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Dettaglio seduta n.258 del 23/11/93 - Legislatura n. V - Sedute dal 6 maggio 1990 al 22 aprile 1995

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze del 14, 20 e 27 ottobre, 3, 10 e 17 novembre, 1, 15, 16, 21 e 22 dicembre 1992 si intendono approvati.
Prima della seduta odierna, sono stati distribuiti ai Consiglieri i processi verbali delle adunanze consiliari del 19, 20, 26 e 27 gennaio, 2 9, 16 e 23 febbraio 1993 e verranno posti in votazione nel corso della prossima seduta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bortolin, Cantore, Coppo, Croso Dameri, Foco e Peano.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

e) Questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma quinto della L.R. n. 13/90 (Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili)


PRESIDENTE

Comunico inoltre che in data 12/11/1993 ho ricevuto dalla Pretura circondariale di Asti il testo dell'ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari in data 10/11/1993 in cui si dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma quinto, della L.R. 26/3/1990, n. 13 (Disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli scarichi civili), in relazione all'art. 25 della Costituzione e pertanto si sospende il giudizio in corso e si ordina la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale affinch si pronunci su tale questione.
Copia di tale ordinanza è disponibile presso la Segreteria del Consiglio regionale.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto per l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale


PRESIDENTE

Passiamo al punto 3) all'o.d.g., inerente l'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta regionale, quindi all'espletamento degli adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto.
Dò lettura dei primi tre commi del citato art. 32: "Il Presidente e la Giunta sono eletti dal Consiglio nel suo seno con votazione per appello nominale.
L'elezione avviene a seguito di presentazione di un documento sottoscritto da almeno 1/3 dei Consiglieri assegnati alla Regione, con il quale si propongono al Consiglio le linee politiche ed amministrative, il Presidente e l'intera lista degli Assessori.
Sulle linee politiche ed amministrative proposte si svolge un dibattito, al termine del quale il Consiglio procede con votazioni successive all'elezione del Presidente e quindi della Giunta".
E' noto a tutti che fino a questo momento alla Presidenza non sono pervenuti né la lista degli Assessori né i programmi.
Nell'ultima Conferenza dei Capigruppo si è stabilito che la seduta odierna (che si svolgerà soltanto nel mattino) avrebbe previsto, qualora lo si richieda - e ho già alcune richieste l'intervento di ogni Gruppo nel limite massimo di 10 minuti.
Fino a questo momento, ho le richieste di intervento dei Consiglieri Majorino, Zacchera, Marchini e Chiezzi.



MARCHINI Sergio

Chiedo la parola per una questione d'ordine.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Pur accedendo all'orientamento della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, ritengo che il deliberato di tale Conferenza sia impraticabile. Il Consiglio, infatti, non può dibattere e non può deliberare se non su un oggetto; non essendo presente un oggetto, il Consiglio regionale dovrebbe essere sospeso.
Mi rimetto comunque alle decisioni dei Presidenti dei Gruppi, per sottolineo che, mentre si continua a dire che la questione istituzionale è fondante del nostro futuro, ogni volta che andiamo ad affrontare le interpretazioni nei nostri lavori ricadiamo nella voglia di fare delle parole a vuoto.



PRESIDENTE

Consigliere Marchini, tutte le interpretazioni sono sempre legittime perché soggettive. Noi abbiamo iscritto un punto all'o.d.g.; è chiaro che non si può votare alcun documento né assumere alcuna deliberazione, ma non ritengo che l'interpretazione giusta debba essere la sua, tra l'altro tutti i precedenti di vent'anni di questa Regione Piemonte hanno avuto un altro andamento. Mi stupirei che su un punto così importante non ci fosse una presa di posizione o che comunque il Consiglio non conoscesse reciprocamente gli orientamenti dei diversi Gruppi per addivenire all'elezione del Presidente e della Giunta.
Noi ci siamo dati una linea d'intesa, che mi auguro venga rispettata, e cioè che i Gruppi intervengano nel limite massimo di 10 minuti. Anticipo che su questo sarò rigida, altrimenti avrebbe ragione il Consigliere Marchini: in 10 minuti si possono esprimere molte cose e non dobbiamo dilungare più di tanto questo dibattito, se non ci sono delle conclusioni a cui giungere.
Nell'ordine, mi hanno chiesto la parola i Consiglieri Majorino e Zacchera, che intendono dividere il loro intervento; ricordo che hanno a disposizione al massimo 5 minuti a testa.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

E' perfettamente legittimo ed istituzionalmente corretto che ogni Gruppo possa intervenire dopo che il Presidente ha annunciato che nessun documento è stato presentato ai sensi dell'art. 32 dello Statuto. Ricordo solo a me stesso i precedenti verificatisi immediatamente dopo lo scandalo Zampini, i quali provocarono la caduta di quella Giunta; vi furono sette od otto sedute, ai sensi dell'art. 32, e nel corso di ogni seduta ciascun Gruppo politico espresse la propria opinione.
Ciò premesso, bastano poche parole e poche battute, a mio avviso, per fare il punto della situazione della crisi di Palazzo Lascaris, crisi che ha avuto il torto di aprirsi nonostante le pressioni nostre e anche (in ritardo) delle altre opposizioni. Dicevo che bastano poche parole per fare il punto della situazione alla luce dei grossi eventi politici verificatisi domenica scorsa, che hanno portato ad una vera e propria alluvione eliminando sostanzialmente dalla scena politica la Democrazia Cristiana e i suoi alleati. A questo punto, alla luce di quanto verificatosi nel corso delle elezioni amministrative di domenica scorsa, appare evidente che qui a Palazzo Lascaris diventa improponibile una riedizione del vecchio pentapartito, il quale è ampiamente delegittimato.
Come avevamo avuto occasione di dimostrare ampiamente la delegittimazione era già apparsa, in tutta la sua imponenza, nel giugno luglio scorso, allorquando si erano tenute a Torino e in altri centri importanti del Piemonte le elezioni amministrative, comunali nella specie.
Dopo i fatti di domenica scorsa, penso che questa formula sia totalmente improponibile.
Per la medesima ragione della sostanziale scomparsa politica della DC ritengo improponibile qualsiasi altra formula, segnatamente quella vagheggiata, e di cui ha parlato la stampa nelle settimane scorse, di una Giunta DC-PDS. Per le medesime ragioni per cui è improponibile la riedizione di una Giunta di pentapartito, è improponibile politicamente che il PDS si possa fare avanti con una formazione politica che ormai, sia sul piano nazionale sia sul piano piemontese, non conta più nulla.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Zacchera.



ZACCHERA Marco

Colleghi, per l'ennesima volta siamo a discutere delle stesse cose anche se sembra inutile ripeterci tutte le volte. Questa volta abbiamo per dei fatti nuovi, caro collega del PDS, e cioè che una volta di più, al di fuori di questo palazzo, la realtà va con una velocità diversa dai tempi di questa crisi che a questo punto è in gestazione, prima in modo sotterraneo poi in modo esplicito da nove mesi, costellata - e tutte le settimane proseguono - da avvenimenti, da incidenti, da inciampi giudiziari degli ex Assessori o da Consiglieri della ex maggioranza.
A questo punto, colleghi, noi riteniamo che la dignità di questo Consiglio regionale si dimostri soltanto in due modi: o la Giunta si fa (ed è una Giunta che noi riteniamo peraltro politicamente fallimentare, prima ancora di conoscerla, se sarà confermata nei termini in cui si è parlato in questi giorni) oppure questo Consiglio, se crede nella propria dignità deve avere il coraggio di sciogliersi, perché è evidente - lo hanno dimostrato le elezioni comunali di Novara e di Vercelli quattro mesi fa; lo hanno dimostrato le elezioni, collega Rossa, di Alessandria questa domenica; lo hanno dimostrato tutti i Comuni dove si è votato in questi giorni che questo Consiglio regionale non è più legittimato dalla gente! E se mi dite che è legittimato dal fatto che fino all'1 giugno 1995 nessuno può allontanarci, allora dimostrate la vostra dignità venendo a proporre una maggioranza. Se questa maggioranza non c'è bisogna prenderne atto e la dignità impone allora di dimettersi.
Ci sono così aperte soltanto tre strade da percorrere e comunico che il Gruppo MSI presenterà per prima cosa in questi giorni un'istanza documentata al Presidente della Repubblica chiedendo lo scioglimento di questo Consiglio regionale.
In secondo luogo, ci riserviamo di non partecipare più alle riunioni del Consiglio.
In terzo luogo, scenderemo letteralmente in piazza con le nostre forze e con la più vivace protesta, perché se qui dentro non si vuole ascoltare quello che succede fuori, saranno quelli di fuori che faranno sentire qui dentro quello che succede, il tutto nel modo più serio, più democratico e più obiettivo possibile.
Se vogliamo credere nelle istituzioni e dare dignità a questo Consiglio, ritengo che non si possa ulteriormente perdere tempo. Se una Giunta non riuscite a farla, abbiate il coraggio di dimettervi e di andare a casa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Grazie, Presidente, colleghe e colleghi. Non considero questa riunione del Consiglio regionale, e la discussione che si svolgerà, una sede di secondo piano né marginale, né tanto peggio fastidiosa per affrontare i problemi della crisi. Proprio perché la distanza della rappresentanza consegnata in questo Consiglio, rispetto alla rappresentanza oggi delle forze politiche nella società, è così grande, ritengo che questo momento non sia un momento di finzioni o, peggio, di reticenze. Anzi, prendo questo momento come un momento nel quale ci si debba spingere anche più in là nella chiarezza di quanto è stato fatto in sedi non istituzionali. Quindi lo considero un momento importante, vitale per affrontare con correttezza istituzionale questa crisi.
Noi eravamo di fronte a tre soluzioni prima delle elezioni. La prima: nuove elezioni subito per rinnovare, così come si può fare oggi, il Consiglio regionale e adeguarlo, sia pure in termini proporzionali, alla rappresentanza reale della società.
La seconda: continuare un'esperienza di Giunta simile o parente a quella entrata in crisi, e quindi ad un rinnovato governo Brizio, o chi per esso, con qualche rattoppo.
Infine, la terza: la proposta di una Giunta istituzionale.
Penso che da queste elezioni sia venuto un elemento di chiarezza infatti una delle tre soluzioni non mi pare più praticabile. Non mi pare praticabile la soluzione di una riedizione che confermi, con qualche elemento di continuità piccolo o grande che sia, l'esperienza fin qui condotta dalla Giunta Brizio, che ha visto l'apporto determinante e massiccio del Gruppo DC.
Rattoppi non sono più possibili; a questo punto, cari colleghi, le strade si stringono: vi è la strada delle nuove elezioni al più presto.
Sono mesi che il mio Gruppo sostiene che non sarebbero un male, anzi, e che siano pure vincolate ad un sistema elettorale di tipo proporzionale. Questo consentirebbe, perlomeno, a questo Consiglio di rideterminare le forze e le idee in rapporto alla società. Ma su questa proposta, che era la nostra proposta originaria, c'è stata la grande contrarietà della stragrande maggioranza del Consiglio.
Quindi, rimane la seconda proposta, colleghi: quella di uscire nettamente dall'esperienza fin qui condotta e di costruire una Giunta istituzionale di emergenza completamente rinnovata, dal suo Presidente a tutti gli Assessori, con un programma fondamentale, un nocciolo duro di programma mirato sulle emergenze sociali, e su questo nocciolo duro costruire una maggioranza coesa e ferma, rimandando all'aula e alle sue determinazioni le scelte che non vengono ritenute fondamentali rispetto a questo.
Si apre un problema, colleghi. A mio avviso, questa soluzione, comunque la si voglia chiamare, è una soluzione che può andare in porto a patto che ci rendiamo conto che la nostra responsabilità di Gruppi innanzitutto, e anche di persone, è molto più grande che nel passato. Sappiamo che qui ci sono rappresentanti che gestiscono deleghe in nome di forze politiche che non ci sono più, o che non sono più com'erano in modo macroscopico. I partiti, per tanti anni, hanno alimentato, con le loro liste, le istituzioni, hanno mandato uomini nelle istituzioni. I partiti per tanti anni hanno soffocato le istituzioni con i loro problemi e i loro maneggi.
Oggi per tanta parte del Consiglio questo non si può più dire. Allora dobbiamo, a mio parere, fare leva di più sulla responsabilità istituzionale di questi Gruppi, e alcuni Gruppi l'hanno grandissima questa responsabilità istituzionale, e l'hanno tanto più grande quanto più la loro forza non ha più una corrispondenza fuori di qui.
Le maggioranze e le minoranze si fanno con i numeri, e noi abbiamo una necessità in Consiglio regionale, che è la situazione presente anchilosata, un reperto storico-politico, ma questi sono i numeri. I Gruppi devono assumersi una grande responsabilità: decidere la sorte di questo Consiglio regionale. Se si decide per il rinnovo immediato con il vecchio sistema, per me va bene, perché è la proposta da me presentata, ma se i Gruppi si assumono la responsabilità di scegliere un'altra strada, allora bisogna che ragionino innanzitutto come Gruppo e come Consiglieri regionali e, in particolare, mi rivolgo al Gruppo della Democrazia Cristiana che in questo Consiglio ha una grandissima responsabilità che gli deriva dalla forza attuale che è una forza concreta e viva anche se fuori dal Consiglio questo elemento può essere contestabile. A questo punto la Democrazia Cristiana deve dire cosa intende fare di questa forza! Non solo, i Gruppi contano di più - ed è un bene, dovevano contare di più nello schema costituzionale dello Stato italiano ed anche le persone contano di più perché siamo tutti un po' più soli di fronte all'elettorato.
In questo quadro tre Gruppi della sinistra stanno viaggiando uniti sulla proposta di una Giunta che affronti il problema del governo nei prossimi mesi; questi tre Gruppi di sinistra, a mio avviso, possono far parte di uno schieramento più ampio, cosa che fuori da quest'aula si realizza tra le forze politiche e potrebbe accadere anche in questo Consiglio, anzi è da me profondamente auspicato. Sostengo, e l'ho anche detto a nome di Rifondazione Comunista, che la nostra forza si riconosce in un lavoro che riesca a costruire uno schieramento progressista, che non si fermi all'unità delle sinistre, perché noi riteniamo che questo sia un punto di partenza per costruire uno schieramento e non certo un punto di arrivo così come è consolidato nel vocabolario politico e nella storia.
Pertanto è possibile individuare, all'interno di quest'aula, uno schieramento progressista che vada al di là dei tre Gruppi che hanno iniziato per conto loro una proposta e che può rivelarsi elemento di chiarezza e di forza nel determinare quale tipo di soluzione dare a questa crisi.
Si tratta, colleghi, di capire se siamo in grado di esprimere non dico una grande saggezza politica, ma almeno una soluzione dignitosa accettabile, una soluzione che - per quanto riguarda il mio Gruppo - deve essere di assoluta limpidezza e chiarezza, perché noi fuggiremo da ogni pasticcio, da ogni soluzione non limpida dal punto di vista istituzionale ambigua, né di comodo né che possa essere soggetta ad alcuna accusa di trasformismo o volontà di tirarla in lungo pur di non sciogliere il Consiglio regionale. Pertanto è necessaria chiarezza istituzionale per le forze che la compongono, per gli uomini che la compongono, per i numeri che la compongono e chiarezza programmatica. Il programma concordato deve essere esplicito e chiaro.
Concludo dicendo che questo momento non è irrilevante, perché il deficit di rappresentanza che abbiamo rispetto alla popolazione fa sì che sia l'occasione, per il Consiglio regionale e per i Gruppi, di colloquiare con i cittadini e l'elettorato. Spero che la stampa presente si faccia carico di questo elemento, perché per il Gruppo è un modo per poter dire le proprie opinioni pubblicamente ed avere un riscontro, sulla base delle informazioni che i mezzi di comunicazione daranno, con l'elettorato. Noi parliamo qui, con questa forza, perché dobbiamo superare la carenza di rappresentanza, elemento che, a mio avviso, deve entrare nel programma perché qualunque soluzione sceglieremo e qualunque Giunta istituzionale seriamente composta e con un programma determinato si formerà, rimarrà comunque il problema di come derivare - non solo dai numeri che sono in quest'aula, ma con un consenso esterno la legittimità politica del proprio lavoro.
Abbiamo avuto un incontro con il Gruppo della Democrazia Cristiana, con i Gruppi della sinistra - prossimamente ce ne sarà uno con i Consiglieri autoconvocati - e non abbiamo trovato pregiudiziali politiche nei nostri confronti per la risoluzione della crisi; cosa questa che ci ha fatto piacere. Pertanto abbiamo prodotto un documento inviato a tutti gli altri Gruppi e concludo dicendo che continueremo a lavorare su questa strada.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marengo.



MARENGO Luciano

E' indubitabile che c'è un nesso inscindibile tra la soluzione della crisi di governo alla Regione Piemonte e ciò che è avvenuto con il voto popolare domenica 21 novembre. Il voto di domenica ha cambiato tutta la situazione politica del Paese: il centro è stato disintegrato dal voto popolare, il Partito socialista, che era già in discesa, è crollato intorno a percentuali praticamente inesistenti, ma il dato nuovo che emerge dalle urne è il crollo della Democrazia Cristiana. Il partito che è stato il centro del sistema politico italiano non esiste praticamente più in termini politici...



ZANOLETTI Tomaso

Credo che stiamo un po' esagerando.



MARENGO Luciano

Non mi pare sia così esagerato. Credo sia esagerato pensare il contrario, Zanoletti.



(Commenti del Consigliere Zanoletti)



MARENGO Luciano

Con il voto di domenica le percentuali sono molto cambiate, nel senso che il crollo della Democrazia Cristiana è, prima ancora che numerico politico. Questo partito, che è stato il centro del sistema politico per quarant'anni, oggi, nelle grandi città italiane, non ha più un Sindaco in ballottaggio. Questo è un dato politico inconfutabile che, ancor più della consistenza numerica, mette in risalto il fatto che siamo di fronte ad un crollo politico.
Ovviamente siamo soddisfatti, come Partito Democratico della Sinistra del nostro successo, ma, soprattutto, siamo soddisfatti del successo avuto dalla capacità di aggregazione politica, da quell'alleanza verso il progresso che, in alcune situazioni - non ovunque - ha unito le forze di sinistra, ma che è stata, soprattutto, capace - ovunque - di aggregare attorno ad un progetto politico di alternativa di governo tutte le forze a favore del rinnovamento e del progresso di questo Paese.
Credo si possa dire che oggi c'è davvero una forza politica di progresso capace di governare il Paese e che si pone in termini di alternanza al governo esistente. E' altrettanto importante la seconda fase: il voto del 5 dicembre e il risultato del ballottaggio; è per questo che credo sia importante, per coloro che fanno parte dell'elettorato e che vogliono guardare al futuro e al nuovo, compiere delle scelte dirimenti tra uno schieramento di sinistra e progressista e uno schieramento conservatore di destra. Siamo preoccupati per il risultato ottenuto dalla destra in alcune grandi città, a partire da Napoli e da Roma; risultato, credo inevitabile in quanto lo spappolamento del centro ha determinato la confluenza di una parte del voto moderato verso destra. Ma non ci rassegniamo che tutto il voto moderato vada verso destra: in alcune situazioni la capacità di aggregazione di un'alleanza di progresso ha già fatto sì che il voto moderato si riversasse sui candidati di questa aggregazione, di questa alleanza. Noi riteniamo che sia molto importante che il 5 dicembre le indicazioni da parte delle forze che vogliono davvero guardare al nuovo si muovano in questa direzione.
E' evidente che questo scenario ha delle ripercussioni anche sulla soluzione della crisi della Regione. Ovviamente non sono ripercussioni di carattere diretto, nel senso che le elezioni di domenica non cambiano la consistenza numerica dei Gruppi, ma sicuramente cambia - ed è questo invece un rapporto diretto - la consistenza politica e la soluzione politica da dare alla crisi del governo regionale.
Se noi avessimo la nuova legge elettorale, la scelta necessaria, unica possibile, sarebbe quella di andare alle elezioni subito, ma credo che di fronte al fatto che non c'è la nuova legge elettorale, andare al voto con il sistema proporzionale sarebbe altrettanto anacronistico che un Consiglio regionale vecchio rispetto al rapporto con la gente, rispetto a ciò che la gente ha voluto con i referendum, rispetto a ciò che si è espresso domenica, anche perché c'è una nuova legge elettorale con il sistema maggioritario.
Credo quindi che sarebbe un errore sciogliere il Consiglio per andare alle elezioni con la vecchia legge a sistema proporzionale. Dobbiamo batterci perché in tempi brevi ci sia una nuova legge elettorale, anche se purtroppo i lavori sono bloccati da questo punto di vista. Poiché ritengo che le elezioni politiche ormai siano una scelta indilazionabile da parte del Presidente della Repubblica, credo che sicuramente non avremo a tempi brevissimi la nuova legge elettorale, ma - ripeto - andare con la vecchia legge credo che sarebbe altrettanto anacronistico rispetto al modo in cui si è espressa la gente, a come si è espresso il voto popolare.
Il voto di domenica ha un peso che era imprevedibile prima. Era imprevedibile perché mentre poteva essere previsto il fatto che difficilmente il centro, la Democrazia Cristiana in primo luogo, portasse dei candidati a Sindaco al ballottaggio nelle grandi città, sicuramente non era prevedibile il crollo dei voti di lista che c'è stato. Lo ha ammesso lo stesso Segretario politico, on. Mino Martinazzoli, che non era realisticamente prevedibile un crollo di quelle dimensioni.
A partire da questo, allora, io credo che la soluzione della crisi del governo regionale non possa che essere di rinnovamento totale. Cerco di spiegare che cosa intendo dire per rinnovamento totale. Io credo che a partire dalla proposta che ancora prima il Consigliere Chiezzi ricordava cioè la Giunta di emergenza istituzionale, proposta dalle forze di sinistra, occorra guardare avanti. Ripeto: a partire da questa proposta occorre oggi, alla luce dei risultati di domenica, guardare avanti. Nel senso che ritengo che la soluzione della crisi non possa che essere basata su un rinnovamento chiaro, comprensibile a tutti, dentro e fuori questa istituzione, nella composizione della Giunta, negli schieramenti, nella collocazione delle diverse forze politiche rispetto al governo che si andrà a definire. Credo cioè che pur con questo Consiglio, che non ha più nessun rapporto con ciò che è avvenuto e che avviene, le scelte debbano essere in sintonia con il voto. Credo sia possibile fare delle scelte che - ripeto pur con l'anomalia di un Consiglio eletto tre anni fa, possano essere in sintonia con il voto che si è espresso domenica.
Certo, questo fa sì che non si possa più ragionare solo sulla base dei rapporti di forza che si sono determinati con il voto del 1990. Se si ragionasse solo in questi termini è evidente che si rischierebbe di non portare a soluzione positiva la crisi del governo della Regione Piemonte.
Questi rapporti di forza non esistono più fuori di qui, è evidente che esistendo qui bisogna che ci siano delle scelte coraggiose da parte delle forze politiche e noi chiediamo in primo luogo al Gruppo che qui è maggiormente rappresentativo dal punto di vista numerico, la Democrazia Cristiana, di fare una riflessione coraggiosa da questo punto di vista che la ponga in sintonia con il voto di domenica.
Così come altri partiti, a cominciare dal nostro, hanno aperto alcuni anni fa un processo politico che ha portato al successo di oggi, io credo che questo debba competere a tutte le forze politiche che vogliono porsi in termini nuovi rispetto a ciò che pensa la gente, rispetto a ciò che la gente ha espresso con il voto popolare. Penso quindi che nei prossimi giorni vadano, in tempi anche brevi, verificati a fondo i programmi rispetto alle priorità programmatiche per rispondere alle emergenze del Piemonte. Credo però che insieme a questa verifica sui programmi vadano fatte delle scelte politiche coraggiose rispetto - ripeto - alla collocazione e alla soluzione da dare alla crisi di governo del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, il fatto che noi discutiamo oggi, subito dopo la tornata elettorale del 21 novembre, giorno nel quale abbiamo conosciuto gli orientamenti della gente in generale nel nostro Paese e in particolare in Piemonte dove si è votato in alcuni Comuni importanti, tra i quali il capoluogo della Provincia di Alessandria, indubbiamente arricchisce o allarga il quadro del dibattito politico nel quale ci siamo avviati per dare adeguate risposte dopo le dimissioni della Giunta Brizio.
Oggi siamo in grado di dire che il quadro politico è profondamente cambiato, volenti o non volenti, può piacere o non piacere, come per la verità non piace a me come si sta delineando, però è profondamente cambiato. Si pongono allora dei grossi problemi alle forze che hanno cercato di svolgere in questi ultimi tempi un ruolo, per esempio il PSI che è pressoché scomparso. Non parlo della storia, che io credo dovrà essere recuperata, di ciò che queste forze hanno fatto lungo questi decenni; parlo anche di questi ultimi tre anni, durante i quali abbiamo concorso a realizzare una politica di governo regionale, che poi è entrata in crisi non tanto perché da qualche parte si sta mettendo l'accento sull'incapacità, sulla debolezza, quanto per fatti extra-politici che certo hanno colorato di politica anche la crisi perché è chiaro che nel momento in cui la gente viene arrestata o inquisita, pesa sicuramente sul quadro di governo. Non si può però dire che il governo Brizio non abbia saputo rispondere alle esigenze del Piemonte e quindi non abbia dato tutto il suo impegno per rispondere alla necessità di affrontare e risolvere i problemi del Piemonte.
Siamo di fronte ad una crisi che, secondo me, va al di là delle capacità, delle possibilità, delle risposte: è il risultato di un insieme di fattori che hanno determinato una crisi che oltre che politica è anche culturale della gestione. E' una crisi che è emersa nei suoi aspetti più vistosi dopo la caduta del muro di Berlino. Queste sono le cose storiche che sono di fronte al mondo, questo processo che va avanti e che ha investito anche il nostro Paese, forse rendendolo più libero. Abbiamo sempre detto che la nostra è una democrazia bloccata, oggi si sta determinando un sistema democratico che può essere un sistema democratico compiuto. Quindi, è chiaro che anche il problema che si pone oggi dopo le dimissioni della Giunta Brizio si pone alla luce di un quadro politico diverso.
In questi ultimi dieci o dodici giorni non ho potuto seguire da vicino l'andamento degli incontri che ci sono stati tra i vari Gruppi perché ero fortemente impegnato nella campagna elettorale che si è svolta in Alessandria nella quale abbiamo cercato di svolgere un ruolo che viene di lontano e che si proponeva delle cose da fare, ma abbiamo dovuto amaramente constatare che non è riuscito ad accreditarsi presso l'elettorato.
Di fronte ad una situazione di questo tipo si pongono dei grossi problemi. Io li ho posti per quanto riguarda la mia provincia. Un Partito socialista che ha rappresentato una grossa storia e che oggi deve constatare una situazione nella quale è pressoché scomparso, è chiaro che o si pone il problema di trovare delle forme nuove che vadano al di là di quello che può essere stato, e a mio avviso è ancora, il valore ideale dell'idea socialista, oppure se vuole trovare una forma per recuperare in qualche modo questi valori dovrà tornare alle origini, alla maniera dei vecchi socialisti. Io dicevo in Alessandria ieri sera: "dovrà tornare al 1899". Questo cosa significa? Significa ritornare alla società civile, alla gente; abbandonare tutti gli incarichi. Da una parte significa riconoscere il valore e il rispetto della democrazia che è quella che esige prima di tutto che governino coloro che hanno il consenso degli elettori e delle elettrici; dall'altra significa fare un passo indietro rispetto a tutta una serie di punti di potere. Quindi lo dico anche qui ai colleghi alessandrini che per me il Partito socialista alessandrino dovrà immediatamente lasciare le responsabilità che ha nella provincia di Alessandria. Perciò a questo punto il discorso del "dovreste dimettervi", "dimettetevi", "non dimettetevi" dovrebbe essere superato.
Credo proprio che non sia più questo il problema: di chi vuole resistere e di chi pensa di andare in piazza per chiedere le dimissioni di qualcuno. Io ho detto - parlo sempre dall'angolazione alessandrina - che è venuto il momento e mi auguro che si vada in questa direzione. Non esistono alternative a cui lasciare queste responsabilità a livello di amministrazione di governo locale dove i socialisti erano impegnati e dove contavano in rapporto ad una capacità di partecipare o di coalizzare governi che risale al 1990.
Oggi è una situazione completamente cambiata, anche nelle banche, e mi piacerà far sapere anche al Presidente di una banca che è venuto il momento, visto che le nomine sono arrivate attraverso forme di mediazione che pur partendo dal livello locale sono state determinate a livello nazionale, di inviare una lettera per significare che a questo punto non c'è più un motivo perché il socialista A o il socialista B occupi quel posto A o quel posto B. Lo stesso discorso vale, ad esempio, per i Co.Re.Co.
Fare un passo indietro per noi socialisti, per me che intendo ancora restare socialista, significa questo: ritornare alle origini, cioè riprendere il cammino che è stato avviato oltre un secolo fa dai primi socialisti. Ecco: o si fa così, oppure si compiono altre scelte, ma io sono convinto che il posto del Partito socialista sia a sinistra, anche se purtroppo a sinistra, nonostante gli sforzi che abbiamo cercato di fare non ha trovato udienza, tuttavia non ha altra scelta rispetto a questa prospettiva. Il Partito socialista non è nato al centro, ha rappresentato una storia che è stata ricca di momenti importanti, anche se purtroppo ha avuto delle grosse responsabilità negative. Ma credo che, prima ancora di essersi trovato al centro di un sistema che è stato definito di tangentopoli, vi sia un problema di carattere politico e culturale oltreché di carattere storico, di non avere capito che quel muro che è crollato a Berlino cambiava il mondo, e queste sono le responsabilità politiche che non sono state capite e che in qualche modo sono state sottovalutate.
Vorrei dire amichevolmente, fraternamente, agli amici e ai compagni del PDS, con i quali riteniamo si debba continuare un dialogo anche se abbiamo avuto grandi difficoltà, che se questo discorso fosse stato capito forse le difficoltà che abbiamo incontrato sarebbero state sicuramente minori, e quindi mi auguro che queste cose si possano nel tempo superare.
E' un processo molto difficile, però per chi vuole stare a sinistra credo che il Partito socialista abbia più di altri la propria identità.
Vorrei dire che io mi sento di avere, più del PDS, l'identità di essere un uomo a sinistra perché non ho bisogno di andare a ritrovare le radici che alimentano le mie convinzioni come ha avuto bisogno di fare il PDS. Capisco che quando si devono ricercare delle radici perché quelle che si avevano prima sono scomparse o sono rinsecchite, ci si potrebbe trovare in difficoltà per realizzare un atteggiamento che si possa identificare con precisione. Continuo a dire che il PDS è un partito che sta raccogliendo questo momento di grande forza progressista, non è più comunista, ma non è socialista, è un qualche cosa che è ancora da definire e io voglio stare a sinistra anche per dare un contributo a definire questo discorso, visto che il PDS, caduto il comunismo, non ha altra alternativa che quella dell'Internazionale Socialista, ovviamente con le varie sfumature.
Io mi sento di stare da questa parte, perché risponde alle mie origini risponde all'origine dalla quale i socialisti sono nati; hanno dato un grosso contributo lungo la loro traiettoria storica e poi hanno subìto una serie di rovesci e grosse sconfitte, come quelle che stiamo subendo.
E' per questo, per esempio, che quando mi è stato chiesto ieri sera da che parte avrei espresso il voto di ballottaggio non ho avuto alcun dubbio nel dire che voterò per Ferrari. Mi fa piacere di averlo detto anche agli amici che erano in compagnia di Ferrari, come il dott. Piergiacomo Guala perché sono amici con i quali mi sono anche scontrato.
Qual è la soluzione? Io non ho avuto ancora modo di parlarne con i colleghi del Gruppo, quindi non mi permetto di dire che il Gruppo socialista pensa così. Non c'è dubbio che siamo di fronte ad una situazione, a partire da Torino, passando per Novara, Vercelli e Alessandria, tranne Cuneo e Asti, in cui la significativa presenza che i socialisti avevano nel passato si è decimata. Non è completamente scomparsa, ma è decimata. E' chiaro che a questo punto la democrazia esige anche il rispetto di alcune regole fondamentali, che è riconoscere a coloro che hanno la fiducia degli elettori l'onere e l'onore di andare a governare un ente, una banca, una USSL oppure una Regione come il Piemonte. Qui il problema non è più quello di dire "dovete andarvene perché voi non avete una politica"; è un altro il problema, quello di valutare se non sia venuto il momento di riconoscere le forze che in questo momento si confrontano.
A me può anche non far piacere che ci sia un confronto di questo tipo: ritengo che da sinistra si debba realizzare un'intesa con quelle forze riformiste di area laica e cattolica che insieme operino per una nuova Italia. Ritengo che sia questa la strada. Qualcuno ha detto che il PDS, che è diventato il perno di questo discorso, è chiamato più o meno a fare la parte che fece il PSI negli anni '60. Può anche darsi che la storia partendo dal lontano fine '800, da De Pretis in avanti, porti a questi processi. Può anche darsi che spetti al PDS fare questo discorso; in questa direzione credo di dover dare un contributo importante, ma nel rispetto di questa volontà degli elettori. Da questo punto di vista, se io potessi dare un suggerimento, direi di lavorare per far fronte ai problemi, per realizzare una soluzione di governo che risponda alle necessità del Piemonte, tenendo conto che la nostra posizione è completamente diversa non può più essere intesa come una posizione che incide, come è stato nei primi anni '90 quando abbiamo avuto quel potere di coalizione. Ma se ci non fosse possibile il problema non è di temere queste elezioni anticipate a cui in qualche modo da qualche parte si chiede di andare: forse dovremmo cominciare ad abituarci che se in un certo momento un quadro politico istituzionale non risponde più alla società reale è anche giusto.
Non avrei nessuna difficoltà a dire "Si vada pure alle elezioni". Mi spiace di una sola cosa, che si dice questo con un sistema elettorale che è completamente superato. Anch'io ritengo a questo punto che o questo governo riesce a formarsi cogliendo il meglio e adeguandosi il più possibile a quella che è una realtà in movimento e in cambiamento, oppure si lavori fino a che non ci sia una legge elettorale che consenta alla Regione di poter andare alle elezioni. Non so quando, perché probabilmente il Presidente Scalfaro sarà chiamato da più parti a sciogliere le Camere nei prossimi giorni, credo che sarebbe opportuno che lo facesse anche il Governo Ciampi, visto che in definitiva il Paese è cambiato ed è giusto che ci sia una risposta, che ci sia una democrazia vera, autentica come quella che noi abbiamo sempre richiesto e per la quale abbiamo lavorato. Deve rispondere, deve adeguare le sue capacità di governo ai nuovi orientamenti della gente a livello nazionale e anche a livello piemontese. Quindi da questo punto di vista non ci sono più veli o riserve intorno a questioni anche di verifica con il corpo elettorale, non partendo dalle presunte incapacità politiche, ma constatando che siamo all'interno di un processo di cambiamenti e di mutamenti tali da rendere irriconoscibile qualunque forza.
Credo che siano queste le ragioni per cui si possa anche svelenire, se mi è consentito, quella polemica che c'è stata in passato per capire che i problemi nei quali ci troviamo sono talmente grandi e più grossi di noi che richiedono uno sforzo e un senso di responsabilità da parte di tutti. Da parte nostra c'è questo senso di responsabilità, che si ricongiunge con quella che è la fonte vera della democrazia, cioè gli elettori e le elettrici: se in alternativa non abbiamo possibilità di dare risposte è bene che vengano interpellati ed è bene che si pronuncino per creare anche in Regione Piemonte gli equilibri adeguati alle necessità del momento e in prospettiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vaglio.



VAGLIO Roberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le elezioni appena concluse devono sicuramente rappresentare qualcosa, soprattutto per il singolo Consigliere e le singole formazioni presenti in questo Consiglio, ma non devono rappresentare un'arma nelle mani di una forza politica per fare forzature rispetto ad un'altra. Questo è quello che invece mi è sembrato di intuire dal discorso del collega Marengo, che ha interpretato il risultato "ad usum delphini", un risultato estremamente parziale, che avrà bisogno il 5 dicembre di avere conferme necessarie. Ritengo sia stato utilizzato inopportunamente per dare degli aut aut che non sono propri di quest'aula e, soprattutto, di questa istituzione.
Penso che l'indicazione dell'elettorato ci debba spingere ad un ragionamento molto al di là di quello dei colleghi del PDS e del collega Rossa. Ragionamento che deve portarci a considerare l'impraticabilità programmatica di una nuova Giunta consiliare.
Una riedizione della passata Giunta credo avrebbe, soprattutto oggi grosse difficoltà numeriche di rappresentatività; non solo: la costituzione di una nuova Giunta credo avrebbe altrettante, se non maggiori, difficoltà di praticabilità programmatica, di possibilità di lavoro.
Personalmente, ho troppa fiducia nell'Ente Regione: spero possa decollare e diventare motore delle autonomie locali, e non che rimanga fermo in rada per mesi, incapace di andare da nessuna parte, impastoiato in problemi di incompatibilità programmatica fino a possibili prossime elezioni di cui non sappiamo ancora tempi e metodi e di cui non si è ancora parlato in sede parlamentare; in considerazione, oltretutto, del fatto che il Parlamento andrà rapidamente a rinnovo questa primavera, con tutti i relativi problemi di insediamento e con tempi che non potranno non essere estremamente lunghi, prima di poter disporre di una nuova legge elettorale regionale.
Date tali premesse, data l'impressione mia personale - ma credo di tutti noi - emersa dall'esito elettorale di domenica scorsa, mi chiedo se l'unica strada praticabile non sia quella dell'immediato scioglimento del Consiglio regionale e di andare, comunque, anche con un sistema elettorale poco rappresentativo, a nuove elezioni. Lo dico con rammarico perch l'attuale sistema elettorale potrebbe, purtroppo, consentire la sopravvivenza di dinosauri che non hanno più alcuna possibilità e ragione di essere presenti in quest'aula. Ebbene, anche a questa condizione qualsiasi situazione è preferibile alla stasi, all'impossibilità di governo, alla conflittualità programmatica e alle forzature che mi è parso sentire emergere oggi dal discorso del collega Marengo.
Il mio vuole essere un contributo, ma un contributo che ha subìto un'elaborazione: ero convinto anch'io, fino all'altro ieri, che si potessero attendere i tempi necessari per una nuova legge elettorale per rinnovare questa assemblea: oggi non lo credo più. I risultati elettorali sono tali da far presumere grosse difficoltà per il Governo regionale e quindi ulteriori attentati alla credibilità del nostro Ente.
E' per questi motivi che invito i colleghi, e segnatamente i colleghi dell'uscente maggioranza, a prendere seriamente in esame la possibilità di un immediato scioglimento del Consiglio regionale e di un rapido ricostituirsi, possibilmente contestuale al rinnovo del Parlamento nazionale, anche del Parlamento subalpino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mollo.



MOLLO Francesco

Il mio intervento sarà brevissimo, solo per sottolineare alcuni passaggi, poiché il rischio di questa mattina è che si possa passare dal lamento di Ignazio al pianto del coccodrillo. Personalmente, ritengo che l'odierna seduta potesse essere dedicata concretamente, anche per quanto avvenuto nel Paese, alle decisioni da assumere, e non a pianti o lamenti.
La tornata elettorale di domenica ha segnalato e confermato lo scollamento tra l'espressione di voto e l'attuale rappresentanza parlamentare. Si può certamente fare la stessa considerazione per il Consiglio regionale; c'è però una differenza pratica: al Parlamento esiste una legge elettorale già pronta, per cui si può sicuramente procedere, con nuove elezioni, al rinnovo del Parlamento. Per il Consiglio regionale questa legge non c'è; lo scioglimento non avrebbe altra conseguenza che aumentare la confusione ed aggravare i problemi che abbiamo di fronte per il tempo necessario per costituire un nuovo contenitore, ma non solo, non è soltanto questione di elezione, bensì anche istituzionale, di forma.
A nostro parere il senso di responsabilità di noi tutti e dei singoli Gruppi deve portare al più presto - direi in pochissimi giorni, è inutile che "ce la meniamo" in dibattiti inconcludenti alla formazione di un governo che sappia interpretare le attuali emergenze della società piemontese.
Il Gruppo Patto sociale con propria proposta ha indicato alcuni punti di programma su cui impegnarsi; proposta che abbiamo confrontato con il documento Brizio, con quello del PDS, con quello degli autoconvocati e con gli altri contributi pervenuti.
Abbiamo riscontrato molte importanti sovrapposizioni; convergenze programmatiche che potrebbero essere definite meglio in pochi giorni, e sulle quali potrebbe formarsi la più ampia maggioranza possibile.
Questa larga convergenza credo potrà farci lavorare con credibilità maggiore rispetto alle aspettative della gente e ai problemi che abbiamo di fronte. E, se mi è consentito, di evitare il rituale spettacolo delle vecchie logiche, che porta al suicidio istituzionale e a far emergere pericolosi movimenti.
Vorremmo comunque che si delineasse bene la posizione di chi insegue il proprio "particulare", così come lo definiva Guicciardini e, recentemente il prof. Bobbio sugli organi di stampa, arrivando, ovviamente, a conclusioni diverse.
Per sconfiggere questa tendenza l'unica possibilità è quella di governare nel modo più limpido possibile, mettendo insieme tutte le forze che intendono ridare credibilità alle istituzioni.
Ritengo che all'interno di questo Consiglio regionale si debba lavorare in tempi rapidi - direi a giorni - per dare soluzione alla crisi, visto che anche il ricorso ad eventuali elezioni anticipate non risolverebbe comunque il problema, anzi aggraverebbe quelli esistenti.
Mettiamoci a lavorare piuttosto che a discutere, portando in questa sede i documenti, le proposte, le cose da fare e su queste avere il consenso del più ampio numero di Consiglieri possibile.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MONTABONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Giuliano.



GIULIANO Valter

Colleghe e colleghi, in effetti il motivo per cui oggi ci eravamo dati appuntamento in quest'aula diventa difficile realizzarlo a prescindere dai risultati elettorali di ieri, che mutano in maniera sostanziosa il quadro politico e gli scenari possibili, anche della nostra Regione. Se fino a sabato scorso eravamo ben coscienti - lo denunciavamo peraltro da tempo che la composizione di questo Consiglio regionale non riflettesse più in alcuna maniera la volontà e le scelte dei cittadini piemontesi, sicuramente da ieri questa convinzione trova nuovi fondamenti, nuovi motivi che la rafforzano. Non è più soltanto la Giunta dimissionaria ad essere totalmente estranea alle novità politiche della nostra Regione, ma è anche la rappresentanza dei nostri stessi Gruppi in quest'aula. Il terremoto che nei giorni scorsi ha spazzato via dalla scena politica nazionale forze radicate da tempo nella società non deve stupirci più di tanto perché la stagione delle tanto auspicate riforme politiche era nata proprio all'insegna della semplificazione degli schieramenti politici e dell'auspicabile alternanza tra uno schieramento progressista ed uno conservatore. Si è finto che destra e sinistra fossero parole desuete, ed invece di fatto oggi quella radicalizzazione dello scontro politico le fa riemergere. Il nuovo, che qualcuno auspicava, era forse diverso, anche perché questo nuovo, quello sancito dai risultati delle elezioni amministrative di domenica scorsa, non sarebbe affatto portatore, a livello nazionale, di governabilità e di stabilità politica.
Se le coalizioni di progresso sono percorse da diversità che rischiano di riprodurre la cronica spaccatura delle sinistre, lo schieramento conservatore che si è delineato è ancor meno omogeneo, diviso tra forze che hanno programmi diversi sui temi della solidarietà, dello Stato sociale, ma anche sui progetti di organizzazione dello Stato.
E' una situazione destinata ancora a cambiare più velocemente di quanto si possa pensare. Così come chi fino a qualche settimana fa prediceva futuri radiosi alle forze di centro, è stato smentito, altrettanto probabilmente la radicalizzazione tra destre e sinistre non sarà definitiva.
Questo non è mai stato, lo sappiamo, il Paese dei sì e dei no, è sempre stato quello dei "ni"; certo gli schieramenti in campo dovranno arricchirsi di diversità interne da far convivere. I Verdi, in pressoché tutte le situazioni, hanno scelto le aggregazioni di progresso presentando nei programmi elementi di sicura novità nell'affrontare le crisi nel nostro modello di sviluppo.
Questa deve essere la strada da seguire senza preclusioni nell'intento di valorizzare tutte le forze politiche che pongono alla base del loro esistere valori importanti di solidarietà e di democrazia. Democrazia intesa nel senso di apertura dei benefici di questo modello della politica al maggior numero possibile di cittadini, compresi anche quelli che nel nuovo ordine mondiale, che va delineandosi, saranno sempre più spinti alle porte dei Paesi ricchi del mondo.
Le aggregazioni che porranno, anche in questo Consiglio, questi valori come punti inderogabili per lavorare insieme ci vedono e ci vedranno attenti e disponibili per esplorare le possibilità di dare compimento a quella Giunta istituzionale di emergenza che fin dal mese di febbraio chiediamo.
Una Giunta veramente istituzionale che non potrà più fare perno sulla distribuzione bilanciata delle responsabilità a seconda della forza numerica che i diversi Gruppi politici rappresentano in quest'aula, ma dovrà avere la fantasia e il coraggio di scegliere altre strade. Comunque non dovrà, pregiudizialmente, consumare vendette verso quelle forze politiche che stanno giustamente pagando per i comportamenti che hanno assunto perdendo i loro ideali di riferimento.
Il bagno purificatore nelle origini, che con molta onestà intellettuale il collega Rossa ha suggerito alla sua forza politica, merita attenzione e tutto il nostro rispetto per la volontà implicita che sottolinea di ritornare agli ideali che sono cosa diversa dalle ideologie. Se non sapremo lavorare in questa direzione e lavorare alacremente affinché questa crisi si chiuda in tempi rapidi, l'unica strada segnata sarà quella di rimetterci alla volontà dell'elettorato che ci dovrà dire quale nuovo governo vuole per il Piemonte.
Un Piemonte che ha bisogno, come peraltro il nostro Paese, di superare velocemente questo periodo di crisi che si trascina ormai da troppo tempo e che rischia di far pagare alla collettività prezzi ancora più alti di quelli fisiologicamente previsti da questa crisi. Le reazioni dei giorni scorsi dei mercati internazionali alla perdurante crisi del nostro Paese rischia di vanificare gli sforzi che il Governo ha prodotto per affrontare la crisi occupazionale ed economica e che ha chiesto ancora per l'ennesima volta sacrifici ai cittadini. Se pensiamo alla necessità di trovare al più presto forme e modi per dare la parola al Governo sovrano non possiamo sottrarci alla responsabilità di affrontare da subito l'esigenza di un rinnovamento della politica regionale a partire dai problemi concreti che dovranno essere affrontati in questa fase. E' questo il senso e il contesto in cui va letta la proposta di una Giunta di emergenza istituzionale sulla quale continueremo a ragionare, come abbiamo fatto nei giorni scorsi con i Gruppi e con i colleghi, e a cui siamo disponibili a partecipare, se ci sarà l'impegno di assumere decisioni concrete, immediate, che sappiano incidere con forza sul modello di sviluppo, anche di questa Regione.
Su questa prospettiva occorre stringere i tempi per evitare dilazioni delle decisioni, prima in attesa dei risultati del 5 dicembre, poi di quelli delle elezioni nazionali. Credo non sia possibile trascinare questa istituzione in un coma profondo e senza fine; siamo contrari all'accanimento terapeutico anche quando lo si vuole applicare in politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho posto ad inizio seduta una questione di metodo che ritengo fondata, al di là dei precedenti. La circostanza nella quale ci troviamo mi fa immaginare che non si possa improvvisare su questioni di questa natura un dibattito senza che esistano proposte, carte sulle quali pronunciarsi, altrimenti saremmo portati a parlare di tutto e di tutti, dando ragione a tutti e torto a tutti.
Gli interventi che mi hanno preceduto hanno fatto emergere una forte confusione tra l'istituzione, la società civile, la politica, i momenti elettorali. Bisogna sapere che viviamo una vicenda che è storica, vorrei ricordare al Consigliere Rossa che il muro di Berlino è caduto a Berlino non è caduto a Torino e guarda caso le ricadute di natura politica interna le ha avute soltanto l'Italia; evidentemente ha rimosso un'anomalia che c'era solo in Italia. Se vogliamo fare qualche ragionamento serio dobbiamo cercare di capire dov'è questa anomalia e quindi di lavorare per superarla, non per crogiolarsi nella stessa.
Posto che questa è una sede istituzionale, a me pare che, per esempio il collega Marengo abbia fatto bene a cercare di distinguere la storia di questa rivoluzione. Le istituzioni sono delle sedi in cui si governa il Paese dando senso al governo - qualche volta anche nel senso un po' banale del termine, cioè nel tenere insieme, nel tenere ordinato consentendo alla società civile, alle forze politiche e alla cultura, di approfondire il loro dibattito. Io ho qualche dubbio che sia utile portare il Paese all'overdose da momenti elettorali, anche perché i vincitori di oggi non possono non sapere che la loro è una vittoria mutilata dalla mancanza di un vero bersaglio; in sostanza, bisogna misurare le esigenze delle istituzioni con quelle della società per arrivare ad un lavoro compiuto insieme.
Io sono convinto che se questo Paese riuscirà, nel giro di un anno e mezzo, partendo dai referendum, a fare le elezioni politiche anticipate con una nuova e radicale legge elettorale, a fare le elezioni europee, a preparare le nuove leggi per gli enti locali e le modifiche di quelle dei Comuni (non dimentichiamo la modifica della legge elettorale sui Comuni), a fare la nuova legge sulle Regioni e ad andare alle elezioni ordinarie nel 1995 senza traumi e soprattutto con la costruzione di un vero scenario di democrazia compiuta ma anche di democrazia matura, caro Rossa, allora questo Paese avrà fatto un altro miracolo e la classe politica, nella quale noi siamo pure partecipi, avrà fatto un miracolo nel saper costruire le scadenze e i tempi per questo processo.
Ha detto bene il collega Marengo: a sinistra c'è stata una capacità di aggregazione. In effetti, il PDS ha rivelato una capacità che il PCI non ha avuto in passato, quella di essere forza aggregante. In passato, il PCI era una forza di separatezza e, in una qualche misura, di chiusura rispetto agli spazi; oggi è diventata una forza che ha la capacità di aggregare. A questo proposito, mi permetto solo di sottolineare che l'aggregazione deve portare all'organicità dello scenario, perché se porta alla polarizzazione cioè alla continuità dei diversi all'interno di una coalizione, i guasti della proporzionale si ripropongono tutti, e Torino su questo comincia già a darci qualche segnale. Mi auguro, a prescindere dalle mie collocazioni personali e di partito, che la sinistra sappia sfruttare questo momento che le è favorevole, per maturare come sinistra compiuta, organica, in cui ci sono le differenze, ma in modo tale che queste differenze stiano all'interno di un quadro compiuto e non di un sistema polarizzato intorno ad un centro con dei satelliti, altrimenti riproponiamo il vecchio.
Dicevo che i primi a doversi preoccupare della loro vittoria dovrebbero essere proprio gli amici della sinistra, che non possono non avvertire come la loro vittoria sia su un vuoto e che quindi il problema che abbiamo di fronte è quello della costruzione della democrazia matura, che poi consente la democrazia compiuta. La democrazia compiuta è semplicemente un metodo con cui si confrontano due pezzi della società, due pezzi della politica: chi vince governa e chi perde va all'opposizione. Questa è la democrazia compiuta.
La democrazia matura è una cosa un po' diversa ed è il presupposto che in Italia non c'è. Democrazia matura significa semplicemente che grandissima parte dei cittadini (80/90%), salvo quei margini che sempre ci sono in ogni società, ha sostanzialmente una visione consolidata, coerente ed armonica del sistema della società in cui vive, non ci sono cioè grandi divisioni. Questo sistema compiuto dell'80% dei cittadini, come sempre avviene nella vita dell'uomo, vede emergere al proprio interno da una parte un approccio che si dice progressista, ma che io preferirei chiamare radicale, e dall'altra un approccio moderato ai problemi. Questa è la democrazia matura; il che significa che il passaggio all'una o all'altra maggioranza non incide sulla storia e sul corpo della società più di tanto cioè più di quanto non sia bene che quella società si modifichi rispetto al momento precedente.
In altri termini, io non sono un navigatore, ma mi è stato spiegato che le navi si guidano nel modo seguente: le navi vanno dritte in conseguenza di una serie di correzioni. Analogamente, la democrazia compiuta è una democrazia con cui una società avanza a seguito di correzioni che ogni cinque anni vengono poste alla propria rotta, e le forze si alternano proprio perché si immagina che il permanere di una forza politica al governo oltre un certo periodo di tempo tenda a far andare la nave fuori rotta.
Lo scenario che abbiamo di fronte e i risultati elettorali non ci danno una democrazia compiuta, ma soprattutto non ci danno una democrazia matura.
Se, dal punto di vista non solo politico ma anche sistemico, possiamo rallegrarci della capacità del PDS di aggregare, nessuno può rallegrarsi del fatto che dall'altra parte non esiste più una capacità di aggregare. Ci allontaniamo dalla democrazia compiuta e ci allontaniamo dalla democrazia matura. Da questo punto di vista, queste elezioni sono drammatiche; per questo motivo ho apprezzato gli elementi di moderatezza in ordine a quello che deve essere il destino della nostra istituzione, che deve essere sicuramente capace di governare l'ordinario, ma anche lo straordinario fondandosi su una maggioranza la più ampia possibile.
Ma qualunque maggioranza deve avere la consapevolezza dei propri limiti non solo rispetto ai risultati elettorali, ma anche rispetto a situazioni che noi tutti ci dobbiamo augurare cambino prima delle prossime elezioni politiche e sicuramente prima delle prossime elezioni amministrative sperando che ci sia una democrazia più matura che consenta una democrazia più compiuta. Devo dire che i commenti che si sentono non sono molto illuminanti in questo senso.
Si continua a parlare del centro. Il centro è, per sua natura, una categoria residuale, cioè è la somma di quelli che non sono; badate, non la somma di quelli che sono, ma la somma di quelli che non sono. Sono di centro quelli che non sono né di destra né di sinistra. Allora, se la democrazia compiuta, che ha come presupposto la democrazia matura, immagina che siano sostanzialmente due le maniche candidate a correggere il timone per far andare la barca - attenzione - non a sinistra o a destra, ma dritta, si corregge il timone a sinistra o a destra non per far andare la barca a sinistra o a destra, ma per farla andare dritta, perché questo vogliono i cittadini di una democrazia matura.
Non è più immaginabile che si possa pensare che questo Paese abbia così radicalizzate le posizioni di destra e di sinistra, dei progressisti moderati e dei radicali moderati, rispetto ai quali ci sia una maggioranza che non è né l'uno né l'altro e rifiuta sia l'una che l'altra cosa, ed essendo non di uno e non dell'altro diventa qualcuno. Io temo che le forze moderate si siano illuse troppo sulla possibilità di continuare a vivere di rendita, con la cultura tipicamente italiana, non affermando il proprio essere, ma distruggendo l'essere degli altri, dicendo quindi della Lega che è separatista e del PDS che è comunista, senza affermare che cos'è il proprio essere, ma semplicemente dicendo che cosa non è rispetto al resto.
Il centro è una categoria ultima, è una categoria che si afferma non per le sue ragioni d'essere, ma per il fatto che è diverso dagli altri; non dice, però, che cos'è. Ritengo che la democrazia compiuta si realizzerà a seguito di una democrazia matura quando dall'altro versante politico si sarà recuperata, da parte di qualche forza politica, la capacità di aggregare sul versante moderato, così come il PDS ha saputo aggregare sul versante progressista. Non mi sembra immaginabile niente di diverso.
Però chi vuole bruciare i vascelli, perché ha una scialuppa che sembra vada avanti - mi riferisco a qualche esponente della sinistra - non può non riconoscere che né la Lega né il MSI, con tutto il rispetto che è dovuto alle due forze politiche che hanno ottenuto questo risultato elettorale possano essere immaginati come il centro aggregante di un polo alternativo rispetto a quello progressista o di sinistra. Non è cosi.
Storicamente siamo in un momento nel quale qualunque manifestazione elettorale non sarà ancora il momento che completa un processo: quello nazionale è un momento dovuto, quello del processo elettorale resterà un processo incompiuto. Berlusconi non può affermare che poi costruisce il centro; al massimo può dire che costruisce un partito moderato che cerca di togliere qualche asprezza alla Lega e di costituire un raggruppamento moderato, ma non un raggruppamento di centro. I raggruppamenti di centro non esisteranno mai più. In questo il muro di Berlino, caro Rossa, ha fatto giustizia. Il muro di Berlino ha fatto giustizia del fatto che c'era qualcuno che si era presentato al Paese dicendo di non essere né fascista né comunista. Non ci ha mai spiegato bene che cos'è, perché noi riconosciamo alla DC un merito storico. Noi abbiamo dato un contributo che riteniamo che la storia ci riconoscerà, ma sostanzialmente ci siamo giustificati sempre per le ragioni del non essere e non per le ragioni dell'essere.
Per questi motivi ritengo che sia atto di responsabilità politica difendere la legislatura, non di voglia di rimanere o di permanere. E' un atto di responsabilità politica, sperando che i tempi medi che abbiamo di fronte - non sono tempi lunghi - consentano alla società civile di maturare quei processi che in queste elezioni si sono rivelati non compiuti, non completi. Sono positivi sotto certi punti di vista, sono sicuramente entusiasmanti per i protagonisti dall'altra, ma la Lega è la prima a sapere che se vuole porsi come alternativa rispetto al blocco progressista deve cambiare radicalmente. Non mi scandalizzerei se la Lega diventasse il futuro partito moderato. Ma un partito moderato, prima di essere un partito dell'alternativa, deve essere un partito della democrazia compiuta e della democrazia matura. La Lega non è un partito della democrazia matura, è ancora un partito di una democrazia di contrapposizioni, non di una cultura di solidarietà.
Questo per dire che, da parte liberale, si ha la convinzione che la difesa della legislatura sia un atto di rispetto nei confronti della società civile, che deve avere il tempo di preparare le proprie forze, le proprie soluzioni per l'appuntamento naturale del 1995. La parte liberale ha la consapevolezza che questo pezzo di storia o di tempo che abbiamo di fronte - dipende dall'approccio - non può essere gestito in termini di continuità rispetto al passato, perché bisogna avere la capacità di rileggere noi stessi e di capire quale tipo di mandato e di responsabilità avere. Sarà quindi la soluzione di questa crisi la dimostrazione del livello di intelligenza, di disponibilità e di maturità di questa classe politica. Nella misura in cui ci si renderà conto che le contrapposizioni non hanno spazio e non contribuiscono alla compiutezza e alla maturazione della società, la soluzione della crisi sarà più o meno avanzata.
Istituzionale non mi piace, perché è un termine che sta a dire che stanno tutti dentro. Una maggioranza sarà nuovamente una maggioranza, magari del 90%, che si differenzia fortemente da qualcuno che sarà l'opposizione. Sarà una maggioranza che avrà come opposizione solo il Gruppo MSI, oppure solo la Lega, oppure tutti e due, oppure il sottoscritto; non sarà una maggioranza istituzionale, ma sarà una maggioranza dell'80-90%. Se ci dovesse essere una solidarietà tra PDS, DC, partiti laici e partiti socialisti, non capisco perché questa maggioranza non la si debba chiamare con un nome che non metta in gioco le istituzioni che non c'entrano nulla con le soluzioni politiche. E' una grande maggioranza, è una grande coalizione; le istituzioni sono un'altra cosa. Le istituzioni sono la sede in cui, guarda caso, è maturata una maggioranza curiosa, che è quella che va dal PDS alla DC. Posso capire gli amici del PDS quando usano questo termine, perché pongono come ragion d'essere di questa maggioranza non tanto il soggetto o l'istituzione, ma il problema che si pongono: la tutela dell'istituzione in questo momento, cioè di garantire il funzionamento dell'istituzione. Se questo è il senso, lo posso accettare, però mi sembra che quando si deve presentare una maggioranza diversa da quella tradizionale, questa deve avere la capacità di trovare un aggettivo che abbia senso politico. Allora il termine istituzionale non attiene alla politica, attiene alla politica delle istituzioni.
Qualcuno questa mattina chiedeva a me e al collega che cosa immaginiamo. Con tutto quanto abbiamo visto, ma anche con tutto quello che vediamo, signor Presidente, io ho l'impressione, con un po' di supponenza che questo Consiglio regionale abbia ancora capacità e motivazioni per fare degnamente il proprio dovere, anche perché assistiamo a dei faccia a faccia televisivi. Alcuni "faccia a faccia" televisivi hanno cambiato la storia, o meglio hanno ritardato la storia. Ad esempio, quello tra Nixon e Kennedy si era giocato sul colore della camicia. Pare che Kennedy abbia vinto, perch Nixon aveva indossato una camicia chiara che lo faceva sembrare ancora più vecchio. Adesso scopriamo che invece i nostri confronti, quelli dai quali è uscito questo risultato elettorale, non hanno più per oggetto i colori della camicia, ma il colore della biancheria intima di una candidata, alla quale faccio, per quello che mi riguarda, le mie scuse e i miei auguri. Se questo è lo scenario nel quale ci stiamo misurando, in cui si confonde la Lega con il moderatismo, in cui scopriamo che improvvisamente i romani, gli Sbardella e Andreotti, si scoprono missini, devo dire che fin quando questa istituzione riuscirà a fare decorosamente il proprio lavoro, aiutando la società civile a superare questo livello di confronto politico, e per non discutere del colore della biancheria intima o delle camicie, bisogna tornare a discutere delle idee.
Devo anche dire che in questi "faccia a faccia" televisivi io di idee non ne ho sentite molte, e quanto han detto i nuovi leader mi fa rimpiangere molto i vecchi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SPAGNUOLO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che prima che una responsabilità dei Gruppi ci sia una responsabilità individuale soggettiva, dei 60 Consiglieri che sono stati espressi nel 1990 a rappresentare il Piemonte, e che oggi si trovano dinnanzi ad un fatto che ha una priorità assoluta rispetto ai problemi degli schieramenti, cioè l'emergenza economica, le emergenze sociali, le profonde difficoltà che vive il nostro Piemonte. Ed è proprio per questa ragione che il Consiglio regionale, seppure in una carenza di rappresentanza, com'è stata illustrata da molti colleghi, ha l'obbligo, ha il dovere morale, ha la necessità in tempi rapidi di dare delle risposte, per quello che può fare l'istituto regionale, a queste emergenze. Deve essere un governo ampio in grado di affrontare la complessità e la durezza delle sfide che l'emergenza pone sul terreno economico, sul terreno dell'occupazione, sul terreno sociale, ma un governo che sappia anche cogliere gli elementi di novità, di rinnovamento che impone la lettura corretta della situazione che si sta delineando nel nostro Paese. Quindi, credo che non si possa pensare a semplici sommatorie occasionali di Gruppi, ma si tratti in qualche modo di selezionare elementi che, in questa condizione politica, possono dare una prevalenza all'area progressista, che a livello nazionale ha avuto una rappresentanza più omogenea.
Le articolazioni di un'area conservatrice oggi sono perlomeno territorialmente anomale, non permettono correttamente il dispiegarsi di un bipolarismo e di un'alternanza in termini corretti, vedendo il Paese spezzato in due nella rappresentanza conservatrice, così come si è delineata da queste elezioni; dunque, la capacità di delineare e di selezionare un programma, di pensare ad elementi di alleanza, che sappiano già in qualche misura configurare all'interno di questa assemblea alcuni aspetti dell'area progressista. Sarebbe paradossale se si delineasse un elemento confuso, con sovrapposizioni varie, tanto per fare qualcosa, tanto per evitare il collasso dell'istituto regionale o di non andare al voto.
Inoltre, per cogliere questo nuovo (nuovo che è trasmesso nella riforma elettorale soprattutto per i Comuni e le Province con un ruolo forte del Presidente, in questo caso dei Sindaci e dei Presidenti delle Province) ci deve essere anche una caratterizzazione in questo governo che sappia lavorare per obiettivi, che non sia attardato da una gestione tradizionale assessorile, che abbia un Presidente in grado di interpretare la politica complessiva della Regione.
Colleghi Consiglieri, i tempi sono un vincolo decisivo, i tempi sono imposti non solo dalla politica, ma anche dalla situazione di grave emergenza della nostra Regione. Credo quindi che non si possa pensare di andare avanti ancora settimane; in pochi giorni questa assemblea deve essere in grado di elaborare un documento, di trovare gli elementi che lo possano sostenere, e di presentarlo, se possibile, già il prossimo martedì ma se non è possibile il martedì successivo, alla verifica dell'assemblea.
Se così non fosse, questa assemblea dovrebbe avere il coraggio di trovare gli elementi di aggregazione per presentare anche un documento che non abbia 31 firme, che abbia una sua configurazione di governo e che venga sottoposta, se si vedono segnali assoluti che la situazione non va avanti in modo netto e preciso nei prossimi giorni, già dal prossimo martedì eventualmente - però come termine massimo - il martedì successivo. O si riesce a stringere e trovare quel governo ampio che possa avere la forza ma anche la chiarezza programmatica, di poter affrontare queste emergenze oppure alcune forze, alcune energie - mi rivolgo a tutti i 60 Consiglieri siano in grado di coagularsi attorno ad una proposta programmatica anche senza i 31 voti, capace di far misurare questo Consiglio sugli elementi di merito.
Invito i colleghi a porre il problema dei tempi come un problema discriminante per risolvere questa crisi. Se da domani, da dopodomani, i segnali saranno ancora di immobilismo, io credo che occorra andare probabilmente già con il prossimo martedì, alla presentazione di un documento anche senza le 31 firme. In tal caso questo Consiglio recupererebbe una legittimazione perché riprenderebbe a fare iniziativa politica, proponendo delle azioni politiche sulle quali costringere tutti i 60 Consiglieri a misurarsi. Andare avanti ancora con incontri che a volte si sfilacciano e si trascinano e che sappiamo che non sono, o non possono essere, selezionati solo da un problema programmatico, io credo che faccia un danno di legittimazione non solo alla nostra istituzione, ma anche a quelli che sono i bisogni di intervento che le emergenze economiche e sociali del Piemonte hanno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, lo Statuto ci impone oggi di riunire il Consiglio per verificare lo stato della crisi e il suo evolversi, i confronti che sono in atto; verificare in sostanza le prospettive politiche che si vanno determinando dopo l'apertura formale della crisi.
Credo però che questo giorno, oltre ad essere fissato dallo Statuto sia un momento particolare, perché viene a cadere il giorno successivo ad una tornata elettorale di grandissimo rilievo. Per la prima volta c'è stato un voto che ha veramente modificato la situazione politica (cosa che forse in altri Paesi capitava con una certa frequenza, noi non eravamo abituati). E' certamente il nuovo sistema elettorale che ha determinato questo cambiamento, ma non è soltanto il sistema elettorale: io credo ci sia un cambiamento vero nella base sociale che esprime attraverso il voto i propri consensi e i propri dissensi.
Pur con tutti i limiti che questo risultato elettorale può avere, non possiamo non rilevare alcune cose. Un primo elemento è che la maggioranza che ha governato questa Regione e che poi è andata in crisi, in realtà non è in crisi in questa Regione, ma è assente nel Paese. Il voto, a mio giudizio, ha determinato di fatto due schieramenti. Ne ha parlato prima il collega Marchini, del quale condivido molti dei giudizi dati. Due poli, uno progressista e uno moderato, che in una corretta logica del referendum delle dichiarazioni che da sempre tutti facciamo che occorrono due poli definiti, per le aspettative stesse della gente che chiedeva da molto tempo chiarezza, dei riferimenti che facciamo sempre tutti alle grande democrazie occidentali, avrebbero dovuto essere questi risultati elettorali un fatto auspicabile ed auspicato. Ma le forme, il momento, i modi in cui si è determinato questo bipolarismo, non possono non destare alcune preoccupazioni.
Il Consigliere Marchini ha ragione: siamo in presenza non di un punto di arrivo, ma di un momento di percorso, di transito verso un qualcosa che non sappiamo ancora con precisione cosa sarà, però certamente ci siamo messi in moto, non soltanto sulla base delle leggi, ma anche dei nuovi atteggiamenti del corpo elettorale; ci siamo messi in moto per raggiungere qualche cosa di diverso.
Queste valutazioni non possono non essere tenute presenti nel momento in cui cerchiamo di dare soluzione alla crisi in Regione.
Le centralità rivendicate fino ad oggi sono saltate. Di questo dobbiamo prendere atto con molta responsabilità: le centralità fino ad oggi rivendicate non esistono più. Il pentapartito oggi è una soluzione, a mio giudizio, non più proponibile. E io devo dire che anche il richiamo all'unità a sinistra che qui è stato fatto da qualcuno, in particolare dal Consigliere Chiezzi in assoluta coerenza con quello che ha detto, è a mio giudizio un arnese vecchio e superato, superato dalla storia. Io ritengo che l'unità a sinistra non possa essere il nocciolo duro di una nuova alleanza. Le aggregazioni vincenti non nascono dal nocciolo duro dell'unità a sinistra. Le aggregazioni vincenti oggi, ma anche ieri a Torino, nascono dall'individuazione di un polo progressista che ha raccolto attorno al PDS forze laiche, forze cattoliche, forze ambientaliste, che a volte ha compreso l'intera sinistra e a volte non l'ha compresa, ma il nocciolo duro, significativo, politicamente portante, quel nocciolo che è capace di far diventare questo polo progressista forza di governo davvero, è l'alleanza tra il PDS e le forze più moderate - non so come definirle - con le quali si è collegato. Credo che siano Rutelli a Roma, Sansa a Genova Rosai a La Spezia e Illy a Trieste le forze che hanno vinto veramente tutte insieme. Questo deve essere il nocciolo duro.
A mio giudizio, l'unica soluzione per superare davvero questa crisi oggi, è un patto senza pregiudiziali. Dobbiamo affrontare la crisi che sta investendo tutto il Paese, e in modo particolare la nostra Regione, non con una maggioranza puramente di forma - sono d'accordo con il collega Chiezzi ma attraverso la definizione dei contenuti, dei tempi e delle forme con i quali questa maggioranza andrà a concretizzare e a dare attuazione al programma che vuole offrire. Non possiamo accettare, in un momento di crisi, trasformismi facili nei quali ci si trova, casualmente, tutti quanti insieme. Dobbiamo trovarci uniti su un progetto preciso, su punti programmatici ben definiti che consentano al Paese di superare la crisi. A questo punto non ha molto senso se la chiamiamo emergenza istituzionale Giunta dei 500 giorni (che mi ricorda un'altra Giunta), non ha importanza come la definiamo, in quanto questa Giunta è espressione di una maggioranza ampia che su un programma preciso riesce a dare risposte puntuali.
In questo senso noi e quelli che si definiscono autoconvocati, non so bene perché si sono adoperati in incontri con quei partiti che avevano espresso un programma e con i quali dovranno ancora incontrarsi, perché nel frattempo altri programmi sono pervenuti. Ritengo pertanto che sia giunto il momento di superare questi incontri bilaterali e se quello che ha detto il collega Tapparo è vero, ed è vero, cioè che il tempo è una componente importante, bisogna superare queste continue camere chiuse e fare un confronto più ampio. Le intese che ci sono state fino ad oggi dimostrano che qualcosa per risolvere la crisi si può fare, in quanto su alcuni contenuti ci sono delle convergenze; superiamo allora questa voglia di continuare nei rapporti a due e facciamo incontri allargati in modo che tra una o due settimane si possa venire in aula per dire che c'è un programma oppure prendere atto che il programma non c'è.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferraris.



FERRARIS Paolo

Per il curioso intrecciarsi dei ritmi imposti dallo Statuto della nostra Regione, in caso di crisi di Giunta, e dallo svilupparsi della vicenda politica nazionale, questo primo Consiglio, dopo le dimissioni della Giunta, si svolge sotto il peso del più forte terremoto elettorale del dopoguerra. Negare quindi che questi avvenimenti abbiano un'influenza rilevante è impossibile ed evitare il dibattito è inutile. Ciò che mi pare utile e necessario è una lettura dei fatti il più possibile obiettiva e capace di orientare verso soluzioni positive.
Questa è la volontà del Gruppo DC ed è proprio in questa direzione che esprimerò alcune valutazioni.
Potremmo dire - e sono tutti dati veri - che nella sconfitta di domenica ci sono stati anche elementi positivi in controtendenza e non sottolineati da troppi commentatori interessati e dalla nuova democrazia emozionale degli exit-poll. La DC è andata al ballottaggio - esclusi i capoluoghi di Regione in nove capoluoghi di provincia su dodici esattamente come il PDS, mentre a giugno era stata totalmente esclusa.
Quindi, la tendenza all'isolamento registrata in primavera non c'è più o si è attenuata molto, perché in ogni realtà sono state costruite aggregazioni ed indicata una prospettiva con liste largamente rinnovate.
Nei comuni fino a 15.000 abitanti, con liste proprie o di aggregazione del centro, la DC ha ottenuto il 34,4% dei consensi contro il 24,4% di tutte le sinistre, il 28,9% di liste eterogenee, l'8,5% della Lega e così via.
Nei Comuni oltre i 15.000 abitanti - comprensivi dei capoluoghi la DC ha ottenuto, con schieramenti di centro, il 24,3% contro il 34,4% della sinistra, il 13,2% del Movimento Sociale e l'11% della Lega; in comuni importanti come Venezia, ad esempio, dove ha avuto la forza di spingere fino in fondo il rinnovamento e l'aggregazione del centro, ha sfiorato il ballottaggio e in Comuni come Trieste, dove ha pagato con una scissione il rinnovamento, è diventata il partito principale in una coalizione, per ora vincente. Ma tutto ciò, pur vero, non può nascondere che, comunque, una sconfitta c'è stata, che è stata pesante come mai, meritata anche per le cose non fatte o malfatte nel passato recente e che il processo di costruzione del nuovo Partito Popolare, e con esso di una parte di un nuovo centro politico, è solo all'inizio e non è ancora stato colto dall'opinione pubblica.
Le elezioni di domenica 21 novembre sono, dunque, la tappa più eclatante del processo di consumazione del vecchio sistema politico sconfitto dalla sua incapacità di rinnovarsi, di ammodernare lo Stato, di rompere la consuetudine - degenerata negli ultimi anni - di interpretare la politica come un rapporto di scambio a volte anche illecito; è su questa spirale che le regole della democrazia sono diventate discrezionali, che lo Stato sociale è degradato in Stato clientelare, che il debito pubblico è diventato incontenibile se non a prezzo di gravosissimi sacrifici, con l'esito finale che i clienti di ieri sono diventati i più acerrimi nemici di oggi e non solo per la nobile ragione che "tutto era subito".
Su tutto questo è cresciuta una questione morale, come una legittima ripulsa da parte dei cittadini di comportamenti inaccettabili e spesso odiosi, come rifiuto di un sistema istituzionale diventato inefficiente e spesso persecutorio e se qualcosa è ancora auspicabile oggi è che l'azione in corso da parte dei partiti che vogliono cambiare - tra essi la DC - da parte della Magistratura, dei cittadini e delle istituzioni, non si fermi alle porte di nessun santuario e che la rigenerazione del sistema politico sia profonda, duratura e capace di rafforzare la democrazia del nostro Paese e non sia, come a volte temiamo, solo lotta per sostituire potere a potere o solo vendetta e non domanda di giustizia con il rischio che il nuovo sia peggio del vecchio. Questa - diciamolo pure - rabbia popolare si è trasformata domenica 21 novembre in un voto che cambierà molte cose anche se il nuovo non è ancora del tutto giunto e quello che in parte si è palesato non costituisce ancora, almeno a nostro giudizio, una soluzione definitiva alla domanda auspicabile che l'elettorato ha voluto esprimere.
Non siamo quindi al termine di un processo, ma in una fase intermedia molto delicata per almeno tre ragioni.
La prima: il voto di protesta, di rifiuto, di indignazione chiamiamolo pure come si vuole - è molto esteso, quasi maggioritario al nord ed ora in forte estensione anche al sud. L'estremizzazione della volontà popolare è un rischio per la democrazia, perché consegna vaste rappresentanze a forze politiche inconciliabili ed è un limite drammatico in una logica bipolare, quella di non avere schieramenti concorrenti espressione di forze di governo. Quale accordo può trovarsi tra una sinistra larga, ma non sempre omogenea, per quanto di passato in essa rimane condizionante, e due destre, divise intanto per aree territoriali e poi per essere l'una portatrice di una volontà disgregatrice dell'unità nazionale e l'altra invece centralista ed unica erede di un sistema illibertario che ha sacrificato la democrazia del nostro Paese? Se questo fosse il nuovo Parlamento il Paese sarebbe ingovernabile.
Seconda ragione. Il sistema politico si è frantumato in mille pezzi.
Nei Comuni oltre i 15.000 abitanti ho contato oltre 33 orientamenti di liste aggregabili con fatica a superare lo 0,1% dell'elettorato, cioè 8 9.000 voti.
Si pensi poi che il PDS supera, in questa classe di Comuni, con un inebriante 12,7% dei voti la DC che ha riportato l'11,6%. Eppure solo nove anni fa il precedente sorpasso era avvenuto a quote tre volte superiori intorno al 35%! In questa polverizzazione il PDS ha dimostrato maggiore capacità politica di aggregazione, ma il segnale di una forte e complessiva debolezza di tutto il sistema politico non è facile da allontanare. E' vero che siamo transitati in un turno di elezioni amministrative e che il nuovo sistema elettorale nazionale dovrebbe contenere questa tendenza. Ma si riuscirà a ridurre per strade politiche, e non per correttivi tecnici, la fortissima conflittualità e l'ancora maggiore mancanza di identità dei cittadini in poche e definite forze politiche capaci di governo e quindi alternative, così come nei sistemi uninominali di altri Paesi? Se così non fosse, non può sfuggire che ad ogni turno la mobilità sarebbe sempre elevata e l'instabilità massima.
Terza ragione. Il confronto tra partiti non è stato sui programmi, ma sull'immagine, sulle emozioni, e sulla capacità di travestimento. E' vero che nell'opinione pubblica è prevalsa la volontà di cancellare una classe dirigente al di là anche di obiettivi meriti attuali. Ma questo processo non può continuare: l'opinione pubblica ha il diritto, ma anche il dovere di scegliere progetti e programmi, e i partiti, quando sarà esaurito il fascino e la rendita di posizione del termine "nuovo" e dei suoi surrogati dovranno ritrovare le ragioni della propria identità attorno ai contenuti e ai metodi di governo. Allontanare una classe dirigente delegittimata avendo il consenso dei mass media, può essere facile; governare un Paese può diventare un'impresa molto difficile se non si sa dove andare.
Se le ragioni esposte, e che a mio avviso sono emerse con chiarezza dalla consultazione elettorale, sono fondate, il lavoro da compiere per l'edificazione della seconda Repubblica è ancora molto. E in questo molto che rimane da fare, c'è ancora un ruolo essenziale per il centro e in esso per la DC.
Come già ho detto, senza un centro saldamente ancorato alla limpida tradizione democratica di cattolici e laici, questo Paese rimane una democrazia incompleta. Non diventeremo facilmente un perfetto sistema uninominale e bipolare fino a quando Lega e Movimento Sociale avranno la consistenza elettorale che hanno conquistato. Se la sinistra è convinta che un sistema di questa fatta possa esistere, compie un calcolo miope perché o spera che l'alternanza non avvenga mai, ed allora prepara un nuovo regime oppure, se crede che l'alternanza possa esserci, mette a repentaglio l'unità nazionale o la democrazia. Un centro è quindi oggi indispensabile per la democrazia italiana ed è essenziale che ci sia subito, ma non per essere un cinico punto di equilibrio di potere e nemmeno per essere lo spazio politico "raccoglitutto" che è stato in passato. Il centro deve fornire al Paese un punto di riferimento per una politica moderata capace di coniugare solidarietà ed efficienza e per riportare ad una politica moderata, che non vuol dire tutela di interessi conservatori, ma un modo ragionato di affrontare le questioni, larghe fasce di cittadini, di ceti popolari e di piccola e media borghesia, oggi attratti dalle sirene della radicalizzazione di destra. In questo contesto il centro assolve un ruolo essenziale nella transizione al nuovo sistema politico perché ne prepara il compiuto sviluppo bipolare e può fermare la disgregazione nazionale proposta dalla Lega o il ritorno al passato del Movimento Sociale. La sinistra si illuderebbe se pensasse di fermare da sola Lega e Movimento Sociale e compirebbe un errore Occhetto se cercasse di lacerare il processo in atto di formazione del Partito Popolare e del centro sperando con ciò di cogliere qualche beneficio peraltro solo transitorio. Forzare i processi di formazione del centro perché non avvengano farà correre gravi rischi a questa fase di transizione del Paese, nella quale il rispetto, la prudenza e la politica delle alleanze possono dare risultati democraticamente più sicuri. E Occhetto compirebbe un altro errore se credesse di poter dividere cattolici e DC. E' da Sturzo che sappiamo di non rappresentare tutto il mondo cattolico, ma sappiamo anche che gran parte di esso ha compiuto un cammino essenziale per la democrazia nel nostro Paese con la DC. Non si cancella con richiami tattici questa storia, soprattutto se questo legame oggi è indispensabile per garantire un progresso del Paese senza avventure.
Ma si illuderebbe anche chi a casa della DC cercasse, ripetendo in modo simmetrico, ma da altra sponda, il gioco di Occhetto, di convincere il partito ad innaturali confluenze. Le ragioni della sconfitta non sono la non avvenuta collocazione della DC a destra piuttosto che al centro. Le ragioni essenziali sono quarantacinque anni di potere, di cui gli ultimi condotti così male da far dimenticare quelli precedenti che pure avevano fatto dell'Italia un grande Paese.
Con l'assemblea di luglio abbiamo tracciato il cammino nuovo da percorrere. Forse non abbiamo avuto finora il necessario coraggio e la dovuta decisione. A questo ritardo dobbiamo porre rimedio e lo dobbiamo fare ora con grande sollecitudine e determinazione.
Mi sono protratto forse un po' troppo, ma era indispensabile chiarire le nostre ragioni e le nostre convinzioni per far sapere come pensiamo di lavorare anche in questa Regione in questo ultimo anno e mezzo di legislatura.
Negli incontri avuti con gli altri partiti nella prima fase della crisi abbiamo ribadito che, senza pregiudiziali politiche, puntiamo a realizzare un governo solido di fine legislatura, con un programma forte e rigorosamente scandito da priorità, l'occupazione in primo luogo, capace di esprimere novità di contenuti e di rappresentanza e di ricostruire quella trasparenza di procedure che è necessaria per ricreare il rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni. Il documento del Presidente Brizio che come DC abbiamo adottato, è un contributo in questa direzione.
Il risultato elettorale non ci fa deflettere da questa intenzione, ci rende consapevoli dei cambiamenti in atto, delle nostre difficoltà e non della nostra cancellazione, ma non disponibili a subire, con il nostro consenso ovviamente, politiche che mettessero in discussione gli obiettivi che ci proponevamo e che confermiamo. Il senso di moderazione e di responsabilità non è mai mancato alla DC e non mancherà anche in questa occasione, anche se è difficile che le Giunte si facciano, nella frenesia che sta contagiando molti, con le nuove regole emozionali della democrazia dell'exit-poll, in questo caso addirittura di elezioni non ancora convocate.
Anche oggi è stata ripetuta la richiesta di nuove elezioni. Le riteniamo un errore perché non ci sono nuove regole elettorali e perch bloccherebbero per molti mesi l'attività amministrativa proprio in un momento drammatico per il Piemonte e nel momento in cui sono essenziali decisioni forti ed urgenti: la stipula dell'accordo di programma con il Governo prima che venga sciolto; l'approvazione del secondo piano triennale per l'ambiente; l'attuazione del Regolamento CEE n. 2081; gli interventi per l'occupazione; la riforma della sanità per non incorrere nei guai della Lombardia.
La richiesta delle forze sociali, dal sindacato agli imprenditori, è in questa direzione totale ed assidua e l'urgenza di molte situazioni, quella dell'occupazione, fra tutte, è tale che non intendiamo perciò contribuire con atti irresponsabili a creare dannosi vuoti di potere.
Il confronto programmatico avrà oggi pomeriggio e nei prossimi giorni un ulteriore approfondimento. Siamo impegnati a renderlo fecondo e stringente perché si possa entro i primi giorni di dicembre tornare in Consiglio con una soluzione di governo.
Questo è il nostro impegno, e l'invito che rivolgiamo a tutti è che prevalga un forte senso di responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marino.



MARINO Massimo

Ritengo positivo che al di là del rispetto degli Statuti ci sia questo momento di confronto pubblico in Consiglio sulla crisi regionale, così come ritengo positivo che in questi giorni, seppure con procedure eccessivamente complesse attraverso incontri bilaterali e un inizio di approfondimenti fra i vari Gruppi e i vari Consiglieri su specifici elementi programmatici, si affronti in qualche modo più alla luce del sole che in passato un'eventuale soluzione di questa crisi.
Devo dire che il dibattito di oggi mi preoccupa, perché non ho sentito nulla di nuovo rispetto alle cose che negli ultimi mesi ci siamo detti tranne forse due nuove accentuazioni che io ritengo comunque di contenuto non sufficiente a dare degli sbocchi a questa situazione. Una è l'oggettiva risottolineatura dell'ipotesi di elezioni anticipate, fatta da più di un Consigliere e da più di un Gruppo (qualche Gruppo nuovo rispetto a quelli che già molti mesi fa avevano posto questa questione come una delle possibili soluzioni); l'altra accentuazione nuova l'ho sentita proporre dal Consigliere Tapparo e se non ho capito male l'ho sentita riprendere dal Consigliere Ferrara, cioè che alcuni dei soggetti che in queste settimane hanno presentato documenti e posizioni utili ad una soluzione della crisi si assumano la responsabilità entro i prossimi 15 giorni, se nulla avviene di arrivare comunque in aula con un documento che magari non ha le 31 firme, ma che faccia una proposta di soluzione.
Devo dire che al di là di questo i risultati elettorali dell'altro ieri su cui voglio entrare adesso nel merito - hanno reso più complessa invece che più semplice, la soluzione delle nostre questioni. Sono rimasto perplesso nel sentire qui dentro le valutazioni che sono state date da più parti sui risultati elettorali, perché io al momento da questi risultati elettorali ho appreso soltanto due cose: la prima è che sicuramente l'insieme delle forze politiche che hanno governato questo Paese negli ultimi quarant'anni non sono più in grado di governarlo; l'altra cosa che ho recepito dai risultati elettorali è quanto è avvenuto a Palermo e ad Avigliana: a Palermo c'è un Sindaco, ad Avigliana c'è un Sindaco.
Rispetto a tutti gli altri Comuni, che vanno da Napoli a Roma, a Venezia, a Trieste, a Genova e ai nostri Comuni che pure ci interessano più da vicino, Acqui, Alessandria, Grugliasco, ho sentito parlare di vinti e vincitori: così come, con crescente perplessità, ho sentito per alcune ore i commenti elettorali di domenica sera, sulla base dei cosiddetti exit-poll che si sono rivelati sbagliati. Ebbene, oggi ho sentito con crescente perplessità una serie di osservazioni sui vinti e vincitori di domenica e anche questo mi conferma che non solo i cittadini, ma anche l'insieme delle forze politiche non hanno ancora ben digerito i meccanismi, in qualche modo anche perversi, che questo nuovo sistema elettorale sui Comuni provoca e che non determina e non determinerà una consapevolezza di chi sono i vincitori di questa scadenza elettorale se non nella giornata di lunedì 6 dicembre. Prima di allora mi sembra che numerose delle ipotesi e delle valutazioni, che qui ho sentito fare, siano veramente azzardate.
E proprio per queste valutazioni che ho sentito, ritengo che la soluzione della nostra crisi regionale sia più difficile di qualche giorno fa. Esiste sicuramente in questo Consiglio, come nel Paese, un differenziato arco di forze, che sono quelle alle quali personalmente faccio più riferimento, molto differenziate, molto articolate fra di loro che vanno da Alleanza Democratica o simili fino a Rifondazione Comunista per le quali esiste un problema che al momento non è risolto e cioè la reciproca possibilità di gestione e di convivenza, ma tutto quello che fino ad oggi il nuovo sistema elettorale, perlomeno quello sui Comuni, ci fa prefigurare è la prospettiva che una qualche possibilità di ricambio in senso progressista del Paese ci può forse essere. Nessuno dei pezzi che compongono questo variegato arco di forze è insignificante, tant'è che nella gran parte dei casi fuori da questo largo schieramento, difficilmente una coalizione, la si chiami di sinistra, progressista o come si vuole, ha ad oggi la garanzia e la sicurezza di prevalere, perlomeno nel campo delle elezioni di tipo comunale. Questo arco di forze è presente anche dentro questo Consiglio regionale, in maniera ancora più diversificata, ancora più differenziata, ancora più articolata di quella che fino ad oggi si è progressivamente espressa in queste prime scadenze elettorali locali.
Credo che questa verifica vada fatta fino in fondo, constatando che il confronto programmatico che c'è stato in questi incontri bilaterali è stato sicuramente utile, ma talmente generico sugli elementi programmatici che in effetti esistono elementi di sovrapposizione fra i documenti presentati attraverso Brizio dalla DC, i documenti presentati da PDS, Verdi e Rifondazione ed alcuni elementi programmatici dei cosiddetti autoconvocati; aggiungo anche l'ultimo documento dei tre Consiglieri che hanno formato il nuovo Gruppo.
Il confronto ad oggi è talmente superficiale che esistono alcuni elementi di integrazione fra tutti questi documenti, che è cosa diversa dalla scrittura di un programma, tanto più a termine. E' una cosa molto diversa, tant'è che fuori dal confronto fra i documenti, non più tardi di qualche giorno fa in Commissione ci si poneva su posizioni nettamente contrapposte, per esempio, sulle valutazioni del disegno di legge dell'Assessore Vetrino sulla sanità, che non è elemento da poco per costituire un'eventuale nuova Giunta.
Quindi credo che vada accentuato il confronto programmatico rispetto al quale è evidente che io personalmente, ma credo anche altri amici Verdi non possiamo che porre un'attenzione e una chiarezza di presa di posizione sulle questioni principali di ordine ambientale, che oggi sono gran parte del confronto e dello scontro che si è posto non solo dentro il Consiglio ma anche dentro la Regione in questi anni. Fino ad oggi non è ancora emerso con chiarezza come elemento di confronto e di eventuale aggregazione di una nuova maggioranza.
Devo anche dire che lo stesso intervento del rappresentante della DC collega Ferraris, non ha dato grandi contributi, al di là delle percentuali che pure sono tutte interpretabili a seconda della lettura metodologica utilizzata; l'intervento del Consigliere Ferraris non ha offerto contributi utili a fare dei passi in avanti nella soluzione della nostra specifica questione, anche perché al di là dei risultati del 6 dicembre, l'esigenza di un rinnovamento reale e profondo è comunque uno degli elementi che già molti di noi hanno fatto emergere, ma che sono in ogni caso usciti rafforzati dal risultato di domenica scorsa.
Se non emergeranno proposte concrete in questo scampolo finale di discussione, i Gruppi e i Consiglieri che fanno riferimento al variegato differenziato e in parte diviso, arco di forze politiche presenti in Consiglio regionale dovranno, entro 15 giorni, assumersi la responsabilità della presentazione di un documento, di elementi programmatici ed anche di eventuali sbocchi per la composizione di una nuova Giunta. Se ciò non avvenisse, ed in particolare se la DC, per il ruolo ed i numeri che ha oltreché per la sua responsabilità politica, non sarà in condizione di decidere per quale grado di rinnovamento è disponibile, diverrà compito della maggiore forza presente in Consiglio decidere quale possibile sbocco dare alla crisi.
Nuove nubi si addensano su questo Consiglio, almeno così sembrerebbe leggendo i giornali. Anche queste contribuiscono ad aumentare le difficoltà. Cito soltanto due questioni, anche se potrei citarne altre.
La prima è la questione ACNA e le relative recenti evoluzioni, che danno una lettura assai diversa da quella che tutti noi, io compreso abbiamo dato in questi ultimi anni della complessa vicenda, che sono di gravità inaudita.
La seconda questione è la vicenda de "Le Gru", sulla quale non più tardi di qualche settimana fa il Consiglio regionale ha respinto, seppure per pochi voti, un saggio ordine del giorno che chiedeva di revocare le deliberazioni con le quali la Giunta avallava il complesso, e in gran parte fino ad oggi non chiaro, percorso con il quale è stato costruito l'enorme grattacielo dalle parti di Grugliasco.
L'insieme di tali questioni possono aggiungere ulteriori difficoltà e mi portano a sollecitare i principali soggetti istituzionali presenti in Consiglio ad assumersi responsabilità chiare, affinché la crisi della Giunta e della Regione Piemonte abbia sbocchi in tempi brevi. Fuori da questa assunzione di responsabilità, ritengo che l'ipotesi di elezioni anticipate diventi una soluzione forse non adeguata alla situazione, ma assolutamente non drammatica. Abbiamo votato con il vecchio sistema elettorale per quarant'anni: sarebbe un anacronismo, ma probabilmente potremmo votare con quel sistema elettorale almeno per un altro anno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cucco.



CUCCO Vincenzo

Signora Presidente del Consiglio e signor Presidente della Giunta, il mio intervento potrebbe limitarsi a chiedere ai Consiglieri che hanno sottoscritto documenti programmatici di fissare, qui ed ora, una riunione operativa per procedere a quell'approfondimento di cui tutti avvertiamo la necessità. Spero che un tale appuntamento possa essere fissato entro brevissimo tempo.
Svolgerò comunque un paio di considerazioni a corredo di questa ipotesi di lavoro, che deve essere, come già richiamato da altri Consiglieri, a tempi ristrettissimi. Innanzitutto, al contrario di quanto detto dal collega Marino, credo che l'intervento del collega Ferraris, e in qualche modo anche quello del collega Marengo, non siano così distanti l'uno dall'altro, in particolare per la capacità che entrambi, dal loro punto di vista, hanno avuto di spogliarsi per un momento di quella che noi vorremmo fosse la realtà, cercando invece di dire quello che la realtà è, al di là dei nostri interessi personali.
Ho apprezzato moltissimo questo sforzo, soprattutto da parte del collega Ferraris, che mi sembra abbia colpito nel segno quando esplicitamente sostiene che siamo di fronte ad una situazione in cui un partito moderato - non di centro - debba assolutamente ancora nascere nel nostro Paese. Quello che noi abbiamo di fronte è tutt'altro rispetto alla polarizzazione per la quale abbiamo lavorato, peraltro, con i referendum e con le nostre iniziative politiche. Manca quella polarizzazione destra sinistra, moderati-progressisti che noi avremmo voluto. C'è una dispersione di voti in diecimila rivoli diversi, favorita dalle leggi elettorali approvate dal nostro Paese, che non hanno consentito quella semplificazione che noi tutti avremmo voluto.
L'importanza dell'intervento del collega Ferraris sta proprio nel fatto che, a mio avviso, indica una strada molto pragmatica per la soluzione dei problemi di questa Regione. Questo perché al di là di quello che noi pensiamo debba essere il futuro di una possibile maggioranza, la prova del nove, adesso, sta nel sedersi o non sedersi attorno ad un tavolo e verificare se la necessità di creare un nuovo governo è vissuta in quanto tale oppure è vissuta come strumento di agitazione politica per le prossime elezioni, qualunque esse siano: quelle del 5 dicembre, quelle politiche, quelle europee. La questione è solo questa: se si ritiene necessario - non urgente, ma necessario dare una soluzione alla Regione Piemonte da adesso alla fine della legislatura si troveranno non accordi di compromesso, ma punti di forza affinché il governo possa essere formato. Se invece vi sono pregiudizi nei confronti di qualsiasi ipotesi che possa emergere in quest'aula, credo che il lavoro sarà molto difficile e probabilmente quasi totalmente privo di qualsiasi possibilità di trovare una soluzione positiva.
Devo invece registrare molto positivamente, anche se è tardiva, la posizione espressa dal collega Rossa che esplicitamente ha detto che per quanto lo riguarda personalmente i socialisti in qualche modo si faranno da parte, non nel senso dell'essere protagonisti dell'azione politica, ma nel senso di rimettere in discussione tutto; tutti i luoghi del potere istituzionale fino ad oggi ricoperti dai socialisti stessi.
Questa considerazione del collega Rossa, anche se tardiva, deve essere valutata per quello che è, quindi una posizione interessante proprio per lo sviluppo di questa crisi e delle ipotesi di soluzione della stessa nella quale noi ci troviamo.
Un'ultima questione, rilevata anche da molti colleghi, è relativa al confronto al quale tutti noi che facciamo politica siamo sottoposti in questi mesi. Si tratta di un confronto esclusivamente di tipo tattico strategico, c'è sempre qualcuno che cerca di conquistare un pezzo dello schieramento elettorale in barba ai contenuti e agli ideali, non alle ideologie, che dovrebbero animare il nostro fare politica e la nostra proposta di governo.
Proprio in questi giorni abbiamo avviato una nuova campagna referendaria sulla modifica di quei sistemi elettorali che questo vecchio Parlamento ha voluto approvare, che sono invece la causa della disgrazia "nuovista" che abbiamo sotto gli occhi dopo queste elezioni; campagna referendaria che ha tanti altri temi da proporre al centro del dibattito delle forze politiche, contenuti ed ideali totalmente esclusi nel nostro dibattito. Se differenza ci deve essere fra questo e quello, deve esserci necessariamente su questi temi, o su quelli che possono essere al centro dell'azione di governo. Mi limito a rilevare la novità di questa non divergenza pregiudiziale da parte del PDS e da parte della Democrazia Cristiana per bocca del collega Ferraris, e spero che questa non divergenza possa essere verificata entro brevissimo tempo, cioè entro i prossimi due o tre giorni, in modo tale che il prossimo Consiglio regionale, convocato ai sensi dello Statuto, possa veramente avere all'o.d.g. l'elezione di un nuovo governo, di un nuovo Presidente e di una nuova maggioranza per il Piemonte.



PRESIDENTE

Prendo atto che vi è stato un dibattito sereno che ha avuto come espressione di volontà da parte di numerosissimi Consiglieri l'esigenza di concludere rapidamente una fase politica in corso e di poter dare un governo alla Regione Piemonte conché i tempi siano il più possibili brevi.
E' evidente che ci sono sfaccettature di posizioni, ma - ripeto - il dibattito è stato estremamente sereno, anche in un clima politico che è oggettivamente difficile.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,15)



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