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Dettaglio seduta n.274 del 19/04/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che è stato distribuito, durante la scorsa adunanza consiliare, il processo verbale della seduta del 15/3/94.
Se non vi sono osservazioni si intende approvato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Secondo quanto convenuto nella Conferenza dei Capigruppo possiamo superare il punto relativo alle interrogazioni e interpellanze.
Svolgeremo i punti relativi alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio. Successivamente il Presidente della Giunta darà una prima informativa sull'Accordo di programma.
Occorre iscrivere all'o.d.g. i documenti presentati relativi all'anniversario del 25 aprile.
In seguito potremmo svolgere le valutazioni inerenti le votazioni politiche del 27 e 28 marzo scorsi. Vi è l'intesa dei Capigruppo di procedere anche alla votazione di alcune deliberazioni urgenti.
Ritengo che i lavori proseguiranno almeno fino alle ore 20.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 6) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cattaneo, Dameri, Ferraris, Panella e Rabellino.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

d) Elenco viaggi a Roma effettuati dai Consiglieri regionali anno 1993


PRESIDENTE

L'elenco dei viaggi a Roma effettuati dai Consiglieri regionali per l'anno 1993 sarà allegato al presente verbale.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni - Resistenza

Iscrizione all'o.d.g. ordini del giorno n. 679, n. 681 e n. 680 relativi all'anniversario del 25 aprile (ai sensi dell'art. 51, comma 4 del regolamento consiliare)


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti ordini del giorno relativi all'anniversario del 25 aprile: n. 679 dai Consiglieri Majorino, Masaracchio, Vaglio e Bodrero n. 681 dai Consiglieri Monticelli, Mollo, Fulcheri, Ferrara, Peano Vetrino, Marino, Maggiorotti, Chiezzi, Rossa, Giuliano, Garino, Gallarini Pozzo, Lannes e Bresso n. 680 dai Consiglieri Lombardi, Bonino, Penasso, Germanetto Cavallera e Carletto.
Pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. di tali documenti.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
I documenti sono iscritti all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni del Presidente della Giunta Regionale sull'Accordo di Programma


PRESIDENTE

In merito al punto 7) all'o.d.g. relativo alle "Comunicazioni della Giunta Regionale", ha la parola il Presidente Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta Regionale

L'Accordo di Programma siglato giovedì 14 aprile 1994 ha visto la sua genesi nell'ormai lontano marzo 1993, allorquando fu stipulato il protocollo d'intesa Stato-Regioni nel quale veniva evidenziato che per il problema della disoccupazione nelle regioni italiane si rendeva necessario nel quadro degli indirizzi generali di politica economica già adottati dal Governo, mobilitare con rapidità tutte le risorse disponibili nei bilanci pubblici.
Con il predetto Protocollo d'intesa si era convenuto di precisare in appositi accordi di programma tra le Amministrazioni statali ed ogni regione quanto segue: 1) le azioni che il Governo e gli esecutivi delle Regioni e delle Province autonome, direttamente per quanto di loro competenza, o indirettamente, mediante interventi di vigilanza e controllo, si sarebbero impegnati a svolgere per accelerare le procedure concernenti la realizzazione di opere pubbliche rientranti nelle attribuzioni delle diverse articolazioni dei poteri centrali dello Stato e del sistema delle autonomie, nonché le procedure relative ad autorizzazioni, nulla osta permessi, e quant'altro avesse condizionato gli investimenti 2) le procedure e i criteri di selezione per l'inserimento dei singoli interventi nell'accordo di programma 3) i singoli interventi individuati per soggetti e organi responsabili e per settore, nonché le relative fonti finanziarie 4) la data di avvio degli interventi ed il cronogramma delle attività 5) il fabbisogno finanziario distinto per gli esercizi 1993, 1994 1995 ed eventuali anni seguenti 6) la copertura amministrativa delle azioni di cui ai precedenti punti ed i relativi tempi di attuazione 7) gli strumenti operativi (accordi, intese, convenzioni contratti, conferenze di servizi, esercizio di poteri sostitutivi, atti di revoca) che facilitassero l'attivazione e la realizzazione dell'Accordo 8) i modi per la verifica dell'attuazione dei singoli interventi da riferire periodicamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero del bilancio e della Programmazione Economica ed alla Presidenza delle rispettive Regioni e Province autonome secondo le previsioni ed i compiti ad essi affidati negli accordi.
Successivamente, nel dicembre 1993, il Parlamento ha approvato la legge n. 493/93 recante norme in materia di accelerazione degli investimenti per il sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia, sulla base delle quali il CIPE è stato formalmente investito di fare il punto sulla situazione di tutti i programmi di intervento pubblici al fine di verificare lo stato di esecuzione dei singoli progetti, di confermarne la priorità e la validità, nonché di accelerarne l'attuazione.
Lo strumento dell'Accordo di programma ha avuto così sanzione anche legislativa, vincendo le ultime resistenze ministeriali che ancora si opponevano a questa nuova forma di collaborazione amministrativo-gestionale tra lo Stato e le Regioni.
E' utile, a questo punto, evidenziare se pure in sintesi il grosso lavoro, talvolta oscuro, svolto dalla Giunta, dagli uffici regionali e statali per mettere a punto le circa 750 schede progettuali che toccano i vari settori operativi, per gli interventi e per i costi complessivi che ora vi indicherò: (i costi vanno letti in milioni di lire) Ferrovie concesse: interventi 3; costi 291.000 Ferrovie: interventi 10; costi 1094.366 Ferrovie metropolitane: interventi 1; costi 1436.800 Opere stradali extraurbane: interventi 53; costi 3382.531 Altre linee di trasporto: interventi 3; costi 109.000 Edilizia demaniale: interventi 96; costi 314.210 Edilizia sanitaria: interventi 8; costi 95.989 Edilizia universitaria: interventi 16; costi 148.472 Edilizia scolastica: interventi 292; costi 69.985 Strutture per il commercio: interventi 2; costi 220.240 Strutture per la ric, scient.: interventi 1; costi 40.640 Rest, e pot, di monumenti: interventi 34; costi 48.732 Infrastrutture urbane: interventi 36; costi 96.423 Acquedotti: interventi 21; costi 214.937 Disinquinamento: interventi 26; costi 213.188 Smalt. R.S.U.: interventi 23; costi 148.503 Sistemazione idraulica: interventi 68; costi 67.388 Difesa suolo: interventi 7; costi 10.270 Consolidamento abitati: interventi 5; costi 0.530 Infrastrutture agricole: interventi 11; costi 13.500 Forestazione: interventi 1; costi 10.000 Energia: interventi 18; costi 2996.500 Strutture sportive: interventi 1; costi 0.700 Edilizia residenziale: interventi 7; costi 367.602 Totale generale interventi: 743 Totale generale costi; 14.391.706 Per ciascuna delle opere pubbliche contenute nelle schede progettuali si è proceduto a determinare: a) il costo previsto b) le fonti, le modalità, le cadenze annuali di finanziamento e di copertura c) l'inizio dell'intervento, ove si tratti di opera la cui realizzazione non è avviata d) i tempi necessari per ultimare l'opera e) l'elenco dettagliato degli ostacoli burocratici da superare f) ogni altro elemento utile per accelerare l'esecuzione delle opere.
L'accordo definisce inoltre un sistema di controlli e di verifiche successive. Infatti, per ciascuna opera viene individuato un "responsabile del procedimento" con il compito di seguire le varie fasi realizzative e di far rispettare le scadenze previste.
Viene altresì prevista la costituzione di un apposito comitato di coordinamento per la verifica dell'attuazione dell'Accordo di Programma con compiti di monitoraggio e di supervisione delle varie fasi di avanzamento dei singoli progetti. L'articolo 19 dell'Accordo di Programma ne prevede la presidenza affidata al Sottosegretario di Stato del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica (o da suo delegato) e la composizione nei termini seguenti: un dirigente della Segreteria Generale della Programmazione un dirigente incaricato dal Ministero per il Coordinamento delle Politiche Comunitarie e gli Affari Regionali due rappresentanti designati dal Presidente della Regione Piemonte.
Il ruolo di questo comitato si rivela strategico ai fini della verifica della puntuale osservanza di quanto contenuto nell'Accordo di Programma: al medesimo viene attribuito il compito di segnalare ogni ritardo e inadempimento rispetto agli impegni assunti in modo da consentire agli organi superiori (CIPE) di procedere, dopo avere sentito gli interessati alla sospensione e/o alla revoca degli interventi in sofferenza, con la conseguente riallocazione dei fondi resisi così disponibili in altre opere immediatamente cantierabili.
Desidero qui precisare che non si tratta di un Accordo di Programma "chiuso", in quanto il medesimo potrà essere integrato (ai sensi dell'art.
22 dell'Accordo stesso) sulla base di progetti immediatamente eseguibili che la Regione Piemonte potrà presentare al Ministero del Bilancio Segreteria Generale della Programmazione Economica entro 120 giorni dalla firma dell'Accordo stesso, utilizzando per la copertura finanziaria le seguenti risorse: 1) risorse provenienti dalla sospensione degli interventi che non rispettino i tempi calendarizzati 2) risorse provenienti dalle revoche di cui all'art. 1 del decreto legge 5 ottobre 1993, coordinato con la legge di conversione 4 dicembre 1993, n. 493 3) le risorse relative a revoche decise dal CIPE su finanziamenti del Fondo Investimenti Occupazione (FIO) immediatamente eseguibili 4) le risorse per eventuali ribassi d'asta su gare d'appalto per gli interventi previsti nel presente Accordo 5) le risorse ulteriori disponibili sui bilanci pubblici non prese in considerazione nel presente Accordo 6) le risorse eventualmente provenienti dal fondo specifico previsto per gli accordi di programma nel bilancio dello Stato per il 1994.
L'Accordo di Programma non solo non è chiuso, ma sempre in base all'art. 22 primo comma sarà possibile, con le precise modalità ivi previste, apportarvi modificazioni.
In conclusione, rinviando, per il dettaglio dei singoli interventi agli elenchi e alle tabelle consegnati che potranno essere utilmente approfonditi in seno alle Commissioni di rispettiva competenza, desidero sottolineare la rilevante opportunità che l'Accordo di Programma costituisce per il Piemonte nella misura in cui è in grado di movimentare sulla base della proiezione fornita dal Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, una occupazione di cantiere pari a 79.394 unità e una occupazione indotta complessiva di 107.046 unità.
Desidero ancora sottolineare che l'Accordo riguarda esclusivamente opere infrastrutturali pubbliche e cantierabili, e quindi non è esaustivo degli interventi di interesse pubblico della nostra Regione, tra i quali altri non hanno potuto essere inseriti.
Ci siamo trovati di fronte alla necessità di chiudere l'Accordo di Programma. In effetti alcuni settori sono stati esclusi, perch richiedevano anche interventi privati e tutti i fondi CEE non possono entrare nell'Accordo di Programma. Sono stati esclusi gli investimenti sanitari per i quali dobbiamo avere ancora i finanziamenti relativi all'art. 20, e le Università e il Politecnico. Quelli che hanno natura di interesse pubblico, se ci saranno le risorse, possono essere inseriti nei 120 giorni, o comunque effettuati attraverso i canali estranei all'Accordo di Programma.
Tale Accordo ha riportato la firma, davanti al Presidente della Giunta del Ministro Spaventa, del Ministro Costa, del Ministro Colombo, del Ministro Merloni e successivamente dei Ministri Barucci, Jervolino, Spini Paladin, nonché del Presidente dell'ENEL e dell'Amministratore delegato delle Ferrovie che hanno firmato contestualmente al Presidente e al Ministro Spaventa.
Ci si è posti il problema della opportunità di firmare l'Accordo di Programma con il Governo nazionale alla fine della sua corsa. Siccome sono stati firmati contestualmente l'Accordo di Programma del Piemonte e quello della Regione Marche, il problema è stato correttamente posto all'esame del Consiglio dei Ministri, il quale ha deciso di siglare il Programma con il quale si completava un iter di lavoro comunque compiuto, che si inserisce su un terreno di legislazione esistente ormai consolidato. Su questa decisione hanno convenuto tutti i Ministri e confermano la firma anche di Ministri che non appartengono alla vecchia maggioranza.
Ci siamo posti l'opportunità o meno di siglare l'Accordo di Programma e abbiamo ritenuto sia stato utile per porre comunque un punto fermo rilevante e significativo. Si tratta di concludere un lavoro portato avanti e, nello stesso tempo, consegnarlo al Consiglio il quale, nei prossimi 120 giorni, avrà le comunicazioni degli Assessori e quanto necessario per valutare i possibili aggiustamenti od integrazioni che, come ho detto possono avvenire entro 120 giorni, ancorché ci sia l'accordo generale con il Governo, che ci sarà.
Mi pare doveroso puntualizzare queste cose per chiarezza e per puntualità.
Alla fine dell'intervento vi consegnerò la mia relazione, l'indice e il quadro complessivo degli interventi. Inoltre faremo avere ai Consiglieri il testo del protocollo che, non avendo ricevuto tutte le firme dei Ministri in quel momento non ci è stato consegnato, e le 965 schede.
Dai documenti che perverranno alle vostre mani c'è la possibilità di avere un quadro complessivo.
Credo si sia concluso un lavoro molto importante, e che questo sia l'ho potuto constatare anche per piacevole ammissione dello stesso Ministro Spaventa - il più completo dei quattro Programmi finora approvati dalle Regioni.
Eravamo partiti per primi, ma si sono conclusi prima di noi i Programmi delle Regioni Liguria e Toscana; noi siamo stati la terza firma, la Regione Marche la quarta.
E' un documento di grande rilievo considerato un contributo molto importante per il superamento della difficile congiuntura economica che attanaglia il Piemonte.
Oggi ci sono notizie migliori sulla congiuntura economica, perché pare che la domanda riprenda. Mi auguro sia così, non mi è mai mancato l'ottimismo - per il quale sono stato anche rimproverato, forse giustamente per il superamento di una fase estremamente difficile. Credo che oggi abbiamo un elemento in più per operare per la ripresa economica della nostra Regione. Propongo un sostegno a tale ripresa con una serie di interventi infrastrutturali, che hanno il loro peso e significato.
Voglio ribadire che andremo certamente al confronto specifico sugli argomenti, consegnando il documento in Commissione, anche perch l'argomento s'ingrosserà con i documenti di programmazione nel campo dei trasporti. Andremo al confronto specifico con le Commissioni e con il Consiglio per quanto la Giunta abbia vita e possibilità di lavorare.
Comunque il confronto tra il Governo e l'Assemblea è aperto, e si muove nella logica precisa prevista dal protocollo d'intesa siglato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

Come convenuto nella Conferenza dei Capigruppo abbiamo sentito la relazione del Presidente Brizio ed è stato distribuito il materiale relativo. L'argomento verrà discusso nella prossima seduta consiliare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni - Resistenza

Esame ordini del giorno n. 679, n. 681 e n. 680 relativi all'anniversario del 25 aprile


PRESIDENTE

Passiamo ora alla discussione sul punto che era stato iscritto all'o.d.g. relativo all'anniversario del 25 aprile.
Comunico che la Presidenza, al momento, ha ricevuto tre documenti.
Il primo è stato presentato dai Consiglieri Majorino, Masaracchio e Vaglio. Il testo è stato distribuito a tutti i Gruppi.
Il secondo documento reca le firme dei Consiglieri Monticelli, Peano Mollo, Fulcheri, Ferrara, Vetrino, Marino, Chiezzi, Rossa, Giuliano Garino, Gallarini, Pozzo, Lannes e Bresso. Anche questo documento è stato distribuito a tutti i Gruppi.
Il terzo documento reca le firme dei Consiglieri Lombardi, Bonino Penasso, Germanetto, Carletto, Marchini, Picchioni, Cavallera, Montabone e Beltrami. Questo documento è in corso di distribuzione.
Ha ora la parola il Consigliere Majorino per illustrare il primo ordine del giorno presentato.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente del Consiglio, colleghi Consiglieri, è incontestabile, in linea di fatto, che negli anni scorsi la celebrazione del 25 aprile si era ridotta ad un rituale consistente in manifestazioni reducistiche, poste in essere dalle associazioni cui facevano e fanno parte coloro i quali nella guerra civile erano stati vincitori.
Oggi questa prossima, vicina data viene con clamore enfatizzata e l'interpretazione incontestabile e corrente è che il polo progressista coglie l'occasione del 25 aprile per assumere e fare valere una specie di rivincita riguardo alle elezioni del 27/28 marzo nelle quali - è un dato di fatto - il polo progressista venne clamorosamente battuto, mescolandosi così il "sacro con il profano".
L'ordine del giorno presentato dal sottoscritto, dal collega Masaracchio e dal collega Vaglio, è volto ad interpretare lo stato d'animo della maggioranza degli italiani e della maggioranza dei piemontesi.
Maggioranza che - e ne siamo convinti - in questa ricorrenza, in particolare quest'anno, in contrapposizione alle prospettive del polo progressista, vuole la pacificazione.
Devo ricordare che già l'anno scorso, proprio in occasione del 25 aprile, c'era stato un clamoroso episodio di pacificazione. L'Alto Ufficiale che aveva comandato le truppe del Regno del Sud voleva stringere la mano, in segno di formale e solenne pacificazione, ad altro Alto Ufficiale che nel campo opposto - nella Repubblica sociale - aveva a sua volta comandato le formazioni militari. Volevano incontrarsi davanti al Capo dello Stato, il quale allora non fu d'accordo, ma si strinsero ugualmente la mano come segno di clima di pacificazione nazionale.
Ed è in quest'ottica che, con i colleghi Masaracchio e Vaglio, ho proposto l'ordine del giorno che non ha bisogno di lunga illustrazione e non vuole essere un manifesto. Molto semplicemente con l'ordine del giorno si auspica, in occasione del 25 aprile, l'avvento di un clima di pacificazione nazionale, nel ricordo dei piemontesi che, facendo una scelta ideale - indubbiamente dall'una e dall'altra parte sacrificarono la vita, militando nelle formazioni partigiane, nell'esercito del sud e nella Repubblica Sociale Italiana.
Cari Consiglieri, quella fu, nel periodo 1943/45, una guerra civile all'insegna del "sangue chiama sangue". Una guerra civile provocata nel modo peggiore: venne stipulato l'armistizio dal re e da Badoglio i quali poi lasciarono nella "bagna" i fascisti e gli antifascisti e se ne andarono tranquillamente a Pescara per i fatti loro.
D'accordo c'erano anche i nazisti, che avevano occupato l'intero territorio nazionale, ma il motivo generatore della guerra civile - senza voler fare solenni interpretazioni storiche che ha diviso gli italiani è stato uno solo: "sangue chiama sangue".
Mi sia consentito ricordare l'episodio dei sette fratelli Cervi fucilati dai tedeschi perché sorpresi con le armi in mano, fecero anch'essi una scelta ideale e pagarono con la vita. Accanto, a guerra finita, vi fu il sacrificio dei sette fratelli Govoni che, a pochi chilometri di distanza dal sacrificio dei fratelli Cervi, vennero uno ad uno massacrati.
"Sangue chiama sangue", ma è giunto il momento, cinquant'anni dopo, di giungere ad una pacificazione.
In occasione della discussione di quella legge, alla quale ci opponemmo, nella casa della resistenza a Verbania feci un esempio significativo: il tiranno Francisco Franco, qualche anno dopo la fine della guerra civile spagnola, che non fu meno sanguinosa della nostra, fece erigere un mausoleo nella valle Descaidos nella quale sono seppelliti i caduti della Spagna franchista e della Spagna rossa. Non sono questi esempi eclatanti e la mia non è retorica, sono fatti oggettivi dai quali penso si possa e si debba trarre insegnamento.
Con la presentazione dell'ordine del giorno si intende equiparare tutti i caduti della guerra civile, alla quale, se si vuole, si pu attribuire un altro nome, che non corrisponderebbe alla realtà oggettiva.
Nell'ordine del giorno, molto motivato, presentato dai colleghi del PDS ed altri, si enfatizza il ruolo di guerra di liberazione, e ancora una volta ci troviamo a giocare con le parole.
Ognuno ha fatto la sua scelta ideale, gli uni e gli altri da contrapposte trincee, ma nella realtà fu una guerra civile alla quale bisogna porre termine con una stretta di mano ideale e con una vera e propria pacificazione nazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli per l'illustrazione dell'altro ordine del giorno.



MONTICELLI Antonio

Innanzitutto vorrei ricordare al collega Majorino che proprio lo scorso anno, in questi giorni, su iniziativa del Comitato della Regione Piemonte per la Resistenza, che promana da una legge regionale piemontese si tenne un'iniziativa in ricordo del 25 aprile che fu tutt'altro che riducistica. Si tenne un grande incontro al Teatro Regio di Torino, al quale avrebbe dovuto partecipare il Presidente Scalfaro, ma per ragioni di salute non potè esserci. Fu presente invece l'ex Presidente del Senato Spadolini. Ci fu una platea che, per più di mille presenze, era composta da giovani studenti piemontesi. Pertanto non mi era sembrata, sinceramente una manifestazione di tipo reducistica.
Non si tratta di un'iniziativa del PDS, basta vedere le firme riportate in calce. Mi sono mosso per responsabilità che l'Ufficio di Presidenza mi ha delegato, in quanto seguo l'attività del comitato e in questa funzione mi sono sentito di motivare e di porre una questione al Consiglio regionale.
Qual è il problema? Il problema è che oggi siamo di fronte a due questioni che, a mio avviso, dobbiamo tenere distinte. La prima è la cosiddetta questione della pacificazione nazionale. Colleghi, non mi spavento certo delle parole: è una bella parola "pacificazione", ma sinceramente la trovo un po' fuori tempo: non mi pare che oggi, in Italia ci sia un reale problema di pacificazione nazionale. Da parte mia, ritengo sia una questione superata da lungo tempo; addirittura nel 1946 fu emanato un provvedimento di amnistia per tutti gli atti connessi con il periodo della guerra di Liberazione.
In tutti questi anni ha operato nel Paese - non ricordo esattamente la data di fondazione, ma in anni non molto lontani dal 1946 - un partito politico che, in qualche modo, si richiamava a vicende di un certo tipo.
Tale partito ha operato, ha avuto proprie rappresentanze istituzionali: dov'è il problema della pacificazione? Tranne che - ed è questa la prima delle preoccupazioni che mi hanno mosso a scrivere il testo del documento con "pacificazione nazionale" s'intenda altra cosa: nascondere le ragioni ideali che muovevano gli uomini, le donne e i giovani che si scontrarono in quegli anni. Sono cose molto diverse.
Nel documento che con altri colleghi ho firmato è scritto: "Il rispetto, la pietà va a tutti i caduti, indistintamente, di tutte le parti". Davvero, da questo punto di vista, il tempo è galantuomo; davvero non è più tempo di odio, non è più tempo di vivere, in chiave personale la storia del nostro Paese. Non è questo il punto. Quanto non si pu confondere sono le ragioni di quello scontro.
Scontro che, caro Majorino, fu una guerra di Liberazione, come testimoniavano, ad esempio, proprio ieri pomeriggio in quest'aula, militari ed ex-militari - erano presenti militari ancora in divisa ed altri in pensione su iniziativa promossa dall'Associazione ex-internati militari in rappresentanza di quei 600 mila soldati italiani che fecero la scelta del Governo legittimo in quel momento. Era un Governo che rappresentava la continuità e l'esistenza di uno Stato italiano: il Governo di Badoglio, il Governo del re, il Governo al quale si richiamò, come istituzione nazionale, la lotta di Resistenza, i Comitati di Liberazione Nazionale. Un Governo che, con le sue truppe, il Corpo italiano di Liberazione, insieme alle formazioni partigiane, lottò nella guerra di Liberazione, per liberare il nostro Paese dall'occupazione nazista. Questo fu quella guerra, caro Majorino. E quella guerra di Liberazione non fu figlia dell'insipienza del re e di Badoglio; fu figlia del fascismo e del nazismo che provocarono la II guerra mondiale; fu figlia del fascismo che portò l'Italia alla rovina attraverso la partecipazione alla guerra.
Queste cose non si possono mistificare in nome della pacificazione nazionale. E' questo un primo punto fondamentale di verità storica.
Una delle affermazioni più chiare e più significative del Presidente Scalfaro, nei giorni scorsi è stata: "la storia non si può cambiare", e la storia d'Italia di quegli anni è questa, caro collega Majorino, non è un'altra. Non è perché alcuni hanno vinto e altri perso che la storia è diventata questa. Le responsabilità del fascismo e del nazismo nell'incendiare l'Europa, in quegli anni, nel portare allo sterminio milioni di ebrei e di altre persone, è una responsabilità scritta nella storia, e non la si può cancellare.
C'è poi un altro punto, anch'esso affrontato nel nostro documento; un punto delicato, importante, di grande attualità politica, è inutile negarlo: c'è stato un rivolgimento politico di grande peso, nel nostro Paese, sul quale ognuno di noi probabilmente dà letture diverse. I firmatari del documento non so per quali "poli" abbiano votato: forse, per più di due; personalmente mi auguro che abbiano votato per più di due poli.
Si pone però una questione fondamentale, nel momento in cui ci si appresta a riformare radicalmente il sistema italiano, le istituzioni del nostro Paese, la stessa Costituzione. Su quali basi fondiamo questa grande riforma? A quali valori ci richiamiamo? Con quali metodi procediamo? Il richiamo ai valori della Resistenza, il richiamo al metodo democratico, il richiamo al fatto che la Carta costituzionale italiana ha una certa storia, non nasce dal nulla; vi sono principi fondamentali che hanno una certa origine e rappresentano un fondamento di unità per il nostro Paese, per il nostro popolo, e che sono di monito, di insegnamento: una linea al di là delle posizioni politiche, una linea di unità nazionale di rapporto fra le forze basato sul metodo democratico.
La seconda preoccupazione, quindi, è sottolineare questo punto. Non si tratta di una visione riducistica della Festa del 25 aprile, non è visione di parte: non sono i progressisti, o chi altri, che vogliono rivincite o cose di questo genere. Credo si tratti della giusta necessità di sottolineare elementi di storia del nostro Paese fondamentali per il futuro dello stesso, sempreché si voglia che tale futuro resti in un alveo di democrazia, di valori, di metodi di rapporti fra le persone, fra le forze alveo che ha una sua validità non solo a livello nazionale, ma anche europeo.
Mi scuso se in qualche passo dell'intervento mi sono "scaldato" oltre il mio solito, la "colpa" è un po' del collega Majorino, con il quale, fra l'altro, ho un rapporto di grande rispetto e di grande stima.



MAJORINO Gaetano

Sono interpretazioni diverse della storia...



MONTICELLI Antonio

Il collega sa benissimo che ci siamo sempre incontrati, quasi su tutto ma il problema della pacificazione fra noi non si era mai posto.
Termino, scusandomi anche per il tempo eccessivo, del mio intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bonino, per l'illustrazione del terzo documento presentato.



BONINO Guido

Signor Presidente, anche se il nostro Gruppo rispetto agli ultimi due ordini del giorno annovera diverse firme, credo di dover, almeno in parte spiegare le ragioni per le quali abbiamo ritenuto di non sottoscrivere interamente l'ordine del giorno di cui è primo firmatario il Consigliere Monticelli.
Abbiamo ritenuto difficile, infatti, trovare un sistema per inserirvi argomenti a nostro avviso fondamentali. Abbiamo quindi preferito presentare un altro documento, pur riconoscendo l'importanza di alcuni valori espressi dall'ordine del giorno testè citato.
Intanto, desidero evidenziare semplicemente quattro concetti fondamentali, e altrettanti valori cui vogliamo far riferimento: innanzitutto, il richiamo ai caduti, valore riconosciuto da tutti gli ordini del giorno - caduti ai quali tutti noi dobbiamo inchinarci - e il conseguente rispetto verso chi, magari in modo tragico, ha perso la vita in quelle vicende. Punto secondo, però, non dimenticare che gli ideali erano e restano diversi: sugli ideali dobbiamo fare una valutazione diversa.
Riteniamo che i valori della Resistenza debbano essere richiamati e che non possano essere né dimenticati né confusi.
Il terzo valore è il richiamo alla conciliazione, che nel secondo ordine del giorno non compare, poiché, come il Consigliere Monticelli ha spiegato, non lo si ritiene necessario, in quanto, in effetti, la pacificazione esiste già.
Noi riteniamo non sia proprio così. Un conto è un'amnistia, fatto tecnico, un conto è la pacificazione degli animi, che richiedono uno stato d'animo diverso, atteggiamenti di confronto, del modo di porsi nei confronti anche di un avversario politico. A Cuneo la pacificazione non è cosa così scontata; un conto è in quest'aula, un conto è in altre aule dove non è così chiaro che la pacificazione esiste. Fino all'altro ieri i colleghi del MSI in alcune aule del cuneese non potevano neanche alzarsi a parlare. Il richiamo che intendiamo fare a questo valore, quindi, non è secondario.
In ultimo, il richiamo, presente anche nell'altro ordine del giorno, al valore della Carta Costituzionale e, soprattutto, il richiamo al fatto che i fondamenti della Repubblica provengono dagli atti resistenziali, e il valore fondamentale della Repubblica italiana, che rimane unica ed indivisibile.
Queste sono le ragioni che ci hanno portato a sottoscrivere un terzo ordine del giorno: mettere a punto alcuni concetti che in quello presentato dal collega Monticelli non erano espressamente richiamati.



PRESIDENTE

Apriamo ora il dibattito.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente, colleghe e colleghi.
Ho letto tutti e tre gli ordini del giorno, le mie valutazioni sono le seguenti.
Vi sono ordini del giorno che trattano il tema della pacificazione. Il documento del MSI auspica "l'avvento di un clima di pacificazione", mentre il documento firmato da alcuni componenti del Gruppo DC condivide "l'ansia di pacificazione".
Su questo tema osservo: se si chiede pacificazione, la si auspica o se ne condivide l'ansia, cosa significa tutto ciò nel momento in cui finora guerra non vi è stata? Cosa è che muove questa richiesta? C'è stata una guerra in questi anni? Non mi pare. Cosa c'è stato invece, in questi anni? C'è stata, a mio avviso in modo insufficiente, una situazione politica nella quale si è parlato di fascismo e di antifascismo.
In questi anni non c'è stata una guerra. In questi anni, vi è stata una situazione politica di critica obiettiva del passato fascista della nazione.
Vi è stato un antifascismo che circolava nelle vene della nostra Repubblica. Non ho visto guerre, però ho visto una Repubblica che nella Carta Costituzionale ha scritto: "E' vietata la ricostituzione del Partito Fascista", ho visto una Repubblica che, in varie occasioni e al di fuori delle celebrazioni ufficiali, ha teso ad analizzare ragioni e crimini del fascismo. Forse avrebbe dovuto farlo di più. Ho visto queste cose in questi anni, non una guerra.
Il fatto è che chi parla di pacificazione, probabilmente, chiede che si smetta di fare tutto ciò, che si smetta di distinguere le ragioni della storia d'Italia, che si smetta di dare un giudizio politico, etico e morale sulle ragioni delle varie parti in causa, che si smetta di fare dell'antifascismo. Qui non si chiede di pacificarci, perché siamo già pacificati.
Il Consigliere Majorino è Presidente di una Commissione consiliare.
Siamo già tutti pacificati, quindi non c'è nulla da pacificare tra noi.
Bisogna smettere però, qualcuno lo chiede, di parlare di antifascismo e di dire che il 25 aprile è la Festa della Liberazione dal fascismo e dal suo occupante nazista.
Questo non possiamo farlo, perché abbiamo vissuto in una Repubblica nata dall'abbattimento di una dittatura, abbiamo vissuto grazie alla lotta che una parte di italiani hanno combattuto giustamente contro un'altra parte, l'occupante nazista e gli italiani della Repubblica di Salò che si sono collocati dalla parte ingiusta della storia, che si sono collocati dalla parte della guerra, del razzismo, delle leggi antiebraiche sino alle ultime conseguenze. Si dice l'abbiano fatto per ragioni ideali, ma ci sono ideali condannati dalla storia e dalla coscienza degli uomini.
Risolvere i problemi con la forza e con la violenza può essere un ideale, ma è un ideale contro cui questa Repubblica ha combattuto e sul quale questa Repubblica, in antagonismo, si è fondata. Quindi il tema della pacificazione, ipocrita quanto mai, in realtà, nasconde la semplice volontà di mettere una pietra sopra una vicenda storica che a qualcuno dà fastidio in particolare a tanti componenti del MSI che oggi si apprestano ad andare al Governo ed evidentemente chiedono di non ricordarli più per quei fatti.
Insomma, in una parola, dopo aver seppellito i morti ci chiedete di seppellire la storia? Di seppellire le ragioni per cui uno è morto per una scelta ideale e l'altro è morto per un fatto opposto e contraddittorio.
Non intendiamo seppellire la storia; ai morti - l'abbiamo già detto nel dibattito di un anno fa - va il rispetto, l'umana pietà, la misericordia.
Ai morti si possono mettere individualmente, da persona umana a persona umana, fiori sulle tombe. Non è questo il problema. Il problema è che non possiamo accettare di seppellire la storia di questi morti, perché di fronte alla storia le ragioni non sono tutte uguali. C'è giustizia ed ingiustizia, libertà e dittatura, violenza e confronto democratico: c'era il fascismo e l'antifascismo. Questa Repubblica, nata in contrapposizione all'esperienza fascista, ha fatto in questi anni scorrere nelle proprie culture la critica al fascismo. Forse non l'abbiamo fatto abbastanza, cari colleghi che abbiamo firmato i due ordini del giorno, quello proposto da Monticelli ed altri e quello proposto da Bonino ed altri.
Forse dobbiamo riflettere sul fatto che, in questi anni, troppe volte abbiamo frequentato l'antifascismo attraverso fatti del tutto formali rituali, una sorta di religione laica da ripetere stancamente, invece di farlo vivere nelle scuole, ad esempio, e non solo nelle manifestazioni dell'ANPI o dei Comuni in occasione della Resistenza. E forse questa riflessione, che possiamo fare, ci potrebbe anche dar conto della facilità con la quale oggi si tenta di cancellare e di sterilizzare le ragioni della nostra esistenza, le ragioni alla base del patto costituzionale da cui siamo nati. E per fortuna siamo nati da quel patto costituzionale, ma non ne siamo nati a caso! Ne siamo nati perché abbiamo sconfitto il fascismo: è questo che non possiamo più dire? E' questa la pacificazione che si chiede? Quando la ricorrenza del 25 aprile è stata nominata al Senato, il Prof.
Scognamiglio non ha subito applaudito, ma è stato fermo - e la cosa mi ha lasciato esterrefatto. Noi vogliamo festeggiare la liberazione dal fascismo, le ragioni ed i contenuti di un patto costituzionale che ha unito la nazione e l'ha pacificata, non nella dimenticanza, ma nel confronto e nel ricordo critico. Guai a noi se abbandonassimo il confronto critico sul pezzo di fascismo che ha occupato l'Italia. A cosa porterebbe questo, a qualcosa di buono, se noi abbandoniamo la critica? Semmai dobbiamo rafforzarla quella critica, edulcorarla da apparati esorcistici, con i quali a volte l'abbiamo descritta. Abbiamo studiato poco l'esperienza del fascismo, di cosa è stata la società fascista e la società durante la repubblica di Salò. Dovremmo lavorare di più su questo, altro che far finta di niente dicendo: il fascismo è passato, adesso guardiamo avanti! Ma per guardare avanti, caro Masaracchio, ho bisogno di studiare e di criticare, e di conoscere che cosa è stata l'esperienza fascista e cosa ha ancora lasciato nelle coscienze degli italiani. E combattere quell'esperienza! Non dire: "ma siamo tutti uguali!" Di fronte a quell'esperienza non siamo tutti uguali e vogliamo discutere questa cosa anche con chi la pensa diversamente, e lo dice, e non si rifiuta di discutere. Rifiutiamo di non ricordare: "Pazienza, ci siamo confessati abbiamo girato pagina, la guerra di liberazione è stata fatta, adesso guardiamo avanti". No! Perché il fascismo è stata un'esperienza che, in alcuni contenuti, può non essere l'esperienza di una volta, perché le ideologie di violenza e di sopraffazione percorrono la storia dell'umanità e continueranno a percorrerla. Lottare contro tali ideologie è una cosa sancita dalla Costituzione, chiediamo che la lotta continui. Quindi, da questo punto di vista, rifiuto nel modo più netto che confondano le ragioni per le quali tanti italiani sono morti. Questo è di una falsità e di una ignominia incredibile. A Torino, in via Asti, i torturatori uccidevano i partigiani, strappavano loro i testicoli. La pietà umana può andare a tutti, ma la ragione della storia e dell'umanità sta da una parte sola: da chi è stato torturato ed è morto per la libertà di tutti. E' solo grazie al sacrificio di coloro che sono morti che abbiamo potuto costruire una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sull'antifascismo, che spero venga conservata non nella memoria, ma nei fatti di tanti uomini e donne.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Signora Presidente, colleghi Consiglieri, gli interventi che mi hanno preceduto, in particolare quelli dei colleghi Monticelli e Chiezzi, sono secondo me, ricchi di argomenti sui quali riflettere.
Innanzitutto incomincio col ricordare, soprattutto a me stesso, che quest'aula consiliare, negli ultimi dieci anni della sua storia, non ha mai ritenuto di sottolineare la ricorrenza del 25 Aprile con un documento.
Gli ultimi due documenti che si richiamano alla Resistenza risalgono al gennaio 1990 e seguono le polemiche su quell'increscioso fatto che occorse alla Medaglia d'Oro della Resistenza, Conte Sogno. Ma mai per il 25 Aprile si era ritenuto di sottolineare con un documento approvato in aula questo passaggio, perché si ritiene - e giustamente si è ritenuto - che le competenze dell'Ufficio di Presidenza, le competenze prime del Presidente della Giunta regionale, e l'apparato legislativo che abbiamo (abbiamo una legge, abbiamo un organismo funzionante che è il Comitato regionale per l'Affermazione dei Valori della Resistenza) siano più che sufficienti per far partecipare la Regione alle manifestazioni che vengono tutti gli anni celebrate.
Questo è un fatto che, secondo me, deve essere ricordato.
Ma vi è un'altra questione che deve essere, a mio avviso, chiarita penso sia giusto ricordare che l'iniziativa della manifestazione del 25 Aprile, così come l'abbiamo letta sui giornali, è partita da un giornale "Il Manifesto", che ha lanciato la manifestazione con toni e con obiettivi assolutamente estranei alla prima parte del documento sottoscritto dal collega Monticelli ed altri. In qualche modo richiamano però i toni della seconda parte dello stesso documento.
"Il Manifesto" e la parte politica relativa hanno posto esplicitamente la questione del ricordo della lotta e della Resistenza (con i principi per cui altri - non io perché dal punto di vista generazionale non l'ho potuto fare - hanno lottato in quegli anni) in relazione all'attuale fase politica italiana.
L'intervento del Presidente Scalfaro è arrivato dopo questo tentativo e la richiesta di pacificazione non è da ritenersi come richiesta generica di pacificazione degli ultimi fascisti rimasti (sempre che ce ne sia ancora, probabilmente ce ne sono anche tanti) o antifascisti più o meno iscritti alle varie associazioni con tanto di blasone. Non è di questa pacificazione che il Presidente Scalfaro parlava, bensì della pacificazione degli animi che, nell'ultima campagna elettorale, sono stati esacerbati proprio dalle polemiche strumentali su chi oggi nel 1994 sia fascista o meno. Celebrare il 25 Aprile all'insegna di quelle bandiere è strumentale! Mi ha molto stupito - positivamente devo dire - che il secondo documento presentato abbia una prima parte molto meditata e riflessa (riflessa, non riflessiva). E' l'elaborato di un lavoro non soltanto in "politichese", è stato fatto un buon lavoro: la prima parte è autenticamente e completamente antifascista. Questo termine non lo uso mai, perché non credo in categorie così espresse dalla nostra storia recente.
Bisogna fare una vera distinzione tra questione storica e questione politica. Il collega Monticelli non ha parlato di questione politica, bensì di questione costituzionale; il richiamo alla seconda parte dell'ordine del giorno è un richiamo puntuale a quanto si legge sui giornali (dove si continua a parlare di riforme costituzionali).
Se in questa occasione il richiamo alla storia è doveroso, vi deve essere anche un richiamo puntuale contro qualsiasi mistificazione e contro "qualsiasi notte che copra qualsiasi luce". Per cui è chiaro che i morti dal punto di vista non personale ma storico-politico, non sono la stessa cosa. Dal punto di vista storico, collega Chiezzi, se utilizziamo quelle storie contro gli attuali iscritti al Movimento Sociale Italiano (perch ritenuti i sostenitori di quel fascismo), potremmo anche utilizzare le storie dei Paesi comunisti di quegli anni e degli anni successivi contro coloro che oggi si richiamano a quelle ideologie, che hanno fatto gli stessi morti e forse di più.
Siccome questo è un gioco completamente astorico e molto pericoloso dal punto di vista politico, ritengo che sia da non fare in un'aula come la nostra, perché se si cade in questo tranello pseudo-dialettico si cade anche nel tranello di rinfacciare chi ha sulle proprie spalle, diciamo ideologiche, più morti; ma i morti di Stalin sono sicuramente uguali e identici, come peso e come storia, a quelli che Hitler ha prodotto! Anche sulla storia d'Europa guardate gli effetti della caduta del Muro di Berlino e di alcuni regimi in Europa e lo scoppio, secondo alcuni storici di sinistra, di "strani nazionalismi", che chissà da dove nascono! Così come, forse, una rilettura storica di quegli anni dovrebbe tenere presente che gli iter dei partiti storici del nostro Paese hanno ottenuto posizioni forse da revisionare dal punto di vista storico, ma anche le diplomazie di mezza Europa: dalla firma dell'accordo Ribbentrop-Molotov e la politica folle della Gran Bretagna in quegli anni precedenti lo scoppio della guerra; l'atteggiamento di coloro che hanno portato avanti la guerra di liberazione in Spagna, e tutte le polemiche interne ai movimenti di sinistra sull'atteggiamento da avere nei confronti dei primi fascisti.
Quando si tratta di riaffermare i fatti che la storia ha scritto nella nostra Repubblica non bisogna dimenticare nulla. Per cui è vero, è giusto e sacrosanto ricordare che la storia non è a senso unico e se c'è qualcuno e per favore se il collega Chiezzi ritiene che qualcuno nell'Italia del dopo elezioni stia cercando di cancellare la storia italiana faccia nomi e cognomi senza alcuna aurea di sospetto nei confronti di forze politiche varie - che sta facendo questa operazione...



CHIEZZI Giuseppe

Ad esempio, questo ordine del giorno cerca di cancellare la storia.



CUCCO Vincenzo

Se questa è un'operazione che bisogna fare, si faccia attenzione perché gli stessi giudizi storici si potrebbero ribaltare su altre parti politiche del Paese.
La parte politica non mi trova assolutamente d'accordo, perché non c'è alcun nesso logico tra l'affermazione e la riaffermazione dei principi della Costituzione e il tentativo di inserire nell'ordine del giorno un richiamo al Parlamento per dire: "fate attenzione, la Costituzione si modifica soltanto con ampie maggioranze". La Costituzione si modifica soltanto con la Costituzione, in quanto ci sono gli articoli che prevedono le modifiche costituzionali con prassi costituzionali. Quindi, le maggioranze o le minoranze sono stabilite dalla Costituzione, non sono contro, ma sono dentro la Costituzione.
Questo richiamo, secondo me, è assolutamente improprio, perché non attiene alla materia dell'ordine del giorno che il collega Monticelli ed altri hanno presentato.
Per evitare ulteriori passionalità mi atteggio sul voto e ritengo di votare contro l'ordine del giorno dell'MSI, e di non partecipare alla votazione degli ordini del giorno rispettivamente della D.C, e del collega Monticelli. Potrei usare il diritto previsto dal regolamento per chiedere una votazione per parti separate, ma non ritengo di doverlo fare. Se i firmatari sono d'accordo, chiederei che si potesse votare per parti separate l'ordine del giorno. Il primo pezzo da votare è quello che va dall'inizio del documento fino al nono paragrafo, compreso il dispositivo con l'adesione alle manifestazioni di Torino e di Milano. Dal decimo al tredicesimo paragrafo potrebbe essere un'altra parte. Tutto ciò con le riserve sui tentativi di interpretazione storica che ho fatto prima.



PRESIDENTE

Quindi, per quanto riguarda l'ordine del giorno n. 681, lei chiede che venga votata una prima parte che contiene tutta la prima pagina fino al paragrafo nove, cioè dalla frase "l'Italia si avvia" escluso.



MARCHINI Sergio

Mi associo alla richiesta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Sono d'accordo sulla pacificazione che mi pare ci sia - li ho letti in tutti e tre gli ordini del giorno. E' chiaro che poi le aggiunte sono alle volte non condivisibili, perché è vero che la colpa dei massacri e delle guerre civili esiste, ma è soprattutto di chi comincia le guerre. Quindi effettivamente dobbiamo ammettere che il regime precedente alla democrazia oltre che essere non democratico e non libero, era profondamente guerrafondaio a differenza forse di qualche altra dittatura, anche se le dittature in genere lo sono quasi sempre.
Però qui rientra il discorso che ha fatto il collega Cucco, al quale plaudo, perché si è scrollato di dosso un conformismo che dura da troppo tempo, non certamente condiviso dagli storici, anche di sinistra. Difatti forse sono quelli che hanno veramente tagliato col passato. Non dimentichiamo che tra le cause, cioè tra quelli che hanno intrapreso la II guerra mondiale, non possiamo escludere Stalin, ammiratore di Hitler (ormai è noto, gli storici l'hanno accertato) e suo alleato, per il patto Ribbentrop-Molotov



(Proteste in aula)



BODRERO Antonio

Questo è dimostrato. Quando a Yalta Churchill ha detto che Hitler era un pazzo criminale, Stalin rispose: "No, no; era in gamba. Non ha saputo fermarsi in tempo. Io saprò fermarmi in tempo". Quindi, si è paragonato lui stesso a Hitler, e ammirava Hitler per la sua capacità di aver trasformato i tedeschi in automi, mentre lui, poverino, con i suoi mugicchi, che erano pieni di buon senso, non è riuscito a fare altrettanto. Quindi, che cosa è successo? Invece di fare l'alleanza con l'occidente, con la Francia e la Gran Bretagna che era stata proposta da tempo...



(Proteste da parte di un Consigliere)



BODRERO Antonio

Stai zitto, leggi i libri di storia piuttosto. Io sono un professore di storia e li ho studiati a fondo. Comunque queste cose bisogna che si sappiano, perché molti non sanno, per esempio, che Hitler aveva adottato la bandiera rossa. In Italia pochi l'hanno detto, forse perché non faceva fino.
Nonostante la missione Strand fosse a Mosca da parecchio tempo, Stalin preferì fare il cosiddetto patto di non aggressione con la Germania, un vero patto di alleanza. Molto materiale, compreso il petrolio, andava dalla Unione Sovietica alla Germania. Anzi, Stalin è stato meravigliatissimo quando Hitler, ormai in piena megalomania, ha creduto di attaccare e vincere l'Unione Sovietica. In effetti i suoi generali dicevano: "Noi possiamo vincere, però dobbiamo presentarci" - era una forma di ipocrisia ma le dittature sono abituate - "come liberatori". Naturalmente Hitler non accettò questo consiglio, sicurissimo di vincere; e così cominciò la Resistenza, ma prima gli uomini delle armate sovietiche si erano arresi a milioni nei primi mesi di guerra.
In seguito all'alleanza, Stalin invase la la Polonia, i Paesi Baltici e la Finlandia. L'aggressione era immotivata e gravissima, del grosso contro il piccolo, però delle batoste ne prese in Finlandia e gli stavano bene. La Francia che cosa fece? Sciolse il partito comunista francese, che era un grosso partito allora. Adesso, per fortuna, i francesi sono rinsaviti, e quindi è diventato un po' più piccolo. Era un grosso partito e Thovez, il capo, fuggì in Unione Sovietica. La propaganda disfattista del partito comunista francese fu tra le cause principali del crollo francese. In due mesi la Francia crollò, mentre la Gran Bretagna forse meno preparata che la Francia alla guerra, avendo un piccolo partito comunista, ha resistito e fu questa la prima Resistenza.



(Interruzioni del Consigliere Bosio)



BODRERO Antonio

Quindi, i leninisti hanno un passato gravissimo. Abbiamo avuto il massacro della Cambogia pochi anni fa e quindi stiano zitti. Essi devono dire "mea culpa"; se avessero ammesso, nel loro ordine del giorno, questi fatti, allora sarebbero veramente cambiati. Deploro, ad esempio, che Fini ha detto che Mussolini sarebbe stato un grande uomo, una cosa assurda. Un grande disastro invece. Ma non siete voi i monopolisti della libertà e della democrazia, mettetevelo bene in testa!



(Proteste dei Consiglieri Bosio e Calligaro)



BODRERO Antonio

La Resistenza è stata da voi monopolizzata e strumentalizzata (parlo dei capi e non dei militanti), però quelli che veramente combattevano per la libertà allora - ricordiamoci che Togliatti era un servo ossequioso di Stalin - non erano dalla vostra parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Devo subito confessare che pensavo di non essere emozionato in questa occasione, così come lo sono stato in tante altre in cui, avendo esercitato il mestiere di Consigliere in vari consessi, ogni anno mi sono trovato coinvolto nella polemica ideologica, nel pieno della animosità politica.
Pensavo che finalmente ci si fosse trovati, una volta per tutte, di fronte all'esame delle problematiche storiche per confrontarle con le vicende dell'attualità, perché in effetti, al di là delle proposte di pacificazione venute da una parte e dall'altra, proprio per le questioni politiche che stiamo vivendo la data del 25 aprile assume un particolare significato.
Non mi ripeterò perché i giornali li leggiamo tutti, tutti facciamo politica attiva e tutti siamo consapevoli e coscienti di ciò che rappresentiamo nell'ambito politico. Quindi, le ipocrisie e le infingardaggini chiamiamole pure "dialettica", perché la politica è fondata sulla dialettica, o meglio l'anima stessa della politica è la dialettica così come del resto anche la storia.
Fra gli storici ci sono quelli che fondano il giudizio sulla dialettica, e quelli che invece la considerano sul piano dell'azione.
Giovanni Gentile, che fu un grande filosofo (per inciso, si ricorda che fu assassinato nel 1944 a Firenze, e la Regione Toscana proprio ieri l'altro lo ha commemorato), fondava il giudizio sulla storia come azione, non sulla dialettica, come altri filosofi, sia di parte liberale che di parte marxista. La dialettica è nel pensiero della filosofia della storia di Lenin, e questo i colleghi Consiglieri progressisti lo sanno benissimo anche quando dicono che bisogna leggere quello che non si è letto prima.
Sono convinto che tutti abbiamo letto e tutti abbiamo dato un'interpretazione di parte della storia, ma la storia non può essere strumentalizzata più di tanto.
Ricordo che quando ero giovane la data del 4 novembre, per quanto fossero trascorsi meno anni di quanti non ne siano trascorsi dalla Liberazione, dal 25 aprile 1945, dall'ultima guerra mondiale, era una pagina della storia per noi giovinetti; una cosa lontana che ci entusiasmava. Eppure, dopo cinquant'anni ci fu qualcuno in questa Italia democratica che stabilì che il 4 novembre non doveva più essere considerata festa nazionale. C'erano ragioni politiche che possono anche essere capite che tanti hanno condiviso, dato che nel corso della storia si erano esaurite le motivazioni per le quali la I guerra mondiale era scoppiata.
E allora a quelli che si ricordano della Resistenza, voglio dire che nel 1945, avevo appena dieci anni. Ho assistito, all'età di 8 anni all'invasione degli Americani in Sicilia e vi ho partecipato con animo anche se ero ancora un bambino, indifferente. E' anche vero che avevo pianto qualche anno prima perché non mi avevano messo le due fasce bianche sulla camicetta nera perché ero un "figlio della lupa" e non un "balilla".
Quindi i sentimenti si possono avere anche nell'età infantile e io assistetti realmente (il mio paese infatti fu bombardato e la mia casa fu distrutta) all'invasione degli Americani, ai Tedeschi morti ammazzati per le strade per difendere il mio paese. I Tedeschi poi si ritirarono con tanta dignità, senza spargimento di sangue, perché allora non era ancora scoccata l'ora fatidica; i Tedeschi, che erano una parte sparuta dell'esercito tedesco in Italia, potevano essere imbottigliati dalle Forze armate italiane e non lo furono. Avremmo potuto evitare quella che fu l'invasione postuma per quello che accadde nella vicenda storica in quella pagina nera della storia italiana, per tutti e per tutto.
Ricordo che proprio in quei due anni, dal 1943 al 1945, mentre qui, nel nord Italia, si organizzava la gloriosa, per molti aspetti, Repubblica partigiana dell'Ossola, in Sicilia, in provincia di Ragusa, esplodeva la Repubblica fascista di Giarratana. Anche lì ci furono civili ammazzati civili deportati da parte di pochissimi militari italiani che erano sostenuti dai carri armati degli Americani: spettacoli efferratissimi gente massacrata di botte dentro il castello dove era stata insediata la caserma dei Carabinieri, messi sul camion, madri che piangevano, spose che piangevano, e tutti deportati a Pantelleria. Quella fu la vicenda che concluse in Italia un periodo storico attraverso la perduta guerra.
Così come nel mondo: io mi chiedo e chiedo a Chiezzi perché mai in tutta questa vicenda non si sia parlato del popolo giapponese. Si è sempre parlato dei tedeschi e degli italiani, e i giapponesi? I giapponesi sono troppo lontani, non erano qui a combattere la guerra, eppure anche loro hanno sofferto e patito. Siccome oggi si parla in termini di economia planetaria, perché non riparliamo della storia in termini planetari, di che cosa è accaduto nel mondo? Per poi magari andare a rileggere la storia per ricavarne dei giudizi politici, così come è stato abituale da cinquant'anni a questa parte, e strumentalizzare i sentimenti, anche quando, parlando a fin di bene per la pacificazione, si pone il dito sul petto di qualcuno.
Ho partecipato a quelle vicende storiche giovanissimo, non avevo più di undici anni, ma sapete cosa vi dico? Che in Sicilia, nel Meridione - dove accaddero cose inenarrabili per l'eroismo dei kamikaze che venivano massacrati in seguito agli attentati contro le Forze armate italiane aderimmo al Movimento Sociale Italiano appena quindicenni o sedicenni, per patriottismo, per irredentismo! Noi eravamo i risorgimentali e adesso venite a raccontarci che il nostro patriottismo non serve alla condizione italiana anche di oggi, come se fossimo degli elementi spuri della storia d'Italia, come se il fascismo non fosse stato un elemento della storia d'Italia. Quel fascismo ebbe consenso! Quindi, una cosa è la questione del fascismo che ebbe consenso, e che nel giudizio degli storici ha anche tanti riconoscimenti; altra cosa è quello che accadde tra il 1943 e il 1945 quando vi fu, per certi versi, una guerra civile e per altri una guerra combattuta sui confini d'Italia dove gli Americani trovarono facilmente libero accesso. Quando la psicosi di una guerra perduta aveva invaso tutto e tutti era facile, era giusto e sacrosanto demordere, deporre le armi, non accettare di combattere ancora, così come era accaduto con la Repubblica fascista di Giarratana, all'insegna del "non si parte".
Mentre i partigiani, al nord, giustamente, dicevano che non volevano continuare a combattere a fianco dei tedeschi - e neppure con i fascisti in Sicilia e in Calabria gli italiani dicevano di non voler combattere a fianco degli americani, ma perché ricusavano la guerra, non per questioni ideologiche.
Quanti furono gli italiani, nei campi di concentramento inglesi, che non accettarono di collaborare e vollero soffrire la condizione di prigionieri di guerra, dall'una e dall'altra parte? Ma questa è una condizione che fa parte delle guerre. Naturalmente chi vince può scrivere la storia con tutti i privilegi che competono a chi vince. Così come quando il fascismo vinse la sua battaglia controrivoluzionaria - e nel '22 scrisse la storia ad uso e consumo, così come si conviene sempre alle finalità del potere.
Nessuno nega queste cose. Dove trovare quindi gli elementi della pacificazione? Ovviamente nella Carta Costituzionale: ma noi, tra le righe di questa Carta Costituzionale - e l'attuale Repubblica dovrebbe essere posta sotto processo per non averla applicata ravvisiamo tutti i presupposti della Carta del lavoro del fascismo.
Avete letto i 18 punti di Verona? Il fatto di eleggere direttamente il premier, eleggere il Presidente della Regione direttamente o eleggere il Capo dello Stato direttamente, non era forse già scritto nei 18 punti di Verona? Non è forse questa un'indicazione dello sviluppo della democrazia? L'anelito alla democrazia per chi perde è forse più forte di quello dei vincitori. Dico questo con cognizione di causa; sento questo anelito profondo, vero, sincero, onesto in quanto per quarant'anni ho dovuto confrontarmi con coloro che mi puntavano il dito addosso. Mi sento portatore di democrazia nel momento in cui affermo che bisogna procedere alla pacificazione, non come coloro i quali, con la scusa di non poter e non dover seppellire la storia continuano ancora a parlare di un fatto storico che ha coinvolto il mondo.
Cosa dire allora della democrazia americana, del suo non permissivismo delle persecuzioni in America ai tempi del maccartismo? Cosa dire della democrazia schiacciata e vilipesa attraverso la negazione di ogni senso di umanità, in questi giorni, in Jugoslavia e in Africa? Nell'ultimo scorcio dell'altra legislatura si è parlato in quest'aula dei fatti di Tienanmen, ma ci ricordiamo delle posizioni assunte in quel momento? L'anelito alla pacificazione c'era, perché di fronte a noi c'era il grande dramma di un Paese comunista che schiacciava la libertà. Adesso c'è il pericolo di perdere in Italia la libertà? E' Berlusconi che farebbe perdere la libertà? E' Fini che farebbe perdere la libertà? La libertà di espressione, di pensiero, di cultura, di amministrazione? E' Tattarella, è la Pivetti? Parliamoci chiaro e guardiamoci negli occhi! Alla vigilia di una ricorrenza di questo genere si mobilitano le forze di sinistra, attraverso i sindacati. A proposito di scioperi, quelli che avvennero a Torino e a Milano avevano come base ragioni economiche, perch allora incominciava a mancare il pane, perché non c'era lavoro, perché la guerra stava per finire in maniera disastrosa: ecco perché gli operai scioperavano. Ma quanti di quegli operai avevano l'orecchio teso alla Repubblica sociale italiana? Qui in aula ci sono parecchi novaresi, i quali sanno che a Meina, sul lago Maggiore, i giovani partigiani comunisti fra di loro discutevano se non era il momento di saltare il fosso e magari aggregarsi alla Repubblica sociale italiana perché vedevano nero sulle prospettive della democrazia così come l'avevano sognata, mentre nella Repubblica sociale italiana c'erano i presupposti dello stato sociale, della rivendicazione della socialità.
I torti macroscopici, consumati anche durante il fascismo, vanno, non dico corretti, ma dimenticati, o comunque assegnati alla storia; guai se un popolo perde del tutto la propria memoria storica, ma guai se è una parte di popolo a dover perdere la propria memoria storica, ovviamente nel rispetto delle ideologie altrui e delle opinioni altrui. La vera pacificazione è discutere i problemi concreti per una nuova Repubblica così come tutti la vanno sognando; la Carta Costituzionale non deve essere cancellata del tutto; l'art. 36, l'art. 38 e l'art. 46 sono i fondamenti sociali dello Stato, ma chi non li ha applicati? Coloro i quali hanno sgovernato l'Italia. Noi invece abbiamo presentato fior di proposte di legge, da parte sindacale, da parte politica per l'applicazione di questi articoli che darebbero all'economia fini sociali, e quindi sarebbero lo strumento del vivere tranquilli e della pacificazione.
Se queste note di rammarico non possono servire ad essere di stimolo alla pacificazione, beh, allora vuol dire che nell'animo c'è soltanto il livore, il corrivo di una guerra perduta, la vostra, quella che avete perduto con queste elezioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Ringrazio i colleghi che con i loro documenti ci hanno chiesto di riflettere e ragionare su queste vicende, ma al tempo stesso rimprovero loro di averci messi nelle condizioni di ragionare per troppo poco tempo su troppe cose.
Mi pongo, pertanto, due domande preliminari: perché adesso questa discussione? E chi dovrebbe beneficiare di questa discussione? Tale questione preliminare mi crea difficoltà ad affrontare in termini politici, scolastici, storici la realtà. Mi resta da capire perché oggi si discuta di questo e a chi conviene.
Ricordo che il Comitato per la valorizzazione dei valori della Resistenza della Costituzione è stato varato in un periodo curioso della nostra storia, non quello resistenziale, ma quello in cui si cercava di capire bene se si poteva considerare il fascismo sia rosso che nero. Andate a leggere il contesto storico in cui è stata presentata l'istituzione regionale, e anche allora mi ero chiesto il perché e chi lo volesse. Come risultato della mia battaglia ho ottenuto che il comitato antifascista così scritto da funzionari regionali, diventasse non un comitato contro qualcosa, ma il Comitato che doveva valorizzare qualcosa. Però un contesto storico va ricordato. Proverò a ragionare sulle due questioni preliminari in ordine alla dichiarazione di voto, ma visto che siamo stati chiamati a ragionare, ritengo che si debbano tenere distinte le questioni storiche, le questioni di valori, le questioni politiche.
Caro Masaracchio, sul piano storico bisogna oggettivamente registrare che la prima parte del nostro secolo ha visto il mondo impegnato in una guerra fra due concezioni della società, quella totalitaria e quella liberal democratica, non quella democratica. Perché la democrazia è il governo dei più, e quello che si è realizzato nella nostra generazione non è il governo dei più, ma il governo attraverso "i più di tutti e di tutti attraverso i più", ovvero quel complesso di garanzie e di regole che fanno la liberal democrazia.
E allora caro Masaracchio, prendiamo atto che nella prima parte di questo secolo ci si è scontrati su due modelli, rispetto ai quali non possiamo essere neutrali: uno è il modello della democrazia liberale l'altro è il modello dei totalitarismi, che sono stati sconfitti.
Attenzione, non il "25 Aprile": il sistema dei totalitarismi esistenti e potenziali, vincitori e vincenti in espansione è finito con la caduta del "Muro di Berlino", non il "25 aprile". Non a caso adesso trattiamo questo argomento, perché la Germania è il paese che più di tutti, in Europa, è stato condizionato, avendo il più forte partito comunista finalizzato non a realizzare la giustizia sociale, ma - almeno nei primi anni, mi riferisco agli anni '50 - a realizzare un diverso assetto del sistema internazionale.
E' evidente che questa questione si ripropone in modo drammatico oggi.
Allora c'è stato uno scontro tra organizzazioni diverse della società, che sono da una parte i totalitarismi di ogni colore, e dall'altra la concezione liberaldemocratica. Quest'ultima ha vinto, e su questo non si torna indietro.
Non si può però concepire che qualcuno, caro Masaracchio, sia pure in base ad esperienze personali drammatiche, e per valori non condivisibili ma comprensibili e da riconoscere in buona fede, immagini che non ci sia una rigorosa separatezza tra i due campi su cui si è confrontato il mondo: la liberal democrazia e i sistemi totalitari. E' certo che il sistema socialista privilegia totalitaristicamente alcuni modelli, alcune culture e alcuni segmenti della società, mentre quello di destra ne privilegia altri.
A me interessa semplicemente dire che, come liberale, non condivido questi sistemi, perché sono lontani dalla mia cultura. Storicamente è avvenuto questo.
Sul piano dei valori, invece, è finito tutto il "25 Aprile"? Quelle cose che non ci piacciono della società, e che, per semplicità, mettiamo nel contenitore fascista, sono finite il 25 aprile? Le cose di cui dobbiamo preoccuparci sono le cose che sono finite il 25 aprile o le cose che sono continuate dopo il 25 aprile? A me sembra che dobbiamo preoccuparci più delle cose successe dopo il 25 aprile, e che avvengono ancora oggi, che non di quelle avvenute prima, in termini di valori.
Paradossalmente mi permetto di dire che le visite ai campi di sterminio rischiano di farci fare molta memoria, ma poca cultura civica, perché i pericoli delle nostre società, delle nostre generazioni non sono quelli, ma altri che, essendo in una soglia molto più bassa di pericolo e di fascino in senso negativo, rischiano di non essere considerati. Sul piano dei valori, e quindi non liberal democratico perché quello liberal democratico ha ancora un metodo - la tolleranza, la libertà vera e il rispetto degli altri, che non sono valori liberali, sono valori umani, che non attengono ai metodi dell'uomo, ma al suo modo d'essere. Mi chiedo quale cultura ci sia nei confronti del diverso, rispetto al quale non facciamo nulla: il diverso è l'ammalato di AIDS, è ancora oggi l'ebreo, è l'immigrato, è il lavavetri che insultiamo, perché ci dà fastidio, dimenticandoci che questo signore, che ha la nostra età, è testimone del dramma del suo Paese. Anche nei suoi confronti dobbiamo avere rispetto. Quando insultiamo il lavavetri dimostriamo di non avere i titoli - e qualche volta l'ho fatto anch'io per discutere, in termini di valori, delle cose sulle quali stiamo ragionando.
Non basta rimuovere la questione e dire che nella scuola non si insegna la storia delle efferratezze che non si ripeteranno, e non si insegna il rispetto reciproco, il rispetto delle idee e del confronto. Mi chiedo il motivo per cui, in 19 anni di leadership liberale in questa Regione, il sottoscritto sia stato invitato una sola volta ad un dibattito in una scuola a difendere valori liberali.
Notissimi onorevoli tutte le settimane partecipano a tre o quattro dibattiti. Attenzione, non è che al mio posto ci vada qualche altro liberale, certamente più titolato del sottoscritto: non vengono invitati i liberali, non a discutere di storia, ma a discutere di valori.
A me pare che il 25 aprile sia sicuramente un momento di cui essere orgogliosi per quello che siamo, e soprattutto grati per quello che sono stati. Hanno saputo stare dalla parte giusta, ma non perché ha vinto Masaracchio.
La giustizia giuridica è una finzione: quella dei vinti e dei vincitori è una giustizia che è una finzione, ma esiste pur sempre un criterio, caro Masaracchio - che prescinde dalle logiche formali di chi vince, di chi ha ragione, di chi perde, di chi ha torto - che consente a ognuno di noi di stabilire se sia meglio una liberal democrazia o un sistema totalitario.
Questo sta nel nostro essere, non sta nella nostra intelligenza o nella nostra cultura.
La questione storica è liquidata, non si pone il problema.
Registriamo però che nell'aver voluto considerare i fatti storici come fatti di valore - mentre spero di aver dimostrato che non è così questi non coincidono, perché ha vinto solo un modello, non ha ancora vinto un sistema di valori. Questo sistema di valori negativo che vediamo crescere nel nostro paese, anche l'intolleranza e il mancato rispetto fra di noi per esempio non mettere la cravatta in Consiglio regionale, che è semplicemente mancanza di rispetto verso gli altri - cerchiamo di spostarlo ad un altro livello, facendone nuovamente una questione di fascismo o non fascismo. Non è così. Queste questioni - l'ha detto bene il collega Chiezzi prima - sono vecchie come è vecchio il mondo.
Devo dire che un Presidente della Camera dei Deputati che dice che il nostro Dio regge tutti gli Stati, compresi quelli islamici, mi offende così come mi avrebbe offeso se Khomeini avesse detto che Allah governa la Repubblica italiana.



(Interruzione da parte di alcuni Consiglieri)



MARCHINI Sergio

Un Presidente della Camera dei Deputati non può dire che la repubblica italiana è governata nei suoi destini da Gesù Cristo, lo può pensare come atto di fede, ma quando si esprime a nome dell'Assemblea, perché la rappresenta, non può dire una cosa di questo genere. Queste smagliature di un Presidente della Camera dei Deputati stanno ad indicare che questi valori non sono poi così diffusi, perché la maleducazione del collega Consigliere Marchini nei confronti del lavavetri inopportuno, sta sullo stesso piano di un Presidente della Camera dei Deputati che ritiene di interpretare per gli altri Paesi la loro storia e il loro diritto. Questo vuol dire quindi che il pericolo vero è che questa sia una civiltà che pu avviarsi, attraverso la banalità, alla barbarie, perché alla barbarie non si arriva attraverso il confronto forte delle idee: se le idee sono forti producono idee forti, sono le banalità che portano a queste cose. E non è un caso che a monte di barbarie ci sia stata la banalizzazione delle culture di quei Paesi attraverso la comunicazione di massa.
Queste sono le questioni, cari colleghi, sulle quali dovremmo interrogarci oggi, come responsabili del nostro presente e del nostro futuro, più che delle questioni del passato e chiederci se la banalizzazione della nostra scuola, della nostra informazione e della nostra cultura non sia la premessa di una barbarie, o comunque di una caduta del livello della qualità della nostra vita e della nostra politica.
A me pare che questi documenti e questi valori non ci siano, non siano richiamati a sufficienza.
Vengo alla questione che più mi inquieta e mi disturba, colleghi Consiglieri. Devo dire che non voterò contro al documento presentato dagli amici del MSI, perché quando si parla di pacificazione, caro Chiezzi, ci ricordiamo tutti di Togliatti, sappiamo tutti che ha fatto un atto di grande lucidità e generosità chiedendo che si chiudesse una fase. Per sappiamo anche che c'è il tentativo di volere nuovamente ghettizzare all'interno di un aggettivo, decine di milioni di voti.
Se nel Sud, dopo 50 anni di democrazia, abbiamo delle maggioranze che possono meritare un certo aggettivo - come è stato scritto su certi giornali - dobbiamo chiederci che cosa ha saputo fare questa democrazia in termini di informazione, di cultura e di crescita del Paese. Se il 42% dei voti andati a Fini è un voto fascista, la responsabilità di chi è? Di quel 42%? Le cose non stanno così. Quindi, quando i colleghi scrivono "l'avvento di un clima di pacificazione", non vuol dire - così lo interpreto - che loro immaginano che ci sia dell'astio fra di noi o che ci sia del revanscismo o un qualunque tipo di animosità, ma si sottintende che chi non sta da una parte è fascista. Un piccolo particolare per dirvi che questo è vero.
Il professor Scognamiglio, Presidente del Senato, è stato senatore del Partito Liberale. Vorrei sapere come facciano giornalisti di grandissima considerazione a scrivere che è un "ex liberale". Scognamiglio resta un liberale. Il fatto che si sia candidato in Forza Italia non toglie che il professor Scognamiglio rimanga la stessa persona con la sua cultura, il suo passato, i suoi difetti e con la sua barba bianca.
I portatori della cultura che ci inducono oggi a discutere in questo modo, quando si trattava di riconoscere il termine "liberale" in senso di valore, sostenevano che "liberale" bisognasse scriverlo "liberal" senza la vocale finale. Non si riconosceva neanche agli iscritti al Partito Liberale (per esempio a Croce, a Einaudi, non dico a Marchini) di essere liberali bisognava essere liberal per essere veri liberali! Adesso, nel momento in cui un liberale diventa senatore nelle liste di Forza Italia, non gli si riconosce più la qualifica di liberale, non si scrive ex iscritto al Partito Liberale, si scrive: "ex liberale".
Sono piccole cose che ci fanno pensare che sia fondata la preoccupazione di qualche collega sul fatto che si tenda nuovamente a strumentalizzare e a rendere cruento il confronto politico con l'uso leninista, non il confronto liberale tra le opinioni, ma l'eliminazione dell'immagine e del ruolo dell'antagonista.
Quando i colleghi del MSI - io lo interpreto in questo senso e in questo senso mi astengo - chiedono la pacificazione, non chiedono la pacificazione che hanno già avuta nel 1946 e che ha salvato delle vite garantiti dei patrimoni e consentito loro un ruolo politico nella Repubblica, ma chiedono che non ci sia l'uso strumentale di fatti storici che non coinvolgono alcune forze politiche e alcune persone per la riutilizzazione di strumenti, anche lessicali, di comodo che porterebbero all'imbarbarimento della nostra lotta politica.
Mi sembra questo il senso del documento, con il quale lo interpreto.
Quindi, quando dichiaro che mi asterrò sul documento del MSI non mi riferisco tanto alle storie degli infelici che qui sono richiamati, ma al fatto che esiste fortemente una esigenza: che il confronto politico tutto nuovo è la conseguenza della caduta del "Muro di Berlino" nel nostro Paese che ha fatto uscire dalla nicchia della sinistra e dalla nicchia conservatrice della DC milioni di voti. Se questi voti non hanno trovato collocazione diversa da quella che emerge dalle ultime elezioni, la responsabilità non è di chi ha offerto loro quella collocazione, ma di coloro, compresi noi, che non abbiamo saputo offrire loro una sistemazione più avanzata, più aperta, più luminosa che altri invece hanno offerto.
Quindi, evitiamo di affrontare il percorso difficile della cosiddetta seconda Repubblica, immaginando che il 42% dei voti romani siano voti fascisti. Evitiamo di immaginare che il Sud si è pronunciato tutto in termini fascisti. Evitiamo di dire queste cose, perché così non è. Si sono espressi per un candidato che ha un certo tipo di opinione, un certo tipo di idee, ma quegli elettori non sono elettori fascisti. Sulle idee continuiamo a confrontarci, a combatterle, a non condividerle, ma stiamo attenti: in questo senso il richiamo alla pacificazione è più che altro il richiamo al chiarimento e alla chiarezza.
Un ultimo argomento. Qui sono stati introdotti i giovani. E' incredibile, ad esempio, la caduta di consenso delle formazioni non solo di sinistra. Ho fatto questa campagna elettorale per i pattisti di Segni e devo dire che è incredibile la caduta di consenso delle forze tradizionali nelle giovani generazioni. E' anche incredibile che giovani studiosi di Scienze Politiche non sappiano chi sia Badoglio! Ma chi è che non ha mai voluto che si sapesse chi fosse Badoglio? Quelli che dicono che l'Italia è nata il 25 Aprile e che hanno tagliato le nostre radici; coloro che, per esempio, non hanno fatto quello che Bocca ha finalmente detto: "La storia d'Italia che si deve studiare è la storia dei Savoia". Studiare la storia e insegnare ai giovani significa incominciare a dire che cosa hanno significato la I guerra mondiale, il Risorgimento, la Rivoluzione Francese e scoprire, per esempio, che la nostra Costituzione è copiata, per larga parte, dalla Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo, francese del 1789, e che non è stata prodotta dalla Resistenza.
E' storia dell'umanità, non nostra piccola cronaca o drammatica vicenda di 50 anni fa. Viviamo la storia dell'uomo; smettiamola di essere così provinciali. Ma per non volerci confrontare con i fatti della storia e della cultura abbiamo deciso di tagliare le nostre radici. Questo è un altro concetto di Bocca e anche di qualche politologo comunista come Colletti, il quale rimprovera la sinistra di avere resecato le nostre radici per poi chiedersi perché l'albero non cresca.
Se si dice che l'Italia nasce il 25 aprile non ci si chiede chi era Badoglio. E perché succede questo? Perché altrimenti si scopre che era un poveretto assistito dalla fortuna, e magari da capacità medianiche sul sovrano Vittorio Emanuele III, il quale sicuramente non si è opposto più di tanto all'avvento del fascismo - fenomeno a fronte del quale le grandi forze tradizionali politiche, quindi liberali, cattoliche e socialiste, non avevano fatto la loro parte.
Naturalmente, non bisogna che i giovani conoscano queste cose.., e non devono neanche sapere che il cav. Benito Mussolini è stato arrestato da quattro carabinieri, cioè molto meno della scorta di un giudice che si occupa di tangentopoli a Torino.
Se un giovane avesse modo di conoscere la storia, probabilmente queste questioni tornerebbero sui nostri tavoli, ma non più in termini di strumentalizzazione, rispetto ai quali i colleghi dell'MSI chiedono la pacificazione - li interpreto così, se hanno altro significato non me ne vogliano.
Quindi, per tutta una generazione, non si può fare un'operazione di falsificazione della nostra storia, o meglio resecazione, e poi chiedersi perché i giovani non la conoscano. Non si è voluto che sapessero.
Dopodiché abbiamo consentito il degrado della scuola, ci siamo preoccupati di difendere tutti i ceti sociali meno gli insegnanti. Si discute sulla scuola pubblica e privata e non si reagisce alla vergogna pubblica rappresentata dal fatto che gli insegnanti guadagnano meno di altri loro colleghi dello Stato. Mi chiedo per quale motivo un magistrato debba guadagnare più di un insegnante. Sarebbe chiedersi come mai un boscaiolo che abbatte gli alberi o li pota debba guadagnare meno di chi invece pianta gli alberi e si occupa della loro crescita.
Queste sono le ragioni di fondo per le quali le nuove generazioni sono insofferenti rispetto a questioni riproposte loro non come esame e approfondimento, ma con spirito di divisione. Se andiamo dai giovani a sparlare del fascismo, e quindi di valori rispetto ai quali le scelte sono chiare e nette - e qui sono state ribadite - se i giovani non li colgono in termini di ideali, ma semplicemente in termini di contrapposizioni e di titoli rispetto ai quali vogliamo l'un l'altro confrontarci, i giovani preferiranno ascoltare Fiorello.
Presidente del Consiglio, ho fatto un ragionamento polemico, e con questo non voglio dire che non sia giusto e utile continuare la nostra attività di visita alle macerie, ai templi e alle testimonianze di un tempo drammatico. Ma chiedo, per quanto rimane ancora di questo Consiglio, di far sì che l'Assemblea sia maggiormente consapevole del significato del nuovo fascismo; anzi, preferisco dire un altro termine: nuovo nazismo, fatto delle cose che ci siamo dette. Il nostro futuro ha come pericolo il nuovo nazismo: mancanza di rispetto e di tolleranza; non vi è certo il pericolo dei forni crematori! A noi, che non abbiamo partecipato alla lotta di Resistenza, che cosa ha lasciato? Ha lasciato un'immagine forte di una vita piena di valori qualunque fosse la nostra posizione. Noi invece, probabilmente lasciamo ai giovani l'impressione di una vita che si misura unicamente sulla percentuale d'inflazione. Quando ci siamo diplomati noi, non sapevamo cosa fosse; i ragazzi adesso, a 15 anni, sanno solo cos'è l'inflazione, la svalutazione e la Borsa.
Tolleranza, eguaglianza, rispetto: grandi valori, ma come possiamo avere l'impudenza di discuterne quando a 150 chilometri dai nostri confini c'è una guerra devastante, mentre un mondo di gente intenta a fare la cura dimagrante con il problema di occupare il proprio tempo libero consente tale massacro? Massacro che non si può fermare perché "Capitano, 'ca sparano"; si è andati a mostrare i muscoli in Kuwait, dove, con un po' di centraline elettroniche, si è fatta molta scenografia e molto rumore: 30 morti sul fronte alleato e mezzo milione di morti sull'altro.
Lì dove "'ca sparano" - cioè "qui sparano" - l'Europa improvvisamente ha scoperto che bisogna interpellare gli Stati Uniti, l'ONU, la CEE, la CECA, il Consiglio d'Europa.., e che non si può fare niente: non siamo disponibili a muoverci per affermare degli ideali rispetto a situazioni sotto gli occhi di tutti - non quelle di 50 anni fa. Al massimo, possiamo mandare 50 mila lire ad un conto corrente che ci viene presentato dal "Nuovo Fratello", come diceva Orwell: la televisione della sera.
Caro Presidente, abbiamo l'occasione per smuovere la preoccupante disattenzione dei giovani, che si è espressa brutalmente in termini elettorali - e non perché abbiano scelto in un certo modo, ma perché hanno scelto tutti la stessa parte, senza considerare l'altra: il che significa che sono condizionati oltre misura.
Inoltre, la loro l'ignoranza sul passato non deriva dal fatto che non gli venga insegnato, ma dal fatto che ne sono disinteressati: se avessero interesse per le grandi vicende della storia sarebbero i primi a documentarsi, senza bisogno della scuola. Uno studente della facoltà di Scienze Politiche non ha bisogno di avere ascoltato dal professore chi era Badoglio; può comprarsi una rivista, abbonarsi a "Storia illustrata" consultare l'enciclopedia Treccani.
Purtroppo, un giovane senza interessi è un giovane molto più vecchio di noi; come diceva giustamente il sen. Spadolini: "Questo nuovo ci preoccupa molto più di quanto non ci preoccupi il nostro vecchio".



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio agli studenti del Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio dell'Università di Torino presenti in aula


PRESIDENTE

Desidero salutare, a nome del Consiglio regionale, gli studenti universitari presenti in aula come spettatori. Sono studenti universitari del Dipartimento di Agronomia, Selvicoltura e Gestione del Territorio accompagnati dal loro docente prof. Crosetti. Assisteranno per qualche tempo alla nostra seduta.


Argomento: Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni - Resistenza

Esame ordini del giorno relativi all'anniversario del 25 aprile (seguito)


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, cari colleghi, il dibattito si è così allargato ed ampliato che rende difficile, almeno per quanto mi riguarda, l'approccio alla partecipazione. Il dibattito è partito segnando delle posizioni, e naturalmente gli interventi lo hanno arricchito ed allargato, coinvolgendo la nostra storia, i fatti politici e il divenire non solo del nostro Paese o dell'Europa, ma dell'intera umanità.
In ogni caso entrerò in questa discussione ripartendo dalle posizioni illustrate dai documenti, uno dei quali - quello a prima firma del Consigliere Monticelli - è stato sottoscritto anche da me. In ordine di tempo è stato presentato per primo il documento a firma dei colleghi Majorino, Masaracchio e Vaglio che porta la data del 18 aprile, cioè ieri è poi seguito il documento Monticelli che porta la data di oggi. Non so se oggi avremmo fatto questo dibattito se non ci fossero stati dei documenti presentati - può anche darsi. Può anche darsi che il clima attuale ci avrebbe portato a discutere del 25 aprile. Sta di fatto che siamo stati pressoché obbligati nel momento in cui è stato presentato il documento del collega Majorino, a seguito del quale è stato ritenuto doveroso realizzare un documento che, nell'intento dei proponenti, esprimesse largamente le posizioni del Consiglio regionale. E' poi intervenuto un altro documento presentato dal Gruppo della Democrazia Cristiana o Partito Popolare, che dice più o meno le cose già scritte più nello spirito, ma anche nella lettera dello stesso documento a firma Monticelli e altri.
Con ciò voglio dire che, nel momento in cui esprimerò il voto favorevole al documento del collega Monticelli, mi sentirò di dire che questo documento può accogliere, se si ritiene di poterlo fare, anche il documento che reca, in primo luogo, la firma del Consigliere Bonino. Lo considero un documento integrativo, complementare, quindi acquisito, al quale dò il mio voto favorevole; se non venisse accolto darò comunque il mio voto favorevole, perché ritengo che nella sostanza non ci siano differenze. Semmai ci sono differenze che potrebbero essere di posizione politica.
Dichiaro invece il mio voto contrario al documento presentato dal collega Majorino, perché invoca una situazione che non mi sembra sia di tale drammaticità da richiedere un auspicio di pacificazione nazionale. E' stato detto da più parti che, con i colleghi del MSI, ci si è incontrati e ci si è scontrati per ragioni di posizione politica, mantenendo sempre il rispetto reciproco senza ignorare le posizioni politiche e di carattere ideologico che ci separano. Non mi sembra che ci troviamo in un clima per il quale si debba invocare una pacificazione.
Faccio una battuta: non vorrei che avvenisse il contrario, cioè che a invocare questo momento di pacificazione si debba essere da questa parte piuttosto che da quella dalla quale viene richiesto, dai colleghi Majorino e Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Basta togliere "invocare" e hai capito perfettamente.



ROSSA Angelo

E' una battuta che faccio, ma non vorrei che fossimo noi...



(Commenti del Consigliere Masaracchio)



ROSSA Angelo

Vedi Masaracchio, quando nel dibattito alla Camera o al Senato, non ricordo con esattezza, per la elezione dei Presidenti, qualche onorevole deputato o senatore, a un certo punto dopo le ripetute votazioni ebbe a dire: "qui stiamo perdendo tempo e denaro!", io ho espresso una preoccupazione legittima, perché al di là della categoria con la quale definiamo le posizioni politiche, sono quei metodi - che voi avrete probabilmente già ascoltato anche in altre riunioni in cui si dice "qui bisogna votare" - che sono il contrario del dibattito, della democrazia e del confronto delle idee.
Questi aspetti ci preoccupano, soprattutto quando un giornale come "Il Manifesto", che lancia il richiamo al 25 aprile, trova tutte le udienze e un clima piuttosto favorevole, oppure quando si celebra il 25 aprile in questo modo, facendo persino rilevare ad uno studioso e ad un uomo di grande prestigio come Vittorio Foa di non identificare la sconfitta con una manifestazione per riprendere una presenza del 25 aprile. Quando c'è questo risveglio, la domanda che naturalmente ci si pone è la seguente: "Chi che ha il potere e la fortuna di influire, di essere ascoltato?". Credo che la risposta stia nel fatto che è nell'aria: le recenti elezioni sono state vinte dal cosiddetto "polo delle libertà", che è uno schieramento di destra, nel quale per la prima volta, dopo cinquant'anni, vengono richiamate a pieno titolo e in piena attività di servizio, le forze sconfitte cinquant'anni fa! C'è poco da fare, è così anche se poi le cose possono anche essere interpretate in un modo più blando.
Si dice "Fini è un gentiluomo". Ho avuto l'occasione di incontrarlo qui, collega Majorino, nel rispetto di un impegno assunto dal Presidente Viglione e da me successivamente, quindi è stato un impegno comune, del quale il Gruppo MSI-DN aveva fatto richiesta. Ma non è in discussione il fatto che Fini sia un gentiluomo, che sia un uomo di rispetto e di prestigio, è il quadro politico che è in discussione! Voi mi direte che sono trascorsi cinquant'anni, certo però avete fatto fino in fondo i conti con la vostra storia.
Non sono tra coloro che vogliono relegare per l'eternità gli eredi di una certa situazione - situazione che abbiamo combattuto perché ha oppresso per vent'anni il popolo italiano -, non sono per la scomunica e per l'anatema eterno, perché facendo politica riconosco l'esistenza di modifiche. Lo dissi anche all'attuale Segretario On. Fini, quando venne in quest'aula, e nel porgergli i saluti auspicai che egli operasse nella direzione di essere meno Movimento sociale e più Destra nazionale, e facesse fino in fondo i conti con la propria storia.
Li avete fatti questi conti? Ho l'impressione che non li avete ancora fatti. Va bene, Consigliere Masaracchio, che state cercando di farli, ma non dovete spiegare a me l'evoluzione di alcuni processi difficili. E' stato sufficiente l'altro giorno, quando è apparso che il polo delle libertà aveva vinto le elezioni, che a Roma si scatenasse un mezzo finimondo per costringere, in qualche modo, l'On. Fini a dire, per pacificare alcuni scalmanati che esistono e che sono ancora ben attrezzati e ben organizzati, che Mussolini era il più grande statista del secolo.
Beh, mi sembra questa una "boutade". Credo che l'On. Fini sia il primo a non credere a questa affermazione. Sono, comunque, d'accordo che ci sia bisogno di superare certe situazioni.
Il 25 aprile, per la prima volta, dopo molti anni, sarà celebrato da un grande movimento di gente, ma non perché qualcuno ha detto loro che bisogna agire in questo modo. Dieci anni fa il 25 aprile veniva celebrato quasi come un fatto burocratico: è festa nazionale, si va a fare una gita al mare o in montagna, forse i più impegnati partecipavano alla manifestazione.
Come mai adesso il 25 aprile ritorna ad essere qualcosa per il quale ci sarà un grosso impegno? Tutti ne stanno parlando, i giornali sono pieni di interpretazioni. La mia interpretazione è che la gente, che ha le antenne che è sempre attenta anche quando sembra distratta, sente e capisce che questo è un momento particolare.
Voi avete vinto le elezioni, le avete vinte, superando di colpo tutte le mediazioni politiche; è il sistema che sta per essere superato, che ormai è pressoché travolto. Avete vinto le elezioni e avete riproposto una soluzione politica completamente nuova.
Questo non mi porta a dire che c'è il pericolo dell'avvento della dittatura, niente affatto. Però lasciatemi dire che è una posizione di destra, si comincia prima con l'annacquare una certa situazione, per poi giungere nella terra di nessuno. Terra piena di tentazioni, visto che questi fenomeni avvengono in momenti di crisi economica; c'è quindi il pericolo che i problemi incontrati dallo stato sociale sfocino in una serie di scontri che preludono al passaggio ad una fase successiva.
Pertanto sostengo che l'impegno del 25 aprile ci spinga a prestare con il rispetto della sovrana volontà del popolo italiano, che ha manifestato un suo orientamento - molta attenzione e a non confondere tutto. Non confondiamo i martiri che hanno lottato per la libertà, non bisogna dire che tutte le cose sono uguali, altrimenti non sappiamo più distinguere la vittima dai suoi carnefici. Matteotti ha perso la vita assassinato, Gramsci è morto in prigione, perché bisognava far tacere quel cervello, bloccarlo. Beh, è avvenuto. Gobetti Piero: parlo di uomini che sono anche nostri conterranei; Don Minzoni: sarà stato un prete vivace, non lo so.



(Interruzione del Consigliere Masaracchio)



ROSSA Angelo

Nella società ci sono questi fenomeni e vanno bloccati, vanno fermati rafforzando la cultura della democrazia, della tolleranza, del confronto.
Ci raccontano dell'olio di ricino, che veniva usato il manganello, che c'erano le squadre che agivano in questo modo. Non è detto che queste cose non si facciano più, si possono modificare gli scenari, ma possono anche intervenire fatti nuovi.
Pertanto la forza della democrazia è quella di convincere la gente creare le condizioni perché nessuno possa usare il manganello, l'arroganza la prepotenza, l'olio di ricino e tanto meno di avere mano libera per mettere "a ferri e a fuoco" una nazione, come è avvenuto.
Ad un certo punto non ci dobbiamo confondere tra coloro che hanno combattuto per la libertà, libertà che abbiamo conquistato per noi, ma anche per i nemici. La resistenza ha lottato, ha vinto e ha conquistato la libertà per sè e per i suoi nemici, i quali hanno potuto sempre esprimere le loro posizioni, nemici diventati avversari politici. Ecco perché si tratta di nemici in guerra, ma in tempo di pace semmai si parla di avversari politici, che hanno potuto esprimere le loro posizioni liberamente. Lo spirito, la lettera della Costituzione nata dalla Resistenza sono tali che hanno reso sempre impossibile ad una certa forza politica che non si era ancora - né si è - fino in fondo legittimata di essere forza di Governo, di potere.
Oggi, dopo le elezioni, prendiamo atto della sua legittimazione: il popolo italiano l'ha legittimata.
Non è successo niente e ci auguriamo che niente debba succedere, ma senza alcun dubbio dovremo fare in modo che le forze in gioco siano tali affinché il Paese, che sta attraversando la difficile fase di passaggio dalla prima alla seconda Repubblica, vi approdi senza traumi. Ma per evitare traumi occorre fare appello a grandi valori ideali; valori per i quali tanta gente è caduta, si è battuta, ha lottato.
Questo non significa venir meno alla pietà, che è giusto si manifesti dopo 50 anni, per i caduti sull'altro fronte: sono italiani, come tutti gli altri. Cerchiamo però di stabilire dei valori, non dei disvalori; c'è chi ha creduto di stare dalla parte giusta, perché, uscendo di casa, dietro l'angolo non ha trovato la persona che gli dicesse: "Ma non andare di là vai da questa parte". Tale persona si sarebbe trovata magari dalla parte della Resistenza, e invece si è trovata dalla parte opposta.
In fondo, però, la tendenza generale con la quale l'Italia e l'Europa affermano la ritrovata liberta è quella che ha alla propria base, alla propria radice, come linfa, come alimento, i valori della libertà e della Resistenza.
Personalmente, mi auguro che tali valori siano sempre presenti, anche nel caso in cui si decidesse di riscrivere dei passi della Costituzione, al fine di aggiornarla. Sono valori comuni all'umanità che vuole andare avanti nello spirito della fratellanza e della solidarietà; valori comuni alla gente che vuole affermare le conquiste con gli argomenti delle buone cause della pace e della libertà, per renderci più forti e portare questo spirito libertario anche in zone dove, purtroppo, ancora crepitano le armi e muore tanta gente.
Facciamoci forti della nostra esperienza; facciamo in modo che il tempo possa affermare questi valori ideali. Cerchiamo di dare a questo dibattito che credo molto importante e ricco, il suo preciso valore, che non è quello di una parte rispetto all'altra. Se avessimo questa visione ne sminuiremmo il significato, anche perché i nuovi attori non sono qui dentro, ma fuori: cerchiamo allora di attribuire al nostro dibattito il significato giusto quello di affermare quella sovranità e quella dignità provenienti dalla riconquistata storia di libertà, alla quale, combattendo, hanno dato grande contributo molti uomini.
Noi socialisti siamo rimasti fedeli a questi principi, non da tutti condivisi, ma è sicuramente la loro affermazione che ha consentito, oggi di poter fare questo dibattito democratico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Per chiarezza e per dovere di storia recente, vorrei ricordare al Consigliere Rossa che è incorso in un piccolo quiproquo. La presentazione dei documenti, in effetti, non è stata nell'ordine ricordato dal collega.
Se ben ricordo, venerdì scorso, alla riunione dei Capigruppo, il documento presentato a firma Monticelli ed altri era già stato annunciato.
Successivamente, sempre se non vado errato, nel pomeriggio di ieri il Consigliere Majorino ha presentato il proprio documento, e questo pomeriggio è stata la volta del documento dei colleghi della DC. Documento fra l'altro a cui riconosco un estremo equilibrio e in cui mi riconosco parecchio, tanto da, Consigliere Rossa, ritenere che il documento presentato dal collega Bonino ed altri sia molto più riconducibile al documento presentato dal Consigliere Majorino, che non il documento presentato dal Vicepresidente del Consiglio.
Detto questo, vorrei chiarire i motivi per cui ho tentato di stemperare, di ridurre, di cercare di evitare che qualcuno - ovviamente non mi riferisco a colleghi di quest'aula tentasse di sfruttare la ricorrenza del "25 aprile" per fini, mi si consenta, non del tutto ortodossi.
Personalmente, concordo pienamente con quanto detto dal collega Cucco.
Erano anni che non si sentiva la necessità di ricorrere ad un documento su questo tema; questo perché la mia generazione, figlia di coloro che hanno vissuto la Resistenza e la Liberazione, ha profondamente radicata la convinzione che l'unico metodo di governo sia la democrazia e che tutti i totalitarismi siano da combattere, e che non esista totalitarismo più cattivo di altri.
Personalmente, non ho vissuto quel periodo storico; l'hanno vissuto i miei genitori: mio padre, così come mio suocero. Uomini che hanno vissuto quell'esperienza su fronti diversi: l'uno come ufficiale dei partigiani che operavano nell'area di Bra, l'altro come alpino della repubblica sociale.
Ebbene, entrambi, da moltissimi anni, sono convinti che la nostra Costituzione sia una conquista del popolo italiano, al quale loro appartengono. Questa convinzione è anche mia; ed altrettanto radicata in me è la convinzione che a nessun totalitarismo si può concedere nulla, e che è fortemente strumentale la dichiarazione venuta da alcuni colleghi.
Sono profondamente contrariato da quanto è capitato in questi giorni a Torino, dove c'è stata una conferenza stampa di Curcio, ideologo delle Brigate Rosse, al quale a 16 anni di distanza tutto è stato perdonato. Il popolo italiano è un grande popolo, perché è capace di perdonare, di dimenticare dei grandi nemici, nemici della libertà e della democrazia.
Purtroppo, quell'esperienza l'ho vissuta così, come i miei genitori hanno vissuto l'esperienza della Liberazione e della guerra civile.
La mia esperienza l'ho vissuta all'interno di una caserma dei Carabinieri, con i sacchetti di sabbia sulle finestre, con i colleghi che regolarmente segnavamo sul registro dei caduti.
Sono convinto che il popolo italiano abbia ragione anche in questo caso: bisogna dimenticare, bisogna perdonare anche quando le ferite sono molto recenti.
L'intento mio e del mio gruppo, nel segnalare il documento minimale di Majorino e nel riconoscersi nella pacatezza del documento dei colleghi della Democrazia Cristiana, ha proprio questo significato. Il nostro è un grande popolo, che ha dimostrato di aver conseguito una maturità democratica ormai incontrovertibile, è un popolo con un grande cuore che sa dimenticare i nemici e le offese. Sa dimenticare anche chi ha sparato solamente 14 anni fa contro l'integrità del paese.
E' proprio per questo motivo che ritengo una vigliaccata quella che qualcuno il "25 aprile" commetterà nel presentare ai deputati e senatori di questa Repubblica un documento per evitare che si formi il governo che il popolo, con l'espressione del voto, ha voluto. Il popolo ha dato un'indicazione precisa sul governo che dovrà essere incaricato dopo la convocazione del nuovo Presidente da parte di Scalfaro. Quello sarà il governo per i prossimi anni. E' incontrovertibile questa volontà ed è strumentale e vigliacco il tentativo, da parte di qualcuno, di far sottoscrivere documenti che vietino e blocchino la volontà popolare. Questo documento, voi lo sapete benissimo, sarà consegnato ai Parlamentari il 25 aprile.



(Interruzione del Consigliere Marengo)



VAGLIO Roberto

E' un documento, che verrà sottoposto a tutti i Parlamentari, in cui si chiederà esplicitamente di non appoggiare un governo che veda coinvolta anche Alleanza Nazionale.



MARENGO Luciano

E' illegittimo questo.



VAGLIO Roberto

No, non è illegittimo, è strumentale. E' un cercare di ovviare ad una sconfitta bruciante. E' cercare di evitare di confrontarsi contro un risultato.



(Interruzioni)



VAGLIO Roberto

Sai benissimo che la mia democrazia non è quella. Dico semplicemente che non si può strumentalizzare una cosa fondamentale, importante, radicata nella gente, come la data del 25 aprile, per la banalità di un risultato elettorale. Per la banalità di un risultato elettorale! Democrazia vuol dire "questi quattro anni governo io, successivamente governerai tu", vuol dire alternativa. Chi non è capace di accettare queste regole banalissime non è democratico e dimostra di discendere da quei rami.
Ognuno ha la propria interpretazione di democrazia ed ognuno ha le proprie origini sprofondate in questa o quella ideologia. Ritengo che saggia cosa sarebbe quella di non dare corso all'approvazione di alcun documento, o concorrere tutti alla formulazione di un documento che prenda atto - non dico in modo così stringato e così minimale come quello del MSI di uno stato di fatto: che il 25 aprile è un patrimonio comune a tutti gli italiani, e che nessuna forza politica può arrogarsi il diritto di gestire o quello di continuare a gestire proditoriamente tutta la questione della Resistenza e di tutto quanto da questa discende.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mollo.



MOLLO Francesco

Signora Presidente, colleghi Consiglieri, mi atterrò al richiamo ad esprimere sinteticamente dei concetti.
Ad un certo momento del dibattito mi sono posto nella condizione di uno straniero che viene in Italia e assiste a un nostro dibattito, come sta avvenendo in questa aula, sulla pacificazione fra gli italiani. Questo straniero, a mio parere, concluderebbe, se non conoscesse l'Italia, che in Italia stiamo ancora combattendo. Parliamo di pacificazione, ma viene da domandarsi di quale pacificazione stiamo parlando. In effetti, i termini più in uso in questi tempi sono "lotta alla mafia", "lotta alla disoccupazione": questi sono i termini delle questioni sociali.
Il problema non è tanto quello della pacificazione; il problema sta nella diversa posizione che si ha rispetto ai valori espressi dalla Resistenza e dai movimenti di liberazione. Sono i valori che hanno ispirato la nostra Costituzione e i principi di libertà, di giustizia, di democrazia, di unità del paese che i nostri giovani ospiti di questo pomeriggio potranno ritrovare nei libretti che opportunamente sono stati distribuiti in questa sede, sia nella parte che richiama la Costituzione sia nella parte che richiama e riporta lo Statuto regionale.
Il motivo di questa rinnovata attenzione verso il 25 Aprile, che non è solo storica e celebrativa, sta nel voler riaffermare proprio quei valori nella nostra libera convivenza e nell'azione politica che svolgiamo.
Se c'è questa maggiore attenzione, che non è rituale come stava avvenendo da alcuni anni a questa parte, non è perché qualcuno ha imbastito una sorta di rivincita politica. Il 25 aprile non è una campagna elettorale, né quelli che hanno sottoscritto e presentato dei documenti vogliono fare una campagna elettorale, né tanto meno quelli che non si riconoscono in questo documento devono pensare che si stia facendo una contro campagna elettorale, perché non avremmo capito niente.
C'è maggiore tensione perché, nella nostra società, si avvertono segni di intolleranza, di razzismo, di antisemitismo, elementi di divisione.
Questi sono i problemi, e quindi richiamarsi a quei valori non mi sembra più retorico, più celebrativo, più rituale. In effetti a questi segnali si accompagnano anche atteggiamenti di superficialità, strumenti di massificazione, senza valori e senza ideali. Quindi, il problema è costruire il nostro futuro e quello dei nostri figli in una società di uomini liberi e non di uomini fatti con lo stampino, come qualcuno vorrebbe fare nell'attuale situazione.
Questi sono campanelli d'allarme - di cui citavo alcuni esempi prima che qualcuno tende a minimizzare e che altri, che hanno fatto la storia che conoscono la storia e che l'hanno subita, tendono invece a sottolineare con forza, nonché l'impegno di coloro che sanno che il lassismo porta all'affermazione di fenomeni mafiosi, che la mancata vigilanza porta all'occupazione della società e della nostra vita sociale da parte di gruppi organizzati, che il laissez-faire diventa un facile pass a chiunque per ragioni politiche ed economiche, volesse imporre propri modelli politici e sociali.
Quindi, voterò il documento che ho sottoscritto, voterò contro il documento presentato, a prima firma, dal Consigliere Majorino, e considererò attentamente l'atteggiamento che assumerà la DC sul nostro documento.
Voglio richiamare anche un piccolo particolare: il nostro documento nella terza pagina dell'ultima parte, si richiama a leggi che la Regione ha votato. Spero che nessuno - qui non è stato fatto metta in discussione le leggi che il Consiglio ha votato su quei valori, su quella storia, su quei giudizi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Presidente, colleghi Consiglieri, insolitamente prendo la parola per manifestare una posizione che può essere interpretata di dissenso rispetto al mio Gruppo, ma che è semplicemente di integrazione e di specificazione o comunque può essere interpretata come è: una espressione personale genuina in un dibattito che credo abbia bisogno di autenticità e non di schemi o di classificazioni predeterminate.
Qualcuno ricorda che in quest'aula raramente si è dibattuto del 25 Aprile tanto quanto si sta facendo ora. L'osservazione è giusta ed è anche pertinente. Un nuovo fatto politico, comunque, esiste e non può essere sottaciuto. Per la prima volta chi ha ereditato in parte la storia del Movimento Sociale Italiano, che ha le sue origini nella storia del nostro ventennio, entra a far parte di una coalizione di governo. Mi pare che questo dato non possa non essere messo in evidenza e pare giusto che coloro che hanno visto nel 25 Aprile della Resistenza la forza, l'espressione della contrarietà alle linee fasciste, si preoccupino e richiamino i valori fondamentali su cui la nostra Costituzione è fondata, e ricordino a tutti che l'esperienza fascista deve essere cancellata definitivamente e che non ci possono essere continuazioni di sorta; al contrario ci deve essere una decisa soluzione di continuità.
Pare sia politicamente legittimo e storicamente comprensibile, e nessuno deve gridare allo scandalo se qualche riferimento più forte al 25 Aprile viene fatto.
Diversa è la strumentalizzazione politica che qualcuno vorrebbe fare del 25 Aprile, e mi auguro che nessuno lo faccia; diversa è l'utilizzazione per un contrasto più forte in sede parlamentare di valori che sono soprattutto ideali e che, con molta prudenza, vanno trasferiti nella lotta quotidiana, nel confronto politico quotidiano, nello scontro fra i Partiti che ha più il valore della contingenza che non il valore della grande idealità, che - ripeto - va richiamata con somma misura.
Mi sono sentito dire di tutto nella mia storia politica: spesso che sono clericale, altre volte che sono un decisionista, molto spesso che sono di sinistra; qualche volta, nel dibattito politico, che sono comunista chiedo scusa per avere espropriato di caratteristiche ai miei colleghi. Ma anche in termini bonari e mi auguro che questi siano quelli utilizzati da un collega che è intervenuto qualche minuto fa - del filo-leninista proprio sinceramente, nessuno me lo aveva ancora dato! Prima di prendere la parola, presumendo che dicessi qualche cosa non perfettamente in consonanza con le sue posizioni, un collega mi ha detto: "Eh, tu sei filo-leninista cerca di calmarti un po'!". Mi sembra che questo sia il primo segno preoccupante dell'intolleranza, e io restituisco questo termine di filo leninista che mi è stato generosamente appioppato e continuo nella mia riflessione, sperando di contribuire alla pacificazione degli animi tanto invocata in questa sede.
Sono d'accordo con il collega Cucco. Mi sorprendo sempre per la ricerca onesta di linee di tolleranza che egli manifesta. Mi associo anche alle posizioni, forse non gradite, del direttore de "La Stampa" che invitava a ricordare con forza il 25 Aprile, ma dissento un poco, come hanno dissentito altri, dal richiamo de "Il Manifesto". Raccomando tuttavia al Consiglio di continuare a celebrare il 25 Aprile con spirito di fraternità di pacificazione, ma anche con la forza che è necessaria quando si intendono affermare dei valori ai quali vorrò rapidamente arrivare.
Mi scandalizzo anche poco che i giovani sappiano poco della Resistenza.
Guardate, mi scandalizzo poco che nella nostra scuola non si sappiano le cose che noi presumiamo di sapere; i ritmi che hanno i nostri giovani e la pluralità delle conoscenze che hanno, spesse volte, impongono selezioni nelle conoscenze.
Mi ha fatto sorridere (perché questo è davvero paradossale) la battuta di un giovane al quale è stato chiesto, qualche giorno fa, che cosa fosse per lui il 25 Aprile. Sorpreso, rispose: "Per la verità, non so bene che cosa sia, però io non sono di Milano". Questo è il riporto esatto di un'affermazione sentita e neanche sorridente, però sta anche ad indicare che in effetti 50 anni sono passati, che qualche cosa va necessariamente dimenticata, e anche superata. Quindi, anche insistere in termini mitici sui fatti accaduti è probabilmente sbagliato; la mitizzazione della storia è un elemento distorcente. La storia invece deve essere riportata ai fatti agli eventi, ai personaggi, letti con rigore e con intransigenza nei valori e nei disvalori che hanno rappresentato.
Mi è capitato di tradurre, tanto tempo fa quando facevo quel mestiere un libro di Mann su Giulio Cesare e, ancora reduce degli insegnamenti imperialistici che mi erano stati impartiti, mi sono sorpreso di vedere non il Grande Conquistatore del mondo, ma un pover'uomo carico di malattie, di debolezze, arrendevole di fronte a tante tentazioni, di una crudeltà infinita. Mi sono sentito fortemente schierato dalla parte di Vercingetorige che è diventato per me da quel momento un rappresentante della resistenza gallica che, in certi atteggiamenti e in certi comportamenti, mi ha davvero commosso.
Voglio dire che anche per la Resistenza non dobbiamo correre il rischio della mitizzazione, perché alla fine la si indebolisce per il nucleo forte di valori che rappresenta. Ma la Resistenza è la sintesi di un pensiero.
Il 25 Aprile è la sintesi di un pensiero contraddittorio con quanto sofferto da Masaracchio in Sicilia, nonché da quanto sofferto da me e dalla mia famiglia; famiglia divisa in tre parti: mio padre nella milizia antiaerea, mio fratello nei partigiani della Val d'Ossola e mio cugino prima coscritto e costretto, e poi convinto ad entrare nella Decima MAS.
Quindi, è un quadro davvero sofferente, che ricordo per quanto fossi in tenera età, e che certamente è la conseguenza di un'impostazione di vita dello Stato e della società.
Questo va ricordato e combattuto con spirito di pacificazione, ma non può non essere contestato che questa filosofia, amico Masaracchio e amicissimo Majorino, è entrata attraverso un insegnamento sistematico che si chiamava "etica fascista" ed illustrazione progressiva a tutti i livelli dello Stato padrone e dell'uomo superiore ad altri con classificazioni diverse, che sono esattamente contrarie a quelle contenute nei nostri principi costituzionali.
Ma chi non va a dire una preghiera sulle tombe dei morti e di quei poveri fascisti uccisi? Chi non va a dire una preghiera sui morti violentemente aggrediti dalle persecuzioni naziste? Ma chi non vuole questa pacificazione? Ha ragione il Consigliere Chiezzi: questa pacificazione è avvenuta nei fatti in 50 anni di democrazia. Non si può invocare ora la pacificazione come un elemento che cancella la storia, le filosofie e le oppressioni.
Voterò il documento del mio Gruppo con le precisazioni fatte dal collega Cucco e il documento proposto dal collega Monticelli. Vorrei che firmandolo, ciascuno ricordasse che cosa ha significato per tutti noi il fascismo e soprattutto il nazismo, di cui il fascismo è stato figlio minore, poco riconosciuto dagli stessi nazisti. Firmando vorrei che ricordassimo le sofferenze degli ebrei, in particolare, che non devono essere dimenticate, perché questi fatti possono ritornare.
Chi richiama lo stalinismo fa nei miei confronti un atto assolutamente inutile; ho scelto da sempre la libertà, non sono stato ingannato da miti nuovi, dai quali sono stati ingannati onestissime persone che siedono anche in questo Consiglio regionale. Ho subito, perché qualcuno l'ha richiamato come schieramento politico, le violenze delle Brigate Rosse. Per onestà debbo dire che se queste sono state sconfitte è anche in forza di una presa di posizione decisa del Partito Comunista di allora, perché la storia va letta nella sua completezza e con onestà intellettuale.
Vorrei, caro amico Masaracchio, amico da tanti anni, che la soluzione di continuità del fascismo avvenisse in termini espliciti, non con una visita casuale alle Fosse Ardeatine, non con l'invocazione di una restituzione della visita a qualche tomba di "povero diavolo" ucciso dai partigiani. Vorrei avvenisse con una dichiarazione solenne di rifiuto dei principi fascisti.
Quando Papa Woityla ha inteso riabilitare Galileo non è andato a cercare scuse e a recuperare ragioni. Ha chiesto scusa per gli errori commessi dalla Chiesa nei confronti di un grande pensatore. Quando Papa Woityla si è inginocchiato davanti agli ebrei, lo ha fatto con pienezza e con completezza di atteggiamento intellettuale, non con riserve e con richieste di restituzione per comportamenti scorretti.
La destra deve essere al Governo; ci vada. Il gioco della democrazia che noi abbiamo consolidato nel nostro Paese è questo, e ci vada, ma se si vuole chiudere con il passato si faccia un'abiura, si cancelli il passato lo si dichiari - e sono io il primo a discutere con galantuomini come Majorino e Masaracchio in termini politici.
Per me la giornata del 25 aprile significa il canto alla tolleranza alla libertà, alla democrazia, quella che abbiamo consolidato in questo Paese. Per questo firmerò i documenti nel senso che ho detto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marengo. Ne ha facoltà.



MARENGO Luciano

Richiamando l'appello fatto dalla Presidente, mi limito ad un brevissimo intervento e dichiarazione di voto, perché gli argomenti, già illustrati dal collega Monticelli e da ultimo dall'intervento del Consigliere Nerviani - che condivido totalmente - mi evitano di insistere ulteriormente sulle argomentazioni.
Voglio solo sottolineare un punto, che è un po' il discrimine tra i diversi documenti, in modo particolare tra quello che ha come primo firmatario il collega Monticelli e il documento che ha come primo firmatario il collega Majorino, e cioè la questione della pacificazione.
Anch'io, come ha detto il Consigliere Nerviani, credo non si possa cancellare la storia o falsarla. Poiché la pacificazione non è una parola non credo possa essere usata come un espediente dialettico per dire altro e soprattutto per fare altro. La pacificazione in questo Paese è rappresentata dai fatti concreti; la pietà umana verso tutti i morti; gli atti compiuti nel 1946 dall'allora Governo costituente e, in particolare dall'allora Ministro della Giustizia Palmiro Togliatti; la pratica democratica che in questo Paese ha visto il contributo di tutte le forze che hanno partecipato ai C.L.N, e successivamente ai governi o comunque alla vita istituzionale del Paese; la pratica democratica che ha permesso sempre elezioni libere fino ad arrivare al fatto che, in seguito alle ultime elezioni, per la prima volta forze che si sono richiamate al Movimento Sociale stanno per avere Ministri nel nuovo Governo - ed è forse il motivo per cui oggi si discute per la prima volta in questi termini della ricorrenza del 25 aprile. Questi sono i fatti concreti che dimostrano come la pacificazione sia stata la garanzia della democrazia, perché tutti potessero difendere le proprie idee ed agire di conseguenza, e sia stata infine, un fatto compiuto.
Collega Vaglio, credo sia pericolosa l'interpretazione del fatto che la presentazione di un documento, da parte di chi si vuole opporre alla partecipazione di Alleanza nazionale al nuovo governo, sia strumentale. Il fatto che sia possibile l'opposizione ad una istituzione a condizione che questa risponda a ciò che vuole il Governo, a ciò che vuole la maggioranza è molto pericoloso, secondo me. Lo vedo davvero come un pericolo di ritorno ed è anche per questo che credo sia utile approfondire, discutere del 25 aprile, ma anche di ciò che sta accadendo nel Paese, proprio perch non vorrei che la pacificazione fosse una invenzione, da un lato, per non rinnegare un passato, perché magari si trova utile farlo ritornare, e dall'altro per giustificare un accordo politico per arrivare al governo attraverso un accordo politico del quale la pacificazione, intesa in questo modo, diventa la giustificazione. Credo che questo davvero sia pericoloso perché credo nei valori dell'antifascismo tuttora validi e per noi inalterati.
Concordo molto con il collega Marchini laddove, nel suo intervento diceva che il problema oggi dell'essere antifascisti vuol dire battere l'intolleranza al linguaggio e al ritorno di valori. Voglio allora leggere testualmente ciò che riporta "La Stampa" nella cronaca torinese di oggi (è il commento all'incontro di ieri dei parlamentari con i Consiglieri regionali): "Il senatore leghista Brigandin veniva sgridato dalla collega Giovanna Briccarello per la ruspante definizione data ai giornali della sua prima esperienza romana: 'Meglio di una scopata!' aveva detto riferendosi allo scontro fisico con i contestatori della Pivetti appena eletta Presidente della Camera", cioè gli scontri con i giovani ebrei che contestavano le dichiarazioni antisemite della Pivetti. Credo allora davvero che i valori dell'antifascismo abbiano tuttora una loro validità che per noi debbano rimanere inalterati, che dobbiamo essere attentamente vigili, se questi sono i linguaggi, i valori che si intendono riportare nelle istituzioni del Paese.
Per questo ritengo che anche il richiamo che fa il documento firmato da Monticelli alla manifestazione di Milano... Collega Cucco, la manifestazione di Milano è indetta da tutte le associazioni della Resistenza e quindi la partecipazione, l'adesione non è altro che un'adesione, e dato che questa adesione avviene dopo che l'hanno indetta tutte le associazioni...



CUCCO Vincenzo

Non ho contestato la partecipazione alla manifestazione.



MARENGO Luciano

Lo dicevo solo per dovere di cronaca rispetto ad un'affermazione fatta prima; questa manifestazione è stata indetta da tutte le associazioni della Resistenza.
E' quindi ovvio - e concludo - il voto favorevole mio e del mio Gruppo al documento presentato, come primo firmatario, dal collega Monticelli.
Daremo invece voto contrario al documento presentato dal Gruppo MSI e chiedo la votazione per parti separate sull'ordine del giorno presentato dal Gruppo DC, quello che ha come primo firmatario il Consigliere Bonino nel senso voteremo in modo favorevole rispetto a tutti i punti eccetto il paragrafo che parla della pacificazione, sul quale intendiamo astenerci.
Credo di aver sufficientemente chiarito il motivo dell'astensione su questo punto.



PRESIDENTE

Registriamo questa richiesta, poi sentiremo i presentatori.
Ha ora la parola la Consigliera Sartoris.



SARTORIS Anna

Il mio intervento uscirà forse un po' dalle tematiche di cui abbiamo parlato oggi, perché credo che il grosso limite del dibattito sia volere imporre uno schieramento, se pro o contro la Resistenza; ma la gente ha tutt'altri problemi: i ragazzi quello dell'occupazione, gli anziani quello delle pensioni. Si è scelto di fare le elezioni col sistema uninominale dividendo le posizioni della gente su due fronti, su due schieramenti adesso è inutile - sia da una parte che dall'altra - dire "sono gli altri che vogliono il martire, che vogliono il morto". Credo che in realtà la colpa sia di tutti e due, perché quando si obbliga la gente a scegliere fra due schieramenti, ci sono coloro, come me, che non desiderano scegliere n questo né quello, ma sono nell'impossibilità di poterlo dire. Quindi, mi rifiuto di votare i tre documenti, perché non voglio che domani mattina qualcuno possa chiedermi con chi mi sono schierata. Non mi schiero né da una parte né dall'altra, perché penso che sulla Resistenza ci si potrà schierare soltanto quando sarà possibile disporre di molti documenti sottratti al legittimo desiderio di studio da parte di molti studiosi.
Soltanto quando ci sarà la possibilità di studiare tutti i documenti sulla Resistenza, ci si potrà schierare, ma non fino a quando avremo degli Istituti della Resistenza che si rifiutano di fornire della documentazione semplicemente perché una trasmissione televisiva non ha dato il taglio desiderato! A questo punto comincio a pensare che ci sia qualcuno che vuol fare il furbo e utilizzare certi fatti a proprio uso e consumo; quando invece quell'uso e consumo non viene non gli va bene! Quindi io non voterò nessuno di questi tre documenti.
Voglio fare ancora due puntualizzazioni. La prima è la seguente: in questi giorni, se non ho visto male, l'Ufficio di Presidenza ha promosso viaggi ormai diventati un rito al quale la gente aderisce sempre meno volentieri. Quest'anno abbiamo scoperto Trieste! Ebbene, credo ci sia davvero la volontà di leggere la storia a proprio uso e consumo, perch quando si è pensato di andare a Trieste e vedere la Risiera di San Sabba non si è pensato di andare un pochino più in su dove ci sono le "foibe" dove c'è gente che è stata "infoibata" semplicemente per il sospetto che fosse fascista! A questo punto mi sembra davvero ci sia una lettura di parte! Amico Chiezzi, io non so se tu hai visto le "foibe"; senz'altro, quanto successo a Torino, quanto subito da molti partigiani è cosa vergognosa però se si conoscesse cosa sono state le foibe, a quale crudeltà si è arrivati, forse si riuscirebbe a capire cosa si pensa, a Trieste, degli slavi.
Un'altra puntualizzazione, sempre all'Ufficio di Presidenza, è questa: si è parlato molto del 25 aprile, della Resistenza, e qualcuno ha ricordato la famosa frase di quel ragazzo che ha detto: "io non sono di Milano, non so cosa è successo il 25 aprile". L'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte, oltre che propagandare e dare spazio a discorsi sulla Resistenza, dovrebbe ricordare che il 25 aprile, ad Alba, è sventolato il tricolore contenuto nello stendardo rosso, arancione e blu che sventola da 198 anni! Sarebbe il caso, forse, di riappropriarci di una certa storia per meglio capire certe cose.
Ho fatto riferimento a questo tricolore semplicemente perché ricordo la polemica sorta e la grossa strumentalizzazione fatta in quest'aula quando per non far passare la bandiera storica del Piemonte, cioè quella con il lambello, si era perfino deciso di spostarne la disposizione, commettendo un errore storico spaventoso: il tricolore rosso, arancione e blu era posto in modo orizzontale e non verticale; questo è avvenuto quando in quest'aula non si poteva fare quello che si voleva.
Ricordo perfettamente quando in quest'aula c'erano le famose Giunte rosse e quando a Torino, chi non era comunista o chi non era di una certa area se attaccava dei manifesti veniva aggredito con le catene dalle squadracce. Quando il 5 dicembre, in seguito alla vittoria delle sinistre abbiamo cominciato a sentire certe ariette di vittoria, credo che molte persone abbiano deciso di fare qualsiasi cosa purché quei tempi non tornassero più.
Credo che, in quest'aula, sia giusto che alcuni facciano un esame di coscienza, ma qualcun altro dovrebbe ricordarsi come sono stati gli anni dal '75 all'83, a Torino c'erano le Giunte rosse, ma non c'era tutta la democrazia che si dice ci fosse. Quindi chi vince la racconta sempre come vuole e la fa sempre da padrone.



(Interruzione del Consigliere Bosio)



SARTORIS Anna

Ti voglio dire una cosa, io sono stata aggredita perché attaccavo un manifesto che era mio diritto attaccare, e ti giuro che piuttosto che tornare a quei tempi preferisco qualsiasi altra cosa.



PRESIDENTE

Intervengo per precisare che a me non risulta che ai viaggi ai campi di sterminio aderiscano sempre meno persone. Anzi, Consigliera Sartoris, i dati rilevati dall'Ufficio di Presidenza dimostrano le straordinarie richieste che ci giungono da tutte le scuole del Piemonte, cui non riusciamo a far fronte.
La seconda questione è che l'Ufficio di Presidenza non propaganda la Resistenza, ma attua una legge che il Consiglio ha varato, che è quella per le celebrazioni del cinquantesimo anniversario.
Quindi, non facciamo propaganda, ma attuiamo una volontà espressa a larghissima maggioranza dal Consiglio regionale.
La parola alla Consigliera Pozzo.



POZZO Carolina

In quest'aula si è parlato più volte di strumentalizzazione del 25 aprile, e allora viene spontaneo chiedersi se sia sbagliato ricordare che un popolo ha disobbedito alle leggi razziali. Rispondo che forse è sbagliato, perché alcuni oggi si sono alleati con chi rabbrividisce alla parola "disobbedienza", "minaccia per il potere costituito", quando questo è in mano a gruppi poco inclini ad ascoltare i bisogni della gente.
Mi chiedo se sia sbagliato ricordare che gli operai hanno scioperato contro i fascisti. Forse sì, perché oggi alcuni si sono alleati con coloro che gli operai hanno sempre sfruttato.
E' sbagliato, mi chiedo ancora, ricordare che l'80% degli ufficiali dell'esercito italiano ha scelto di andare nei campi di concentramento, pur di non servire la Repubblica di Salò? E' inutile ricordare che un pugno di uomini armati sono saliti in montagna? Forse sì, perché oggi qualcuno si è alleato con coloro che hanno sempre pensato che un popolo si deve tenere sotto controllo o con la forza o con la televisione a seconda dei casi, e non permettere al popolo di pensare e organizzarsi dal basso.
Mi si dimostri qui, al di là delle strumentalizzazioni, che è stupido inutile ed obsoleto ricordare la lotta di un popolo, e allora non avrò più nulla da dire.
Mi si dice che devo fare pace, ma con chi devo riappacificarmi? Con il fascismo? Ma non è forse fuori dalla nostra Costituzione? La storia deve essere ricordata e non dimenticata o rivista. Un conto ritengo sia la pietà per le vittime che è giusto provare, senza distinzione di parti - questa si chiama compassione -; altra cosa invece è il giudizio storico.
Dicono che i morti sono tutti uguali e che il fascismo è lontano e chi lo vuole rievocare non rispetta i morti. E' vero proprio il contrario: non rispetta i morti chi li vuole tutti uguali; è questa la vera offesa. La voce vera dei morti costringe invece a prendere posizione, a distinguere la giustizia e l'ingiustizia, la ragione e il torto.
Don Morosini e i fratelli Cervi non avrebbero mai pensato che le loro ceneri sarebbero state uguali a quelle dei loro carnefici e gli ebrei di Auschwitz non avevano previsto che nel ricordo il fumo dei forni crematori sarebbe stato assimilato a quello di tutti gli altri forni della storia.
Il 25 aprile fu un giorno di insurrezione contro l'occupazione nazista e i residui di Salò e fu un inizio di liberazione in senso proprio liberazione da anni cupi di guerra, oppressione, umiliazione e riconquista della democrazia e poi della Repubblica e poi della Costituzione che erano e sono tuttora, sigle non vuote, ma un inalienabile patrimonio comune ad un popolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio, per dichiarazione di voto.



MASARACCHIO Antonino

Ho chiesto d'intervenire per dichiarazione di voto, ma posso tranquillamente confessare che è anche mia intenzione fare una valutazione, in due parole, sul dibattito - che poi è come confermare una dichiarazione di voto.
Mi ritrovo sempre più onesto verso me stesso, e mi dispiace che nel campo della politica l'onestà sia un problema individuale: è stato largamente dimostrato: non è accaduto nulla. Siamo al tempo che fu; non è vero che c'è il tempo che deve venire: ciascuno si assuma le proprie responsabilità. La lezione storica l'abbiamo tutti quanti registrata: da una parte c'è Maramaldo che uccide - se vogliamo accettare l'espressione retorica - Francesco Ferrucci, e dall'altra parte c'è il corpo martoriato di Cesare, ed Antonio che fa l'elogio del suo sacrificio, per poi avere la guerra civile! In ogni caso, la storia insegna tante cose, ma coloro i quali pensano di interpretarla, credo non insegnino niente a nessuno, nemmeno a se stessi.
In questo senso, non posso essere favorevole all'ordine del giorno presentato da coloro i quali non hanno nemmeno specificato di non essere più comunisti.



BRESSO Mercedes

Ma se c'è stato un Congresso apposta!



MASARACCHIO Antonino

C'è stato un Congresso apposta per dire che non siete più comunisti poi vi siete trasformati, in ragione elettoralistica in progressisti, come in America; ieri, infatti, abbiamo ascoltato un vostro rappresentante al Parlamento, qui in Consiglio, che sosteneva di essere un americanista dopodiché, però, sulla discussione il problema non è emerso. Ci troviamo di fronte ai fascisti da una parte - e saremmo noi, caro Nerviani - ai comunisti dall'altra, e ai democristiani che stanno lì, sempre col ventre molle, come diceva Churchill, quando pensava all'Italia.
Dopodiché mi verrebbe voglia di chiedere al collega Majorino di ritirare l'ordine del giorno, di non farne niente. Non lo faccio: diversamente tradirei il mio vero intento, ovvero che da questo momento in poi - se qualcuno vorrà, non dico Dio per non far riemergere i problemi occorsi alla Presidente della Camera, Pivetti - ci possa essere un Governo diverso e migliore, staremo a vedere chi avrà avuto ragione nella storia anche quella che si vive tutti i giorni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bodrero, per dichiarazione di voto.



BODRERO Antonio

Dunque. Io voterò solo l'ordine nel giorno Majorino per una ragione semplicissima, che, i missini, non so come chiamarli, qualche ammissione di colpevolezza l'hanno fatta; dai marxisti aspetto la confessione dei crimini di ottant'anni del loro movimento internazionale, crimini che si aggirano sui duecento milioni di assassinati. Finché non ammetteranno queste cose non potranno dar lezione di democrazia a nessuno. Diano l'esempio in quel modo e crederemo loro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino, per dichiarazione di voto.



MARINO Massimo

Non avevo intenzione di intervenire e conseguentemente il mio intervento sarà brevissimo, solo per una questione di correttezza formale.
Non mi risulta esista un ordine del giorno presentato dal partito comunista; primo, perché non mi risulta esista un partito comunista, in quest'aula; secondo perché l'ordine del giorno presentato ha come primo firmatario il Consigliere Monticelli - come egli stesso ha dichiarato, come membro dell'Ufficio di Presidenza. E' poi stato sottoscritto dai Consiglieri Marino e Pozzo, che sono Verdi, dal Consigliere Mollo indipendente di sinistra del Gruppo misto, dal Consigliere Fulcheri, che mi risulta essere un liberale non del partito comunista, dal Consigliere Ferrara, che mi risulta essere di Alleanza democratica e, mi pare, anche dall'Assessore Vetrino che mi sembra sia repubblicana.
Ora, si può essere liberi di agitare bandiere di ogni colore, ma credo si debba ribadire che il documento ha un elenco di firme variegato; si ci può pronunciare sui contenuti dello stesso come si ritiene, ed anche cancellare quella parte della storia - comunque incancellabile. E vi assicuro che lo dice una persona che ha sempre vissuto - devo essere sincero - con una qualche noia le scadenze, un po' burocratiche, di questi anni.
Si abbia però, per cortesia, il coraggio delle proprie idee, delle proprie posizioni. Collega Masaracchio, non c'è un partito comunista, in quest'aula; c'è un documento che ha le firme che ho detto. Se non ne non condivide i contenuti è liberissimo di esprimere il suo dissenso senza agitare spauracchi o bandiere che in quest'aula non esistono.
Inoltre, debbo anche dire che se ci fosse un dibattito sui crimini di Stalin siamo tutti disponibili a discuterne fino in fondo, senza alcuna paura.
Per favore, ognuno abbia il coraggio di difendere, se ne ha, le proprie idee, non agitando situazioni che in quest'aula non esistono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara, per dichiarazione di voto.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi. Farò anch'io una dichiarazione di voto brevissima, poiché mi pare che il dibattito che si è tenuto oggi in aula sia stato molto interessante; condivido totalmente molti degli interventi svolti.
Debbo inoltre dire che non è la prima volta che in Consiglio si parla della Resistenza e dei suoi significati. Ricordo di aver provocato personalmente un dibattito in tal senso, quando, un paio di anni fa, da qualche parte politica - di Governo - si cercava, per strumentalizzazioni politiche, di far passare la Resistenza come un regolamento di conti fra banditi. In quest'aula conseguì un dibattito, anche allora molto interessante.
Anch'io, come il collega Marino, non sono così soggetto ai rituali, che mi sembrano, molte volte, inutili; vi sono però dei momenti in cui alcune affermazioni devono essere chiare: io non sono comunista, non lo sono mai stato; io non sono fascista, non lo sono mai stato. Non credo di essere il ventre molle della democrazia in questo Paese; con rispetto per tutti ritengo che chi non è stato comunista o fascista sia stato la spina dorsale della crescita del Paese.
Fatte queste precisazioni, che a mio giudizio devono essere fatte, e tenendo presente che è vero che oggi siamo di fronte ad una situazione nuova - è la prima volta che celebriamo con solennità e ritualità il "25 aprile" - occorre rilevare l'esistenza di un qualcosa di oggettivamente nuovo nello scenario politico. Questo senza criminalizzare alcuno, senza pensare che stia per arrivare qualcosa di gravissimo; ma la sensazione che viene dall'opinione pubblica, dai giornali, ci fa intendere che ci sia qualcosa nell'aria.
Quindi, che un'istituzione, senza voler polemizzare con alcuno riaffermi quei valori, fondamentali e irrinunciabili, credo sia un fatto di alta democrazia e di alta civiltà.
Detto questo, vorrei chiarire i tre voti che esprimerò. Evidentemente voterò l'ordine del giorno che ho sottoscritto, poiché lo considero estremamente equilibrato, moderato, non oltranzista, che non lascia intravedere alcuna rivincita - anche perché le rivincite elettorali si faranno soltanto alle prossime elezioni, e non certo su tali elementi. Non c'è alcuna voglia di rivincita, da nessuna parte; c'è una valutazione assai equilibrata di cosa ha significato la Resistenza, del suo ruolo; l'impegno è in quest'aula, ma non solo, è nella società: i cittadini devono in quel giorno manifestare. Evidentemente, voterò quest'ordine del giorno.
Devo dire che l'ordine del giorno presentato dagli amici della Democrazia Cristiana avrà voto di astensione; non perché non lo condivida perché è difficile non condividere le cose nel quale sono dette. La mia astensione è dovuta soltanto al fatto che mi pare un po' riduttivo rispetto al problema: o il problema lo si affronta nella sua complessità e si dà una risposta alla complessità, oppure, cercare una soluzione estremamente riduttiva, pur non andando contro a nessuna valutazione precisa, mi pare limitativo, e per questo mi astengo.
Nei confronti dell'ordine del giorno presentato dagli amici Majorino Masaracchio e Vaglio, non certamente per alimentare un clima di guerra tra di noi - con l'amico Majorino, visto che siamo vicini da tanti anni in quest'aula, c'è un rapporto credo di amicizia - ma per i contenuti, credo di dover votare contro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picchioni.



PICCHIONI Rolando

Presidente, solamente una breve dichiarazione di voto. Innanzitutto vorrei ricordare al collega amico Masaracchio che Mussolini ci ha dato vent'anni di fascismo e cinquant'anni di antifascismo.
Oggi il problema non è "se nasce il fascismo": il problema esiste nella misura in cui noi riscontriamo che forse muore l'antifascismo. E l'antifascismo muore proprio nei suoi connotati più nobili, nelle sue verità storiche, nei suoi portati morali. Ma non muore perché c'è una classe dirigente complessiva del paese che vuole che sia tale questa sua estinzione. Muore, forse, per la disattenzione o forse perché - amico Enrico Nerviani - una certa apologetica fa sì che la storia sia mitizzata per cui in ogni situazione e in ogni evento la storia che conosce un portato di ombre e di luci sia presentata unicamente in una dimensione tale da conoscere la verità o perlomeno non rispettarla nella sua interezza.
La storia è sempre stata, come è stato detto più volte, scritta dei vincitori; è sempre stata, almeno fin quando non esiste una decantazione di tempi sufficienti, farcita dalla cronaca e forse anche dalle connotazioni più rutilanti che questa cronaca, certamente non ancora depurata, ha potuto offrire ad una storiografia di parte.
Non votiamo a favore del documento presentato dalle liste Progressiste.
Perché non votiamo a favore? Perché se una riflessione comune, collettiva esemplare deve essere fatta al di là degli schieramenti e delle barriere il documento - tralascio le strumentalizzazioni del Manifesto, che esistono certamente - avrebbe dovuto essere presentato al Consiglio non solamente come un atto formale di una parte politica, ma per fare emergere una volontà collettiva che, su alcuni principi guida, sarebbe riuscita a trovare il naturale consenso o le naturali convergenze.
Il documento l'abbiamo visto ieri sera all'ultimo momento, dove al di là di una lettura, secondo me, anche corretta, ma forse un po' carente che comunque Monticelli ha spiegato molto bene, non posso non riconoscere la sua grande civiltà nell'averne dato una lettura esemplare - presenta proprio per le connotazioni temporali con cui viene esternata, i dubbi sollevati dall'Assemblea.
Ha ragione anche il Consigliere Ferrara nel dire che proprio nel momento in cui ci sono dei dubbi nel Paese, per quanto concerne la Costituzione, per quanto concerne il passaggio dalla I alla II Repubblica non possiamo in questo momento esaltare problemi, poteri o interessi forti ma dobbiamo essere tutti coinvolti in una visione che fa sì che i valori resistenziali possano ancora sopravvivere.
Non possiamo assolutamente esimerci dal fatto che una certa strumentalizzazione, una certa zavorra impedisca oggi la celebrazione della Resistenza come noi tutti vorremmo e come noi tutti auspicheremmo. Ognuno ha la propria sensibilità, ognuno porta la propria cultura, il proprio vissuto personale e la propria giovinezza politica qui dentro, e io rispetto quanto ha detto il collega Nerviani e condivido gran parte delle sue asserzioni. Però stiamo attenti a portare avanti oggi - non in quest'aula, non voglio accusare nessuno - un certo armamentario illiberale che non significa solamente ricercare nella piazza una rivincita sulle urne o sulle istituzioni. Significa ancora una volta portare un rituale datato che non permette alle generazioni, così distratte e insensibili, di capire quanto si dice oggi della Resistenza. Tutto sta diventando purtroppo un rituale sistematico, per cui anche la grande storia d'Italia, che è stata scritta nel 1945, diventa un discorso obsoleto che non riesce più a richiamare l'attenzione delle giovani generazioni.
Signori e amici della Resistenza, anche Signora Presidente del Consiglio, spero che il discorso che affrontiamo sulla Resistenza nei luoghi deputati del Consiglio si arricchisca anche di fonti critiche autonome, di una storiografia che non sia più segnata solamente da una determinata fonte politica; spero si arricchisca anche di un dibattito che non sia più segnato sempre solo dalle stesse persone, dagli stessi testimoni, dagli stessi storici, perché abbiamo visto tante volte criminalizzare una certa storiografia da De Felice perché non diceva le cose che piacevano o oggi piacciono a un determinato partito o a una determinata forza politica o a un determinato regime. Come succede qualche volta, quando viene criticata la Magistratura, quando questa non emette le sue sentenze secondo lo spirare del vento, del padrone di quel momento.
Il problema per rendere la democrazia matura e non costantemente infantile è affrontare il discorso a più voci, anche quello sulla pacificazione, che si costruisce non con esortazioni ottative del tipo "facciamo la pace", "consideriamo i morti che sono caduti da una e dall'altra parte". Cerchiamo di trovare attorno a queste morti un minimo comune denominatore. Questo si deve realizzare, soprattutto nel confronto dialettico che dobbiamo avere sulla nostra storia, se vogliamo che la storia non ripeta il cammino di un passato che evochiamo, ma per il quale o nei confronti del quale non siamo o non riusciamo a mettere in campo tutti quei buoni propositi di cui parliamo nei nostri manifesti e negli ordini del giorno.
Ho voluto solamente fare questa dichiarazione per dire che il Gruppo della DC si astiene sul documento presentato dal Gruppo dei Progressisti.
Si astiene sulle motivazioni e pertanto sulle premesse.



MONTICELLI Antonio

Scusa, Picchioni, faccio presente che ci sono firme di Assessori, che non mi risulta siano progressisti. Perché altrimenti mi sento accusato come primo firmatario, di avere carpito non so cosa.



PICCHIONI Rolando

Io ieri sera l'ho ricevuto come documento del Gruppo Progressista adesso si sono aggiunte altre firme. Allora chiamiamolo ordine del giorno n. 1?



PRESIDENTE

E' l'ordine del giorno n. 2, perché il primo presentato è stato quello a firma Majorino e Masaracchio.



PICCHIONI Rolando

Ci asteniamo sull'ordine del giorno n. 1 del Consigliere Majorino sull'ordine del giorno n. 2 votiamo i primi tre commi del dispositivo e ci asteniamo sul comma che recita: "Dà mandato all'Ufficio di Presidenza di provvedere alla diffusione di questo ordine del giorno attraverso gli organi di informazione" e accettiamo la votazione per parti separate del documento presentato dal Gruppo della DC e dal Consigliere Marchini.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Fulcheri che parla in qualità di Consigliere.



FULCHERI Giuseppe

Scusate se parlo di me stesso, ma non posso dimenticare di essere uno dei pochi - non so qui quanti lo siano - partigiani combattenti e di essere stato anche presidente del CLN di Mondovì, per di più anche imprigionato e torturato ben due volte. Queste cose non posso dimenticarle ed ecco perch ho firmato il documento che mi è stato presentato dal collega Monticelli.
In questo documento si elencano nove punti dopodiché si dice: "L'Italia si avvia ad una fase estremamente importante e delicata di grandi trasformazioni politiche e istituzionali. La sovranità popolare si è espressa cambiando radicalmente il quadro politico del Paese sulla base di un giudizio severo sul recente passato e di una palese ansia di novità.
E' proprio in un momento come questo, così incerto e carico di attese ma anche di preoccupazioni, che occorre rimeditare nella sua viva attualità il patrimonio storico, morale e ideale della Resistenza, riproporne i valori di libertà, di pace, di solidarietà e giustizia a tutti gli italiani e in particolare alle giovani generazioni, riaffermare la perdurante validità dei principi democratici trasfusi dalla Resistenza nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Quali che siano le politiche e le maggioranze di governo, lo spirito della Resistenza e i principi fondamentali della Carta Costituzionale devono presiedere all'attività dello Stato in tutte le sue espressioni e ad essi ci si deve richiamare, superando gli errori e le degenerazioni del passato, per definire anche le più radicali riforme".
Da parte di alcuni sono state fatte delle critiche: mi chiedo cosa ci sia di scandaloso e di "progressista" in un documento di questo genere.
Questo non lo capisco proprio. Ho l'impressione invece che in chi critica ci sia una forma di narcisismo strisciante per cui queste critiche bisogna esporle a tutti i costi.
Francamente devo ammettere che sono stupito e amareggiato per la non approvazione di un documento di questo tenore da parte di persone che ritenevo eticamente vicine.
Con tutto questo vi chiedo scusa e torno di nuovo al mio banco di Assessore. Grazie.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre richieste di intervento per dichiarazione di voto riepilogo l'elenco dei documenti presentati.
L'ordine del giorno n. 679 è a firma dei Consiglieri Majorino Masaracchio e Vaglio.
Poiché non vi è stata alcuna richiesta di votazione per parti separate tale documento rimane tale e quale e verrà posto in votazione così com'è.
Il documento n. 681 è a firma dei Consiglieri Monticelli, Peano, Mollo Fulcheri, Ferrara, Vetrino, Marino, Chiezzi, Rossa, Giuliano, Garino Gallarini, Pozzo, Lannes e Bresso. Questo documento - pur stante l'intervento che ha fatto l'Assessore Fulcheri verrà posto in votazione per parti separate così come ho richiamato prima, a meno che non vi siano ripensamenti da parte di chi li ha richiesti o da parte di chi li ha concessi. Quindi verrà posto in votazione tutto il documento, fatta eccezione per i capoversi che cominciano con: "L'Italia ..."; "E' proprio ..."; "Quali che siano le politiche ..." "Ciò vale, in particolar modo per ...".
Questi capoversi, per richiesta, faranno parte di una seconda votazione.
Il documento n. 680 è a firma dei Consiglieri Lombardi, Bonino Penasso, Carletto, Picchioni, Montabone, Germanetto, Marchini, Cavallera e Beltrami e verrà posto in votazione per parti separate.
Verrà posto in votazione tutto il documento, tranne le due righe che dicono: "Il Consiglio regionale, condivide l'ansia di pacificazione e ne auspica la realizzazione".
Questo è stato l'esito del dibattito.
Pertanto pongo in votazione il documento n. 679, il cui testo recita: " Il Consiglio regionale del Piemonte auspica in occasione del 25 Aprile, l'avvento di un clima di pacificazione nazionale, nel ricordo dei piemontesi che - facendo una scelta ideale sacrificarono la vita, militando nelle formazioni partigiane, nell'esercito del Sud, nella Repubblica Sociale Italiana".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 4 voti favorevoli, 27 contrari e 14 astensioni (2 Consiglieri non partecipano alla votazione).
Siamo giunti alla votazione del documento n. 681. Normalmente la procedura vuole che si voti tutto il documento come è stato presentato fatta eccezione per la parte tolta.
Per cui io porrei in votazione la parte del documento che dice: "Il Consiglio regionale del Piemonte, nell'imminenza del 25 Aprile...".



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Mi pare che ci siano due richieste di modifica.



PRESIDENTE

Prima ho fatto un riepilogo e non mi è stato contestato, cioè ho proposto di porre in votazione tutto il documento fatta eccezione per i quattro capoversi. Questa è stata una richiesta.
Vi è un'altra richiesta?



PICCHIONI Rolando

Vi è la richiesta di una votazione per parti separate per quanto concerne il dispositivo. Cioè noi votiamo: primo, secondo, terzo capoverso e ci asteniamo sulle ultime due righe.



PRESIDENTE

Vorrei capire qual è la richiesta.



(Interruzione)



PRESIDENTE

Consigliere Bosio, qui ognuno constata.
Dato che la richiesta viene fatta, devono essere i proponenti ad accoglierla.



PICCHIONI Rolando

Mi sembrava, unicamente per coerenza rispetto alla posizione assunta riguardante la premessa, che noi non potessimo votare ovviamente la diffusione del documento.



PRESIDENTE

Quindi vi è la richiesta di votare per parti separate l'ultimo capoverso: "dà mandato all'Ufficio di Presidenza di provvedere alla diffusione di questo ordine del giorno attraverso gli organi di informazione".
Ma allora cosa facciamo? Lo dividiamo in tre questo documento?



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

In quattro parti.



PRESIDENTE

Direi in tre parti.
Presidente Brizio, c'è una quarta richiesta? Scusate colleghi, c'è un documento che dice: "Il Consiglio regionale del Piemonte" e viene posto in votazione con tutte le motivazioni, tranne quelle più collegate all'attualità della politica; infine verrà votato tutto il dispositivo, tranne l'ultimo punto.



CUCCO Vincenzo

Tranne?



PRESIDENTE

Tranne anche l'ultimo punto.
Si associa anche lei?



CUCCO Vincenzo

No. Non è che mi associo.



PRESIDENTE

Per semplificare.



CUCCO Vincenzo

Presidente, le richieste di votazioni per parti separate non sono messe in discussione: sono accettate per forza. Se è stata fatta questa richiesta, io non posso dire che sono contrario, perché altrimenti si aprirebbe un dibattito inesistente.



PRESIDENTE

Consigliere Cucco, sto chiedendo ai firmatari del documento.
Si possono quindi porre in votazione i primi 9 capoversi del documento n. 681; i capoversi che vanno dal n. 10 al n. 13 e cioè: "Dall'Italia" a "Ciò vale" faranno parte di una seconda votazione; infine si voteranno i primi tre capoversi del dispositivo.
Va bene? Ha chiesto la parola il Presidente della Giunta regionale, Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Presidente della Giunta regionale

Ho la mia volontà di votare. Ritengo che sarebbe più semplice votare i primi nove capoversi, quelli successivi, e votare infine la conclusione senza l'ultimo punto. Infine si può procedere alla votazione dell'ultimo punto. E' l'unico modo corretto che mi consente di esprimere pienamente la mia personale opinione.



PRESIDENTE

C'è stata quindi una precisazione di volontà politica. Mi sembra che l'Assemblea sia disponibile ad accoglierla.
Pongo in votazione la prima parte del documento n. 681 (riguardante i primi nove capoversi) il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte nell'imminenza del 25 aprile, anniversario della Liberazione, si rivolge a tutti i cittadini piemontesi per invitarli a ricordare in spirito di unità e di serena consapevolezza questa data che rappresenta nella memoria della nazione la liberazione dal fascismo, la fine di un lungo periodo di oppressione, culminato nella tragedia della guerra e dell'occupazione nazista, e la riconquista della pace e delle libertà democratiche.
Dalla tenace testimonianza di libertà di piccoli nuclei di democratici durante gli anni del regime fascista, ai grandi scioperi di Torino del marzo 43 e del 44, alla lotta armata delle formazioni partigiane, alla resistenza civile di intere comunità, il Piemonte ha dato un contributo altissimo di vite, di sacrificio e di impegno morale per restituire all'Italia la dignità perduta e fondarla su nuovi valori di libertà, di fratellanza fra i popoli, di solidarietà e giustizia.
La riscoperta e la tanto sofferta affermazione di quei valori hanno riannodato e rinnovato il legame, che il fascismo aveva drammaticamente spezzato, con il Risorgimento nazionale, hanno ricollegato alla storia italiana a quella delle più avanzate civiltà europee ed alle grandi correnti democratiche dell'età moderna, hanno posto le basi, attraverso la Costituzione, della Repubblica e delle sue libere istituzioni.
La resistenza al fascismo e la lotta di liberazione hanno segnato nella coscienza nazionale una condanna definitiva per i promotori della guerra e le aberranti teorie che li ispiravano: la volontà di dominio, l'odio di razza, il dispotismo. L'Italia, che era stata trascinata in quella guerra di aggressione e di sterminio dai capi fascisti e che aveva dovuto condividerne gli orrori e le tragedie, si riscattò rompendo l'alleanza con il nazismo e partecipando alla guerra di liberazione nazionale a fianco degli alleati.
Ai lutti di una guerra ingiusta, combattuta dall'Italia in condizioni di assoluta impreparazione e di totale sudditanza all'alleato nazista, si dovettero aggiungere così altri lutti, e gli italiani che lottavano per la libertà furono costretti a combattere anche contro altri italiani reclutati a forza o per convinzione nelle file del nuovo regime fascista creato dai nazisti per mascherare e sostenere l'occupazione del Paese.
Il Paese consente di superare gli odi del passato e fa sì che oggi i caduti di tutte le parti siano accomunati nel rispetto e nella umana pietà di tutti gli italiani, ma il passare degli anni e il giusto distacco storico nel valutare quegli eventi non possono equiparare le motivazione che muovevano le due parti in lotta.
Il fascismo fu precursore del nazismo ed insieme i due regimi furono autori di un tremendo progetto di dominio e di guerra di sterminio. Il fascismo fu anche razzismo e antisemitismo e con le leggi razziali del 1938 e le persecuzioni che ne seguirono si rese complice della deportazione e del genocidio di milioni e milioni di uomini. Il fascismo fu negazione assoluta dei principi di libertà e democrazia e predicò e praticò l'uso sistematico della violenza contro ogni opposizione alle sue idee e alla sua dittatura.
Tutti i caduti della guerra e della lotta di liberazione sono vittime della volontà di dominio e di sterminio del fascismo e del nazismo. Ancor più lo sono coloro che furono indotti a credere o furono costretti ad ubbidire a tale barbarie.
Ecco perché la memoria storica della Resistenza e la celebrazione della Festa della Liberazione devono unire tutti gli italiani: per essere consapevoli del proprio passato e partecipi dei valori inalienabili che la storia ci ha affidato per costruire, su solide basi unitarie e democratiche, il futuro della nazione." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La prima parte (riguardante i primi nove capoversi) è approvata con 32 voti favorevoli, 2 voti contrari e 10 astensioni (1 Consigliere non partecipa alla votazione).
Pongo in votazione la seconda parte (riguardante i capoversi dal n. 10 al n. 13), il cui testo recita: "L'Italia si avvia ad una fase estremamente importante e delicata di grandi trasformazioni politiche e istituzionali. La sovranità popolare si è espressa cambiando radicalmente il quadro politico del Paese sulla base di un giudizio severo sul recente passato e di una palese ansia di novità.
E' proprio in un momento come questo, così incerto e carico di attese ma anche di preoccupazioni, che occorre rimeditare nella sua viva attualità il patrimonio storico, morale e ideale della Resistenza, riproporne i valori di libertà, di pace, di solidarietà e giustizia a tutti gli italiani ed in particolare alle giovani generazioni, riaffermare la perdurante validità dei principi democratici, trasfusi dalla Resistenza nella Costituzione della Repubblica Italiana.
Quali che siano le politiche e le maggioranze di governo, lo spirito della Resistenza ed i principi fondamentali della Carta Costituzionale devono presiedere all'attività dello Stato in tutte le sue espressioni e ad essi ci si deve richiamare, superando gli errori e le degenerazioni del passato, per definire anche le più radicali riforme.
Ciò vale, in particolar modo, per le riforme della Costituzione, la legge fondamentale destinata a reggere la vita dell'intero popolo, che non possono tradire quello spirito e intaccare quei principi e che devono essere, comunque, l'approdo di una approfondita meditazione, di un largo confronto e del più altro consenso." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La seconda parte (riguardante i capoversi dal n. 10 al n. 13) è approvata con 27 voti favorevoli, 4 voti contrari e 14 astenuti (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).
Pongo in votazione la terza parte riguardante i primi tre capoversi sul dispositivo, il cui testo recita: "Sulla base di queste motivazioni ed in coerenza con le Leggi regionali 22 gennaio 1976, n. 7 'Attività della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana', e 3 giugno 1993, n. 19, 'Attività della Regione Piemonte per il 50' anniversario della Liberazione' aderisce alla Manifestazione regionale indetta dal Coordinamento delle Associazioni della Resistenza per il giorno 21 aprile a Torino ed alla Manifestazione nazionale del 25 aprile a Milano invita gli Organi regionali ad assicurare la presenza del Gonfalone della Regione Piemonte alle predette Manifestazioni;".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La terza parte riguardante i primi tre capoversi del dispositivo è approvata con 40 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni (1 Consigliere non partecipa alla votazione).
Pongo in votazione l'ultimo capoverso del documento, il cui testo recita: "dà mandato all'Ufficio di Presidenza di provvedere alla diffusione di questo ordine del giorno attraverso gli organi di informazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ultimo capoverso del documento è approvato con 30 voti favorevoli, 2 voti contrari e 2 astensioni (11 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione).
Siamo giunti alla votazione del documento n. 680.
Pongo in votazione la prima parte del documento, il cui testo recita: "Il Consiglio Regionale del Piemonte in occasione delle manifestazioni nazionali del 25 aprile, alla luce delle dichiarazioni fatte dal Capo dello Stato ribadisce le valutazioni sul sacrificio che il popolo italiano ha testimoniato nei lunghi anni della guerra e dei valori esistenziali riconosce che di fronte ai morti non è più possibile mantenere differenziazioni pur rimarcando che gli ideali non possono essere n confusi, né dimenticati riafferma il valore che il 25 aprile era nei sentimenti degli italiani riafferma infine il valore della Carta Costituzionale nata a fondamenta della Repubblica Italiana che rimane unica e indivisibile." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 27 voti favorevoli e 19 astenuti (2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione).
Pongo in votazione la seconda parte (riguardante le ultime due righe del documento n. 680) il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte condivide l'ansia di pacificazione e ne auspica la realizzazione." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 18 voti favorevoli, 3 voti contrari e 16 astensioni (1 Consigliere non ha partecipato alla votazione).


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Proposta di deliberazione n. 884: "Deliberazione C.R. n. 216-9733 del 25 giugno 1991 e n. 533-17161 del 22 dicembre 1992: 'Istituzione della Commissione speciale di indagine conoscitiva sulla riconversione e la compatibilità ecologica dell'industria piemontese'"


PRESIDENTE

Passiamo ora alla deliberazione n. 884, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Tale deliberazione si rifà alle disposizioni e alle valutazioni della Conferenza dei Capigruppo.
Non essendoci interventi la pongo in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 29 voti favorevoli e 1 astenuto.
La votazione è valida ai sensi del 3' comma dell'art. 52 del regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo (n. 5) non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Proposta di deliberazione n. 885: "Modificazione alla DCR n. 551/2747 del 25 febbraio 1993, recante 'Istituzione della Commissione speciale d'inchiesta ex art. 19, lettera b), dello Statuto su procedure e gestione dei contratti di appalto di opere pubbliche'"


PRESIDENTE

Passiamo ora alla deliberazione n. 885.
Tale deliberazione si rifà alle disposizioni e alle valutazioni della conferenza dei Capigruppo.
Pongo in votazione la deliberazione, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 29 voti favorevoli e 1 astenuto.
La votazione è valida ai sensi del 3' comma dell'art. 52 del regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo (n. 5) non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Proposta di deliberazione n. 886: "Prosecuzione attività Commissione Regionale per gli adempimenti della legge 8 giugno 1990, n. 142 istituita con DCR n. 131/3770 del 12 marzo 1991"


PRESIDENTE

Passiamo ora alla deliberazione n. 886.
La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

Avendo votato la deliberazione per il proseguimento dei lavori della Commissione della legge n. 142, sollecito una tempestiva convocazione della Commissione, perché i problemi della gestione dell'area metropolitana non si sono risolti da soli.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione n. 886, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 29 voti favorevoli e 1 astenuto.
La votazione è valida ai sensi del 3' comma dell'art. 52 del regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo (n. 5) non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento: Beni librari (biblioteche, tutela ecc.

Esame proposta di deliberazione n. 887: "Modifica alla DCR n. 718-2179 del 1 marzo 1994 'L.R. 22.3.1990 n. 12 - Centro di documentazione e ricerca sulle aree protette - Regolamento di fruizione della biblioteca'"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 16) all'o.d.g.
Non essendoci interventi pongo in votazione la deliberazione n. 887, il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 29 voti favorevoli e 1 astenuto.
La votazione è valida ai sensi del 3' comma dell'art. 52 del regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo (n. 5) non vengono computati per fissare il numero legale.


Argomento:

Nomine


PRESIDENTE

Passiamo al punto 26) all'o.d.g.: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine:


Argomento: Nomine

"Ente di gestione dei Parchi e delle Riserve Naturali Cuneesi" (L.R. 32/93) - Consiglio Direttivo - Nomina di 1 membro (integrazione)


PRESIDENTE

Poiché nessuno dei candidati ha riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. n. 30/91, dichiaro non valida la votazione.


Argomento: Nomine

"Istituto per l'interscambio scientifico - ISI" (art. 16 dello Statuto) Collegio dei Revisori - Nomina di 1 Sindaco effettivo.


PRESIDENTE

Poiché nessuno dei candidati ha riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. n. 30/91, dichiaro non valida la votazione.


Argomento: Nomine

"Texilia S.p.A." (L.R. 47/84 mod, con L.R. 11/88) - Consiglio di Amministrazione - Nomina di 2 Rappresentanti (integrazione)


PRESIDENTE

Poiché nessuno dei candidati ha riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. n. 30/91, dichiaro non valida la votazione.


Argomento: Nomine

"E.C.B.I.C. Piemonte S.p.A" (L.R. 22/91) - Consiglio di Amministrazione Nomina di 2 rappresentanti.


PRESIDENTE

Proclamo eletto il sig. Accio Franco e rinvio a successiva seduta l'elezione del rappresentante restante, non avendo nessuno dei candidati riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. 30/91.


Argomento: Nomine

"E.C.B.I.C. Piemonte S.p.A." (L.R. 22/91) - Collegio Sindacale Nomina di 1 Sindaco con funzioni di Presidente.


PRESIDENTE

Poiché nessuno dei candidati ha riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. n. 30/91, dichiaro non valida la votazione.


Argomento: Nomine

"SAGAT S.p.A." (L.R. 36/77) - Collegio sindacale - Nomina di 1 Sindaco effettivo.


PRESIDENTE

Poiché nessuno dei candidati ha riportato la maggioranza richiesta dall'art. 3, comma 4 della L.R. n. 30/91, dichiaro non valida la votazione.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,20)



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