempo fa l'avv. Agnelli.
Tutti erano pronti a condividere quella sintetica analisi. Ora sembra che molti vogliano che la festa continui, anche se non vi sono risorse, anche se è palese che lo Stato e gli enti previdenziali stanno avviandosi al fallimento per mancanza di risorse.
Lo sciopero proclamato renderà forse felice l'on. Bertinotti, che ha detto appunto di sentirsi felice soltanto in queste occasioni. Lasciamo a lui la felicità di sentirsi appagato di questo pericoloso gioire. Uno sciopero non rende felice nessuno, perché l'esperienza ci insegna che è un'arma spuntata, soprattutto per i lavoratori, per i meno abbienti, per i cittadini che meno hanno e nulla di più avranno da una manifestazione, pur riuscita, di massa.
Guardiamo alla realtà: si dice che con la finanziaria proposta si rompe il patto sociale concordato con il Governo precedente; ma il precedente Governo Ciampi aveva di fatto nascosto la realtà dei numeri e del disavanzo, non aveva chiarito qual era, tra le altre partite deficitarie l'effettivo buco dell'INPS. Lo si è scoperto solo ora: siamo di fronte a realtà e cifre da capogiro.
Pensate, ci sentivamo orgogliosi di appartenere ad una società che vantava, in Europa, il più alto numero di seconde case - e non sono soltanto di proprietà di imprenditori ricchi il più alto quoziente procapite di metri quadrati abitabili; il più elevato numero di auto per persona; la più alta quota procapite di risparmio passivo o di investimento in titoli che daranno rendite elevate senza rischio: mai nessuno si è chiesto cosa stava dietro a questo miracolo. Quando si sono fatti i conti quando si è capito che la cuccagna non poteva durare, ecco che si scende in piazza, anziché cercare la strada meno spinosa per recuperare credibilità e credito.
Oggi si colgono segni positivi nell'attività produttiva; sarebbero guai grossi se questa spinta non coincidesse con una manovra di contenimento della spesa: l'unico investimento serio e atteso che il Governo può fare dopo anni di sperperi.
La riforma del sistema pensionistico è tema di discussione da anni e soltanto ora lo si affronta fuori dalla retorica e dalle parole. Il testo subirà qualche modifica, ma pare fin troppo ovvio che qualcosa non ha funzionato e che bisogna correre ai ripari.
Siamo il Paese che, pur con le finanze dissestate - e non da oggi - si permette di avviare al pensionamento cittadini di appena quarant'anni. Da noi, la soglia delle contribuzioni necessarie per la quiescenza è la più bassa fra i Paesi d'Europa. Una seria riforma previdenziale, fatti salvi i sacrosanti diritti acquisiti e la tutela di coloro che hanno raggiunto un'età avanzata che non consentirebbe loro di accedere al privato, oltrech venire incontro alle fasce sociali meno abbienti, non può che tendere ad un sistema previdenziale misto (pubblico e privato). E' bene convincersi che in qualche misura il lavoratore dovrà autogestire il proprio futuro ricorrendo a quegli strumenti di integrazione previdenziale e pensionistica, che è compito del Governo regolamentare in tempi brevissimi.
Questa è la vera realtà. Affermare il contrario sarebbe un'atroce mistificazione, destinata a ritorcersi inesorabilmente in meno di un decennio contro coloro che oggi taluno vorrebbe ancora ingannare preparando loro un ben più amaro risveglio.
Tutto questo comporta una serie di benefici, a cominciare dallo sgravio di parte degli oneri che gravano sul datore di lavoro; oneri che potrebbero fargli evitare, in buona percentuale, il salario del lavoratore dipendente.
Nello stesso tempo si responsabilizzano i cittadini a gestire i risparmi in maniera attiva, investendo su se stessi, sul proprio futuro, sulla propria salute, anziché lasciare il denaro in depositi scarsamente redditizi.
Grosso modo, i documenti che il Parlamento si appresta a discutere tracciano la via verso le alternative di cui vi ho accennato; impedirne il corso sarebbe un colossale errore da cui nessuno trarrebbe vantaggi. Errore anche politico, poiché il fallimento della riforma e del documento finanziario produrrebbe, oltre al discredito, ricadute economiche a livello nazione ed internazionale, che sarebbero difficili da recuperare in una situazione già di per s' fortemente deteriorata.
L'impostazione del documento di cui stiamo discutendo ci fa contare su qualche barlume di speranza. Domani, in caso di fallimento, potremmo soltanto rassegnarci ad affrontare una lunga notte. Grazie.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

Credo che quanto sta accadendo in questi mesi in Italia sia un attacco senza precedenti al sistema sociale; attacco che vede, anche, la pericolosissima e scandalosa commistione di interessi privati e pubblici nelle mani del Presidente del Consiglio, signor Berlusconi.
Il Presidente del Consiglio ha detto che in materia previdenziale sono state tagliate le illusioni. Evidentemente alludeva alle speranze di tenere in vita lo Stato sociale, che non è stato solo una conquista di civiltà, ma anche un efficace strumento di creazione del benessere e della ricchezza della società ad economia di mercato.
E' buffo che, nell'alternanza delle richieste ad intervenire in aula il mio intervento cada proprio dopo quello del collega Goglio, di Forza Italia: personalmente, infatti, non sono solo una "verde", ambientalista ma faccio anche parte del Bo.Bi. - Comitato del "Boicottiamo il Biscione".
Ciò è molto divertente, poiché, tra l'altro, sono anche seduta vicino al collega Goglio ed al collega Gallarini.
Il collega Goglio, nel suo intervento, ha parlato di fine, di tramonto di una festa; io voglio parlarvi di un miracolo: il 7 ottobre le rappresentanze sindacali del Centro commerciale "Le Gru" hanno dato la propria adesione ad uno sciopero e ad una manifestazione. La controparte è quel sorridente imprenditore, che a dicembre era calato, con il suo codazzo di manager, ad inaugurare i locali dello shopville. A dicembre tale imprenditore era, per queste persone, per questi dipendenti, solo il principale, il padrone del supermercato, che si faceva fotografare con la schiera di commesse in fila. Un benefattore per la popolazione! Io sono di Grugliasco, ho vissuto tutto il pathos del Centro commerciale: ho fatte denunce ed esposti su questo megacentro che ha visto poi, come epilogo, l'arresto di alcune persone. Questo benefattore era visto dagli abitanti della zona ovest di Torino come colui che avrebbe creato posti di lavoro; nel 1989 ne sono stati promessi 2.500 - poi ridotti a cento a "Le Gru". Inoltre, furono promessi centinaia di contratti di formazione per i ragazzi della periferia ovest di Torino, dove la crisi dell'industria metalmeccanica aveva decimato le fabbriche.
Quest'uomo del miracolo, aveva fatto un prodigio anche nella città della FIAT: era riuscito a dimostrare di non aver pagato nemmeno una delle tante mazzette finite ai politici locali, per realizzare l'ipermercato.
Così, mentre finivano in galera tutti i suoi soci, lui continuava e continua a recitare la parte del salvatore della patria.
A dieci mesi di distanza da quei fatti, il padrone del supermercato ha compiuto un altro miracolo, quello del 7 ottobre: un gigantesco corteo di 20.000 persone si è radunato nel parcheggio di fronte al Centro commerciale ed ha scioperato.
Cari compagni, amici, e colleghi, mi rivolgo a tutti voi: è difficile pensare che la situazione politica italiana sia qualcosa su cui non possiamo incidere minimamente. Certo, ci sono gli scioperi - ci sarà quello generale - ma sono dei "dejà vu". E' già avvenuto con il precedente Governo Ciampi.
Nelle nostre mani abbiamo però un'arma importantissima: la capacità di consumare. E' attraverso questa che possiamo tutti i giorni scegliere in modo consapevole di portare avanti la nostra azione politica di opposizioni. L'esempio eclatante è proprio quello di un professore di Bologna, titolare di una polizza vita della Mediolanum, di proprietà di Berlusconi che, in seguito alle entrate in politica di quest'ultimo, si è rivolto alla Magistratura per l'integrale restituzione dei premi versati ponendo così il problema della possibilità di recedere dai contratti firmati con la Mediolanum, poiché questa risulta essere una finanziaria di Forza Italia. Il Magistrato - e questa è la parte più interessante - ha colto, in via cautelare, la richiesta, vincolando le cifre in questione e nella sentenza ha affermato che alla nascita del partito di Forza Italia hanno contribuito le imprese Berlusconi.
Queste imprese - e non è solo Mediolanum, ma anche Le Gru, la Standa Mondadori, solo per dirne alcune - hanno affiancato allo scopo economico quello politico, diventando in tal modo imprese-partito. Per cui continuiamo a finanziare il partito contro il quale si fa opposizione. Si continua a pagare una struttura politica che, in cambio, taglia le pensioni, ed è strano pensare di manifestare e scendere in piazza per poi concedere il nostro denaro a chi prepara i nuovi provvedimenti a nostro danno.
Quindi, invito tutti voi a boicottare e a resistere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Intervengo per dire che non ho mai partecipato a nessuna festa e a nessun banchetto nel mio passato.
L'altra considerazione che voglio fare è: a chi ha richiamato responsabilità, socialismo, a chi non ha partecipato al miracolo economico italiano, ricordo che proprio su questa questione è vissuta la vita politica italiana.
Termino il mio intervento - e non voglio fare nessuna commemorazione rivolgendo un invito ai colleghi: andarsi a leggere la storia di questo Paese e in particolare, per parte mia, di rileggere Berlinguer.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi di tipo generale, riepilogo la situazione dei documenti presentati: ordine del giorno n. 730 a firma dei Consiglieri Bodrero, Goglio Masaracchio, Vaglio, Germanetto, Majorino e Porcellana ordine del giorno n. 729 a firma dei Consiglieri Mollo, Spagnuolo Mandrino, Dameri, Picchioni, Pozzo, Giuliano, Chiezzi, Bara, Rossa Monticelli e Cerchio, rispetto al quale sono stati presentati due emendamenti; il primo emendamento sul problema delle Cooperative, se tutti i firmatari sono d'accordo lo possiamo ritenere inserito; il secondo emendamento richiede l'inserimento delle parole: "mobilitazione democratica che ha nello sciopero generale del prossimo 14 ottobre un primo grande appuntamento nazionale". Se tutti i firmatari sono d'accordo, anche questo emendamento si può ritenere inserito e parte integrante dell'ordine del giorno dell'11 ottobre ordine del giorno n. 731 a firma dei Consiglieri Majorino, Gallarini Vaglio, Masaracchio, Goglio, Rabellino, Bodrero, Porcellana e Sartoris, che invita la Presidenza della Giunta e la Presidente del Consiglio a non partecipare ufficialmente alla manifestazione del 14 c.m, neppure tramite il gonfalone ordine del giorno n. 732 a firma dei Consiglieri Spagnuolo Monticelli, Nerviani, Chiezzi, Cerchio, Dameri, Mollo, Giuliano, Miglio Picchioni, Pozzo, Adduci, Cucco, Bortolin, Bonino, Bergoglio e Rossa documento che riguarda la problematica della finanziaria e delle pensioni collegata al personale della Regione Piemonte e all'esigenza dell'attenzione anche al rinnovo contrattuale.
Procediamo quindi alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Come già annunciato, il Gruppo consiliare Lega Nord voterà a favore dei due documenti presentati e sottoscritti da me in quanto Capogruppo.
Daremo voto contrario al primo ordine del giorno presentato dai colleghi di maggioranza, mentre ci asterremo sul documento relativo al personale, perché riteniamo che questo documento sia ampiamente recepito, o perlomeno in buona parte, dagli emendamenti che l'on. Mastella presenterà oggi.
Sono profondamente contrario all'ordine del giorno presentato dai colleghi della maggioranza e all'emendamento che avete recepito nel quale citate la "mobilitazione democratica che ha nello sciopero generale del prossimo 14 ottobre un primo grande appuntamento nazionale".
Ho sentito, in ordine a quanto è successo ieri a Palazzo Nuovo, amici che attualmente sono ancora in servizio nell'Arma dei Carabinieri, i quali molto allarmati, mi hanno detto che la provocazione era aperta. Quella di ieri è stata la prova generale per qualche cosa che potrebbe essere molto più grave in altre date, e questo film l'abbiamo già visto tutti.
Il trasportare il confronto politico, il trasportare l'interpretazione di come il Paese deve essere condotto, al di fuori delle comuni norme democratiche, minacciando, perché questo è lo spirito di questo emendamento, che questa sia solo la prima di chissà quali e quante manifestazioni di piazza, non può essere recepito da un documento della Regione Piemonte!



(Interruzioni del Consigliere Calligaro)



VAGLIO Roberto

Collega Calligaro, se vuoi renderti corresponsabile, io so perfettamente cosa dico, egregio collega! Se vuoi essere corresponsabile delle manovre degli autonomi, questi sono fatti tuoi e ne risponderai...



PRESIDENTE

Collega Calligaro, non interrompa!



VAGLIO Roberto

Non mi interessa nulla dei tuoi liberi scioperi. Assolutamente nulla.
Ritengo sia assolutamente irrecepibile, da parte di un documento che parla a nome di tutto il nostro Consiglio, che ci siano - qualcuno le ha definite in altro modo, ma io mi rifiuto di recepire quella dizione velate minacce sul fatto che il 14 ottobre potrebbe essere l'inizio di un nuovo "autunno caldo", perché questi non sono i metodi e perché i risultati degli autunni caldi ce li ricordiamo tutti.



PRESIDENTE

Prego tutti i Consiglieri di ascoltare gli interventi e le varie opinioni, continuando questo dibattito con calma; questa è un'assemblea che può procedere con calma, così com'è cominciata.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Dal mio punto di vista, se verrò interrotto, non mi darà fastidio; in fondo, l'interruzione fa anche parte di momenti di democrazia e può evitare anche la lunghezza degli interventi.
Dirò subito che il Gruppo di Rifondazione Comunista vota con piacere un ordine del giorno unitario presentato da Consiglieri di maggioranza e di minoranza, nel quale si concorda con l'iniquità della manovra finanziaria e si dà un giudizio positivo sulle lotte dei lavoratori per evitare danni allo Stato sociale e alle condizioni di vita dei cittadini.
Aggiungo anche qualche considerazione sui motivi per cui voteremo contro l'ordine del giorno presentato dalla Lega, da Forza Italia e dal Movimento Sociale.
Vedi, caro Vaglio, e vedete cari amici tutti, le cose cominciano a venire a galla. Il Consigliere Vaglio ha detto cose gravissime, ma vorrei portare la polemica sul filo di un ragionamento, che è il seguente: le cose vengono a galla. Cosa viene a galla lo si è visto bene dall'intervento del Consigliere Vaglio e anche da quello del Consigliere Goglio (che in questo momento non vedo in aula).
Nel Governo c'è una parte forte, una filosofia vincente, che possiamo pensare sia incarnata dal Presidente del Consiglio. E' una filosofia, una cultura che sinteticamente posso provare a definire come la cultura del comando, la cultura del più forte, intesa nel senso che il più forte ha diritto di comandare. E' un diritto non dico di natura, ma un diritto che diventa ideologia: il più forte è "ovvio" che comandi; deve forse comandare il più debole? Quante volte, ad esempio, parlando di un dipendente, abbiamo sentito dire la frase (che poi è entrata nel modo di dire padronale di vecchio stampo): "E' una persona di buon comando", cioè è una persona che si può ben comandare? All'interno di questa cultura si vede che l'approccio del governo Berlusconi è del tipo di quello che i grandi azionisti, proprietari di società di capitali, hanno nella normale conduzione della propria azienda.
Si occupano di possedere pacchetti di maggioranza e, quando li possiedono decidono e comandano. Chi non è di "buon comando", ovviamente rema contro.
Peggio ancora (come ho sentito già accennare con preoccupazione dal Consigliere Goglio e ripetere dal Consigliere Vaglio), chi non è di buon comando e non obbedisce, diventa un pericolo per l'ordine pubblico.
La contrapposizione con questo modo di governare, questa ideologia questa cultura, questo modo di pensare alla società e questo modo di governarla diventa assoluta. Voi tirate fuori i vecchi film, quelli delle provocazioni, ma le provocazioni quali sono? Sono quelle di 400 ragazzi che manifestano all'Università o sono quelle che storicamente in Italia sono avvenute (da Piazza Fontana in avanti)? E il fatto che voi oggi, in prossimità di uno sciopero generale cominciate a dire che gli episodi avvenuti ieri all'Università sono un segnale di cosa si vuol fare durante lo sciopero di venerdi è gravissimo.
Le tensioni sociali ci sono, ma - caro Vaglio - le provocazioni sono altre: le provocazioni sono quelle di Stato, sono quelle di Piazza Fontana, sono quelle che non si fermano, non sono le esagitazioni di qualcuno, che si fermano. Il fatto che lo sciopero venga inteso da una forza politica come la vostra in questo senso è gravissimo.
Noi andremo in piazza e non per l'ultima volta, perché non siamo nell'ambito dello schema berlusconiano (adesso faranno il giorno di sciopero perché devono farlo, altrimenti i sindacati per cosa si garantiscono?); no cari, questa è una lotta sociale che è già iniziata prima dello sciopero generale - per fortuna e che continuerà anche dopo per riuscire a combattere, per una politica di governo diversa dall'attuale.
Anche per questi motivi - torno sulla mia prima osservazione voto con piacere, insieme ad altre forze politiche dalle quali molte cose su altri temi ci dividono, ma voto da questa parte del campo, questo ordine del giorno. Come forza politica, posso considerarlo anche moderato, ma lo voto volentieri, perché segna, da certi punti di vista, la qualità fondamentale che deve avere un Governo in democrazia. Voto insieme a persone con le quali evidentemente si può fare qualche passo in comune su questo terreno perché l'ideologia di questo Governo forse non è nemmeno antidemocratica (non me la sentirei di dire così), ma è più a-democratica nel senso che la democrazia è una sfera estranea al modo di pensare del nocciolo duro di questo Governo, che penso sia incarnato dal Presidente del Consiglio Berlusconi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signora Presidente, nell'intervento avevo utilizzato dello spazio anche per una dichiarazione di voto che, a quel momento, sembrava potesse essere definitiva; tuttavia, visto che ci si è voluti schierare e che da parte delle forze moderate non c'è stata una capacità non dico di equidistanza ma di moderazione (ci si obbliga a schierarsi), noi voteremo il documento presentato dal Consigliere Vaglio e dai colleghi che lo hanno sottoscritto.
Eravamo orientati ad astenerci sul documento di maggioranza, perch avevamo apprezzato - lo abbiamo detto nell'intervento - l'ultima riga, in cui si assegnava all'istituzione regionale un ruolo: quello di essere un soggetto che tendesse al recupero di un massimo di colloquio. Guarda caso c'è un emendamento che io giudico gravissimo, che viene sottoscritto anche dal PPI - lo dico con preoccupazione non per il suo contenuto, ma per il linguaggio: un'istituzione non usa il termine grande rispetto ad uno sciopero; registra che c'è uno sciopero; può dire che è il primo, ma non dice grande, perché evidentemente esprime un giudizio rispetto ad un'altra istituzione.
E' gravissimo che si sia recuperato questo tipo di linguaggio; posso capire che ne conseguano - mi consenta, collega Vaglio delle smagliature anche concettuali. Quando un Presidente del Consiglio si schiera, il Vicepresidente del Consiglio (non è sufficiente la firma del Capogruppo del PDS) si deve schierare, allora siamo alle grandi manovre elettorali.
Naturalmente uno sciopero non può essere che grande, la classe operaia non può che andare in paradiso, il Governo non può essere che iniquo, le forze che lo sostengono non possono essere che le forze oscure della reazione in agguato. Questo è il linguaggio che si consente ai partiti, ai candidati, alle organizzazioni sociali, se lo ritengono, ma non è un linguaggio istituzionale. E chi si è preso la responsabilità di collocare il collega Vaglio e anche il sottoscritto fra i soggetti che esprimeranno questo giudizio (perché l'ordine del giorno è di tutti noi, una volta votato), ha assunto una grossa responsabilità.
Presidente Brizio, lei rappresenta un'istituzione, perché va chiarito una volta per tutte che la Regione Piemonte è rappresentata dal Presidente della sua Giunta, non come credono alcuni Sindaci che lei sia un delegato del Presidente del Consiglio; alcuni Sindaci, e non di marca di sinistra lo ritengono ancora.
Lei, Presidente Brizio, rappresenta un'istituzione che su queste questioni dei grandi conflitti - che è giusto, fisiologico che siano e che è doloroso che ci siano tra le grandi masse lavoratrici e il Governo anziché fare come faceva nel primo ordine del giorno, dopo aver affermato dei giudizi che possono essere condivisi o meno, segna un indirizzo, che è quello di svolgere un ruolo di recupero di un rapporto e di costruzione di un livello migliore di quello da cui si parte. Questa era l'ultima riga dell'ordine del giorno della maggioranza, e su questo era comprensibile che noi ci saremmo astenuti.
Ma deve esserci il segnale. Guarda caso l'emendamento è fatto in aula non è stato redatto nel corso della precedente trattativa della maggioranza: si è colto che il clima è questo. Allora si può dire che anziché lavorare per cercare di recuperare il massimo in questa manovra a favore della Regione, delle classi lavoratrici, dei pensionati, si deve ottenere il massimo di premio politico e ci si deve schierare in un grande primo sciopero, prima occasione della grande operazione che ci porterà alle elezioni regionali.
Allora ci si schiera: Presidente del Consiglio, Vicepresidente del Consiglio, Capogruppo del PDS e Vicecapogruppo del PPI. Non siamo più alla Giunta di necessità, colleghi, siamo allo schieramento preelettorale. La cosa mi amareggia, perché questo schieramento non è quello che io auspico si realizzi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Caro Picchioni, scusami, ma, in merito di "cazzeggiamenti", se ne sono sentiti tanti anche in aula. Mancava la palude per poterci andare con gli sci da palude. Sì, gli sci da palude: se non sai cosa sono, informati.
Di fronte alla vittoria di Bertinotti anche in questo consesso abbiamo ascoltato il suo intervento alla Camera dei Deputati, che preannunciava tutto quello che sta accadendo - non c'è che da prenderne atto, in attesa di vedere quali potranno essere i risultati per il popolo italiano. Un proverbio antico fin dai tempi dei romani, lo dico in italiano, afferma che "dove maggiore c'è, minore cessa".
A noi sembrava maggiore il ripristino della serietà in Italia e quindi anche dell'economia, perché non ci può essere serietà nel governo se non c'è una sostanza economica valida che la suffraga sul piano politico.
Naturalmente non misconoscendo i valori della società, che vanno registrati nel tempo di un Governo che può essere quello delle strette costrizioni di breve periodo, situazione che imponeva comunque una finanziaria così come dettata dai Soloni dell'economia nazionale ed internazionale, visto e considerato che questa finanziaria è quanto di peggio potesse accadere all'Italia. Quindi, di fronte alle reiterate prese di posizione attraverso gli emendamenti presentati, il convincimento di chi ha il coraggio di stare dalla parte delle maggiori responsabilità non è soltanto quello scritto nel testo dell'ordine del giorno da noi presentato di solidarietà, non alla finanziaria, ma al Governo, che deve comunque confrontarsi con tutti i problemi, comprese le opposizioni in Parlamento.
Questi emendamenti, è bene ribadirlo, sono per alcuni versi minacciosi.
Quando si ribadisce un primo grande appuntamento, si dichiara apertamente che c'è una strategia di politica nella piazza, e noi conosciamo che cosa sia stata storicamente la politica sulla piazza. Tutto ciò si contraddice profondamente con quanto era stato affermato, per cercare credibilità all'indomani delle elezioni.
Mi pare che questa proposta sia venuta nel corso del dibattito, quindi è il reiterare una posizione politica, una volta registrato il consenso della larga parte della rappresentatività politica in questo Consiglio.
L'altro emendamento sulle Cooperative - del tutto incoerente con il voto contrario all'emendamento da noi presentato al bilancio di ieri per l'aggiudicazione di un ulteriore miliardo per incoraggiare il processo cooperativistico - nasconde, ma non più di tanto, l'interesse delle grandi Cooperative concorrenti sul piano del mercato. Queste dovrebbero non essere fiscalizzate, dovrebbero non essere colpite da iniqui e vessatori soggetti di fiscalizzazione, perché molto diversi dai cosiddetti mercati del libero mercato cui si fa riferimento in un documento, quando si parla dell'organizzazione Bo.Bi, e delle attività economiche che fanno capo alla Fininvest.
Così come ho fatto al Convegno DC-PPI, ad Arona, ai colleghi della Democrazia Cristiana ribadisco il concetto espresso in quella sede.
Attenzione, anche nella Germania tanto scontenta (perché dalla Banca Nazionale del Lavoro gestita dagli ebrei in America non ebbe azzerato il proprio debito pubblico) ci fu l'assalto sociale e classista attraverso la produttività ed attraverso le esigenze di mercato. Per cui possiamo ricadere in quel fenomeno di piazza dove può risorgere, anche se ciascuno di noi non lo desidera e si aspetta che non accada mai più, tutto quello che accadde negli anni che precedettero le sventure del mondo con il nazismo.
State attenti. La nostra è una posizione di estrema responsabilità e di tutto rispetto delle esigenze rappresentate anche da altri settori politici, ma non possiamo accettare che in un consesso come il nostro si dimostri una soggezione che è servilismo politico. In ogni caso, non siamo d'accordo con tutta questa impostazione; ribadiamo il nostro voto favorevole all'ordine del giorno, che è esatto, giusto, equilibrato e saggio, diversamente dagli altri che non sono n' esatti, n' giusti, n' equilibrati e n' saggi.
Ci attendiamo che, ricorrendo ad un maggiore senso di responsabilità qualche dichiarazione, fatta forse frettolosamente, sia riveduta e corretta all'atto del voto.
Il collega Majorino farà l'illustrazione e la dichiarazione di voto sull'ultimo documento presentato e che ha come primo firmatario, per l'appunto, il collega Majorino, Capogruppo di Alleanza Nazionale. Per la prima volta, ancor quando ancora noi si sia MSI-DN, dichiaro ufficialmente che mi sento di Alleanza Nazionale. A buoni intenditori, poche parole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Il Consigliere Picchioni ed altri colleghi hanno spiegato le ragioni di una posizione favorevole all'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Dameri, Picchioni ed altri, che non è ordine del giorno della maggioranza ma è ordine del giorno sul quale sono convenute rappresentanze istituzionali diverse dei Gruppi consiliari.
Mi limiterò a riaffermare per titoli le ragioni di un "sì" a quell'ordine del giorno, al quale abbiamo dato adesione e abbiamo partecipato con una serie di emendamenti integrativi, sapendo che è non l'ordine del giorno del Gruppo del Partito Popolare, ma è un documento sul quale abbiamo convenuto, come minimo comune denominatore, alcuni ragionamenti.
Le ragioni del "no" ad un ordine del giorno alternativo a questo e le ragioni del non voto di un ordine del giorno presentato dal Consigliere Majorino ed altri sono determinate dall'improponibilità dell'ordine del giorno che chiede di non partecipare ufficialmente come Presidenza di Giunta e del Consiglio e con il gonfalone alla manifestazione dello sciopero generale, giacché - per dichiarazione ormai avvenuta da alcuni giorni - sullo sciopero generale la dichiarazione dell'Ufficio di Presidenza è stata di non partecipazione di gonfaloni.
Telegraficamente dirò le ragioni del "sì". L'ordine del giorno al quale siamo favorevoli si esprime contro una manovra che obbedisce obiettivamente alle pressioni del mercato finanziario e - così abbiamo recepito stamane da più interventi disattende le esigenze di equità e di giustizia. Nel Paese un'altra ragione si sta attivando con un'accelerazione quotidiana: l'interruzione di quella concertazione. Il collega Picchioni l'ha spiegato molto bene: si usa e si abusa del concetto di concertazione in senso positivo o negativo, a seconda degli usi o dei bisogni. Si sta attivando un'interruzione con le rappresentanze sociali che in questi anni avevano cominciato a garantire successi; si preferisce ora il tentativo di iniziare una rottura della pace sociale.
I toni di queste ore, soprattutto di queste ultime 24 ore, sono i seguenti: come abbiamo potuto leggere sugli organi di informazione stamane il Presidente del Consiglio dei Ministri chiede che nessuno disturbi (questo è il concetto sintetico); si realizza l'attivazione di una sfida nei confronti dei lavoratori, affermando che lo sciopero generale e le sue dichiarazioni sarebbero un semplice rito, come dire che chi sciopererà il 14 ottobre è persona non consapevole, non responsabile, e invece solo coloro che non sciopereranno sono persone responsabili e consapevoli.
Ecco alcune ragioni, pur con le autonome decisioni dei singoli Gruppi consiliari, quindi del nostro, per un "sì" a quell'ordine del giorno che non suona assolutamente come subordinazione del Partito Popolare Italiano Gruppo consiliare, ad altre filosofie.
Noi del Gruppo consiliare del PPI siamo convinti della necessità che dopo lo sciopero del 14 ottobre - che è certamente una manifestazione in termini letterari di sostanziale importanza, insieme ad altre che si determineranno nel Paese, per cercare di correggere una manovra finanziaria iniqua - si debba riaprire il dialogo ed essere sostanzialmente solidali con l'istituto dello sciopero. Non parlo di questo o di quello sciopero, ma dello sciopero inteso come diritto costituzionale, affermato dalla Carta Costituzionale e non certo dalla logica di uno sciopero inteso come arma politica contro il Governo. Lo sciopero è un diritto costituzionale che sta alla responsabilità di chi vuole affermare questo concetto in tale maniera.
Come Partito Popolare, siamo non per la condanna della finanziaria come regola; la nostra filosofia (prima lo ha detto molto bene il nostro Capogruppo) è di ottenere quelle modifiche giuste e necessarie per una finanziaria che, così com'è stata proposta dal Governo, è obiettivamente errata e direi quasi obiettivamente immatura. Siamo convinti che occorra modificare la manovra senza impedire il risanamento finanziario.
Perché il "no" all'altro ordine del giorno? Perché, pur affermando alcuni concetti che possono essere anche la fotografia obiettiva di alcuni stati di fatto, termina con una battuta che è legittimamente difficile immaginare di poter sostenere. Mi riferisco a quando dice che "manifesta solidarietà al Governo, plaude al coraggio delle forze politiche che lo compongono per avere affrontato e risolto - detto fatto - gli interessi nazionali senza facili demagogie ed auspica che tutte le forze economiche e sociali manifestino senso di responsabilità". Ci va una buona fantasia e un buono stomaco a pensare che si possa esprimere - di fronte a questa impressione sociale, di fronte a questo disagio sociale, che non è solo sociale, ma individuale e collettivo al tempo stesso - solidarietà al Governo ed applaudire questa coraggiosa iniziativa per avere affrontato e risolto - ripeto, detto fatto - gli interessi della Nazione. Ci va un po' di coraggiosa, baldanzosa e sperimentata "buona digestione".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Germanetto.



GERMANETTO Michelino

Sono contrario al documento della maggioranza, in quanto proposizioni come "mobilitazione democratica che ha nello sciopero generale del prossimo 14 ottobre un primo grande appuntamento nazionale", secondo me, non devono uscire da quest'aula, che dovrebbe legiferare su altre materie.
La manovra del Governo di questo momento cerca di guarire un'Italia malata e, come tutte le operazioni, può portare qualche temporanea sofferenza. Naturalmente voterò a favore del documento che ho firmato insieme al Consigliere Vaglio e agli altri colleghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Presidente, devo innanzitutto precisare che io e gli altri otto firmatari dell'ultimo ordine del giorno siamo stati indotti a stenderlo alla luce di una vistosa notizia di stampa, laddove con il titolo: "Sindaco, devi andare al corteo" e con il sottotitolo: "Sullo sciopero la maggioranza si spacca" era stato appunto votato un ordine del giorno che con solo due voti di scarto favorevoli, impegnava il Sindaco a partecipare ufficialmente al corteo. Inoltre, nel contesto dell'articolo, si precisava che oggi la Regione avrebbe ancora dovuto decidere sulla partecipazione o meno del Presidente della Giunta ed eventualmente del gonfalone.
Prendo atto di quanto accennato dal collega Cerchio e di quanto mi ha espressamente e ufficialmente detto lei, Presidente, dai banchi dell'Ufficio di Presidenza, cioè il problema della partecipazione del gonfalone alla manifestazione non si pone, per cui, dopo questa sua dichiarazione, le ultime parole dell'ordine del giorno sono superflue.
Tuttavia, proprio alla luce di quanto accaduto in Consiglio comunale, vale la prima parte, propositiva o dispositiva, dell'ordine del giorno, laddove si chiede che, essendo la Regione istituzione, deve conformarsi, deve applicare la regola dell'imparzialità ed essere al di sopra delle parti.
Dunque, la manifestazione di sciopero - le cui motivazioni sono ribadite nell'ordine del giorno che una maggioranza di questo Consiglio oggi approverà - diventa una manifestazione di quella parte, sia pure rilevante e di tutto rispetto, dei lavoratori che aderiranno allo sciopero.
Le istituzioni, però, devono essere imparziali; il dibattito è stato fatto, ed era doveroso farlo; a questo punto, non essendoci unanimità, la Regione in quanto tale deve rimanere, a nostro avviso - per le ragioni espresse in sintesi nel nostro ordine del giorno - imparziale. E' quindi da ritenersi che, in particolare, chi rappresenta la Regione (il Presidente della Giunta) o il Sindaco quale rappresentate ufficiale del Comune non debba partecipare ufficialmente a questo corteo. E' chiaro che, a titolo personale, in veste di Consiglieri regionali, il problema non si pone, ma ritengo che un'ufficialità da parte del Capo del governo piemontese violerebbe la regola dell'imparzialità.
Il discorso sarebbe diverso qualora, a sostegno delle ragioni che stanno alle spalle della manifestazione di sciopero, ci fosse stato il consenso totale ed unanime del Consiglio regionale. Oltre dieci anni fa ci fu - se ben ricordo - la partecipazione ufficiale dell'allora Capo del governo piemontese, in occasione della presa di posizione unanime dell'intero Consiglio regionale nei confronti dell'eversione delle Brigate Rosse.
Su un problema importante, ma meno eclatante di quello, ove ci fosse per avventura, una manifestazione pubblica - e non è da escludere che ci possa essere - a Torino o altrove pro chiusura dell'ACNA e del Re-Sol - per esempio - poiché questo Consiglio regionale è sempre stato unanime e pesantemente unanime, nulla vieterebbe la partecipazione ad una manifestazione. Di fronte alla divisione di oggi, pur con tutto il rispetto di coloro che aderiranno allo sciopero in difesa dei propri interessi legittimi dal loro punto di vista, a nostro avviso non totalmente condivisibili per le ragioni già dette, ritengo però che il governo piemontese, nella persona del suo Capo, non debba parteciparvi ufficialmente.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Dameri.



DAMERI Silvana

Mi sembra che il dibattito abbia aggiunto elementi ulteriori alla discussione, anche da parte dei Consiglieri che non hanno sottoscritto l'ordine del giorno (mi riferisco a quello della maggioranza) e che non appartengono alla maggioranza (penso, ad esempio, all'intervento del Consigliere Marchini), rimarcando il giudizio di iniquità e contemporaneamente di inefficacia delle misure contenute nella legge finanziaria. Vi sono quindi elementi che supportano ulteriormente i giudizi espressi dai Consiglieri proponenti l'ordine del giorno della maggioranza.
Relativamente ad alcune considerazioni del Consigliere Vaglio naturalmente ci preoccupa molto sentir mettere in discussione il diritto di sciopero, diritto costituzionale, come ricordava poco fa il collega Cerchio. Credo non si possa ledere un diritto di carattere istituzionale ma, anzi, che sia necessario richiamare tutti quanti affinché non ci siano elementi di provocazione che tentino di delegittimare una protesta civile e democratica assolutamente fondata. Peraltro, sappiamo bene che le provocazioni, nella storia moderna, dal Reichstag in avanti, sono sempre venute da una parte.
Per quanto ci riguarda, non ci può essere nessunissima non dico disponibilità, ma neanche ascolto di questi ragionamenti. Mi preoccupano molto certi toni di intimidazione un po' squadristica che ho sentito in quest'aula.
Ovviamente voteremo contro il documento proposto a favore delle misure del Governo e faremo conoscere anche agli esponenti della Lega della VI Circoscrizione, che oggi pomeriggio parteciperanno alla manifestazione contro le misure della finanziaria, le posizioni dei loro rappresentanti in Consiglio regionale.
L'informazione, la trasparenza e le prese di posizione sono sempre cosa utile alla democrazia e alla dialettica democratica, così come - è stato già citato - è interessante questa differenza tra la posizione della Lega in Lombardia e quella qui espressa - e non smentita - dal Consigliere Vaglio. Naturalmente, non c'era da aspettarsi altro da Alleanza Nazionale e da Forza Italia.
Voteremo a sostegno dell'ordine del giorno relativo ai problemi che si riferiscono ai dipendenti regionali, non per avere un occhio di particolare riguardo corporativo - passatemi il termine - ma perché mi sembra giusto e doveroso che il Consiglio regionale si preoccupi anche dei propri funzionari, della gente che con noi lavora e che credo con noi possa collaborare a far funzionare meglio l'istituzione regionale.
Infine, chiedo al collega Majorino che senso ha mantenere vivo un documento che a questo punto, visto che non esiste il dispositivo, non capisco cosa contenga; non sussiste la materia del contendere, cioè non c'è una conseguenza.
Faccio anche presente che esiste una logica per cui, se questo ordine del giorno non viene approvato, ne consegue la logica contraria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Voto favorevolmente i due ordini del giorno e invito tutti a meditare su questa posizione di Consiglieri che ritengo democratici. Il fatto di aggregarsi con una certa parte politica, che non ha rinunciato certamente alle sue origini, non le ha rinnegate, è uno schiaffo morale a quei popoli che soffrono atrocemente sotto orrende dittature (Cina, Corea del nord Cuba e Vietnam).



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 730, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato che in Italia la percentuale di popolazione al di sopra dei sessant'anni nel 1990 era del 20,6% e nel 2000 sarà del 24,2 evidenziato che questa tendenza mette inevitabilmente in crisi ogni sistema pensionistico, determinando sia forti aumenti fiscali e contributivi, sia fatali riduzioni nelle prestazioni ricordato che la riforma del sistema pensionistico italiano ha tardato almeno quindici anni in quanto nessun Governo, tranne quello Amato e l'attuale, ha avuto il coraggio di avviare la riforma e, se non vi fosse stato così tanto ritardo, il rinnovamento del sistema pensionistico sarebbe stato più leggero e di conseguenza più sopportabile per i cittadini ritenendo che con questa riforma si assicuri una migliore sostenibilità del sistema previdenziale e si garantisca un rallentamento strutturale nella crescita del debito pubblico ed un miglioramento del clima che potrebbe favorire un abbassamento dei tassi d'interesse manifesta solidarietà al Governo, plaude al coraggio delle forze politiche che lo compongono per aver affrontato e risolto gli interessi nazionali senza facili demagogie ed auspica che tutte le forze economiche e sociali manifestino senso di responsabilità".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 7 voti favorevoli, 27 contrari e 1 astensione.
Passiamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 729, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte rileva con preoccupazione che nella legge finanziaria 1995 presentata dal Governo permane, in contrasto con ogni riforma federalista, un'impostazione centralistica della manovra di bilancio, fondata per quanto riguarda le Regioni sulla settorializzazione delle fonti di finanziamento e su una mera politica di trasferimenti peraltro sempre più ridotti sottolinea l'inderogabilità di un nuovo sistema di finanza regionale che veda trasformazioni strutturali nella direzione di una reale autonomia impositiva, collocato in un quadro di solidarietà tra le diverse aree del Paese considera negativamente le misure previste nella finanziaria circa la politica sanitaria sul versante dei fondi disponibili e delle modifiche sia di partecipazione dei cittadini al finanziamento del servizio pubblico, sia del blocco indiscriminato delle assunzioni, sia di riduzione di presidi sanitari e di servizi che penalizzerebbero gli utenti, senza peraltro migliorare la qualità delle prestazioni rese ritiene che l'obiettivo della riduzione del deficit pubblico non possa essere ricercato ed ottenuto con le misure proposte in materia previdenziale per la loro iniquità sociale immediata e per la messa in discussione della funzione essenziale del sistema previdenziale pubblico considera che a partire dalla separazione tra costi previdenziali e assistenziali si debba procedere ad una vera riforma che salvaguardi e riqualifichi i sistemi di sicurezza sociale e che, separata dalla legge finanziaria, consideri le nuove dinamiche del mercato del lavoro considera controproducente per la ripresa occupazionale cambiare il regime fiscale delle Cooperative, con l'introduzione di norme vessatorie per imprese a cui la Costituzione riconosce una funzione sociale e ne garantisce la promozione e l'incremento considera che sul fronte delle entrate non sia condivisibile la scelta dell'utilizzo del sistema dei condoni, dal gettito peraltro incerto rinunciando ad una seria lotta all'evasione e all'elusione fiscale richiede la definizione di una politica volta al necessario risanamento economico del Paese in forma di iniziative di sostegno allo sviluppo e all'occupazione attraverso una reale politica industriale e un programma di investimenti pubblici concorda per l'insieme di queste ragioni con le espressioni sociali e civili della mobilitazione democratica dei lavoratori e delle lavoratrici che richiedono al Governo la modifica del provvedimento, mobilitazione democratica che ha nello sciopero generale del prossimo 14 ottobre un primo grande appuntamento nazionale, per allontanare i rischi di un grave conflitto sociale e per riaprire un dialogo costruttivo tra le parti in un clima di stabilità e di fiducia che permetta la salvaguardia di conquiste sociali guardate come esempio dai lavoratori e dagli intellettuali di tutto il mondo, rese possibili da una Costituzione nata dalla Resistenza e da tutte le forze che ne sono state protagoniste.
Il Consiglio regionale del Piemonte impegna la Giunta regionale affinché sia parte attiva nella richiesta di modifica, con le altre Regioni, delle misure suddette".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 28 voti favorevoli e 7 contrari.
Passiamo alla votazione del terzo documento (ordine del giorno n. 731) che riguarda il Gonfalone e la partecipazione presentato dai Consiglieri Majorino ed altri.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Alla luce di quanto da lei, Presidente, dettomi sui banchi dell'Ufficio di Presidenza ed interpretato dal collega Cerchio e dalla collega Dameri ritiro il documento, se l'interpretazione autentica è questa, come sicuramente è.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Picchioni; ne ha facoltà.



PICCHIONI Rolando

Era stato presentato un emendamento all'ordine del giorno della maggioranza, che forse non è stato posto ai voti.



PRESIDENTE

Gli emendamenti vengono accolti ed inseriti direttamente nel documento se accolti dai firmatari dell'ordine del giorno.



PICCHIONI Rolando

Ho detto questo, perché avrei voluto fare una dichiarazione di voto anche alla luce di quanto ha detto il Consigliere Marchini. Sono arrivato fuori tempo massimo e mi dispiace.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno n. 731 è pertanto ritirato dai proponenti.
Passiamo alla votazione dell'ultimo documento (ordine del giorno n.
732) integrato dall'emendamento presentato dalla Consigliera Bergoglio, ed accolto dai proponenti, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte rilevato che la manovra finanziaria in atto comporta: l'innalzamento dell'età pensionabile in assenza di elementi di flessibilità il blocco, per decreto legge, delle pensioni di anzianità un sistema di disincentivi che annulla, nei fatti, un istituto delle pensioni di anzianità con trentacinque anni di versamenti sia nel settore privato che in quello pubblico il progressivo abbassamento della tutela previdenziale attraverso la riduzione del rendimento dal 2% all'1,75 la conservazione di privilegi nel sistema previdenziale per alcune categorie l'assenza di un progetto di armonizzazione di tutti i trattamenti pensionistici ritiene che occorra - pervenire ad una riforma del regime pensionistico che mantenga comunque la prevalenza del sistema pubblico su quello privato separare le voci previdenziali da quelle assistenziali del bilancio INPS omogeneizzare la normativa in materia di prestazione tra i diversi regimi di base, senza alcuna eccezione ricostruire una nuova solidarietà tra le generazioni dei lavoratori con particolare riferimento ai giovani e alle lavoratrici in relazione al ruolo familiare che svolgono di sostegno ai componenti anziani e minori garantire il mantenimento del diritto alla pensione a trentacinque anni e la salvaguardia del rendimento del 2%.
Considera inderogabile la garanzia del potere di acquisto delle pensioni attraverso un meccanismo automatico di indicizzazione rispetto all'inflazione reale.
Sollecita il rinnovo dei contratti per i dipendenti pubblici bloccati da quattro anni.
Richiede vengano assunte chiare e sollecite determinazioni a riguardo dei pensionamenti già deliberati dall'Ente per consentire alle Amministrazioni pubbliche di operare in un clima di certezza e garantire i diritti dei dipendenti.
Impegna la Giunta regionale affinché si faccia parte attiva per ricondurre e sostenere presso le opportune sedi i rilievi e le richieste formulate, in particolare per quanto attiene un sollecito rinnovo del contratto di categoria che riservi alle Regioni ed alle Autonomie locali un adeguato spazio di contrattazione decentrata".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 28 voti favorevoli e 4 astensioni.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14,15)



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