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Dettaglio seduta n.280 del 07/06/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 7) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Rabellino e Sartoris.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Questione di legittimità costituzionale della legge regionale relativa a: "Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili"


PRESIDENTE

Comunico inoltre che in data 20 maggio 1994 ho ricevuto dalla Pretura circondariale di Cuneo il testo dell'ordinanza emessa dal Pretore in data 22 aprile 1994, con cui si dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi secondo e terzo, e dell'art. 15, comma secondo, della L.R. 26/3/1990, n. 13 "Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili", per violazione dell'art. 25 della Costituzione. Pertanto, si sospende il giudizio in corso e si ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci su tale questione.
Copia di tale ordinanza è disponibile presso la Segreteria del Consiglio regionale.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto - Elezione del Presidente e della Giunta regionale (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione in merito agli adempimenti di cui all'art.
32 dello Statuto.
E' iscritto a parlare il Consigliere Mollo; ne ha facoltà.



MOLLO Francesco

Signor Presidente, signori Consiglieri, devo dire la verità: il dibattito che finora si è svolto non è stato esaltante. Non è stato esaltante per gli interventi e i contenuti degli stessi, eppure ci troviamo di fronte ad un fatto nuovo, di una novità rimarchevole. Probabilmente si può dire, senza entrare nel merito dei singoli interventi, che è difficile saper perdere, quindi anche la virtù del saper perdere è difficilmente praticabile.
In effetti, l'insufficiente maggioranza che finora ha retto il governo della Regione è venuta meno ad un possibile progetto che poteva essere sviluppato e non ha mai avuto sostegni convincenti, e per questo sempre in ritardo nell'affrontare e risolvere metodicamente problemi sociali economici ed ambientali della Regione. Purtroppo in questi anni le questioni pregiudiziali e le tendenze al rinvio, legate alle periodiche scadenze elettorali, sempre considerate di tipo catartico, non avevano consentito queste scelte coraggiose.
Certo, la valenza politica di oggi è diversa da ieri. Questa maggioranza nasce, infatti, sulla base di tre esigenze particolari e fondamentali: dare un governo forte alla Regione risolvere alcune grandi questioni del Piemonte prospettare intese politiche che prefigurino un lavoro comune tra le forze di centro e quelle progressiste, per individuare blocchi alternativi all'attuale maggioranza politica nel Paese.
Per dare un governo forte occorreva mettere insieme una maggioranza solida, facendo incontrare il PPI e il Polo progressista. Devo sottolineare che, nonostante la lettura degli organi di stampa di una maggioranza costituita tra la DC e il PDS, lo sforzo fatto va ben oltre. Se è vero che in natura il pesce grosso mangia il piccolo, devo sottolineare che l'incontro è avvenuto con un centro imperniato sul PPI e l'area progressista, che nel suo complesso ha condiviso di fatto questa esigenza pur disarticolandosi per alcune prese di distanza.
Posso testimoniare qui che insieme e a fianco del PDS hanno lavorato per questo incontro un gruppo di Consiglieri determinanti dell'area laica riformista ed ambientalista, che ha collaborato alla stesura del programma ha dato la disponibilità ad impegnarsi in prima persona e a sostenere il programma e la struttura della Giunta proposta.
Questa maggioranza e questo programma non potevano non avere un certo consenso delle rappresentanze sociali, con cui sempre si governa. Esse avevano ben presenti le insufficienze del passato, così come hanno ben presente la forza operativa di questa maggioranza da sviluppare in questo ultimo scorcio di legislatura.
Il dato politico importante resta, però, l'incontro fra il Partito Popolare e il Polo progressista. La lettura di questo incontro, che va al di là della forza che ha per ben governare, è che il Partito Popolare si lascia alle spalle il vecchio logo della DC e con il suo bagaglio culturale si allea con il complesso Polo progressista per costruire una valida alternativa all'attuale tridente che governa il nostro Paese. Questa è la mia lettura, ovviamente.
Se sarà un laboratorio lo vedremo; che possa esserlo è probabile proprio in considerazione del fatto che perde qualche Consigliere a destra e non trova tutto il consenso a sinistra. Oggi siamo nel campo delle sperimentazioni e, a mio parere, questo incontro va coltivato sia perch può essere in grado di dare risposte ai problemi del Piemonte sia perch può assumere quei connotati che erano di uno schieramento legato ai valori della solidarietà, della responsabilità dell'ambientalismo, che certamente sono diversi da quelli rappresentati dalla semi-maggioranza che sostiene l'attuale Governo nazionale.
Al di là di queste considerazioni, resta il programma qui illustrato e la struttura del governo proposto a cui va il mio convinto voto favorevole.
Voglio però sottolineare due aspetti che la maggioranza dovrà seguire con attenzione: l'informazione e la struttura burocratica della Regione.
Occorre creare condizioni, perché le attività del governo e del Consiglio siano seguite dagli organi di informazione affinché possano avere eco e conoscenza fra i cittadini; così come occorrerà usare bene sia i nostri Uffici Stampa che gli strumenti di informazione di cui dispone la Regione, i cui costi non sono adeguati ai benefici. Iniziative come quella proposta dal Presidente Brizio sugli Stati generali degli enti locali vanno in questa direzione e bisognerà individuarne altre in settori come l'economia, il lavoro, l'ambiente, la sanità.
Un elemento importante rimane il funzionamento della struttura dirigenziale, burocratica della Regione.
Ritengo che capacità e professionalità debbano essere esaltate, ma le carenze e le deficienze dovranno essere recuperate, così come devono essere colpiti il disinteresse e il lassismo.
Il taglio manageriale dovrà essere premiato per dirigere i vari settori e per renderli efficienti. Una rotazione tra dirigenti e funzionari si impone, per sollevare sedimentazioni negative; senza una struttura forte capace e motivata, molti sforzi potrebbero vanificarsi e redirsi nella ragnatela burocratica, mentre l'esigenza è quella di dare risposte ai cittadini, certezze di diritti e di doveri, trasparenze e semplificazione dei processi.
Noi dobbiamo far vincere l'efficienza, senza dare alibi a chi non vuole e non è interessato a questo processo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, per giudicare e comprendere le ragioni del giudizio su questa maggioranza è necessario ripercorrere velocemente quanto è avvenuto in questa Regione negli ultimi mesi.
Dopo le ferie - qualcuno lo ha già ricordato - insieme ad alcuni colleghi mi posi il problema del governo di questa Regione. La maggioranza ci sembrava allora incapace di dare risposte adeguate ai problemi gravi del Piemonte. Questo giudizio viene confermato oggi dalla stessa vecchia maggioranza; infatti, nel documento presentato dal Consigliere Brizio si fa esplicito riferimento ad incapacità ormai di alcuni mesi di governare questa Regione.
Quell'iniziativa tendeva essenzialmente a riunire il PDS e la DC insieme agli altri partiti laici, per cercare di dare un nuovo governo, un governo più forte, autorevole, capace di giungere fino alla scadenza della legislatura. Il tentativo fallì per la miopia politica, le presunzioni di qualcuno, forse l'arroganza. Anziché intendere l'esperimento come l'avvio di un percorso che doveva portare ad un accorpamento del sistema politico italiano nella prospettiva del nuovo sistema elettorale, si colse invece l'occasione per occupare nuovi posti in un'ottica interna di partito ed esterna, forse, all'opinione pubblica.
Quell'esperimento fallì e le responsabilità furono chiare e restano chiare.
Il risultato delle elezioni del 27 marzo ha stravolto tutto quanto; ha evidenziato una nuova necessità di dare soluzioni organiche ad una proposta di governo alternativa al governo di destra che sta governando oggi il nostro Paese. In questo senso mi espressi nell'ultimo o penultimo Consiglio regionale, quando si parlò di possibili sbocchi di governo per questa Regione; ma le condizioni maturavano in senso opposto.
Fino ad una settimana fa la DC lavorava per una scelta di apertura a destra; significative sono state le scelte vestite di un manto istituzionale, ma che in realtà prefiguravano scelte, non soltanto istituzionali, ma politiche.
All'improvviso - qualcuno ci spiegherà il perché, il Consigliere Picchioni in parte ha dato delle spiegazioni in un'intervista su "Repubblica" - la DC manifestò la sua disponibilità a costituire una maggioranza con il PDS; fu la DC che manifestò al PDS questa disponibilità.
Si trattava di un progetto politico simile, per certi versi più significativo, al "progetto Castellani", con tutti i limiti, le contraddizioni e le difficoltà che quel progetto rappresentava e rappresenta tuttora, se non si sapranno fornire contenuti e comportamenti adeguati alla possibile risposta al governo di destra che ha preso corpo dopo le elezioni.
A mio avviso, c'è della ragionevolezza nelle affermazioni del dottor Salza.
Si tratta dell'incontro della cultura cattolica, laica, ambientalista e socialista insieme, senza egemonia di alcuno e con responsabilità e ruoli non determinati con il misurino del farmacista, ma finalizzati a dare gambe ad una proposta di governo seria.
Quando in quella riunione il PDS ci informò dell'apertura della DC spiegai che occorreva cogliere l'occasione per governare questa Regione fino alle elezioni - ed era certamente un fatto molto importante - ma anche soprattutto dare vita ad un progetto che andasse oltre le elezioni fornire, in sostanza, un contenuto strategico alla proposta.
Queste mie considerazioni erano, e sono tuttora, condivise da tutte le forze politiche intermedie, minori. Dissi anche che sarebbe stato un grosso errore dare la sensazione all'opinione pubblica che si stava facendo una semplice operazione spartitoria di potere tra DC e PDS, come alcuni organi di stampa - con un'intuizione a mio giudizio corretta - stavano dipingendo.
Proprio a questo fine, chiedemmo un incontro di tutte le forze che si erano riconosciute nel cosiddetto "polo progressista" con la DC. In questo incontro, il Capogruppo Picchioni, molto correttamente, confermò la disponibilità della DC al progetto e disse che l'elaborazione era già avanzata, tanto da prevedere il voto, cosa che puntualmente viene fatta nel giro di pochi giorni. Dichiarò espressamente che la maggioranza si fondava sull'apporto determinante dei due maggiori partiti, i quali dovevano farsi carico dei minori che ad essi facevano riferimento. Il giorno successivo in un incontro con il PDS, confermai le mie valutazioni, chiedendo al PDS e alle altre forze politiche minori - che peraltro erano e sono sostanzialmente d'accordo su alcune mie riserve - di modificare l'immagine che di questa Giunta si stava proiettando.
Le mie preoccupazioni trovarono conferma in una telefonata del Consigliere Rossa, il quale mi informava che c'era ancora a disposizione un Assessorato e che dovevamo "giocarcelo" tra noi due. Gli spiegai che non avevo mai chiesto Assessorati, che non ero interessato a questo e comunque, posto in questi termini, non solo non mi interessava l'Assessorato, ma neppure un qualcosa di più.
Mi convinsi che questa maggioranza non aveva nulla della prospettiva politica che ritenevo necessaria, ma era semplicemente un accordo per giungere alla scadenza elettorale in condizioni non eccessivamente svantaggiate.
La conferma la ebbi quando scoprii che gli approfondimenti programmatici erano cosa di poco conto, perché oltre ad essere già stati sbozzati, erano la riproposizione del programma della Giunta "Brizio bis" e della proposta di Giunta "Marengo" che, in larga misura, erano sovrapponibili e sostanzialmente uguali.
Questa è la soluzione di una crisi che poteva portare a qualcosa di diverso, ma che invece non ha portato a qualcosa di diverso, o perlomeno è molto difficile pensare che nel corso di questi mesi - cosa che io spero si possano determinare situazioni nuove, che possano fare di questa esperienza non quella alla quale dò oggi un giudizio non positivo, ma un qualcosa di meglio.
A questa storia vissuta personalmente si è aggiunta la "chicca" dell'intervista Picchioni. Pare sia stata un'intesa a tre: DC, PDS potentati economici. Le forze economiche hanno coinvolto - dice il Consigliere Picchioni - partiti e vertici delle istituzioni; forse il Presidente Brizio dovrebbe dirci qualcosa.
Ogni tanto qualcuno mi accusava di essere, in qualche modo, al seguito di certi Palazzi. La dignità mia e del mio partito, che è il Partito Repubblicano, mi hanno sempre impedito sia di ricevere ordini dai Palazzi importanti sia di andare a chiedere permessi o autorizzazioni per iniziative che io intendevo assumere.
In una situazione di questo genere, credo sia difficile dare un appoggio entusiastico, come pensavo di dare e come avrei certamente dato ad una soluzione, se questa avesse saputo essere veramente una soluzione di prospettiva politica forte. E' difficile dare un voto anche non entusiastico.
Lunedì ero stato alla convention delle forze che si riconoscono nella Giunta Castellani, dove si ipotizzava una costituente democratica, dove si percepiva un minimo di tensione, una ricerca concreta di una proposta, di un progetto. Nulla di tutto questo vi è in questa maggioranza.
E' una posizione straordinariamente trasformistica che vede impegnata in modo unanime tutta la DC, mi dicevano; forse non è così vero. Quella DC, fino a dieci giorni prima, stava facendo un'operazione esattamente contraria a questa. E' un'operazione che si chiude dicendo che non esiste problema di programmi, perché i programmi del PDS di prima, della vecchia Giunta di prima, sono sostanzialmente compatibili.
Sul programma e sulle proposte di natura economica anche qualcun altro aveva fatto, in passato, un tentativo di approfondimento di cui questa maggioranza avrebbe dovuto tener conto. Forse anche qualcun altro aveva interesse, intenzione e voglia di dare un contributo.
A parte queste considerazioni, mi pare si sia commesso, nella sinistra ancora un errore e lo dico non contento, lo dico con grande delusione nella speranza che non capiti più. Quest'autunno, il PDS si presentò in quest'aula dicendoci: "Abbiamo fatto un accordo con Rifondazione Comunista chi ci sta, può venire". Oggi ci dice: "Abbiamo fatto un accordo con la Democrazia Cristiana, chi ci sta, può venire". L'accordo di allora impedì di dare uno sbocco concreto alla crisi che già investiva la Regione; credo che la proposta di oggi dia uno sbocco concreto a quella crisi, però non come io pensavo e speravo: io ricercavo una soluzione che desse una prospettiva politica di più ampio respiro.
La collega Dameri ha detto che il PDS è interessato a sperimentare un rapporto con il PPI, siamo tutti d'accordo su questo. Ma credo che con questa operazione, così proposta, non si sperimenti questo rapporto: troppe sono le ambiguità, troppe le diverse prospettive. Oggi leggiamo sul giornale che il placet a questa Giunta l'ha dato un certo signor Ghigo. Io ho la sensazione che si sia fatta un'operazione più elettorale che altro.



VETRINO Bianca

E' un commissario di Berlusconi a Torino.



PRESIDENTE

Parlamentare che fino adesso è venuto alle nostre riunioni, quindi io la vedo positivamente. Abbiamo fatto due riunioni del coordinamento e due volte è venuto.



FERRARA Franco

Non c'entra nulla, però, con il giudizio politico. E' un bravo deputato: ne sono contento.



PRESIDENTE

Incominciamo con la presenza, il resto lo valuteremo.



FERRARA Franco

Dal punto di vista politico, la sua adesione, il suo consenso, il suo placet mi lasciano un po' perplesso. Le nuove maggioranze non possono costruirsi sul vuoto di idee e di programmi e sul piano di pure agitazioni.
Una maggioranza vera la si forma su contenuti programmatici veri, ma soprattutto su strategie politiche di più ampio respiro.
Mi sono anche confrontato con alcuni colleghi che condividono queste mie considerazioni, i quali hanno ritenuto e ritengono più opportuno partecipare per non vanificare l'ipotesi di una composizione politica di centro-sinistra, lavorando dall'interno per cercare di modificare questi atteggiamenti.
Ho riflettuto molto su questi argomenti, da solo, ma ho riflettuto veramente. Pur apprezzando i suggerimenti e i consigli ricevuti, ritengo che il "nuovo" non possa nascere condividendo ed essendo responsabile di comportamenti che non oggi, ma cinque anni fa, sarebbero stati considerati inaccettabili. Non credo che con questa proposta si getti un seme capace di germogliare. Non si tratta di accettare mediazioni per consentire che qualcosa possa maturare, le mediazioni non ci sono state. Ho ritenuto più giusto stare fuori da questa maggioranza, criticandola, stimolandola, in una prospettiva politica, non certamente chiamandomi fuori in un atteggiamento di opposizione chiuso, cercando di raggiungere quegli obiettivi e far raggiungere a questa maggioranza quegli obiettivi che ritengo siano giusti per il nostro Paese.
Mi pare che questa proposta (non so se si tratta di un progetto della destra), se dovesse dimostrarsi quello che fino ad oggi è emerso indebolisca quella costituente democratica di cui si parlava l'altra sera alla convention di Castellani. Non si creano le premesse per un rapporto con il PPI: le soluzioni di potere e di valenza puramente elettorale non concimano nessun germoglio.
Dobbiamo purtroppo prendere coscienza che la destra avanza, cresce aumenta i consensi, perché di fronte ha una forte incapacità di progettare in grande. E questa è una sconfitta personale: la mia.
Anche all'interno del Partito repubblicano, al quale io appartengo, mi ero battuto per una soluzione diversa, e non è stato facile. Mi ero battuto per un percorso che aggregasse una sinistra moderna con la parte più aperta del mondo cattolico, per una politica capace di aggregare persone, gruppi forze dell'area riformatrice, anche moderata, che nella vecchia catalogazione non poteva certamente identificarsi nella sinistra ideologica, ma che ha rappresentato storicamente una componente altrettanto rilevante della sinistra.
Mi ero battuto per una politica che fosse in grado di cogliere quanto di nuovo si va delineando, anche se si delinea nell'area fortemente disomogenea e disaggregata della destra. Queste forze consentiranno un domani una bipolarizzazione vera della vita italiana, perché sono titolari di una cultura che si è affermata nelle grandi democrazie industriali.
Sarebbe un grave errore se il PDS pensasse che senza queste forze è possibile governare un Paese avanzato. Sarebbe una scelta che servirebbe a poco, tranne che ad affermare un'egemonia su un cartello comunque minoritario. Non rimane altro, oggi, che prendere atto di questa mia personale sconfitta e della sconfitta in generale, anche se credo che quell'obiettivo debba ancora essere ricercato.
Personalmente non voterò a favore di questa Giunta, pur dichiarando che il mio voto non mi impedirà di collaborare con le proposte positive che verranno presentate, n' di dichiarare tutta la mia disponibilità a quegli Assessori, molti dei quali stimo e apprezzo, che per la prima volta si troveranno ad affrontare, in una posizione particolarmente difficile grossi problemi di grande interesse regionale; Assessori di tutte le aree politiche della maggioranza che si va componendo (mi riferisco ai colleghi Cucco, Marino, Bresso, Ferraris ed altri). Da molto tempo vado dicendo che la "questione piemontese" deve essere affrontata con grande responsabilità.
Non voterò questa Giunta, ma non sarò mai organico ad un'opposizione che per motivi elettorali o personali si collocherà in una pregiudiziale opposizione dell'attività di governo. Non mancherà il mio voto su tutti i provvedimenti capaci di dare risposta alla "questione Piemonte"; non mancherà il mio contributo a tutte le iniziative di collaborazione con la Giunta Castellani, che pare sia uno - se è vero - degli obiettivi della maggioranza, e che mi auguro verrà confermato negli interventi dei due maggiori partiti (anzi, di tutti i partiti).
C'è un problema grosso, oggi, di collegamento tra la Giunta Castellani e la Regione: il fatto che ci sia disponibilità a trovare delle intese, e non certamente degli intralci, penso sia fatto positivo e da perseguire.
Soprattutto non mancherà il mio consenso se da questo avvio - a mio giudizio, brutto - dovesse nascere qualcosa con quel significato politico che ho cercato di illustrare.
Ai colleghi della maggioranza chiedo di aiutarmi a cambiare questo mio giudizio non positivo che, allo stato attuale, per come questa maggioranza si è formata, per le ambiguità che ha in sè, per il trasformismo che la caratterizza, non può che essere tale.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Dameri.



DAMERI Silvana

Signora Presidente e colleghi Consiglieri, mentre ci accingiamo ad esprimere il voto positivo del PDS affinché possa decollare una nuova Giunta che dia un governo alla Regione Piemonte, che possa operare fino alla conclusione di una legislatura regionale certamente travagliata e in un momento di profonda trasformazione dell'intero sistema politico nel nostro Paese, avvertiamo tutti i rischi e le difficoltà della scelta compiuta. Non siamo quindi animati da alcun facile entusiasmo, da alcuna faciloneria; vogliamo però percepire - per chi fa politica la scelta della responsabilità e la capacita di scegliere è certamente un elemento costitutivo - la sfida e le potenzialità insite nel governare la Regione Piemonte e su queste agire.
Certo, parliamo di un accordo di governo che ha carattere anche contingente, provvisorio - su questo tornerò ma che comunque, e non mi pare cosa di poco conto, può e deve avere, caro Presidente Brizio - ecco una prima, forte discontinuità che occorre introdurre - il profilo di un governo certo ed autorevole, caratteristica che non da poco tempo è venuta meno nella Regione Piemonte. Una compagine che, come abbiamo scritto nella premessa politica al documento programmatico, sia capace di connotarsi per l'esercizio di atti di responsabilità concreta e di un chiaro segno di novità.
Tutto questo non può essere solo un insieme di parole; le parole, che rappresentano impegni politici assunti nell'accordo tra forze politiche che vogliono concorrere a questo tentativo, devono diventare fatto concreto.
Chiedo quindi al Presidente Brizio, che guiderà questa coalizione, di far lievitare e rendere evidenti tutti gli elementi di responsabilità concreta e tutti i segni di novità attesi dalla comunità regionale.
Questa funzione va svolta verso tutti i soggetti fondamentali della rete democratica in cui è organizzata la politica e le istituzioni della nostra Regione, quindi sull'insieme della realtà rappresentativa del nostro Piemonte e nei confronti di tutti i soggetti economici e sociali certamente tutti auspicano e credono nella necessità che un governo si realizzi, sappia compiere delle scelte e sia sede e soggetto di confronto reale. Questo affinché ogni soggetto della società (politico, istituzionale o economico) faccia fino in fondo il proprio dovere di fronte alle sfide che in una Regione come la nostra - per le ragioni che tutti sappiamo crisi economica, sociale, ecc, sono impervie e difficilissime da superare.
La fase difficile che stiamo attraversando non è cominciata oggi: la vecchia maggioranza, nel corso dei mesi alle nostre spalle, è stata attrice, a nostro giudizio, non di governo, ma di continue fibrillazioni moltiplicando le incertezze della società; rispetto a tutto questo, oggi bisogna introdurre dei cambiamenti e dei tentativi di voltare pagina. Basti pensare alle tensioni indotte nella realtà della comunità piemontese quando, su un tema come quello della sanità, si sono volute accogliere le spinte di singole corporazioni che hanno reso impossibile dare soluzione alle questioni che adesso questa Giunta dovrà affrontare.
Ci rammarichiamo che non sia stato possibile addivenire in precedenza ad una soluzione - soluzione naturalmente auspicabile in un'ottica di funzione di governo - e che siano state fatte prevalere invece quelle ragioni che ci hanno portato ad una sorta di sfarinamento politico ed istituzionale.
Collega Ferrara - su questo vorrei polemizzare con te, cogliendo la parte conclusiva del tuo intervento - noi non possiamo, oggi, dare di noi stessi una rappresentazione che ci fa torto. Ci sono state ragioni di carattere politico che hanno reso difficile - almeno fino ad oggi, ma su questo dirò qualcosa dopo arrivare alla conclusione sulla quale ci vogliamo misurare.
Per quanto riguarda la questione di dare un governo alla Regione sarebbe una caricatura dire che nel corso di questi mesi non ci sia stato fra le forze che adesso compongono questa possibile maggioranza - e non solo fra loro - un confronto serio sulle questioni che riguardano gli aspetti cruciali della vita della nostra Regione (economici, sociali istituzionali). Le verifiche programmatiche fatte, il cruciale passaggio del 27 marzo e la verifica delle condizioni nel corso di queste settimane credo abbiano fatto maturare - noi lo abbiamo registrato come fatto interessante e che ci ha chiamato in causa - nel PPI la consapevolezza anche se con accenti e disponibilità diverse, che senza l'apporto dei progressisti il Piemonte era ingovernabile, a meno di imboccare una strada di svolta a destra che mi pare il PPI, in questa Regione, non abbia inteso scegliere: lo registro, non lo commento.
E non era solo un fatto di numeri in questo Consiglio, ma "anche" (d'altronde i numeri in politica contano). Questa è l'impressione che abbiamo colto: che senza, non dico un'anima politico-programmatica ma almeno una ricerca politico-programmatica per quanto la si voglia minimizzare, un accordo per un governo della Regione o non sarebbe decollato o non sarebbe durato o, senza futuro, sarebbe morto su se stesso.
Nel contrarre queste alleanze - è reale - fra i vari soggetti dell'alleanza c'è chi ne sottolinea i caratteri diversi e chi evidenzia l'aspetto provvisorio, contingente, di convenienza, delimitato all'accordo di governo. Trattandosi di un'operazione dal carattere inedito, si rende necessaria per tutti la verifica, nella serietà dell'impegno di tutti e non solo di una parte, di questo percorso non contingente, non provvisorio.
Lo verificheremo nell'affidabilità del governo; quindi, se è un esperimento inedito, va sicuramente fatta una verifica che vale per tutti non solo per una parte contraente dell'alleanza. Tuttavia, per quanto ci riguarda, si tratta di una sfida che tenteremo di perseguire con serietà perché pensiamo possa contenere - sarà ingenuità politica - un messaggio che può andare oltre lo stesso accordo contingente per la Regione Piemonte.
Non so se la nostra è ingenuità o se è tentare, nonostante tutto, di fare politica.
La Consigliera Vetrino, nel suo intervento, attribuiva a me una lettura di questo fatto che francamente non è mia. E' di qualcuno che di politica capisce più di me, tant'è vero che è un Ministro di questa Repubblica; si tratta del Ministro Costa, il quale ha dato un'interpretazione condivisibile o meno, ma politica.
Ho letto in questi giorni, e abbiamo sentito anche in quest'aula dichiarazioni un po' rabbiose, valutazioni di dubbio gusto, qualche veleno di troppo. Credo sia bene togliere questi elementi dal confronto politico perché un'assemblea come questa deve dignitosamente affrontare le scelte rilevanti, una delle quali è quella di dare un governo alla Regione.
La motivazione di queste critiche sarebbe stata quella di ritenere questo accordo in spregio agli interessi della popolazione e della collettività.
Non è proprio così; da parte nostra, la scelta è quella di tentare di mettersi in gioco, non per spirito politicista, non per ragionare all'interno del vecchio quadro, ma cercando di forzare, in prospettiva, un possibile dialogo e ascolto, per spingere l'acceleratore della politica che, come ricordava il collega Cucco, vive dei momenti di enorme accelerazione.
Credo che il carattere netto e circoscritto dei punti programmatici per questo scorcio di legislatura debba puntare al recupero di credibilità di rapporto con l'intera comunità regionale, come ricordava nella sua introduzione il Presidente Brizio. Bisogna quindi dare un forte impulso all'impostazione regionalista e federalistica, organizzare e gestire una transizione che riguardi anche l'identità e il profilo dell'ente.
L'accordo di oggi, comunque lo si voglia leggere - d'altro canto la lettura non può essere così distorcente da capovolgerne il senso - rileva come questa possibile fase di transizione avvenga con una forte tensione tra l'area della sinistra progressista e il centro popolare. E' una prospettiva da verificare, per valutare se avrà un futuro.
Tale accordo, peraltro, non annulla le ragioni di nessuno, e tanto meno l'identità di ciascuno. Per quanto ci riguarda è un accordo che non si propone - voglio dirlo con molta convinzione di far cadere quel bisogno di verifica, di confronto unitario che sentiamo verso quelle parti della sinistra, del mondo progressista che oggi non hanno potuto aderire a questa ipotesi. Ciò ci spinge ad un ascolto attento delle ragioni di merito, del contributo che può venire; analoga attenzione è rivolta alle altre parti che, in Consiglio, hanno manifestato disponibilità ed interesse rispetto a questo percorso. Ho apprezzato al riguardo, in apertura di dibattito, la collocazione espressa dal Consigliere Marchini.
Le ragioni del nostro impegno risiedono veramente nel bisogno di dare un'operatività di governo al servizio della comunità regionale e, nello stesso tempo, come forza politica, sentiamo la sfida delle potenzialità alle quali non sentiamo di doverci sottrarre.
E' un impegno forte per cercare di realizzare le cose possibili derivanti dal programma che ci siamo dati, un investimento importante di quadri, di personalità politiche che abbiamo fatto nella nostra delegazione di Giunta. Quindi, un impegno pieno del PDS e, in secondo luogo, la volontà di verificare se il fatto politico che si realizza possa costituire un conforto ed un incoraggiamento per quell'incontro tra componenti democratiche essenziali della società italiana e piemontese, a cui noi guardiamo con grande interesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Ovviamente noi votiamo contro. Siamo e vogliamo essere persone serie e fare una vera, seria opposizione, anche se ho l'impressione che in Italia sia estremamente difficile farlo e che pochi vogliano fare gli oppositori.
Tutti vorrebbero essere nella maggioranza governativa e poi si lamentano se ogni cinquant'anni c'è qualche piccolo cambiamento.
Sono felicissimo dell'operazione politica che è avvenuta. Per me è la cosa più logica, coerente, omogenea che sia mai stata fatta in questo Consiglio regionale. In fondo la DC, dal '62, dal centro-sinistra si è sempre più orientata verso lo statalismo, che quindi è centralismo, che è l'anima del marxismo. Perché parlare di trasformismo? Non c'è nessun trasformismo. C'è una perfetta coerenza, un'alleanza con i fiocchi. Bisogna poi vedere se il popolo matura al punto da capire l'errore fondamentale.
La DC, per esempio, è sostanzialmente statalista, e lo ha dimostrato: dal '62 non si è fatto altro che statalizzare, con conseguenze disastrose per l'economia. Essa ha questa civetteria di definirsi sinistra con le sinistre e centrista con gli elettori; prima delle elezioni anticomunista dopo le elezioni filocomunista.
Questa è la vecchia malattia della DC, che in fondo va condannata.
Perché in Francia è sparita? Per questo sinistrismo di maniera, demagogico superatissimo. Sappiamo che destra e sinistra sono parole vane, che non hanno senso. Sono le leggi fatte di volta in volta a dimostrare se la politica legislativa è buona o cattiva, soprattutto con l'applicazione e con la volontà di applicare le leggi. Quindi, per me, questa alleanza DC PDS va benissimo, anzi va benissimo che ci sia stata una grande esclusione sono felicissimo anche per questo, quindi ho due ragioni di felicità delle cosiddette minoranze. Almeno si decideranno a fare opposizione anche loro (speriamo). A meno che abbiano un enorme spirito missionario - così dicono loro per cui si sacrificheranno votando a favore della maggioranza naturalmente non sempre con il consenso dei propri elettori, i quali poverini - in genere non lo sapranno, perché i giornali si guardano bene dall'informarli su chi vota una certa legge o su chi vota contro.
Come si fa a votare a favore di una maggioranza di questo genere? E' praticamente impossibile, se pensiamo a tutto quello che i suoi componenti hanno combinato, specialmente negli ultimi trent'anni, dal '62 ad oggi. Ad esempio, noi non parliamo mai della legge sul soggiorno obbligato. Pensate che all'estero ci prendono in giro; si dice: "Ma è nel Burundi o nel Ruanda che c'è la legge del soggiorno obbligato"? Poverini loro, che forse non ce l'hanno nemmeno. Normalmente, in regime giusto, tanto più se democratico si dice: "Se è colpevole, vada in galera; se non lo è, a casa sua". Invece da noi no, abbiamo trovato il "tertium non datur", il che non è logico però per noi diventa logico, per cui ce li hanno mandati su e questi capimafia hanno rovinato il Nord.
E' inutile venire a raccontare delle frottole sulla mafia: questo è un fatto storico, un'infamia che passerà alla storia, sia il fatto sia la legge che lo ha prodotto. Intere Regioni civilissime sono state prostituite alla mafia con questa legge, e chi l'ha fatta e l'ha fatta applicare lo sapeva: queste cose sono note. Ancora pochi giorni fa un giornale riportava delle cifre di soggiornanti obbligati, delle esportazioni al Nord di mafiosi. Quindi, come si può votare per una maggioranza che ha tollerato ha voluto e continua a tollerare delle leggi simili, io proprio non riesco ad indovinarlo, non sono abbastanza intelligente per capire certe cose.
Poi, naturalmente, ci sono anche altre leggi. Poiché non bastava questa diffusione e potenziamento della mafia (tra l'altro con i nostri quattrini, perché è chiaro che se abbiamo pagato le tasse è per qualcosa) si è andati avanti con l'immigrazione selvaggia, in gran parte prodotta e procurata dalla mafia stessa; per cui abbiamo prostitute che vengono da fuori, clandestini che hanno tutt'altra voglia che di lavorare (non dico tutti, ci mancherebbe), ma piuttosto quella di fare gli spacciatori di droga o qualcosa del genere.
Questo è stato il regalo ulteriore dopo la legge del soggiorno obbligato, al quale adesso, eufemisticamente - non uso una parola cattiva come sarebbe ipocritamente - hanno cambiato il nome: non si chiama più soggiorno obbligato, ma soggiorno cautelare. Immaginate quale cautela su questi poverini che vengono portati su, mandati nelle nostre valli. A costoro il Comune, l'Amministrazione comunale dei paeselli deve trovare l'alloggio e anche pagarli, e magari è gente che telefona dal mattino alla sera, telefonate lunghissime, lontanissime, carissime, perché i soldi li hanno, non dico tutti, ma parecchi. Questo solo per dire come si è governato.
Allora, ripeto: come si fa a votare per una maggioranza di questo genere? Questo è il discorso - spero che gli stenografi mi capiscano perché sto leggendo degli appunti. E poi naturalmente abbiamo tutte leggi di questo tipo: la legge sull'apprendistato, che ha distrutto l'artigianato; la promozionalità, cioè tutti promossi, tutti laureati tutti diplomati. Naturalmente poi mancano i cosiddetti lavoratori, sui quali si insiste tanto, perché chi è diplomato e laureato non accetta più il lavoro manuale, bisogna dargli un ufficio: ecco la burocrazia, il terziario, altra delizia dello statalismo.
E' chiaro che con queste premesse non si finirebbe più di parlare, i nostri avversari hanno ovviamente il diritto di esprimersi, anche se purtroppo sento in essi una ripetitività massacrante. A me piacerebbe sentire ogni tanto qualcosa di diverso, però ho l'impressione che questo diverso non salti mai fuori. Per esempio, hanno detto: "Non si poteva fare un'alleanza diversa; volete mica che ci alleiamo con il MSI"? Il Movimento Sociale avrà certamente i suoi difetti e li ha anche gravi quando vuol riabilitare un certo periodo, durato purtroppo vent'anni, ma altri partiti hanno degli scheletri molto più grossi, perché il periodo di ottant'anni continua. Pensiamo che il Sendero, poco luminoso, continua a massacrare in Perù; i Khmer rossi hanno ripreso a massacrare in Cambogia; la Corea del Nord minaccia la guerra atomica: nessuno li deplora, anzi oggi, come esempio, magari si porta Cuba; immaginiamoci le carceri di Cuba, che bellezza, e la cinghia (cioè molto appetito poco mangiare) di Cuba, che bellezza! Questo solo per fare qualche esempio.
Io capisco che nella maggioranza ci possano anche essere delle brave persone, però le brave persone diventano pericolose quando hanno opinioni completamente sbagliate. Ho già ricordato La Pira che, nella sua ingenuità andava a congratularsi con Ho-Chi-Min, mentre dal Vietnam, se potessero scapperebbero tutti.
Credo dunque di aver motivato abbastanza, sia pure in modo imperfettissimo ed incompletissimo, le mille e una ragione della nostra opposizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signora Presidente e colleghi, prendo la parola per esprimere, a nome del Gruppo socialista, il voto favorevole alla proposta di governo che è stata presentata e da noi pure sottoscritta. Insieme al voto favorevole vorrei esprimere anche la soddisfazione dei socialisti e mia personale per il risultato politico al quale siamo arrivati.
Credo di non enfatizzare nulla se dico che quest'assemblea, quindi il Consiglio, nel momento in cui andrà ad approvare questo nuovo governo regionale, e le forze politiche che nel loro insieme lo sosterranno, hanno dimostrato un altissimo grado di sensibilità nei confronti dei processi in atto nel Paese e nella Regione Piemonte. A questi processi, con le scelte compiute, le forze politiche stanno dando una risposta io credo adeguata sia dal punto di vista politico che culturale e programmatico.
E' nei momenti di crisi che si verificano e si confrontano le sensibilità, le capacità, le volontà politiche che le forze in campo sono in grado di dimostrare nella ricerca di soluzioni politiche, nella capacità di esprimere anche coraggiosamente delle scelte, sapendo che queste comportano anche delle difficoltà, a volte delle vere e proprie rotture; ma è lì che si prova, è lì che si dimostra la capacità delle forze politiche.
In caso contrario, le forze politiche non guiderebbero, non orienterebbero gli avvenimenti: sarebbero solo al seguito del divenire sociale e civile e non sarebbero in grado di interpretarne gli orientamenti.
Voglio sottolineare questo aspetto, perché in questa Regione stiamo facendo una scelta politica di grande respiro, di altissimo spessore politico e culturale. Esprimo dunque soddisfazione, perché questo è un periodo in cui sognano in molti; anch'io dico che in altri tempi ho sognato. La esprimo, Consigliere Calligaro, al di là dell'incarico al quale, con altri colleghi, mi accingo ad assumere: per me non è una questione di incarico, è un valore politico.
Come dicevo, questo è un periodo in cui alcuni leader sognano e anch'io ho sognato in tempi non sospetti. Ne parlavamo poc'anzi con il collega Picchioni, ricordando una tavola rotonda a Valdieri, promossa dalla DC, a cui abbiamo partecipato con parecchi colleghi; allora la situazione era ancora tutta tranquilla e i terremoti politici che poi si sono verificati in questo Paese erano ancora ben lontani.
In questo incontro mi accingevo a sottolineare come fosse venuto il momento, per le grandi forze politiche storiche (tra l'altro allora faceva parte delle grandi forze popolari anche il Partito socialista), di realizzare una larga intesa, un governo di coalizione; di fare, cioè quello che fu fatto quarant'anni fa, quando il Paese uscì dalla guerra distrutto umanamente, moralmente e materialmente. E quelle grandi forze che in ripetute occasioni ho qui richiamato, si unirono ed impostarono le basi fondamentali su cui si costruì questo Paese che, da Paese povero e distrutto, venne, nel giro di questi quarant'anni, a far parte del "gruppo dei sette". Vorrei che in questa ventata di nuovismo, che la società richiede per una serie di limiti e di difetti intervenuti, si tenesse conto anche di questo. Fra le grandi potenze che avevano vinto la seconda Guerra Mondiale - proprio in questi giorni si ricorda lo sbarco in Normandia intervenne poi la rottura di quella Alleanza, subentrò la Guerra fredda e quelle forze si divisero, per motivi di carattere internazionale e ideologico.
A Valdieri sostenni che era venuto il momento per quelle forze di dimostrare che, davanti al lento abbassamento dei livelli di dinamicità politica e sociale di questo Paese, c'era bisogno di uno scatto di impegno comune per rilanciare un nuovo messaggio, per riprendere un nuovo discorso per poi - aggiungevo - dividersi, non per motivi di politica estera perch non ce n'era più bisogno, ma per motivi di politica interna.
Allora ero convinto di questo. Se avessimo fatto queste cose probabilmente il nuovo, che poi è avanzato prorompente, sarebbe stato incanalato in una prospettiva diversa da quella alla quale abbiamo assistito. Non ne siamo stati in grado, non c'è stata questa possibilità il mio era un auspicio, sul quale ho insistito ancora recentemente.
In quel momento si poneva come una proposta da inseguire, da realizzare; oggi la proposta politica di governo che stiamo andando a votare si pone in uno scenario diverso, ma con le stesse motivazioni: realizzare non soltanto una buona governabilità della Regione, con l'autorevolezza del sostegno delle forze che si accingono a sostenere questa maggioranza, ma anche, a mio avviso, far conoscere che le forze storiche, che hanno fatto la loro parte, pur con i limiti che esse hanno manifestato, non sono travolte dai nuovi avvenimenti e dalla situazione di crisi. Esse hanno ancora la capacità di farsi carico nell'immediatezza della risposta da dare ai problemi di governo del Paese (il rilancio del sistema Piemonte, una nuova speranza, nuovi impegni su obiettivi concreti e di programma), nonché di sperimentare formule politiche.
Ecco il coraggio e la ragione di fondo che le forze politiche non devono mai smarrire, altrimenti corrono il rischio di burocratizzarsi. La mia considerazione parte da questo: unire forze che sono portatrici di grandi valori, di solidarietà cristiana, di sinistra, socialista, forze che rappresentano la struttura portante delle ragioni culturali, ideali e storiche che hanno lavorato in questo Paese.
In questa direzione, insieme ai colleghi, ho cercato di dare il mio contributo, anche dal punto di vista di una critica che ho condiviso e che ho notato essere presente nelle due grandi forze, il Partito Popolare e il PDS. Tali osservazioni sono state presentate, magari volutamente, in un certo modo da parte della stampa, che ha parlato di "incontro dei due grandi"; su questa presentazione qualche collega si è soffermato, dicendo che si è trattato della cosa di più basso livello che si potesse fare.
Poiché sono uno che ha sognato delle cose, vorrei ora compiere uno sforzo per stare con i piedi per terra. Non c'è dubbio che in politica contano anche le consistenze politiche. Bisogna prenderne atto e credo debbano prenderne atto sia coloro che rappresentano una piccola minoranza sia coloro che rappresentano una grande maggioranza o forze consistenti.
Ho detto prima che abbiamo rilevato che c'è stata una certa sensibilità, un'attenzione particolare, affinché l'intesa alla quale si è andati non fosse l'intesa dei due grandi che a Yalta si sono spartiti il mondo. In questo senso, credo opportuno togliere quel carattere un po' banale che si attribuisce alle telefonate in cui si è detto: "C'è il problema di questo Assessorato, vediamo un po'".
Nei termini in cui si sono svolte le cose, bisogna dire che sono andate anche così, perché è chiaro che quando non si è presenti in una riunione come quella dei Progressisti, a cui abbiamo partecipato con impegno e discusso le varie proposte di organigramma, alla fine si arriva a conclusioni di questo tipo e si può dire: "C'è questo problema". Questo fa parte della discussione a cui antichi, inguaribili lottizzatori o nuovi modernizzatori non saranno mai in grado di sfuggire, ed è un problema che è giusto tenere presente.
Vorrei però togliergli questo carattere per collocarlo all'interno del discorso al quale si riferisce l'intesa determinatasi tra lo schieramento progressista e il Partito Popolare e le altre forze che, o a cavallo o dalla parte più vicina al Partito Popolare, hanno concorso e concorrono alla formazione di questa maggioranza.
In questa fase di crisi ci sono state delle critiche, ma ci sono anche stati diversi passaggi. Si era addirittura costituita la prospettiva di un governo di centro, che aveva raccolto 31 voti. I voti si possono anche avere, ma è poi necessario il giusto respiro politico: il valore delle scelte politiche che stiamo facendo sta anche lì. Anche nei diversi Governi del Paese ci sono stati momenti in cui i voti per governare, dal punto di vista numerico, c'erano; però, se manca il respiro politico, non si riesce a governare, non si riesce a sviluppare un programma politico.
Questo è stato il limite al governo di centro e io sono stato tra coloro che ne hanno preso atto, dicendo che c'era questa soluzione; ho per anche ritenuto di dire - sempre riferendomi alla soluzione precedente - che si trattava di una soluzione politica presentata da una serie di forze che sopravvivono a loro stesse, ma non rappresentano quel respiro...



MARCHINI Sergio

Tu, come PSI, questo puoi dirlo certamente!



PRESIDENTE

Consigliere Marchini, le darò la parola subito dopo.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, il collega Rossa sta parlando da ben ventiquattro minuti!



PRESIDENTE

Consigliere Masaracchio, devo dirle, in verità, che conoscendo il Consigliere Rossa non ho annullato il tempo precedente, perché in questo modo avrei potuto richiamarlo prima.



ROSSA Angelo, Assessore regionale

Riprendo il discorso. Qualche nostro collega ha menato scandalo dicendo che c'era un indirizzo che si è capovolto, ma ci sono dei processi!



MARCHINI Sergio

Ho solo detto che noi non esistiamo più, esattamente come te!



PRESIDENTE

Se lei, Consigliere Rossa, si avvia alla conclusione (nonostante i ventiquattro minuti indicati non siano tali), diamo poi la parola al Consigliere Marchini.



ROSSA Angelo, Assessore regionale

Davanti alle questioni politiche c'è da verificare le ragioni; quindi io non voglio soffermarmi più di tanto a fare della dietrologia: prendo atto delle scelte e le saluto positivamente. Quante volte nella politica e nella storia si sono compiute delle scelte, a volte determinate da fattori imponderabili e del tutto coincidenti e fortuiti, che hanno dato luogo a grandi processi: ne abbiamo degli esempi sotto gli occhi e ne parliamo in ogni momento. Quindi saluto positivamente questa proposta e vi posso dire di più: in giro per il Piemonte ho avuto modo di vedere anche la soddisfazione della gente per questa proposta politica complessiva. Ecco la ragione! A questo punto occorre fare uno sforzo per superare il limite - io lo considero angusto - dell'accordo per dire: "Stiamo insieme", perché ci equivale a mettere insieme un numero di persone per poter dichiarare che "Siamo in regola con la legge". Bisogna compiere qualche sforzo nel rispetto della propria autonomia, perché è necessario dare delle risposte sul piano programmatico, ma anche sul piano politico. Infatti, rispetto a quanto stiamo facendo, mi pare ci sia un grosso interesse non solo in Piemonte, ma anche a livello più generale, e mi pare che si stia operando con grande coerenza.
Concludo dicendo che non è una proposta antistorica, come qualcuno ha detto, né anacronistica o fuori dal tempo. Nel rinnovare questo sostegno nel dare l'appoggio convinto dei socialisti, rilevo la necessità di fare uno sforzo per superare i personalismi, per cercare di dare dei contributi anche da posizioni diverse. Personalmente non mi sorprendo che nei momenti di sconvolgimento ci siano posizioni di dissenso, di vere e proprie rotture: sono fatti politici. Vorrei quasi dire che anche la politica, come la matematica, è una scienza esatta, nel senso che forse avrà bisogno di più tempo rispetto alla matematica, ma è una scienza che porta sempre i conti a pareggio. E se ci sono delle contrarietà rispetto allo sforzo che viene fatto, non c'è motivo di esprimere reazioni particolari: questo è l'aspetto che vorrei fossimo in grado di superare. Sono quindi d'accordo con chi dice: "Alziamoci in punta di piedi, per vedere più avanti possibile", pur nel rispetto delle posizioni che in quel momento possono anche esprimersi in modo diverso dal nostro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo in primo luogo di dover esprimere a nome dei liberali piemontesi, se ci è ancora consentito questo linguaggio, il più vivo ringraziamento all'Assessore ing. Fulcheri per l'impegno e il lavoro che ha profuso a favore della comunità piemontese. Ringraziamento altrettanto sentito ritengo di dover rivolgere a nome dei liberali piemontesi a tutti gli Assessori che in questi quattro anni, difficilissimi, nelle diverse Giunte, hanno lavorato al massimo delle loro possibilità, in situazioni non premianti, abbiamo detto difficili, al limite dell'angoscia. A loro va la nostra gratitudine, lo voglio dichiarare e confermare.
Non ho dimenticato il Presidente Brizio. A lui non vanno i ringraziamenti, andranno forse le congratulazioni, ma ci torneremo dopo: "in cauda venenum", caro Brizio.
Detto questo, desidero fare una premessa per far comprendere un intervento che per certi versi sarà un po' fuori da quelli che abbiamo sentito. Noi liberali siamo sulla scena politica da tanto tempo, dagli albori della storia del nostro mondo, e cerchiamo di vivere il nostro tempo, quindi proviamo ad interpretare questa giornata utilizzando gli strumenti nuovi e non gli strumenti vecchi: la logica del maggioritario e non quella del proporzionale. Qual è la differenza? Nei dibattiti sulla fiducia che abbiamo fatto quando io avevo l'onore, insieme al collega Brizio, di pilotare l'opposizione, cercavamo di dimostrare che quella coalizione non era la migliore e ne era possibile un'altra, quindi si lavorava per rompere le coalizioni e formarne altre. Questo era il ruolo dell'opposizione nel proporzionale, in una democrazia imperfetta qual era la nostra.
Nella cultura del maggioritario, in cui si presume che la maggioranza sia a monte (non la conseguenza di accordi, ma espressa dalla sovranità popolare o come nel nostro caso da fatti di altra natura), l'opposizione, a mio modo di vedere, deve porsi le questioni che si pone l'opposizione nelle grandi democrazie dell'alternanza, cioè concorrere al governo con il metodo del controllo e della dialettica, e preparare le alternative e le successioni.
C'è polemica nel PDS sul fatto se abbia senso o no fare il governo ombra. Il governo-ombra non è una caricatura, è una proposta per il dopo non è una sentinella del presente. Quindi noi immaginiamo di doverci collocare in questo dibattito per capire se esistono, dalle cose che abbiamo sentito, le condizioni che giustifichino questa scommessa, che ci possa essere in questo Consiglio un'opposizione che tende a concorrere al governo della Regione dall'opposizione, concorrendo in termini critici e dialettici ai provvedimenti, ma che sappia porsi come forza di proposta di un'ipotesi di successione a questa maggioranza alla fine della legislatura.
Non più l'opposizione che tende a rompere, ma l'opposizione che tende a costruire.
Per capire se ci sono questi spazi e quindi trarne le conclusioni io percorrerei come scaletta le questioni che sostanzialmente ci pongono il nostro Statuto e il nostro Regolamento: dobbiamo nominare un Presidente una Giunta, c'è un programma, c'è una maggioranza, ne consegue un ragionamento politico.
C'è un Presidente: Gianpaolo Brizio. Gianpaolo Brizio ha ammesso questa mattina, e gliene sono grato, che lui lavora a questa ipotesi dall'ottobre dell'anno scorso. Coerenza? Irresponsabilità? Irresponsabilità nell'aver dato le dimissioni di una Giunta contro l'opinione della sua maggioranza e con il veto di una delle forze di maggioranza, scommettendo sull'immediata adesione del PDS ad una maggioranza che lo sostenesse. Questo sta nella storia della responsabilità del Presidente Brizio.
Coerenza: oggi Brizio, legittimamente, è il candidato naturale di una formula politica che vede nel rapporto tra PDS e DC l'asse portante. A questo punto si capisce meno, Presidente Brizio, la sua candidatura in concorrenza al sottoscritto a guidare una Giunta di centro. Candidatura non superficiale, non soffice, una candidatura unghiata, se così si può dire! Presidente Brizio, a me resta un solo dubbio, che è quello che ho su Andreotti: se lei sia l'uomo di tutte le stagioni o se tutte le stagioni siano la sua.
Una Giunta: una bella squadra, motivata, di gente nuova, molto affidabile. Devo dire che l'avrei allenata volentieri, anche se ho qualche difficoltà a capire come sia possibile, in così pochi mesi, far giocare insieme gente che è ferma alla scuola del metodo, con altri del sistema con alcuni battitori liberi e fantasisti sudamericani come sono i Consiglieri Marino e Cucco.
Per quanto riguarda il programma è cosa povera e misera, ma non mi lagno. Lenin aveva forse la testa piccola, ma sicuramente piena di cervello, in quanto ha detto una cosa intelligente, ovvero che i programmi non si scrivono ma si vivono.
Quindi, considero il programma depositato, come quelli che una volta venivano definiti i lavori preparatori, quei tomi che non legge nessuno, a valle dei quali poi finalmente si riduce tutto ad una scheda comprensibile e leggibile.
Ho troppa stima per i direttori d'orchestra di questo programma per non aspettarmi nel giro di trenta, sessanta giorni il vero programma, "l'ubi consistam" della Regione: dov'è la Regione, dove vuole andare, dove pu andare.
C'è un'elencazione scolastica di problemi, di sogni, non è questo il programma. Nella Giunta ci sono persone serie, sicuramente questa Giunta e questa maggioranza ci presenteranno il programma a tempo debito.
Certo alcune cose in quel programma ci dicono chiaramente che una cosa questa Giunta farà: non consentirà di fare le cose che si erano decise. Per quanto riguarda l'Alta Velocità, sappiamo tutti quello che significa ridefinire ovvero mettere in discussione quel poco che non si è deciso.
Per carità, colleghi, non enfatizziamo il ruolo delle grandi infrastrutture, magari nel modello "Delors", non l'alleanza delle debolezze, ma l'investimento sullo sviluppo! Altrettanto preoccupato sono quando in materia di sanità si abbandona totalmente l'approccio aziendalistico; gravissimo! Sono lieto che il Ministro Costa abbia dimostrato che esistono dei liberali veri e indipendenti, senza nessun complesso o sindrome di Arcore, che hanno detto chiaramente che alcune cose dette in campagna elettorale non sono praticabili e che la prima cosa da fare, per lanciare la competizione nella materia sanitaria, è che uno dei due soggetti diventi competitivo e che quindi il sistema pubblico funzioni. Pertanto, gli ospedali per poter funzionare o diventano aziende o continuiamo a ragionare nei libri dei sogni e ad immaginare che possono esistere dei meccanismi di messa in movimento, elementi dell'imprenditorialità e delle aziende che non siano modello azienda; questo è ancora nel libro dei sogni. Però l'azienda si abbandona.
Così come si rimette in discussione tutta la logica, peraltro discutibile, della zonizzazione delle UU.SS.SS.LL.; il Comune di Torino vuole tre UU.SS.SS.LL., per carità gliele diamo! Voglio però capire poi con che forza vi rapporterete con le popolazioni periferiche dove qualcuno pagando anche di persona, cerca di far prevalere la logica della razionalità su quella del campanilismo, me lo dovete fare capire! Vi vorrò vedere andare in giro, dopo che avrete accettato la logica che a Torino ci vogliono più UU.SS.SS.LL. giustificandovi che Torino è grossa no! Torino è grande, non è grossa, tutto sommato è percorribile in taxi in pochi minuti, mentre le UU.SS.SS.LL. periferiche richiedono ore ed ore di difficoltà di trasporti.
Sono grato al Presidente Brizio che ha immediatamente smentito l'interpretazione che si dà a questa Giunta; questa Giunta non è n' il Soccorso rosso, n' la Compagnia della misericordia, n' la Croce verde della Giunta Castellani, che assomiglia ogni giorno di più - e mi dispiace doverlo dire ad un presepio vivente dove continuano a ripetere le stesse cose e fare gli stessi gesti, in particolare il Sindaco continua a ripetere: "Abbasso la FIAT, viva il Politecnico".
Ho anche apprezzato che qualcuno abbia detto che l'esame del Piano regolatore di Torino non richiede una omologazione di maggioranze; non siamo ai regimi, siamo in Paesi evoluti dove i Governi sanno essere indipendenti - e quindi le Giunte e le maggioranze che li esprimono indifferentemente da quelle che sono le maggioranze destinatarie delle loro decisioni.
Non lasciamoci andare a questi elementi di banalità che compromettono la nostra immagine e il nostro lavoro.
Siamo alla maggioranza, e qui incomincia ad emergere lo spazio di una proposta, di un impegno di lavoro politico per i liberali di fine legislatura. Devo ricredermi, questa non è una maggioranza consociativa le maggioranze consociative erano sostanzialmente maggioranze in cui si portava all'ennesima potenza la divisione del potere attraverso tutti i soggetti, superando le differenze tra maggioranza ed opposizione. Se così fosse stata questa maggioranza, forse - e non me ne vorrà l'amico Enrico avremmo potuto con Artusi considerarla un pasticcio di gamberi in salsa torinese, ma così non è.
Questa è una maggioranza necessaria, non è una maggioranza consociativa. Dobbiamo avere il coraggio intellettuale, colleghi dell'area intermedia, di riconoscerlo, non perché manca il respiro politico, caro Consigliere Rossa, ma perché non siamo riusciti a fare quello che dovevamo fare: trasformare una coalizione in un polo, che presupponeva la rinuncia alle ambizioni e agli egoismi. Devo dire che alle mie ambizioni non ho rinunciato, rimprovero ad altri di non avere rinunciato ai propri egoismi e ai propri giochi di potere, ma di questo dobbiamo essere consapevoli e responsabili; questa è una Giunta necessaria.
Certo la necessità non crea spazi di iniziativa politica e di proposte che poi tendono a collocarsi al dopo, alla fase elettorale, al post elettorale. Ma lo spazio di iniziativa politica che esiste nella società nelle istituzioni, nasce dall'interpretazione che viene data, nel senso di questa maggioranza e delle diverse forze politiche che io registro, non giudico. In una situazione di necessità ognuno accetta un patto, ma sicuramente la motivazione continua ad essere la sua e non accetta di essere omologato ad un'interpretazione generale comune. Quella sarebbe una maggioranza politica, non necessaria, questa è una maggioranza necessaria non politica e la cosa è un po' diversa.
Quindi non si deve arrivare ad una omologazione di valutazione sulla maggioranza, ne abbiamo sentito di tutti i colori.
Il Consigliere Mollo mi ricorda molto Pietro Micca, il Piemonte contro lo Stato, qualcun altro, il Piemonte contro la destra, qualcun altro; più responsabilmente, il PDS correttamente ci dice: "Noi cerchiamo di sperimentare in Piemonte un disegno che è quello di ampliare al massimo l'area popolare nella quale siamo protagonisti, cercando di far concorrere in quest'area la più larga parte possibile del mondo cattolico, riformista ed avanzato". Pretesa legittima che noi cercheremo di contrastare.
C'è l'interpretazione del Consigliere Rossa, molto naif: è finito il tempo delle maggioranze popolari, le democrazie popolari non ci sono più esistono le democrazie moderne.
Le democrazie popolari sono quelle che ha inventato Lenin, che ha teorizzato Marx, in cui si pensa che il popolo, non più diversificato, sia la democrazia; la base popolare, nella democrazia matura, c'è in tutti gli schieramenti: lo schieramento moderato ha una base popolare, lo schieramento progressista ha una base popolare. Quello che comincia ad emergere è un disegno politico che i liberali ed altri amici devono, a mio modo di vedere, perseguire in questa legislatura.
Esiste poi l'interpretazione della DC: è un'alleanza di governo ai fini di dare un governo alla Regione a fine legislatura, che non preconizza ed ipotizza nulla.
Io ritengo che da tutto questo nasca con tutta chiarezza qual è lo scopo di una forza di opposizione come la nostra: concorrere quotidianamente alle decisioni del Consiglio regionale e al controllo del lavoro della Giunta, giorno per giorno, nel lavoro certamente non di routine, di carattere amministrativo e di governo. Ma c'è questa fase: essere qui a testimoniare le cose che oggi si sono dette e che quindi non si è chiuso in una maggioranza consociativa, non si è chiuso in un'ipotesi popolare, non si è chiuso in un'ipotesi tutta progressista, ma sono aperti i giochi. Noi cercheremo di costruire gli spazi, i contenuti, le relazioni dentro e fuori l'istituzione per la costruzione della democrazia.
In questo Paese la democrazia in senso pieno va ancora costruita. La democrazia è pienamente costruita, nell'accezione moderna del termine quando un Paese ha raggiunto, dal Moncenisio alle Lipari, un'omogenea valutazione della problematica comune e ci si divide non sulle ideologie né sugli strati sociali, come torte, non attraverso i paralleli, come dicevo al collega Nerviani ieri, ma attraverso i meridiani in cui le due mele che si confrontano per governare il paese sostanzialmente hanno le stesse attrezzature, possono contare su un consenso popolare, sulla componente costruttiva e critica dei gruppi di opinione, delle relazioni sociali. Sono due mezze mele identiche, non sono tagliate con il picciolo sopra e il fondo dall'altra parte: sono tagliate in modo che tutti abbiano un pezzo di picciolo, un pezzo di fondo e un semino.
Qual è l'anomalia nel nostro Paese: la responsabilità che hanno i partiti moderati è la ragione per la quale io penso che ci sia il dovere di fare un lavoro in questo senso, a prescindere dalle opinioni politiche di ognuno di noi. Qui siamo ancora alla prepolitica. Qui siamo al livello culturale istituzionale.
Si dice che vince la destra in questo Paese, io non lo so se è la destra. Io della destra ho un'altra idea. Io sono un liberale, non so se sono di destra o di sinistra, so che la destra è una cosa diversa da alcune cose che conosciamo in questi giorni.
La destra era quella di Churchill, la destra era quella di De Gaulle e la destra è quello che Scalfari rimprovera ad Einaudi di non essere riuscito ad evocare in questo Paese. In questo Paese manca una destra.
Questa destra va costruita. Ci sono dei soggetti sullo scenario politico che concorrono a costruire una destra, ma io mi chiedo: "Può un Paese essere governato o pensare di essere governato da una maggioranza che non fonda il suo consenso popolare su valori"? No.
Mentre in questo momento sicuramente la sinistra fonda il suo consenso popolare su valori e può valersi del contributo di 'lite di proposte intellettuali e politiche, io temo che l'altra parte della luna, o della mela, fondi il suo consenso popolare non su valori o comunque su valori diversi da quelli che noi riteniamo debbano legare una società che vuole crescere e maturare. Questi sono i valori, in un Paese come il nostro: liberaldemocratici e cattolici.
Un Paese come il nostro, che ha visto la riforma fermarsi sulle Alpi deve storicamente veder riconosciuto, soprattutto da un laico, che il legante forte popolare in questo Paese, oltre il solidarismo che nasce dalla cultura di sinistra, è il solidarismo che nasce dalla cultura cattolica. Quindi l'equilibrio istituzionale culturale che consentirà lo sviluppo della dialettica e del confronto politico nascerà solo quando queste due mezze mele si saranno costruite e definite. La responsabilità nostra, perché presenti nelle istituzioni, come il sottoscritto ed il collega Fulcheri, è di porsi una questione, secondo me: non tanto se Fini sia fascista o no; noi dobbiamo chiederci, collega Picchioni, amici repubblicani e altri socialdemocratici, quali responsabilità abbiamo, quali vuoti culturali abbiamo lasciato crescere in questi cinquant'anni, se nella prima occasione Fini ha preso il 47% dei voti a Roma. Questa è la questione che a me pare che ci dobbiamo porre e questa è la ragione per cui noi sceglieremo di condurre un'opposizione, per questa parte di legislatura che ci resta, immaginando di lavorare qui e fuori nella società civile per costruire, chiedo scusa, concorrere a costruire in assoluta umiltà il Polo moderato, il Polo liberaldemocratico. Ma che sia questo, fondato su valori reali significativi, non dell'effimero, al quale portino il loro contributo, ma non nel vuoto, le capacità liberali.
Io mi aspetto di capire quale ricaduta avrà il liberalismo di Costa, il liberalismo di Martino e il liberalismo di Biondi rispetto al consenso diffuso che è arrivato alle maggioranze che ci governano. Io ho il terrore di capire cosa c'è tra Biondi e lo spazio elettorale che lo ha eletto voglio capire. Spero che un giorno o l'altro, anzi quanto prima, questo spazio sia riempito da una base popolare che possa rivendicare e realizzare i grandi valori della nostra cultura, che è soprattutto una cultura cattolica liberale da un lato, e di sinistra che nasce dalle lotte operaie dall'altro.
Queste sono le nostre conclusioni. Ho l'impressione che dobbiamo liberarci da questa "sindrome di Arcore" che viene dopo quella di Shangai e dopo quella di Stoccolma. Non c'è nessuno qui che si sia dipinto di nero e che si sia fatto paracadutare prima del giorno più lungo per preparare le teste di ponte alle armate di Berlusconi. Non è così e quindi vorrei rassicurare qualche collega, che ha immaginato di individuare nel comportamento diversificato di alcune forze politiche questo ruolo di teste di cuoio, di guastatori o di paracadutisti di sua maestà Berlusconi. Non è così.
Un'ultima cosa ritengo di dover dire nei confronti di due forze politiche nuove che assumono responsabilità di governo. Apprezzo molto che il mondo Verde assuma responsabilità di governo. Noi abbiamo la necessità che la sensibilità ai problemi dell'ambiente, che per troppo tempo è rimasta protesta giusta e denuncia giusta, diventi capacità e responsabilità di governo, così come consideriamo del tutto coerente con la loro storia l'introduzione dei rappresentanti locali della storia di Pannella, e cioè gli Antiproibizionisti del collega Cucco, i quali si sono caratterizzati per la capacità di fare cose, non per come e con chi le hanno fatte. Dobbiamo a questo fenomeno, per certi versi curioso, il meglio delle conquiste della nostra generazione politica e quindi non mi scandalizzano, anzi sono convinto che le ragioni che portano Cucco ad aderire a questa maggioranza non sono ragioni di bottega, ma la convinzione di poter servire in positivo la società piemontese. Esprimo quindi apprezzamento per questa partecipazione.
Il nostro Gruppo quindi sarà all'opposizione in modo fermo ma, spero che ne saremo capaci, nuovo.
E' stato rimproverato ai liberali di recente sulla stampa e ad Einaudi in particolare di non aver saputo evocare la destra. Certo, c'è questo limite: i liberali in Europa - mi rivolgo nuovamente agli amici della DC hanno segnato la storia del nostro tempo. In termini provinciali noi diciamo che il nostro mondo è nato dalla Resistenza, non è così. Il nostro mondo è nato da una saldatura della cultura cattolica e della cultura liberale attraverso eminenti personaggi quali De Gasperi ed Einaudi in Italia, De Gaulle, Pompidou e Giscard in Francia, Adenauer ed Erhard in Germania.
L'Europa moderna è nata di lì, anche se è successiva alla Resistenza e alla Liberazione, non è figlia di quello soltanto. Si dice che i liberali non hanno saputo evocare la destra. Forse se Einaudi e Croce - che pure l'ultimo in particolare, erano stati il punto di riferimento unico dell'antifascismo in questo Paese fino al '43 e questo è riconosciuto anche dagli storiografi di sinistra - anziché disputare sul sesso degli angeli e cioè se dovesse prevalere il liberismo o il liberalismo, si fossero fatti carico di concorrere a costruire una destra moderna, quella che manca in questo Paese, e devo anche dire se i Fazzoletti Blu avessero testimoniato di più le ragioni per cui c'erano stati i Fazzoletti Blu nella Resistenza e non soltanto i Fazzoletti Rossi, oggi forse saremmo in un pezzo della nostra storia un po' più avanti.
In termini di collocazione di voto il nostro Gruppo si è orientato a non partecipare al voto. In primo luogo per una ragione direi di ordine personale: il collega Fulcheri ed il sottoscritto avvertono disagio ad esprimere un no nei confronti di persone con le quali hanno collaborato e lavorato per così lungo tempo, così come da un punto di vista politico intendono dire che non è tanto il no a questa Giunta ed a questo Presidente che qui si vuole affermare, ma l'impegno a cercare di lavorare per il futuro. Ci danno tutti per defunti, per zombi, caro Rossa. Io non credo che sia così. Ci resta un anno: in quest'anno possiamo insieme, nel rispetto delle funzioni diverse, lavorare e governare bene questa Regione. Ma dobbiamo e possiamo anche cercare di preparare il futuro. Noi liberali ce la metteremo tutta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente, l'intervento del collega Marchini mi risolleva un po' da una difficoltà e da un minimo di sconcerto che avevo avuto e ho tuttora nel manifestare la valutazione mia personale in merito alla nascita di questa maggioranza e di questa Giunta.
Questo perché la lunga serie dei molti interventi "contro" sentiti questa mattina mi aveva un pochino impressionato e messo in difficoltà.
L'unica cosa che sono riuscito a recuperare dalla memoria è un frammento di poesia greca che diceva: "Uno sterminato uggiolio di cani": un'idea molto romantica, che si traduce in un abbaiare alla luna che non mi sembrava e non mi sembra utile.
Premesso che ritengo ci si trovi di fronte, comunque, ad una questione interessante, per molti aspetti anche nuova, purché al nuovo si dia semplicemente, il significato che ha e non se ne ricerchino tanti altri come si fa da parte di molti, e premesso il fatto che questo sollecita almeno in me l'esigenza di guardare al futuro e non di fare una serie di riferimenti o un abbandono a giudizi retrò e sloganistici e così via esprimo qui - ripeto, con molta difficoltà ed anche con evidenti problemi una mia non condivisione delle motivazioni, delle azioni, della natura di alcune scelte che hanno portato il Gruppo nel quale personalmente mi trovo a definire, partecipare e dare sbocco ed esito a questa maggioranza e governo della Regione.
Non c'è alcun dramma in questo - lo dico tranquillamente - c'è piuttosto, uno stato di cose nei luoghi della riflessione individuale e nei luoghi della maturazione delle proprie idee che mi sembra essere andato ormai ad una consunzione tale da non richiedere e da non lasciare più margini ad infingimenti.
Ho considerato la questione così come si è evoluta in queste settimane: molto confusa - in alcuni momenti non sono riuscito a capire - in termini di posizioni, di significati; quando ho cercato, bene o male, di capirne alcuni, le conseguenze sono state quelle di dover fare personalmente i conti con quelle conclusioni.
In questo senso - non voglio essere lungo, lo dico subito: per questo mi scuserete qualche citazione e molta sintesi - se dovessi considerarmi un osservatore estraneo delle diverse posizioni che sono maturate e convergono a dar vita a questa maggioranza, devo dire che avrei compreso comprenderei e propenderei maggiormente per quella posizione che parlava e che parla, in un momento così denso e pregno di significati per il futuro non per il passato - di quelle motivazioni che hanno fatto riferimento apparentemente minimalistico, al bisogno e all'esigenza di garantire un governo democratico, il più forte o il meno debole possibile fino a fine legislatura, senza attribuirgli altri grandi significati, perché già nell'obiettivo vi era forte significato.
L'altra scelta, l'altra costruzione, l'altra visione, la scelta di una strategia con una serie di elementi di valutazione, non solo per niente avvilenti, ma anzi tendenti a scelte di grande respiro, non può che crearmi grandi problemi: me li crea, me li ha creati e li espongo come conseguenza della scelta che ho maturato.
Questo anche perché, come diceva un filosofo, io sono, come tutti penso, sede di un conflitto; le motivazioni che dò io non sono una spiegazione agli altri, ma il tentativo di spiegare a me stesso e di chiarirmi rispetto alle questioni ed agli argomenti di cui sono investito ed occupato da parte degli altri. Dovrebbe essere una questione ad andata e ritorno, ma non avviene così facilmente: molte volte c'è solo l'andata e dunque, chi ha fatto l'andata deve anche trarne le conseguenze.
In questo senso, trarne le conseguenze: come diceva il filosofo Locke da non confondersi con la "pro loche" che è altra cosa - le decisioni le prendiamo non alla luce del giorno, ma - diceva Locke nel crepuscolo delle probabilità. E' dunque, anche questa, una probabilità interpretativa.
Non capisco, quindi, una scelta strategica nel corpo della sinistra e dello schieramento di progresso in termini politici, di pensiero, culturale e così via, fondata su uno spurgo netto della dimensione dell'area progressista, non solo e non tanto in termini politici, di gruppo o partitici, ma squisitamente e prevalentemente di ordine culturale. Questo è quanto avverto: non lo capisco, non lo comprendo, lo giudico negativo soprattutto per quanto riguarda il futuro e non guardando il passato; se lo capisco, ne devo intendere un significato ultimo che contraddice molto con quanto in termini politici e culturali io sono. Mi sembra di intenderne il significato ultimo della riduzione della politica come fattore generale di funzioni, come interpretazione dei bisogni generali e degli interessi generali alle politiche per pezzi, per interessi, per segmenti, per convenienze, senza che questo abbia un termine negativo: è, però, la riduzione della politica con la "P" maiuscola alla politica con la "p" minuscola. La questione non è lessicale o di scrittura, riguarda come la sinistra e il fronte progressista, dovunque, in un Comunello, in Regione, a livello nazionale, cerca di definire le risposte d'assieme o, invece, le elude e segue la scia della riduzione della politica ai contingenti.
Per questo, dunque, ripeto la posizione, che è del tutto personale.
Voglio fare solo un richiamo. Io sono stato e sarò sempre un cattivissimo Consigliere di area geografica, perché non riesco a concepire la rappresentanza politica istituzionale come fattore legato esclusivamente a chi mi ha eletto. Credevo fosse una cosa un po' più vasta.
Ho questa difficoltà così radicata e così rinserrata che forse devo cambiare lavoro; è evidente che devo modificare radicalmente le cose. Per facendo con fatica, e senza riuscirci, il Consigliere - questo spiega come abbia potuto trovarmi molte volte d'accordo con il collega Marchini - ho cercato di interpretare, dal punto di vista degli interessi, la politica generale, quella con la "P" maiuscola. E' chiaro che ognuno ha i suoi limiti, però mi sia riconosciuto lo sforzo. Contro questa visione mi sembra che tutto congiuri. Sinora non si operava con la convinzione di scegliere la strada contingente, rompendo questioni, cose, terreni e anche ricchezze che potevano esserci; magari non sarebbero fiorite, ma perché perdere una possibilità così com'è stato fatto? Mi sembra che l'istinto-guida della politica del mio Gruppo, in modo assolutamente non avvilente ma più che dignitoso, percorra di fatto le strade di altri nella concezione delle politiche, che ha quella perversione della politica così ben rappresentata dall'attuale Presidente del Consiglio a Roma.
Il potere rimasto senza Dio, senza Re e senza Stato appare e diventa sempre di più una tecnica decisionale strettamente dipendente dalle varie politiche, e non è più il potere in astratto che consente di fare una certa politica, ma è una determinata e concreta politica che dà il potere. E' un rovesciamento di valori che non riesco a somatizzare. Qui c'è una questione forte e non voglio somatizzarla, ma voglio guardare al futuro. Non voglio somatizzare qualche cosa che conduca in direzione contraria agli interessi di ciò che penso di rappresentare, volente o nolente: va comunque in direzione di una concezione dello Stato e della politica che immiserisce.
L'idea del potere politico come un potere ordinatore in ultima istanza perché sovrano sta crollando. Occorreva porre dei baluardi più solidi, non cedere o, se si era costretti dalle situazioni, assumere le iniziative nella loro pura e semplice essenza senza dare valutazioni di ordine più generale. Questo però sta capitando adesso.
Penso che sarà sicuramente difficile, anche se bisognerà continuare ad operare con qualche azione crescentemente significativa delle sinistre dello schieramento di progresso e fare quotidianamente uno sforzo sia nella politica pensata sia in quella praticata ed esercitata, per cercare di definire qualche punto di vista unitario che restituisca il senso vero all'obiettivo di rappresentanze e anche di governo.
Non faccio parte dell'opposizione solo per stare all'opposizione, ma se viene a mancare il senso e il punto di vista generale mi chiedo: "Per fare che cosa"? In questo senso, molto probabilmente anche per responsabilità mia riemerge il fatto che, da molto, fosse tempo di ristabilire alcune ineludibili coerenze. Con il mio modo di vedere e di pensare lo devo fare in questo momento, stretto dalla necessità delle cose. E devo dire che mi dispiace farlo in una condizione di questa natura; tuttavia è necessario perché su questo si segnano questioni di coerenza o meno.
Non voterò a favore di questa maggioranza e di questo governo, sapendo che così mi riprendo un pezzo di coerenza e perdo altre cose. Questi sono i prezzi che ognuno sa di dovere, di volta in volta, pagare, e poi vedere se ce la fa a riconquistarli.



PRESIDENTE

Sono obbligata a ricordare nuovamente di rispettare il tempo concesso per intervenire, che è di dieci minuti.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente. Non posso che accettare questo invito, ma con molto rammarico, perché penso che la pari opportunità dei Consiglieri di intervenire dovrebbe comunque essere privilegiata rispetto ad ogni altra considerazione, perché in interventi di venti minuti e più - come quelli svolti dal collega Marchini si possono esporre fatti e considerazioni che dovrebbero richiedere altrettanto tempo per rispondere. Quindi, per quanto riguarda i tempi mi rimetto alla sua sensibilità, Presidente.
Per prima cosa, intendo sviluppare i fatti vissuti, i fatti nudi e crudi. Qualche giorno fa si è letto sui quotidiani che i Gruppi DC e PDS stavano trattando per formare un governo. Ho partecipato ad un riunione dell'area progressista, quella che sostenne l'ipotesi di Giunta progressista guidata dal compagno Marengo. Il PDS conferma la volontà espressa dal Gruppo DC di formare un governo coinvolgendo l'area progressista, o che guardasse all'area progressista. E' stata un'informazione resa in termini molto generici.
Durante quella riunione, ho chiesto, insieme ad altri colleghi, se si trattasse di un esclusivo rapporto di governo tra Gruppo DC e Gruppo PDS e se non fosse stato così, ho chiesto, insieme ad altri colleghi, di incontrare il Gruppo DC per conoscere direttamente e discutere il merito delle proposte avanzate, che nella sede di gruppo dell'area progressista non erano state esplorate. E così è stato. Il PDS ha acconsentito, e il giorno seguente abbiamo incontrato il Gruppo DC, presente nelle persone dei colleghi Picchioni e Ferraris.
Il Gruppo DC ci ha informati che, dopo il fallimento di un'ipotesi diversa di Giunta - che adesso definisco "di centro", ma non è questo il nocciolo del problema - ha deciso, anche su avallo del Partito Popolare a livello nazionale, di proporre un governo fondato su un asse privilegiato DC-PDS con l'obiettivo di governare fino alla fine della legislatura governo aperto anche a contributi di altri Gruppi.
Questa relazione del Capogruppo Picchioni mi è parsa molto onesta intellettualmente. Dopo questa relazione e un certo silenzio chiesi se ci fossero delle pregiudiziali politiche verso qualche gruppo dell'area progressista. Il collega Picchioni rispose che c'era una delimitazione della maggioranza, e dai chiarimenti richiesti al riguardo - ringrazio ancora il collega Picchioni, perché la politica è bella se è chiara venne fuori che vi era una delimitazione della maggioranza che escludeva la possibilità di partecipazione alla maggioranza del Gruppo di Rifondazione Comunista.
Mi sono reso conto che il Gruppo Rifondazione Comunista era escluso a priori, per scelta politica, da qualsiasi possibilità di trattare programmi, assetti e forme del governo.
Finita la riunione, ho chiesto una riunione dell'area progressista, che ho ottenuto; in questa riunione ho respinto tale esclusione pregiudiziale mi sono rammaricato della stessa, ma l'esclusione è rimasta nei fatti, e quindi, non potendo partecipare alla formazione, neppure alla discussione di un governo, eccomi qua confinato, non ancora "ope legis" (ma ci sono anche prassi che hanno poi forma e forza di legge) a fare l'opposizione.
Questi sono i fatti nudi e crudi. Al mio Gruppo si è pregiudizialmente impedito anche il confronto. Nel frattempo il Gruppo DC ha chiarito la sua natura di Partito Popolare. Che questa richiesta di delimitazione della maggioranza venisse dal Gruppo del Partito Popolare, della DC, non pu generare stupore.
Quello che ha generato in me grande rammarico e stupore è il silenzio dell'area progressista di fronte a questa richiesta; è forse qualcosa di peggio del silenzio. Sono rimasto veramente colpito da questo silenzio che non so come sia connotato, non so se sia cinismo. Il fatto concreto è che con questo silenzio si è tollerata una pregiudiziale discriminazione politica e delimitazione della maggioranza che in questo Consiglio rimane l'unica discriminazione a me visibile.
In questi cinque anni di lavoro, Gruppi discriminati in questo Consiglio non ce ne sono stati, questo Consiglio non ha neppure discriminato il collega Majorino, il quale non so come si collochi rispetto alla Repubblica di Salò, però so che non ha votato il programma del cinquantenario di celebrazione della Resistenza in quest'aula e che pure rappresenta nell'Ufficio di Presidenza della Regione Piemonte tutti i piemontesi. Non gli è stato chiesto alcunché su fatti sui quali - se permettete - io invece continuerei a richiedere dei pronunciamenti. Mentre vedo che la discriminazione politica verso Rifondazione Comunista è l'unica che esiste ancora. Mi è sembrato di capire che, se anche di punto in bianco avessi capovolto opinioni programmatiche, la cosa non sarebbe cambiata. Mi sembrava che se anche avessi detto: il Piano regolatore di Torino è il miglior Piano regolatore del mondo, l'Alta Velocità è l'unico sistema per muoversi in Europa; questo non sarebbe servito assolutamente a niente.
Per me è stata un'esperienza disgustosa. Quando ti accorgi che è il nome che porti che determina l'atteggiamento degli altri e non le cose che fai o le cose che pensi, ti rendi conto che è una cosa pericolosa per tutti, principalmente per chi la vive; è un'esperienza pericolosa perch in politica queste discriminazioni, quando sono basate sulle etichette non sono solo un alimento poco nutriente, ma un alimento incommestibile che fa morire la politica.
Consigliere Cucco, non è che questa esperienza nasca contro qualcuno ma nasce senza qualcuno. E qui vi sottolineo un altro imbarazzo: vedo che questo fatto discriminatorio nudo e crudo non è stato richiamato in quest'aula: è stato omesso. Le ragioni per cui è stato omesso possono essere molte: per vergogna, per impaccio, per noncuranza. O peggio: è stato omesso per eliminare il problema? Per cancellare anche questo problema? Magari per cancellare anche il soggetto di cui questo problema è destinatario? Non citandola, non esiste la discriminazione? Ed, al limite non esiste nemmeno il Gruppo di Rifondazione Comunista! "Siete una formichina che nemmeno vediamo e se vi discriminiamo, non ce ne accorgiamo neppure".
A questo punto in quest'aula mi sembra di subire una doppia discriminazione: non solo discriminato, ma poi discriminato anche perché di questo fatto non se ne parla, ed è un rilevante fatto politico.
Il mio discorso a questo punto si rivolge in più direzioni: la direzione che mi interessa di più è quella dei progressisti, che oggi in parte qui in Regione hanno deciso di governare ed in parte di fare l'opposizione. Il primo tema è questo: chi siamo, cari amici e compagni progressisti? Chi siamo? Perché oggi, negli interventi, i Consiglieri Rossa e Mollo dicono: "Noi del polo progressista". Anch'io dico: "Noi del polo progressista", "Noi del polo progressista". Ritengo che progressisti siamo almeno tutti quelli del 27 e 28 marzo. I progressisti vanno dall'on.
Bertinotti ad Alleanza Democratica. La mia opinione è che vanno dall'on.
Bertinotti fino all'on. Martinazzoli, se ci sta. Questa è la mia personale opinione, e a quel punto possono chiamarsi come si crede. Penso di vivere in questa parte del mondo.
La domanda: "Chi siamo?", che rivolgo ai progressisti, non è banale perché per alcuni di voi evidentemente il "Chi siamo?" confina Rifondazione Comunista fuori da questo "Chi siamo?". Per me è un errore politico grave.
Non un errore vostro, di voi che dite questo, ma un errore nostro, dello schieramento progressista che, a mio parere, vince se rimane unito, e non basta ancora, deve ancora estendere la propria influenza.
Allora: "Chi siamo"? Siamo tutti insieme, e cosa vogliamo? Questo è ancora un problema. Cosa vogliamo riusciamo a saperlo se stiamo insieme e non ci separiamo, e se stiamo insieme non alimentando gli spiriti settari che conteniamo nei nostri recinti. Perché ci sono spiriti settari di sinistra e ci sono spiriti settari di centro. Vorrei fare una battaglia contro questi spiriti settari e dire che dobbiamo stare insieme, ciascuno vivificando la propria identità.
Penso sia un momento in cui ognuno deve avere la propria identità e, se ci riesce, rafforzarla. Questa identità non deve impedire di essere permeabili nelle cose che altri nello schieramento pensano, n' di chiedere tavoli di lavoro dove insieme si ascolti il punto di vista di altri che stanno nella stessa parte del mondo e conducono le stesse battaglie.
Penso che questo fatto debba anche derivare, se uno non ci crede per spirito di confronto e di libertà, anche solo da un'analisi banale del sistema maggioritario. In presenza di un sistema maggioritario, non possiamo all'interno di uno schieramento introdurre delle logiche maggioranza-opposizione. La logica della dialettica tra maggioranza ed opposizione è la logica istituzionale: se sono all'opposizione, cerco di ribaltare la maggioranza, ho dei contrasti con una maggioranza che governa sono all'opposizione e la dialettica è finalizzata non ad una composizione ma alla sostituzione della maggioranza con un'altra diversa.
Questo è un tipo di dialettica che, a mio parere, non può essere presa e introdotta all'interno dello schieramento progressista per discutere le differenze che ci sono al suo interno in termini programmatici. Nello schieramento c'è una dialettica di schieramento, ma è una dialettica che non rompe, che non esclude, è una dialettica che fa vivere lo schieramento è la vita dello schieramento progressista. Se c'è qualcuno che fischia Scalfaro e lo si ritiene sbagliato, lo dica, e si discuta di questo fatto.
Ma non si dica, come ha detto Sergio Chiamparino lunedì sera alla Galleria d'Arte Moderna, che se c'è qualcuno che fischia Scalfaro questo automaticamente si mette fuori da un dialogo possibile nello schieramento progressista. No, cari compagni del PDS che la pensate in questo modo! Questa è la dialettica maggioranza-opposizione, in cui si pensa che c'è un'altra parte, che è nemica e deve essere sostituita! Occorre praticare una dialettica di schieramento dove la polemica può essere dura e durissima, ma deve tenere insieme questo schieramento! Stiamo dalla stessa parte e, se avessimo avuto questa concezione, se il PDS soprattutto l'avesse avuta, questi fatti che vi ho descritto sono gli unici che potevano essere vissuti, oppure questi stessi fatti potevano essere vissuti in altro modo, con la concezione che si fa parte di uno schieramento e che occorre costruire l'unità se si vuole vincere la prossima volta? Certo che potevano essere diversi! Si poteva partire, ad esempio, dalla concreta, inconfutabile esperienza che lo schieramento progressista alla Regione Piemonte ha condotto fino adesso, negli ultimi anni e soprattutto nell'ultimo anno, quando abbiamo cercato come schieramento progressista di proporre una risoluzione per la crisi della Regione. E' stata un'esperienza originale, di unità faticosamente costruita con gli apporti più vari: non pensavamo, il Consigliere Rossa ed io, di poter sedere attorno ad un tavolo; ci siamo invece seduti e non penso che abbiamo fatto male le nostre battaglie, ma che qualcosa abbiamo costruito.
Occorreva quindi fare leva su questo elemento di valore, che era già presente, era già costruito, bastava non romperlo, non distruggerlo e dire: "Bene, questo schieramento va all'incontro con il Gruppo DC ora Gruppo Partito Popolare". Va all'incontro tutto insieme, va all'incontro per conoscere, per valutare insieme, per discutere; va all'incontro per decidere le controproposte da fare al Partito Popolare! E le controproposte sono sempre la vita della politica e del confronto, e nelle controproposte lo schieramento poteva cercare di individuare quali erano le proposte che consentivano di tenere visibile politicamente la solidarietà politica e programmatica dello schieramento. Le proposte per definire un programma cari compagni che andrete al governo, un programma la cui forza attendibilità e attuabilità sono determinate dalla forza di tutto lo schieramento. Come pensate di andare al confronto, che è un confronto limitato dai tempi e dalle forme in cui siamo stati eletti, con il Partito Popolare (poi dirò com'è composto), senza un pezzo, non dico importante o prevalente, ma un pezzo necessario dello schieramento progressista? Come pensate che questa scelta non abbia dei risvolti programmatici? In questo rilevo anche un'indifferenza programmatica: avete scritto un programma le cui uniche luci sono quelle delle fotocopiatrici con cui avete tagliato i programmi precedenti! Forse non si poteva fare altro in una settimana e non sono tutte cose ignobili quelle scritte, ma tra scrivere un programma e realizzarlo c'è una bella differenza! E voi pensate di poterlo fare allontanando una parte dello schieramento? Penso sia un errore.
Questo percorso non è nemmeno stato tentato, ecco perché dico, cari colleghi, che c'è stata una discriminazione politica che ritengo gravissima e pericolosa per tutti. Perché oggi capita a me, ma sappiamo che di discriminazione in discriminazione si può andare avanti. A meno che non ci sia un'altra ipotesi: che non siate nati da una costola di Castellani! Ho partecipato alla convenzione tenutasi alla Galleria d'Arte Moderna (c'era anche il Consigliere Ferrara); volevo intervenire e dire che l'esperienza di Castellani è nostra esperienza, a questo punto: se fallisce Castellani, fallisce il fronte progressista. Per cui volevo chiedere a Castellani se non intende fare una verifica programmatica su questo.
In quella sede, c'è stata una chiusura netta: nella relazione si è detto che i progressisti sono quelli che hanno sostenuto il Sindaco Castellani, che i progressisti del 27/28 marzo sono un'esperienza irripetibile. Questa è una tesi politica che viene sostenuta da una parte dello schieramento progressista. Cerco di contrastarla. Se lo schieramento progressista va soltanto da Castellani a Pichetto a Salza, ho dei dubbi che possa confrontarsi con l'altro schieramento e vincere.
La discriminazione è veramente disgustosa, però ogni fatto negativo ha anche degli aspetti positivi. Allora, essendo ormai l'unico Gruppo confinato in questi cinque anni a fare l'opposizione, sono anche più leggero, posso anche vedere le cose diversamente da quelli che sono destinati a governare o si credono predestinati a farlo. Il punto di vista di questo Gruppo può avere questa leggerezza di movimento e di sguardo possiamo guardare le cose con un certo disincanto, se permettete, perch non abbiamo n' il rammarico n' l'acrimonia di essere stati quasi Assessori e poi, in virtù di giochi di potere, non aver potuto svolgere questa funzione. Possiamo guardare le cose con un certo disincanto.
Che cos'è questa maggioranza? E' la maggioranza strategica di cui parla il PDS, come ha detto Silvana Dameri, o è una maggioranza di convenienza come dice il Consigliere Picchioni? Come stanno le cose? Vi dirò, in poche parole, come penso che stiano.
In cosa consiste questa maggioranza? L'altra volta avevo parlato del baricentro del discorso del Consigliere Picchioni; ci sono i baricentri dei discorsi, ma qui adesso abbiamo una maggioranza di fronte, il discorso è ancora più importante: dov'è il baricentro? Com'è fatta questa maggioranza? Immagino questa maggioranza come un'emiluna appoggiata al suolo. L'emiluna è vincolata con una cerniera sferica nel punto di contatto tra la superficie e il suolo. Questa cerniera è il Presidente Brizio, che è esattamente là dove è stato messo quattro anni fa, nello stesso identico punto.
Questa maggioranza ha questo vincolo al suolo, che non ne impedisce il movimento; ne impedisce lo spostamento, ma le oscillazioni sono possibili.
E' un vincolo al suolo, ma questa massa può muoversi. Questa maggioranza non è però di massa omogenea, l'emiluna non è tutta di una medesima sostanza. E' composta da tante masse diverse. Se le masse fossero spostate in modo molto eccentrico rispetto alla cerniera, si potrebbero vedere delle oscillazioni anche notevoli o a sinistra o a destra. Ma così non è.
Penso che questa maggioranza abbia la più grande massa concentrata in basso, vicino alla cerniera dove si è collocato il Partito Popolare: questa massa determina il baricentro di questa maggioranza, non le altre masse! Lo dimostra il fatto che il Gruppo DC tiene in mano il timone che conta: la Presidenza della Giunta regionale. Il timoniere non cambia e si sa che la barca viene governata dal timone, cambiano solo i rematori. Il peso specifico del Partito Popolare è un peso specifico forte, collocato in basso, vicino alla "cerniera Brizio". Tutte le velleità di dire, di parlare, di spostarsi a sinistra o a destra penso che saranno ben controbilanciate, smorzate e ridotte a ben poco da questa volontà, tra l'altro anche espressa (il Consigliere Picchioni forse lo riconfermerà) sui giornali, cioè che si tratta per il Partito Popolare-DC di una maggioranza di convenienza.
Ai compagni e amici progressisti che vanno a governare dico: "State attenti, forse vi lasceranno parlare a sinistra, per carità, ma i movimenti concreti in quella direzione saranno, secondo me, molto, molto difficili da realizzare".
Allora, l'errore - cari compagni del PDS - sta in questa enfasi, in questo frettoloso abbraccio, incomprensibile, a meno che non sia una strategia. Ma allora vi chiedo di dirlo: Rifondazione comunista è fuori. Se però non è così, lo considero un errore.
Voi cercate adesso di "decorare" con enfasi una struttura che non lo merita, che non sarà in grado di realizzare le cose che voi pensate di concretizzare. E' un abbraccio improvviso che più che un abbraccio ad una politica - politica che è difficile dire che voi riconoscete in questo PPI appare un abbraccio ad una poltrona; in particolare è l'abbraccio di Brizio ad una poltrona, perché è l'unico che ha funzioni di timoniere.
Quindi - ripeto è un abbraccio ad una poltrona, non un abbraccio politico.
Oltretutto, il Partito Popolare, già nazionalmente, è in divenire: cosa sarà? Lo dirà il vostro congresso; ci sono anche da voi spinte diverse pertanto si possono presupporre soluzioni diverse.
Qui in Regione il Partito Popolare deve mediare - oltre alle incertezze generali della formazione politica in divenire - i limiti personali della storia di ciascuno di noi e di ciascuno di voi.
Se in alcuni componenti del Partito Popolare qui rappresentato posso riconoscere delle affinità in valori e ideali che fanno parte dello schieramento progressista, in altri mi sembra di poter vedere tutto il contrario. Non nominerò n' i primi, per non nuocere loro, n' i secondi perché possono sempre cambiare idea, ma questo elemento esiste. Questo elemento avrebbe dovuto indurre la parte politicamente e numericamente più importante dello schieramento progressista a non abbracciare immediatamente il Partito Popolare, disinteressandosi dei partner politici alleati avrebbe dovuto indurlo ad una maggiore prudenza, ad una verifica. Avrebbe dovuto indurlo ad utilizzare tutta la forza dello schieramento prima e durante l'incontro con il Partito Popolare, nel momento in cui nessuno pregiudizialmente, ha detto: "Non ci interessa neppure parlare con il Partito Popolare", e questa originalità, specificità dello schieramento progressista, andava premiata e valorizzata.
Non siamo qui a fare gli esecutori "bovini" di politiche e strategie nazionali, siamo tutte persone adulte con un minimo di intelligenza, quindi in grado di interpretare i fatti.
Termino il mio intervento dicendo che si tratta di una Giunta che ha rotto l'unità d'azione dei progressisti. Precedentemente il PDS ha vissuto forse come strumentale l'esperienza unitaria? Spero di no, voglio credere che così non sia, anche se i fatti mi portano in un'altra direzione.
Al PDS dico la seguente cosa: ci saranno tanti modi di interpretare l'unità dello schieramento progressista, larga, stretta, flessibile, ma persuadetevi che deve consentire la pari dignità delle forze politiche.
Immaginare un'unitarietà dello schieramento progressista che veda il PDS decidere di governare come e quando crede, e nel contempo Rifondazione Comunista non fare opposizione, non è pensabile. Se voi pensate che l'unità vada in questa direzione, scordatevelo; sui fatti vi aspetteremo, cari amici progressisti.
Vi aspetto subito. Per esempio, compagni progressisti che andrete all'Assessorato al commercio, volete spiegarci - in una prossima riunione di Consiglio - come sia possibile che la Giunta, che oggi voi governate abbia permesso l'apertura del Centro commerciale Le Gru all'interno di un edificio abusivo? Volete fornirci questa spiegazione? Inoltre, volete dirci come mai l'Assessore Nerviani ha tenuto nei cassetti i piani territoriali di coordinamento, alcuni dei quali sono stati approvati, tutti sono stati pagati e di cui non si è mai dato conto? Volete, per favore, voi progressisti, darci delle risposte? Agli altri componenti del Consiglio, che non fanno parte di questo schieramento e che sono in minoranza, mi verrebbe da dire: abbiate pazienza, questa volta vi è andata male!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Miglio.



MIGLIO Mario

Egregio Presidente, i problemi che affliggono il Piemonte, comuni a quelli di molte altre Regioni italiane, possono essere risolti, per i Verdi, solo creando un governo stabile, superando l'instabilità di un lungo periodo contrassegnato da crisi, più o meno dichiarate, e dall'assenza di una reale maggioranza.
I percorsi che potevano essere intrapresi, al fine di affrontare i difficili nodi legati allo sviluppo economico e sociale del Piemonte ricostruendo un governo autorevole, erano molteplici, ma quello scelto non soddisfa i Verdi per le modalità adottate, soprattutto per il risultato conseguito.
La nuova Giunta vedrà una nutrita rappresentanza dei Consiglieri della ex DC e la riconferma alla guida dell'esecutivo del Presidente Brizio; il peso politico di questa componente non viene meno e si mantiene quella centralità da cui sono scaturite le strategie dei precedenti governi "Brizio".
Una continuità strana, stante il fatto che da sempre le forze di opposizione indicavano in quelle linee di governo ed attribuivano al ruolo svolto dal Gruppo DC le responsabilità della crisi economica e sociale nonché ambientale ed anche l'incapacità di trovare risposte adeguate.
Responsabilità che non possono essere facilmente dimenticate o superate, se non con una formula nuova fondata sulla chiarezza. Una chiarezza che manca se è vero che il Partito Popolare e il PDS non hanno la stessa opinione sul significato da attribuire all'intesa per la costruzione di un nuovo governo in Regione.
Per il PDS si tratta, infatti, di un'operazione di respiro nazionale che gode del consenso delle rispettive segreterie nazionali, ricollegabile a quanto fatto in Campania e in Abruzzo e che anticipa, allargando l'esperienza maturata con l'elezione della Giunta Castellani a Torino l'alleanza delle forze del polo progressista con quelle di centro, in un nuovo schieramento, in modo da costituire un polo alternativo e contrapposto a quello del "Buon governo".
Per il PPI, invece, come si apprende dalle dichiarazioni del Capogruppo Picchioni, tale accordo non equivale ad un esperimento, ma semplicemente ad una scelta per la governabilità della Regione Piemonte fino al 1995, senza condizionamenti per il futuro.
Un'esperienza limitata dunque a questi ultimi pochi mesi di fine legislatura, dettata più da convenienze immediate e si presume dalla convergenza di intenti su almeno quattro priorità individuabili: la realizzazione delle grandi infrastrutture, la riforma sanitaria l'approvazione del Piano regolatore generale di Torino ed infine la risoluzione dei problemi occupazionali.
Un accordo sostanzialmente siglato tra le due maggiori forze presenti in questo Consiglio che trova il consenso nelle forze finanziarie economiche ed imprenditoriali che hanno esercitato un ruolo non secondario in questo delicato passaggio e che da tempo condizionano la definizione delle linee programmatiche di questa Regione.
Rispetto a questa diversità di lettura e di valori da attribuire all'accordo, qualche chiarimento lo si può ottenere leggendo la premessa al documento su cui si fonda la costituzione della nuova Giunta, soprattutto laddove si precisa che la volontà è quella di prescindere dalle diverse posizioni politiche generali per dare maggiore peso al dovere di dare alla Regione un governo che affronti con decisione importanti questioni condizione quindi necessaria per risollevare le sorti del Piemonte.
Un passaggio, questo, che collima più con la versione delle dichiarazioni del Consigliere Picchioni che non con quelle del PDS.
Si afferma inoltre come, per conseguire tale obiettivo, si siano anteposte le responsabilità di governo alle ragioni politiche di parte.
Sappiamo peraltro che il superamento delle distinzioni, o meglio delle pregiudiziali politiche, non è stato completamente realizzato in modo da creare le condizioni affinché tutte le forze democratiche, presenti in quest'aula, potessero pariteticamente dare il loro contributo alla costruzione di una nuova fase di governo. Il Gruppo dei Verdi, alcuni mesi fa, certo in un quadro politico nazionale diverso, ma in un momento analogo di instabilità per la nostra Regione, aveva avanzato la proposta affinch a partire dall'azzeramento della Giunta allora in carica, si potesse trovare un accordo fra tutti i Gruppi democratici in modo da ricreare una stabilità fondata su pochi ed essenziali punti programmatici; tale accordo si traduceva nella formazione di una Giunta istituzionale.
Ricordiamo come quel progetto sia fallito per la non disponibilità di alcune forze che rivendicavano il loro diritto a mantenere una continuità di governo o il loro diritto a non rinunciare alla propria centralità. Un insieme di Gruppi che davano poi vita ad una coalizione fondata sui residui del pentapartito e sulla continuità programmatica con il precedente governo Brizio.
Lo schieramento dei progressisti nella sua interezza rispondeva con una soluzione alternativa che aveva trovato concretezza in un documento programmatico ed una proposta per un'altra Giunta: una soluzione che ora viene accolta dal PPI, il quale, mettendo ovviamente da parte quell'organico formulato e proposto dai progressisti, recupera invece parti fondamentali di quel documento, come linee guida per la proposta Giunta.
Come possiamo noi Verdi non vedere con sospetto questo repentino mutamento di posizione del Gruppo PPI, avvenuto solo pochi giorni dopo una netta chiusura che si è consumata in occasione dell'elezione all'Ufficio di Presidenza del Consigliere Majorino e con il rinnovo delle cariche nelle varie Commissioni consiliari permanenti? Come possiamo non vedere, in questa accettazione da parte del PPI delle linee programmatiche dei progressisti, se non una contraddizione nella continuità da sempre proposta e riaffermata in questo Consiglio? Se si mette in dubbio l'effettiva assunzione da parte del PPI di tale progetto in una certa misura riconducibile alla prospettiva dei progressisti e alla volontà di portarlo avanti, ne consegue che si prende atto delle divergenze esistenti.
Sul significato da dare a questa risoluzione che cosa rimane? Per i Verdi esiste l'ambiguità e l'ambivalenza del Gruppo del PPI, grazie alla quale, con una intelligente operazione, si è riusciti a mettere insieme due forze il cui denominatore comune rischia di essere quello di poter conseguire, mediante un forte esecutivo, l'obiettivo di dare il via ad una serie di interventi ritenuti da sempre, a torto, qualificanti e propulsivi per cambiare i destini del Piemonte.
Mi riferisco ai progetti che hanno visto da sempre i Verdi contrari: l'Alta Velocità, il Piano regolatore di Torino, le nuove grandi infrastrutture viarie, ovvero quell'insieme di opere pubbliche che, da un lato, non determinano una discontinuità con il passato e che, dall'altro soddisfano una volta di più gli interessi di alcuni Gruppi imprenditoriali finanziari (ed ora ancora di più, grazie alla sospensione della Legge Merloni). Non a caso, nel programma, tra i passaggi relazionati a questi ambiti di intervento, si ritrova la conferma del progetto dell'Alta Velocità, messa debolmente in discussione, ma solo in termini di ridefinizione, nonché il completamento delle procedure per la delimitazione dell'area metropolitana, configurata come area ristretta; tuttavia si dimentica, ad esempio, la necessità inderogabile di redigere ed approvare i Piani paesistici, riformulando alla base la pianificazione territoriale e riattribuendo alla stessa un valore pregnante di indirizzo.
Tali questioni non sono di poco conto, perché denunciano l'incapacità o l'impossibilità immediata di superare il vecchio modello di sviluppo per seguire una nuova strada che tenga in pari considerazione i limiti dello sfruttamento e dell'uso delle risorse ambientali e i bisogni reali della collettività.
Come Verdi riteniamo che tale strada parta dalla ridefinizione dei valori e dei modelli della sinistra, uscendo dagli schemi elettoralistici e di governismo, per responsabilità, ampliando gli stessi in modo da cogliere la contraddizione oggi esistente tra l'ambiente e lo sviluppo, tra le necessità degli individui e il modello economico e sociale, un modello che deve essere necessariamente messo in discussione e fronteggiato con soluzioni radicalmente alternative che stentano ancora a divenire patrimonio culturale ed operativo delle altre forze, ivi comprese molte di quelle che appartengono allo schieramento dei progressisti.
Non si tratta di razionalizzare l'attuale modello di sviluppo riconsiderando l'ambiente come viene proposto in parte da questa nuova maggioranza, ma di ripensare globalmente a quelle scelte della produzione e del consumo che hanno finora prodotto disuguaglianze, sostituendo ai parametri economici quelli legati ai diritti dell'individuo ed ai nostri doveri nei confronti della natura. Si tratta di uscire dall'equivalenza tra sviluppo e realizzazione di grandi opere che, come dimostrato dall'esperienza anche recente, non hanno creato occupazione stabile; al contrario, hanno aggiunto ulteriori problemi per l'inutilità di tali progetti per le comunità locali, a causa delle ferite inferte ad un ambiente già in crisi per lo sperpero di risorse pubbliche.
Dubitiamo che la coalizione che si è venuta a formare sia in grado di aprire tali spazi o possa cambiare radicalmente quelle strategie riconfermate pochi giorni fa, ad esempio attraverso l'approvazione del bilancio, l'adozione del piano triennale per l'ambiente o la formulazione dell'accordo di programma tra lo Stato e la Regione Piemonte.
Nonostante tutto, pur essendo fortemente critici, non intendiamo per questo assumere una posizione pregiudizialmente avversa. I Verdi non appoggiano questa maggioranza e questa Giunta, ma, così come hanno sempre fatto fin dall'inizio della legislatura, valuteranno di volta in volta la rispondenza delle proposte che verranno sottoposte al giudizio di quest'aula al progetto politico che continuiamo a proporre e che speriamo riesca a trovare piena affermazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Nel dibattito, soprattutto quello di stamane, ho sentito molti interventi che, a mio avviso, rientrano maggiormente nelle inevitabili reazioni ad un cambiamento di maggioranza, qualunque esso sia, che non in una razionale discussione su quanto stiamo facendo oggi. Alcune reazioni sono anche divertenti: sentire un Consigliere regionale parlare di una nuova maggioranza con due forze predominanti, nonché alcuni Consiglieri disponibili a qualunque percorso, mi avrebbe fatto venir voglia di dare una certa risposta, basata sulla storia dell'ultimo anno e di tutti i tentativi di dare una maggioranza seria ad una Regione nella quale da un anno tutti governavano tranne, forse, gli Assessori o una parte di essi. Ma non ho il tempo per entrare nel merito di tali questioni.
Credo vada però spesa una riflessione: non possiamo dibattere in quest'aula dopo aver letto i titoli dei giornali; parlare, oggi, di compromesso storico significa offendere la nostra intelligenza. Dall'epoca in cui queste parole avevano un significato è passata molta acqua sotto i ponti; ci sono sistemi elettorali nuovi e l'insieme delle forze politiche degli ultimi quarant'anni o sono scomparse o sono in disgregazione oppure si stanno ricomponendo in forme diverse. Ripeto: riproporre come formula di lettura di quanto sta avvenendo quella di un compromesso storico fra ex DC e ex PCI significa offendere la nostra intelligenza.
Le recenti elezioni politiche ci hanno insegnato che siamo in una fase storica in cui la battaglia politica si fa su due questioni: la capacità di imporre, buoni o cattivi che siano, i propri programmi e il proprio orizzonte culturale, nonché la capacità di costruire aggregazioni elettorali. Da questo punto di vista ha ragione il Consigliere Marchini; è evidente per tutti, sia per chi è iscritto al CCD sia per chi milita in Rifondazione Comunista: al di là dell'eccezionalità dell'esperimento proposto, fra sei mesi, forse meno, il problema delle aggregazioni, dei programmi e del compromesso sui programmi sarà all'ordine del giorno di ognuno.
Una delle cose che più mi amareggia, rispetto al Consigliere Chiezzi, è il fatto che il collega venga sacrificato - perché così è - in base ad un'etichetta sicuramente difficile da traghettare in questo altrettanto difficile esperimento. Probabilmente, però, coloro che, oggi, in Rifondazione comunista - non il collega Chiezzi - definiscono lo spazio e la collocazione di questa forza politica, fra tre mesi dovranno affrontare le questioni sulle quali oggi, bene o male, l'ipotesi di maggioranza cerca di formarsi.
Faccio quindi appello soprattutto alla parte più scadente di questo dibattito - altre sono state serie ed interessanti - a non far offesa alla nostra intelligenza.
Entro nel merito di alcune delle questioni. Questa maggioranza nasce prima di tutto, dal fatto che sono fallite tutte le altre ipotesi; ci saranno pure i Salza, le Botteghe Oscure o Piazza del Gesù e tante altre situazioni, ognuna delle quali ha avuto la sua influenza in passato e continuerà ad averla, ma - ribadisco - il primo motivo per cui nascerà la nuova maggioranza è che tutte le altre sono fallite. Fallite in parte perché non era più tempo di interventi che non garantissero risposte ai problemi della Regione Piemonte, forse anche a causa delle eccessive richieste di singoli individui che avevano preso il sopravvento sulla logica politica generale di dare una risposta al problema della governabilità della Regione. Quindi, per favore, ritorniamo con i piedi per terra, al di là delle cerniere di cui parlava il collega Chiezzi.
Alcune delle questioni serie che si sono presentate, ma che soprattutto si presenteranno in quest'ultimo scorcio di legislatura, sono quelle che in qualche modo, hanno visto i Verdi - e me in particolare, ma in generale i Verdi - abbastanza impegnati: le tematiche dell'ambiente e quelle della sanità. E' evidente che la passata maggioranza di transizione aveva oggettive difficoltà a gestire queste due tematiche. Tant'è che, di fatto tutta la problematica della sanità e del riordino delle UU.SS.SS.LL. viveva sostanzialmente in una condizione di immobilità totale; anche la problematica ambientale, specie per gli aspetti più delicati e difficili che coinvolgono parti significative della popolazione regionale, si presentava come un campo di grano dopo un bombardamento a tappeto.
La situazione di questa Regione - cito la questione dei rifiuti e quella delle bonifiche, tanto per citarne due - è come quella di un campo di grano dopo un bombardamento a tappeto: non c'è più nulla che sta in piedi dalla parte dritta. Tant'è che sia che ci fossero risorse - parlo delle bonifiche sia che non ce ne fossero, nulla è stato fatto fino ad oggi. Sulla problematica dei rifiuti, sia in presenza di un Piano regionale sia in sua assenza, sono state imboccate tutte le strade possibili normalmente quella della cosiddetta emergenza - tranne quella di una programmazione regionale che sapesse rispondere alle problematiche e alle preoccupazioni, a volte campanilistiche, ma comunque serie e fondate delle realtà locali.
La nascente maggioranza è consapevole che queste sono alcune delle questioni fondamentali che dovrà affrontare e che la propria capacità di governare si misurerà soprattutto su tali questioni. Da questo punto di vista, sono assai preoccupato che si costruiscano i nostri dibattiti politici sulla lettura dei giornali.
C'è poi un'altra questione che non è venuta fuori con chiarezza; chi starà all'opposizione avrà tantissimi elementi su cui bombardare la nascente maggioranza. C'è però un dato che non può essere considerato secondario, sia che lo si chiami novità - come l'abbiamo definito nel documento programmatico sia che lo si chiami rinnovamento. Si tratta di una maggioranza i cui membri non sono più quelli del 1990, e questo mi sembra un elemento di novità per nulla irrilevante, più interessante della discussione intorno al fatto che questa sia un'ipotesi per sostenere Castellani o meno.
Rispetto ai problemi della Regione, il tentativo radicale di rinnovamento, per il quale tutti hanno da una parte contribuito e dall'altra pagato dei prezzi, non è questione per nulla secondaria. E' un rinnovamento e una novità che deve avere qualche elemento di coerente conseguenza, anche all'interno delle strutture, soprattutto in quei settori dove qualche nodo, qualche ganglio di questa struttura hanno reso ancora più difficile la governabilità delle questioni. E' noto che non solo il sottoscritto, ma anche altri Consiglieri hanno sottolineato la rilevanza e l'importanza di tale questione, che non può quindi essere generalizzata.
Ritengo che complessivamente la Regione abbia, a tutti i livelli, una struttura di personale assolutamente degna, tecnicamente preparata e competente, ma che ci siano alcune questioni che rendono difficile l'uso appropriato di tale preparazione e competenza. Quindi, questa è una delle prime questioni - come sa bene il Presidente Brizio che andranno affrontate, perché fanno parte di quel necessario, seppure limitato esperimento di novità che ci apprestiamo a porre in essere.
Ci sono parecchie questioni sulle quali esistono differenze anche profonde tra coloro che cercano di contribuire all'esperimento. Queste non sono cose da nascondere e necessitano di una discussione in tutte le sedi.
Ne cito una per prima, perché paradossalmente potrebbe essere considerata quella più irrilevante: la questione della caccia. A questo proposito negli ultimi mesi abbiamo vissuto una specie di pressing: sembrava che, se la Regione nel giro di poche ore o di pochi giorni non avesse risolto la questione del calendario venatorio, o meglio della legge sulla quale viene redatto il calendario venatorio, si sarebbe verificato un disastro.
Vorrei che questo pressing venisse analizzato con calma per capire se esiste o meno una legge regionale sulla caccia, se davvero cadiamo in una situazione di ingovernabilità oppure se dobbiamo lanciare un segnale molto chiaro. Le lobbies, com'è ovvio, esistono ed agiscono, ma non possono essere il terreno e lo strumento principale attraverso il quale un'istituzione definisce la propria politica. Ho svolto queste considerazioni sulla caccia, sapendo che una parte dei Consiglieri la ritengono una questione secondaria.
Ci sono altre questioni: una, quella dell'Alta Velocità, è ovvia. A questo proposito, esistono letture diverse. Qualcuno accusa una certa frase degli ambientalisti, che ha anche avuto una qualche discussione, di esprimere delle posizioni contenute; qualcun altro, invece, ne ha dato una lettura esattamente contraria. Sappiamo che c'è una discussione nel Paese nelle forze politiche e culturali, su questa tematica; sappiamo che c'è un iter complesso e che c'è stata anche una qualche forma di tregua e di compromesso.
Ad esempio, nell'ultimo dibattito alla Camera sul tema della legge finanziaria è stata stanziata una somma consistente per quella che, in quel momento, venne chiamata "la problematica della velocizzazione". Rispetto a questo tema, la Regione Piemonte, come tutte le altre, può svolgere un ruolo limitato: questa è una delle questioni delle quali nella maggioranza si dovrà discutere, per capire a quali conclusioni potranno portare le diverse opinioni esistenti.
Vi è un'altra questione: il Piano regolatore. Sul Piano regolatore una parte dei Verdi, nella quale mi ritrovo anch'io, negli ultimi due anni ha portato avanti una forte battaglia critica. Prima di tutto la critica è sul metodo, e al riguardo abbiamo riproposto il fatto che la politica delle istituzioni non può essere il prodotto puro ed immediato dei pressing o delle lobbies.
Abbiamo posto anche qualche problema - ed in parte è stato risolto rispetto al CUR (che oggi si chiama CTU). Il CUR. che è un organismo importante per il ruolo che ha all'interno della Regione, ha subìto un profondo rinnovamento al suo interno, ed oggi è maggiormente in grado rispetto al passato, di partire da competenze e da valutazioni ed interessi generali per capire il senso di un programma per lo sviluppo della città di Torino.
Abbiamo già ricostruito un terreno di confronto serio, nel quale ovviamente ci saranno posizioni ed opinioni diverse, ma i termini seri del confronto garantiscono che quest'ultimo sarà portato avanti per il futuro della città e non per il fatto che qualcuno vede garantito il suo pezzetto di cementificazione, a prescindere dall'effetto che questo ha complessivamente sulla città.
Sul Piano regolatore abbiamo preso l'impegno - e l'Assessore Cavallera ne è al corrente - di affrontare, in termini di informazione, questa tematica all'interno della Commissione competente, sebbene sia chiaro a tutti che la problematica del Piano regolatore riguarda prima la CTU e successivamente la Giunta.
C'è un'altra questione della quale voglio sottolineare le contraddizioni e i problemi aperti. Questo documento, in qualche modo prescinde dalla questione importante del federalismo. In nessuna parte del documento, infatti, si usa questa parola.
E' quindi chiaro a tutti che questo è un dibattito assolutamente poco ideologico, ma estremamente concreto. Chi avesse dei dubbi su questo dovrebbe ripensare alla scena che abbiamo vissuto non più tardi di ieri mattina; mi riferisco all'audizione con i parlamentari sulle problematiche della sopravvivenza del polo d'informazione in Piemonte (la RAI, la SIPRA) e, insieme a questo, il problema della visibilità del terzo canale in alcune zone del Piemonte. Abbiamo poi letto i giornali e ci siamo trovati di fronte ad una questione molto concreta e poco ideologica, cioè alcuni interlocutori chiedevano una solidarietà ed un'iniziativa comune per difendere un polo informativo regionale.
Sui giornali di oggi abbiamo letto che ci sono degli interlocutori più autorevoli di noi, che non stanno in questa Regione, i quali hanno un obiettivo molto chiaro: non solo impedire qualunque ipotesi di regionalizzazione e di sopravvivenza di un polo informativo, in particolare pubblico, in questa Regione, ma distruggerlo e cancellarlo. Questo a Torino come a Roma. Su questo punto credo che il documento che parla di nuovo regionalismo sia sicuramente il prodotto più di una mancanza di discussione approfondita (che va fatta) che di una reale divergenza all'interno.
Ho citato questi aspetti per dire che un rapporto e una presenza in questa maggioranza è difficile per me; lo è e lo sarà ancora di più - credo per la mia collega Carolina Pozzo. Il nostro obiettivo è quello di verificare se alcune questioni, che noi riteniamo decisive, fondamentali e anche ragionevoli sul piano politico, culturale, ecc., sono compatibili con questo esperimento.
Tale problematica non è solo nostra. Oggi i Verdi vivono, seppure conflittualmente e faticosamente, un'assunzione di responsabilità in questa Regione, perché sembrerebbe che quello che si sta facendo qui sia qualcosa di strano. I Verdi oggi sono presenti al governo in questa Regione in Giunte di stagioni e di colori diversi: dalla Presidenza della Provincia di Novara alla Giunta di Vercelli, al Comune di Torino; con ruolo di Vicesindaci nei Comuni di Moncalieri, Chivasso e Collegno; con una presenza rilevante in Giunta nei Comuni di Rivoli ed Alpignano; con il Sindaco ad Avigliana e con una presenza nelle Giunte in vari altri Comuni più piccoli.
Esistono elementi di difficoltà in tutte le esperienze nelle quali entriamo: siamo pronti ad uscirne nel momento in cui complessivamente lo schieramento e le coalizioni che si formano ritenessero superflue o addirittura problematiche le questioni che noi poniamo, abbiamo sempre posto e continueremo a porre all'interno delle istituzioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

Mi permetto di ricordare il rispetto dei tempi, poiché al momento sono ancora sei gli interventi previsti.
La parola al Consigliere Femia.



FEMIA Vincenzo

Sarò molto breve, signor Presidente e onorevoli Consiglieri.
Sin dal mio primo insediamento ho ribadito la necessità di un profondo rinnovamento dei contenuti e delle opinioni della politica regionale. Ho evidenziato l'opportunità, al di là dei partiti e degli schieramenti, di rendere prioritaria la questione dei problemi della gente, delle proposte concrete, vuoi sulla sanità, vuoi sulla casa, vuoi sull'occupazione e su tanti altri temi. Proprio sulla base di questa considerazione, è stata motivata la mia collocazione nel Gruppo Misto, cioè il dare priorità ai problemi della gente, indipendentemente dagli schieramenti. Mi è parsa una scelta saggia, considerando lo stato di fibrillazione nella politica nazionale e locale.
In questa fase, a parere mio, occorre utilizzare l'arma della prudenza e dell'equilibrio nel rispetto del contesto storico attuale, ponendo oltremodo attenzione alle esigenze di una cittadinanza talora incredula e confusa nel rispetto di tutte le matrici e le vocazioni politiche e culturali.
La mia scelta non va interpretata come una rinuncia alla riaffermazione del socialismo democratico e riformista, anzi: il mio è un atteggiamento ancora una volta, di adesione ai valori della solidarietà e della socialità. Misurerò, a partire da queste scelte di fondo, il programma e l'attività della Giunta Brizio, rimuovendo ogni pregiudiziale e assicurando uno spirito di fattiva collaborazione nel solo interesse della comunità piemontese.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Maggiorotti.



MAGGIOROTTI Piergiorgio

Signora Presidente, svolgerò un breve intervento, più sui valori che sulle opinioni. Questo per dire che l'epoca di profondo mutamento in cui viviamo è caratterizzata da cadute di consolidate certezze e da un'accelerazione - che io definirei patogena - dei tempi di vita, che ci costringe pure a tempi disumani di riflessione e di decisione operativa.
Il rifiuto di tutto ciò che sembra vecchio e lontano dai miti di oggi (che sono il successo, l'avere più che l'essere, l'apparire più che il realizzare) inducono i più superficiali ed alieni da forme di riflessione a giudicare superate le conquiste del passato ottenute dai movimenti di massa (quelli reali, non di cartapesta o di montaggio televisivo), dai lavoratori e da ogni altra forma di rappresentanza sociale. Il mercato sarebbe oggi il valore a cui riferirsi, e l'iniziativa privata un teorico individuo, il suo artefice.
Lo spauracchio concreto della disoccupazione induce ad accettare regole sempre più individualistiche di vita e di comportamento e spinge ad accettare anche il restringimento di spazi di democrazia intesi erroneamente come secondari rispetto al diritto al lavoro, giustamente inteso come primario.
Il successo dei disvalori, dell'individualismo, dell'arrivismo, del rampantismo è in realtà espressione dell'infantilismo che caratterizza la nostra epoca. Come i bambini, i nuovi politici propagandano un atteggiamento di semplificazione delle problematiche, dicotomizzazione delle difficoltà, timore per le diversità e le differenze.
L'informazione monolitica che ci determina e governa preannuncia profondi rimaneggiamenti sociali, istituzionali ed economici in nome dei miti dell'efficienza e della produttività (di per sè disvalori, se non coniugati all'efficacia) e della governabilità (che di per sè non è valore ma strumento operativo).
La sinistra non può pensare di riproporre i valori della supremazia dell'essere rispetto all'avere, della mutua interazione, della comunione del riconoscimento delle diversità come valore, se si pone sullo stesso piano dei vincitori di oggi. Non si può pensare di battere il cosiddetto nuovo sul suo terreno attraverso operazioni di pura immagine, senza pensare che invece occorre rinnovarsi profondamente nei contenuti e nelle persone.
Occorre uscire da schemi solo elettoralistici e formalistici di schieramento e formule.
Va individuato un punto da cui partire; credo che questo punto siano le contraddizioni di uomini e donne con il modello di sviluppo, le contraddizioni tra ambiente e sviluppo, vale a dire tra i reali bisogni delle persone ed il modello di sviluppo economico e sociale in cui viviamo.
Tanto meno si può pensare ad un possibile modello di sviluppo sostenibile che ha in sè la contraddizione per cui si tutela l'ambiente solo come mezzo per rendere compatibile l'attuale modello, trascurando le pesanti ricadute che tale modello ha in sè in termini di diseguaglianza, ingiustizia ed infelicità.
Il progresso della nostra società va misurato tenendo conto non solo del prodotto interno lordo, ma anche di ciò che non è ambiente, vale a dire di beni quali la pace e la soddisfazione rispetto alla propria vita e al proprio lavoro. Anche la felicità deve diventare un parametro attraverso cui misurare il progresso di un Paese.
Occorre che la sinistra si dia coraggiosamente nuove priorità. Posto che l'economicismo è strumento che si è dimostrato deleterio nella sua storia, la sinistra (o almeno una parte consistente di essa) in questa sede ha privilegiato i vecchi schemi e modelli. Ha costruito un contenitore prima di definire un contenuto condivisibile da tutti coloro che nel nostro Paese e nella nostra Regione, nelle istituzioni locali e nelle forze politiche, nelle realtà sociali, a prescindere dall'appartenenza, credono possibile contrapporre al modello "berlusconiano" dei polli in batteria e del profitto economico di pochi, un progetto di vita e di sviluppo che sia veramente alternativo, elaborato da persone messe in condizione di ragionare con la propria testa.
Occorre ragionare su un diverso modello di sviluppo non compatibile con il profitto di pochi e capire quali conseguenze tale modello determina nel campo dell'occupazione, della produzione economica, della pace dell'uguaglianza nella diversità, nella formazione di cultura, nei modelli istituzionali e nella democrazia.
Occorre partire da queste priorità per approfondire i temi della vivibilità delle città e delle campagne, del lavoro per tutti, del diritto ad essere e a realizzarsi come persone in dinamico e consapevole equilibrio con l'ambiente.
Vorremmo parlare di felicità e di armonia, prima ancora che di andamento di Borsa o di profitti. Questa Giunta non è compatibile per i suoi valori, strutture ed obiettivi, con questa voglia di essere propria a milioni di persone: per questo non è da appoggiare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Germanetto.



GERMANETTO Michelino

Avendo aderito, come il collega Segretario Questore Francesco Porcellana, al Gruppo CCD, non possiamo che astenerci dalla votazione di fiducia a questa Giunta regionale, in quanto non rappresenta il nuovo ed è in contrasto con la linea politica del Polo delle Libertà.
Rispettiamo le scelte del PPI, ma ci auguriamo che presto si possano rivedere queste posizioni, nell'interesse superiore della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cantore.



CANTORE Daniele

Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, ho riflettuto, come molti altri che ho sentito in quest'aula, in questi giorni e in queste ore sulla vicenda che oggi andiamo a concludere. Siamo in un periodo di grande confusione, penso anche che in questi mesi ognuno di noi abbia talvolta avuto l'impressione che si combattessero battaglie diverse sotto la stessa bandiera e battaglie identiche sotto bandiere diverse: questo è frutto della confusione che esiste non solo a livello politico, ma anche a livello sociale nel nostro Paese.
Personalmente, ritengo che la storia in generale, ma soprattutto quella delle istituzioni, sia fatta di segni di speranza, di gesti coraggiosi, di presenze sincere. Con questa riflessione ho voluto approcciarmi alla costituenda maggioranza che verrà sancita questa sera.
Devo però dirvi, con altrettanta franchezza, che anche se c'era questa mia predisposizione di animo e di sentire, per me questa maggioranza è ancora qualcosa di molto strano. Ho detto prima che la politica è anche fatta di sincere presenze, e a me è venuta in mente una battuta molto felice del collega Bosio fatta durante una riunione di Commissione (non ricordo più quale). Di fronte ad un Consigliere (non ricordo nemmeno questo nome) che nell'arco di poche ore aveva cambiato, forse giustamente, molte volte la sua posizione, il Consigliere Bosio, con una felice espressione disse: "Devo prendere uno specchio e guardarmi, perché a questo punto non so più se mi chiamo Marco Bosio".
Confesso che è capitato anche a me in questi giorni di non capire se mi chiamavo Cantore o con altro nome (probabilmente anche per amnesia, ma degli altri, perché tali sono stati i colpi di scena, se così vogliamo chiamarli, e i cambiamenti di posizione) e seguire, seppure a distanza queste vicende è stato molto difficoltoso; devo dire che ho avuto problemi non solo di identità politica, ma anche di identità personale.
Il creativo collega Picchioni ha parlato di una maggioranza delle mezze ali; io mi permetto di chiamarla maggioranza delle mezze maniche. Perch dico "mezze maniche"? Perché di solito le mezze maniche si mettono quando arriva la stagione invernale e comincia a fare freddo. E quando è scattata forse non nelle intenzioni, ma certamente nell'operatività, questa maggioranza? Quando è stato eletto il collega Majorino nell'Ufficio di Presidenza e il collega Vaglio, Presidente di una Commissione.
Io dico che, giustamente, il polo progressista ha visto in quell'operazione, che personalmente avevo inteso come operazione istituzionale, il pericolo della costruzione non di una Giunta di centro ma di una Giunta di centro-destra alla Regione Piemonte.
Ritengo quindi che si sia trattato di una reazione naturale, ma devo anche dire con altrettanta franchezza - non mi soffermerò però su questo che i trentuno voti per una Giunta di centro, non sbilanciata quindi da nessuna parte e, se mi permettete, riconoscente della storia di molti di noi in questi mesi, c'erano. Alcuni di noi hanno lasciato la propria appartenenza politica per seguire posizioni di centro-sinistra a livello elettorale nel voto del 27/28 marzo, ma anche nella costituzione di una maggioranza in Regione. Per cui, se vogliamo dirci le cose fino in fondo se si voleva, era possibile ricostituire questa maggioranza: forse c'era qualche laico riottoso, forse qualche Assessore - mi metto dentro tra i primi - legato alla poltrona, ma se ci fosse stata questa volontà di farla oggi noi ci saremmo trovati di fronte una Giunta di centro, o meglio una Giunta rispetto alla quale avevamo firmato in trentun Consiglieri.
Tra l'altro devo dire che, al di là delle notizie di stampa e delle informazioni di qualche amico, ad oggi non si sa ancora che fine hanno fatto queste firme, o meglio, verificheremo nell'elezione che fine hanno fatto queste trentuno firme, quindi questi possibili trentuno voti. Non voglio però dilungarmi su questa polemica che sta più al metodo e allo stile che alla politica; noi qui dobbiamo fare politica.
Il collega Marchini ha detto che questa è una Giunta di necessità; io non so se sarà una Giunta, una maggioranza di necessità: è certamente una Giunta diversa, nuova ed anche - usiamolo fino in fondo questo termine "rivoluzionaria" rispetto allo scenario che era sempre stato presentato a noi.
Mi permetto di dire che è una Giunta che vede un'importante presenza della Democrazia Cristiana e del Partito comunista-PDS, ed è una Giunta una maggioranza, che ha risposto alle domande che erano state poste dal Partito Democratico della Sinistra, il quale aveva chiesto che la Democrazia Cristiana non esistesse più in quanto tale, ma si identificasse in Partito Popolare e in Centro Cristiano Democratico.
Questo è avvenuto, perché con grande piacere abbiamo letto sui giornali della scorsa settimana che non c'era più la titolatura "DC-PDS", bensì quella di Partito Popolare e Partito Democratico della Sinistra. Quindi questa maggioranza, questa Giunta, secondo me, ha questi due importanti Gruppi come cardine, ma ciò non vuole essere offensivo nei confronti degli altri colleghi Consiglieri, verso i quali ho stima personale e anche di Gruppo. Questa maggioranza si potrebbe definire un bel bollito con un bagnetto rosso e un bagnetto verde, validi nella qualità personale, ma certamente la fetta larga, importante di questo bollito sta nel rapporto tra questi due importanti Gruppi.
A questo punto mi domando se si tratta di accordo tecnico o di accordo strategico. Ritengo che non solo questo Consiglio, ma anche i cittadini piemontesi debbano sapere se c'è un accordo tecnico, e quindi di necessità fino a fine legislatura, oppure un accordo politico, che ritengo altrettanto legittimo, ma che mette le basi non solo per il governo di questa legislatura, ma anche per la prossima (non dimenticandoci dell'importante appuntamento elettorale).
Quindi, se abbiamo di fronte uno scenario strategico - e quindi non un accordo tecnico esistono alcune contraddizioni: da una parte il fronte progressista che - lo ha già ricordato il collega Chiezzi come cartello elettorale si rompe, quindi non è partecipe nella sua interezza in questa maggioranza; dall'altra parte, la maggioranza esistente, che aveva fattori di solidarietà non solo personale, ma anche politica, e che viene rotta da questa nuova esperienza. Se è così, mi chiedo quale ruolo svolgeranno in questa Regione, ma soprattutto in questo Consiglio regionale, le forze di ispirazione liberaldemocratica.
Il problema non è risolto; forse avremo risolto il problema della governabilità di questa Regione in questi ultimi mesi, probabilmente sarà una governabilità più spedita e più sicura, anche confortata dai numeri, ma rimane irrisolto il ruolo di una parte centrale dello schieramento composto da esponenti riformisti, liberalsocialisti, ex socialisti, liberali repubblicani o cattolici (non della Democrazia Cristiana) che oggi sono certamente i primi alla ricerca di un'identità e anche di una funzione politica, importanti per la costruzione di qualsiasi polo che voglia democraticamente governare questo Paese. Se è così, questa maggioranza non solo non aiuta a far crescere ed evidenziare la presenza liberaldemocratica all'interno della Regione, del Consiglio, ma altrettanto non può definirsi interlocutrice del Governo, cioè di un'altra maggioranza che oggi governa il nostro Paese.
Non voglio cadere nelle polemiche che sono state avanzate e che ritengo non abbiano necessità di seguito, ma il collega Brizio non è il solo che subentra a se stesso, c'è anche il collega Cavallera - questa è una battuta gli unici reduci delle vecchie esperienze, quindi potremmo dire "Brizio più uno".
Quello che mi ha stupito, Presidente Brizio, è che nel suo intervento ha presentato un programma - che peraltro non poteva essere diverso dalle cose che si possono fare a fine legislatura - come fosse il primo giorno che lei si presenta in un Consiglio regionale. Presidente, senza polemica è la terza volta che lei viene rieletto Presidente e non siamo al primo giorno di scuola n' al primo giorno di Consiglio regionale, quindi qualcosa di più nei confronti del lavoro svolto in questi anni e qualcosa di più anche nei confronti di quello che dovrete fare in questi mesi - che purtroppo non sarà moltissimo - sarebbe stato auspicabile da parte sua renderlo noto! Voglio qui ricordare che siamo di fronte ad una situazione molto difficile, certamente non ci sarà una panacea o una medicina per tutti i mali: dovremo lavorare tutti insieme, affinché la situazione economica possa andare avanti e non differenzi - come è avvenuto in passato - la grande dalla piccola e media industria. Inoltre, non si deve parlare solo e sempre di industria, ma anche di altre attività economiche altrettanto importanti.
Oggi il Segretario provinciale del PDS, Chiamparino, ha detto che certamente il Sindaco Castellani si avvantaggerà del fatto che la Giunta regionale funzioni. Vorrei dire al collega Marengo di dire al suo collega di Partito che, forse, è meglio che egli si occupi ancora per un po' di tempo della Giunta Castellani, della sua efficienza e della sua funzione: il problema di questa Regione infatti non è quello di avere un rapporto privilegiato con le altre amministrazioni, ma di avere un rapporto di collaborazione. Questo non è avvenuto in questi mesi con la Giunta Castellani, così come non è avvenuto verso altre istituzioni, forse per responsabilità nostra, ma certamente anche per responsabilità dei nostri interlocutori.
Riferirò questo anche al dottor Salza che, pur essendo stato un grande regista, non scopre nulla di nuovo, anzi: molto di vecchio, forse sarebbe opportuno che il dottor Salza, prima di occuparsi della Regione Piemonte si occupasse della Giunta al Comune di Torino.
Il collega Picchioni - al quale dico che non faccio polemica, ma dibattito politico - ha dichiarato che "ci siamo rivolti all'apporto essenziale dei poteri economici": questa è una frase che non scandalizza nessuno - ed io ho evitato anche di citare i titoli dei giornali - perch penso che una Giunta e una maggioranza abbiano titolarità ad avere rapporti, anzi abbiamo l'obbligo di avere rapporti con le forze economiche che esistono all'interno della Regione. Però, arrivare a dire che c'è una regia di una parte dell'imprenditoria del Piemonte mi pare eccessivamente forte: non deve creare imbarazzo, ma potrebbe portare alla facile battuta che le interrogazioni e le interpellanze, invece di essere discusse da questa Giunta, potremmo inviarle direttamente al Vicepresidente del San Paolo, il quale potrà risponderci sui problemi esistenti in Regione e al Comune di Torino.
Penso che questa non sia una maggioranza contro nessuno, anche se sono d'accordo sul fatto che sarà difficile verificare questa maggioranza su alcuni temi, per esempio la sanità. Mi pare veramente assurdo sdoppiare l'Assessorato alla sanità, nelle altre Regioni l'assistenza fa parte della sanità. Invito pertanto la maggioranza a riflettere sulla proposta di sdoppiare l'Assessorato alla sanità.
C'è inoltre il problema dell'Alta Velocità, quello della caccia; ci sono tanti problemi che probabilmente - può essere anche positivo sposteranno il confronto dal Consiglio all'interno della stessa Giunta ciò, auspichiamo, non a danno dell'efficacia dell'azione amministrativa.
Mi spiace che il collega Picchioni sia andato via, perché vorrei ricordargli che in quest'aula, secondo me, è stata evocata senza senso una forza politica che qui non è presente; mi riferisco a Forza Italia, la quale non ha rappresentanti ufficiali, se non una parte del Polo della Libertà che è il CCD. Vorrei anche dire al Consigliere Picchioni che pu evitare la cosiddetta excusatio non petita, nel senso che nella cronaca giornalistica di ieri si legge: "Mi hanno accusato di aver fatto questa scelta politica, perché sono stato rifiutato da Forza Italia. Chi dice questo mente, sa di mentire". Obiettivamente nessuno l'ha detto: è una excusatio non petita e la conseguenza la conoscete.
Peraltro oggi sul giornale scopriamo che l'on. Picchioni avrebbe chiesto anche il gradimento del responsabile regionale, questo famosissimo Ghigo che è stato già citato. Quindi le cose, anche in quella direzione sarebbero state risolte.
Voglio concludere dicendo che, da parte nostra, ci sarà un voto contrario nei confronti di questa Giunta, ma non per questo un atteggiamento non costruttivo a livello regionale. Ho sempre ritenuto che da parte di tutti fosse necessario un approccio generoso verso la politica un'attitudine al ragionare nel divenire senza pregiudizi. Personalmente vorrò atteggiarmi così in questi ultimi otto mesi di vita di questa Giunta ma anche di questo Consiglio regionale: di fronte a battaglie giuste e condivise, per me non ci saranno certamente problemi di bandiera.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signora Presidente, la Consigliera Dameri ha insistito su un punto. "Si tratta - ha detto nel primo pomeriggio - di una vera e propria sfida che noi accettiamo" (noi Gruppo PCI-PDS). E ciò è indubitabile.
Si tratta davvero di una sfida. Dico che bisogna valutare con lucidità e realismo i pro e i contro e chiedersi a chi giova: una sfida non deve essere un'avventura. Come forze di sinistra e di progresso bisogna valutare se esistono e in quale misura le condizioni politiche per sostenere la sfida; se esistono le condizioni politiche minime per assicurare un buon governo nell'ultimo scorcio di legislatura e per contribuire ad aprire una prospettiva politica nuova rispetto alla tendenza nazionale.
Il principale soggetto dell'accordo intercorso, la DC, che governa con un ruolo centrale da due legislature la Regione Piemonte, è la maggiore responsabile della mancanza di un governo effettivo, della paralisi in cui spesso è venuta a trovarsi la Regione; è la principale responsabile del malgoverno, degli scandali ripetutamente scoppiati. Ebbene, la DC è preda di continue oscillazioni, di improvvisi e bruschi cambiamenti; ha assunto posizioni ambigue ed ambivalenti (infatti, poche settimane fa aveva piegato nettamente a destra).
Più in generale, la mia impressione è che prevalga il tatticismo, il trasformismo, che prevalga il politicismo sulla politica. Il coro iniziato stamane è stato il coro di forze ed esponenti della maggioranza spenta proprio stamane: protagonisti delle politiche sbagliate che hanno già dimenticato le loro dirette responsabilità. Ma il problema riguarda la credibilità della DC.
Il PDS punta ad un buon governo a breve, ma soprattutto ad aprire una prospettiva politica; considera l'accordo non contingente, ma strategico di valore nazionale, in quanto tende ad un progetto comune di due soggetti autonomi.
La DC, invece, considera l'accordo utile e conveniente; fa sapere che è stata sollecitata da forze economiche e sociali, le quali avrebbero dato il colpo di timone alla trattativa.
Siamo in presenza di due letture profondamente diverse. Si dice che la DC sia stata messa alle strette, sia stata costretta: sì, vi sono anche questi elementi. L'accordo comunque consente alla DC di conservare un ruolo centrale: suo è il Presidente della Giunta. L'accordo le consente di avere la maggioranza in Giunta (a ben leggere la lista degli Assessori); di far rispuntare la pregiudiziale di delimitare la maggioranza, discriminando Rifondazione Comunista e i Verdi arrabbiati.
Prima di qualsiasi confronto di merito, questi sono dati inconfutabili.
L'accordo indebolisce il Polo Progressista, crea problemi al PDS nel rapporto con le altre forze minori. Diverso sarebbe stato rompere dopo un confronto sui contenuti e non regiudizialmente, non a priori.
Importante sarebbe dire se è cambiata la composizione del Polo Progressista: non ci sarebbe nulla di male. Si dica se il Polo Progressista è quello che si è presentato alle elezioni del 27 marzo oppure se è mutata la composizione, a parere di alcune forze. L'importante è che lo si dica apertamente, che le politiche si facciano alla luce del sole.
A chi giova l'operazione? L'operazione politica consentirà o no al Polo Progressista di fare un passo avanti? Consentirà di costruire un rapporto proficuo con il PPI? Sono indotto a dare a questi interrogativi risposte negative.
Temo che l'accordo sia, per la DC, puramente tattico e contingente temo che mascheri l'intento della DC, o perlomeno della sua maggioranza, di mantenere un ruolo centrale nel governo della Regione, di avere un maggiore potere contrattuale da spendere alle prossime elezioni con le forze di destra. L'incontro di oggi ha luogo prevalentemente con la vecchia DC: c'è il rischio di lavorare per i Re di Prussia.
Le forze di sinistra e di progresso potrebbero uscirne penalizzate e sconfitte. Dicendo questo non sottovaluto l'importanza del rapporto con il PPI, ma questo richiederà certamente un'opera di lunga lena, di processi di maturazione, forse favoriti anche da una comune collocazione all'opposizione. Una maturazione, ma effettiva, di esperienze comuni, di posizioni politiche e di contenuti programmatici. Dove sta scritto che la costruzione di un rapporto positivo con il PPI si realizza solo se entrambe le forze partecipano ad una Giunta? Si tratta allora di processi non di vertice, ma che investano il sociale, la società civile.
A me pare che questo problema venga affrontato con una concezione troppo superficiale e semplicistica: io penso invece che si debba approfondire questo aspetto.
Mi chiederete le alternative. Posto che la costruzione di un'alternanza non è stata possibile, pensavo che si potesse percorrere la strada di una forza che resta, dopo nove anni e mezzo, all'opposizione; da quella posizione tende ad influenzare l'opera di governo, magari concorda alcuni punti fondamentali per garantire la governabilità e una risposta positiva ai problemi più drammatici, garantendo semmai un voto favorevole tecnico. Ciò conservando, però, un suo ruolo di forza di opposizione su programmi e contenuti.
Ho il dovere intellettuale di considerarli seri, ma non posso dire che siano strettamente connessi al tempo a disposizione (poco più di sei mesi) e rilevo che questa esperienza si svolge a conclusione di due intere legislature di governi regionali di pentapartito.
Temo che determinate logiche oggettive operino automaticamente; la strada non è stata solo tracciata, il solco è profondo. Determinate impostazioni non si correggono automaticamente, nel giro di pochi mesi: queste continuano, sia pure stancamente e meccanicamente, ad operare. Sui contenuti, penso che talune si proiettino oltre l'arco temporale disponibile, ma non considero questo fatto negativo; alcune impostazioni sono condivisibili, altre discutibili per la loro genericità.
C'è un problema di credibilità della compagine di governo, sulla cui solidità di maggioranza non ho dubbi; nutro invece dubbi sulla competenza degli Assessori: in poco più di sei mesi, chi non è competente può a mala pena conoscere i principali problemi, ma non, certamente, affrontarli ed avviarli a soluzione. La competenza per taluni è certa; per altri mi permetto di dubitare.
Sulla struttura della Giunta debbo constatare che si è partorito un mostriciattolo. La soluzione corretta sarebbe di avere un unico Assessorato sanità ed assistenza. E' da trent'anni che l'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di affrontare in modo globale i problemi della sanità e dell'assistenza e di garantire a questa organizzazione, che deve essere globale, un governo unico e non settorializzato.
Abbiamo una macchina assessorile sfasciata per riconoscimento unanime organici estremamente carenti dal punto di vista quantitativo e delle qualifiche. E noi sdoppiamo l'Assessorato! Mi pare insensata, considerata l'importanza di questi due - attualmente Assessorati, la proposta addirittura, di tre Assessorati che impiegano più di tre quarti delle risorse della Regione. Voglio ricordare che in altre Regioni non ci sono precedenti di questo genere, al massimo si ricorre alla delega: viene delegato un Consigliere, il quale ha una determinata funzione o è responsabile di un progetto.
Proviamo a riflettere: avremo un Assessorato alla gestione sanitaria ma la Regione ha esclusivamente competenze di indirizzo e programmazione sanitaria, non di gestione. Cosa si pensa quando si parla di gestione: alla bassa cucina sanitaria? La spesa corrente: di chi sarà la competenza? La spesa in conto capitale, le leggi regionali sono strumenti fondamentali per il governo della sanità: chi potrà disporre, in sostanza, della cassa? Attenzione: se si pensa ad una bassa cucina sanitaria, che abbia gli strumenti legislativi e le possibilità di spesa corrente e in conto capitale, significa che la programmazione resterebbe priva di strumenti di attuazione. Verremmo a trovarci in una curiosa situazione, in una fase di estrema carenza di risorse, sia per la spesa corrente sia per la spesa in conto capitale, le quali verrebbero sottostimate; avremmo una gestione che procede alla cieca, senza indirizzi programmatori, con gli occhi aperti solo nei confronti delle clientele e dei localismi, e, al tempo stesso, una programmazione priva di qualsiasi strumento attuativo, e quindi inutile: un Assessorato alle cose inutili.
Questa spartizione annulla a vicenda i due Assessorati; avremo, fin dall'inizio, un conflitto immediato.
Personalmente, mi permetto di proporre una soluzione: un Assessorato unico e un Consigliere delegato o responsabile di programma che dir si voglia. Attenzione, si può ulteriormente sconquassare la sanità; in sei mesi si può fare poco, ma si possono fare danni immensi.
Il Consigliere Marchini ha ricordato il Ministro Costa, il quale avrebbe scoperto che la competizione fra pubblico e privato sarebbe improponibile; il pubblico sarebbe tremendamente arretrato e il privato fortemente avanzato: vi sarebbe un eccessivo squilibrio. La verità Consigliere Marchini, è un'altra: nel nostro Paese è nato ed è prosperato all'ombra e sulle carenze del servizio sanitario un privato particolarmente parassitario.
Personalmente, mi auguro davvero che un altro privato entri in campo: un privato disponibile a rischiare denaro di tasca propria, con capacità e competenze professionali, capace di stare sul mercato e di fare effettivamente concorrenza al servizio pubblico. Non conosco privato che non sia sotto l'ombrello protettivo del Servizio Sanitario Nazionale; non conosco privato che prima di intraprendere una qualsiasi iniziativa nel campo sanitario non abbia chiesto ed ottenuto la convenzione.
Auspico davvero che l'altro privato, quello vero, quello effettivamente competitivo, scenda in campo; tutti gli altri si sono messi sotto l'ombrello del Servizio Sanitario Nazionale. Mi fa piacere che il Ministro Costa dica che il programma di Forza Italia non è per nulla attuabile in questo Paese; se attuato, provocherebbe quanto ha provocato negli Stati Uniti: il massimo di diseguaglianza e della spesa sanitaria. Altro che venircela a raccontare con i "bonus"! Poiché lo Stato spende mediamente per ciascun cittadino un milione e mezzo all'anno, questa cifra verrebbe data allo stesso cittadino che la spenderebbe per assicurarsi. Basterebbe un ricovero di due giorni alle Molinette: l'assicuratore verrebbe immediatamente a dire al malato che il suo bonus è già stato speso.
Quella strada non è percorribile; è percorribile, invece, la strada della razionalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, della qualificazione della spesa - non spendiamo troppo, spendiamo male e della scesa in campo di quel privato vero, che rischia ed è competente: di questo abbiamo bisogno.
Come avrete notato, la mia analisi è profondamente diversa da quella prevalente nel mio Gruppo; mi auguro sinceramente di sbagliare, ma ho sentito il dovere morale e politico di esprimere liberamente e serenamente le mie idee; idee che mi portano a votare contro la maggioranza e la Giunta proposta. Ovviamente, non mi sottrarrò alla prova dei fatti ed al confronto concreto; posso assicurare che non verrà meno in me l'imperativo di dare sempre e pienamente il mio contributo costruttivo nelle varie forme che riterrò opportune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

E' difficile, signor Presidente e cari colleghi, a questa tarda ora serale dover rispondere alle infinite sollecitazioni polemiche e dialettiche che si sono succedute in quest'aula. Vorrei, tuttavia, almeno per blocco di argomenti, dare una risposta che mi auguro, se non soddisfacente, possa essere sufficientemente chiarificatrice, sui passaggi sui momenti, sui travagli di questa esperienza che, essendo anomala in riferimento al quadro politico nazionale, certamente presenta inedite difficoltà.
Il Consigliere Fiumara, nella sua lettura critica rigorosamente documentale, ha voluto darci un prospetto dell'ultima seduta del Consiglio dei documenti che l'hanno preceduta e che si sono succeduti, per arrivare alla conclusione che una disinvolta alleanza, quale quella che si propone oggi, non ha alcun supporto politico-programmatico rigoroso.
Se si costruisce il quadro politico per grandi aggregati o per grandi consensi o convergenze delle forze politiche, all'interno di questo quadro caro Fiumara, bisogna anche parlare del nomadismo politico dei singoli Consiglieri, che senza giustificarsi passano da un campo all'altro. Sono loro che determinano la maggioranza e le minoranze.
E' vero che - e il collega Chiezzi l'ha subito rilevato nell'ultima seduta si proponevano due possibilità: una istituzionale ed una di un governo di centro. Non voglio rifare tutte le salmodie dei discorsi passati; non voglio rifarmi a quel bipolarismo dialettico che c'è stato anche in quest'aula con accenti culturalmente elevati; non voglio rifarmi a quel discrimine che ci ha segnato nella battaglia pre-elettorale e post elettorale; non voglio rifarmi a quelle coordinate culturali alle quali tutti noi, correttamente e legittimamente, ci possiamo richiamare, ma il bipolarismo moderati/progressisti è stato all'origine del tentativo che la DC o il PPI hanno esperito con la raccolta di 31 firme, e sulla cui base c'è stato un confronto a tutto campo tra le forze della presente maggioranza.
Anch'io, proprio in virtù della trasparenza, dirò le cose come sono successe da allora in poi.
Il collega Marchini, con la sua capacità, non dico di divinazione ma prospettica, ha suggerito l'ipotesi suggestiva che, stante la situazione politica e la prospettiva politica di un galoppante e progressivo bipolarismo, l'alleanza di centro dovesse venire a cessare per la sua ristrutturazione non in un'alleanza pentapartitica, ma in una polarità che avesse, anche in quest'aula, un futuro, cioè una cultura ed una sintesi politica tra il cattolicesimo politico e le forze liberaldemocratiche.
Questa impostazione suggestiva e spiazzante - perché si trattava più di una misera conta tra le forze del pentapartito - è stata certamente un colpo d'ala di cui dovevamo prendere atto. Ma ci sono stati subito i distinguo: "Non mi sento rappresentato, mi sento lontano, non vedo i collegamenti reali tra questa ipotesi e le necessità di questi giorni".
Pertanto, si è subito registrata una netta opposizione, anche se schermata da belle e buone parole, nei confronti di un'ipotesi che voleva "schiodare" il Gruppo moderato dal tradizionale steccato. Questo è stato il primo punto, che risponde anche al polo progressista, sulla "minestra riscaldata", sul "fatto puramente strumentale", ecc.
Poi ci sono stati via via altri interlocutori, quasi una catena di Sant'Antonio, dove ognuno parlava con il ventriloquo dell'altro, quasi a dimostrare che non era lui il soggetto che discriminava o che poneva delle difficoltà nei confronti della maggioranza di centro, ma era il suo vicino il suo prossimo, quello ancora più lontano. Insomma, tutti sentivano, quasi per una terapia di gruppo, la difficoltà di risolvere i problemi, di sciogliere i grumi, di individuare i buchi neri dell'operazione centrista.
Noi ne abbiamo preso atto.
Quando l'amico Gallarini, che rispetto e stimo e che ringrazio per essere stato uno dei migliori Assessori in questi quattro anni (è un giudizio personale), si presenta con un decalogo nero e parla a nome del Partito socialdemocratico, e dice che lui rispetta i patti, perché è un gentiluomo, che però le cose che si prevedono e che si profilano sono effettivamente degli impicci tali per cui questa maggioranza non ha n' fiato n' respiro, allora prendo atto di una situazione che si stava sempre più incredibilmente deteriorando.
Vengo poi a conoscenza di veti e non nei confronti dei partiti laico socialisti, veti non da parte DC, perché il Presidente (che stamane è stato un po' un bersaglio, come novello San Sebastiano, di alcuni aculei da parte di certi ex-Assessori) li ha sempre generosamente protetti. Il Presidente Brizio ha sempre tutelato la sua 'quipe, come giustamente deve fare una persona che sente la solidarietà del lavoro, dell'impegno e della testimonianza.
Caro Garino, tu non sei "Alice nel Paese delle Meraviglie", anche se hai una vocazione ecologico-ambientalista. Tu capisci quali sono le regole del gioco, quali sono le possibilità reali di fare e di portare avanti un determinato disegno, per cui percorrendo la metafora del Fort Apache (a parte il fatto che Fort Apache non esisteva più, semmai era una casamatta devastata, un cumulo di macerie) e dei fucili venduti agli indiani, è suggestiva, ma non di valore dirimente. Infatti, secondo me, è molto più serio, moralmente più legittimo, vendere armi ai nemici piuttosto che cooptarli per dare loro la piazzaforte da condividere con loro. Per cui, se vogliamo scegliere i nemici, li scegliamo non cooptandoli, ma facendo nella data situazione un'opera di trasparenza politica, di corresponsabilità e di condivisione politica.
Quello che la Democrazia Cristiana o il PPI non poteva accettare era un governo del Presidente, perché sarebbe stato un governo amico, cioè dominato da quattro Assessori che cercavano di cooptare a destra o a sinistra i propri compagni di viaggio più convenienti.
Se chiarezza deve esserci fino in fondo, questa doveva incominciare da una presa di posizione politica che non poteva essere lo stravolgimento dei rapporti di forza e di quel confronto chiaro ed inequivocabile che deve esistere tra forze politiche di segno diverso.
Collega Dameri, ci troviamo oggi in quello che viene chiamato un labirinto di paradossi. Si domanda alla DC e al PPI di diventare un partito più progressista di quello che è, mentre il Partito democratico della sinistra ha sfoltito un po' i cespugli ai piedi della sua Quercia. Ma se questo è un cammino che deve seguire l'Italia, per cui da una parte si paventa il bipolarismo come fatto di segmentazione del Paese, se questo cammino, attraverso l'apporto - come ha detto il collega Marchini - pu arrivare domani non ad una politica di sottogoverno, non ad un consociativismo che è passato di moda (nel 1976 c'era il problema dell'emergenza), senza dire che questo è un esperimento da laboratorio ecc., prendo però atto che la situazione può anche dare adito a degli sbocchi oggi imprevedibili.
Non siamo figli di nessuno, Calligaro; abbiamo parlato e abbiamo avuto il carisma del Partito Popolare Italiano, per cui se la nostra testimonianza non è efficace, se la nostra presenza non è legittima, se i nostri carati non sono giusti o non sono sufficienti, c'è comunque un quadro politico che ci rassicura e vi rassicura sul fatto che non siamo dei cani perduti senza collare. Siamo qui per testimoniare una presenza e perché questa presenza deve essere certamente una presenza meditata, una presenza attenta, una presenza anche sofferta. Potevamo fare cose diverse? Non credo.
Collega Leo, il tuo amico, Cardinale Ratzinger, dice che l'assenza di ogni compromesso è la vera immoralità politica. Credo che il compromesso quel compromesso che tempera le singole posizioni e le singole animosità debba essere effettivamente la guida anche di questa azione nell'ambito della Regione Piemonte.
Il Presidente è stato accusato stamane - poi lui risponderà di essere "l'uomo di tutte le stagioni" (così mi pare abbia detto il Consigliere Garino) oppure di avere "tutte le stagioni per un uomo". Tuttavia, se nei vari passaggi delle circa dieci crisi che abbiamo subìto o accompagnato dal 22 ottobre ad oggi, al di là di alcune improvvisazioni più dialettiche che altro, tutti si sono riconosciuti nella tutela, nella continuità del Presidente Brizio, ciò significa che, di fronte ad altre opzioni o ad altre considerazioni, la sua esperienza è stata da tutte le forze politiche privilegiata. Pertanto noi non consideriamo riduttiva la Presidenza Brizio di un Brizio ter (se vogliamo chiamarla così, ma non è così), bensì la consideriamo una garanzia di continuità di esperienze di lavoro e di impegno che in questo ultimo anno solo lui ci può assolutamente garantire.
Ho già detto prima che non si può prevedere l'avvenire. Noi non siamo per operazioni fideistiche, non siamo per operazioni teleologiche; siamo per una situazione locale, per una situazione regionale quale quella che ci è data oggi, in questa Regione. Abbiamo alcune opzioni programmatiche, non molte. Dobbiamo far sì che esse siano legate a questo scorcio di legislatura. Noi dobbiamo pertanto realizzare oggi quello che ci è possibile realizzare e su questo si è inserito anche il discorso delle altre forze politiche e sociali della città.
E' peccato aver confermato a "Repubblica", ad un giornale cittadino che si è parlato a destra e a manca? E' peccato che in questa città, una volta tanto, ci sia una trasparenza di rapporti e non ci sia il solito gioco delle ombre cinesi che dicono e non dicono, affermano e poi smentiscono? E' peccato che uno, in una vigilia così difficile, così problematica, senta le voci della società civile, che noi evochiamo ogni momento come un mito, e poi certamente smentiamo se questo non avviene nello stesso momento, con gli stessi interlocutori, nella stessa contestualità (facendone, anche qui, una questione di Manuale Cencelli, per cui tutto il microcosmo politico dovrebbe essere presente per dare legittimità a tale posizione)? E beh, no! Io ho assunto delle posizioni e le difendo; non sono n' orgoglioso n' altro di averle fatte, di averle assunte: non mi interessa.
Credo però che l'interlocuzione politica con la società civile sia propria di un partito (che non può vivere la propria separatezza da una città, da una comunità), salvo poi assumere in sede propria, nelle sedi istituzionali, la volontà decisionale, l'ultimo atto finale.
Certo, c'è sempre l'aspetto "moloch" dell'uomo che porta i soldi o dell'uomo di Corso Marconi. Ma il blocco sociale di tutti i partiti oggi è diverso. La stessa ricchezza ha eroso il blocco sociale; ha permesso la mobilità tra i blocchi; permette oggi una commistione di classi che non sono più di un'appartenenza stretta e diretta ad un partito politico.
E' per questo che noi rivendichiamo la libertà di parlare a tutto campo con chicchessia. Anche con l'on. Ghigo, ma da una posizione di dignità, non di sudditanza, non pensando a quello che verrà domani, non pensando a quelle che saranno le gratificazioni del dopodomani, non pensando a quelle che potrebbero essere le indulgenze elettorali, ma tenendo presente che esiste oggi in questa Regione, in questo Stato, in questo Paese, una forza che non può essere assolutamente disattesa, e tenendo con questa forza come con le altre forze sindacali, sociali e politiche, un rapporto di pari dignità che non vuole assolutamente dire abdicazione dalle proprie responsabilità e dalla propria dignità politica.
Sarebbe troppo facile dare così alla favolistica politica o para politica degli espedienti da caserma o degli espedienti da portineria. Noi parliamo dunque con tutti e siamo lieti di avere parlato anche con l'on.
Ghigo, il quale poi, per togliere tutto quello che potrebbe essere il prezzemolo dalla polemica - e lo dico agli amici del CCD ha detto che compito della classe politica è far funzionare le istituzioni e che pertanto l'istituzione Piemonte deve funzionare con le maggioranze che esistono, con le alternative che sono possibili.
Altre alternative non ne esistono, o meglio, non ne vedo o non sono possibili: nessuno è stato delegato a rappresentarle qui dentro. Per cui un discorso che potrebbe essere strumentalizzato a destra e a sinistra, a seconda delle proprie appartenenze dei propri ruoli, è invece stato portato, in una sede che qui non ha rappresentanza, nella misura più corretta e direi più limpida possibile.
Non so se devo ancora aggiungere qualcosa. Certamente facendo un'operazione di questo genere (non mi voglio fermare sui programmi perché in seguito ne parleranno i miei amici), noi non cancelliamo la nostra identità, non la cancelliamo. E' sempre il vecchio problema identità-alleanze.
Quindici-venti giorni fa, ne parlavamo qui; sembrava quasi che il problema fra identità ed alleanze volesse coinvolgere il Movimento Sociale e la Lega. E anche su questo diciamo delle cose serie, perché rispetto al fatto di avere riequilibrato le istituzioni, oggi - sia dal Consigliere Masaracchio che dal Consigliere Majorino e dal Consigliere Vaglio - nessuno ha affermato che dovevano pagare un prezzo, perché queste istituzioni venissero riequilibrate a destra. E proprio la loro posizione frontalmente oppositrice a questa Giunta significa che non c'è stata nessuna trattativa sottobanco, per cui prendiamo le cose per quello che sono, non per la manipolazione che queste possono offrire alla nostra fantasia, al nostro estro.
Vorrei aggiungere che ho apprezzato anche il discorso dell'amico Ferrara. Vedi, collega Ferrara, tu sul merito ci sei; sul metodo trovi sempre delle occasioni per distinguerti. Ed è difficile, perché in un'operazione politica, in un processo politico, dove si può intervenire? All'alfa o all'omèga? Allora è un problema di metodo: "Non domandare la formula che il mondo possa aprirti", non chiedermi la parola che squadri tutta la situazione.
E, rivolgendomi al Consigliere Cucco, dico che il suo esperimento è stato positivo, però come si può coagulare granello con granello? Spesso succede che questi pochi e poveri granelli - pochi nel senso del numero non della qualità - non riescano a fare la miscela necessaria affinché si possa ottenere il malto per costruire qualcosa. Ci deve essere un capovolgimento logico; bisogna cercare prima la convivenza dei due perni perché poi essi siano di coagulo con il resto.
Caro Chiezzi, non puoi venire in questo consesso a portarci i tuoi borborigmi nei confronti della sinistra, nei confronti dei progressisti, a portarci quelle che sono la tua insofferenza, la tua mancanza di abitabilità all'interno, perché questo è un problema che si deve risolvere in quell'ambito. Noi capiamo benissimo che tu sei un'intelligenza, una forza viva di questo Consiglio e, come abbiamo detto quindici giorni fa riequilibrando istituzionalmente l'Ufficio di Presidenza, tu devi rivestire una funzione e un ruolo che possano essere effettivamente un arricchimento nei confronti di questo Consiglio.
Scusatemi per la lunghezza del mio intervento. Ancora due parole.
Amici, non gridiamo: "Al lupo, al lupo" - lo può gridare l'on. Vietti perché questo è un allarmismo, secondo me, molto parolaio, molto inconcludente. In questo sì, veramente c'è il segnale mortificante di una parte enfaticamente, sconsolatamente prigioniera del proprio passato.
Questo gridare "al lupo al lupo", come si fa in giro da parte di qualcuno non è altro che la denuncia di un vuoto di analisi, oppure un cercare la zattera di salvataggio per mettersi in salvo prima che lo faccia l'equipaggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino per dichiarazione di voto.



GARINO Marcello

Signor Presidente, il Capogruppo della DC ha un vizietto: quello di parlare per ultimo e di riferirsi naturalmente agli interventi precedenti e di permettersi di criticarli. E' nei suoi diritti, ma la prossima volta sarà meglio che parli per primo.



PRESIDENTE

Questa volta, per la verità, era penultimo, ma è stato chiamato al telefono.



(Voci in aula)



GARINO Marcello

Comunque gli è stato permesso di parlare per ultimo. Saremmo d'onore indubbiamente più accettabile se tutti avessimo parlato quanto ho parlato io, Presidente.
Caro Picchioni, io vivo in un Comune dove normalmente è sufficiente che la gente si stringa la mano ed il patto è conservato; non avevo ancora sentito da altri che esistono firme nominali non reali: è una cosa che mi giunge assolutamente nuova. Normalmente la firma è un impegno, ed è proprio nata dal fatto che solo sulla parola non ci si poteva più fidare; vuol dire che occorrerà, magari in altre sedi, inventare per esempio la cauzione oppure l'impronta.
Il secondo problema è il seguente: o l'on. Picchioni è molto disattento o soffre di amnesia nello stesso giorno. Il Fort Apache non l'ho inventato io: è una frase ed una felice intuizione del Presidente Brizio. Se per il Capogruppo della DC, quello che è stato Fort Apache per il Presidente Brizio è una casamatta rotta, non lo deve dire a me, ma al Presidente Brizio.
Per quanto riguarda il trattato sociologico, preferisco altri autori quindi su questo tacerò.
Confermo il nostro voto contrario.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola per dichiarazione di voto dichiaro chiuso il dibattito.
Dò quindi lettura dell'art. 32, terzo comma, dello Statuto che recita: "Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta. E' proclamato eletto Presidente il Consigliere che ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione. Ove non sia raggiunta la maggioranza richiesta, l'elezione è rinviata ad altra seduta da tenersi non prima di otto, e non oltre quindici giorni".
Si proceda pertanto all'elezione del Presidente della Giunta.
Il Consigliere Segretario Porcellana proceda all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 55 votanti 52 maggioranza richiesta 31 voti hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri.
Proclamo quindi eletto Presidente della Giunta regionale il Consigliere Gianpaolo Brizio, che ha ottenuto la maggioranza dei voti richiesta dallo Statuto. Lo invito pertanto a prendere posto al banco della Presidenza della Giunta regionale.



(Il neo Presidente prende posto al banco della Presidenza della Giunta)



PRESIDENTE

Passiamo quindi all'elezione della Giunta regionale. Il settimo comma dell'art. 32 dello Statuto così recita: "Avvenuta l'elezione del Presidente, il Consiglio procede all'elezione della Giunta a maggioranza semplice, con votazione della lista ad esso collegata".
Dò pertanto lettura della lista degli Assessori proposti che verrà posta in votazione per appello nominale: Bonino Guido Bresso Mercedes Cavallera Ugo Coppo Ettore Cucco Vincenzo Ferraris Paolo Leo Gianpiero Marengo Luciano Marino Massimo Montabone Renato Riba Lido Rossa Angelo.
Il Consigliere Segretario Porcellana proceda all'appello nominale.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 55 votanti 52 maggioranza richiesta 30 voti hanno risposto SI 34 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri.
Essendo stata raggiunta la maggioranza dei voti richiesti, dichiaro eletti Assessori i Consiglieri della lista proposta, che invito pertanto a prendere posto nei banchi della Giunta.



(I neo Assessori prendono posto ai banchi della Giunta)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 931: "Presa d'atto delle dimissioni dall'Ufficio di Presidenza del Vicepresidente Renato Montabone ed integrazione Ufficio di Presidenza. Elezione di un Vicepresidente (art. 14 dello Statuto e art. 4 del Regolamento consiliare)" Presentazione ordine del giorno di richiesta di dimissioni dell'intero Ufficio di Presidenza Presentazione questione pregiudiziale


PRESIDENTE

Il Consigliere Montabone mi ha fatto pervenire la seguente lettera di dimissioni: "Il sottoscritto, Montabone Renato, comunica di rassegnare, da oggi 6 giugno 1994, le proprie dimissioni da Vicepresidente del Consiglio regionale".
Il Consiglio ne prende atto.
E' stato presentato alla Presidenza un ordine del giorno a firma dei Consiglieri Vetrino, Gallarini, Fiumara e Garino il cui testo recita: "I sottoscritti chiedono sia posto all'immediata discussione e alla successiva votazione il seguente ordine del giorno: 'Il Consiglio regionale del Piemonte visti gli artt. 14 dello Statuto e 4 del Regolamento del Consiglio regionale, che dettano i principi e le norme per l'elezione dell'Ufficio di Presidenza, esplicitamente volti a garantire la rappresentanza della minoranza considerando che il mutamento di alleanze porta alla costituzione di maggioranza diversa da quella che aveva espresso l'attuale Presidenza ed il Consiglio considerando che la semplice sostituzione di un rappresentante dimissionario può stravolgere i principi e le norme citate ritiene che l'intero Ufficio di Presidenza debba immediatamente dimettersi ed essere rieletto secondo i dettami degli articoli citati, a garanzia delle regole democratiche fissate dallo Statuto e dal Regolamento del Consiglio regionale'".
Il documento verrà ora distribuito in aula; documento semplice, ma del quale vale forse la pena che i Capigruppo prendano visione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Picchioni. Ne ha facoltà.



PICCHIONI Rolando

Non voglio entrare nel merito dell'ordine del giorno, ma desidero far rilevare che la situazione anomala di oggi si è già registrata in passato senza che venissero avanzate proposte di dimissioni dell'intero Ufficio di Presidenza. Inoltre, mi pare che la minoranza sia ampiamente rappresentata, in quanto i tre Segretari d'assemblea sono rappresentanti di Gruppi di minoranza che non hanno votato l'attuale formazione di Giunta.
Mi premeva comunque chiedere alla Presidente del Consiglio se, in merito all'eventualità proposta, può esprimere un giudizio comune dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, il nostro Gruppo ha sollevato la questione in discussione, ma la coltiva in modo diverso. E' ovvio che in aula si stiano evolvendo approcci diversi alle novità.
Si tratta per noi di una questione di principio e, in questo senso richiamiamo la Presidente alla sue responsabilità. Il nostro Regolamento prevede il diritto della minoranza ad avere un Vicepresidente; qualora questo diritto ci venga da lei riconosciuto, la parte liberale non potrà non riconoscere che non siamo al primo giorno della legislatura, che siamo a valle di vicende che hanno visto la minoranza essere, in alcune sedi, più presente della nuova maggioranza e che quindi non è probabilmente corretto porre la questione nei termini ferrei e totali posti dal Regolamento.
Non possiamo sicuramente immaginare di stravolgere posizioni e rapporti di forza costruitisi e realizzatisi al nostro interno per una vicenda di fine legislatura. Mi riferisco, per esempio, agli enti strumentali.
Mi consenta però, Presidente, di chiedere che la situazione venga consacrata nella storia della nostra Regione. Si tratta di una questione simile a quella da me posta questa mattina; mi auguro che l'opposizione rispetto alla così delicata vicenda di un ultimo anno di legislatura sappia, proprio perché è soprattutto un'opposizione d'opinione - si tratta di pezzi di partiti di consenso che sono all'opposizione e gruppi d'opinione - che la specificità dell'opposizione venga riconosciuta.
Per parte liberale, chiediamo che la Presidente ci dia atto che la lettera del Regolamento assicura alla minoranza una posizione di Vicepresidente. Rispetto a questo, il nostro Gruppo non rivendica alcunch e prende atto che in relazione a quanto avvenuto oggi - mi riferisco alla posizione del collega Porcellana la DC rischia di non essere presente nell'Ufficio di Presidenza.
Realismo politico e rispetto comune ci portano ad accettare nella sostanza una situazione diversa da quella che la lettera dello Statuto ci riconosce. Ci sembra però che questo debba essere apprezzato come atto di generosità dell'opposizione e non come conseguenza di un atto di arroganza della maggioranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Signor Presidente, non vorrei che l'ordine del giorno fosse stato male interpretato. Al proposito, vorrei leggere il terzo punto: "Considerando che la semplice sostituzione di un rappresentante dimissionario pu stravolgere i principi e le norme citate...". Non c'è scritto che stravolge, ma che può stravolgere. Quand'è che può stravolgere? Qualora venisse nominato un rappresentante della maggioranza.
L'art. 14 del nostro Statuto recita: "All'elezione dei Vicepresidenti e dei Segretari si procede con votazioni separate e ciascun Consigliere vota, a scrutinio segreto, con le modalità stabilite dal Regolamento".
Giustamente, il collega Marchini diceva che il Regolamento prevede che i Vicepresidenti siano eletti e "ciascun Consigliere vota con un solo nome". Questa è la norma con la quale si vuole garantire il diritto delle minoranze di essere rappresentate, purché consistenti. La stessa cosa è ribadita per quanto riguarda i Consiglieri. La prassi, lo Statuto, il Regolamento impongono che la minoranza abbia diritto ad un Vicepresidente.
Le questioni sono due. Il problema non è tanto quello di votare "sic et impliciter" un ordine del giorno. Sono d'accordo con il collega Marchini: o viene chiaramente espresso che la minoranza ha diritto ad avere un Vicepresidente - però non so in quali modi, perché diventa difficile con una votazione segreta - oppure l'altra strada è quella delle dimissioni dell'Ufficio di Presidenza, affinché possa essere garantito ciò che lo Statuto dice.



PRESIDENTE

Poiché la questione riveste notevole rilevanza e il problema, seppure di scorcio, è stato posto nella seduta dei Capigruppo tenutasi ieri (vi è stata anche un'eco su un giornale di stamane), ho ritenuto, nel primo pomeriggio, di riunire l'Ufficio di Presidenza per valutare le questioni che avevo sentito ventilare e che vengono richiamate nell'ordine del giorno; tale documento ha carattere strettamente politico, in quanto lo Statuto non prevede questo tipo di procedura.
D'altro canto, altre volte abbiamo esaminato ordini del giorno di tipo politico; in più occasioni abbiamo esaminato e votato documenti che chiedevano, per esempio, le dimissioni del Presidente della Giunta come richiesta politica, non come atto che si richiamava ad una procedura di tipo statutario; proprio per la rilevanza delle questioni poste, abbiamo sempre consentito che venissero presentati e votati.
Credo che analogo comportamento debba essere oggi seguito per questo documento, che fa riferimento alla questione dell'Ufficio di Presidenza.
Abbiamo esaminato l'art. 14 dello Statuto, il quale, in maniera esplicita, dice che l'Ufficio di Presidenza deve essere composto in modo da assicurare la rappresentanza delle minoranze. Nello Statuto non è scritto che la rappresentanza delle minoranze debba riguardare i Vicepresidenti ripeto, la garanzia richiesta è che la rappresentanza delle minoranze sia comunque garantita all'interno della composizione dell'Ufficio di Presidenza.
Oggi, sulla base del voto espresso prima, nell'Ufficio di Presidenza sono presenti almeno tre componenti di minoranza. Al di là di questo desidero ricordare anche un altro elemento importante: il Regolamento. Per l'elezione dei Vicepresidenti il Regolamento prevede la votazione a scrutinio segreto: ciascun Consigliere vota un solo nome. Abbiamo interpretato che questa norma faccia riferimento alla prima elezione dell'Ufficio di Presidenza (o alla rielezione dopo il termine di trenta mesi). Essa tende a garantire che almeno uno dei Vicepresidenti sia di minoranza.
E' evidente che sia così, perché con la grande trasformazione politica dei Gruppi, non è detto che, di per sè, questa norma garantisca che un Vicepresidente sia di minoranza. Laddove ci fosse una maggioranza molto ampia, la maggioranza potrebbe garantirsi, pur con questa norma e nonostante il voto unico, entrambi i due Vicepresidenti.
Peraltro, l'Ufficio di Presidenza non può che fare un esame di tipo procedurale, cioè dire che lo Statuto, la carta fondamentale della Regione recita che è sufficiente che le minoranze siano presenti nell'Ufficio di Presidenza nel suo insieme. E' altrettanto vero che il Regolamento fa riferimento unicamente ai due momenti centrali, uno dei quali è la prima elezione dell'Ufficio di Presidenza (e voi sapete che ciò avviene prima della formazione della Giunta).
Potrebbe anche avvenire che l'Ufficio di Presidenza venga eletto immediatamente all'inizio della legislatura e che, successivamente, la Giunta abbia una composizione di maggioranza o di minoranza difforme da questo. Non c'è alcuna parte dello Statuto nella quale si dica che l'Ufficio di Presidenza debba essere speculare alla Giunta; ciò malgrado che in questi anni ci sia stata la prassi per cui uno dei Vicepresidenti è sempre stato di opposizione. E' una prassi seguitasi fino a questa fase che è di grandissima modificazione, anche politica.
Per la verità, l'ultima Giunta Brizio, non quella eletta oggi, è stata sostenuta, per una fase anche breve, da tutti i componenti dell'Ufficio di Presidenza. Nell'ultima fase, quella della Giunta tecnica Brizio, tutti i componenti dell'Ufficio di Presidenza erano di maggioranza, o avevano dato il proprio voto favorevole alla composizione della Giunta. Successivamente vi è stato l'inserimento di un Consigliere che ha rappresentato l'unica minoranza prevista. Questa è stata la prassi seguita sinora che, in questa ultima fase - e non credo sia casuale, ricollegandoci alle grandi trasformazioni avvenute non si è attuata.
Al riguardo, abbiamo consultato la dottrina. La pubblicazione di Franco Levi, una delle più complete, nel commento allo Statuto, dice che gli esponenti della minoranza possono essere tanto Vicepresidenti quanto Segretari. Non dice che, obbligatoriamente, debbano essere Vicepresidenti anche se c'è stata una lunga prassi che ha voluto questo. La pubblicazione di Franco Levi fa peraltro riferimento ad un'altra pubblicazione, quella del prof. Ciaurro sugli organi della Camera che, in qualche modo riconferma quanto io ho detto. Questo è quanto può dire l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale.
Fino a questo momento, non abbiamo avuto delle designazioni formali alla Vicepresidenza del Consiglio regionale; è evidente, peraltro, che se tale designazione fosse di un Consigliere dell'attuale minoranza, ci troveremmo nella situazione di avere quattro componenti dell'Ufficio di Presidenza di minoranza e due di maggioranza.
Queste sono le motivazioni in base alle quali ritengo che la rappresentanza delle minoranze prevista dallo Statuto possa essere soddisfatta con la presenza nell'Ufficio di Presidenza di componenti Segretari appartenenti alle forze di minoranza.
Mi pare di avere fornito una visione globale di tutti i profili del Regolamento, dello Statuto, della dottrina, facendo anche riferimento alla prassi seguita che - ripeto - non a caso si è fermata qualche mese fa quando una grande modificazione di carattere politico complessivo riguardante il nostro Paese, poteva portare a riflessioni di tipo diverso alcune delle quali sono state ricordate nell'intervento del Consigliere Marchini.
Termino qui il mio intervento, in quanto ho esaurito gli elementi per i quali ho ricevuto mandato dall'Ufficio di Presidenza. Se altri componenti dell'Ufficio di Presidenza vogliono intervenire su tale argomento, lo possono fare.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi; ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

La mia opinione è che questo problema potrebbe essere serenamente affrontato in due modi. Il problema esiste ed è quello che uno dei due Vicepresidenti, nella storia della Regione, è stato assegnato alle minoranze.
Le strade sono due.
Una è quella della dottrina: "Vediamo cosa c'è scritto sui Regolamenti"; "Vediamo se è proprio così e cerchiamo delle interpretazioni che sorreggano l'elezione di un Vicepresidente in questa situazione con tre rappresentanti della minoranza nell'Ufficio di Presidenza ed il Gruppo di maggioranza relativa non rappresentato". E' una strada che francamente non mi interessa. Se vogliamo seguire la strada della dottrina, si può fare: la soluzione si trova, la dottrina anche; qualunque cosa si faccia, la dottrina lo confermerà.
C'è poi un'altra strada che, secondo me, è di maggiore interesse e dignità. Si è formata una nuova maggioranza (che ha fatto tanto discutere e forse farà ancora discutere, ma è una novità assoluta in quest'aula) che ha cambiato i rapporti di forza. Penso che una maggioranza così nuova e così forte, per gli ampi numeri che ha, non avrà alcun problema non nell'eleggere un Ufficio di Presidenza, ma nel governare.
Di fronte ad una maggioranza di questo genere, l'altra strada è quella di dire, come maggioranza, che si può, insieme alla nuova Giunta, eleggere un nuovo Ufficio di Presidenza e una nuova Presidenza. Questo avrebbe una montagna di vantaggi: una rielezione, il che vuol dire consegnare all'Ufficio di Presidenza una rappresentanza analoga a quella scelta dalla Regione Piemonte per questo ultimo anno; quindi, non una omogeneità, ma una sintonia di un fatto nuovo, politicamente importante, che può benissimo essere un fatto che coinvolge l'Ufficio di Presidenza.
Non penso che la maggioranza tema questo, perché i numeri che possiede e la compattezza della stessa escludono di inciampare o scivolare sulla rielezione di un Ufficio di Presidenza che verrebbe tutto rieletto, tutto rilegittimato sulla base delle attuali forze. Ciò con soddisfazione - penso di tutti. Mi pare possa essere una scelta politica serena.
Se si vuole la prima strada, la dottrina, non aprirò bocca: avrete ragione! Però mi sembra che la seconda strada - senza rischi per nessuno e nella dignità del Consiglio e a soddisfazione di tutti - possa essere intrapresa. Quindi suggerirei questa seconda strada.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Chiezzi. Interverrò nuovamente su questo, perché è un argomento che abbiamo affrontato. Ora sentiamo gli altri interventi.
La parola al Consigliere Cantore.



CANTORE Daniele

Non voglio prendere ulteriore tempo, perché mi ritrovo in quanto detto dal Consigliere Chiezzi. Devo dirle, signora Presidente, per chiarezza anche all'interno dell'aula, che mi è poco nota la posizione del collega Porcellana, perché è vero che ha espresso una posizione di astensione nei confronti di questa Giunta, però mi è poco chiaro se il collega Porcellana con il Consigliere Germanetto, forma un nuovo Gruppo all'interno del Consiglio regionale o se invece si riconosce e viene accettato all'interno del Gruppo ex DC, adesso Partito Popolare.
Mi pare che fino allo scorso Consiglio si chiamasse Gruppo DC. Se il Consigliere Porcellana rimane nel Gruppo DC, nonostante questa astensione (che peraltro il collega non ha motivato), non credo si possa ascrivere tra coloro che sono minoranza all'interno dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

Se lei ci pensa, Consigliere Cantore, non è l'unica situazione.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Insisto nel considerarmi non soddisfatto nel registrare, signora Presidente, che lei dà una lettura, come ha da essere data, notarile; per lei non è lo speaker dell'assemblea: a mio modo di vedere, deve anche cercare di farla lievitare, questa assemblea. Non si può non stigmatizzare che la DC non si è posta il problema, perché questo è un elemento che inquieta. La DC non si è neanche posta il problema che un Vicepresidente del Consiglio possa tranquillamente traghettarsi in Giunta e lasciare il posto ad un altro Vicepresidente della DC.
Questa è la nota di cultura politica che intendo rimarcare, rispetto alla quale ritengo debba avvenire una sanzione. Mi rendo conto che la sanzione di tipo sostanziale stravolge i rapporti, ridicolizza le situazioni, anche perché devo dire che da parte di questa minoranza, che non è più così solidale, gli atti di generosità, che dovrebbero avviarsi per pervenire ad una soluzione corretta, non vengono offerti.
In altri termini, qualcuno di questa minoranza, per rendere praticabile l'ipotesi di una Vicepresidenza di questa minoranza, dovrebbe dichiarare la propria disponibilità a dimettersi dall'Ufficio di Presidenza, ma questa generosità sicuramente non ci sarà. E' stata una disattenzione del Gruppo DC? E' stato un atto di arroganza? Io penso che sia valida la prima ipotesi: un atto di disattenzione.
Gli atti di disattenzione, però, all'esterno vengono letti male, signor Vicepresidente. Il Vicepresidente della Regione non può passare di qua e di là così, e un partito non può disporre così dei ruoli istituzionali senza neanche porsi il problema di quello che significa. Desidero che questo venga sanzionato in una qualche misura.
Se lei non ritiene di riconoscere in modo formale e sostanziale questo diritto dell'opposizione, qualche altro soggetto ce lo riconosca e chieda non con umiltà ma con correttezza di comportamento, alle altre forze politiche di concorrere ad un risultato che è nella forza delle cose. La DC non può non essere che in un ruolo significativo nell'Ufficio di Presidenza, qualunque strada scegliamo. Ma io desidero che tali questioni che sono importanti, vengano realizzate.
Signora Presidente, Croce scriveva che ci sono politici di due categorie: i pazzi e i savi; tutti sono utili, ma fortunati quei popoli che hanno i politici pazzi, perché sono loro che costruiscono il futuro. Devo anche dire, signora Presidente, che ci sono due categorie di politici: quelli che dalla loro indole, dalla loro natura, dalla loro cultura sono portati a seminare e a costruire ed altri a raccogliere. Non a distruggere, ma a raccogliere. Io appartengo alla prima categoria e ne sono orgoglioso, però desidero che chi invece ha la fortuna di essere dalla parte di quelli che raccolgono non passino attraverso percorsi mortificanti per quelli che costruiscono e seminano. Desidero che questo passaggio non sia mortificante per quelli che costruiscono e seminano a vantaggio solo di quelli che raccolgono per merito loro o per forza della sorte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Intervengo per sostenere che si tratta di un falso problema, anche se mette il dito nella piaga di ciò che è accaduto con il rimescolamento delle carte per la Giunta "Brizio ter".
In effetti, il Consigliere Montabone ha avuto tutto il diritto di trasferirsi dalla Vicepresidenza del Consiglio ai banchi della Giunta - è stata evidentemente un'operazione politica concordata - ma l'altra faccia della medaglia è la permanenza del Consigliere Monticelli alla Vicepresidenza.
Se l'accordo è avvenuto tra il PPI e il PDS-PCI, si pone il problema che il rappresentante del Partito comunista di allora - oggi PDS - era stato eletto indiscutibilmente come rappresentante della minoranza. Oggi invece, è rappresentante della maggioranza; quindi, seguendo una certa etica politica, avremmo dovuto avere o entrambi come componenti della Giunta, oppure le dimissioni del Consigliere Monticelli dalla Vicepresidenza.
Per quanto riguarda l'elogio della pazzia in politica, devo ricordare al Consigliere Marchini che a scrivere l'elogio della pazzia è stato Erasmo da Rotterdam, il quale era molto tollerante fino alla pavidità. Spero dunque che l'elogio della pazzia, visto che taluni "pazzi" della storia sono stati indicati anche come criminali, non sia l'avvio della povertà delle idee.



(Voci in aula)



MASARACCHIO Antonino

Presidente, cosa sta dicendo Brizio?



PRESIDENTE

Vada avanti, Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Io vado avanti, ma voglio sapere cosa sta dicendo il Presidente Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Erasmo da Rotterdam ha studiato a Torino.



MASARACCHIO Antonino

Non so quanto questo influisca sul discorso che sto facendo.
Scusi, Presidente del Consiglio, ma voglio capire le cose, non sono qui solo per aprire la bocca e dare aria ai polmoni: sono qui per affermare dei principi politici. Tornando al tema della discussione, posso essere d'accordo con il principio di questo ordine del giorno che chiede le dimissioni dell'intero Ufficio di Presidenza; diventa però un gioco di "lana caprina". La verità è che noi abbiamo il Consigliere Monticelli che continua a rivestire la carica di Vicepresidente e quindi a rappresentare la maggioranza che oggi abbiamo votato.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Vetrino.



VETRINO Bianca

Signora Presidente, penso che questo sia un problema da risolvere anche alla luce di quanto sta succedendo nel nostro Paese rispetto a comportamenti delle nuove forze politiche, che tendono ad assommare e a recuperare tutti i posti che possono riconquistare. Tale atteggiamento non deve verificarsi anche in questa Regione che ha un'altra storia democratica.
A questo punto, ci sono tre vie da seguire per risolvere il problema: la via istituzionale, la via della politica ed infine la via del buon senso.
La via istituzionale è quella che ci riconduce all'art. 4 del Regolamento. Francamente, a questo punto, mi sembra un po' difficile da seguire; siamo alla fine di una legislatura e non mi sembra di poter ricondurre questo discorso introducendo anche la questione degli enti strumentali che hanno percorsi completamente diversi, al di fuori di queste regole. Tuttavia, mi sembra proprio che la via istituzionale sia quella da seguire. Il compito di questa assemblea è di assicurare la rappresentanza democratica che il nostro Statuto, splendidamente, assicura in tutte le sue dimostrazioni: questo Statuto è stato veramente redatto sul pilastro della democrazia.
Lascio da parte la via della politica, perché, come ha detto il Consigliere Chiezzi, in questo momento non ci sono le condizioni per seguire tale via, in quanto questa è una maggioranza che ha 35/40 voti, di conseguenza è difficile che si presti a quelle mediazioni che sarebbero intrinseche ad una strettissima maggioranza numerica.
Rimane quindi la via del buon senso, che è quella che spetta al Presidente del Consiglio. Spetta a lei, Presidente, per obbligo istituzionale, considerare lo Statuto e il Regolamento, facendolo coniugare con la politica, tenendo conto della nuova maggioranza di oggi.
Quindi penso che il modo migliore per risolvere il problema sia di rinviare questo argomento, proprio per consentire a tutti, magari un po' meno stanchi, di rifletterci sopra. Ha ragione lei, Presidente: si tratta di una soluzione quasi improponibile questa sera, perché c'è un candidato solo; d'altra parte siamo stati tutti quanti messi di fronte al fatto compiuto, quindi la mia richiesta ufficiale è di rinviare questo argomento.



PRESIDENTE

Registro che anche nell'intervento della Consigliera Vetrino si fanno delle distinzioni e quindi o si è rigorosi sempre o non si pone questo tipo di problemi.
Intendo fare due considerazioni. Una è rivolta prevalentemente al Consigliere Chiezzi: in nessuna parte dello Statuto si dice che, nel momento in cui viene eletta una nuova maggioranza che prevede un nuovo esecutivo, tutto l'Ufficio di Presidenza debba dimettersi. Se lo Statuto avesso ritenuto tale punto importante, l'avrebbe definito. Questo non è avvenuto, per cui è una garanzia di revisione di questo organismo che deve essere "super partes" nelle sue funzioni. Lo Statuto prevede che venga rieletto l'Ufficio di Presidenza ogni trenta mesi, cioè che gli incarichi vengano assegnati e dopo trenta mesi vengano, in qualche modo, rivisti, se si ritiene necessario.
Per quello che riguarda invece le osservazioni avanzate dal collega Marchini, sottolineo che per quanto riguarda il Presidente del Consiglio regionale sia la parte inerente alle opportunità che quella inerente alle garanzie delle minoranze verranno prese nella massima considerazione.
Quindi, se da un lato il realismo di questa particolare fattispecie consiglia di procedere, perché non c'è violazione di Statuto in atto, è certamente importante che la prassi, seguita nel tempo, venga tenuta assolutamente in considerazione.
Siamo in una fase di trasformazione della politica, ma credo che le osservazioni avanzate dal Consigliere Marchini debbano essere tenute in considerazione.
Altra questione, invece, è quella posta da questo ordine del giorno che prevede un'instabilità di portata tale che, se lo Statuto avesse voluto prevederla, avrebbe dovuto farlo in modo esplicito.
Credo di avere dato delle risposte esaurienti agli argomenti contenuti nei vostri interventi.
Per correttezza verso l'aula, devo dire che il Consigliere Fiumara firmatario del documento con i Consiglieri Vetrino, Garino e Gallarini - mi aveva chiesto di togliere la sua firma; poiché il Consigliere Fiumara in questo momento è assente, consideriamo la firma apposta.
La parola al Consigliere Marchini per dichiarazione di voto.



MARCHINI Sergio

Pongo una questione pregiudiziale e preliminare. Si tratta di una decisione da prendere prima di esaminare l'ordine del giorno. Prego il Consiglio di considerare irricevibile questo ordine del giorno. In tutte le sedi, pur con le fortissime tensioni che ci sono tra di noi, mi sono opposto a che venisse posta una questione sulla Presidenza del Consiglio. I livelli istituzionali istituiti sfuggono alla censura del Consiglio: non possiamo mettere la Presidenza del Consiglio, l'organo istituzionale, al giudizio del Consiglio, altrimenti viene meno la ragione di autorevolezza e di estraneità e terziarietà che noi chiediamo che l'Ufficio di Presidenza ponga nel conflitto tra opposizione e maggioranza. Rischia di essere un precedente, anche se nella fattispecie giustificato in termini di sistema più che di procedura.
Sarà che il Presidente del Senato si è presentato come liberale: io, da liberale, dico che un ordine del giorno del genere deve essere prima sottoposto dal Consiglio al giudizio di procedibilità, che ritengo debba essere in senso negativo.



PRESIDENTE

E' una posizione che non posso non condividere, non tanto per la funzione che svolgo, ma per tutta la funzione dell'Ufficio di Presidenza.
Se il Consigliere Marchini considera questa una pregiudiziale in termini formali, la possiamo porre in votazione.
La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Molto brevemente, Presidente. Evidentemente il Consigliere Marchini non ha letto l'ordine del giorno. Ho qualche perplessità sul funzionamento di questa Presidenza, ma sarà in altra sede che esprimerò tali perplessità non certamente qui.
In questo documento non esiste alcuna censura alla Presidenza: si pone unicamente un problema di rappresentanza negli organi della Presidenza.
Tutto qui.



PRESIDENTE

Accolgo la pregiudiziale posta dal Consigliere Marchini e la pongo in votazione per alzata di mano.
La pregiudiziale è accolta con 30 voti favorevoli, 4 contrari e 7 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 5 Consiglieri).
Pertanto, l'ordine del giorno è dichiarato non ricevibile.
Proseguiamo l'esame della proposta di deliberazione n. 931.
La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

A questo punto propongo la candidatura dell'amico Enrico Nerviani a Vicepresidente del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Presidente, la questione è stata molto controversa e combattuta; si è parlato di violazione della prassi e si sono evidenziate contraddizioni insite in questo rinnovo della carica di Vicepresidente del Consiglio lasciata vacante dal collega Montabone.
Proprio per evitare di scendere a nostra volta in polemica, il Gruppo Lega Nord non partecipa al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Garino.



GARINO Marcello

Consideriamo la candidatura espressa dalla maggioranza (il problema non riguarda certo il collega Nerviani) un'aperta violazione dello Statuto e del Regolamento, per cui non parteciperemo a questo voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Anche il Gruppo Verdi ha forti perplessità sulla legittimità di questa procedura, per cui non partecipa al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Forte perplessità anche del Gruppo Rifondazione Comunista: non partecipiamo al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Anche noi, come Gruppo socialdemocratico, non partecipiamo al voto.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Vetrino.



VETRINO Bianca

Mi associo. Non partecipo al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il nostro Gruppo non partecipa al voto.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, si distribuiscano le schede per l'elezione del Vicepresidente del Consiglio regionale.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 49 votanti 33 hanno riportato voti Nerviani Enrico 31 Chiezzi Giuseppe 1 schede bianche 1 non hanno partecipato alla votazione 16 Consiglieri.
Proclamo eletto il Consigliere regionale Enrico Nerviani Vicepresidente del Consiglio regionale in sostituzione del Consigliere Renato Montabone, e lo invito ad accomodarsi ai banchi della Presidenza del Consiglio.



(Il neo Vicepresidente del Consiglio regionale prende posto al banco della Presidenza)



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,30)



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