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Dettaglio seduta n.261 del 07/01/94 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Coppo e Zacchera.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Gruppi consiliari

c) Scioglimento del Gruppo PSDI - Patto Sociale per un nuovo Piemonte e ricostituzione del Gruppo PSDI


PRESIDENTE

Comunico che in data 5/1/1994 il Consigliere Goglio ha inviato una lettera con la quale comunica che è stato sciolto il Gruppo PSDI - Patto Sociale per un nuovo Piemonte e che viene ricostituito il Gruppo PSDI, a cui aderiscono i Consiglieri Goglio e Gallarini.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale (seguito)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto 3) all'o.d.g.: "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale".
Ai sensi dell'art. 32 dello Statuto, la Presidenza ha ricevuto due documenti. Il primo reca le firme dei Consiglieri Bortolin, Bosio, Bresso Buzio, Calligaro, Chiezzi, Coppo, Dameri, Foco, Giuliano, Grosso Maggiorotti, Marengo, Marino, Miglio, Mollo, Monticelli, Riba, Rivalta Segre e Tapparo; inoltre contiene il programma e propone come Presidente della Giunta regionale il Consigliere Marengo.
Il secondo documento è presentato dai Consiglieri Beltrami, Bergoglio Bonino, Brizio, Carletto, Cattaneo, Cavallera, Ferraris, Leo, Lombardi Montabone, Nerviani, Peano, Penasso, Picchioni, Porcellana, Zanoletti Goglio, Sartoris, Marchini, Fulcheri, Vetrino, Gallarini, Cantore, Panella e Garino. Tale documento propone come Presidente della Giunta regionale il Consigliere Brizio.
La Conferenza dei Capigruppo ha convenuto che la discussione avvenisse contestualmente sui due documenti. Al termine della discussione, verrà convocata una Conferenza dei Capigruppo che affronterà le problematiche conseguenti.
La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

Presidente, colleghi Consiglieri, l'ipotesi di governo che propongo al Consiglio a nome mio, del mio Gruppo e di altri Consiglieri dell'area progressista è la formazione di una Giunta di emergenza. Questa ipotesi è fondata sulla convinzione profonda che occorre davvero avere un governo di emergenza per rispondere alle esigenze del Piemonte. E per rispondere alle esigenze del Piemonte, alla grave crisi economica e sociale in primo luogo occorre un profondo rinnovamento programmatico, un rinnovamento dei metodi di governo e quindi di forze e di personale di governo, per riuscire davvero a corrispondere a queste esigenze di rinnovamento. Per questo motivo, le forze dell'area progressista hanno convenuto su questa scelta politica.
Peraltro, l'arroccamento e le reali intenzioni della Democrazia Cristiana e di parte degli altri alleati dell'ex Giunta di pentapartito sono chiare ed evidenti nella stessa premessa che accompagna il documento che propone candidato alla Presidenza il signor Gianpaolo Brizio. Infatti in quella premessa si parla esplicitamente di allargamento del governo, e cioè dell'impossibilità di aver proceduto ad un allargamento della Giunta del Piemonte. L'intenzione è evidente: è sempre stata quella di pensare ad un allargamento della formula di pentapartito e non ad un rinnovamento reale del governo del Piemonte. Ciò è contenuto anche nelle stesse dichiarazioni di questi ultimi giorni di ex Assessori del pentapartito (cito uno per tutti, Daniele Cantore) per motivare la loro adesione a questa ulteriore formula di pentapartito - rivista come dirò dopo e alla continuità della direzione politica, quindi ad una formula e ad una direzione politica di questa Regione.
Il risultato, che mi pare evidente, è contenuto anche nella proposta e nelle firme che hanno sottoscritto quel documento: un pentapartito un po' più ridotto rispetto a ciò che era prima nella sua dimensione quantitativa e anche nelle adesioni che a quella formula sono arrivate. Per questo noi non potevamo starci, e per questo è tramontata, innanzitutto sul piano politico, la formula di Giunta istituzionale che pure noi per primi avevamo proposto. Per questo e non quindi, come qualcuno ha inteso, per mere questioni di potere di questa o di quella forza politica, ma proprio sul piano del rinnovamento o meno del personale politico di governo, dei mezzi di governo e del rinnovamento programmatico. Se avessimo accettato una soluzione di questo tipo, cioè l'allargamento, non si capirebbero le motivazioni delle dimissioni della Giunta Brizio.
La crisi della Giunta Brizio, peraltro, è iniziata ben prima delle dimissioni, almeno sette-otto mesi prima; certamente ha avuto un grande peso la questione morale, ma la Giunta Brizio è andata in crisi anche per incapacità di governo, per incapacità a rispondere alle esigenze reali di questa Regione. Peraltro, le critiche di tutte le forze economiche e sociali di questa Regione, dalle Organizzazioni sindacali dei lavoratori alle Organizzazioni sindacali dei lavoratori dell'agricoltura, alle Organizzazioni imprenditoriali, dalla piccola alla grande impresa, rispetto all'incapacità di sviluppare un'azione di governo coerente e adeguata ad affrontare le questioni e le emergenze del Piemonte sono evidenti e di fronte a tutti. Quella che presentiamo, quindi, è innanzitutto un'alternativa di governo fondata su un profondo rinnovamento nel programma e nella composizione della Giunta.
Il programma che noi presentiamo è un programma di emergenza che auspichiamo sia in grado di affrontare i problemi nei mesi che ancora ci separano dalla fine della legislatura e di dare risposta alle questioni prioritarie in questi ultimi mesi di legislatura. In primo luogo, risposta alla profonda crisi strutturale e produttiva del Piemonte. Le stesse trattative in corso proprio in queste ore a Roma al Governo rispetto al Gruppo FIAT e al Gruppo Olivetti sono il segno più evidente delle difficoltà sul piano produttivo con delle conseguenti preoccupanti drammatiche ricadute sul piano occupazionale, per non parlare poi delle centinaia - purtroppo - di aziende che hanno problemi e che affrontano con le Organizzazioni sindacali dei lavoratori la ristrutturazione e la riduzione del personale.
Ma la crisi industriale è solo il punto più evidente; è una crisi più generale che investe il sistema Piemonte: il declino demografico l'insufficienza delle dotazioni infrastrutturali sul piano quantitativo e qualitativo; l'inadeguatezza delle strutture di formazione e di ricerca di questa Regione mi pare siano ormai arrivate a un grave punto, in una situazione internazionale nella quale peraltro sempre di più si gioca la competitività sulla capacità complessiva del sistema Paese e non delle singole imprese di riuscire ad essere competitive sul piano produttivo e sul piano economico.
E' a partire da queste considerazioni che il ruolo della Regione deve ridiventare - e questa è la nostra scelta politica e programmatica - il soggetto progettuale dello sviluppo. Abbiamo bisogno di una Regione che sia in grado di definire gli obiettivi immediati e di lungo termine per determinare lo sviluppo di una Regione e di un governo della Regione che siano in grado di mettere insieme le forze e le risorse per consentire l'avvio di questo piano di sviluppo. Questa è la responsabilità alla quale è chiamata la futura Giunta regionale, e ciò richiede una radicale innovazione del suo modo di operare e della sua struttura per ridiventare e riappropriarsi delle sue prerogative istituzionali sul piano della legislazione, della programmazione e dell'alta amministrazione.
Non ci può essere una gestione della crisi, così come ha fatto la Giunta di pentapartito anche in questi ultimi drammatici mesi di profonda crisi produttiva, solo con una gestione assistenziale o con un ruolo di mediazione tra le diverse forze sociali, perché in questo modo non si fa altro che continuare ad assistere al declino di questa Regione. Il problema non è sostituirsi ad altri, alle imprese, alle forze economiche, alle forze sociali, che devono svolgere fino in fondo il loro ruolo, ma il problema per la Regione - e per questo insisto sul soggetto progettuale dello sviluppo - è quello di creare le condizioni perché tutti possano svolgere fino in fondo il loro ruolo e tutti possano essere chiamati alle loro responsabilità per ridare slancio allo sviluppo della nostra Regione.
Si tratta quindi di rilanciare su nuove basi una vocazione industriale del Piemonte che credo continui ad essere e debba continuare ad essere, se fondata su nuove basi, il motore dello sviluppo. Si tratta quindi di rilanciare lo sviluppo integrato e basato sulla qualità del lavoro, della produzione, del sistema dei servizi e della Pubblica Amministrazione.
Bisogna creare le condizioni per uno sviluppo equilibrato e diffuso in tutta la Regione; per le caratteristiche che ha oggi la crisi della nostra Regione, questa è la condizione perché l'area torinese, che nel passato è stata l'area trainante e condizionante del tipo di sviluppo, non trascini al declino, con la crisi del suo modello di sviluppo, anche il resto della Regione.
Per affrontare queste questioni occorre quindi una Giunta di emergenza per questo dicevo che è innanzitutto non una formula, ma una scelta politica precisa nelle sue caratteristiche programmatiche e di governo. Una Giunta di emergenza che, proprio per questi motivi, non è e non vuole essere chiusa, ma intende anzi essere aperta al contributo di tutti coloro che vogliano misurarsi in termini nuovi su questi problemi, dentro e fuori da questo Consiglio regionale.
Il carattere innovativo della nostra proposta è intanto quello di essere costituita da forze in larga parte prima collocate all'opposizione all'interno di questo Consiglio regionale. Il secondo carattere innovativo è quello di scelte di programma incentrate sulla concentrazione e programmazione coerente delle risorse per affrontare i nodi della crisi economica e sociale.
Il terzo aspetto è che avanziamo proposte concrete per affrontare alla radice la questione morale, che è stata uno dei mali che ha minato la passata Giunta di pentapartito e questo Consiglio.
Proponiamo inoltre atti concreti di autoriforma della Regione. In questo quadro, la stessa riduzione del numero degli Assessori in vista di un organico riaccorpamento delle deleghe per corrispondere al programma di emergenza costituisce una precisa scelta politica.
Crediamo siano queste le condizioni essenziali per rilanciare il ruolo del Consiglio, per potenziarne la sua attività legislativa, per migliorare l'attività dei lavori consiliari, per creare le condizioni affinché i lavori del Consiglio possano essere davvero migliorati e per realizzare un più stretto rapporto con la società, a partire da un coordinato ed effettivo rapporto con gli enti locali che è l'altra condizione per riuscire davvero a rilanciare il ruolo dell'Ente Regione.
Riteniamo - nella nostra proposta è esplicitato in termini molto chiari e concreti - che occorrano delle risorse economiche per un nuovo sviluppo con una scelta precisa di autonomia impositiva e con l'ottimizzazione dell'utilizzo delle attuali risorse. Questa noi crediamo sia la strada per affrontare i problemi dello sviluppo e per rilanciare il lavoro e l'occupazione nella nostra Regione.
Abbiamo quindi bisogno che, da qui a fine legislatura, si concentrino iniziative e risorse economiche ed umane per poterne verificare immediatamente i risultati. Non possiamo pensare di continuare con investimenti di tipo assistenziale, una sorta di incentivi a pioggia, senza mai poter verificare l'utilità effettiva e concreta delle scelte e delle iniziative economiche che la Regione fa.
Entro due mesi, ci proponiamo di definire il programma operativo per avere un confronto con tutti i soggetti economici e sociali del Piemonte in primo luogo con i grandi gruppi industriali, la FIAT e l'Olivetti, per conoscere, per confrontarci sulle loro strategie industriali. Riteniamo che queste siano le condizioni per fare l'accordo di programma con il Governo che è un'altra delle scelte indilazionabili che la futura Giunta deve proporsi.
Riteniamo anche che, dopo le decisioni della Comunità europea, occorra ridefinire gli interventi relativi all'uso dei fondi della stessa Comunità Economica Europea.
In una situazione di crisi di questo tipo e per quell'equilibrato e diffuso sviluppo al quale mi riferivo prima, abbiamo bisogno di cooperare in stretto coordinamento con il Comune di Torino, in modo che ciascuno nel suo ruolo possa sviluppare delle iniziative che puntino ad avviare concretamente il coordinamento dei Comuni dell'area metropolitana, che è una delle condizioni per riuscire ad avere uno sviluppo equilibrato e diffuso.
Abbiamo bisogno di fare scelte che qualifichino l'ambiente economico sia attraverso la politica urbanistica ed ambientale sia attraverso le scelte di aree attrezzate industriali integrate con i servizi; ciò in modo che si passi davvero da serbatoi vuoti a possibilità concrete di insediamenti industriali e di servizi che siano in grado di costruire delle aree-sistema competitive con le aree forti dell'Europa.
Abbiamo bisogno di definire un sistema infrastrutturale nel campo dei trasporti, dell'ambiente, dei rifiuti industriali; di far crescere settori innovativi nell'industria e nel terziario attraverso incentivi e scelte economiche che vadano nella direzione di privilegiare le scelte di settori produttivi innovative sul piano tecnologico e della ricerca.
Abbiamo bisogno di ricostruire dalle fondamenta una politica per la formazione in una fase di transizione e di ristrutturazione e riorganizzazione del nostro apparato produttivo. E' evidente che la politica di formazione e di ricerca diventa il punto fondamentale se vogliamo davvero costruire una forza lavoro in grado di rispondere alle esigenze dei settori innovativi sul piano tecnologico e della ricerca.
Allo stesso modo, riteniamo debbano essere modificati ed ammodernati gli stessi strumenti che regolano il mercato del lavoro. Abbiamo bisogno che le decine di leggi che intervengono sul mercato del lavoro vengano riviste e riaccorpate, in modo da garantire un accorpamento delle risorse sul piano del mercato del lavoro, per rilanciare l'occupazione e il lavoro nella nostra Regione e a livello generale del Paese, riteniamo occorrano anche delle scelte politiche innovative, a partire dalla riduzione degli orari e dai contratti di solidarietà.
Su questo piano, che peraltro, come vediamo, sarà l'unica possibilità per mantenere posti di lavoro alla FIAT e all'Olivetti, occorrerà una forte iniziativa politica della Regione nei confronti del Governo e del Parlamento nazionale per arrivare a definizioni legislative su questi due punti.
Si tratta quindi di sostenere l'azione di qualificazione e sviluppo sia della grande che della piccola impresa, settore nel quale le competenze della Regione sono dirette, ridefinendo tutta l'attuale legislazione regionale. Lo chiedono con forza da tempo le stesse organizzazioni della minore impresa, senza aver avuto da parte della Giunta di pentapartito nessuna risposta in questa direzione.
Riteniamo inoltre che per dare respiro vero alla politica agraria in questa Regione occorra sviluppare il settore agro-alimentare come punto trainante delle possibilità di sviluppo nuovo della politica agraria in questa Regione. In questo quadro, la nostra scelta è quella di destinare prioritariamente le addizionali derivanti dal gas metano e dalla benzina a progetti per l'economia ed il lavoro, quindi con una finalizzazione chiara e concreta di queste risorse.
Riteniamo che la ricostruzione del Piemonte alluvionato nel quadro di un progetto di minimizzazione dei rischi di calamità debba essere la scelta che accompagna la ricostruzione del Piemonte alluvionato. Sul piano ambientale, occorrono interventi che vadano dalla definizione del Piano dei rifiuti alla costruzione dell'Agenzia regionale per l'ambiente, alla ridefinizione di un progetto montagna in grado di corrispondere alle esigenze delle Comunità montane, anche qui in modo integrato.
E su una grande questione sociale quale la sanità, per concludere sulle priorità programmatiche, riteniamo che debba essere definito un nuovo assetto istituzionale. Peraltro, la proroga del decreto legge lo consente: un nuovo assetto istituzionale fondato su una distribuzione dei servizi equilibrata su tutto il territorio regionale. E' inoltre necessaria un'ottimizzazione nell'uso delle risorse esistenti sia di quelle economiche che di quelle di servizio ed umane, nonché una ridefinizione dei distretti socio-sanitari in modo che sia consentito davvero intervenire a livello territoriale. Per la città di Torino bisognerebbe prevedere più UU.SS.SS.LL. (noi ne indichiamo almeno tre), sperimentare le aziende ospedaliere per i poli universitari e per gli ospedali di livello nazionale, senza farne una scelta di carattere generale come invece era nel piano proposto dalla precedente Giunta di pentapartito. Quindi, ci proponiamo e proponiamo di modificare radicalmente il Piano sanitario così come è stato proposto.
Come si vede anche da questa sintetica illustrazione, quelle che proponiamo sono profonde innovazioni rispetto a quanto aveva deciso la precedente Giunta, ma anche rispetto al programma che è stato presentato con la proposta del Presidente Brizio. Una discontinuità reale, quindi, in primo luogo basata sui contenuti programmatici che riteniamo non possa che essere realizzata attraverso un rinnovamento delle forze e del personale politico nel governo regionale. Riteniamo cioè che innovazioni programmatiche non possano essere portate avanti dalle stesse forze e dallo stesso personale politico che non è stato in grado di portarle avanti precedentemente. Questo è il senso e l'ispirazione che guida la nostra proposta. Una proposta, come dicevo già prima, che non è e non vuole essere chiusa. Speriamo, anzi, che nel corso del dibattito di oggi ci sia un confronto molto chiaro rispetto alle scelte politiche, ma anche molto costruttivo rispetto ai contenuti, alle priorità programmatiche per fare gli interessi del Piemonte. Da questo punto di vista, abbiamo piena disponibilità rispetto alla chiarezza della scelta politica compiuta da parte delle forze progressiste; abbiamo piena disponibilità a sentire e recepire i contributi dei diversi Consiglieri che vorranno misurarsi su questi problemi, in vista di un interesse solo: l'interesse della nostra Regione.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consigliere Marengo, nel cui intervento vi è stata anche l'illustrazione del documento programmatico.
Ha chiesto ora la parola il Presidente uscente, Brizio; ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Ritorno a parlare da questi banchi con una certa tranquillità, anche pensando a molti ricordi che mi hanno visto qui dal 1980 per parecchi anni a svolgere un lavoro di Gruppo. Questo mi stimola anche a prendere la parola.
In un primo momento avevo pensato che non sarebbe stato brillante fare un controcanto o aprire una singolar tenzone. Ma poi mi è parso più corretto parlare complessivamente subito, anziché riservarmi di intervenire poi nel dibattito. Quindi, pur non facendo una presentazione complessiva del programma, che d'altra parte è noto (recepisce buona parte delle proposte che avevo fatto alla fine delle mie consultazioni che avevano avuto largo consenso), ritengo che sia giusto dire cosa penso della situazione attuale del Piemonte e di quelle che sono le necessità urgenti di governo per la nostra Regione.
Quando si aprì la crisi, si accennò ad una mutata rappresentanza della società civile rispetto a noi che la rappresentiamo in quest'aula: un divario ancora più crescente, se analizziamo i risultati delle elezioni del 5 dicembre; questo limite quindi c'è e c'è per tutti. Avevamo parlato di polverizzazione delle forze politiche dei Gruppi, ed anche questo si è aggravato. Avevamo parlato di questione morale e giudiziaria, che peraltro va letta con molta serenità e con molta attenzione per vedere quanto c'è che parte da lontano e che non tocca questa esperienza negli eventi che si sono verificati. Si era parlato della possibilità di un governo minoritario, che nascesse come tale, ma questa era l'estrema ipotesi.
Si è cercata quindi la soluzione delle larghe intese. Chi parlerà per i Gruppi politici, chiarirà meglio come queste larghe intese non si siano ottenute. Io ho dato la mia disponibilità a guidare ancora la Regione in questa fase, anche in una fase minoritaria per senso del dovere, ma non senza ambizione, perché ritengo che, anche se la situazione è molto difficile e complessa, non siamo in condizione di non poter fare nulla, non siamo votati all'inerzia e alla rassegnazione nel modo più assoluto.
Il Piemonte ha bisogno di un governo regionale. Proprio per il difficile stato di crisi della Regione, dobbiamo pensare al bene della nostra Regione e pensare che, senza un governo regionale rieletto dall'assemblea, si blocca anche l'attività del Consiglio, si frenano le possibilità operative dell'intera assemblea. Vi è la necessità di avere un governo che possa in questa fase esprimere appieno gli interessi del Piemonte rispetto alla grande emergenza occupazionale, che è di fronte a noi: questa è la grande emergenza, come abbiamo già detto con molta chiarezza, occupazionale ed economica.
Debbo dire che la situazione è difficile, ma c'è una solidità di base che deve essere sfruttata e riutilizzata nella nostra Regione. Guardate per esempio, gli ultimi indici sulla qualità della vita. Il sociologo Ferrarotti poneva in evidenza come nei momenti di crisi la qualità della vita diventi un elemento importante e, in effetti, vediamo che il Piemonte mantiene una classificazione positiva e, all'interno del Piemonte, vengono avanti bene i disegni sulla realtà. La crisi di Torino appare evidente rispetto alla situazione complessiva della Regione. E badate bene: paradossalmente, quel riequilibrio territoriale, che avevamo ipotizzato come un progetto di crescita, si è purtroppo andato attuando in un progetto di non crescita, in un progetto di crisi.
Dobbiamo avere presente che la crisi è qui e che le linee di fondo per un programma e per un'azione di governo per il Piemonte sono quelle del sistema Piemonte; lo scenario è l'obiettivo di rafforzare il sistema Piemonte e questo obiettivo di fondo deve essere presente a noi, anche se la nostra azione sarà limitata nel tempo, anche se non sarà un'azione di grande respiro. Però dovrà avere questo obiettivo, perché questa è la via del passaggio del Piemonte dalla crisi allo sviluppo. Sistema Piemonte vuol dire sistema economico, sociale, ambientale e relazionale, quindi il sistema complessivo della Regione.
Dobbiamo avere come obiettivo un sistema forte, aperto verso la Padania, ma anche verso l'Europa con un'industria di qualità che è ancora possibile avere. Quindi: un terziario adeguato; una dotazione di ricerca di alto livello; un ruolo finanziario che è possibile nella Regione che ha il primo istituto di credito del Paese; un turismo potenziato; servizi alla persona e alle aziende adeguati; un sistema articolato, diversificato competitivo e di alto livello. Questa deve essere la strategia di fondo sulla quale dobbiamo innescare l'azione forte del presente, perché abbiamo una situazione a breve sulla quale non possiamo n' essere inerti n' perdere colpi.
Voglio elencare soltanto i punti più importanti che abbiamo di fronte e che esigono delle decisioni. Abbiamo di fronte la questione Piemonte, che abbiamo aperto ripetutamente e che trova difficoltà ad essere capita nella sua interezza e nella sua complessità. La crisi industriale della nostra zona non è compresa nei suoi termini precisi. La questione Piemonte va ripresa e deve andare di pari passo con la definizione dell'accordo di programma con il Governo, che è pressoché pronto. Questa battaglia è stata vinta sul filo dell'azione dalla Regione Toscana, ma non può essere soltanto quella legata alle opere immediatamente cantierabili: deve avere quella prospettiva di fondo pluriennale che è importante e fondamentale.
Dovremo affrontare il problema dell'Alta Velocità Torino-Milano.
Sottilmente, nel documento viene usato il termine "velocizzazione". Se le parole salvano l'animo, usiamo tali parole. Il progetto è quello che è, lo si potrà modificare, migliorare, ma è su questo progetto a breve che dobbiamo decidere, con le modifiche che volete, se si vorrà fare qualche cosa di positivo, se si vorrà partire, se anche le questioni anticongiunturali dovranno muoversi.
Lo stesso discorso vale per la consultazione sulla Torino-Lione avendo presente che si è vinta una grossa battaglia strategica molto importante, come la definizione dell'Asti-Cuneo e la presentazione del Piano dei trasporti e tutto il problema della viabilità.
Abbiamo accennato altre volte al tema del Mercantour: credo che questa sia un'altra grande affermazione ottenuta, in linea programmatica e di principio, sul piano dei rapporti internazionali, che mi pare di grande importanza.
Abbiamo, inoltre, di fronte a noi la questione del PRG di Torino, che non possiamo esorcizzare. Abbiamo fatto una legge regionale che dà un'autonomia di giudizio alla Regione; nessuno vuol rinunciare a tale autonomia, ma non possiamo neanche dimenticare, per quello che vogliamo fare nel futuro, che se il PRG di Torino è approvato è perché la Regione ha modificato la legge urbanistica. Se Torino è l'unica città che ha un Piano regolatore adottato è perché c'è stato questo risultato; dobbiamo quindi essere coerenti e non innescare un'azione frenante, ma un'azione di concertazione, un'azione che evidenzi l'autonomia della Regione e che abbia un ruolo di sostegno a scelte senza le quali l'edilizia non si mette in moto.
L'edilizia è un altro degli elementi che sono sempre stati trainanti per l'occupazione in momenti così difficili. I rapporti con il Comune di Torino sono legati da grande attenzione anche se non tutto, da parte nostra, può essere condiviso, ma vi è grande attenzione e grande rispetto delle posizioni reciproche.
La riforma sanitaria è un altro punto che va risolto; dobbiamo arrivare a marzo risolvendo questo aspetto. Poi vi è la questione edilizia relativa alla cessione del patrimonio dello IACP. Anche questo è un problema enorme ed importante che esigerà impegno e forza significativa. Il Piano triennale dell'ambiente è sul tappeto e va affrontato. Sono scadenze che vanno affrontate nel giro di pochi mesi.
Sulla questione ACNA, per la quale, cari amici e colleghi, abbiamo ottenuto tante vittorie, non vorrei che alla fine ottenessimo la benedizione con un'assoluzione non soddisfacente. Ci sarà da impegnarsi a fondo e chi avrà responsabilità di governo dovrà impegnarsi a fondo per risolvere questo problema.
Bisognerebbe inoltre affrontare la situazione finanziaria: il bilancio va stilato, in attesa delle modifiche del nuovo regionalismo, che è comunque rinviato alla prossima legislatura. Dobbiamo affrontare il bilancio, pronunciarci in definitiva sulla possibilità di attuazione dell'addizionale sulla benzina; per fortuna, non avendo fatto il regolamento, non andiamo a caricarci insieme al Governo, ma chi dovrà lavorare qui dovrà tener conto che con il bilancio a base zero si è arrivati al pareggio della situazione finanziaria. Quindi, chi dovrà stilare il bilancio definitivo dovrà onorare l'impegno importante assunto in quest'aula dal Consiglio e che la Giunta precedente ha condotto fino al suo pratico esaurimento.
Bisognerà proseguire ancora nell'opera di taglio forte, perché non è più possibile continuare in una politica di pressione ulteriore se non sarà una pressione di decentramento, se il Governo centrale non porterà avanti il decentramento delle risorse.
Inoltre, è ancora aperta la questione RAI, che è importante e non si può rinviare. In questi giorni ho potuto parlare con il Direttore generale della RAI, preso in questo coacervo di idee e movimenti. Anche l'ipotesi di queste cinque maxi-Regioni relative al funzionamento della RAI mi lasciano e ci lasciano perplessi: continuano ad andare in una logica penalizzante per Torino, se non ci muoviamo con grande energia.
Delle alluvioni si è già parlato; è la seconda delle grandi emergenze ed è un'emergenza sulla quale abbiamo operato e si potrà operare nella misura in cui otterremo il passaggio del decreto legge a legge.
Il sistema Piemonte vive in una posizione di centralità europea ed è su questa strada che dobbiamo muoverci. Dobbiamo intensificare questi rapporti, che si stanno già intensificando; teniamo conto che nell'assemblea regionale delle Regioni - dove sono coinvolti anche parte dei Comuni e delle Province, non tutte le Nazioni europee hanno Regioni siamo entrati con quattro rappresentanze, due effettive e due supplenti effettiva è la Regione Piemonte, effettiva è la Provincia di Torino supplenti sono il Comune di Torino e la Provincia di Vercelli. Ovviamente saremo separati dalla logica delle appartenenze, perché i regionali verranno inseriti nei Gruppi regionali, i provinciali in quelli provinciali e i cittadini in quelli dei cittadini; inoltre i Partiti vengono accreditati ai Gruppi parlamentari dei Partiti, però è possibile fare una politica piemontese anche su questo.
In questi giorni abbiamo avuto un incontro con il Comune di Torino, con la Provincia di Torino e quella di Vercelli per concertare un'azione comune; credo che il nuovo governo regionale dovrà continuare sulla strada di incentivare i rapporti internazionali, perché questa è la strada forte di collocazione del Piemonte nell'Europa e di un ruolo molto forte nella politica nazionale.
Vorrei soffermarmi ora sulla struttura del governo che viene proposto.
Innanzitutto ringrazio alcuni colleghi, che hanno molto lavorato pur non ripresentandosi per la composizione dell'esecutivo: sono colleghi che hanno dato moltissimo per impegno, per capacità, per lavoro. Mi riferisco, ad esempio, all'amico Nerviani; pensiamo a cosa abbiamo ottenuto nel campo dei parchi: abbiamo ricevuto 15 miliardi per una politica che ci ha visti i primi a livello nazionale, politica che dovrà essere portata avanti.
Ringrazio inoltre il collega Cerchio, fortemente impegnato nella battaglia del lavoro e nei successi sulla distribuzione dei fondi strutturali CEE per la reindustrializzazione; l'utilizzo delle risorse CEE è un punto forte sul quale saremo ancora impegnati.
Ricordo il Consigliere Gallarini, impegnato nel bilancio: ci ha dato risultati molto importanti e lo ringrazio per aver perseguito con coerenza l'equilibrio di bilancio.
La struttura del governo che viene presentata non è la massima e neanche la minima che si poteva ipotizzare; tuttavia, senza polemiche avendo alle spalle una Giunta e sapendo quanto è arduo e complesso il lavoro di governo in questo momento, ritengo che sotto certi tetti di presenza non si vada verso una soluzione operativa.
La stessa signora Ghilardotti, Presidente della Regione Lombardia, con la quale abbiamo buoni rapporti - non appartenente al nostro Gruppo sta cercando in tutti i modi di uscire dall'esperienza della Giunta minima. La problematica degli interventi regionali, le difficoltà che ci sono non possono essere svolte da un troppo limitato numero di Assessori.
Credo che la struttura del governo proposta - ogni idea è legittima sia una struttura ragionevole, funzionale e, anche sotto questo aspetto, possa rispondere alle esigenze del Piemonte in questa fase di governo.
Termino questo mio intervento dicendo, con completa serenità, che la proposta avanzata tende a garantire, con grande senso di responsabilità, il funzionamento della Regione Piemonte in un momento in cui è necessario che questa Regione possa operare a pieno titolo, sia in Giunta sia in Consiglio. La formazione di una Giunta, quand'anche minoritaria, è premessa indispensabile per una ripresa di azioni consiliari e di attività delle Commissioni.
Siamo in un momento difficile per il Piemonte, ma credo che, senza essere superficiali od ottimisti, possiamo affrontare questa tempesta questo momento di difficoltà senza rassegnazione, senza pessimismo mettendoci al lavoro con grande impegno e con grande dedizione, guardando l'immediato e il futuro, senza il quale la nostra azione non avrebbe senso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi dei due presentatori dei documenti e sono giunto ad una riflessione su come siamo arrivati alla situazione attuale, su come è nata questa crisi.
Questa crisi è nata, ed è stata formalizzata, quando il Presidente della Giunta, Brizio, prese atto dell'impossibilità in quella situazione di raggiungere degli obiettivi utili per affrontare l'emergenza del Piemonte rivendicando la necessità di una maggioranza più ampia, di un impegno più ampio, di una solidarietà più ampia in questo Consiglio regionale per poter dare risposta a questi problemi.
Il PDS si dichiarò d'accordo rispetto all'ipotesi che per risolvere i problemi e le emergenze gravi fosse necessaria un'intesa più ampia, una maggioranza più ampia. Su questa base, si aprì la crisi; su questa base si avviarono le trattative tra le forze politiche. Sul piano programmatico avevano raggiunto dei risultati soddisfacenti; pur esistendo e permanendo ed essendo ineliminabili alcune differenziazioni, si erano individuate alcune convergenze importanti. Ma mentre ciò avveniva, vi furono le elezioni di novembre e di dicembre e tutto saltò per aria. Dopo quelle elezioni, i due maggiori Partiti non si sentirono più impegnati rispetto a questa prospettiva, ma furono mossi solo più dal prefigurare una posizione di forza in vista delle prossime elezioni politiche. Non più spinti dalla necessità, come prima dichiarato, di stare insieme, ma dall'interesse di partito, di proporsi quali forze centrali di due schieramenti contrapposti in un'ottica elettorale. Pertanto, sono iniziati i veti e le pregiudiziali incrociate; per uscire da questa logica, insieme a quelli chiamati "autoconvocati" - prima sei, poi quattro, poi due - avevamo riunito una quindicina di Consiglieri di area intermedia laica, liberale, socialista verde, antiproibizionista, per cercare una soluzione a quell'impasse.
Questo non fu possibile - vogliamo essere chiari - solo per l'indisponibilità ad un incontro da parte del PDS e per le pregiudiziali poste al confronto da parte della DC. Questi giudizi non sono solo miei, ma di diversi altri Consiglieri che oggi si trovano nell'uno e nell'altro schieramento.
Siamo così arrivati a questa prova di muscoli, al chi è più forte senza renderci conto che si tratta di una prova di forza finta: fantasmi di muscoli. La realtà politica reale, all'esterno di questo Palazzo, è totalmente diversa da questa inutile esibizione di muscoli.
Le due proposte vogliono solo prefigurare due scenari, peraltro a mio avviso ampiamente non coerenti con quelli che saranno gli scenari veri che si confronteranno fra due-tre-quattro o chissà quanti mesi.
I problemi del Piemonte.
La necessità precedentemente dichiarata di una forte coalizione per affrontare le emergenze è assente dalle due proposte. Si tratta di proposte, qualunque sarà quella vincente, entrambe perdenti per il Piemonte. Il senso di responsabilità, la coscienza della gravità della crisi, la necessità di un governo vero per questa Regione mi porta a non schierarmi per alcuna delle due proposte.
Le dichiarazioni di scelta per senso di responsabilità, le affermazioni di muoversi per senso del dovere sono un alibi. Non è possibile, a mio giudizio, schierarsi per l'una o per l'altra, pagando forse, in prospettiva, per questa scelta o non scelta. Ma per quelle che sono le due proposte e per come si sono formate non è possibile schierarsi. Per quello che sono: le due proposte sono il tentativo di portare all'interno della Regione, al di là di quelle che sono state le illustrazioni programmatiche non i problemi della Regione, che sono tanti e gravi, ma di portare all'interno di questo Consiglio quello scontro politico elettorale che si preannuncia forte, esasperato e rissoso.
Per come si sono formate: sono partite da due nuclei, quello della DC da una parte e quello formato da PDS, Rifondazione Comunista e Verdi dall'altra; i due nuclei si contendevano i voti incerti, uno ad uno, con grande apprezzamento, non sempre comprensibile da parte di entrambi, per ogni voto conquistato alla propria parte, e con lo svilimento, anch'esso non sempre comprensibile, per ogni voto conquistato dall'altra parte.
Mi chiedo se questo è il nuovo, colleghi; se questo è il nuovo con il quale si vuole risolvere la crisi. Il nuovo è ben altro.
Non voterò, per questi motivi - l'ho già detto - alcuna delle due proposte. Non voterò la proposta della DC, coerentemente con quanto deliberato anche dalla Direzione regionale del PRI, che ha dichiarato essere esaurita l'esperienza delle maggioranze di pentapartito.
Se il Presidente Brizio l'ha riconosciuta debole e inadeguata tre mesi fa, quando rassegnò le dimissioni, mi chiedo, stante la gravità che ci ha illustrato oggi, come può chiedere il voto su una proposta molto più debole numericamente e politicamente.
Non voto la proposta del PDS, perché considero anch'essa inadeguata ad affrontare i problemi della Regione; la considero inoltre contraddittoria e qui il discorso diventa in parte più generale rispetto a quella prospettiva politica che da qualche tempo si va perseguendo.
Al PDS voglio dire che, seppure fosse giustificata - e non lo è una maggioranza numericamente debole, all'aggregazione di un polo di sinistra al quale oggi aderisce il PRI si deve arrivare in modo diverso: senza arroganza, senza supponenze, senza dettare condizioni perentorie. In questo modo, si perde tutta la capacità di coalizione dichiarata.
E sempre al PDS mi voglio rivolgere, e mi rivolgo, non per spirito di polemica, ma perché considero importante e prezioso per il Paese questo Partito che io non chiamo, con toni spregiativi come qualcuno di nuovo oggi fa, post-comunista, marxista o altro. Lo considero un Partito che ha fatto uno straordinario sforzo per rompere con un passato che peraltro la storia stessa ha già condannato. Un Partito che, se saprà essere coerente con le scelte di questi ultimi anni, potrà sbloccare il sistema politico per troppi anni bloccato e dare spazio e forza a quelle forze progressiste che fino ad oggi non hanno avuto modo, per situazioni interne ed internazionali, di assumere un ruolo di governo nel nostro Paese.
E' con questo spirito - devo dire al PDS - che si arriva a questa aggregazione, non partendo dalla ricostituzione improbabile, antistorica e superata dagli eventi, dell'unità della sinistra, nucleo centrale disponibile ad allargarsi ad altre forze. A questa unità si arriva con un percorso inverso.
Questo mi pare sia lo sforzo che si va facendo a livello nazionale; lo stesso sforzo mi pare debba essere fatto anche a livello locale. Ma il problema di cui dobbiamo parlare oggi non è questo. Oggi i due schieramenti vorranno dare prova di muscoli; vorranno fare una gara dalla quale, credo non usciranno vincitori.
Personalmente, credo che dovremmo tentare, da oggi stesso, a dare prova di serietà e di senso di responsabilità. Lasciamo fuori da quest'aula le tensioni e gli scontri elettorali: ce ne saranno troppi. Proviamo ancora nei prossimi quindici giorni, a ricercare non un voto in più o in meno, ma quella che, tutti insieme, avevamo indicato come unica soluzione possibile per affrontare e risolvere la crisi.
Personalmente, credo che ciò sarà possibile, se le forze intermedie si adopereranno per questa soluzione. Non l'abbiamo fatto, commettendo forse un peccato di umiltà o una rinuncia ad un ruolo che oggi dobbiamo, a mio giudizio, far valere in questo Consiglio regionale. Se i due maggiori Partiti, superato il momento dello scontro, sapranno fare un passo indietro, rinunciando ad un'inutile gara di pregiudiziali e di veti incrociati, vi sarà una nuova intesa, più ampia, che tutti avevamo giudicato indispensabile.
La pur legittima competizione elettorale sta evidenziando soluzioni che possono essere fortemente negative per il Piemonte. Una possibile alleanza tra una forza politica che io non demonizzo, che rispetto e in molti casi ho apprezzato (la Lega Nord, Partito che ha evidenti e legittimi interessi regionali e lombardi) ed una ben più preoccupante forza politica - questa sì preoccupante - di origine aziendale e con interesse, anch'essa principalmente lombarda, emarginerebbe ancora di più la nostra Regione.
E' necessario, in questa situazione, un governo regionale forte autorevole, capace di difendere gli interessi e le ragioni del Piemonte oggi in grande pericolo per la gravità della crisi, sulla quale fortunatamente, siamo tutti d'accordo.
In questa situazione, credo di dover ancora una volta sollecitare tutte le forze politiche ad una forte assunzione di responsabilità. Se questo non avverrà, avremo un anno o diciotto mesi di non governo, quale che sia la Giunta che si formerà, e avremo dato un ulteriore contributo al declino della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signora Presidente del Consiglio, mi consenta una breve osservazione preliminare, ma pur sempre strettamente connessa con il dibattito odierno sulle due proposte di Giunta e sui due programmi contrapposti.
L'osservazione preliminare è questa: io ritenevo che lei, Presidente ci leggesse, prima del dibattito, una comunicazione proveniente dal Presidente del Gruppo Laburista-PSI con la quale si informava il Consiglio che il Gruppo Laburista-PSI si era sdoppiato in due Gruppi: l'uno Laburista progressista e l'altro Laburista-centrista (o conservatore o qualcos'altro del genere). Sinceramente, Presidente, non riesco a comprendere come possano coesistere, in un medesimo Gruppo consiliare composto di sei Consiglieri, due anime nettamente contrapposte non su un problema di ordinaria amministrazione, ma piuttosto su una questione così importante e delicata come è la scelta di un nuovo Presidente e di un nuovo governo regionale.
Probabilmente sono io che non riesco ad afferrare una situazione così abnorme, e penso che, forse, il collega Presidente del Gruppo Laburista Rossa riuscirebbe a convincere (ma forse soltanto se stesso) che il Gruppo Laburista-PSI può essere uno, o bino, o trino contestualmente oppure a seconda delle occasioni.
Fatta questa considerazione, e venendo quindi al vero e proprio merito del dibattito, va rilevata una circostanza che è di tutta evidenza: cioè a dire che è la prima volta (nella storia della Regione Piemonte) che, dopo una crisi, ci troviamo di fronte a due documenti contrapposti per l'elezione del Presidente e della lista degli Assessori. Ed allora ragionando alla luce di una previsione non certamente astratta, è prevedibile che fra quindici giorni vedremo, sia pure a stretta maggioranza, eletta la Giunta che fa capo al Presidente Brizio. Sarà un'elezione a maggioranza semplice: sarà, anche qui, la prima volta nella storia della Regione che un governo non riesce ad ottenere la maggioranza assoluta dei 31 voti (31 voti che peraltro, nel 1975, toccandosi il minimo storico in materia, ebbe a conseguire la prima Giunta di sinistra).
E' dunque facile prevedere, fin d'ora, che nascerà una Giunta asfittica e di salute politica molto cagionevole, la quale sarà fatalmente destinata al primo intoppo, o in aula oppure nelle Commissioni, a trovarsi nella situazione di non potere governare. E tutto questo, sempreché e conché con qualche marchingegno istituzionale si riesca, dopo un'elezione a mera maggioranza del Presidente della Giunta, ad eleggere anche la lista degli Assessori.
A questo punto e in questa prevedibile situazione che si verificherà (cioè a dire di una Giunta che governerà attraverso una serie di insidie e di pericoli e, quindi, attraverso un'impossibilità oggettiva di ben governare), abbiamo un riscontro obiettivo, sul quale peraltro non insisterò più di tanto: abbiamo un riscontro obiettivo della fondatezza della tesi da noi sostenuta nelle settimane scorse, cioè a dire che la soluzione migliore e più seria di questa crisi era quella di "andare tutti a casa" attraverso lo scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni. E' una tesi che è rimasta minoritaria, e non voglio tediarvi con il ripeterne le serie ragioni che militavano e militano a favore di questa tesi; comunque è certo che, di fronte ad un'impossibilità futura e prevedibile di governare da parte della prevedibile Giunta Brizio bis, ci si trova proprio all'ipotesi prevista costituzionalmente di dover andare a nuove elezioni, con o senza le nuove regole elettorali.
Ora, di fronte a questi due programmi contrapposti, che io ho cercato di leggere attentamente ieri, nelle poche ore rimaste a disposizione fra la presentazione dei documenti e l'odierna seduta, devo dire che il programma presentato dall'ex Giunta di pentapartito nella sua nuova edizione consiste in un programma estremamente vago. Scendendo nel concreto - e questo è il motivo assorbente del mio "no" al merito di questa proposta programmatica si riprendono nel dettaglio questioni e proposte che erano già contenute nel documento del 30 luglio 1985, allorquando si formò la prima Giunta Beltrami; invero quando si scrive, nel corpo del programma, che va separata l'attività di indirizzo politico da quella di gestione, che va assicurata la trasparenza del procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti, ebbene questi sono atti dovuti di ordinarissima amministrazione e quando si scrive che si devono delegare agli enti locali i compiti amministrativi del proprio competente livello, ebbene tutto ciò era già stato enunciato nella Costituzione e, poi, nello Statuto; e, modestamente nel lontano 1981, scrivevo un articolo su "Notizie" con cui sollecitavo l'attuazione di questa norma statutaria. Quando io lo scrivevo pensavo che qualcuno, leggendolo, avrebbe potuto obiettarmi che scoprivo "l'acqua fresca", perché tutto era una direttiva scritta nella Costituzione, e scritta nello Statuto (però ritenni di fare lo stesso questo breve articolo che mi sono riletto ieri, perché ho pensato che era diretto a sollecitare l'attuazione della delega, cioè a far sì che la Regione legiferasse e mandasse a fare l'attuazione delle proprie leggi e delle proprie grandi scelte agli enti locali). Ma la delega agli enti locali non è stata attuata, nonostante la mia sollecitazione (più che sollecitazione direi prospettazione) del lontano 1981. Allora regnava la Giunta di sinistra numero due; nel 1985, con sommo piacere, ho visto l'intento di realizzare la delega che stava scritto nel programma della Giunta Beltrami; passato il 1985/1990, si è ripetuto nel programma della Giunta Brizio del 1990. Ed ora ci si dice che "urge" attuare le deleghe di cui allo Statuto! A questo punto potrei anche continuare su qualche altro punto programmatico oggi messo in evidenza; procedere alla delegificazione, alla semplificazione delle procedure burocratiche. Non sarà, in questo momento tragico per il Piemonte, questo un punto importante del programma, ma devo ricordare che quando entrai per la prima volta in questo Consiglio regionale, nel 1979, sentivo già tuonare dai banchi del governo di allora (e poi l'ho sentito nelle successive legislature) che bisognava delegificare e rendere le procedure burocratiche più accessibili ai cittadini. Poi (sempre in questo programma) si parla di "controllo di gestione", di "avviare la programmazione", ed anche questi erano punti centrali del programma della prima Giunta Beltrami. Si parla poi di perseguire l'equilibrio finanziario, ma "non attraverso una pressione fiscale aggiuntiva" (e qui ci si contraddice con quanto venne fatto nei mesi scorsi introducendo l'aumento della benzina e del gas metano); si dice inoltre che le eventuali nuove esigenze finanziarie "dovranno essere coperte solo con il recupero dell'efficienza e con il taglio della spesa".
E tutto ciò ci può fare anche piacere: e se fosse soltanto questo il programma da attuare della Giunta Brizio bis, quasi quasi potremmo paradossalmente - anche arrivare all'astensione, perché non è altro che la traduzione in termini programmatici di quella che è stata la nostra prospettazione ormai pluriennale del "meno sprechi meno tasse".
Ma a questo punto non intendo insistere più di tanto per motivare il "no" del Gruppo consiliare MSI-DN, in quanto non ritengo che si tratterà (quale che sia la Giunta che verrà eletta stando alla situazione attuale fra quindici giorni) di una Giunta che sarà in grado di governare, quindi noi, Gruppo MSI-DN, rimaniamo radicati nell'opinione che si doveva e si dovrebbe procedere allo scioglimento del Consiglio e a nuove elezioni.
Non spendo oggi altre parole, anche perché presumibilmente ci sarà un dibattito più approfondito sui rispettivi due programmi nella prossima seduta, fra quindici giorni. E non prendo posizione nel merito sul programma del cartello delle sinistre, in quanto c'è una pregiudiziale ideologica che ci separa e che ci separa anche perché siamo in un'epoca, in un momento di "grandi blocchi" e quindi sicuramente non essendo noi, come è noto, nel blocco cosiddetto progressista o delle sinistre, necessariamente ci troviamo di fronte a questa pregiudiziale.
Ma prima di concludere, per ribadire che il mio sarà un "no" all'uno e all'altro documento programmatico, desidero rilevare che l'intervento del collega Ferrara in diversi passi ha centrato nel segno, segnatamente laddove ha detto che in definitiva si è arrivati a questi due documenti contrapposti per creare una situazione conflittuale tra le opposte forze politiche che hanno sottoscritto il documento in preparazione delle elezioni del marzo o dell'aprile prossimo. Durante il quale periodo fatalmente, quale che sia la Giunta che dovesse venire eletta fra quindici giorni, sarà pur sempre una Giunta che opererà nell'ordinarissima amministrazione, salvo cadere alla prima favorevole occasione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito si avvia, a nostro parere, con due caratteristiche d'ordine politico. In primo luogo la presentazione di due documenti contrapposti, dall'altra parte la totale mancanza nell'illustrazione del collega Brizio di argomentazioni di tipo politico che sottendano al documento e l'elusione del problema politico da parte del collega del PDS. Non si parla cioè di politica, quando la questione è esclusivamente politica. Per cortesia, usciamo da questa ipocrisia dei programmi: i programmi sono la filosofia con cui li si interpreta; tutti vanno bene: si tratta di capire qual è la cultura che li interpreta e qual è la cultura che li realizza. Non esistono programmi sui quali ci si possa dividere.
A me pare quindi che, essendo la questione esclusivamente politica, ci si debba atteggiare in termini esclusivamente politici. E allora su questi incominciamo a dire che c'è una fase A quando si è aperta la crisi e c'è una fase B quando la crisi si conclude o meglio ci auguriamo si concluda.
Tra la fase A e la fase B c'è il 5 dicembre. Si è aperta la crisi nella convinzione che ci fosse una Democrazia Cristiana straripante al sud ed una Lega Nord straripante al nord, rispetto ai quali scenari era ipotizzabile sostanzialmente un qualche tipo di solidarietà, quanto meno che vedesse insieme schieramenti che oggi si vedono contrapposti nelle strategie elettorali.
Questa era la filosofia all'interno della quale qualcuno ha parlato di allargamento e qualcuno ha parlato di Giunta istituzionale, ma di fatto la presa d'atto che era opportuno, e questo lo ammettevano sia il PDS che la DC, superare degli steccati per cercare di evitare che la Lega facesse "man bassa" al nord. Questa è la ragione politica che è stata alla base della crisi della Giunta Brizio uno. Poi ci sono altre ragioni di carattere contingente, ma il malessere che c'era dietro, la poca convinzione in sostanza da parte dei suoi alleati e la poca disponibilità a fare vera opposizione da parte del PDS stava in questo: nell'impressione che ci si avviasse ad una stagione politica in cui, probabilmente, la contrapposizione tra i due Partiti maggiormente qui rappresentati fosse in qualche misura attenuata o attenuabile. Questa è la nascita della crisi quindi il Presidente Brizio è portato a ripetere un termine che oggi è superato: allargamento. No, allora era una nuova maggioranza in uno scenario di questo genere; dopo il 5 dicembre è cambiato tutto. Ci si è resi conto che la Lega non vince, ma ci si è anche resi conto che la Lega non vince contro la sinistra. Il quadro si è fatto quindi completamente diverso e complesso, per cui ci si è resi conto che il prossimo confronto elettorale avrà una forte contrapposizione tra l'arco progressista e quello che io chiamo riformista, non conservatore o moderato. Lo dico anche agli amici socialisti: se non aveste avuto degli incidenti di percorso, mi chiedo se sareste ancora dei riformisti, e tutti sanno cosa vuol dire, o progressisti, che è un termine molto più generico (ma di questo ragioneremo dopo). Allora, per rispetto verso noi stessi, dobbiamo registrare che qui dentro scontiamo per certa parte quello che avviene all'esterno e che quindi con il 5 dicembre non c'è più interesse da parte di nessuno a fare delle Giunte che non siano politicamente ben segnate. Attenzione: non c'è più interesse da parte di chi? Da parte di chi, vincente oggi, non ha più parlato di politica. E chi è vincente oggi in questo scenario che ci viene presentato? Il PDS, che ha fortemente aggregato a sinistra, e la DC che è sicuramente la forza politica che qui, a differenza del resto del Paese, è rimasta compatta, funzionale, in grado di esprimere un candidato alla Presidenza e di aggregare intorno a sè pezzi di altre forze politiche.
Certo, queste due forze politiche non parlano di politica: sono tutte e due vincenti. Si dà il caso, però, che è perdente l'istituzione e la governabilità; vuol dire che c'è una contraddizione, c'è qualcosa che non funziona, c'è qualcosa rispetto al quale bisogna capire e ragionare. A mio parere, capire e ragionare significa semplicemente dire a queste due forze politiche che non è così: che la governabilità del Paese è garantita dalla capacità delle forze intermedie di far vincere i loro schieramenti.
Vedo di nuovo dei sorrisi compiaciuti. E' così! Nella storia delle democrazie dell'uninominale e del maggioritario, cioè nelle democrazie mature e compiute, i risultati elettorali e la governabilità sono garantiti e rappresentati dalla capacità delle componenti intermedie, rispetto ai propri schieramenti più avanzati, di essere più vicini alla società, di farsi capire, di interpretarla meglio e quindi di vincere le elezioni. In altri termini: le elezioni in Francia le vince Giscard e le vincono i socialisti, non le vince Marchais e non le vince Chirac. Chi le perde è Giscard, come le ha perse sei anni fa; chi le perde è sicuramente il PDS e non certamente il PCI, in Francia.
Allora, amici dell'area intermedia, cosa deve farci riflettere molto su questo? Chi è sconfitto qui? E' sconfitta la prospettiva che si avvii una stagione in cui, in effetti, le confederazioni politiche trovino presenti le forze laiche da una parte e dall'altra; io non mi scandalizzo assolutamente che le nostre forze politiche si dividano: è fisiologico che le due anime socialiste, quella che tende sostanzialmente ad essere per certi versi più massimalista e l'altra più riformista, in una qualche misura si dividano. E' normale, è fisiologico. Il dramma è che se accettiamo questo fenomeno in termini meccanici rispetto a quello che avviene all'esterno, le istituzioni non sono governabili, non arriviamo ad un governo regionale, ma soprattutto non diamo un nostro contributo alla crescita politica e alla cultura politica globale della società in cui viviamo, che sono due obiettivi che dovremmo avere ben presenti. Si dovrebbe privilegiare il ruolo che nei singoli schieramenti hanno le forze destinate ad interpretare il ceto medio, che è il ceto che paga i prezzi maggiori di qualunque società e ne è responsabile in senso negativo e in senso positivo (guarda caso, come sta succedendo in questo Paese); invece ci si preoccupa di più di avere la solidarietà di forze che rispetto a questo sistema sono marginali.
Non è curioso che il dibattito sia soprattutto sul ruolo di Rifondazione e sul ruolo del MSI e non sul ruolo che devono avere le forze genuinamente e non genericamente liberaldemocratico socialiste? Amici socialisti, stiamo attenti: nessuno si preoccupa più di sapere quale ruolo quale funzione, che discorsi facciamo noi, ma quali discorsi fanno loro e capire se questi discorsi sono recuperabili all'interno delle grandi aggregazioni. Questo è esattamente l'esatto contrario di quello che deve avvenire in una società democratica compiuta, evoluta, in cui sembra fisiologico che in un Paese, quando esistono certe situazioni culturali e certe situazioni economiche, possano esistere delle forze politiche assolutamente rispettabili, ma che sono probabilmente lontane dalle forze politiche con le quali si dovrebbero aggregare. Io ho grande rispetto per Rifondazione Comunista, ma non ritengo che sia aggregabile ad un'ipotesi di governo in questo Paese; ho grande rispetto anche per gli amici del MSI ma non ritengo che siano aggregabili ad una maggioranza di governo di questo Paese. Non parlo di una maggioranza, ma di una maggioranza di governo, perché i loro obiettivi ed il loro modo d'essere sono troppo lontani da quello che riteniamo sia il baricentro del modo di sentire della pubblica opinione. Non c'è niente di personale e di settario in questo, ma ritengo di essermi fatto comprendere.
Noi qui abbiamo il problema che a suo tempo si erano poste le nostre forze politiche a livello nazionale: stare insieme per dividerci dopo; mi rivolgo soprattutto agli amici socialisti che fanno capo al collega Rossa per intenderci. Ci si può dividere per caratterizzarsi, ma non ci si deve dividere per essere contrari gli uni agli altri, perché così facendo non facciamo crescere nell'opinione pubblica l'impressione del ruolo che comunque le forze intermedie hanno non come elemento di sintesi, di composizione, di aggregazione, ma come elemento di caratterizzazione dei due schieramenti. Sarebbe cosa ben diversa se in questa Regione diventassimo subalterni rispetto a forze politiche culturalmente solo subalterne nella società e nella politica nazionale. Mi pare di capire che tutti puntino al polo liberaldemocratico, non al polo cattolico, e che tutti puntino al polo riformista, non al polo del PDS, perché il PDS cerca di sfumare la sua caratterizzazione nell'approccio culturale attuale che è quello del progresso e non è quello della sinistra, è quello del progresso analogamente, da questa parte ci si rende conto che il legante dell'altro campo non è quello cattolico, il cui ruolo io riconosco tutto, ma è quello liberaldemocratico, e non si tratta certamente di liberali. A me pare quindi che debba essere precisata e corretta l'affermazione del collega Ferrara: qui non dobbiamo chiedere al PDS o alla DC di fare un passo indietro, dobbiamo farne noi uno in avanti, che è una cosa un po' diversa.
Direte voi: cosa c'entra questo con un dibattito nel quale si va ad eleggere una Giunta minoritaria? Io non lo so cosa significhi, so comunque che questa Giunta dovrà avere l'apporto di consensi diversi e superiori rispetto a quelli che saranno espressi in sede di votazione, anche solo dal punto di vista tecnico (lasciamo perdere le supponenze di ordine politico).
Quindi a me pare che i Partiti intermedi, se vogliono fare la parte che è la storia - e questa volta la storia non è solo più la congiuntura politica loro assegnata debbono anche in questa Regione avere la capacità, tutti insieme, di dividersi quando le occasioni della divisione lo chiederanno non adesso - e di garantire la continuità di governo di questa Regione.
Stare tutti insieme non vuol dire stare tutti nello stesso modo. Quando si va in gita uno guida il pullman, l'altro guarda dal finestrino, l'altro guarda la carta geografica; tutti si va in gita, ma ognuno fa la sua parte e la gita riesce: se tutti volessero guidare il pullman, probabilmente il pullman andrebbe fuori strada. Temo, signor Presidente, che questa non felicissima situazione in cui ci troviamo derivi proprio dal fatto che in un grosso pullman con pochi passeggeri ci fossero troppi autisti e troppo pochi passeggeri; se avremo al nostro interno (dei Gruppi laici) la capacità di fare qualche passo indietro, forse riusciremo a fare qualche passo avanti. Questo attiene agli scenari di futura memoria.
Nel presente, a noi sembra di dover dire che deve essere apprezzata l'uscita dall'equivoco del PDS che si è affermato come forza centrale di un'aggregazione che si candida a governare, esce dalla minorità, propone un documento e chiede su questo i consensi. Devo dire che questa iniziativa forse, ha stretto i tempi di una riflessione che era avviata almeno a livello di gruppi intermedi; il tempo ci dirà se è stata un'operazione in positivo per costruire o una posizione in negativo per impedire. Qualcuno dopo di noi lo giudicherà.
Così come certamente deve essere apprezzabile lo sforzo che si è fatto dall'altra parte di immaginare e costruire una compagine affidata al Presidente Brizio, che ha la stima di tutti noi, per garantire la continuità e il governo di questa nostra legislatura.
Il nostro Gruppo quindi darà il suo voto favorevole convinto e il suo appoggio leale in Commissione, in aula e in Giunta.
Ringrazio il collega Fulcheri per avere dichiarato la sua disponibilità a continuare un'attività sicuramente onerosa; in termini politici riteniamo di dover continuare sul piano della prospezione politica generale e lavorare affinché i laici non tornino ad essere satelliti, perché se i laici torneranno ad essere satelliti la modernizzazione del sistema non si avvierà. I laici devono essere protagonisti come protagonisti sono gli altri; non è più il tempo dei satelliti né dei subalterni: è il tempo della pari dignità, ma in questo momento storico la pari dignità affida ai Gruppi laici una responsabilità particolare, quella di essere il sale delle maggioranze sulle quali si scommette. Sia l'area di sinistra che l'area moderata sperano che Berlusconi da una parte e qualcun altro dall'altra parte riesca a catturare questo benedetto ceto medio, questo benedetto elettore strano che è quello che decide, ma non vuole essere rappresentato e non vuole essere ripartito (perché questa è la verità). Quindi, noi continueremo, ma non nel senso indicato dal collega Ferrara, cioè quello del ragionamento di tutti. Il ragionamento è quello di un recupero all'interno dei rapporti dei Partiti intermedi - non chiamiamoli laici intermedi - che consenta il governo di questa legislatura nell'immediato chiedendo ai Gruppi, che oggi si atteggeranno in modo diverso da quello del consenso, un comportamento e un contributo in aula e in Commissione che consenta tecnicamente il governo della Giunta. Questo è quanto mi sento di poter chiedere agli amici progressisti non firmatari della mozione, perch fa parte della responsabilità che abbiamo tutti insieme, sia pure in posizioni diverse. Se riusciremo a fare qualcosa di questo genere (oggi assistiamo all'anomalia della presentazione di due liste contrapposte nessuna delle quali ha la maggioranza sulla carta) e se riusciremo a far sì che senza una maggioranza precostituita questa legislatura si potrà completare con qualche risultato oggettivo, ciò andrà a merito di questa assemblea, che avrà saputo essere nuova nella sua continuità. Noi non possiamo continuare ad essere quelli che eravamo, ma non possiamo neanche pensare di essere quelli che saremo, caro amico Rossa: questo è il problema che abbiamo tutti. Non possiamo essere quelli che eravamo: non siamo più il pentapartito, ma non siamo ancora le maggioranze che usciranno dalle future elezioni. Quindi non abbiamo il diritto di dividerci, amico Rossa, oltre certa misura. Collega Rossa, noi non abbiamo questo diritto, perché abbiamo assunto un impegno. Ci sono delle esigenze, collega Rossa, che ci impegnano a garantire il patto con gli elettori, pur nella diversità di posizione e nell'evoluzione che ritengo fisiologica, giusta e rispettabile. Non mi scandalizzo che gli amici del PSI si siano divisi rispetto al futuro devono però capire in che misura possono collaborare insieme (e magari noi con loro) rispetto al presente. Abbiamo la strana e curiosa situazione di non essere più il passato, di non essere ancora il futuro, ma di voler gestire il presente.
La gestione del presente è soprattutto lasciata alla responsabilità alla sensibilità e al senso dello Stato che devono dimostrare le forze intermedie, se vogliono dimostrare nei fatti che hanno i titoli per concorrere sul piano dello scenario generale al governo del Paese come forze protagoniste e non come ruote di scorta di aggregazioni; tali aggregazioni, se ancora fondate con i grossi Partiti, lasceranno fuori dal consenso generale gran parte dei cittadini, come sta avvenendo adesso nello scenario del nord a favore della Lega e nello scenario del sud a favore del MSI.
Questa fuga dal centro rispetto gli estremi, amico Rossa, è la responsabilità della cultura intermedia, della cultura laico-liberale della cultura liberaldemocratica, perché questi sono elettori liberaldemocratici che non votano più per noi. Non possiamo eludere questa responsabilità. Ci sarà quindi un voto favorevole alla proposta che fa capo al Presidente Brizio, la sosterremo lealmente e fattivamente in Consiglio e in Commissione. Sicuramente non possiamo rimanere estranei, sul piano dei comportamenti personali e politici, a questo travaglio che ci coinvolge tutti, scuole di pensiero, forze politiche e anche singoli Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Peano.



PEANO Piergiorgio

Signor Presidente, abbiamo vissuto questi due mesi come un tempo di incertezza, di tensioni, di difficoltà, di personalismi, di ricerche di soluzioni sovente costruite come la tela di odissea memoria.
E' stata, per un verso, un'esperienza particolare per molti di noi, che hanno visto lo scenario aprirsi e chiudersi come tante monorotaie che si incrociavano, senza però diventare mai il binario numerato di una stazione per fare muovere un treno. Credo però che abbiamo tutti la certezza che pu essere questa l'ultima volta che una battaglia politica, privata positivamente o negativamente delle mediazioni delle segreterie regionali si sia giocata nei modi e nei termini attuali.
Le regole di novità, che per un verso la gente ha voluto e la classe politica sta ricercando, non consentiranno più momenti di incertezze o condizioni di non governo, di partite a scacchi giocate sulle scacchiere come quelle attuali. La gente si sta appropriando delle scelte definite con le risposte ai referendum. Credo sia un passaggio positivo, un momento costruttivo anche se carico di responsabilità, che dovrà essere modellato da un dibattito nella società, nei tempi dovuti e non abbreviati, per costruire le linee politiche dei futuri governi. Anche per questo rappresentiamo una classe politica che chiude un'epoca, ma per chiuderla dobbiamo avere ancora in mano il tempo necessario per consentire alle regole di essere approvate. Andare oggi alle elezioni con le attuali regole del gioco potrebbe cambiare il quadro delle proporzioni e delle percentuali politiche (partitiche), ma non garantiremmo ancora la governabilità.
Abbiamo anche questa responsabilità.
Sulla responsabilità è nata questa crisi dovuta all'intrecciarsi di fattori interni ed esterni, sulla responsabilità dei Partiti che guidavano la coalizione di governo, e come atto di grande disponibilità del Presidente che tendeva ad azzerare tutte le carte per costruire maggioranze più ampie; ciò non solo per essere in grado di portare questo Consiglio regionale alla sua scadenza naturale, ma soprattutto per far fronte alle emergenze ed avere un governo in grado di rappresentare la Regione entro e fuori i suoi confini, e rappresentare al meglio gli interessi e le aspettative della società.
Una prima turbativa nel rallentamento della ricerca di soluzioni è venuta dai risultati elettorali del 21 novembre e del 5 dicembre, fattori elettorali che hanno giocato in maniera esorbitante, azzerando gli equilibri dei Partiti. Di fatto, la formula "maggioranza di emergenza istituzionale", la formula neutra è diventata un laboratorio per le nuove prospettive politiche. Il PDS, giustamente autorizzato a ricercare - come gli altri Partiti - le soluzioni che riteneva più adeguate per chiudere la crisi, con perentoria richiesta, ritenendo il quadro politico mutato subordinava le scelte di un governo istituzionale di emergenza ad un nuovo cartello progressista. Ma se il quadro politico era cambiato per il polo progressista, non poteva non essere cambiato anche per le altre forze comprese quelle cattolico-liberali. Non si poteva peraltro non raccogliere lo stimolo delle provocazioni che venivano fornite dal PDS nelle nuove formule.
Come Partito ci siamo articolati ulteriormente a cogliere tutte le situazioni, anche di fronte al generoso tentativo degli autoconvocati che proposero metodi diversi, strutture di governo diverse, programma limitato da alcune emergenze presenti. La loro opera di mediazione fu seguita fino alle conseguenze di rinuncia alla Presidenza per renderci disponibili a loro; è però naufragata non per colpa nostra, caro Ferrara, bensì per contraddizioni interne alla stessa coalizione.
Sul fronte del cartello progressista PDS, Verdi e Rifondazione, alla ricerca di una possibile soluzione, si era dimostrata uguale flessibilità salvo le pregiudiziali di un programma univoco, lineare, solvibile che conferisce alla nuova autorità di governo della Regione efficacia ed efficienza inedita. Ma come è avvenuto, il PDS ha preferito rinunciare a tale possibilità per mantenere fermo il quadro politico neonato a fronte progressista. Infatti, durante il tentativo di approfondimento programmatico, è stato compito della DC far esplodere le palesi contraddizioni ai vari livelli, tanto da indurre alla certezza che questa Giunta sarebbe nata con almeno due gambe zoppe, Verdi e Rifondazione, che su alcuni fronti quali l'Alta Velocità, lo strumento urbanistico di Torino e altri, si sono giustamente presentati in contrapposizione alle stesse scelte che il PDS dovrà ricercare.
Cose inaccettabili per noi, perché dal momento in cui si erano date le dimissioni di Giunta, vi era la disponibilità ad attendere i risultati elettorali e a rinunciare alla Presidenza e anche agli autoconvocati: a fronte di un possibile ruolo di mediazione, non potevamo ancora avallare il mistero forse buffo di una Giunta con dei compagni di viaggio occasionali con dei programmi approssimativi ed incerti, con traguardi inesistenti al di là delle buone parole e dell'autentica buona fede.
Se può nascere un tempo di maggioranze flessibili, è però un tempo con percorsi ancora inesplorati. Se il dato politico, quello di oggi e quello di domani, era una fattore prevalente, la DC per bocca del suo coordinatore regionale aveva fatto anche un'ultima proposta possibile: un governo a termine di due mesi o di alcuni mesi per rispondere ad alcune urgenze e per attendere quel risultato inequivoco che tutti attendiamo, sulla base del quale ognuno sarà costretto a trarre le conseguenze definitive. Ci è stato chiesto soltanto di consentire un governo progressista con appoggio esterno della DC.
E' inoltre inaccettabile la provocazione in quest'aula di invito ad una DC che non esiste più, secondo molti, di schierarsi sul fronte progressista, lasciando alla deriva chi progressista non si sente. La DC sta facendo le sue scelte di rinnovamento e sono scelte coraggiose, e poi consentitemi - chi di noi è solo progressista o solo conservatore? E' un termine che ritengo ormai inusuale e fuori storia: siamo tutti tanto conservatori nei nostri valori ideali e tanto progressisti da tendere ad una società più giusta.
Oggi si confrontano, dopo i fatti succeduti, due liste di minoranza una a fronte progressista, una a fronte cattolico, liberaldemocratico e riformista, in cui sono presenti, con tutta l'ampiezza, i problemi legati alle riforme e all'autonomia. Non si può parlare di un vecchio blocco politico-sociale ed elettorale, ma di un nuovo blocco basato sui valori che lo determinano, sugli ideali che lo compongono in una nuova sintesi politica, anche perché la dicotomia che si presenta nel Paese fa sì che nasca e si formi un punto di confronto, di raccordo e di sintesi del cattolicesimo politico, del liberalesimo e del riformismo politico.
E' un punto di raccordo, di confronto, di analisi, di apertura, di mediazione, dove tentiamo di ricercare, di scoprire l'autenticità dei nostri convincimenti, l'etica delle nostre convinzioni, la qualità delle nostre intenzioni. Non si può mai chiudere uno scenario per dire "noi siamo", con toni tipo quelli che oggi il giornale "La Stampa" richiama alla commedia pirandelliana, facendo riferimento ai progressisti torinesi. I tempi delle certezze sono sempre lontani, i tempi sono sempre tempi di incertezze, tempi da costruire, tempi da mediare. Oggi più che mai credo che sia il tempo della mediazione. Non ci si può chiudere: sarebbe segno di immaturità politica, di non comprensione di cosa sta succedendo. Certe nuove amicizie, certe nuove alleanze, possono anche portare un dubbio legittimo sull'effettiva consistenza delle nuove aggregazioni politiche e sul suo futuro, pero d'altra parte ognuno deve predisporre la difesa di un ruolo politico sulla base di una concreta speranza in un clima di onestà e di chiarezza.
Con questa speranza ci presentiamo con un programma di impegno per la ricerca di soluzioni alla crisi e alle emergenze, prime fra tutte quella economica e quella occupazionale. E inoltre: la riforma organizzativa dell'ente regionale presentata su alcuni indirizzi che noi riteniamo importanti e notevoli; le infrastrutture e i collegamenti per rendere competitivo il Piemonte, in particolare sul problema dell'Alta Velocità l'inserimento di Cuneo nel sistema autostradale; il traforo del Mercantour il consolidamento dei servizi sanitari e socio-assistenziali, con approvazione del nuovo assetto istituzionale, delle Unità Sanitarie richiesto dal DL n. 502, proposto dalla Giunta regionale e da riprendere nella fase interessante di consultazioni, dove sono emerse proposte anche di modifica; le residenze per gli anziani; lo sviluppo dell'assistenza domiciliare; la tutela dell'ambiente, con la preparazione del secondo Piano triennale; un nuovo Piano di smaltimento rifiuti; l'emergenza delle calamità naturali; il governo del territorio; il sostegno della base produttiva, con proposte di investimenti nei vari settori, compreso quello agricolo.
I nomi del nuovo esecutivo ormai li conoscete; undici, per non coprire tutti i ruoli, ma lasciando uno spazio a chi vorrà aggregarsi e a chi intenderà rendersi utile.
Sono esperienze ricche per coloro che rimangono e tanta voglia di fare per altri che entreranno. Si è posto il problema del rinnovamento del personale politico e noi, per l'ampiezza del nostro ruolo e del nostro organico, abbiamo offerto una parola non insignificante: tre uomini nuovi entreranno, così vale per il collega Goglio che sostituisce l'Assessore Gallarini. Ringrazio da parte mia gli Assessori Cerchio, Nerviani e Gallarini e lo stesso Presidente Brizio. Ringrazio il Consigliere Cerchio per il lavoro svolto in un momento estremamente difficile; ringrazio il Consigliere Nerviani, l'uomo dei parchi, anche per la sua intelligenza operativa; ringrazio il Consigliere Gallarini, l'anima concreta di questa Giunta; ringrazio il Presidente Brizio per essersi assunto questa nuova fatica non indifferente, non facile, perché qualsiasi forma di governo prospettata in questo travagliato cammino non può prescindere dalla conoscenza della macchina e dai rapporti che un amministratore come lui ha potuto e saputo creare nel corso del suo impegno. Ciò non per ricordare una vecchia massima spinoziana, per cui ciascuno ha tanto diritto quanto potere, ma perché vogliamo dare all'opinione pubblica la dimostrazione che vi è la possibilità di un confronto costruttivo su alcuni valori condivisi e su alcuni comportamenti adeguati.
L'augurio comunque è per entrambe le squadre in campo. Ambedue presentano un gioco a tutto campo, sicuramente per tutti quanti interessante, perché entrambe sentono la grande responsabilità della partita in gioco e hanno la speranza che la genta capisca, comprenda. Mi auguro che la partita che andremo a giocare non sia nuovamente una partita deludente ed irresponsabile.
Infine, mi auguro che la porta sia sempre aperta e, se fra le due squadre ci saranno ancora momenti e capacità di trovare un dialogo, ben venga tutto questo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ritengo che questo Consiglio regionale viva un momento molto importante: rifiuta di farsi trascinare dalla corrente, vuole essere in qualche modo interprete nel processo grande e notevole che il nostro Paese va vivendo di ridefinizioni della politica e del modo di essere della politica stessa. C'è anche da apprezzare il fatto che non abbiamo più il piccolo transatlantico pieno, notabili che si aggirano o telefonano, Segreterie che convocano: questo è un altro segno importante dei tempi. Il Consiglio discute, magari stentando, ma certamente nella sua piena legittimità, e non aspetta la scadenza in modo fatalistico.
Era ipotizzabile un governo di emergenza e si doveva rispondere alle emergenze in modo semplice, con qualche idea di fondo; se non era così evidentemente le differenze che ci sono all'interno di questo Consiglio che sono profonde, non potevano che emergere. Quindi, nel momento in cui si è voluto scendere di livello, è scattato il vecchio meccanismo - magari usato in modo oggettivo ed anche strumentale - ovvero il meccanismo dei veti, dei giuramenti di fede su alcune scelte specifiche. E' a questo punto che sono prevalse vischiosità e personalismi, resi più o meno nobili dal fatto che non sono stati spinti fino alle estreme conseguenze, pur marcando la possibilità di arrivare ad una soluzione di emergenza. Credo che i veti, in questo gioco, siano stati più marcati a sinistra. Non li ho trovati invece in un altro versante, in un liberismo selvaggio che certamente, rispetto all'emergenza del Piemonte, non può produrre che ulteriori sofferenze sociali, lasciando alla lotta selvaggia la regolazione della nostra crisi.
Speravo ci fossero dei veti da una parte e dall'altra; per questo motivo ritengo che ci sia stata una forte strumentalizzazione, un tentativo di inserirsi nel processo di formazione dei grandi aggregati che il "frullatore" in corso sta determinando nel nostro Paese.
Questo lo si rileva anche - non voglio ovviamente polemizzare nel documento capeggiato dal Presidente Brizio, dove pare sempre più lontana e sfumata qualsiasi volontà di quadro di riferimento, di elemento programmatorio nel far cadenzare le scelte future; è il trionfo di quella cultura del misurarsi, della sfida che inevitabilmente stritola i più deboli nel sistema economico e nel sistema sociale e li fa diventare degli assistiti: personalmente credo sbagliata una società con un forte assistenzialismo.
Il programma certamente è rilevante, ma sulla modalità di governo non concordo con la posizione espressa dal collega Brizio, secondo la quale dodici Assessori sono meglio di otto. Non era quello il punto d'approccio ma vedere se le emergenze del Piemonte dovevano essere pilotate e governate in forma diversa dal tradizionale modo d'essere assessorile che ha gestito in modo spesso routinario le competenze settoriali, togliendo alla funzione del Presidente quelle caratteristiche - che cercherò di illustrare essenziali in questa fase del governo regionale, per affrontare i problemi.
Avanti, quindi, con la settorializzazione; l'apporto del singolo Assessore feudatario è forte, la funzione trasversale fattoriale diventa debole.
E qual è il grado di omogeneità dei due schieramenti formatisi in questa circostanza? Non è un governo istituzionale, dove l'omogeneità poteva essere, e necessariamente, molto labile e blanda. Ma nel momento in cui andiamo a verificare dei documenti, vorremmo capire qual è il legante degli stessi, quali i grandi valori, gli interessi politici e sociali che questi due documenti, contrapposti, cercano di rappresentare.
Ho l'impressione che in uno dei due documenti ci sia del continuismo con uno sbocco pragmatico di breve periodo che porta appunto a ripetere come se nulla fosse successo, aumentando di qualche unità - se possibile: so che esiste un problema di "sottrazione e somme" - il vecchio pentapartito.
Le emergenze sono facili da individuare, è la credibilità con cui si gestiscono che diventa l'elemento discriminante. E' sempre più difficile oggi, individuare i programmi quali elementi discriminanti. Tra l'altro nel "documento Brizio" ho notato che si dice: "Basta con la fiscalità aggiuntiva"! Ma l'inizio delle difficoltà della passata maggioranza, del "Governo Brizio" - ora siamo alla proposta "Governo Brizio bis" - è avvenuto proprio quando ha forzato la fiscalità aggiuntiva, nel luglio scorso.
Si è trattato di un passaggio che ha divaricato: non si può, dopo alcuni mesi, pensare di dire il contrario con un ribaltone di 180 gradi.
Il metodo del bilancio a base zero, con grande coraggio, dicendo alla comunità che c'è grave emergenza, fa concentrare su pochissime cose altro che undici o dodici Assessorati! - le risorse esistenti: questo è il metodo del budget a base zero. Diversamente si tratta di una ridefinizione organica che riparte da zero per riordinare le idee, ma che non arriva alle rotture necessarie per affrontare le emergenze.
Personalmente credo che la rottura dei vecchi schemi degli Assessorati feudo e il ruolo forte del Presidente derivi da alcuni punti. Intanto, la valutazione degli effetti occupazionali di ogni scelta di investimento piccola o grande, che la Regione fa, sottraendola quindi alla microvisione assessorile e consegnandola ad una priorità della quale può essere garante solo il Presidente. Tale priorità è la seguente: dinnanzi a tre-quattro scelte alternative che si possono compiere con un certo investimento, si compie quella che ha maggiori effetti occupazionali e maggiori benefici sul nostro di tipo di apparato industriale. Ad esempio, nel settore ambientale nel momento in cui si compie una scelta tecnologica, occorre capire dove va a finire la ricaduta. E' un po' come quando si enfatizzano gli effetti benefici produttivi del Piano regolatore: vediamo poi, nelle tavole delle interdipendenze settoriali dell'apparato produttivo piemontese, con l'avvio della costruzione di opere pubbliche, quanto emerge il prodotto della nostra Regione, quanto diventa arricchimento, crescita del PIL della nostra Regione. Abbiamo bilanci all'osso, non siamo in una fase keynesiana ricca, in cui si poteva applicare quel tipo di politiche: quello dei lavori pubblici è tema che va usato con grande attenzione.
Altrettanta attenzione va data al peso contrattuale nei confronti della FIAT e dell'Olivetti, delle Partecipazioni statali. Il polo sta ormai finendo: abbiamo 1.500 posti a Torino; 1.000 a Novi ligure; 100 nel Canavese; 300 nel Cuneese. La necessità, evidentemente, è di non pensare ad una delega - "qualcuno ci penserà" ma ad una concentrazione forte del peso del governo, nell'espressione del suo Presidente.
E gli indotti? Ogni atto che la FIAT compie ha ricadute poderose al di là degli effetti immediatamente diretti. Cosa pensiamo? Che la transizione dalla caduta dell'industria automobilistica del Piemonte ad un altro tipo di sviluppo sia cosa da ridere? E' cosa drammatica, da contrastare con barricate per difendere al massimo l'apparato industriale tradizionale automobilistico, informatico, del tessile e del siderurgico nella nostra Regione.
Relativamente alla concentrazione dei fondi, ritengo si sia persa un'opportunità nell'utilizzare i fondi del Regolamento comunitario n. 2052 senza concentrarli su pochi punti, in modo da costituire forti masse critiche di intervento, che facessero qualcosa. A pioggia, frantumati polverizzati, questi interventi degradano fortemente. Questa volontà bisogna esprimerla con chiarezza, anche nella funzione di governo, e non solo in modo programmatico.
Ma, anche nella ripresa strutturale qualificata del nostro Piemonte colleghi - e mi rivolgo, ovviamente ai due presentatori del documento collega Brizio e collega Marengo - bisogna distinguere cosa vuol dire "ripresa strutturale e qualificata". Se sono interventi-tampone, che non curano quelle che sono le economie di sistema - che, ahimè, politicamente rendono poco perché non hanno un effetto immediato, sono un rafforzamento di ambito, di sistema e non hanno ricadute e quindi devono essere supportate politicamente in modo pesante - sono aspetti che non appaiono con estrema chiarezza anche nella scala delle priorità. Per esempio nell'artigianato, si fa un intervento generale o si fa un intervento sull'artigianato di produzione? All'interno dell'artigianato di produzione si può dare priorità a quello più esposto alla competitività internazionale, o no? Sono elementi, con le poche risorse che abbiamo a disposizione, che diventano decisivi per far aumentare non in modo fittizio la ricchezza che si produce nella nostra Regione.
Anche i problemi delle categorie, dei settori della nostra società che pagano più duramente la crisi - disoccupati, cassaintegrati, posti di lavoro in mobilità - credo richiedano una risposta. Non siamo un'entità neutra.
Sui problemi della distribuzione del lavoro, dei contratti di solidarietà, di una configurazione nuova da ricercarsi, delle modalità di utilizzo del monte-ore a disposizione di questo Piemonte va detto qualcosa.
Diversamente, accettiamo implicitamente che ci debba essere una parte della nostra società per lunghi anni assistita: noi siamo contro l'assistenzialismo.
In questo senso la questione ha una caratura politica; altri non se la sentono di parlare del problema degli orari di lavoro. C'è un settore, non so se è giusto chiamarlo progressista o conservatore o moderato (è difficile questa distinzione), all'interno del quale si formano due schieramenti. Si forma lo schieramento che pensa più giusto lasciare che le forze spontanee della società si dispieghino, pur sapendo che faranno molte vittime, come nel neoliberismo sudamericano di Menem e in Messico dove aumentano la ricchezza, privatizzano e intanto esplodono le sommosse.
Siccome noi siamo un Paese evoluto non ci sono le sommosse, ma ci sono grandi flussi di trasferimenti pubblici di carattere assistenziale a soggetti che, privati del rispetto della loro dignità, che il lavoro assicura loro, verranno espulsi dal ciclo produttivo. Ci sono due grandi orientamenti. Credo che anche nella cultura del cattolicesimo progressista non si accetti con grande sensibilità un assistenzialismo passivo di una società dove si affermano i forti e quelli che sanno dare le gomitate. In questo senso si formano gli schieramenti. Visto che qui non siamo riusciti a trovare le basi per una soluzione di emergenza, c'è un selettore: oggi vediamo crescere le povertà nella nostra Regione, nuove e vecchie stritolate da meccanismi spontanei, sulle quali dobbiamo dare una risposta. E ci distingue questa risposta, che non è quella semplicemente assistenziale, ma quella di pensare che questi soggetti hanno il diritto a rientrare nel circuito del lavoro, a riappropriarsi della dignità personale.
Le diversità quindi sono sostanziali per governi di questo tipo. Ci voleva la volontà di avere un tracciato di massima che ci impedisse di disquisire a vanvera sull'Alta Velocità, perché poi bisogna capire se è quello il caposaldo dello sviluppo del Piemonte o è una delle componenti nemmeno decisive, ma comunque importanti. Dal mio punto di vista sarebbe una cultura luddistica. Lo dico anche al collega Chiezzi: sarebbe un po' come, all'inizio dell'800, la battaglia contro l'introduzione delle macchine nel settore tessile, però ritengo che l'aver fatto di questo argomento una discriminante politica sia dipeso dal non aver trovato una soluzione di emergenza, che richiedeva alcuni tracciati di massima. Se invece le cose dovevano essere approfondite, si approfondiscano: i chiarimenti fanno schieramento, costringono a scelte di campo, si capisce da che parte si sta e non ci sono molte sottocategorie alle divisioni che si formano sul come prospettare uno sviluppo a questa nostra società.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

E' un intervento dovuto per l'importanza della giornata, ma particolarmente dovuto rispetto alla situazione che si viene a determinare per il futuro di questa legislatura. Premetto, tanto per sgomberare il campo, che la Lega Nord voterà in modo decisamente contrario ad entrambi i documenti, sebbene per motivazioni profondamente diverse. Ci troviamo di fronte ad una singolare se non addirittura curiosa situazione. Un po' da parte di tutti i colleghi ho sentito parlare di scarsa rappresentatività di questo Consiglio relativamente alla situazione presente nel Paese. La curiosità della situazione, secondo me, sta in un altro fatto: che queste forze che rappresentano sostanzialmente "il vecchio", su questi documenti si affrontano muro contro muro. Sono formazioni politiche nate, cresciute e vissute all'ombra del consociativismo, che proprio in questa fase storica della democrazia italiana ritengono di essere arrivate alla necessità di andare al muro contro muro, di andare alla polarizzazione. Forze politiche e uomini che della polarizzazione non sono l'espressione. E' questa la singolarità, ma mi si permettano pochissime considerazioni sul documento che propone il collega Marengo a nome dei Consiglieri che l'hanno sottoscritto.
Il documento non mi trova sostanzialmente d'accordo n' sulle premesse n' sui metodi, ma soprattutto non mi trova d'accordo sulle reticenze, che sono parecchie. La mia impressione, me ne faccio pienamente carico, è che questo documento sia una specie di collage di esigenze di forze diverse che sono state messe assieme per non scontentare nessuno e per poter dare corso ad una collezione, ad una sommatoria di Consiglieri che ne legittimassero a peso la credibilità. Non ritengo che questo giustifichi approssimazioni e non ritengo che questo giustifichi il fatto che tra i due documenti presentati, il documento a firma del Consigliere Marengo sia quello più conservatore di un sistema fortemente improntato al socialismo reale, che è il sistema causa delle disgrazie che ci troviamo ad affrontare.
Collega Marengo, io ho qualche problema quando vedo sul vostro documento un'inversione di 180 gradi rispetto ad alcuni argomenti che un anno e mezzo fa ci ponevano su posizioni decisamente diverse. Mi rincresce che non sia presente il Consigliere Grosso, perché all'epoca, sulla discussione nel merito delle riforme costituzionali, chi non volle che il Presidente della Giunta assumesse maggiore peso e maggiore responsabilità chi non volle sentire parlare di federalismo meno che mai fiscale fu proprio, a nome del PDS, il Consigliere Grosso, che assolutamente non accettava nessun emendamento e nessuna ipotesi proposta dalla mia formazione circa un aumento della capacità di governo da parte del Presidente della Giunta e assolutamente non voleva sentire parlare di federalismo sulla riforma della Regione. Questo è quanto particolarmente mi lascia perplesso, ma soprattutto mi lascia perplesso una cosa che avrei pensato di trovare non tra le righe, ma proprio espressa "apertis verbis".
Pensavo che l'atteggiamento della forza che rappresenti, Consigliere Marengo, relativamente alla montagna fosse molto più forte, molto meno edulcorato, addirittura prioritario. Cosa che purtroppo non ho visto e che mi convince che questo documento è molto remissivo di fronte a distanze provenienti da forze sostanzialmente poco conciliabili.
Veniamo invece all'altro documento, quello presentato dal collega Brizio. Per noi, è tutt'altro discorso.
Condivido sostanzialmente parecchie affermazioni di questo documento in particolare quelle relative ad una deregulation, ad una semplificazione dell'impianto legislativo e soprattutto un alleggerimento dell'apparato burocratico. Su questo mi riconosco molto, come mi riconosco sulle dichiarazioni di alleggerimento della pressione fiscale, e soprattutto sulla modifica sostanziale degli enti strumentali e sulla prassi delle nomine.
Questi sono tre argomenti molto importanti che vanno effettivamente verso la richiesta di novità, di nuovo modo di governare che proviene dal Paese; devo riconoscere al collega Brizio la capacità di avere inteso questa richiesta forte. Certo le cose che ci dividono sono ancora molte anzi direi che sono la maggior parte.
Molto credo ci sia da ridire sulle affermazioni che anche in questa sede ho sentito sull'Alta Velocità. Moltissimo ci sarebbe da ridire sull'atteggiamento della Giunta passata e su quella a venire circa la gestione dei famigerati Mondiali di sci del 1997. Qui mi si trova su altre posizioni. Io non accetto la polarizzazione, perché questa va a detrimento di una crescita più allargata ed omogenea di quelle aree montane che oggi devono starci particolarmente a cuore, perché al centro di una crisi strutturale profonda.
Ho poi molte riserve sulla riforma e ristrutturazione del Servizio Sanitario Regionale, rispetto al quale io ritengo che maggiori funzioni debbano essere assunte dal privato a discapito del servizio pubblico inefficiente perché ancora profondamente e vergognosamente lottizzato. Ma se parzialmente, molto parzialmente, alcuni motivi di condivisione del programma sussistono, il discorso è diverso relativamente a chi questo programma lo deve gestire: forze espresse troppo tempo fa, prima che effettivamente il Paese entrasse in una fase di cambiamento democraticamente voluto ed espresso dai referendum. La legislatura secondo me è finita, pertanto l'ultima parte di entrambi i documenti doveva essere fatta in altro modo: doveva essere fatta con l'indicazione del termine termine che non può essere il giugno 1995. Ritengo inoltre che non esista la possibilità da parte di questo Consiglio di esprimere una maggioranza sufficientemente forte per gestire un programma di emergenza, che possa affrontare in modo decisivo i problemi e la crisi che la nostra Regione sta attraversando. Di qui la necessità che i documenti programmatici terminassero con la dichiarazione pregiudiziale di un termine, termine non definito in modo nebuloso dalla possibile riforma del sistema elettorale regionale, ma definito chiaramente, in termini di giorni, mesi e anni.
Per questo motivo principale, nonostante alcune cose, come è naturale trovino la mia formazione politica d'accordo, voteremo in modo decisamente contrario ad entrambe le ipotesi prospettate oggi.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, poiché ho sottoscritto uno dei due documenti che sono oggi all'attenzione del Consiglio regionale, credo di dover spiegare al Consiglio il senso della mia adesione.
Debbo fare qualche premessa: siamo a tre mesi da una crisi che nessuno poteva immaginare così lunga e sostanzialmente inutile, ed anche l'esito della riunione odierna appare negativamente scontato.
Tre mesi fa, proprio da questo banco, consideravo l'azzeramento della Giunta Brizio come condizione necessaria per un ricambio che il Consiglio sentiva e voleva con forza. Ero convinta che la soluzione fosse effettivamente dietro l'angolo, perché il Consiglio dimostrava di essere pronto al ricambio e consapevole che la soluzione dei problemi del Piemonte potesse essere assicurata da una coalizione diversa da quella in carica.
Oggi, con il senno di poi ovviamente, considero quell'azzeramento con una consapevolezza diversa, anche se forse è giusto che quell'azzeramento abbia consentito di mettere maggiormente in luce non soltanto le debolezze politiche di questo Consiglio, ma altresì le contraddizioni, le nuove tendenze politiche o personali, le aspirazioni personali, politiche personalistiche.
Da questa brutta ed inutile crisi deriva un primo avvertimento: è fondamentale che la nuova legge elettorale e i nostri nuovi conseguenti regolamenti prevedano - e ciò in linea con le più moderne norme già vigenti per l'elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia - che una Giunta vada a casa quando un'altra è pronta a sostituirla. Le crisi al buio come quella che stiamo vivendo non possono più essere consentite.
Un altro avvertimento ci deriva: una lettura nuova di quella che deve essere l'attività del Consiglio in presenza di una crisi, dato che l'interpretazione restrittiva che ne è stata data ha visto il Consiglio inattivo e non disponibile nemmeno ad attività di routine come le consultazioni. Considero gravissimo - l'ho detto, lo ripeto e lo ripeter aver sospeso le consultazioni, in particolare quelle riguardanti il disegno di riforma dell'assetto della sanità. Questa mattina ho sentito dire da parte del Consigliere Marengo che ci vuole un rapporto corretto nuovo con gli enti locali. Ebbene, noi con questa decisione abbiamo chiuso la bocca ad amministratori, Sindaci, Assessori alla sanità, associazioni e cittadini che erano pronti a farci conoscere le loro idee e a fornirci il loro contributo di proposte. Abbiamo chiuso la bocca al Comune di Torino, eppure ho anche sentito dire che occorre instaurare un rapporto nuovo con il Comune di Torino. Abbiamo chiuso la bocca al Comune di Torino che attraverso la competente Commissione consiliare, aveva elaborato un circostanziato parere. E sapete che cosa ha fatto il Comune di Torino? Ci ha mandato il parere. Ci ha dato una bella lezione di democrazia: ci ha mandato ugualmente il parere.
Questa crisi e i due documenti odierni mettono in luce che in questo Consiglio non esistono, non esistevano, n' sono maturate maggioranze politiche. Per questo avevo molto apprezzato l'iniziativa dei colleghi Ferrara e Cucco di trovare un momento di sintesi delle forze intermedie che insieme assumevano responsabilità collegiali, non in contrapposizione né in alternativa, ma in confronto con le altre due grandi aggregazioni di questo Consiglio che continuano ad avere le responsabilità che portano proprio per questa loro presenza numerica forte: la Democrazia Cristiana e il Partito Democratico della Sinistra. Peccato che questa iniziativa - dopo aver avuto scarsa attenzione da parte della DC, ma soprattutto da parte del PDS che nemmeno accettava l'invito ad un incontro - sia naufragata per le contraddizioni e le controversie all'interno degli stessi singoli Gruppi che pur desideravano riconoscersi in una forza intermedia.
Dalla crisi odierna occorre però uscire, e dunque occorre tentare le strade percorribili. Peccato che oggi lo si stia tentando attraverso la via peggiore, che è quella della radicalizzazione delle posizioni e della spaccatura del Consiglio in due, sapendo che entrambe le strade alla data odierna sono perdenti. Nemmeno l'ipotesi di una Giunta programmatica, di una maggioranza programmatica ha avuto fortuna, perché di fatto il programma non è mai stato esaminato. Ma questo è anche molto comprensibile.
Quale nuovo programma può essere credibile in un anno che è l'ultimo della legislatura, intramezzato da due consultazioni elettorali? Programma che qualunque esso sia, non potrà che essere se non conseguenza, profondamente condizionato - qualcuno dirà purtroppo - da scelte fatte nei tre anni e mezzo della Giunta Brizio. Sarà forse possibile che un nuovo Presidente sia esso Marengo, sia Ferrara, Marchini, Carla Spagnuolo, Goglio, Ferraris sono tutti nomi che sono circolati in questi giorni, che pure intendono presentarsi in termini innovativi, di discontinuità soprattutto rispetto al passato - potrà cancellare le firme messe dal Presidente Brizio per l'Alta Velocità? Oppure quelle che la Regione, tramite l'Assessorato da me gestito in passato, ha messo per la costruzione della centrale di Trino o per il parco tecnologico del Lago Maggiore o per la rete dei parchi scientifici delle sedi universitarie del Piemonte o per la costruzione del Centro Agro alimentare, oppure per il perfezionamento di SITO? Questo per parlare soltanto di alcuni dei programmi. O si potrà cancellare l'impegno che da ultimo l'Assessore Cerchio ha posto per il parco delle biotecnologie di Ivrea o per Chivasso? Per non parlare poi del piano dell'ambiente, ecc.? O vogliamo ridurre l'attività di questo nuovo Presidente a rivedere il numero delle UU.SS.SS.LL. che - ho sentito dire a Torino potrebbero essere tre o quattro? "Tre o quattro, si vedrà". Oppure a dire che "per le aziende ospedale sarebbe meglio forse che anziché quindici o sedici siano cinque o sei, o sei o sette"? Ma la sperimentazione della riforma che questa mattina è stata presentata dal Consigliere Marengo è intrinseca al disegno di legge che noi abbiamo presentato! La sperimentazione è un dato di fondo del nuovo disegno di legge.
Ecco quindi il senso della mia scelta. Non è una scelta che prefigura alcuna adesione di scenario o quadro politico. Non è nemmeno un'adesione alla scelta di pentapartito; questo non è un pentapartito, perché se andiamo a considerare i pezzi che sono dentro ai Consiglieri che hanno firmato, siamo altro che al pentapartito: siamo all'eptapartito o a non so cosa, perché ormai siamo ad una congerie di situazioni, molte delle quali di tipo personale. In questo senso mi sento perfettamente in linea con il deliberato del Partito repubblicano che, peraltro, io non ho votato perch ero assente, ma che ho condiviso perfettamente. Certo che quella scelta di pentapartito è conclusa: l'abbiamo detto noi qui che è conclusa. Quella di oggi è una riproposizione che parte da uno dei pochi valori che sono rimasti in questo Consiglio, che è la Giunta vecchia che è stata in carica in questo tempo e che ha potuto fare alcune cose, per fortuna. E' stata anche costretta a farne talune sulle quali io non ero perfettamente d'accordo, per esempio la proroga dei 63 amministratori delle UU.SS.SS.LL.
Eppure l'abbiamo fatto nella precarietà politica di questa situazione, con il consenso peraltro del Consiglio, rinunciando a fare invece un atto di amministrazione forte, che era quello di prefigurare effettivamente la riforma come per esempio ha fatto la Giunta della Lombardia che, avendo la fortuna di avere all'opposizione un Partito che ha consentito il voto sul disegno di legge di riforma, ha potuto confrontarsi con una deliberazione che è da prendere ad esempio. Di conseguenza ho molto invidiato il collega della Lombardia che ha potuto fare questo.
Quindi, la mia non è una scelta che prefigura alcuna adesione di scenario o quadro politico a breve o a lunga scadenza, come invece è probabile che alcune delle firme che compaiono sui due documenti intendano prefigurare. La mia è una firma sotto un documento, i cui contenuti programmatici condivido, soprattutto quelli che si riferiscono alla sanità perché per larga parte sono e non possono essere che conseguenza delle scelte del passato. E' una scelta dettata, quindi, da nessuna particolare ragione politica, ma dalla considerazione che occorra lasciare da parte gli scenari politici futuri, anche perché, come hanno detto ripetutamente i colleghi, questa mattina questi scenari sono molto mobili. Quelli che abbiamo adesso non sono quelli di tre mesi fa e probabilmente fra tre mesi avremo degli scenari completamente diversi.
Il nostro compito invece è quello di pensare alle quattro cose che razionalmente si possono fare in questo anno. Tuttavia, anche se si tratta di quattro cose, poiché sono quattro cose importanti, non possono essere fatte da una Giunta minoritaria. Ecco perché occorre ritornare a riconsiderare una maggioranza che abbia una base larga e dove il dovere istituzionale abbia la meglio sulla ragione politica, sugli interessi di aggregazione future o futuribili, sugli interessi personali di collocazione politica futura.
L'invito è rivolto a tutti, ma segnatamente al Partito Democratico della Sinistra, seconda forza di questo Consiglio, ed è anche a quei Consiglieri che, non avendo ancora deciso da che parte stare, di fatto paralizzano la conclusione della crisi. Credo che oggi non sia più possibile stare alla finestra. Appartengo ad una forza politica che nella sua storia è stata sovente il partito dell'astensione. Diceva Ugo La Malfa che il PRI era la destra della sinistra e la sinistra della destra. Questa sua posizione ha consentito di svolgere in molti casi la funzione di ago della bilancia. D'altra parte, una forza politica di minoranza non pu pensare che alle coalizioni. A mio avviso, non può che partecipare ad un governo di coalizione se non ha la possibilità di esprimere un progetto valido, forte, una presenza attiva.
Sarebbe stato molto comodo per me sfruttare questa consuetudine astensionistica oggi. Non me la sono proprio sentita, non me la sono sentita di lavarmene le mani. Con questo intento ho messo una firma che deve prefigurare effettivamente la volontà di dare comunque un governo al Piemonte, ma che deve avere necessariamente una base più larga. Bisogna assumersi le proprie responsabilità e io sono sempre stata dalla parte che alla garanzia programmatica associasse anche la garanzia della leadership e di una continuità amministrativa che, a questo punto, giudico elemento fondamentale negli interessi superiori della comunità regionale.
Vorrei concludere con un'ultima verità, per dire fino in fondo tutto quello che penso: se questo Consiglio non avrà la forza per raggiungere una larga intesa e la soluzione sarà quella di una Giunta minoritaria, credo di poter dire che il Piemonte non merita una Giunta minoritaria, ma il Consiglio regionale del Piemonte merita di essere mandato a casa adesso e subito.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Dameri.



DAMERI Silvana

Signora Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei - anche se brevemente perché non è un'ora delle più felici - fare qualche riflessione rispetto al merito della seduta odierna. Ciò considerando che oggi, e per un periodo che probabilmente non si conclude oggi ma con la prossima seduta del Consiglio regionale, ciascun Consigliere si trova a valutare due proposte alternative per dare soluzione alla crisi del governo regionale.
Vorrei introdurre qualche riflessione per rendere più leggibile e trasparente nei suoi snodi e nelle sue implicazioni il percorso che ci ha condotto alla situazione attuale. Riflessioni per evidenziare naturalmente la differenza politica - perché su questo sono d'accordo con quanto diceva il Consigliere Marchini - delle due proposte che vengono presentate; anche in forza del percorso che c'è alle spalle, a me pare che questa differenza si colga.
Voglio comunque dire, aprendo una piccola parentesi, che c'è stato un confronto serrato per quanto riguarda la proposta alla quale abbiamo partecipato e partecipiamo, fra l'altro esprimendo la proposta del Presidente della Giunta. Ciò detto, insieme alla coalizione delle forze progressiste, respingo nel modo più fermo l'accusa avanzata dal Consigliere Ferrara circa la modalità che avrebbe spinto alla ricerca del voto per voto con una spregiudicatezza politica che francamente non c'è, non c'è stata e non anima la proposta n' dal punto di vista programmatico n' certamente dal punto di vista politico dei sottoscrittori della proposta, che mi pare invece assolutamente chiara e limpida. Respingo, quindi, con molta fermezza l'accusa del Consigliere Ferrara.
Il PDS, in questi mesi, si è mosso partendo da un'analisi che aveva fatto. Mi rendo conto che ci sono Consiglieri della DC che, con il loro atteggiamento in quest'aula, dimostrano che l'attenzione alla soluzione della Giunta regionale non è in cima ai loro pensieri.
Come dicevo, il PDS, già nei mesi scorsi, in particolare a ridosso della discussione sul bilancio, aveva messo in evidenza il carattere particolarmente negativo della crisi politica che attraversava la Giunta e il Consiglio regionale del Piemonte. Abbiamo definito tale carattere in un nostro documento, in un approfondimento che abbiamo fatto; la stessa iniziativa politica che abbiamo assunto a ridosso della discussione sul bilancio esprimeva un nostro forte allarme rispetto al rischio che questa crisi precipitasse in crisi democratica. Mi riferisco ad una crisi della capacità di rappresentare, governando, le esigenze del Piemonte, ad una crisi democratica attorno ad alcuni snodi essenziali della politica del nostro Paese, con l'esplodere della questione morale, a partire dalla vicenda Maccari, dalla malasanità, fino ad ampliarsi al limite della sopportabilità, per quanto riguarda attività e tagli a settori della Regione.
Mi sia consentito di aprire una parentesi: visto che oggi si ragiona sulle responsabilità e sul senso di responsabilità per dare un governo stabile e credibile alla Regione, forse - caro Brizio la vicenda del Piemonte, della soluzione da dare alla crisi che oggi stiamo discutendo poteva essere diversa. Poteva essere diversa se questa crisi, anzich aprirsi oggi, si fosse aperta nel momento in cui, proprio attorno alla vicenda Maccari e della malasanità, fosse stata accolta la richiesta venuta dalle opposizioni di rassegnare allora - e sto parlando di mesi fa le dimissioni di una Giunta che ormai era chiaramente al capolinea politico.
Ciò avrebbe consentito di aprire una verifica, di fare una riflessione autocritica che avrebbe avuto quella credibilità che non può più avere adesso, proprio perché si è logorata nel tentativo di resistere, sempre un po' di più verso il baratro, alla consapevolezza che invece si era al capolinea di una vicenda politica. Se allora si fosse fatta questa scelta forse gli scenari avrebbero potuto essere diversi; ma in politica contano gli atti e i comportamenti concreti.
La subalternità al vincolo politico del pentapartito - anzi, era già un esapartito, coalizione che il Consigliere Vetrino fatica anche a definire rese impossibile al Presidente Brizio di compiere un atto che probabilmente avrebbe liberato energie politiche positive in Consiglio regionale.
Comunque la vicenda della morale ha pesato come un macigno, così come la crescente manifesta incapacità di governo di fronte all'incalzare della crisi economica, con una rassegnata perdita di ruolo di governo dell'Ente Regione. Il collega Marengo citava nel suo intervento la vicenda FIAT.
Vorrei ricordare che tutti i dibattiti in quest'aula svoltisi attorno alle questioni dell'occupazione e dello sviluppo sono nati da iniziative e richieste delle opposizioni.
Terzo punto: lo sfarinamento politico della rappresentanza consiliare.
Questi tre elementi, cioè la questione morale, l'incapacità di governo e il progressivo sfarinamento della rappresentanza politica ci hanno spinto nei mesi scorsi a definire quella Giunta debole e pericolosa, perché accentuava l'incertezza ed estenuava la rete di rapporto democratico con la realtà regionale. Di fronte a questo il PDS ha manifestato il suo interesse, il suo impegno per una soluzione alternativa fortemente marcata sotto il profilo della discontinuità e del rinnovamento.
Il Consigliere Marchini richiamava le ragioni di carattere politico della situazione nella quale ci troviamo, ma già da subito l'interesse del PDS era per una soluzione di forte discontinuità, di rinnovamento e anche di capacità di governo. Non c'è stata la fase 1 e la fase 2. I fatti politici contano, ma da subito il PDS ha detto che non era disponibile a nessuna ipotesi tardoconsociativa, ma che era solamente disposto a spendersi in una linea di discontinuità e di rinnovamento anche della realtà regionale. E' chiaro che la discontinuità maggiore, cara collega Vetrino, è quella del rinnovo elettorale, che noi non temiamo affatto; se non l'abbiamo invocato è perché ci rendiamo conto che con questa legge si produrrebbe semplicemente un'ulteriore disgregazione e frammentazione della rappresentanza politica, e il Piemonte si ritroverebbe "punto e a capo".
Si può fare propaganda, non è vietato, ma abbiamo cercato di impegnarci sull'ipotesi alternativa con le altre opposizioni di sinistra, perché al momento erano le sole a dimostrare capacità di promuovere iniziative e sensibilità ad immaginare. Normalmente una proposta come quella della Giunta istituzionale non viene dalle forze che sono all'opposizione, è più facile che venga dalle forze di governo, ma non è stato così neanche in questo caso. Se quando si è verificato il caso Maccari si fosse aperta una verifica politica e la maggioranza avesse fatto questa proposta, forse il percorso avrebbe potuto essere diverso, ma non voglio fare della fantapolitica, voglio rimanere alla realtà. La realtà è che c'è stata un'iniziativa incalzante (di cui riteniamo essere stati una parte importante) da parte delle opposizioni per tentare una proposta che segnata dal carattere di eccezionalità della fase che vive il Piemonte, ha tentato di costruire attorno ad alcuni principi essenziali (la questione morale, il rinnovamento del personale di governo, il superamento delle pregiudiziali ideologiche e quindi la definizione di un programma circoscritto), proposta che, ad un certo punto, abbiamo definito di "emergenza istituzionale".
Ci era sembrato di capire che tutti avessero inteso, che la DC avesse inteso che il PDS era disponibile a spendersi per questo, a correre anche il rischio che corre una forza politica che dall'opposizione si misura nel mare aperto della proposta di governo, purché gli elementi di discontinuità, di rinnovamento potessero essere tali non da metterci tutti insieme genericamente, ma di qualificare su questo terreno questa operazione.
Abbiamo detto a chiarissime lettere che era del tutto inutile chiederci di piegarci ad operazioni di carattere neoconsociativo, di fare da puntello ad allargamenti come quello che oggi - Freud insegna il lapsus freudiano questa volta scritto anziché detto - ritroviamo nella prima pagina del documento della Giunta Brizio. Ovviamente non eravamo disponibili ad allargamenti più o meno paludati del vecchio quadro politico. Per converso, abbiamo pubblicamente, in una Conferenza programmatica in Consiglio regionale, speso la nostra disponibilità nel tentare, con la Giunta istituzionale, una ricerca che, oltre ogni pregiudiziale ideologica fornisse un credibile riferimento democratico prima di tutto a quegli interessi che vogliamo rappresentare nella comunità piemontese, cioè quelli dei lavoratori e delle lavoratrici. Una Giunta radicalmente e visibilmente innovativa.
Francamente - lo dico al collega Brizio oggi - pensavamo che le stesse dimissioni da lui rassegnate andassero in questo senso; pensavamo che fosse maturata la consapevolezza dell'insostenibilità politica e di governo che c'era nel quadro precedente e che il mutamento richiedesse appunto un cambiamento più generale, che si vedessero delle novità anche nel Consiglio regionale. Dobbiamo però dire che, ancorché proclamato, l'interesse e la discontinuità erano solo apparenti. La convinzione di percorrere strade nuove era assai parziale e, poiché appunto non sono le parole che salvano l'anima, non c'era un intendimento reale, e oggi lo stiamo verificando.
Ecco allora tornare a galla pretese di centralità, consunte ormai dalla vicenda politica attuale; riproporre in modo surrettizio pregiudiziali ideologiche la cui proposizione era antitetica allo spirito della Giunta istituzionale. Ci sembra di cogliere la sostanziale insensibilità, la sostanziale non attrezzatura, non strumentazione, la non comprensione da parte di un Partito che ha avuto tanto peso nella storia politica del nostro Paese, del cambiamento globale dello scenario politico. Cambiamento non ancora definito, non ancora concluso, ma se un cambiamento è in atto ogni soggetto politico deve ripensare a se stesso, deve ridefinirsi ridarsi una funzione e un ruolo. Chi nel cambiamento sta fermo non può che venire travolto: questo vale per tutti, anche per le forze intermedie.
Le forze intermedie, in realtà, non esistono più, si sta andando verso la definizione, finalmente, con molte contraddizioni, con molte forze che lavorano contro, di due schieramenti alternativi nel nostro Paese; non c'è più, quindi, una funzione delle forze intermedie, è lo stesso concetto che viene messo in discussione.
Noi ci siamo spesi fino in fondo con molta convinzione su questa strada, per cui non accettiamo una lettura di ripensamenti. Il comportamento del PDS è stato lineare. La verità è che la DC non ha voluto pagare alcun prezzo, dando per scontata, in una prima fase, in modo arrogante, la propria centralità; poi, impacciata ed incerta, ha riproposto l'idea delle pregiudiziali.
Una crisi politica in questo caso può evolvere in trasformazione o precipitare; per evolvere in trasformazione richiede travaglio: ogni cambiamento, se è reale, produce ed implica scelte dolorose. A questo travaglio necessario la DC ha voluto sottrarsi, non ha voluto cogliere la necessità di quei passi indietro che - mi permetto di dire - avrebbero ridato funzione politica nuova e avrebbero mostrato che c'è una ricerca viva.
Come non vedere la contraddittorietà di quegli Assessori Consiglieri socialisti che firmano per la Giunta Brizio, quando oggi prevale - per fortuna, finalmente - un indirizzo del Partito socialista a livello nazionale, ribadito ieri da Del Turco, che non esprime alcuna nostalgia per il vecchio quadripartito? E come non apprezzare per converso la scelta di chi, tra gli eletti nella lista socialista in questa Regione, sta invece facendo, intende fare, e speriamo compia fino in fondo, una scelta di credibilità diversa per questa componente importante delle forze progressiste nel nostro Paese? Oggi vi sono due ipotesi sottoposte alla valutazione del Consiglio segnate da due profili politici fortemente diversi. Ognuno può scegliere l'uno o l'altro, ma sono comunque due profili politici diversi. Non accettiamo un'omologazione, una presa di distanza, un'equidistanza come lettura politica diverse dal punto di vista dei programmi, del personale politico e delle prospettive. Sulle prospettive ha ragione il Consigliere Marchini: basta leggere "La Stampa" di oggi per capire che attorno alla Giunta proposta, con un peso rilevante, dalla DC, le incertezze del futuro sono molto forti ed evidenti.
Una è figlia di una stagione politica ormai più che al tramonto, non a caso rimotivata qui da vari interventi a partire da quello del Presidente Brizio all'ultimo della Consigliera Vetrino, come stato di necessità. Per anni lo stato di necessità del governo è stato l'alibi per operazioni politiche di trasformismo, sostanzialmente di difesa dei posti di potere.
Si tratta di una stagione politica che, più che al tramonto, non si riesce neppure a definire: una rimasticatura dal punto di vista programmatico. E io non ho niente da aggiungere alle ottime cose dette dal Consigliere Majorino, quindi: nessuna prospettiva politica, prospettiva chiusa, chiusa su se stessa, nessuna novità dal punto di vista programmatico.
In secondo luogo, non vogliamo fare nessuna prova di muscoli: in particolare non apprezzo la politica come esibizione di forza. Esiste comunque una seconda incertezza che, tuttavia, con compiutezza, si colloca in una traiettoria di futuro politico; a questo punto, però, ci chiediamo: quale futuro e quale tenuta politica può avere la Giunta proposta dalla DC? Non si può non vedere la precarietà della soluzione proposta dal Presidente Brizio, non si può non vedere il Partito che è nel fulcro e nella bufera della politica del nostro Paese. Le prossime settimane riservano novità rilevantissime; questa mattina alla radio si parlava della scissione della DC, e la notizia era titolata: "Vecchia DC, addio". Se questa, in qualche modo, è un'assemblea viva e non un sottovuoto politico credo che queste novità politiche, anche nelle prossime settimane - magari prima ancora che la Giunta decolli - si faranno sentire. Io scrissi questi appunti prima di leggere le notizie apparse sul quotidiano di oggi, e così riflettevo: "Mi pare che la DC in Piemonte e anche dentro questo Consiglio regionale si dividerà".
Pertanto quale futuro? Credo non ci siano elementi consistenti in questa proposta. Si tratta di una stanca riproposizione rispetto alla quale noi avevamo proposto alla DC un'idea che non era di umiliazione, ma era un tentativo di "passare la mano", di consentire a qualcun altro di misurarsi proponendosi come schieramento per affrontare la situazione in termini di emergenza. Ed è in termini di emergenza che proponiamo questa nostra soluzione.
Ripeto, noi non abbiamo nessuna voglia di fare n' prove di forza n alcun trionfalismo, ma pensiamo che le novità politiche vere ormai nel nostro Paese a tutti i livelli verranno solamente dal voto democratico, dal voto dei cittadini. Siamo consapevoli della parzialità dell'incompiutezza.
La chiamiamo, infatti, "Giunta d'emergenza"; il nostro programma è circoscritto, ha quindici mesi di tempo e quindi su molte cose ovviamente non può essere compiuto, ma quella che facciamo è una dichiarazione.
Vorrei però evidenziare che si tratta di un tentativo aperto, mentre la proposta della DC è chiusa in sé, è una debole riproposizione del passato un passato ormai sterile dal punto di vista politico, per cui occorre un tentativo aperto, più concreto e fecondo per il futuro politico della nostra realtà. Ho colto qualche ingenerosità nell'intervento del Consigliere Peano rispetto al programma che abbiamo presentato, pur sapendo che questo programma non è solamente frutto dello schieramento, ma anche del confronto più ampio che c'era stato per costruire una Giunta istituzionale.
Quindi della nostra proposta sottolineiamo il suo carattere innovativo dal punto di vista del personale politico, delle forze che la propongono della questione morale, dell'autoriforma della Regione, posta come questione centrale. Sentivo prima il Consigliere Vaglio che diceva che "abbiamo scoperto il federalismo"; nel mio Gruppo ci sono personalità che possono testimoniare come non solamente noi, come PDS, ma già prima la sinistra, non abbia scoperto certamente solo adesso il federalismo. Vorrei chiedere piuttosto che cosa ha a che fare con il federalismo autentico l'evoluzione, più marcatamente tesa a definirsi come forze di destra in rapporto con le forze economiche, che sta avvenendo nel nostro Paese da parte della Lega; ma questo appartiene ad un'altra discussione.
Noi crediamo davvero, invece, al terreno dell'autoriforma della Regione, comprese le questioni dell'autonomia fiscale e del federalismo istituzionale.
Rispetto alla sua memoria, collega Brizio, che avevamo apprezzato, noi abbiamo scritto che bisogna guardare al futuro, trasformando le speranze in realtà. Credo che lo stesso collega Brizio non possa ritenere che l'esito qui proposto da parte della DC risponda a questo auspicio.
Noi avevamo detto che di rinnovamento e di discontinuità c'è bisogno come l'aria, in questo Consiglio regionale. Personalmente, spero davvero che la pausa di riflessione impostaci dalle norme statutarie aiuti tutti i Consiglieri a comprendere le ragioni e la possibilità politica - anche futura della Giunta di emergenza proposta dalle forze progressiste.
Esprimo comunque la fiducia che, al di fuori di quest'aula, verranno compresi, da parte dei cittadini piemontesi, la qualità e lo sforzo innovativo di chi vuole fare uscire le forze progressiste dal ridotto dell'opposizione, per mettersi al servizio del governo della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



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