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Dettaglio seduta n.262 del 07/01/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Ha chiesto congedo il Consigliere Zacchera.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame del punto 3) all'o.d.g.: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
La parola al Consigliere Bodrero.



BODRERO Antonio

Ho letto i programmi: possono sembrare più o meno buoni. Personalmente sono pienamente d'accordo con quanto detto dal mio Capogruppo, però ho i soliti dubbi sulla buona volontà di applicazione dei programmi da parte dei proponenti. L'enorme difetto dei programmi è di ignorare la fondamentale istanza di riforma federale dello Stato.
Avevo già fatto notare in passato che, mentre altre Regioni, con maggioranze più o meno come questa, tipo il Veneto, avevano duramente protestato contro la rapina fiscale, qui invece si è sempre stati troppo remissivi contro i soprusi e le violenze spesso illegali del centro. Il difetto fondamentale, dicevo, è proprio quello di ignorare questa istanza di riforma federale dello Stato, naturalmente realizzata con la massima autonomia legislativa, come negli Stati Uniti, che costituiscono l'esempio il faro. Se oggi siamo ancora liberi, e non siamo sotto i tiranni tipo Hitler e Stalin, possiamo ringraziare, nonostante i loro difetti, gli Stati Uniti. Stati Uniti che sono, appunto, esempio di autonomia massima, anche legislativa; per esempio, in certi Stati c'è la pena di morte, in altri no in alcuni l'aborto è legale, in altri no. Questo sì che è il massimo esempio di autonomia legislativa (poi, non c'è solo quella, è chiaro)! La riforma, fatta nell'immediato dopoguerra nelle nuove Costituzioni della rappresentanza democratica della Germania federale occidentale e dell'Austria, in Italia invece non si è fatta per colpe ed interventi ben precisi: la DC aveva emarginato don Sturzo, e le sinistre, ferocemente stataliste e quindi centraliste, non potevano essere federaliste.
Purtroppo, tutto ha congiurato per i bei risultati attuali.
Non soltanto: questi documenti, questi programmi - chiamiamoli così ignorano il fatto fondamentale che, essendo il Piemonte francofono, - come ho detto pure al Convegno della Fondazione Agnelli, anche se sono stato travisato - ha il diritto-dovere alla Regione autonoma a Statuto speciale.
Sia ben chiaro: personalmente sono contrario, come tutti i federalisti alle Regioni a Statuto speciale fatte solo per il "divide et impera", per mettere una contro l'altra le Regioni; però, finché queste esisteranno finché non ci sarà una riforma ad alto federalismo, il Piemonte ha il diritto allo Statuto speciale più ancora della Valle d'Aosta, la quale ha dialetti più vicini al francese moderno. Infatti, l'unico francese arcaico originario è il piemontese; solo che nessuno qui, per eccessivo spirito di ubbidienza e remissività, si è mai sognato di farlo presente. Eppure era cosa nota: pensate che Brofferio, quando scrive la storia del Parlamento subalpino, all'inizio dice: "Il Piemonte ebbe sempre medesimezza - notate la cruscheria - di lingua, tradizione e costumi con la Francia". Ci nonostante, con una logica che non esiste, è diventato italianista anche lui, forse per far dimenticare le colpe del padre, che aveva firmato per l'annessione all'impero napoleonico.
Infine, in questi documenti non si parla di effettivo controllo esecutivo per l'applicazione delle leggi regionali. Potremo fare le più belle leggi del mondo, ma - ed è per questo che sovente mi astengo - se queste leggi non vengono fatte rispettare attraverso un controllo dell'applicazione, se non si impediscono gli scandali a catena, è chiaro che non ci siamo: il danno alla Regione e il discredito crescono. Quindi senza controllo continuo, in corso d'opera non ci saremo mai, non ci sarà alcun programma che possa migliorare la situazione. Queste sono le orrende conseguenze degli scandali a catena.
Circa le leggi permissive, o meglio licenziose, dello Stato l'invasione dei clandestini nella Regione, con trattamento purtroppo preferenziale verso di loro a danno dei cittadini circa l'applicazione delle leggi uguali per tutti, anche per i cosiddetti presunti Centri sociali, che io chiamerei antisociali (tipo "Leoncavallo"), circa la privatizzazione delle strutture pubbliche, regionali, parassitarie: su tutto questo, non c'è nulla. Si usano termini molto vaghi, per non impegnarsi.
Qualcuno poi, ha detto, così, tanto per manìa pronosticatrice, che la Lega Nord non vince. Intanto, bisogna tenere presente un fatto: la Lega non ha un'informazione; noi informiamo da bocca ad orecchio; purtroppo, vista la poca, anzi inesistente e nulla libertà di informazione, chi informa è una RAI che è in mezzo agli scandali e dovrebbe andare sotto processo: così, si informa a senso unico. Rispetto alla stampa, poi, sappiamo benissimo che da quando esiste la legge dell'Albo dei giornalisti generalmente la scorciatoia, per non dire l'unica via, è l'iscrizione ad un partito. Quindi, possiamo immaginare che obiettività ha la stampa italiana.
Se veramente la gente fosse informata su certe enormità, sicuramente voterebbe in modo migliore, molto più favorevole alla Lega Nord. D'altra parte è logico: se la RAI si trova in queste situazioni di deficit, i soldi da chi li può avere? Dallo Stato; glieli ha dati recentemente (fior di miliardi) e quindi non può informare in senso contrario ai finanziatori partitici.
Con questo non ho nulla contro le persone singole; suppongo, per esempio, che il Consigliere Calligaro sarebbe un buon Assessore alla sanità. Apprezzo il Consigliere Riba per un buon articolo ultra federalista da lui pubblicato su un periodico cuneese e anche per avermi difeso quando aspramente, ma con scarsi argomenti, ero stato attaccato da un suo collega un Consigliere regionale del suo partito che adesso possiamo nominare tranquillamente, un certo Marco Revelli, che qualcuno qui avrà anche conosciuto. Purtroppo la questione è un'altra: anche il famoso La Pira era un santo - dicono però era un ammiratore di Ho Chi Minh, e io non sono un ammiratore di Ho Chi Minh.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Ritengo anch'io che, a nome del nostro Gruppo, si debbano svolgere alcune considerazioni. Gruppo rispetto al quale non so se il Consigliere Mollo ha già parlato o meno, però penso che, al di là dei formalismi, quel che conta è la sostanza delle cose. E la sostanza è questa: anche noi, come Gruppo Patto sociale per il Piemonte, costituito per la verità due mesi fa abbiamo avuto delle divergenze su questa crisi che ha provocato lacerazioni e sconvolgimenti all'interno di quel che resta delle sigle e dei partiti che siedono in questo Consiglio regionale. Posizioni diametralmente opposte, il che è comprensibile.
A fronte di quello che sta avvenendo in campo nazionale, mi sembra che non ci sia da meravigliarsi se un Gruppo - certo, in modo un po' spiritoso potrebbe essere inteso un Gruppo navetta - carica e dopo due mesi scarica si compone e si scompone; ma a fronte delle composizioni che durano lo spazio di un mattino e delle scomposizioni che avvengono a livello nazionale, penso che questa sia una fase rispetto alla quale non ci si debba meravigliare. Forse è fisiologico che ci sia questo magma che stenta ad assumere una forma definitiva. Forse definitiva lo sarà fra qualche tempo.
Quindi solo due mesi fa io e il collega Goglio, socialdemocratici eletti in questo Consiglio nel 1990, abbiamo raggiunto un'intesa con il collega Mollo, che era subentrato all'Assessore Maccari, con il quale abbiamo costituito un Gruppo. All'interno di questa crisi le valutazioni sono state divergenti, per cui io e il collega Goglio abbiamo ritenuto di appoggiare una riproposizione del Presidente Brizio, con tutto quel che ne consegue per quanto riguarda l'organigramma e il programma; il collega Mollo, invece, anche se non è ancora intervenuto - ma la sostanza è quella che è - ha inteso privilegiare un altro cartello di schieramento.
Legittimo, comprensibile, ripeto: non c'è da meravigliarsene, in questa fase.
Rispettosi ognuno delle posizioni degli altri dobbiamo purtroppo prendere atto del fatto che forse con un po' di superficialità abbiamo raggiunto quell'intesa: oggi dobbiamo registrare la scomposizione di quell'uniformità di intenti che, in allora, ci sembrava potesse avere un respiro più ampio. D'altra parte, sia per quel che diciamo noi socialdemocratici - a questo punto parlo anche a nome del collega Goglio sia per quanto hanno detto e diranno altri Gruppi, penso proprio che le angolature sotto le quali si può valutare la crisi che la Regione sta vivendo in questa fase possano essere lette in due modi diametralmente opposti. Un modo forse eccessivamente superficiale, meramente numerico, ed è che il Consiglio di oggi, sotto certi aspetti, è la parata degli sconfitti e delle sconfitte, nel senso che siamo in presenza di una Giunta che è stata messa in condizioni di dimettersi, una Giunta che era entrata in crisi - qui divergo rispetto al Consigliere Marengo, ma soprattutto rispetto a quello che ha detto il Consigliere Tapparo questa mattina - non perché a luglio abbiamo forzato, o la maggioranza di allora ha inteso forzare sulle addizionali: non è stata questa l'origine della crisi.
L'origine della crisi è stato l'arresto dell'Assessore Maccari avvenuto il 9/2/1993: da allora è successo quel che è successo, ed è inutile stare a ripercorrerne la storia. La macchina che marciava a 4 cilindri, forse non a 12 come una Formula Uno, è andata avanti per poco più di tre anni, poi è passata a 3 cilindri, poi a 2, poi ad 1 fino a spegnersi del tutto. Questa è la realtà di oggi.
Non è quindi stata determinata da quella forzatura: ha origini più remote e di altra natura la crisi che in questi mesi stiamo vivendo a livello di Consiglio regionale. La lettura può essere meramente numerica, e secondo me anche un po' superficiale; ci dobbiamo dunque limitare alla registrazione di molte sconfitte, come quella di una maggioranza che si dimissionò potendo contare su 30 Consiglieri e che oggi ripropone un cartello di 27 firme (è ovvio che 27 è un numero minore di 30) un'aggregazione di opposizioni che certo non si erano contate, ma che potevano contare su un numero maggiore delle 20, 21 o 22 firme che hanno esibito come cartello alternativo e che è stato illustrato dal collega Marengo questa mattina.
Eravamo in presenza di Gruppi politici che, nel frattempo, hanno cambiato nome, hanno cambiato denominazione, e che si sono lacerati, si sono divisi, perché al di là del formalismo e al di là del fatto che il Consigliere X parli prima o dopo il Consigliere Y, è ovvio che se all'interno di un Gruppo esiste chi assume una direzione e chi ne assume un'altra diametralmente opposta, quel Gruppo non c'è più, lo si voglia o meno quel Gruppo è spaccato. In quest'aula mi sembra che di Gruppi spaccati ne esistano molti, anzi ce n'è forse uno solo che non si è spaccato, ed è il Gruppo DC.
Paradossalmente, il Consigliere Marengo nell'ultimo Consiglio disse che la DC non esisteva più: ognuno può svolgere le considerazioni che ritiene ma paradossalmente l'unico Gruppo integro rispetto a quanto hanno votato gli elettori nel 1990 è il Gruppo della DC, e penso che questa sia una considerazione.



(Interruzione del Consigliere Marchini)



GALLARINI Pier Luigi

Sì, anche il vostro, Consigliere Marchini, certo. Anche voi, si capisce, però vi prego di considerare la consistenza numerica. Anche il singolo è Gruppo, però la sostanza è diversa.
Una considerazione è quella della parata degli sconfitti e delle sconfitte. Questa crisi è iniziata in un certo modo, la pressione che è stata fatta su quella maggioranza che non c'era più, ma che comunque era 30 su 60 o su 59, è stata un po' strumentale, perché la crisi e il pressing furono fatti in funzione di un ampliamento della maggioranza, ampliamento che non è stato possibile raggiungere. Certo, nel frattempo c'è stato il 5 dicembre, c'è stato tutto quel che c'è stato; sta di fatto che si è partiti per aggregare una maggioranza, istituzionale o meno, molto ampia che avesse i numeri per dare soluzione ad alcuni problemi di fondo riguardanti il Piemonte ed invece, nel frattempo, l'accelerazione della polarizzazione della radicalizzazione degli schieramenti politici è stata tale per cui ognuno di noi Consiglieri, esile foglietto di carta, è stato sostanzialmente trascinato e risucchiato dal vento forte politico che soffia a livello nazionale e rispetto al quale ognuno di noi non ha potuto opporre resistenza.
Questa è la verità, collega Ferrara. Io non ritengo assolutamente che quanto sta avvenendo in questo momento, la proposizione delle due liste dei due programmi e dei due organigrammi sia un'esibizione di muscoli; di muscoli non ce ne sono più all'interno delle forze politiche (ammesso che ci siano stati in questi ultimi tempi). Semplicemente, realtà vuole che all'interno di questa assemblea non sia stato e non sarà possibile, man mano che passano i giorni, fingere di vivere sotto una campana di vetro a vuoto spinto, come fossimo avulsi dalla realtà che sta soffiando nel nostro Paese.
Quindi - dicevo - a fronte di una considerazione meramente superficiale e numerica rispetto alla quale sicuramente dovremmo registrare esclusivamente delle sconfitte all'interno di questa assemblea, per converso esiste un'altra interpretazione; non che io propenda per l'una o per l'altra, ma realisticamente ogni situazione ha un versante ed ha il versante diametralmente opposto, che molte volte non è illuminato, ma che per chiarezza, direi che occorre arrivare ad esplorare. Ed è il versante mi permetto di dire - di una maturità politica all'interno di questa assemblea.
Molte volte in passato (spessissimo) l'assemblea regionale del Piemonte è stata accusata da parte delle opposizioni di essere appiattita sulla minuteria amministrativa del giorno per giorno, dei contributi alle Pro Loco e via discorrendo: che finalmente ci si orienti, ci si scorpori e ci si schieri in funzione di schieramenti politici che stanno prendendo corpo (alcuni han già preso corpo, supponiamo all'80%, altri ancora al 20% o 30 ma sicuramente si va verso una configurazione di questo tipo). Il fatto che l'assemblea regionale del Piemonte passi da un modo di essere non dico prevalentemente amministrativo, ma con contenuti specifici molto amministrativi nei comportamenti, ad una posizione che più che altro è di schieramento politico, sicuramente è un'assunzione di maturità che abbiamo invocato tutti in questi anni e che forse, paradossalmente, la drammaticità della situazione politica che stiamo vivendo ha contribuito ad accelerare e ad esasperare. Quindi direi che questo è un aspetto positivo.
La realtà di oggi, il flash di oggi è suscettibile di involuzioni od evoluzioni, non solo da parte nostra, ma da da parte di tutti; quindi, per quanto ci riguarda - parlo a nome del sottoscritto e del Consigliere Goglio ci auguriamo che, al di là del dispiacere per aver perso il collega Mollo all'interno del Gruppo, si possa comunque arrivare ad una semplificazione del quadro politico e del numero dei Gruppi all'interno di questo Consiglio, visto che le posizioni che orientano la soluzione di questa crisi sono prevalentemente politiche, appena dopo essere posizioni che si schierano in un modo o nell'altro per quanto riguarda il governo della nostra Regione.
Come Gruppo, siamo ovviamente impegnati nella lista e nel programma che sostiene la riproposizione del Presidente Brizio; direi che non occorrono molte considerazioni per spiegare questa posizione. Innanzitutto ci sembra la riproposizione di una coerenza politica rispetto a tre anni e mezzo di legislatura, che ci han visti coinvolti in una certa maggioranza che noi riteniamo abbia svolto un ruolo positivo; è andata in crisi per le ragioni che abbiamo detto prima, ma riteniamo che la Presidenza Brizio, al di là del fatto che alcuni Assessori vengano sostituiti con altri, rappresenti il punto forte di una coerenza di quadro politico rispetto alla legislatura in corso.
Come hanno già ricordato il Presidente Brizio, il Consigliere Peano ed altri, la questione del risanamento del bilancio ci sembra un punto fondamentale. Nel momento in cui si può discutere sui programmi, sulle addizionali e così via, l'avere azzerato il disavanzo di 150 miliardi che la Giunta precedente ha trovato il 25/7/1990 e consegnare un bilancio sano come situazione amministrativa dell'ente all'aggregazione che risulterà prevalente e che avrà i numeri, seppure minoritari, per andare - ci auguriamo - da qui alla fine della legislatura (e forse non in modo liscio perché nessuno di noi si nasconde le difficoltà e gli ostacoli che ancora esistono sul percorso), rappresenta sicuramente un'azione meritoria. Noi abbiamo iniziato il risanamento del bilancio in tempi in cui questo non rappresentava ancora la psicosi e la priorità assoluta degli enti pubblici all'interno di questo Paese (come è venuta dopo); il fatto che si sia iniziato con un certo margine di anticipo, rappresenta sicuramente una condizione di avvedutezza e di lungimiranza che già al 1990 assumemmo come bussola orientatrice per quanto riguarda l'assetto politico della nostra Regione.
Queste sono le condizioni di oggi; abbiamo esaminato alcuni aspetti negativi e altri positivi (la conquista, sostanzialmente, di una maturità politica da parte dell'assemblea regionale). I tempi che abbiamo davanti non saranno facili, ma riteniamo che occorra far di tutto per assumersi la responsabilità per impedire quei vuoti che sicuramente sarebbero deleteri.
Molto probabilmente i tempi che ci separano dalle elezioni politiche saranno ancora tempi durante i quali sarà faticosissimo procedere all'interno dell'aula, all'interno dell'esecutivo, all'interno delle Commissioni, perché nessuno di noi sottovaluta la carenza numerica che l'uno o l'altro schieramento avrà nel caso in cui prevarrà.
Ci rendiamo però conto che, quando gli schieramenti saranno chiari all'indomani delle elezioni politiche ci potranno sicuramente essere condizioni che, alla linea politica che il Presidente Brizio indicato ha riassunto questa mattina nel suo intervento, potranno essere corroborate anche da un minimo di sostanza numerica per procedere, probabilmente non nel migliore dei modi così come tutti noi vorremmo, ma quanto meno con un modo decente, negli interessi della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rabellino.



RABELLINO Renzo

Ci ritroviamo, dopo due mesi dall'apertura della crisi, con le stesse cose dette allora. Il sottoscritto aveva a suo tempo dichiarato che non vedeva sbocchi alternativi a quello delle elezioni anticipate. Persone più fiduciose avevano detto: "Ma no, troviamo gli accordi, ci sarà una grande Giunta, una grande alleanza". A distanza di due mesi, la grande alleanza non c'è, si ripropone la stessa maggioranza che all'epoca della sua caduta aveva anche fatto una brutta figura e ci ritroviamo - guarda caso - a ripetere le stesse cose dette nel programma.
Io invito i Consiglieri, soprattutto quelli della futura maggioranza a rileggere il programma presentato nel 1990: pensate che ci siano delle cose così eclatanti, così diverse tra il programma di allora e quello di adesso? Si dicono, grosso modo, le stesse cose. Non solo, ma - permettetemi ci sono alcune cose nel programma del quadripartito, pentapartito esapartito (ormai non si capisce più esattamente quanti sono i Gruppi che lo compongono), comunque della futura Giunta Brizio, che ci fanno sorridere.
Ne cito due: la prima è il punto in cui si dice: "perseguire l'equilibrio finanziario e bloccare la pressione fiscale". Detto dalla maggioranza, che ha applicato tutto quello che poteva applicare come addizionali e nella misura massima, mi fa alquanto sorridere.
Un altro concetto che non si riesce a capire - anche se è un bellissimo slogan è quello di "aprire la Regione all'Europa". Non si capisce quale sia il "qualcosa di nuovo" che permette al Piemonte di aprirsi nei confronti dell'Europa.
In questo programma non si vede nient'altro che dell'ordinaria amministrazione, con qualche bella parola per dare una certa immagine nella realtà, però, non vedo nulla di alternativo alla sudditanza totale che questa maggioranza ha avuto nei confronti del Governo centrale di Roma.
Questa è la realtà vissuta in questi tre anni. Abbiamo sempre chiesto il motivo per cui dovevamo applicare certe leggi, il perché dovevamo asservirci totalmente a leggi che peraltro i Consiglieri definivano largamente fuori da ogni logica; tuttavia, si applicavano comunque e si faceva il possibile per danneggiare - io dico - il territorio piemontese.
Non è chiaro inoltre cosa significa "rivedere istituzionalmente l'aspetto sanitario", concetto che leggiamo in entrambi i programmi. Non si capisce bene che cosa si voglia fare, ma se si intende andare avanti nell'accorpamento delle UU.SS.SS.LL. (come è stato prospettato) lo vedremo nei prossimi mesi. Ad ogni modo, il sottoscritto è totalmente contrario a qualsiasi forma che vada a danneggiare i pochi servizi presenti sul territorio piemontese; questa è un'altra delle carenze che non abbiamo mai affrontato seriamente in Consiglio. Questa assemblea regionale è completamente fuori da ogni logica che vige al suo esterno, e lo dimostra ancora oggi continuando a discutere di maggioranze vecchie e stravecchie.
E' ormai difficile far capire alla gente che cosa sta accadendo qui dentro.
Dal programma delle sinistre, sinceramente, mi aspettavo qualcosa di ben diverso; per esempio, ritornando al discorso delle addizionali, visto che le sinistre a suo tempo si erano espresse in modo contrario, mi sarei aspettato che la nuova Giunta, nei suoi vari atti, le sopprimesse. Ciò non è accaduto, anzi, sento dire dal futuro candidato alla Presidenza della Giunta che queste addizionali devono essere utilizzate per questo e quell'altro motivo.
A suo tempo, in quest'aula, abbiamo fatto una lunga battaglia per evitare che si applicassero certe addizionali; allora è vero che c'era una complicità da parte delle sinistre, cioè l'abbandono dell'aula a suo tempo non era una protesta nei confronti della Giunta, ma un modo per lasciar passare queste addizionali.
Qualcosa di nuovo, di positivo c'è; tuttavia, anche nel programma delle sinistre non si fa altro che prendere atto di una certa situazione, cioè della sudditanza nei confronti del Governo centrale, per cercare di gestire il provvisorio, anche se posso capire che una Giunta, una maggioranza che si va a costituire per un anno e mezzo scarso non può che gestire il provvisorio, non può portare avanti dei grandi progetti, dei grandi piani soprattutto in un momento di difficoltà da parte delle istituzioni.
Il sottoscritto, quindi, non può fare altro che dichiarare che non voterà n' un documento n' l'altro. Ribadisco la mia richiesta di elezioni anticipate, perché ritengo che, anche se si andrà a costituire questo governo di minoranza, non ci sarà la possibilità di gestire serenamente la Regione Piemonte. Questo è un dato di fatto che nessuna forza politica nessun Consigliere può nascondere.
C'è una difficoltà reale, perché è impensabile gestire una Regione con una maggioranza di 27 o peggio ancora di 24 o di 25. Se si porterà avanti questo progetto, assisteremo ad una continua mancanza del numero legale.
E' una situazione che abbiamo già vissuto negli ultimi mesi e che continueremo a vivere in modo sempre più drammatico, perché si dichiara già all'inizio che questa maggioranza non ha i numeri per governare.
L'ultimo rammarico è quello di vedere un assoluto disimpegno da parte di tutte le forze politiche, sia di sinistra che - diciamo - di centro, per cercare una ricomposizione. Posso capire che forze che chiedono le elezioni anticipate non abbiano interesse a mettersi d'accordo, perché è chiaro che non ha nessun senso partecipare a dialoghi per costituire nuove maggioranze, ma c'è stato effettivamente un certo disimpegno da parte di coloro che hanno dato le dimissioni, i quali avrebbero dovuto allargare a quelle forze che per anni hanno condotto una politica tendente ad entrare in maggioranza ad ogni costo, a cercare degli spazi.
A distanza di due mesi di non-governo della Regione, ci ritroviamo con due documenti e due maggioranze diverse. Questo ci lascia molto perplessi sulla possibilità di queste forze politiche di poter gestire l'amministrazione pubblica, visto che non c'è la capacità di mettersi insieme in un momento di difficoltà reale e concreta (questo è un momento di difficoltà e penso che nessuno lo possa negare), indipendentemente dalle proprie posizioni. Non ci si è trovati d'accordo su un programma, ma soprattutto sui nomi, perché a me risulta che il problema non fosse tanto il programma, quanto i nomi: chi doveva essere Presidente della Giunta, chi doveva far l'Assessore e via dicendo. Ciò significa che questa classe politica non ha capito che sta vivendo un momento difficile e soprattutto non ha capito che, per amministrare gli enti locali (e non soltanto questi), occorre tanta buona volontà.
A fronte di queste considerazioni, ritengo ancor di più di dover prendere atto che uno sbocco ci potrà essere soltanto con delle elezioni anticipate, e mi auguro che questa soluzione sia via via condivisa da un numero sempre maggiore di Consiglieri. Chiunque faccia le mie stesse considerazioni non può che arrivare alla soluzione di dire: "Andiamo a votare, saranno gli elettori a decidere".
Vecchio sistema, nuovo sistema: non è quello il problema. Il problema vero è quello di adeguare questo Consiglio regionale alla realtà esterna della società civile, come l'elettore, il cittadino chiede. Non possiamo lamentarci che il cittadino non segue il Consiglio regionale, non sa che cosa fa la Regione. Obiettivamente, in certi casi è meglio che non sappia non sapendo quello che succede qui dentro, potrebbe anche pensare che questo Consiglio regionale serva a qualcosa e faccia qualcosa. Se lo seguisse un po' di più, molto probabilmente le delusioni e il distacco dalla politica sarebbero ancora maggiori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mollo.



MOLLO Francesco

Signor Presidente, signori Consiglieri, ero convinto che questa Regione avrebbe avuto un governo sostenuto da una larga maggioranza. Lo richiedeva l'emergenza dei problemi, lo faceva prevedere la disponibilità dichiarata da moltissimi Consiglieri e da molti Gruppi consiliari.
Come in tutte le vicende di questo travagliato e confuso passaggio dal vecchio al nuovo, gli avvenimenti purtroppo superano i lunghi tempi della politica e ci fanno ritrovare diversi agli appuntamenti. Io stesso ho cercato di dare un contributo in questa direzione, adoperandomi a semplificare lo scacchiere consiliare nel costruire un Gruppo che, senza alcuna intenzione di riciclaggio - come giornalisti sempre bene informati sostengono - voleva segnalare la rinuncia a vecchie etichette, per rendersi disponibile alla formazione di un'ampia maggioranza a sostegno di un governo che tenesse conto della gravità della situazione in Piemonte.
Questa fiducia derivava anche dal fatto che il Presidente dimissionario aveva affidato al Consiglio un documento in cui rimarcava le risposte da dare ai gravi problemi che affliggono la comunità piemontese.
Per la verità, allora espressi delle perplessità: un Presidente uscente sosteneva di voler avviare una serie di iniziative per l'avvenire, pur avendo avuto a disposizione oltre tre anni per farle, peraltro senza riuscirci.
Questa è la contraddizione di ieri, ma oggi rimane perlomeno misterioso affermare di voler portare a termine quelle iniziative in meno tempo e senza maggioranza. Ma per chi ha fede, ci sono sempre i miracoli. Forse il segreto sta nella parola magica della "continuità" sostenuta da qualcuno, che consiste nel principio di Archimede di stare a galla senza tenere conto della barca che fa acqua da tutte le parti.
Due mesi fa si intravvedeva che la situazione politica nazionale andava evolvendosi e ci si attrezzava per le elezioni politiche con le nuove regole elettorali. Non a caso, all'atto della costituzione del nuovo Gruppo, i suoi tre Consiglieri si dichiararono aperti non solo ad eventuali contributi consiliari, ma anche attenti e aperti ai movimenti politici che si stavano delineando, auspicando che un'ampia maggioranza in Regione avrebbe potuto far superare la logica degli schieramenti. Purtroppo così non è stato. Le pregiudiziali democristiane, prima sulla rappresentanza istituzionale e poi di ripiego sul programma, non solo non hanno fatto avanzare quella soluzione, ma giustamente hanno portato il PDS a respingere i pretesti e a proporre soluzioni nuove come gli avvenimenti richiedevano.
Gli stessi tentativi, seppure encomiabili, dei Gruppi intermedi sono naufragati nelle molte riunioni, perché essi stessi erano intenti a tessere la tela degli schieramenti. In effetti, la DC lavorava per una Giunta fac simile della precedente con la nuova pretesa di costituire un indefinito polo moderato, senza precisi punti di riferimento, ammucchiando disponibilità in attesa dei futuri schieramenti politici che nell'area moderata e conservatrice andavano delineandosi: alcuni aspettando Segni altri Berlusconi, altri ancora Bossi, alcuni Martinazzoli, altri Mastella.
Il non definito polo moderato costringe ancora ad inseguire l'araba fenice del centrismo. A questo magma, posso anche augurare di riuscire a formare un governo e posso anche augurare che un buon vasaio possa dare dei precisi connotati a questa creta informe, ma non posso dare alcun contributo e sostegno.
No a quelli che si schiereranno con Segni, che ha dichiarato la sua idiosincrasia per una politica progressista, diventando finalmente capo assoluto del Patto, dirigendo le realtà regionali con Commissari nominati d'imperio.
No alla sirena di Berlusconi: il tifo è una componente gioiosa, non un'opzione politica. Agli italiani sono riservati panem et circenses, in una concezione sudamericana della politica. Il Commendatore più che in palla, secondo me, è nel pallone. Di lui non mi fido neanche più come imprenditore, tant'è che mi sono disfatto subito delle poche quote dei fondi di investimento gestiti dalla Fininvest in mio possesso; credo che già da subito ci si debba preoccupare della sua spregiudicatezza, del "tutto per tutto" nell'uso di quei mezzi che in buona parte il famoso "CAF" gli ha consentito di acquisire.
A questo proposito, voglio riportare una mia esperienza personale per far capire di che cosa si può essere capaci nel campo dell'informazione.
Durante la campagna elettorale del 1990 fu dato ordine di mettere a disposizione dei craxiani tutte le reti televisive, vietando nel modo più assoluto di fare altrettanto con i socialisti della sinistra.
Ma il no va anche al resto della DC, divisa fra Mastella e i simpatizzanti della Lega delle tre repubbliche. Non è idiosincrasia nominalistica la mia, ma la convinzione che dietro queste sigle, questi nomi ci sia una velleità politica, delle intenzioni e dei programmi che non ritengo gioveranno al nostro Paese. Non gioveranno alla gente, ad un Paese civile, ad uno sviluppo equilibrato, ai gravi problemi dell'ambiente e saranno un disastro per l'occupazione, per i giovani, per la scuola, per i servizi e, realisticamente, anche per l'ordine pubblico.
Per brevità non richiamo tutti i gravi momenti che vive il mondo. Certo però si può affermare che le ragioni di fondo sono sempre la povertà, le disgregazioni, il razzismo, le intolleranze etniche e religiose. Con Fini o Berlusconi o Bossi, o con chi non terrà conto delle esigenze civili della nostra gente, non potremo avere un'Italia migliore.
Quindi, se in questo Consiglio sono venute meno le ragioni di un governo sostenuto da un'ampia maggioranza, occorre scegliere. Ed io ho scelto con convinzione l'area progressista, che non presenta nessuno di questi rischi. Anzi, al di là delle singole componenti e delle singole persone che vi aderiscono, e con cui si possono avere anche delle divergenze, quest'area ha in sè tutte le caratteristiche di una forza vincente e in grado di coniugare le tre grandi culture italiane ed europee quelle della responsabilità, della solidarietà e dell'ambientalismo.
E' una scelta di prospettiva, aderente ai problemi italiani, agli interessi di un Paese civile dove sviluppo e progresso sono compatibili dove i bisogni della gente si sposano con le ragioni dell'ambiente. Queste sono le ragioni che esistono anche in Regione.
In questo Consiglio, oggi, sento con convinzione di dovermi schierare con chi sostiene queste ragioni. Mi spiace lasciare un lavoro appena iniziato con altri due Consiglieri, con cui ho lavorato anche bene, ma il fascino di un orizzonte è più gratificante di un piccolo orto.
Mi ritrovo in un programma a cui io stesso ho contribuito e in cui si ritrovano molti pezzi di quel programma che avevamo elaborato per richiamare i problemi su cui si dovrà lavorare. Mi ritrovo nel realismo politico della proposta di governo avanzata dal Consigliere Marengo su alcuni precisi punti di azione, così come mi ritrovo nella comune volontà di dare risposta alla gente del Piemonte, alla quale possiamo dire che le ragioni dello sviluppo si ritrovano con le ragioni dell'occupazione, dei malati, degli anziani, della scuola, dei giovani e, ancora, dell'ambiente.
Sono cose che dovremo dimostrare di fare e di saper fare. Certo molte saranno le cose che anche gli altri sosterranno e che hanno sostenuto, con una differenza, secondo me, non trascurabile: allorquando potevano farle non le hanno fatte, non le hanno sapute fare o, semplicemente, non le hanno volute fare.
Ringrazio perciò tutti coloro che mi hanno dato la possibilità di concorrere a questa iniziativa e a questo progetto. Devo pure ringraziare lo schieramento progressista per avermi incluso nella squadra che verrebbe chiamata ad assumersi le difficili responsabilità di governo. Devo per aggiungere che la mia adesione alla proposta politica prescinde da questa indicazione; anzi, ho sollecitato a non includermi in squadra. Il problema non era stare dentro, ma lavorare per la riuscita dell'iniziativa, e ci potevo farlo anche come Consigliere senza incarichi.
Quella proposta non è una formula, ma un'opzione politica; essa non è partita da preclusioni, ma dalla convinzione di un governo di emergenza aperto, e quante più adesioni convergeranno tanto meno avrà una connotazione di pura formula di sinistra.
Per queste ragioni, modestamente, mi sento di invitare tutti coloro che hanno delle riserve a sciogliere ogni preoccupazione, per rendere più ampia e diversificata questa soluzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Grazie, Presidente, colleghe e colleghi. Vorrei tralasciare tutta la fase della riflessione su come siamo giunti alla presentazione di questi due documenti, perché mi sembra che in queste settimane abbiamo già avuto modo più volte di ripercorrere la vicenda della crisi della Giunta regionale.
Vorrei invece esprimere alcune considerazioni rispetto ai documenti che abbiamo oggi davanti. Devo dire con un certo rammarico che sul documento della "Giunta-fotocopia" Brizio non ci sembra ci sia null'altro da dire, se non che si tratta, di fatto, di niente di più della lista delle cose non fatte che la Giunta dimissionaria non ha avuto la capacità di fare, cui si sono aggiunte alcune cose dovute per forza di provvedimenti statali.
Anche sotto il profilo della discriminante, che per noi è nodale e fondamentale, dell'etica e della morale politica, passata la buriana delle scorse settimane, ci sembra che si voglia fare finta che nulla sia accaduto.
Sotto l'aspetto dei contenuti, è del tutto evidente che il documento Brizio ripercorre una filosofia di modello di sviluppo che non ci pu trovare d'accordo e che dietro l'emergenza camuffa una volta di più un vuoto preoccupante, un'incapacità di inventare strade nuove capaci di correggere un sistema che, con la crisi in cui siamo immersi, ha ormai pienamente dimostrato come i tarli che la divorano siano interni a se stesso.
E invece eccoci ai soliti adagio cari a Brizio. Fino a quando continueremo a pensare che si possa seguitare a spalmare asfalto e cemento sul nostro Piemonte, in nome di una miope e vecchia visione dello sviluppo? In assenza, peraltro, di un qualsivoglia strumento di programmazione, che la Giunta precedente è stata incapace di varare in questi anni? Fino a quando continueremo a mentire sull'effettiva ricaduta occupazionale delle grandi opere infrastrutturali? Fino a quando fingeremo di credere che la valutazione d'impatto ambientale è solo un noioso pezzo di carta in più, e non invece un doveroso strumento moderno, europeo che ci consente un bilancio scientifico tra i costi e i benefici di un'opera e che, quindi, ci indica anche se questa va fatta o meno? Sono domande che in quest'aula abbiamo posto più volte e che, come sempre, non hanno trovato e non trovano risposta. L'affidarsi fideisticamente alle "magnifiche sorti e progressive" è un atteggiamento che non ci convince. E, ancora meno, pensiamo che basti credere alla Divina Provvidenza. Oggi viviamo una stagione di grandi cambiamenti e di scelte radicali, di schieramenti che sappiano guardare al futuro, avendo la forza di costruire scenari che garantiscano lo sviluppo sostenibile del pianeta e non una crescita solo materiale, divoratrice di risorse, portatrice di squilibri e di diseguaglianze sempre meno sopportabili, che è all'origine di conflittualità che rischiano di divenire sempre più violente e più cruente.
Di fronte a queste ipotesi, non deve scandalizzare che Gruppi e forze si lacerino fino alla spaccatura. Qualcuno, coerentemente, ha saputo, in queste settimane e in questi giorni, scegliere, in sintonia con la sua storia e con le sue radici politiche, uno schieramento di progresso. Dove progresso significa non solo avere punti di riferimento irrinunciabili come l'eguaglianza sociale, la libertà, l'allargamento più vasto possibile dei benefici della democrazia, la lotta contro l'emarginazione e le discriminazioni, il diritto alla tutela della salute, al lavoro all'assistenza, ad un ambiente di vita salubre, ma significa anche scegliere di mettersi in discussione, abbandonare la falsa sicurezza dell'esistente per accettare la sfida di oggi, che ci impone cambiamenti sostanziali nel modello di sviluppo.
Qualcun altro ci sembra che abbia invece fatto una scelta diversa privilegiando la politica delle convenienze, impaurito di fronte alle grandi opzioni che abbiamo di fronte. Crediamo che questa sia una scelta di corto respiro, inevitabilmente destinata al fallimento.
Il programma che abbiamo presentato, come Verdi, insieme ai colleghi che si richiamano ad un fronte di progresso e che propone alla Presidenza dell'esecutivo il collega Marengo, ci sembra faccia uno sforzo proprio nella direzione di discutere per lo meno la visione di un futuro radicalmente diverso dall'attuale. In questo sforzo, lo schieramento che si è aggregato attorno a questo documento ha avuto orecchie per ascoltare e accogliere alcuni degli argomenti che, come ambientalisti, riteniamo fondamentali nel definire le future linee di sviluppo, non soltanto a livello generale, ma anche per il nostro Piemonte.
Per contro, ci sembra che le forze dell'ex pentapartito, che oggi si ricandidano al governo della Regione, continuino a ritenere che le decisioni possano essere assunte prima di essere discusse, facendo propri progetti che vengono da altre sedi, da altri poteri, diversi da quelli politici che pure dovrebbero essere garanti del corretto esprimersi della democrazia.
Proprio la vicenda dell'Alta Velocità è emblematica di questa indisponibilità alla discussione; emblematica di una maniera di governare distante dalla gente, nel segreto delle stanze, in cui affarismo e politica, nonostante tutti i danni giunti alla ribalta in questi ultimi mesi, continuano a giocare sulle spalle della gente che da Novara ad Alessandria, alla Valle di Susa continua a dire con forza il proprio no. Un no che non è pregiudiziale, che chiede soltanto di poter conoscere, di essere messo nella condizione di capire, di confrontarsi prima di decidere.
Invece la Giunta di pentapartito, con gli atteggiamenti che ha tenuto fino ad ora, con sistematica arroganza ha continuato a sottrarsi al confronto non soltanto in quest'aula, ma anche tra la gente. Gente che continua ad essere considerata alla stregua di sudditi incapaci di decidere il proprio futuro. E' un atteggiamento che, a nostro giudizio, sta già segnando la condanna di queste forze, ma sembra non ancora sufficiente a far cambiare idea a chi continua a praticare metodi e sistemi di governo poco democratici.
Per fortuna, il Paese si muove più velocemente di chi ha la pretesa di rappresentarlo. I sudditi da tempo non sono più tali, e oggi per fortuna sono in liquidazione anche le clientele.
Mi preme, in ultimo, anche a nome del mio Gruppo, esprimere solidarietà al collega Cerchio, il cui nome non figura nell'ipotesi di esecutivo della Giunta Brizio bis, mi auguro sulla base di motivazioni diverse da quelle ricattatorie comparse sui giornali nei giorni scorsi. Quel ricatto ci offende come cittadini e come piemontesi. E' una posizione che contrasta con i principi di eguaglianza dei cittadini di questo Paese, sancito dalla nostra Corte Costituzionale. Ci fa specie che sia venuto proprio da una forza che giustamente rivendica la tutela della cultura o, meglio, delle culture regionali.
L'atto finale della Conferenza di Helsinki sulla sicurezza e cooperazione in Europa afferma correttamente, nell'apposito paragrafo sulle minoranze nazionali e culture regionali, che "gli Stati partecipanti riconoscendo il contributo che le minoranze nazionali e le culture regionali possono portare alla cooperazione tra essi nei diversi campi della cultura, si propongono laddove esistono sul loro territorio tali minoranze e culture, e tenendo conto degli interessi legittimi dei loro membri, di facilitare questo contributo".
Fedele a questo spirito, il collega Cerchio ha proposto a questo Consiglio, con l'appoggio di altre forze politiche regionali, un provvedimento per garantire pari dignità e sottrarre ad un'intollerante emarginazione la popolazione zingara. Credo che quel provvedimento sia un segno di grande civiltà di cui il nostro Piemonte deve essere fiero, che si va ad inserire nel più globale disegno di tutela delle culture regionali.
Mi auguro, dunque, che a questo ricatto la DC non abbia ceduto rinnegando le sue radici culturali che pure affondano nel terreno della solidarietà e della tolleranza; anzi, di questo voglio essere certo.
Grazie al collega Cerchio per essersi voluto caricare - come si direbbe in linguaggio evangelico - la croce dei deboli e degli emarginati rappresentati in questo caso dalla popolazione zingara.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, cari colleghi, con oggi potremmo dire che stiamo giungendo alla rappresentazione concreta - gli inglesisti direbbero allo "show down" - dell'elezione. Ci arriviamo dopo due mesi dall'apertura della crisi, due mesi che si pongono anche a cavallo di due anni, il 1993 e il 1994.
All'apertura della crisi, si pensava di dare vita ad una grande Giunta sorretta da grandi forze, la cui ispirazione ideale, culturale, di matrice cattolica, laica, di sinistra, socialista avrebbe dovuto assumere la responsabilità di governare. Lo richiedeva anche uno stato di emergenza che è tuttora sotto i nostri occhi, sia dal punto di vista dell'economia sia dal punto di vista sociale e soprattutto occupazionale.
I due documenti presentati, cui si accompagnano delle proposte (due proposte di piccole Giunte rispetto a quella iniziale), si riferiscono allo stato di emergenza. Mi rammarica il fatto che a questi due documenti noi non abbiamo potuto dare quel contributo - questa è la carenza che rilevo di umanesimo nel quale andavano collocati; tuttavia ne ho fatto una lettura molto precisa, e su una tavola sinottica si potrebbe dire che non ci sono grandi differenze tra i due documenti.
Dò comunque atto agli estensori della serietà e della rigorosità con cui i due documenti si presentano, illustrati stamani dai colleghi Marengo e Brizio. Nessuno spazio alla demagogia né ad uno spirito di supponenza o a frasi del tipo "noi lo avevamo detto che si finiva così", "noi abbiamo già fatto queste altre cose".
Entrambi presentano un linguaggio asciutto, su questioni precise che vanno dall'occupazione all'economia, all'ambiente, allo sviluppo, ai trasporti, alla sanità, al territorio, agli enti strumentali, alla RAI.
Sono inoltre evidenziati in questi due documenti i rapporti con il Governo con la CEE, il nuovo regionalismo, l'assistenza, i problemi dell'alluvione.
Pertanto, se ciascuno di noi legge questi documenti, mettendoli a confronto, non trova grandi differenze.
Da ambedue i documenti emerge una forte preoccupazione sullo stato di deindustrializzazione che il Piemonte ha subìto, sta subendo e rischia ulteriormente di subire, quindi sulla necessità di accelerare il processo diretto ad individuare strumenti e obiettivi per colmare il ritardo, per ridurre questo gap tecnologico e per prepararci ad entrare nelle fasce alte al momento della ripresa alla quale - ci auguriamo - si possa giungere presto. Quindi entrambi i documenti sono animati dall'ottimismo e dalla volontà.
Ritornando alla formula di governo, noi laburisti - nel frattempo dell'apertura della crisi abbiamo assunto questa denominazione abbiamo lavorato convinti di realizzare un governo sorretto da grandi impegni, da grandi Gruppi, da forze vive. In altri interventi ho ricordato il primo governo costituito in questo Paese nel secondo dopoguerra: De Gasperi Nenni, Togliatti; oggi potrei ricordare la grande coalizione che si fece negli anni '70 in Germania, di fronte alle situazioni da cui poi presero il via proposte più precise.
Per noi, una grande Giunta avrebbe dovuto avere questo valore politico e ideale, avrebbe potuto avere in sè grandi energie che le avrebbero conferito una forte credibilità su quegli obiettivi programmatici che entrambi i documenti hanno messo in evidenza. Gli ostacoli politici purtroppo, sono risultati insuperabili ed oggi, dopo più di due mesi abbiamo di fronte due proposte.
Siamo entrati in una crisi - qualcuno lo ha rilevato - quale risultato di difficoltà scaturite da vicende giudiziarie e anche per difficoltà di carattere politico di cui non potevamo non risentire; stante la situazione rischiamo di andare ad esprimere una votazione, in un modo o nell'altro, a sostegno di Giunte che comunque, dal punto di vista numerico e quindi anche dal punto di vista politico, sono molto insufficienti, ma forse si tratta di un passaggio inevitabile.
In questa direzione abbiamo cercato di fare tutti gli sforzi possibili anche gli sforzi delle forze laiche, ai quali abbiamo dato il nostro sostegno, sono risultati senza esito. D'altro canto, forse non si è fatto a sufficienza, forse si poteva impostare la questione diversamente fin dall'inizio, forse pesa sulle stesse forze laiche un limite di partenza che può configurarsi come il limite di forze che possono determinare - come diceva stamane il Consigliere Marchini - delle scelte a favore di uno schieramento o dell'altro, ma che molto difficilmente possono assumere su di sè la responsabilità di guidare in prima persona una situazione politica di governo: forse la storia delle forze laiche presenta questa lettura.
Non c'è dubbio che sulla formazione della Giunta abbiano influito e pesato delle spinte politiche esterne. L'intervento del Consigliere Gallarini ha messo chiaramente in evidenza una scelta di schieramento prima ancora che di formazione della Giunta; il quadro politico nazionale sta subendo una forte accelerazione verso i due poli.
Nel breve o medio periodo questo è quanto si può intravvedere; da qui a qualche anno a venire, credo sarà molto difficile pensare a qualcosa di diverso.
Si va verso grandi schieramenti; in poche parole, relativamente alla Giunta, ciascuno parlava sì a Torino, ma con la mente e gli occhi rivolti a quanto avviene a Roma. Naturalmente, l'occhio rivolto a nuovi schieramenti è, di conseguenza, legato all'occhio rivolto a problemi di carattere elettorale, rispetto ai quali sembra ormai ci si vada a confrontare. Questo è uno dei limiti incontrati in questi due mesi e più; avremmo dovuto avere forse, cari amici e colleghi, più coraggio: il coraggio di superare posizioni pregiudiziali; il coraggio di mettere il governo della Regione al riparo da schieramenti nazionali.
Personalmente, sono convinto - permettetemi di esprimere con il cuore in mano tale convizione - che avremmo forse dovuto fare di più in un Piemonte dalla grande storia, che ha avuto grandi uomini nello scorso passato, nel passato più recente e nel presente. Uomini che vanno da Cavour, a Rattazzi, a D'Azeglio e, sul piano della religione, a don Bosco e a don Orione; uomini che vanno da Gramsci a Gobetti, a Norberto Bobbio.
Forse, se avessimo avuto la capacità di esprimere questa autonomia, questo respiro del Piemonte, non ci avrebbe fatto velo il fatto che il Paese va verso schieramenti polarizzati, scelta che mi pare ci porti direttamente in Europa; abbiamo invocato per molto tempo la democrazia compiuta, mi pare ci si stia avviando.
Occorre comunque prendere atto che sono cadute prospettive di larga intesa. Da parte nostra è stata compiuta una scelta, dolorosa per tutti l'abbiamo compiuta nel bel mezzo della grave crisi politica in cui si trovano i socialisti, una crisi politica che comunque sta centrifugando tutte le vecchie formazioni politiche. Non c'è dubbio che le conseguenze che gravano su di noi siano più pesanti, perché, in fondo, ci siamo maggiormente esposti nello sforzo politico generale di garantire, ieri, la governabilità ed oggi la costituzione di un'ipotesi di larga intesa.
Era inevitabile che sul nostro Gruppo si abbattessero tensioni politiche sia di carattere nazionale che di carattere regionale.
Personalmente non ho alcuna intenzione di polemizzare, anche qui, con i colleghi Cantore, Garino e Panella; dico anche qui, perché, seppure civilmente e fraternamente, in altre sedi abbiamo discusso con i compagni che hanno fatto una scelta diversa da quella del sottoscritto, la compagna Carla Spagnuolo ed il compagno Francesco Fiumara.
Esprimo solo lo stupore per aver appreso da una lettera, ufficializzata anche dalla Segreteria con il protocollo, la notizia della costituzione del nuovo Gruppo "Riformisti per il Piemonte". I compagni mi hanno poi detto che non è stata sottoscritta; mi rammarico comunque: ne avremmo potuto parlare. Naturalmente, pur non essendo ancora stata sottoscritta, ne prendo atto, anche se, certamente, i problemi che si presenteranno all'interno del nostro Gruppo...



CUCCO Vincenzo

Ma come mai è stata protocollata se non era sottoscritta?



ROSSA Angelo

Mah, a me è stato detto che è stata mandata al protocollo... Vorrei però dire a questi amici, a questi compagni, così come agli altri colleghi che per noi i margini della politica di pentapartito che abbiamo lealmente sostenuto fin qui, Presidente Brizio - al quale va il nostro rispetto per lo sforzo compiuto in questi anni - con gli aggiustamenti intervenuti sulla stessa, si sono esauriti.
Ripeto: la valutazione politica che diamo è che i margini, i percorsi di tale politica si siano esauriti. Il panorama risultante a seguito delle ultime recenti elezioni ci offre questa lettura: questo tipo di politica è finita in Piemonte ed anche a Roma. Il Paese sta velocemente cambiando; la formazione di grandi schieramenti sta preparando il passaggio, seppure faticoso, verso un sistema democratico di tipo europeo. La legge elettorale uninominale è senz'altro la levatrice di questo processo, di questa grande svolta verso la quale sta andando il Paese.
Qui si colloca la scelta che ha diviso il Gruppo laburista-socialista: tre da una parte, tre dall'altra; si tratta di una scelta politica generale, in sintonia con le scelte che qualche settimana fa il Partito socialista ha compiuto a Roma, con la svolta di Del Turco. Riteniamo di essere nel solco del socialismo europeo, riformista e progressista ovunque, in Europa, il socialismo è l'alternativa progressista: non esiste altra ipotesi.
Per queste ragioni, la politica che abbiamo sostenuto lealmente sino a ieri oggi non può più trovare il nostro sostegno. Della politica svolta fin qui - questo vorrei dire agli amici con cui abbiamo collaborato ed anche agli amici dell'opposizione di ieri - non abbiamo nulla da rimproverarci tranne il fatto di non aver potuto fare di più per il Paese e per il Piemonte. Siamo stati leali sostenitori dell'impegno del Presidente Brizio e, personalmente, nella legislatura iniziata nel 1985, sono stato leale sostenitore della politica guidata dal Presidente Beltrami.
Credo che cercare di far sopravvivere una politica di questo tipo significhi ritardare un processo che, invece, sia per quanto riguarda il Piemonte che per quanto riguarda il quadro politico generale, sta andando verso grandi cambiamenti. Il Piemonte richiede alle forze politiche puntuali risposte alle domande pervenute dalle forze del lavoro e dall'imprenditoria.
La scelta politica compiuta a favore della Giunta guidata da Luciano Marengo, a cui va il nostro voto, rispetto a quella del Presidente Brizio nei confronti del quale ci asterremo, ha un significato politico: l'astensione nei confronti del Presidente Brizio è diretta alla persona.
Abbiamo compiuto tali scelte con la forza della convinzione ideale e con la serenità di dare un messaggio politico a tanti elettori di area riformista e socialista in questi giorni purtroppo disorientati per la caduta dei valori della migliore tradizione socialista. Siamo certi che questa scelta sarà pienamente compresa dagli alleati di ieri, ai quali ci unisce appunto l'affetto personale e il ricordo di un impegno di lavoro durato parecchio tempo, che non può essere dimenticato. Impegno che oggi ci vede su versanti diversi.
Con questa scelta che ci riporta all'origine della storia del socialismo, noi compiamo un atto di fiducia nei confronti della rinascita del socialismo stesso in Italia e in Piemonte, anche come soggetto politico. Analoga scelta faremo a livello nazionale con l'Assemblea degli Stati generali, da cui nascerà una nuova forza politica, con un nuovo nome e un nuovo simbolo.
Ai compagni della sinistra che incontriamo in questa nuova battaglia ci presentiamo per quello che siamo, senza il cappello in mano (come si dice nel gergo comune). Siamo convinti che non ci possa essere uno schieramento progressista democratico e di sinistra senza il contributo, senza il concorso di una forza socialista e riformista quale quella da noi sempre rappresentata e che ci proponiamo di rappresentare ancora.
Siamo convinti che lo schieramento progressista abbia bisogno di esprimersi con il contributo ideale e politico dei socialisti, per un confronto ideale, politico e culturale al nostro interno, all'interno stesso dello schieramento del quale intendiamo far parte con pienezza di convinzioni e di rispetto reciproco. Ciò per rendere forte il confronto sui grandi temi che oggi battono il quadro politico della nostra Regione e del Paese, per farci forti di quei valori riformisti che animano il socialismo europeo, nel quale ci sentiamo profondamente inseriti. Se saremo in grado di lavorare con questo grande respiro, anche le controspinte di un fronte moderato, che confusamente cerca di coagulare le grandi scelte, saranno sconfitte.
Sono queste le ragioni di fondo che ci hanno portato a compiere le nostre scelte, senza nulla rinnegare n' del nostro passato n' della politica n' del nostro lavoro di questi anni; tutto questo guardando anche criticamente alle cose che potevamo fare, che forse abbiamo fatto superficialmente e che andavano magari fatte con maggior impegno.
E' una scelta che abbiamo compiuto in piena libertà e autonomia nei confronti degli amici, dei compagni, dei colleghi con i quali concorriamo a formare questo schieramento, senza chiedere nulla, senza discutere volutamente programmi, strutture della Giunta, collocazione nelle Commissioni. Intendiamo caratterizzare la nostra presenza in questo schieramento progressista e di sinistra, sia in Consiglio che nelle Commissioni, portando sui singoli provvedimenti il contributo delle nostre autonome valutazioni, per far crescere il Piemonte e dargli il posto che gli spetta nella storia del nostro Paese ed in Europa.
La politica, come noi l'abbiamo sempre intesa, è fatta di un insieme di momenti, che portano sempre a rischiare qualche cosa, qualunque siano le scelte che ciascuno compie. L'importante è che a guadagnarne, nel nostro caso, sia il Piemonte, al quale vogliamo dare, anche con il nostro sostegno, una nuova Giunta di ispirazione progressista e riformista.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Ringrazio il collega Chiezzi per avermi consentito di parlare prima di lui. In realtà, volevo parlare soltanto dopo il collega Rossa, per un motivo molto semplice. Non è una battuta polemica: speravo intervenisse prima di me per capire in quale modo il Gruppo socialista, o quello che ne è rimasto, argomentasse quanto di molto travagliato sta accadendo da molti mesi al suo interno, che è la fotocopia di quello che accade in generale nelle forze politiche del Paese.
Devo dire che, come sempre, il collega Rossa ha avuto la capacità di esprimere con molta chiarezza, anche all'interno delle sue involuzioni linguistiche, qual è il nocciolo della questione che abbiamo di fronte.
Spero che i giornalisti, e in genere i media, diano spazio a questo intervento e agli argomenti che ci sono dietro più di quanto non abbiano fatto fino ad oggi, e questa è una cosa che noi Consiglieri tendiamo sempre un po' a nascondere. Avete visto come è stata trattata dai giornali torinesi la crisi della Giunta? Rispetto alla crisi della Giunta comunale con gli stessi balletti, forse un po' peggio certe volte, con le stesse movenze feline o canine (con tutto il rispetto per quegli animali) quei politici ci hanno portato alle elezioni anticipate che hanno prodotto meno male Castellani e non altro - la crisi della Giunta ha avuto l'attenzione che avete visto pure voi sui giornali: lo 0,02%.
In termini anche di comprensione delle nostre posizioni non ne faccio solo una colpa ai giornalisti. La maggior parte della responsabilità è dei politici che non si sanno esprimere, che in questa confusione continuano a balbettare e non a parlare chiaramente.
Oggi il collega Rossa ha parlato chiaramente e cosa ha detto che mi ha colpito? Nel discorso del collega Rossa c'è una grandissima contraddizione, perché la sua affermazione iniziale "Noi credevamo in un governo di grande alleanza" - affermazione che in realtà quasi tutti hanno fatto all'inizio dei loro interventi - è stata contraddetta 30 secondi dopo da tutto il resto dell'intervento, che è stato di natura esclusivamente squisitamente, completamente tattica, di schieramento politico, escludendo qualsiasi contenuto programmatico, escludendo qualsiasi valutazione di merito rispetto alla maggioranza passata e rispetto alla prossima maggioranza che questo governo avrà. Così non poteva che fare il collega Rossa, perché diversamente non poteva giustificare la modifica dell'atteggiamento di una parte del Gruppo socialista, che io rispetto completamente. Anzi, forse doveva arrivarci prima: avrebbe risparmiato molti mesi di pena a tutti quanti, compreso il governo delle cose di questa Regione.
Questa è la questione: è stata esclusa completamente da questo dibattito, dalla soluzione di questa crisi, la Regione e i suoi problemi così come hanno fatto i giornali, abbiamo fatto anche noi, perché al centro di tutte le attenzioni dei politici, me compreso, c'è stato soltanto l'atteggiamento tattico di dire cosa succederà a marzo, cosa succederà alle europee, cosa succederà nel 1995.
Il governo dell'emergenza che quel gruppo di pellegrini di autoconvocati (come si sono chiamati allora) aveva individuato e proposto all'attenzione dei Consiglieri - tu e il tuo Gruppo, collega Rossa, nei confronti di quella proposta siete stati i peggiori nemici all'inizio - era per evitare che in quest'aula si facesse la fotocopia della follia politica che sta accadendo fuori da quest'aula, dove non contano più i programmi, ma soltanto gli schieramenti o la possibilità di qualcuno di salvare il proprio collegio elettorale in Parlamento o al Senato.
Il tentativo era soltanto questo, e avrebbe avuto gambe se avesse camminato allora, alla fine di luglio, quando sono maturate queste cose, o a settembre, quando questo tentativo si è formalizzato con il concorso di tutti, dei Consiglieri Marchini, Ferrara ed anche del Consigliere Marino che ha colto questa novità. E' chiaro che a novembre questa iniziativa era ormai smunta, finita, senza più possibilità di camminare; il ruolo delle forze che l'hanno proposta si è sfasciato sotto gli eventi, soprattutto sotto quelli delle elezioni del 21 novembre e di quanto accaduto il 5 dicembre. Le cose camminano prima di noi, e ciò è successo ancor più velocemente in quanto il Gruppo socialista, altri Gruppi, anche la Democrazia Cristiana e una parte del PDS (non tutto) hanno frenato, in allora, quell'ipotesi.
Quindi, colleghi, per favore: negli interventi, attenzione a mettere i puntini sulle "i". Tutti eravamo per un grosso governo di alleanze; in realtà, chi ci ha lavorato veramente, seriamente, credendoci, è stata una minoranza in quest'aula, non una maggioranza. Questo Consiglio non poteva e non può permettersi una divisione di tipo politico, essendo frutto della proporzionale del 1990 ed essendoci i rapporti di forze che ci sono, che non possiamo eliminare, anche se fuori da quest'aula i rapporti di forze sono completamente diversi.
Non ricordo più chi lo disse, forse il collega Ferraris: se questi rapporti devono essere fotocopiati in quest'aula, è la Lega a dover proporre un governo nella Regione Piemonte, non noi, stante l'attuale situazione.
Voglio aggiungere un'ulteriore considerazione. In ultimo, c'è stato un incontro dei Consiglieri regionali che fanno riferimento ad Alleanza Democratica con il Gruppo del PDS; proprio in quella riunione, ho esplicitato una mia posizione, che peraltro esprimevo già da qualche tempo: se proprio coloritura politica doveva esserci della soluzione di questa crisi, io ero ancora disponibile, e lo sono tuttora.
Io sono ancora disponibile a cercare un accordo fra la componente socialista di quest'aula, la componente che si richiama ad Alleanza Democratica e il PDS, affinché queste tre forze diventino il centro motore del nuovo governo; ciò però di fronte ad una posizione molto esplicita del PDS, che abbandoni la teoria bellarminiana della doppia verità del signor Adornato (nella quale io non credo), secondo la quale si possono fare degli accordi elettorali e in seguito anche degli accordi di programma diversi da quelli elettorali.
Quanto esplicitato da Adornato nel suo articolo di fondo di qualche tempo fa su "la Repubblica", e che purtroppo sta diventando la teoria portante di Alleanza Democratica, è una schifezza in termini politici, che gli italiani ancora non hanno colto nella completa sua portata.
Io ho fatto questa proposta; da parte del PDS è arrivata una risposta debolissima, perché non c'è stata la necessaria risposta che mi aspettavo: "Sì, siamo pronti a lavorare in questa ipotesi". Con ciò non intendo pregiudizialmente escludere nessuno, nemmeno i colleghi Chiezzi e Maggiorotti, ma sono responsabilmente consapevole del fatto che il governo di maggioranza che parte da queste tre forze è delimitato programmaticamente e quindi anche delimitato su alcuni temi, che avrebbero invece consentito ai colleghi Maggiorotti e Chiezzi di votare a favore laddove potevano, ma anche di votare contro quelle norme o quegli interventi o quei contenuti che non li avrebbero trovati d'accordo.
Se nel PDS c'è una posizione chiara in questa direzione, io, da domani mattina, ricomincerò a lavorare a questa ipotesi. Questo secondo me non è perché in quest'aula e tra le forze politiche di quest'aula si è ingenerato un altro meccanismo, che è quello di fare gli apprendisti stregoni e tentare di ricostituire, qui dentro, i due poli: il polo moderato e il polo progressista.
Poiché mi costringete a prendere posizione, cosa che non ho nessuna paura di fare - perché fuori da quest'aula ben prima io ho detto qual è il mio schieramento - dico che culturalmente io sono sempre stato dalla parte di ciò che voi considerate moderato; linguisticamente, invece, sbagliate completamente, perché di certo la tabella di progressista a certi personaggi che stanno in quel polo io non gliela darei mai. Ma su questo poi si potrà discutere; non si possono comunque non rilevare certe cose strane che stanno accadendo.
La questione morale. Ci sono due cose che mi fanno infuriare: l'espressione questione morale e l'espressione società civile. Non vi ho mai creduto: sono delle prese in giro della gente, perché la questione morale è soltanto individuale e per un laico dovrebbe essere sempre così non è mai collettiva. Non si pone al centro del governo una questione morale. Al centro del governo si pone la cacciata dei ladri, che è cosa diversa; dei ladri come singoli e dei ladri come associazioni a delinquere che hanno governato il nostro Paese, ma non la questione morale, perché in realtà si tratta di fumisterie che coprono chissà cosa e chissà che.
Ripropongo dunque la questione morale alle forze che la consideravano centrale. Se Alleanza Democratica e la Rete firmano un comunicato stampa congiunto, dove dicono che nelle prossime elezioni politiche non ci devono essere candidati con avvisi di garanzia, mi domando perché Enzo Bianco risponda su "La Stampa": "Sì, vale, ottimo, bene, ma La Malfa, però, no". E perché La Malfa no? L'avviso di garanzia di La Malfa vale esattamente come i 300.000 avvisi di garanzia di Citarristi, uguali ed identici: non c'è differenza.
Così come mi stupisce - l'ho sentito con queste orecchie il collega Grosso (al quale devo riconoscere una chiarezza estrema in questi mesi, di posizioni, di dirittura) che, a questo proposito, in una delle prime riunioni degli autoconvocati, disse: "Io al governo con la DC e il PSI non ci vado", intendendo - scusa se ti interpreto non con questi personaggi politici, ma con quello che hanno rappresentato, con coloro che nella DC e nel PSI non hanno fatto i conti con la propria storia. Era così?



GROSSO Carlo Federico

Esattamente.



CUCCO Vincenzo

E allora? Scusatemi! Collega Rossa, tu non puoi dire: "Ho governato con Brizio, è andato tutto bene; adesso Del Turco mi dice di fare diverso e faccio diverso". Non è quello che il PSI deve fare per poter cambiare, per essere credibile.
Questo, secondo me; poi il PSI o quello che è rimasto del PSI deciderà cosa fare.
Di questioni di questo tipo, sulla cosiddetta questione morale, se ne possono fare mille. Ricordo anche una frase detta in una riunione per cercare una maggioranza da parte del PDS; venne detto che "in quel momento lì non avrebbero accettato maggioranze che al loro interno avessero avuto il voto espresso da Consiglieri con avvisi di garanzia". Tutto si può dire ormai, perché tanto poi non è confermato. Tutto cambia, le posizioni cambiano, adesso i Gruppi si sono divisi, ce n'è tre da una parte, tre dall'altra! Gli avvisi di garanzia li avete letti tutti sui giornali! A quelle posizioni io non ho mai creduto; non ho mai creduto alla questione morale, però adesso la pongo a voi, soprattutto fuori da quest'aula, perch in quest'aula ormai... Analogo discorso vale per le questioni programmatiche. Io continuo a pensare che non è possibile prendere in giro la gente in questo Paese, proponendo Presidente del Consiglio Ciampi, che è stato il Presidente contro il quale la Rete e Rifondazione Comunista si sono scagliate più ferocemente, e con argomenti (perché gli argomenti li avevano)! Il PDS ha votato a favore, in questo Parlamento, della legge finanziaria che conteneva norme sulla sanità, sulla scuola, sui posti pubblici, che sono in esatto e completo contrasto con quello che nelle piazze il PDS ha detto in questi mesi.
Queste contraddizioni non si possono non rilevare, non possono essere taciute. Io speravo che se ne potesse tacere, proprio per cercare di trovare un governo per questa Regione che consentisse alle risorse presenti fra i Consiglieri regionali che qui sono seduti - che sono tante, di questo ne sono convinto - di poter lavorare insieme. Io continuo a pensare - e non è unanimismo pseudocattolico, ma è proprio una posizione di pragmatismo politico - che il collega Ferraris possa benissimo lavorare nella stessa maggioranza dove c'è la collega Bresso.
Di questi esempi ne posso fare diecimila, perché dal punto di vista pragmatico, politico, questa Regione aveva bisogno di questo: di un governo che esercitasse il proprio mandato per alcune specifiche emergenze e che lasciasse fuori, nell'anno e mezzo che gli rimaneva, quei temi che sono il centro del distacco, del confronto, dello scontro fuori da quest'aula e non in quest'aula. Perché il frutto cos'è? Il frutto è una maggioranza di minoranza che dovrà trattare il suo voto in ogni sede, nelle Commissioni in aula; ci saranno mille momenti per essere in crisi, per cadere in crisi mille momenti: basterà l'influenza non annunciata di qualcuno per mandare questa Giunta in frantumi (o potrebbe mandarla). Questa è la realtà.
Si vuole una presa di posizione. Io la mia l'ho presa. Fuori da quest'aula io sono per quello che voi definite progressita, che io non definisco affatto così, anzi, secondo me, alcuni veri progressisti sono di qua, non sono di là fra i tromboni della sinistra. Io la mia scelta l'ho fatta, ed è quella di questo polo, perché preferisco essere l'ala sinistra di una destra piuttosto che l'ala destra di una sinistra. Gli esempi della storia di questo Paese, forse, mi danno ragione. Dico forse, perché dopo ci saranno le elezioni e vedremo cosa succederà.
Per quanto mi riguarda, in quest'aula ho già espresso pubblicamente la mia posizione, proprio per protestare contro la mancanza di pragmaticità politica, di attenzione concreta alle cose di questa Regione. Io non dò il mio voto favorevole n' a un documento n' all'altro, ma - questa non è una novità, l'ho già detto in altre sedi pubblicamente, e privatamente al PDS alla DC e a tutti gli altri - nel caso in cui una maggioranza avesse trenta voti e le mancasse il trentunesimo per poter evitare questa farsa delle continue riconvocazioni, io garantisco il trentunesimo voto in quest'aula ovviamente, il voto sulle questioni sarà libero, come è sempre stato il mio voto.
Allo stesso modo, dato che i meccanismi statutari sono quelli che sono io garantirò alla maggioranza che esprimerà il Presidente il mio voto, nel caso in cui questo sia necessario per avere finalmente la Giunta, qualunque essa sia. E' un appoggio tecnico, chiamatelo come volete, ma è per evitare questa farsa di continue riconvocazioni; per evitare che i vecchi Assessori governino così come hanno governato, impegnando fondi del 1994 addirittura perché hanno fatto questo in questi mesi.
Solo per questo motivo garantirò il mio voto; dopodiché, in aula e nelle Commissioni continuerò a fare quello che ho fatto dall'inizio, cioè mi esprimerò a favore o contro sui provvedimenti che verranno presentati, e ovviamente presentandone anch'io. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Presidente, colleghe e colleghi, non è il momento di enfatizzare alcunché. Però mi pare che qualcosa in quest'aula si stia chiarendo. Di fronte al limite di rappresentanza ormai da tutti riconosciuto e considerato per il suo valore negativo, è in corso una risposta di polarizzazione dei Gruppi regionali che non mi pare sia tutta in contraddizione con quanto si sta formando e discutendo nella società, anche in forme tumultuose, contraddittorie (ma la formazione di cose nuove non avviene mai in forme e in luoghi tranquilli).
Siamo di fronte - non enfatizziamo, ma è così - a due proposte: sono due proposte, colleghi, che per diventare una soluzione devono ancora attendere. Non sono due proposte che consistono in una soluzione del problema. Sono due ipotesi di soluzione del problema, ma per diventare "la soluzione" deve ancora passare del tempo e possono ancora farsi dei ragionamenti e delle ipotesi.
Una polarizzazione è quella che si è denominata "schieramento progressista". Si può dire che questa polarizzazione è artificiosa? Certo. Qui, colleghi, tutto è artificioso, perché siamo figli del passato qualunque cosa facciamo può essere additata come: "Ma è un artifizio". Ma è un artifizio qualsiasi altra forma di polarizzazione, anche dell'unione di Alleanza Democratica con il PDS e i Socialisti si può dire che è un artifizio.
Guardiamo invece se queste forme di polarizzazione, ad esempio, hanno un senso storicamente determinato da quanto succede fuori da quest'aula. Vi è il tentativo, sia pure con le nostre forze e quindi decantato tutto quel che c'è da decantare, di formare in quest'aula una proposta programmatica concreta, non ideologica, portata avanti da uno schieramento che si definisce progressista. Mi sembra che questo fatto non sia in contraddizione con quanto si sta discutendo per governare il nostro Paese.
Penso che questo sia un elemento di valore, da non sottovalutare.
Piuttosto, direi che questo elemento dovrebbe essere valutato positivamente anche nel senso che siamo usciti dal timore (è un timore di qualche mese fa, che mi ricordo avanzato anche da altri colleghi, da Ferrara se non sbaglio, da Cucco di sicuro) che in quest'aula ad un certo punto i due Gruppi maggiori si compattassero, dopodiché chi si aggiungeva lo faceva in modo assolutamente minoritario e screditato.
Vedo invece come un fatto di valore che i due Gruppi maggiori abbiano scelto due strade. Perché non possiamo passare dal temere un'ipotesi al rimpiangere quella ipotesi subito dopo. Se si temeva l'accordo PCI-PDS adesso questo accordo non c'è più, ma adesso non rimpiangiamo che i grandi Gruppi non si siano incontrati ad un tavolo. Quindi, da questo punto di vista penso che sia una cosa utile.
Forse vale la pena dire qualcosa sullo schieramento progressista perché, gira gira, due colleghi che hanno lungamente argomentato e che non si sono schierati, mi hanno fatto capire che c'è molto da discutere su cosa sia uno schieramento progressista. Non posso assolutamente risolvere il problema. Posso dire il mio pensiero collocandomi con molta convinzione all'interno di questo schieramento.
Penso che questo schieramento non possa vivere, se vi si partecipa con una sorta di opportunismo tecnico-difensivo. Ad esempio, non penso sia utile pensare di costruire uno schieramento per eleggere qualche deputato personalmente non vedo un interesse da questo punto di vista. Vedo un interesse nel costruire - e non è facile, ma per farlo è necessario provarci sul serio - uno schieramento progressista che abbia come alternativa il governo del Paese e, per alternativa qui, il governo della Regione.
Questo è lo schieramento progressista a cui penso e, dato che uno dei dilemmi e delle spine è proprio la presenza di una forza come Rifondazione Comunista, penso che tale forza debba far parte, a pieno titolo, di questo schieramento. Penso che nello schieramento progressista ci siano due malattie da evitare: la pregiudiziale, cioè la malattia delle pregiudiziali che escludono senza sentire neppure il bisogno di confrontarsi non sulle ideologie, ma sulle cose da fare, e, in secondo luogo, il settarismo.
Il settarismo, storicamente, è una malattia che alligna a sinistra, ma il settarismo può anche infettare altre aree. Il settarismo è un altro male da sconfiggere. Guai a noi se qualcuno pensasse di entrare in uno schieramento tutto da formare, con le difficoltà che ci sono, portatore di verità assolute derivanti magari da puri ideologismi.
Ritengo che pregiudiziali che escludessero a priori anche la forza di Rifondazione Comunista svuoterebbero sul nascere ipotesi di costruire uno schieramento che non sia semplicemente di carattere difensivo ed opportunistico. Questa può essere un'idea personale, ma penso che la stessa cosa valga per Rifondazione. Se Rifondazione Comunista non si cimenta all'interno di uno schieramento così largo con le proprie idee e le proprie proposte mette in dubbio e in crisi lo stesso processo di Rifondazione Comunista. I comunisti, oggi, se hanno un senso, devono averlo in rapporto a chi comunista non è, e devono avere la forza di proporre ad uno schieramento più ampio, ad un fronte progressista cosa significhi in teoria, e soprattutto in pratica, nei programmi, questa loro allocuzione.
Per questo vi dicevo che dentro uno schieramento progressista ritengo non solo che Rifondazione Comunista debba esserci, ma che debba lavorare con grande respiro, con grande volontà di confronto con le altre forze, con grande curiosità, perché sui programmi la sinistra ha molto da lavorare.
Il programma di sinistra è tutto da costruire. C'è qualcuno che pensa di poter costruire un programma alternativo che tenga conto dei problemi sociali senza la forza di Rifondazione Comunista? Sbaglia, perché si fa accecare da pregiudizi ideologici. Così pure sarebbe sbagliato, in virtù di un qualche settarismo che autoconsegna a Rifondazione Comunista la capacità di individuare essa sola la risoluzione dei programmi, rinchiudersi ed isolarsi in qualche remoto angolo in cui agitare qualche piccola bandierina ancorché rossa. Non è questo che ritengo debba essere fatto.
Queste cose le ho dette perché quel poco che abbiamo fatto come schieramento progressista, autodenominatosi come tale in quest'aula dimostra che è possibile costruire un accordo tra forze che si richiamano ad un programma progressista. Tenete conto che è un accordo anchéesso segnato, oltre che dalla nostra storia di essere stati eletti nel 1990, dai tempi dell'emergenza, dai tempi istituzionali. Si è costretti a fare o meno una cosa in quindici giorni o in un mese, e di questo bisogna tenere conto.
Ma in un così breve lasso di tempo siamo riusciti, partendo da posizioni differenti, a scrivere un programma sul quale non ho sentito critiche di merito né dal Consigliere Ferrara né dal Consigliere Cucco, e sul quale invece bisognerebbe confrontarsi anche con critiche di merito. Se siamo riusciti a fare questo non mi sembra che non sia successo niente, non mi sembra un'esperienza da sottovalutare o da non considerare in alcun modo. Mi sembra viceversa un'esperienza utile, un primo piccolo passo di un lavoro grande e difficoltoso, che bisogna fare in tempi stretti.
Il limite primo di questo accordo è quello di essere stato fatto in tempi brevi, con l'emergenza e con quanti subito e sin da ora hanno privilegiato in modo assoluto, non avendo altri tipi di problema, un confronto sulle cose da scrivere e non hanno consentito a chi invece ha problemi di altro tipo di condividere questo tipo di lavoro.
Se si cercano delle contraddizioni nel nostro programma, se ne possono trovare, ma se lo leggete con attenzione - lasciamo stare i grandi temi su cui forse ogni programma può scrivere cose non tanto dissimili - vedrete che su altri temi - e sono i temi dolenti siamo riusciti a scrivere qualcosa di diverso da quanto fin qui proposto dalla DC.
Sono d'accordo con il collega Tapparo, che sull'Alta Velocità non si tratta di rifare quello che faceva Ludd, perché il problema non è quello.
Un conto, però, è spacciare, come faceva la Giunta Brizio, l'Alta Velocità come il cuore del futuro dello sviluppo del Piemonte, e un conto è dire: cari cittadini, l'Alta Velocità non è il cuore dello sviluppo per il Piemonte.
Altro discorso è quello, ma questo è un tavolo di lavoro che il tavolo progressista deve discutere, di non fare come Ludd, l'operaio che spaccava le macchine. E per non fare come Ludd, le carte vanno messe sul tavolo.
Perché Ludd spaccava i telai e le macchine, ma un telaio portava via il lavoro di 100 donne o bambini. Quindi, il costo e il beneficio dell'introduzione della macchina era straordinario.
Uno dei temi da discutere è anche il costo-beneficio di tutto quello che si inventa oggi, compresa l'Alta Velocità. Penso che la forbice tra l'introduzione di questa nuova tecnologia e i benefici che ne conseguono a fronte di un'ipotesi di altri benefici per altri investimenti sia tutto da discutere e va fatto pragmaticamente. Ed è questo che si adombra in quelle poche righe scritte nel documento: la possibilità di discutere, ma non in termini ideologici, dell'Alta Velocità.
Questo schieramento non è quindi un punto di arrivo. Forse è quasi un punto di partenza. E' uno schieramento in moto incipiente (si direbbe in fisica). Il moto incipiente è quello che sta per avvenire, ma non è ancora avvenuto. Al moto incipiente tutti possono concorrere: tutto è ancora fermo, ma tutto si sta per muovere.
Su questo schieramento che non è definito e concluso (come anche l'altra proposta, a mio avviso), ma che è in movimento, occorre lavorare.
Si è mosso perché l'emergenza è una necessità, ma è una necessità anche per l'altro schieramento. E' uno schieramento che deve crescere. La convinzione con cui penso si debba lavorare a questo schieramento va anche oltre i giorni del nostro impegno qui dentro.
Lo schieramento deve crescere qui dentro, se è possibile farlo, se troverà la forza subito o dopo, ma deve anche crescere fuori di qui, perch credo nella necessità di dare un'alternativa al governo di questo Paese.
Penso che la polarizzazione di uno schieramento progressista forte e molto largo sia la possibilità di costruire in Italia una democrazia in cui si governa pro tempore tra grandi schieramenti di impostazione generale di carattere diverso.
Quindi sono portatore di una volontà di apertura, di confronto in questo schieramento con chi c'è già e con chi si affaccia. Penso che occorra continuare quel confronto che abbiamo avuto per scrivere il programma, senza guardare le storie di ciascuno, a prescindere dai percorsi che sono molto diversi. Contraddizioni ne abbiamo, spero che risolvendole o affrontandole almeno in quest'aula si possa contribuire sia alla risoluzione della crisi sia a fare una buona opposizione, se non riusciremo a governare, comunque a continuare a lavorare in sintonia con quanto succede fuori.
Vi è poi l'altro schieramento. L'altro schieramento non si nomina, è uno schieramento che dice di comprendere area cattolica liberaldemocratica, riformista ed autonomista. E' questa una nuova maggioranza? Io non lo so, non posso dirlo. Non si autonomina probabilmente ha qualche sembianza di una nuova maggioranza, ma certamente non sono sembianze ben definibili. Questo, a mio avviso, dipende da una sorta di mummificazione della Democrazia Cristiana all'interno delle spoglie del Gruppo della DC, che è rimasto unico, caso eccezionale, pur nelle temperie che hanno portato il Gruppo socialista a dividersi, lo stesso Patto sociale neonato a dividersi e il Partito repubblicano a fare altre cose; ma la DC non si scompone.
Questa caratteristica di "metallo nobile" che il Gruppo della DC ha rende difficile etichettare in modo sicuro l'altro fronte come un fronte sicuramente tutto berlusconiano: è un po' difficile dire questo. Ci sono alcune sembianze, forse i giornali possono semplificare: se di qua ci sono i progressisti, di là ci saranno i moderati. Questo in grossa parte è vero ma non lo è interamente. Si tratta di un fronte che non è progressista, non si è denominato tale, è un fronte che nelle sue prime righe scrive una cosa che poteva anche sottoscrivere Berlusconi, un fronte che si forma dicendo: "La formazione di un blocco di sinistra ha posto una pregiudiziale di ordine politico", cosa che Berlusconi in queste settimane alla televisione ci ripete tutti i momenti. Attenzione a questo! Quindi se il blocco di sinistra è una pregiudiziale, state dall'altra parte. L'unica cosa che posso dire a questo riguardo è che per adesso i numeri non li avete voi, come non li ha lo schieramento progressista. Pu anche darsi che ce la facciate, può anche darsi che si realizzi un paradosso da guinness dei primati, ovvero che una maggioranza, in crisi numerica e politica, riesca a risolvere i propri problemi restringendo la maggioranza numericamente e politicamente. Sarebbe ben strano che una maggioranza in crisi numerica risolva in questo modo il problema.
Proprio non mollate l'osso! Può darsi che l'osso non lo molliate, che rimaniate lì, ma non vi viene il dubbio che una risoluzione di questo genere sia soggetta ad andare in crisi più facilmente della precedente? Resisterà ad ogni tipo di ossidazione, di attacco da acidi il Gruppo della DC? Resisterà all'esito delle prossime elezioni? Nessuno può dirlo. E che cosa accadrà? Non è affatto certo che la proposta dello schieramento che non si è denominato progressista abbia la possibilità né di giungere a termine né di durare. Dico questo in quanto ritengo che lo schieramento progressista debba continuare a lavorare a breve, a medio e a lungo termine, e non debba mollare questa presa.
Inoltre - questo può essere un elemento di riflessione soprattutto per l'uscente maggioranza - non rimuoviamo in modo dolce i motivi che hanno portato ad aprire la crisi alla Regione Piemonte: non solo non è giusto, ma non serve.
La crisi è stata aperta e poi conclusa da un macigno, come ha detto il Presidente Brizio: era un sassolino, era una mela marcia, poi è diventato un macigno.
La mia riflessione è la seguente: questa Giunta ha governato per anni senza accorgersi di ciò che accadeva, e ciò per anni, nel suo complesso, in modo collegiale. Ha concesso fiducia a persone che non la meritavano; non voglio parlare di malafede in nessun modo, però il dato oggettivo è questo.
Un errore politico di questo genere, una mancanza di misura dei guasti, con i quali si condivideva un'esperienza amministrativa di questa dimensione secondo una corretta etica che non so come qualificare, se con termini religiosi od altro, secondo una corretta etica della responsabilità potrebbe o dovrebbe portare a sospendersi pro tempore dal continuare un'esperienza amministrativa di governo.
A questo punto occorrerebbe un'autosospensione da funzioni di governo da parte di una compagine di Giunta e di maggioranza che ha vissuto un'esperienza così tremenda: sarebbe politicamente giustificabile, sarebbe amministrativamente prudente. Se fossimo di fronte a ragionamenti di questo tipo, allora - sempre che non si vogliano le elezioni subito le chiavi del governo che il Consigliere Picchioni era pronto a consegnare, oltre ad essere chiavi che possono essere consegnate agli elettori, soluzione per me possibile, possono venire utilizzate da chi non ha governato, da chi non è imputabile di aver condiviso un'esperienza che è stata disastrosa.
Questa però, per adesso, non è la strada prescelta. Ci sono i due documenti.
Proprio perché la situazione è questa, e proprio perché questi ragionamenti non sono solo miei, penso che la nostra prospettiva di lavoro vada continuata senza settarismi, in modo aperto con tutti quelli che si sono confrontati con noi. Il confronto non è finito, forse è appena cominciato. Questo percorso non è compiuto, è appena delineato. In quest'aula abbiamo fatto dei piccolissimi passi, cari colleghi, ma alcuni passi li facciamo se le coordinate sono chiare, se non ci sono n pregiudiziali né settarismi che rendono sterile un'esperienza ed un confronto. Perché escludere che fuori da quest'aula, dopo le prossime elezioni, e dentro quest'aula, anche prima, uno schieramento progressista possa giungere a governare?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cantore.



CANTORE Daniele

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, collega Majorino, devo confermare che oggi, nel Gruppo socialista, ci troviamo in una situazione di separati in casa; lei, forse, avrebbe preferito che si fosse assunta qualche determinazione prima di questo Consiglio regionale, ma penso possa comprendere come tale situazione politica abbia creato in ognuno di noi ma anche nel collettivo, rappresentato da una parte e dall'altra - molto imbarazzo.



CUCCO Vincenzo

Collega Cantore, direi di "divorziati" in casa...



CANTORE Daniele

Mah, direi che siamo ancora in fase di pre-divorzio; siamo separati in casa: non sappiamo ancora se dobbiamo dividere le stanze o non farlo; pu essere che questo avvenga ad horas come nei prossimi giorni.
Devo richiamare il disagio nostro di fronte alla spaccatura del Gruppo riformista e socialista; disagio che, prima di tutto è politico - tale Gruppo, infatti, si era formato nemmeno un mese addietro - ma anche disagio personale, perché era scattata una certa solidarietà tra i sopravvissuti (qualcuno potrebbe chiamarli così) del PSI e, come alcuni giornali hanno titolato, di un'esperienza storica e di cento anni di valori, solidarietà intesa a cercare di dare un governo alla Regione Piemonte.
Devo ricordare che dopo le dimissioni del Presidente Brizio, a differenza di quanto ha affermato il Capogruppo del PDS, collega Marengo l'intenzione di tutti - ma, ritengo, soprattutto la nostra, collega Rossa era di costituire una larga maggioranza in Consiglio regionale. Per quanto mi riguarda, tale maggioranza non doveva, non poteva e non aveva senso che ponesse pregiudiziali nei confronti di alcuna forza presente in Consiglio.
Non dico questo in seguito all'intervento del collega Chiezzi ma, per quanto mi riguarda, anche la pregiudiziale che spesso si percepiva nei confronti di Rifondazione Comunista non era fondata. Dovevamo cercare una maggioranza che desse grande respiro all'ultimo anno di amministrazione regionale, e quindi all'ultimo anno di rapporto con i nostri concittadini piemontesi.
Insieme al collega Garino e al collega Panella avevamo inteso di doverci confrontare su cartelli, strategie e programmi diversi, ma all'interno della Regione Piemonte. In questi mesi, invece, abbiamo assistito a diverse interpretazioni: alcuni intendevano, e hanno inteso legare la risoluzione della crisi della Regione Piemonte alla costituzione dei due poli che dovrebbero rappresentare i due motori della riforma istituzionale, e quindi anche delle prossime elezioni politiche; altri ritenevano che prima di tutto dovesse esserci un governo per la Regione e la possibilità che questa Regione, senza grandi traumi in Consiglio regionale - ma anche all'esterno - potesse dare risposte più certe ai suoi cittadini. Purtroppo, queste due interpretazioni spesso si sono interposte o sovrapposte: alla fine, è prevalsa quella secondo la quale uno era lo schieramento dei progressisti e l'altro quello dei moderati. Questo senza ben sapere, colleghi Consiglieri, se tra i progressisti vi fossero veramente solo progressisti o se vi fosse anche qualche moderato - il collega Chiezzi parlava di convenienza tecnica - e se nell'altro schieramento, forse non ancora ben definito, vi fossero veramente solo moderati o se vi fossero anche progressisti, la cui scelta fosse stata fatta in relazione al governo della Regione Piemonte.
Quando un mese fa è sorta l'iniziativa dei quindici Consiglieri di area intermedia, da parte dei colleghi è stata prestata grande attenzione. Si è trattato di un'iniziativa che, purtroppo, non abbiamo avuto il coraggio di portare a termine. Probabilmente una maggiore decisione tra i quindici Consiglieri avrebbe potuto evitare di dover oggi scegliere tra due liste di maggioranza (ma, in realtà, di minoranza). Andremo infatti a votare fra due governi opposti, uno dei quali diventerà sì maggioranza, pur essendo di minoranza. Di questo siamo ben consapevoli; sappiamo di essere entrati in questa crisi con un certo numero di voti, uscendone poi con meno voti riproponendo una forma che può essere considerata simile.
Devo anche dire, colleghi, che per alcuni di noi era difficile (forse più facile per altri) rinnegare tre anni di lavoro, giudicati da alcuni "anni di impegno inutile", di non servizio alla Regione, in alcuni casi addirittura dannoso, ma che altri hanno invece valutato come "anni di lavoro proficuo". Non intendo in questo rivolgermi a soggettive interpretazioni; a mio avviso, in questi anni, l'uscente esecutivo ha invece dato risultati, e la Presidenza Brizio è certamente stata un elemento positivo, propulsore e di collegialità all'interno della Giunta.
E' per questo motivo che, di fronte al fallimento di un'opzione più ampia e più istituzionale, e veramente di emergenza, alcuni hanno scelto di dare continuità ad un esecutivo già sperimentato sul campo - qualcuno potrà dire in modo negativo, altri in modo positivo che poteva continuare quell'esperienza amministrativa. Questo avendo sempre di fronte a noi come ho già detto, la necessità di chiudere la crisi della Regione Piemonte.
Devo dire, con estrema franchezza, che non mi sento oggi di affermare che il sottoscritto, Garino e Panella appartengano ad un cartello moderato all'interno del Consiglio regionale, all'interno del Piemonte o, ancora, a livello nazionale. Probabilmente, saremo più in ritardo di altri, ma certamente non ci sentiamo di essere bollati solo perché intenderemmo dare, in questo senso, collega Marengo, continuità ad un'esperienza, non essendo passata alcuna altra opzione politica che potesse dare un segno di cambiamento.
Personalmente ritengo che se manterremo il confronto che avverrà sul piano programmatico, ma anche politico, all'interno di questo Consiglio regionale, saremo vicini alla realtà; se vorremo portarlo alle scadenze elettorali, certamente ci saranno distorsioni e questo nostro confronto non sarà vicino alla realtà.
Oggi ci troviamo di fronte a due documenti che stanno correndo verso il 21 gennaio; due documenti che, come ho detto, sono in realtà entrambi di minoranza, anche se uno ha il pregio di rappresentare una continuità di lavoro e di raggruppare maggiori forze in Consiglio regionale, nonch quello di lasciare ancora aperto un confronto politico che, personalmente ritengo molto utile.
Per questi motivi dico al collega che prima ha parlato di prese di posizione, di forza fisica: "Collega Ferrara, mi pare che lei sia stato il primo, in questo Consiglio regionale, nel fondare 'Alleanza per il Piemonte', a dare lo scossone alla maggioranza uscente". Successivamente sono stati tutti onorevoli e comprensibili i tentativi di creare un polo laico intermedio, che potesse essere di coagulo nei confronti delle grandi forze popolari presenti in Consiglio regionale. Oggi, ci ritroviamo in questa situazione: probabilmente, fra quindici giorni, avremo una maggioranza non maggioranza; lei ha lanciato la palla, tocca a lei, per giocarla fino in fondo. Ha quindici giorni, collega Ferrara, per vedere se possa esserci un qualche altro scenario, uno scenario, come ho detto prima che veda però la partecipazione del numero maggiore possibile di forze politiche presenti in Consiglio regionale.
Non concordo con lei, collega Ferrara, quando rilancia questa palla al PDS o alla DC; mi pare che in questi mesi sia il PDS che la DC abbiano segnato con chiarezza la loro posizione politica. C'è ancora una possibilità, diciamo tra virgolette, "di mediazione", e non saremo certamente noi a tirarci indietro. Se questa posizione non ci sarà, noi la scelta di campo l'abbiamo già fatta; probabilmente sarà di corto respiro forse sarà di non grande lungimiranza politica, e vi chiediamo scusa per questo. Ci auguriamo che queste doti ci vengano in futuro, ma abbiamo fatto una scelta per governare il Piemonte.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTICELLI



PRESIDENTE

La discussione è conclusa.
Già questa mattina si era convenuto di sospendere per qualche momento i lavori, per consentire una brevissima riunione dei Capigruppo al fine di definire in dettaglio le modalità di votazione. E' la prima volta che si vota su due documenti, quindi occorre definirne esattamente le modalità di votazione.
I Capigruppo sono convocati immediatamente in Sala A. I Consiglieri sono pregati di non assentarsi.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,20, riprende alle ore 18,10)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Prego i colleghi di accomodarsi in aula per procedere alla votazione.
Le modalità di votazione convenute, poiché lo Statuto nulla dice in proposito, dopo un lunghissimo esame avvenuto in questi giorni sono le seguenti: poiché lo Statuto richiede che la votazione sia fatta sulle persone che si sono presentate all'esame dell'aula attraverso la presentazione di un documento, ma poiché lo Statuto individua che il voto deve essere espressione di una contrapposizione tra persone, l'appello nominale verrà fatto e la risposta dei Consiglieri consisterà nell'espressione di un nome.
Questo voto verrà registrato secondo le seguenti caselle: il Consigliere potrà votare Marengo oppure Brizio. Potrà rispondere astenuto oppure potrà rispondere no. E' evidente che ci sono dei Consiglieri che volendo, potranno dire "non partecipo al voto", questo è sempre possibile.
Pertanto, all'appello nominale che verrà fatto la risposta potrà consistere o nel rispondere Marengo, o nel rispondere Brizio, o nel dire "mi astengo" o nel dire "no". I Consiglieri che intendono non partecipare alla votazione alla fine come sempre verranno computati. Pertanto espressione di un solo voto che consente lo spirito della contrapposizione sulla figura del Presidente.
E' evidente che è la prima volta che la Regione Piemonte si trova dinnanzi alla presentazione di due documenti (non esiste un caso a cui fare riferimento), pertanto questa è la motivazione in base alla quale si è convenuto di procedere all'appello nominale dando questa pluralità di possibilità, che consente ai Consiglieri di non vedere conculcata alcuna loro volontà di voto.
Prego i Consiglieri che intendono partecipare alla votazione di voler entrare in aula e chiederei al Consigliere Porcellana di cominciare l'appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 57 votanti 56 BRIZIO 27 voti favorevoli MARENGO 24 voti favorevoli hanno risposto NO 4 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere.
Poiché nessun Consigliere ha conseguito la maggioranza assoluta dei voti dei Consiglieri assegnati alla Regione, l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale è rinviata ad altra seduta, da tenersi non prima di otto giorni e non oltre quindici giorni, ai sensi dell'art. 32 dello Statuto della Regione Piemonte.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,20)



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